memory
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tratto dalla reteTRANSCRIPT
PSICOLOGIA COGNITIVA DELLA MEMORIA
Memory
Declarative (explicit) Nondeclarative (implicit)
Facts Events
Medial Temporal Lobe
SkillsHabits Priming Simple
classicalconditioning
Nonassociativelearning
Striatum Neocortex Amygdala Cerebellum Reflexpathways
Emotionalresponses
Skeletal responses
Squire & Zola, 1996
STADI DELL’APPRENDIMENTO E DELLA MEMORIA
encoding storage retrieval
MEMORIA: IL MODELLO MULTI-STORE
sensorystores
short-termstore
long-termstore
attention rehearsal
decay displacement interference
IL MODELLO MULTI-STORE: VALUTAZIONE
• E’ vero che ciascuno store funziona in un modo uniforme?
Per lo short-term store non è così nel paziente KS la
dimenticanza di lettere udite era molto maggiore della
dimenticanza di stimoli visivi (Warrington & Shallice, 1972). Si
appurò persino che i deficit mnestici short-term di KS si
limitavano a materiale verbale (lettere, sillabe, parole) e non si
estendevano a suoni significativi (p.es.: il trillo del telefono)
(Shallice & Warrington, 1974) Quindi non si poteva
dire che KS avesse un deficit della short-term memory, ma solo
di quella uditivo-verbale
IL MODELLO MULTI-STORE: VALUTAZIONE
• E’ vero che ciascuno store funziona in un modo uniforme?
Per la long-term memory è improbabile che un singolo store
contenga informazioni variegate come il nome dell’ultimo film
della Bellucci, cosa abbiamo mangiato ieri sera a cena, come ci si
allaccia le scarpe, quanto fa radice quadrata di 9, etc.
Inoltre non è del tutto vero che l’informazione passi prima per la
short-term, poi per la long-term memory: l’esempio della
ripetizione verbale di parole presentate visivamente la capacità
di ripetere deriva da un precedente contatto con la long-term
memory concernente la pronuncia (Logie, 1999) !
IL SUPERAMENTO DEL MODELLO MULTI-STORE: LA WORKING MEMORY
• Baddeley, nel 1974, propone di sostituire il concetto di short-term memory con un sistema, che denomina working memory, composto da tre componenti (estese a 4 nel 2000):
1. Central executive (rassomigliante all’attenzione)2. Phonological loop (informazione in forma verbale)3. Visuo-spatial sketch pad (informazione spaziale o visiva)4. Episodic buffer (trattiene e integra informazioni diversa)
• Il Central Executive usa i tre altri sotto-sistemi per i propri fini• Ognuno dei sotto-sistemi ha capacità limitata compiti che
impiegano lo stesso sotto-sistema incontrano difficoltà, mentre, in teoria, compiti che impiegano sotto-sistemi diversi sono svolti in modo fluido i cd. dual-task studies (l’esempio degli scacchisti)
CentralExecutive
Phonological loop
(voce interna)
Episodicbuffer
Visuospatialsketch pad
(occhio interno)
working memory
il phonological loop – la voce interna
• Secondo Baddeley (1990) la componente vocale della working memory, cioè il phonological loop, consta di due componenti:
1. un deposito basato sulla parola, fonologico2. un processo di controllo articolatorio, che dà accesso al
primo
phono-logicalstore
presentazione uditiva di parole
presentazione visiva di parole
processo articolatoriodi controllo
il phonological loop – la voce interna
l’illustrazione della slide precedente mostra che l’accesso
al deposito fonologico della parola vista, cioè letta, passa
per un’articolazione subvocale, mentre la parola udita ha
accesso immediato
esperimenti che sopprimono il processo articolatorio con
compiti appositi mostrano che la presentazione visiva non
accede al deposito (mentre quella uditiva vi accede)
il phonological loop – la voce interna
dati di fMRI (Henson et al, 2000) mostrano che il deposito
fonologico è nell’area parietale inferiore sinistra, mentre la
ripetizione articolatoria è nell’area prefrontale sinistra
Peraltro, soggetti con grave danno del loop fonologico si
adattano abbastanza bene alla vita quotidiana la sua
funzione sembra essere più concentrata sull’imparare
parole nuove, che non sul ricordare parole già conosciute (e
in questo compito sembra essere più importante il deposito
dell’articolazione)
il visuo-spatial sketchpad – l’occhio interno
è costituito da due componenti separate, una visiva (visual
cache) e una spaziale (inner scribe, che ripete l’informazione
della prima, la trasferisce al Central Executive e pianifica i
movimenti). La loro separatezza è supportata da:
1. poca interferenza quando sono effettuati insieme un compito
visivo e uno spaziale
2. pazienti cerebrolesi con danno alla componente visiva, ma non
a quella spaziale
3. i compiti spaziali attivano l’emisfero destro, i compiti visivi
attivano l’emisfero sinistro
il Central Executive
è la componente più oscura del sistema della working
memory
le sue funzioni: 1. spostare l’attenzione fra compiti diversi,
2. pianificare sotto-compiti per raggiungere qualche meta,
3. attenzione e inibizione selettiva
4. aggiornare e controllare i contenuti della working memory
5. codificare le rappresentazioni della working memory per il
luogo e il tempo di comparsa
il Central Executive
l’evidenza che va accumulandosi pone sempre più in
dubbio l’ipotesi originaria, secondo la quale il Central
Executive sia unitario e sia corrispondente ad attivazione
dei lobi frontali.
si propende sempre di più per due o più Central
Executives separati
oltre a certe aree prefrontali, anche altre aree frontali e
anche parietali si attivano durante compiti cd. esecutivi
lo Episodic Buffer
è stato inserito nel modello 25 anni dopo, perché il
Central Executive non ha una capacità come deposito
(ma solo come processing) e i due depositi già inseriti
sono dedicati a informazioni di un tipo specifico.
L’Episodic Buffer è quindi il luogo di deposito generale,
che combina i vari tipi di informazione
si sa poco sulle sue corrispondenze neuroanatomiche.
Una ricerca ha indicato alcune zone frontali
LONG-TERM MEMORY: EPISODICA E SEMANTICA
Nel 1972 Tulving propose una distinzione fra due tipi di memoria
a lungo termine: quella episodica (storage di specifici fatti
occorsi in un particolare luogo e in un particolare momento) e
quella semantica (l’insieme delle conoscenze sulla realtà)
In seguito Wheeler, Stuss e Tulving (1997) hanno ridefinito la
memoria episodica differentemente, come dipendente dalla
particolare forma di consapevolezza per cui l’individuo può
volgersi al proprio passato e ripescare qualche specifico episodio
o stato d’animo una memoria autonoetica. Mentre quella
semantica è semplicemente noetica.
NEUROIMAGING DELLA MEMORIA EPISODICA E SEMANTICA
Studi PET sul flusso ematico cerebrale
Sottrazione del flusso durante compito mnemonico semantico
dal flusso durante compito mnemonico sia semantico che
episodico per studiare il flusso sulla memoria episodica
In 25 su 26 studi la corteccia prefrontale destra fu più attiva
durante la rievocazione di memoria episodica che di
memoria semantica.
In 18 su 20 studi la corteccia prefrontale sinistra fu più
attiva durante l’encoding episodico, rispetto all’encoding
semantico
MEMORIA EPISODICA E SEMANTICA: VALIDITA’
La distinzione operata da Wheeler e Tulving sembra
plausibile e importante e gode di vari supporti sperimentali
Il fatto che i pazienti frontali (cioè con danno ai lobi frontali)
abbiano problemi di memoria episodica si può però leggere
in altri modi. Può essere che non ci sia nulla di specifico, ma
che semplicemente un danno frontale abbia effetti
generalizzati, fra cui anche quello alla memoria episodica.
La distinzione fra consapevolezza (quindi memoria)
autonoetica e noetica non si applica senza difficoltà ai
pazienti amnesici
MEMORIA ESPLICITA ED IMPLICITA
• Da Graf e Schachter (1985):
Explicit memory is revealed when performance on a task
requires conscious recollection of previous experience
Implicit memory is revealed when performance on a task
is facilitated in the absencefacilitated in the absence of conscious recollection
MEMORIA IMPLICITA: L’ESPERIMENTO DI TULVING, SCHACHTER e STARK (1982)
• E’ chiesto ai soggetti di imparare una lista di parole
multisillabiche rare (es.: toboggan)
• Al t2 (qualche ora o una settimana dopo), è effettuato un
fragment-completion task : completare le lettere
mancanti per formare una parola (es.: _O_O_GA_ ). Metà
delle parole da formare erano incluse nella lista imparata
prima. Dato che ai Ss questo non veniva detto, il test era
di memoria implicita
MEMORIA IMPLICITA: L’ESPERIMENTO DI TULVING, SCHACHTER e STARK (1982)
RISULTATI:
Più completamenti corretti quando erano parole della lista
imparata quindi, evidenza di repetition-priming effect
(facilitazione di un processing, quando è ripetuto)
Il repetition-priming nonnon era maggiore per gli stimoli
riconosciuti come appartenenti alla lista quindi il
repetition-priming non dipendeva dalla memoria di
riconoscimento (cioè esplicita) se ne dedusse
un’evidenza di memoria implicita
MEMORIA IMPLICITA: L’ESPERIMENTO DI TULVING, SCHACHTER e STARK (1982)
Memoria implicita e di riconoscimento erano davvero
processi diversi? L’intervallo di ritenzione
dell’informazione aveva effetti diversi sull’una e
sull’altra? Dopo una settimana, la memoria esplicita
era molto peggiorata rispetto a quella di qualche ora
dopo la presentazione della lista. Invece, il fragment-
completion task (quindi la memoria implicita) era sullo
stesso livello di una settimana prima Quindi,
un’importante conferma che si tratti di processi del tutto
diversi
LA VALUTAZIONE SEPARATA DELLA MEMORIA ESPLICITA ED IMPLICITA: LA PROCESS-DISSOCIATION PROCEDURE
• E’ molto difficile accertare se in un esperimento ci sia
effettivamente assenza di riconoscimento conscio degli
stimoli: anche se i Ss non ricordano nulla, potrebbero
essersene dimenticati o l’inchiesta potrebbe essere stata
poco approfondita
Quindi, per concludere che non c’è memoria esplicita,
non è sufficiente che i Ss giurino di non
ricordare/riconoscere nulla
LA PROCESS-DISSOCIATION PROCEDURE: LO STUDIO DI JACOBY et al (1993)
1. Presentazione di una lista di parole (es.: mare) in una di
due condizioni: (A) attenzione piena, (ai Ss è detto di
ricordare la lista), (B) attenzione divisa, (i Ss leggono la lista
mentre eseguono un compito difficile di ascolto)
2. Al t2, due test differenti:
Test di inclusione: completare radici di parole (es.: ma_ )
formando parole della lista (es.: mare) , o, se non possibile,
con la prima parola che veniva in mente
Test di esclusione: completare radici di parole con parole
non presenti nella lista (es.: matto)
LA PROCESS-DISSOCIATION PROCEDURE: LO STUDIO DI JACOBY et al (1993)
RISULTATI: Mentre i Ss della condizione attenzione piena
mostrarono una performance molto migliore nel test di inclusione
che in quello di esclusione, i Ss della condizione di attenzione
divisa ebbero la stessa identica performance ai due test
in altre parole, i soggetti dell’attenzione piena sfruttarono
considerevolmente la memoria esplicita, mentre quelli
dell’attenzione divisa non ne fecero uso, e tutti fecero ricorso a
processi della memoria implicita
l’attenzione è importante per ricordare coscientemente ma
non per la memoria implicita
Performance dei soggetti con attenzione divisa e piena
0,01,02,03,04,05,06,07,0
Divided Full
Inclusion testExclusion test
LA PROCESS-DISSOCIATION PROCEDURE: i due processi sono del tutto indipendenti?
La process-dissociation procedure è stata al centro di un
notevole dibattito. Ora si è raggiunto un accordo sul fatto
che la distinzione fra memoria esplicita ed implicita sia
valida ed importante, e che la maggior parte dei compiti di
memoria costituiscano una combinazione dei due processi.
L’assunto di Jacoby sulla totale indipendenza dei due
processi è stato invece disconfermato in effetti, nel test
di esclusione, il soggetto deve ricorrere anche alla memoria
esplicita, per escludere eventuali parole che siano venute in
mente, ma che siano ricordate come presenti nella lista.
LOCALIZZAZIONE DELLA MEMORIA ESPLICITA ED IMPLICITA
• La memoria esplicita e quella implicita corrispondono a
differenti vie nervose?
In uno studio con la PET (Schachter et al, 1996), si vide che:
1. durante un compito di memoria esplicita si verificava una
forte attivazione dell’ippocampo
2. durante un compito di memoria implicita (completamento
di radici di parole) si verificava una riduzione del flusso
ematico nella corteccia occipitale bilaterale, senza
variazioni dell’attivazione dell’ippocampo
MEMORIA IMPLICITA PERCETTIVA E CONCETTUALE: una differenza importante
• Esiste un certo accordo sul fatto che sussistano differenze
importanti fra memoria implicita percettiva e concettuale (cf.
Tulving & Schachter, 1990). I test sulla m.i. percettiva usano
stimoli degradati (word-fragments, word-stem, etc), mentre
quelli sulla m.i. concettuale non coinvolgono somiglianze
percettive (es.: esempi della categoria “animali a 4 zampe”).
• Nell’Alzheimer, il priming percettivo è integro, mentre è colpito il
priming concettuale. Invece, paz. con lesione occipitale destra
non hanno priming percettivo su compiti di identificazione di
parole, pur con intatto priming concettuale (Gabrieli, 1998)
MEMORIA IMPLICITA PERCETTIVA E CONCETTUALE: una differenza importante
Un dato di questo tipo è quello cui i ricercatori danno più la
caccia costituisce una DOPPIA DISSOCIAZIONE (cf.
Shallice, 1987), testimonianza della separatezza di processi
e di aree cerebrali
Gli studi di neuroimaging confermano che si tratta di
processi distinti: (A) il priming percettivo è correlato con ridotta
attività nelle due aree occipitali, (B) il priming concettuale è
correlato con ridotta attività della corteccia frontale sinistra
Perché ridotta attività? Forse perché il processing richiede
minore sforzo quando si tratta di uno stimolo già conosciuto.