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Patto infermiere cittadino, se si vuole procedere bisogna partire da lì di Ercole Andrea Piani all’interno Elementi conoscitivi per la gestione delle figure di supporto all’assistenza sanitaria pag. 3 Educazione continua in medicina pag. 4 Assistenza ai disabili e il confronto tra le professioni pag. 10 Sport e agonismo nei bambini: come e quando pag. 16 L’orizzonte naturale della professione infermieristica pag. 19 CONTINUA A PAGINA 2 IPASVI NOTIZIARIO DEL COLLEGIO PROVINCIALE INFERMIERI PROFESSIONALI, ASSISTENTI SANITARI,VIGILATRICI D’INFANZIA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO Anno 12 - N. 1 - Luglio 2002 - Sped. ai sensi dell’Art. 2 - Comma 20/c - Legge N. 662 del 23.12.96 - Tab. C - Autorizz. DC/DCI/01/01/L SONDRIO Trimestrale di informazione settoriale - Autorizzazione Tribunale di Sondrio n° 218 del 19-2-1991 - Direttore Responsabile Ercole Andrea Piani Redazione: via Via IV Novembre, 11 - Sondrio - tel. 0342-218427 - fax 0342-517182 - E-mail: [email protected] - [email protected] - Stampa Lito Polaris (So) O ggi giornata dedicata ai bambini. Troppi im- pegni: lavoro, trasfer- te professionali, telefonate ur- genti, incontri da non poter rimandare, basta oggi mi de- dico a loro. E nel dirlo mi sembra di es- sere già migliore, un vero papà con la “p” maiuscola. Li accompagnerò al corso di calcio e poi, mentre loro sono al campo, faccio in tempo ad andare al colloquio a scuola, è giusto che per una volta non deleghi quel compito a mia moglie. Poi tutti a casa, dopo i compiti si gioca in libertà. Il programma è per- fetto e la soddisfa- zione di metterlo in atto pienamente gra- tificante. Prima tappa spo- gliatoio del campo di calcio. Bambini mettersi la divisa, riordinate le vostre cose, non dimentica- tevi le scarpe che vi ho appena comprato e costano un sacco di soldi, ubbidite al- l’allenatore e rispet- tate i vostri compa- gni. Giuste racco- mandazioni, l’indice di gradimento del buon genitore sta sa- lendo rapidamente. Ed ora a scuola. So- no fortunato, non devo aspettare sono stati rispettati gli orari e farò a tempo a tornare a prendere i bambini all’ora giusta. Mi attende una fila di insegnanti schie- rate che mi offrono una seggiolina che se a mio figlio va perfetta, per me è un po’ristretta. Non im- porta, è giusto met- tersi ogni tanto nei panni dei più piccoli. Responso, bambino intelli- gente con ottime capacità ma troppo vivace, fa fatica a ri- manere seduto al suo posto, continua a chiamare i com- pagni, “giocherella” con fo- gli e penne. L’altro giorno ha costruito un aeroplanino di carta e l’ha fatto volare sul- la cattedra della maestra. Massima indignazione, sento calare rapidamente le abilità genitoriali che mi ero appena attribuito, a casa faremo i conti. Il semaforo rosso sta compro- mettendo il regolare svolger- si della tabella di marcia, rie- sco comunque ad arrivare in orario. Ora a casa, compiti e meren- da, e poi si gioca. Sono pas- sate le cinque del pomeriggio. I bambini si scatenano in un lancio di cuscini saltando sui divani, non posso non inter- venire, ragazzi questi giochi in casa non si possono fare, si esce in cortile. Accompagnati dall’ormai in- separabile pallone usciamo. Uno cade sul cespuglio, l’al- tro strappa un ramo per usar- lo come spada, il pallone at- terra sulle rose, un piede sta per calpestare il prato appe- na seminato. Sembra di assistere alla di- scesa dei barbari. Alt, non si può, si torna in ca- sa. Possiamo giocare con la play – station? Giusta richiesta, seduti da- vanti allo schermo si da inizio alla lotta virtuale. Più stanco di quanto lo sia dopo un’intera giornata di la- voro li osservo mentre gioca- no. Calci, pugni, spintoni, in- somma botte a volontà. Le mani che si muovono freneti- che a rincorrere i tasti, ac- compagnate dal movimento di tutto il corpo che, relegato in un piccolo spazio, sembra op- porsi a una camicia di forza, il volto contratto in smorfie di una indicibile violenza, la vo- ce che si altera in striduli ur- li di combattimento, i miei ra- gazzi mi parlano della loro rabbia. Ogni personaggio at- terrato dà seguito a un’esplo- sione di forzata felicità. Mi chiedo che c’è dietro a quei volti da distruggere, e non posso che vedere me stes- so, la maestra, l’allenatore, o più in generale il mondo adul- to che non comprende. L’indice del buon genitore è sceso inesorabilmente al di sotto del livello minimo. Il giorno dopo ecco ad attendermi un plico di carte da fir- mare, orari da com- pilare, chiamate te- lefoniche a cui dover rispondere, se non ultimo tutte le in- combenze prima di sera la macchina dell’efficientismo si blocca. Mi sento pri- gioniero di una bu- rocrazia sempre più contorta di cui sono solo l’anello d’ini- zio. La richiesta scritta che ho sul tavolo do- vrà passare ancora altri uffici, controlli, supervisioni, verifi- che. Bisogna esser sicuri che nulla ven- ga sprecato, che le richieste corrispon- dano a queste neces- sità. Ed ecco sorgere co- mitati di controllo, di verifica, una cate- na senza fine di vigi- lanza che non per- metta a nessuno di fare il “furbo”. Giu- sto, bisogna partire dal presupposto che la furbizia nasce con l’uomo, che le capa- cità professionali uniti a buon senso e buona volontà non sono sufficienti a ga- rantire l’efficienza di un sistema. Mi scorrono davanti agli oc- chi le immagini della lotta virtuale, mi distraggono e sento crescere la rabbia. Mi hanno insegnato che nulla di ciò che si genera dentro di noi è privo di senso, che bisogna imparare ad ascoltarsi per dare significato ad ogni ec- “LA TUTELA DEL BAMBINO ABBANDONATO: AFFIDO E ADOZIONE” di A. Callegari* Le priorità di intervento enunciate dalle normative vigenti L’ abbandono provoca nel bambino una ferita profonda perché com- porta la perdita improvvisa dei punti di riferimento e la perce- zione di essere rifiutato, due eventi che incidono in modo di- struttivo sulla persona che si sta costruendo. Il problema dell’infanzia abban- donata ha preoccupato nel corso dei secoli le persone religiosa- mente motivate e socialmente più sensibili. La storia precedente dell’infan- zia è, a dir poco, drammatica: per il diffuso e moralmente accetta- to fenomeno dell’abbandono dei figli (incentivato dal sistema del- la “ruota”); per l’assoluto disin- teresse verso l’elevatissima mor- talità dei bambini trovati ed ac- colti negli ospizi di carità; per le violenze ed i gravi abusi perpe- trati dagli adulti sui minori; per lo sfruttamento del lavoro mino- rile. La stessa Bibbia narra di stragi infantili; la mitologia greca è ric- ca di storie di uccisione di figli; le tradizioni parlano spessissimo di sacrifici rituali dei bambini. Nel diritto romano la “patria po- testas” conferiva legalmente al padre il diritto di vita e di morte sul figlio. Solo a partire dal 374 d.C. l’uc- cisione di un bambino veniva considerata come omicidio. L’insostituibilità della famiglia, della sua atmosfera di sicurezza, di affetto, di stabilità di vincoli esclusivi e profondi che oggi è In caso di mancato recapito restituire a: Collegio IPASVI - Via IV Novembre, 11 - 23100 Sondrio

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Page 1: Patto infermiere cittadino, “LA TUTELA DEL … › Parliamone_luglio_2002.pdfcostruito un aeroplanino di carta e l’ha fatto volare sul-la cattedra della maestra. Massima indignazione,

Patto infermiere cittadino,se si vuole procedere bisogna partire da lì

di Ercole Andrea Piani

all’interno

Elementi conoscitiviper la gestione delle figure di supportoall’assistenza sanitaria pag. 3

Educazione continuain medicina pag. 4

Assistenza ai disabilie il confronto tra le professioni pag. 10

Sport e agonismo nei bambini:come e quando pag. 16

L’orizzonte naturaledella professioneinfermieristica pag. 19

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IPASVI

NOTIZIARIO DEL COLLEGIO PROVINCIALEINFERMIERI PROFESSIONALI,

ASSISTENTI SANITARI, VIGILATRICI D’INFANZIADELLA PROVINCIA DI SONDRIO

Anno 12 - N. 1 - Luglio 2002 - Sped. ai sensi dell’Art. 2 - Comma 20/c - Legge N. 662 del 23.12.96 - Tab. C - Autorizz. DC/DCI/01/01/L SONDRIO

Trimestrale di informazione settoriale - Autorizzazione Tribunale di Sondrio n° 218 del 19-2-1991 - Direttore Responsabile Ercole Andrea PianiRedazione: via Via IV Novembre, 11 - Sondrio - tel. 0342-218427 - fax 0342-517182 - E-mail: [email protected] - [email protected] - Stampa Lito Polaris (So)

Oggi giornata dedicataai bambini. Troppi im-pegni: lavoro, trasfer-

te professionali, telefonate ur-genti, incontri da non poterrimandare, basta oggi mi de-dico a loro.E nel dirlo mi sembra di es-sere già migliore, un veropapà con la “p” maiuscola.Li accompagnerò al corso dicalcio e poi, mentre loro sonoal campo, faccio in tempo adandare al colloquio a scuola,è giusto che per una volta nondeleghi quel compitoa mia moglie. Poitutti a casa, dopo icompiti si gioca inlibertà.Il programma è per-fetto e la soddisfa-zione di metterlo inatto pienamente gra-tificante.Prima tappa spo-gliatoio del campodi calcio. Bambinimettersi la divisa,riordinate le vostrecose, non dimentica-tevi le scarpe che viho appena compratoe costano un saccodi soldi, ubbidite al-l’allenatore e rispet-tate i vostri compa-gni. Giuste racco-mandazioni, l’indicedi gradimento delbuon genitore sta sa-lendo rapidamente.Ed ora a scuola. So-no fortunato, nondevo aspettare sonostati rispettati gliorari e farò a tempoa tornare a prenderei bambini all’oragiusta.Mi attende una filadi insegnanti schie-rate che mi offronouna seggiolina chese a mio figlio vaperfetta, per me è unpo’ristretta. Non im-porta, è giusto met-tersi ogni tanto neipanni dei più piccoli.Responso, bambino intelli-gente con ottime capacità matroppo vivace, fa fatica a ri-manere seduto al suo posto,continua a chiamare i com-pagni, “giocherella” con fo-gli e penne. L’altro giorno hacostruito un aeroplanino dicarta e l’ha fatto volare sul-

la cattedra della maestra.Massima indignazione, sentocalare rapidamente le abilitàgenitoriali che mi ero appenaattribuito, a casa faremo iconti.Il semaforo rosso sta compro-mettendo il regolare svolger-si della tabella di marcia, rie-sco comunque ad arrivare inorario.Ora a casa, compiti e meren-da, e poi si gioca. Sono pas-sate le cinque del pomeriggio.I bambini si scatenano in un

lancio di cuscini saltando suidivani, non posso non inter-venire, ragazzi questi giochiin casa non si possono fare, siesce in cortile.Accompagnati dall’ormai in-separabile pallone usciamo.Uno cade sul cespuglio, l’al-tro strappa un ramo per usar-lo come spada, il pallone at-

terra sulle rose, un piede staper calpestare il prato appe-na seminato.Sembra di assistere alla di-scesa dei barbari.Alt, non si può, si torna in ca-sa.Possiamo giocare con la play– station?Giusta richiesta, seduti da-vanti allo schermo si da inizioalla lotta virtuale.Più stanco di quanto lo siadopo un’intera giornata di la-voro li osservo mentre gioca-

no. Calci, pugni, spintoni, in-somma botte a volontà. Lemani che si muovono freneti-che a rincorrere i tasti, ac-compagnate dal movimento ditutto il corpo che, relegato inun piccolo spazio, sembra op-porsi a una camicia di forza,il volto contratto in smorfie diuna indicibile violenza, la vo-

ce che si altera in striduli ur-li di combattimento, i miei ra-gazzi mi parlano della lororabbia. Ogni personaggio at-terrato dà seguito a un’esplo-sione di forzata felicità.Mi chiedo che c’è dietro aquei volti da distruggere, enon posso che vedere me stes-so, la maestra, l’allenatore, opiù in generale il mondo adul-to che non comprende.L’indice del buon genitore èsceso inesorabilmente al disotto del livello minimo.

Il giorno dopo eccoad attendermi unplico di carte da fir-mare, orari da com-pilare, chiamate te-lefoniche a cui doverrispondere, se nonultimo tutte le in-combenze prima disera la macchinadell’efficientismo siblocca. Mi sento pri-gioniero di una bu-rocrazia sempre piùcontorta di cui sonosolo l’anello d’ini-zio.La richiesta scrittache ho sul tavolo do-vrà passare ancoraaltri uffici, controlli,supervisioni, verifi-che. Bisogna essersicuri che nulla ven-ga sprecato, che lerichieste corrispon-dano a queste neces-sità.Ed ecco sorgere co-mitati di controllo,di verifica, una cate-na senza fine di vigi-lanza che non per-metta a nessuno difare il “furbo”. Giu-sto, bisogna partiredal presupposto chela furbizia nasce conl’uomo, che le capa-cità professionaliuniti a buon senso ebuona volontà nonsono sufficienti a ga-rantire l’efficienza di

un sistema.Mi scorrono davanti agli oc-chi le immagini della lottavirtuale, mi distraggono esento crescere la rabbia. Mihanno insegnato che nulla diciò che si genera dentro di noiè privo di senso, che bisognaimparare ad ascoltarsi perdare significato ad ogni ec-

“LA TUTELA DEL BAMBINOABBANDONATO:

AFFIDO E ADOZIONE”di A. Callegari*

Le priorità di interventoenunciate dalle normative vigenti

L’abbandono provoca nelbambino una feritaprofonda perché com-

porta la perdita improvvisa deipunti di riferimento e la perce-zione di essere rifiutato, dueeventi che incidono in modo di-struttivo sulla persona che si stacostruendo.Il problema dell’infanzia abban-donata ha preoccupato nel corsodei secoli le persone religiosa-mente motivate e socialmentepiù sensibili.La storia precedente dell’infan-zia è, a dir poco, drammatica: peril diffuso e moralmente accetta-to fenomeno dell’abbandono deifigli (incentivato dal sistema del-la “ruota”); per l’assoluto disin-teresse verso l’elevatissima mor-talità dei bambini trovati ed ac-colti negli ospizi di carità; per leviolenze ed i gravi abusi perpe-trati dagli adulti sui minori; perlo sfruttamento del lavoro mino-rile.La stessa Bibbia narra di stragiinfantili; la mitologia greca è ric-ca di storie di uccisione di figli;le tradizioni parlano spessissimodi sacrifici rituali dei bambini.Nel diritto romano la “patria po-testas” conferiva legalmente al

padre il diritto di vita e di mortesul figlio.Solo a partire dal 374 d.C. l’uc-cisione di un bambino venivaconsiderata come omicidio.L’insostituibilità della famiglia,della sua atmosfera di sicurezza,di affetto, di stabilità di vincoliesclusivi e profondi che oggi è

In caso di mancato recapito restituire a:Collegio IPASVI - Via IV Novembre, 11 - 23100 Sondrio

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Patto infermiericittadino...

N.1 • Luglio 20022

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cesso di rabbia che sembraapparentemente ingiustifica-ta. Metto alla prova le teorieimparate e mi lascio guida-re dal sentimento che si è ge-nerato.Faccio un giro per il repar-to, tutto in ordine, l’ambien-te pulito, i turni rispettati, leterapie somministrate. Lamacchina gira. Entro nellaprima camera che mi capita,nel letto di destra un anzia-no allettato allunga il collocome se desiderasse affac-ciarsi alla finestra. Mi avvi-cino incuriosito e vengo asapere che desidererebbespostare il letto un po’più inlà, vorrebbe vedere cosa c’èoltre la fila di alberi del pez-zo di montagna che riesce aintravedere. Domando seabbia già espresso quel de-siderio e mi dice che quan-do lo ha detto gli è stato ri-sposto che non era possibilefarlo per non alterare la di-sposizione della stanza.Mentre avvicino il letto allafinestra lo sento esclamareche era proprio come imma-ginava, c’erano un gruppodi baite e non smette diguardare l’orizzonte che si èallargato.Devo ricordarmi di disporreche quel letto rimanga inquella posizione.Sul corridoio un altro anzia-no si tiene al muro proce-dendo a piccoli passi. Vuoleandare al bagno perché hadimenticato il fazzoletto. Glidomando perché non l’abbiarichiesto al personale e luirisponde che non vuole di-sturbare, sono così bravi,sempre di corsa, hanno tan-to da fare non è il caso didare fastidio per una scioc-chezza.Lo prendo sottobraccio e in-sieme andiamo a recuperareil logoro fazzoletto dimenti-cato.La rabbia nel frattempo èandata calando, mi sentomeglio. Riesco a proseguireil mio lavoro con più tran-quillità e un sorriso bonario.Giusta la burocrazia, giustol’efficientismo, i controlli ele supervisioni, ma c’è qual-cosa di ancor più giusto.Prima di uscire appendo incorsia il patto infermiere cit-tadino, se si vuole procede-re bisogna partire da lì.Prendo un pomeriggio di li-bertà e propongo ai bambi-ni di andare a costruire unacapanna nei boschi. Porto ilnecessario, organizzo il la-voro ma dopo poco mi ac-corgo di essere quasi ditroppo. Si sono distribuiti icompiti lavorando con tena-cia alla riuscita della loroopera. Riescono a stupirmi,i volti sono rilassati, qui do-ve potrebbero urlare usanotoni più sommessi come sevolessero rispettare i ritmidella natura, finalmente l’e-nergia della loro giovane etàha trovato uno sfogo co-struttivo.Io ho potuto trarre le mieconclusioni, ad ognuno lalibertà di avere le sue.

ribadita da documenti etico-so-ciali di valore universale, e dallanostra Costituzione, rappresentail lungo e proficuo cammino diconquiste delle scienze mediche,biologiche e psico-socio-peda-gogiche.Di fondamentale importanza so-no risultate le ricerche condotte,in Europa e negli Stati Uniti, daesperti giunti concordamente adaffermare che le cure materne epaterne prodigate al bambino neiprimi anni di vita sono indispen-sabili per l’armonico sviluppodella sua salute mentale.Gli studi scientifici di Bowlby(svolti in Italia nel 1950 per con-to dell’Organizzazione mondia-le della Sanità) hanno documen-tato le gravi e permanenti conse-guenze d’ordine psico-fisico al-la personalità del bambino pri-ma, e dell’adulto poi, da prolun-gate ospedalizzazioni.Nella società attuale la conside-razione degli adulti è profonda-mente mutata e, almeno a paro-le, unanime è la condanna dellaviolenza sul bambino, ricono-sciuto cittadino a pieno titolo.Gli ordinamenti giuridici hannofatto proprie, e formalizzato innorme di comportamento, le ac-quisizioni delle scienze umanesui temi dell’infanzia e dei suoibisogni.E’ stata la Dichiarazione dei di-ritti del fanciullo, approvata aGinevra dalla Società delle Na-zioni nel 1924 a porre le basi perla tutela diffusa dell’infanzia,cui, per la prima volta ed in mo-do solenne vengono riconosciu-ti dei diritti, e più precisamentediritti elementari; ad essere nu-triti, curati, accolti, soccorsi seorfani o abbandonati; a ricevereper primi i soccorsi in caso di ca-lamità; ad essere protetti controogni forma di sfruttamento; adessere messi in condizioni diguadagnarsi da vivere.Negli anni successivi il progres-sivo riconoscimento, sul pianoculturale, della persona umanaha visto gli Stati impegnarsi nel-l’emanazione della Dichiarazio-ne dei Diritti dell’uomo (1948) edi una nuova Carta dei diritti delfanciullo (1959).La legislazione italiana che, perlungo tempo, ha risposto in mo-do inadeguato, o comunque conistituti giuridico-assistenziali na-ti con compiti diversi da quelliche hanno dovuto svolgere in se-guito, si è pienamente confor-mata alle enunciazioni dei nuoviprincipi.La Carta costituzionale (1948)nel riconoscere e garantire i di-ritti inviolabili dell’uomo, ha de-dicato precisi articoli (2-3-30-31) ai ragazzi.La più concreta affermazionedella “centralità” del minore, delsuo esclusivo bisogno di avereuna famiglia “garante” dei suoi“interessi” di figlio, è però avve-nuta con l’introduzione, nel1967, dell’istituto della così det-ta “adozione speciale”.Lo spirito di tale legge ( n. 431),definita una vera e propria rivo-luzione copernicana, fu quello didare al minore abbandonato ilmassimo della protezione giuri-dica, oltre che offrirgli la possi-bilità di affrontare alcuni dei pro-blemi derivanti dalla deprivazio-ne affettiva a seguito di precocie prolungate istituzionalizzazio-ni.Di colpo venivano spazzati via ildiritto del sangue, la considera-zione dei figli come oggetto dipossesso, la pretesa del prevale-re del mero atto psicologico delpartorire su una maternità e pa-ternità quotidianamente ricca di

attenzione e cure verso il propriofiglio.I problemi interpretativi ed ap-plicativi della nuova normativa,la definizione del concetto di ab-bandono e, correlativamente,l’individuazione del contenutodegli obblighi di assistenza postia carico del genitore sono statil’occasione di un fermento distudi e di attenzioni sui problemidei minori e della famiglia.Gli esperti hanno proclamato ildiritto del minore all’educazio-ne, in esso comprendendo tuttigli aspetti di cura e tutela indi-spensabili per una sana crescita;i giudici minorili sono stati inve-stiti del ruolo di promotori deidiritti dell’infanzia.Per la prima volta il mondo deibambini abbandonati, maltratta-ti, trascurati ha trovato l’ascoltoanche delle classi medio-bor-ghesi, quelle interessate ad ave-re un figlio in adozione.La cultura puerocentrica cheaveva ispirato il legislatore del1967, è stata fatta propria dallaRiforma dei diritto di famigliadel 1975, che ha trasfuso la su-premazia dell’interesse del mi-nore nelle disposizioni normati-ve regolanti i rapporti tra genito-ri e figli.In un ormai consolidato clima disensibilità ai problemi dell’in-fanzia, interveniva la legge184/83 a puntualizzare una seriedi delicati aspetti dei due princi-pali istituti a tutela dei minori, insituazione di pregiudizio, perchéprivi di cure materiali e moraliloro dovute nell’ambito della fa-miglia d’origine.Il progetto della normativa siispirava ad un’idea conforme al-la Costituzione: completare at-traverso la “disciplina dell’ado-zione e dell’affidamento dei mi-nori” quel disegno di uguaglian-za nei diritti che già la Riformadel diritto di famiglia aveva trac-ciato, eliminando le disparità cheprima distinguevano la prole se-condo la sua condizione di legit-timità e non.La legge 184/83 ha disciplinato,per la prima volta, l’istituto del-l’affidamento familiare e dell’a-dozione internazionale (poi rifor-mata dalla legge 476198 di rati-fica della Convenzione de l’Ajarelativa alla cooperazione tra ivari Paesi per la protezione deiminori stranieri, nella confermadell’uguaglianza di tutti i bam-bini nel fondamentale diritto difamiglia).Ha abrogato l’istituto dell’affi-liazione e le norme regolativedell’adozione ordinaria per i mi-nori d’età.Ha anche abolito l’adozione spe-ciale, con la quale si è collocatain termini ideali di continuità eda cui ha riconosciuto il merito diaver compiuto un ulteriore note-vole passo verso un trattamentodi maggior giustizia nei con-fronti dell’infanzia abbandonata.I problemi dell’ affido e dell’a-dozione sono particolarmenteavvertiti nel momento attuale.Da alcuni anni si susseguono, alriguardo, convegni e dibattiti edinoltre, la stampa riporta fre-quentemente notizie di bambinii cui elementari diritti di cresci-ta vengono violati o negati.Affidamento familiare o adozio-ne hanno come connotato co-mune quello di essere ambeduestrumenti di intervento a favoredi un soggetto minorenne, che sirisolvono nel di lui allontana-mento dalla famiglia di origine:l’affidamento, prevede la reinte-grazione del bambino nel suocontesto di vita, allorquando siacessata quella temporanea con-dizione patologica che ne avevasconsigliato la permanenza pres-

so i genitori; l’adozione, invece,determina un allontanamento ra-dicale e definitivo di un bambi-no dichiarato in stato di abban-dono dal Tribunale per i mino-renni, perché “privo di assisten-za morale e materiale” da partedei genitori o dei parenti tenuti aprovvedervi.Entrambi sono istituti di tradi-zione antichissima.L’affidamento famigliare ha unastoria che lo vede trasformarsi darealtà di fatto in istituto giuridi-co, caratterizzato in modo so-stanzialmente diverso dal prece-dente “baliatico” o dall’adozio-ne.Il termine affidamento, cui si facenno nella legge 2277/1925istitutiva dell’OMNI (Opera Na-zionale Maternità Infantile) ed inalcuni articoli del codice civile,ricorre con un nuovo significatoin congressi nazionali ed inter-nazionali, nonché in alcuni do-cumenti giuridici, a partire daglianni settanta.La mutata politica socio-assi-stenziale e gli influssi derivantidalla nuova ideologia, di fami-glia aperta definiscono l’affida-mento famigliare come strumen-to “terapeutico” per il minore ela sua famiglia come “farmacod’elezione” cioè sostegno pertutte le ipotesi di semi-abbando-no di un minore la cui famiglia,individuata quale luogo ottimaledi crescita, è in difficoltà e nonpuò occuparsi di lui.L’adozione, nel suo significatopiù ampio di ammissione in fa-miglia di una persona estranea,inizia a lasciare le proprie traccenella raccolta delle leggi meso-potaniche al tempo del sovranoHammurabi (1792-1750 a.C.).Proprio perché l’adozione ri-sponde a bisogni di vita dell’uo-mo, bisogni mutevoli e differen-ti, a seconda del tipo di società incui viene praticata, la troviamonelle più elevate culture che con-fluirono nel Mediterraneo (quel-la greca, romana, egiziana).Per molti anni in Italia l’adozio-ne (denominata ordinaria o tra-dizionale) sembrò continuare aservire gli interessi degli adulti,sia come mera possibilità di pro-curarsi una discendenza, sia co-me strumento per mantenere al-la famiglia le proprietà, il ruolo,

il prestigio.Tendenzialmente non assolvevaad alcun compito educativo, nonsi preoccupava dell’incidenza sulbambino delle precedenti espe-rienze di vita e risultava, pertan-to, inadeguata alle reali esigenzedi completa integrazione del mi-nore nella nuova famiglia.Il figlio di ignoti continuava adessere in posizione discriminataed era enfatizzata la differenzatra figli legittimi e adottivi.Sono state le grandi trasforma-zioni economiche, sociali e cul-turali che hanno investito ilmondo negli anni ‘60-’70, con ilconseguente modificarsi del mo-dello di vita degli individui, delconcetto di famiglia, del signifi-cato del rapporto dell’infanzia edell’adolescenza, che hanno evi-dentemente contribuito a cam-biare la realtà in cui si muoveva-no e l’affido e l’adozione.Il momento storico di rottura conla cultura adultocentrica è rap-presentato, come già detto, dallalegge 431167 che ha incisoprofondamente nel costume at-traverso una semplice ma larga-mente condivisibile idea di fon-do: dare una famiglia ad un bam-bino abbandonato e non un bam-bino ad una coppia senza figli.E’ stata una concezione radical-mente innovata d’infanzia come“spazio della vita protetto e di-stinto” che ha prodotto, a livellonormativo, la trasformazione deldiritto minorile da un diritto suiminori ad un diritto per i mino-ri.Il riconoscimento del minore co-me soggetto e non più come og-getto di diritti permea la legge184/83 che, unitamente alla leg-ge 14912001, da cui è stata mo-dificata, costituisce l’odierno te-sto base in materia di affida-mento famigliare e adozione.Ancora una volta la famiglia che,dalla Carta costituzionale è tute-lata e valorizzata, è evidenziatacome insostituibile e fondamen-tale diritto del minore, nonché ri-sorsa per la comunità e per quan-ti nella stessa ne siano tempora-neamente o definitivamente pri-vi.La recente normativa, ribadiscegià nel suo titolo il diritto del mi-nore alla famiglia, innanzitutto lasua origine e quando questo non

è possibile, secondo le situazio-ni, una affidataria o adottiva, estabilisce inoltre il superamento,entro il 31.12.06 del ricovero inistituto.La stessa se, da un lato, ha in-trodotto alcune significative mo-difiche in materia di affidamen-to, dall’altra sta già suscitandodissensi e preoccupazioni per al-cune disposizioni che sembranotornare a privilegiare più le pre-tese degli adulti che le reali esi-genze dei minori in stato di adot-tabilità (V., ad esempio,l’eleva-zione della differenza massimadi età fra adattanti e adottato a 45anni, con possibilità di ulterioriproroghe in circostanze specifi-che; l’opportunità concessa al-l’adottato di venticinque anni dirichiedere l’autorizzazione adaccedere alle informazioni ri-guardanti le proprie origini).Una tematica come quella del-l’affidamento famigliare e del-l’adozione si rivela talmente va-sta e complessa che risulta dav-vero difficile prevedere tutte levicende e le loro possibili impli-cazioni.Si tratta, inoltre, di un campo do-ve è facile scivolare nell’emo-zione, nel coinvolgimento senti-mentale, poiché nessun argo-mento è capace di suscitare par-tecipazione ed enfasi quanto lavicenda di un bambino “nato insalita”, cioè precocemente pro-vato da privazioni e lacerazioni,abbandoni che devono essereadeguatamente affrontati.Proprio per tale motivo è neces-sario per tutti, giudici, operatorisociali, genitori naturali, fami-glie affidatarie, aspiranti genito-ri adottivi, un sistema di riferi-mento il più esaustivo possibilee soprattutto volto ad evidenzia-re che il fine primo della giusti-zia minorile è quello di tutelarela “centralità del minore”.Questa “cultura dei minori”spesso implica criteri non codi-ficati e comunque difficilmentecodificabili, ma rappresenta unasicura chiave di interpretazionedelle norme che risultassero an-cora, nonostante le intenzioni, dinon immediata lettura.

* giudice onorario presso il Tri-bunale per i minorenni di Mila-no.

“LA TUTELA DEL BAMBINO ABBANDONATO: AFFIDO E ADOZIONE”CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA

UN GRAZIE DOVUTOProponiamo la lettera inviata ai Commissari nominati in reggenza del Collegio dal Ministeroalla Salute (ndr)

Ai Commissari Straordinari:Rosella Baraiolo, Giovanni GandossiniClaudio Tagliapietra.LORO INDIRIZZI

Cari Colleghi, all’inizio di questo mandato, e a nome del Consiglio Direttivo e del Collegiodei Revisori dei Conti appena eletti, ritengo doveroso rivolgere a Voi i più sentiti apprezza-menti per il difficile compito che avete svolto nell’interesse della professione infermieristicadella nostra Provincia.Nell’augurarmi di poter svolgere con altrettanto impegno il compito di rappresentante delnostro Collegio, ritengo doveroso ringraziarvi per aver promosso la partecipazione deiColleghi che oggi sono la vera ricchezza del nuovo Collegio.Sarà mio dovere promuovere la partecipazione alle varie iniziative che andremo ad intra-prendere in un clima di ritrovato impegno ed ottimismo.Con infinita riconoscenza.

Ercole Andrea Piani

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N. 1 • Luglio 2002 3

Obiettivo:

Il presente documento mira achiarire ruolo e competenzedelle diverse figure di suppor-to attualmente esistenti e, inparticolare, a fornire al pro-fessionista infermiere criteriguida, utili nella fase di ge-stione e di attribuzione, al per-sonale di supporto, di compi-ti funzionali all’assistenza in-fermieristica.

Destinatari:

Il documento è principalmen-te destinato a tutti gli infer-mieri che, nell’ambito dell’e-sercizio professionale, intera-giscono con le figure di sup-porto. In considerazione dei conte-nuti del documento è auspica-bile una sua diffusione e co-noscenza anche nell’ambitodella formazione universitariainfermieristica oltre che nel-l’ambito della dirigenza infer-mieristica nei suoi diversi li-velli.Una conoscenza dei contenutidel documento è altresì racco-mandabile a tutti coloro che,pur non appartenendo alla pro-fessione infermieristica si oc-cupano di gestire strutture sa-nitarie e/o socio-sanitarie.

L’INFERMIERE E LE FIGURE DI SUPPORTOAllo scopo di favorire ed ap-profondire la conoscenza delruolo, delle competenze, delleresponsabilità e delle relazio-ni gerarchiche delle figure disupporto esistenti, si propone,di seguito, un’analisi compa-rata a cui segue un breve eriassuntivo commento.

Sull’ausiliario socio-sanitario specializzato• E’ essenzialmente una figu-

ra di supporto tecnico-ese-cutivo che pertanto non go-de di alcuna autonomia de-cisionale nell’ambito del-l’assistenza infermieristica

• Agisce sotto la diretta re-sponsabilità del caposala o,in sua assenza, dell’infer-miere

• E’ esclusivamente responsa-bile della corretta esecuzio-ne delle mansioni affidategli

• Esegue mansioni prettamen-te manuali e caratterizzatedall’elemento della lorosemplicità di esecuzione

Sull’ausiliario socio-assistenziale (ASA)• Agisce autonomamente in-

tegrando e coordinando lapropria attività con quella dialtre figure professionali (trale quali è citato il personalesanitario)

• E’ esclusivamente responsa-bile della corretta esecuzio-ne delle mansioni svolte

• Esegue interventi diretti sul-l’utente finalizzate a fornireun supporto nelle attività divita quotidiane, nell’aiutodomestico e nella cura degliambienti nonché prestazioniigienico-sanitarie di sempli-ce attuazione.

Sull’operatore tecnico ad-detto all’assistenza (OTA)• E’ essenzialmente una figu-

ra di supporto tecnico-ese-cutivo che pertanto non go-de di alcuna autonomia de-cisionale nell’ambito del-l’assistenza infermieristica

• Agisce sotto la diretta re-sponsabilità del caposala o,in sua assenza, dell’infer-miere

• E’ esclusivamente responsa-bile della corretta esecuzio-ne delle mansioni affidategli

• Esegue interventi in autono-mia (attività alberghiere, dipulizia e manutenzione, ditrasporto, di sanificazione)ed altri, molto semplici, in

collaborazione o su indica-zione del personale infer-mieristico (igiene personale,mobilizzazione)

Sull’operatore socio-sanita-rio (OSS)• E’ una figura di supporto al-

l’assistenza socio-sanitariagenericamente intesa chegode di maggior autonomiae maggiori competenze ri-spetto alle precedenti

• Agisce secondo le indica-zioni contenute nei piani dilavoro e nei protocolli pre-disposti dal personale sani-tario e sociale preposto

• E’ esclusivamente responsa-bile della corretta esecuzio-

ne delle mansioni svolte e/oattribuite

• Esegue interventi caratteriz-zati da bassa discrezionalitàed alta riproducibilità dellatecnica utilizzata. Gli inter-venti riguardano l’assistenzadiretta e l’aiuto domesticoalberghiero, l’ambito igieni-co-sanitario e sociale, il sup-porto e l’integrazione nelcontesto organizzativo deiservizi e la collaborazionecon l’équipe assistenziale.Tali interventi possono esse-re svolti in autonomia, in as-sociazione con altre figureprofessionali o su indicazio-ne degli stessi.

Considerando che l’OSS sarà

l’operatore che progressiva-mente sostituirà ASA e OTA,che è una figura il cui profiloè recente e la cui formazioneè da poco avviata, vale la pe-na, nei suoi confronti, ap-profondire alcuni aspetti dicontesto.Come si evince chiaramentedalla documentazione vigentee dall’analisi del dibattito cheha preceduto l’istituzione delprofilo dell’OSS, tale figura,seppur sorta in piena “emer-genza infermieristica”, nascecon l’obiettivo dichiarato di:• migliorare le competenze

degli attuali ASA/OTA• rendere flessibile il loro im-

piego creando un’unica fi-

gura, favorendo così la loromobilità all’interno della re-te dei servizi socio-sanitari

• consentire l’attribuzione, aqueste figure, di attivitàsvolte impropriamente da-gli infermieri

Per quanto ci attiene, quindi,la nascita di questa nuova fi-gura rappresenta l’opportunitàper rivedere modelli organiz-zativi obsoleti, tuttora esisten-ti, che prevedono, per l’infer-miere, l’attribuzione di com-piti impropri e, soprattutto,una impossibilità ad espri-mere appieno le competenzeproprie, apprese e sviluppa-te nel percorso formativo1

(teorico ed esperenziale).Tra l’altro è ormai riconosciu-to come sia proprio la sussi-stenza di modelli organizzati-vi siffatti a favorire il fenome-no dell’abbandono precocedell’attività lavorativa, la scar-sa gratificazione professionalenonché la scarsa “appetibilità”della professione a livello so-ciale.

1 Si fa espressamente riferimento al-l’impossibilità per l’infermiere, a cau-sa della mancanza di adeguati suppor-ti organizzativi, di mettere in atto unvero processo di pianificazione infer-mieristica rappresentato dalla raccoltadi dati utili ai fini assistenziali, alla lo-ro registrazione, alla stesura del pianoassistenziale personalizzato e orienta-to alla risoluzione/prevenzione deiproblemi di competenza nonché allavalutazione sistematica dei risultatiraggiunti!

Elementi conoscitivi per la gestionedelle figure di supporto all’assistenza infermieristica

Questo documento fa parte di una ricerca

approfondita promossadal Coordinamento

dei Collegi Lombardi e che sarà distribuita dal Collegio appena

sarà integralmentepubblicata;

chi ne volesse avereuna copia

può prenotarla pressola segreteria.

CORSO OSS 2001/ 2002a cura di Cinzia Grillo Della Berta*

Assemblea annuale 2002

Si è appena concluso, il30 maggio, a Sondrio,presso il Centro di For-

mazione Professionale dellaProvincia, il primo corso dibase per Operatore Socio-Sa-nitario. I candidati , tutti mag-giorenni ,sono stati ammessialla frequenza dopo selezione.

Il percorso formativo della du-rata di 1000 ore, in ottempe-ranza alla Delibera Regionale5428 del luglio 2001 è statosuddiviso in due MODULIDIDATTICI:• BASE mirato all’orienta-

mento, alla motivazioneprofessionale e alle cono-scenze di base, per un tota-le di 200 ore teoriche;

• PROFESSIONALIZZAN-TE di 800 ore suddivise in250 ore di lezioni teoriche,100 di esercitazioni prati-che e 450 di tirocinio.

Le AREE DISCIPLINARIdel primo modulo erano cosìarticolate:• Area socio culturale, isti-

tuzionale e legislativa: ele-menti di legislazione nazio-nale e regionale a contenu-to sanitario, socio- assisten-ziale e previdenziale. Nor-mativa specifica OSS. Ele-menti di diritto del lavoro.Elementi di etica e deonto-logia professionale.

• Area psicologica e sociale:

elementi di psicologia gene-rale, dell’età evolutiva. Ele-menti di sociologia

• Area igienico sanitaria etecnico operativa: elemen-ti di igiene. Principi e meto-di assistenziali (assistenzadi base alla persona con di-versi gradi di autonomia).Elementi di igiene e comfortalberghiero. Elementi dianatomia, di fisiologia e pa-tologia. Disposizioni gene-rali in materia di protezionedella salute e di sicurezzadei lavoratori

Il secondo modulo ha previstoun approfondimento delle

aree precedentemente svilup-pate entrando nello specificoprofilo di competenze dei fu-turi OSS.Sono state trattate le seguentitematiche:• Metodologia del lavoro so-

ciale e sanitario e l’organiz-zazione dei Servizi. (com-petenze di organizzazione,di verifica delle proprie at-tività e di integrazione conaltri operatori e servizi)

• Elementi di psicologia so-ciale; aspetti psico-relazio-nali ed interventi assisten-ziali rivolti al bambino, al-l’anziano, al disabile, al ma-

lato terminale, al pazientepsichiatrico, alla personatossicodipendente, al pa-ziente ospedalizzato, al ma-lato di AIDS. L’assistenza adomicilio ed in struttureprotette. (competenze rela-zionali con la persona daassistere e la sua famiglia)

• Elementi di geriatria, fisia-tria, psichiatria, farmacolo-gia, nozioni di primo soc-corso, tecniche assistenzialirivolti alla persona nell’atti-vità diagnostico-terapeutica(competenze di assistenzaalla persona di specificocarattere sanitario).

Durante il percorso formativosi sono effettuate 100 ore diesercitazioni finalizzate allaacquisizione delle abilità ge-stuali/operative necessarieper lo svolgimento della pro-fessione.Il tirocinio ha rappresentatola modalità privilegiata ed in-sostituibile di apprendimentodel ruolo attraverso la speri-mentazione e l’integrazionedei contenuti teorici con lapratica. Della durata di 450ore esso è stato effettuato datutti i corsisti presso tre UnitàOperative Ospedaliere (Medi-cina, Chirurgia, Recuperofunzionale), il Servizio di As-sistenza Domiciliare Integratae l’RSA “Città di Sondrio”.Il Corso si è avvalso, per ledocenze, della collaborazionedi professionisti sanitari e so-cio- sanitari di indubbia espe-rienza e professionalità.Il percorso formativo si è con-cluso con una prova d’esameteorico- pratica tramite lasomministrazione di una pro-va scritta (un test a rispostechiuse), un colloquio oraleorientato sull’esperienza for-mativa , sulla presentazionedi un caso osservato durante iltirocinio ed una prova pratica.Tutti i 24 corsisti hanno supe-rato brillantemente le prove.

* Coordinatrice e tutor del Corso

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N.1 • Luglio 20024

Così potremmo sotto-lineare gli impor-tanti risultati con-

seguiti dalla professione inquest’ultimo decennio:cambiamenti profondi che,di fatto, hanno ridisegnatola professione stessa, ilruolo, la funzione, lo statussociale.Il D.M 739/94 stabilisce ilnuovo profilo professionaledell’infermiere e riconoscea questo professionista uncampo proprio di compe-tenza e responsabilità (au-tonomia decisionale e ope-rativa, responsabilità suirisultati).La Legge 42/99 conferisceall’infermiere competenzeesclusive, non più definiteda un elencazione di man-sioni e compiti; lo ricono-sce come professionista sa-nitario ed abolisce definiti-vamente il termine di pro-fessione ausiliaria.Ed ecco il nuovo status so-ciale, la pari dignità conaltre professioni, la colla-borazione con l’équipe as-sistenziale dal momentodell’identificazione dei bi-sogni di salute della perso-na e della collettività, al-l’applicazione ed esecuzio-ne di procedure diagnosti-che e terapeutiche.La formazione universita-ria, i nuovi ordinamenti di-dattici del corso di laureainfermieristica, il riconosci-mento del titolo in tutta Eu-ropa, la formazione postbase ed infine il ruolo diri-genziale previsto dalla251/00 e la conseguente di-retta responsabilità nellagestione dei processi orga-nizzativi inerenti l’assisten-za infermieristica, il codicedeontologico, non sono al-tro che il risultato di unaprofessione profondamenterinnovata, in crescita, cul-turalmente nuova, capace diesprimere al meglio il pro-prio vissuto professionale.La spirale del cambiamen-to non poteva arrestarsiqui; pertanto dal 1 gennaio2002, a pieno titolo, gli in-fermieri fanno parte di quei900 mila professionisti peri quali la normativa preve-de l’Educazione Continuain Medicina.Obbligatorietà, così stabi-lisce la legge, ma soprat-tutto opportunità di forma-zione permanente orientataallo sviluppo di potenzia-lità individuali, di capacitàe abilità professionali e dinuove performance delgruppo.

Educazione continua in medicina:ultimo traguardo professionale

a cura di Giuseppina Vanotti*

EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA - E.C.M.

(tratto dal sito del Ministe-ro della Salute – www.mini-sterosalute.it)

Cos’è la E.C.M.E’ l’insieme organizzato e con-trollato di tutte le attività forma-tive teoriche e pratiche promos-se da chiunque lo desideri (So-cietà Scientifiche, Professionali,Aziende ospedaliere, Strutturedi Formazione in campo sanita-rio) allo scopo di mantenere ele-vata ed al passo con i tempi laprofessionalità degli operatori inSanità.L’E.C.M. è diretta a fornire atutti gli operatori sanitari gli ele-menti di conoscenza necessariper mantenersi professional-mente aggiornati e competenti.E’ finalizzata alla valutazionedegli eventi formativi, in manie-ra tale che il singolo operatoresanitario possa essere garantitodella qualità ed utilità degli stes-si ai fini della tutela della propriaprofessionalità.Il sistema ECM rientra nelle re-sponsabilità della Direzione ge-nerale per le professioni sanita-rie del Ministero della Salute.Lo strumento operativo propostodal legislatore per individuarecriteri e regole del programmaE.C.M. è la Commissione Na-zionale per la Formazione Con-tinua.

Perché un programmanazionale di E.C.M• Per rendere operativo quanto

dettato dall’articolo 16/bis deldecreto legislativo n. 502 del30 dicembre 1992, e successi-ve modificazioni in cui si pre-vede l’attività di formazionecontinua. Detta formazioneche comprende l’aggiorna-mento professionale e la for-mazione permanente è finaliz-zata al miglioramento dell’ef-ficacia, efficienza e appropria-tezza dell’assistenza erogatadal Servizio Sanitario Nazio-nale.

• Per adeguarci agli altri Paesidel mondo, è stata istituziona-lizzata la E.C.M con decretolegislativo 19 giugno 1999, n.229 in quanto materia che rien-tra nella “tutela della salute”

• Per offrire al professionistadella Sanità un orientamentoconcreto di offerte formativevalutate in termini di effettivautilità e rispondere in questomodo ad un obbligo professio-nale contemplato nei rispettiviCodici Deontologici

• Per garantire un diritto del cit-tadino che, giustamente, ri-chiede un operatore attento,aggiornato e sensibile verso leproblematiche legate alle salu-te.

La Commissione Nazionale perla Formazione, che ha sede pres-so il Ministero della Salute, ha ilcompito di:• Definire gli obiettivi formativi

di interesse nazionale• Definire i crediti formativi ma-

turati in un determinato arco ditempo

• Definire le linee di indirizzoper l’organizzazione dei pro-grammi di formazione

• Definire i criteri e gli strumen-ti per il riconoscimento e la va-lutazione delle esperienze for-mative

• Definire i requisiti per l’accre-ditamento dei soggetti chesvolgono attività formativa

• Verificare la presenza dei re-quisiti.

A chi è rivolta l’E.C.M.La Conferenza Stato-Regioninella seduta del 20 dicembre2001 ha sancito la conclusionedella fase sperimentale al 31 di-cembre 2001 e l’avvio a regimedal 1° gennaio 2002, per quan-to concerne gli eventi formativiresidenziali; invece, la forma-zione a distanza vedrà l’avvio aregime nel secondo semestre del2002.L’educazione continua in medi-cina interessa tutte le figure pro-fessionali del Ruolo Sanitariodel SSN.La prima fase a regime è indi-cata in cinque anni: dal 1° gen-naio 2001 al 31 dicembre 2006Ogni operatore della Sanità do-vrà raccogliere, per il quinquen-nio 2002-2006, 150 Crediti for-mativi E.C.M.:2002: 10 crediti (con un mini-

mo di cinque ed un mas-simo di 20)

2003: 20 crediti (con un mini-mo di 10 ed un massimodi 40)

2004: 30 crediti2005: 40 crediti2006: 50 crediti

Cosa sono i creditiformativi E.C.M.Sono una misura dell’impegno edel tempo che ogni operatoredella Sanità ha dedicato annual-mente all’aggiornamento ed almiglioramento del livello quali-tativo della propria professiona-lità.I crediti formativi sono espressiin numeri: ogni attività formati-va programmata, ogni eventoformativo si vedrà assegnato unnumero di crediti E.C.M calco-lato sulla base di una serie di in-dicatori messi a punto dallaCommissione Nazionale per laFormazione Continua.

Come avviene la procedura di accreditamentoL’accreditamento è riservato al-la Commissione Nazionale econsiste nel riconoscimento, daparte della Commissione, cheun certo evento formativo – peril quale gli organizzatori abbia-no richiesto l’accreditamento –ha titolo a rientrare nel pro-gramma nazionale E.C.M.La Commissione – coadiuvatada esperti - valuta il programma,le informazioni fornite dall’or-ganizzatore ed assegna un pun-teggio attraverso una serie di in-dicatori di qualità, quali la rile-vanza delle attività didattico-for-mative, l’importanza degli argo-menti, l’autorevolezza profes-sionale dei docenti, l’esistenza omeno di sistemi di valutazionedelle attività da parte dei parte-cipanti, la qualità dell’organiz-zatore, la durata dell’evento inore o giorni.Se il punteggio complessivo at-tribuito dagli esperti e dallaCommissione ad ogni singolaattività formativa avrà superatoun valore minimo, allora l’even-to sarà accreditato ai fini dellaE.C.M.L’accreditamento verrà comuni-cato agli organizzatori e consi-sterà nella assegnazione di uncerto numero di Crediti formati-vi E.C.M., proporzionato alla ri-levanza formativa della manife-stazione che i partecipanti ad es-sa si vedranno assegnati uffi-cialmente.

Cosa viene accreditatoPossono rientrare nel program-ma E.C.M. le manifestazioni re-lative che appartengono a duegrandi categorie:1. attività formative residen-

ziali:• Congressi • Seminari• Convegni• Corsi professionalizzanti• Corsi pratici• Stages di formazione pratica

anche di tipo clinico, laborato-ristico o tecnologico

• Ogni altro tipo di manifesta-zione che rivesta caratteri diorganicità ed ufficialità

2. Attività formative a distan-za: programmi di autoforma-zione a distanza, per i qualil’utente non deve spostarsi dalsuo luogo di lavoro o dal do-

micilio, da svolgersi sia ingruppo che individualmente,usando materiale cartaceo oinformatico. Per questi even-ti deve essere previsto un si-stema di valutazione con unlivello minimo di apprendi-mento.

La Conferenza Stato-Regioni conl’accordo del 20 dicembre 2001(rep. atti n. 1358) ha individuato gli obiettivi per l’anno2002 definendo 1) Gli obiettivi formativi di in-

teresse nazionale per il quin-quennio 2002/2006 sono i se-guenti:

GRUPPO 1Obiettivi nei quali, ad opinio-ne della Commissione, tutte lecategorie professionali, aree ediscipline, possono riconoscer-si:a) qualita’ assistenziale, rela-

zionale e gestionale nei ser-vizi sanitari

b) etica e deontologia degli in-terventi assistenziali e socioassistenziali con riferimentoall’umanizzazione delle cu-re, alla tutela del segretoprofessionale ed alla privacy

c) sistemi di valutazione,verifi-ca e miglioramento degli in-terventi preventivi diagno-stici, clinici e terapeutici e dimisurazione dell’efficacia,compresi i sistemi di valuta-zione, verifica e migliora-mento dell’efficienza ed ap-propriatezza delle prestazio-ni nei livelli di assistenza

d) formazione interdisciplina-re finalizzata allo sviluppodell’integrazione di attivita’assistenziali e socio-assi-stenziali

e) promozione della qualita’della vita e della qualita’ esicurezza dell’ambiente divita e di lavoro

f) miglioramento degli stili divita per la salute

g) miglioramento dell’intera-zione tra salute ed ambientee tra salute ed alimentazione

h) tutela degli aspetti assisten-ziali e socio-assistenziali,compresi quelli psicologici,delle fasce deboli

i) promozione di una comuni-cazione corretta ed efficace

j) apprendimento e migliora-mento dell’inglese scientifi-co

k) consenso informatol) gestione del rischio biologi-

co,chimico e fisico anchecon riferimento alla legge626

m) implementazione dell’intro-duzione della medicina ba-sata sulle prove di efficacianella pratica assistenziale

n) sistema informativo sanita-rio e suo utilizzo per valuta-zioni epidemiologiche

o) formazione multiprofessio-nale per la cooperazione al-la definizione del progettoriabilitativo applicato allediverse aree della disabilita’

p) cultura gestionaleq) educazione sanitaria r) bioetica in medicinas) organizzazione dipartimen-

tale

GRUPPO 2Obiettivi nei quali, ad opinio-ne della Commissione, specifi-che categorie professionali,aree e discipline, possono ri-conoscersi:a) miglioramento delle cono-

scenze e delle competenzeprofessionali per le princi-pali cause di malattia, conparticolare riferimento allepatologie cardiovascolari,neoplastiche e geriatriche

b) interventi di formazione nelcampo delle emergenze-ur-genze

c) formazione in campo socio-assistenziale e per l’imple-mentazione dell’assistenzadomiciliare integrata

d) tutela della salute della don-na e del bambino e delle pa-tologie neonatali

e) basi molecolari e genetichedelle malattie e strategie te-rapeutiche correlate

f) formazione finalizzata all’u-tilizzo ed all’implementa-zione delle linee guida e deipercorsi diagnostico-tera-peutici

g) promozione della culturadella donazione e formazio-ne interdisciplinare in mate-ria di trapianti d’organo

h) clinica e diagnostica dellemalattie infettive emergentie riemergenti: patologied’importazione

i) farmacoepidemiologia, far-macoeconomia e farmaco-vigilanza

j) controllo delle infezioni no-socomiali

k) innovazione tecnologica :valutazione,miglioramentodei processi di gestione del-le tecnologie biomediche edei dispositivi medici

l) sicurezza degli alimentim) sviluppo delle attivita’ e de-

gli interventi di sanita’ pub-blica veterinaria, con parti-colare riferimento all’igienedegli allevamenti e delleproduzioni animali, alla sa-nita’ animale ed all’igienedegli alimenti di origine ani-male

n) disturbi del comportamentoalimentare e malattie meta-boliche

o) implementazione della sicu-rezza nella produzione, di-stribuzione ed utilizzo delsangue e degli emoderivati

p) percorsi diagnostico-tera-peutici nella pratica della

Assemblea costitutiva Collegio Ipasvi

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N. 1 • Luglio 2002 5medicina generale

q) progettazione ed utilizzodella ricerca clinica ed epi-demiologica in medicina ge-nerale e pediatria di liberascelta

r) telemedicina s) innovazione tecnologica ed

implementazione delle abi-lita’ e manualita’ nella prati-ca della medicina generale edella pediatria di libera scel-ta

t) formazione manageriale inmedicina generale e pedia-tria di libera scelta

u) aggiornamento professiona-le nell’esercizio dell’attivi-ta’ psicologica e psicotera-peutica

v) aggiornamento delle proce-dure ed attivita’ professio-nali per le professioni sani-tarie non mediche

w) percorsi assistenziali :inte-grazione tra ospedalizzazio-ne, assistenza specialistica,assistenza domiciliare inte-grata

x) utilizzo delle tecnologie ra-dianti a fini preventivi, dia-gnostici e terapeutici

y) ottimizzazione dell’impiegodelle terapie termali nel-l’ambito delle prestazioninel SSN

z) valutazione dei fondamentiscientifici e dell’efficaciadelle medicine alternative onon convenzionali

aa) prevenzione,diagnosi e tera-pia delle malattie odonto-stomatologiche e maxillofacciali

2) La programmazione di cui alpunto 1) è soggetta ad ag-giornamento in relazionequanto previsto dal punto 5del presente accordo.

RUOLO DEGLI OPERATORIDELLA SANITA’

Informazioni utili agli opera-tori della Sanità per parteci-pare al programma di E.C.M.

Ogni operatore della Sanità do-vrà raccogliere, per il quinquen-nio 2002-2006, 150 Crediti for-mativi E.C.M. I Crediti formativi E.C.M. ven-gono attribuiti dalla Commis-sione nazionale per la formazio-ne continua, tramite gli Orga-nizzatori delle attività formativeaccreditate in conformità ai cri-teri ed alle modalità definite dal-la stessa Commissione naziona-le. Ai fini del Programma Naziona-le di E.C.M., hanno valore sola-mente i Crediti formativi E.C.M.attribuiti dalla CommissioneNazionale agli eventi accredita-ti. Non sono validi, quindi, i cre-diti che vengono assegnati dagliorganizzatori su base volontari-stica e con criteri e modalità au-tonomamente stabilite dagli or-ganizzatori stessi (Associazioni,Società Scientifiche, ecc.). I Crediti formativi E.C.M. sa-ranno certificati dall’organizza-tore dell’evento formativo, se-condo le indicazioni fornite dal-la Commissione nazionale; laCommissione fornirà le indica-zioni necessarie per la registra-zione dei crediti del singolo ope-ratore presso gli ordini, i collegie le associazioni professionali. E’ consigliabile che ogni opera-tore si costruisca, anche tenendoconto delle indicazioni di prio-rità connesse agli obiettivi for-mativi di interesse nazionale eregionale, un proprio pianoquinquennale di formazione,contemperando la propria di-sponibilità di tempo, la tipologiadegli eventi formativi e le pro-prie esigenze di miglioramentoprofessionale.

Prima di iscriversi ad un eventoformativo, è opportuno che l’o-peratore della Sanità valuti at-tentamente il numero dei Credi-ti ad esso attribuito dalla Com-missione nazionale, anche allaluce di un proprio programmaformativo. E’ opportuno ricordare che ilnumero di ore dedicato allaE.C.M. non corrisponde neces-sariamente al numero di Creditiformativi, in quanto questi ver-ranno assegnati non soltanto inbase alla durata dell’evento, maanche ad una serie di parametriqualitativi (griglia di valutazio-ne) valutati dalla Commissione.

RUOLO DELLE AZIENDE E STRUTTURE SANITARIE

Lineamenti operativi ad uso delle aziende e strutture sanitarie

• Il ruolo delle aziende e strut-ture sanitarie

• Le opportunità offerte dallaformazione intraziendale.

• Proposte operative per leaziende e strutture sanitarie

• Progetto formativo azienda-le

Il ruolo delle aziende e strutture sanitarie

La caratteristica principale delprogramma di ECM italiano èrappresentata dal fatto che essoprevede la obbligatorietà dellaformazione continua ed è estesoa tutti gli operatori della Sanità,coinvolgendo quindi tutte le ca-tegorie professionali. La popo-lazione interessata dal progetto èstimata in circa 900.000 unità, dicui circa un terzo medici, un ter-zo infermieri e il restante terzosuddiviso tra le diverse figureprofessionali (biologi, farmaci-sti, tecnici, veterinari etc.) La conseguenza pratica di que-sti due elementi (obbligatorietàed estensione a tutte le categorieprofessionali) è rappresentatadal fatto che nel 2002 ogni ope-ratore sanitario dovrà utilizzarein formazione continua il corri-spettivo di circa una giornata la-vorativa, così da acquisire i 10crediti previsti: in termini com-plessivi, la formazione continuain sanità occuperà l’equivalentedi circa 900.000 giornate lavo-rative.Appare quindi evidente comesia opportuno, anche per ragio-ni di praticità, che la partecipa-zione ad eventi formativi noncomporti di norma spostamentidal luogo di lavoro, e che sia in-vece garantita all’operatore unaadeguata offerta formativa “inloco”.Sarebbe anche opportuno che laformazione fosse programmatain modo da non occupare una in-tera giornata lavorativa, (comeaccadrebbe se l’operatore fossecostretto a recarsi ad un conve-gno in altra sede) ma venga in-vece programmata in segmenti omoduli di alcune ore ciascuno:in tale modo il processo forma-tivo verrebbe reso meno pesan-te, con occasioni di discussionee di confronto, e quindi più effi-cace.Da quanto sopra si deduce facil-mente come le Strutture sanita-rie abbiano un forte interesse apianificare la formazione deipropri dipendenti, in modo chela formazione stessa -ora obbli-gatoria e generalizzata- non si ri-percuota negativamente sul fun-zionamento delle strutture stes-se. Del resto, la formazione in-tra-aziendale è la forma più fre-quente in tutti i paesi del mon-do, pur continuando a coesiste-re con la formazione di tipo tra-

dizionale, congressuale.Durante il 2002, infine, sarà spe-rimentata anche la formazione adistanza, per via telematica ocartacea, che consentirà ancheagli operatori sanitari non ope-ranti presso una Struttura Sani-taria di partecipare al program-ma dal proprio studio professio-nale o dal proprio domicilio.Appare quindi evidente la im-portanza che assume la forma-zione intraa-aziendale e la rile-vanza che le strutture sanitarieassumono in questo program-ma.D’altra parte, va ricordato comein questa fase iniziale sia premi-nente l’obiettivo di rafforzarenegli operatori sanitari la cultu-ra, quanto più diffusa possibile,della formazione continua, inte-sa come parte integrante dellapratica professionale.

Le opportunità offertedalla formazione intraziendale

In aggiunta alle considerazionisopra presentate, la implemen-tazione, in ogni Azienda o Strut-tura Sanitaria di una certa di-mensione, di un proprio pro-gramma formativo e di richie-derne l’accreditamento naziona-le, può comportare i seguenti al-tri aspetti positivi • standardizzare modelli forma-

tivi residenziali, basati su ri-sorse di docenza locali;

• valorizzare la capacità forma-tiva dei propri operatori piùesperti;

• garantire in tempi brevi un’of-ferta formativa adeguata allenecessità degli utenti;

• non compromettere l’attivitàistituzionale delle Aziende;

• garantire costi compatibili conle risorse disponibili per laformazione in ciascuna Azien-da;

• enfatizzare, mediante la pro-duzione di eventi di tipo di-partimentale, un più modernoapproccio interdisciplinare al-la formazione Sanitaria;

• migliorare l’interazione tra laformazione aziendale dedica-ta agli operatori sanitari impe-gnati nei presidi ospedalieri equella dedicata agli operatoriimpegnati nei distretti;

• produrre eventi formativi uti-lizzabili anche da altre struttu-re che, per la loro dimensioneo per la loro tipologia assi-stenziale, non siano in gradodi produrre eventi formativiadeguati per qualità o per nu-mero, e che ritengano quindidi avvalersi degli eventi pro-dotti da aziende o strutture dimaggiori dimensioni.

Proposte operative per le aziende e strutture sanitarie

I paragrafi che seguono intendo-no suggerire alle Aziende eStrutture interessate alcune mo-dalità essenziali di tipo organiz-zativo e operativo per la imple-mentazione, al loro interno, di unsistema di formazione continuaaccreditato. I suggerimenti quiformulati potranno essere ancheutilizzati, ove ritenuto opportu-no, per integrare i programmi diformazione già attivi all’internodelle aziende stesse. Si sottoli-nea, peraltro, che per ogni even-to deve venire avanzata richiesta,in via telematica, al sito del Mi-nistero della Salute per l’accre-ditamento dell’evento stesso e laassegnazione dei crediti formati-vi.

A. Ricognizione dell’attività formativaaziendale esistente

Una preliminare ricognizionedelle attività formative già piani-ficate da ogni Azienda per l’an-no 2002, può rappresentare unutile punto di partenza per defi-nire il progetto. Viene qui di seguito presentatauna ipotesi di “check list” da uti-lizzare, se necessario, a questoscopo • Effettuare un inventario delle

categorie professionali presen-ti all’interno dell’Azienda, conla indicazione del numero dioperatori per ognuna di esse;

• Verificare se sono state piani-ficate attività formative per tut-te le categorie professionalievidenziate;

• Verificare che il numero dieventi per ogni categoria siaadeguato al numero dei mem-bri di quella categoria, tenen-do presente la esigenza dimantenere quanto più conte-nuto possibile il numero dipartecipanti ad ogni evento,per garantirne la maggiore in-terattività ed efficacia formati-va;

• Verificare le caratteristichedell’attività formativa Azien-dale già pianificata, con parti-colare riferimento a: – Il numero di eventi interdi-

sciplinari pianificati – Il numero di eventi interca-

tegoriali pianificati – ll numero di eventi ad inte-

resse misto ospedale-distret-to

– La coerenza degli eventi pia-nificati con i bisogni di for-mazione identificati

– La distribuzione tra eventi diU.O. e di Dipartimento

– La riconducibilità deglieventi pianificati a progetti

generali semestrali o annua-li di formazione

– La coerenza degli eventi pia-nificati agli obiettivi strate-gici Aziendali

– La tipologia degli eventipianificati

B. Definizione delle tipologie di eventi formativi aziendali

Lo studio e la definizione dellediverse tipologie formative puòrivelarsi un utile strumento perla più accurata pianificazionedella formazione intra-azienda-le e soprattutto per raccordaregli eventi formativi alle effettiveesigenze della Azienda o dei sin-goli operatori. Anche in questo caso si forni-scono alcuni suggerimenti: • Prediligere nell’ordine proget-

ti dipartimentali o interdiparti-mentali, progetti ospedale-di-stretti, progetti di U.O.;

• Rispettare la coerenza conobiettivi formativi di formati-vi di interesse nazionale (giàdisponibili e consultabili nlesito del Ministero della Salu-te) e quelli di interesse regio-nale, tenendo peraltro contodi obiettivi strategici Azien-dali;

• Ricorrere alla creazione diconsorzi o comunque di formedi associazione o integrazionereciproca con altre strutturesanitarie viciniori per la piani-ficazione di eventi formatividedicati a categorie professio-nali scarsamente rappresenta-te all’interno dell’Azienda(meno di cinque unità) e/o adelevata specialità;

• Porre attenzione ad un corret-to bilancio tra contenuti diqualità tecnico-professionale,di qualità manageriale e diqualità percepita.

C. Attività formative pianificabili in sedeaziendale

Tenendo presente che le singoleattività formative dovranno es-sere coerenti con gli obiettivinazionali e, quando disponibili,regionali, vengo qui forniti al-cuni esempi di attività formativefacilmente pianificabili ed orga-nizzabili all’interno di aziendeanche di media dimensione, eper le quali avanzare richiesta diaccreditamento. • Seminari Aziendali monote-

matici, di dipartimento, di di-stretto, di U.O. anche nel-l’ambito dello svolgimento diprogetti di ricerca finalizzata;

• Conferenze clinico-patologi-che o clinico- radiologichevolte alla presentazione e di-scussione epicritica interdisci-plinare di casi clinici;

• Consensus meeting intra- o in-terAziendali finalizzati alla re-visione di casistiche per lastandardizzazione di protocol-li e procedure tecniche;

• Partecipazione a programmidi accreditamento volontario;

• Frequenza con assistenza tu-toriale presso centri interni oesterni (altra Azienda) chepraticano attività da apprende-re e ritenute utili ad obiettivistrategici Aziendali;

• Analisi e discussione in pic-coli gruppi di problemi clini-ci, tecnici, gestionali, organiz-zativi, relazionali;

• Revisione intra ed inter-Aziendale di casistiche per lastandardizzazione di protocol-li e procedure tecniche;

• Corsi di aggiornamento tec-nologico e strumentale;

• Corsi pratici per lo sviluppo dicompetenze organizzativo-ge-stionali.

Si suggerisce di prevedere nelRegolamento dei Dipartimenti,tra i compiti del Consiglio di Di-partimento, la pianificazione edattuazione di attività di forma-

zione continua dipartimentale edinterdipartimentale. Per l’anno 2002 le Aziende po-tranno provvedere alla pianifi-cazione dei propri progetti for-mativi senza vincoli percentualitra le varie tipologie di eventi,ferma restando la coerenza congli obiettivi nazionali e con laspecificità di ogni singola pro-fessionalità.

D. Calendarizzazione degli eventi formativi e loro pianificazione

Allo scopo di consentire una mi-gliore programmazione deglieventi, è preferibile che ogniStruttura Sanitaria produca uncalendario almeno trimestrale(meglio semestrale) degli even-ti formativi, avendo cura di pre-disporre diverse edizioni perogni evento, così da consentirela frequenza a tutti gli operato-ri, senza creare significativi di-sagi alla operatività della Azien-da. Una importante funzione delCentro è rappresentata dalla pre-disposizione di eventi formativispecificamente indirizzati adogni categoria e ad ogni profes-sionalità: a puro titolo di esem-pio, è evidente che la partecipa-zione ad un corso sulla terapiadel diabete è di interesse per tut-ti i laureati in medicina, ma è ve-rosimilmente di maggiore rile-vanza per gli endocrinologi ogli internisti che non per altrispecialisti di area medica o chi-rurgica. Pertanto, ogni sforzo dovrebbevenire compiuto perché ognioperatore sanitario disponga diuna possibilità di scelta, ancheall’interno della Struttura, taleda consentirgli un effettivo mi-glioramento della propria pro-fessionalità e non un generico,ancorchè utile, “aggiornamentoaspecifico”.

E. Costituzione di centriE.C.M. come subunitàdel servizio/ufficio perla formazione aziendale

Presso molte Aziende è già atti-vo un servizio di formazione: laimplementazione del program-ma nazionale di formazionecontinua può costituire una oc-casione per il miglioramento deiservizi già esistenti, o per lacreazione di nuovi laddove an-cora mancanti. Una utile formulazione di taliservizi potrebbe essere quella di“Centro E.C.M.” nel quale sa-rebbe opportuno che operasseroprofessionisti di documentatacompetenza nella progettazionee valutazione della Formazione. Funzioni del Centro ECM Il Centro Aziendale ECM, nellapersona di un suo Responsabileed in armonia con il Responsa-bile del Servizio/Ufficio di For-mazione, potrebbe avere le se-guenti funzioni: • coordinare il piano formativo

Aziendale, sentiti i responsa-bili di Dipartimento e di U.O.,formularlo nella sua interezza,verificarne la congruenza conle caratteristiche metodologi-che e di tipologia elencate neipunti precedenti;

• richiedere al Ministero dellaSalute l’accreditamento deglieventi predisposti;

• correlarsi alle indicazioni Re-gionali;

• tenere rapporti con responsa-bili di Dipartimento, respon-sabili di U.O. e di Distretto;

• tenere rapporti con l’Ufficioper la Promozione della Qua-lità e l’Ufficio per le Relazio-ni con il Pubblico.

* Consigliere Collegio - Responsabile URP e Formazione A.O. E. Morelli Sondalo

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N.1 • Luglio 20026

LaPaginadellaTrasparenza

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IL COLLEGIO INFORMAa cura del Segretario Rosella Baraiolo*

Le attività dell’Assemblea degli iscritti all’Albo IPASVI della Provincia di SondrioIl Collegio si è rimesso in mo-to. Con le elezioni tenutesi il23-24-25 febbraio scorso, l’As-sembla elettorale, convocatadalla Commissione Straordina-ria, ha finalmente ripristinatogli organi istituzionali del Col-legio IPASVI della Provinciadi Sondrio.E’ stato motivo di sollievo pertutti gli iscritti, e per la Com-missione Straordinaria in modoparticolare, registrare la dispo-nibilità di diversi colleghi adassumere il ruolo di consiglie-re o di revisore dei conti in se-no al Collegio. E’ vero che lapartecipazione diretta di tuttigli iscritti all’Albo alle diverseattività è auspicabile, è altret-tanto vero che in realtà risultaimpossibile, ed è quindi am-missibile un certo assenteismo.Per quanto riguarda però la si-tuazione venutasi a creare alCollegio di Sondrio, si temevauna sorta di defezione comple-ta. Invece le elezioni si sonopotute tenere regolarmente, etutti gli iscritti hanno avuto lacomunicazione sui risultati e ladistribuzione delle cariche. Il Consiglio Direttivo e il Col-legio dei Revisori hanno quin-di assunto il proprio mandato,con la prospettiva temporaleprecisa che il loro compito sca-drà il novembre prossimo, maanche nella consapevolezza deldovere di rappresentanza dellaprofessione e dell’autorevolez-za che gli infermieri si stannoconquistando.L’Assemblea degli iscritti si èpoi di nuovo riunita l’11 mag-gio 2002 in sessione ordinariaper discutere le linee program-matiche e approvare il contoconsuntivo nonché il bilanciopreventivo. Questi sono i punti e gli obiet-tivi su cui si è soffermato i Pre-sidente Piani nel proporre le li-nee di lavoro per il Collegio nelbreve periodo futuro:1. Riprendere una posizione

all’interno del Coordina-mento dei Collegi Lombar-di perché è nelle Regioniche si esprime il SSN. Con-dividere strategie e obiettiviper portare a casa risultati,con il contributo di tutti iCollegi lombardi, anche sele competenze maturate neidiversi settori possono esse-re diverse e a livello di ap-profondimento disuguale.

2. Riprendere il notiziario e lastampa di Parliamone appe-

na formalizzate le procedu-re di autorizzazione

3. Organizzare convegni: l’ot-tica è quella di seguire lenuove disposizioni perl’ECM e ottenere l’accredi-tamento. Purtroppo siamoancora nelle fasi iniziali, an-che a livello regionale, e ciòè fonte di preoccupazione.D’altra parte ottenere la cer-tificazione è la meta obbli-gata per confermare la vali-dità dei corsi organizzati dalCollegio.

4. Riproporsi come professio-nisti impegnati nella difesadei diritti del malato, dandoseguito al Patto Infermiere-Cittadino. Esistono confinidell’assistenza sanitaria dapresidiare come ad esempiocampagne a favore di anzia-ni, bambini, handicappati,malati mentali, carcerati.Sono segnali che la societàesprime e che se sappiamocogliere non potranno cheaccrescere la nobiltà dellanostra professione. Una di-mostrazione ulteriore dellanostra vicinanza ai cittadini.Vicinanza del resto richia-mata anche dai manifestidella giornata dell’infermie-re del 12 maggio.

L’Assemblea ha condiviso eapprovato gli impegni propostiper l’anno 2002, quindi ha ri-confermato il mandato al Pre-sidente e al Consiglio Direttivoper la loro realizzazione.Il Conto Consuntivo 2001 haavuto una predisposizione al-quanto travagliata in quanto asuo tempo non era mai statoapprovato un Bilancio Preven-tivo 2001, e di questo sono sta-ti informati naturalmente gliintervenuti all’Assemblea. Do-po la dettagliata analisi delle ri-sultanze contabili l’Assembleaall’unanimità ha approvato ilconsuntivo 2001. Con l’approvazione del contoconsuntivo 2001, si è final-mente chiuso un periodo diprecarietà contabile e difficoltàoggettive nel gestire le dispo-nibilità del Collegio. Il Consi-glio Direttivo in carica si è sen-tito quindi ulteriormente legit-timato dagli iscritti a continua-re il lavoro per ristabilire lanormale funzionalità istituzio-nale. Nel prendere atto del disavan-zo attivo comunque realizzato-si nell’esercizio 2001 l’Assem-blea ha autorizzato l’utilizzo ditali risorse per sostenere spesematurate nell’anno scorso e al-le quali non è possibile farfronte con il fondo spese im-previste. Inoltre sempre l’As-semblea ha deliberato di desti-nare la parte rimanente per l’a-deguamento tecnologico einformatico del Collegio e per

consentire l’iscrizione pressola Commissione NazionaleECM, nonché l’organizzazionee gestione di eventi formativi.Il senso di responsabilità, cheha caratterizzato l’intero lavo-ro del Direttivo, dei Revisoridei Conti e dell’Assemblea inmerito al consuntivo 2001, èstato percepito e apprezzato co-me segnale di ritrovata sere-nità. I molti sorrisi spontaneiosservati durante i lavori del-l’Assemblea ci sembra possa-no attestare proprio questo.Ha fatto seguito la presentazio-ne del Bilancio Preventivo perl’anno 2002 da parte del Teso-riere, con la spiegazione dellescelte relative alle diverse voci.All’unanimità l’Assemblea haapprovato il Preventivo, met-tendo in condizione il Collegiodi operare in piena trasparenza

ALBO del Collegio IPASVI - SondrioINFERMIERI ASSISTENTI SVIGILATRICI TOTALEIscritti al

PROFESSIONALI ANITARI D’INFANZIA7 giugno 2002

1873 26 30 1929

Orari di apertura al pubblico:lunedì - giovedì - venerdì ore 14:30 - 17:30

martedì - mercoledì ore 10:00 - 12:00 Sede: via IV Novembre, 11

23100 Sondrio

Telefono 0342.218427Fax 0342.517182

[email protected]@libero.it

Il presidente sarà presente in sede ilGIOVEDÌ POMERIGGIO

Il segretario e il tesoriere saranno presenti in sede L’ULTIMO GIOVEDÌ DEL MESE

E’ sempre possibile telefonare in ufficio e prendereappuntamento per altre date

Commissione Libera Professione

La Commissione ha ripresol’azione di documentazione einformazione a favore dei libe-ri professionisti e degli infer-mieri interessati a questo setto-re. Vi è poi l’intenzione di con-vocare i colleghi in regime au-tonomo e proporre un momen-to di aggiornamento e confron-to, anche con il supporto diesperti, in modo che gli infer-mieri che lavorano in questoambito, e senza farsi condizio-nare dal loro numero ridotto,possano essere messi in condi-zioni di operare serenamente.Si sta predisponendo inoltrel’aggiornamento del Tariffariominimo e del regolamento perla libera professione.La Commissione si è propostadi studiare le dinamiche che ca-ratterizzano il settore, e le stra-tegie per favorire il contatto traclienti e professionisti. Mentreinfatti si sta registrando un no-tevole incremento dell’attivitàlibero professionale in altreprovincie, nel nostro territoriol’offerta di prestazioni autono-me appare stabile. Si vorrebbeconoscere quali sono gli spazidi assistenza infermieristicanon coperti dal servizio sanita-rio, le strutture che richiedonoinfermieri, le tipologie di rap-porti professionali che meglioincontrano le esigenze degli as-sistiti, le scelte adottate dagliamministratori comunali inmerito all’assistenza domici-liare, le garanzie offerte dalleassicurazioni integrative in me-rito alle prestazioni infermieri-stiche. Tutti fattori che incido-no sul settore e che il Collegioha interesse a approfondire permeglio svolgere la sua funzio-ne di vigilanza.

I partecipanti all’assemblea

Relazione del revisore e del tesoriere

e chiarezza nella gestione deifondi disponibili.Su proposta del Consiglio edopo l’attenta analisi l’Assem-blea ha inoltre deliberato di fis-sare il contributo annuo, checiascun iscritto deve versareper il mantenimento della pro-pria iscrizione all’ALBO, a 50€ a partire dall’anno 2003.Questo consentirà la valorizza-zione di tutte le attività del Col-legio altrimenti spesso com-presse dall’eccessiva limitatez-za delle risorse.L’Assemblea sarà di nuovoconvocata in occasione delleprossime elezioni di novem-bre. Nel frattempo è augurabi-le una costante attenzione degliiscritti all’Albo alla realizza-zione dei diversi progetti incorso d’opera, affinché al mo-mento delle elezioni queste sia-no partecipate e espressionedella voce autorevole di tutti gliinfermieri.

Le attivitàdel Consiglio DirettivoIl Consiglio Direttivo attual-mente in carica si è riunito laprima volta il 27 febbraio2002. Il primo dovere portato atermine è consistito nella reci-proca presentazione dei Consi-glieri. Ciascuno ha potutoesprimere liberamente le moti-vazioni che lo hanno portato acandidarsi, e i progetti che dalproprio punto di vista il Colle-gio avrebbe dovuto realizzare.Si è rivelata una riunione riccadi spunti, di primo affiatamen-to e conoscenza, ma anche diforte responsabilizzazione neiconfronti della situazione pre-caria che si stava ereditando. E’emersa la volontà comune dinon soffermarsi ulteriormentesulle vicende che hanno carat-

vute dai colleghi morosi op-tando per una condotta di re-sponsabilizzazione a sanare lapropria posizione e inizialmen-te non sanzionatoria.

Le attività delle CommissioniLa Commissione Formazionesi è occupata di coordinarel’organizzazione dell’incontrodi approfondimento che ha se-guito l’assemblea ordinariadell’11 maggio. Si è voluto, inquell’occasione, focalizzarel’attenzione sul ruolo e la for-mazione degli operatori di sup-porto all’assistenza infermieri-stica, in particolare sugli svi-luppi riguardo l’inserimentodegli OSS nelle unità operati-ve.Attualmente è in corso un in-tenso lavoro in merito agli ob-blighi imposti anche agli infer-mieri dal sistema ECM. E’ untema di forte preoccupazioneper il Collegio. E’ infatti ne-cessario trovare le forme e imodi per far sì che i colleghiottengano i 10 crediti previstiper l’anno 2002, e che si attiviun valido sistema formativoper gli anni successivi. Un si-stema cui gli infermieri possa-no rivolgersi e che sia accredi-tato dalla Commissione Nazio-nale ECM. Si sta in particola-re coordinando gli sforzi, an-che a livello regionale, per ot-tenere il riconoscimento deiCollegi IPASVI quali providere si è voluto coinvolgere anchei Servizi Infermieristici Azien-dali per analizzare insieme lepossibili soluzioni.

Commissione “Parliamone”

La ripresa della pubblicazionedi Parliamone ha significatoconcentrare su la sua predispo-sizione le energie e la disponi-bilità di tempo di diversi colle-ghi. Il risultato è nelle mani deilettori, che si spera diventinoanche osservatori critici e col-laboratori. Gli spazi operativi,i progetti realizzati dagli infer-mieri e le prospettive dell’assi-stenza infermieristica possonotrovare nel giornale un mo-mento di informazione e con-fronto insostituibile. Sarà curadella Commissione raccogliereed elaborare i suggerimenti checomunque perverranno in re-dazione.

terizzato il precedente Consi-glio Direttivo, ma di riprende-re l’attività nel rispetto delleesigenze degli iscritti e dellefunzioni istituzionali. D’altraparte si è considerato doverosoesprimere rispetto per coloroche precedentemente hannodedicato tempo e disponibilitàal Collegio. Si è voluto particolarmente ri-cordare il nostro collega PaoloTognascioli, già consigliere erevisore dei conti, deceduto neimesi scorsi e si è deciso di in-viare una lettera di partecipa-zione alla sua famiglia. Si sono espressi i dovuti rin-graziamenti anche nei confron-ti della Commissione Straordi-naria e della Federazione Na-zionale che si sono fatti caricodi ripristinare la normalità e lafunzionalità del Collegio. Con la seconda riunione del 22marzo si è cominciato ad en-trare nel merito dei problemi, ea sottoporre a deliberazione ipunti all’ordine del giorno. Lesuccessive riunioni si sono te-nute il 19 aprile, il 3 maggio, eil 7 giugnoSi è tra l’altro approvato il con-to consuntivo e il bilancio pre-ventivo da sottoporre all’as-semblea, si è provveduto allaistituzione di tre commissioni,si sono ripresi i contatti con laFederazione, gli altri Collegi esoprattutto il Coordinamentodei Collegi Lombardi. Si è re-golarmente aggiornato l’Alboattraverso le deliberazioni diiscrizione, cancellazione e tra-sferimento di colleghi. Si è ac-cordato il patrocinio a diverseiniziative di formazione rivolteagli infermieri, nel frattempoorganizzate in provincia. Si so-no prese in considerazione di-verse azioni per favorire il rien-tro delle quote di iscrizione do-

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N. 1 • Luglio 2002 7LaPaginadellaTrasparenza

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In questa pagina troveretedue novità: la prima è chechi vi parla non è più colui

che per tanti anni ha ammini-strato in modo accurato le cas-se del Collegio; a tal propositoringrazio Giancarlo che è statoun valido collaboratore e chespero vorrà continuare a lavo-rare con me anche nei prossi-mi impegni.L’altra novità è che per l’ulti-ma volta vedrete pubblicato unbilancio in £ (quello consunti-vo del 2001) in quanto l’av-vento dell’Euro ha modificatoanche le cifre sul nostro “Par-liamone” in cui il bilancio pre-ventivo del 2002 non sarà piùriportato in Lire.Una cosa per cui mi impegneròaffinché resti invariata, è la tra-sparenza che da sempre hacontraddistinto il Consiglio Di-rettivo del Collegio IP.AS.VI.E’ in quest’ottica che ho deci-so di affiancare sul bilancioconsuntivo del 2001, consen-tendo così un più immediatoconfronto fra i due bilanci, i re-lativi valori in Euro.In occasione della partecipata“Assemblea degli iscritti”dell’11 maggio 2002 sono sta-ti approvati i bilanci che di se-guito andrò ad illustrarvi.Il 2001, come descritto nellepagine precedenti, è stato unanno particolare per il CollegioIP.AS.VI della Provincia diSondrio in quanto abbiamo as-sistito alle dimissioni del Con-siglio Direttivo precedente e alsuo commissariamento.Quando il 28 febbraio 2002 ioe i miei 17 colleghi siamo su-bentrati alla precedente gestio-ne, ci siamo trovati davanti al-la situazione che di seguito viillustrerò. In assenza di un bilancio pre-ventivo per il 2001, non abbia-mo potuto far altro che prenderatto di questo e contabilizzarele spese e le entrate dell’anno.Ora lasciamo spazio alle cifreche vi riporto nelle tabelle.Tirando le somme, consideran-do anche i residui degli anniprecedenti, i colleghi revisoridei conti hanno evidenziato unavanzo di 16587,38 € (pari aLire 32.117.646) che può esse-re giustificato con minori spe-se soprattutto per il giornale,che non è mai uscito nel 2001e che rappresenta una buonapercentuale nel capitolo delleuscite e dalla mancanza di ini-ziative a favore della crescitaprofessionale degli iscritti,quali convegni, incontri…Il consiglio direttivo prima,l’assemblea degli iscritti poi,ha deliberato l’utilizzazione diqueste risorse per liquidare sti-pendi arretrati delle impiegate,

SITUAZIONE ECONOMICA 2001a cura del Tesoriere Bagiolo Edo

per saldare i conti con lo Stu-dio AS.CON, nostro commer-cialista dal 1997, per l’acquistodi un fax di cui il collegio nonera dotato e, non ultima, per li-quidare una riparazione allacaldaia resa non più proroga-bile in seguito a una fuga digas. A questo si devono ag-giungere le spese per l’acqui-sto di apparecchiature infor-matiche (nuovo scanner, mo-dem più potente, antivirus ag-giornabile tramite la rete) piùconsone al nuovo millennio.Dedotte queste spese ci siamotrovati a disposizione ancoracirca € 4500 che, come deli-berato in assemblea, verrannoin parte vincolati per l’acquistodi un nuovo PC e la rimanenza(pari approssimativamente a3000 €) verrà investita nel pro-getto di formazione degliiscritti, più in particolare:• Nell’organizzazione di corsi

accreditati dall’ECM checonsentono l’acquisizione dicrediti formativi;

• Nella istituzione di eventualiborse di studio;

BILANCIO PREVENTIVO 2002Di seguito presenterò un grafi-co con lo scopo di illustrarvi,nel modo più semplice possi-bile, come verranno investitenell’anno in corso le vecchie90.000 £ (46,48 €) che ognianno versiamo come quota d’i-scrizione al Collegio.Nella presentazione del bilan-cio preventivo 2002 mi soffer-merò soprattutto sui capitolatiche ritengo più significativi.Parliamo di uscite ponendol’attenzione sui 3000 € pre-ventivati per l’uscita di due nu-meri del nostro giornale entrola fine del nostro mandato.Vor-rei sottolineare come le speseesattoriali previste per il recu-pero delle quote d’iscrizionenon percepite, negli anni scor-si, tramite l’emissione di car-telle esattoriali su delibera delconsiglio direttivo, saranno ad-debitate agli iscritti morosi,non gravando così sulle cassedel collegio.Una grossa fetta degli introitici è richiesta dalla Federazione

Nazionale, che percepisce10,33 € per ogni iscritto, perun totale di 20000 €.Altra voce importante in que-sto bilancio è sicuramentequella prevista per le spese po-stali di affrancatura, pari a cir-ca 13 milioni delle vecchie li-re, giustificata dall’emissionedelle raccomandate per il rin-novo del Consiglio Direttivoprevisto per novembre.Per quel che riguarda i gettonidi presenza spettanti ai membridel Consiglio Direttivo e ai Re-visori dei conti, questi sonostati fissati in 10 € per ognipresenza in Collegio, sia per lariunione mensile del ConsiglioDirettivo che per le altre riu-nioni straordinarie, indipen-dentemente dalle ore di pre-senza.Un discorso a parte va fatto perle riunioni del CoordinamentoRegionale dei Collegi IPASVIe del Consiglio Nazionale, in-dette le prime mensilmente e leseconde con cadenza periodi-ca: per queste riunioni, che sisvolgono chiaramente fuoridall’ambito provinciale e incerti casi dall’ambito regiona-le, la quota di presenza è statafissata in 50 €. Tirando le som-me si sono preventivate speseper questo capitolato pari a2500 €. Legato a queste ci sono poi leuscite derivanti dai rimborsiper le spese sostenute per lapartecipazione alle riunioni so-pra citate e che trovate descrit-te nella voce “Rimborsi speseviaggio”; questi rimborsi com-prendono i biglietti dei mezzipubblici e la cifra forfetaria di0,25 € per ogni Km percorsocon auto privata; tale quota,fatti pochi conti, sconsigliachiaramente l’uso, ove possi-bile, dell’automobile.Come potrete notare le speseper i convegni sono state fissa-te in 1300 € (che prevediamodi poter recuperare in toto tra-mite sponsor e patrocini) e, co-me ho già evidenziato, non so-no le uniche stanziate in questocampo; contiamo, infatti, dipoter aggiungere circa 3000 €provenienti dai residui deglianni precedenti, come delibe-rato in assemblea.Il collegio IPASVI della Pro-vincia di Sondrio, con altri no-ve collegi lombardi, fa partedel Coordinamento dei Collegiche si riunisce con cadenzamensile per affrontare i pro-blemi comuni che interessanola professione; in queste pagi-ne il presidente del Coordina-mento Bortolotti descriverà piùin dettaglio, come già fatto inoccasione dell’Assemblea de-gli iscritti, il compito di tale or-ganismo e metterà in luce gliobiettivi che questo si propone.Ogni collegio ha stanziato perqueste iniziative comuni una

cifra (che per noi è stata pari a1252 €), minore rispetto allaquota stabilita in passato inquanto il nostro Collegio hapotuto condividere le iniziativesoltanto a partire dal mese dimarzo.Altra voce importante per gra-vosità è quella per le retribu-zioni delle impiegate che è au-mentata rispetto agli anni pre-cedenti a causa del rinnovo delloro C.C.N.L.Nel capitolato delle entrate, laprincipale fonte di guadagno èrappresentata dal rinnovo an-nuale della quota di iscrizioneI proventi immobiliari derivan-ti dall’affitto della vecchia se-de di proprietà, in Via Colon-nello Alessi, sono stati fissati in1360 €, supponendo un picco-lo aumento rispetto al passato;tale aumento (circa il 2% ri-spetto all’anno precedente) sifarà sentire, probabilmente, an-che nella spese d’affitto del-l’attuale sede.

Mi aspetto, come potrete nota-re, di chiudere il bilancio del2002 in pareggio e penso (vistol’andamento ad oggi) che que-sta previsione non si discostimolto da quello che sarà il ri-sultato effettivo. Se sono stato sufficientementechiaro avrete potuto renderviconto che le spese su cui si puòdiscutere sono veramente po-che, quasi tutte sono fisse einevitabili.Io o chiunque si troverà a ge-stire il bilancio nel 2003 avràgrosse difficoltà che quest’an-no abbiamo superato soltantograzie alle disponibilità resi-due delle passate gestioni.Per il futuro il Consiglio Di-rettivo ha chiesto l’adegua-mento della quota di iscrizioneda 48,48 € (90.000 L) a 50 €(96.816 L) che nonostantel’aumento resta tra le minori inambito regionale; l’impegnodel Collegio è quello di rima-nere il più vicino possibile agliiscritti, organizzando l’uscitaannuale di quattro numeri di“Parliamone”, e almeno unconvegno l’anno accreditatoE.C.M. la cui organizzazione èmolto onerosa in termini ditempo e di denaro.Anni fa è stato deliberato l’a-deguamento della quota in fun-zione dei codici ISTAT cheperò non è mai stato attuato; inassemblea è stato approvato al-l’unanimità, tale aumento chesarà applicato a partire dal2003.Vi ricordo che tutto ciò che hodescritto è documentato e con-trollato con cadenza trimestra-le dal collegio dei revisori deiconti.Ribadisco la mia disponibilitàper ulteriori chiarimenti e Viinformo che gli atti sono a di-sposizione di qualsiasi iscritto

BILANCIO CONSUNTIVO 2001 - COSTI

DECSCRIZIONE SPESE SPESECONSUNTIVO CONSUNTIVO

2001 2001IN LIRE IN EURO

cancelleria e stampati 1.287.774 665,08accessori 0 0,00totale conto mat.di consumo 1.287.774 665,08parliamone 685.345 353,95energia elettrica 978.400 505,31spese per azienda gas 1.922.500 992,89spese esattoriali 6.000 3,10riparazioni e manutenzioni 1.648.417 851,34gettoni di presenza consiglieri 3.686.000 1.903,66spese informatica (consul.prog.) 0 0,00pulizia 3.168.000 1.636,13assistenza contabile 6.858.288 3.542,01contributo federazione ipasvi 39.760.000 20.534,33pubblicità 150.000 77,47assistenza legale 538.560 278,14spese telefoniche 5.527.000 2.854,46spese postali e di affrancatura 2.464.000 1.272,55assicurazioni 1.986.616 1.026,00spese di rappresentanza 0 0,00rimborso spese viaggi 260.400 134,49rimborso corsi aggiornamento iscritti 0 0,00rimborso spese missioni (alb.rist.) 301.500 155,71spese condominiali 81.500 42,09spese documentate impreviste 10.716.647 5.534,69tessere, distintivi, adesivi 0 0,00corsi aggiorn.consiglieri ed impiegate 3.712.600 1.917,40spese per convegni 0 0,00spese economato 0 0,00biblioteca 518.600 267,83spese per collegi lombardi 0 0,00sgravi per morosita’ 0 0,00residui passivi anni precedenti 21.995.756 11.359,86ritenute irpef professionisti 1.339.512 691,80spese software 0 0,00totale conto spese per servizi 108.305.641 55.935,20spese affitto sede 12.507.000 6.459,33totale conto god.beni di terzi 12.507.000 6.459,33retribuzioni impiegate 29.842.700 15.412,46irpef dipendenticontributi inps 10.752.700 5.553,30contributi inail +ctr.sindacali 08141006 273.250 141,12inpdap 40.000 20,66t.f.r. 2.282.800 1.178,98totale conto spese per il personale 43.191.450 22.306,51contributi inps consiglieri 341.600 176,43cives 0 0,00totale conto contributi 341.600 176,43ici 258.000 133,25irap 3.332.863 1.721,28tasse sui rifiuti 574.000 296,44imposte e tasse 1.104.000 570,17totale conto oneri diversi di gest. 5.268.863 2.721,13Spese C/C postale 4.006.000 2.068,93tot. c.to interessi ed altri oneri fin. 4.006.000 2.068,93costi di competenza anno precedente 0 0,00totale conto costi vari ed oneri 0 0,00totale costi 174.910.329 88.331,60

BILANCIO CONSUNTIVO 2001 - RICAVI

DESCRIZIONE INCASSI INCASSIALLA FINE ALLA FINE DEL 2001 DEL 2001

IN LIRE IN EUROrinnovo tessere 175.320.000 90.545,22ricavi non istituzionali (pubblicita’) 0 0,00iva su ricavi non istituzionali 0 0,00iva su ricavi non istituzionali - erario 0 0,00adesivi, distintivi 0 0,00quota prima iscrizione 900.000 464,81rimborso spese per convegni 0 0,00rimborsi spese 1.447.611 747,63certificati d’iscrizione 610.000 315,04totale ricavi istituzionali e non 178.277.611 92.072,70proventi immobiliari 2.628.000 1.357,25iva su proventi immobiliari 525.600 271,45iva su proventi immobiliari - erario -525.600 271,45totale proventi immobiliari 2.628.000 1.357,25sconti, abbuoni, premi 0 0,00totale sconti, abbuoni, premi 0 0,00rendita da deposito titoli 1.713.715 885,06totale proventi da titoli 1.713.715 885,06interessi attivi bancari e postali 2.410.860 1.245,11totale proventi finanziari 2.410.860 1.245,11totale ricavi 185.030.186 95.560,12

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N.1 • Luglio 20028

Notizieper la ProfessioneNotizieper la ProfessioneNotizieper la Professione

Copyright by Collegio IP.AS.VI. - Sondrio

Pubblicato trimestralmente ed inviato a tutti gli iscritti del Collegio IP.AS.VI.Viene inviato in abbonamento, si prega pertanto di comunicare tempestivamente il cambio di

indirizzo al Collegio IP.AS.VI., via IV Novembre, 11 - 23100 SondrioE-mail: [email protected] - [email protected]

PRESIDENTE: Ercole Andrea PianiVICE PRESIDENTE: Antonella Bonanno

SEGRETARIO: Rosella BaraioloTESORIERE: Edo Bagiolo

CONSIGLIERI: Patrizia Almasi, Emanuela Balatti, Lidia Baraglia, Olga Cedro, Roberta Cristini,

Antonella Gambetta, Tecla Gianoli, Luciano Scieghi, Claudio Tagliapietra, Daniela Ussia, Giuseppina Vanotti

REVISORE DEI CONTI:Presidente Giancarlo Bottà

membro eff. Marisa Ambrosinimembro eff. Gemma Valli

membro supplente Adelaide Tudori

HANNO COLLABORATOL. Baraglia, R. Barcaiolo, L. Benini, S. Bortolotti, T. Briotti, A. Callegari, O. Cedro, CIVES Catania, P. Coelho, Danila, C. DellaBerta, Edo, M. Doria, Gruppo Allievi ASA, Gruppo ASA CRH, Gruppo Educatori CRH, Gruppo Inferm. CRH, M. Loi, C.Mencacci, M. nomini, R. Palma, personale Riab. Pneumologica, E. Piani, M. Schiantarelli, D. Ussia, G. Vanotti.

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Cives e gli Alpini a Catania: esperienze del nucleodi Catania e gestione di un moderno P.M.A.

a cura di degli infermieri CIVES di Catania

Abbiamo chiesto agli amici del Nucleo CIVES di Catania un resoconto della loro esperienzanel nuovo PMA che hanno gestito per il raduno nazionale degli alpini (ndr)

N. 1 • Luglio 2002 9

Il tema che mi è stato affi-dato si raccorda in modoparticolarmente esemplifi-

cativo con le problematiche re-lative all’OSS non solo perchéla definizione delle attribuzio-ni di questa nuova figura che èstata portata a compimentocon la delibera regionale n.VII/5248 del luglio 2001 hacostituito oggetto di incon-tro/scontro con la RegioneLombardia per oltre un annoma anche perché l’inserimen-to dell’OSS nelle realtà sanita-rie e socio-assistenziali nonchéla ricaduta di ciò sugli standardassistenziali è uno dei punti diriferimento dell’attività delcoordinamento regionale deiCollegi IPASVI.In un percorso di riconosci-mento del ruolo importantedella professione infermieristi-ca a livello regionale si può af-fermare che:• oggi gli infermieri sono un

problema soprattutto perchésono meno delle necessità(la carenza è stimata in 8000unità)

• domani vorremmo che laprofessione infermieristicafosse riconosciuta come ri-sorsa per il sistema sanitarioregionale e cioè portatricenon solo di necessità econo-miche e professionale maanche depositaria di una“competenza” utile alla pia-nificazione dei servizi equindi attivabile per erogareun servizio socio sanitariomigliore al cittadino.

Il punto di riferimento per que-sto percorso è il piano sociosanitario regionale 2002/2004che è lo strumento fondamen-tale di sviluppo dei sistemanella Regione Lombardia.Una precisazione sul ruolo delcoordinamento regionale lom-bardo dei Collegi IPASVI èd’obbligo per sottolineare co-me la rappresentanza profes-sionale sia in ritardo rispetto algrande cambiamento che haportato la modifica del TitoloV della Costituzione, fruttodella evoluzione in senso fe-derale dello Stato e quindi conil passaggio alle Regioni diquasi tutte le competenze inmateria di sanità.I Collegi sono saldamente an-corati ad una rappresentanza ditipo provinciale, senza unastruttura regionale normata equindi senza la possibilità diessere fortemente rappresenta-ti la dove si decide.L’istituzione di una federazio-ne regionale dei Collegi èquindi un passo obbligato edimpellente e se a ciò non si puòarrivare con una riforma legi-slativa della materia Ordinisti-ca si dovrebbe almeno cerca-re di rimediare con una rego-lamentazione interna che rico-nosca al livello regionale unasua dignità ed autonomia.Per il livello regionale, oltre aun problema di rapporti trastrutture provinciali IPASVI viè un problema di rapporto conle organizzazioni sindacali vi-sto che la realtà infermieristi-ca è una realtà di lavoro di-pendente per la gran parte.Questi rapporti, oggi di fattoinesistenti, risentono di moda-lità diverse di approccio ai pro-blemi della sanità, troppo ge-neralista del Sindacato confe-derale e troppo particolare dei

Ruolo e strategie dei collegi lombardi per la rivalutazione della professione infermieristica

a cura del Presidente del Coord. Collegi Lombardi Servilio Bortolotti

Dal Convegno: Nuovescelte per l’assistenzainfermieristica:riflessioni… ipotesiapplicative, organizzatodal Collegio l’11 maggioproponiamo ai lettori larelazione del collegaServilio Bortolotti,Presidente del Collegiodi Bergamo e delCoordinamento deiCollegi Lombardi (n.d.r.)

Collegi IPASVI. Ulterioricomplicazioni sono generatedalla presenza del sindacali-smo autonomo a matrice pro-fessionale verso cui qualchecollegio sembra attivare rap-porti privilegiati.Ogni anno si tiene a livello re-gionale la contrattazione delle“risorse aggiuntive” e poichénel capitolo “valorizzazionedella professione infermieristi-ca” una parte importante è le-gata agli istituti economici sicapisce il perché dell’impor-tanza di un diverso e più si-nergico rapporto tra organismiprofessionali e organismi sin-dacali.La Regione Lombardia attra-verso il PSSR 2002/2004 hadefinito con chiarezza (almenonella filosofia di fondo) i pro-pri intendimenti rispetto al si-stema socio sanitario regionale.Bisogna premettere che non ècompito degli organismi pro-fessionali esprimere giudizi“politici” sull’operato dellaRegione non solo perché vi èuna solida maggioranza diconsenso elettorale e pertantoma anche perché il compitoche la norma ci assegna è quel-lo di fornire il nostro contribu-to a chi governa per il miglio-ramento dei servizi erogati alcittadino.Per quanto riguarda la profes-sione infermieristica vi è un in-negabile e diffuso senso di di-sagio che si può far risalire adiverse cause:• la difficoltà ad accettare, per

chi come noi vive la quoti-dianità dei percorsi di salutee di malattia dei cittadini, lo-giche aziendali basate esclu-sivamente sul risparmio eco-nomico e sulla verticalizza-zione dei processi decisiona-li come di fatto sta avvenen-do nelle aziende sanitariepubbliche;

• la percezione di una sorta diconcorrenza sleale del priva-to, che può scegliere i propriambiti di attività nei con-fronti del pubblico che inuna fase di contrazione del-le risorse deve comunque ri-spondere a tutti i cittadinisubendo oltretutto una im-magine negativa rispetto al-la propria qualità ed effi-cienza;

• la paura di una pura e sem-plice sostituzione della risor-sa infermieristica con opera-tori a più bassa qualificazio-ne professionale come gliOSS;

• una diffusa percezione delladiminuzione della risorsa in-fermieristica per la scarsaappetibilità della professioneed un contestuale aumentodei carichi di lavoro che im-pedisce l’evoluzione quali-tativa dei servizi erogati da-gli infermieri che invece vie-ne percepito come necessitàorami non più rinviabile;

• la precarietà di un sistemaformativo universitario in bi-lico tra passato e futuro;

• una eccessiva centralità rico-nosciuta alla professione me-dica che viene chiamata inmodo del tutto autoreferen-ziale a dare indicazioni allaRegione sul come sviluppa-re il sistema sanitario lom-bardo non valorizzando ilcontributo della altre profes-sioni.

Rispetto a questo ultimo pun-to, lungi da me l’intenzione diattivare conflitti tra professio-nisti, è emblematico quanto èavvenuto in sede di discussio-ne del PSSR rispetto al pro-getto delle équipes delle cureprimarie, progetto valido e cheè stato di fatto abbandonatoper l’opposizione dei medici dimedicina generale senza chenel dibattito non solo siano sta-ti coinvolti gli altri professio-nisti ma anche i cittadini e leloro associazioni.La regionalizzazione del siste-ma socio sanitario è indubbia-mente un vantaggio perchépermette di affrontare i pro-blemi con maggiore concre-tezza rispetto ai contesti terri-toriali.Nell’agosto del 2001 la Re-

gione Lombardia ha sottoscrit-to con le Organizzazioni Sin-dacali un piano di valorizza-zione della professione infer-mieristica e delle altre profes-sioni sanitarie; gli obiettivi delpiano sono stati ricompresi ne-gli obiettivi del PSSR2002/2004 nel capitolo dellavalorizzazione delle risorseumane.Dal punto vista economico:• riconoscimento economico

della funzione di tutor nellaformazione di base nella ne-goziazione delle risorse ag-giuntive;

• conferma della borsa di stu-dio per gli studenti del primoanno di corso universitario

• conferma della assunzioneda parte della Regione deicosti sostenuti dalla Aziende

che sono sede di formazioneuniversitaria;

• riconoscimento della pecu-liarità infermieristica nellacontrattazione aziendale sul-le posizioni organizzative;

• atto di indirizzo alle aziendepubbliche sulla attivazionedella dirigenza infermieristi-ca ai sensi della legge251/2000.

Dal punto di vista professio-nale:• attivazione di un osservatorio

regionale per monitorarel’attivazione e l’evoluzionedi modelli assistenziali in-fermieristici innovativi sullabase dei quali poter definirenuovi standard di personaletenendo conto anche dellenuove figure di supporto;

• definizione di un piano re-gionale di formazione conti-nua anche in relazione al-l’attivazione del sistemaECM;

• attivazione a livello regiona-le di un percorso per il repe-rimento di figure infermieri-stiche di provenienza extra-comunitaria presidiando gliaspetti relativi al mercato dellavoro e quelli relativi al ri-conoscimento dei titoli;

• attivazione di un percorsoformativo di 220/250 ore perinfermieri con funzioni dicoordinamento in collabora-zione con l’Università.

Il PSSR 2002/2004 è chiara-

mente orientato verso una ri-duzione dei posti letto per acu-ti e l’aumento dei posti lettoper lungo degenti e riabilita-zione.E’ inoltre evidente la tendenzanon già a privatizzare i servizisanitari ma affidarli sempre piùa gestori con logiche privati-stiche.Il perdurare della carenza diinfermieri se sta producendoqualche beneficio economicoper la categoria ma produceanche effetti indesiderati sulpiano professionale (demoti-vazione, abbandono della pro-fessione, enormi difficoltà perchi gestisce i servizi infermie-ristici).Possiamo allora pensare ad unfuturo infermieristico nel si-stema sanitario regionale che:• valorizzi la risorsa infermie-

ristica attraverso un uso ap-propriato integrato con le fi-gure di supporto;

• riconosca la responsabilitàdella gestione di questa ri-sorsa ad infermieri;

• raccordi la formazione conl’esercizio professionale;

• riconosca sul piano econo-mico e normativo la delica-tezza e l’onerosità di questaprofessione;

• la consideri risorsa per l’in-tero sistema.

Questa mi sembra la sfida checome infermieri dobbiamoraccogliere.

La 75ª adunata nazionale degli Alpiniche si è tenuta a Catania tra il 10 e il12 maggio scorso, ha dato alla citta-

dina etnea l’occasione di partecipare ad unevento veramente singolare per cultura, al-legria e civiltà.Per tre giorni più di 150.000 alpini hannodato vita a straordinari momenti di gioiosocolore animando costantemente la città conil loro contagioso buonumore … rallegran-do gli animi con i loro canti … rendendo ilclima “frizzantino” grazie al loro vinello!!Questo forte momento di aggregazione cul-turale ha visto il nucleo Cives di Catania se-riamente impegnato a fornire alla cittadi-nanza il massimo supporto sanitario.Grazie alla collaborazione instaurata conl’azienda Ospedaliera “Vittorio Emanuele –Ferrarotto- Santo Bambino” di Catania, cheha investito con perspicace lungimiranzanell’acquisto di materiale logistico e tecno-logico d’avanguardia, fornendo personalemedico altamente specializzato ha assicu-rato una performance strutturale e profes-sionale di altissimo livello, permettendo difatto agli infermieri appartenenti al NucleoCives Catania di erogare un’assistenza ditutto rilievo e conseguentemente facendocrescere orgogliosamente e positivamentela consapevolezza della nostra identità pro-fessionale, e delle nostre potenzialità.Cives grazie alla suddetta partnership hapotuto allestire, nell’area opportunamenteassegnata dalle autorità preposte, un P.M.A.(posto medico avanzato) di tutto rispetto. IlP.M.A. per intenderci è una struttura chefunge da filtro tra la scena del disastro e l’o-spedale. Qui, infatti viene eseguita la stabi-lizzazione delle funzioni vitali delle vittime

in vista delloro succes-sivo traspor-to verso glio s p e d a l icompetenti.T e n e n d oconto che ilP.M.A. deverispondere adeterminatecaratteristi-che di sicu-

rezza, accessibilità e praticità per i soccor-ritori, esso è stato allestito in un’ampiapiazza in cui sono state montate quattro ten-de pneumatiche, di cui due di nuova gene-razione.Grazie all’esperienza del Responsabile Ci-ves per il Centro Sud Saro Chiarenza, perla dislocazione delle tende è stato utilizza-to lo schema della losanga con doppio flus-so. Le tende sono state suddivise ideal-mente in quattro zone corrispondenti alle

aree d’intervento. La prima tenda è stata de-stinata al triage in cui dei medici esperti edegli infermieri di area critica accoglieva-no il paziente, e tramite un’apposita sche-da di triage che utilizza il protocollo Ph. A.S. T. categorizzavano i pazienti, stabilendocosì la priorità con cui effettuare le primecure e la successiva evacuazione verso lestrutture più opportune. I pazienti con co-dice verde venivano destinati ad un’areaspecifica del P.M.A., quelli con codice gial-lo e con codice rosso per essere stabilizza-ti ed eventualmente evacuati; le loro condi-zioni venivano ripetutamente controllateeseguendo ciclicamente il protocollo di tria-de Ph. A. S. T.. Nella 2^ tenda provvista din. 10 posti letto (brandine) venivano tratta-ti i verdi, e i pazienti che necessitavano dibrevi osservazioni. Nella 3^ tenda si tratta-vano i codici gialli e rossi: pazienti cioè conlesioni potenzialmente pericolose, ma cheal momento non mettevano a rischio la lo-

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N.1 • Luglio 200210

ro vita e pazienti con lesionida trattare immediatamente arischio di vita. Rispettiva-mente ad ogni codice eranoassegnati 2 posti letto. La ten-da dei codici gialli e rossi, di-visa in due settori, è stata at-trezzata con carrelli multifun-zionali in cui erano allocateapparecchiature e presidii perla rianimazione cardiopolmo-nare, che andavano dal defi-brillatore al respiratore auto-matico, dal monitor multi pa-rametrico all’elettrocardio-grafo, dalla coperta a flussod’aria per refrigerare o riscal-dare il paziente al carrellochirurgico attrezzato per pic-coli interventi chirurgici. Inultimo un prezioso laborato-rio analisi dava la possibilitàdi determinare tempestiva-mente gli enzimi cardiaci,praticare un emogas analisi,ed altri esami ematochimiciquali glucosio, transaminasi,ecc.. Barelle dotate di ruotepermettevano di evacuare ve-locemente il paziente nellazona di destinazione. La 4^tenda è stata utilizzata per ilcoordinamento dei servizi,inoltre fungeva da sala radioe segreteria. Tramite un com-puter si era costantementecollegati telematicamente congli ospedali e con i centri dicomando della Protezione Ci-vile.Il personale in impiegato du-rante tutto il servizio è statocomplessivamente di : • n. 36 infermieri Cives, di cui

tre provenienti dal Nucleodi Brescia,

• n. 20 medici dell’AziendaOspedaliera “Vittorio Ema-nuele-Ferrarotto-SantoBambino” di Catania prove-nienti dall’area medica, chi-rurgica e rianimazione.

In previsione che nella notteprecedente la sfilata di chiu-sura dell’adunanza, ci potes-se essere maggiore afflusso dipazienti nel P.M.A., circo-stanza dettata dalle preceden-ti esperienze in cui gli alpininella suddetta notte tendeva-no ad ubriacarsi di più trasci-nati dall’enfasi della spetta-colare giornata di chiusura, ilP.M.A. è stato potenziato conulteriore personale. Infattierano presenti 10 infermieri e6 medici inoltre, i volontaridella Misericordia hanno col-laborato con spirito di abne-gazione e altruismo provve-dendo con le loro ambulanzead evacuare, se necessario, ipazienti negli ospedali più vi-cini. La Protezione Civile ha mes-so a disposizione altre ottotende ministeriali 73 per untotale di 64 posti letto.A conclusione della attivitàsvolta, nel contesto dell’adu-nata degli alpini, sono stateeffettuate 150 prestazioni sa-nitarie di cui solo 4 ospeda-lizzate. Le patologie preva-lenti sono state di area medi-ca. Da questo ulteriore bancodi prova il gruppo Cives diCatania ne è uscito ancorauna volta più ricco di espe-rienza e rafforzato nella vo-lontà di progredire per rag-giungere risultati sempre piùprofessionali e soddisfacenti.Grazie alla volontà e motiva-zione dei singoli membri, al-la sapiente leadership di SaroChiarenza e alla preziosa col-laborazione della AziendaOspedaliera “ Vittorio Ema-nuele – Ferrarotto – SantoBambino” di Catania, Civessarà sempre più competitivo esi proporrà come valido pun-to di riferimento nel campodelle emergenze.

CONTINUA DA PAGINA 9 ASSISTENZA AI DISABILI E IL CONFRONTOTRA LE PROFESSIONI: ESPERIENZA DEL CRH DI TIRANO

Tra le nuove realtà professionali particolare attenzione abbiamo posto alla realtà del CRH di Tirano che, da pochi mesi, la ASL ha dato in gestione alla Cooperativa Sociale San Michele.

Abbiamo voluto quindi proporre ai lettori questa giovane realtà presso la quale si respira una “bella aria”. (n.d.r.)

La comunitàeducativaa cura di Massimo Zampattiresponsabile CRH

Settembre 2001 il CRH diSondrio viene trasferito a Ti-rano al primo piano dell’exospedale ed affidato in gestio-ne alla Cooperativa SocialeS.Michele.La cooperativa, forte dellapropria esperienza educativacon persone portatrici di han-dicap, ha accettato tale servi-zio avendo chiare le difficoltàed esprimendo, con determi-nazione, la volontà di affian-care la persona disabile e lasua famiglia con un precisoprogetto che fonda le radicinella pedagogia Guanelliana.“Il fine principale della nostraattività è quello di promuove-re la persona umana in tutte lesue dimensioni secondo le po-tenzialità di ciascuno”. Ciproponiamo pertanto di svi-luppare il benessere psichicodelle persone, di salvaguarda-re il benessere fisico e mante-nere viva e far crescere la co-scienza della dignità di ognu-no.In queste poche parole sta lasostanza del nostro agire e dellavoro che ogni figura profes-sionale è chiamata a svolgereall’interno della struttura.Un altro concetto mutuatosempre dalla pedagogia Gua-nelliana, che può aiutare a me-glio comprendere il nostro in-tervento, è “l’impronta di fa-miglia”: la nostra è una comu-nità educativa e quindi nellastrutturazione e nella vita sipropone di riferirsi il più pos-sibile al modello famiglia e diassumerne l’impronta.Queste considerazioni riman-dano a un sistema organizzati-vo non calato dall’alto ma chesi modella sulla persona disa-bile fulcro della nostra struttu-ra: attorno ad essa ruotano ledifferenti figure professionaliche a vario titolo intervengonoal CRH. Personale delle puli-zie, personale amministrativo,educatori, ausiliari socio assi-stenziali, infermieri, fisiotera-pista (quando arriverà), medi-ci, consulente pedagogico, fi-gure specialistiche dell’ASL -psicologo, psichiatra ed assi-stente sociale - obiettori di co-scienza, volontari; personedifferenti per provenienza, sto-ria, motivazione, cultura,aspettative, professione, chia-mate ad interagire per offrirealla persona portatrice di han-dicap un servizio di qualità.Qualità è un termine su cui sisono spesi in questi ultimi an-ni - credo giustamente - fiumidi inchiostro: controllo di qua-lità, misurazione della qualità,indici di qualità, certificazionedella qualità; tutto degno di ri-

lievo ma poco realistico e dif-ficilmente adattabile ai servizialla persona. Per definire laqualità reale di un servizio co-me il CRH non si può stare al-la superficie, gli indicatori nonsono sempre misurabili e nonsono costanti nel tempo, in so-stanza non si può prescinderedalle persone che vi lavoranoe dai loro modelli di riferi-mento. La scommessa quindiper una migliore qualità delservizio sta proprio nell’uniresotto un unico tetto e permet-tere che interagiscano positi-vamente e con reciproca grati-ficazione, differenti figureprofessionali.Una modalità che trovo con-sona alla mia esperienza èquella di ricercare uno stile,una sorgente di ispirazione co-mune a tutte le persone che avario titolo operano nel servi-zio.Come dicevo il modello pro-posto dalla cooperativa è quel-lo della comunità educativa, ilCRH dovrebbe quindi diveni-re luogo in cui la relazione conl’altro sia al primo posto, incui le diverse figure professio-nali, forti delle proprie com-petenze, entrano in rapportocon il collega e con la personain difficoltà accorgendosi cheemergono delle potenzialitàanche nelle persone più feritese sappiamo metterci al lorofianco in una relazione desi-derata, voluta e amichevole.Ogni azione dovrebbe dunqueportare questa valenza, l’edu-catore avrà il compito di pen-sare gli interventi, di guidarele attività e la quotidianità inuna prospettiva progettualemettendosi costantemente ingioco, consapevole che il pro-prio lavoro è fatto di prepara-zione, benevolenza, umiltà,confidenza, dialogo, ironia,forza; l’infermiere si attiveràoltre le competenze specifichedella propria professione, - alCRH di Tirano si è voluto eli-minare il camice bianco pertogliere ogni segno di distin-zione e di distanza, ma la pro-fessione rimane con tutto ilsuo valore - arricchendo la suaesperienza nell’interazionecon la persona portatrice dihandicap in un rapporto carat-terizzato da fiducia e affetto;l’ausiliario non riduce il pro-prio intervento ad una sequen-za di azioni compiute secondouna specifica metodologia, maaccompagna cordialmentel’altro nell’aiuto per i suoi bi-sogni e nella quotidianità, l’at-tività educativa si espleta an-che con il contatto fisico e nel-l’accudire ai bisogni primari. Imedici e le altre figure specia-listiche che operano al CRHdanno un notevole valore ag-giunto all’intervento fornendoun apporto indispensabile equalificante.

Il nostro gruppo di operatorista affrontando un percorsoumano, esperienziale e pro-fessionale affascinante, ognu-no è chiamato a giocarsi, mi-surarsi e crescere, avendo co-me riferimento gli ideali dellacooperativa e le competenzedella propria professione, nonfacendosi imporre o lusingareda ricette precostituite che nonportano a nulla. Ho sempredubitato di coloro che “sape-vano come fare”: la realtà èmolteplice e complessa e gliapprocci debbono essere ne-cessariamente diversificati emultidisciplinari. La coopera-tiva ha il dovere di dettare lelinee di indirizzo e i modelli acui riferirsi, è importante ave-re un’identità culturale e idea-le, ma all’interno di questoquadro ogni persona è chia-mata a dare un apporto speci-fico ed originale.In definitiva l’intervento mul-tidisciplinare credo sia la for-za del nostro servizio, la ca-pacità cioè di interagire con fi-gure professionalmente diver-se rispettosi ognuno dell’altroa favore di persone che neces-sitano proprio della presenzadi più persone con peculiaritàe prerogative specifiche.

In questo lavoro non c’è biso-gno “di persone giuste al mo-mento giusto e al posto giu-sto”, capaci di risolvere i pro-blemi: occorrono invece uo-mini e donne “integrali”, ingrado prima di tutto di convi-vere con i problemi, per i qua-li talvolta non esiste soluzione.Va creata una cultura, giornodopo giorno, lasciandosi met-tere in discussione dalle per-sone che ci sono affidate e daipropri colleghi. Le situazionidifficili devono essere ulterio-re stimolo per l’approfondi-mento, occasione di matura-zione e di riflessioni funzio-nali alla resa di un serviziosempre più qualificato.Considerando dunque tutta larealtà CRH come realtà edu-cativa, meglio come comunitàeducativa, mi piace terminarecon un contributo di CarloMaria Martini “… educare èdifficile; educare è possibile;educare è prendere coscienzadella complessità; educare ècosa del cuore; educare è bel-lo. Si tratta, cioè, di partiredal riconoscimento delle diffi-coltà dell’impegno educativo,per affermare che anche difronte ai problemi l’educazio-ne rimane possibile…”

Privilegiamol’assistenzaalle personea cura del gruppo ASAdel CRH

Al C.R.H. di Tirano lavora ungruppo di nove Ausiliari SocioAssistenziali alla prima espe-rienza con persone portatricidi handicap. Crediamo di ri-portare, con questo scritto, ilpunto di vista di chi si ritrovafinalmente nel ruolo che spet-ta alla figura professionale ri-vestita dall’Ausiliario SocioAssistenziale.Il nostro lavoro al C.R.H. con-siste infatti nella cura dellastruttura e nell’effettiva rela-zione con l’utente. L’A.S.A.lavora a stretto contatto con lealtre figure professionali pre-senti al centro: con l’infermie-re per l’igiene e “la buona sa-lute” dei ragazzi, con l’educa-tore per le varie attività edu-cative.Il fatto di avere un addetto al-le pulizie, ci lascia molto tem-po da dedicare ai ragazzi, adifferenza dalla Casa di Ripo-so dove il lavoro è impostatosoprattutto sulla pulizia della

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persona e in particolare dellastruttura.Dalla nostra abbiamo ancheun rapportoPERSONALE/UTENTI chepermetti agli operatori di se-guire adeguatamente tutti i ra-gazzi.Un altro nostro punto di forzaè il fatto di lavorare in ungruppo affiatato e aperto, checrede profondamente in ciòche fa. Stiamo facendo insie-me un cammino che ci aiuta acrescere, nonostante gli osta-coli che si possono presentare.Stiamo inoltre imparando aconoscere profondamentequesti ragazzi, vivendo con lo-ro le gioie e le difficoltà quo-tidiane, ed entrando in una ve-ra e propria “dimensione” chesi riesce a cogliere pienamen-te solo nel momento in cui cisi mette in gioco.Ed è proprio stando sullo stes-so loro piano che ci si riesce apercepire che siamo TUTTIquanti degli esseri umani, cia-scuno con la propria dignità, ipropri difetti, le proprie debo-lezze, insicurezze, ma soprat-tutto con i propri doni, chepossono essere piccoli o gran-di, ma che comunque sono piùche mai personali, caratteri-stici e preziosi.Lavorare al C.R.H. significariuscire a cogliere in un gesto,in un sorriso, in uno sguardo,l’incredibile bisogno d’amoredi queste persone particolari e

speciali. Bisogno che allostesso tempo diventa anchevoglia di donare amore.Crediamo, infatti, che non cisia persona che esca da uncentro per handicappati senzaaver ricevuto qualcosa che tisegna dentro e che ti spinge acredere che la vita sia comun-que un dono prezioso.

Assistenzaai portatoridi handicap:un rinnovatomodo di essereinfermieria cura del gruppo infermieri del CRH

Il gruppo infermieristico, cheattualmente presta servizio alC.R.H. di Tirano, non ha maioperato nel mondo handicap enei centri adibiti all’assistenzadei disabili, quindi per tuttinoi è stata la scoperta di unnuova realtà e di un rinnovatomodo d’essere infermieri.I ragazzi che risiedono nel no-stro centro sono afflitti, oltreche dalle patologie specifichedel loro handicap, anche da al-tri significativi disturbi che ne-cessitano di costante profes-sionalità ed attenzione.

Dopo otto mesi di stretto con-tatto con i ragazzi è nato, den-tro di noi, un nuovo modo divivere e considerare la nostraprofessione: l’infermiere delC.R.H. non è colui che si li-mita ad applicare una flebo-clisi, ma sa cogliere con at-tenzione e sensibilità tutti gliaspetti che caratterizzano lapersona.L’operato dell’infermiere,spazia dal soddisfacimento deibisogni primari e della som-ministrazione delle terapie al-la capacità d’intervenire ed af-frontare qualsiasi situazionesanitaria che si presenti senzatrascurare l’importanza di unrelazione umana con l’utenzae le famiglie della stessa.Questo ci ha reso consapevolidelle difficoltà e degli ostaco-li, determinati dalle caratteri-stiche psico–fisiche dei sog-getti, che si possono incontra-re e nell’instaurare delle rela-zione significative con loro,abbiamo così imparato a vive-re il quotidiano e a far fronteai problemi che giornalmentesi presentano.Un lavoro reso più sempliceed efficace dalla forte unionee accordo che caratterizza l’e-terogeneo gruppo delle figureprofessionali, che quotidiana-mente sono sostenuto e stimo-lato da una forte affettività chei ragazzi con grande genero-sità ci offrono.La possibilità di operare inquesta struttura rappresentaper noi un’occasione unica persperimentarci e sperimentarenon solo come infermieri, maanche come persone.

Esperienzadi un allievo ASA al CRHa cura di Valeria Marchesi

Per quanto riguarda la miaconsiderazione personale pos-so esprimermi dicendo chedissento con la definizioneclassica di “handicappato” cheritiene il soggetto “diverso”,“il risultato dell’interazionetra la disabilità dell’individuoe le sue aspettative di norma-lizzazione che la società espri-me” in quanto “l’handicappa-to”, secondo me, è un mondoa se stante che va rispettatoprofondamente ed è ingiustospingerlo ad omologarsi allanostra cosiddetta società di“normali”.L’umanissimo sconforto checolpisce la maggior parte deigenitori dei ragazzi con pro-

blemi di handicap a volte sipuò trasformare anche in rab-bia,ma spesso rimane sconfor-to e basta ed infinta dispera-zione che sembra senza usci-ta.Tutti i sogni e le aspettativecosiddette “normali” crollanosotto il peso di un evento ina-spettato. Arrivano domandeche macerano: “che cosa ab-biamo fatto di male per meri-tarci una simile disgrazia?”Occorre uscire al più presto daquesto periodo di angoscia epermettere alla speranza difarsi strada. Occorre affronta-re il più possibile positiva-mente l’aspetto psicologicodel problema, liberandoci del-le immagini stereotipe di per-fezione fisica ed intellettivache ci vengono offerte ognigiorno.Occorre che il “disabile” pos-sa vivere serenamente la sua“diversità”. “Handicappato” o“ritardato” non significa stu-pido o inutile, malgrado il no-stro sforzo per non giudicarlicome tali, finiamo per farlocomunque.Aiutare “l’handicappato” si-gnifica, a mio parere, aver benpresente ciò che è in grado onon i grado di compire e ri-spettarlo in modo profondoper com’è.Dategli sorrisi perché possavivere una vita che non siaun’appendice della vostra. Lavia di tutti ha un senso. Diamovalore alla differenza!Ho portato via la ricchezzache questi ragazzi hanno sa-puto trasmettermi ed è allorache ho avvertito il mio limitee la mia impotenza: limitatafra i cosiddetti “diversi”. Nonli ho spinti a compiere quelloche io avrei desiderato o misarei aspettata da loro, mi so-no limitata ad osservare i mil-le modi nei quali loro comu-nicavano: questo era un mira-colo che spesso noi, nel rin-correre la normalità, non riu-sciamo ad apprezzare, la bel-lezza e la rara spontaneità chequesti ragazzi sanno regalarci.

IL RUOLO DELL’EDUCATOREAL RESIDENZIALE DI TIRANO

a cura delle educatrici dott.sa Macoggi Manuelae dott.sa Moroni Sara

L’educatore professionale, nel corso dei suoi studi, ar-riva ad acquisire una precisa formazione culturalee sociale che lo aiuta a proiettarsi, con preparazio-

ne, criticità e coscienza, in diversi contesti lavorativi.Questa professione si situa entro un complesso sistema diservizi, in cui è necessario dotarsi di strumenti che per-mettano di capire e soddisfare i bisogni espressi o latentidell’utenza che si ha a proprio carico.Essere educatore implica il diventare parte integrante e at-tiva dello sviluppo della persona di cui s’intende avvalo-rare l’unicità, personalizzare il vissuto riscoprendo l’indi-viduo nel suo essere se stesso e nel suo collocarsi entroun contesto di vita particolare.I diversi criteri metodologici propri del bagaglio cultura-le dell’educatore gli permettono di sperimentare e attuareprogetti relativi alla persona, al Centro e alle diverse atti-vità strutturate.Lo strumento principale che gli consente di operare effi-cacemente sull’individuo è il P.E.I., (progetto educativo in-dividualizzato) in cui è rappresentato l’utente in tutte le suecaratteristiche, sono espressi obiettivi e finalità su cui la-vorare e sperimentare con lo scopo di migliorare la qua-lità della vita del soggetto.Le principali variabili cui l’operatore fa riferimento perstrutturare un efficace intervento sono:• la persona• il contesto di vita interno (CRH) ed esterno (famiglia e

persone significative per l’utente interessato)• le diverse figure professionali che operano entro il ser-

vizio.Con la premessa che il P.E.I. è un elaborato dinamico esoggettivo, nasce la necessità di sottolineare la capacitàdell’educatore di porsi su piani differenti nel riesaminaretutte le variabili che caratterizzano questo particolare stru-mento.L’educatore deve essere capace di gestire la quotidianitàin tutti i suoi aspetti adattando, con dinamicità e prontez-za, la sua professionalità alle diverse situazioni. Un esem-pio, in tal senso, può essere individuato dall’attuazione distrategie ad hoc con cui affrontare le differenti problema-ticità delle ammissioni e dimissioni degli utenti. L’opera-tore segue e gestisce l’ingresso o il momento del distaccocercando di controllare le loro ansie e le preoccupazionidei familiari. Fondamentale è la cooperazione con le di-verse équipe di riferimento per rendere questo passaggioil meno traumatico possibile.Le relazioni che l’educatore instaura non si limitano al so-lo sistema interno del centro, ma si aprono anche a colo-ro che fanno parte del vissuto della struttura come i fami-liari, i diversi professionisti che interagiscono con lui e so-prattutto il territorio, considerato una risorsa importantis-sima e indispensabile per giungere ad proficuo sviluppo.L’educatore deve a tal proposito essere capace di spo-

gliarsi di sé, rimettendosi continuamente in discussione so-prattutto alla luce dei feed-back che riceve. Egli, infatti,diviene soggetto insostituibile della dinamica relazionaletra i diversi sistemi di convivenza che costituiscono unafitta e ricca rete di rapporti interdisciplinari.Per noi educatori, la stretta collaborazione, la relazione eil personale contributo che le diverse figure professionaliproiettano su di noi e sugli utenti rappresentano delle ri-sorse importantissime e degli elementi essenziali per larealizzazione e l’attuazione dei diversi progetti.Questa realtà così significativa e indispensabile fortuna-tamente rappresenta la principale caratteristica e il puntodi forza del nostro centro.

Momenti di vita e vacanza al nuovo CRH

Page 12: Patto infermiere cittadino, “LA TUTELA DEL … › Parliamone_luglio_2002.pdfcostruito un aeroplanino di carta e l’ha fatto volare sul-la cattedra della maestra. Massima indignazione,

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Gustav Klimt, Le tre età dell’uomo, 1905.

Ospedale medioevale, Parke-Davis Division of Warner-LambertCo., Morris Plains, Jersey.

IntroduzioneSi discute spesso sul fatto che laprincipale differenza tra una oc-cupazione professionale e unanon professionale sta nella mag-giore qualificazione della pri-ma. Si suppone che l’eserciziodi una professione richieda unaserie di operazioni complicate enon comuni e che per padro-neggiarle sia necessario un lun-go tirocinio. Tuttavia limitarsi amettere a fuoco gli elementidell’abilità in sé e per sé nelladescrizione delle professioni si-gnifica perdere di vista il noc-ciolo della questione.La distinzione fondamentale èche l’assistenza infermieristica,come tutte le attività professio-nali, ha origine e si sostiene suuna base di conoscenze orga-nizzate in un sistema interna-mente coerente, chiamato corpodi teoria.Un corpo di teoria checostituisce la base di una pro-fessione è un sistema di propo-sizioni astratte che descrivonoin termini generali le classi difenomeni contenenti il puntofocale d’interesse della profes-sione.La teoria serve come unabase nei cui termini il profes-sionista razionalizza le sue ope-razioni in concrete situazioni.L’abilità professionale è dun-que intellettuale oltre che prati-ca. Dal momento che l’acquisi-zione della teoria è di tale im-portanza per la qualifica profes-sionale, la preparazione ad unaprofessione deve essere nellostesso tempo un’esperienza ditipo intellettuale e pratico.Il comune apprendistato, attra-verso cui si accede a un gran nu-mero di occupazioni, non deter-mina l’acquisizione della qua-lità professionale: per arrivare aquest’ultima occorrono studiteorici fondati su un metodoscientifico, che assicura la ra-zionalità e il fondamento cono-scitivo dell’esercizio professio-nale. Ecco quindi apparire lascuola professionale, spesso af-filiata all’università, la cui strut-tura è in contrasto con quelladella scuola artigianale. E’ piùdifficile acquisire la conoscenzateorica che impadronirsi delleprocedure operazionali; in ef-fetti è più facile ad esempio im-parare a riparare un’automobileche conoscere i principi dellacombustione interna di un mo-tore.Per formulare delle teorie atte aprodurre una solida base per letecniche professionali, si richie-

ASSISTENTI DI TIROCINIOdi I.I.D. L.Baraglia*, I.P. A. F. D. M. Nonini**

La seguente relazione è la copia

in versione integraledi quella presentata

in occasione del 1° Corso

di aggiornamento dal titolo:

“La formazione degliassistenti di tirocinio:

un approcciometodologico”,tenutosi presso

la Sezione del Corso di Laurea

per Infermiere di Sondrio in data 31maggio 2002 (n.d.r.)

de dunque l’applicazione delmetodo scientifico ai problemirelativi alla professione. La pra-tica costante del metodo scien-tifico rafforza, in cambio, glielementi della razionalità.Orientativamente la razionalitàè l’antitesi del tradizionalismo.In una professione lo spirito ra-zionale incoraggia l’attitudinecritica, in opposizione a quellareverenziale, verso il sistemateorico. Questo implica unacontinua prontezza nello scarta-re ogni residuo di tale sistema,non importa quanto rispettabileper anzianità, con una formula-zione dimostrata più valida. Lospirito razionale genera gruppidi autocritica e controversie teo-riche. L’effetto degli sviluppi insenso professionale è di pro-lungare la preparazione giudi-cata necessaria per entrare nel-la professione e spiega il signi-ficato del tirocinio professiona-le.Il tirocinio rappresenta una for-ma di apprendimento professio-nale che riconosce e sostienel’importanza del rapporto clien-te-studente e il contesto in cuiesso ha luogo. Sebbene ci sianodiversi modi per esprimere checos’è il tirocinio o insegnamen-to clinico, le definizioni con-tengono sempre generalmentedei riferimenti al trasferimentoalla pratica delle conoscenzeteoriche di base.Una definizione di tirocinio cheha raccolto il nostro consenso èla seguente:” Il mezzo che dà

agli studenti l’opportunità ditrasferire le conoscenze teorichedi base nell’apprendimento diuna varietà di abilità intellettivee psicomotorie necessarie peroffrire un’assistenza infermieri-stica di qualità centrata sullapersona.” ( Schweer 1972 )Una definizione più completa diinsegnamento clinico è:” Prepa-rare gli studenti ad integrare leinformazioni scientifiche di ba-se precedentemente assimilatecon capacità orientate all’atti-vità e con competenze associa-te all’assistenza delle persone, ead acquistare quelle capacitàprofessionali e personali,quegliatteggiamenti e quei comporta-menti ritenuti indispensabili perentrare nel sistema sanitario eper essere coinvolti nella for-mazione permanente.Il tirocinio, incentrandosi sulrapporto tra teoria e pratica, puòaiutare lo studente non solo adapplicare la teoria, ma anche aricercare i modi in cui la teoriaemerge dalla pratica clinica.In contrasto con l’ambientecontrollato di un’aula universi-taria, l’ambiente dell’insegnan-te e dello studente clinici è im-prevedibile, mutevole, riservatoe personale.Non ci sono dubbi che la pre-senza della persona renda il ti-rocinio un’efficace occasione diapprendimento. Allo stesso tem-po tuttavia ciò rende il lavoro diprogettazione arduo; è infattipossibile che una sessione pro-grammata per raggiungere de-terminati obiettivi debba essereabbandonata a causa di un im-provviso mutamento nelle con-dizioni della persona o nell’am-bito clinico; ancora non è sem-pre possibile conoscere antici-patamente la storia di ogni pa-ziente, né essere sicuri di ciòche succederà durante la tera-pia…………Sebbene gli studenti non siano,in genere anche dei dipendentidell’istituzione in cui si trovano,essi sono comunque coinvoltiin una realtà lavorativa con del-le caratteristiche ben precise.Spesso i compiti, i programmidi lavoro e le attività di routineprendono il sopravvento sugliobiettivi di apprendimento.L’Assistente di tirocinio deveaffrontare un dilemma: gli stu-

denti hanno bisogno di esserepreparati per il “mondo reale”del lavoro e nel contempo de-vono essere in grado di distin-guere tra schemi di lavoro più omeno efficaci. Gli scopi dellapratica clinica infermieristicasono l’assistenza alla persona el’efficienza gestionale; nell’in-segnamento e nell’apprendi-mento clinico lo scopo è educa-tivo. Se a livello teorico la dif-ferenza sembra essere chiara, inrealtà c’è un confine molto sot-tile tra il compito infermieristi-co che deve essere svolto e l’ap-prendimento raggiunto daglistudenti durante questo stessocompito. Analizzati dall’am-biente sicuro e lontano dell’au-la, i problemi clinici hanno qua-si sempre delle risposte più omeno standardizzabili. Nellarealtà dell’ambiente clinicoogni problema richiede imme-diatamente risposte personali:vengono coinvolti dei valorimorali, oltre ad aspetti pratici,emotivi e cognitivi.Non è più sufficiente program-mare semplicemente di trascor-rere un certo periodo di tempoin un’area clinica, bensì si ri-chiede il raggiungimento diespliciti obiettivi didattici, comespecificato nel curriculum. Per-ché un ambiente clinico sia edu-cativo, è necessario che gli in-segnanti sappiano come inca-nalare la prontezza di apprendi-mento degli studenti in risultatiraggiungibili e realistici.Nell’ambiente clinico sono ri-chieste, oltre alle capacità intel-lettive, anche capacità attitudi-nali e pratiche. E’ dato per scon-tato che gli studenti imparino lapratica clinica con il “fare”, maquesto presupposto è stato pro-babilmente la causa dell’opi-nione diffusa che l’apprendi-mento clinico sia automatico ofrutto di un’abitudine. Impararedall’esperienza non significasemplicemente imparare facen-do.

Il ruolo dell’assistente di tiroci-nio dovrebbe essere chiaramen-te definito al fine di utilizzare iltirocinio al meglio; questo ruo-lo deve essere di guida, di faci-litazione e di sostegno.Le abilità che rientrano nel ruo-lo di assistente di tirocinio sono:

1. Presentazione: proporre, fareda modello, spiegare.

2. Interrogazione: innalzare illivello, soffermarsi, indagare,fare domande divergenti.

3. Problem solving: delineare ilproblema, identificare i fat-tori e raccogliere le informa-zioni, ricercare le soluzioni,mettere in pratica e valutarele soluzioni.

4. Colloquio: programmare ilcolloquio, guidare la discus-sione, chiudere il colloquio.

Nessuno mette in dubbio l’im-portanza dell’ambiente clinicoper l’apprendimento degli stu-denti. Una minore intesa emer-ge invece quando si esamina ciòche gli assistenti di tirocinio de-vono fare quando gli studenti sitrovano in un ambiente di prati-ca. Gli stessi assistenti di tiroci-nio sono spesso incerti riguardoa ciò che ci si aspetta da loro.Tra le attività quotidiane che ta-li figure sono chiamate a svol-gere è possibile riconoscere leseguenti:1. assicurarsi che lo studente sia

pronto a procedere;2. fare attenzione agli studenti

che potrebbero essere in dif-ficoltà

3. porre attenzione agli eventipiù importanti che si verifi-cano in reparto, che costitui-scono una valida opportunitàdi apprendimento, e spingeregli studenti ad essere presen-ti e partecipi;

4. essere pronti a guidare glistudenti quando sono insicu-ri;

5. conferire e negoziare con lostaff clinico e facilitare le re-lazioni interpersonali;

6. valutare le attività degli stu-denti ed il tempo impiegatoper portarle a termine.

In riferimento a quanto sopra èpossibile individuare due tipo-logie di attività:• attività di gestione, che ga-

rantiscono l’esecuzione rego-lare del programma clinicoper tutto il giorno, attività che,assommate costituiscono una“routine di mantenimento”non scritta;

• attività di previsione delle si-tuazioni contingenti, antici-pando le difficoltà e gli osta-coli e tenendo conto delleconseguenze dei mutamentiambientali che potrebbero in-fluire sulla pratica degli stu-denti.

Una sintesi delle attività del-l’assistente di tirocinio è la se-guente: sostenere, osservare,guidare, facilitare, assistere, in-dagare, ricercare, valutare, ge-stire le risorse, istruire.SostenereE’ importante rassicurare lo stu-dente sulla costante presenza diuna persona cui fare riferimen-to; il sostegno rende possibiliaccordi che liberano lo studen-te dall’ansia di essere lasciatosenza le direttive, senza le infor-mazioni e senza il sostegno ne-cessari in una situazione di ten-sione o di qualche difficoltà, etuttavia offre l’opportunità didecisioni e di creatività indivi-duali. Il sostegno ha inoltre loscopo di evitare che gli studen-ti evitino di chiedere aiuto rite-nendo questo un segno di in-competenza per chi impara. Ilsostegno può essere di tipo:

• emotivo: si mostra partecipa-zione e si dà ascolto

• valutativo: si offre una con-ferma ed un feedback

• informativo: per mezzo diconsigli, ragguagli e assisten-za durante le fasi di risoluzio-ne di un problema clinico

• strumentale: offerto attraversola disponibilità di risorse, co-me la possibilità di mettersi incontatto con altre persone.

OsservareE’ importante sottolineare il fat-to che l’obiettivo dell’osserva-zione dovrebbe essere quello didescrivere la performance dellostudente piuttosto che valutarla,così facendo il giudizio sullaprestazione è sospeso fino aquando lo studente avrà, in se-guito, la possibilità di interpre-tare la descrizione dell’assisten-te di tirocinio secondo il suopunto di vista.

GuidareNell’ambiente clinico ci posso-no essere occasioni in cui è ne-cessario guidare gli studenti,piuttosto che insegnare nuova-mente ciò che hanno già appre-so. Tutte le azioni che assolvo-no il compito di dirigere, in-fluenzare, consigliare e sugge-rire indicano che si sta guidan-do.

FacilitareIl facilitatore approfondisce iconcetti con cui lo studente è al-le prese; quando l’attenzionedello studente è puntata sull’a-zione, il facilitatore procede aguidare lo studente perché rag-giunga conoscenze e prestazio-ni ulteriormente sviluppate.

Gestire le risorseL’assistente di tirocinio dovreb-be essere in grado di scorgerenegli eventi ambientali le op-portunità di apprendimento e diimpiegarle per assicurarsi chegli studenti imparino a trarre unsignificato dalle loro osserva-zioni. La pratica dell’osserva-zione “basata sulle opportunità”offre la possibilità di ampliare leabilità percettive ed interpretati-ve degli studenti ed accrescerele loro capacità di collegare ciòche viene osservato con le no-zioni teoriche sottostanti.Le principali azioni educativedell’assistente di tirocinio sonosembrate relative a:• creare un ambiente formativo,

favorire l’accoglimento e l’in-serimento dello studente;

• informare e coinvolgere tuttigli operatori del servizio nelprogetto di tirocinio;

• selezionare le attività da farsperimentare allo studente incoerenza con gli obiettivi for-mativi;

• partecipare con i tutor allaprogettazione dei tirocini;

• offrire allo studente occasioniper sperimentare una progres-siva ma graduale responsabi-lizzazione;

• stimolare lo studente ad espli-citare le conoscenze scientifi-che e tecniche nel momentodella loro applicazione;

• motivare ed esplicitare i pro-cessi decisionali che sotten-dono l’azione di un infermie-re esperto durante gli inter-venti assistenziali;

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Suore all’opera in una corsia dell’Hotel Dieu di Parigi, c. 1650.

Infermiere a lezione, c. 1900.

• attivare la riflessione durantel’azione attraverso la decodi-ficazione dell’esperienza e lacomprensione della situazio-ne;

• addestrare lo studente all’ese-cuzione di specifiche mano-vre;

• far riflettere sull’errore, offri-re allo studente la possibilitàdi un confronto;

• stimolare lo studente all’auto-valutazione, fornire costante-mente un feedback;

• contribuire con il tutor allavalutazione formativa;

• svolgere attività specifiche diorientamento professionale.

Gli studenti sono spesso sopraf-fatti dai loro sentimenti quandosono posti di fronte all’impattoemotivo dell’assistenza infer-mieristica ai malati “veri”. Essicontano sul rapporto instauratocon i loro insegnanti e si rivol-gono a loro per prevenire le dif-ficoltà, per essere incoraggiati eper trovare un supporto perso-nale.La scelta delle esperienze di-dattiche che devono affiancareed esemplificare le basi teorichestudiate in classe ha mutato lanatura dell’apprendimento negliambiti clinici. I compiti clinicidevono essere programmati edefiniti come mezzi per arriva-re ad apprendere, piuttosto checome una serie di incarichi da

portare a termine.Una definizione di apprendi-mento è:”cambiamenti nel com-portamento derivanti da prece-denti comportamenti in situa-zioni analoghe”. Nei suoi ter-mini più ampi, dunque, l’ap-prendimento descrive gli aspet-ti dell’esperienza, sia diretta chesimbolica, sul comportamentosuccessivo. Per il formatore, nelsignificato di apprendimentosembrerebbero essere implicitequesti aspetti:• conoscere intellettualmente o

concettualmente qualcosa cheprima non si conosceva;

• essere capace di fare qualco-sa (comportamento o abilità)che prima non si era in gradodi fare;

• combinare due elementi ap-presi in una nuova compren-sioni di una abilità o pezzo diconoscenza o concetto o com-portamento;

• essere capaci di usare o appli-care una nuova combinazionedi abilità, conoscenze, con-cetti o comportamenti,

• essere capaci di capire e/o ap-plicare ciò che si conosce, sitratti di conoscenze, abilità ocomportamenti.

Parlando di apprendimento rite-niamo utile ricordare le condi-zioni e le aree di apprendimen-to. Le condizioni che influenzanol’efficacia del processo di ap-

prendimento sono:1. maturità preparatoria del sin-

golo studente: stato di svi-luppo o di prontezza per in-traprendere un nuovo sforzodi acquisizione autoperfetti-va;

2. attributi di diversità: distin-guono le caratteristiche indi-viduali, biologiche e/o dipersonalità dei singoli di-scenti; il messaggio didatti-co, se mantenuto uniforme,viene dunque ricevuto condiverse modalità da “recetto-ri” differenti.

3. gradualità del processo stes-so: prescindendo dalle mo-dalità individuali, l’iter di ap-prendimento può essere vistocome un procedere gradualedella conoscenza dell’ogget-to in esame; un passaggio dauna percezione globale delfenomeno ad una sua specifi-ca analisi, per giungere poiad una sintesi.

Le aree di apprendimento, ossiai sottosistemi di personalitàmodificati dalla situazione edu-cativa sono:a) le conoscenze, concernono

principalmente i fatti, le teo-rie, gli strumenti e le tecnicheapplicabili ad una situazionedefinita per comprendere erisolvere un certo problema;

b) le abilità: si identificano conle capacità di affrontare unproblema, di elaborare alter-native di soluzione, di sce-gliere e di realizzare la lineadi azione prescelta, il tuttofacendo ricorso a strumenticonoscitivi molteplici ed al-l’esperienza maturata nel ri-solvere situazioni analoghe;

c) gli atteggiamenti, che, sullabase di ipotesi di valore o difatto, determinano il mododi reagire positivo o negativonei confronti di oggetti, per-sone, concetti, situazioni.

Tra i vari modelli disponibiliche tentano di interpretare ilcomplesso processo di appren-dimento, si vuole ricordarequello “ esperienziale” elabora-to da Kolb, che illustra l’ap-prendimento come un processocircolare e lo descrive come tra-sferimento dell’esperienza inconcetti, che, a loro volta, ven-gono impiegati come guida nel-la scelta di nuove esperienze. Come affermato da Dewey tut-tavia non è sufficiente include-re l’esperienza nell’apprendi-mento: tutto dipende dalla qua-lità dell’esperienza . E’ dunqueimportante programmare leesperienze e garantire la conti-nuità. Nel ciclo di apprendi-mento di Kolb vengono indivi-duati quattro stadi:1. l’esperienza concreta di una

data realtà che avvia il pro-cesso ed è anche il momentoconclusivo dell’apprendi-mento;

2. osservazioni e riflessioni, re-lative all’esperienza, chevengono effettuate analiz-zando la stessa da differentiprospettive a seconda delproprio “campo” percettivo(schemi di riferimento ope-rativi e concettuali);

3. formulazione di concettiastratti atti ad integrare le os-servazioni e le riflessioni pre-cedenti in teorie preesistentie a dar loro un significato digenerale validità;

4. verifica empirica delle teorieformulate attraverso la speri-mentazione della estensibi-lità di tali teorie in nuove si-tuazioni di decisione.

La teoria di Kolb ha fatto da ba-se per lo studio del modo in cui

l’esperienza può essere trasfor-mata in conoscenza.Il modello di Boud dell’espe-rience-based learning, espone ilprocesso di riflessione che puòessere utilizzato per aiutare glistudenti a trarre un significatodalle loro esperienze cliniche.La riflessione sull’esperienzapermette di afferrarne il signifi-cato e di indagarne le potenzia-lità per la pratica futura.Si dice che l’assistenza infer-mieristica è SCIENZA E AR-TE, Schon utilizza il termine di“arte professionale” e ne de-scrive gli strumenti nei seguen-ti termini: “Noi diventiamo abi-li nell’uso di uno strumentoquando impariamo ad apprez-zare, direttamente e senza un ra-gionamento immediato, le qua-lità di un oggetto che vogliamoconoscere attraverso le tacitesensazioni date dall’oggettostesso, mentre lo teniamo in ma-no.” Sebbene sia per lo più im-possibile descrivere il ricono-scimento spontaneo che si fa, ocome lo si fa, la possibilità diimparare nuove capacità è inparte attribuibile a queste tacitesensazioni. Schon dà degliesempi, come imparare ad an-dare in bicicletta senza essere ingrado di descrivere come ci riu-sciamo. Egli chiama questo fe-nomeno knowing-in-action (co-noscere durante la pratica). Inrelazione a ciò, utilizzando l’e-spressione di Benner, si intendeper “conoscenza clinica esper-ta” quella insita nella pratica in-fermieristica. Come l’intendito-re è in grado di fare sottili di-stinzioni senza però saper de-scrivere come si possa giungeread un giudizio critico, così gliinfermieri clinici esperti diven-tano degli “intenditori” dei mi-nimi cambiamenti che avven-gono nello stato dei pazienti.Come è possibile incoraggiaretutto questo nell’apprendimentoclinico? Schon, descrivendo ilmetodo di insegnamento di unanuova abilità, fa l’esempio del-l’imparare a giocare a tennis: sideve insegnare ad avere la sen-sazione di “colpire bene la pal-la”, distinguendo questa sensa-zione da quella opposta.

La formazione di nuovi profes-sionisti infermieri coinvolge ov-viamente persone adulte.L’andragogia, teoria nuova chesi interessa appunto della for-mazione agli adulti e il cui ter-mine deriva dalla combinazionedei termini greci che significa-no “uomo” e “guida”, si basa sualmeno quattro ipotesi principa-li, che differiscono da quelledella pedagogia:1. cambiamenti nel concetto di

sé: man mano che una perso-na cresce e matura, il suoconcetto di sé passa da unsenso di totale dipendenza adun senso di crescente indi-pendenza ed autonomia: lapersona matura un profondobisogno psicologico di esse-re percepito come autonomodagli altri e quindi di auto-governarsi.

2. il ruolo dell’esperienza: manmano che un individuo ma-tura, accumula una riservacrescente di esperienza, chediventa una risorsa semprepiù ricca per l’apprendimen-to, e costituisce allo stessotempo una base sempre piùampia a cui rapportare i nuo-vi apprendimenti. Le diffe-renze individuali importantinei bambini diventano anco-ra maggiori negli adulti pereffetto dell’esperienza.

3. disponibilità ad apprendere:

l’andragogia postula che i di-scenti siano disposti ad im-parare ciò che “hanno biso-gno” di imparare in funzionedelle fasi in cui si trovano nelloro ruolo di lavoratori.

4. orientamento dell’apprendi-mento: l’adulto tende adorientarsi verso un apprendi-mento centrato sui problemi.La sua prospettiva temporaleè quella della immediata ap-plicazione.

La valutazione della prestazioneclinica degli studenti genera ne-gli assistenti di tirocinio il biso-gno di essere consapevoli deicriteri di valutazione di una pra-tica che sia efficace.L’assistente di tirocinio ha unruolo fondamentale nel valutarela performance degli studentisoprattutto in relazione al rag-giungimento degli obiettivi for-mativi prefissati. Ma altrettantoimportante è la valutazione in-tesa come feedback, vera e pro-pria strategia, che ponga enfasisu un certo tipo di guida che por-ta ad un miglioramento. Altroruolo è quello di osservatore,elemento fondamentale per lavalutazione dell’impatto chel’ambiente ha sull’apprendi-mento e parte integrante dell’a-bilità nel dare determinati feed-back agli studenti e nell’aiutarliad interpretare ciò che vedono.

Sebbene la pratica dell’assi-stenza infermieristica sia com-plessa, essa corre comunque ilrischio di rimanere una praticabasata su un repertorio di riti edabitudini fino a quando il suoindirizzo teorico non sarà piùchiaro. Il problema è ancora vi-vo e alimenta interessanti di-battiti: molti infermieri sosten-gono debba ancora essere in-ventata una teoria infermieristi-ca che prenda le mosse dallapratica; ancora che ogni teoriarappresenta il mondo infermie-ristico come dovrebbe o comepotrebbe essere, cosa assai di-versa dal mondo in cui gli in-fermieri devono esercitare la lo-ro professione. Per quegli infer-mieri ai quali “nel pieno dellaloro attività, l’espressione teoriainfermieristica sembra uguale atante altre parole” Storch ricor-da il valore di guida della teoriaper aumentare il livello dellaconoscenza e della comprensio-ne, ai fini di migliorare l’assi-stenza del paziente. La presen-za formalizzata di legami tra il

programma teorico e l’appren-dimento clinico, è importanteper determinare il successo del-lo studente nel coordinare edapplicare il contenuto concet-tuale alla pratica clinica.

Abbiamo già accennato all’im-portanza di utilizzare un quadroteorico come guida per la prati-ca infermieristica.All’interno del Corso di Laureaper Infermiere di Sondrio è sta-to scelto come modello concet-tuale di riferimento l’elabora-zione teorica di Virginia Hen-derson.Il punto di partenza dal qualel’autrice americana ha svilup-pato la sua teoria è costituitodalla domanda a cui la Hender-son ha cercato di dare una ri-sposta: “Esiste per l’infermierauna funzione specifica e in ca-so positivo qual’è?”.La risposta dell’autrice è affer-mativa: ella ritiene che esisteuna funzione specifica dell’in-fermiera, intendendo con ciòuna funzione essenziale propriadell’infermiera, quella cioè cheessa può esercitare di sua pro-pria iniziativa e in cui è premi-nente, più competente di altri.La definizione di funzione spe-cifica secondo Henderson è laseguente:“Funzione specifica dell’infer-miera è quella di assistere l’in-dividuo, sano o malato, per aiu-tarlo a compiere tutti quegli at-ti tendenti al mantenimento del-la salute o alla guarigione (o aprepararlo ad una morte sere-na); atti che compirebbe da so-lo se disponesse della forza,della volontà, o delle cognizio-ni necessarie e di favorire lasua partecipazione attiva in mo-do da aiutarlo a riconquistare ilpiù rapidamente possibile lapropria indipendenza.”Cercheremo ora di illustrarebrevemente il modello teoricodi cui sopra, sulla cui base è sta-ta elaborata, all’interno dellaSezione di Corso di Sondrio, lascheda di valutazione del tiroci-nio degli studenti.Il modello teorico della Hen-dorson, successivamente adot-tato e ulteriormente specificatoda si basa su alcuni postulati evalori di seguito riportati.I postulati,che costituiscono ilsupporto teorico e scientificodel modello, quei principi cioèsu cui si basa il modello con-cettuale stesso, sono:1. Ogni uomo tende all’indi-

W.L. Taylor, Infermiera che somministra la medicina a una gio-vane paziente.

Page 14: Patto infermiere cittadino, “LA TUTELA DEL … › Parliamone_luglio_2002.pdfcostruito un aeroplanino di carta e l’ha fatto volare sul-la cattedra della maestra. Massima indignazione,

N.1 • Luglio 200214pendenza e la desidera;

2. L’uomo costituisce un insie-me, caratterizzato da bisognifondamentali;

3. Quando un bisogno rimaneinsoddisfatto, ne consegueche l’individualità non ècompleta, intera, indipenden-te.

I valori, che costituiscono il“perché” del modello, lo giusti-ficano, non sono dimostrabili,ma devono essere accettati dagliinfermieri che vogliono utiliz-zare l’elaborazione teorica so-no:1. L’infermiere ha delle funzio-

ni che gli sono proprie (an-che se ne condivide alcunecon altri operatori);

2. L’infermiere può essere ten-tato di assumere il ruolo delmedico, di conseguenza de-lega le proprie ad un perso-nale meno qualificato;

3. I beneficiari desiderano rice-vere un servizio che derividalla competenza dell’infer-miere.

Nella disciplina infermieristicasi riconoscono quattro concettifondamentali che sono quelli di:uomo, ambiente, salute/malat-tia, assistenza infermieristica.La Henderson li definisce comesegue.

UOMOIndividuo che tende all’indi-pendenza e una volta ottenutalafa di tutto per mantenerla. Eglidesidera l’indipendenza e ha insé tutte le risorse per conqui-starla se avrà forza, volontà econoscenze necessarie.L’essere umano non è mai deltutto indipendente. Egli si trovafra l’indipendenza e la dipen-denza, ma spesso è in situazio-

ne di interdipendenza, una sor-ta di “sana indipendenza”.L’individuo è un essere a diver-se dimensioni: biologica, fisio-logica, psicologica, sociale eculturale. Tutti questi elementisono inscindibili, essi formanoun insieme: non è possibile agi-re su una dimensione senza in-fluenzare le altre.Henderson sostiene che l’assi-stenza infermieristica ha le sueradici nei bisogni fondamentalidegli esseri umani.E’ importante capire che tali bi-sogni comuni a tutti vengonosoddisfatti con modelli di vitainfinitamente vari, dei quali nes-suno è simile all’altro.I bisogni fondamentali identifi-cati dall’autrice sono quattordi-ci:1. Respirare2. Bere e mangiare3. Eliminare4. Muoversi e mantenere posi-

zioni adeguate5. Dormire e riposarsi 6. Vestirsi e spogliarsi7. Mantenere la temperatura

del corpo entro limiti nor-mali

8. Essere puliti e proteggere itessuti cutanei

9. Evitare i pericoli10. Comunicare con gli altri11. Praticare la propria religio-

ne o agire secondo le pro-prie credenze

12. Occuparsi in modo da sen-tirsi utili

13. Divertirsi14. Apprendere

AMBIENTEV. Henderson non fornisce unapropria definizione di ambiente.Tuttavia esplicita, attraverso unatto assistenziale infermieristico

come aiutare il malato ad evita-re i pericoli dell’ambiente e pro-teggere gli altri da eventuali pe-ricoli provenienti dal malatostesso, quali infezioni o atti diviolenza.L’ambiente è sempre visto infunzione dell’uomo: la personasana è libera di modificare il suoambiente o di cambiarlo quan-do lo ritiene pericoloso, mentreal malato questa libertà puòmancare. Pertanto l’ambienteviene analizzato per evitare ipericoli che può comportare almalato.La conoscenza che l’infermieraha dell’ambiente in cui vive lapersona è fondamentale al finedi saper evitare:• pericoli reali• pericoli controllabili, quali ad

es. le cadute• pericoli ipotetici, legati a cre-

denze religiose cui l’infer-miera saprà dare spiegazionirassicuranti

• pericoli fisici, come il fuoco ele sostanze tossiche.

Ancora l’ambiente può esserecausa di sofferenze che accom-pagnano la malattia per la sepa-razione dalla famiglia e per il ti-more di dover trattare con estra-nei.Henderson sostiene che un’am-ministrazione competente ridu-ce sensibilmente i pericoli del-l’ambiente e dato che la pre-venzione degli infortuni do-vrebbe far parte della formazio-ne infermieristica, l’infermieraper conoscenza e competenzasarà in grado di promuovere lacostruzione di fabbricati, l’ac-quisto di attrezzature e di sug-gerire il tipo di manutenzioneatto a ridurre al minimo le pro-babilità di danno fisico.

Henderson sottolinea, inoltre,come un personale adeguata-mente formato possa prevenirele infezioni conoscendo i pro-cedimenti per la sterilizzazionee disinfezione, rendendo cosìinnocuo l’uso comune di mobi-lio, attrezzature sanitarie ed og-getti di ogni genere.

SALUTE E MALATTIALa definizione di salute è basa-ta sulla capacità dell’individuodi essere indipendente, cioè diessere in grado di fare dellescelte in modo da soddisfare ipropri bisogni fondamentalisenza bisogno di aiuto.Henderson spiega come sia an-cora difficile definire fino a chepunto lo stato di salute risulti at-tribuibile ad eredità o ad acqui-sizione e come vari fattori tipol’età, la cultura, le capacità fisi-che ed intellettive, l’equilibrioemotivo influenzino la salute.Poiché la buona salute è unobiettivo difficile da raggiunge-re e una sfida per gli individui,l’autrice deduce che è ancorapiù difficile per l’infermiera aiu-tare la persona a raggiungeretale scopo.

ASSISTENZA INFERMIERISTICAConsiste principalmente nel-l’aiuto che si dà al paziente sup-plendo alle cognizioni, alla vo-lontà alla forza che gli fanno di-fetto, in modo da consentirgli disvolgere le sue attività quoti-diane.L’assistenza infermieristica de-lega all’infermiera la responsa-bilità di farsi carico del malatoed assisterlo nel suo normaleregime di vita, aiutandolo acompiere quegli atti necessarialla sopravvivenza e quelle atti-

vità che rendono la vita supe-riore ad un semplice processovegetativo; atti ed attività che incondizioni di benessere fisico ementale eseguirebbe da solo.La funzione dell’infermiera ècompletata da un elenco diquattordici elementi di base del-l’assistenza infermieristica, ilcui scopo è quello di ristabiliree mantenere l’indipendenza.

1. aiutare l’ammalato a respi-rare

2. aiutare l’ammalato a man-giare e bere

3. aiutare l’ammalato nelle suefunzioni eliminatorie

4. aiutare l’ammalato a mante-nere una retta posizione, siacamminando, sia seduto osdraiato e a cambiare posi-zione

5. aiutare l’ammalato a riposa-re e dormire

6. aiutare l’ammalato a sce-gliere i suoi indumenti, avestirsi e a spogliarsi

7. aiutare l’ammalato a mante-nere la temperatura del cor-po a livello normale

8. aiutare l’ammalato a tener-si pulito, ordinato e a pro-teggere la pelle

9. aiutare l’ammalato a pro-teggersi dai pericoli del-l’ambiente, ad evitare di es-sere di pericolo per gli altri:infezione o violenza

10. aiutare l’ammalato a comu-nicare con gli altri, ad espri-mere le proprie necessità, amanifestare i suoi senti-menti

11. aiutare l’ammalato nellapratica della propria religio-ne o ad agire secondo la suaconcezione del bene e delmale

12. aiutare l’ammalato a lavo-

rare o ad occuparsi in modoutile

13. aiutare l’ammalato a dedi-carsi ad attività ricreative

14. aiutare l’ammalato ad ap-prendere

L’infermiera è inserita in unaèquipe sanitaria, con cui colla-bora. La figura centrale è sem-pre il malato o l’individuo. Se il malato non comprende ilprogramma di cura stabilito perlui, non lo accetta o non colla-bora alla sua attuazione, il lavo-ro dell’èquipe va in gran parteperduto.Quanto prima l’individuo potràprovvedere a se stesso, ricevereinformazioni e consigli, o ese-guire personalmente le cure pre-scritte, tanto prima riuscirà a ri-conquistare la propria indipen-denza.

* Docente di Inf. Generale e TutorCorso di Laurea per InfermieriUniv. Milano - Bicocca

** Tutor Corso di Laurea per Infer-mieri Univ. Milano

BIBLIOGRAFIARuth White, Christine Ewan:“Il tirocinio, l’insegnamentoclinico del nursing”, EdizioniSorbona Milano, 1991;Associazione Italiana Forma-tori: “Professione formazio-ne”, Franco Angeli, 1995;J.E. Schweer, K.M. Gebbie:“L’insegnamento creativo delnursing clinico”, USES Edi-zioni Scientifiche Firenze,1983;L. Saiani: “Tutorato, tirocini erapporto teoria-pratica: i nodiaperti”, Rivista dell’infermie-re, 1998, 17, 3.

Questo il titolo del terzoConvegno svoltosi in ValPoschiavo presso il cine-

ma Rio in data 24.05.02.La giornata è stata organizzatadall’ospedale S. Sisto ed é statapatrocinata dal collegio IPASVIdi Sondrio. Alla sua realizzazio-ne hanno inoltre collaborato glienti locali quali: la spitex Val Po-schiavo, la casa anziani e l’incontro( laboratorio e centrodiurno vallerano) che ha contri-buito alla realizzazione della lo-candina e all’abbellimento del-l’entrata del cinema Rio.L’iniziativa è partita da un grup-po di lavoro che presta serviziopresso l’ospedale.Il tema del convegno era “l’assi-stenza oltre il dolore”.L’argomento è stato suggeritodal sondaggio che ogni voltaproponiamo ai partecipanti Presa visione del risultato noistessi ci siamo sentiti imprepara-ti, abbiamo cosi accolto la ri-chiesta come una sfida e anchecome un’opportunità per infor-marci al riguardo e creare una fi-losofia di lavoro all’interno delnostro ospedale.Abbiamo chiesto aiuto al servi-zio di cure palliative di Luganoche gentilmente si é messo a di-sposizione ,di ciò siamo moltograti anche perché la giornata èstata realizza grazie alla loro di-sponibilità,Li abbiamo invitati ad organiz-zare un corso intensivo di tregiornate in valle, i partecipantiavevano gli obiettivi di: -appren-

L’assistenza oltre il dolorea cura di Daniela Ussia*

dere -trasmettere nell’ente ospe-daliero e di moderare nei work-shopPer approfondire le conoscenzeabbiamo partecipato al congres-so di cure palliative svoltosi re-centemente in TicinoL’intenzione del gruppo orga-nizzativo che ha creduto e porta-to avanti con entusiasmo la sfidaera di rendere consapevoli i col-leghi che operano in un team delloro potere, inteso come potered’azione nelle proprie compe-tenze professionali, quest’aspet-to è stato approfondito dividen-do in gruppi i partecipanti chedurante il pranzo hanno potutodiscutere e lavorare.E’ stata per noi una nuova espe-rienza, lo scopo era di rendere glispettatori partecipi e dare l’op-portunità di riflettere, scambiareesperienze quotidiane, vissuteognuno nel proprio ruolo pro-fessionale; poi ritrovarci nel po-meriggio con le domande per ildibattito finale.In ogni sede erano organizzatidue cartelloni: il primo riassu-meva i concetti dell’ultima rela-zione mentre il secondo espone-va i punti che volevamo consi-derare nel Terminal Care vi erainoltre dello spazio da potercompilare con frasi . I cartellonisono poi stati esposti nella sedeprincipale.Tutte le domande che ogni grup-po portava sono state proiettatesu uno schermo principale.Le domande sono state molte edhanno animato il dibattito finale

nel quale diversi colleghi hannodato dei suggerimenti d’aiutoconcreto.La giornata si è chiusa alle ore16 come previsto con la distri-buzione degli attestati.I risultati del sondaggio sono sta-ti positivi e c’incoraggiano a pro-seguire in questa direzione; mol-to apprezzati i workshop svoltisul mezzogiornoI gruppi hanno lavorato sul TER-MINAL CARE approfondendo-ne alcuni punti con la discussio-ne.Alcune frasi riportate sui cartel-loni sono le seguenti:

1. rispondere al pazienteDai lavori presentati si dà moltaimportanza al rispetto della vo-lontà del malato e quindi al-l’informazione dello stesso; mol-ti hanno messo in discussione seil dire sempre la verità sia un be-ne, se il rispettare sempre la vo-lontà’ sia giusto, soprattuttoquando vi è un rifiuto delle curepalliative. Un gruppo ha scritto che si devedire la verità concordata con unlinguaggio appropriato al mala-to.Alle domande che un pazientepone va data una risposta vera,l’importante è essere flessibiliadattarsi ai tempi ed alle esigen-ze della persona; a noi il compi-to di creare il giusto rapporto traaspettative e realtà.La persona va rassicurata con lanostra presenza e disponibilità.

2. parlare con i famigliariCreare un rapporto di fiducia conuna linea di cura comune nell’é-quipe.Capire se i famigliari hanno da-to una giusta dimensione allamorte, aiutiamoli comprenden-do certi atteggiamenti quandocercano di fuggire dalla realtà.Prepararli al prossimo evento.La famiglia decide per il malatoed il più delle volte decide di nondire e il malato dall’altra partedella porta ha già capito e nonvuole che lo si dica alla fami-glia……e chi è nel mezzo deveraggiungere un compromesso frale parti. Rimane cosi’ poco tem-po a volte per appianare certe si-tuazioni

3. supporto ai famigliariFar partecipe alle cure la fami-glia, richiedere la loro presenzanei piccoli atti di assistenza .Sfruttiamo le risorse che abbia-mo anche per far riposare i fa-migliari o semplicemente perfarli parlare. Rispettiamo la pri-vacy della famiglia e cerchiamodi togliere quei sensi di colpa…..

4. bisogni a livello fisicoAnamnesi infermieristica con unbuon colloquio d’entrata magarialla presenza dei famigliari.Programmiamo un buon piano dicura discutendo nel team.Favoriamo un ambiente confor-tevole.Controllo dei sintomi per lenireil dolore fisico e garantire la qua-lità di vita

Valutazione periodica della si-tuazione nell’èquipe .

5. bisogni a livello psicologicoEntrare in punta di piedi nella ca-sa o nella stanza nel pieno ri-spetto della sfera intima. Ascoltare, ci vuole tempo percreare un rapporto di fiducia, ri-spettare, valutare la persona.Favorire con piccoli gesti d’assi-stenza quotidiana il contattoumano e i piccoli gesti di affet-tività.

6. bisogni a livello spiritualeAssecondare le esigenze nel ri-

spetto d’ogni credo

7. sofferenzaContribuire ad alleviare la soffe-renza utilizzando più risorse(musicoterapia, contatto fisico)

8. supporto all’equipeL’equipe è il presupposto fonda-mentale per un processo di curaper permettere il raggiungimen-to d’obbiettivi comuni.Lavorare in modo interdiscipli-nare supportandosi nei momentidi difficoltà.

* Infermiera Ospedale San Sisto Consigliera Collegio IPASVI

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N. 1 • Luglio 2002 15

PER CHI HA QUALCHECHILO IN PIU’

Poiché spesso le diete troppo rigide fallisconoed è impensabile mangiare con la bilancia sem-pre sul tavolo, si elencano una serie di sempli-ci consigli facilmente attuabili per ricondurre ilpeso corporeo entro valori accettabili:

1. Fai la spesa subito dopo aver mangiato, non quandohai fame;

2. Fai una lista dei cibi che devi comprare. Tieni la listain mano e seguila rigidamente.

3. Prendi con te solo il denaro necessario per compra-re i cibi della lista;

4. Elenca i negozi in cui intendi acquistare i cibi e nonentrare in altri negozi di generi alimentari;

5. Evita di avere troppa fame stabilendo il numeroregolare di pasti e non mangiare fuori pasto;

6. Mangia solo quando hai fame;

7. Quando mangi a casa mangia sempre in una solastanza;

8. Mangia sempre nello stesso posto della tavola;

9. Mangia solo quando sei seduto a tavola;

10. Non mettere niente in bocca (tranne lo spazzolino dadenti) quando sei in piedi;

11. Mentre mangi chiediti periodicamente “ho ancorafame?” Se la tua risposta onesta è “no”, smetti dimangiare;

12. Non fare nient’altro mentre mangi;

13. Usa sempre coltello, forchetta o cucchiaio per pochiistanti quando hai la bocca piena;

14. Posa il coltello, forchetta o cucchiaio per pochiistanti quando hai la bocca piena;

15. Taglia il cibo in piccolissimi pezzetti;

16. Servi il cibo in un piatto piccolo e spargilo su tuttoil piatto;

17. Non tenere i piatti con le pietanze in tavola, mentremangi;

18. Mastica ogni boccone il più a lungo possibile;

19. Riduci il numero dei bocconi al minuto, così mangipiù lentamente;

20. Dopo aver mangiato, metti subito via gli avanzi;

21. Alzati da tavola il più presto possibile dopo che haifinito di mangiare;

22. Lascia che siano gli altri a prendere cioccolatini e idolci dai vassoi (meglio ancora non tenerli in casa);

23. Adotta un atteggiamento mentale costruttivo. Invecedi introdurre calorie mangiando, cerca di consumar-le con l’attività fisica. Cerca di cambiare il tuo mododi vivere per raggiungere questo scopo e ti piaceràmolto più vivere.

La psichiatria penitenzia-ria si occupa di pazien-ti con problemi psichi-

ci che per motivi giuridici so-no ospitati nelle carceri o inaltre istituzioni che hanno ca-rattere coercitivo, per esem-pio gli OPG.Sostanzialmente accade che sisovrappongano un disturbopsichico e un disturbo com-portamentale in un individuoche ha violato la legge e stascontando la pena.Alcuni dei problemi insorgonosia nelle carceri dove si scon-tano pene definitive, sia al-l’interno delle case circonda-riali – dove la popolazione èpiù varia e più mobile perchéviene trasferita con frequenza– in cui sussiste un livello diansia e aggressività molto piùalto perché si affronta l’atmo-sfera dell’attesa del giudizio.In ogni caso, poiché alla basedello stare in comunità sta ilconcetto del rapporto con l’al-tro, molte delle patologie car-cerarie possono essere prese inconsiderazione come aventisignificato diverso da quellouniversalmente riconosciutoin un altro ambito esterno: so-no spesso un modo di comu-nicare in contesto dove invecela libertà di rapporto e il con-tatto con l’altro e con l’ester-no sono inibiti per legge.Il detenuto si trova ad esserefrustrato nelle sue aspettative enel desiderio che le sue ri-chieste vengano prese in con-siderazione.Esistono sì piccoli moduli do-ve si scrivono le domande chedi volta in volta vengono po-ste, ma i tempi di attesa sonolunghi, o la richiesta è inficia-ta e resa inutile dallo stessopersonale carcerario.Allora il veicolo verbale equello grafico sono inutilizza-bili e il detenuto non si senteascoltato.

L’AUTOLESIONISMO

Il corpo diventa il veicolo del-la comunicazione più primiti-va, un foglio attraverso il qua-le il paziente scrive in terminicruenti il proprio messaggio.Ricattatorio e disperato, il ge-sto autolesivo ottenuto con leferite autoinferte è un richia-mo, e assume anche il signifi-cato di un tentativo di sentirsivivo: il dolore fisico serve co-me mezzo di contatto con larealtà.Il corpo, in un luogo dove lamente viene misconosciuta, èl’unico mezzo preso immedia-tamente in considerazione inun ambito carcerario dove siprivilegia il custodialismo ri-spetto alla relazione.

I DISTURBI PSICOTICI ELA SCHIZOFRENIA

In carcere spesso si rilevanodisturbi che comprendono tut-to le spettro depressivo e chetalvolta compaiono con mani-festazioni differenti a secondadella fase attraversata nell’itercarcerario.Altre volte si rilevano intensidisturbi d’ansia, che soprav-vengono come crisi d’ansia

IL PROBLEMA DELLE PATOLOGIEMENTALI IN CARCEREa cura del Prof. Claudio Mencacci* e Dott.ssa Marina Loi**

• Il detenuto è frustrato nelle sue aspettative e neldesiderio che le sue richieste vengano ascoltate eprese in considerazione

• In ambito carcerario si rilevano le più comuni egravi patologie psichiatriche

• In carcere, ancor più che in altri luoghi, il “mat-to” è un “diverso” da isolare perché può essere pe-ricoloso.

generalizzata, più frequente-mente all’inizio della carcera-zione e soprattutto durante laprima. Assumono la connota-zione dell’attacco di panico,accompagnato da claustrofo-bia, quando il disadattamentopersiste dopo il periodo ini-ziale di detenzione.Più frequenti di quanto non cisi aspetti sono i disturbi psi-cotici e la schizofrenia.In un contesto di isolamento ecostrizione della libertà que-st’ultima emerge come sinto-matologia eclatantee anomala che destasubito timori e rea-zioni di allontana-mento e rifiuto. Il“matto”, ancor piùin carcere, è un “di-verso” da isolareperché pericoloso epuò suscitare reazio-ni di panico o di ri-bellione nei compa-gni.

L’AUTOAGGRESSIVITA’ E L’ETEROAGGRESSIVITA’

Autoaggressività e eteroag-gressività sono i fenomeni piùtemuti in un carcere.Sono elementi espressivi dipatologia mentale di cui deveessere presa in considerazionenon solo l’interazione con pa-tologie pregresse o latentizza-te e cristallizzate in ambitocarcerario, ma anche il signi-ficato di fattori espressivi divalenza culturali e sociali spe-cifiche (l’autolesionismo co-me sfida al potere, per esem-pio, o come dimostrazione dicoraggio) che devono inte-grarsi con l’ambiente.Alcune manifestazioni patolo-giche sono simili o comuni aquelle che si rilevano nelle co-munità forzatamente chiuse,altre sono specifiche dell’am-bito carcerario.

LE MANIFESTAZIONI DI SOFFERENZA LEGATEALLA SESSUALITA’

Il 70-80% dei detenuti è dedi-to a pratiche omosessuali. Ini-zialmente avvengono vere eproprie reazioni di panico inchi si sente adescato, minac-ciato, ricattato da proposte

verbali o dal passaggio all’a-zione fisica da parte di perso-ne dello stesso sesso. I ruolidella coppia possono essererigidamente fissati e determi-nare rapporti duraturi oppureinstabili ed effimeri. Abitual-mente un individuo della cop-pia è dominante, mentre l’al-tro è francamente più passivo.

L’ENTRATA E L’USCITADAL CARCERE

Il trauma dell’ingresso causaspesso disturbi gastrointesti-

nali, disturbi respiratori e car-diaci accompagnati da ansia,depressione, paura, isolamen-to.Ben nota è la sindrome di Gull(un disgusto per i cibi con im-possibilità ad alimentarsi) cheaccompagna il detenuto speciese è la sua prima carcerazione.Da qualche settimana a qual-che mese prima del rientro inlibertà, si verifica invece la co-siddetta “sindrome dell’usci-ta”, caratterizzata da sintomipsichici e comportamentali(agitazione psicomotoria eclastia, angoscia e depressio-ne, somatizzazioni, possibiliattacchi suicidari.)

I MECCANISMI DI DIFESA CONTRO LA VITA DEL CARCERE

Durante la carcerazione spes-so avvengono quei moti re-gressivi in cui il paziente as-sume anche posizione fetale,rifiuta il cibo o permane inuno stato di totale dipendenzada altri detenuti o dagli agen-ti di custodia.Il tempo in carcere è spessoimpiegato in lunghe affabula-zioni o discussioni in cui i de-

tenuti continuano a descriverei crimini commessi o si dilun-gano ad architettarne altri.Ecco che allora il crimine di-venta una vera e propria scuo-la di crimine.In un ambito ristretto alcunipazienti trovano una nicchiaaccogliente nell’istituzionedove tendono a incistarsi per-ché si sentono sicuri e protet-ti. A volte non escono dall’an-gusta cella per lunghi periodi,rifiutano le attività all’esternoe mantengono un discreto to-no dell’umore, distribuendo laloro attenzione a un universoristretto come se si sentisseroin un nido protettivo. E’ que-sta la sindrome da radicamen-to.Più rara è la sindrome da con-gelamento, in cui il pazientepresenta quasi un blocco psi-comotorio nel quale prediligela dimensione del non fare esta ad osservare, estraniando-si, ciò che accade intorno a lui.

IL SUICIDIO

Uno degli elementi più peri-colosi all’interno del carcere èil comportamento suicidario.In carcere il tasso di decessoper suicidio è senz’altro infe-riore a quello dei pazienti ap-pena dimessi da un repartopsichiatrico (l’1% rispetto al7% della prima settimana po-st dimissioni), ma le pure cifrenon rassicurano chi in carcerelavora e si trova di fronte al-l’impatto di un evento cosìtraumatico e destruente che in-fluenza anche i compagni deldeceduto.

ALCUNI DATI

Per evitare il più possibile at-ti anticonservativi, in Italia so-no state poste alcune misureprecauzionali che intervengo-no effettuando uno screeningdei pazienti a rischio già al-l’ingresso in carcere.Un esperto – sia esso psico-logo, criminologo o altro –svolge un colloquio anamne-stico con il detenuto cercandodi individuare momenti o fasicritiche della vita, precedentisuicidari o probabili patologiepsichiche. Lo colloca in parti-colari sedi protette all’internodel carcere o lo invia quantoprima allo specialista perchéintervenga terapeuticamente .Ecco allora che il primo filtroriesce a evitare spesso agitiautolesivi fungendo come va-lido elemento preventivo con-tro di essi.Anche per questo si rilevanoin Italia tassi di suicidio digran lunga inferiori ad altripaesi.Basti pensare che in Francia iltasso di mortalità negli anni1985-1995 è sempre statomaggiore e ha raggiunto, ri-spetto all’Italia, nel 1995, il19,9 per 10.000 detenuti con-tro il 9,9.

* Dipartimento di Psichiatria A.O.Fatebenefratelli Oftalmico Mi-lano

** Convenzione con C.C. San Vitto-re, Milano

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N.1 • Luglio 200216

DallaPartedelBambinoDallaPartedelBambinoDallaPartedelBambino

I bisogni motoridel bambino

I bambini hanno un innato im-pulso a muoversi ed hanno unabuona disponibilità ad appren-dere nel campo della motri-cità. Se nell’ambiente che cir-conda il bambino si dà scarsaimportanza all’attività moto-ria, e le sue possibilità di mo-vimento sono ridotte al mini-mo, si avrà, di conseguenza,una minore disponibilità aglisforzi di tipo fisico, un minoreadattamento dell’apparato mo-torio e di sostegno e delle fun-zioni organiche e la formazio-ne di possibili atteggiamentiparamorfici precoci. Nei giovanissimi, inoltre, èpresente anche il bisogno diconsiderazione (posizione so-ciale) dove sono visibili l’a-spirazione al risultato e quellaa confrontarsi e a competerecon gli altri. Si crea dunqueuna forte voglia di mettere al-la prova il proprio corpo, leproprie capacità e di misurarele proprie forze. Con la prati-ca sportiva il bambino imparapresto a sperimentare successied insuccessi, vittorie e scon-fitte, impara a sopportare que-ste ultime, creandosi un certogrado di tolleranza delle fru-strazioni.

I rischi dell’allenamento infantile

“Lo sport con i bambini è uncrimine”… “Lo sport infantileè lavoro forzato”… Sono alcu-ne tesi sostenute da istituzioni,in genere esterne allo sport,come certa stampa, che si ap-piglia ai casi più spettacolariper trarne argomenti control’allenamento infantile, ma chespesso rappresentano la gene-ralizzazione di casi isolati cla-morosi e non la realtà dellosport infantile.Si mette in dubbio che lo sportinfantile non sia nocivo, per laperdita dell’infanzia, per lascomparsa del tempo libero,per la mancata possibilità diacquisire competenze sociali.Si temono effetti collateralidannosi allo sviluppo dellapersonalità: ambizioni troppoelevate, atteggiamenti divistici,stati di ansia, delusione, ango-sce. Si parla di problemi neirapporti sociali causati da pres-sioni sociali, motivazioniestranee all’individuo, atteg-giamenti dettati dall’interesseda parte dei genitori, allenato-ri, organizzazioni sportive.

Sport e agonismo nei bambini:come e quando

a cura del Prof. Marco schiantarelli*

Dall’analisi di dati e ricerchesu questo problema molto di-battuto, è comunque possibiledimostrare che lo sport, prati-cato anche ad alto livello, puòavere effetti positivi sul bam-bino, purchè svolto con la ne-cessaria assistenza e compe-tenza pedagogica.Quando le sollecitazioni datedallo sport diventano troppoelevate, e il rischio di insuc-cesso è troppo grande, i bam-bini non sono più pronti a sot-toporsi a un confronto. Gli ec-cessi di carico in campo fisico-organico sono dannosi soprat-tutto in presenza di un’esage-rata unilateralità dei program-mi di allenamento, di una con-tinua sollecitazione di un ap-parato di sostegno non maturoo quando si persegue l’ipertro-fizzazione di certi gruppi mu-scolari. Generalmente, però,non sono i carichi fisici cherendono conflittuale il rappor-to agonismo – bambino, bensìi fenomeni psicologici che ac-compagnano l’allenamento,che diventano controprodu-centi nel momento in cui nonsono più compatibili con i bi-sogni e l’ambiente del bambi-no stesso. L’essere obbligati a“rendere”, la prospettiva diobiettivi da raggiungere troppoa lungo termine, la monotoniadell’allenamento, le selezionicui bisogna assoggettarsi, sono“norme” da seguire per otte-nere uno sviluppo, spesso peròa scapito dei bisogni infantiliche vengono trascurati.

I vantaggi dell’allenamento infantile

“Generalmente lo sport favori-sce la maturazione, la crescitae lo sviluppo sia dei bambinisia degli adolescenti. Dannosaè solo la pratica unilateraledello sport, già in età infantile”(Cotta 1979). In effetti, lo sportinfantile è una possibilità direalizzare le proprie capacitàdi prestazione e può fornireuna possibilità reale di trovaresé stessi e di realizzarsi. Si puòaffermare che l’attività moto-ria, l’attività sportiva e anchel’attività agonistica concorro-no al processo di formazionegenerale del giovane, favoren-done la maturazione sia fisicasia psichica. In ambito motorioc’è la possibilità di influenza-re, con relativa efficacia, attra-verso stimoli esterni, le capa-cità motorie di base e le capa-cità funzionali ad esse collega-te, circolazione cardio-circo-

latoria, respirazione, metaboli-smo, muscolatura. I processi diapprendimento sono, inoltre,provocati anche dalla ripeti-zione di movimenti che sonostati positivamente rafforzati edalla rimozione di movimentiche non vengono ricompensa-ti. Nel processo di socializza-zione, vengono acquisiti e con-solidati modelli socialmenteapprovati mentre vengono di-menticate forme socialmentepoco seguite e comportamentisottoposti a divieti. Il bambino,attraverso l’interazione con icoetanei e con gli adulti, inte-grandosi in un gruppo, ap-prende le regole principali chereggono il comportamento so-ciale e impara quale sia l’im-portanza delle varie funzionisociali. La realizzazione di sé,inoltre, avviene quando i pro-pri sforzi possono essere mes-si in rapporto con i successi edè legata all’esperienza sogget-tiva di un miglioramento delproprio valore. Ricordiamoci che i bambinipraticano sport perché piaceloro muoversi, anche se dietro,talvolta, c’è una certa costri-zione dei genitori. Prevale, al-la fine, il piacere di agire in co-mune, il divertimento a mi-gliorare, soprattutto se in ungruppo di coetanei. Il miglio-ramento della prestazione por-ta a sensazioni di gioia e dipiacere, che devono accompa-gnare il processo di apprendi-mento provocando le motiva-zioni a voler continuare nellapratica sportiva.Un progetto di ricerca dell’U-niversità di Kassel (9600 bam-bini dai 7 ai 10 anni facentiparte dei gruppi per la forma-zione del talento – Ministeropubblica istruzione e Federa-zioni degli sport) e una ricercasovvenzionata dall’Istituto discienza applicata all’allena-mento di Lipsia (2600 bambi-ni dai 9 ai 14 anni facenti par-te di gruppi di allenamento diAtletica leggera di tre Federa-zioni regionali) hanno portatoa queste conclusioni:la capacità di prestazione spor-tiva del bambino, ovvero quel-l’insieme di capacità che sonorilevanti per l’attività sportiva,si accresce con continuità, dipari passo con l’andamentotemporale dello sviluppo. Seperò i presupposti della pre-stazione dei bambini, che di-pendono dal livello di svilup-

po e da fattoria m b i e n t a l i ,vengono sotto-posti a solleci-tazione me-diante richiestedi prestazionemotorio-sporti-va, l’incremen-to della presta-zione stessaprocede pursempre di paripasso con l’andamento tempo-rale dello sviluppo, ma a un li-vello superiore. Quali sonoquesti presupposti individualidella prestazione? Possono es-sere:a. di carattere psichico-cogni-

tivo, si basano cioè sul li-vello di sviluppo delle fun-zioni psichiche implicatenell’agire, nel comporta-mento, nei processi motiva-zionali e sulle caratteristichevolitive.

b. neuromuscolari, caratteriz-zati dall’interazione del si-stema nervoso e la musco-latura durante le prestazionimotorie: processi di regola-zione motoria (capacitàcoordinative) e meccanismiche regolano la produzionedella forza (inter e intra-mu-scolari).

c. organico-energetici, checomprendono le condizioniqualitative e quantitativedelle strutture e dei sistemiche assicurano la trasforma-zione e la produzione dienergia per le prestazionimotorie.

E’ indispensabile allora chenella preparazione psicomoto-ria nell’età infantile ci sia unosviluppo motorio molto am-pio, con un vasto repertorio dimovimenti e il piacere del gio-co e dello sport. In particolareun avviamento motivazionalee motorio nello sport deve pre-vedere un addestramento dellecapacità coordinative e delladestrezza, una formazione al-largata di abilità sportive e unapprendimento graduale dellatecnica sportiva. Presuppostofondamentale dell’allenamen-to sportivo infantile e giovani-le è mantenere il piacere e ildivertimento, seguendo poi al-cune regole per rendere l’atti-vità sportiva consona alla fa-scia di età considerata.• l’allenamento deve essere in-

teressante• nell’allenamento bisogna

avere un’idea di ciò che si stafacendo

• a fine seduta il bambino de-ve avere un senso di riuscita(prestazione)

• successo e insuccesso devo-no essere commisurati allepossibilità reali del bambino

• un clima positivo del gruppoproduce gioia

Le gare

Spesso giovani atleti e atleteche si mettono in evidenza nel-

le categorie gio-vanili, perdonopoi la strada cheli potrebbe por-tare ai verticinazionali ed in-ternazionali. Ildecremento de-gli effetti otte-nuti con mezzidi allenamentospecifici appli-cati troppo pre-cocemente, basidella prestazio-ne troppo scar-se, problemiprovocati da un

allenamento specifico unilate-rale e problemi motivazionaliostacolano, od impedisconodel tutto, che le loro possibilitàdi risultati si sviluppino ulte-riormente a lunga scadenza.Ne consegue la necessità diimpostare anche il sistema del-le gare in modo che possa of-frire un supporto a un allena-mento a misura di bambino, siopponga alla specializzazioneprecoce e promuova una co-struzione sistematica a lungascadenza della prestazione. Legare, nella formazione di basee nell’allenamento di base,hanno un significato fonda-mentalmente diverso che nel-l’allenamento di alto livello edebbono contribuire allo svi-luppo di una multilateralitàsportiva, favorendo l’accresci-mento della capacità di caricogenerale e specifica, l’arric-chimento del bagaglio di espe-rienze motorie e, non ultimo,aumentando il divertimento equindi la voglia di allenarsi.Nei primi anni dell’allena-mento giovanile, le gare do-vrebbero promuovere la for-mazione di quei presupposticoordinativi, tecnico-tattici edorganico-muscolari della pre-stazione che consentono all’a-tleta di raggiungere risultatiagonistici di rilievo nell’età deimassimi risultati. E’vero che ilvalore emozionale delle garesullo sviluppo della motiva-zione, soprattutto per gli atletidel settore giovanile, è indi-scusso, ma è altrettanto dimo-strato come le gare stesse co-stituiscano un carico psico-fi-sico elevatissimo, per cui unafrequenza troppo alta di com-petizioni può portare anche afenomeni di saturazione psi-chica. Probabilmente l’aumento del-l’impegno competitivo deveavvenire principalmente attra-verso l’evolversi dei contenutidi gara e non attraverso l’au-mento numerico delle compe-tizioni stesse.

Funzione di rinforzo e responsabilità di genitori e allenatori

I genitori possono creare mo-tivazioni importanti verso losport, sostenendo le ambizionidei figli e motivandoli. Talvol-ta, però, si possono identifica-re fattori negativi, sfavorevoliall’intero sviluppo del bambi-no. I genitori non devono eser-citare troppa costrizione sullapartecipazione all’attività néorganizzare loro lo sport dei fi-gli, ma neanche iperprotegge-re i figli o, peggio, condizio-nare l’allenatore, stimolandoloa raggiungere più presto risul-tati. L’allenatore, dal cantosuo, è una figura importantis-sima nell’intero sistema di svi-luppo delle prestazioni. Va da-ta molta più importanza allasua responsabilità di educato-re, piuttosto che a quella di pu-ro conduttore dell’allenamentotecnico-fisico. L’allenatore, so-prattutto di atleti giovanissimi,dovrà perciò dedicare partico-lare attenzione alle forme dibase del processo motorio-sportivo ed evitare una specia-lizzazione precoce prevedereuno sviluppo multilaterale dichi allena. La formazione pro-fessionale dei tecnici sportivi,inoltre, dovrebbe consentireloro di agire in modo adegua-to, anche dal punto di vista pe-dagogico, nei confronti deigiovanissimi, in particolare:• trovare forme di sviluppo

delle prestazioni adatte albambino

• sollecitare la disponibilità al-lo sforzo dei bambini illu-strando scopi e prospettivedell’attività

• orientare i contenuti dell’al-lenamento sui progressi deibambini, che hanno gradi di-versi di rapidità di apprendi-mento

• non trascurare un vero e pro-prio allenamento alla moti-vazione

• contrastare i piani troppoambiziosi dei genitori.

La società, infine, (istituzioni,famiglia, scuola, organizzazio-ni sportive) ha l’obbligo di fa-vorire l’impegno “sportivo”dei giovanissimi, alla luce deibenefici sopra esposti e devegarantire che la costruzione alungo termine della prestazio-ne, per chi vuole dedicarsi piùintensamente allo sport, iniziin maniera adeguata, cioè mul-tilaterale* Già preparatore atletico Squadre

Nazionali di sci alpino, responsa-bile tecnico della rivista sci

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N. 1 • Luglio 2002 17DallaPartedelBambino

DallaPartedelBambino

DallaPartedelBambino

S.O.S.! Neonato cerca nido: responsabilità e ruolo dell’infermiere nella cura

del piccolo paziente in cerca di famigliadi Palma R.*

Quando un neonato si af-faccia presso la nostradivisione di patologia

neonatale, pur peccando diimmodestia, oserei dire cheviene “accolto” nella nostrapiccola famiglia dove tantemamme, e ultimamente anchealcuni papà infermieri, si pren-deranno cura di lui nel suobreve o lungo passaggio inneonatologia.A maggior ragione se il pic-colo che arriva, ha alla spalleuna famiglia in crisi o ahimé,già persa al momento della na-scita nel caso in cui sia ab-bandonato.Anche se questi eventi non siverificano spesso, perlomenonella nostra struttura, ma puraccadono, noi infermieri dob-biamo essere in grado di ge-stire tali situazioni.“Meditando sul significatodella parola “civiltà”, potremointenderla come un progressi-vo aiuto per rendere facile al-l’uomo l’adattamento al suoambiente; dunque chi fa uncambiamento di ambiente piùradicale di quello di un bam-bino che nasce?Certo la nascita è il momentopiù difficile che l’uomo debbasuperare, e l’esperienza ci facoscienti di una terribile ve-rità: “i mali della prima infan-zia ce li portiamo con noi peril resto della vita “ (M.Mon-tessori).Per il neonato, il totale distac-co dalla madre al momentodel parto rappresenta un dram-ma poiché egli deve compiereda solo tutte le funzioni dellavita.Certo ritroverà subito “l’attac-camento” con la figura mater-na; talvolta, però, questo lega-me si spezza inesorabilmenteperché per varie ragioni il pic-colo può essere abbandonatoe, pur sano, rimane in “sosta”in ospedale.Si possono inoltre verificaresituazioni famigliari partico-lari dove il neonato, pur nonabbandonato, non riceveràquelle carezze, quelle dolciparole della mamma e delpapà, perché questi non saran-no sempre presenti.Ogni volta che i genitori en-trano nel nostro reparto, si af-facciano all’incubatrice del lo-ro piccolo, l’infermiere, perquanto sia possibile, favoriscel’intimità di una famiglia, al-lontanandosi discretamente;egli ritorna poi nel ruolo di as-sistenza quando i genitori nonci sono, esprimendo anchenelle “manipolazioni terapeu-tiche”, una “CARE” oserei di-re materna.Alla notizia della nascita di unneonato abbandonato, un leg-gero stato di agitazione perva-de gli animi degli infermieri diturno che penseranno a dareun nome provvisorio al picco-lo, fino a quando rimarrà danoi.Il neonato sin dalla nascita ha

molti bisogni non solo prima-ri, infatti, possiede una sua vi-ta psichica e bisogna ricono-scere in lui una personalitàumana di “un essere nuovo”;ovviamente l’allattamento ma-terno, il calore del corpo dellamamma, l’intima unione fisi-ca, favorisce abbondantemen-te lo sviluppo del piccolo econtestualmente inizia ad in-staurarsi quella “fase di fidu-cia” da parte del neonato conl’adulto.E’ proprio la fiducia verso ilmondo e verso se stessi, unadelle componenti fondamenta-li della personalità che si staformando; se manca il rappor-to con la madre è evidente cheper il piccolo ciò rappresentaun trauma che si somatizzerà,probabilmente in precoci sin-tomi patologici, come conti-nue tensioni muscolari, pallo-ri o disturbi gastrointestinali.Per quanto sia possibile, l’in-fermiere dovrebbe offrire aipiccoli abbandonati un sup-porto psicologico che vada ol-tre la soddisfazione dei biso-gni fisiologici, infatti, l’affet-to, la delicatezza, la compren-sione per un pianto improvvi-so, aiuteranno in parte il pic-colo a superare questa delica-ta fase.Se noi riusciamo ad essere perlui un punto di riferimento inmodo da infondergli senso disicurezza, favoriremo quellafase della fiducia che il neo-nato stabilisce con chi si pren-de cura di lui.Qualunque sia il motivo, larottura del legame con la ma-dre, provoca gravi conseguen-ze con ripercussioni duraturesulla personalità del piccolo:infatti, seguendo degli studisulla psicologia comporta-mentale, si è rilevato che ilsoggiorno prolungato in ospe-dale, e successivamente in unistituto porta molte volte ad al-terazioni irreversibili dellapersonalità, con disadattamen-to sociale ed emotivo.Risulta fondamentale dunqueil tipo di cure che il neonato ri-ceverà dopo la separazione,soprattutto se appena nato.Se in questo periodo egli èsufficientemente stimolato ericeve cure di tipo materno,come parlargli dolcemente,prenderlo in braccio al mo-mento della poppata o conso-larlo quando piange, le conse-guenze della separazione sa-ranno certamente attenuate.Se la mamma con contesta lasua genitorialità entro un de-terminato periodo, questi neo-nati acquisiscono, secondo lalegge lo status di adattabilità,e il Tribunale dei minori pre-disporrà la collocazione inistituto e successivamente l’in-dividuazione di una famigliaper una possibile adozione.E’ importante sfatare quel luo-go comune secondo il quale,quando si pensa ad un incon-tro adottivo, si ritiene che ciòsia più facile con un neonato

poiché questi non ha vissutoesperienze negative ed è in luimeno profonda la cicatricedell’abbandono non avendoconosciuto i suoi generanti.Le ricerche in tal merito han-no dimostrato che ciò non èper niente vero: tutti i bambi-ni hanno un passato, anche seminimo, a partire dai nove me-si di gravidanza.L’esperienza intrauterina, in-fatti, mette il feto e la madre inun rapporto intimo stabilito at-traverso modalità sensoriali ecinestetiche, importanti, im-portanti nella successiva evo-luzione della personalità.Si può ritenere dunque che l’e-sperienza dell’abbandono pro-vochi uno stato di fragilità an-cora prima della nascita dovu-to ai vissuti della madre ingravidanza.Il ruolo di noi infermieri di pa-tologia neonatale va ben oltreil lavoro puramente assisten-ziale, anche quando non sitratta di una situazione di ab-bandono ma di un disagio fa-migliare: è il caso di Marghe-rita una bambina nata allatrentaduesima settimana di ge-stazione, di 1700 grammi cheha presentato si dalla venti-duesima ora di vita sintomi ri-feribili ad una sindrome diastinenza neonatale.Figlia di madre tunisina e pa-dre italiano non coniugati, lapiccola Margherita ha un vis-suto difficile: la madre, infat-ti, denunciava maltrattamentida parte del compagno che,come lei, faceva uso di so-stanze stupefacenti.Nell’ultimo mese di gravidan-za raccontava di essersi nutri-ta unicamente di frutta raccol-ta in campagna e di aiuti of-ferti da una vicina.La piccola nasce in un climaassai precario; il padre nei pri-mi tempi è praticamente as-sente, la madre ha seri proble-mi di salute e Margherita ri-mane sola a combattere sindall’inizio i suoi mali fisici ele sue carezze affettive.Nonostante la terapia con me-tadone, l’ipertono muscolare,l’irritabilità,il pianto inconso-labile saranno una costante diquesta piccolina che ci faràcorrere da lei ogni qualvoltaavevamo un momento liberoper poterla accarezzare e coc-colare.Dopo essersi ripresa, la madreha potuto incontrare sua figlia,ma l’approccio con Margheri-ta non è tranquillo, è agitato,incoerente, e ciò rende la pic-cola irrequieta.La responsabilità principale èprobabilmente del padre,ilquale apparendo talvolta instato di alterazione psicofisica,mette in atto continui compor-tamenti minacciosi ed interpe-ranti verso la madre e versonoi infermieri, tanto da richie-dere l’intervento di personaledi polizia nel reparto e da met-tere in stato dall’erta tuttiquanti.

Responsabilità infermieristi-che di tutela della piccola su-bentrano soprattutto quando cisiamo trovati di fronte ad unuomo, non propriamente inpossesso delle sue facoltà, chepretendeva di portarsi via lapiccola.I genitori incontravano la pic-cola separatamente e Marghe-rita si accorgeva di ciò; ogniqual volta andava via la madreed entrava il padre, ella inter-rompeva il pasto, s’irrigidiva,piangeva, quasi avvertisse lasensazione delle mani di duegenitori che forse non si sono

mai amati e che non le avreb-bero mai costruito un nido si-curo dove crescere e sviluppa-re serenamente la sua perso-nalità.Margherita è stata affidata al-la mamma e insieme vivono inun istituto.Il padre potrà vederla solo se-condo i tempi e le modalitàche la struttura impone.A conclusione di questa miarelazione che non vuole esse-re certo un lavoro scientificoné tantomeno un insegnamen-to morale per chi lavora nel-l’assistenza ai minori, vorrei

esprimere un concetto che siaccompagnerà nel nostro per-corso infermieristico assisten-ziale: il bambino sente profon-damente e teneramente ogniespressione di vita e chiedesolo di essere amato e com-preso; se quando nasce non hala fortuna di avere subito tut-to ciò, sta a noi aiutarlo anchese per poco, nel momento piùdifficile della sua vita.

* Infermiere Professionale Unità diterapia intensiva neonatale EnteEcclesiastico Ospedale Regionale“E. Miulli”- Acquaviva delle Fon-ti – Bari

FINALMENTE E’ ARRIVATA LA “SCALA”Riceviamo dalla fondazione Livia Benini il documento che proponiamo

quale valido contributo all’assistenza ai bambini con dolore (ndr)

Carissimi, la fondazione Livia Benini ha realizzato e donato ad ognuno di noi una scala di tipo V.A.S.,“faccine” e numerica, per la misurazione del dolore.E’ un piccolo, semplice strumento che, se utilizzato regolarmente, rappresenta il primo passoperché il nostro ospedale diventi veramente un “ospedale senza dolore”: la fondazione LiviaBenini ed il COSD (Comitato Ospedale Senza Dolore) hanno bisogno dell’aiuto di tutti perraggiungere questo obiettivo.Ci auguriamo che la scala diventi un prezioso alleato nell’attività di tutti i giorni.

COSD Ospedale Pediatrico Meyer Firenze

Istruzioni per l’uso della scala Le scale VAS sono scale in cui è il bambinoche, in base a delle immagini o a dei numeri,riconosce il suo di dolore. La scala si usa chiedendo al bambino qualefaccina esprime il suo dolore; il punteggionumerico che corrisponde alla faccina scelta,ci indica l’intensità del dolore. Questo tipo di scala può essere usato conbambini che parlano e il dolore deve esseretrattato se I punteggio è maggiore di 2. La parte della scala in cui ci sono i numeripuò essere usata direttamente come unaV.A.S. numerica chiedendo al bambino più

grande e all’adolescente di esprimere il suodolore con un numero: O corrisponde all’as-senza di dolore e 10 al dolore massimo eanche in questo caso è necessario trattare ildolore se il punteggio è maggiore di 2. Per bambini molto piccoli che ancora nonparlano stiamo sperimentando in alcunireparti delle scale comportamentali. La misurazione del dolore deve essere ese-guita a tutti i bambini ad ogni turno, esatta-mente come si misura la temperatura, ripor-tandola in cartella come gli altri parametri. In casi specifici il dolore deve essere misura-to più volte, come dopo la somministrazionedi un analgesico, per verificarne l’efficacia.

VOLONTARIATOIN KENIAPresso ST JOSEPH COTTOLENGOCENTER – CHAARIA

Se sei interessato a un’esperienza di volontariato internaziona-le, presso un ospedale rurale del Kenya (Chaaria – Meru), rivol-ta principalmente a infermieri, medici, fisioterapisti, odontoia-tri, odontotecnici, igienisti e assistenti dentali, contatta:

Loredana Bosso 011.505061349.841.81.61 8 ore serali)

Fratel Giuseppe Meneghini 011.522.5050

Suor Anna Maria Derossi 011.522.54.80

FRONTE

RETRO

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N.1 • Luglio 200218

■ AISLeC- Corso di Laurea per Infermieri sez. SondrioUniversità Milano Bicocca“Evidence based nursing, evidence based medicinenella prevenzione e riparazione tissutale nellelesioni da pressione”Corso interdisciplinare per infermieri e mediciPasso dello Stelvio, 22/26 luglio 2002Per informazioni ed iscrizioni: Tel. 0382/422133 –Fax 0382/523203Corso accreditato ECM

■ Medicus Mundi Italia“Corso di aggiornamento in malattie tropicali”Brescia, dal 7 al 25 ottobre 2002Per informazioni ed iscrizioni: Tel. 030/3752517 –Fax 030/43266

■ Azienda U.S.L. n. 7 Carbonia (CA) – Servizio per letossicodipendenze“I° congresso nazionale su disturbi mentali etossicodipendenza. La scelta terapeutica nelladoppia diagnosi”Centro congressi Hotel Chia Laguna, Domus deMaria (CA) 15-19 ottobre 2002Per informazioni: 070/4992420-043 Fax 070/485402– e-mail: [email protected]’ stato richiesto l’accreditamento per i creditiformativi ECM

■ Meeting Internazionale“Mamma neonato – presente e futuro.Problematiche neurologiche perinatali e la “care”del neonato critico”Milano, 11/13 dicembre 2002Per informazioni: 039/2315593 – Fax 039/2328501E’ in corso la richiesta di accreditamento pressoECM

■ Collegio IPASVI La Spezia“Internet e la ricerca infermieristica: leopportunità on-line”La Spezia, 31 ottobre 2002Per informazioni: CELL 338/2069625

■ U.O. Emergenza Territoriale 118 Ravenna“Corso di formazione per operatori di centrale”Ravenna, 1/3 ottobre 2002Per informazione, 0544/693127 – Fax 0544/693002

■ Regione Emilia Romagna.Assessorato alla Sanità“Le Cure Primarie nel Distretto. Esperienze aconfronto”Reggio Emilia, 25-26 ottobre 2002Per informazioni, fax 0522/335380 e-mail:[email protected]’ stato richiesto l’accreditamento per i creditiformativi ECM

■ Federazione Coloproctologica Italiana –Associazione Italiana Operatori Sanitari Stomaterapia“6° Meeting congiunto di Colonproctologia eStomaterapia”Milano, 4-5 dicembre 2002Per informazioni, Tel. 02/48009700 – Fax02/48009801 – e-mail: [email protected]

■ Federazione nazionale Collegi IPASVI“XIII° congresso nazionale. Le nuove frontieredella salute: Il progetto degli Infermieri per unasanità al servizio dei cittadini”Roma, 19-20-21 settembre 2002Per informazioni, Tel. 06/85301301 – e-mail:[email protected] – sito www.ipasvi.it

■ GRG – Gruppo di Ricerca Geriatrica“XIII° corso nazionale per Infermieri. L’assistenzaall’anziano tra miti ed evidenze.”Folgaria (TN), 26/29 settembre 2002Per informazioni, 030/3757538 – Fax 030/48508 –sito www.grg-bs.it e-mail… [email protected]’ stato richiesto l’accreditamento per i creditiformativi ECM

■ VII° INCONTRO “INSIEME PER CRESCERE”Aggiornamento multidisciplinare in ambitoPediatrico Ostetrico – Neonatologico – pediatricoRiccione (RN) 4-5-6- dicembre 2002E’ stato richiesto l’accreditamento per i creditiformativi ECM

CONVEGNICORSI DI AGGIORNAMENTO LE COSE CHE HO IMPARATO DALLA VITA

di Paulo Coelho

“ Ecco alcune delle cose cheho imparato dalla vita:

Che non importa quanto siabuona una persona, ogni tantoti ferirà. E per questo, biso-gnerà che tu la perdoni.

Che ci vogliono anni per co-struire la fiducia e solo pochisecondi per distruggerla.

Che non dobbiamo cambiareamici, se comprendiamo chegli amici cambiano.

Che le circostanze e l’ambien-te hanno influenza su di noi,ma noi siamo responsabili dinoi stessi.

Che, o sarai tu a controllare ituoi atti, o essi controllerannote.

Ho imparato che gli eroi sonopersone che hanno fatto ciòche era necessario fare, af-frontandone le conseguenze.

Che la pazienza richiede mol-ta pratica.

Che ci sono persone che ciamano, ma che semplicemen-te non sanno come dimostrar-lo.

Che a volte, la persona che tupensi ti sferrerà il colpo mor-

tale quando cadrai, è inveceuna di quelle poche che ti aiu-teranno a rialzarti.

Che solo perché qualcuno nonti ama come tu vorresti, nonsignifica che non ti ami contutto se stesso.

Che non si deve mai dire a unbambino che i sogni sonosciocchezze: sarebbe una tra-gedia se lui lo credesse.

Che non sempre è sufficienteessere perdonato da qualcuno.Nella maggior parte dei casisei tu a dover perdonare testesso.

Che non importa in quantipezzi il tuo cuore si è spezza-to; il mondo non si ferma,aspettando che tu lo ripari”.

NEL RICORDO DI MARIA TOGNI, LA COLLEGA CHE PREMATURAMENTECI HA LASCIATO L’8 GIUGNO 2002

Ciao MariaCarissima, siano tutti qui, stretti intorno ate ed ai tuoi cari per portanti il nostro ulti-mo saluto terreno.In una grigia mattina di primavera, coluiche guida le nostre vite ti ha chiamato a sée noi, impotenti davanti al mistero dellamorte, non possiamo fare altro che rasse-gnarci.Hai portato con dignità e coraggio la tuacroce fino all’ultimo e noi che volevamoaiutarti in qualche modo ad alleggerire ilpeso di quella croce e magari distruggerladefinitivamente, non ce l’abbiamo fatta.Maria, ci mancherai immensamente, cidicevi sempre che non volevi finire con unafoto ricordo appesa al muro e noi nonappenderemo mai quella foto, ma tu rimar-rai sempre viva nei nostri cuori.Ci mancheranno molte cose di te: la tuaserietà e dedizione al lavoro che fino all’ul-timo non hai voluto abbandonare, i tuoisilenzi pieni di riflessione, l’amore e latenerezza per la tua famiglia e i tuoi figli, ituoi modi un po’ burberi pieni di dolcezzae di bontà, le tue concitate discussionisportive, le tue esultanze per la squadra delcuore, la tua voglia di vivere e, soprattutto,la tua sincera e vera amicizia.Vorremmo che questa nostra amicizia con-tinuasse a vivere concretamente ancheattraverso i tuoi cari.Siamo molto vicino a Mario, Serena eNicola e vogliamo dire loro che in noi tro-veranno sempre degli amici sinceri e dispo-nibili, in qualsiasi momento.Maria, ti salutiamo con un semplice ciao, èuna piccola parola di sole quattro letterema racchiude in sé i più grandi e sincerisentimenti d’amore ed amicizia per un’a-mica eccezionale

Gli amici della RiabilitazionePneumologica e gli Infermieri

dell’Azienda Ospedaliera “EugenioMorelli” di Sondalo

SPAZIO PER LE CANDIDATURESi ricorda a tutti gli iscritti che nel mese di novembre si ter-ranno le nuove elezioni del Consiglio direttivo per il trien-nio 2003 - 2006.La Redazione di Parliamone, come da tradizione metterà adisposizione di tutti i candidati adeguato spazio, pertanto gliinteressati sono pregati di inviare da settembre le proprie fo-to e curriculum

Il più bello dei mariè quello che non navighiamo.Il più bello dei nostri fiorinon è ancora cresciuto.Il più belli dei nostri giorninon li abbiamo ancora vissuti.E quelloche vorrei dirti di più bellonon te l’ho ancora detto.

Nazim Hikmet

Quota associativa anno 2002

Si ricorda agli iscritti che è scaduto il termine di paga-mento della quota dovuta al Collegio per l’anno 2002.Chi non avesse ricevuto il bollettino di pagamento puòrichiederlo alla segreteria che lo recapiterà alla residenzadell’iscritto a stretto giro di posta.

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N. 1 • Luglio 2002 19

LA PREVENZIONE,UN’AREA DI AUTONOMIA PER LA PROFESSIONEQuesto contributo nasce dallaconsapevolezza di 20 anni diattività, svolta tra ospedale eterritorio tra sanità pubblica eprivata, per approdare infinealla collaborazione di un Cen-tro per il Benessere psico-fisi-co nella cittadina di Sondrio.La scelta di occuparmi di pre-venzione sempre piu’ assidua-mente è dettata da semplici efondamentali motivi:1) L’attività sanitaria è un pa-

rametro dello sviluppo diuna società: il tipo di disa-gi e cure adottate per trat-tarli rappresentano i termi-ni di sviluppo della societànel suo insieme.

2) Le azioni di prevenzione,primaria in particolare, so-no spinte evolutive. La sa-lute è al centro.

3) L’espletamento delle fun-zioni preventive vede l’in-fermiere in prima linea,

senza una formazio-ne adeguata al livel-lo del compito istitu-zionale indicato dal-la legge.

4) La formazione inprevenzione prima-ria è di interesse so-ciale.

5) La formazione inprevenzione prima-ria bioenergetica uti-lizza in minima par-te il modello medicoattuale, attingendodalla tradizione diculture e stili di vitamillenari e dalla Fi-sica moderna.

Da queste 5 considera-zioni si evince il ruoloche mi attribuisco nelgiornale, e piu’ in ge-nerale nel dibattito sul-la Sanità che gli infer-mieri propongono al-l’interno dei CollegiProvinciali e della Fe-derazione Nazionale: stimola-re cittadini,colleghi dirigentia volgere lo sguardo e le azio-ni verso la prevenzione, pri-maria in particolare. Quindi

“Parliamone”, per iniziare,ma: facciamo ricerca e studiosulla morbilità presente inProvincia e agiamo di conse-guenza con interventi ad hoc,

capaci di incidere sullo stile divita della popolazione. Inizia-mo con osservare i nostri “ac-ciacchi” interni, familiari e suirischi conseguenti. Personal-

mente vi porto la miaesperienza nell’ambitodell’energetica umana,e vi chiedo di parteci-pare a un gruppo distudio su: “prevenire èpossibile “ Sono certoche ognuno di voi, col-leghi, nel corso dellasue esperienza profes-sionale ed umana avràelaborato idee e propo-ste utili a questa comu-nità Valtellinese. Que-ste pagine messe a di-sposizione dal direttivosono APERTE allaPREVENZIONE, manon solo, anche a tut-te le esperienze in me-dicina complementare( M.C), ambito di in-tervento più vicino al-la persona nella suaglobalità. Quindi usci-te allo scoperto, voicolleghi che avete avu-to a che fare con le co-

si dette medicine Comple-mentari, o per meglio dire me-dicine per lo sviluppo dellapersona. ovvero:• la floriterapia di Bach

• lo shiatsu• la cromoterapia• la bioenergetica• il massaggio anti-stress• la reflessologia plantre• e altro, nel rispetto della di-

gnità della personaLa dignità rende la personaintegra e capace di superareprove esistenziali, che spessosono una componente impor-tante nell’alterazione delCampo Energetico Umano (diseguito CEM). La dignitàumana inizia con l’ascolto da-to dall’uomo all’uomo, dal ge-nitore al figlio, dal terapeuta alpaziente. Alla base di ogniprocesso evolutivo umano c’èla capacità di ascolto. Ascol-to in un contesto adeguato al-l’intimità che un rapporto te-rapeutico comporta. Il CEMstruttura l’organismo renden-dolo coeso e coerente aderen-te alla vita di relazione nel-l’oceano della Realtà. In que-sto spazio, spero, di essere incompagnia di storie vissute,comincio con darvi in Visio-ne una serie di interventi fattiin ambito Provinciale, Nazio-nale ed Europeo.

L’orizzonte naturaledella professione infermieristica

spazio a cura di Marco Francesco Doria

Introduzione

La fiducia ricevuta all’internodei Servizi Formativi dell’Isti-tuto Nazionale per lo Studio ela Cura dei Tumori e il CentroEva Reich di Roma,mi hannospinto a realizzare un modelloinformativo e formativo per lapopolazione e i professionistidella salute.La particolarità del modello èdi valorizzare le potenzialitàumane

Materiale e metodo.

L’approccio bioenergetico, se-condo la mia formazione e ri-cerca attuale si caratterizza,per tre originalità:• è semplice• è gentile• è creativoSemplice, perché attiva le fun-zioni vitali dell’organismo.Gentile, perché invita la per-sona ad ascoltarsi ed agire at-traverso il proprio sentire.Creativo, perché favorendo larelazione stimola l’evoluzionepersonale.Una breve sintesi storica edepistemologicaIl modello che vi propongo èuna sintesi armonica tra le co-noscenze di base dell’anticatradizione medica cinese, e illavoro pionieristico occidenta-le di W.Reich. Durante il miopercorso formativo sono ve-

nuto a contatto con il MaestroSun jun quing, continuatoredegli insegnamenti del Wu-dang-qi.gong, e gli eredi dellavoro scientific di WilhemReich: l’esperienza di sua fi-glia Eva e di Silja Wendel-stadt del Centro Eva Reich diRoma.Questi ed altri incontri, nel-l’ambito della tradizione cine-se e della psicologia somaticauniti alla mia esperienza in-fermieristica e terapeutica mihanno fatto arrivare a voi apresentarvi un contributo allaprevenzione e alla cura in on-cologia.La vita, dal punto di vistabioenergetico è pulsazione:dai livelli infinitesimali dellamateria a quelli più grandipresenti negli organismi pluri-cellulari e nel mondo naturale.

Su questo tema c’è conver-genza e l’esperienza la dimo-stra inequivocabilmente.Quando la pulsazione viene ameno, e questo puo’ avveniregià all’inizio della vita, l’or-ganismo si predispone allamalattia o al disagio fisico,psichico e sociale. La pulsazione bioenergeticanell’uomo si esprime nel mo-vimento globale.Un movimento che coinvolgecorpo, anima e spirito.Sistole e diastole, tensione erilassamento, inspirazione edespirazione sono il livello fisi-co evidente.L’uomo si apre e si chiude co-me un fiore in ogni istante.Si apre: nel dare e nel riceve-re, ma anche nel prendere lapropria parte nel grande teatrodella vita.

Si chiude: nel trattenere dentroil proprio essere ciò di cui habisogno, ma anche per difen-dersi dalle avversità deldel mondo.Aprirsi e chiudersi costante-mente e continuamente se larelazione umana e ambientalefunziona. L’energia vitale è alla base delmovimento primario pulsato-rio, un ritmo costituito da on-de condensate in tutte le for-me viventi,a partire dagli ele-menti primari quali:acqua,ter-ra,fuoco,aria. La sua cono-scenza e gestione è fonda-mentale per il mantenimentodella salute. La qualità della relazionebioenergetica, in particolaredi madre-neonato influenzaprofondamente la pulsazio-ne. I due organismi creano un ve-ro e proprio campo energetico,un’atmosfera umana carica divita, che è la basedel ritmo pulsatorio, dove imovimenti emozionali pongo-no le basi per la salute del fu-turo uomo. Le famiglie in armonia sono incontatto, pulsano,vibrano nelcorpo, nelle emozioni nei pen-sieri, come un grande organi-smo.Vivono la natura umana deisuoi membri ; il flusso di ener-gia si manifesta in una sorta didanza.

Al contrario, il disagio si svi-luppa quando si presentano in-toppi,barriere, dighe nella re-lazione.Questi veri e propri “ingor-ghi”, nel movimento energeti-co famigliare, si imprimononell’organismo umano delneonato e nel futuro uomo. Un operatore, che sia in gradodi: sentire, condividere, cali-brare, praticare e gestire l’espressione dell’ energia vita-le nell’impatto sulla salute, findalla nascita, è una grande ri-sorsa per la comunità.Il modello formativo e infor-mativo utilizza sistematica-mente i concetti espressi e liarticola cosi’:• esperienza di contatto bioe-

nergetico umano: sentire• esperienze di contatto bioe-

nergetico in coppia e ingruppo: condividere

• applicazione del contattobioenergetico gentile all’in-terno del proprio luogo la-vorativo: calibrare

• apprendimento del massag-gio bioenergetico dolce,co-me strumento di prevenzio-ne primaria delle malattie:praticare

• Stimolo all’uso creativo del-la propria energia vitale nel-la relazione adulta comeprevenzione primaria e se-condaria delle malattie uma-ne: gestire

Risultati e discussione

Sono arrivato alla realizzazio-ne di ciò attraverso il contattocon la natura umana.Una natura vissuta in diversicontesti: personali e profes-sionali,individuali e collettivi I risultati sono stati tali da de-siderare la condivisione nellaforma di seminari che stimo-lano: nonni,genitori e figli al piacere di vi-vere attraverso il contatto, ilmassaggio,il movimento.Dai seminari alla proposta for-mativa in Corso di Specializ-zazione in Prevenzione Pri-maria il passo è stato natura-le.

La formazione sull’energia vitale e umana: una proposta pratica per qualificare la prevenzione

e favorire la cura in ambito oncologicointervento di Marco Doria al Convegno di Venezia dell’Eons (European Oncology Nursing Society) dell’11-13 Aprile 2002

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