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INDICE 1. Cambiamento delle strategie cognitive entro le nuove tecnologie (Negroponte) 2. Tappe della comunicazione: dai Biomedia ai New Media (Cecchinato) Error: Reference source not found 3. Definizione dei nuovi media (Manovich) N

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ESERCITAZIONE DI PROVA PER

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INDICE 1. Cambiamento delle strategie cognitive entro le nuove tecnologie (Negroponte)

2. Tappe della comunicazione: dai Biomedia ai New Media (Cecchinato) Error:Reference source not found

3. Definizione dei nuovi media (Manovich)

N

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1. Cambiamento delle strategie cognitive entro le nuove tecnologie

La rivoluzione introdotta dall’avvento del digitale, è sintetizzata efficacemente da Nicholas Negroponte, uno dei guru dell’informatica, fondatore del Mit (Massachusett Technology) che la spiega facendo un paragone tra atomo e bit usando come esempio la differenza tra l’uso di un libro preso a prestito da una biblioteca e quello di un bit scaricato da Internet. Questo brillante esempio sottintende un conseguente mutamento delle nostre strategie cognitive.

"La differenza tra bit e atomi è il modo più semplice di descrivere il cambiamento. Infatti,

capiamo molto bene il mondo degli atomi (delle cose, della gente, ecc.). Di fatto tutte le

nostre leggi sono costruite attorno agli atomi. Il mondo dei bit è molto interessante perché i

bit non hanno peso, non hanno dimensioni, non hanno colore, viaggiano alla velocità della

luce. Tutti concordano sul fatto che una biblioteca pubblica sia una buona cosa: una

buona cosa per la cultura e per la società. Una biblioteca pubblica funziona perché essa si

basa su atomi: dovete portare i vostri atomi alla biblioteca. Allora prendete il libro in

prestito. Non è che un altro atomo, ma - e questo è così ovvio che non ci pensiamo mai - il

guaio è che quando prendete in prestito un atomo non ci sono atomi rimanenti. Resta uno

spazio vuoto. Voi portate il libro a casa, lo leggete, diciamo in una settimana, lo riportate

alla biblioteca. Magicamente qualcuno lo prende in prestito di nuovo, e lo riporta indietro

dopo una settimana. Così 52 persone avranno letto il libro in un anno. Ora invece renderò

la biblioteca pubblica "digitale". Cambierò solo questo: muterò gli atomi in bit. Non dovrò

trasportare i miei atomi alla biblioteca. È una cosa così ovvia, ma non viene mai detta: è

che quando prendete in prestito un bit, c’è sempre un altro bit che rimane. Così ora 20

milioni di persone possono prendere in prestito questo libro simultaneamente, senza

muoversi di casa, giusto battendo alcuni tasti, e così abbiamo violato le leggi del

copyright..."

- Angelica Tufoni - angelicatufoni.altervista.org

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2. Tappe della comunicazione: dai Bio-Media ai New Media

Graziano Cecchinato offre, nel suo saggio “Tags: Media, conoscenza” del 2009, una classificazione dei media della storia, partendo dalla preistoria fino ad oggi. Interessante è la terminologia da lui usata per proporre una suddivisione dei media, non dal più scontato punto di vista cronologico, ma fornendo piuttosto una rassegna a carattere fenomenologico. Dalle sue riflessioni emerge infatti il differenziarsi dei processi mentali stimolati dall’avvento di nuovi media in relazione al loro uso sociale. Qui sono riportati fedelmente alcuni passaggi centrali del suo testo, rintracciabile in versione integrale su www.???. Ad esso sono stati integrati alcuni commenti (paragrafi in corsivo) e immagini.

Graziano Cecchinato, “Tags: Media, conoscenza”, Bibliotime, vol 2., Anno XII. Luglio 2009

Riflettere, analizzare, comprendere le caratteristiche, gli elementi costitutivi, le

strutture linguistiche, le forme espressive dei New media significa riflettere sulle modalità

stesse di creazione, produzione, diffusione della conoscenza ai nostri giorni. Riflettere

quindi su come l'interazione con le tecnologie dell'informazione e della comunicazione,

quelle che Derrick de Kerckhove chiama psico-tecnologie, modellino le strutture mentali, le

facoltà cognitive, le strategie con le quali apprendiamo e strutturiamo il mondo della nostra

esistenza.

Dopo tali considerazioni introduttive Cecchinato ripercorre lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione, i momenti di frattura di questo sviluppo, originati dalle invenzioni dell'ingegno umano e dai conseguenti cambiamenti paradigmatici che l'uso sociale di queste invenzioni ha prodotto nel tempo. Prende in considerazione quattro gruppi di media: Bio-Media, Mass-Media, Personal-Media, Social-Media.

1.2. Bio-Media

Nell'evoluzione umana vi è stata una relazione indissolubile fra comunicazione e

apprendimento, fra linguaggio e conoscenza. Grazie all'adozione di un più articolato

linguaggio orale, Homo sapiens si è diffuso e ha colonizzato le terre emerse,

affermandosi su altre specie animali e umane ben più dotate sul piano fisico. Questo

sviluppo, iniziato con la trasformazione dell'apparato respiratorio - che ha consentito la

modulazione dei suoni attraverso la bocca - ha determinato la genesi di specifiche aree

del cervello deputate alla produzione del linguaggio e quindi l'acquisizione di capacità

cognitive simboliche, dando vita alla divulgazione culturale della conoscenza, in

precedenza possibile solo per via genetica o per imitazione (…). Ma il linguaggio orale è

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solo una delle tecnologie dell'intelletto.

Dipinti rupestri paleolitici testimoniano un'altra tappa dello sviluppo culturale

umano: la capacità di simbolizzare graficamente il pensiero, di dare una rappresentazione

visiva ad eventi cruciali della propria esistenza in forma simbolica. Si tratta per la maggior

parte di raffigurazioni di animali, scene di caccia che probabilmente avevano una funzione

rituale o di iniziazione, ma il cui originale significato potrebbe rimanere per sempre

incomprensibile, viste le profonde trasformazioni culturali che ci separano da esse. Si

tratta della manifestazione di una capacità di concettualizzazione autonoma rispetto al

linguaggio orale, capace di mettere l'uomo in relazione con l'ambiente naturale da cui

dipendeva e di stabilire con esso un contatto profondo, un coinvolgimento sensoriale

totalizzante (si pensi alla profondità delle caverne, alla penombra in cui erano avvolte, al

senso di smarrimento che incutevano). Un bisogno di rappresentazione e di evocazione

dell'esperienza che, per certi aspetti, ritroviamo ai nostri giorni con i prodotti digitali della

realtà virtuale.

Ma altri fondamentali eventi hanno segnato il rapporto fra tecnologie della

comunicazione e mente umana. Lungo un arco temporale di circa 5000 anni, dapprima

nella forma dei pittogrammi (con l'attribuzione di un segno ad ogni oggetto), poi in quella

ideogrammatica (nella quale si potevano rappresentare concetti) e infine con l'alfabeto

(che associa simboli ai suoni che compongono le parole), seguendo una linea di crescente

astrazione, giunge a compimento la tecnologia che più di qualunque altra ha contribuito a

modellare la mente. Ad essa sono attribuite le grandi trasformazioni sociali, economiche e

culturali che hanno permesso il fiorire delle civiltà mediorientali, la nascita della filosofia, il

passaggio dalla preistoria alla storia. La scrittura, concepita come un aiuto per la

memoria, diviene in realtà uno strumento che si sostituisce ad essa, che la estroflette dalla

mente creando una sorta di deposito del sapere.

Questo fatto apparentemente semplice porta con sé conseguenze rivoluzionarie nelle

modalità di produzione culturale. Il sapere che non deve più essere tenuto a memoria non

ha bisogno di essere prodotto e tramandato con forme espressive codificate. La

progressiva adozione della scrittura permette la nascita di nuove facoltà cognitive, come

leggere e scrivere, e di nuovi processi intellettivi.

In definitiva, è stata una compiuta interiorizzazione della scrittura a forgiare quello che oggi

chiamiamo pensiero occidentale, il risultato di un processo sinergico tra funzioni cognitive

e tecnologie dell'intelletto (…)

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Anche la successiva invenzione della stampa a caratteri mobili (1486?) ha

contribuito alla nascita dell'era moderna, sostenendo i processi di rinnovamento come la

riforma protestante, il Rinascimento italiano, l'esplorazione del mondo, l'alfabetismo

diffuso. Con Gutenberg nascono e si affermano proprietà che concorrono a definire il libro

come lo conosciamo ai nostri giorni: il titolo, l'autore, l'editore, gli indici, fanno acquisire al

testo stampato autorità. Queste caratteristiche lo rendono lo strumento cardine della

genesi e dell'affermazione delle scienze moderne e della loro marcata suddivisione

disciplinare, dando corpo alla figura di uno scienziato-autore che, attraverso un testo

definito ed immutabile, stabilisce assunti scientificamente verificati e traccia leggi generali,

arrivando a definire un nuovo paradigma della conoscenza: il positivismo.

1.3. Mass-Media

A partire dall'Ottocento, la Rivoluzione industriale, l'esigenza di una sempre più rapida

comunicazione e gli sviluppi delle tecnologie meccaniche ed elettriche danno avvio a

straordinarie invenzioni che stravolgono il panorama comunicativo. La rappresentazione

analogica della realtà attraverso le immagini, i suoni, gli eventi riprodotti (fotografia,

grammofono, cinema) in modi realistici irrompe come comunicazione audiovisiva, che si

affianca e si sovrappone a quella alfabetica del testo scritto.

Parallelamente procede un'altra linea di sviluppo tecnologico, quella delle

telecomunicazioni, che porterà alla realizzazione del telegrafo, del telefono e della radio

che, permettendo di comunicare istantaneamente con una moltitudine di persone, aprirà

l'era dei mass-media. Gli aspetti tecnologici di questi strumenti raccontano solo metà della

loro storia. Per lungo tempo questi congegni tecnologici restano senza una concreta

funzione. La vera portata di ogni nuovo strumento di comunicazione appare con l'uso

sociale, spesso imprevedibile, che ne fa emergere la reale natura e che altrettanto spesso

risulta del tutto diversa da quanto concepito dai suoi ideatori. Le due linee di sviluppo

delle tecnologie dell'immagine e delle telecomunicazioni si intersecano nella televisione.

L'integrazione del coinvolgimento sinestesico della comunicazione audiovisiva, la capacità

di riprodurre eventi in tempo reale e la natura di strumento domestico sarà dirompente e

attribuirà un potere senza precedenti alla comunicazione mass-mediale. Con essa, come

è stato ampiamente messo in luce, si trasformano profondamente i processi sociali,

economici e politici, ma anche quelli culturali e cognitivi(…) La TV viene percepita come

un'estensione degli organi di senso producendo l'effetto psicologico della presenza, un

processo tanto efficiente quanto inconscio, che rende questo strumento anche oggi

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estremamente penetrante (...).

Con i media elettrici la comunicazione audiovisiva assume un ruolo rilevante nella

mediazione sociale, processo che è stato visto come un ritorno all'oralità, che tornerebbe

a mediare la nostra conoscenza dopo una lunga e pervasiva esposizione alla scrittura. La

comunicazione fatta di suoni ed immagini visive riporta così in primo piano le antiche

facoltà cognitive dell'uomo preistorico, informate all'esperienza diretta e alla narrazione.

Questa oralità secondaria contende alla scrittura il predominio culturale: se prima era

autorevole ciò che veniva scritto e stampato, adesso è reale e rilevante ciò che si vede in

TV. La partecipazione collettiva a eventi e programmi diffusi attraverso format

scientificamente progettati porta ad una omologazione culturale tipica dei sistemi sociali a

elevata partecipazione, da cui la metafora del villaggio globale.

1.4 Personal-Media

Il Novecento sarà il secolo dei media non solo per i mass-media, ma anche per i

personal-media. La rivoluzione industriale non ha accelerato e amplificato soltanto le

esigenze di comunicazione ma anche quelle di calcolo, per risolvere i complessi problemi

che la ricerca scientifica poneva, applicando a questo ambito le tecnologie meccaniche,

elettriche ed elettroniche. I primi computer elettronici messi a punto nel secondo

dopoguerra pesavano qualche tonnellata, erano contenuti in apposite stanze refrigerate e

avevano bisogno di un esercito di tecnici per farli funzionare.

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ENIAC, 1946 - Primo computer della storia. Occupava un intero reparto di artiglieria di Aberdeen in Maryland, USA.

La flessibilità, che consente di utilizzare queste macchine per ogni scopo, deriva dall'idea

che i programmi, cioè le sequenze di istruzioni necessarie ad ottenere un risultato, sono

variabili, esattamente come i dati da elaborare. Da qui nasce il software e la possibilità di

trasformare i computer in strumenti diversi, in macchine plasmabili, utili per ogni esigenza.

Un'altra idea fondamentale è stata l'adozione di una logica digitale, cioè la

trasformazione di ogni informazione in un numero (digit), basata su due cifre (il codice

binario), il massimo che si può ottenere dai circuiti elettronici, dato che questi si aprono o

si chiudono come gli interruttori, comunicando così 0 o 1, il bit, l'informazione elementare.

Tutto viene elaborato nei chip grazie a lunghi numeri binari che un sistema di codifica e

decodifica trasforma, ad ogni nostra richiesta, in numeri decimali, lettere, colori, suoni,

immagini, ricostruendo per noi il mondo (digitalizzato) che ci è familiare.

Per capire la differenza tra linguaggio analogico e digitale basta pensare alla differenza che passa tra un termometro al mercurio ed uno digitale: il primo documenta l’aumentare della temperatura secondo un andamento continuo, il secondo passa da una cifra all’altra in modo discontinuo (per questo si parla di unità discrete).

Gli attuali personal computer dispongono di una potenza di calcolo di qualche milione

di volte superiore ai loro progenitori, ma ciò nonostante i PC non avrebbero oggi questo

incontestato successo se non fossero passati attraverso la loro reinvenzione sociale, che li

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ha concepiti come strumenti personali, al servizio dell'uomo, dei suoi bisogni professionali,

educativi, culturali, sociali. Il processo che ha trasformato queste macchine da calcolatori a

multiformi protesi umane è stato non meno creativo e ingegnoso delle riconosciute

conquiste della microelettronica. Iniziato ad opera di alcuni visionari fin dagli anni

Sessanta con l'ideazione del mouse, della videoscrittura, del copia-incolla, si è

concretizzato nel 1984 con la commercializzazione del primo computer ad interfaccia

grafica (della McIntosh).

PC McIntosh, 1984 – La Apple crea il primo PC commerciale con mouse e interfaccia a icone

L'avvento di mouse, icone, finestre, menù e la riproduzione sullo schermo di un ambiente

familiare e amichevole, traccia una nuova linea di sviluppo del computer, che non sarebbe

più stato guidato solo dall'aumento della velocità di elaborazione, ma anche dalla sua

semplicità d'uso. I comandi, in appositi menù, liberano dall'approccio mnemonico e

consentono di superare le barriere linguistiche; le icone e le rappresentazioni grafiche

favoriscono i processi associativi e intuitivi; i bottoni, le aree sensibili e le numerose

funzioni di personalizzazione trasformano la macchina in uno strumento coinvolgente e

personale. Tutti i media, dal telefono alla stampa alla tv, iniziano un processo di

trasformazione radicale dei propri processi produttivi adottando la nuova tecnologia. La

convergenza digitale trasforma il PC in un supermedium in grado di gestire in tempo reale

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non più solo testo, ma immagini, musica, video, assegnandone il controllo e l'editing

all'utente. Multimedialità e interazione danno vita ad un processo di superamento del

paradigma testuale, a vantaggio di uno multimediale. Uno dei percorsi che porterà

all'ipermedialità parte dalla costatazione dell'incapacità dei metodi tradizionali di

archiviazione e ricerca, adottati nella gestione del patrimonio librario, di trattare e

valorizzare la quantità crescente e articolata di informazioni prodotte proprio dalla

diffusione dei muovi media (…). La mente non procede linearmente muovendosi all'interno

di ambiti codificati: colta un'idea passa immediatamente alla successiva per associazione,

grazie ad un'intricata ragnatela di percorsi sostenuta dalle cellule del cervello, e in questo

può essere aiutata da strumenti che riproducono questi processi naturali.

Da queste idee nasce l'ipertesto, un artefatto materiale e culturale che, attraverso il

collegamento (linking) potenzialmente infinito di risorse, permette di collegare idee,

concetti, nodi di significato da un universo concettuale a un altro sulla base di libere

affinità. Si passa da un modello lineare ad uno reticolare, dalla fissità dei contenuti al loro

continuo aggiornamento, da una struttura chiusa a molteplici ramificazioni aperte (…). Se il

testo quindi ha favorito un pensiero lineare, sequenziale, astratto, razionale, logico,

deduttivo, l'ipertesto sostiene il pensiero associativo, intuitivo, multiprospettico, creativo.

Un ulteriore passo verso un cambiamento culturale che si protende ad ideare un futuro

piuttosto che a conservare il passato.

Sebbene alcuni abbiano intuito le potenzialità del Memex considerandolo come

strumento in grado di connettere e condividere tutta la conoscenza umana, sarà con un

obiettivo molto più limitato che verrà realizzato il World Wide Web. È’ stata l'esigenza di

comunicare ai diversi centri di ricerca coinvolti i risultati degli esperimenti condotti sulle

particelle subatomiche al CERN di Ginevra che ha portato Tim Berners Lee, ad ideare il

Web. L'idea fondamentalmente è stata quella di dare un volto grafico all'infrastruttura

tecnologica digitale, che si estendeva da oltre vent'anni interconnettendo sostanzialmente

le Università e i Centri scientifici. Il potenziale comunicativo della rete Internet era già

evidente e si era da tempo concretizzato con rivoluzionari servizi come la posta

elettronica, ma ancora non era compiuto quel processo di tecnologia umanizzante che già

aveva permesso ai PC di divenire strumenti di uso comune.

È’ curioso ricordare come la ricerca di Berners Lee non fu considerata in linea con gli obiettivi di ricerca del Cern (allora diretto dal premio Nobel Italiano Carlo Rubbia), in conseguenza di ciò lo scienziato si trasferì negli Usa al MIT. Merita inoltre sottolineare come fu per volontà dello stesso Berners Lee, che il WWW venne diffuso gratuitamente.

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Quella avvenuta all'inizio degli anni '90 del secolo scorso può essere considerata una

seconda nascita della rete Internet, una metamorfosi che l'ha trasformata da apparato

specialistico a tecnologia diffusa, secondo quel processo già visto di reinvenzione sociale

che è alla base del successo di molti media. La veicolazione e visualizzazione dei

contenuti in pagine web ha rivoluzionato la comunicazione in rete, consentendo

l'innovativa integrazione di elementi grafici, elevate funzionalità di interazione e la capacità

di interconnessione trasparente e immediata di risorse distribuite a livello mondiale.

Nel corso della sua breve storia il Web non ha prodotto capolavori di letteratura

ipertestuale, ma ha profondamente trasformato stili, linguaggi, forme espressive.

Scompare l'omogeneità semantica del testo lineare, scompare un contesto narrativo

uniforme. Si tratta di una comunicazione che richiede al lettore lo sviluppo di nuove

strategie interpretative e una partecipazione più attiva alla costruzione dei significati

attraverso la ricerca di percorsi di conoscenza, secondo originali principi associativi indotti

dall'immaginazione e dall'interesse personali. Alle capacità analitiche indotte dal testo

alfabetico si sostituiscono l'abilità di individuare relazioni, di cogliere concetti passando

velocemente su nodi di significato, di operare contemporaneamente con diversi codici

linguistici seguendo molteplici ramificazioni aperte, attivando una sorta di multitasking

cognitivo per distribuire l'attenzione su più processi. La conoscenza non è più divulgata in

autorevoli opere chiuse, ma frammentata in innumerevoli tessere sottoposte a continua

revisione, tutte potenzialmente rilevanti e nessuna decisiva (…). Il fondamento del Web

è il link, il collegamento ipertestuale, o meglio ipermediale, è lo strumento cardine con il

quale prende forma e significato il nuovo spazio del sapere condiviso (…)

1.5. Social-Media

A circa dieci anni dallo sviluppo del Web assistiamo ad una sua trasformazione: il Web

2.0. Se nel primo Web, multimedialità, immediatezza e interattività sono state le tecnologie

che hanno cambiato il modo di comunicare, le strategie del nuovo Web sono affinità,

condivisione, comunità (…)

Si confronti da una parte la riconversione digitale e la pubblicazione on-line delle

storiche enciclopedie a stampa e dall'altra lo sviluppo di Wikipedia. Nel primo caso si tratta

del tentativo di riprodurre meccanicamente in Rete un modello produttivo e organizzativo

consolidato in un sistema economico non connesso; nel secondo, di un progetto concepito

secondo i nuovi processi produttivi di un mondo interconnesso. La Rete non è più solo una

tecnologia di supporto, la Rete cambia tutto e gli esiti editoriali molto incerti del primo caso

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fanno da contraltare al successo culturale ed economico mondiale del secondo. Alla base

di questi risultati c'è ancora una volta la capacità di sfruttare l'intelligenza collettiva della

Rete, che in questo caso produce un meccanismo democratico di auto-controllo sui

contenuti che sorprendentemente si dimostra qui più efficiente e produttivo di qualsiasi

altro.

User generated content è la parola d'ordine dei nuovi prodotti del Web 2.0, ma non si

tratta di una creazione tradizionale basata sull'impegno e la dedizione di una moltitudine di

internauti che ne fanno la loro ragione di vita. Può essere anche la normale interazione

online prodotta da utenti inconsapevoli, che viene valorizzata da immaginifici processi

tecnologici e trasformata in bene sociale, in conoscenza collettiva. La selezione di un link,

con il quale si abbandona una pagina per proseguire la propria navigazione, può essere

tracciata e aggregata per indicare ai futuri visitatori la risorsa di uscita più popolare. I

motori di ricerca analizzano ed elaborano le stringhe digitate dagli utenti per orientare le

ricerche successive (…)

Si può essere protagonisti della Rete anche condividendo solo le proprie

preferenze con qualche semplice click. Se il link è stato l'artefice del primo Web, il tag è la

chiave di volta del secondo. Con il tag possiamo lasciare il nostro segno marcando

qualunque cosa nel Web sociale, è lo strumento di partecipazione individuale che ci

conferisce potere di intervento nel cyberspazio, dove i nostri voti, i nostri giudizi, le nostre

classificazioni, aggregati con ingegnosi algoritmi, decidono il valore e la visibilità delle

risorse digitali. Si stabilisce così l'autorevolezza di un sito, l'efficacia di un servizio, la

convenienza di un acquisto, la reputazione di un blogger (…)

L'acquisizione di una dimensione sociale della Rete impone nuovi ruoli sociali, nuove

identità ai suoi cittadini, e cambia le modalità con le quali conosciamo, lavoriamo,

socializziamo, amiamo (…)

Molta strada quindi è stata percorsa da quando l'hyperlink è stato concepito come

strumento cognitivo individuale, e anche da quando si è immaginato che un giorno una

rete di computer avrebbe potuto interconnettere tutta la conoscenza umana. Oggi Internet,

senza una precisa intenzionalità sovraordinata, si è trasformato in qualcosa di diverso, in

qualcosa di più della semplice interconnessione di macchine, è diventato una mente

sociale, un sistema nervoso digitale capace di produrre conoscenza grazie a inedite

strategie di comunicazione e informazione, grazie cioè ai nuovi media.

aib.it  

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2. I CINQUE PRINCIPI ISPIRATORI DEI NUOVI MEDIA SECONDO MANOVICH

Sono ripresi qui alcuni passi del testo fondamentale di Lev Manovich The Language fo New Media, tratti da una versione riassunta in italiano online in formato PDF su www. digitaleportfolio.files.wordpress.com

Dopo una breve introduzione sull’origine del nuovi media, Manovich tratta i cinque principi che caratterizzano i nuovi media: rappresentazione numerica, modularità, automazione, variabilità, transcodifica.

Nel XX secolo, l’anno chiave per la storia dei media e dei computer è il 1936, quando il matematico inglese Alan Turing descrisse teoricamente la “macchina universale di Turing” che avrebbe operato leggendo e scrivendo numeri su nastro continuo. Il suo diagramma di funzionamento ricorda quello di un proiettore. Se pensiamo alla parola cinematografo, che significa “scrivere il movimento”, possiamo considerare l’essenza del cinema come registrazione e immagazzinamento di dati visibili su supporto materiale. Gli inventori della cinematografia si orientarono verso l’uso di immagini discrete registrate su una striscia di celluloide; gli inventori del computer che avevano bisogno di una velocità superiore della capacità di leggere e scrivere i dati, decisero di archiviarli elettronicamente utilizzando un codice binario. Alla fine di questo percorso i media (cinema e fotografia) e il computer (sviluppi delle macchine da calcolo) si fondono e diventano nuovi media: il computer diventa un processore di media.

Inizialmente il computer poteva leggere una sequenza di numeri, estrarre un risultato statistico o calcolare la traiettoria di un proiettile (obiettivo questo del primo computer ENIAC 1946). Adesso può leggere valori infinitesimali, sfocare l’immagine, ottimizzarne il contrasto e verificare se contiene il profilo di un oggetto. ì

2.1 Rappresentazione numerica

Tutti i nuovi media creati ex novo sul computer o convertiti da fonti analogiche, sono composti da un codice digitale; sono quindi rappresentazioni numeriche. Ciò vuol dire che:

a) un nuovo mezzo di comunicazione si può descrivere in termini formali (matematici);

b) un nuovo mezzo di comunicazione è soggetto a manipolazione algoritmica, in sostanza i media diventano programmabili.

La conversione dei dati continui in rappresentazione numerica prende il nome di digitalizzazione, i dati vengono campionati, la frequenza del campionamento prende il nome di risoluzione. Il campionamento o sampling, trasforma i dati

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continui in dati discontinui (discreti) cioè unità distinte. I vecchi media come la fotografia e la scultura sono veramente continui, mentre quasi tutti i nuovi media implicano la combinazione tra codifica continua e discreta. Nel film ad esempio, ogni inquadratura corrisponde ad una fotografia continua, ma la sequenza temporale è divisa in una pluralità di campioni (inquadrature) (…)

Ma perché allora le tecnologie dei media moderni implicano così spesso la rappresentazione discreta?

La ragione più probabile per cui i media moderni presentano livelli discontinui è che sono nati durante la rivoluzione industriale (standardizzazione e separazione processo produttivo). Anche i sistemi mediali moderni seguivano una logica industriale, nel senso che una volta introdotto un nuovo “modello” dal master si potevano riprodurre gran numero di copie.I nuovi media invece seguono la logica tipica della società post-industriale, quella della personalizzazione che prende il posto della standardizzazione di massa.

2.2  Modularità

Si potrebbe definire questo principio “la struttura frattale dei nuovi media”, il nuovo medium mantiene sempre la stessa struttura modulare.Esempi:

← Il concetto di oggetto nelle applicazioni Office.

← La struttura di un documento Html, ma anche il word wide web è completamente modulare e si compone di una moltitudine di pagine web ognuna composta da elementi multimediali separati. Oltre alla metafora del frattale, c’è un’analogia tra la modularità dei nuovi media e la stessa struttura della programmazione del computer che comporta una scrittura in piccoli moduli autosufficienti (subroutine, funzioni, procedure, script).

← 2.3  Automazione

← La codifica numerica dei media (principio 1: rappresentazione numerica) e la loro struttura modulare (principio 2: la modularità) consentono l’automazione di molte operazioni necessarie, quindi l’intenzionalità umana può essere rimossa, almeno in parte, dal processo. Esempi di quella che si potrebbe chiamare automazione “di basso livello” nella creazione mediale (tecniche ormai collaudate presenti in quasi tutti i software commerciali di editing delle immagini, di grafica, word, ecc.):

programmi come Photoshop che è in grado di correggere automaticamente le foto scannerizzate, migliorando il contrasto ed eliminando il “noise” (disturbi di trasmissione);

programmi di scrittura, d’impostazione delle pagine di presentazione o di siti

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web comprendono degli “agenti” che possono creare automaticamente il layout di un documento.

← Molti siti internet generano automaticamente delle pagine web non appena l’utente raggiunge il sito. I ricercatori stanno lavorando anche su quella che si potrebbe definire automazione “di alto livello” nella creazione mediale inserita in un progetto più vasto di sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI). La generazione di questi media richiede un’analisi semantica e il lavoro compiuto si trova ancora ad una fase iniziale e non è quasi mai incluso nei software commerciali.Il Media Lab del MIT ha sviluppato una serie di progetti dedicati all’automazione “di alto livello” nella creazione e nell’utilizzo dei media, con una “smart camera” che sottoposta ad un certo impulso segue automaticamente l’azione e sceglie le inquadrature. ALIVE è un ambiente virtuale in cui l’utente interagisce con personaggi animati.

← Aggiungo l’esempio di Scratch, prodotto sempre dal MIT, sito che introduce al linguaggio della programmazione per creare animazioni sulla base di costruzioni a mattoncino adatta anche ai ragazzi.

Fermo immagine con esempio di illustrazione realizzata con Scratch

← Un’altra area soggetta a una crescente automazione è quella dell’accesso. L’evoluzione dei computer come mezzo per archiviare e accedere ad enormi quantitativi di materiale mediale ha creato l’esigenza di trovare modalità più efficienti di classificazione e ricerca dei singoli oggetti mediali (…). A partire dal XIX secolo le tecnologie sviluppate per automatizzare le riproduzioni (macchina fotografica, cinepresa, registratore, ecc) hanno permesso di accumulare in 150 anni una quantitativo infinito di materiale (archivi fotografici, librerie di film, archivi audio) (…). L’automatizzazione dell’accesso ai media è diventata la conseguenza logica del processo che ebbe inizio quando fu scattata la prima fotografia. L’ascesa dei nuovi media coincide con questa seconda fase il cui obiettivo è accedere e riutilizzare dati preesistenti piuttosto che crearne dei nuovi.

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2.4 Variabilità

Un nuovo oggetto mediale non rimane identico a sé stesso all’infinito, può essere declinato in versioni molto diverse tra loro. Questa è un’altra conseguenza della codifica numerica dei media (principio 1: rappresentazione numerica) e della struttura modulare dell’oggetto mediale (principio 2: la modularità).

I vecchi media implicavano un creatore che assemblava manualmente una determinata sequenza immagazzinata con un determinato formato in un ordine e da quel master si potevano estrarre il numero di copie desiderato, tutte identiche in accordo con la logica della società industriale.

I nuovi media, invece, sono caratterizzati dalla variabilità, i cui sinonimi sono mutabile e liquido. Invece di riprodurre tante copie identiche, un nuovo oggetto mediale riproduce tante versioni diverse e, invece di essere create integralmente da un essere umano, queste versioni vengono spesso assemblate da un computer (es. pagine web generate automaticamente da un db con modelli creati dai progettisti). Dunque il principio della variabilità è strettamente legato a quello dell’automazione.

La variabilità non sarebbe possibile senza la modularità. Grazie all’archiviazione digitale, gli elementi costitutivi dei media mantengono le loro identità separate e si possono assemblare in un’infinità di sequenze sotto il controllo di un programma.

La logica dei nuovi media corrisponde alla logica postindustriale della “produzione on demand” e alle logiche del “just in time” (ora, adesso).

Alcuni casi particolari del principio della variabilità:

1.Gli elementi costitutivi dei media vengono immagazzinati in un database, da questo provengono – preventivamente o a richiesta – un’enorme varietà di oggetti destinati all’utente finale. Tutto ciò non rappresenta solamente un’implementazione tecnologica del principio di variabilità, ma il database

2. L’ipermedia è un’altra struttura mediale diffusa che concettualmente si avvicina all’interattività ramificata (molto spesso i suoi elementi costitutivi vengono connessi attraverso una struttura ad albero). Gli elementi e la struttura sono indipendenti anziché interdipendenti come avviene nei media tradizionali.

Possiamo confrontare la struttura di un ipermedia che specifica le connessioni tra i singoli nodi con la struttura profonda di una frase proposta nella teoria linguistica di Noam Chomsky.

Un’altra analogia utile è quella della programmazione informatica. Nella programmazione c’è una netta separazione tra algoritmi e dati. Un algoritmo specifica la sequenza delle fasi da eseguire sui diversi dati, proprio come la

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struttura dell’ipermedia specifica una serie di itinerari di navigazione (connessione tra i nodi) che si potrebbero potenzialmente applicare ad un set di oggetti mediatici. La logica dei nuovi media quindi corrisponde a quella della società postindustriale che privilegia l’individualità sulla massificazione (anche il marketing cerca di rivolgersi al singolo individuo). La logica alla quale si ispira la tecnologia dei nuovi media riflette questo modello sociale. Un lettore di un ipertesto ottiene la sua versione personale selezionando l’itinerario. L’utente di un’installazione interattiva vive la propria versione dell’opera.La tecnologia dei nuovi media quindi diventa la realizzazione più perfetta dell’utopia di una società ideale composta da tanti individui unici: le loro scelte sono uniche, anziché pre-programmate e comuni a tutti gli altri. L’artista Jon Ippolito usa la variabilità per descrivere una caratteristica comune ad alcune opere recenti di arte concettuale, ma la variabilità non è solo dell’arte, è una condizione essenziale per tutti i media (media variabili).

Il termine variabilità mira a riflettere la logica della cultura di massa in base alla quale le diverse versioni di uno stesso oggetto hanno in comune alcuni dati ben definiti. Alcune proprietà fungono da prototipo e le varie versioni derivano tutte da questo. Per esempio quando una casa di produzione lancia un nuovo film insieme ad un videogioco, ai gadget, al cd con la colonna sonora, il film è presentato come l’oggetto base e gli altri prodotti derivano da esso.

Sebbene il principio di variabilità è dedotto da altri principi-base dei nuovi media (rappresentazione numerica e modularità delle informazioni) lo si può anche considerare una conseguenza della rappresentazione dei dati e raffigurazione del mondo proprio dei computer: per variabili anziché per costanti, configurando un’idea di libertà di scelta tra varie opzioni. Esempio: in alcuni videogiochi, siti, browser o alcuni sistemi operativi, l’utente può modificare il profilo di un personaggio del gioco, cambiare la disposizione dei folder sul desktop, il modo di presentare files e icone, ecc. Ma noi vogliamo o abbiamo bisogno di questa libertà? Un aspetto critico di questo tipo di libertà lo evidenziamo facendo un parallelo nei sistemi di risposta automatica dove il lavoro viene svolto dai clienti e non più dai dipendenti: i clienti investono tempi ed energie per navigare attraverso i menu per ottenere un risultato.

2.5 Transcodifica

Partendo dai principi materiali di base dei nuovi media (codificazione numerica e organizzazione modulare) siamo passati a due principi di più vasta portata automazione e variabilità. Il quinto ed ultimo principio, quello della transcodifica culturale descrive la conseguenza più rilevante della computerizzazione dei media.

I media computerizzati mostrano ancora un’organizzazione strutturale che ha senso per i propri utenti, sebbene la loro struttura segua gli schemi consolidati dell’archiviazione dei dati tipica del computer. La struttura di un’immagine vista al computer è un esempio significativo: sul piano della rappresentazione appartiene

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alla cultura umana, ma su un piano strutturale è un file costituito da un codice leggibile dalla macchina formato da numeri che rappresentano il valore cromatico dei suoi pixel; queste dimensioni appartengono alla cosmogonia specifica del computer e non alla cultura umana.

I nuovi media quindi si possono configurare in base a due livelli: il “livello culturale” (enciclopedia e racconto, romanzo e sceneggiatura, composizione e opinione, mimesi e catarsi, commedia e tragedia) e il “livello informatico” (processo e pacchetto, sorting e matchting, funzione e variabile, linguaggio computer e struttura dei dati).

I nuovi media per la loro diffusione e fruizione sono talmente legati al computer che il livello informatico condizionerà il livello culturale. La modalità con cui il computer modella il mondo, le operazioni tipiche di tutti i programmi, influenzano il livello culturale e i contenuti dei nuovi media. Ma il livello informatico cambia nel tempo, non rimane fisso ed immutabile per cui il livello informatico e il livello culturale finiscono per influenzarsi a vicenda, anzi, si integrano.

Il risultato di questa integrazione è una nuova cultura computeristica, una miscela tra i significati culturali che hanno modellato il mondo e i modi grazie ai quali il computer li rappresenta.

Possiamo anche reinterpretare i principi dei nuovi media come conseguenze del principio di transcodifica. Nel gergo dei nuovi media “transcodificare” un oggetto significa tradurlo in un altro formato. Ciò vuol dire che le categorie e i concetti culturali vengono sostituiti a livello di significato e/o di linguaggio da nuove categorie e da nuovi concetti che derivano dall’ontologia, dall’epistemologia e dall’uso del computer.

I nuovi media sono precursori di questo processo, più generale, di riconcettualizzazione culturale.

Per capire il fenomeno di questo trasferimento concettuale quale contesto teorico possiamo utilizzare? Se noi confrontiamo i nuovi media con la stampa, la fotografia o la televisione non capiremo mai il fenomeno nella sua totalità, essi infatti somigliano ai media tradizionali ma solo superficialmente: i nuovi media rappresentano una fase nuova nella teoria dei media e per capirne la logica dobbiamo fare riferimento alla scienza informatica, ai suoi nuovi termini, nuove categorie e nuove attività che caratterizzano i media divenuti programmabili. Quindi dagli studi sui media ci stiamo muovendo verso quelli che potremmo chiamare “studi sul software”.

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