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I n c o p e r t i n a : p a r t i c o l a r e d e l l ’ o p e r a d i O m a r R o n d a p u b b l i c a t a a p a g . 2 5

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« Ma Signora badi ben, che sia fatto di Moplen! » ( Carosello “Quando la moglie non c’è”, prodotto dalla General Film, regia di Mario Fattori ed Edo Cacciari, sceneggiatura di Leo Chiosso, fotografia di Renato Sinistri, 1961)

Come nella celebre pubblicità recitata perfettamente da Gino Bramieri negli anni ’60, la plastica ha invaso le case degli italiani grazie a Giulio Natta, premio Nobel per la chimica nel 1963 assieme al tedesco Karl Ziegler: insieme avevano inven-tato e perfezionato il polipropilene, una sostanza che cambiava la vita di tutti. La plastica è una cosa seria. Un caso particolare è stato quello di Burri che, già nel 1957, usa la plastica per sostituire la tela; la materia esaltata dal fuo-co diventa pittura e magicamente mano e pensiero coincidono come docu-mentano le foto straordinarie di Aurelio Amendola. A questo derivato del pe-trolio, a questo elemento ormai così comune, che è organico a tutti gli effetti, mentre sembra provenire nell’immaginario collettivo soltanto da ricerche in-

« Ma Signora badi ben, che sia fatto di Moplen! » (Only buy it when / it’s made of Moplen!)(TV commercial entitled “Quando la moglie non c’è”, produced by General Film, directed by Mario Fattori and Edo Cacciari, script by Leo Chiosso, photography by Renato Sinistri, 1961)

A popular TV commercial in the Sixties, featuring Italian comedian Gino Bra-mieri, was largely responsible for bringing plastic into Italian homes, thou-gh it was an Italian invention to begin with. Giulio Natta, who won the Nobel Prize for chemistry in 1963, working with the German Karl Ziegler, inven-ted and perfected polypropylene, and changed everybody’s life forever. Indeed, plastic is absolutely extraordinary. Take the case of Burri, for exam-ple, who – as early as 1957 – painted on it in place of canvas; the material exalted by fire becomes paint, and the hand magically coincides with the idea, as we see in the fascinating photos by Aurelio Amendola. This by-product of petroleum, this element that has become so common, and that is organic to

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dustriali e “artificiali”, va attribuito il merito di aver cambiato la vita comune di gente comune. La plastica ha reso possibili cose mai viste, reso legge-ri gli utensili di tutti i giorni, creato tubazioni inattaccabili da agenti esterni, reso economiche le cose più incredibili, anche nelle automobili e nei detta-gli dell’aeronautica, insomma ha cambiato la vita della gente. Chi ha vissu-to negli anni ’60 da bambino o già da adulto, ha visto cambiare il mondo.Gli artisti hanno cercato di cogliere questi cambiamenti in simultanea con i mu-tamenti della società. Le prime plastiche usate da Baj nel 1963 furono i matton-cini “Lego”, che allora era un gioco nuovo, in cui il legno tradizionale veniva so-stituito da coloratissimi elementi modulari con un sistema di aggancio perfetto e brevettato. In seguito sperimentò tutti i materiali plastici: dal cloruro di potassio all’acetato di cellulosa, il polietilene, le foglie di PVC imbottite di resina espansa, non solo inserendo questi materiali all’interno dei suoi collages, ma realizzando opere interamente in plastica. Per Enrico Baj la plastica è stato il materiale sim-bolico della società industriale dei suoi tempi, che interpretava il desiderio collet-tivo di modernità. Però l’artista, da grande patafisico, aveva intuito le proprietà di questo materiale, che appariva così diverso per la sua trasparenza e lumi-nosità. Gli artisti dello stesso periodo come Dadamaino, Pistoletto, Castellani, Simeti o anche la stessa Carla Accardi con i sui “sicofoil” , hanno compreso le potenzialità e le metamorfosi di questo materiale, che offriva una chance in più alla luce per penetrare e diffondersi. Inoltre dava anche il senso della contem-poraneità perché un’opera in plastica allora appariva come una novità assoluta. Nel 1972 Tino Stefanoni realizza per Prearo editore un catalogo con un conteni-tore in plexiglas, bellissimo, perfetto, colorato e trasparente. Già nel 1970 l’artista alla Biennale di Venezia aveva “stampato” i suoi oggetti seriali in diretta, offren-doli al pubblico. La plastica è irriverente, strana, fuori da tutti gli schemi rispetto a materiali nobili come il marmo o il bronzo. E’ un anti materia, artisticamente par-lando. Da questo discendono le incursioni di artisti Fluxus come Giuseppe Chiari, la natura esanime di Gilardi, che prefigura il mondo artificiale che tanto andava di moda fino agli anni ’70 e diventa parte integrante di una certa critica sociale. Più nel contemporaneo, Umberto Mariani la usa per richiamare non solo la sua ossessione felice per il panneggio, la piega in opposizione alla pesan-tezza del suo solito materiale, il piombo, ma per interagire con le scritte che ricordano i suoi viaggi intorno al mondo. Enrica Borghi invece è partita dall’i-dea ecologica del riciclo dei materiali. Le bottiglie di plastica devono sparire perché sono una fonte di inquinamento straordinario ; usarle come vestiti o installazioni dà l’idea di un’arte che rifiuta l’eccesso e critica la società che le produce. Così anche gli orpelli delle unghie di plastica riducono l’estetica ad addobbo e il corpo femminile ad un vuoto simulacro. Ma in generale gli

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all effects, while it seems to the collective imagination to come only from in-dustrial research and to be an “artificial” product, has changed the ordinary life of ordinary people. Plastic made the unthinkable commonplace: it made essential tools lighter, created pipes that could not be corroded by external agents, made the most incredible objects inexpensive, even auto and aircraft parts. In short, it has changed people’s lives. Anyone who was alive in the Sixties, as a child or even as an adult, witnessed this planetary transformation.Many artists attempted to grasp the changes as they were happening. The first plastics used by Baj in 1963 were the little “Lego” bricks, which had just come out, replacing traditional wooden blocks with colorful plastic pieces that fit together perfectly thanks to a patented fastening system. Later, he experimented with all the plastic materials: from potassium chloride to cellulose acetate, polyethy-lene, sheets of PVC filled with foam resin – not just including these materials in his collages, but producing entire works in plastic. For Enrico Baj, plastic was the material that symbolized the industrial society of his time, interpreting the collective desire for modernity. The artist, as a great pataphysicist, understood the intrinsic properties of this material, which appeared unlike any other, with its transparency and luminous brilliance. Other artists of the same period, like Dadamaino, Pistoletto, Castellani, Simeti or even Carla Accardi with her “sico-foil” abstractions, understood its potential for metamorphosis, the way it gave light a new way to penetrate and spread. It also generated a sense of the con-temporary, because a work in plastic appeared then to be an absolute novelty. In 1972 Tino Stefanoni produced a catalogue for Prearo with a container in plexi-glas that was gorgeous, perfect, colorful and transparent. In 1970 the same ar-tist had “printed” his serial works live at the Venice Biennale, offering them to the public. Plastic is irreverent, strange, a total break with the traditions of the such noble materials as marble or bronze. It is antimaterial, artistically speaking. This brings us to the incursions of Fluxus artists like Giuseppe Chiari, the lifeless nature of Gilardi, who prefigures the artificial world that was so fashionable until the Seventies, and becomes an integral part of a certain type of social criticism. More recently, Umberto Mariani uses it to reflect not only his happy obsession with pleating - the fold in opposition to the heaviness of his usual material, lead – but to integrate with the words that describe his travels around the world. Enri-ca Borghi, on the other hand, starts from the eco-friendly idea of recycled mate-rial. Plastic bottles are an extraordinary source of pollution and must disappear; using them to produce clothing or installations gives the impression of an art that rejects excesses and criticizes the society that produces them. So even the ornament of plastic fingernails reduces esthetics to mere decoration and the female body to a vain pretence. But in general, the artists of the Eighties

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artisti degli anni ’80 hanno lavorato già sull’immaginario della plastica e penso a Gianni Cella, che già con i Plumcake, uno dei gruppi italiani fondamentali per capire quegli anni, riempiva e riempie le gallerie d’arte di personaggi pla-stici, con l’idea di un arte “finta”, luminosa, lucida e smagliante di ironiche banalità. In chiave astratta, la giovane Beatrice Gallori lavora con i polimeri per creare forme instabili e aperte, in cui il gioco concavo/convesso contrasta con la superficie monocromatica e lucida, quasi a creare tensione e mistero tra non visibile e apparizione della forma. Un “nuovo futurista”, ormai agée, come Marco Lodola, sulla luce ha costruito tutto il suo universo e la plastica, o meglio, le plastiche, sono il medium perfetto per dare l’idea di una Lodolan-dia, di una città della luce, del colore e della felicità. Carlo Caldara crea dei contrappunti tra la sua pittura figurativa su plexiglas e degli elementi che la oscurano parzialmente e le si contrappongono, spogliando i luoghi e le figure delle loro caratteristiche di riconoscibilità. Il lavoro di Omar Ronda si riavvicina a Gilardi, con cui ha esposto altre volte, perché riprende il ciclo vitale, la natura che ritorna attraverso la mediazione dell’industria. Dal petrolio la vita e l’arte: le icone contemporanee di Omar Ronda, i suoi stampaggi multicolori con le star della società consumistica che non tramonta mai, sono frammenti di un mondo in cui siamo immersi e che l’arte evidenzia e critica con ironica complicità.La Plastica italiana ha ancora molto da dire. Tra parentesi il Moplen è un marchio commerciale e si produce ancora adesso.

Valerio Dehò

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had already started to work on the imaginary idea of plastic – and I’m thinking in particular of Gianni Cella who, even when he was an exponent of the Plumcake movement, one of the fundamental Italian groups that can help us to under-stand those years, filled and still fills the art galleries with plastic characters, with the idea of “fake” art, luminous, shiny and dazzling in its ironic banality. In an abstract key, the young artist Beatrice Gallori works with polymers to create unstable, open shapes in which the play of hollowness and convexity contrasts with the monochromatic, polished surface, as if to create tension and mystery between the non visible and the apparition of the shape. A “new futurist”, now somewhat dated, like Marco Lodola, has built his entire universe on light, and plastic – all the plastics – are the perfect medium to give the idea of a Lodo-land, a city of light, color and happiness. Carlo Caldara creates counterpoints between his figurative painting on plexiglas and the elements that partially ob-scure and contrast with it, stripping places and figures of their recognizable features. The work of Omar Ronda is closer to that of Gilardi, with whom he has shared other exhibitions, because it focuses more on the life cycle, na-ture that returns through the intercession of industry. From oil comes life and art: the contemporary icons of Omar Ronda, his multicolored molded figures of the stars, symbols of frenzied consumerism, are fragments of a world in which we are immersed and that art emphasizes and criticizes with ironic complicity.Italian plastic still has a lot to say. By the way, the Moplen brand of household products is still on the market.

Valerio Dehò

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Aurelio Amendola“La combustione” Alberto Burri - Città di Castello

1976Foto

cm. 70 x 50

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Enrico Baj“Personaggio” 1968Collage e plastica su tavolaCollage and plastic on woodcm. 103 x 73

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Enrica Borghi“Testa”

2002Scultura in plastica

Plastic sculpturecm. 28 x 19 x 19

Enrica Borghi 2004

Scultura in plasticaPlastic sculpture

cm. 110 x 29 x 29

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Carlo Caldara“No time” 2014Olio su acciaio e plexiglass a specchioOil on steel and plexiglass mirrorcm. 40 x 50

“People have the power” 2014Olio su acciaio e plexiglass a specchioOil on steel and plexiglass mirrorcm. 80 x 110

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Castellani Enrico“Estroflessione”

1968Multiplo in plastica termoformata

Multiple thermoformed plasticEdizione Achille Mauri

cm. 29,84 x 29,84 x 2,54

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Gianni Cella“Il ragazzo più buono del mondo” 2014Vetroresina smaltataEnamelled fiber glass resincm. 84 x 24 x 28

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Gianni Cella“Doppio pallone gonfiato”

2014Vetroresina smaltata

Enamelled fiber glass resincm. 140 x 40 x 40

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Giuseppe Chiari“Ritratto di donna” 2005Tecnica mista, collage e strumento musicaleMixed technic, collage and musical instrumentPubblicata su catalogo a pagina 115 vol 2-3 - Musica e segnocm. 80 x 40

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Dadamaino“Movimento delle cose”

1989Mordente su poliestere

Marker on polyestercm. 70 x 50

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Beatrice Gallori“Energy#1” blue cm. 54,6 x 54,6 x 13“Energy#2” yellow cm. 54,6 x 54,6 x 13“Energy#3” magenta cm. 54,6 x 54,6 x 132014Tecnica mista su polimeri in teca di plexiglassMixed technic on polymers inside plexiglass display

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Piero Gilardi“Spiaggia con conus”

Anni 2000Poliuretano espanso

Polyurethane foamcm. 50 x 50

“Fichi d’india e bouganville” cm. 70 x 70

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Marco Lodola“Pin-up” 2011Perspex e neonPerspex and neoncm. 100 x 84 x 12

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Marco Lodola“Pin-up”

2013Perspex e neon

Perspex and neoncm. 120 x 100 x 12

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Michelangelo Pistoletto“Amnesty International, Prisoners of Conscience” multiple n° 9/100 - 1977Serigrafia su pellicola mylarSerigraphic print on mylar filmcm. 83 x 59,5

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Omar Ronda“Genetic fusion”

1991cm. 45 x 45

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Omar Ronda“Marilyn frozen” 2012cm. 70 x 70

Omar Ronda“Marilyn iron frozen” 2012cm. 51 x 51

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Omar Ronda“Marilyn forever”

Light frozen 2014cm. 50 x 50

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Turi Simeti1969Lampada in plexiglassPlexiglass lightcm. 36 x 36 x 13Catalogo Generale vol.1 pag.40

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Tino Stefanoni“Multiplo” n°143/200

1972volume di G. Prearo in

Teca di plexiglassPlexiglass display case

cm. 27 x 17,5 x 3

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