programme of the european union - ipia ferraris · riflessione su cui lavorare e speri-mentare....
TRANSCRIPT
Co-funded by the Lifelong Learning Programme of the European Union
UN SALTOtra i banchi di scuola
Jump@School è un modello di intervento europeo studiato per prevenire il fenomeno dell’abbandono scolastico.Il progetto è stato ideato dal CIOFS-FP, promosso dalla Regione Sardegna quale soggetto capofila e co-finanziato dall’Unione Europea.Esso vede la partecipazione dei seguenti partners europei:IVAL – Istituto Italiano di Valutazione (IT), ZSI – Centre for Social Innovation (AT), Fundaciơn de la Comuni-dad Valenciana de Pacto para el empleo en la ciudad (ES), Mardin Provincial directorate of social studies and projects (TR), Training – Research Institute Meri-dium (PL), Caritas – Archdiocese of Gdańsk (PL), Me-tropolisNet (DE), Finis Terrae (IT).La proposta di intervento è stata definita attraverso lo studio e la comparazione di altri modelli europei in atto o già portati a termine. Dei vari elementi emersi dallo studio delle buone pratiche, i seguenti tre sono stati posti alla base del modello elaborato e speri-mentato dal progetto:
• Utilizzo di laboratori, condotti da operatoriprofessionali• Orientamentoesupportoallatransizione• Casemanagement
La sperimentazione di Jump@school è stata portata avanti in sei scuole di tre paesi (Italia, Spagna e Tur-chia). In ogni scuola hanno partecipato 120 ragazzi. Le attività hanno incluso:
- una festa iniziale
- 4 incontri individuali per ogni studente distribuiti lungo i mesi della sperimentazione
- 3 laboratori creativi
- una festa finale
Questa pubblicazione è il ritratto vero e intenso di ciò che è stato il progetto Jump@School nella scuola di Iglesias, Ipia Galileo Ferraris. I laboratori, i ragazzi, le ragazze e quello che è stato fatto durante i mesi di Jump@school sono racchiusi tra queste pagine.
Il team di Jump@School
JUM
PS
@SC
HO
OL
intro
COS'è
video
videofotografiae
Durante la prima fase, prettamente
didattica, sono stati analizzati di-
versi video rivalutando i contenuti
caricati in rete da coetanei dei ra-
gazzi o prendendo spunto da brevi
estratti ludici in cui i ragazzi e le ra-
gazze avrebbero potuto immedesi-
marsi facilmente.
Questa fase ha avuto lo scopo di
incuriosire i ragazzi e confrontarsi
sul percorso da seguire nelle lezioni
successive. Valutata quindi l’ineffi-
cacia di una lezione “ex catedra”, si è
preferito fornire ai ragazzi maggiore
libertà di espressione, mettendo a
disposizione le fotocamere fornite
dall’esperto.
Alla timidezza iniziale è seguita una
fase di maggiore coinvolgimento
che ha permesso agli studenti di
lavorare in maniera più rilassata,
sfruttando l’interesse del gruppo,
piuttosto che dei singoli.
Durante una conoscenza più appro-
fondita è emerso come soltanto po-
chi di loro coltivino interessi specifi-
ci e, a parte qualche raro caso, non
utilizzano gli strumenti foto/video
durante il tempo libero.
Giusto qualche selfie scattato senza troppi pensieri.
Per queste ragioni si è ritenuto uti-
le modulare l’intervento illustrando
applicativamente come funziona-
Alla timidezza iniziale è seguita
una fase di maggiore
coinvolgimento
LABO 1
no le principali dinamiche legate
al mondo della fotografia e del ci-
nema, in modo da fornire spunti di
riflessione su cui lavorare e speri-
mentare.
Grande importanza ha rivestito lo
studio della luce, fondamentale per
realizzare dei ritratti “d’effetto”, e le
modalità in cui la post produzione
riesca ad influire sul risultato finale.
La seconda fase del laboratorio ha
puntato sulla messa in pratica del-
le competenze utilizzando alcune
tecniche analizzate nei video della
parte teorica. Si è mostrata, appli-
cativamente, la teoria del campo e
del controcampo, e ai ragazzi è sta-
ta data la possibilità di sperimenta-
re attivamente il funzionamento di
tale metodo di ripresa.
Il laboratorio si è concluso con la re-
alizzazione di una video intervista collettiva in cui gli studenti hanno
potuto esprimere, in maniera diver-
tente, il loro pensiero sulla scuola e
sull’esperienza in corso.
Le foto realizzate sono state tra-
dotte in un pannello 150x100 cm at-
tualmente ospitato dalla scuola di
Iglesias.
In queste pagine, alcune foto realizzatedurante il laboratorio
L’espertO
Giorgio Marturana
Fotografo.Specializzato in foto-
grafia d’architettura e notturna. Docente di
tecniche fotografiche di base e specifiche per
la fotografia notturna, appassionato di cinema e viaggi, da anni utilizza fotografia e video come strumenti di espressio-
ne della propria personalità.
autostimaAutostima e Motivazione sono due concetti forti. Se pensiamo all’a-dolescenza e al rischio di perdersi, all’abbandonare i propri sogni, beh, allora questi due temi sono proprio centrali. I nostri laboratori ci met-tevano di fronte a un compito di di-screta portata.
Come trattare in nove ore questi due concetti?
E soprattutto... come trattarli in un modo che non fosse freddo e no-zionistico?Perché un conto è parlarne, un al-tro problematizzarli, farli diventare vivibili e trasferibili altrove: da un laboratorio alla vita che c’è là fuo-ri. E a volte, per i ragazzi, la vita che sta fuori difficilmente riesce a con-ciliarsi con il dentro che sta nella scuola, come se vivere una dimen-sione escludesse necessariamente l’altra.
Autostima e Motivazione sono in ef-fetti concetti noti un po’ a tutti, per-ché sappiamo quanto è importante volersi bene e credere in se stessi per andare avanti nella vita. E sap-piamo che ciò che ci spinge in fondo alle cose altro non è che la Motiva-zione. Fin qui tutto ok. Ma di cosa si tratta esattamente? Cosa sono Au-tostima e Motivazione?
Per entrambi i laboratori abbiamo deciso di partire in questo modo: dal dubbio e dalla ricerca di senso, insieme agli studenti e alle studen-tesse, per cercare dei significati non ovvi, personali.
Prima di dare l’avvio ai laboratori sapevamo che avremmo dovuto af-frontare due generi di problemi.
Il primo: la scarsa attenzione dei ragazzi e delle ragazze.
Per i ragazzi, la vita che sta
fuori difficilmente
riesce a conciliarsi con il dentro che sta
nella scuola
motivazionee
LABO 2
Per queste ragioni ogni sessione di laboratorio è stata scandita da un percorso a tappe, in ognuna delle quali si fornivano stimoli differenti e si richiedeva l’impiego di specifiche capacità: astrazione, analisi, rifles-sione, presa in carico delle posizio-ni altrui. Ognuna di queste tappe si è costituita come unità a se stante collegata alle altre da un comune filo logico: il tema portante e l’obiet-tivo di mantenere ottimale la con-centrazione degli studenti attraver-so la diversificazione degli stimoli.
Secondo problema: la loro abitu-dine a essere immersi in un mon-do dettato principalmente dagli stimoli del web.
Per questo abbiamo proposto delle attività che utilizzassero dei media diversificati: immagini, file audio, brevi video, brevi testi scritti. Questa scelta di diversificare la natura de-gli stimoli ha risposto sia all’esigen-za di connetterci con la quotidianità dei ragazzi che con la varietà delle loro intelligenze. Seguendo le sug-
gestioni di Gardner (1994) che parla di “intelligenze multiple”, sapevamo che avremmo dovuto valorizzare in ogni studente e in ogni studen-tessa il loro modo speciale di esse-re intelligenti. Le metodiche erano quindi non “tradizionali”. Per questo abbiamo usato le immagini, i suoni, la scrittura e il gioco. Per arrivare a loro e non obbligarli a seguire noi.
In queste pagine, alcune
fasi delle attività svolte
con i ragazzi
In entrambi i laboratori il punto di partenza sono state una lavagna e la loro creatività guidata dalle no-stre domande. Al termine di ogni in-contro c’erano ancora le nostre do-mande a chiedere una restituzione, pregi e limiti dell’incontro, rendendo quindi i ragazzi il senso di essere davvero attivi nelle attività, e non semplici fruitori passivi.
Nella fase dell’Autostima siamo partiti concentrandoci sui pregiudizi e sugli stereotipi autoriferiti e quan-to questi spesso riescano a limitare i nostri sogni e le possibilità di per-seguirli. Facendo riferimento all’e-sperienza di Marianella Sclavi (La Terra sta Morendo) abbiamo pro-posto ai ragazzi e alle ragazze degli esercizi associativi per scardinare le false credenze che portiamo con noi ogni giorno. Ne abbiamo analiz-zato i significati e le cause partico-lari. Al contempo l’uso di immagini iconiche come strumento autopro-iettivo ha concesso a tutti i parteci-panti di verbalizzare costantemente le proprie idee anche in quei casi in cui la parola faticava a uscire oppu-re lo scritto non era sufficiente per
soddisfare le richieste inoltrate. Su questa base si è inserita appieno la rotazione tra i media, concedendo-ci di creare per ognuno uno spazio adeguato di espressione.
Nella fase della Motivazione abbia-mo deciso di proseguire attraverso la creazione di un piano motivazio-nale per degli ipotetici alunni demo-tivati dalla scuola. Avevamo biso-gno di costruire insieme ai ragazzi un piano d’azione ma, soprattutto, volevamo renderli attivi del pro-cesso creativo. Facendo riferimento alle tecniche di progettazione par-tecipata abbiamo posto in essere la nostra domanda più urgente: Come superare l’anno scolastico? Abbiamo deciso che la soluzione non poteva che arrivare dai ragazzi stessi.
Questo ribaltamento di posizione in cui ragazzi e ragazze doveva-no lasciare da parte le domande e presentare loro stessi delle rispo-ste ha permesso loro di elaborare il problema secondo un’ottica attiva e propositiva. Hanno pertanto la-sciato da parte gli elementi classici
Le metodiche erano quindi non
“tradizionali”. Per questo ab-biamo usato le
immagini,i suoni, la scrit-tura e il gioco.
Per arrivare a loro
e non obbligarli a seguire noi
e scontati che si affacciano solita-mente a chiunque provi a fare i con-ti con il problema: “Studiare di più, impegnarsi con forza, applicarsi…” Tutto corretto, ma abbiamo cerca-to di capire insieme come arrivare a questi momenti.
Il resto l’hanno fatto i video, la scrit-tura in gruppo o in intimità, il con-fronto attivo.
Abbiamo messo in gioco paure e desideri, risate e gioco, momenti di svago e altri di grande concentra-zione. Abbiamo giocato, e lo abbia-mo fatto seriamente. E crediamo che ciascuno studente e ciascuna studentessa si sia portato a casa un pezzettino di lavoro, un pezzettino di gruppo e un pezzettino di sé, della propria bellezza. Della propria intel-ligenza, che a volte faticano tanto a riconoscere.
In nove ore abbiamo fatto un picco-lo cammino con ciascuno dei quat-tro gruppi. È stato un piccolo viaggio insieme che riteniamo molto signifi-cativo per loro e per noi.
gLi esperti
Stefano SimolaLaureato in Filosofia, è esperto di Pratiche
Filosofiche e Tecniche di Progettazione Parteci-
pata. Lavora con ragazzi difficili nelle scuole e nei
contesti domiciliari.
Giulia ZuccaPsicologa e danza tera-peuta. Ha conseguito il dottorato presso l’Uni-versità di Essex (UK) in Assistenza Terapeutica ai Rifugiati nel 2015. Ha
lavorato nelle scuole, di vario ordine, con progetti extracurricolari di danza e movimento e progetti
anti-dispersione scolasti-ca. Collabora attualmente
con lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richie-
denti Asilo e Rifugiati) per la conduzione di attività
gruppali di sostegno psi-cologico ai rifugiati.
Il corso è stato diviso
equamentetra una parte teorica e una
sezione pratica
Un corso di fumetto e scrittura cre-ativa da realizzare in otto ore non è un azzardo: è una follia.
Il tempo incide sui contenuti, e i con-tenuti ancorché scelti con cura, non possono prescindere dai destina-tari. Per questo abbiamo program-mato gli insegnamenti in maniera rigida ma abbiamo scelto di spiega-re in maniera discorsiva, dialettica, provando a coinvolgere i ragazzi e a usare i loro stessi riferimenti narra-tivi, visivi e perfino musicali e video-ludici, per quanto possibile.
Il corso è stato diviso equamente tra una parte teorica e una sezione pratica.
Per la parte teorica di narrazione e scrittura creativa, abbiamo spiega-to come si costruisce una storia di genere, quali sono le dinamiche tra i personaggi; come si passi da un’i-
dea informe ad avere la sceneggia-tura di un fumetto.Per la parte teorica di fumetto e illu-strazione abbiamo mostrato come si crea graficamente un personag-gio, come lo si fa muovere in un ambiente, come parola e immagine siano intimamente correlati nel ro-manzo, nel fumetto, nel cinema, nei videogiochi.Per farlo ci siamo avvalsi di suppor-ti cartacei e video. Abbiamo cerca-to di parlare la lingua di chi ci stava davanti, sforzandoci di capire i loro gusti e le loro attitudini.
La sezione pratica è stata ispira-ta agli esercizi di stile di Raymond Queneau. Abbiamo provato a rac-contare quattro spunti in maniera differente, a variare angolazioni, personaggi, genere narrativo, am-bienti, toni. I ragazzi hanno lavorato sul passaggio dall’idea semplice al soggetto (cioè la breve trama strut-
fumettonarrazionee
LABO 3
turata della storia), per poi passare alla sceneggiatura (la divisione del-la vicenda in scene chiave) e quindi all’illustrazione di un determinato momento della loro storia, in modo che le immagini completassero la narrazione: a volte con illustrazio-ni, a volte con vignette, strip o intere tavole a fumetti.Come veri autori, con delle direttive e delle scadenze,
I lavori finali ci hanno sbalordito.Non tutti, chiaramente. C’è chi ha la-vorato solo perché costretto; chi non vedeva l’ora di andarsene a casa; chi considera il lavoro una pausa noio-sa tra una chat di whatsapp e una foto su instagram.
Perché non è stato mica facile pro-vare a parlar loro di storie, provare a farcele raccontare, provare a far-gliele scrivere e disegnare.
Non è stato facile affatto, perché una delle risposte preferite che i ra-gazzi davano alle nostre domande, ai nostri stimoli, era “Boh”.Un’altra era “Non lo so”. Una terza, “Non ci riesco”.
Usavano questa giustificazione preventiva prima di provare a fare qualsiasi qualcosa. Ma non lo fa-cevano perché apatici o svoglia-ti (o non solo!), ma perché a molti dei ragazzi nessuno (o pochissime persone) hanno mostrato quanta verità possa nascondersi dietro un vecchio adagio banale.
L’adagio banale dice così: “volere è potere”. Ecco: se i ragazzi volesse-ro davvero, potrebbero. Potrebbero portare a termine ciò che comin-ciano, potrebbero conquistare quel ragazzo barra ragazza che gli piace, potrebbero recuperare quelle ma-ledette materie insufficienti.
Invece spesso preferiscono stare fermi, trincerarsi dietro un “Boh”. Un “Non lo so”.Dietro un “Non ci riesco“.
Nel nostro laboratorio i ragazzi hano deciso di fare un primo pas-so. Hanno scritto una storia, dise-gnato un loro personaggio, regalato a qualcuno un’emozione diversa.
La grande maggioranza dei ragazzi
ha infuso nel progetto un impegno encomiabile, quando non addirittu-ra entusiasmo. Un entusiasmo che noi abbiamo cercato di incoraggiare e che ci ha contagiato.
In quei disegni e in quelle parole che i ragazzi ci hanno regalato e che hanno prodotto asssieme a noi c’è il tentativo di alcune persone di quat-tordici, quindici, sedici anni di ma-turare e, soprattutto, di dimostrare all’ambiente che li circonda di es-sere in grado di fare grandi cose, se solo gli si dà fiducia.
A leggerlo, sembra lo sproloquio di un grandissimo ottimista, pare un resoconto grondante di retorica e belle speranze. Ma chi conosce il lavoro con i ragazzi sa che l’unico modo per farli interessare a qualco-sa è INTERESSARSI a loro, per prima cosa.Noi siamo abituati a pensare ai ra-gazzi come ai giovani di oggi, non come agli adulti di domani (locuzio-ne abusatissima). A essere gli adulti di domani, però, solo pochi hanno voglia di insegnarglielo. Ma la speranza che imparino co-
in queste pagine, foto scattate durante i labo-ratori e alcuni elaborati dei ragazzi
gLi esperti
Andrea PauScrittore, sceneggiatore,
essere umano.Scrive romanzi per
ragazzi pubblicati da Einaudi Ragazzi (Rugby
Rebels); Piemme (I Prei-stotopi, spinoff di Gero-
nimo Stilton); DeAgostini (Dinoamici) e fumetti per It Comics (The Believers)
Jean Claudio VinciDisegnatore.
Lavora come illustra-tore di libri per ragazzi
(Einaudi Ragazzi, Mon-dadori, Edizioni San Pa-olo, Agenzia Red Whale,
Fiordaliso, Giunti Editore) e di fumetti (Editoriale
Aurea).
munque, a essere adulti (e a esserlo un po’ meglio di quanto lo siamo noi, magari!), c’è sempre.Ed è una speranza che viene diret-tamente da loro, dai giovani di oggi.
Uno dei ragazzi, uno dei più diffici-li, uno di quelli che abbiamo dovuto stanare dal suo cantuccio di picco-le sicurezze acquisite, dopo l’ultima lezione del laboratorio di fumetto e narrazione si è avvicinato a noi.Ci ha salutati calorosamente. Poi ci ha fatto una domanda.“Ma voi fate altri corsi dalle nostre parti?“
Ecco. Dalle loro parti, anzi, dalla loro par-te, e non solo fisicamente, dovrem-mo starci tutti.
Il progetto Jump@school è stato realizzato con la prezio-sissima partecipazione dei ragazzi dell’Istituto Ipia Galileo Ferraris di Iglesias. Le classi coinvolte sono state le seguenti:
IA MAT, IA SA, IIA SC, ID SA, IB SA, IE SA, II A MAT, III A AT, III B MAT, II C SA, III A AT,
III B ENO, III A MAT
E qui i ragazzi che ci hanno fatto emozionare durante il per-corso insieme:
Atzei Gianluca, Portas Davide, Murru Samuele, Putzolu Sonia, Murtas Valentina, Milia Matteo, Tuveri Francesco, Garia Giulia, Serra Andrea, Cambini Nicole, Arui Federico, Putzolu Andrea, Zanza Giovanni Giuseppe, Cossu Marco, Melis Alessandro, Nuscis Gianluca, Paulis Davide, Collu Nicola, Basiricò Melissa, Congiu Gloria, Lunetta Alessia, Mameli Nicolò, Pani Gioia, Mura Matteo, Pintus Alessan-dro, Palomba Andrea Gaia, Casu Danilo, Gungui Alberto, Carta Lorenzo, Aru Tamara, Foddi Roberto, Dolci Danie-le, Marongiu Jary, Argiolas Angelica, Ingianu Maria Laura, Orrù Gianluca, Maoddi Matteo, Senis Maurizio, Montisci Elia, Lebiu Christian.
Un calorosa ringraziamento è dovuto al preside Massimo Mocci e alla referente docente Cinzia Guaita che ci hanno guidato tra i corridoi della scuola per i mesi che hanno im-pegnato il nostro intervento.
Il team iglesiente del progetto è stato così composto:
Stefano Simola: jump operatorGiulia Zucca: jump operator
Giorgio Marturana: Esperto fotografia e video.Andrea Pau: Esperto scrittura creativa.Jean Claudio Vinci: Esperto Fumetto.Fabiana Barca: Ricercatrice Psicologa
un saltotri banchidi scuola
Grafica, elaborazione
ed editing: Andrea Pau
Testi e immagini: Giorgio Marturana,
Giulia Zucca, Stefano Simula, Andrea Pau,
Jean Claudio Vinci
Copertina:Jean Claudio Vinci
Il presente progetto è f inanziato con il sostegno della Commissione europea. L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità
sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.
Co-funded by the Lifelong Learning Programme of the European Union
IVAL – ITALIAN INSTITUTE OF EVALUATION ZENTrUm Für SOZIALE
INNOVATION
mArDIN PrOVINCIAL DIrECTOrATE OF SOCIAL STUDIES AND PrOJECTS
CArITAS – ArCHDIOCESE OF GDAŃSK