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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA _________________ CAPITOLO 33 _________________ MATERIALI COMPOSITI: RIGIDEZZA E RESISTENZA DEI LAMINATI 33.1 Introduzione Le strutture aerospaziali impiegano i materiali compositi avanzati in forme molteplici applicando diversi tipi di tecnologie. In molti casi, tuttavia, la forma di utilizzo prevede la realizzazione in composito di elementi di spessore relativamente piccolo rispetto alle dimensioni superficiali. La geometria dell’elemento è quindi descrivibile attraverso una superficie media, a ogni punto della quale può essere attribuito uno spessore. Anche elementi allungati, pensabili come generati da una traslazione di una sezione lungo un asse, possono ricadere nella descrizione precedente a condizione che la sezione sia, in effetti, una parete sottile rappresentabile attraverso la sua linea media e dall’andamento dello spessore lungo tale linea. La Figura 33. 1 fornisce un esempio di parti strutturali descrivibili in questo modo. Figura 33. 1 – Esempi di elementi in parete sottile in una costruzione aerospaziale, realizzati con laminati in composito I materiali compositi offrono la possibilità di progettare le caratteristiche di rigidezza e resistenza di tali elementi scegliendo opportunamente la tipologia delle fibre di rinforzo e la distribuzione delle direzioni di rinforzo. Tale possibilità permette di adattare le caratteristiche di rigidezza e resistenza in funzione dei carichi applicati e dei requisiti strutturali. Si ottiene, quindi, una distribuzione di rinforzo multi-direzionale sulla superficie dell’elemento che può essere pensato come una stratificazione di lamine ortotrope, ciascuna delle quali occupa una piccola frazione dello spessore. La classica tecnologia per la produzione di tali elementi è la laminazione, che si basa sulla deposizione di lamine, con un rinforzo, organizzato in forma unidirezionale o tessuto, pre-impregnato da una resina. Gli spessori di tali lamine sono dell’ordine dei decimi di millimetro. L’elemento ottenuto è chiamato laminato. Elementi con le stesse caratteristiche dei laminati possono tuttavia essere prodotte attraverso processi tecnologici diversi dalla laminazione. Il laminato è dunque un’unita strutturale fondamentale nelle strutture in materiale composito e si pone a livello intermedio fra il materiale omogeneizzato (la lamina ortrotropa) e la struttura vera e propria (il pannello o il corrente, come nell’esempio in Figura 33. 1). La rigidezza e la resistenza degli elementi in materiale composito possono pertanto essere studiate in modo efficace solo considerando questo livello. Lo studio dei laminati presuppone la conoscenza del comportamento strutturale di elementi sottili che è trattato, in generale, dalla teoria delle piastre. Il par. 32.2, pertanto, fornisce i cenni essenziale di tale teoria, valida sia per elementi in materiale isotropo che per laminati ottenuti dalla stratificazione di lamine ortotrope. In seguito sarà presentata la Teoria Classica della Laminazione che costituisce lo strumento 1

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

_________________

CAPITOLO

33 _________________

MATERIALI COMPOSITI: RIGIDEZZA E RESISTENZA

DEI LAMINATI

33.1 Introduzione Le strutture aerospaziali impiegano i materiali compositi avanzati in forme molteplici applicando diversi tipi di tecnologie. In molti casi, tuttavia, la forma di utilizzo prevede la realizzazione in composito di elementi di spessore relativamente piccolo rispetto alle dimensioni superficiali. La geometria dell’elemento è quindi descrivibile attraverso una superficie media, a ogni punto della quale può essere attribuito uno spessore. Anche elementi allungati, pensabili come generati da una traslazione di una sezione lungo un asse, possono ricadere nella descrizione precedente a condizione che la sezione sia, in effetti, una parete sottile rappresentabile attraverso la sua linea media e dall’andamento dello spessore lungo tale linea. La Figura 33. 1 fornisce un esempio di parti strutturali descrivibili in questo modo.

Figura 33. 1 – Esempi di elementi in parete sottile in una costruzione aerospaziale, realizzati con laminati in composito

I materiali compositi offrono la possibilità di progettare le caratteristiche di rigidezza e resistenza di tali elementi scegliendo opportunamente la tipologia delle fibre di rinforzo e la distribuzione delle direzioni di rinforzo. Tale possibilità permette di adattare le caratteristiche di rigidezza e resistenza in funzione dei carichi applicati e dei requisiti strutturali. Si ottiene, quindi, una distribuzione di rinforzo multi-direzionale sulla superficie dell’elemento che può essere pensato come una stratificazione di lamine ortotrope, ciascuna delle quali occupa una piccola frazione dello spessore. La classica tecnologia per la produzione di tali elementi è la laminazione, che si basa sulla deposizione di lamine, con un rinforzo, organizzato in forma unidirezionale o tessuto, pre-impregnato da una resina. Gli spessori di tali lamine sono dell’ordine dei decimi di millimetro. L’elemento ottenuto è chiamato laminato. Elementi con le stesse caratteristiche dei laminati possono tuttavia essere prodotte attraverso processi tecnologici diversi dalla laminazione. Il laminato è dunque un’unita strutturale fondamentale nelle strutture in materiale composito e si pone a livello intermedio fra il materiale omogeneizzato (la lamina ortrotropa) e la struttura vera e propria (il pannello o il corrente, come nell’esempio in Figura 33. 1). La rigidezza e la resistenza degli elementi in materiale composito possono pertanto essere studiate in modo efficace solo considerando questo livello. Lo studio dei laminati presuppone la conoscenza del comportamento strutturale di elementi sottili che è trattato, in generale, dalla teoria delle piastre. Il par. 32.2, pertanto, fornisce i cenni essenziale di tale teoria, valida sia per elementi in materiale isotropo che per laminati ottenuti dalla stratificazione di lamine ortotrope. In seguito sarà presentata la Teoria Classica della Laminazione che costituisce lo strumento

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

analitico fondamentale per progettare le caratteristiche di rigidezza del laminato e per calcolare, note le forze che sollecitano il laminato, lo stato di sforzo nei diversi strati del laminato stesso. La possibilità di calcolare gli stati di sforzo agenti nelle lamine che costituiscono un laminato, permette di introdurre i criteri di resistenza per i materiali compositi, cui è dedicato il par. 3.4. 33.2 Cenni di teoria delle piastre Una piastra è un elemento strutturale inizialmente piatto, che presenta uno spessore molto piccolo rispetto alle altre dimensioni. Il piano medio della piastra è parallelo alle facce e la suddivide in due parti di uguale spessore. La formulazione più semplice della teoria delle piastre è adatta a descrivere il comportamento di piastre sottili, in cui gli spostamenti normali al piano della piastra sono esclusivamente di origine flessionale. Nel caso di piastre spesse l’azione delle deformazioni a taglio acquista un ruolo non più trascurabile. Per materiali isotropi un rapporto fra spessore e minima dimensione del piano inferiore a 1/20 può essere indicato come confine fra piastre sottili e piastre spesse. In questo capitolo, piastre isotrope e laminati in composito saranno trattate in base alla teoria delle piastre sottili (o piastre di Kirchoff). Le assunzione di base della teoria delle piastre sottili, note come assunzioni di Kirchoff, sono le seguenti:

1. La deflessione del piano medio è piccola rispetto allo spessore della piastra;

2. Il piano medio della piastra rimane in deformato in un processo di deformazione flessionale;

3. Le sezioni della piastra inizialmente piane e normali al piano medio, rimangono piane e normali al piano medio in un processo di deformazione flessionale;

4. Gli sforzi normali agenti su piani paralleli alle facce della piastra sono trascurabili;

Le assunzioni 1 e 2 sono fondamentalmente relative alla possibilità di usare il tensore delle deformazioni infinitesime per descrivere lo stato di deformazione della piastra e metterlo in relazione al cambiamento di configurazione durante una flessione. La Figura 33. 2 mostra la deflessione di un elemento di piastra e mostra come un deflessione comporti lo spostamento in direzione verticale w. Nella figura, la scala di questo spostamento è amplificata. E’ indicata anche una sezione inizialmente piana e normale al piano medio, A-A, e la sua posizione dopo la deflessione. L’assunzione 3, che caratterizza il comportamento della piastre di Kirchoff, ha importanti conseguenze per lo sviluppo della teoria. Nelle piastre spesse, le assunzioni 3 e 4 non sono più applicabili. Come è evidenziato dalla Figura 33. 2 e Figura 33. 3, per la terza assunzione di Kirchoff, l’angolo di rotazione nel piano xz della sezione A-A equivale all’angolo fra la retta tangente alla linea media della piastra, che rappresenta la proiezione del superficie media deformata su xz, e l’asse x. Tale angolo è

pertanto uguale alla derivata dello spostamento del piano medio in direzione z, w0, rispetto alla coordinata x. Analogamente l’angolo di rotazione delle sezioni nel piano yz è pari alla derivata di w0 rispetto a y.

X, u

Z, w Y, v

XA

Figura 33. 2 – deflessione di una piastra sottile

Figura 33. 3 – Spostamenti dovuti alla deflessione della piastra

A partire dalle precedenti considerazioni, le assunzioni di Kirchoff danno la possibilità di esprimere lo stato di deformazione in funzione dei parametri di spostamento del piano medio: u0, v0 e w0. Se la piastra non si flette, infatti, tutti gli spostamenti del continuo deformabile corrispondente alla piastra sono uguali a quelli del suo piano medio. Se la piastra si flette, invece, agli spostamenti del piano medio si aggiungono dei termini

Aw0

A

wAZ X

w 0

w

rx

Xwww 0

A

A

z

u

Xw

zuuw

w� 0

0

2

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

che possono essere espressi in funzione degli angoli di rotazione delle sezioni e, in definitiva, delle derivate di w0. Con riferimento alla Figura 33. 3, dove z rappresenta la distanza indeformata del generico punto della piastra dal piano medio, è possibile esprimere gli spostamenti di un punto alla distanza z dal piano medio, in funzione degli spostamenti e delle derivate degli spostamenti valutati sul piano medio, in corrispondenza del punto stesso:

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� � � �� � � �00000

000000

000000

,,,

,,,

,,,

YXwZYXwYwzYXvZYXv

XwzYXuZYXu

#ww

ww

Eq. 33. 1 L’Eq. 33. 1 è valida se gli angoli di rotazione sono piccoli, in modo che si possano approssimare le tangenti con i valori degli angoli in radianti e il coseni dell’angolo di rotazione, il cui valore andrebbe a determinare una differenza fra lo spostamento vertcale w0 e w, è approssimabile all’unità. La prima assunzione di Kirchoff garantisce che gli angoli di rotazione siano piccoli e che si possa utilizzare il tensore delle deformazioni infinitesime, le cui componenti risultano:

Xv

Yu

Zu

Xw

Yw

Zv

Zw

Yv

Xu

XYZXYZ

ZZYYXX

ww

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ww

�ww

ww

�ww

ww

ww

ww

JJJ

HHH

;;

;;

Eq. 33. 2 L’introduzione delle ipotesi sul processo di defomrmazione, formalizzate nelle Eq. 33. 1, nelle espressioni delle componenti del tensore di deformazione, riporta in Eq. 33. 2, fornisce:

� �

� �

YXw

zXv

Yu

Xw

Xw

Xw

zYXuZX

wYw

Yw

Yw

Yw

zYXvZ

Yw

zYu

Xw

zXu

XY

ZX

YZ

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YY

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0000000

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20

20

20

2

0,

0,

0

J

J

J

H

H

H

Eq. 33. 3 Le Eq. 33. 3 comportano che tutte le componenti agenti su piani paralleli alle facce della piastra, quindi

normali all’asse z sono nulli. In particolare sono nulli gli scorrimenti a taglio JYZ e JZX. Tale risultato è diretta conseguenza del fatto che la sezione ruota senza deformarsi. Le altre componenti dello stato di deformazione, HXX, HYY e JXY sono la somma di due contributi, come evidenziato nelle Eq. 33. 4.

YXw

zYX

wz

Xv

Yu

Yw

zYw

zYv

Xw

zXw

zXu

XY

YY

XX

XY

YY

XX

www

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ww

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02

00

200

20

2

020

20

20

2

020

20

22 JJ

HH

HH

Eq. 33. 4 I contributi constanti nello spessore, H0XX, H0YY e J0XY, si definiscono membranali e sono rappresentati dallo stato di deformazione del piano medio della piastra. Vi sono poi contributi flessionali, che dipendono dalla distanza z dal piano medio e dalle derivate seconde dello spostamento verticale w0. Tali derivate seconde hanno un’interpretazione geometrica, poiché la variazione della derivata di una curva, corrisponde alla sua curvatura, cioè all’inverso del raggio di curvatura 1/r. La Figura 33. 2 mostra il raggio di curvatura nel piano xz, rx, il cui inverso è rappresentato dalla derivata seconda dello spostamento w rispetto a x. Analogamente è possibile individuare un raggio di curvatura nel piano yz, ry, pari all’inverso della derivata seconda dello spostamento w rispetto a y. La derivata seconda mista di w rispetto a x e y è collegata a una deformazione di torsione della piastra, che è qualitativamente rappresentata in Figura 33. 4.

Figura 33. 4 – Torsione della piastra, rappresentabile attraverso la derivata seconda mista di w rispetto a x e y

E’ possibile definire quindi tre parametri di curvatura NX, NY e NXY nel modo seguente:

3

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

YXw

Yw

XXw

Y

Yw

Yw

Y

Xw

Xw

X

XY

Y

X

www

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ww

2

2

2

2

2

2N

N

N

X Y

x1

xi-1

Eq. 33. 5 xi

Lo stato di deformazione in un generico punto della piastra, potrà essere pertanto espresso mediante la deformazione del piano medio della piastra cui si somma un contributo flesso-torsionale, dipendente dalle curvature e dalla distanza del punto dal piano medio, z. Introducendo le definizioni in Eq. 33. 5 nelle Eq. 33. 4 si ha:

Y

D xi

X Z

XYXY

YYY

XXX

z

z

z

XY

YY

XX

NJJ

NHH

NHH

0

0

0

Eq. 33. 6 Definendo i vettori di deformazione del piano medio e il vettore dei parametri di curvatura, la Eq. 33. 6 è esprimibile in forma compatta: ^ ` ^ ` ^ `NHH z� 0 Eq. 33. 7 33.3 La teoria classica della laminazione 33.3.1 Sequenze di laminazione e sistemi di riferimento L’Eq. 33. 7 sintetizza le assunzioni di Kirchoff e costituisce la base della teoria delle piastre. Essa, infatti, identifica 6 parametri generalizzati di spostamento (o di deformazione), rappresentati dalle tre componenti di deformazione del piano medio e dalle tre curvature che permettono di descrivere completamente la configurazione deformata di una piastra. Un laminato in composito, di spessore non elevato, può essere efficacemente studiato come una piastra, il cui stato di deformazione è descritto dall’Eq. 33. 7 in un sistema di riferimento denominato assi laminato. Il laminato è composto da N lamine, ciascuna delle quali possiede un riferimento coincidente con gli assi di simmetria del materiale, che definiscono gli assi lamina. Gli assi lamina sono ruotati, rispetto agli assi laminato, nel piano XY, come mostrato in Figura 33. 5.

Figura 33. 5 – Assi lamina e assi laminato

Figura 33. 6 – Posizione delle lamine rispetto al piano medio del laminato

La Figura 33. 6 riporta la convenzione normalmente utilizzata per individuare la posizione delle lamine nello spessore del laminato. L’asse Z ha origine nel piano medio ed è diretto verso il basso. La quota Zi si riferisce al bordo della lamina più vicino al piano medio. Detto TH lo spessore del laminato e thi quello dell’i-esima lamina, valgono le seguenti relazioni:

¦

Nii

iii

thTH

ZZth

,1

1

Eq. 33. 8 E’ possibile definire una quota zi indicativa della posizione del piano medio della lamina:

21��

iii

ZZz

Eq. 33. 9

Z

z0

z1

1 2

TH/2

i-1 i

N

zi-i zi

zN-1 zN

4

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

Detto D l’angolo misurato dall’asse X del laminato al corrispondente asse x lamina, la sequenza di laminazione di N laminati è definita con la notazione seguente: [D1] [D2]… [Di-1] [Di]…. [DN] Le sequenza di laminazione si possono esprimere in forme più sintetiche, facendo uso di alcune convenzioni. Ad esempio, se la sequenza prevede n lamine adiacenti con identico angolo Dh rispetto agli assi laminato si potrà scrivere: [D1] … [Dh]n ... [DN] La notazione può estendersi a un gruppo di lamine, [Dh] [Dk] [Dl] ripetuto n volte: [D1] … ([Dh] [Dk] [Dl])n ... [DN] Un’ulteriore semplificazione è data la possibilità di indicare una sequenza di laminazione simmetrica rispetto al piano medio. Infatti se:

ii zz ��� quotaalla,quotaalla DD ll laminato si dice simmetrico. La sequenza di laminazione di un laminato simmetrico può essere descritta indicando fra parentesi la metà sequenza da una parte del piano medio ed usando il pedice S dopo la parentesi: ([D1] … [Di-1] [Di]… [DN/2])S 33.3.2 Stati di sforzo e deformazione nelle lamine e nel laminato Applicando le assunzioni di Kirchoff, lo stato di deformazione nello spessore del laminato è completamente determinato nota la deformazione nel piano medio ed i parametri di curvatura. Pertanto, è noto lo stato di deformazione di ciascuna lamina, che occupa la porzione di spessore compresa fra Zi-1 e Zi. Tale stato di deformazione è noto nel sistema di riferimento in assi laminato e non negli assi lamina. Attraverso la matrice di rigidezza della lamina ruotata nel piano, tuttavia, definita in Eq. 32.21 del capitolo precedente, è possibile calcolare direttamente lo stato di sforzo nella singola lamina.

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i

XY

YY

XX

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iXY

YY

XX

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0

666261

262221

161211

dove

NH

JHH

WVV

Eq. 33. 10

Figura 33. 7 – Stati di deformazione e sforzo in un laminato

L’Eq. 33. 10 vale nella porzione di spessore occupato dall’i-esima lamina. Il laminato, infatti, non può essere considerato di materiale omogeneo e la sua rigidezza varia nello spessore. L’andamento dello stato di sforzo e deformazione del laminato, in assi laminato, è schematizzato in Figura 33. 7. Lo stato di deformazione varia linearmente nello spessore, in presenza di curvature non nulle, come prescritto dall’Eq. 33. 7. Ogni strato ha una diversa rigidezza, come indicato in Figura 33. 7 dall’andamento del modulo caratteristico. Lo stato di sforzo nella lamina si ottiene applicando l’Eq. 33. 10 e dipende, pertanto, dall’andamento della deformazione nel laminato e dalle rigidezze locali della lamina. Le distribuzioni di sforzo agenti nello spessore del laminato danno luogo ad azioni risultanti nello spessore che caratterizzano lo stato di sollecitazione del laminato nel suo insieme. Se le componenti di sforzo nel piano delle lamine, espresse in assi laminato, sono integrate nello spessore sono integrate nello spessore, si ottengono i seguenti flussi di forze, con dimensioni pari a quelle di una forza per unità di larghezza:

³

³

³

2

2

2

2

2

2

TH

THXYXY

TH

THYYY

TH

THXXX

dzN

dzN

dzN

W

V

V

Eq. 33. 11 Per la simmetria del tensore degli sforzi, l’integrale di WXY, che individua il flusso di forza di taglio agente nella sezione del laminato normale all’asse X, è pari all’integrale dello sforzo WYX, che individua il flusso della forza di taglio agente nella sezione del laminato normale all’asse Y.

NX

NY NXY Y Z

NXY

X

Figura 33. 8 – Flussi di forza agenti sul laminato

5

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

Analogamente, si definiscono dei flussi di momento, calcolando i momenti delle componenti di sforzo rispetto al piano medio della piastra. Le espressioni di tali azioni, che hanno dimensioni pari a momenti per unità di larghezza della piastra, sono riportate in Eq. 33. 12. La Figura 33. 9 schematizza le sollecitazioni di momento agenti sulle facce del laminato. L’integrale dei momenti degli sforzi di taglio WXY rappresenta una sollecitazione torsionale per il laminato. A causa della simmetria del tensore degli sforzi tale integrale, che dà luogo al momento MXY è identico se eseguito su facce perpendicolari all’asse X o Y.

³

³

³

2

2

2

2

2

2

TH

THXYXY

TH

THYYY

TH

THXXX

zdzM

zdzM

zdzM

W

V

V

Eq. 33. 12

Figura 33. 9 – Flussi di momento agenti sul laminato

Le azioni generalizzate definite nelle Eq. 33. 11 e Eq. 33. 12, possono essere rappresentate con notazione vettoriale, definendo i vettori ^N` e ^M`. Tali vettori descrivono lo stato di sollecitazione a livello dell’intero laminato e possono essere considerate, per lo stato di sforzo, analoghe ai vettori ^H0` e ^N` ,che descrivono lo stato di deformazione. 33.3.3 Legame fra componenti generalizzate di sforzo e deformazione per una piastra isotropa Le componenti generalizzate dello stato di sollecitazione, rappresentate dai flussi di forza e momento ^N` e ^M`, e dello stato di deformazione, rappresentate dalle deformazioni nel piano medio e dalle curvature ^H0` e ^N`, possono essere messe in relazione applicando il legame elastico. Il caso di una piastra in materiale isotropo permette di illustrare come sia possibile ottenere tale relazione, che permette di definire un vero e proprio legame costitutivo per la piastra, in campo elastico.

Infatti, per la piastra il legame elastico per stati di sforzo piano è caratterizzato dalle seguenti matrici di flessibilità e rigidezza:

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¼

º

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ª

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��

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¼

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««««««

¬

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Gv

Ev

vEv

vEv

E

Q

G

EEv

Ev

ES isoiso

00

011

011

;

100

01

01

22

22

Eq. 33. 13 La matrice di rigidezza [Qiso] introdotta in Eq. 33. 13, caratterizza il legame elastico fra sforzi e deformazioni e queste ultime posso essere espresse in funzione delle componenti generalizzate di deformazione, in base alla teoria delle piastre. Si ottiene pertanto l’Eq. 33. 14, che, per una piastra in materiale isotropo, consente di esprimere lo stato di sforzo nella piastra, in modo analogo all’Eq. 33. 10.

^ ` ^ `� �NH

JHH

WVV

z

Gv

Ev

vEv

vEv

E

Gv

Ev

vEv

vEv

E

XY

YY

XX

XY

YY

XX

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¼

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022

22

22

22

00

011

011

00

011

011

Eq. 33. 14 Integrando nello spessore entrambi i membri dell’Eq. 33. 14 si ottiene:

> @

> @ ^ ` ^ `� �

^ ` > @ ^ ` > @ ^ `

^ ` > @̂ `0

2/

2/

20

2/2/

2/

2/0

2/

2/

2/

2/

21

H

NH

NH

JHH

WVV

iso

TH

THiso

THTHiso

TH

THiso

TH

TH XY

YY

XX

iso

TH

TH XY

YY

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QTHN

zQzQN

dzzQ

dzQdz

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­

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½

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°®

­

��

��

³

³³

Eq. 33. 15 L’Eq. 33. 15 mostra come, in una piastra isotropa, le deformazioni del piano medio ^H0` sono direttamente legate ai flussi di forza ^N` attraverso una matrice di rigidezza membranale della piastra, pari a [Qiso]TH. In modo analogo è possibile derivare un’equazione che lega i flussi di momento ai parametri di curvatura. A tale scopo, è sufficiente moltiplicare entrambi i membri dell’Eq. 33. 14 per z ed integrare nello spessore. Si ha:

MX X

MY Y

MXY MXY

Z

6

umberto
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umberto
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umberto
umberto
umberto
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umberto

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

> @ ^ ` ^ `� �

^ ` > @ ^ ` > @ ^ `

^ ` > @̂ `N

NH

NHWVV

iso

TH

THiso

TH

THiso

TH

THiso

TH

TH XY

YY

XX

QTHM

zQzQM

dzzzQzdz

12

31

21

3

2/

2/

30

2/

2/

2

2/

2/

20

2/

2/

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½

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Eq. 33. 16 L’Eq. 33. 16 mostra come le curvature ^N` siano direttamente legate ai flussi di momento ^M` attraverso una matrice di rigidezza flessionale della piastra, che si ottiene moltiplicando la matrice di rigidezza del materiale per il fattore TH3/12. 33.3.4 Matrici di rigidezza e flessibilità di un laminato ortotropo Le operazioni di integrazione che hanno permesso di derivare le Eq. 33. 15e Eq. 33. 16 per la piastra isotropa possono essere applicate al caso del laminato, nel quale lo stato di sforzo è descritto dall’Eq. 33. 10. Una fondamentale differenza con la piastra isotropa è tuttavia rappresentata dalla non omogeneità del laminato nello spessore. Gli integrali, pertanto, dovranno essere spezzati in N integrali, ciascuno dei quali si riferirà alla porzione di spessore occupato da una singola lamina. Integrando nello spessore le componenti di sforzo si ottiene la seguente equazione:

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Eq. 33. 17 Per il laminato costituito da una stratificazione di lamine ortotrope, non è possibile affermare, in generale, che i flussi di forza non dipendono dalle curvature. Il legame costitutivo, per i flussi ^N`, indica

che essi sono somma di due contributi. Il primo contributo, caratterizzato dalla sottomatrice di rigidezza membranale [A], si riferisce ai flussi di forza legati alla deformazione del piano medio. Esiste, tuttavia, anche un secondo contributo, che si annulla solo sotto determinate condizioni. Tale contributo rappresenta i flussi di forza dovuti alla curvatura del laminato ed è caratterizzato da una sottomatrice di accoppiamento membranale-flessionale [B]. Moltiplicando entrambi i membri dell’Eq. 33. 10 per z e integrando si ottiene:

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Eq. 33. 18 Il legame costitutivo fra i flussi di momento ^M` e i parametri generalizzati di deformazione del laminato conferma la possibilità di un accoppiamento membranale-flessionale, attraverso la stessa sottomatrice [B], individuata in precedenza. I flussi di momento sono inoltre legati alle curvature attraverso la sottomatrice di rigidezza flessionale [D]. Analizzando l’Eq. 33. 17 e l’Eq. 33. 18, ed esplicitando le operazioni di integrazione, i termini delle sottomatrici [A], [B] e [D] risultano dalle seguenti espressioni:

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Eq. 33. 19 L’Eq. 33. 17 e l’Eq. 33. 18 riassumo i legami costitutivi, validi sotto di l’ipotesi di comportamento elastico e lineare delle lamine ortotrope che costituiscono i laminati, fra i parametri che descrivono lo stato di deformazione del laminato e le azioni

7

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

generalizzate agenti sul laminato stesso. E’ possibile utilizzare una notazione ancora più compatta e definire, così, una matrice di rigidezza del laminato.

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Eq. 33. 20 La matrice di rigidezza del laminato è quindi costituita dalla tre sottomatrici di rigidezza membranale, flessionale e di accoppiamento membranale-flessionale. Invertendo il legame, è possibile definire una matrice di flessibilità del laminato, con la stessa struttura: ^ `^ ` > @ ^ `

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Eq. 33. 21 33.3.5 Accoppiamenti fra sollecitazioni e parametri di deformazione e casi speciali di laminati La Figura 33. 10 confronta la matrice di rigidezza di una piastra isotropa, dedotta dalle espressioni in Eq. 33. 15e in Eq. 33. 16, e la matrice di rigidezza di un laminato in composito. Dal confronto appare evidente, nei laminati in composito, la presenza di accoppiamenti fra sollecitazioni e parametri di deformazione che non esistono nel caso della piastra isotropa. Il termine di accoppiamento più evidente è dato dalla sottomatrice [B]. L’accoppiamento membranale-flessionale implica che, applicando una distribuzione di sforzi con risultante pari a ^N` e momento nullo rispetto al piano medio, si ottiene comunque una curvatura del laminato. E’ quindi intuibile che la causa di tale accoppiamento è in relazione all’asimmetria del laminato rispetto al piano medio. L’espressione dei termini di [B], data in Eq. 33. 19, indica che i termini di accoppiamento dipendono dal quadrato delle distanze dal piano medio.

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Figura 33. 10 – Accoppiamenti fra sollecitazioni e parametri di spostamento nei laminati

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MN

Piastra Isotropa

Se un laminato è simmetrico, per ogni lamina, con angolo di rotazione D, il cui piano medio si trovi alla quota zi, esiste una lamina simmetrica, con identiche proprietà elastiche, spessore e angolo di rotazione D, posta alla quota –zi. La situazione è schematizzata in Figura 33. 11, che mostra anche i contributi delle due lamine al generico termine Bhk della matrice di accoppiamento membranale-flessionale.

Figura 33. 11 – Contributi di due lamine in posizione simmetrica alla matrice di accoppiamento membranale-flessionale

Come mostrato in Figura 33. 11, i contributi a [B] di due lamine simmetriche si elidono e, pertanto, un

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Accoppiamento membranale-flessionale

Accoppiamenti estensione-taglio

Accoppiamenti flesso -torsionali

Laminato Composito

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

laminato simmetrico non presenta accoppiamento membranale-flessionale. i, th, D

Si osservi che lamine orientate con D = 0° o D = 90° possono essere inserite al centro della sequenza di laminazione, in corrispondenza del piano medio del laminato, senza alterare la simmetria. Ad esempio i laminati [45][0][45] e [30][-30][90][-30][30] sono simmetrici. Un secondo tipo di accoppiamento, che in generale esiste nei laminati in composito mentre è assente nelle piastre isotrope, è determinato dalle componenti A16 = A61 e A26 = A62 nella sottomatrice simmetrica di rigidezza membranale [A]. Se queste componenti non sono nulle, non risultano nulle le componenti analoghe nella matrice di flessibilità del laminato e l’applicazione di flussi di forza NX o NY origina, oltre ad allungamenti e contrazioni/dilatazioni trasversali, anche uno scorrimento a taglio J0XY. Viceversa, l’applicazione di un flusso di taglio NXY provoca allungamenti H0XX e H0YY. I termini A16 = A61 e A26 = A62 sono direttamente legati ai termini corrispondenti nelle matrici di rigidezza delle lamine ortotrope, ruotate in assi lamina (cfr. Eq. 33. 19). Come discusso nel Cap. 32, un materiale anisotropo presenta in generale un accoppiamento fra gli sforzi normali e gli scorrimenti a taglio. Tale accoppiamento scompare se gli assi del sistema di riferimento sono anche assi di simmetria del materiale, come nel caso degli assi lamina in un materiale ortotropo. In assi generici, ruotati di D rispetto agli assi lamina, anche un materiale ortotropo mostra tale accoppiamento, ma ragioni di simmetria permettono di formalizzare le seguenti relazioni, che mostrano come lamine ruotate di D e di -D sono caratterizzate da termini di accoppiamento uguali e opposti.

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DD

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Eq. 33. 22 Inoltre, l’espressione dei coefficienti Ahk, fornita in Eq. 33. 19, indica che i termini della sottomatrice di rigidezza membranale si ottengono sommando i contributi corrispondenti nella matrice di rigidezza delle lamine ortotrope moltiplicati per lo spessore della lamina :

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N

iiiihkhk thQZZQA

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Eq. 33. 23 Conseguentemente, come mostrato Figura 33. 12, due lamine con identiche proprietà elastiche, uguale spessore th e angoli di rotazione D e -D forniscono due contributi uguali e opposti ai termini componenti A16 = A61, A26 = A62 e A66. Tale considerazione è indipendente dalla quota alla quale si trovano le lamine.

Figura 33. 12 – Contributi di due lamine con orientamento asimmetrico ai termini di accoppiamento fra estensione e taglio membranali

Pertanto, se un laminato presenta, per ogni lamina con angolo di rotazione D, una lamina identica con angolo di rotazione -D, la risposta del laminato non presenta accoppiamento fra estensione e taglio membranale. Il laminato si dice, in questo caso, equilibrato. Infine, la matrice di rigidezza di un laminato in composito può presentare un altro tipo di accoppiamento, in presenza di termini non nulli D16 = D61 e D26 = D62. La comparsa di tali termini implica termini analoghi nell’espressione della matrice di flessibilità e, di conseguenza, l’applicazione di una sollecitazione flessionale al laminato, con flussi di momento flettente MX o MY comporta la comparsa di una curvatura NXY: il laminato, pertanto, presenta una torsione (come quella rappresentata in Figura 33. 4) quando è sollecitato a flessione e viceversa. I termini della sottomatrice di rigidezza flessionale del laminato hanno l’espressione, già riportata in Eq. 33. 19:

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31

Anche i termini D16 = D61 e D26 = D62 sono quindi riconducibili, come i corrispondenti termini della matrice [A] agli accoppiamenti fra estensione e taglio in una lamina ortotropa studiata in un sistema di riferimento generico. Le considerazioni già introdotte relative a tali termini, formalizzate nelle Eq. 33. 22, permettono di affermare che, se per ogni lamina alla quota zi, orientata con un angolo Di, esiste una lamina, di identiche proprietà elastiche e spessore, alla quota -zi, orientata con un angolo -Di, l’accoppiamento flesso-torsionale è eliminato dalla risposta del laminato. La situazione è descritta per due lamine Figura 33. 13 ed Il laminato, in tal caso, si dice bilanciato (o antisimmetrico).

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zj j, th, -D

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

Figura 33. 13 – Contributi di due lamine a quote opposte e con angoli di orientamento opposti ai termini di accoppiamento flesso-torsionale

Tabella 33. 1 – Casi speciali di laminati

Condizione Denominazione Matrice di rigidezza

� D a zi � D a - zi Laminato

simmetrico [B] = 0

� D a zi � -D Laminato equilibrato

A16 = A61 = 0 A26 = A62 = 0

� D a zi � -D a - zi Laminato bilanciato (o antisimmetrico)

D16 = D61 = 0 D26 = D62 = 0

La Tabella 33. 1 riassume i casi speciali di laminati trattati in precedenza e le loro peculiarità agli effetti degli accoppiamenti nella risposta del laminato. Si può osservare che le condizioni per ottenere un laminato simmetrico e un laminato bilanciato non possono essere in generale soddisfatte contemporaneamente. Nella realizzazione di elementi strutturali che non debbano soddisfare requisiti particolari di accoppiamento, si preferisce sempre soddisfare la condizione di simmetria rispetto a quella di bilanciamento. Uno dei motivi di questa preferenza è che un laminato non simmetrico presenta anche un accoppiamento fra la contrazione dovuta al raffreddamento al termine della fase di produzione e la flessione. Ciò significa che è molto difficile produrre laminati non simmetrici con la curvatura voluta, a meno di compensare l’effetto termico con la forma dello stampo. E’ sempre possibile forzare il laminato ad assumere la curvatura in fase di assemblaggio ma, in tal caso, s’introducono pre-sforzi nell’elemento strutturale. L’accoppiamento flesso-torsionale non ha effetti così rilevanti sulla risposta del laminato e può essere tenuto sotto controllo. Ad esempio un laminato con sequenza [0][30][-30][45][-45][-45][45][-30][30][0] (cioè ([0][30][-30][45][-45])S) è simmetrico e non bilanciato, ma la contiguità delle lamine a rD riduce gli effetti di accoppiamento flesso-torsionale. Si osservi, inoltre, che, per lamine poste ad D = 0° o D = 90°, l’orientamento a rD è indifferente. Laminati con sequenze di laminazione (([0][90])N)S sono pertanto simmetrici e bilanciati. Un ulteriore possibilità di ottenere un laminato simmetrico e bilanciato è offerta dall’utilizzo di tessuti in cui Exx = Eyy. Tale proprietà

implica, evidentemente, che la matrice di rigidezza per D = 0° e D = 90° è identica, ma è anche possibile dimostrare che le matrice di rigidezza per rotazioni di D = 45° e D = -45° sono identiche. Pertanto, con tali tessuti, tutte le sequenze di laminazione con orientamenti [0], [90], [45] e [-45], se sono simmetriche, risultano anche bilanciate. Un caso speciale di laminati multi-direzionali è dato dai laminati quasi-isotropi, che sono già stati introdotti nel Cap. 32. Attraverso la teoria classica della laminazione, è possibile dimostrare che laminati del tipo [-60][0][60] e [-45][0][45][90] presentano una sottomatrice di rigidezza membranale [A] che è invariante alla rotazione del sistema di riferimento XY. Tali casi rappresentano le più semplici sequenze di laminazione con cui è possibile ottenere questa proprietà. Si osservi che la quasi-isotropia non comporta l’invarianza alla rotazione del sistema di riferimento, della altre sottomatrici (in particolare della sottomatrice [D] di rigidezza flessionale).

Figura 33. 14 – Casi più semplici di laminati quasi-isotropi

33.3.6 Applicazione diretta e inversa della teoria della laminazione La teoria classica della laminazione (spesso indicata con l’acronimo anglosassone CLT, da Classical Lamination Theory) rappresenta uno strumento di inportanza fondamentale per la progettazione e l’analisi di laminati in materiale composito. L’applicazione della teoria permette, infatti, di prevedere le caratteristiche di rigidezza di un laminato in funzione delle proprietà elastiche delle lamine e della sequenza di laminazione. La progettazione di un laminato, con determinate caratteristiche di rigidezza e accoppiamenti, può essere definita una applicazione diretta della CLT. In fase di analisi, invece, la CLT permette il calcolo dello stato di sforzo e deformazione in ciascuna lamina, una volta che siano note le sollecitazioni ^N` e ^M` agenti sul laminato. Infatti, attraverso la matrice di flessibilità, è possibile calcolare, note le sollecitazioni, i parametri di deformazione del laminato ^H0` e ^N`, attraverso l’Eq. 33. 21. L’applicazione della relazione derivante dalle ipotesi di Kirchoff, Eq. 33. 7, consente quindi di calcolare lo stato di deformazione in ciascuna lamina.

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Za Zb

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[-45][0][45][90] [60][0][-60]

10

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

Lo stato di deformazione può essere ruotato in assi lamina, applicando le formule di trasformazione presentate nel Cap. 32. Infine, il legame elastico in assi lamina può essere applicato per calcolare lo stato di sforzo in assi lamina. L’utilizzo della CLT in fase di analisi può essere chiamato applicazione inversa. I passaggi per il calcolo dello stato di sforzo sono riportati in Eq. 33. 24 e schematizzati nel diagramma di flusso presentato in Figura 33. 16.

Figura 33. 15 – Diagramma di flusso per l’applicazione diretta della CLT

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Eq. 33. 24

Figura 33. 16 - Diagramma di flusso per l’applicazione inversa della CLT

33.4 Criteri di resistenza per materiali compositi 33.4.1 Aspetti introduttivi e classificazione dei criteri di rottura La possibilità di calcolare lo stato di sforzo agente nelle lamine di un laminato permette, in generale, l’applicazione di criteri di resistenza, elaborati per tentare di prevedere la rottura del composito, o comunque, l’abbandono del comportamento elastico e lineare. Negli ultimi quarant’anni sono stati fatti numerosi sforzi finalizzati allo sviluppo di criteri di rottura per lamine in composito unidirezionale e per i loro laminati. Mentre il cedimento della singola lamina di composito, non lascia adito ad alcun dubbio, essendo inequivocabilmente identificabile, quello di un laminato, costituito dalla sovrapposizione di più lamine con diversa orientazione, apre il campo ad alcune considerazioni riguardanti proprio la sua identificazione. E’ possibile infatti intendere il cedimento del laminato secondo due differenti filosofie, la prima nota come First Ply Failure (FPF), per la quale il laminato si considera rotto al manifestarsi del cedimento della prima lamina; la seconda nota come Last Ply Failure (LPF), per la quale, a differenza della precedente, il laminato si considera rotto in corrispondenza del cedimento dell’ultima lamina. Qualora si adottasse una filosofia LPF sarebbe necessario introdurre nelle analisi una legge di danno progressivo in grado di ridurre opportunamente le caratteristiche meccaniche del laminato in relazione alla modalità con cui si manifesta la progressiva rottura delle singole lamine che lo costituiscono. Tra le modalità di cedimento di una lamina di composito unidirezionale si ricordano:

x Il cedimento assiale dominato dalla fase fibra x Il cedimento trasversale dominato della fase

matrice x Il cedimento a taglio dominato della fase

matrice Il problema di base è rappresentato dalla previsione della resistenza di una lamina di composito soggetta ad un generico stato di sforzo. In tal senso, due sono gli approcci possibili, uno a livello micromeccanico, basato sull’indagine dei fenomeni fisici che portano alla formazione delle microcricche, alla loro successiva coalescenza fino alla rottura della lamina; l’altro a livello superiore con approccio macromeccanico, che disinteressandosi di questi fenomeni fisici, conducono a criteri tridimensionali basati solo sulle caratteristiche medie quali sforzi e deformazioni all’interno della singola lamina. Tali criteri sono in genere presentati sotto forma di espressioni polinomiali, di vario ordine, caratterizzate da un certo numero di coefficienti da definirsi sulla base di opportune prove sperimentali di caratterizzazione (prove di trazione/compressione monoassiale, prove di taglio puro, prove di trazione/compressione biassiale, ecc...). Questi criteri

Matrice di rigidezza del laminato calcolate con l’applicazione diretta della CLT Sollecitazioni ^N` e ^M`

Calcolo parametri di deformazione ^H0` e ^N`

Stato di deformazione in ciascuna lamina, in assi laminato^HXX HYY JXY `

Rotazione in assi lamina ^Hxx Hyy Jxy `

Numero di lamine N Caratteristiche elastiche Exx, Eyy, Gxy, vyx Spessori e angoli di orientamento thi , Di

Elaborazione delle matrici di rigidezza delle lamine e calcolo della loro posizione rispetto al piano medio [Q]i , Zi

Rotazione delle matrici di rigidezza [Q]i

Assemblaggio delle sottomatrici [A], [B] e [D]

Applicazione della legge costitutiva ortotropa in assi lamina e calcolo dello stato di sforzo^Vxx Vyy Wxy `

11

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

portano alla definizione dei cosiddetti inviluppi di rottura semplificati sul piano delle componenti di sforzo in assi materiali della singola lamina. Il concetto di inviluppo di rottura differisce leggermente dal concetto di inviluppo di snervamento della teoria della plasticità; l’analogia tra i due si ritrova però nel fatto che entrambi possono rappresentare il limite del comportamento lineare del materiale soggetto ad uno stato di sforzo multi assiale. Un possibile inviluppo di rottura potrebbe assumere l’andamento riportato in per un generico materiale composito con caratteristiche di resistenza diverse a trazione e compressione in direzione delle fibre. La possibilità di tracciare una curva limite di resistenza della lamina in tutto il piano degli sforzi principali, è conseguente all’applicazione di un’unica espressione analitica che non ha alcun fondamento di carattere fisico, il cui impiego è motivato solo dall’esigenza di voler disporre di un comodo strumento in fase di progetto. In questo ambito, si pensi ad esempio, alla differenza tra le modalità di rottura che si possono manifestare all’interno della singola lamina di composito, già esposte in precedenza, oppure alla disparità tra le caratteristiche di resistenza del materiale nelle direzioni principali della lamina: , , , che corrispondono nell’ordine al limite di resistenza della fase fibra a trazione ( ), a compressione ( ) ed al cedimento della fase matrice per trazione ( ) e compressione ( ).

TX CX TY

X

TY

CY

CTX

CYRisulta quindi evidente come non vi sia alcuna ragione fisica per unire i vari punti rappresentativi della rottura sul piano delle componenti di sforzo in assi materiali, con una singola linea continua, d’altro canto la facilità di impiego quotidiano in fase di progetto ha sempre supportato la definizione di questi inviluppi di rottura continui, che più propriamente devono intendersi come il frutto del processo di approssimazione della totalità dei fenomeni che portano alla rottura della generica lamina costituente il manufatto in composito.

Figura 33. 17 – Esempio di inviluppo di rottura per una lamina in composito

Tutti i criteri sviluppati nel corso di questi ultimi anni si basano sull’ipotesi di omogeneità del materiale ortotropo e possono classificarsi all’interno di tre gruppi:

x Criteri Limite. In questa classe vi sono quei criteri che predicono la modalità di rottura attraverso la comparazione degli sforzi all’interno della singola lamina xyyyxx WVV ,,

(oppure deformazioni xyyyxx JHH ,, ) con i

corrispondenti limiti di resistenza (valori ammissibili) separatamente, noti da prove sperimentali o da deduzioni teoriche. Tali criteri non considerano l’interazione degli sforzi ed hanno espressioni del prim’ordine, per questa ragione sono noti anche come criteri lineari.

x Criteri Interattivi. Qui compaiono quei criteri che predicono la rottura attraverso l’impiego di un’unica espressione polinomiale di grado pari o superiore al secondo. In questo caso si considera l’interazione di tutti gli sforzi che caratterizzano lo stato di sollecitazione della lamina. Il cedimento avviene al soddisfacimento dell’equazione, mentre la modalità di cedimento può essere determinata indirettamente attraverso l’analisi dei rapporti tra sforzi e limiti di resistenza.

x Criteri in grado di distinguere la modalità di cedimento. In questa categoria trovano spazio quei criteri strutturati in modo da discernere il cedimento della fase fibra da quello della fase matrice. I criteri possono prevedere per una particolare modalità di cedimento l’interazione degli sforzi oppure l’assenza di interazione.

33.4.2 Criteri limite (criteri del primo ordine) Massimo sforzo Il criterio del massimo sforzo decreta la resistenza di una lamina di composito soggetta ad uno stato piano di sforzo ( ) se sono contemporaneamente rispettate le seguenti relazioni:

xyyyxx WVV ,,

12S

YYXX

xy

TyyC

TxxC

����

W

VV

Eq. 33. 25 nelle quali si sono indicati con gli sforzi ammissibili di riferimento, determinati per via sperimentale, essi sono:

CTCT YYXX ,,, e 12T

CT XX , : sforzi ultimi a trazione e a compressione nel piano della lamina nella direzione delle fibre;

CT YY , : sforzi ultimi a trazione e a compressione nel piano della lamina in direzione normale a quella delle fibre;

12S : sforzo ultimo di taglio nel piano della lamina che risulta indipendente dal segno.

Si noti come l’ipotesi di assenza di interazione tra modalità di cedimento, caratteristica tipica di questa classe di criteri, implichi la verifica contemporanea di tre sottocriteri distinti, uno per ogni singola componente di sforzo presente nella lamina, cui sono associati altrettanti distinti meccanismi di rottura.

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

Figura 33. 18 - Confronto tra le curve limiti di resistenza per il criterio del massimo sforzo e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di vetro e resina epossidica.

Il principale vantaggio offerto da questa formulazione è sicuramente la facilità di impiego, per contro rilievi sperimentali condotti su provini costituiti da lamine di composito unidirezionale, in fibra di vetro e matrice epossidica, con orientazione uniforme nello spessore ([ -�

!X

]) sottoposti ad azione assiale di trazione ( 0V ) e compressione ( 0�XV ), hanno dimostrato l’incapacità del criterio di descrivere correttamente l’andamento delle caratteristiche di resistenza del laminato al variare dell’orientazione delle lamine, come visibile dallo scostamento tra i punti sperimentali e le curve analitiche riportate in Figura 33. 18. Massima deformazione Il criterio della massima deformazione è del tutto analogo a quello precedente se si sostituiscono le componenti di sforzo con quelle di deformazione. In particolare, questo decreta la resistenza di una lamina di composito soggetta ad uno stato piano di sforzo ( ) se sono contemporaneamente rispettate le seguenti relazioni:

xyyyxx WVV ,,

12J

HH

HH

J

HH

S

YYXX

xy

TyyC

TxxC

��

��

Eq. 33. 26 dove si sono indicati con le deformazioni associate agli sforzi ammissibili di riferimento, che si ricordano essere:

CTCT YYXX HHHH ,,, e 12HT

CT XX HH , : deformazioni ultime a trazione e a compressione nel piano della lamina nella direzione delle fibre;

CT XX HH , : deformazioni ultime a trazione e a compressione nel piano della lamina in direzione normale a quella delle fibre;

12JS : deformazione ultima a taglio nel piano della lamina che risulta indipendente dal segno dello sforzo di taglio.

Nell’ipotesi di riferirsi al comportamento elastico lineare del composito, queste possono esprimersi in termini di sforzi ammissibili di riferimento attraverso le seguenti relazioni:

x

TT E

XX H ; x

CC E

XX H ; y

TT E

YY H ;

y

CC E

YY H ; 12

12 GS xyWJ

Eq. 33. 27 Come per il criterio del massimo sforzo anche in questo caso il non considerare l’interazione fra le modalità di cedimento conduce alla contemporanea verifica di tre sottocriteri distinti. Si sottolinea, infine, che questo criterio manifesta una discrepanza con l’andamento delle caratteristiche di resistenza rilevate sperimentalmente, analoga e per alcune orientazioni anche più accentuata rispetto a quella manifestata dal criterio di massimo sforzo per la stessa tipologia di provini (Figura 33. 19). Da qui, l’esigenza di arrivare alla formulazione di un’altra classe di criteri in grado di far fronte a questi limiti.

Figura 33. 19 - Confronto tra le curve limite di resistenza per il criterio della massima deformazione e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di vetro e resina epossidica.

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33.4.4 Criteri interattivi (criteri del secondo ordine) Criterio di Tsai-Hill L’idea alla base del criterio Tsai-Hill è che un possibile criterio di resistenza per compositi unidirezionali possa esprimersi in una forma matematica analoga a quella dei criteri di snervamento per materiali isotropi con legge costitutiva elasto-plastica, opportunamente modificati per tenere conto delle caratteristiche ortotrope del composito. Un criterio adatto allo scopo è il criterio di Hill, che rappresenta un criterio di snervamento per materiali ortotropi idealmente plastici, discendente dal criterio di Von Mises, secondo la formulazione generale: � � � � � �

1222 222

222

���

������

zxyzxy

xxzzzzyyyyxx

FED

CBA

WWW

VVVVVV

Eq. 33. 28 In questa forma, valida per stato di sforzo tridimensionale, è conosciuto come criterio di Hill. Come si può osservare, esso è rappresentato da un’unica espressione che tiene conto dell’interazione di tutti gli sforzi attraverso un’espressione polinomiale di secondo grado nella quale i coefficienti incogniti, noti più in generale come parametri di resistenza

ed EDCBA ,,,, F , sono relazionabili agli sforzi ammissibili di riferimento: e attraverso stati di sforzo semplici di azione assiale e taglio. Nel seguito si farà uso degli ammissibili

sottintendendo che essi assumano i valori appropriati a trazione e compressione in relazione al segno degli sforzi assiali di competenza, nell’ordine:

,,, ZYX 2312 , SS 31S

ZYX ,,

1V . Se agisse solo dall’Eq. 33. 28 si

avrebbe e, a rottura

xy

xy

W

1 2 212WD 12SW , permettendo

così di definire:

212

12S

D

Eq. 33. 29 Analoghe considerazioni per gli altri sforzi di taglio portano a definire:

223

12S

E

213

12S

F

Eq. 33. 30 Similarmente se agisse solo lo sforzo assiale in direzione delle fibre xxV dall’Eq. 33. 28 si

otterrebbe e, a rottura, � � 12 �xx CA VV � �2 xx Xxx V , da cui risulta:

21

XCA �

Eq. 33. 31 Se agisse solo yyV , si avrebbe � � � � 122 � yyyy BA VV

zz

e, a rottura , così come, se se agisse solo lo

sforzo assiale fuori dal piano

Yyy V

V , si otterrebbe

� � � �2zzV 1 2 �zz CB V e, a rottura, Zzz V . Da tali considerazioni si ottiene:

21

YBA �

21

ZCB �

Eq. 33. 32 Combinando le Eq. 33. 31 e Eq. 33. 32 si perviene alle seguenti relazioni tra i parametri di resistenza e gli sforzi ammissibili

CBA ,,ZYX ,, :

2221112

ZYXA ��

2221112

ZYXB ���

2221112

ZYXC ��

Eq. 33. 33 Nell’ipotesi di stato di sforzo piano caratterizzato da si ottiene: 0 zxyzzz WWV

1

111

2

12

222

22

¸¸¹

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§�

�¸¹

ᬩ

§ ���¸¸¹

·¨¨©

§�¸̧

¹

·¨̈©

§

S

ZYXYX

xy

yyxxyyxx

W

VVVV

Eq. 33. 34 Avanzando l’ipotesi di isotropia trasversa per la quale:

ZY l’Eq. 33. 34 assume la seguente forma:

12

12

22

¸̧¹

·¨̈©

§�

¸¸

¹

·

¨¨

©

§¸¹·

¨©§�¸̧

¹

·¨̈©

§�¸

¹·

¨©§

SXXYXxyyyxxyyxx WVVVV

Eq. 33. 35 Il criterio di Tsai-Hill, questo è il nome con cui è conosciuto in quest’ultima forma, è quindi un criterio bidimensionale del second’ordine, rappresentato da un’unica espressione che tiene conto dell’interazione delle varie componenti di sforzo. In relazione alla diversa resistenza assiale a trazione e compressione manifestata dai materiali compositi, i valori degli ammissibili X ed Y che compaiono nell’Eq. 33. 35 devono essere opportunamente scelti in funzione del segno assunto dagli sforzi assiali xxV e . Per

questa ragione, nel piano degli sforzi ( -yyV

yy xxV V ) il criterio di Tsai-Hill è rappresentato da quattro curve

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distinte che rispettano la continuità dei valori, in corrispondenza degli ammissibili, ma non della derivata prima

Figura 33. 20 - Confronto tra le curve limite di resistenza per il criterio di Tsai-Hill e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di vetro e resina epossidica.

Il criterio di Tsai-Hill rappresenta un significativo passo avanti rispetto ai criteri di massimo sforzo e massima deformazione, in quanto elimina quasi completamente la discrepanza con i dati sperimentali relativa all’andamento delle caratteristiche di resistenza del laminato al variare dell’orientazione delle lamine, questo almeno per i provini con lamine di unidirezionale in fibra di vetro e matrice epossidica, come mostrato in Figura 33. 20. Questa migliore correlazione con i dati sperimentali è dovuta anche alla capacità di questa nuova formulazione di valutare l’interazione delle diverse componenti di sforzo. Un altro significativo vantaggio offerto dal metodo è sicuramente dato dalla semplicità con cui possono essere definiti i coefficienti incogniti che vi compaiono, cioè attraverso semplici prove sperimentali di pura azione assiale di trazione/compressione o puro taglio. Per contro un grosso limite è rappresentato dall’incapacità del metodo di valutare gli effetti di uno stato di sforzo idrostatico, come evidenziato dall’espressione originaria, Eq. 33. 28, presentata da Hill, nella quale compaiono solo i quadrati delle differenze degli sforzi normali. Questo può essere vero per un materiale elasto-plastico per il quale l’energia associata alla variazione di volume non influisce sulla sua resistenza. In effetti il criterio di snervamento di Von-Mises si fonda proprio sulla distinzione di questa quantità dall’energia di distorsione, l’unica in grado di portare alla rottura del materiale, ma non è sicuramente vero per materiali ortotropi.

Criterio di Hoffman Hoffman modificò l’espressione di Hill, Eq. 33. 28, aggiungendo dei termini lineari in modo da arrivare sempre ad un’unica espressione quadratica in grado di tener conto dell’interazione delle varie componenti di sforzo, ma anche delle diverse caratteristiche di resistenza a trazione e compressione nelle tre direzioni: indipendentemente dal segno assunto dalle componenti degli sforzi normali. Il criterio proposto da Hoffman assume pertanto la seguente espressione:

CT XX , CT YY , CT ZZ ,

� � � � � �12

92

82

7654

23

22

21

������

������

zxyzxyzzyyxx

xxzzzzyyyyxx

HHHHHH

HHH

WWWVVV

VVVVVV

Eq. 33. 36 che differisce dalla Eq. 33. 28 per l’aggiunta dei termini linear e per il conseguente aumento del numero dei coefficienti incogniti che passano da sei a nove. Anche in questo caso tali termini: iH )91( dd i

2312 , S

sono correlabili ai nove sforzi ammissibili di riferimento: ed considerando stati di sforzo semplici di azione assiale e taglio.

, SC,,,,, ZZYYXX TCTCT 13S

Con considerazioni analoghe a quelle impiegate nel caso del criterio di Hill, si ha:

212

71

TH ; 2

238

1S

H ; 231

91

SH

Eq. 33. 37 per i termini relativi alla resistenza a taglio. Considerando quindi l’azione singola degli sforzi normali si ottiene:

� � 014312 ��� HHH xxxx VV

� � 01521

2 ��� HHH yyyy VV

� � 016322 ��� HHH zzzz VV

Eq. 33. 38 Attraverso le Eq. 33. 38 si ottengono le seguenti relazioni:

� �CT XX

HH 131 � �

� �CTYY

HH 121 � �

� �CT ZZ

HH 132 � �

Eq. 33. 39

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Risolvendo le Eq. 33. 39 per le incognite si perviene alle espressioni:

321 ,, HHH

CTCTCT ZZYYXXH 1112 1 ���

CTCTCT ZZYYXXH 1112 2 ���

CTCTCT ZZYYXXH 1112 3 ���

Eq. 33. 40 Sempre attraverso le Eq. 33. 38 e considerando le soluzioni ottenute in Eq. 33. 40, si trovano le espressioni per i restanti parametri , ed : 4H 5H 6H

CT

CT

XXXXH �

4

CT

CT

YYYYH �

5

CT

CT

XXXXH �

4

Eq. 33. 41 Nel caso particolare di stato piano di sforzo 0 zxyzzz WWV l’espressione Eq. 33. 41 assume la forma seguente: � � � �

1

22

754

12

212

31

���

�����

xyyyxx

yyxxyyxx

HHH

HHHHH

WVV

VVVV

Eq. 33. 42 Infine, nell’ulteriore ipotesi di isotropia trasversa nel piano ortogonale alla direzione delle fibre (2-3) si ha . L’Eq. 33. 42 si semplifica in:

1231,, SSYZYZ CCTT

11

111

2212

22

¸¸¹

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¹

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§ ��¸̧

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§ ��

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¹

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¹

·¨̈©

§�

xyyyCT

CTxx

CT

CT

yyxxCT

yyCT

xxCT

SYYYY

XXXX

XXYYXX

WVV

VVVV

Eq. 33. 43 Si è quindi pervenuti ad un criterio di rottura bidimensionale rappresentato da un’unica espressione del second’ordine, in grado di tener conto dell’interazione delle diverse componenti di sforzo, come il criterio di Tsai-Hill, ma a differenza di quest’ultimo, sul piano degli sforzi ( -yyV xxV ), il criterio di Hoffman è descritto da un’unica curva in tutti e quattro i quadranti, caratteristica che gli conferisce una maggior facilità di impiego. Inoltre, i rilievi sperimentali, evidenziano un’ottima capacità di previsione dei limiti di resistenza offerta dal criterio di Hoffman, per differenti tipologie di provini in composito unidirezionale, con rinforzo in fibre di vetro

(Figura 33. 21), boro (Figura 33. 22) e carbonio (Figura 33. 23) in matrice epossidica, migliore rispetto a quella permessa dal criterio di Tsai-Hill. Si osserva infine, che nel caso particolare in cui gli ammissibili a trazione e compressione fossero uguali ( XXX CT � � e ) il criterio di Hoffman si ridurrebbe al criterio di Tsai-Hill.

YYY CT � �

Figura 33. 21 - Confronto tra le curve limite di resistenza per il criterio di Hoffman e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di vetro e resina epossidica.

Figura 33. 22 - Confronto tra le curve limite di resistenza per il criterio di Hoffman e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di boro e resina epossidica.

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Figura 33. 23 - Confronto tra le curve limite di resistenza per il criterio di Hoffman e i rilievi sperimentali sulla rottura a trazione/compressione di provini in fibra di carbonio e resina epossidica.

Criterio di Tsai-Wu Tsai e Wu arrivarono alla formulazione di un nuovo criterio di rottura sulla base della più ampia generalizzazione che un possibile legame quadratico tra le sei componenti del tensore degli sforzi può assumere, con l’obiettivo di migliorare da un lato la capacità di previsione delle caratteristiche di resistenza ed eliminare dall’altro la particolare dipendenza dagli sforzi normali contenuta nell’espressione proposta da Hill. Tsai e Wu postularono l’esistenza di una superficie limite di resistenza nello spazio degli sforzi a sei dimensioni, nella seguente forma:

1 � iijiij FF VVV 6,...,1, ji

Eq. 33. 44 dove si deve tener conto che zxWV 4 ,

yzWV 5 , xyWV 6 . Facendo assumere agli indici dei termini contenuti nella Eq. 33. 44 tutti i possibili valori, nota la simmetria dei termini misti ( ), si arriva ad una espressione generale nella forma:

jiij FF

1

222

222

222

222

222

654321

564645

363534

262524

161514

231312

266

255

244

233

222

211

�����

����

�����

����

����

����

�����

xyyzxzzyyxx

xyzxxyzxyzzx

xyzzyzzzzxzz

xyyyyzyyzxyy

yzxxyzxxzxxx

zzyyzzxxyyxx

xyyzzxzzyyxx

FzFFFFF

FFF

FFF

FFF

FFF

FFF

FFFFFF

WWWVVV

WWWWWW

WVWVWV

WVWVWV

WVWVWV

VVVVVV

WWWVVV

Eq. 33. 45

che non tiene in alcun modo conto di un fondamentale aspetto fenomenologico del fenomeno della rottura per il quale è nota l’ininfluenza del segno delle componenti di taglio. Questa considerazione porta a definire come nulli tutti i coefficienti ed che moltiplicano sforzi di taglio al prim’ordine, e quindi:

iF ijF

654 FFF 0 161514 FFF 0

262524 FFF =0

363534 FFF =0

45F 46F =0 56FEq. 33. 46 In questo modo si arriva all’espressione valida per un generico stato di sforzo tridimensionale nella forma:

1

2222

662

552

44

312312

3212

332

222

11

���

����

�����

xyyzzx

xxzzzzyyyyxx

zzyyxxzzyyxx

FFF

FFF

FFFFFF

WWW

VVVVVV

VVVVVV

Eq. 33. 47 I coefficienti incogniti ( ed ) sono correlabili agli sforzi ammissibili considerando stati di sforzo semplici di azione assiale e taglio.

ijF iF

Applicando il medesimo procedimento utilizzato per il criterio di Hoffman si arriva a definire:

CT

CT

XXXXF �

1

CT

CT

YYYYF �

2

CT

CT

ZZZZF �

3

Eq. 33. 48 per i termini lineari, mentre si ha:

CT XXF 1

11 �

CTYYF 1

22 �

CT ZZF 1

33 �

231

441

SF

223

551

SF

212

661

SF

Eq. 33. 49 per i termini quadratici.

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Gli unici termini ancora incogniti all’interno dell’ Eq. 33. 47 risultano essere quelli misti: . Per la loro determinazione Tsai e Wu proposero l’esecuzione di prove sperimentali di tipo biassiale in grado di sottoporre nell’ordine il provino all’azione concomitante di

312312 ,, FFF

xxV e per la determinazione del

termine di interazione , di e yyV

12F yyV zzV per la

determinazione del termine di interazione ed infine di

23FzzV e xxV per la determinazione di . Tali prove

risultano comunque molto complicate e costose. 31F

Il criterio è semplificabile applicandolo ad una lamina di composito soggetta ad uno stato piano di sforzo, per la quale esso assume la seguente forma:

12 2661221

222

211 ����� xyyyxxyyxxyyxx FFFFFF WVVVVVV

Eq. 33. 50 Per la definizione dell’unico coefficiente incognito si potrebbe pensare di imporre uno stato di trazione biassiale caratterizzato da: e tutti gli altri sforzi nulli. In tale stato di sforzo, per l’Eq. 33. 50 si ottiene:

12F

VVV yyxx

� � � � 12 2

12221121 ���� VV FFFFFEq. 33. 51 Esplicitando in funzione di 12F V e sostituendo le espressioni di ed viste in precedenza, si arriva ad un’equazione quadratica in

112, FF1,F 22FV nella forma:

»»¼

º¸̧¹

·¨̈©

§��

««¬

ª�¸̧

¹

·¨̈©

§����

2

212

11

111112

1

V

VV

CTCT

CTCT

YYXX

YYXXF

Eq. 33. 52 Questa espressione permette di determinare nota l’entità dello sforzo normale

12FV della prova. Volendo

attribuire valori plausibili al termine misto senza ricorrere a queste prove di difficile realizzazione si presentano, di seguito, alcune considerazioni sul suo significato matematico all’interno dell’equazione Eq. 33. 50. Si consideri uno stato biassiale di sollecitazione caratterizzato da:

12F

0zxxV , e , l’Eq. 33. 50 può quindi essere scritta come:

0zyyV 0 xyW

012 1221

222

211 ����� yyxxyyxxyyxx FFFFF VVVVVV

Eq. 33. 53 che rappresenta la forma più generale dell’equazione delle coniche. Si vuole però che la curva descritta dalla Eq. 33. 53 sia una conica non degenere (si escludono in questo modo le rette), chiusa e di tipo reale. Da un punto di vista fisico, questa richiesta è finalizzata a

garantire al materiale, un valore finito di resistenza, in tutte le direzioni nel piano degli sforzi ( ). In altre parole, si è alla ricerca delle condizioni matematiche che permettano alla Eq. 33. 53 di rappresentare un’ellisse reale (si escludono in questo modo i casi particolari dell’ellisse immaginaria, della parabola e dell’iperbole). Affinché la conica sia non degenere il determinante della matrice dei coefficienti deve essere diverso da zero, cioè:

yyxx VV �

01

det

21

22212

11211

z�

FF

FFFFFF

A

Eq. 33. 54 Inoltre, affinché possa rappresentare un’ellisse si deve avere che:

0det2212

121133 !

FFFF

A

Eq. 33. 55 Dalla Eq. 33. 55 discende seguente criterio:

02122211 !� FFF

Eq. 33. 56 Che può essere soddisfatto solo se il coefficiente incognito rimane nel seguente campo di variabilità:

12F

2211122211 FFFFF ��� Eq. 33. 57 Tsai propose ad esempio:

221112 21 FFF �

Eq. 33. 58 mentre altri autori (Pipes e Cole) scoprirono che per migliorare la corrispondenza tra i dati sperimentali ottenuti con prove di trazione su provini di composito unidirezionale con fibre di boro immerse in una matrice epossidica, ed il criterio di Tsai-Wu si doveva porre =0. Inoltre essi scoprirono che questo coefficiente era affetto da una variabilità significativa funzione dell’orientazione delle fibre nei provini (15°, 30°, 45°, 60°). Narayanaswami e Adelman affrontarono la questione, da un punto di vista numerico e scoprirono che il considerare il coefficiente incognito pari a zero oppure pari a:

12F

CT XXF

21

12

Eq. 33. 59 permetteva comunque di limitare, in tutti i casi esaminati, l’errore massimo commesso al 10%. Il

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

valore fornito dalla Eq. 33. 59 è plausibile perché soddisfa il criterio in Eq. 33. 57. Essa inoltre permette di trasformare la formulazione di Tsai-Wu nel piano, nel criterio di Hoffman espresso dalla Eq. 33. 43, che si ricorda essere valida nell’ipotesi di composito unidirezionale soggetto ad uno stato piano di sollecitazione per il quale sia valida l’ipotesi di isotropia trasversa. Infatti, sostituendo nella Eq. 33. 50 le espressioni dei coefficienti ed ormai noti e l’espressione di dato dalla Eq. 33. 59, si ottiene:

212211 ,,, FFFF 66F

12F

11

111

2212

22

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xyyyCT

CTxx

CT

CT

yyxxCT

yyCT

xxCT

SYYYY

XXXX

XXYYXX

WVV

VVVV

Eq. 33. 60 che non è altro che l’espressione Eq. 33. 53 del criterio di Hoffman. Il criterio di Tsai-Wu è un criterio di natura quadratica che come gli altri sinora visti, Tsai-Hill e Hoffman, non ha alcun fondamento di natura fisica, ma che rispetto a questi ultimi, dimostra una maggior generalità e versatilità, questo soprattutto grazie alla presenza di un maggior numero di parametri incogniti all’interno della sua espressione polinomiale, la cui corretta definizione permette di ridurre al minimo lo scostamento con i rilievi sperimentali, migliorandone la capacità di previsione nei confronti dei limiti di resistenza. In ogni caso il criterio manifesta dei limiti tra cui spicca la completa assenza di fondamento fisico confermata ad esempio dal fatto che un cedimento a trazione dipenda anche dai limiti di resistenza a compressione e viceversa. Inoltre come tutti i criteri definiti da un’unica espressione non è in grado di distinguere le possibili modalità con cui può manifestarsi il cedimento all’interno di un materiale composito, modalità che discendono dalle differenti caratteristiche meccaniche dei due elementi costitutivi, le fibre dal comportamento elasto-fragile la matrice dal comportamento plastico. Le fibre, ad esempio, possono rompersi a trazione o presentare dei fenomeni di instabilità a compressione, mentre la matrice può cedere sia per azione assiale di trazione e compressione sia per azione di taglio. In tal senso, non c’è alcuna evidenza che un criterio definito da un’unica espressione analitica possa descrivere una simile eterogeneità nella modalità di cedimento solo grazie all’opportuna scelta dei coefficienti che lo definiscono analiticamente. Tali considerazioni motivarono la ricerca di una nuova classe di criteri formulati in modo da poter descrivere correttamente queste differenti modalità di rottura.

33.4.5 Criteri con distinzione della modalità di cedimento Criterio di Hashin-Rotem Hashin e Rotem sulla base dell’evidenza sperimentale proposero, per materiali compositi unidirezionali, l’esistenza di due differenti meccanismi di cedimento, dovuti alla natura bifasica del materiale in oggetto, l’uno dominato dalla fase fibra, l’altro dominato dalla fase matrice. Svilupparono quindi un criterio per ognuna di queste due distinte modalità di cedimento. In particolare, per la prima, governata dallo sforzo normale in direzione delle fibre, proposero un semplice criterio di massimo sforzo nella forma generale:

1 ¸¹·

¨©§

XxxV

Eq. 33. 61 che si differenzia a trazione e compressione per il diverso valore assunto dallo sforzo limite di resistenza, cioè: TXX nel caso di fibra a trazione 0!xxV , mentre CXX nel caso opposto 0�xxV . Per la seconda modalità di cedimento dominata invece dallo sforzo normale in direzione trasversale a quella delle fibre e dallo sforzo di taglio, proposero una formulazione quadratica in grado di mettere in relazione queste due componenti di sforzo, nella seguente forma:

12

12

2

¸¸¹

·¨¨©

§�¸

¸¹

·¨¨©

§

SYxyyy WV

Eq. 33. 62 dove ancora una volta, il valore dello sforzo limite in direzione trasversale a quella delle fibre viene definito in funzione del segno assunto dalla sollecitazione normale in questa direzione yyV (per 0!yyV si ha

TYY , mentre per si ha Y ), mentre l’ininfluenza del verso di azione dallo sforzo di taglio giustifica l’assenza, del termine misto di accoppiamento tra lo sforzo normale

0�yyV TY

yyV e di taglio

. xyWI limiti della trattazione possono ritrovarsi nel fatto che non viene fatta alcuna distinzione tra cedimento della matrice nel piano della singola lamina di composito e cedimento nell’interfaccia, cioè tra una lamina e l’altra, come del resto non si avanza alcuna ipotesi sugli effetti degli stati di sforzo in compositi diversi dagli unidirezionali. Il criterio riveste comunque un’importanza scientifica particolare perché fondato su un inedito approccio alla trattazione del cedimento dei compositi unidirezionali basato sulla identificazione della modalità di cedimento quindi sulla definizione delle variabili ad essa associate

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

proponendone un possibile legame di interazione a livello matematico. Criterio di Hashin Lo studio presentato da Hashin nel 1980 rappresenta una evoluzione rispetto al precedente criterio, pubblicato nel 1973, in quanto all’interno delle due diverse modalità di cedimento, individuate per compositi unidirezionali, distingue il comportamento a trazione da quello a compressione, il tutto a partire da una formulazione tridimensionale specializzata solo in seguito al caso bidimensionale. L’autore sviluppa il criterio sulla base di ragionamenti logici sulle componenti di sforzo che intervengono nelle differenti modalità di cedimento a partire da una formulazione generale del second’ordine scelta come miglior compromesso tra una di tipo lineare, caratterizzata da una sottostima dei limiti di resistenza sperimentali, ed una del terzo dallo sviluppo analitico troppo complesso. Questa logica porta a definire, per quanto riguarda il cedimento della fase fibra a trazione, un’interazione tra lo sforzo normale e quelli di taglio longitudinale, nella direzione delle fibre, nella forma:

� �1

2

213

212

21

��¸̧

¹

·¨̈©

§

aT SXWWV

Eq. 33. 63 dove l’inedito termine rappresenta lo sforzo limite di resistenza a taglio longitudinale.

aS

Nessuna ipotesi di interazione tra le componenti di sforzo viene invece avanzata per il cedimento delle fibre a compressione, dove in perfetta analogia alla formulazione proposta nel 1973 viene proposto un semplice criterio di massimo sforo:

1 ¸̧¹

·¨̈©

§

C

xx

XV

Eq. 33. 64 L’analisi del cedimento della fase matrice viene affrontata sulla base del tentativo di identificare il piano in cui esso si manifesta e della successiva individuazione delle componenti di sforzo che lo caratterizzano, distinguendo sempre il caso della sollecitazione di trazione da quella di compressione. In particolare, a partire da una formulazione che vede l’interazione quadratica degli invarianti degli sforzi per rotazioni attorno alla direzione di allineamento delle fibre ( x ) si arriva alla formulazione del criterio nel caso di cedimento della matrice a trazione, considerando le sole componenti di sforzo afferenti a questa modalità di cedimento:

� � � � � � 1111 222

22

22

����� zxxya

zzyyyzt

zzyyT SSY

WWVVWVV

Eq. 33. 65

nella quale compare un nuovo termine rappresentativo dello sforzo limite di resistenza a taglio trasversale.

tS

Per quanto riguarda infine il cedimento della matrice a compressione alle considerazioni precedenti si aggiunge una nuova informazione relativa all’incremento di resistenza del composito unidirezionale soggetto ad uno stato di sforzo di compressione isotropa trasversale ( VVV � zzyy ) che cede ad un limite di sforzo superiore alla resistenza nominale . Tale informazione unitamente alle precedenti considerazioni portano all’espressione:

CY

� � � �

� � � � 111

211

21

222

22

222

����

��¸̧¹

·¨̈©

§��

»»

¼

º

««

¬

ª�¸̧

¹

·¨̈©

§

zxxya

zzyyyzt

zzyyt

zzyyt

C

C

SS

STY

Y

WWVVW

VVVV

Eq. 33. 66 Si sottolinea che la distinzione tra trazione e compressione è definibile sulla base del segno assunto dalla somma . Si adotterà, quindi la formulazione relativa alla sollecitazione di trazione per

, viceversa quella di compressione per

.

zzyy VV �

0!� zzyy VV

0�� zzyy VVSpecializzando la trattazione per il più semplice caso bidimensionale caratterizzato dalla presenza delle sole componenti di sforzo nel piano della singola lamina:

xyyyxx WVV ,, si ottiene:

Modo Fibra a Trazione ( 0!xxV ):

122

¸¸¹

·¨¨©

§�¸̧

¹

·¨̈©

§

a

xy

T

xx

SXWV

Eq. 33. 67 Modo Fibra a Compressione ( 0!xxV );

1 ¸̧¹

·¨̈©

§

T

xxXV

Eq. 33. 68 Modo Matrice a Trazione ( ): 0!yyV

122

¸¸¹

·¨¨©

§�¸

¸¹

·¨¨©

§

a

xy

T

yy

SYWV

Eq. 33. 69 Modo Matrice a Compressione ( 0�yyV ):

1122

222

¸¸¹

·¨¨©

§�

»»

¼

º

««

¬

ª�¸̧

¹

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§�¸

¸¹

·¨¨©

§

a

xy

C

yy

t

C

t

yy

SYSY

SWVV

Eq. 33. 70

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.33 – MATERIALI COMPOSITI: LEGGE COSTITUTIVA ORTOTROPA

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Si sottolinea che in quest’ultima espressione deve essere considerato come valore assoluto, mentre entra con il segno negativo. Lo sforzo limite di resistenza a taglio longitudinale, nel caso di stato piano di sforzo, non è altro che lo sforzo limite a taglio nel piano , quindi: .

CY

yyV

12S 12SSa {In riferimento al modo fibra l’unica differenza rispetto alla formulazione del 1973 riguarda la partecipazione dello sforzo di taglio xyW nel cedimento a trazione, che rimane nella formulazione bidimensionale dopo l’ipotesi di stato di sforzo piano perché contenuto nel piano in cui si manifesta la rottura della fase fibra. A tal proposito, Hashin suggerisce comunque la possibilità di tralasciare questo contributo proprio perché le basi fisiche che ne giustificano l’effetto sul cedimento della fibra a trazione non sono così consolidate in letteratura. Comunque l’aspetto più controverso della formulazione bidimensionale è contenuto nell’espressione relativa al modo matrice a compressione dove compare lo sforzo limite di taglio trasversale fuori dal piano, la cui interazione con lo stato piano di sforzo ai fini del cedimento della fase matrice non risulta del tutto chiara da un punto di vista fisico.

tS

Criterio di Hashin-Rotem modificato Sun, Quinn, Tao e Oplinger proposero alla fine del loro studio comparativo sulla corrispondenza tra i criteri più comunemente impiegati ed i dati sperimentali desunti da prove di azione biassiale e puro taglio, un nuovo criterio basato su una modifica al già noto criterio di Hashin-Rotem. In particolare, quest’ultima riguarda l’espressione del solo modo matrice a compressione ed è finalizzata a tener conto di un incremento della resistenza a taglio del composito in presenza di una concomitante azione di compressione in direzione della matrice ( ) evidenziata da tutte le prove sperimentali; il tutto attraverso la semplice aggiunta, nell’espressione, di un opportuno coefficiente correttivo

0�yyV

P . Il criterio di Hashin-Rotem modificato assume quindi la seguente forma: Modo Fibra a Trazione e Compressione:

1 ¸¹·

¨©§

XxxV

Modo Matrice a Trazione:

12

12

2

¸¸¹

·¨¨©

§�¸

¸¹

·¨¨©

§

SYxy

T

yy WV

Modo Matrice a Compressione:

12

12

2

¸¸¹

·¨¨©

§

��¸

¸¹

·¨¨©

§

yy

xy

C

yy

SY PV

WV

dove il coefficiente P assume valori inferiori all’unità tipicamente compresi tra 0,4 e 0,8 a seconda delle

caratteristiche fisiche dei singoli costituenti della lamina di composito analizzata (fibre e matrice), gioca un ruolo simile ad un coefficiente di attrito. La sua definizione deve essere fatta sulla base del confronto con i dati sperimentali in modo da limitare lo scostamento tra quanto predetto dal criterio e quanto rilevato sperimentalmente. Bibliografia A. C. Urugal, Stress in plates and shells, Second Edition, Mc Graw Hill – International Editions, 1999 R. M. Jones, Mechanics of Composite Materials, Second Edition, Taylor & Francis, 1999 Baldi A., Analisi di stati di sforzo tridimensionali nei laminati in composito: tecniche numeriche e criteri di rottura, Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, A.A. 2005-2006 Tsai, S.W., “Strength Characteristics of Composite Materials” NASA CR-224, 1965. Hill, R., “A Theory of the Yielding and Plastic Flow of Anisotropic Materials” Proceeding of the Royal Society, Series A, Vol. 193, 1948 p.281. Hoffman, O., “The Brittle Strength of Orthotropic Materials” Journal of Composite Materials, Vol.1, 1967, p.200. Tsai, S.W., and Wu, E. M., “A General Theory of Strength for Anisotropic Materials” Journal of Composite Materials, Vol.5, 1971, p.58. Hashin, Z., and Rotem, A., “A Fatigue Failure Criterion for Fiber Reiforced Materials” Journal of Composite Materials, Vol.7, 1973, p.448. Pipes, R. B., and Cole, B. W., “On the Off –Axis Strength Test for Anisotropic Materials” Journal of Composite Materials, Vol.7, 1973, p.246. Narayanaswami, R., and Adelman, H., “Evaluation of the Tensor Polynomial and Hoffman Strength Theories for Composite Materials” Journal of Composite Materials, Vol.11, 1977, p.366. Hashin, Z., “Failure Criteria for Unidirectional Fiber Composites”, Journal of Applied Mechanics, June 1980, Vol.47, p.329-334. Sun C.T., Quinn B.J., Tao J., Oplinger D.W., “Comparative Evaluation of Failure Analysis Methods for Composite Laminates”, DOT/FAA/AR-95/109, May 1996.

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