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Rassegna giurisprudenziale
sulle procedure ad evidenza pubblica
(gennaio – settembre 2019 )
a cura di Francesco Armenante
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 2 gennaio 2019 n. 2
Sulla legittimità dell’esclusione in caso di pregressa risoluzione per grave inadempimento relativa
ad altro contratto con la P.A., non dichiarata in sede di partecipazione alla gara.
E’ legittima l’esclusione di un consorzio da una gara ex artt. 95, 165 e 171 del D.Lgs. 50 del 2016, che
sia motivata con riferimento all’accertata esistenza nel casellario informatico, ex art. 8, co.4 e 2 lett. p
del D.P.R. 207/10, di un’iscrizione a carico della società consorziata ed esecutrice dei lavori, disposta in ragione di una pregressa risoluzione per grave inadempimento relativa ad altro contratto con la P.A.
e conseguente decadenza dalla concessione, non dichiarata in sede di partecipazione alla gara, e, in
particolare, per carenze nell’esecuzione dei lavori, nella gestione del servizio, nell’omessa
applicazione delle tariffe concordate e nella prestazione di idonea garanzia.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 3 gennaio 2019 n. 69
Sul collegamento sostanziale
L’art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (v. in senso analogo, in precedenza, la formulazione dell’art. 38, comma 1, lett. m-quater) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), nel prevedere
l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore che “si trovi rispetto ad un altro partecipante alla
medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codici civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti
che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”, va letto nel senso che una situazione di
controllo tra le imprese partecipanti alla procedura, sia esso di tipo formale ovvero di tipo sostanziale, può condurre all’esclusione dalla procedura non in via automatica ma solo se è accertato, anche in via
presuntiva, che le offerte, per essere imputabili ad un “unico centro decisionale”, siano state
reciprocamente influenzate.
L’accertamento della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. 18 aprile 2016, n.
50 passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio: a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica
dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un
reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un “unico centro decisionale” da effettuare ab externo e cioè sulla base di
elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per
tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte
dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale.
Sulla nozione di fatturato specifico
Nel caso in cui il bando imponga il possesso del requisito del fatturato specifico relativo a precedenti servizi svolti ed inerenti l’oggetto dell’appalto, le precedenti esperienze, se non identiche a quelle
oggetto dell’appalto, devono essere, pur sempre, collegate secondo un criterio di analogia o inerenza.
Sulla partecipazione a gara di imprese in concordato preventivo con continuità aziendale
Le imprese in concordato preventivo con continuità aziendale hanno la possibilità di partecipare alle
procedure di gara, previa acquisizione dell’autorizzazione del giudice delegato, così come previsto
dall’art. 110, comma 3, d.lgs. 50 del 2016, il quale stabilisce che “l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato” può “a) partecipare a procedure di
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affidamento di concessione e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di
subappalto”. La disposizione è stata così modificata dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al
codice); nella sua previgente versione, era previsto che dovesse essere acquisita, oltre
all’autorizzazione del giudice delegato, anche il parere dell’A.N.A.C..
Sulla possibilità di sostituire l’ausiliaria anche al di fuori dei casi in cui sia venuto meno un
requisito di partecipazione
L’art. 89, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui dispone che la stazione appaltante
“impone all’operatore economico di sostituire le ausiliarie che non soddisfano un pertinente criterio
di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione” non può essere letto nel senso che la sostituzione è consentita solo se il requisito, inizialmente posseduto dall’ausiliaria, sia
successivamente venuto meno (o si sia ridotto); in tal modo si introdurrebbe una distinzione casistica
estranea alla lettera della norma; il legislatore, infatti, non ha distinto il caso in cui l’ausiliaria, in
possesso del requisito di partecipazione (messo a disposizione dell’operatore concorrente) al momento della stipulazione del contratto di avvalimento, lo abbia perduto – nel quale la sostituzione sarebbe
consentita – da quello in cui il requisito non è mai stato posseduto – in cui, invece, la sostituzione
sarebbe preclusa – ma ha ammesso la sostituzione dell’ausiliaria in assenza del requisito (ovvero di
ricorrenza di una causa obbligatoria di esclusione), quale che sia il momento cui essa risale.
Sulla valutazione dell’offerta anomala
Non è consentito al giudice amministrativo sostituire le sue valutazioni a quelle effettuate dalla
stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, salvo che nelle ipotesi di
irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti; è precluso, inoltre, procedere ad un
esame delle singole voci, poiché la congruità dell’offerta consegue ad una valutazione globale.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 3 gennaio 2019 n. 2
Sulla possibilità di revoca dell’aggiudicazione definitiva per comportamenti dell’aggiudicatario
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha revocato in autotutela gli atti di una gara, ivi compresa l’aggiudicazione definitiva (nella specie si trattava di una gara indetta da
un’Autorità Portuale, per l’affidamento in concessione dei beni demaniali), che sia motivato con
riferimento al fatto che, a seguito di un esposto, la competente Procura della Repubblica ha intrapreso un’indagine sulla procedura di evidenza pubblica e ha sequestrato tutti gli atti della stessa, avendo il
legale rappresentante dell’aggiudicataria formalmente segnalato che il socio di maggioranza è
intestatario fiduciario di altro soggetto; infatti, tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, idonei
a giustificare la revoca di una gara di appalto, ben possono rientrare anche comportamenti scorretti
dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 3 gennaio 2019 n. 1
Sulla necessità di indicare i costi della manodopera e sull’inapplicabilità del soccorso istruttorio
1. L’esposizione nel contesto dell’offerta del costo della manodopera integra un profilo essenziale
dell’offerta stessa, sicché la modificazione dei relativi valori non è assimilabile ad una mera
integrazione di carenze documentali superabili mediante il c.d. soccorso istruttorio, ma rappresenta,
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piuttosto, una variazione essenziale dell’offerta, ammissibile solo nell’ambito dei “limitati
aggiustamenti” praticabili in sede di verifica della congruità dell’offerta stessa, restando che le lacune
non emendabili relative a tale voce di costo conducono necessariamente all’esclusione dalla gara
dell’offerta, anche in mancanza di un’espressa previsione del bando, trattandosi di lacune afferenti a
profili essenziali dell’offerta.
Sul giudizio di congruità dell’offerta anomala
2. La verifica di congruità non è diretta ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (la c.d. “caccia
all’errore”), ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque,
se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione.
3. Fermo il principio per cui l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti e fermo restando la legittimità di limitati aggiustamenti,
è da ritenere ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e,
dunque, inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente
sopravvalutate e che, in relazione alle stesse, è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci, fermo restando il
valore complessivo dell’offerta presentata.
4. In sede di verifica delle offerte anomale, è da ritenere ammissibile una modifica delle giustificazioni
delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo che trovi il suo fondamento
in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o che consistano in
originari e comprovati errori di calcolo o in altre ragioni plausibili; è anche ammesso che l’impresa
possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata,
perché ciò che rileva è che l’offerta rimanga nel complesso seria.
Sui limiti alla correzione di un errore materiale delle offerte
5. Anche se nel corso della verifica della congruità delle voci di costo, compreso quella della
manodopera, è ammissibile la correzione di errori materiali; tuttavia l’errore materiale direttamente
emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e
chiaramente riconoscibile da chiunque. Tale principio è strettamente correlato a quello
dell’immodificabilità sostanziale dell’offerta, posto a tutela sia della imparzialità e della trasparenza
dell’agire della stazione appaltante, sia del valore della concorrenza e della parità di trattamento tra gli
operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.
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TAR PIEMONTE, SEZ. I – sentenza 4 gennaio 2019 n. 19
Sui casi in cui è necessario precisare i dati del subappaltatore
Ai sensi del comma 4 dell’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, laddove l’impresa concorrente, al fine di
comprovare il possesso dei necessari requisiti richiesti dal bando per l’ammissione, dichiari di
avvalersi in tutto o in parte di un subappaltatore, occorre, per ritenere ammissibile tale opzione e, quindi, anche la partecipazione dell’impresa stessa, che questa precisi chiaramente alla Stazione
appaltante in sede di domanda, nelle modalità indicate dalla P.A,. il nome del subappaltatore e le
prestazioni che da quest’ultimo dovranno essere effettuate.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 07 gennaio 2019 n. 20
Sulla facoltà di non procedere all’aggiudicazione
L’art. 95, comma 12, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 stabilisce che “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in
relazione all'oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella
lettera di invito”. E’ indubbio che tale facoltà di arrestare il procedimento di aggiudicazione, in caso di ritenuta non convenienza economica o di inidoneità tecnica dell’offerta, corrisponde alla valutazione
dell’Amministrazione di identificare le proprie esigenze e le vie con cui approntare le adeguate risorse;
si tratta, dunque, dell’esercizio di un potere discrezionale, il cui fondamento va ravvisato nel principio generale di buon andamento, che impegna le Pubbliche Amministrazioni all’adozione di atti quanto
più possibile coerenti e proporzionali alle esigenze effettive di provvista per i loro compiti.
La decisione di non aggiudicare la gara, tuttavia, non può essere arbitraria, né priva di motivazioni che
diano conto della “non convenienza” o della “inidoneità” dell’offerta in relazione all’oggetto del
contratto; in particolare, la giurisprudenza richiede “una specifica e penetrante motivazione, corredata
dall’esplicitazione precisa e circostanziata degli elementi” che giustificano la mancata aggiudicazione.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 10 gennaio 2019 n. 61
Sull’inammissibilità dell’offerta condizionata
Negli appalti pubblici, l’offerta condizionata costituisce un’offerta non suscettibile di valutazione in
quanto non attendibile, univoca e idonea a manifestare una volontà certa ed inequivoca dell’impresa di
partecipazione alla gara ed è riscontrabile quando l’operatore economico subordina l’impegno assunto
nei confronti della stazione appaltante ad un evento futuro ed incerto, diverso ed ulteriore rispetto all’aggiudicazione: in tal caso, vi è la difformità dell’offerta rispetto alla previsione della lex specialis
che richiede l’impegno certo e incondizionato del concorrente.
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CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 10 gennaio 2019 n. 489
Sulla giurisdizione del G.O. per le controversie in tema di risoluzione del contratto
In tema di appalti pubblici, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, sono
devolute alla cognizione del Giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di
affidamento dell’appalto, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica
caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come
diritti ed obblighi. Tra queste controversie vanno annoverate anche quelle aventi ad oggetto la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a
causa dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dello appaltatore: anch’esse, infatti,
attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell’appaltatore alla prosecuzione
del rapporto.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 10 gennaio 2019 n. 60
Sulla derogabilità del principio di rotazione in caso di affidamento temporaneo e urgente
Non può ritenersi violato il principio di rotazione nelle gare di appalto, nel caso in cui la P.A. appaltante: 1) a seguito dell’esperimento di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del
bando, indetta ai sensi dell’art. 36 del d. lgs. n. 50 del 2016, per l’affidamento del servizio di gestione
del ciclo dei rifiuti, abbia affidato al gestore uscente il medesimo servizio; 2) detto gestore, in precedenza, sia stato affidatario solo in via temporanea ed urgente del medesimo servizio, nelle more
dell’espletamento della gara di appalto (nella specie, l’affidamento temporaneo si era protratto per
circa 120 giorni); in tal caso, infatti, la peculiarità della situazione induce a ritenere che non possa ritenersi integrata la violazione dell’art. 36 del codice degli appalti; e ciò sul rilievo che la fattispecie
dell’affidamento temporaneo ed in via d’urgenza non può essere assimilata a quella che consegue alla
aggiudicazione di una gara d’appalto e che, di norma, si protrae per un lungo lasso di tempo.
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TAR EMILIA ROMAGNA – PARMA, SEZ. I – sentenza 10 gennaio 2019 n. 2
Sull’indicazione dei costi della manodopera
1. L’art. 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016, nel prevedere che “nell’offerta economica l’operatore
deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza
posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2,
lettera a)”, configura un obbligo inderogabile a carico del concorrente, la cui violazione non è sanabile
ricorrendo all’istituto del soccorso istruttorio.
Sul giudizio di congruità dell’offerta
2. Non comporta esclusione dalla gara la circostanza che non si sia in presenza di una omessa indicazione dei costi della manodopera ma di una inesatta quantificazione degli stessi che è emersa in
sede di verifica di congruità. In tal caso, infatti, non è possibile disporre l’adozione della misura
espulsiva da parte della Stazione appaltante né in applicazione dell’art. 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016, da cui discende l’esclusione nel solo caso di omessa indicazione di tali costi, né in ossequio
al principio di tassatività delle cause di esclusione
3. Il giudizio favorevole di congruità scaturente dalla verifica a posteriori dell’anomalia dell’offerta
non necessita di puntuale e specifica motivazione; pertanto, nell’ipotesi di esito positivo della verifica
di congruità, incombe su chi contesta l’aggiudicazione l’onere di individuare una manifesta
irragionevolezza o erroneità o travisamento del giudizio escludente anomalie dell’offerta.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 11 gennaio 2019 n. 45
Sull’applicabilità del f.o.i.a. agli atti d gara
1. È illegittimo il diniego di accesso agli atti di una gara di appalto, richiesto ai sensi dell’art. 5, commi
2 e 3 del D.Lgs. n. 33/2013, come modificato nel 2016, relativo al c.d. accesso civico generalizzato
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(secondo cui è consentito a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere
di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche
ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione), motivato facendo
riferimento all’art. 5 bis, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 33/2013, il quale esclude l’accesso civico generalizzato per evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una
persona fisica o giuridica. Infatti, la disciplina di cui al citato D.Lgs. 33/2013 costituisce la regola
generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la
sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.
2. E’ illegittimo il diniego di accesso agli atti di una gara di appalto motivato con riferimento al fatto
che la ditta richiedente l’accesso, pur essendo stata invitata, non ha partecipato alla gara stessa, atteso
che la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di
accesso ai documenti.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III, ord. 14 gennaio 2019, n. 49
Sul diritto di accesso agli atti di gara
Il diritto di accesso agli atti di una gara di appalto deve essere riconosciuto anche quando vi è l’opposizione di altri partecipanti controinteressati per la tutela di segreti tecnici e commerciali, in
quanto esso è prevalente rispetto all’esigenza di riservatezza o di segretezza.
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TAR VENETO, SEZ. II – sentenza 14 gennaio 2019 n. 36
Sulla necessità della suddivisione in lotti per servizi non omogenei
E’ illegittimo il bando di gara per l’affidamento dell’appalto del servizio di portierato per le sedi
dell’Università (nella specie, si trattava dell’Università di Venezia Ca’ Foscari), nel caso in cui, senza
una specifica e puntuale motivazione, idonea, in punto di pubblico interesse, a giustificare tale scelta, la P.A. appaltante: a) abbia accorpato in un unico lotto i servizi disomogenei di portierato e di
facchinaggio; b) richiesto il fatturato specifico e il servizio di punta facendo riferimento al solo
servizio di portierato, senza, dunque, osservare il principio della suddivisione in lotti, ex art. art. 51, Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50; infatti, per un verso, il legislatore, con l’art. 51 del Dlgs. 18 aprile 2016, n.
50, ha mantenuto il principio, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del Dlgs. 12 aprile 2006, n. 163,
della necessaria suddivisione in lotti delle gare al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole
e medie imprese alle gare pubbliche e, per l’altro, il principio della suddivisione in lotti può essere
derogato solo attraverso una motivazione appropriata e completa.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 14 gennaio 2019 n. 355
Sul conflitto di interesse
1. L’art. 42, 2° comma, del D.Lgs. n. 50/2016, definisce il conflitto di interessi rilevante in sede di
appalti pubblici e il 4°comma lo estende alla fase di esecuzione dei contratti pubblici, imponendo alla
stazione appaltante un obbligo di vigilanza, sia in fase di aggiudicazione che in fase di esecuzione, specificamente in riferimento al rispetto dell’obbligo di astensione, ma è da ritenere che esso si
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estenda a tutte le possibili misure che possano ancora essere prese per prevenire o porre rimedio al
conflitto.
2. L’ampia portata dell’art. 42, 2° comma, del D.Lgs. n. 50/2016, consente di ricomprendere nel suo
ambito di applicazione tutti coloro che con qualsiasi modalità e anche senza intervenire nella
procedura (predisponendone gli atti o facendo parte della commissione giudicatrice) siano in grado di influenzarne il risultato: e ciò anche quando il concorrente si sia potuto avvalere dell’apporto di
conoscenze e di informazioni del progettista (esterno alla stazione appaltante e dalla stessa incaricato
della redazione del progetto posto a base di gara) “al fine di predisporre un’offerta tecnica meglio
rispondente alle esigenze ed agli obiettivi della stazione appaltante”.
3. L’art. 42, 2° comma, del D. Lgs. n. 50/2016, quanto all’interesse rilevante per l’insorgenza del
conflitto, va inteso come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, per il solo
pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, a salvaguardia della genuinità
della gara da assicurare (non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente previsti dal terzo comma, ma anche) attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione; peraltro, quando la
situazione di conflitto non sia altrimenti risolvibile, l’art. 80, comma 5, lett. d) dello stesso codice
prevede, come extrema ratio, che sia l’operatore economico a sopportarne le conseguenze con
l’esclusione dalla partecipazione alla procedura d’appalto.
4. È legittimo il provvedimento di esclusione da una gara di appalto nel caso in cui sia stato accertato
che sussisteva la presenza di un dipendente della P.A. appaltante nel gruppo di lavoro
dell’impresa esclusa; infatti il vantaggio competitivo così come l’asimmetria informativa possono anche solo essere potenziali, in quanto la norma del D. Lgs. 50/2016 è lato sensu una “norma di
pericolo”, nel senso che essa e le misure che contempla (astensione dei dipendenti) o comporta
(esclusione dell’impresa concorrente ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. “d”) operano per il solo
pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 15 gennaio 2019 n. 19
Sui presupposti per l’idoneità del punteggio numerico
1. In sede di valutazione delle offerte nelle gare, l’attribuzione dei punteggi in forma soltanto numerica è consentita solo quando il parametro previsto dal disciplinare di gara sia sufficientemente preciso e
analitico, ovvero sia suddiviso in un numero di subcriteri talmente analitici da delimitare il giudizio
della commissione giudicatrice nell’ambito di un minimo ed un massimo, tale da rendere di per sé
evidente l’iter logico seguito nel valutare i singoli progetti sotto il profilo tecnico. In assenza di precisi criteri, predeterminati dalla lex specialis, è necessaria una puntuale motivazione del punteggio
attribuito.
Sull’istituto della cooptazione
2. L’istituto della cooptazione trova la sua base giuridica nell’art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207/2010
(applicabile anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, ai sensi dell’art. 216, comma 14, del medesimo d.lgs.), secondo cui «Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in
raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre
imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione
che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari
all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati»; il modello è estendibile anche oltre il settore dei
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lavori, poiché costituisce applicazione del principio affermato nelle direttive europee, secondo il quale
ai raggruppamenti di operatori economici non può essere imposta una determinata veste giuridica.
3. Dal tenore letterale dell’art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207/2010, sulla cooptazione dell’impresa
minore, emerge come l’impresa cooptata non sia tenuta a dimostrare il possesso dei requisiti specifici
richiesti dal bando, purchè detti requisiti siano posseduti dalle altre imprese riunite (o dall’altra impresa che promuova il raggruppamento); e purché l’impresa cooptata possegga una qualificazione di
importo pari all’ammontare complessivo dei lavori affidati.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I – sentenza 15 gennaio 2019 n. 213
Sulla diversità tra direttore tecnico e responsabile tecnico
1. Le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la
impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle
espressioni letterali in esse contenute e restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta a evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par
condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione. Ne consegue che le norme di
legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di
per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41
della Costituzione, oltre che dal Trattato dell’Unione Europea.
2. Non può essere esclusa dalla gara una ditta che non abbia reso le dichiarazioni prescritte anche con riferimento al responsabile tecnico della ditta stessa che non risulta previsto dalla legge di gara, la
quale riferisce le dichiarazioni stesse espressamente al solo direttore tecnico. Infatti, i requisiti
soggettivi di partecipazione alla gara non possono essere interpretati in modo estensivo o analogico,
poiché le imprese devono essere messe in condizione di conoscere con certezza quali sono gli adempimenti occorrenti per il soddisfacimento delle prescrizioni previste per legge, pena la lesione
della trasparenza delle regole di gara e, per conseguenza, della par condicio tra i concorrenti.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 17 gennaio 2019 n. 435
Sulla vincolatività del principio di rotazione degli inviti
1. Negli affidamenti “sotto soglia”, il principio di rotazione delle imprese uscenti – per espressa
disposizione dell’art. 36 del d.lgs. 18 aprile 2018 n. 50 (secondo cui “L’affidamento e l’esecuzione di
lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione
degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle
microimprese, piccole e medie imprese”) – opera già in occasione degli inviti.
2. Il principio di rotazione delle imprese trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle
informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di
agenti economici attivi non è elevato. Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza
gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese, e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente
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idonei, il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente riveste
carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di
operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente
rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.
3. La precipua tutela connessa al principio di rotazione negli affidamenti “sotto soglia” è quella, anticipata, mirante all’obiettivo di evitare che la gara possa essere falsata, a danno degli altri
partecipanti, dalla partecipazione di un soggetto che vanta conoscenze acquisite durante il pregresso
affidamento. Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto nel motivo, l’esclusione del gestore uscente, ove l’Amministrazione, come nel caso di specie, non abbia motivato in ordine alla ricorrenza
di specifiche ragioni a sostegno della determinazione di invitarlo comunque a partecipare alla gara,
non richiede alcuna prova della posizione di vantaggio da questi goduta, che è presupposta
direttamente dalla legge.
4. Né vale opporre, come fa il Comune, l’ampiezza della platea dei candidati cui è stato trasmesso
l’invito a seguito della manifestazione di interesse espressa in esito all’avviso pubblicato
dall’Amministrazione, o il documento con cui il RUP ha espressamente richiesto alla Centrale di
committenza di ammettere tutti i candidati, ivi compreso il gestore uscente, che avessero chiesto
di partecipare alla gara, e, più in generale, la circostanza che l’Amministrazione non si sia
avvalsa della potestà di operare limitazioni al numero di operatori tra cui effettuare la selezione.
Difatti, anche in disparte l’evidente rilievo che la motivazione richiesta per derogare al principio di rotazione si incentra non su tutti i concorrenti, ma solo sul gestore uscente, e gli elementi di cui sopra
non attengono a tale ambito, la sola considerazione dell’ampiezza della platea dei concorrenti non
comporta la mancata applicazione del principio di rotazione, essendo, piuttosto e di contro, il numero
eventualmente ridotto di operatori presenti sul mercato a rilevare in tema di deroga al principio
(Cons. Stato, V, 13 dicembre 2017, n. 5854).
5. Laddove si lamenti la mancata applicazione del principio di rotazione, il concorrente può ricorrere
già avverso il provvedimento di ammissione del gestore uscente, che concreta a suo danno, in via
immediata e diretta, la paralisi di quell’ampliamento delle possibilità concrete di aggiudicazione che il
principio di rotazione mira ad assicurare.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III – sentenza 21 gennaio 2019 n. 732
Sul grave illecito professionale
Le fattispecie elencate nell’art. 80, comma 5, lettera c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, hanno carattere esemplificativo e non esaustivo e si collocano all’interno di una norma a fattispecie aperta o
“causalmente orientata”, per l’applicazione della quale è sufficiente per l’interprete accertare l’idoneità
causale del fatto addebitato all’operatore economico a minare la sua integrità e/o affidabilità, nella esecuzione di un futuro contratto pubblico. Non a caso, consapevole del carattere aperto della
disposizione in commento (la quale configura una clausola generale di chiusura del sistema dei
requisiti morali, che debbono essere garantiti da tutti gli operatori economici che intendano contrattare con una pubblica Amministrazione), la stessa ANAC nelle Linee Guida n. 6 del 16.11.2016, al punto
2.1.2.4. prevede che: “Assumono rilevanza, altresì, tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale
collaborazione che abbiano comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o
gravemente colposo dell’affidatario e la conseguente escussione della garanzia prevista dall’art. 93
del Codice”.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III, sentenza 21 gennaio 2019 n. 517
Sulla distinzione tra Ati verticale ed orizzontale
Ciò che caratterizza il raggruppamento di tipo verticale è la disomogeneità e la differenziazione delle
capacità e dei requisiti posseduti dai componenti del raggruppamento medesimo, portatori – nel caso
di ATI verticali - di competenze distinte e differenti che vengono riunite ai fini della qualificazione per
una determinata gara.
L’oggetto dell’appalto deve riguardare prestazioni e tipologie di servizi effettivamente autonome e specifiche, differenziabili e scorporabili, tanto da poter essere svolte da soggetti distinti, dotati di
determinati requisiti di qualificazione, idonei allo svolgimento di quelle particolari prestazioni che
costituiscono secondo la stazione appaltante, valore secondario.
Nel caso di ATI verticale, la stazione appaltante deve individuare le prestazioni principali e secondarie da ripartire all’interno dell’associazione tra i suoi componenti, non potendo consentire all’autonomia
delle parti privati la scelta delle prestazioni da svolgere, tenuto conto del differente regime relativo alla
responsabilità che si applica alle ATI verticali.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III, sentenza 21 gennaio 2019 n. 518
Sull’illegittimità di una procedura negoziata non preceduta da un avviso regolarmente pubblicato
Le Linee Guida ANAC n. 4/2018, precisano che “la stazione appaltante assicura l'opportuna pubblicità
dell’attività di esplorazione del mercato, scegliendo gli strumenti più idonei in ragione della rilevanza del contratto per il settore merceologico di riferimento e della sua contendibilità, da valutare sulla base
di parametri non solo economici. A tal fine la stazione appaltante pubblica un avviso sul profilo di
committente, nella sezione «amministrazione trasparente» sotto la sezione «bandi e contratti», o
ricorre ad altre forme di pubblicità.
La durata della pubblicazione è stabilita in ragione della rilevanza del contratto, per un periodo minimo identificabile in quindici giorni, salva la riduzione del suddetto termine per motivate ragioni di
urgenza a non meno di cinque giorni.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 22 gennaio 2019 n. 34
Sula sanabilità dell’offerta sottoscritta solo da uno degli amministratori
Non può essere esclusa da una gara di appalto una società perché le sue offerte – sia economica che
tecnica – recano la sottoscrizione di uno solo dei due amministratori, ancorchè la firma congiunta sia
imposta dall’atto costitutivo della società stessa; infatti, alla stregua dei principi caratterizzanti il procedimento amministrativo di selezione pubblica, il difetto parziale di sottoscrizione deve
considerarsi suscettibile di sanatoria mediante soccorso istruttorio e, come tale, non costituisce causa
di immediata esclusione della ditta interessata.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I QUATER – sentenza 22 gennaio 2019 n. 835
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Sul grave illecito professionale
1. L’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. n. 50
del 2016 a fini dell’esclusione dalle gare d’appalto non è tassativa, ma esemplificativa (1), nel senso
che la stazione appaltante può ben desumere da altre circostanze, purché puntualmente identificate, il
compimento di “gravi illeciti professionali”.
2. La “ratio” dell’art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. n. 50 del 2016, che prevede l’esclusione dalla gara per gravi illeciti professionali, risiede nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente
considerata dell’operatore economico che contratta con la P.A. per evitare, a tutela del buon
andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di
affidabilità morale e professionale.
3. Legittimamente la Stazione appaltante ha disposto l’esclusione di una società partecipante ad una
gara di appalto (nella specie si trattava di una gara per l’appalto dei lavori di miglioramento funzionale
delle strade comunali con interventi di messa in sicurezza), tenendo complessivamente conto del
duplice aspetto da un lato della sussistenza di un indagine della Procura della Repubblica a carico del socio al 50% nonché legale rappresentante della società stessa all’epoca dei fatti, supportata da un
corredo indiziario di tale gravità da comportare nei suoi confronti la richiesta di una misura di custodia
cautelare personale; dall’altro, dalla constatazione che durante l’esecuzione del contratto relativo al servizio di sorveglianza e reperibilità h24, pronto intervento h24 nonché lavori di manutenzione
ordinaria sulle strade regionali vennero rilevate, a carico della società in questione, varie inadempienze
che comportarono l’applicazione di penali e che costituiscono una delle cause per le quali la P.A. assunse la decisione, di concludere anzitempo il rapporto contrattuale. Si tratta, infatti, di circostanze
senza dubbio idonee ad integrare elementi tali da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità della società
e, quindi, da legittimare il provvedimento espulsivo ai sensi della lett. c, comma 5, dell’art. 80 del
D.Lgs. n. 50/2016.
4. Fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva, rientra nel potere discrezionale dell’Amministrazione disporre l’esclusione del medesimo concorrente al quale la gara sia stata
aggiudicata provvisoriamente.
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AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE – DELIBERA 9 gennaio 2019 (in G.U. n. 22 del 26
gennaio 2019) – Regolamento in materia di pareri di precontenzioso di cui all’articolo 211 del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50. (Delibera n. 10). (19A00491)
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TAR TRENTINO ALTO ADIGE – BOLZANO, SEZ. I – sentenza 22 gennaio 2019 n. 14
Sui requisiti morali e sul profilo soggettivo di applicazione
L’art. 80 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m., rubricato “Motivi di esclusione”, contiene l’elenco dei requisiti di carattere generale (detti anche di moralità) che devono possedere le concorrenti e la cui
mancanza costituisce motivo di esclusione dalla gara. La ratio della norma è quella di accertare che
l’operatore economico possieda le qualità morali indispensabili per assumere commesse pubbliche,
così da assicurare il buon andamento dell’Amministrazione.
Il legislatore ha suddiviso le cause di esclusione in quattro gruppi: quelle dipendenti dalla sussistenza di condanne penali (comma 1), quelle derivanti da provvedimenti previsti dal Codice antimafia
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(comma 2), quelle concernenti la violazione degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse e
contributi previdenziali (comma 4) e, infine, le numerose e variegate cause elencate nel comma 5,
lettere da a) a m).
Una parte delle suddette cause di esclusione (commi 1 e 2) ha carattere vincolato, mentre l’altra parte
lascia margini di discrezionalità alla stazione appaltante.
Dal punto di vista soggettivo, il comma 3 del citato art. 80 chiarisce: “L'esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti:
del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico,
se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la
legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri
di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo,
del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di
società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio…”.
Nessuna estensione della sopra citata disposizione è stata espressamente prevista dal legislatore in
relazione alle ulteriori cause di esclusione previste dai successivi commi dell’art. 80 del codice.
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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – ordinanza 24 gennaio 2019 n. 1
Sugli oneri di sicurezza interni e sul costo della manodopera (rimette la questione alla Corte di
Giustizia)
Va rimessa alla Corte di giustizia U.E. la questione se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente i
princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui
agli artt. 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del ‘Codice dei contratti pubblici’ italiano) in
base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione
dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio
del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nell’ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara
non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 24 gennaio 2019 n. 612
Sul principio di segretezza dell’offerta
1. Il principio di segretezza dell’offerta economica impone che la tutela copra non solo l’effettiva
lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio: già la sola possibilità di conoscenza
dell’entità dell’offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di
imparzialità della valutazione.
2. Nel caso in cui la procedura di gara sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase di
valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio di segretezza delle offerte
comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al
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seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza
sull’apprezzamento dei primi.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 24 gennaio 2019 n. 589
Sull’incameramento della cauzione
L’incameramento della cauzione costituisce misura a carattere latamente sanzionatorio, conseguenza
ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare, senza che sia necessaria la
prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate. L’escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, considerato
anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, impegnano ad osservare le
regole della procedura delle quali hanno piena contezza.
La formula linguistica che nell’art. 75 del Codice dei contratti previgente evoca, quale suo
presupposto, il “fatto dell’affidatario” (che, con modifica da riguardarsi come non sostanziale, l’art. 93 del vigente d.lgs. n. 50/2016, puntualizza dover essere ad esso “riconducibile”), va acquisita nei sensi
della necessaria “imputazione” all’affidatario inadempiente: il che si desume dalla ratio della
previsione, preordinata alla garanzia della complessiva serietà (oltre che solidità e conformità) dell’offerta. Così inteso, il criterio di imputazione opera non solo in termini obiettivi (cioè a dire di
imputabilità causale), ma – più intensamente – in termini subiettivi, che postulano la violazione dei
canoni di buona fede, di correttezza e di diligenza che gravano sulle imprese che, con la necessaria
serietà ed affidabilità, concorrano all’aggiudicazione di commesse pubbliche.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 24 gennaio 2019 n. 606
Sul possesso della certificazione di qualità in capo ad ogni componente del raggruppamento
Nel caso in cui la lex specialis della gara richieda indistintamente il possesso del certificazione di qualità ISO 9001 in capo ai “concorrenti”, esso deve essere posseduto e comprovato – nel caso di
partecipazione alla gara di una associazione temporanea d’imprese – da ciascuna delle imprese facente
parte dell’A.T.I.; infatti, trattandosi non già di un requisito tecnico di natura oggettiva, afferente in via immediata ed esclusiva alla qualità del servizio o del prodotto oggetto dell’appalto, accertabile
pertanto mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese, bensì di un requisito tecnico
di carattere soggettivo, idoneo ad assicurare lo svolgimento del servizio da parte dell’impresa secondo
un determinato livello di prestazioni in conformità a parametri qualitativi e ambientali predefiniti, la relativa valutazione circa l’effettivo e concreto possesso di quella certificazione, inerente la capacità di
svolgere il servizio secondo determinati standard qualitativi da attestarsi a cura di un organismo
qualificato, necessariamente va estesa a tutte le imprese facenti parte del raggruppamento, in quanto
tutte tenute ad eseguire le medesime prestazioni contrattuali.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. II – sentenza 25 gennaio 2019 n. 119
Sul concetto di servizi analoghi
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1. Nel caso in cui la lex specialis chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di
“servizi analoghi”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano
svolto tutte le attività oggetto dell’appalto, né ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi
analoghi” con quello di “servizi identici”, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando è il contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della
massima partecipazione alle gare pubbliche, la locuzione “servizi analoghi” non s’identifica con
“servizi identici”.
2. Nel caso in cui la lex specialis chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, occorre ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che
possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni
oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria richiesta dal bando; vale a dire che, pur rilevando l’identità del settore imprenditoriale o
professionale, il confronto va fatto in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle
prestazioni, nonché della tipologia e dell’entità delle attività eventualmente coincidenti.
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TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. I – sentenza 25 gennaio 2019 n. 122
Sull’obbligo di dichiarare precedenti risoluzioni contrattuali
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha revocato in autotutela l’aggiudicazione
di una gara, che sia motivato con riferimento al fatto che la ditta interessata, in sede di presentazione dell’offerta, ha omesso di dichiarare di essere stata destinataria, in precedenza, di un provvedimento di
risoluzione contrattuale per grave inadempimento, a nulla rilevando la circostanza che si tratti di un
fatto risalente, e, in particolare, la circostanza secondo cui il provvedimento di risoluzione sia stato
adottato sotto il vigore del vecchio codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 28 gennaio 2019 n. 690
Sul procedimento di verifica dell’anomalia
1. Nelle gare di appalto, il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di
eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della stazione
appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-
discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o
irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta.
2. Il procedimento di verifica delle offerte anomale non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto
la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se in
concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. La verifica mira, quindi, in generale, a garantire e tutelare l’interesse pubblico
concretamente perseguito dall’Amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta
del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata
dall’Amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da
raggiungere.
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3. Non può essere dichiarato il carattere anomalo di un’offerta per il solo fatto che il costo del lavoro
sia stato indicato secondo valori in ipotesi inferiori rispetto a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali,
i quali – pur assumendo un rilievo ai fini del giudizio di anomalia – non hanno a tal fine un carattere
dirimente e non rappresentano parametri inderogabili; occorre invece che sussistano discordanze
“considerevoli” e ingiustificate rispetto a tali valori.
4. La verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un
giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli
elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli
esterne – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un
ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti
non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse.
_________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 28 gennaio 2019 n. 697
Sulla responsabilità precontrattuale della PA
1. È possibile configurare un’ipotesi di responsabilità precontrattuale a carico della stazione appaltante nel caso in cui quest’ultima, dopo aver indetto una gara ed essersi in seguito avveduta di motivi
ostativi, abbia proseguito nella gestione della procedura senza informare i partecipanti, per poi
revocare l’aggiudicazione. Il danno, in tal caso, non è causalmente riconducibile al doveroso e legittimo esercizio del potere di autotutela (annullamento ovvero revoca), ma trova la sua causa nella
condotta omissiva tenuta dall’amministrazione nella gestione della complessiva serie amministrativa.
2. Mentre i danni da mancata aggiudicazione sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono
nell’utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all’immagine
commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati al solo interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad
evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di
guadagno alternative.
3. Anche se per le ipotesi di responsabilità precontrattuale è da ritenere ammissibile anche il ristoro della perdita di chance, tale possibilità è limitata alle sole occasioni di guadagno alternative cui
l’operatore leso avrebbe potuto attingere in assenza del contegno dannoso dell’amministrazione,
mentre non è ammesso il ristoro della chance intesa come pura e semplice possibilità di conseguire i
guadagni connessi all’esecuzione del contratto non stipulato; invero, laddove si ammettesse tale forma di ristoro della chance di guadagno, ne risulterebbe travolto il generale principio secondo cui, nelle
ipotesi di responsabilità precontrattuale, non è ammesso il ristoro delle occasioni di guadagno
connesse all’esecuzione del contratto mai stipulato (i.e.: il c.d. ‘interesse positivo’).
4. L’onere di provare le occasioni di guadagno alternative cui l’operatore leso avrebbe potuto attingere in assenza del contegno dannoso dell’amministrazione grava sul ricorrente, in base al consolidato
orientamento secondo cui la perdita di chance si configura come danno attuale e risarcibile, sempre
che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni. Ne
consegue che alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. diretta a fronteggiare l’impossibilità di provare non l’esistenza del danno
risarcibile, bensì del suo esatto ammontare.
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TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 28 gennaio 2019 n. 38
Sull’illegittimità dell’affidamento diretto in concessione di un bene pubblico
E’ illegittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha affidato in via diretta, senza il preventivo
esperimento di una procedura di evidenza pubblica, la conduzione di una tartufaia controllata dal
Comune e contestualmente ha affidato in concessione o comodato i terreni di proprietà pubblica
relativi alla produzione del tartufo; infatti, per la concessione di un bene pubblico, suscettibile di produrre utilità economiche, sussiste l’obbligo del preventivo esperimento di una gara, ogni qualvolta
si vada ad assegnare tale bene.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I bis– sentenza 29 gennaio 2019 n. 1151
Sul contenuto minimo dei contratti di avvalimento.
L’art. 89, comma 1, del D.Lgs. 50/2016 prevede, in tema di avvalimento, che: “… L’operatore
economico che vuole avvalersi delle capacità di altri soggetti allega, oltre all’eventuale attestazione
SOA dell’impresa ausiliaria, una dichiarazione sottoscritta dalla stessa (ausiliata) attestante il possesso da parte di quest’ultima (ausiliaria) dei requisiti generali di cui all’articolo 80 nonché il possesso dei
requisiti tecnici e delle risorse oggetto di avvalimento. L’operatore economico dimostra alla stazione
appaltante che disporrà dei mezzi necessari mediante presentazione di una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione
appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente
il concorrente. Il concorrente allega, altresì, alla domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a
fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. A tal
fine, il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle
risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria …”.
In caso di avvalimento la ditta ausiliata dovrà rendere una dichiarazione aggiuntiva attestante il possesso da parte della ausiliaria dei requisiti di cui all'art. 80 del Codice, dei requisiti tecnici e delle
risorse oggetto di avvalimento. Le ditte ausiliarie, in particolare, dovranno rendere le dichiarazioni
mediante un DGUE compilando la parte I, II A e B, parte III, parte IV, se pertinenti all'avvalimento, parte VI, comprese le autocertificazioni concernenti l’assenza di cause di esclusione previste dall’art.
80 del Codice e le dichiarazioni aggiuntive.
L'ausiliaria in base all'art. 89 del Codice dovrà rendere le seguenti dichiarazioni aggiuntive: 1. mettere
a disposizione per tutta la durata dell'appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente; 2.
essere iscritta ai registri professionali ai sensi dell’art. 83 c. 3 del Codice.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 29 gennaio 2019 n. 726
Sul criterio del prezzo più basso
1. E’ illegittima la gara per l’affidamento del servizio di archiviazione, custodia e gestione della documentazione amministrativa e sanitaria nella parte in cui il bando prevede il criterio del prezzo più
basso, senza prospettare un disegno organizzativo del servizio a cui il gestore debba adeguarsi e senza
neppure precisare uno standard minimo, quantitativo e qualitativo, dei mezzi, delle apparecchiature e
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del personale ritenuti necessari; il che ha consentito alla compagine aggiudicataria di procedere ad una
significativa riduzione delle risorse umane da impiegare in sede esecutiva, che ha presumibilmente
concorso al sensibile ribasso offerto in gara.
Sulla clausola sociale
2. La clausola sociale funge da strumento per favorire la continuità e la stabilità occupazionale dei
lavoratori, ma nel contempo non può essere tale da comprimere le esigenze organizzative dell’impresa subentrante che ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore
componente di lavoro rispetto al precedente gestore, e dunque ottenendo in questo modo economie di
costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento; infatti, l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente deve essere armonizzato e reso
compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 30 gennaio 2019 n. 758
Sulla discrezionalità delle informative antimafia
1. L’informazione antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in
ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa;
tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento
finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi
assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì
da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.
2. L’ordinamento italiano, nell’ancorare l’emissione del provvedimento interdittivo antimafia all’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, ha fatto ricorso, inevitabilmente, ad una clausola
generale, aperta, che, tuttavia, non costituisce una “norma in bianco” né una delega all’arbitrio
dell’autorità amministrativa imprevedibile per il cittadino, e insindacabile per il giudice, anche quando il Prefetto non fondi la propria valutazione su elementi “tipizzati” (quelli dell’art. 84, comma 4, lett.
a), b), c) ed f)), ma su elementi riscontrati in concreto di volta in volta con gli accertamenti disposti,
poiché il pericolo di infiltrazione mafiosa costituisce, sì, il fondamento, ma anche il limite del potere
prefettizio e, quindi, demarca anche la portata della sua discrezionalità.
3. Il criterio civilistico del “più probabile che non”, seguito costantemente dalla giurisprudenza del
CdS in materia di informative antimafia, si pone quale adeguata regola, sufficiente garanzia e, insieme,
necessario strumento di controllo circa la prognosi di permeabilità alle infiltrazioni mafiose, fondata
anche su irrinunciabili dati dell’esperienza, e, in particolare, consente di verificare la correttezza dell’inferenza causale che da un insieme di fatti sintomatici, di apprezzabile significato indiziario,
perviene alla ragionevole conclusione di permeabilità mafiosa, secondo una logica che nulla ha a che
fare con le esigenze del diritto punitivo e del sistema sanzionatorio, laddove vige la regola della
certezza al di là di ogni ragionevole dubbio per pervenire alla condanna penale.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. V – sentenza 31 gennaio 2019 n. 467
Sulla competenza del RUP a disporre l’esclusione
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Il RUP è dominus della procedura di gara, cui l’art. 31, comma 3, del D.lgs 50/2016 assegna una
competenza di natura residuale, nella quale rientra una generale funzione di coordinamento e controllo
delle procedure, nonché il compito di adottare le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate ed a
formalizzare all’esterno gli atti della procedura; competenza che si estende peraltro anche all’adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio
di Stato ha definito “pacifico”.
Tali principi sono stati di recente ribaditi dal Cons. Stato, Comm. spec., 25 settembre 2017, n. 2040,
che ha precisato che “anche dopo l’intervento correttivo recato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 resta confermata l’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto,
nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne
ispirano la disciplina codicistica”.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I bis – sentenza 31 gennaio 2019 n. 1243
Sulla insanabilità di una carenza dell’offerta tecnica
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha escluso una ditta da una gara di appalto di servizi
(nella specie, si trattava del servizio di consulenza specialistica per il supporto e l’affiancamento alle amministrazioni regionali e locali finalizzato all’implementazione della riforma della P.A.), che sia
motivato con riferimento al fatto che il concorrente interessato ha omesso di presentare, unitamente
all’offerta, una specifica dichiarazione espressamente richiesta dal bando a pena di esclusione, e, in particolare, le dichiarazioni di esclusività, da parte di tutti i componenti del gruppo di lavoro
costituendo; infatti: a) tale dichiarazione, secondo la lex specialis, costituisce un elemento essenziale
dell’offerta tecnica; b) la mancanza degli elementi essenziali dell’offerta configura una violazione
delle regole fondamentali in tema di offerte; c) il principio di tassatività delle cause di esclusione nelle
gare pubbliche ammette che tra di esse possano ricomprendersi tali violazioni.
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CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 1° febbraio 2019 n. 3160
Sulla giurisdizione amministrativa in caso di revisione prezzi
1. Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo una azione proposta dall’appaltatore di un
servizio pubblico nei confronti di un Comune con la quale è stato chiesto di accertare l’inadempimento
(e dichiarato risolto il contratto), con condanna del Comune stesso al risarcimento dei danni ed al
pagamento della somma dovuta a titolo di “compenso revisionale”. In tal caso, infatti, la controversia appartiene al giudice amministrativo, alla luce dell’art. 133, comma 1, lettera e), n. 2, del c.p.a., che
devolve “alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo… le controversie… relative alla
clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle
relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi” dei successivi commi 3 e 4
dello stesso art. 133 del c.p.a..
2. Anche nei contratti di appalti pubblici di servizi ad esecuzione continuata o periodica è obbligatoria la clausola di revisione del prezzo; le controversie relative alla clausola di revisione del prezzo ed al
relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica comprendono
anche quelli aventi ad oggetto il quantum debeatur.
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3. L’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di revisione dei prezzi – per effetto di quanto
disposto prima dall’art. 244 del d.lgs. 2006, n. 163, e poi dall’art. 133, comma 1, lettera e), n. 2, del
c.p.a. – ormai assunto una portata ampia e generale, superandosi il tradizionale orientamento
interpretativo secondo cui al giudice amministrativo spettavano le sole controversie relative all’an della pretesa alla revisione del prezzo, mentre competevano al giudice ordinario le questioni inerenti
alla quantificazione del compenso, e rientrando nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, in virtù della detta norma del c.p.a., ogni controversia concernente la revisione dei
prezzi di un contratto di appalto, compreso il profilo del quantum debeatur.
4. La regola secondo cui le controversie in materia di revisione dei prezzi contrattuali nei contratti
pubblici rientra nella giurisdizione amministrativa incontra un limite nel caso in cui sia in
contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all’an ed al quantum del corrispettivo (benché le parti controvertano
nell’interpretazione della clausola quanto al secondo profilo). In tal caso, infatti, la controversia
concerne l’espletamento da parte dell’appaltatore di una prestazione già puntualmente convenuta e
disciplinata (anche in ordine al quantum) con il contratto, con la conseguenza che essa ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l’accertamento dell’esistenza di un
diritto soggettivo, che ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria. In tali ipotesi la domanda
rinviene la sua ragione nel contratto, in relazione al quale la P.A. si trova in una situazione paritetica e,
concernendo la controversia un diritto soggettivo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 4 febbraio 2019 n. 579
Sull’ammissibilità del soccorso istruttorio per il PassOE e per la cauzione provvisoria
La mancata presentazione della cauzione provvisoria ovvero la presentazione di una cauzione provvisoria invalida non costituisce causa di esclusione dalla procedura di aggiudicazione ma
irregolarità sanabile attraverso l’istituto del soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 novembre
2017, n. 5467; sez. III, 27 ottobre 2016, n. 4528, che aggiunge la precisazione per la quale il principio esposto trova applicazione a prescindere dagli stati soggettivi del concorrente relativi all'imputabilità o
meno dell'omissione o della irregolarità; nonché in precedenza Cons. Stato, sez. III, 11 agosto 2015, n.
3918; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 687)”. (Cons. Stato, sez. V sent 1846 del 23.3.2018).
Il Codice dei contratti non indica il possesso del PassOE quale requisito di partecipazione previsto a
pena di esclusione dalla procedura; neppure può ritenersi, sotto il profilo operativo e funzionale, che lo
stesso si configuri come elemento essenziale, incidente sulla par condicio dei concorrenti.
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Tar Campania, Napoli, Sez. I, 4.02.2019, n. 598
Sulla necessità della persistenza dei requisiti e sulla rilevanza di un’inibizione ANAC intervenuta
infra gara
Va esclusa un’impresa che ha omesso di informare la stazione appaltante in merito alla
sopravvenienza di una misura limitativa dell’ANAC che aveva comportato l’interdizione dalla partecipazione alle gare pubbliche, in palese violazione del principio di buona fede e considerato il
disposto dell’art. 80, comma 5, lett. f), (<<le stazioni appaltanti escludono un operatore economico che
sia stato soggetto … ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica
amministrazione, …>>) e dell’art. 80, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 (<<le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore
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economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle
situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5>>). Qualora si ritenesse che l’obbligo dichiarativo opererebbe
solo entro la scadenza dei termini per la presentazione della domanda, si limiterebbe ingiustamente
l’operatività del principio di buona fede, legittimando condotte anche opportunistiche che, comunque,
potrebbero condurre la PA a scegliere un operatore economico non pienamente affidabile.
Ininfluente è che l’efficacia interdittiva della sanzione ANAC sia cessata prima dell’aggiudica in
quanto tale sanzione ha comunque comportato, sia pur temporaneamente, la perdita dei requisiti di
partecipazione, così configurandosi una violazione del principio, secondo cui i partecipanti alle gare pubbliche devono possedere i requisiti lungo tutto l’arco della procedura, fino all’aggiudicazione, alla
stipula del contratto, nonché durante la sua esecuzione, senza soluzione di continuità
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 febbraio 2019 n. 881
Sul giudizio di anomalia
1. Il giudizio sull’anomalia delle offerte presentate in una gara è ampiamente discrezionale ed
espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e
macroscopica erroneità o irragionevolezza. In particolare, il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni dell’amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza
dell’istruttoria, ma non può invece procedere ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e
delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della P.A. e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed
evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto.
2. Il giudizio di incongruità dell’offerta costituisce sempre espressione di discrezionalità tecnica di
esclusiva pertinenza dell’amministrazione ed esula dalla competenza del giudice amministrativo, che
può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione abnormi o inficiati da errori di fatto; giammai il
giudice amministrativo può sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione e procedere ad
una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci.
3. La Stazione appaltante non deve necessariamente indicare “elementi specifici” a fondamento della scelta di avviare la verifica facoltativa di anomalia ex art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016,
dovendosi al riguardo confermare il principio secondo cui l’amministrazione dispone di una
discrezionalità quanto mai ampia Del resto, l’ampia discrezionalità che la citata disposizione del
Codice dei contratti pubblici attribuisce alle stazioni appaltanti sul se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta non abbisogna di essere particolarmente motivata, tanto che la scelta può
essere sindacata solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 febbraio 2019 n. 882
Sulla prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
Il rapporto tra il comma 3 ed il comma 4 dell’articolo 95 deve essere declinato come di specie a
genere: ove ricorrano cioè le fattispecie di cui al comma 3 (tra cui le prestazioni ad alta intensità di
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manodopera) si pone, dunque, un obbligo speciale e cogente di adozione del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa che, sovrapponendosi e irrigidendo la ordinaria preferenza per tale
criterio prevista in via generale dal codice, non ammetterebbe giammai deroghe, nemmeno al ricorrere
delle fattispecie di cui al comma 4 ed indipendentemente dallo sforzo motivazionale compiuto
dall'amministrazione.
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TAR TOSCANA, SEZ. II – sentenza 6 febbraio 2019 n. 185
Sull’inapplicabilità dell’avvalimento per conseguire un maggior punteggio
In base all’art. 89, comma 1, del d.lgs n. 50 del 2016, l’istituto dell’avvalimento è previsto per
soddisfare l’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei
requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara”. Pertanto, nelle procedure ad evidenza
pubblica, l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di
ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore
economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata
valutazione dell’offerta.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 7 febbraio 2019 n. 180
Sulla applicabilità del criterio del prezzo più basso per i servizi ripetitivi e standardizzati
È legittima una gara di appalto indetta per l’affidamento di un servizio pubblico (nella specie si
trattava del servizio di trasporto pubblico locale settore urbano ed extraurbano) per la quale il bando ha
previsto il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, in considerazione del fatto che si tratta di un
servizio con caratteristiche ripetitive ed altamente standardizzate, privo quindi per definizione di
originalità e di discrezionalità nel modus operandi degli esecutori.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 7 febbraio 2019 n. 258
Sul sopralluogo
La clausola del bando di gara che prevede a pena di esclusione il sopralluogo non può di per sé dirsi
contraria alla legge o non prevista dalla legge, salvo che il sopralluogo abbia carattere di adempimento
strumentale a garantire anche il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara
e che l’obbligo di sopralluogo abbia un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto. L’obbligo di
sopralluogo, strumentale a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi, è infatti
funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore
precisione, la migliore offerta tecnica.
Sull’iscrizione camerale
L’art. 83, commi 1, lett. a), e 3, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede l’iscrizione camerale quale requisito di
idoneità professionale, anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico-professionale ed
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economico-finanziaria dei partecipanti alla gara, con la necessaria conseguenza che vi debba essere
congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità
dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di commercio, e l’oggetto del contratto
d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste; tuttavia, la corrispondenza contenutistica non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei
due termini di riferimento, ma la stessa va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di
verifica della richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione non già
atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto.
Sull’idoneità del rinvio a giudizio a configurare un illecito professionale
L’eventuale rinvio a giudizio dell’amministratore o del direttore tecnico di un operatore economico
per corruzione o per riciclaggio, nonché l’applicazione di una misura cautelare per i medesimi reati,
non costituiscono adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale, che
comporta l’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016; la loro omessa dichiarazione, pertanto, non configura la causa di esclusione dell’operatore ai sensi della
successiva lett. c-bis) dell’art. 80.
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TAR LAZIO, ROMA, SEZ. I bis- sentenza 7 febbraio 2019 n. 1554
Sull’inapplicabilità del soccorso istruttorio in caso di offerta tecnica inadeguata
Nel caso in esame, a causa dell’accertamento della carenza dei requisiti minimi prescritti per l’offerta
tecnica e, quindi, della sostanziale inadeguatezza dell'operatore economico, l’esclusione della ricorrente si poneva in termini di “atto dovuto”, affatto sproporzionato e, anzi, espressamente imposto
dalla lex specialis in veste di strumento utile per la PA per esprimere il proprio dissenso ad un prodotto
non rispondente alle caratteristiche tecniche minime richieste nel disciplinare.
A carenze di tale genere, atte a rivelare l’inadeguatezza dell’offerta tecnica formulata (perché non
rispondente ai requisiti minimi prescritti dal disciplinare di gara), non è possibile ovviare con il rimedio del c.d. soccorso istruttorio né, d’altro canto, mediante il richiamo del principio di tassatività
dei casi di esclusione, concernenti i differenti casi del mancato rispetto di adempimenti solo
documentali o formali o privi, comunque, di una base normativa espressa.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. III – sentenza 8 febbraio 2019 n. 713
Sulla necessità del preventivo invito a sostituire l’ausiliaria
E’ illegittimo l’operato della Stazione appaltante la quale, nel disporre l’esclusione dell’impresa
ausiliaria perché autrice di numerose di inadempienze contrattuali pregresse, non ha consentito la
sostituzione dell’ausiliaria stessa, così come previsto dall’art. 89, terzo comma, d.lgs. n. 50/2016.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 8 febbraio 2019 n. 942
Sulla necessità dell’esperimento di una gara per l’affidamento del servizio di pubblicità
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Il soggetto intermediario che svolge la pubblicità legale, da effettuare per le vendite giudiziarie, per le
procedure esecutive e fallimentari ed altri servizi connessi, deve essere scelto mediante il preventivo
esperimento di una apposita procedura di evidenza pubblica, vertendosi al cospetto di una concessione
di servizi di pubblicità legale; infatti: a) la scelta di individuare un operatore unico che si occupi degli adempimenti pubblicitari di volta in volta necessari non lede le prerogative del singolo giudice,
potendo al contrario l’amministrazione fornire un adeguato supporto ex ante; b) l’esperimento di una
apposita gara di appalto, non può ritenersi in alcun modo lesivo delle prerogative del giudice dell’esecuzione ex art. 490 c.p.c., e non palesa dunque, in questa prospettiva, profili di difetto di
attribuzione del Tribunale.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 9 febbraio 2019 n. 947
Sulla decorrenza del termine di impugnazione in caso di piena conoscenza dell’atto lesivo
Decorrono i termini per impugnare l’ammissione se la causa di illegittimità di un provvedimento di
ammissione emerga nel corso delle sedute di gara, e la controinteressata ne sia in piena conoscenza.
Secondo la giurisprudenza (Cons. St. n. 1843 del 2018; Cons. St. 5870 del 2017) la regola della
pubblicazione di cui all’art. 120 bis non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., e quindi non esclude la
rilevanza della piena conoscenza dell’atto da impugnare. Ciò implica che, in difetto della formale
comunicazione dell’atto – in particolare in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante – il termine decorre, comunque, dal
momento dell’intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che
l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera
giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale.
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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, SEZ. I – sentenza 12 febbraio 2019 n. 67
Sull’insussistenza del diritto di prelazione in capo al promotore escluso dalla gara.
La previsione, contenuta nell’art. 183, comma 15, codice dei contratti pubblici, in base alla quale “il promotore non … aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione
dell'aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad
adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario”, implica
la partecipazione a tutte le fasi di gara e l’inserimento in graduatoria.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 13 febbraio 2019 n. 129
Sul concetto di servizi standardizzati e sul criterio del prezzo più basso
E’ legittimo il bando di gara dei servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti meccaniche degli automezzi della P.A. nella parte in cui prevede l’utilizzo del criterio del massimo
ribasso, ai sensi dell’art. 95 comma 4, lett. b), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di servizi con
caratteristiche standardizzate e ripetitivi per la stazione appaltante in cui risultano definite tutte le
specifiche tali da rendere necessaria soltanto una comparazione sul prezzo.
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L’appalto aveva ad oggetto servizi “con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite
dal mercato”, dovendosi ricostruire in termini più estensivi la nozione di “servizio standardizzato” e di
conseguenza attribuire un più ampio ambito di operatività al criterio del massimo ribasso, atteso che:
1) la riparazione di automezzi è, come noto, un’attività che presuppone esperienze professionali e
tecnologie ampiamente e da tempo diffuse, né il discorso muta per effetto dell’introduzione di nuove strumentazioni diagnostiche, le quali, semmai, riducono l’apporto del fattore umano e dunque
“standardizzano” ulteriormente gran parte dei controlli cui gli automezzi sono sottoposti;
2) perché, inoltre, nell’ambito del servizio di cui si discute assume peso economico decisamente
prevalente il costo dei pezzi di ricambio, i quali, a loro volta, presentano spesso “caratteristiche standard” e sono oggetto di prezzi prefissati nei tariffari di mercato delle rispettive case produttrici, il
che evidenzia la sussistenza dell’ulteriore elemento che per legge giustifica il ricorso al criterio del
massimo ribasso, cioè l’incidenza delle condizioni generali di mercato sul contenuto della prestazione.
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CORTE DI GIUSTIZIA U.E. – ordinanza del 14 febbraio 2019 (causa C-54/18)
Sui presupposti per la decorrenza del termine nel rito super-accelerato
La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i
ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione
dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a
pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei
motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza
della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata.
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TAR LAZIO, ROMA, SEZ. III - sentenza 14 febbraio 2019 n. 1965
Sull’immodificabilità dell’offerta in sede di gara
Alla luce dei principi generali richiamati da numerose pronunce del Consiglio di Stato (cfr., tra le
molte, Cons. Stato, V, 11 gennaio 2018, n. 113), vige nella materia degli appalti pubblici il principio generale della immodificabilità dell’offerta, a tutela dell’imparzialità e della trasparenza dell’agire
della stazione appaltante, nonché della parità di trattamento tra gli operatori economici.
Nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante
alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’ impegno negoziale con essi assunti;
evidenziandosi, altresì, che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere
interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti
di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente.
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Le offerte devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante
alla gara, superando le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata
dell’impegno negoziale assunto (cfr. Cons. Stato, V, n. 2082/2015; III, n. 5196/2014).
Ne consegue che tale ricerca può anche consistere nell’individuazione e nella rettifica di eventuali
errori di scritturazione o di calcolo, a condizione, però, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta (cfr.,
Cons. Stato, III, n. 1487/2014 e n. 4592/2012; VI, n. 889/2013); dunque risulta legittimo il potere di
rettifica di errori materiali o refusi, ma soltanto se circoscritto alle ipotesi in cui l’effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell’offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non
è voluta, ma è frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti
negli artt. 1430-1433 del codice civile (cfr., nel solco di Cons. Stato, A.P., n. 9/2014, TAR Lazio
Roma, II, n. 5060/2016; TAR Lombardia, IV, n. 1554/2016).
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 15 febbraio 2019 n. 198
Sulla differenza tra subappalto e contratto di cooperazione
Le prestazioni oggetto di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura (ora espressamente così definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del codice) sono rivolte a favore
dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non, invece,
direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (che, non a caso è definito dall’art. 105, comma 2, come “Il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte
delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”)”. Il principale elemento che
differenzia il subappalto dal contratto di cooperazione è quindi la “direzione” delle prestazioni, rivolte
alla Stazione appaltante oppure al soggetto affidatario dell’appalto.
Sull’inapplicabilità del contratto di subappalto e del contratto di cooperazione per sopperire alla
carenza dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali
Si deve escludere che il contratto di cooperazione – così come il subappalto – possa essere utilizzato
per sopperire alla carenza dei requisiti soggettivi di partecipazione alla gara. Il subappalto e il contratto
di cooperazione – seppur diversi – comportano entrambi l’affidamento a terzi di una prestazione
oggetto del contratto di appalto.
Sull’inapplicabilità dell’avvalimento per l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali
Per sopperire alla carenza dei requisiti soggettivi di partecipazione alla gara il vigente ordinamento prevede il diverso istituto dell’avvalimento, che permette al concorrente di spendere, nei confronti
della Stazione appaltante, il requisito posseduto da un soggetto terzo. Tuttavia, per il requisito
dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, la vigente normativa esclude espressamente anche la possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento. Recita infatti l’art. 89, comma 10 del
D.Lgs. n. 50/2016 “L’avvalimento non è ammesso per soddisfare il requisito dell’iscrizione all’Albo
nazionale dei gestori ambientali di cui all’art. 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II – sentenza 18 febbraio 2019 n. 905
Sulla doverosità dell’esclusione delle offerte parziali
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L’offerta presentata in sede di gara deve essere conforme sin dal principio alle caratteristiche tecniche
previste nel capitolato per i beni o i servizi da fornire, atteso che difformità, anche parziali, si
risolvono in un “aliud pro alio”, che giustifica l’esclusione dalla selezione; pertanto, ai fini
dell’esclusione, non è necessaria un’espressa previsione in tal senso, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta proposta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, le
quali, in quanto tali, assumono valore di elementi essenziali dell’offerta ai fini del soddisfacimento
delle particolari esigenze dell’amministrazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 19 febbraio 2019 n. 1143
Sul contratto a corpo
E’ da ritenere nulla la clausola del disciplinare che disponga l’esclusione dell’operatore economico in ragione della discrepanza tra l’importo totale del computo metrico estimativo del progetto e il prezzo a
corpo derivante dall’applicazione del ribasso percentuale offerto all’importo a base di gara; tale
clausola infatti si pone in contrasto con la previsione dell’art. 118 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 che, al
secondo comma, prevede che: “Ai sensi dell’art. 53, comma 4, del codice, per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità
della prestazione, per cui il computo metrico estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo
studio dell’intervento, non ha valore negoziale”. L’art. 118, comma 2, è applicabile a tutti i casi di contratto “a corpo”, giusto il rinvio in apertura all’art. 53, comma 4, del codice dei contratti pubblici, il
quale a sua volta ha quale ambito di applicazione proprio i contratti di appalto di lavori (anche se
integrati) “stipulati a corpo”.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 18 febbraio 2019 n. 1099
Sul criterio del prezzo più basso per servizi con caratteristiche standardizzate
1. E’ legittima la lex specialis di una gara per l’affidamento del servizio di riparazione,
manutenzione e revisione dei automezzi della P.A. che preveda, quale criterio di aggiudicazione, quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, atteso che, ai
sensi dell’art. 95, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, il servizio in questione è riconducibile a
servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, per le quali l’art. 95, comma 4, cit. consente il ricorso al criterio del prezzo più basso: ciò in quanto, per un
verso, le prestazioni oggetto di affidamento sono prive di carattere altamente specialistico, dall’altro
esse non possono essere assimilate, tanto più a ragione del sempre più massiccio ricorso a sistemi
informatici di diagnostica dei guasti, a servizi di natura tecnica e intellettuale, soggetti all’applicazione esclusiva del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 95, comma 3, lett.
b) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
Sul costo del lavoro per la valutazione della congruità dell’offerta
2. Nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro indicati nelle tabelle ministeriali costituiscono un
semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da detti valori non legittima di per sé un giudizio di anomalia
dell’offerta. In applicazione di tali principi, deve ritenersi che in relazione all’esatta quantificazione
del costo orario del personale, deve rilevarsi come nelle pubbliche gare un’offerta non può ritenersi
anomala per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo invece che sussistano
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discordanze considerevoli e ingiustificate rispetto a tali valori. In sostanza, i costi medi della
manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto e
inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, ben potendo l’impresa concorrente evidenziare
una particolare organizzazione imprenditoriale idonea a dimostrare la sostenibilità degli scostamenti (e
di eventuali costi inferiori) in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali.
_____________________
TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 18 febbraio 2019 n. 129
Sul grave illecito professionale (sulla rilevanza della mancata indicazione della penale subita)
E’ illegittima l’ammissione in una gara di appalto di servizi (nella specie si trattava del servizio di
mensa scolastica) di una ditta che ha omesso di dichiarare di essere stata destinataria, in precedenza,
da parte di altra P.A., di un provvedimento – del quale non è provata la contestazione in giudizio – di applicazione ex artt. 297-298 D.P.R. n. 207/10 della penale massima prevista dal capitolato speciale
per operazioni di preparazione e cottura di pasti non eseguite secondo il capitolato tecnico (trattavasi,
in particolare, della preparazione in anticipo di un sugo di pomodoro); infatti, premesso il carattere
meramente esemplificativo dell’elencazione delle fattispecie di grave illecito professionale contemplate dall’art. 80 comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50 del 2016, deve ritenersi che tra queste
rientri comunque l’applicazione di una penale nell’importo massimo previsto dal capitolato per
l’inadempimento di una obbligazione contrattuale, in quanto – in astratto – indice di una
(potenzialmente) significativa carenza nell’esecuzione del contratto.
____________________________________
TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II – sentenza 22 febbraio 2019 n. 2420
Sulla partecipazione del Rup alla Commissione (in caso di prezzo più basso)
Poiché l’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che: “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al
contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è
valutata con riferimento alla singola procedura”, è evidente che non sussiste una generale incompatibilità tra le due figure di RUP e commissario, ma deve di volta in volta aversi riguardo alla
singola gara; in particolare, nel caso di procedura negoziata, da aggiudicarsi con il criterio del minor
prezzo, poiché la discrezionalità in capo alla Commissione non sussiste, non si ravvisano in concreto
ragioni di incompatibilità.
_____________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 22 febbraio 2019 n. 1222
Sulla suddivisione in lotti (derogabilità del principio e adeguata motivazione)
1. Anche se è vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già
previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, tuttavia, nel nuovo regime, il principio non
risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel
bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”. Il principio
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della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere
adeguatamente motivata.
2. Il principio della suddivisione in latti di un appalto è espressione di scelta discrezionale, sindacabile
soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in
ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 22 febbraio 2019 n. 388
Sulla sanabilità con il soccorso istruttorio di un documento scansionato (e non in originale)
1. Nel caso in cui la sottoscrizione apposta in calce al contratto di avvalimento e alla domanda di partecipazione e ai relativi allegati sia in forma “scansionata” (quindi non in “originale”), tale
circostanza non determina la nullità – o a fortiori l’inesistenza – del contratto, con conseguenti effetti
espulsivi, venendo in rilievo una scrittura privata per la cui validità è necessaria e sufficiente la forma
scritta e non essendo in discussione, inoltre, la concreta attribuzione della paternità del documento contrattuale all’impresa ausiliaria, che non ha mai formalizzato alcuna contestazione o
disconoscimento al riguardo. Trattasi, al più, di mera irregolarità suscettibile di essere sanata
mediante il ricorso al soccorso istruttorio posto che, nel caso di specie, non viene in rilievo un’ipotesi di difetto assoluto di sottoscrizione bensì, soltanto, una modalità di sottoscrizione che, tenuto anche
conto dell’ulteriore documentazione prodotta e in possesso della stazione appaltante, risulta comunque
idonea a consentire la riferibilità all’impresa ausiliante, sul piano soggettivo, dell’accordo di
avvalimento stipulato.
Sull’insussistenza della causa di esclusione in caso di misura cautelare (e non di condanna)
2. Nessun automatismo espulsivo può riconnettersi all’applicazione di un misura cautelare emessa nei confronti del legale rappresentante della impresa ausiliante, trattandosi di vicenda penale che non
assume rilevanza ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 e delle Linee Guida ANAC n. 6/2016.
L’adozione di una misura cautelare, in particolare, non costituisce adeguato mezzo di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporterebbe l’esclusione dalla gara ai sensi
dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016; la sua omessa dichiarazione, pertanto, non
configura la causa di esclusione dell’operatore ai sensi della successiva lett. c-bis) dell’art. 80 (3), posto che le linee guida ANAC n. 6, con cui l’Autorità ha determinato quali mezzi di prova
considerare adeguati per la dimostrazione, tra l’altro, delle circostanze di esclusione, prevedono che
prova adeguata dell’illecito professionale sia costituita quanto meno da “provvedimenti di condanna
non definitivi per i reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p.”.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VIII – sentenza 25 febbraio 2019 n. 1046
Sull’ammissibilità del soccorso istruttorio per le referenze bancarie
Nelle gare di appalto le referenze bancarie, indipendentemente dal fatto che la loro allegazione sia, o meno, specificamente richiesta dalla lex specialis, non vengono ad integrare un elemento formale della
domanda, bensì costituiscono soltanto documenti atti a comprovare la sussistenza dei requisiti
sostanziali richiesti per la partecipazione (eventualmente dichiarati in sede di domanda), per cui la loro
allegazione ben può essere richiesta in sede di “soccorso istruttorio”; conseguentemente, non può
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costituire elemento pregiudizievole per il concorrente il rilascio di esse in data successiva a quella di
scadenza dei termini di presentazione dell’offerta (in quanto destinate ad attestare un dato preesistente.
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TAR PIEMONTE, SEZ. II – sentenza 26 febbraio 2019 n. 228
Sull’ammissibilità della verifica facoltativa dell’anomalia e sul giudizio di anomalia
1. L’art. 97, c. 6, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016, attribuisce alla stazione appaltante il potere di
procedere alla valutazione di congruità di offerta, “in ogni caso”, se “in base ad elementi specifici,
appaia anormalmente bassa”. Alla stregua di tale norma, la scelta di sottoporre l’offerta a verifica facoltativa di anomalia è rimessa ad una valutazione ampiamente discrezionale della stazione
appaltante, che non richiede un’espressa motivazione e che risulta sindacabile soltanto in caso di
macroscopica irragionevolezza o illogicità.
2. La verifica di congruità dell’offerta può essere effettuata anche al di fuori delle ipotesi in cui essa
sia obbligatoria, quindi, anche ove l’offerta non presenti un ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia, determinata mediante l’utilizzo di uno dei metodi previsto dall’art. 97, comma 2, e a
prescindere da sollecitazioni di altri concorrenti.
3. Il giudizio circa l’anomalia dell’offerta è tipica espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile
dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 27 febbraio 2019 n. 1367
Sul grave illecito professionale
In materia di esclusione per gravi illeciti professionali ex art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del
2016, il legislatore ha voluto riconoscere alla stazione appaltante un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore; ne consegue che il sindacato che il
G.A. è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano
della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad
evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa.
L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c), comma 5, dell’art. 80 del
d.lgs. n. 50 del 2016, è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della
stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo
inciso (“Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]”) che precede l’elencazione.
Sul self cleaning e sull’insufficienza della mera sostituzione dell’amministratore
Sono da ritenere insufficienti le misure di self-cleaning che la società afferma di aver posto in essere, nel caso in cui, al momento dell’adozione dei provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione e di
esclusione dell’appellante dalla gara, l’unica modifica intervenuta concerneva il mutamento
dell’amministratore della società, che peraltro era stato sostituito dal coniuge del medesimo, senza che fosse mutata, dunque, la porzione maggioritaria delle quote societarie che il medesimo deteneva,
circostanza che gli garantiva comunque una posizione di rilevante influenza, in considerazione del
fatto che la società era composta da soli due soci.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 27 febbraio 2019 n. 1387
Sulle funzioni di presidente della Commissione svolte dal R.U.P.
Nella fattispecie nella quale il R.U.P. non ha anche predisposto gli atti di gara, redatti da altra unità organizzativa dell’Amministrazione, e peraltro riproduttivi della lex specialis delle precedenti
procedure per l’affidamento del medesimo servizio, si ritiene possibile che il RUP sia anche presidente
della Commissione di gara.
La norma contenuta nell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 può infatti essere interpretata, come ha fatto il primo giudice, nel senso che l’eventuale incompatibilità debba essere comprovata, sul
piano concreto e di volta in volta, sotto il profilo dell’interferenza sulle rispettive funzioni assegnate al
R.U.P. ed alla Commissione.
Sarebbe stato onere della ricorrente fornire precisi elementi di prova sull’esistenza di possibili e
concreti condizionamenti, del componente in questione, in relazione all’attività di RUP»; al contrario, nessuna contestazione è stata svolta, se non marginalmente, e comunque tardivamente, con la memoria
depositata in data 5 luglio 2018, ai punteggi attribuiti dalla Commissione alle offerte tecniche, in base
al coefficiente ponderale previsto per ciascun criterio.
Del resto, il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio
della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente
applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il
più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta. Il che conferma
l’assunto secondo cui il ruolo di R.U.P. con le funzioni di presidente o componente della Commissione
è precluso allorchè sussista la concreta dimostrazione che i due ruoli siano incompatibili, per
motivi di interferenza e di condizionamento tra gli stessi (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6082).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 28 febbraio 2019 n. 1409
Sulla scelta del contratto da applicare in sede di esecuzione del contratto
1. La scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione
dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, col solo limite che esso risulti coerente con
l’oggetto dell’appalto.
2. E’ illegittimo il provvedimento con il quale la Stazione appaltante ha escluso dalla gara una impresa
sotto il profilo che il costo della manodopera indicato in offerta non rispettava i minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle formulate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai
sensi dell’art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50 del 2016, ove risulti che l’impresa interessata,
rispondendo ai chiarimenti, abbia affermato di essere un’impresa artigiana e di aver applicato il
Contratto Nazionale Lavoratori Edili Artigiani / Edilizia Civile Industriale.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II – sentenza 1° marzo 2019 n. 1153
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Sulla partecipazione a gara delle cooperative sociali
È illegittimo il provvedimento di esclusione da una gara per l’affidamento di un servizio pubblico
(nella specie si trattava della concessione della gestione del servizio di sosta a pagamento senza
custodia dei veicoli e i servizi/attività complementari, sulle aree pubbliche del territorio comunale) per
la asserita incompatibilità della società esclusa – per la sua qualità soggettiva di cooperativa sociale di cui alla lett. a) dell’art. 1 co. 1 della l. 8 novembre 1991 n. 381 – e il servizio messo a gara di natura
“commerciale”. In tal caso l’illegittimità dell’esclusione della cooperativa sociale deriva dalla
violazione dell’art. 45 del D.lgs. n. 50/2016 che, nella individuazione degli operatori economici “ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici” fornisce un elenco non
esaustivo comunque comprensivo delle “società anche cooperative” (così risolvendo positivamente
anche la questione sorta nella vigenza dell’art. 34 del D.Lgs. n. 163/2006, che invece limitava la partecipazione solo alle “società commerciali”) e che, anche a prescindere da tale specifica
indicazione, si incentra in ogni caso sul principio della “neutralità” della forma giuridica rivestita dai
soggetti partecipanti, a sua volta corollario del principio della più ampia partecipazione possibile alle
procedure di affidamento dei contratti pubblici.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 4 marzo 2019 n. 2771
Sul grave illecito professionale e sull’obbligo di una puntuale motivazione per l’esclusione
1. La lettera dell’art. 80, c. 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2016 non contempla un numero chiuso di illeciti professionali, ma disegna una fattispecie aperta contenente una elencazione avente chiara natura
esemplificativa e non tassativa, rimettendo alle stazioni appaltanti la possibilità di individuare altre
ipotesi, non espressamente contemplate dalla norma primaria o dalle linee guida Anac, che siano
oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta del grave illecito professionale. Ciò è inequivocabilmente confermato dall’utilizzo dell’espressione “tra questi rientrano” e dalla
correlazione dell’effetto escludente ad una particolare sintomaticità dei fatti (tali da rendere dubbia
l'[..]integrità o affidabilità” dell’operato economico), piuttosto che alla loro riconducibilità ad un
concetto giuridico definito”.
2. Sussiste l’obbligo di attivare il contraddittorio procedimentale nella fase di adozione del
provvedimento di esclusione e di valutazione delle misure di self cleaning; tale obbligo tuttavia
presuppone il rispetto del principio di lealtà nei confronti della stazione appaltante, e quindi in caso di
dichiarazioni mendaci o reticenti, l’Amministrazione aggiudicatrice può prescindervi, disponendo
l’immediata esclusione della concorrente.
3. È illegittimo il provvedimento con il quale una ditta è stata esclusa dalla gara – ai sensi dell’art. 80,
comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2016 – per la mera pendenza di un procedimento penale (nella
specie per corruzione) a carico dell’ex amministratore unico e legale rappresentante della società regolarmente dichiarato in sede di gara. Infatti, in tal caso, l’Amministrazione era tenuta a fornire una
motivazione particolarmente rigorosa al provvedimento adottato, in modo da provare “con mezzi
adeguati”, come espressamente richiesto dall’art. 80 cit., il valore sintomatico del fatto dichiarato ai fini espulsivi; inoltre, a fronte della completezza delle informazioni rese dal partecipante, che non
risultano di tenore reticente o comunque omissivo, l’Amministrazione appaltante avrebbe dovuto
attivare il contraddittorio procedimentale, tanto in relazione alla valutazione sulla sussistenza di un
presupposto idoneo a concretizzare una ipotesi di grave negligenza professionale quanto alla eventuale
inefficacia delle misure di self cleaning dichiarate.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 4 marzo 2019 n. 1195
Sulla necessità di una specificazione dell’oggetto in caso di avvalimento operativo
1. Nel caso di avvalimento c.d. “tecnico od operativo”, avente a oggetto requisiti diversi rispetto a
quelli di capacità economico-finanziaria, sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in
modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi
aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto.
2. Nel caso di carente indicazione nel contratto di avvalimento tecnico od operativo, a seconda dei casi, dei mezzi, personale, prassi e di tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione
all’oggetto dell’appalto, deve escludersi la possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, il quale è
previsto solo per la regolarizzazione della documentazione prodotta, ma non anche per colmare il mancato possesso, nel termine stabilito per la presentazione dell’offerta, di uno dei requisiti, a pena
della violazione della par condicio.
_________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 4 marzo 2019 n. 1491
Sulla sindacabilità della suddivisione in lotti dell’appalto
1. Come qualsiasi scelta della P.A., anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad
essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del
margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo,
ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria (2).
2. Le norme di recepimento del diritto comunitario in materia di suddivisione dei lotti devono essere
interpretate alla luce del principio di cui al Considerando 79, della Direttiva 2014/24/UE, secondo cui
le Amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero limitare il numero dei lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente “…allo scopo di salvaguardare la concorrenza”. La tendenziale
preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria
esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese ex art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006), ma anche, e soprattutto, nella
esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al
momento dell’effettuazione della gara, ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di
svolgimento del rapporto.
E’ illegittima la suddivisione in lotti operata dalla P.A. visto che i sei lotti della gara (per complessivi € 303.510.618,83) erano caratterizzati da un notevole valore economico (ad es 31 milioni per il Lotto
3; € 54 milioni per il Lotto 1, fino ai € 66 milioni per il Lotto 6) ed erano strutturati su una notevole
estensione territoriale con l’accorpamento di più Aziende sanitarie e presidi ospedalieri differenti.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 4 marzo 2019 n. 1495
Sulla necessità dell’autorizzazione espressa per le clausole arbitrali dei contratti ante l. 190/2012
In base a quanto previsto dall’art. 1, commi 19 e 25, della L. 6 novembre 2012, n. 190, deve ritenersi che – in relazione ai contratti contenenti clausole compromissorie stipulati antecedentemente
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all’entrata in vigore della stessa L. n. 190/2012 – il deferimento delle controversie ad arbitri sia
consentito solo in presenza di una preventiva autorizzazione amministrativa che assicuri la ponderata
valutazione degli interessi coinvolti e delle circostanze del caso concreto. Invero, solo una preventiva
autorizzazione espressa, attraverso la sua motivazione, è in grado di assicurare – a differenza dell’assenso tacito – che la scelta dell’amministrazione costituisca il coerente risultato della citata
valutazione. La stessa disposizione che impone all’amministrazione, per finalità di pubblicità e
trasparenza, di esternare la ragioni che l’hanno indotta ad avvalersi dell’arbitrato, porta ad escludere
che un comportamento concludente possa essere equiparato all’autorizzazione espressa.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 marzo 2019 n. 1524
Sul principio di rotazione (sulla necessità di motivare l’invito anche per l’uscente di gara aperta)
Il principio di rotazione che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti
nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte trova
fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore
uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece – come ipotizzato dall’appellante – dalle modalità di affidamento, di tipo
“aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici
attivi non è elevato.
Pertanto, anche al fine di dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la
distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente
idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il
nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente
riveste carattere eccezionale.
Rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore
economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o
di altra natura. Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento
al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato
a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche
del mercato di riferimento (in tal senso, si veda anche la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097
dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee-guida n. 4).
In particolare, per effetto del principio di rotazione l’impresa che in precedenza ha svolto un
determinato servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata ad
una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento (ex multis, Cons. Stato,
V, 13 dicembre 20017, n. 5854; V, 31 agosto 2017, n. 4142).
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I – sentenza 5 marzo 2019 n. 1223
Sulla qualificata urgenza per la procedura negoziata senza bando
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1. L’art. 63, 1° comma, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, il quale prevede e disciplina le condizioni per le
quali le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura
negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, attesa la sua portata acceleratoria e
compressiva del principio di concorrenza, deve essere inteso come disciplina di stretta interpretazione.
2. Non sussiste una situazione di urgenza derivante da eventi imprevedibili per P.A., tale da determinare l’inesistenza di un’alternativa rispetto all’affidamento mediante procedura negoziata, ove
non si dimostri che non sussisteva una assoluta impossibilità di rispettare i termini per le procedure
aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione.
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TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. I – sentenza 05 marzo 2019 n. 215
Sulla rilevanza dell’illecito professionale (decadenza dall’aggiudicazione) anche se non iscritto nel
casellario ANAC
Affinché l’illecito professionale rilevi come motivo diretto di esclusione (lett. c/c-ter) o come motivo indiretto per falsità della dichiarazione (lett. f-bis) non è necessario che si sia formato un giudicato,
come si poteva invece ritenere in base alla previgente versione dell’art. 80 comma 5-c del Dlgs.
50/2016. Pertanto, fino al giudicato (e in mancanza di sentenze esecutive favorevoli al concorrente) la valutazione del comportamento tenuto in appalti o concessioni precedenti spetta soltanto alla stazione
appaltante, la quale deve essere lealmente informata di ogni episodio astrattamente rilevante il fatto
che la decadenza dall’aggiudicazione non sia stata ancora iscritta nel Casellario Informatico dell’ANAC ai sensi dell’art. 213, comma 10, del Dlgs. 50/2016 non comporta né l’irrilevanza né
l’inutilizzabilità dell’informazione. La pubblicità del Casellario Informatico non è costitutiva, e non è
neppure vincolante per quanto riguarda le modalità con cui il fatto viene descritto. Se un grave illecito
professionale, o comunque un episodio della vita professionale, viene inserito nel Casellario Informatico, le stazioni appaltanti non possono ignorarlo, ma sono autonome nel valutarne la rilevanza
nelle gare di loro competenza. In mancanza di iscrizione, le stazioni appaltanti possono procurarsi con
altri mezzi le informazioni sulla vita professionale dei concorrenti, o effettuare approfondimenti su segnalazioni provenienti da terzi. L’interesse pubblico alla trasparenza delle gare e all’espulsione dal
mercato degli imprenditori inaffidabili consente che a un controllo centralizzato presso l’ANAC si
affianchi un controllo decentrato presso le singole stazioni appaltanti.
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TAR EMILIA ROMAGNA – PARMA, SEZ. I – sentenza 6 marzo 2019 n. 58
Sul diritto di prelazione in caso di finanza di progetto
Nel caso della prelazione prevista dall’art. 183, comma 15 del d.lgs. n. 50 del 2016, il procedimento
nasce da una proposta di un operatore economico privato rivolta ad un’amministrazione aggiudicatrice e tesa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità.
L’amministrazione aggiudicatrice, se ritiene di porre la proposta – con il relativo progetto di fattibilità
– a base di un bando di gara, espleta la relativa procedura ad evidenza pubblica e aggiudica la
concessione al soggetto classificatosi primo in graduatoria.
Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione
dell'aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario, qualora dichiari di impegnarsi ad
adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario. Se il
promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione, ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti di legge. Se
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invece il promotore esercita la prelazione, l'originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico
del promotore, dell'importo delle spese per la predisposizione dell'offerta, nei limiti di cui al comma 9
dell’art. 183.
Dalla sintetica ma necessaria ricostruzione del sistema vigente, emerge dunque che il diritto di
prelazione attribuito dal codice dei contratti pubblici al promotore ha delle connotazioni decisamente peculiari rispetto agli altri casi di prelazione legale, connotazioni non compatibili automaticamente
con la disciplina generale evincibile in materia.
Innanzitutto, si tratta di un diritto di prelazione che ha come oggetto una posizione di primato
nell’ambito di una graduatoria di cui fanno previamente parte sia prelazionario che terzo, e non il subentro automatico in un diritto che il concedente ha intenzione di trasferire ad un terzo estraneo
all’obbligo legale, o che addirittura, come nel caso della prelazione artistica, è già stato alienato.
In secondo luogo, l’istituto della denuntiatio è sostituito de plano dalla ordinaria comunicazione
dell’aggiudicazione della gara e l’unica formalità prevista a carico del prelazionario è la dichiarazione,
entro il termine di quindici giorni dalla suddetta comunicazione, di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario, mentre il pagamento, a
carico del promotore, dell'importo delle spese sostenute dal terzo per la predisposizione dell'offerta è
previsto dalla legge come obbligazione da adempiere successivamente all’esercizio del diritto di
prelazione, senza la previsione di alcun termine di decadenza.
Da un lato, l’esercizio del diritto di prelazione nelle forme previste dal comma 15 dell’art. 183 del
d.lgs. n. 50 del 2016 fa nascere in capo all’amministrazione aggiudicatrice il mero obbligo di
aggiudicare la gara al promotore, senza dunque generare alcun subentro automatico in un diritto da
disporre o già acquisito da un terzo; dall’altro, il previo espletamento di una gara pubblica - in cui, tra l’altro, il diritto di prelazione legale del promotore è stato ribadito dal bando -, e la conclusione di tale
gara con l’aggiudicazione provvisoria al terzo, in qualità di concorrente vincitore, esclude che la
notificazione a costui del successivo esercizio del diritto di prelazione debba costituire un presupposto
necessario per il perfezionamento di tale diritto.
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TAR VENETO - Sez. III, sentenza 6 marzo 2019, n. 297
L’art. 216, comma 12, del D.lgs. 50/2016 relativamente alla nomina della commissione, in via
transitoria, prima dell’entrata in vigore del sistema dell’Albo dei commissari, sancisce che “fino alla
adozione della disciplina in materia di iscrizione all’Albo di cui all’art. 78, la commissione
giudicatrice continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza
preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante”.
E’ illegittimo il provvedimento di nomina di una commissione di gara per il fatto, che al di là di un
generico riferimento ai requisiti di esperienza, esso non conteneva alcuna autonoma e specifica motivazione in ordine alle ragioni di scelta dei membri della commissione, ma si limita a indicare i
nominativi dei soggetti individuati.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 7 marzo 2019 n. 302
Sull’omessa indicazione dei costi della manodopera
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L’art. 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (secondo cui “Nell’offerta economica l’operatore
deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle
disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”), va interpretato nel senso che,
nell’ipotesi in cui la lex specialis non preveda a pena di esclusione l’indicazione dei detti costi ed oneri, la Stazione appaltante non può disporre automaticamente l’esclusione di una ditta nel caso di
mancata indicazione, ove la ditta stessa dimostri, almeno in sede di giustificazioni, che
sostanzialmente la sua offerta comprende i costi della manodopera, consentendo la stazione appaltante all’impresa di specificare la consistenza di tali costi già inclusi (ma non distinti) nel prezzo
complessivo dell’offerta, senza ovviamente manipolare o modificare in corso di gara l’offerta stessa, e
ciò anche in considerazione della previsione racchiusa nell’art. 56, par. 3, della Direttiva 2014/24/UE che consente alle stazioni appaltanti di chiedere chiarimenti sulle informazioni già presenti nella
documentazione presentata dai concorrenti, informazioni che a pieno titolo rientrerebbero tra le
giustificazioni di cui all’art. 69, par. 2, lett. d), della stessa Direttiva.
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TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, SEZ. II – sentenza 8 marzo 2019 n. 231
Sul concetto di servizi analoghi
1. Nelle gare pubbliche, laddove il bando di gara richieda quale requisito il pregresso svolgimento di
«servizi analoghi», tale nozione non può essere assimilata a quella di «servizi identici», dovendosi conseguentemente ritenere, in chiave di favor partecipationis, che un servizio possa considerarsi
analogo a quello posto a gara se rientrante nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui
afferisce l’appalto in contestazione, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia
maturato la capacità di svolgere quest’ultimo.
2. Nel caso in cui la lex specialis di gara richieda di dimostrare il pregresso svolgimento di servizi simili, non è consentito alla stazione appaltante di escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte
le attività rientranti nell’oggetto dell’appalto, né le è consentito di assimilare impropriamente il
concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, considerato che la ratio di siffatte clausole è proprio quella di perseguire un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un
imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche.
3. Anche nel caso in cui un singolo servizio (o fornitura) non possa considerarsi pienamente “analogo”
a quello oggetto di gara, la valutazione che dovrà compiere la stazione appaltante non potrà che essere
di tipo complessivo e ciò in quanto la sommatoria di tutti i servizi o forniture dichiarate può ragionevolmente essere considerata quale indice di idoneità tecnica alla corretta esecuzione
dell’appalto.
Sul rapporto tra i criteri di selezione delle offerte e sui servizi ripetitivi
4. Mentre l’art. 83 del vecchio D.lgs. n. 163/2006 poneva su una posizione di parità i criteri
dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del massimo ribasso, spettando unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno o per l’altro, l’art. 95 del D.Lgs. n.
50/2016 ha introdotto una preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
infatti il criterio del prezzo più basso può essere utilizzato esclusivamente in alcuni casi individuati ex
ante dal Legislatore: a) per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 euro; b) per i servizi e forniture con caratteristiche standardizzate; c) per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia
di rilevanza comunitaria, caratterizzati da elevata ripetitività (fatta eccezione per quelli ad elevato
contenuto tecnologico o che presentano carattere innovativo).
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5. Per servizi e forniture “con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal
mercato” devono intendersi quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva
sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante
oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali. I servizi e le forniture “caratterizzati da elevata ripetitività” invece soddisfano esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla
normale operatività delle stazioni appaltanti, richiedendo approvvigionamenti frequenti al fine di
assicurare la continuità della prestazione.
6. La “ratio” dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016, che prevede una preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è quello di evitare alle stazioni appaltanti (e agli operatori
economici) gli oneri, in termini di tempi e costi, di un confronto concorrenziale basato sul miglior
rapporto qualità e prezzo, quando i benefici derivanti da tale confronto sono nulli o ridotti (in relazione all’importo del contratto). Per esempio questo si verifica quando la P.A. ha una lunga esperienza
nell’acquisto di servizi o forniture a causa della ripetitività degli stessi.
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TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. II, sentenza 1 MARZO 2019, n. 1153
Sulla partecipazione alle gare delle cooperative sociali
Una cooperativa sociale, di cui alla categoria sub a) delle cooperative sociali dell’art. 1 l. 381/1991,
può partecipare anche a gare d’appalto di natura commerciale, senza che la sua forma giuridica possa
creare alcuna limitazione o discriminazione
L’idoneità della partecipante a prestare il servizio messo a gara va verificato in concreto, sia pure nell’ambito di un’organizzazione connotata da uno scopo mutualistico, senza desumere alcuna
limitazione dalla presunta appartenenza della società partecipante alla categoria sub a) delle
cooperative sociali di cui all’art. 1 l. 381/1991 o dall’iscrizione dell’operatore nella relativa sezione
dell’albo regionale
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I – sentenza 11 marzo 2019 n. 1382
Sulla competenza a svolgere la verifica dell’anomalia
In tema di verifica delle offerte anomale nelle gare di appalto, anche se la disciplina attuale (art. 97 del D.Lgs. n. 50/2016), dispone genericamente che le operazioni di verifica spettano alla “stazione
appaltante”, senza ulteriori specificazioni, deve ritenersi che sia il R.U.P. il titolare delle scelte, e se
del caso delle valutazioni, in ordine alle offerte sospette di anomalia, che in tale fase interviene ad
esercitare la propria funzione di verifica e supervisione sull’operato della commissione (1).
L’art. 31 del vigente Codice dei contratti pubblici, oltre a indicare alcuni specifici compiti del R.U.P., delinea la sua competenza in termini residuali precisando che “quest’ultimo, svolge tutti i compiti
relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal
presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.
Tra i compiti espressamente attribuiti alla commissione giudicatrice di cui all’art. 77 non figura la verifica dell’anomalia dell’offerta, ragione per cui deve ritenersi che, anche nel novellato quadro
normativo, tale attività rientri nella competenza del R.U.P..
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I BIS– sentenza 11 marzo 2019 n. 3168
Sulla differenza tra avvalimento operativo e avviamento di garanzia
1. In sede di gara di appalto, ricorre l’avvalimento c.d. di garanzia nel caso in cui l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata la propria solidità economica e finanziaria, rassicurando la stazione
appaltante sulle sue capacità di far fronte agli impegni economici conseguenti al contratto d’appalto,
anche in caso di inadempimento: tale è l’avvalimento che abbia ad oggetto i requisiti di carattere economico – finanziario e, in particolare, il fatturato globale o specifico; ricorre, invece, l’avvalimento
c.d. tecnico od operativo nel caso in cui l’ausiliaria si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata le
proprie risorse tecnico – organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto di appalto: tale è l’avvalimento che abbia ad oggetto i requisiti di capacità tecnico – professionale tra i quali, ad
esempio, la dotazione di personale.
2. Nel caso di avvalimento di garanzia (in cui l’impresa ausiliaria si limita a “mettere a disposizione” il
suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore), non è, in via
di principio, necessario che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una certa e determinata consistenza
patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione,
ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare ed a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria ed il patrimonio esperienziale, così
garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità. Tali elementi
minimi risultano soddisfatti dal contratto di avvalimento qualora venga indicato il fatturato messo a
disposizione ed è prevista la responsabilità solidale con l’ausiliata nei confronti della stazione appaltante, non potendosi in questo caso configurarsi un prestito di un valore puramente cartolare ed
astratto, tale da soddisfare su di un piano meramente formale il requisito di partecipazione.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 12 marzo 2019 n. 521
Sul principio di rotazione
1. Il principio di rotazione, fissato dall’articolo 36 del D.Lgs. n. 50/2016 per gli appalti sotto soglia
mira a evitare il crearsi di posizioni di rendita anticoncorrenziali e a consentire, per contro, l’apertura
del mercato agli operatori più ampia possibile.
2. E’ illegittimo – per violazione del principio di rotazione – l’invito del gestore uscente a partecipare alla gara nonché tutti gli atti conseguenziali, ove la Stazione appaltante non abbia indicato, con
apposita motivazione, le ragioni che l’avrebbero indotto a derogare al principio invitando anche il
gestore uscente. Non è stata ritenuta rilevante la circostanza che alla gara erano stati inviati oltre
mille operatori economici, con la conseguenza che, in realtà, si sarebbe trattata di una procedura
aperta, considerato che gli operatori economici invitati in larga appartenevano a settori merceologici
non compatibili e risultano non idonei a rendere la prestazione oggetto dell’appalto (tra cui, esemplificativamente, architetti e ingegneri, carrozzerie e autofficine, geometri e studi tecnici, imprese
di catering e fiorerie), tanto è varo che a presentare offerta erano stati solamente quattro concorrenti.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VIII – sentenza 14 marzo 2019 n. 1431
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Sulla natura giuridica dell’avviso pubblico di manifestazione d’interesse
L’avviso pubblico di manifestazione d’interesse ha natura di atto prodromico alla successiva
procedura negoziata, da indire ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), del d. lgs. n. 50/2016; infatti,
nell’avviso per l’acquisizione della disponibilità delle ditte a svolgere un servizio non vi è ancora
alcuna selezione tra i partecipanti e l’interesse perseguito è solo di tipo esplorativo, volto ad acquisire informazioni sulle ditte presenti sul mercato, potenzialmente in grado di fornire il servizio richiesto e
disponibili a partecipare a una futura procedura di affidamento. Pertanto la fase esplorativa e la fase
di vera e propria competizione – o di gara ancorché con procedura negoziata – devono essere
tenute nettamente distinte, con la conseguenza che rileva il possesso dei requisiti alla data della
successiva procedura selettiva.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 15 marzo 2019 n. 1710
Sulla decorrenza del termine di impugnazione, dalla comunicazione della determina di aggiudica
anche se non ancora efficace
Il Codice ha del tutto eliminato la tradizionale categoria della “aggiudicazione provvisoria”, ma
distingue solo tra: la “proposta di aggiudicazione” (che è quella adottata dal seggio di gara, ai sensi dell’art. 32, co.5, e che ai sensi dell’art. 120, co. 2-bis ultimo periodo del codice del processo
amministrativo non costituisce provvedimento impugnabile) e la “aggiudicazione” tout court che è il
provvedimento conclusivo di aggiudicazione e che diventa efficace dopo la verifica del possesso dei
requisiti di cui all’art. 33, co. 1 del cit. d.lgs. n. 50 della predetta proposta da parte della PA.
In tale sistematica, la verifica dei requisiti di partecipazione è dunque una mera condizione di efficacia
dell’aggiudicazione e non di validità in quanto attiene sotto il profilo procedimentale alla “fase
integrativa dell’efficacia” di un provvedimento esistente ed immediatamente lesivo, la cui efficacia è
sottoposta alla condizione della verifica della proposta di aggiudicazione di cui al cit. art. 33 circa il corretto espletamento delle operazioni di gara e la congruità tecnica ed economica della relativa
offerta.
Il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari, pertanto,
inizia a decorrere dal momento in cui essi hanno ricevuto la comunicazione di cui all’art.76, co. 5, lett. a), d.lgs. n.50/2016, e non dal momento, eventualmente successivo, in cui la Stazione Appaltante
abbia concluso con esito positivo la verifica del possesso dei requisiti di gara in capo
all’aggiudicatario.
L’aggiudicazione come sopra definita, ancorché non ancora efficace, produce nei confronti degli altri
partecipanti non aggiudicatari della gara un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della Stazione Appaltante o altre vicende comunque non prevedibili né
controllabili, del “bene della vita” rappresentato dall’aggiudicazione della gara.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 18 marzo 2019 n. 1753
Sulla regolarità fiscale (sulla necessità dell’atto di ammissione alla rateizzazione)
In sede di gara pubblica, il requisito della regolarità fiscale può essere sussistente, pure in presenza di
una violazione accertata, solo se l’istanza di rateizzazione sia stata presentata dal concorrente e sia
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stata accolta prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla
gara, o della presentazione dell’offerta; non è infatti sufficiente che prima della scadenza del termine
di presentazione dell’offerta il contribuente abbia semplicemente inoltrato istanza di rateizzazione,
occorrendo anche che, entro la predetta data, il relativo procedimento si sia concluso con un
provvedimento favorevole dell’amministrazione finanziaria.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I BIS – sentenza 18 marzo 2019 n. 3605
Sulla doverosità dell’esclusione in caso di omessa indicazione dei costi della manodopera
Nelle gare di appalto, la mancata puntuale indicazione in sede di offerta dei costi della manodopera
comporta necessariamente l’esclusione della concorrente dalla gara senza possibilità di soccorso
istruttorio.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. II – sentenza 18 marzo 2019 n. 406
Sulla necessità della motivazione per nominare un esperto esterno
E’ illegittima, per difetto di motivazione, la nomina, disposta da un Ente locale a seguito di avviso
pubblico, di un componente esperto in “Legislazione Beni Culturali”, ove la designazione del componente, quale esperto nella prefata materia, sia stata compiuta, dalla Commissione Straordinaria,
con i poteri del Consiglio comunale, senza l’esplicitazione della benché minima giustificazione, circa
la idoneità del soggetto nominato a ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum
presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio, di tipo analitico – comparativo, rispetto ai
curricula ed alle specifiche competenze e professionalità degli altri professionisti; non può, infatti,
essere revocato in dubbio, che in relazione a tale nomina, sussiste la necessità di una penetrante motivazione, trattandosi di nominare gli esperti di una commissione che s’inserisce, sia pur con criteri
d’elevata professionalità e competenza, nell’ambito dell’esercizio delle ordinarie funzioni
amministrative, attribuite all’Ente locale, nello specifico settore della tutela del paesaggio.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 20 marzo 2019 n. 1846
Sui gravi illeciti professionali
In tema di gare di appalto, non è indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere
posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che
gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali
rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati. L’elencazione contenuta
in detta norma, del resto, è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità
della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso – nella versione in vigore al momento di adozione del provvedimento impugnato (“Tra
questi [id est, gravi illeciti professionali – ndr] rientrano: […]”) – che precede l’elencazione.
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TAR VENETO, SEZ. II – sentenza 20 marzo 2019 n. 344
Sul principio di rotazione
E’ legittima la previsione relativa ad una procedura negoziata senza pubblicazione del bando, in forza della quale la P.A. appaltante ha stabilito che “in ossequio ai principi di concorrenza e rotazione,
come sostenuto dalle Linee Guida ANAC n. 4, non dovrà essere invitato l’operatore uscente”, a
nulla rilevando che il precedente affidamento sia stato disposto a seguito all’espletamento di una gara e che sul mercato non vi sarebbe un numero di operatori sufficiente a garantire la concorrenza; infatti,
il principio di rotazione, nell’accezione accolta sia dalle Linee Guida ANAC, sia dalla giurisprudenza
allo stato maggioritaria, sebbene non inderogabile, costituisce la regola negli affidamenti a trattativa
privata, volta ad evitare il consolidarsi di rendite di posizione degli affidatari uscenti.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 21 marzo 2019 n. 1857
Sulla suddivisione in lotti e sul divieto di motivazione postuma
1. Ai sensi degli artt. 30 e 51 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, anche se sussiste la discrezionalità dell’Amministrazione nella fissazione dei requisiti di partecipazione, tale potere discrezionale deve
essere esercitato con riguardo all’applicazione del principio di massima partecipazione e al favor
legislativo per le piccole e medie imprese.
2. In materia di appalti pubblici costituisce principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie
imprese; tale principio come recepito all’art. 51 D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non costituisce una
regola inderogabile, in quanto la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati
motivi, che devono però essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza, la cui violazione
si verifica in caso di previsione di lotti di importo spropositato e riferiti ad ambiti territorialmente
incongrui. Il principio della suddivisione in lotti può, dunque, essere derogato, ma attraverso una
decisione che deve essere adeguatamente motivata.
3. Come qualsiasi scelta della P.A., anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad
essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del
margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a
confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo,
ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria.
4. La motivazione del provvedimento costituisce il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio
del potere amministrativo e, per questo, un presidio di legalità sostanziale, per cui il divieto di
integrazione postuma della motivazione può essere attenuato, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, nelle sole ipotesi in cui le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili ovvero
si tratti di attività vincolata.
[Nel caso di specie si è confermato l’annullamento del bando di gara, avendo la ASL suddiviso la gara
solo in due macrolotti di rilevante valore (29.681856 piu iva; 12.757.500, più IVA) con violazione dei
principi di massima partecipazione e concorrenza ed il difetto di motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico prevalenti sul principio di massima partecipazione per derogare alla suddivisione in
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lotti, qualificando le argomentazioni difensive al riguardo come una integrazione postuma della
motivazione].
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TAR LOMBARDIA – BRESCIA, sez. I, sentenza 21 marzo 2019, n. 266
Sulla possibilità, previa iscrizione all’AUSA, di bandire gare d’appalto
Ogni ente locale, previa iscrizione nell’anagrafe unica dell’ANAC, può bandire e gestire come
autonoma stazione appaltante tutte le procedure di gara a cui sia interessato, fino a quando non sarà
approvato il decreto che individuerà i requisiti tecnico-organizzativi di cui all’art. 38, comma 2, del
d.lgs. 50/2016 per l’iscrizione nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate.
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TAR VALLE D’AOSTA, SEZ. I – sentenza 22 marzo 2019 n. 13
Sulla possibilità di nominare la Commissione anche dopo l’apertura delle buste recanti l’offerta
tecnica (per le gare telematiche)
Il nuovo codice degli appalti non riproduce le norme in precedenza vigenti che esplicitamente
rimettevano alla commissione il compito dell’apertura in seduta pubblica delle buste contenenti
l’offerta.
La previsione delle Linee guida riflette il caso di gare svolte con metodo tradizionale, cioè con la presentazione di offerte in formato cartaceo; in questi casi la previsione dell’apertura da parte della
commissione in seduta pubblica ha una sua giustificazione in esigenze di trasparenza, essendo
possibili alterazioni e manomissioni del materiale cartaceo; a ben vedere, analoghe esigenze non si pongono o si pongono in modo molto meno pressante nel caso – quale è quello all’esame – di gare
telematiche in cui i documenti di gara vengono caricati su una piattaforma telematica che
permette di verificare ex post ogni accesso che vi sia stato alla documentazione. Se ci si muove in
quest’ottica può ritenersi che la nomina della commissione in un momento successivo alla apertura delle buste (elettroniche) contenenti le offerte al fine di verificarne la integrità formale e la presenza
dei documenti previsti dal bando non implichi alcun vizio della procedura.
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CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – ordinanza 22 marzo 2019 n. 8244
Sulla necessità della forma scritta per i contratti degli enti pubblici e per le loro modifiche
1. I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale
assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo
d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria. Tale principio
esclude la possibilità di ritenere ammissibile il perfezionamento dell’accordo sulla base di una
manifestazione di volontà implicita o di comportamenti concludenti o meramente attuativi.
2. Il requisito di forma scritta è richiesto non soltanto per la conclusione del contratto da parte della P.A., ma anche per le eventuali modificazioni successive, le quali devono rivestire, a pena di nullità, la
medesima forma del contratto originario, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante
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l’adozione di contenuti e pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorché protrattisi
nel tempo e rispondenti ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva o
mediante comportamenti concludenti, venendo altrimenti eluso il suddetto vincolo di forma.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 25 marzo 2019 n. 630
Sull’esclusione dell’accesso civico generalizzato per atti relativi all’affidamento di servizi
E’ legittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione appaltante ha respinto una richiesta di
accesso ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, relativa ai preventivi di spesa per l’affidamento – disposto in favore di una cooperativa – dei servizi di assistenza legale per il recupero dell’evasione ed
elusione tributaria, atteso che tale richiesta non rientra nel diritto di accesso civico “generalizzato” ai
documenti, dati e informazioni non soggetti ad obbligo di pubblicazione (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del D.Lgs. n. 33/2013); tali preventivi di spesa, infatti, si sostanziano in documenti afferenti alla
“procedura di affidamento ed esecuzione” dell’incarico professionale affidato alla suddetta
Cooperativa, che, in quanto tali, sono sottoposti alla disciplina di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 26 marzo 2019 n. 482
Sull’inammissibilità dell’avvalimento per l’iscrizione in Albi e Registri
L’ammissibilità dell’istituto dell’avvalimento va esclusa per le attestazioni di idoneità e/o iscrizioni ad
albi professionali, trattandosi di requisiti personali, spesso conseguenti a verifiche o prove d’esame, che non possono diventare oggetto di circolazione in favore di soggetti privi dell’abilitazione
medesima. Pur essendo il ricorso all’avvalimento in linea di principio legittimo, non ponendo la
disciplina alcuna limitazione, per i requisiti strettamente personali di carattere generale vige
un’evidente preclusione, poiché tali requisiti non sono attinenti all’impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l’obiettiva qualità dell’adempimento, riguardando viceversa la
mera e soggettiva idoneità professionale del concorrente — quindi non dell’impresa ma
dell’imprenditore — a partecipare alla gara d’appalto e ad essere come tale contraente con la pubblica
amministrazione.
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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – sentenza 27 marzo 2019 n. 6
Sui requisiti necessari in capo ai componenti di un RTI
Ai sensi dell’art. 92, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, la mancanza del requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori, cui si è impegnata una delle imprese
costituenti il raggruppamento temporaneo in sede di presentazione dell’offerta, è causa di esclusione
dell’intero raggruppamento, anche se lo scostamento sia minimo ed anche nel caso in cui il raggruppamento nel suo insieme (ovvero un’altra delle imprese del medesimo) sia in possesso del
requisito di qualificazione sufficiente all’esecuzione dell’intera quota di lavori.
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TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. II – sentenza 28 marzo 2019 n. 519
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Sulla non doverosità dell’esclusione per ipotesi espulsive preiste (solo) dalla Linee Guide ANAC
1. In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia U.E. (sentenza 2 giugno 2016, causa C-27/15),
deve ritenersi che non sia possibile procedere all’esclusione di un operatore economico da una
procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale
operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal
meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali,
le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore
economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato
dall’amministrazione aggiudicatrice.
2. Non è possibile disporre l’esclusione da una gara di appalto sulla base di una disposizione che non è
contemplata da alcuna disposizione né della lex generalis (il d. lgs. n. 50/16), né della lex specialis (bando e disciplinare di gara), ma che si fa discendere dalle Linee Guida Anac pubblicate nella G.U. n.
2 del 3.1.2017 (nella specie si invocavano le suddette linee guida nella parte in cui affermano la
rilevanza delle penali che abbiano superato l’1% del valore lordo di appalto; sicché il non avere dichiarato dette penali – secondo i ricorrenti – avrebbe integrato l’ipotesi espulsiva di cui all’art. 80 co.
5 lett. c) d.lgs. n. 50/16). Infatti le suddette Linee Guida Anac non sono state approvate con decreto
ministeriale o interministeriale; pertanto, come condivisibilmente affermato dal Consiglio di Stato, esse non possiedono la forza normativa dei regolamenti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 17
comma 3 l. n. 400/88, con tutto ciò che ne deriva in termini di forza e valore dell’atto (tra l’altro:
resistenza all’abrogazione da parte di fonti sottordinate e disapplicabilità entro i limiti fissati dalla
giurisprudenza amministrativa in sede giurisdizionale).
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TAR LIGURIA, SEZ. I – sentenza 28 marzo 2019 n. 278
Sull’iscrizione camerale
1. Secondo la normativa prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici, l’iscrizione camerale è assurta – ai sensi dell’art. 83, commi 1, lett. a), e 3 d.lgs. n. 50/2016 – a requisito di idoneità
professionale anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico-professionale ed
economico-finanziaria dei partecipanti alla gara, di cui alle successive lett. b) e c) del citato comma 1.
Deve ritenersi, quindi, che la corrispondenza contenutistica tra le risultanze descrittive del certificato camerale e l’oggetto del contratto d’appalto non si traduca in perfetta e assoluta sovrapponibilità tra
tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma che la stessa vada appurata secondo un criterio
di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, sulla base di una
considerazione globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto.
Sui presupposti per l’ATI verticale
2. La possibilità di dar vita a raggruppamenti di tipo verticale (recte: di ammetterli ad una gara)
sussiste solo laddove la stazione appaltante abbia preventivamente individuato, con chiarezza, le
prestazioni principali e quelle secondarie, essendo precluso al concorrente procedere di sua iniziativa
alla scomposizione del contenuto della prestazione, distinguendo fra prestazioni principali e
secondarie onde ripartirle all’interno di un raggruppamento di tipo verticale.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 1° aprile 2019 n. 471
Sulla doverosità dell’esclusione per dichiarazioni non veritiere
1. Va esclusa da una gara di appalto una ditta che ha reso dichiarazioni non veritiere sull’effettivo
costo del lavoro; infatti l’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del D.L.vp n. 50/2016 stabilisce che le stazioni
appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che
presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o
dichiarazioni non veritiere.
Sulla giustificazione del costo del personale
2. Il costo orario del personale da dimostrare in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non va
assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non
lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, etc.) di un lavoratore che presti servizio per tutto l’anno, ma va considerato il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive,
comprensive dei costi delle sostituzioni).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 1° aprile 2019 n. 2128
Sulla possibilità di revoca di un project financing oer il venir meno del rapporto fiduciario
Il potere di annullamento in autotutela del provvedimento amministrativo, nel preminente interesse
pubblico al ripristino della legalità dell’azione amministrativa da parte della stessa Amministrazione
procedente, sussiste anche dopo l’aggiudicazione della gara (ed anche nel caso in cui è intervenuta la
stipulazione del contratto con conseguente inefficacia di quest’ultimo).
Sussiste il potere discrezionale della Stazione Appaltante di revocare l’aggiudicazione definitiva in
relazione all’emersione di un interesse pubblico concreto derivante dalla conoscenza di circostanze,
risultanti dalle indagini penali, nel caso in cui questi riguardano specificamente una gara il cui esito
potrebbe essere stato indebitamente influenzato.
In particolare l’esito può essere indebitamente influenzato da due tipologie azioni, prese in considerazione dall’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice Appalti ai fini dell’esclusione dai futuri appalti
per gravi illeciti professionali:
- la fornitura di informazioni che siano false, fuorvianti o comunque oggettivamente suscettibili di
indirizzare le decisioni sull’aggiudicazione; ovvero
- l’omissione delle necessarie dovute informazioni ai fini del corretto svolgimento della selezione.
In tali ipotesi, qualora ricorra un quadro di elementi precisi, diretti e concordanti, la stazione
appaltante, al fine di addivenire al giudizio finale, può e deve far riferimento al complesso delle circostanze emergenti dalla fattispecie, senza che occorra necessariamente attendere sempre l’esito del
giudizio penale al fine di affermare l’inaffidabilità, l’incongruità o la mancanza di integrità della
procedura di gara.
In altre parole, per revocare la gara è sufficiente che sussistano indizi di un’indebita influenza
dell’operatore economico nei processi decisionali dell’amministrazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 1° aprile 2019 n. 2128
Sulla differenza tra appalto e concessione
Con riguardo all’ipotesi concernente le concessioni di pubblico servizio la relativa nozione di origine europea incentrata sul trasferimento al privato concessionario del rischio operativo inerente
all’esecuzione del contratto è – più precisamente: «legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato
della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi», ex art. 3, comma 1, lett. zz), d.lgs. n. 50 del 2016
– è ormai stata recepita sul piano normativo nazionale.
Ad essa è inevitabile riferirsi per stabilire se il contratto sia qualificabile come concessione o appalto.
Nel caso di specie è pacifico che nessun rischio operativo legato alla gestione dei servizi sul lato della
domanda o dell’offerta risulta traslato a carico del contraente privato, posto che per esso è previsto il
pagamento di un corrispettivo «fisso ed invariabile», soggetto a «revisione e/o adeguamento ai
sensi della normativa vigente».
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 1° aprile 2019 n. 471
Sull’esclusione in caso di dichiarazione non veritiera
1. Va esclusa da una gara di appalto una ditta che ha reso dichiarazioni non veritiere sull’effettivo costo del lavoro; infatti l’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del D.L.vo n. 50/2016 stabilisce che le stazioni
appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che
presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o
dichiarazioni non veritiere.
Sul computo del costo orario del personale
2. Il costo orario del personale da dimostrare in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non va assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non
lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, etc.) di un lavoratore che presti
servizio per tutto l’anno, ma va considerato il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive,
comprensive dei costi delle sostituzioni).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 1° aprile 2019 n. 2126
Sui presupposti per l’accesso agli atto di gara
Non può essere accolta una istanza di accesso ad una procedura di gara ove non sia stato chiarito per quale specifica ragione l’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza sarebbe necessaria alla
difesa dei propri interessi, né quale sia il legame tra la documentazione stessa e l’azione civile, che
sembra avere ad oggetto la risoluzione del precedente contratto, dunque una vicenda antecedente e autonoma rispetto agli atti e ai documenti dei quali si chiede l’accesso; invero, l’interesse che deve
supportare l’istanza di accesso agli atti amministrativi oltre che specifico, diretto e concreto, deve
essere anche attuale.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 1* aprile 2019 n. 653
Sulla necessità della presenza di esperti nella Commissione di gara
Dispone l’art. 77 del d.lgs. n. 50 del 2016 che la commissione giudicatrice deve essere composta da esperti “nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto“, richiedendo, dunque, un
adeguato livello di professionalità dei componenti l’organo in questione. E’ pertanto illegittima, ai
sensi di tale disposizione, la composizione di una commissione per l’affidamento del servizio di gestione di tutte le infrazioni del codice della strada elevate dal comando di polizia locale ove si
risconti, nella commissione stessa, l’assenza di figure aventi capacità e professionalità tecniche-
informatiche; in tal modo la commissione di gara non risponde alle esigenze valutative richieste dalla gara di appalto, né alle richieste conoscenze specifiche nel settore di riferimento discostandosi, in tal
modo, dal dettato normativo richiamato.
Nella specie la commissione di gara era composta da due architetti e da un vice comandante della
Polizia Locale, i quali non possedevano conoscenze nel campo informatico.
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TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II – sentenza 1 aprile 2019 n. 4276
In caso di approvvigionamento mediante ricorso al mercato elettronico delle pubbliche
amministrazioni, pur essendo la verifica del possesso dei requisiti a monte, in capo a tutti i concorrenti, demandata alla Consip, alla quale è affidato il MEPA, è comunque necessario, per
ciascuna stazione appaltante, accertarne il possesso rispetto al soggetto aggiudicatario. Anche nelle
procedure negoziate svolte facendo ricorso al MEPA si applica la previsione dell’art. 32, di cui in
ricorso si assume la violazione, che dispone: “L'aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del
possesso dei prescritti requisiti”.
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TAR TOSCANA, SEZ. II – sentenza 3 aprile 2019 n. 491
Sulla partecipazione alle gare delle imprese ammesse al concordato con continuità aziendale
Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016 deve ritenersi che non rientra tra le cause
di esclusione dalla gara la procedura di concordato con continuità aziendale alla quale è stata
sottoposta una società concorrente.
Le cause di esclusione dalle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici, sotto il profilo (della
mancanza) dei necessari requisiti soggettivi, sono stabilite dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici. La disposizione di cui al comma 5, lett. b) del medesimo statuisce che devono essere escluse
dalla partecipazione alle gare d’appalto, tra le altre, le imprese che si trovino in stato di concordato
preventivo “salvo il caso di concordato con continuità aziendale” e “fermo restando quanto previsto dall’articolo 110” del medesimo Codice. La norma quindi esclude dal proprio ambito di applicazione
e, con ciò, dal novero delle circostanze espulsive la procedura di concordato con continuità aziendale.
Si manifesta quindi un contrasto tra questa disposizione e quella contenuta nella legge
fallimentare, secondo cui alle imprese ammesse al concordato con continuità aziendale è interdetto
partecipare alle gare d’appalto quali mandatarie di un raggruppamento temporaneo di imprese.
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Il conflitto tra le norme può essere risolto secondo il criterio cronologico.
La disposizione della legge fallimentare, come sopra citato, è venuta alla luce con il d.l. 23 giugno
2012, n. 83, convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 134. La norma di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), del
Codice dei contratti pubblici è invece venuta alla luce con il d.lgs. n. 50 del 2016 e, quindi,
successivamente alla prima. Questa pertanto, in base al criterio cronologico di soluzione dei conflitti
tra norme, deve ritenersi implicitamente abrogata.
La disposizione di cui al citato art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016 ha innovato rispetto a
quanto prevedeva il previgente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che all’art. 38, comma 1, lett. a),
comminava l’esclusione alle imprese che si trovassero in stato di concordato preventivo, senza effettuare alcuna distinzione. La differenza tra il precedente e l’attuale Codice dei contratti pubblici va
interpretato quale indice della volontà legislativa di ammettere alle gare per l’affidamento dei contratti
pubblici le imprese che si trovino in concordato preventivo con continuità aziendale, salva restando la
necessità di autorizzazione del giudice delegato (elemento che non è in discussione nella presente controversia): in tali termini può essere interpretato il rimando effettuato dal citato articolo 80, comma
5, lett. b), del Codice dei contratti pubblici al proprio art. 110 il quale, al comma 3, prevede che “il
curatore del fallimento, autorizzato all’esercizio provvisorio, ovvero l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato… possono: a) partecipare a procedure
di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di
subappalto; b) eseguire i contratti già stipulati dall’impresa fallita o ammessa al concordato con
continuità aziendale”.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 3 aprile 2019 n. 2191
Sull’avvalimento del requisito della pregressa esperienza professionale
1. Nel caso dell’avvalimento c.d. operativo (ricorrente nel caso di specie), l’indagine in ordine agli elementi essenziali di questa tipologia di avvalimento deve essere svolta sulla base delle regole
generali dell’ermeneutica contrattuale: in particolare, tale indagine deve essere svolta secondo i canoni
enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede della clausole
contrattuali (articoli 1363 e 1367 del codice civile).
2. Nel caso in cui il contratto di avvalimento abbia ad oggetto il prestito del requisito della “esperienza
pregressa”, è necessario l’impegno dell’ausiliaria ad assumere un ruolo esecutivo nello
svolgimento del servizio, e non solo a trasmettere all’ausiliata il know how e la struttura
organizzativa dall’esterno.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II – sentenza 5 aprile 2019 n. 1910
Sull’immodificabilità in sede di verifica dell’anomalia del costo della manodopera e degli oneri di
sicurezza aziendali
1. Va esclusa dalla gara di appalto una ditta che, in sede di verifica delle offerte anomale, ha
modificato la propria offerta economica nelle giustificazioni fornite, in violazione del principio di
immodificabilità dell’offerta e dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, indicando un costo della
manodopera diverso da quello indicato nell’offerta; tale modifica comporta infatti un’inammissibile rettifica, effettuata in corso di gara ed in sede di verifica dell’anomalia, di un elemento costitutivo
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essenziale dell’offerta economica, che non è suscettivo di essere immutato nell’importo, al pari degli
oneri aziendali per la sicurezza, pena l’incisione degli interessi pubblici, posti a presidio delle esigenze
di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti, sottesi alla specifica
individuazione di entrambe tali voci di costo, come imposta dall’art. 95, co. 10, del d.lgs. n. 50/2016.
2. Anche se è vero che il giudizio sull’anomalia postula un apprezzamento globale e sintetico sull’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e che, nel contraddittorio procedimentale afferente al
relativo segmento procedurale, sono consentite compensazioni tra sottostime e sovrastime di talune
voci dell’offerta economica, ferma restando la sua strutturale immodificabilità, è anche vero che l’applicazione di tali principi incontra il duplice limite, in generale, del divieto di una radicale
modificazione della composizione dell’offerta (da intendersi preclusa), che ne alteri l’equilibrio
economico (allocando diversamente rilevanti voci di costo nella sola fase delle giustificazioni), e, in particolare, di una revisione della voce degli oneri di sicurezza aziendale, che, quale elemento
costitutivo dell’offerta, esige una separata identificabilità ed una rigida inalterabilità, a presidio degli
interessi pubblici sottesi alla relativa disciplina legislativa.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 aprile 2019 n. 2242
Sul soccorso istruttorio per l’assenza della dichiarazione sui requisiti morali
1. L’omessa dichiarazione dei requisiti di moralità ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 non
comporta l’esclusione del concorrente allorché la clausola del bando non richieda in termini espressi e specifici la dichiarazione dei medesimi, alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione;
in tale evenienza la dichiarazione non può ritenersi falsa, ma al più solo incompleta, parziale o
limitata, e come tale soggetta a soccorso istruttorio. L’omessa presentazione in gara della
dichiarazione sostitutiva in ordine all’assenza dei reati ostativi, non rappresenta una falsa dichiarazione, idonea a giustificare l’esclusione del concorrente dalla gara, ma si configura come
mancanza di una dichiarazione sostitutiva, in quanto tale sanabile facendo col soccorso istruttorio.
2. L’istituto del soccorso istruttorio in generale tende ad evitare che irregolarità ed inadempimenti
meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi
procedimentali facilmente emendabili. In assenza dell’attivazione del soccorso istruttorio, l’esclusione
del concorrente dalla gara per mancata produzione della dichiarazione circa i requisiti prescritti può
ritenersi illegittima solo laddove, nel corso del giudizio, il concorrente stesso abbia dato prova del
possesso dei requisiti suddetti.
3. Nel caso in cui il soccorso istruttorio sia da ricondurre all’attività defensionale, il termine perentorio
non superiore a dieci giorni per il soccorso stesso, sottintendente, come ovvio, un’iniziativa ex officio,
dovendosi, al contrario, prendere a parametro la disciplina di cui all’art. 73 cod. proc. amm..
Sul soccorso istruttorio processuale
4. Non esiste un limite sistematico al soccorso istruttorio processuale, se non quello che deve attenere a carenze di natura formale, in quanto tali afferenti ad attività vincolata e tradursi dunque,
nell’accertamento della sussistenza del requisito non dichiarato, il che consente al giudice
amministrativo di sostituirsi all’Amministrazione.
Sulla sanabilità con il soccorso istruttorio del PASS-OE
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5. Nelle gare di appalto, il PASS-OE, strumento elettronico che consente alla stazione appaltante di
verificare l’operatore economico attraverso il sistema AVCpass, ha il valore di una dichiarazione, con
la conseguenza che la sua mancata produzione in sede di gara integra una carenza documentale
suscettibile di sanatoria mediante soccorso istruttorio.
Sulla facoltatività dei subcriteri e sul necessario supporto motivazionale
6. L’art. 95, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi», ciò
significando che tale previsione è meramente eventuale ed espressione dell’ampia discrezionalità
attribuita alla stazione appaltante nel perseguimento dell’interesse pubblico. Da tale scelta può conseguire solamente la necessità che le valutazioni della Commissione giudicatrice siano supportate
da congrua motivazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 aprile 2019 n. 2243
Sull’avvalimento tecnico-operativo (puntuale indicazione del prestito)
1. L’istituto dell’avvalimento, di derivazione comunitaria, è finalizzato a conseguire l’apertura degli
appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, consentendo che una impresa possa
comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari, tecnici e organizzativi per la partecipazione a una gara, facendo riferimento alla capacità di altro soggetto che assume contrattualmente con la
stessa una responsabilità solidale, impegnandosi nei confronti della stazione appaltante. Conforme a
siffatta ratio è l’esigenza, riconosciuta dalla consolidata giurisprudenza al fine di evitare che il rapporto di avvalimento si trasformi in una sorta di “scatola vuota”, che l’ausilio contrattualmente
programmato e prefigurato sia effettivo e concreto, essendo inidonei impegni del tutto generici, che
svuoterebbero di significato l’essenza dell’istituto.
2. Nel caso di avvalimento tecnico-operativo, l’indicazione puntuale dei mezzi, del personale, del
know-how, della prassi e di tutti gli altri elementi aziendali qualificanti in relazione all’oggetto dell’appalto e ai requisiti per esso richiesti dalla stazione appaltante sono indispensabili per
rendere determinato l’impegno dell’ausiliario tanto nei confronti di quest’ultima che del concorrente
aggiudicatario. L’indicazione contrattuale degli elementi in questione è, nella descritta prospettiva, necessaria per definire l’oggetto dell’avvalimento ai sensi dell’art. 1346 Cod. civ., donde la nullità
(strutturale) del contratto medesimo in base alla comminatoria del successivo art. 1418, comma 2,
laddove risulti impossibile individuare un’obbligazione assunta dall’ausiliario su un oggetto puntuale e
che sia coercibile per l’aggiudicatario, oltre che per la stazione appaltante, in virtù della responsabilità
solidale prevista dall’art. 49, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006.
Sui presupposti per l’ammissibilità di un’ATI verticale
3. Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di
operatori economici in cui il mandatario esegue le prestazioni di servizi o di forniture indicati come
principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di
prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle
secondarie. L’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro
responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonchè nei confronti del subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori
di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva
competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario”.
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4. Nel caso in cui la lex specialis di una gara di appalto si limiti a prevedere la sola elencazione di tutte
le attività costituenti il servizio, senza prevedere la distinzione tra servizi principali e servizi secondari
di cui all’ultima parte dell’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, non è da ritenere consentita la
partecipazione dei raggruppamenti temporanei d’impresa di tipo verticale.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 8 aprile 2019 n. 563
Sulla necessità della separazione tra offerta tecnica e offerta economica
1. Laddove una procedura di gara sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a
quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la
conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi. Il principio della segretezza dell’offerta economica è posto a presidio dell’attuazione dei principi di
imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), sub specie di trasparenza e
par condicio dei concorrenti, per garantire il lineare e libero svolgimento dell’iter che si conclude con
il giudizio sull’offerta tecnica e l’attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione. La peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell’offerta economica, impone che
la tutela copra non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il mero rischio di pregiudizio: già la sola
possibilità di conoscenza dell’entità dell’offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a
compromettere la garanzia di imparzialità della valutazione.
2. Nel caso in cui la P.A. appaltante, conformandosi al giudicato del giudice di appello, abbia
riammesso in gara (nella specie, si trattava di una gara indetta per l’affidamento di un appalto di
lavori, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) alcuni
concorrenti dapprima esclusi e, ai fini della riammissione, abbia scelto di aprire i plichi contenenti le offerte economiche al solo fine di estrarre, laddove presenti, gli elaborati economici valorizzati agli
importi lordi a base di gara, per poi richiuderli e sigillarli, devono ritenersi illegittimi gli atti e/o le
operazioni della gara stessa; in tal caso, infatti, la commissione giudicatrice ha provveduto all’anticipata apertura dei plichi contenenti l’offerta economica, con conseguente violazione degli
essenziali e consolidati principi della par condicio e di segretezza delle offerte, prendendo contezza,
anche in via meramente potenziale, del prezzo offerto o di altri elementi economici prima di aver verificato l’ammissione dei concorrenti e prima ancora di aver espresso il proprio giudizio tecnico-
qualitativo sulle offerte presentate.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 8 aprile 2019 n. 2279
Sul requisito della regolarità fiscale
1. Il requisito della definitività dell’accertamento, alla stregua dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50
del 2016, non ricorre quando la definizione concreta del rapporto tributario è ancora esposta
all’oppugnabilità o alla negazione giudiziale e, dunque, non ha raggiunto un livello di sicurezza tale per cui l’aspirante concorrente sia da presumere senz’altro inaffidabile e da estromettere: vale a dire, o
quando siano ancora pendenti i termini per la presentazione di una contestazione giurisdizionale o, in
caso di avvenuta impugnazione, laddove la pronuncia giurisdizionale non sia ancora passata in
giudicato.
2. Non può essere esclusa da una gara di appalto per carenza del requisito della regolarità fiscale una ditta che abbia presentato dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 193 del
53
2016 (conv. in l. n. 225 del 2016), poi accolta con successivo provvedimento e che, per ciò che
concerne diversa cartella di pagamento, abbia presentato tempestiva istanza di rateizzazione ex art. 19
d.P.R. n. 602 del 1973, anch’essa accordata dal concessionario della riscossione.
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TAR UMBRIA, SEZ. I – sentenza 8 aprile 2019 n. 190
Sulla legittimità dell’esclusione per allegazione di un CD vuoto (privo del prescritto DGUE)
1. Nelle gare di appalto il soccorso istruttorio, anche in vigenza dell’attuale D.Lgs. 50/2016, non può
essere disposto in caso di totale assenza di dichiarazioni o di elementi essenziali ai fini dell’ammissione, pena in tale caso la violazione del principio della par condicio dei partecipanti,
dovendosi anche tenere in considerazione un principio di autoresponsabilità dei partecipanti stessi.
2. E’ legittima l’esclusione dalla gara di una ditta che ha omesso di accludere alla propria offerta il
DGUE prescritto dal bando (nella specie la ditta aveva accluso una busta che conteneva un supporto
informatico vuoto e privo del prescritto CGUE; il bando invece aveva prescritto di accludere il DGUE, a pena di esclusione, all’offerta su supporto informatico mediante chiavetta usb/cd); né tale omissione
è sanabile, atteso che la trasmissione di un supporto vuoto configura un’irregolarità essenziale non
sanabile ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto non consente né l’individuazione del contenuto dell’atto né tanto meno l’individuazione del soggetto
responsabile dello stesso, non essendo possibile – neanche facendo riferimento ai dati del mittente
presenti sulla busta – ricollegare in modo certo ad un determinato soggetto che rappresenti la società la
volontà di quest’ultima di prendere parte alla procedura di gara di cui si discute.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 10 aprile 2019 n. 2351
Sulle referenze bancarie
In materia di referenze bancarie, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che:
– costituiscono uno dei mezzi di prova dei requisiti economico-finanziari, per il fatto notorio che il
sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tale profilo;
– per quanto siano uno dei mezzi di prova, possono rivelarsi in concreto inidonee a dimostrare i
requisiti minimi di solidità economica e patrimoniale dell’impresa al momento della partecipazione
alla gara, dovendo la stazione appaltante aver riguardo al dato sostanziale come emergente da tutti i
documenti in suo possesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2018, n. 6292);
– sono suscettibili di soccorso istruttorio da parte della PA, che ha anche la possibilità di richiedere la
loro integrazione mediante altra documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2018, n. 4810);
– non devono essere consacrate in formule sacramentali, essendo sufficiente l’indicazione della
correttezza e puntualità dei rapporti tra cliente e istituto bancario (Cons. Stato, IV, 15.01.2016, n. 108);
– le referenze bancarie vanno considerate “idonee” qualora gli istituti bancari abbiano riferito sulla
qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, con particolare riguardo alla correttezza e puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto,
l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, che siano desumibili dai
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movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2017,
n. 3134; IV, 29 febbraio 2016, n. 854; IV, 22 novembre 2013, n. 5542);
– è rimesso alla PA la valutazione dell’idoneità dei documenti presentati dall’operatore economico,
impossibilitato alla produzione delle referenze bancarie (Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2017, n. 3501).
_______________________________
TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 10 aprile 2019 n. 4729
Sull’assenza di un limite temporale per la rilevanza dei gravi illeciti professionali
1. L’art. 80, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 non contiene alcune alcuna espressa previsione sulla
rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali; una limitazione triennale è, invero, richiamata dal successivo comma 10, ma attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell’incapacità a
contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della
sanzione afflittiva) e non attiene in alcun modo all’esercizio del potere della P.A. di escludere
l’operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c), da una procedura di appalto.
Sull’obbligo di dichiarare ogni circostanza rilevante
2. Qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere sul processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti
sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili. In questi termini
sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti; pertanto costoro, al fine di rendere
possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa
ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione.
____________________________
TAR VENETO – SEZ. I – sentenza 11 aprile 2019 n. 464
Sulla non rilevanza dell’autentica notarile nelle polizze
Al di là di quanto espressamente previsto dalla legge di gara, la carenza dell’autentica notarile non può
costituire motivo di esclusione dalla procedura di gara, dal momento che si trattaterebbe di un’ipotesi di esclusione fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge, in violazione dell’art. 83, comma 8 del
d.lgs. n. 50/2016, per il mancato rispetto di una prescrizione di tipo formale, eccessivamente gravosa e
sproporzionata, in quanto non indispensabile per la tutela di un interesse sostanziale
dell’Amministrazione (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 12.12.2016, n.2339).
_____________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 aprile 2019 n. 2407
Sui gravi illeciti professionali
1. L’elencazione circa i “gravi illeciti professionali” ex art. 80, co. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 è meramente esemplificativa; deve pertanto ritenersi che la PA possa desumere il compimento di “gravi
illeciti” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui è
stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa.
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2. Per consentire alla PA un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità
dell’operatore economico, sono posti a carico di quest’ultimo i c.d. obblighi informativi: l’operatore è
tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende
professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta contraria a norma o,
comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti.
Sulla distinzione tra dichiarazione non veritiera, reticente o omissiva
3. La dichiarazione resa dall’operatore economico circa le pregresse vicende professionali suscettibili
di integrare “gravi illeciti professionali” può essere omessa, reticente o completamente falsa. V’è
omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; v’è dichiarazione reticente quando le
pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione
appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del
concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore
rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero.
4. L’art. 80, comma 5, lett. f bis prevede l’esclusione automatica dell’operatore economico che abbia
reso falsa dichiarazione ovvero abbia presentato falsa documentazione (“documentazioni o
dichiarazioni non veritiere”, secondo l’espressione utilizzata dal legislatore). Nel caso invece di dichiarazione reticente sussiste la facoltà della stazione appaltante di valutare tale omissione o
reticenza ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico.
5. E’ da considerare reticente la dichiarazione nel caso in cui in quest’ultima siano stati riportati, in
maniera generica, taluni episodi della pregressa attività professionale suscettibili di integrare “gravi
illeciti professionali”. In quanto dichiarazione reticente, tale condotta si pone in violazione dei c.d. obblighi informativi con onere da parte della stazione appaltante di apprezzare l’affidabilità e
l’integrità dell’operatore ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 12 aprile 2019 n. 813
Sul principio di rotazione e sull’artificioso frazionamento
E’ illegittima una determinazione dirigenziale con la quale un Comune ha affidato ad una ditta un
appalto di servizi (nel caso di specie, si trattava del servizio di conduzione e manutenzione della rate idrica, fognatura, sollevamenti fognari, conduzione e manutenzione degli impianti di depurazione e di
potabilizzazione), ove la medesima ditta nel corso del triennio precedente, sia stata destinataria, senza
alcuna procedura selettiva o comparativa, ma soltanto mediante affidamenti diretti reiterati e frazionati
in importi sotto la soglia di Euro 40.000,00 cadauno, al fine di poter applicare – sul piano formale – l’art. 36 comma 1 lett. a) del D.Lgs. 50/2016, di numerosissimi affidamenti diretti (30 su 36) per la
gestione, ordinaria e straordinaria, del medesimo servizio; in tal caso, infatti, la suddetta
determinazione dirigenziale deve ritenersi adottata in violazione del principio di rotazione delle
imprese nelle gare di appalto.
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Cons. Stato, Sez. III, 16.04.2019, n. 2493
Sulla validità della firma digitale, anche in assenza di allegazione del documento di identità
Come statuito da Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4676 del 20 settembre 2013, “dal combinato
disposto dell’articolo 65, comma 1, lettera a) del Codice dell’amministrazione digitale e
dell’articolo 77, comma 6, lettera b) del Codice dei contratti deriva che l’apposizione della
firma digitale, a cagione del particolare grado di sicurezza e di certezza nell’imputabilità
soggettiva che la caratterizza, sia di per sé idoneo a soddisfare i requisiti dichiarativi di cui al
comma 3 dell’articolo 38 del d.P.R. 445 del 2000, anche in assenza dell’allegazione in atti di
copia del documento di identità del dichiarante”.
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TAR ABRUZZO – L’AQUILA, SEZ. I – sentenza 18 aprile 2019 n. 214
Sulla discrezionalità tecnica dei giudizi delle Commissioni giudicatrici
1. I giudizi delle commissioni giudicatrici sono giudizi aventi connotati di discrezionalità tecnica la cui
violazione è sottratta al sindacato del giudice amministrativo, salvo il potere di questi di valutarne la ragionevolezza, la congruità e l’esaustività. Ne consegue che il giudizio della commissione è
censurabile quando sia del tutto mancata la motivazione, ovvero non sia stata presa in considerazione
la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale o quando sia
evidente la illogicità e l’incoerenza dell’apparato motivazionale.
Sul concetto di servizi analoghi
2. Negli appalti pubblici, l’analogia (di lavori o di servizi) richiede una similitudine tra le prestazioni e non l’identità delle stesse. La ratio della richiesta di aver svolto servizi o lavori analoghi a quelli
oggetto dell’affidamento, infatti, non è certamente la creazione di una riserva a favore degli
imprenditori già attivi sul mercato ma al contrario l’apertura alla concorrenza attraverso l’ammissione alle gare di tutti gli operatori economici per i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di
affidabilità nell’ottica del “favor” dell’ordinamento europeo e nazionale per la massima concorrenza.
3. Nell’ambito di una gara pubblica, quando si richiede un servizio analogo, vanno verificati gli
elementi di similitudine tra i servizi svolti e quelli oggetto di gara, non postulando il concetto una
assoluta uguaglianza degli elementi. In tale ottica, quando si chieda quale requisito lo svolgimento di servizi analoghi, tali possono essere considerati quelli rientranti nel medesimo settore imprenditoriale
o professionale per cui l’appalto si riferisce. La nozione di analogia, dunque, differisce dal concetto di
identità e deve essere ritenuto sussistente allorquando il concorrente abbia dimostrato lo svolgimento
di servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto.
4. Nel caso in cui l’oggetto di gara concerna la manutenzione straordinaria del corpo stradale. Tale
attività manutentiva, sebbene si differenzi da quella ordinaria, presenta aspetti comuni, simili, almeno
negli aspetti essenziali e caratterizzanti l’esigenza che la Stazione appaltante intende soddisfare con la
gara. Se così non fosse, la Stazione appaltante finirebbe per ritenere analoghi solo i lavori effettivamente identici alla manutenzione straordinaria del coro stradale, sovrapponendo il concetto di
analogia a quello di identità contravvenendo all’orientamento giurisprudenziale prevalente.
Sulla non sindacabilità dei criteri di valutazione delle offerte
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5. La scelta operata dall’Amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle
offerte, ivi compreso il peso da attribuire a tali singoli elementi, specificamente indicati nella lex
specialis, e ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire
l’interesse pubblico. Come tale è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia
macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed
intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta.
Sulla valutabilità delle esperienze pregresse
6. In linea con quanto previsto dall’art. 95, co. 6, lett. e) del d.lgs. 50/2016, deve ritenersi legittima la
previsione della lex specialis che consideri gli aspetti relativi alle esperienze pregresse non in modo
avulso dal contesto dell’offerta, come dato relativo all’affidabilità soggettiva del concorrente, ma
quale garanzia dell’esecuzione delle prestazioni secondo le modalità prospettate nell’offerta, come elemento, cioè, incidente sulle modalità esecutive dello specifico appalto e, quindi, come parametro
afferente alle caratteristiche oggettive dell’offerta.
Sull’idoneità del punteggio numerico
7. Con l’attribuzione dei punteggi in termini numerici può considerarsi assolto l’onere motivazionale
posto a carico della Commissione laddove la lex specialis abbia predeterminato in modo articolato i criteri e sub-criteri di valutazione ed abbia specificato i relativi punteggi, nonché i criteri motivazionali
cui la Commissione deve ricorrere nella disamina delle singole offerte presentate: ciò in quanto
l’adeguato grado di dettaglio del disciplinare di gara permette, anche in presenza di una valutazione
puramente numerica, di ridurre in un ambito fisiologico la discrezionalità tecnica valutativa esercitabile dalla Commissione, consentendo comunque di ricostruire l’iter logico seguito dalla
commissione di gara nella valutazione delle offerte.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 18 aprile 2019 n. 897
Sull’illegittimità dell’esclusione basato su mero rinvio a giudizio senza autonoma valutazione
E’ illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che ha fatto mero rinvio in toto ai fatti
oggetto del procedimento penale, affermando che “l’elemento determinante che ha indotto l’Amministrazione a valutare l’irrimediabile lesione del rapporto fiduciario, è la richiesta di rinvio a
giudizio nei confronti dell’operatore economico”; in tal caso infatti il potere amministrativo esercitato
per escludere la ditta ha avuto ad oggetto le sole valutazioni espresse dal pubblico ministero nel
procedimento penale, in ordine al rilievo dei fatti in quella sede evidenziati, che la Stazione appaltante
ha ritenuto di condividere, senza peraltro minimamente indicarne le motivazioni.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 19 aprile 2019 n. 2553
Sulla necessità di notifica del ricorso alla sola Amministrazione e non alla CUC
1. Ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., nel caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in
forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere
notificato esclusivamente alla P.A. che ha emesso l’atto impugnato. Infatti, la disposizione di cui
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all’art. 41 c.p.a., nell’enunciare la regola generale, positivamente esclude che l’atto introduttivo del
giudizio debba essere notificato anche ad Amministrazioni od enti che a diverso titolo abbiano avuto
modo di partecipare al procedimento.
Sui presupposti per la rilevanza di omesse informazioni rese dal concorrente in gara
2. Nelle gare di appalto, l’ipotesi tipizzata di false informazioni suscettibili di influenzare le decisioni
della stazione appaltante (di cui all’ultima parte dell’art. 80, co. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016) può essere riferita solo alla stessa gara nell’ambito della quale la falsa informazione si verifica e non ad una
precedente procedura concorsuale, a maggior ragione quando la stessa non risulta neppure annotata nel
casellario informatico dell’ANAC.
3. E’ illegittima l’esclusione dalla gara di una ditta disposta per la sussistenza di un illecito professionale rilevante ex art. 80, c. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, non appartenente all’elenco di quelli
tipizzati (nella specie per aver subito l’annullamento in via di autotutela di un’aggiudicazione di una
precedente gara per aver fornito una falsa dichiarazione sul possesso di un requisito di capacità
tecnica), senza una specifica motivazione sull’incidenza del comportamento del concorrente ai fini
della permanenza dei requisiti di integrità e affidabilità nella gara in questione.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III QUATER – sentenza 26 aprile 2019 n. 5253
Sul giudizio di anomalia
1. È possibile esaminare prioritariamente il ricorso principale, anche nel caso in cui il ricorso
incidentale abbia natura “paralizzante”, per ragioni di priorità logica, qualora sia evidente
l’infondatezza, inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità del ricorso principale.
2. Il giudizio finalizzato alla verifica dell’attendibilità e della serietà dell’offerta ha natura globale e
sintetica, dovendo risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti dell’offerta, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse comporta l’inaffidabilità complessiva dell’offerta. Tale
giudizio costituisce espressione di una valutazione tecnica riservata all’Amministrazione ed è dunque
insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità od
irragionevolezza.
3. Nelle gare di appalto i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un
semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale
scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un
giudizio di anomalia o di incongruità, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la
discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
4. Il giudizio favorevole di “non anomalia” dell’offerta in una gara d’appalto non richiede una
motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem
alle giustificazioni rese dall’impresa offerente, poiché solo in caso di giudizio negativo sussiste, infatti,
l’obbligo di una motivazione puntuale.
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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 26 aprile 2019 n. 343
Sulla distinzione tra concessione e contratto
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1. Il tratto distintivo che differenza la concessione dal contratto di appalto è rappresentato dalla
sussistenza di un rischio operativo sostanziale, da ultimo definito dal legislatore come “il rischio
legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi,
trasferito all’operatore economico” (in tal senso l’articolo 3, lettera zz) del d. lgs. n. 50 del 2016).
2. Nel caso di rapporto di concessione, non sussiste in capo all’Ente concedente alcun obbligo alla riconduzione del contratto di concessione ad una dimensione di remuneratività economica. Laddove
infatti si postulasse l’esistenza di un siffatto obbligo in capo all’Amministrazione, ne resterebbe
minata alla radice la stessa sussistenza del rischio operativo gestionale e, in via diretta, la stessa
qualificabilità del contratto come concessione.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 30 aprile 2019 n. 970
Sulla doverosità dell’esclusione per omessa tempestiva registrazione AVCPASS
È legittima l’esclusione da una gara di appalto di una ditta per l’insussistenza, al momento di presentazione della domanda di partecipazione, della registrazione AVCPASS presso il portale ANAC
richiesta dal bando; né tale mancanza è sanabile mediante soccorso istruttorio.
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TAR PIEMONTE, SEZ. II – sentenza 30 aprile 2019 n. 531
Sulla doverosità della seduta pubblica per l’apertura delle offerte tecniche
È illegittima, per violazione dei principi generali di trasparenza, espressamente richiamati dall’articolo
30 del d.lgs. 50/2016 (secondo cui “nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza,
proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”), la clausola di un
bando per una concessione la quale prevede che “si provvederà in seduta riservata all’apertura della
busta B – offerta tecnica e alla verifica della documentazione fornita dagli offerenti”.
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CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. IX – sentenza 2 maggio 2019 (causa C‑ 309/18)
Sulla compatibilità dell’art. 95, comma 10, del cdc (relativo ai costi della sicurezza) con il diritto
comunitario e sui limitati casi di possibilità di richiesta di chiarimenti
I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella
direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti
pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano
a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata
nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della
medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara
d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla
normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di
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indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di
proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire
agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa
nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 3 maggio 2019 n. 2875
Sull’appalto a corpo
1. Nel caso di appalto a corpo, il corrispettivo è determinato in una somma fissa ed invariabile risultante dal ribasso offerto sull’importo a base d’asta, sicché elemento essenziale è solo tale importo
finale, risultando irrilevanti le voci di costo che hanno concorso a formare tale importo.
Sul soccorso istruttorio
2. La previsione di cui all’incipit dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che consente la
sanatoria attraverso la procedura di soccorso istruttorio delle “carenze di qualsiasi elemento formale
della domanda”), consente la sanatoria, mediante soccorso istruttorio, per la mancata indicazione di
costi comunque contemplati nel prezzo finale complessivamente proposto.
Sulla possibilità di modificare le giustificazione
3. Negli appalti pubblici, mentre l’offerta è immodificabile, sono invece modificabili le giustificazioni,
così come sono ammesse le giustificazioni sopravvenute e di compensazione tra sottostime e
sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile.
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TAR PIEMONTE, SEZ. I – sentenza 3 maggio 2019 n. 542
Sull’utilizzo del criterio del prezzo più basso per il servizio di riparazione meccanica delle vetture
E’ legittimo l’appalto del servizio di riparazione meccanica delle autovetture di un Comune nel caso in
cui la scelta di aggiudicare la gara secondo il criterio del minor prezzo sia stata giustificata affermando che in tal caso ricorrono i presupposti di cui all’art. 95 comma 4 lett. b), D.Lgs. 50/2016, atteso che il
servizio di riparazione meccanica delle autovetture è un servizio caratterizzato da elevata ripetitività
ed ha “caratteristiche standardizzate” o “condizioni predefinite dal mercato”.
Nella specie nella determinazione di indizione della gara (indetta nella specie dal Comune di Torino) si dava atto espressamente che: “…. trattasi di servizio caratterizzato da elevata ripetitività, giacche la
manutenzione e la riparazione degli autoveicoli strumentali alle attività dell’Ente presuppongono in
modo ripetitivo le medesime operazioni, nonché da condizioni standardizzate e caratteristiche definite
dal mercato giacché le operazioni di manutenzione e riparazione degli autoveicoli riferiscono a manuali di officina e tempari predisposti dalle case costruttrici, ed i ricambi utilizzati rispondo a
precise norme nazionali ed internazionali e specifiche tecniche stabilite dalle case costruttrici dei
mezzi, con prezzi fissati in appositi listini ufficiali; tali manuali di officina, tempari, norme, specifiche tecniche e listini non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante, rendendo quindi le
condizioni di prestazione del servizio appaltato note e definibili ex ante (anche in ragione
dell’approfondita conoscenza maturata dalla Città nel corso degli anni, avendo da tempo
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esternalizzato buona parte delle attività manutentive del proprio parco auto), ad eccezione
dell’elemento prezzo/sconto sull’importo posto a base di gara”.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II ter – sentenza 3 maggio 2019 n. 5596
Sulla necessità dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione
1. Nelle gare di appalto, il requisito della regolarità fiscale si considera sussistente soltanto ove, prima
del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto,
l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo e non anche nelle ipotesi in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo
successivamente accolta.
2. Anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, la mera
presentazione dell’istanza di rateizzazione non comporta l’automatico recupero della posizione di
regolarità fiscale, atteso che, con la presentazione di tale istanza, il partecipante non assume alcun impegno vincolante a onorare il debito in quel momento gravante a suo carico, ma semmai ad
adempiere l’obbligazione novata, originante dall’eventuale
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 3 maggio 2019 n. 2873
Sulla differenza tra proposta migliorativa e varianti
1. In sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse
soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto
di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già
stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa
manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel
bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica
Amministrazione, pur tuttavia consentito.
2. Negli appalti pubblici, le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere
sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole
lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della
stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste.
3. Nelle gare di appalto, l’ampia discrezionalità della commissione giudicatrice non comporta
insindacabilità delle relative valutazioni allorquando esse disattendono la legge di gara, consentendo varianti non ammesse e vietate, quali sono quelle soluzioni che, traducendosi in una diversa ideazione
dell’oggetto del contratto, alternativa rispetto al disegno progettuale originario, diano luogo ad uno
stravolgimento di quest’ultimo.
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TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, SEZ. II – sentenza 6 maggio 2019 n. 387
Sul giudizio di anomalia
Le valutazioni dell’Amministrazione in ordine agli elementi e alla congruità dell’offerta sono frutto di
un apprezzamento di natura tecnico-discrezionale, e pertanto possono essere sindacate solo in caso di
macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto. Il giudice amministrativo non può, quindi,
sostituire un’autonoma valutazione rispetto a quella effettuata dall’Amministrazione in quanto, in caso
contrario, vi sarebbe un’invasione nelle attribuzioni che la legge riserva alla pubblica amministrazione.
2. La valutazione di congruità dell’offerta dev’essere globale e sintetica, non concentrata
esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, essendo l’obiettivo dell’indagine
l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel complesso, non già delle singole voci componenti.
3. Il giudizio sull’anomalia delle offerte presentate in una gara è ampiamente discrezionale ed è espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e
macroscopica erroneità o irragionevolezza.
Sulla clausola sociale
4. La c.d. clausola sociale presente nei bandi di gara deve essere interpretata conformemente ai
principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza,
risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa,
riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di
produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto, sicché tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e,
comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
Conseguentemente l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente,
nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso
compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 8 maggio 2019 n. 2991
Sul principio dell’equivalenza in caso di previsione di un marchio di un prodotto
1. Il principio di equivalenza (espresso dapprima nell’art. 68 del d.lgs. n. 163 del 2006 e quindi
dall’art. 68, comma 6, del d.lgs. n. 5 del 2016), concepito a tutela della concorrenza, trova
applicazione nel senso che qualora siano inserite nella legge di gara delle specifiche tecniche a tal
punto dettagliate da poter individuare un dato prodotto in maniera assolutamente precisa (con una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare, con riferimento a un marchio
o ad un brevetto), per favorire la massima partecipazione deve essere data la possibilità della proposta
che ottemperi in maniera equivalente agli stessi requisiti.
2. Il principio di equivalenza vincola l’Amministrazione solo qualora il bando, il capitolato d’oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine
o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni
prodotti; tale indicazione deve essere accompagnata già nel bando dall’espressione “o equivalente”.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III – sentenza 10 maggio 2019 n. 5880
Sul requisito del fatturato specifico e sull’avvalimento operativo
Nel caso in cui la lex specialis qualifichi il fatturato specifico per servizi analoghi come “requisito di
capacità tecnica”, tale qualificazione è da ritenere vincolante e determina la necessità di ricondurre il
fatturato specifico alla norma di cui al comma 6 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016. Ai fini
dell’avvalimento il relativo contratto va qualificato come avvalimento operativo e non di mera garanzia; ciò significa che la funzione dell’ausiliaria non può interpretarsi come limitata al ruolo
passivo e lato sensu fideiussorio proprio dell’impresa che si limiti a prestare, alla concorrente che ne è
priva, la propria solidità patrimoniale e finanziaria (come accade con riguardo al requisito del fatturato
globale, attinente, per definizione, alla capacità economico-patrimoniale).
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TAR TOSCANA, SEZ. I – sentenza 13 maggio 2019 n. 698
Sulla doverosa esclusione per omessa indicazione dei costi di sicurezza interni
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha escluso una ditta da una gara di appalto, che sia motivato con riferimento al fatto che, la medesima ditta, in contrasto con quanto
espressamente prescritto dalla lettera di invito, a pena di esclusione, ha omesso di indicare e/o
esplicitare separatamente, nell’offerta economica, i costi aziendali relativi alla sicurezza concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (ex art. 95,
comma 10, D.Lgs. n. 50/2016); infatti, in presenza di una disposizione espressa della lex specialis,
diretta a disciplinare la sanzione relativa alla mancata indicazione dei costi aziendali relativi alla sicurezza, la commissione giudicatrice non può che escludere automaticamente il concorrente
interessato, senza peraltro poter esperire alcuna forma di soccorso istruttorio.
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TAR CALABRIA – REGGIO CALABRIA – sentenza 13 maggio 2019 n. 324
Sulla doverosità dell’esclusione per omessa dichiarazione di tutte le condanne
Sia sotto la vigenza del nuovo art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 che del previgente art. 38 del d.lgs. n.
163/2006, deve ritenersi legittima l’esclusione da una gara disposta in conseguenza dell’omessa
dichiarazione di tutte le precedenti sentenze di condanna riportate dagli amministratori delle ditte
partecipanti e ciò anche in caso di dichiarazione reticente e non necessariamente falsa.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 14 maggio 2019 n. 908
Sull’esclusione per omessa indicazione dei costi della manodopera e di sicurezza interni
1. E’ legittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che non ha allegato all’offerta un documento previsto dal disciplinare di gara che – richiamando espressamente l’obbligo di cui all’art.
95, c. 10, D.lgs 50/2016 – ha prescritto all’operatore economico, tra l’altro, di indicare separatamente
la stima dei costi aziendali e della manodopera; né sussiste la possibilità di rimediare a tale “dimenticanza” a mezzo di soccorso istruttorio, così come statuito pure dalla recentissima decisione
della Corte di giustizia U.E., sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18.
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Sul timing nelle gare telematiche
2. Nelle gare celebrate in forma telematica il timing di gara indica all’impresa non solo il termine
ultimo perentorio di “chiusura della busta”, ma anche il periodo e relativo termine ultimo di upload, da
intendersi quale trasferimento dei dati sul server dell’Amministrazione appaltante idoneo a rendere
“disponibile” l’offerta presentata. Tale deposito telematico, attuato nell’ambito di una procedura totalmente informatizzata, rappresenta lo speculare e indefettibile momento della (materiale)
presentazione dell’offerta economica in una procedura di gara gestita con il tradizionale sistema dei
plichi chiusi da recapitarsi a mezzo posta.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 15 maggio 2019 n. 3147
Sul requisito della territorialità
1. E’ illegittimo il bando di una gara indetta da un Comune per l’affidamento del servizio di
manutenzione degli automezzi di proprietà comunale, ove contenga una clausola secondo cui sono ammessi a partecipare alla gara esclusivamente i soggetti affidatari aventi sede in prossimità delle sedi
dell’Amministrazione comunale e, in particolare, nella zona abitata e/o industriale del Comune o in
una determinata frazione, nonché aventi sede operativa localizzata in Comuni limitrofi entro la distanza indicativa di 0,5 km dal confine comunale delle zone abitate e/o industriali dell’Ente locale
procedente; si tratta, infatti, di una clausola irragionevole, in quanto preclusiva della partecipazione di
operatori che, seppure ubicati nel territorio del Comune interessato, non si trovino nelle sole frazioni indicate dalla lex specialis, ovvero collocati al di fuori del Comune, ad una distanza di soli 0,5
chilometri dal confine comunale con le frazioni abitate e/o industriali.
Sull’utilizzo del criterio del prezzo più basso per servizio di manutenzione autoveicoli
2. Nel caso di appalto del servizio di manutenzione degli autoveicoli di proprietà di un Comune, non è
censurabile l’adozione del criterio del prezzo più basso, in quanto in tal caso le prestazioni oggetto
dell’appalto hanno natura standardizzata e ripetitiva ed anche perché non ricorre l’affidamento di un servizio ad alta intensità di manodopera, tale da imporre l’obbligatorio ricorso al criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I – sentenza 15 maggio 2019 n. 2583
Sulla cessione dei crediti in caso di cartolarizzazione
E’ illegittima una deliberazione con la quale il Direttore Generale di una ASL ha assunto la
determinazione di rifiutare il consenso a tutte le cessioni di credito e/o cartolarizzazioni notificate alla
medesima Azienda Sanitaria da alcune società creditrici della medesima Azienda Sanitaria, nel caso in cui si tratti di operazioni di cessione a fini di cartolarizzazione in corso; infatti, le operazioni aventi ad
oggetto cessioni di credito a fini di cartolarizzazione sono oggetto di una disciplina speciale dettata
dall’art. 4, co. 4 bis, L. 130/1999 (introdotto dall’art. 12 D.L. 145/2013 conv. in L. 9/2014), in base alla quale sono escluse tutte le formalità previste per la cessione di crediti verso la P.A. e a questa non
è consentito negare l’adesione.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 16 maggio 2019 n. 1121
Sull’accesso agli atti di gara e all’offerta e sulle possibili limitazioni, anche modali
1. In tema di accesso agli atti della P.A., la necessità di coniugare il diritto alla trasparenza con
l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon
andamento dell’Amministrazione, è soddisfatto laddove nell’istanza siano individuati gli atti in modo
sufficientemente preciso e circoscritto, in modo da evitare che quest’ultima sia costretta a compiere
un’attività di ricerca e di elaborazione.
2. In tema di accesso agli atti di una gara di appalto, la lettera a) del quinto comma dell’art. 53 D.Lgs.
n. 50/2016, analogamente a quanto previsto dal previgente art. 13 del D.Lgs. 163/2006, esclude
dall’esercizio del diritto di accesso le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti
tecnici o commerciali. In particolare, ciò che viene sottratto dall’accesso, non è l’offerta nel suo
complesso, quanto invece, la sola parte che contiene informazioni che costituiscono segreti tecnici o
commerciali.
3. E’ illegittimo il diniego di accesso ad una offerta presentata in gara che si fonda sulle affermazioni dell’impresa interessata volte a comprovare la sussistenza di “segreti tecnici o commerciali” allorchè
le affermazioni stesse siano apodittiche, generiche, e pertanto, non minimamente motivate, laddove
invece, l’esclusione dall’accesso presuppone la puntuale dimostrazione che le informazioni richieste siano coperte dal segreto. Infatti, in caso di diniego su un’istanza di accesso, l’Amministrazione ha
l’onere di rappresentare quali sono le specifiche ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale
custodito negli atti di gara, in riferimento a precisi dati tecnici.
4. Nel caso in cui alcune informazioni contenute nei documenti oggetto della domanda di accesso
siano da ritenere riservate, in ogni caso le stesso possono essere tutelate non già negando in toto il rilascio della copia dei documenti, ma con il parziale oscuramento dei relativi atti, mediante
cancellature od omissis, su richiesta della impresa interessata.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. I – sentenza 16 maggio 2019 n. 671
Sull’avvalimento plurimo
1. E’ sempre legittimo e consentito in via generale, ai sensi del combinato disposto tra i commi 1 e 6
dell’art. 89 del d.lgs. 50/2016, un avvalimento plurimo – con frazionamento dei requisiti tecnici e di
capacità economica (fatturato globale e fatturato specifico) – fatta eccezione nel caso in cui sia dimostrato che l’appalto riguardi “lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata
capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori”, e ciò in quanto in un’ipotesi
del genere l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo
riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2,
secondo comma, della direttiva 2004/18, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata
all’oggetto dell’appalto interessato.
Sulla prevalenza del disciplinare sul capitolato tecnico
2. Gli eventuali contrasti tra il disciplinare ed il capitolato non vanno risolti facendo ricorso al meccanismo dei chiarimenti autointerpretativi, ma al criterio di soluzione elaborato in via pretoria,
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secondo cui in caso di contrasto tra disposizioni riconducibili a differenti fonti di gara deve
riconoscersi prevalenza alla disciplina di gara rispetto al capitolato tecnico.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 16 maggio 2019 n. 1120
Sull’onere probatorio in capo alla PA caso di illecito professionale
1. In linea generale l’art. 80, c. 5, lett. c) del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 rimette alla stazione
appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare
un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo (1). In particolare, non è indispensabile che i gravi illeciti
professionali posti a fondamento della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara siano accertati
con sentenza, anche se non definitiva, essendo infatti sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri
gravi indizi.
2. Quando la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, c. 5 lett.
c) del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, deve adeguatamente motivare l’esercizio di siffatta discrezionalità,
ed in maniera ben più rigorosa ed impegnativa rispetto a quanto avviene a fronte delle particolari
ipotesi esemplificate dal testo di legge.
3. Va riconosciuta alla stazione appaltante la facoltà di escludere un concorrente, a prescindere dalla
definitività degli accertamenti compiuti in sede penale, e dunque, anche a fronte di una richiesta di
rinvio a giudizio, ferma restando tuttavia la necessità di accertare che ciò abbia in concreto avuto luogo a fronte di una congrua motivazione. E’ pertanto illegittimo il provvedimento di esclusione dalla
gara di una impresa facendo riferimento al fatto che il legale rappresentate della stessa è stato rinviato
a giudizio, senza una apposita motivazione.
4. La stazione appaltante è gravata dell’onere di dimostrare l’inaffidabilità del concorrente, e non
quest’ultimo a dover dimostrare la propria affidabilità. L’aver posto a fondamento dell’avviso di avvio del procedimento, e del provvedimento finale, una mera richiesta proveniente dalla pubblica accusa, e
non specifiche condotte della ricorrente comprovanti la commissione di un grave illecito
professionale, non consente perciò di considerare provati i relativi fatti.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II – sentenza 16 maggio 2019 n. 2604
Sulla possibilità della Commissione di fissare i subcriteri
Nelle gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la commissione
giudicatrice può autovincolare la discrezionalità attribuitale dai criteri di valutazione stabiliti dal bando di gara, senza modificare in alcun modo questi ultimi, ma, a ulteriore garanzia della trasparenza del
percorso motivazionale che presiede all’attribuzione dei punteggi per le offerte, specificare le modalità
applicative di tale operazione, sempre che ciò non integri una modifica sostanziale dei criteri di valutazione e dei fattori di ponderazione fissati nel bando. Se è dunque vietato per il seggio di gara
enucleare sub criteri non previsti dal bando e avulsi da quelli stabiliti nella lex specialis che
comportino l’alterazione del peso di quelli contemplati dal disciplinare, è invece consentito alla
commissione effettuare una declinazione dei criteri e dei sub criteri e della loro valorizzazione.
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TAR SARDEGNA, SEZ. II – sentenza 17 maggio 2019 n. 420
Sulla vincolatività di un DURC negativo
Nelle gare di appalto, la mancanza di un DURC regolare comporta una presunzione legale, iuris et de iure, di gravità delle violazioni previdenziali, essendo la verifica della regolarità contributiva delle
imprese partecipanti demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle
stazioni appaltanti; di conseguenza, la mera presenza di un DURC negativo obbliga l’Amministrazione ad escludere dalla procedura l’impresa interessata, senza che essa possa sindacarne
il contenuto ed effettuare apprezzamenti in ordine alla gravità degli inadempimenti ed alla definitività
dell’accertamento previdenziale.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 21 maggio 2019 n. 795
Sull’inammissibilità del soccorso istruttorio per sanare l’impegno a rilasciare la cauzione definitiva
1. Nelle gare di appalto, il soccorso istruttorio ha come finalità quella di consentire l’integrazione della
documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, non anche di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a
quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte.
2. Nel caso in cui la lex specialis preveda, a pena di esclusione, che (analogamente a quanto stabilito
dall’art. 93, comma 8, del D.Lgs, n. 50/2016) la offerta avrebbe dovuto essere corredata dall’impegno di un fideiussore, anche diverso da quello che ha rilasciato la garanzia provvisoria, a rilasciare la
garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto qualora l’offerente risultasse affidatario,
legittimamente viene esclusa una ditta che abbia ottenuto tale garanzia soltanto in data successiva alla
presentazione della domanda e, soprattutto, alla scadenza del termine utile per la partecipazione alla procedura; in tal caso, infatti, il ricorso al c.d. soccorso istruttorio è senz’altro precluso, atteso che
l’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, è applicabile alle sole “carenze di qualsiasi elemento formale
della domanda”, e non anche ai casi, come quello in questione, dell’assenza, ab origine di un elemento
essenziale dell’impegno negoziale, pacificamente non integrabile ex post.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 21 maggio 2019 n. 2706
Sul criterio per determinare il valore della concessione
E’ legittimo il provvedimento con il quale è stato annullato il bando di una concessione perché l’importo a base d’asta è stato determinato facendo esclusivamente riferimento al canone di
concessione, dovendo tale determinazione considerarsi illegittima ai sensi dell’art. 8, comma 2, della
direttiva 2014/23/UE, trasposto nell’art. 167 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dal cui contenuto si desume in maniera inequivocabile che il valore della concessione non può essere
parametrato sic et simpliciter all’importo del canone concessorio.
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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – sentenza 21 maggio 2019 n. 8
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Sulla prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3,
lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto
qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma
4, lett. b), del medesimo codice.
_____________________
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 21 maggio 2019 n. 13660
Sulla giurisdizione ordinaria in ordine alla contestazione della penale
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una fattispecie che ha ad oggetto la valutazione della corretta applicazione di una penale in relazione ad un pubblico appalto, ed in
particolare riguardante un rapporto che ha ad oggetto l’illegittima applicazione di penale in relazione
all’appalto del servizio pubblico della raccolta rifiuti.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 22 maggio 2019 n. 3331
Sulle quote di partecipazione delle imprese in caso di raggruppamenti temporanei
1. Diversamente da quanto accade per gli appalti di lavori, negli appalti di servizi e forniture non vige
ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della
lex specialis della gara; con la conseguenza che, di fronte ad una lex specialis che prevede soltanto i
requisiti di capacità tecnica per l’intero raggruppamento, senza alcuna distinzione in relazione ai componenti e in assenza di una norma imperativa con valenza eterointegrativa, non può disporsi
l’esclusione della concorrente.
Sulla motivazione per l’esclusione in casi di grave illecito professionale
2. La norma relativa ai “gravi illeciti professionali”, deve essere intesa nel senso che la pendenza del
giudizio civile, avente ad oggetto la contestazione di una risoluzione contrattuale pronunciata nei
confronti di un’impresa, non giustifica di per sé, l’esclusione dalla gara della medesima impresa, stante l’assenza di una pronuncia “definitiva” in merito; ma richiede comunque una valutazione
discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità delle inadempienze che, pur non
immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o
l’affidabilità del concorrente.
_____________________________
TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II BIS – sentenza 23 maggio 2019 n. 6352
Sui presupposti per il mutamento della composizione del raggruppamento
1. E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha disposto l’esclusione di un raggruppamento
temporaneo d’imprese in applicazione dell’art. 48, comma 19, del d.lgs. n. 50/2016 (secondo cui “è
ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un
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unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le
imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori, servizi o forniture ancora da
eseguire”) nel caso in cui la variazione della composizione soggettiva della r.t.i. non appaia dettata da
“esigenze organizzative” quanto, piuttosto, dall’intenzione della r.t.i. stessa di rimodulare la propria
forma di presentazione in gara per usufruire del punteggio massimo.
_________________________
TAR ABRUZZO – PESCARA, SEZ. I – sentenza 24 maggio 2019 n. 138
Sul divieto di commistione tra offerta tecnica ed offerta economica
1. Nelle gare di appalto, il divieto di commistione tra offerta economica e offerta tecnica costituisce
espressione del principio di segretezza dell’offerta economica, ed è posto a garanzia dell’attuazione
dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, sub specie della trasparenza e della par condicio tra i concorrenti. Ciò in quanto la
conoscenza di elementi economici dell’offerta da parte della commissione aggiudicatrice può essere di
per sé potenzialmente idonea a determinare un condizionamento, anche in astratto, da parte
dell’organo deputato alla valutazione dell’offerta, alterandone la serenità ed imparzialità valutativa; di conseguenza nessun elemento economico deve essere reso noto alla commissione stessa prima che
questa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica.
2. Nelle gare di appalto, il divieto di commistione tra offerta economica e offerta tecnica non deve
essere inteso in senso assoluto e meramente formalistico, ben potendo nell’offerta tecnica essere inclusi singoli elementi economici, purché si tratti di elementi isolati e del tutto marginali dell’offerta
economica, che non consentano cioè in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica
(alla stregua del principio nella specie è stato escluso che l’inserimento dell’elemento tempo – 30 anni
di durata della concessione – nell’offerta tecnica presentata avesse comportato una violazione del
divieto di commistione tra offerta tecnica ed economica).
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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - sentenza 27 maggio 2019, n. 229
Sull’illegittimità della previsione di inoltro delle offerte a mezzo pec
Ai sensi dell’art. 40 del Codice Appalti (Obbligo di uso dei mezzi di comunicazione elettronici nello
svolgimento di procedure di aggiudicazione): “A decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli
scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni
appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici.”
Tuttavia è pacifico che tale obbligo non possa essere adempiuto utilizzando la posta elettronica certificata, e non mediante l’utilizzo di specifiche piattaforme elettroniche per la gestione della gara in
modalità e-procurement.
Il Codice Appalti al comma 5 dell’art. 52 prevede l’obbligo per la Stazione Appaltante di garantire
“che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute” e di esaminare “il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo
la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione”.
Ne consegue l’illegittimità della gara indetta, per avere la stazione appaltante “palesemente violato il
principio di segretezza delle offerte economiche essendo prescritto che esse fossero inviate
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esclusivamente con posta elettronica certificata, senza nemmeno sistemi di cifratura atti a garantirne la
segretezza”.
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TAR MARCHE, SEZ. I – sentenza 27 maggio 2019 n. 354
Sull’offerta formulata in termini di prezzo e non di ribasso percentuale
Non può disporsi l’esclusione dell’offerta nel caso in cui quest’ultima sia stata formulata in termini di
prezzo e non di ribasso percentuale, qualora il ribasso sia implicito nel prezzo e, quindi, sia
agevolmente ricavabile attraverso una mera operazione matematica.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 28 maggio 2019 n. 3487
Sulla non vincolatività del CCNL richiesto dal bando
1. Nelle pubbliche gare un’offerta non può ritenersi anomala per il solo fatto che il costo del lavoro sia
stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo invece che sussistano discordanze considerevoli e ingiustificate rispetto a tali
valori: la correttezza della valutazione di congruità dell’offerta aggiudicataria non può, dunque, essere
smentita nell’ipotesi in cui il costo del lavoro esposto in sede di giustificazioni risulti inferiore rispetto a quello delle tabelle ministeriali di riferimento anche grazie alla modifica del CCNL da applicare e
dell’inquadramento contrattuale dei neoassunti.
2. L’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle
imprese concorrenti quale requisito di ammissione al confronto concorrenziale, né la sua mancata
applicazione può essere sanzionata dalla stazione appaltante con l’esclusione dalla gara.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III QUATER – sentenza 29 maggio 2019 n. 6775
Sulla clausola sociale
Ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. n. 50/2016, la previsione del bando di gara della cd. clausola sociale è consentita solo nel caso in cui il contratto sia qualificabile come “ad alta intensità di manodopera”; in
ogni caso, tale disposizione prevede l’inserimento della clausola sociale come mera facoltà delle
stazioni appaltanti e, quindi, va escluso che l’obbligo di inserire nella lex specialis la richiamata
clausola derivi direttamente dalla disciplina nazionale dettata in materia di appalti pubblici.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 31 maggio 2019 n. 1231
Sull’efficacia delle offerte anche dopo i 180 gg
Anche con riferimento all’attuale disciplina dell’art. 32, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016, così come affermato con riferimento al previgente art. 11 D.Lgs. n. 163/2006, deve ritenersi che la scadenza del
termine di 180 giorni di efficacia dell’offerta consente solamente all’offerente di ritirarsi, cessando
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l’offerta di essere irrevocabile, ma non impedisce alla stazione appaltante di portare a termine la gara e
di aggiudicare il contratto; deve pertanto ritenersi che, in assenza di un’espressa dichiarazione in tal
senso da parte delle imprese interessate, sono valide le offerte dalle stesse presentate.
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TAR ABRUZZO – PESCARA, SEZ. I – sentenza 3 giugno 2019 n. 144
Sull’ammissibilità del RTI verticale
1. Nel caso in cui la lex specialis della gara di appalto preveda una prestazione principale ed una
scorporata, è da ritenere ammissibile la partecipazione in r.t.i. verticale a condizione che la mandataria
sia in possesso del requisito per la prestazione principale.
Sul subappalto necessario
2. Ricorre la figura del subappalto necessario tutte le volte in cui il concorrente, privo di alcuni
requisiti, faccia ricorso al subcontratto al fine di imputare al subaffidatario il possesso di tutto quanto
non rientri nella sua disponibilità. L’istituto in questione ha natura polivalente; ferma restando la sua
collocazione in fase di esecuzione, non può essere trascurata anche un’incidenza in chiave
partecipativa.
Sul favor partecipationis
3. A fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis (una avente quale effetto
l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può
legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del
favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale.
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TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 3 giugno 2019 n. 204
Sulla doverosa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali
1. In base ad espresse disposizioni del diritto nazionale, la mancata indicazione dei costi per la
manodopera e la sicurezza dei lavoratori non è sanabile attraverso il meccanismo del c.d. ‘soccorso
istruttorio’ in quanto tale mancata indicazione è espressamente compresa fra i casi in cui il soccorso
non è ammesso.
2. L’omessa indicazione dei costi della manodopera da parte dell’aggiudicataria non assume autonoma
rilevanza escludente nel caso in cui – nonostante la clausola di chiusura del bando che rinvia al codice
appalti – tanto le prescrizioni della lex specialis, quanto la struttura del modello allegato al disciplinare
di gara ai fini della predisposizione dell’offerta tecnica, risultino carenti ed ambigue sul punto in
questione e possano risultare ingannevoli rispetto alla sussistenza del relativo obbligo dichiarativo.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II – sentenza 3 giugno 2019 n. 7062
Sul principio di rotazione
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L’appalto di cui si controverte è sotto soglia e la procedura oggetto di impugnazione non è aperta,
bensì negoziata potendovi partecipare soltanto gli operatori economici iscritti nell’albo fornitori della
Cassa Depositi e Prestiti che avevano ricevuto lettera d’invito; pertanto, in relazione alla detta
procedura opera il principio di carattere generale in virtù del quale va riconosciuta l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia” (cfr. Cons.
Stato, V, 5.3.2019, n. 1524; Cons Stato, V, 13.12.2017, n. 5854; Cons. Stato, VI, 31.8.2017, n. 4125).
Il principio di rotazione, per espressa previsione normativa, deve orientare le stazioni appaltanti nella
fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte e trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui
posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non
invece – come ipotizzato dall’appellante – dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o
“negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.
Per dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e per favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli
operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che, ove la
procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o negoziato, l’invito all’affidatario
uscente riveste carattere eccezionale (cfr. Cons. Stato, V, 5.3.2019, n. 1524); conseguentemente ove
la stazione appaltante intenda procedere all’invito del precedente affidatario e ove questi poi risulti
aggiudicatario – come è avvenuto nel caso di specie - dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul
mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale
ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, si veda
anche la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee-guida n. 4)
(cfr. Cons. Stato, V, 5.3.2019, n. 1524).
La stazione appaltante ha due possibilità: non invitare il gestore uscente o, in caso contrario, motivare
attentamente le ragioni per le quali riteneva di non poter invece prescindere dall’invito.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 4 giugno 2019 n. 3755
Sul principio di rotazione
Non occorre specifica motivazione per escludere l’affidatario uscente dal novero degli operatori
invitati alla procedura negoziata, non trattandosi di una scelta di carattere sanzionatorio, quanto
piuttosto dell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso
affidamento) e dell’applicazione del principio di concorrenza e massima partecipazione che, nella
fattispecie, si esplica consentendo ad operatori, diversi da quelli fino a quel momento coinvolti, di
accedere ad appalti di durata necessariamente limitata per il verificarsi di situazioni non prevedibili.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. I – sentenza 4 giugno 2019 n. 1380
Sull’inapplicabilità del principio di rotazione in caso di gara richiedente una diversa qualificazione
1. Il principio di rotazione delle imprese non è applicabile nel caso in cui l’operatore economico sia
stato invitato a differenti gare, per le quali era richiesta una diversa qualificazione.
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2. Nel caso in cui l’Amministrazione abbia individuato gli operatori economici idonei a partecipare ad
una procedura negoziata e, pertanto, invitati a partecipare alla stessa, non può negarsi ad un
operatore economico non invitato, che sia comunque venuto a conoscenza di una simile
procedura e che si ritenga in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dalla legge di gara, di presentare la propria offerta, salvo il potere dell’amministrazione di escluderlo dalla gara per
carenze dell’offerta o degli stessi requisiti di partecipazione ovvero perché l’offerta non è pervenuta
tempestivamente e sempre che la sua partecipazione non comporti un aggravio insostenibile del procedimento di gara e cioè determini un concreto pregiudizio alle esigenze di snellezza e celerità.
Una simile interpretazione è conforme non solo al principio del favor partecipationis, costituendo
piuttosto puntuale applicazione dell’altro fondamentale principio di concorrenza cui devono essere ispirate le procedure ad evidenza pubblica e rappresentando anche un ragionevole argine, sia pur
indiretto e meramente eventuale, al potere discrezionale dell’amministrazione di scelta dei contraenti
(T.A.R. Abruzzo, sez. I, L’Aquila, 25 ottobre 2018, n. 397)
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 5 giugno 2019 n. 1120
Sul procedimento di verifica dell’anomalia
1. E’ legittimo – ai sensi degli artt. 97 e 31, comma 3 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e del punto 5.3.
delle Linee Guida ANAC n. 3 del 2016 – l’operato della Stazione appaltante nel caso in cui risulti che
la verifica sull’anomalia della offerta sia stata svolta dal responsabile unico del procedimento con l’ausilio della commissione di gara, atteso che l’art. 5.3. delle Linee Guida ANAC n. 3 del 2016
chiarisce, in accordo con la normativa primaria, prevede che nel caso di aggiudicazione con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la verifica sulle offerte anormalmente basse è svolta dal
responsabile unico del procedimento con l’eventuale supporto della commissione.
2. In materia di verifica delle offerte anomale, il vigente art. 97 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non
contiene più le rigide scansioni temporali dettate dal previgente art. 87 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Ciò significa che nessuna disposizione normativa ormai impone al responsabile del procedimento, che abbia già richiesto spiegazioni, di assegnare un ulteriore termine al ricorrente per integrare o chiarire le
deduzioni anteriormente presentate, né per una eventuale convocazione. Invero, l’art. 97 cit. descrive
ormai un procedimento semplificato, “monofasico” che nulla ha a che vedere con il procedimento
“trifasico” (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio).
3. Il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta – finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà della stessa ovvero dell’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente
l’appalto alle condizioni proposte – ha natura globale e sintetica e deve risultare da un’analisi di
carattere tecnico delle singole componenti di cui l’offerta si compone, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile; detto giudizio
costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla pubblica
amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e
macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara.
4. In materia di verifica delle offerte sospettate di essere anomale, il giudice amministrativo può
sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza
ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della
congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione; anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a
dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica della
pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il
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giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il
proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 5 giugno 2019 n. 3780
Sull’applicabilità dell’accesso civico anche agli atti di gara
E’ illegittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione appaltante ha respinto una richiesta di
accesso ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, tendente ad ottenere copia degli atti di una gara
di appalto di servizi, ormai definita (nella specie, si trattava del contratto stipulato con l’aggiudicataria, dei preventivi dettagliati, dei collaudi, dei pagamenti “con la relativa documentazione fiscale
dettagliata), che sia motivato con riferimento all’art. 5 bis, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 33/2013,
secondo cui l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato è esclusa per agli atti di gara, onde evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica;
infatti: a) anche a tale richiesta ostensiva deve ritenersi applicabile il diritto di accesso civico
“generalizzato” ai documenti, dati e informazioni (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del d.lgs. n.
33/2013), b) ove si interpretasse l’art. 5 bis, comma 3 del d.lgs. n. 33/2013, secondo cui l’accesso civico generalizzato è escluso fra l’altro nei casi previsti dalla legge “ivi compresi i casi in cui
l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”,
nel senso di ritenere non applicabile il diritto di accesso civico ad intere “materie”, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso
civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, e cioè il principio di
trasparenza dell’attività della P.A., ricavabile direttamente dalla Costituzione.
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CORTE DI GIUSTIZIA UE, sentenza 06 giugno 2019, n. C-264/18
Sulla non riconducibilità dei servizi legali alla disciplina del codice dei contratti
Per quanto riguarda i servizi forniti da avvocati, di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva
2014/24, dal considerando 25 di tale direttiva risulta che il legislatore dell’Unione ha tenuto conto del fatto che tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone designati o selezionati
secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti
pubblici in determinati Stati membri, cosicché occorreva escludere tali servizi legali dall’ambito di
applicazione della direttiva in parola.
A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24 non esclude dall’ambito di applicazione di detta direttiva tutti i servizi che possono essere forniti da un
avvocato a un’amministrazione aggiudicatrice, ma unicamente la rappresentanza legale del suo
cliente nell’ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo,
nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita
nell’ambito della preparazione o dell’eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra
l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza.
Orbene, da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato
dalla libera scelta del suo difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile
la descrizione oggettiva della qualità che si attende dai servizi da prestare. Dall’altro, la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente, il cui oggetto consiste, tanto nel salvaguardare il
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pieno esercizio dei diritti della difesa dei singoli quanto nel tutelare il requisito secondo il quale ogni
singolo deve avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato, potrebbe essere
minacciata dall’obbligo, incombente sull’amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di
attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni.
Ne consegue che, alla luce delle loro caratteristiche oggettive, i servizi di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell’ambito di
applicazione della direttiva medesima. Tenuto conto di tale differenza oggettiva, è altresì senza
violare il principio della parità di trattamento che il legislatore dell’Unione ha potuto, nell’ambito del
suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall’ambito di applicazione di detta direttiva.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 6 giugno 2019 n. 3831
Sul principio di rotazione degli inviti
Il principio di rotazione si riferisce propriamente non solo agli affidamenti ma anche agli inviti, orientando le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da interpellare e
da invitare per presentare le offerte ed assumendo quindi nelle procedure negoziate il valore di una
sorta di contropartita al carattere “fiduciario” della scelta del contraente allo scopo di evitare che il
carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II BIS – sentenza 7 giugno 2019 n. 7470
Sulla necessità della firma da parte di ogni componente del Raggruppamento e sulla non
applicabilità del soccorso istruttorio
1. Nel caso di raggruppamento temporaneo non ancora costituito, la sottoscrizione dell’offerta di gara
da parte di ciascun componente la riunione si configura come lo strumento mediante il quale l’autore
fa propria la dichiarazione contenuta nel documento e serve a rendere nota la paternità e a vincolare l’autore della dichiarazione in esso contenuta. Essa assolve la funzione di assicurare provenienza,
serietà, affidabilità e insostituibilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua
ammissibilità sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti dell’offerta come dichiarazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto
giuridico. La sua mancanza inficia quindi la validità e la ricevibilità della manifestazione di volontà
contenuta, senza che sia necessaria ai fini dell’esclusione una espressa previsione della legge di gara.
2. L’omissione della firma dei partecipanti alla gara in una riunione temporanea costituenda su un
elemento dell’offerta tecnica, proprio in quanto incidente sulla certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso non può
essere considerata mera irregolarità formale sanabile con il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83
comma 9 del d.lgs. n. 50/2016 (è stato ritenuto che era legittima la determinazione dell’Amministrazione di non procedere al soccorso istruttorio e di escludere la riunione temporanea
costituenda la cui offerta tecnica mancava delle sottoscrizioni dei vari componenti del
raggruppamento, essendo anche coerente con il principio di par condicio tra i concorrenti).
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TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 10 giugno 2019 n. 521
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Sui presupposti per l’ammissione dell’ATI verticale
1. Nelle gare di appalto, l’A.T.I. orizzontale è caratterizzata dal fatto che le imprese associate (o
associande) sono portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni costituenti
l’oggetto dell’appalto, mentre l’A.T.I. verticale è connotata dalla circostanza che l’impresa mandataria
apporta competenze incentrate sulla prestazione prevalente, diverse da quelle delle mandanti, le quali possono avere competenze differenziate anche tra di loro, sicché nell’A.T.I. di tipo verticale
un’impresa, ordinariamente capace per la prestazione prevalente, si associa ad altre imprese provviste
della capacità per le prestazioni secondarie scorporabili. Di qui la disposizione di cui all’art. 48 comma 2 del D. Lgs. n. 50/2016, a mente della quale, nel caso di appalti misti di forniture e servizi, al
fine di garantire la massima partecipazione alle gare, “le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara
la prestazione principale e quelle secondarie”.
2. Nelle gare di appalto, condizione per l’ammissione ad una gara di raggruppamenti di tipo verticale è
che la stazione appaltante abbia preventivamente individuato negli atti di gara, nel rispetto della disposizione citata, la prestazione prevalente o principale, e quelle secondarie: in difetto, il bando
riveste infatti, per un’impresa che non sia in grado di eseguire in proprio tutte le prestazioni oggetto
dell’appalto e che debba dunque “necessariamente” associarsi in A.T.I. verticale, una portata immediatamente escludente – comportando l’impossibilità di accedere alla gara – come tale
impugnabile senza la necessità di presentare domanda di partecipazione.
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TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. II – sentenza 10 giugno 2019 n. 977
Sulle conseguenze del malfunzionamento della piattaforma per le gare telematiche
1. Nel caso di gara svoltasi in forma telematica, il rischio inerente alle modalità di trasmissione della
domanda di partecipazione alla gara non può far carico che alla parte che unilateralmente ha scelto il
relativo sistema e ne ha imposto l’utilizzo ai partecipanti; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio
del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara.
2. Dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della P.A. discende il
corollario dell’onere per la P.A. di doversi accollare il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l’agevolazione che
deriva alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi documentali,
deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che
possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 25 gennaio 2013, n. 481 secondo cui “… le procedure informatiche applicate ai
procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto
agli stessi, non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra privato e Pubblica Amministrazione e fra Pubbliche Amministrazioni, nei
reciproci rapporti”. Tale orientamento è stato ribadito dal T.A.R. Lombardia – Milano, sez. I, 9
gennaio 2019, n. 40).
In applicazione dei suesposti principi nella specie è stato accolto il ricorso avverso il provvedimento
che aveva rigettato la domanda di riapertura dei termini per la presentazione dell’offerta, atteso che emergeva dalla documentazione prodotta dalla ricorrente (v. gli screenshot in atti) che quest’ultima
aveva iniziato e portato regolarmente avanti, in tempo utile, la procedura di caricamento in rete della
documentazione relativa alla gara in questione, non riuscendo tuttavia, il giorno successivo, ore 9.50 circa, a concludere l’operazione mediante apposizione della firma digitale, in quanto la piattaforma
telematica aveva generato un pop-up con la dicitura: “si stanno per cancellare tutti i file”.
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Pertanto, non essendo stata accertata la causa del malfunzionamento del sistema telematico, tale
situazione, per le ragioni sopra esposte, non poteva che essere accollata alla Stazione appaltante “…
che ha bandito, organizzato e gestito la gara” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 gennaio 2013, n. 481, cit.).
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 11 giugno 2019 n. 7595
Sui presupposti per l’annotazione nel Casellario Anac
1. L’annotazione nel casellario informatico da parte dell’ANAC di notizie ritenute “utili” deve
avvenire in applicazione dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, il che presuppone, oltre al fatto che le vicende oggetto di annotazione siano correttamente riportate,
anche che le stesse non siano manifestamente inconferenti rispetto alle finalità di tenuta del casellario.
2. In tutti in casi in cui le annotazioni nel casellario informatico tenuto dall’ANAC non siano
direttamente previste dal legislatore come “atto dovuto”, le stesse devono essere adeguatamente
motivate in ordine alle ragioni della ritenuta utilità. Invero, la valutazione in ordine all’utilità deve essere resa conoscibile in forza di un processo motivazionale che, per quanto sintetico, non può ridursi
ad una assertiva affermazione di conferenza della notizia.
3. E’ illegittima l’annotazione all’albo informatico concernente fatti che la stessa stazione appaltante
ha ritenuto non rilevanti in ordine alla prosecuzione del contratto e per ciò solo, quindi, non utili ad accrescere il patrimonio informativo delle altre stazioni appaltanti circa l’operato della impresa
interessata (nella specie si trattava di annotazione riguardante contestazioni di addebiti di lieve entità
relativi all’esecuzione del servizio giornaliero con modalità incompleta, circostanze che non avevano dato luogo alla risoluzione del contratto, ma avevano comportato solo l’applicazione di penali). Infatti,
la mera valenza di “pubblicità notizia” delle circostanze annotate come “utili” e il fatto che le stesse
non impediscano, in via automatica, la partecipazione alle gare, non esonera l’Autorità da una
valutazione in ordine all’interesse alla conoscenza di dette vicende, la cui emersione deve avvenire in forza di un processo motivazionale che, per quanto sintetico, non può ridursi ad una assertiva
affermazione di conferenza della notizia.
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TAR ABRUZZO – L’AQUILA, SEZ. I – sentenza 12 giugno 2019 n. 299
Sulla risoluzione del contratto per inadempienze alle norme sulla sicurezza dei lavoratori
1. Legittimamente viene disposta la risoluzione di diritto del contratto inter partes a mente degli
articoli 72 comma 1 lettera i) (inadempienza accertata alle norme di legge sulla prevenzione degli
infortuni, la sicurezza sul lavoro…) del previgente decreto legislativo 163/2006, confluita nell’art. 108 d.lgs. 50/2016 che indica quale causa di risoluzione contrattuale l’accertamento di gravi irregolarità o
disapplicazioni delle norme relative alla tutela delle maestranze (a titolo esemplificativo e non
esaustivo: manodopera presente in cantiere senza alcun titolo, violazione delle norme sulla sicurezza
dei cantieri).
Sulla risoluzione del contratto per cessione del contratto non autorizzata
2. Comporta la risoluzione del contratto di appalto per violazione del divieto di cessione del contratto
prevista dal capitolato una nota con la quale la società concessionaria ha comunicato al Comune di
aver affidato ad altra società la gestione della struttura. In tal caso, indipendentemente dalle definizioni
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formali, rileva sul piano sostanziale che la società concessionaria ha dichiarato di aver affidato ad un
soggetto diverso da sé un’attività della quale è concessionaria nonostante il divieto di cessione del
contratto convenuto inter partes.
_______________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 giugno 2019 n. 3943
Sul principio di rotazione (anche per l’impresa uscente di una gara aperta)
1. Nel caso di appalto di lavori, servizi e forniture “sotto soglia” e di procedura non aperta, bensì
negoziata, va confermato il principio di carattere generale in virtù del quale va riconosciuta l’obbligatorietà del principio di rotazione; tale principio – che per espressa previsione normativa deve
orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a
presentare le offerte – è finalizzato a evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso
affidamento e non invece dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”),
soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.
2. Ai fini dell’applicazione del principio di rotazione, rileva il fatto oggettivo del precedente
affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo
sia scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura; per l’effetto, ove la stazione
appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente
motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di
operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente
rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento.
3. L’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non può vantare alcuna
legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto
pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del
relativo affidamento.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 12 giugno 2019 n. 1327
Sull’applicabilità del divieto di un punteggio premiale ai soli lavori
1. Nel caso di ricorso con il quale vengono dedotte censure volte a travolgere l’intera gara e a tutelare
conseguentemente l’interesse strumentale alla riedizione della stessa, il ricorrente non è tenuto a
fornire alcuna prova di resistenza.
2. L’art. 95, comma 14-bis, del D.Lgs. n. 50/2016, per come formulato, limita il divieto di prevedere
un punteggio premiale per l’offerta di prestazioni aggiuntive da rendere gratuitamente agli appalti di lavori. La disposizione parla testualmente di “opere aggiuntive” e di “progetto esecutivo a base
d’asta”: elementi questi incompatibili con la struttura di un appalto di servizi.
3. Nelle gare di appalto, l’esigenza di preservare la genuinità della valutazione delle offerte tecniche
da possibili condizionamenti derivanti dalla conoscenza delle offerte economiche impone che le offerte economiche siano poste in una busta separata debitamente sigillata e che la valutazione delle
offerte tecniche preceda quella delle offerte economiche; onde è pienamente ammissibile una offerta
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ove siano state rispettate entrambe le condizioni, a garanzia della trasparenza e imparzialità dell’azione
della Commissione giudicatrice.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 13 giugno 2019 n. 3984
Sulla differenza tra concordato con continuità aziendale e concordato in bianco
Non può essere ammessa in gara una ditta che non ha presentato una domanda di concordato con
continuità aziendale, ma la (diversa) istanza di concordato c.d. in bianco, con riserva di presentazione
del piano e della restante documentazione richiesta dall’art. 186 bis l.f. nel termine concesso dal
Giudice.
Né la circostanza poi che la ditta in questione abbia ottenuto, successivamente alla proposizione
dell’istanza di concordato c.d. in bianco – e nella pendenza della procedura di affidamento dell’appalto
– il decreto di autorizzazione da parte del Tribunale fallimentare a partecipare alla gara in questione,
non rileva, atteso che tale autorizzazione non è accompagnata dagli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 186-bis l.f., circostanza questa che indebolisce la solidità della partecipazione del raggruppamento
appellato alla procedura, esponendo al rischio la stazione appaltante di non poter contare su un valido
operatore economico nel caso di affidamento ad esso della procedura ad evidenza pubblica in svolgimento (e neppure nel caso di eventuale scorrimento nella graduatoria, in sede di esecuzione,
laddove si dovesse rendere necessario per il venir meno dell’aggiudicatario).
Sulla persistenza della regolarità contributiva
Nelle gare di appalto, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale,
dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed
assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva”.
Sulla distinzione tra Durc interno e Durc esterno
L’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 non ha in alcun modo modificato la disciplina
dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trova applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle
dichiarazioni rese dall’impresa ai fini della partecipazione alla gara. L’istituto dell’invito alla
regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra
impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche a l
DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione”.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 14 giugno 2019 n. 4024
Sull’avvalimento della certificazione di qualità
1. Negli appalti pubblici l’avvalimento può riguardare anche la certificazione di qualità (3).
Sull’avvalimento frazionato e plurimo
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2. Negli appalti pubblici è da ritenere ammissibile un contratto di avvalimento c.d. “frazionato” o
“parziale”; in particolare, l’integrazione dei requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione
aggiudicatrice può essere dimostrata sia utilizzando l’avvalimento frazionato che l’avvalimento
plurimo, poiché ciò che rileva è la dimostrazione da parte del candidato o dell’offerente, che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti, di poter disporre effettivamente dei mezzi di questi
ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto.
Sull’avvalimento di garanzia e operativo
3. Nel caso di avvalimento c.d. “di garanzia”, nel quale l’impresa ausiliaria si limita a mettere a
disposizione il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore, non è conseguentemente necessario, in linea di massima, che la dichiarazione negoziale costitutiva
dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o a indici materiali atti a esprimere
una certa e determinata consistenza patrimoniale, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione
emerga l’impegno contrattuale a prestare e a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria e il patrimonio esperienziale, così garantendo una determinata affidabilità e un
concreto supplemento di responsabilità.
4 Nel caso di avvalimento c.d. “tecnico od operativo”, ovvero avente a oggetto requisiti diversi
rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria, sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con
precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto (art. 88 del
regolamento di esecuzione del previgente codice dei contratti pubblici, riferimento normativo ora da
individuarsi nell’ultimo inciso dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Sull’inammissibilità dell’avvalimento generico
5. Anche al di là della tipologia di requisito prestato (capacità economico-finanziaria o capacità tecnico-professionale), va sicuramente esclusa la validità del contratto di avvalimento che applichi
formule contrattuali del tutto generiche, ovvero meramente riproduttive del dato normativo o
contenenti parafrasi della clausola della lex specialis descrittiva del requisito oggetto dell’avvalimento.
6. Poiché l’attestazione SOA è il frutto di una valutazione complessiva degli elementi dell’organizzazione aziendale che non coincide con la mera sommatoria degli stessi, va ribadito il
principio che il prestito delle risorse e mezzi ricomprende ex se anche le figure tecniche.
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TAR LAZIO - ROMA, SEZ. II TER – sentenza 17 giugno 2019, n. 7836
Sull’inapplicabilità delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, al socio di maggioranza
Le clausole di esclusione – ed i connessi obblighi dichiarativi – di cui all’art. 80, comma 5, lett. ”a” e
“c” del d.lgs. 50/2016, non possono considerarsi rientranti nell'ambito applicativo del comma 3 della
stessa disposizione e che pertanto esse operano nei confronti dei soli operatori economici e non anche
nei confronti dei soci di maggioranza delle società di capitali.
Le cause di esclusione richiamate dall’Amministrazione ricadono nell’ambito del comma 5 dell’art.
80, che sono testualmente riferite al solo “operatore economico”, in maniera corrispondente a quanto
previsto dall’art. 57, comma 1, della Direttiva nr. 24/2014.
81
Ne deriva che non trova fondamento normativo la tesi dell’Amministrazione secondo cui le fattispecie
di cui all’art.80, comma 5, lettere (a) e (c) dlgs 50/2016, sarebbero riferibili anche al socio di
maggioranza di un operatore economico-società di capitali, posto che tale interpretazione si risolve in
un’illegittima estensione della previsione di cui all’art. 80 comma 3, in violazione della tassatività
delle cause di esclusione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 17 giugno 2019 n. 4050
Sull’esperienza (prevalente) dei commissari di gara
1. Nelle gare di appalto, la legittima composizione della commissione aggiudicatrice (che deve essere
formata da «esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto», ex art. 77 d.lgs. n. 50
del 2016, e già ex art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006) presuppone solo la prevalente, seppure non esclusiva, presenza di membri esperti del settore oggetto dell’appalto; quest’ultimo requisito deve essere inteso
in modo coerente con la poliedricità delle competenze richieste in relazione alla complessiva
prestazione da affidare, considerando anche, secondo un approccio di natura sistematica e
contestualizzata, le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell’amministrazione sia i
concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali i criteri valutativi siano destinati ad incidere.
2. Ai fini della dimostrazione del requisito dell’esperienza dei commissari di gara, non è necessario
che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara,
potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere
le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 17 giugno 2019 n. 4025
Sul rapporto tra quota di partecipazione e la quota di esecuzione negli appalti di servizi
1. Negli appalti di servizi e forniture non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la
qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la
relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara.
Sul giudizio di anomalia
2. La formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di
opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva
delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto, essendo per contro
sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile.
3. Nelle gare di appalto, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala,
poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la
prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum
derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I - sentenza 18 giugno 2019, n. 547
Sulla distinzione tra concessione e locazione
Non si è in presenza di un contratto di locazione allorchè, pur se il contrato è così denominato ivi si
utilizzano ripetutamente i termini “concessione” e “concessionario” e allorchè detto contratto preveda
lo svolgimento di numerose prestazioni -ad esempio, di organizzazione di attività ed eventi-
obiettivamente estranee a un rapporto di locazione e piuttosto espressive di interessi pubblici connessi
alla promozione dell’attività sportiva equestre e al rilancio turistico del territorio.
Sulla distinzione tra concessione di bene pubblico e concessione di servizi
La sola appartenenza del bene al patrimonio indisponibile non qualifica di per sé la concessione in
termini di “concessione di beni”, essendo un simile automatismo certamente da escludere tutte le volte
in cui, proprio come nel caso in esame, la natura pubblicistica del bene trovi fondamento nella sua
strumentalità allo svolgimento di un servizio pubblico, secondo il criterio teleologico di cui all’art.
826, comma 2, c.c., giacché tale schema implica, per sua natura, una “coesistenza” tra natura pubblica
del bene e funzione pubblica del servizio cui è destinato; in questi casi, dunque, compete all’interprete
individuare, tra i due profili, quello in concreto prevalente e, come tale, capace di qualificare
giuridicamente il rapporto.
Si osserva, infine, come il tendenziale “favor ordinamentale” per la figura della concessione di servizi,
a discapito della concessione di beni, trovi giustificazione sotto un ulteriore profilo che, pur non
rilevando direttamente nel caso in esame, costituisce un dato sistematico di sicuro riferimento: si tratta del fatto che l’affidamento delle concessioni di servizi -in quanto assoggettato alle regole del Codice
dei contratti pubblici- è assoggettato a meccanismi “più sicuri”, sotto il profilo della tutela della
trasparenza e della concorrenza, rispetto all’affidamento delle concessioni di beni, in relazione
alle quali, come noto, tali principi vanno faticosamente affermandosi solo in tempi recenti e in via
giurisprudenziale.
È per questa ragione che la stessa Autorità nazionale anticorruzione, con deliberazione n.1300/2016,
ha ritenuto che la concessione di un impianto sportivo con rilevanza economica debba essere
inquadrata nell’ambito delle concessioni di servizi, con ciò che ne consegue sulle procedure da utilizzare per l’affidamento, ritenendo che la fattispecie presenti tutti i presupposti di cui all’art. 3,
comma 1, lett. vv), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di contratto a titolo oneroso in cui il corrispettivo
del concessionario è rappresentato dal profitto derivante dalla gestione dei servizi”.
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CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. IV – sentenza 19 giugno 2019 (causa C-41/18)
Sul grave illecito professionale
L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in
giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione
aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi
valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta
risoluzione si riferisce.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 19 giugno 2019 n. 4188
Sul DURC in compensazione
La compensazione del debito previdenziale con i crediti vantati dall’impresa nei confronti di altra pubblica amministrazione (diversa dall’ente previdenziale) opera alle condizioni previste dalla
disciplina di diritto comune: purché vi sia la coesistenza dei rispettivi crediti e debiti (art. 1241 Cod.
civ.) e sempre che gli stessi siano liquidi ed esigibili (art. 1243 Cod. civ.). L’unico profilo derogatorio rispetto alla disciplina generale è rappresentato dalla mancanza della condizione di reciprocità perché i
rapporti di credito/debito non intercorrono tra i medesimi soggetti: a fronte del debito che l’impresa ha
nei confronti dell’ente previdenziale corrisponde un credito con altra pubblica amministrazione (tra
quelle elencate dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001).
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 21 giugno 2019 n. 1443
Sul CCNL applicabile agli appalti pubblici
E’ illegittimo il provvedimento di esclusione da una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana motivato con riferimento al fatto che la ditta esclusa non ha applicato al personale uno
specifico CCNL (nella specie il CCNL Fise Assoambiente), non esistendo alcuna norma – di rango
legislativo o della lex specialis – che obblighi l’appaltatore all’adozione di tale CCNL. Infatti, l’art. 30 comma 4 del codice dei contratti pubblici prevede l’applicazione del contratto collettivo nazionale e
territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni stipulato dalle
associazioni datoriali e dei lavoratori maggiormente rappresentative, senza però imporre alcun
specifico contratto collettivo. Né la legge di gara può imporre a pena di esclusione l’applicazione di un
determinato contratto collettivo.
Nel caso di appalti di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, è applicabile al personale anche il CCNL
Multiservizi, tenuto peraltro conto del principio di libertà di scelta del CCNL applicabile da parte
dell’appaltatore.
Sulla competenza del RUP a definire il giudizio di anomalia
Illegittimamente il giudizio sull’anomalia dell’offerta è stato espresso in via autonoma dalla commissione di gara, in spregio alla competenza riconosciuta invece a livello legislativo (v. gli articoli
31 e 77 del codice dei contratti pubblici) al RUP. Sussiste infatti in capo a quest’ultimo organo il
potere di valutazione della congruità delle offerte, salvo l’eventuale supporto della commissione di
gara, che si pone però quale soggetto ausiliario del RUP stesso.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II TER – sentenza 21 giugno 2019 n. 8121
Sulla necessità della dichiarazione dell’ausiliaria e sull’inapplicabilità del soccorso istruttorio
1. Le dichiarazioni dell’impresa ausiliaria e il contratto di avvalimento sono atti diversi, per natura, contenuto, finalità, costituendo la dichiarazione un atto di assunzione unilaterale di obbligazioni
precipuamente nei confronti della stazione appaltante, il contratto di avvalimento l’atto bilaterale di
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costituzione di un rapporto giuridico patrimoniale, stipulato tra l’impresa partecipante alla gara e
l’impresa ausiliaria, contemplante le reciproche obbligazioni delle parti e le prestazioni da esse
discendenti.
2. Poiché la dichiarazione d’impegno dell’ausiliaria è un atto essenziale, ai fini dell’operatività
dell’istituto dell’avvalimento, in quanto costituisce lo strumento attraverso il quale l’ausiliaria assume un obbligo giuridico diretto nei confronti della stazione appaltante, deve ritenersi che la dichiarazione
in questione non possa essere acquisito attraverso il soccorso istruttorio.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. II – sentenza 24 giugno 2019 n. 882
Sulla verifica di anomalia
Il giudizio sull’anomalia è sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o
d’irragionevolezza ovvero d’inadeguatezza dell’istruttoria, integranti ipotesi di evidenti illegittimità.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 26 giugno 2019 n. 771
Sull’ammissibilità di giustificativi trasmessi a mezzo pec e non in plico chiuso e sigillato
La clausola della lettera di invito che prevede – a pena di esclusione – la trasmissione delle
giustificazioni con plico chiuso e sigillato è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016; di conseguenza, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta
partecipante alla gara per il mancato rispetto delle suddette formalità, nel caso in cui la ditta stessa
abbia correttamente trasmesso la relazione giustificativa, in sede di verifica delle offerte anomale, in modo tempestivo e per iscritto, mediante invio di messaggio di posta elettronica certificata, nel rispetto
di quanto previsto dagli artt. 97, comma 5, e 40 del d.lgs. n. 50/2016 (1).
L’art. 40 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che “le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito
delle procedure di cui al presente codice svolte da centrali di committenza sono eseguiti utilizzando
mezzi di comunicazione elettronici ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale. A decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli
scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni
appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici”.
Inoltre, l’art. 5 bis del d.lgs. n. 82/2005 stabilisce che “la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni
pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Con le medesime modalità le amministrazioni pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti
amministrativi nei confronti delle imprese”.
In base a tali disposizioni, è del tutto legittimo, e deve essere quindi consentito, l’invio della relazione
giustificativa dell’anomalia per mezzo di posta elettronica certificata.
E’ stato ricordato che, secondo la giurisprudenza, “il subprocedimento di verifica di anomalia, proprio
perché connotato dall’elaborazione progressiva del giudizio di congruità o non congruità della prima
migliore offerta, dall’apporto dialettico e collaborativo del relativo proponente e perfino dall’esercizio di poteri istruttori ufficiosi da parte della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio
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2004, n. 490; sez. VI, 5 luglio 2006, n. 4261), non esige quella stessa rigida cristallizzazione e
intangibilità della documentazione prodotta in sede di offerta, che, posta a presidio della par condicio
dei concorrenti, viene assicurata mediante l’adozione delle cennate misure di custodia e di
conservazione” (cfr. T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, 2 luglio 2010, n. 16568).
Con riferimento ai giustificativi dell’offerta, né il vigente Codice dei contratti pubblici, né alcuna
altra disposizione di legge prescrivono, a pena di esclusione, che il relativo invio debba essere
effettuato con plico chiuso e sigillato.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. III – sentenza 26 giugno 2019 n. 1594
Sulla necessità dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione
Il requisito della regolarità fiscale e contributiva si considera sussistente soltanto ove, prima del
decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto,
l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo,
e non anche nelle ipotesi in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione,
solo successivamente accolta; ciò in quanto la mera presentazione dell’istanza di rateizzazione non
comporta l’automatico recupero della posizione di regolarità, atteso che, con la presentazione di tale istanza, il partecipante non assume alcun impegno vincolante a onorare il debito in quel momento
gravante a suo carico, ma semmai ad adempiere l’obbligazione novata, originante dall’eventuale
successivo accoglimento dell’istanza di rateizzazione da parte dell’Agente della riscossione.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III – sentenza 26 giugno 2019 n. 8341
Sull’applicabilità del codice dei contratti agli Organismi di diritto pubblico (RAI)
La R.A.I. – Radiotelevisione Italiana S.p.A. è tenuta all’osservanza delle procedure di evidenza
pubblica nell’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, salve le relative specifiche deroghe ed eccezioni. Poiché la RAI è un’impresa pubblica (sotto forma societaria, in cui lo Stato ha una
partecipazione rilevante) operante nel settore dei “servizi” pubblici di telecomunicazioni radio e
televisive in concessione, assoggettata, ai poteri di vigilanza e di nomina da parte dello Stato e costituita per soddisfare finalità di interesse generale, essa deve essere qualificata come “organismo di
diritto pubblico” tenuto ad osservare le norme comunitarie di evidenza pubblica, nonché le rispettive
norme interne attuative, per la scelta dei propri contraenti in tutti gli appalti di valore eccedente le
soglie indicate per i servizi di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 1995 (cfr. Corte di Cass. S.U.
23.4.2008 n. 10443).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 27 giugno 2019 n. 4418
Sull’avvalimento infragruppo e sull’onere documentale semplificato
1. Nelle gare pubbliche l’appartenenza al gruppo societario (e dunque il collegamento in senso ampio)
rappresenta un possibile fattore, genetico e giustificativo, dell’avvalimento da parte di un concorrente
dei requisiti posseduti da un altro soggetto.
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2. Nel caso di avvalimento infragruppo, l’onere probatorio e documentale risulta semplificato, non
sussistendo neppure l’obbligo di stipulare con l’impresa appartenente allo stesso gruppo un contratto
di avvalimento, con il quale l’impresa ausiliaria si obbliga a mettere a disposizione del concorrente le
risorse necessarie per tutta la durata del contratto, essendo sufficiente una dichiarazione unilaterale
attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo.
___________________________________
TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. I – sentenza 27 giugno 2019 n. 599
Sul divieto di invitare l’uscente, salvo adeguata motivazione
Il principio di rotazione è finalizzato a evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al
gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso
affidamento e non invece dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”),
soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.
________________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 1° luglio 2019, n. 4512
Sull’immediata impugnabilità del bando di gara
Le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e solo dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o
manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.
E’ inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’impresa che non abbia partecipato ab
imis alla procedura, ovvero sia stata legittimamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, per effetto della mancata presentazione della domanda o dell’esclusione, rimane privo non soltanto del
titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 1° luglio 2019, n. 593
Sulla mancata apposizione della firma digitale
Anche se in linea di massima l’omessa sottoscrizione dell’offerta comporta di regola l’esclusione dalla
gara, deve tuttavia ammettersi la regolarizzazione in una gara telematica dell’omessa apposizione
della firma digitale all’offerta nel caso in cui, in base alle circostanze concrete, l’offerta risulti con
assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III QUATER – sentenza 2 luglio 2019 n. 8605
Sulla necessità della firma digitale per le offerte
Legittimamente è stata esclusa dalla gara di appalto una offerta nella quale non era presente la firma digitale, bensì la sola marcatura temporale; ed infatti mentre la marcatura temporale è un servizio
specificamente volto ad associare data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico,
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consentendo, quindi, di attribuirgli una validazione temporale opponibile a terzi (cfr. d.lgs. n. 82 del
2005, art. 20, comma 3, cd. Codice dell’Amministrazione Digitale), solo la firma digitale è idonea al
diverso ed ulteriore scopo di “rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un
documento informatico” (art. 1 comma 1 lett. s) d.lgs. 82/2005), così che è palese la diversità delle funzioni attribuite a ciascuna di esse. Ne consegue che la mancata apposizione sul documento
informatico costituente l’offerta economica della firma digitale, bensì della sola marcatura temporale,
consente di attribuire certezza legale solo quanto a data e ora della relativa formazione, ma non anche
a proposito della relativa provenienza ed integrità.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II BIS – sentenza 4 luglio 2019 n. 8849
Sulla necessità della firma in caso di costituendo raggruppamento
L’omissione della firma dei partecipanti alla gara in una riunione temporanea costituenda su un
elemento dell’offerta tecnica, proprio in quanto incidente sulla certezza della provenienza e della piena
assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso, non può
essere considerata mera irregolarità formale sanabile con il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, essendo ciò anche coerente con il principio di par condicio tra i
concorrenti, e senza che sia necessaria ai fini dell’esclusione una espressa previsione della legge di
gara (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che andava esclusa dalla gara una impresa
che aveva prodotto il curriculum vitae del tecnico esterno indicato privo della firma dell’interessato).
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 5 luglio 2019 n. 1329
Sulla cessione della SOA e sugli effetti della cessione del ramo d’azienda
L’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA non è cedibile, dato che viene rilasciata al termine di un procedimento istruttorio diretto ad accertare il possesso dei requisiti previsti dalla legge
in capo al solo soggetto giuridico che l’ha richiesta. Tali requisiti possono essere trasmessi ad altra
azienda, ma il loro trasferimento implica la cancellazione o quantomeno il ridimensionamento dell’attestazione di qualificazione dell’azienda cedente; nel contempo il cessionario, ossia il soggetto
destinatario dei requisiti, viene onerato a richiedere “ex novo” una propria attestazione SOA.
Nel caso di cessione di ramo d’azienda, né il cedente né il cessionario possono valersi della
attestazione di qualificazione posseduta dall’azienda ceduta, pur potendo richiederne una nuova alla
società di attestazione; la nuova attestazione avrà però efficacia solo dopo il suo rilascio, vale a dire dopo che sono stati effettuati tutti i controlli del caso, lasciando l’azienda cessionaria, durante il
periodo che intercorre tra l’incorporazione del ramo e l’ottenimento della nuova attestazione SOA,
priva dell’attestato di qualificazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 9 luglio 2019 n. 4787
Sull’inapplicabilità del soccorso istruttorio alla verifica dei requisiti in capo all’aggiudicatario
1. Nelle gare di appalto, non può ammettersi il soccorso istruttorio in sede di comprova dei requisiti, attesa non solo l’inesistenza della carenza di un elemento formale della domanda, ma anche la natura
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perentoria del relativo termine, con conseguenze immediatamente escludenti, laddove, al contrario, il
soccorso istruttorio equivarrebbe ad una sostanziale rimessione in termini (1).
Sull’applicabilità del principio dell’invarianza della soglia anche in caso del confronto a coppie
2. L’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 (il quale stabilisce che ogni variazione interveniente,
anche in conseguenza di una pronunzia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione,
regolarizzazione od esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte), è espressivo del generale principio della
immodificabilità della graduatoria (con conseguente irrilevanza delle sopravvenienze) e trova
applicazione anche nel caso del c.d. confronto a coppie, ove la graduatoria finale viene stilata attribuendo a ciascun concorrente un punteggio finale che è pari alla media dei punteggi dallo stesso
riportati all’esito dell’insieme dei confronti con gli altri concorrenti ed operando la “normalizzazione”
al valore “uno” in relazione al concorrente che abbia riportato il punteggio più alto.
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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 10 luglio 2019 n. 662
Sull’obbligo di dichiarare tutti i potenziali illeciti professionali
1. Dal principio di atipicità degli illeciti professionali rilevanti ai sensi e per gli effetti dell’art. 80,
comma 5, lett. c), e dal principio che spetta alla stazione appaltante valutarne la rilevanza e gravità, discende come corollario che è onere dei concorrenti dichiarare tutti gli illeciti professionali
potenzialmente rilevanti, non solo quelli nominati.
2. Poichè l’art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016, ultimo periodo prevede che: “Costituiscono irregolarità
essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del
contenuto o del soggetto responsabile della stessa”, deve ritenersi che un concorrente che non abbia reso una dichiarazione concernente un grave inadempimento professionale non possa essere rimesso in
termine per rendere quella dichiarazione, atteso che la mancata dichiarazione non equivale a
dimenticanza, ma a consapevole scelta da parte del concorrente e che il contenuto della mancata
dichiarazione non poteva essere noto alla stazione appaltante.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 11 luglio 2019 n. 1271
Sugli incarichi legali
Ai fini di verificare se occorra o meno una procedura concorsuale in materia di incarichi legali occorre
verificare preliminarmente se si tratta di una singola prestazione d’opera intellettuale ovvero di
espletamento di servizi legali, come tale riconducibile al contratto di appalto di servizi, con
conseguente applicazione del D.Lgs. n. 50/2016. Infatti, mentre il singolo incarico di patrocinio legale è occasionato da puntuali esigenze di difesa dell’ente locale, invece l’attività di assistenza e
consulenza giuridica è caratterizzata dalla sussistenza di una specifica organizzazione, dalla
complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata. Tali elementi di differenziazione consentono di concludere che, diversamente dall’incarico di consulenza e di assistenza a contenuto
complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni
dell’ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non
costituisce appalto di servizi legali ma integra un contatto d’opera intellettuale che esula dalla
disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica.
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Il contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, presidiato dalle specifiche
disposizioni comunitarie volte a tutelare la libertà di stabilimento del prestatore in quanto lavoratore,
non può soggiacere ad una procedura concorsuale di stampo selettivo che si appalesa incompatibile
con la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dell’aleatorietà dell’iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni e dalla
conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in
forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 11 luglio 2019 n. 1275
Sulla natura dei gravi illeciti professionali (e sull’irrilevanza dell’omessa dichiarazione della
sottoscrizione di una transazione)
In sede di partecipazione ad una gara di appalto, il concorrente deve auto-dichiarare non solo l’assenza
o la sussistenza di gravi illeciti professionali, ma anche qualunque notizia che sia astrattamente idonea
a porre in dubbio l’integrità o affidabilità del concorrente, salva valutazione della stazione appaltante;
il relativo obbligo dichiarativo si viene comunque a specificare – mediante il rinvio che l’art. 85 fa alla disposizione dell’art. 80 del D.L.vo n. 50 del 2016 – nel senso che l’operatore economico ha l’obbligo
di autocertificare nel DGUE tutti i fatti tipicamente sintomatici della mancanza di integrità od
affidabilità (tra cui in particolare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto solo quando “hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero hanno dato
luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”); con il corollario che non ha
invece l’obbligo di dichiarare altre “notizie” e ciò perché queste non sono “astrattamente” – cioè
secondo il modello legale astratto delineato appunto dall’art. 80, comma 5, lett. c) – idonee allo scopo.
L’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 non richiede alle partecipanti di segnalare di avere in passato
concluso un contratto di transazione.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II BIS – sentenza 11 luglio 2019 n. 9168
Sulla discrezionalità del giudizio di congruità.
Nelle gare pubbliche, l’esame delle giustificazioni ed il giudizio di anomalia o di incongruità
dell’offerta costituiscono espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza
dell’Amministrazione ed esulano dalla competenza del Giudice amministrativo, che può sindacare le
valutazioni della P.A. soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione abnormi o inficiati da errori di fatto; in tal caso il giudice di legittimità esercita il proprio
sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione
e di procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che
costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera della pubblica amministrazione.
Sulla motivazione del giudizio di anomalia, in caso di esito positivo.
Nel caso in cui la stazione appaltante abbia ritenuto congrua l’offerta sulla base delle spiegazioni
fornite dall’impresa concorrente in sede di verifica dell’anomalia, la sua valutazione deve ritenersi
sufficientemente motivata con richiamo per relationem ai chiarimenti ricevuti, giacché la verifica delle
offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta
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economica, mirando invece ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia
o non serio affidamento circa la corretta esecuzione.
Sulla portata della clausola sociale
Nei pubblici appalti la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi
nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando
altrimenti la clausola in questione lesiva della concorrenza, dal momento che verrebbe a scoraggiare la partecipazione alla gara ed a limitare la platea dei partecipanti, nonché a ledere la libertà d’impresa,
riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di
produzione. Detta clausola, dunque, riveste portata cogente solo nel senso che l’offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell’appalto, senza che tale clausola comporti anche
l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e
generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio.
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 12 luglio 2019 n. 1006
Sull’omessa dichiarazione di un provvedimento dichiarativo di inadempimento per non aver
eseguito le opere finanziate con un contributo pubblico entro il termine prescritto.
Va esclusa da una gara di appalto un RTI nel caso in cui la sua capogruppo e mandataria abbia dichiarato di essere in possesso del requisito di ammissione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del
d.lgs. n. 50/2016, pur essendo stata destinataria di un provvedimento dichiarativo dell’inadempimento
di un contratto sottoscritto con la Regione per la concessione di contributi pubblici; inadempimento consistito nella mancata realizzazione dell’intervento nel termine prescritto. Il non aver realizzato
l’intervento finanziato entro i termini previsti è riconducibile al concetto di “grave illecito
disciplinare”, come specificato dalle Linee guida n. 6 dell’ANAC.
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TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 12 luglio 2019 n. 613
Sulla rilevanza solo in capo all’operatore economico (e non in capo ai titolari di cariche sociali) dei
motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 del d.lgs n. 50/2016
A differenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 3, del d.Lgs. n. 50/2016 – che fa espresso riferimento all’esclusione di cui ai precedenti commi 1 e 2 – il giudizio circa l’integrità ed
affidabilità professionale di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.Lgs. n. 50/2016 non concerne i
soggetti titolari di specifiche cariche sociali di cui al comma 3, ma “l’operatore economico”, sicché è
necessario che la condanna ritenuta rilevante ai fini dell’esclusione riguardi condotte poste in essere nell’interesse dell’impresa concorrente o a suo vantaggio, e pertanto a questa direttamente
riconducibili ex art. 5 del d.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 16 luglio 2019 n. 683
Sugli oneri di sicurezza interna e sui costi della manodopera negli appalti sotto-soglia
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Anche agli appalti sotto-soglia è applicabile il principio, previsto dall’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50
del 2016, secondo cui gli oneri di sicurezza e il costo della manodopera devono essere espressamente
indicati in sede di offerta, con la conseguenza che la mancata ottemperanza a tale obbligo legale
comporta necessariamente l’esclusione dalla gara perché la loro omessa evidenziazione non è
un’omissione formale, ma integra pienamente la violazione sostanziale della prescrizione di legge.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 18 luglio 2019 n. 5068
Sull’idoneità di un contratto di collaborazione/cooperazione per comprovare un requisito
Nel caso in cui la lex specialis della gara prescriva il possesso di una sede operativa ubicata entro un
raggio di 5 km dal centro del Comune principale del lotto di riferimento, le ditte partecipanti alla gara
che non siano dotate di sede operativa nel Comune possono comprovare tale requisito mediante un contratto di collaborazione instaurato con altra ditta in possesso del suddetto requisito, all’uopo
invocando il disposto dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis del d.l.vo n. 50/2016, ai sensi del quale “le
seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività
affidate in subappalto: (….) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione
della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla
stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. II – sentenza 19 luglio 2019 n. 1829
Sull’inidoneità dei chiarimenti a modificare la lex specialis
1. I chiarimenti resi dalla stazione appaltante in corso di gara non possono modificare o integrare le
fonti della procedura rappresentate da bando, disciplinare e capitolato, le quali vanno interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono. Le regole della lex specialis vincolano infatti
l’operato dell’amministrazione, che deve farne applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in
forza del principio di tutela della parità di trattamento dei concorrenti, che sarebbe pregiudicata ove si
consentisse la modifica delle regole di gara nel corso della procedura.
2. Non può essere disposta l’esclusione di una offerta per la fornitura di un prodotto che è conforme a
quanto previsto dal capitolato, a nulla rilevando le ulteriori caratteristiche che il prodotto stesso
avrebbe dovuto possedere in base ai chiarimenti dettati dalla Stazione appaltante in corso di gara.
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CORTE DEI CONTI SEZ. GIUR. REG. LOMBARDIA - sentenza 19 luglio 2019 n. 196
Sul danno erariale in caso di prezzo sproporzionato
Configura danno erariale patito dalla società in house Expo 2015 spa il prezzo palesemente eccessivo
e sproporzionato pagato, nell’ambito di una fornitura complementare senza evidenza pubblica, alla
società appaltatrice per la fornitura di essenze arboree.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 19 luglio 2019 n. 1680
Sulla doverosità dei costi della manodopera e sulla funzione di eterointegrazione della norma
I costi della manodopera costituiscono elemento essenziale dell’offerta, in quanto la loro indicazione
consente di verificare la salvaguardia dei livelli retributivi minimi dei lavoratori; la mancata
quantificazione del costo della manodopera rende incompleta l’offerta, senza che sia possibile attivare
il soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione, Trattandosi di norma imperativa, l’articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016 va a
eterointegrare la lex specialis, rendendo vigente e cogente l’obbligo anche ove non espressamente
previsto.
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TAR LIGURIA, SEZ. I – sentenza 19 luglio 2019 n. 655
Sulla mera irregolarità di un’offerta firmata su un solo foglio
Nelle gare pubbliche di appalto, la mera incompleta sottoscrizione non preclude la riconoscibilità della
provenienza dell’offerta, né comporta un’incertezza assoluta sulla stessa, trattandosi di un vizio sanabile mediante il soccorso istruttorio e non idoneo a cagionare l’immediata ed automatica
estromissione dalla procedura selettiva (in applicazione del principio nella specie è stato ritenuto che
non poteva essere esclusa una offerta economica che era stata presentata attraverso due fogli spillati,
sottoscritti esclusivamente nella seconda pagina).
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 24 luglio 2019 n. 9938
Sui servizi di punta
1. La previsione nella lex specialis di “servizi di punta” serve a garantire l’esistenza di una capacità imprenditoriale nella gestione dei contratti, proprio alla luce della particolare complessità o specificità
del relativo oggetto, tale da non poter essere eseguito idoneamente da chi risulti privo di una certa
esperienza “sul campo”. L’individuazione dei servizi di punta, mirando a una simile finalità, rientra nella discrezionalità tecnica della stazione appaltante, e, pertanto, è censurabile solo qualora
l’individuazione dei contratti di punta, avuto riguardo alla natura e al valore dell’appalto, non risponda
a criteri di logicità e ragionevolezza della scelta.
Sulla non frazionabilità dell’iscrizione all’Albo gestori ambientali
2. Nel caso in cui la lex specialis preveda tra i requisiti di ammissione il possesso del requisito
dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali per i c.d. “servizi di punta”, tale requisito deve ritenersi
non frazionabile per le riunioni temporanee d’imprese.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 24 luglio 2019 n. 1728
Sui gravi illeciti professionali
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1. Anche in relazione alle ipotesi in cui i fatti considerati dalla P.A., ai fini della esclusione di una ditta
da una gara di appalto, per gravi illeciti professionali ex art. 80, comma 5, lett. c), d. l.vo 2016, n. 50,
siano oggetto di un procedimento penale, deve riconoscersi alla stazione appaltante la facoltà di
escludere un concorrente per ritenuti “gravi illeciti professionali”, a prescindere dalla definitività degli accertamenti compiuti in sede penale, ma resta ferma la necessità che il potere esercitato
dall’amministrazione sottenda un’adeguata istruttoria, un compiuto contraddittorio e una congrua
motivazione.
Sull’obbligo di motivazione in capo alla PA per l’esclusione in caso di grave illecito professionale
2. E’ illegittima, per difetto di motivazione, la esclusione di una ditta da una gara di appalto, per gravi illeciti professionali, ex art. 80, comma 5, lett. c), d. l.vo 2016, n. 50, che sia motivata con riferimento
alla pendenza di un procedimento penale nei confronti del legale rappresentante della ditta stessa, e, in
particolare, con esclusivo riferimento alle risultanze della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal
P.M.; infatti, l’estromissione di una ditta da una procedura concorrenziale, per gravi errori professionali, postula la spendita, da parte della P.A., di un potere discrezionale, mediante adeguata
attività istruttoria, apprezzamento di fatti concreti, comportamenti specifici, compiuto contraddittorio e
risultanze istruttorie, in via autonoma rispetto a quanto emerso in sede penale.
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TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 25 luglio 2019 n. 259
Sull’irrilevanza dei reati dichiarati estinti
In sede di gara di appalto non può disporsi l’esclusione di una ditta che ha omesso di dichiarare alcune condanne per reati dichiarati estinti, atteso che la legge stessa li qualifica come non idonei a
giustificare l’esclusione del concorrente dalla gara (v. art. 80 comma 3 del d.lgs. n. 50/2016).
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. I – sentenza 26 luglio 2019 n. 1070
Sulla necessità di una procedura selettiva per la concessione in locazione di un terreno
E’ illegittimo il provvedimento con il quale un Comune ha affidato ad un privato, mediante stipula di
un contratto di locazione, un terreno di proprietà comunale, nel caso in cui detto affidamento sia stato
disposto senza il preventivo esperimento di una procedura comparativa e/o di evidenza pubblica; infatti, le amministrazioni pubbliche sono tenute ad applicare le regole del procedimento di evidenza
pubblica ogni volta che l’attività amministrativa comporti il trasferimento di risorse pubbliche e,
dunque, anche nel caso di contratti attivi (da cui, cioè, derivi un’entrata per l’Amministrazione), come
è nel caso del contratto di affitto, benché non soggetti alla disciplina puntuale del codice dei contratti
pubblici.
_________________________
TAR SICILIA – PALERMO, SEZ. III – sentenza 29 luglio 2019 n. 1957
Sulla valenza dell’annotazione nel Casellario ANAC
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L’annotazione dell’Autorità nel casellario, ancorché non comportante l’automatica esclusione dalle
gare pubbliche, comporta una serie di obblighi dichiarativi, che si concretizzano in un apprezzabile
aggravio procedimentale.
Sulla rilevanza della dichiarazione non veritiera
La dichiarazione non veritiera è sanzionata in linea generale dalla lettera f-bis) dell’art. 80, co. 5 –
inserita nell’art. 80, co. 5, dall’art. 49, co. 1, lett. e), n. 1, del d.lgs. n. 56/2017 – in quanto circostanza che rileva nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni su
fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati. La sanzione della reticenza è, infatti,
funzionale all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici e i rapporti con
la stazione appaltante, come indirettamente inferibile anche dall’art. 30, co. 1, del d.lgs. n. 50/2016 (3).
Non è configurabile, in capo all’impresa, alcuna scelta sui fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo
dell’omnicomprensività della dichiarazione, per la quale viene in rilievo, fin da subito, evidente
l’importanza dell’accesso alle annotazioni inserite nel casellario.
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TAR TOSCANA, SEZ. III – sentenza 29 luglio 2019 n. 1162
Sulla suddivisione in (macro)lotti degli appalti
1. Nell’assetto disegnato dall’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016, non può ritenersi preclusa alle stazioni appaltanti – con il corredo di idonea motivazione – la possibilità “intermedia” di suddividere
l’appalto in lotti di importo elevato, sebbene questo finisca per rendere difficoltosa, se non
impossibile, la partecipazione delle PMI. Invero, l’indizione di una gara suddivisa in lotti dal valore
non adeguato ad assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione di microimprese, piccole e medie imprese, non esclude di per sé la legittimità dell’operato della stazione appaltante, tenuto conto che il
modello legale ammette la deroga a una suddivisione in lotti rigidamente rispettosa dell’interesse
partecipativo delle PMI, pur subordinata alla congrua illustrazione delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta e alla verifica della logicità e plausibilità delle ragioni
stesse, in rapporto all’interesse pubblico perseguito in concreto.
2. Nell’ambito sanitario il tema della suddivisione degli appalti in lotti risente del rapporto dialettico
con l’obbligo legale di fare ricorso ad acquisiti centralizzati. La convivenza di interessi potenzialmente confliggenti – revisione della spesa e tutela della concorrenza, sullo sfondo del diritto alla salute –
esige di essere regolata, caso per caso, attraverso la consueta opera di bilanciamento discrezionale
affidata alle amministrazioni coinvolte nella scelta e filtrata all’esterno attraverso la motivazione degli
atti di indizione della procedura di gara.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 29 luglio 2019 n. 5307
Sul risarcimento in caso di illegittimo affidamento diretto
1. Ai fini del risarcimento del danno derivante dall’illegittimo ricorso alla trattativa privata, proprio perché non c’è stata gara non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull’esito di una
procedura comparativa mai svolta; in tal caso, non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante
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offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l’impresa che chiede il
risarcimento, e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa.
2. Quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara (di tal che non sia
possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria), la sola
situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole; in tali situazioni, si è talora ritenuto di utilizzare il criterio per cui il quantum del risarcimento per
equivalente va determinato ipotizzando, in via di medie e di presunzioni, quale sarebbe stato il numero
di partecipanti alla gara se gara vi fosse stata (sulla base dei dati relativi a gare simili indette dal medesimo ente) e dividendo l’utile d’impresa (quantificato in via forfettaria) per il numero di
partecipanti: il quoziente ottenuto costituendo, in tale prospettiva, la misura del danno risarcibile.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III ter – sentenza 31 luglio 2019 n. 10186
Sul conflitto di interesse potenziale
1. L’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, per le situazioni di conflitto di interesse nelle gare
pubbliche, richiama l’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 (recante il codice di comportamento dei
dipendenti pubblici) il quale impone al dipendente pubblico l’obbligo di astensione, oltre che nei casi ivi espressamente elencati, anche “in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza”, da
individuarsi anche alla luce dell’art. 51 c.p.c., così conferendo rilevanza anche alle situazioni di
conflitto di interesse c.d. atipiche, come tali identificabili in quanto destinate ad evolvere in un conflitto tipizzato (de futuro ovvero de praeterito), situazioni che, una volta valutate ex ante dal
dipendente, dovranno poi essere valutate ex post dall’Amministrazione di appartenenza “in base a
circostanze concrete e documentabili”.
2. In materia di conflitti di interesse, la norma “speciale” di cui all’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50
del 2016, sul versante soggettivo, va interpretata in senso ampio, nel senso cioè di riferirla, oltre che al “personale della stazione appaltante”, anche a qualsiasi soggetto che, in forza di un valido titolo
contrattuale o legislativo, ovvero per la sua posizione di rilievo, abbia la capacità di impegnare la
stazione appaltante nei confronti di terzi, a patto però che, sul versante oggettivo, la situazione di
conflitto di interesse venga verificata in concreto sulla base di prove specifiche.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II bis – sentenza 1 agosto 2019 n. 10229
Sulla discrezionalità nella scelta della formula matematica di valutazione dell’offerta
Nelle gare pubbliche, la formula da utilizzare per la valutazione dell’offerta economica può essere scelta dall’Amministrazione con ampia discrezionalità e, di conseguenza, la Stazione appaltante
dispone di ampi margini nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per
l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche nella individuazione delle formule matematiche, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale nei confronti di tali scelte,
tipica espressione di discrezionalità tecnico amministrativa, può essere consentito unicamente in casi
di abnormità, sviamento e manifesta illogicità.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 2 agosto 2019 n. 5498
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Sulla struttura bisafica della gara e sulla natura degli atti adottati in fase di esecuzione anticipata
1. Nella tradizionale prospettiva bifasica che caratterizza la formazione dei contratti ad evidenza
pubblica, le “procedure di affidamento” strutturano (nella fase propriamente pubblicistica) peculiari
procedimenti amministrativi, che esitano nella determinazione conclusiva, con cui viene disposta
l’aggiudicazione a favore dell’offerta selezionata, cui segue – con la “stipula del contratto” e la formale assunzione degli impegni negoziali – la fase esecutiva, che prefigura situazioni
essenzialmente paritetiche, rimesse alla cognizione del giudice ordinario.
2. Nel caso in cui tra l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto di appalto intervenga la c.d.
esecuzione anticipata, per solito giustificata da ragioni di urgenza, l’instaurazione di un rapporto contrattuale (che trae, comunque, titolo nell’esito della fase selettiva) prefigura, sia pure in termini di
anticipazione rispetto alle ordinarie scansioni temporali e agli ordinari adempimenti formali, una fase
propriamente esecutiva, che deve considerarsi rimessa alla giurisdizione del giudice ordinario, in
quanto le relative vicende si strutturano in termini di adempimento delle obbligazioni contrattuali e di
responsabilità conseguente al loro inadempimento.
3. Devono distinguersi – in relazione alle vicende che trovino collocazione tra l’aggiudicazione
(definitiva ed efficace) e la stipula del contratto – tre diverse eventualità: a) ove l’Amministrazione
adotti misure intese alla rimozione, in prospettiva di autotutela, degli atti di gara, la relativa giurisdizione spetterà, naturalmente, al giudice amministrativo (vantando il privato mere situazioni
soggettive di interesse legittimo); b) ove l’Amministrazione “receda” dal rapporto negoziale
anticipatamente costituito, in presenza di fatti di inadempimento ad attitudine risolutiva od anche in forza della facoltà di unilaterale sottrazione al vincolo, ex artt. 109 d.lgs. n. 50/2016 e 21 sexies l. n.
241/1990, la giurisdizione spetterà al giudice del rapporto, cioè al giudice ordinario (essendo, come
vale ripetere, indifferente il dato formale della avvenuta stipula del contratto); c) ove, infine,
l’Amministrazione si determini – non già per l’inadempimento alle “prestazioni” oggetto di impegno negoziale (artt. 1173 e 1218 c.c.), ma per l’inottemperanza ad obblighi di allegazione documentale
preordinati, in forza della lex specialis di procedura o di vincolante precetto normativo, alla verifica di
correttezza della aggiudicazione – la giurisdizione (trattandosi propriamente di misura decadenziale, che incide, con attitudine rimotiva, sulla efficacia dell’aggiudicazione, legittimando il “rifiuto di
stipulare” il contratto) spetterà ancora al giudice amministrativo.
La distinzione emerge, con particolare evidenza, dall’art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, dove si
contrappongono (ai fini della individuazione, in via residuale, del microsistema normativo operante):
a) le “procedure di affidamento” che, in quanto ricomprese, come specie nel genere, nelle “attività amministrative”, sono assoggettate alle disposizioni, di ordine generale e paradigmatico, di cui alla l.
n. 241/1990; b) la “fase di esecuzione” che, in quanto attivata dalla “stipula del contratto”, evoca le
regole del “codice civile”, in quanto non segnatamente derogate da disposizioni di specie.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 2 agosto 2019 n. 5503
Sulle (tre) tipologie di accesso ai documenti amministrativi (e agli atti di gara)
1. L’accesso ai documenti in possesso delle PP.AA. è attualmente regolato da tre diversi sistemi,
ciascuno caratterizzato da propri presupposti, limiti ed eccezioni: a) l’accesso documentale degli artt. 22 e seg. della legge 7 agosto 1990, n. 241; b) l’accesso civico ai documenti oggetto di pubblicazione,
già regolato dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33; c) l’accesso civico generalizzato, introdotto dalle
modifiche apportate a quest’ultimo impianto normativo dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97.
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2. Nei rapporti reciproci tra i tre tipi di accesso, ciascuno opera nel proprio ambito, sicché non vi è
assorbimento dell’una fattispecie in un’altra; e nemmeno opera il principio dell’abrogazione tacita o
implicita ad opera della disposizione successiva nel tempo (art. 15 disp. prel. al cod. civ.) tale che l’un
modello di accesso sostituisca l’altro, o gli altri, in attuazione di un preteso indirizzo onnicomprensivo che tende ad ampliare ovunque i casi di piena trasparenza dei rapporti tra pubbliche amministrazioni,
società e individui.
3. Nel caso in cui l’opzione dell’istante sia espressa per un determinato modello di accesso, resta
precluso alla P.A. – fermi i presupposti di accoglibilità dell’istanza – di diversamente qualificare l’istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile; in correlazione, l’opzione preclude al
privato istante la conversione in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale. Un tale rigore resta
peraltro di fatto temperato dall’ammissibilità della presentazione cumulativa di un’unica istanza, ai sensi di diverse discipline, con evidente aggravio per l’amministrazione (del quale l’interprete non può
che limitarsi a dare atto), dal momento che dovrà applicare e valutare regole e limiti differenti. Nulla
infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso.
4. Nell’ordinamento vigente sussiste l’esclusione assoluta della disciplina dell’accesso civico
generalizzato in riferimento agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. Tale esclusione consegue non ad incompatibilità morfologica o funzionale, ma al rapporto
positivo tra norme, che non è compito dell’interprete variamente atteggiare, richiedendosi allo scopo,
per l’incidenza in uno specifico ambito di normazione speciale, un intervento esplicito del legislatore.
5. Nel caso di istanza avanzata ai sensi degli artt. 53, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 e 22 e seg. della legge n. 241 del 1990, non sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale, con riferimento agli atti
della fase esecutiva del rapporto contrattuale, in capo al soggetto che vi è estraneo e che, in mancanza
di un provvedimento di risoluzione adottato dalla P.A., non possa vantare nemmeno un ipotetico
interesse al subentro.
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TAR SARDEGNA, SEZ. II – sentenza 5 agosto 2019 n. 698
Sul contratto di avvalimento e sull’irrilevanza di un corrispettivo espresso
Non può automaticamente parlarsi di invalidità del contratto di avvalimento ogni qualvolta in sede contrattuale non sia stato espressamente stabilito un corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria: il
negozio manterrà infatti intatta la sua efficacia ove dal testo contrattuale sia comunque possibile
individuare l’interesse – di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale – che ha indotto
l’ausiliaria medesima ad assumere, senza corrispettivo, gli obblighi derivanti dal contratto di
avvalimento e le connesse responsabilità.
Sull’utilizzabilità dell’avvalimento per conseguire il punteggio
Una volta ammessa la possibilità di ricorrere al contratto di avvalimento operativo per procurarsi un
requisito di partecipazione alla gara, la disponibilità dei mezzi d’opera prevista a fini di partecipazione
alla gara non può essere circoscritta alla sola fase di ammissione alla gara, dal momento che i medesimi mezzi d’opera non possono non contribuire a qualificare l’offerta tecnica del concorrente
che se ne avvale e, quindi, a far conseguire al medesimo il punteggio che da essi deriva secondo le
pertinenti voci di valutazione previste dalla legge di gara e dalla Commissione (3).
Sull’avvalimento della qualità
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E’ pacifico che negli appalti pubblici l’avvalimento possa riguardare anche la certificazione di qualità.
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AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE – DELIBERA 5 giugno 2019 (G.U. n. 182 del 5
agosto 2019) – Linee guida n. 15 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle
procedure di affidamento di contratti pubblici».
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TAR CAMPANIA – NAPOLI SEZ. VIII – sentenza 5 agosto 2019 n. 4258
Sulla rilevanza del pagamento tempestivo del contributo ANAC
1. L’obbligo di versamento del contributo ANAC è considerato “condizione di ammissibilità
dell’offerta” dall’art. 1, comma 67, della L. n. 266/2005 (art. 3, comma 2, delle delibere ANAC n.
1377 del 21 dicembre 2016, n. 1300 del 20 dicembre 2017 e n. 1174 del 19 dicembre 2018).
2. L’omesso pagamento del contributo ANAC non può essere sanato dopo la scadenza del termine
perentorio di presentazione delle offerte, poiché il mancato pagamento del contributo, previsto per tutti
gli appalti pubblici, costituisce una condizione di ammissibilità dell’offerta e la sanzione
dell’esclusione dalla gara deriva direttamente ed obbligatoriamente dalla legge.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VIII – sentenza 5 agosto 2019 n. 4259
Sull’oggetto sociale e sulla corrispondenza contenutistica con la prestazione in appalto
1. Per ciò che concerne la congruenza tra oggetto sociale dell’impresa partecipante alla procedura di gara come risultante dai documenti camerali (iscrizione nel registro della Camera di commercio,
industria, artigianato, agricoltura) e oggetto del contratto da aggiudicare, va ritenuto che: a)
l’iscrizione camerale (richiesta prima dall’art. 39, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 e ora dall’art. 83,
commi 1, lettera a), e 3 del D.Lgs. n. 50/2016) ha lo scopo di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento; b) si
rende necessaria una congruenza contenutistica, tendenzialmente completa tra le risultanze descrittive
della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di commercio e l’oggetto
dell’appalto, come si può dedurre dal complesso delle prestazioni previste.
2. Nel caso in cui per un appalto sia richiesto un certificato camerale, la corrispondenza contenutistica
non va intesa come perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di
riferimento, ma la stessa va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della
richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto; per applicare tale principio
giurisprudenziale al caso concreto, il giudice, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, deve individuare
la natura e la qualità delle prestazioni descritte dal capitolato prestazionale, sia pure senza attuarne eccessivi frazionamenti, avendo riguardo tuttavia sia alle finalità perseguite dalla stazione appaltante
nell’affidamento del contratto, sia alle modalità con le quali è prescritto all’affidatario di prestare il
servizio richiesto.
3. E’ legittimo il provvedimento di esclusione da una gara per l’appalto del servizio di refezione scolastica di una ditta che nel caso in cui lo statuto e il documento camerale, prodotti dalla medesima,
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non contemplino nel proprio oggetto sociale, neppure indirettamente, il servizio di refezione scolastica
o mensa o ristorazione, e cioè la prestazione principale richiesta dalla stazione appaltante.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 6 agosto 2019 n. 5574
Sulla scelta del contratto collettivo da applicare
Nell’ambito delle gare per appalti pubblici, la scelta del contratto collettivo da applicare al personale
dipendente rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle
parti, con il limite però che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 6 agosto 2019 n. 5597
Sulla revoca di una gara
1. Negli appalti pubblici, motivazioni di carattere finanziario ed in particolare sopravvenute difficoltà
economiche possono indubbiamente costituire valide ragioni di revoca degli atti di una gara e ciò vieppiù a dirsi rispetto a manifestazioni di ius poenitendi che non impattano su una situazione di
affidamento qualificato, quale quello espresso dall’aggiudicazione definitiva.
2. Non può impedire il legittimo esercizio del potere di revoca dell’aggiudicazione, che involge
esclusivamente l’apprezzamento dei profili di permanenza delle condizioni di fatto e di diritto che reggevano l’atto pubblico e le esigenze di interesse pubblico che lo stesso era chiamato a soddisfare,
l’antidoverosità del contegno serbato dalla stazione appaltante nel corso della vicenda amministrativa,
rilevante semmai a fini risarcitori sotto il diverso paradigma della responsabilità cd. precontrattuale. E’ infatti evidente che sia ben possibile far derivare conseguenze risarcitorie in danno
dell’amministrazione dalla (legittima) adozione di un provvedimento di revoca, così come è possibile
che la revoca di un atto amministrativo possa risultare legittima e giustificata anche se sia stata la
stessa amministrazione a dare luogo ai presupposti legali della revoca.
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AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE – DELIBERA 10 luglio 2019 n. 636 (G.U. n.
183 del 6 agosto 2019) – Aggiornamento punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6, lettera j), delle Linee guida n. 4.
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TAR UMBRIA, SEZ. I – sentenza 7 agosto 2019 n. 475
Sui presupposti per la legittimazione passiva della CUC
1. Anche se è vero che alla centrale di committenza (la quale dall’art. 3 del d.lgs. 50 del 2016, è definita come “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che forniscono attività di
centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie”), in quanto tale
spetta la legittimazione passiva, dal momento che quest’ultima procede per proprio conto alla stipula delle convenzioni quadro, ciò non può valere nei casi in cui la centrale di committenza, istituita ai
sensi dell’art. 33 c. 3 bis d.lgs. 163/2006, si sia limitata ad attività ausiliarie prodromiche all’adozione
di atti con rilevanza esterna effettuata dal Comune, al quale unicamente spetta la qualifica di stazione
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appaltante ed amministrazione resistente ai sensi dell’art. 27 c.p.a. ovvero quale amministrazione che
ha emanato l’atto della cui impugnativa si tratta.
2. Nel caso in cui sia stata disposta una verifica dell’anomalia delle offerte facoltativa di congruità di
cui al di cui all’art. 97 c. 6 del d.lgs. 50/2016, senza dunque alcuna soglia presunta di anomalia, si
tratta di verifica del tutto opzionale a meno che non sussistano “elementi specifici” che facciano dubitare dell’affidabilità dell’offerta e connotata da ampia discrezionalità tecnica così come d’altronde
la stessa verifica di anomalia.
3. Nelle gare pubbliche il giudizio reso nel subprocedimento di verifica dell’anomalia è espressione di
discrezionalità tecnica, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di macroscopica illogicità o di errore di fatto che rendano palese l’inattendibilità dell’offerta; detto giudizio postula un
apprezzamento globale e sintetico sull’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e compensazioni tra
sottostime e sovrastime.
4. Nelle procedure di evidenza pubblica, la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca
di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica (la c.d. “caccia all’errore”), ma mira, invece, ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in
grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta.
5. Nel caso di contestazione della verifica di anomalia delle offerte, incombe su chi contesta
l’aggiudicazione l’onere di individuare e segnalare gli specifici elementi da cui il g.a. possa evincere
una manifesta irragionevolezza o erroneità o travisamento nel giudizio finale dell’Amministrazione.
6. La valutazione con cui l’Amministrazione faccia proprie le ragioni addotte dall’impresa a
giustificazione della propria offerta anomala, considerando attendibili le spiegazioni fornite, non deve
necessariamente essere corredata da un’articolata motivazione ripetitiva delle medesime
giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti e, pertanto, il giudizio favorevole di non anomalia, non richiedendo una motivazione puntuale ed analitica, può essere
espresso semplicemente “per relationem” nelle stesse giustificazioni presentate dal concorrente.
7. In tema di anomalia delle offerte nelle gare per l’affidamento di appalti di servizi, l’art. 97 d.lgs.
2016 n. 50, non contiene un elenco tassativo delle giustificazioni che possono essere presentate, ma si limita a fornire esempi di giustificazioni che il concorrente può presentare a dimostrazione della
serietà della sua offerta, sicché la disposizione non autorizza l’esclusione di taluni tipi di
giustificazioni, in quanto ciò sarebbe in contrasto con il principio di libera concorrenza.
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TAR MARCHE, SEZ. I – sentenza 8 agosto 2019 n. 534
Sulla doverosità dell'esclusione per omessa dichiarazione
1. E’ legittima l’esclusione da una gara di appalto di una impresa che, nella domanda di partecipazione
alla gara, ha dichiarato di non trovarsi in nessuna delle cause di esclusione di cui all’art. 80, commi 1, 2, 3, 4 e 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, mentre è risultato che ha subito una condanna, per la quale non è
ancora intervenuta la riabilitazione, rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettere a) e c), del d.lgs. n.
50 del 2016; invero, il fatto stesso di aver omesso l’indicazione delle condanne subite (di cui una obiettivamente idonea ad incidere sulla moralità professionale dell’impresa) e di aver reso una
dichiarazione non veritiera in seno alla domanda di partecipazione costituisce un’autonoma causa di
esclusione ex lege, senza necessità di ulteriori valutazioni e accertamenti da parte della stazione
appaltante.
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Sull'inapplicabilità del soccorso istruttorio per dichiarazioni non rese
2. L’omissione di una dichiarazione prescritta dalla lex specialis (nella specie si trattava della
dichiarazione circa la moralità professionale) non può essere sanata attraverso il soccorso istruttorio,
che non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali)
radicalmente mancanti – pena la violazione della par condicio fra concorrenti – ma soltanto per
chiarire o completare dichiarazioni o documenti già acquisiti agli atti di gara.
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TAR VALLE D’AOSTA, SEZ. UNICA – sentenza 9 agosto 2019 n. 44
Sul principio del favor partecipationis
1. In presenza di clausole del bando ambigue, la necessità di garantire la massima partecipazione alle
gare impone una interpretazione estensiva delle predette clausole, da applicare a fortiori nel caso in cui
le stesse si presentino di dubbia compatibilità con i principi costituzionali e del diritto dell’Unione
europea.
Sul ribasso del costo della manodopera
2. L’esclusione di una impresa dalla gara perché ha offerto un ribasso sul costo della manodopera fissato dalla P.A. appaltante con la lex specialis non è da ritenere legittima, in considerazione della
impossibilità di considerare ex se anomala un’offerta che indichi un costo della manodopera inferiore a
quello indicato dalla Stazione appaltante (con dati ricavati dalle tabelle ministeriali), dovendo necessariamente lo stesso essere valutato nell’ambito della verifica di congruità, tenuto conto che di
regola siffatte tabelle – redatte dal Ministero competente – esprimono un costo del lavoro medio,
ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori
economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di
lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia.
Sulle tabelle ministeriali dei costi medi della manodopera
3. I costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali svolgono una funzione indicativa,
suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali, laddove si riesca, in relazione alle peculiarità dell’organizzazione produttiva, a giustificare la sostenibilità di costi
inferiori, fungendo gli stessi da esclusivo parametro di riferimento da cui è possibile discostarsi, in
sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa; ciò che
invece non può essere derogato in peius sono i minimi salariali della contrattazione collettiva
nazionale, sui quali non sono ammesse giustificazioni.
Sulla clausola sociale
4. La cd. clausola sociale inserita nei bandi di gara deve essere interpretata conformemente ai principi
nazionali e dell’Unione europea in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza,
risultando altrimenti lesiva dei richiamati principi nel senso di scoraggiare la partecipazione alla gara e di limitare eccessivamente la platea dei partecipanti. Pertanto, siffatta clausola deve essere interpretata
in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un
effetto automaticamente e rigidamente escludente; ne consegue che l’obbligo di riassorbimento dei
lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello
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stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta
dall’imprenditore subentrante.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VI – sentenza 12 agosto 2019 n. 4348
Sulla necessità del documento di identità allegato all’offerta tecnica
Va disposta l’esclusione da una gara di appalto di una ditta che, in contrasto con quanto espressamente
prescritto dal bando, a pena di esclusione, ha omesso di allegare alla documentazione da inserire nella
busta B, Offerta tecnica, sottoscritta dal concorrente, una copia di un documento di identità del
sottoscrittore, in corso di validità.
L’assenza della copia fotostatica del documento di identità non determina una mera incompletezza del
documento, idonea a far scattare il potere di soccorso della stazione appaltante tramite la richiesta di
integrazioni o chiarimenti sul suo contenuto, bensì la sua giuridica inesistenza, con la conseguenza
che, in ossequio al principio della par condicio e della parità di trattamento tra le imprese partecipanti,
l’impresa deve essere esclusa per mancanza della prescritta dichiarazione.
Tale omissione, per espressa disposizione di legge (art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016), non
poteva essere sanata con il soccorso istruttorio, né con “l’utilizzo” del documento depositato nella
busta contenente la documentazione amministrativa.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VIII – sentenza 12 agosto 2019 n. 4321
Sull’assetto delle competenze in caso di revoca di una gara
E’ legittima una delibera di revoca dell’aggiudicazione di una gara adottata dalla Giunta municipale e
non già dal Consiglio comunale; infatti la direttiva volta alla revoca della procedura di gara si caratterizza, sia per il contenuto di indirizzo politico-amministrativo, sia per l’elevato tasso di
discrezionalità amministrativa, ulteriore fattore che giustifica la distribuzione delle competenze tra
l’organo politico e l’organo amministrativo secondo i criteri sopra delineati, ossia riservando la decisione politica-amministrativa alla Giunta (nella forma della direttiva nei confronti del dirigente) e
il provvedimento finale, produttivo degli effetti giuridici esterni nei confronti degli interessati, al
dirigente (o responsabile del servizio).
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TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. II – sentenza 12 agosto 2019 n. 1424
Sui limiti alla sostituibilità di un componente di un RTI
1. Nelle gare di appalto, deve ritenersi ammessa la sostituzione dell’operatore economico in tutte
quelle fattispecie nelle quali il mutamento delle imprese non è idoneo ad alterare la par condicio competitorum, in quanto non si pone come elusivo della previa verifica dei requisiti da parte della
stazione appaltante. Tali sono, come precisato dall’Adunanza Plenaria (n. 8/12), le modifiche che
vanno nel senso di una diminuzione dei soggetti partecipanti, che devono pertanto ritenersi sempre ammissibili; al contrario, produrrebbero un effetto elusivo, e sono perciò precluse, le variazioni
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soggettive “in aumento”, ovvero volte a introdurre nella R.T.I. soggetti che esso inizialmente non
contemplava.
2. L’art. 48, comma 17, D.Lgs. n. 50/2016 deve essere interpretato in termini sistematici e restrittivi, e
va dunque letto nel senso di consentire la possibilità di sostituire l’impresa mandataria colpita da
interdittiva solo con altre ditte già originariamente incluse nel raggruppamento.
Sull’insussistenza del silenzio assenso a seguito della proposta di aggiudicazione
3. Il decorso del termine previsto dall’art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 produce unicamente l’approvazione tacita della proposta di aggiudicazione, provvedimento comunque provvisorio e
destinato fisiologicamente a essere superato. Il silenzio qualificato contemplato dalla disposizione de
qua non determina invece la formazione dell’aggiudicazione definitiva, la quale richiede sempre e
comunque un provvedimento espresso da parte della P.A.
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TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 13 agosto 2019 n. 688
Sulla competenza ad espletare la verifica dell'anomalia
1. Ai sensi dell’art. 97, commi 2 e 2-bis, del d.lgs. n. 50/2016, deve ritenersi che la scelta in ordine alla competenza sulla verifica di anomalia dell’offerta sia in ultima analisi rimessa alla stazione appaltante
in sede di redazione della lex specialis della gara. Deve, infatti, rilevarsi come ai commi 2 e 2-bis
dell’art. 97 n. d.lgs. 50/16 sia prevista la competenza alternativa della Commissione o del RUP nella predisposizione dei criteri per la determinazione della soglia di anomalia; ne consegue che la
disciplina di fonte primaria non opera una scelta a favore di un organo o di un altro. La scelta deve,
pertanto, essere rimessa alla stazione appaltante, la sola che conoscendo le peculiarità della singola
competizione, in termini di valore economico, complessità fattuale, esigenze di rapidità ecc., può
consapevolmente decidere a quale organo fare svolgere la verifica di anomalia.
2. Deve ritenersi legittima la scelta di una lex specialis di affidare assieme al RUP ed alla
Commissione di gara la valutazione di anomalia dell’offerta. Tale previsione non appare illogica o
irrazionale ed anzi appare giustificata dalla complessità e dal valore della competizione; né può essere utilmente invocato il principio di speditezza o non aggravio del procedimento amministrativo posto
che le esigenze di valutazione ponderata, attenta e competente dell’anomalia dell’offerta devono
ritenersi prevalenti sull’esigenza di celerità che, non altrimenti specificata, si risolve in una mera
petizione di principio.
_________________________
TAR PIEMONTE, SEZ. I – sentenza 14 agosto 2019 n. 948
Sul conflitto di interessi
1. Per ciò che concerne il conflitto di interessi, il riferimento alle ipotesi previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, contenuto nell’art. 42 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, costituisce un rinvio ampliativo ed esemplificativo e non limitativo, come si
evince dall’uso della locuzione “in particolare”.
2. In materia di conflitto di interessi può farsi tuttora applicazione, in quanto non contraddetto dalla disciplina attualmente vigente, del costante orientamento giurisprudenziale per cui le situazioni di
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conflitto di interessi, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico non sono tassative, ma possono essere
rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento
sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il
soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. Per l’effetto, al di là delle singole disposizioni normative, ogni situazione che determini un contrasto, anche solo potenziale, tra il soggetto e le
funzioni attribuitegli, deve comunque ritenersi rilevante a tal fine.
3. Sussiste una situazione di conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 42 del decreto legislativo n. 50 del
2016, nel caso in cui risulti che l’Amministratore delegato della società aggiudicatrice dell’appalto sia dipendente della Stazione appaltante; infatti la norma sul conflitto di interesse è posta a tutela di un
pericolo astratto e presunto che non richiede la dimostrazione, volta per volta, del vantaggio
conseguito. Tale conflitto d’interessi ha reso illegittima la partecipazione della società aggiudicataria alla gara, integrando la causa di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lett. d) del codice dei
contratti pubblici.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. III – sentenza 19 agosto 2019 n. 4360
Sull’immodificabilità dell’offerta
1. Nelle gare pubbliche, costituisce regola cardine – anche in rapporto all’esigenza di garantire i
principi fondamentali di par condicio, nonché a garanzia della congruità e sostenibilità in sede di
esecuzione degli impegni assunti dalle parti verso l’amministrazione e quindi a tutela della stessa p.a.
– quella dell’immodificabilità dell’offerta.
2. Nelle gare di appalto, in sede di verifica delle offerte sospettate di essere anomale, la modifica,
contenuta nelle giustificazioni, dei costi della manodopera comporta un’inammissibile rettifica,
effettuata in corso di gara ed in sede di verifica dell’anomalia, di un elemento costitutivo essenziale
dell’offerta economica, che non è suscettivo di essere immutato nell’importo al pari degli oneri aziendali per la sicurezza, pena l’incisione degli interessi pubblici, posti a presidio delle esigenze di
tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti, sottesi alla specifica
individuazione di entrambe tali voci di costo, come imposta dall’art. 95, comma 10, del d.lgs. n.
50/2016.
_________________________
TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. I – sentenza 19 agosto 2019 n. 2019
Sulla responsabilità precontrattuale della PA
1. Nel campo degli appalti pubblici, qualora alla deliberazione di aggiudicazione non sia seguita la stipula della convenzione tra le parti (nella specie per revoca del finanziamento concesso), la
controversia introdotta dall’aggiudicatario per ottenere l’accertamento del preteso inadempimento
della P.A. ed il risarcimento del danno appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, avendo pur sempre ad oggetto atti o provvedimenti della procedura concorsuale obbligatoria, nonché
relativi all’individuazione del contraente a seguito dell’aggiudicazione, mentre la giurisdizione del
giudice ordinario, quale giudice dei diritti, diviene operativa solo nella successiva fase contrattuale afferente l’esecuzione del rapporto, che si apre con la stipula ovvero con l’inizio della esecuzione del
contratto, quale alternativa allo stipula dello stesso.
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2. In astratto può sussistere la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione anche nel caso in cui
quest’ultima abbia bandito una gara e proceduto all’aggiudicazione e successivamente abbia deciso di
non concludere il contratto a causa di una sopravvenuta carenza di risorse finanziarie.
3. E’ possibile configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto della P.A.
nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento. La responsabilità precontrattuale P.A. può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi
comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente
in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.
4. Affinché nasca la responsabilità dell’Amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa
l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività
economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento
incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di
lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile
all’Amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite
a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali
danni e la condotta scorretta che si imputa all’Amministrazione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 20 agosto 2019 n. 5751
Sull’obbligo di sottoscrizione dell’offerta da parte di tutti i componenti un RTI
1. In base a quanto previsto dall’art. 48, comma 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (secondo cui “E’
consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori
economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e
contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e
qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei
mandanti”), deve ritenersi che èsia necessario che gli operatori facenti parte del costituendo
raggruppamento temporaneo sottoscrivano effettivamente, oltre che la domanda di partecipazione, anche le offerte, tecnica ed economica, con la conseguente esclusione dalla gara in caso di mancato
rispetto di tali obblighi, del tutto ragionevoli, non sproporzionati e correttamente esigibili sulla scorta
della ordinaria diligenza (cui deve essere improntata la condotta di chi partecipa a gare pubbliche).
2. Ai sensi dell’art. 83, comma 9. del d.lgs. 50 del 2016 (a mente del quale “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio
di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità
essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica …“) il soccorso istruttorio non può essere
consentito per rimediare all’assenza delle sottoscrizioni laddove esse debbano essere apposte.
________________________
TAR TOSCANA, SEZ. III – sentenza 22 agosto 2019 n. 1195
Sul giudizio di anomalia e sull’ammissibilità di un utile modesto (ma non pari a zero)
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1. Il giudizio sull’anomalia dell’offerta – finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà della stessa
ovvero dell’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle
condizioni proposte – ha natura globale e sintetica e deve risultare da un’analisi di carattere tecnico
delle singole componenti di cui l’offerta si compone, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse
componenti si traduca in un’offerta “complessivamente” inaffidabile.
2. In sede di gara di appalto, non è configurabile una soglia minima al di sotto della quale l’offerta
deve essere considerata anomala, poiché anche un utile modesto può comportare un vantaggio
significativo per l’impresa anche in termini di qualificazione per essere aggiudicataria di un determinato appalto, e inoltre l’impresa aggiudicataria può, al fine di giustificare la congruità
dell’offerta, rimodulare le quantificazioni dei costi e dell’utile indicate inizialmente nell’offerta,
purché non ne risulti una modifica degli elementi compositivi tali da pervenire ad una offerta diversa rispetto a quella iniziale e sempre che l’eccessivo ribasso offerto non influisca negativamente sulla
corretta esecuzione del servizio secondo standard di qualità e di valutazione dell’effettiva sostenibilità.
3. Nelle gare di appalto, un utile pari a zero o un’offerta in perdita rendono ex se inattendibile l’offerta
economica e il consentire la presentazione di offerte senza adeguato utile finisce con incidere anche
sul sistema della libera concorrenza del mercato, vulnerando altresì l’interesse pubblico a che il
soggetto aggiudicatario sia in grado di svolgere adeguatamente la prestazione oggetto del contratto.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 22 agosto 2019 n. 5780
Sulla revoca dell'aggiudicazione per mancata stipula del contratto
E’ legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha disposto la revoca in autotutela
dell’aggiudicazione di una gara per l’affidamento in concessione di un bene pubblico, motivata con
riferimento al fatto che la ditta interessata si è rifiutata ingiustificatamente di stipulare il contratto, a
nulla rilevando che la P.A. abbia provveduto alla c.d. consegna anticipata del bene oggetto della concessione; infatti, la consegna anticipata del bene oggetto della concessione (ordinariamente
preordinata a soddisfare esigenze urgenti e non utilmente differibili) non vale, di per sé, a surrogare la
stipula del contratto (che, tra l’altro, postula la forma scritta ad substantiam).
________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 23 agosto 2019 n. 5834
Sull'avvalimento
1. È da ritenere nulla, ai sensi dell’art. 83, comma 8 (ult. cpv) del d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui “I
bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono
comunque nulle”), la clausola del bando di gara la quale prevede che, “ai sensi del combinato disposto
degli articoli 84 e 89, comma 1 del Codice i concorrenti che ricorrono all’istituto dell’avvalimento devono, pena esclusione, essere in possesso di propria attestazione SOA da attestare secondo le
modalità indicate nel precedente punto 17 […]”; tale disposizione, infatti, non tanto si limita a
disciplinare la modalità di esercizio dell’avvalimento, ma direttamente ne limita il ricorso.
2. L’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni
dell’ordinamento U.E., al fine di consentire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia
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dell’U.E., anche con riferimento all’impossibilità di fissare a priori limiti specifici alla possibilità di
avvalimento, anche frazionato, delle capacità di soggetti terzi.
________________________
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 23 agosto 2019 n. 5830
Sui casi in cui è possibile l'esclusione per omesso pagamento contributo ANAC
1. Alla stregua di quanto affermato dalla Corte di giustizia U.E. (sentenza 2 giugno 2016), deve
ritenersi che i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità
ostano ad una regola dell’ordinamento di uno Stato membro che consenta di escludere da una procedura di affidamento di un contratto pubblico l’operatore economico che non abbia corrisposto il
contributo all’ANAC per la partecipazione alla gara, nel caso in cui tale adempimento non sia stato
previsto dalla lex specialis.
2. Va disposta l’esclusione dalla gara di una ditta che non abbia provveduto al pagamento del
contributo dovuto all’ANAC per la partecipazione alla gara nel caso in cui tale adempimento sia stato previsto espressamente dalla lex specialis; invero, in tale situazione, non solo la clausola di esclusione
non deve essere ricavata, in via di mera interpretazione, dal concorrente (che la trova confezionata in
termini idonei a legittimare la rigorosa pretesa di diligenza adempitiva), ma – per giunta – il soccorso istruttorio è precluso, non trattandosi di fornire mero supporto documentale ad un adempimento
sostanzialmente rispettato, ma di legittimare una rimessione in termini dell’operatore economico
negligente.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 23 agosto 2019 n. 5803
Sul risarcimento del danno da mancata aggiudicazione e sul relativo onere probatorio
1. In ordine ai presupposti per il riconoscimento del danno da mancata aggiudicazione, in conformità
con quanto riconosciuto dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 2/2017), deve ritenersi che: a) ai sensi degli art. 30, 40 e 124, 1° comma, cod. proc. amm., il danneggiato deve offrire la prova
dell’an e del quantum del danno che assume di aver sofferto; b) nel caso di mancata aggiudicazione il
risarcimento del danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia
il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento
del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione
dell’appalto); c) spetta all’impresa danneggiata offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per
danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio
dell’azione di annullamento (ex art. 64, 1° e 3° comma, cod. proc. amm.).
2. In sede di riconoscimento del risarcimento dei danni derivanti da mancata aggiudicazione: a) la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di
impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno; b) le parti non
possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente tecnico d’ufficio neppure nel caso di consulenza cosiddetta «percipiente», che può
costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l’accertamento di
determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse
deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti; f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni; per la
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configurazione di una presunzione giuridicamente rilevante non occorre, peraltro, che l’esistenza del
fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di
necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla base della regola della «inferenza necessaria»), ma è
sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit (in virtù della regola della «inferenza
probabilistica»).
3. In sede di riconoscimento del risarcimento dei danni derivanti da mancata aggiudicazione, il
mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o
potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della
commessa: in difetto di tale dimostrazione, potendo presumersi che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che avrebbe comechessia potuto riutilizzare, usando l’ordinaria
diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno, a titolo di aliunde perceptum
vel percipiendum; dall’altro che, ai sensi dell’art. 1227, 2° comma, c.c., il danneggiato ha un puntuale
dovere di non concorrere ad aggravare il danno, sicché il comportamento inerte dell’impresa ben può
assumere rilievo in ordine all’aliunde percipiendum.
4. Nel caso di danno derivante da mancata aggiudicazione, il riconoscimento del lucro cessante deve
ritenersi subordinato: a) all’assolvimento, in positivo, di un preciso onere probatorio, inteso a
dimostrarne, anche per via indiziaria, la consistenza, avuto riguardo alle caratteristiche dell’appalto, al mercato di riferimento, alle condizioni operative dell’impresa, alle dimensioni organizzative, alle
risorse reali e finanziarie disponibili, alle multiformi peculiarità della fattispecie; b) alla dimostrazione,
in negativo, anche qui per via indiziaria (e, per esempio, mediante la non disagevole allegazione dei
libri contabili) della mancata interinale utilizzazione delle proprie risorse reali e personali e della obiettiva ed involontaria immobilizzazione delle stesse, nonché della diligente condotta
imprenditoriale, preordinata a non trascurare occasioni di utile impiego, nell’esclusivo e non
commendevole intento di aggravare il danno da mancata aggiudicazione.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 28 agosto 2019 n. 1928
Sul divieto di commistione tra requisiti soggettivi ed elementi di valutazione delle offerte
1. Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i
criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione; detto principio si correla all’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte
più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio,
che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo; la composizione dei due principi trova supporto logico e giuridico proprio nella necessaria distinzione tra i requisiti richiesti per la
partecipazione alla gara, che attengono all’operatore e i criteri di valutazione, che invece attengono
all’offerta e all’aggiudicazione.
2. Il divieto di commistione fra criteri soggettivi e oggettivi, afferenti alla valutazione dell’offerta, non è eluso solo quando gli aspetti organizzativi o le professionalità risultanti dal curriculum
dell’operatore sono destinati ad essere apprezzati quale garanzia della migliore esecuzione della
specifica prestazione richiesta, sicché integrano dei parametri afferenti alle caratteristiche oggettive
dell’offerta. Il parametro cui ancorare la valutazione della sussistenza di tale diretto riflesso di un requisito soggettivo sul contenuto della prestazione è l’oggetto del contratto da aggiudicare, proprio
perché la norma di riferimento individua quali validi criteri di valutazione dell’offerta solo quelli
pertinenti “alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 4 settembre 2019 n. 954
Sull'inammissibilità di un doppio soccorso istruttorio
1. Nel caso in cui, in corso di gara, il soccorso istruttorio sia stato attivato – è il caso di precisare: in maniera piena ed esaustiva – a favore del concorrente e questi non ne abbia saputo fruire, non
ottemperando alle richieste della stazione appaltante, il concorrente stesso non può vantare alcuna
pretesa alla concessione di una seconda “finestra di regolarizzazione” .
Sul soccorso istruttorio processuale
2. Il rimedio del cd. soccorso istruttorio processuale – del tutto residuale ed extra ordinem – è esperibile solo nell’ipotesi dell’omessa o lacunosa attivazione del cd. soccorso istruttorio
procedimentale, previsto dall’art. 83, comma 9, del codice, da parte della stazione appaltante.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. II – sentenza 4 settembre 2019 n. 1490
Sull'illegittimità di una vendita senza pubblico incanto di un bene sdemanializzato
E’ illegittima una delibera del Consiglio comunale con cui è stata disposta la sdemanializzazione di un
reliquato stradale e la vendita a trattativa privata (nella specie agli occupanti abusivi) per violazione,
oltre che dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, dell’art. 37 del r.d. 827/1924, a norma del quale «tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici
incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli», e del successivo
art. 41, comma 1, ove sono elencate le ipotesi in cui è esperibile la trattativa privata.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 4 settembre 2019 n. 6097
Sull'insussistenza della violazione del principio di segretezza delle offerte in caso di pubblicazione
dei nominativi delle ditte che avevano chiesto di effettuare il sopralluogo
La mera conoscenza dei nominativi dei soggetti che hanno chiesto di effettuare il sopralluogo non integra violazione del principio di segretezza previsto dall’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016,
nelle procedure aperte, in relazione all’«elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla
scadenza del termine per la presentazione delle medesime» (art. 53, comma 2, lett. a), poiché la richiesta di sopralluogo o la proposizione di quesiti circa le sue modalità alla stazione appaltante non
costituisce elemento infallibilmente sintomatico, anche per altri soggetti eventualmente interessati a
partecipare, di certa futura partecipazione alla gara né, ancor meno, immediata manifestazione di
volontà partecipativa o forma equipollente di offerta.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 6 settembre 2019 n. 955
Sull’illegittimità di una concessione affidata senza l’esperimento di procedura selettiva
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E’ legittimo, in quanto supportato da adeguata motivazione, il provvedimento con il quale la P.A. ha
annullato in autotutela una concessione idraulica (nella specie, si trattava di una concessione idraulica
di un area di mq. 1.350 con annesso capanno palustre), che sia motivato con riferimento al fatto che il
rilascio della concessione è avvenuto senza il preventivo esperimento di una procedura concorrenziale.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 9 settembre 2019 n. 1955
Sui costi della manodopera e sull’illegittimità della separata indicazione
1. I costi della manodopera costituiscono elemento essenziale dell’offerta, in quanto la loro indicazione consente di verificare la salvaguardia dei livelli retributivi minimi dei lavoratori; deve
pertanto ritenersi che la mancata quantificazione del costo della manodopera renda incompleta
l’offerta, senza che sia possibile attivare il soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione. L’articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, che
prevede detta quantificazione, costituendo che norma imperativa, va a eterointegrare la lex specialis di
gara, rendendo vigente e cogente l’obbligo anche ove non espressamente previsto.
2. E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara nel caso in cui la impresa aggiudicataria abbia indicato
separatamente in offerta solamente i costi della manodopera tecnica impiegata nella commessa, mentre i costi del personale amministrativo siano stati inseriti nella voce “spese generali”; in tal modo, infatti,
l’aggiudicataria ha apertamente violato la disposizione contenuta nell’articolo 95, comma 10, del
D.Lgs. n. 50/2016, a mente del quale il concorrente nell’offerta economica deve indicare, tra l’altro, i propri costi della manodopera. Invero, il fatto che una parte di questi costi (segnatamente, quelli del
personale amministrativo) sia stata inserita, insieme ad altre voci di costo, in una categoria più
generale, equivale a non averli indicati, perché la norma presuppone un’indicazione separata di modo
da consentire un controllo da parte della stazione appaltante sul rispetto dei minimi retributivi.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 10 settembre 2019 n. 1958
Sui requisiti più rigorosi di partecipazione
Nelle gare di appalto, la stazione appaltante gode di ampia discrezionalità nel predeterminare i requisiti tecnico-professionali di partecipazione alla gara, con il solo limite che si tratti di requisiti
attinenti all’oggetto dell’appalto da aggiudicare e proporzionati alla prestazione da rendere, in modo
tale da non restringere ingiustificatamente la concorrenza e precostituire situazioni di assoluto
privilegio a favore di uno o più operatori economici del settore. Nell’ambito dell’ampia discrezionalità che le è riconosciuta, la stazione appaltante può pure pretendere requisiti di qualificazione eccedenti
quelli minimi di legge, purché coerenti con l’obiettivo di interesse pubblico avuto di mira.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 11 settembre 2019 n. 6135
Sull’incompatibilità dei commissari di gara
1. Il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del
2016 è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a
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concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e
dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale
mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno
preceduta. Una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può
sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara.
Sulle competenze dei commissari di gara
2. Il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i
componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza
ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche
alle singole e specifiche attività oggetto del contratto.
Sull’indicazione delle modalità di conservazione dei plichi
3. Nelle gare pubbliche la mancata indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla
custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura
di valutazione comparativa concorsuale, implicitamente collegandosi all’insufficienza della
verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed alla integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa
essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive
ad esso preordinate, salvo i casi (nella fattispecie in esame neppure evidenziati) in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale; di conseguenza, ogni
contestazione del concorrente, volta ad ipotizzare una possibile manomissione od esposizione a
manomissione dei plichi, idonea a determinare un vulnus alla regolarità del procedimento di selezione
del contraente, deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su di un piano di effettività ed
efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuinità dell’offerta, che va preservata in corso di gara.
Sul principio di continuità delle operazioni di gara
4. Il principio di continuità e concentrazione delle operazioni di gara, seppure funzionale ad assicurare
l’imparzialità, la trasparenza e la speditezza dell’azione amministrativa, ha un valore tendenziale, nel
senso che deve tenere conto del numero delle offerte da giudicare, ovvero della complessità della
valutazione.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 11 settembre 2019 n. 10837
Sulla rilevanza delle sole condanne definitive e non dei procedimenti penali a carico
E’ illegittimo il provvedimento dell’ANAC di annotazione nel Casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture disposta in relazione al fatto
(qualificato dalla stessa stazione appaltante non già quale falsa dichiarazione, ma solo come “carenza
informativa”) che non era stata dichiarata la mera pendenza di un procedimento penale; va infatti considerato che nessuna tra le norme di cui al Codice dei contratti pubblici (o altra) stabilisce l’obbligo
per l’operatore economico che partecipi ad una gara di comunicare alla stazione appaltante i carichi
pendenti in capo ai soggetti indicati nell’art. 80, comma 3, del d.lgs. 50/2016, fermo restando che, ai sensi dell’art. 80, comma 1, del Codice, costituisce motivo di esclusione di un operatore economico
dalla partecipazione a una procedura d’appalto, la sola condanna – con sentenza definitiva o decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444
c.p.c. – per uno dei reati elencati nelle successive lettere da a) a g).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 settembre 2019 n. 6148
Sul CCNL da applicare alle gare
1. La scelta del contratto collettivo da applicare ad un appalto pubblico rientra nelle prerogative organizzative dell’imprenditore con il solo limite della coerenza con l’oggetto dell’appalto, per cui la
stazione appaltante non può imporre l’applicazione di un CCNL e la scelta fatta da un concorrente di
applicare un CCNL che consenta un forte abbattimento dei costi, e presentare, in questo modo, un’offerta più competitiva, rileva solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non
costituisce causa di non ammissibilità della stessa (in applicazione del principio è stata respinta la
censura con la quale si sosteneva che, per un appalto del servizio di vigilanza, doveva applicarsi a tutte
le imprese il CCNL Multiservizi).
2. L’imposizione di un determinato CCNL non può essere giustificata neppure dall’inserimento negli
atti di gara di una clausola sociale, atteso che la clausola sociale non può essere intesa nel senso di
imporre all’aggiudicatario subentrante di applicare un determinato CCNL, per essere, invece, rimessa
alla sua libera determinazione la scelta del CCNL, che, pertanto, potrà anche essere diverso da quello applicato dal precedente contraente, sempreché siano salvaguardati i livelli retributivi dei lavoratori in
modo adeguato e congruo.
3. La stazione appaltante non è tenuta ad appurare che il costo medio orario offerto sia compatibile con
il costo indicato dalle apposite tabelle ministeriali, perché i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle non costituiscono parametro di ammissibilità dell’offerta, ma mero parametro di valutazione
della congruità della stessa, con la conseguenza che l’eventuale scostamento dalle voci di costo
contenute nelle tabelle non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia o di incongruità, per essere
necessario, affinché si pervenga a tale conclusione, che la discordanza sia considerevole e palesemente
ingiustificata.
Sulla clausola sociale
4. La clausola sociale contenuta nel disciplinare di gara va formulata in maniera elastica e non
rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito
all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario. Infatti, solo se formulata in questi termini, la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa
secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va
contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo
efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi
da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto.
5. E’ da escludere che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli
operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da
assorbire.
6. La clausola sociale non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il
personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore
subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e
congruo. Deve tuttavia ritenersi che l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime
condizioni contrattuali ed economiche non sia assoluto né automatico.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 settembre 2019 n. 6158
Sulla stipula di un contratto con durata ridotta rispetto alla previsione del bando
Legittimamente la P.A. per un servizio pubblico (nella specie si trattava del servizio di refezione
scolastica) originariamente previsto per una durata quinquennale, nel pronunciare l’aggiudicazione
definitiva, prevede che tale servizio avrà durata triennale, in considerazione del fatto che, a causa di un
contenzioso, il servizio – che avrebbe dovuto avere inizio il 1° settembre 2016 – poteva avere inizio solo dal 1° settembre 2018. Invero, ragioni varie possono determinare la dilatazione dei tempi di
affidamento di un appalto a conclusione di una procedura di gara; qualora si sia eroso di molto il
tempo originariamente fissato di durata del contratto, è la stazione appaltante a dover valutare se conviene dar seguito alla stipulazione contrattuale – che, inevitabilmente, avrà durata limitata – ovvero
indire una nuova procedura di gara per un contratto che abbia durata integra.
Anche se il ritardo non era imputabile alla ditta aggiudicataria, questa constatazione non è motivo per
disporre una modifica delle condizioni contrattuali come previste dal bando di gara; è possibile che il
ritardo abbia comportato conseguenze pregiudizievoli per l’aggiudicataria – sicuramente sulla maturazione dei requisiti di capacità tecnica da spendere in gare successive – ma il rimedio non era
quello della modifica della durata del contratto come originariamente prevista nel bando di gara.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 settembre 2019 n. 6161
Sul giudizio di anomalia dell’offerta
1. Il giudizio sui profili di anomalia dell’offerta costituisce esplicazione paradigmatica di
discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale che
rendano palese l’inattendibilità (ovvero l’attendibilità) complessiva dell’offerta; per tal via, se è concesso il sindacato sulle valutazioni espresse dalla stazione appaltante sotto il profilo della logicità,
ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, è preclusa la possibilità di procedere ad alcuna
autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (cosa che rappresenterebbe una inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione), e ciò in quanto il giudizio
di anomalia deve tendere ad accertare in concreto che l’offerta economica risulti nel suo complesso
attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.
2. In sede di verifica delle offerte sospettate di essere anomale, anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella
discrezionalità tecnica dell’amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di
macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o
inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può intervenire, fermo restando l’impossibilità di
sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione.
3. La valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia non richiede un
particolare onere motivazionale, essendo richiesta una motivazione più approfondita solo laddove
l’amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione; inoltre, nella ipotesi di giudizio positivo dell’offerta sospettata di
anomalia, incombe a chi lo contesta l’onere di dimostrare l’irragionevolezza o l’erroneità, non essendo
sufficiente allegare considerazioni parcellizzate sulla incongruenza o insufficienza (solo) di talune
voci di costo.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 settembre 2019 n. 6157
Sul grave illecito professionale (informazioni false e fuorvianti)
1. La riconduzione delle informazioni obiettivamente “false” o anche solo “fuorvianti” tra le ipotesi di
“gravi illeciti professionali” che – in quanto idonei a “rendere dubbia” l’“integrità” (morale) o
l’“affidabilità” (professionale) del concorrente – legittima ed impone l’adozione della sanzione
espulsiva trae alimento, nel corpo della previsione di cui all’art. 80, comma 3 lettera c) d.lgs. n. 50/2016, non solo dal rimprovero di “negligenza” (quando non di dolo) che è possibile formulare a
carico del concorrente, ma anche potenziale attitudine della informazione falsa od omessa ad
influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, ai fini della ammissione e
della selezione delle offerte e della conseguenziale aggiudicazione.
2.Ai fini dell’esclusione dalla gara per dichiarazione falsa non si deve trattare di dichiarazione
semplicemente erronea (in quanto non conforme alla verità dei fatti) o materialmente omessa (in
quanto taciuta da parte del concorrente che era in possesso dei relativi dati e delle sottese
informazioni), ma di dichiarazione propriamente falsa (in quanto oggetto di una condotta intesa alla alterazione, consapevole e volontaria o quanto meno frutto di non giustificabile negligenza, parimenti
idonea a strutturare un giudizio di complessiva colpevolezza) o alterata dalla omissione di dati
necessari (“informazioni dovute”).
3. Ai fini dell’esclusione dalla gara per dichiarazione falsa, non è necessario dimostrarne (con giudizio necessariamente a posteriori) le concrete modalità di incidenza sulla operata valutazione, essendo
necessario ma sufficiente l’apprezzamento – pur sempre in concreto, ma a priori – della rilevanza (cioè
della idoneità-suscettibilità, nel linguaggio della norma – a fuorviare il giudizio sulle caratteristiche
della proposta negoziale). L’influenza (determinante) sul processo decisionale va, per tal via, certamente dimostrata, ma è a tal fine sufficiente – proprio perché la rimproverabile falsificazione od
omissione di dati della realtà economica e professionale è destinata ad incidere sulla affidabilità prima
ancora soggettiva (id est, del concorrente) che oggettiva (id est, dell’offerta) – il riscontro della
obiettiva rilevanza, nel senso chiarito, dei dati volta a volta omessi o alterati.
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TAR SICILIA – PALERMO, SEZ. III – sentenza 13 settembre 2019 n. 2184
Sull'irrilevanza del diritto sopravvenuto al bando
1. Le procedure di affidamento di contratti pubblici sono disciplinate dalla normativa vigente alla data
di pubblicazione del bando e restano, perciò, insensibili allo ius superveniens giacché, diversamente,
sarebbero sacrificati i valori della certezza e del buon andamento, insieme all’affidamento dei
concorrenti, i quali si vedrebbero esposti – senza potervi reagire – alla maturazione di esiti
imprevedibili della gara, dovuti al mutamento delle regole in corso d’opera.
2. In sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto, la P.A. è tenuta ad applicare rigidamente
le regole fissate nel bando, atteso che questo, unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex
specialis della procedura a evidenza pubblica, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non più conformi
allo ius superveniens, salvo l’esercizio del potere di autotutela, la cui attivazione pertiene, però, alla
sfera della discrezionalità amministrativa.
3. L’espressione “socio di maggioranza” di cui alle lettere b) e c) dell’art. 38, comma 1, del D.Lgs. n.
163 del 2006, e alla lettera m-ter) del medesimo comma, si intende riferita, oltre che al socio titolare di
più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 16 settembre 2019 n. 1982
Sul collegamento sostanziale
1. L’art. 80, comma 5, lett. m), del D.Lgs. n. 50/2016, nel prevedere che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico nel caso in cui
l’operatore stesso si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, “in
una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un
unico centro decisionale”, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza di un unico
centro decisionale costituisce motivo in sé sufficiente a giustificare l’esclusione delle imprese dalla procedura selettiva, non essendo necessario verificare che la comunanza a livello strutturale delle
imprese partecipanti alla gara abbia concretamente influito sul rispettivo comportamento nell’ambito
della gara, determinando la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.
2. Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m), del D.Lgs. n. 50/2016, l’accertamento della sussistenza di
un unico centro decisionale costituisce motivo in sé sufficiente a giustificare l’esclusione delle imprese dalla procedura selettiva, non essendo necessario verificare che la comunanza a livello strutturale delle
imprese partecipanti alla gara abbia concretamente influito sul rispettivo comportamento nell’ambito
della gara, determinando la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale; ciò che rileva è, infatti, il dato oggettivo, autonomo e svincolato da valutazioni a posteriori di tipo
qualitativo, rappresentato dall’esistenza di un collegamento sostanziale tra le imprese, con la
necessaria precisazione che lo stesso debba essere dedotto da indizi gravi, precisi e concordanti.
3. E’ ravvisabile un centro decisionale unitario laddove tra imprese concorrenti vi sia intreccio
parentale tra organi rappresentativi o tra soci o direttori tecnici, vi sia contiguità di sede, vi siano utenze in comune (indici soggettivi), oppure, anche in aggiunta, vi siano identiche modalità formali di
redazione delle offerte, vi siano strette relazioni temporali e locali nelle modalità di spedizione dei
plichi, vi siano significative vicinanze cronologiche tra gli attestati SOA o tra le polizze assicurative a garanzia delle offerte. La ricorrenza di questi indici, in numero sufficiente e legati da nesso oggettivo
di gravità, precisione e concordanza tale da giustificare la correttezza dello strumento presuntivo, è
sufficiente a giustificare l’esclusione dalla gara dei concorrenti che si trovino in questa situazione.
4. Il semplice collegamento può quindi dar luogo all’esclusione da una gara d’appalto solo all’esito di
puntuali verifiche compiute con riferimento al caso concreto da parte dell’Amministrazione che deve accertare se la situazione rappresenta anche solo un pericolo che le condizioni di gara vengano
alterate.
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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, SEZ. I – sentenza 16 settembre 2019 n. 376
Sul principio di rotazione
1. L’art. 36 del D.Lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui “l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e
forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli
affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese,
piccole e medie imprese“), mira ad evitare il crearsi di posizioni di rendita anticoncorrenziali in capo
al contraente uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il precedente affidamento) e di rapporti esclusivi con determinati operatori economici,
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favorendo, per converso, l’apertura al mercato più ampia possibile sì da riequilibrarne (e
implementarne) le dinamiche competitive.
2. Il principio di rotazione delle imprese si riferisce propriamente non solo agli affidamenti ma anche
agli inviti, orientando le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da
interpellare e da invitare per presentare le offerte ed assumendo quindi nelle procedure negoziate il valore di una sorta di contropartita al carattere “fiduciario” della scelta del contraente allo scopo di
evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo.
3. E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara nel caso di invito del precedente gestore del servizio, in
violazione del principio della rotazione dlele imprese, ove la P.A. appaltante non abbia palesato le ragioni che l’hanno indotta a derogare a tale principio; infatti, ove la stazione appaltante intenda
comunque procedere all’invito del gestore uscente, dovrà puntualmente motivare tale decisione,
facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato,
al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero
all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III BIS – sentenza 17 settembre 2019 n. 11055
Sulla separazione tra offerta tecnica e offerta economica
1. Nelle gare di appalto, il principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica (il quale
impone che le offerte economiche debbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la
Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale) trae fondamento dall’obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la
valutazione degli elementi discrezionali e costituisce presidio all’attuazione dei principi di imparzialità
e buon andamento dell’azione amministrativa, per garantire il lineare e libero svolgimento dell’iter che
si conclude con il giudizio sull’offerta tecnica e l’attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di
valutazione.
2. In base al principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica: a) la componente tecnica
dell’offerta e la componente economica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste
separate e idoneamente sigillate, proprio al fine di evitare la suddetta commistione (1); b) è precluso ai concorrenti l’inserimento di elementi economico-quantitativi all’interno della documentazione che
compone l’offerta tecnica (qualitativa); c) l’apertura della busta contenente l’offerta economica deve
necessariamente seguire la valutazione dell’offerta tecnica.
3. Nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le offerte
economiche devono restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici delle offerte, in quanto occorre evitare che gli elementi di
valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali.
4. E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara secondo il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa – nella quale sussista quindi il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità che accade, appunto, laddove concorrano elementi di giudizio a carattere discrezionale (inerenti
l’apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi della proposta negoziale articolata dagli operatori
economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono
quelli della componente economica dell’offerta) – nel caso in cui la Commissione di gara abbia proceduto prioritariamente alla valutazione delle offerte economiche (e successivamente alla
valutazione di tutte le altre componenti dell’offerta (“progetti migliorativi”, “progetti per servizi
aggiuntivi e migliorativi”).