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MANDATO DI ARRESTO EUROPEO

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MANDATO DI ARRESTO EUROPEO

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MANDATO DI ARRESTO EUROPEO E L’OSTACOLO FILTRO DEL PRINCIPIO DI TIPICITA’ NAZIONALE DELLE

FATTISPECIE DI REATO

2.2 La forma cooperativa tra Stati sta evolvendo verso forme di cooperazione tra giurisdizioni in una direzione che può definirsi di giustizia transnazionale. Ciò è di particolare evidenza nel contesto dell’Unione europea: il riavvicinamento delle giurisdizioni riceve l’imprimatur da tutte quelle iniziative dirette a realizzare un sistema di mutuo riconoscimento delle decisioni penali. In tale ottica, il vertice europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 aveva già indicato il riconoscimento reciproco delle decisioni delle autorità giudiziarie come il futuro fondamento della cooperazione giudiziaria. Questo principio, in sostituzione dell’obsoleto istituto della estradizione, comporta che ogni autorità giudiziaria nazionale riconosca automaticamente la richiesta di consegna di una persona avanzata dall’autorità giudiziaria di un altro Stato Membro. Sulla scorta di questo intendimento nasceva la proposta di decisione quadro presentata dalla Commissione Europea il 19 settembre 2001 e divenuta decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea tenutosi a Lussemburgo il 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo.

Il mandato di arresto europeo è definito all’art. 1 quale “decisione giudiziaria emessa da uno Stato Membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato Membro”, da eseguirsi con la consegna del ricercato in un termine massimo di 90 giorni. All’ art. 2 comma 2 della decisione quadro è enunciato un elenco tassativo di reati, relativamente ai quali dallo Stato Membro, richiesto di provvedere in merito al trasferimento dell’imputato o del condannato, non sarà opponibile il principio della duplice incriminazione [“il fatto deve costituire reato sia nello Stato Membro che spicca il mandato d’arresto che in quello dell’esecuzione”], perché tali reati sono considerati tanto gravi da essere ugualmente sentiti in ambito europeo. Pertanto, non avrà rilevanza che l’incriminazione che ha dato origine al mandato d’arresto non esista o che i suoi elementi costitutivi siano diversi nello Stato richiesto e in quello dello Stato emittente il mandato: di qui l’obiezione sulla costituzionalità di tale dettato normativo che travolge il principio di tipicità nazionale del reato. Dal 1° gennaio 2004 la decisione-quadro si è sostituita ai testi esistenti in materia di estradizione. In forza dell’art. 34 n. 2 lett. b) del Trattato sull’Unione europea, la decisione quadro è sì vincolante per gli Stati Membri ma non ha efficacia diretta; è salva la competenza delle Autorità Nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

Presupposti per spiccare ed eseguire il mandato d’arresto europeo sono:

A) relativamente alle possibilità di emettere il mandato, che il reato punito dalla legge dello Stato emittente sia sanzionato con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale nella durata massima non inferiore ai 12 mesi o che sia già intervenuta condanna a pena detentiva o misura di sicurezza per una durata non inferiore ai 4 mesi;

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B) relativamente all’obbligo di consegna, l’essere stato spiccato mandato per taluno dei reati tassativamente previsti e l’essere il reato negli Stati Membri punito con pena privativa della libertà personale non inferiore nel massimo a 3 anni.

I reati che obbligano alla consegna sono:

- partecipazione a un’organizzazione criminale;- terrorismo;- tratta di esseri umani;- sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile;- traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope;- traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi;- corruzione;- frode;- riciclaggio di proventi di reato;- falsificazione di monete;- criminalità informatica;- criminalità ambientale;- favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegali;- omicidio volontario, lesioni personali gravi;- traffico illecito di organi e tessuti umani;- rapimento, sequestro e presa di ostaggi;- razzismo e xenofobia;- furti organizzati o con l’uso di armi;- traffico illecito di beni culturali;- truffa;- racket ed estorsione;- contraffazione e pirateria;- falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi;- falsificazione di mezzi di pagamento;- traffico illecito di sostanze ormonali;- traffico illecito di materie nucleari e radioattive;- traffico di veicoli rubati;- stupro;- incendio volontario;- reati che rientrano nella competenza della CPI;- dirottamento di aereo/nave;- sabotaggio.

La circostanza che il fatto integri gli estremi di un reato nello Stato emittente il mandato ed un diverso reato nello Stato della esecuzione non osta alla consegna della persona incriminata o condannata, poiché ciò che rileva è unicamente il disvalore penale del fatto e non sotto quale rubrica il fatto venga sistematizzato.

Limite di carattere generale alla applicabilità del mandato d’arresto europeo è il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei e di principi sanciti all’art. 6 del TUE altresì contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Rispetto, inoltre, pretendono tutti i principi costituzionali interni agli Stati Membri

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relativamente ai principi del giusto processo. Il n.13 dei consideranda della decisione quadro recita: “Nessuna persona dovrebbe essere allontanata, espulsa o estradata verso uno Stato allorquando sussista un serio rischio che essa venga sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altri trattamenti o pene inumane o degradanti”; (l’inciso “dovrebbe essere” lascia intatta la facoltà dello Stato d’esecuzione di consegnare la persona!).

2.2.1

Ulteriori limitazioni derivano dal diritto processuale interno agli Stati Membri. Infatti, se per gli stessi fatti risulta che la persona ricercata è stata già giudicata con sentenza definitiva da un altro Stato Membro e, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato Membro della condanna, lo Stato dell’esecuzione rifiuta la consegna della persona incriminata. Il rifiuto è giustificato solo quando la sentenza sia definitiva e quando, in caso di condanna, la sanzione sia, perlomeno, in fase d’esecuzione. Con ciò dovendosi ritenere, in esecuzione, anche la sanzione irrogata a colui che evaso abbia oltrepassato le frontiere dello Stato della condanna. Inoltre, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuta di eseguire il mandato “se il reato alla base del mandato d’arresto è coperto da amnistia nello Stato Membro dell’esecuzione e se quest’ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale”. Infine, ulteriore motivo è l’età del reo che, se non può ancora essere considerato penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto, in base alla legge dello Stato Membro di esecuzione, giustificherà il rifiuto.

Facoltizza al rifiuto lo Stato d’esecuzione:

a) l’esercizio di azione penale nello Stato Membro di esecuzione per i medesimi fatti fondanti il mandato d’arresto europeo;

b) la decisione delle autorità giudiziarie dello Stato Membro di esecuzione di non voler esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato d’arresto europeo oppure di porvi fine;

c) la circostanza che il reato o la pena siano caduti in prescrizione secondo la legislazione dello Stato di esecuzione e i fatti rientrano anche nella competenza di tale Stato in virtù del proprio diritto penale;

d) il fatto che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato non membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato della condanna;

e) l’impegno dello Stato della esecuzione a eseguire esso stesso la pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno;

f) la circostanza che il mandato europeo riguardi reati che dalla legge dello Stato d’esecuzione sono considerati commessi in tutto o in parte nel suo territorio;

La possibilità di rifiutare l’esecuzione di un mandato in caso di non doppia incriminabilità, per i reati non indicati tassativamente, viene esclusa se si tratta di tasse, imposte, dogana, cambio.

Indizi e presupposti legittimanti l’applicabilità di misure cautelari o detentive per l’Italia devono essere:

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1) gravi indizi di colpevolezza:2) mancanza di una causa di giustificazione o di non punibilità o di estinzione del

reato o della pena;3) fondamentali esigenze cautelari del pericolo concreto di fuga, o di evitare la

commissione di delitti, o di evitare la soppressione o alterazione della prova;4) sussistenza di una pena che, in caso di misura detentiva in carcere, non sia

inferiore nel massimo a 4 anni.

Non si può mai rinunciare ai principi fondamentali della Costituzione, specificamente agli artt. 13 comma 1, 2 e 5 (inviolabilità della libertà personale, restrizione della libertà solo con atto motivato dell’Autorità Giudiziaria, precostituzione per legge dei limiti massimi della carcerazione preventiva) e 111 (giusto processo).

Per non incorrere in problematiche costituzionali occorre che:

a) lo Stato emittente il mandato contenga nella propria normativaa la fissazione di un termine massimo di custodia cautelare e tale termine sia riportato anche nel modulo di mandato;

b) sia data la facoltà all’arrestato di poter ricorrere al Tribunale Nazionale del Riesame o Tribunale della libertà, fermo comunque il diritto costituzionale del ricorso alla Corte di Cassazione;

c) il mandato contenga un sistema di sanzioni e di garanzie nella esecuzione di queste sanzioni che rispecchino i principi costituzionali dello Stato richiesto di consegnare l’imputato o il condannato.

2.2.2

Per quei reati non tassativamente previsti, l’art. 2 comma 4 subordina la consegna alla circostanza che i fatti per i quali viene spiccato il mandato siano sussunti nell’ordinamento dello Stato di esecuzione sotto un titolo di reato che può anche non coincidere con quello nel quale i medesimi fatti sono sussunti nello Stato emittente. Possono divergere anche gli elementi costitutivi dei reati, atteso che ciò che rileva è unicamente la sussunzione del fatto in fattispecie penalmente rilevante. La consegna diviene obbligatoria allorquando il mandato di arresto contenga fatti sussumibili nelle fattispecie penalmente rilevanti che siano catalogate al comma 2 mentre, ove i fatti commessi non siano nel catalogo, la consegna diviene facoltativa, ciò in quanto la decisione-quadro al comma 4 utilizza l’inciso “la consegna può essere subordinata alla condizione che..”. Nei casi di consegna obbligatoria, omicidio volontario, stupro, terrorismo e razzismo già ad un piano sociale europeo di disvalore sono sentiti in maniera univoca: la percezione del disvalore penale del fatto costituisce una garanzia per il cittadino europeo che si vedrà consegnato in quanto imputato o già condannato per un fatto ugualmente in Europa percepito nella sua carica di negatività sociale. Problematiche invece appaiono quelle ipotesi di consegna obbligatoria che si fondano sulla commissione di reati che, incidendo su beni giuridici differenti, possono essere costruiti nei diversi ordinamenti penali con requisiti costitutivi diversi e diversità di sanzione: si pensi ai reati di riciclaggio, truffa, corruzione, estorsione, ecc. In tali ipotesi occorre rivalersi del principio di territorialità dell’azione penale, che individua un motivo di non esecuzione facoltativa nella discrezionalità dello Stato di esecuzione di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato oppure di porvi fine. Lo Stato

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d’esecuzione può opporre allo Stato emittente il proprio vaglio di non punibilità del fatto, reputato invece penalmente rilevante per colui che spicca il mandato. Il TUE statuisce che va garantita la compatibilità delle normative, per prevenire conflitti di giurisdizione, e quindi occorre adottare misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni, seppure tale disciplina è indirizzata alla lotta alla criminalità organizzata, al terrorismo e al traffico illecito di stupefacenti.

2.3 Il fatto tipico o fattispecie è la descrizione astratta di una situazione di fatto rilevante per il diritto, tanto da essere sanzionata con una pena limitativa della libertà e si manifesta nelle forme di un’azione umana, cioè cosciente e voluta. E’ reato solo quel fatto che il legislatore ha espressamente e tassativamente considerato e determinato come tale; i reati sono tipici e nominati e costituiscono un numerus clausus. La tipicità assolve la funzione garantista di indicare ai cittadini i fatti che essi devono astenersi dal compiere per non incorrere nella sanzione penale. Quanto maggiore è la conformità della fattispecie concreta alla fattispecie tipicizzata e astratta nel procedimento di sussunzione, tanto più il giudice risulterà vincolato dal contenuto del precetto, la sua discrezionalità non sfocerà in arbitrio. Il rispetto del principio di tipicità ha evidente connessione con la garanzia stessa del divieto di analogia e del principio stesso di irretroattività. La conformità al tipo nazionale del reato è valore di garanzia per l’imputato, in modo che sappia da cosa deve difendersi.

2.3.2

Il fatto costituente reato va inteso come insieme di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie criminosa, come complesso di tutte le note cui è ricondotta la punibilità. Gli elementi costitutivi del fatto tipico sono sia elementi descrittivi che elementi normativi. Il fatto deve conformarsi al dato empirico, cioè deve avere un referente ben preciso nella fenomenologia naturalistica e sociale: dovrebbe, pertanto, assolvere la funzione di ancorare i modelli delittuosi a tipi di comportamento basati su ben definite tipologie empirico-criminologiche. La tipicità, infine, include concettualmente la messa in pericolo o la lesione del bene giuridico. L’utilità della categoria dogmatica della tipicità è di immediata percezione nei casi di discrasia tra corrispondenza del fatto all’astratta previsione normativa e assoluta mancanza del carattere offensivo del fatto stesso; il falso grossolano, inutile ed innocuo, il furto di una mela marcita, sono ipotesi in cui la tipicità è soltanto presunta ma non è dubitabile che fatti del genere sono privi dell’idoneità a pregiudicare beni giuridici che le norme astrattamente previste intendono salvaguardare. La tipicità, anche quando trovi corrispondenza nell’offesa al bene giuridico, costituisce un semplice indizio di illiceità del fatto e colpevolezza del suo autore. La fattispecie astratta deve anche prevedere la pena da infliggere in concreto al reo non apparendo concepibile delegare tale funzione sanzionatoria all’Autorità giudiziaria. Il cittadino italiano reo o incriminato di una fattispecie delittuosa transazionale e soggetto alla richiesta di consegna dello Stato emittente, sul territorio del quale commette una parte dell’illecito transfrontaliero, deve poter invocare le garanzie offerte dal

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principio di tipicità dell’azione punibile e della relativa sanzione. Il problema della tipicità dell’azione punibile non riceve degna tutela dalla decisione-quadro che è piuttosto pronta a sacrificarlo in omaggio ad una più rapida creazione di una effettiva ed operante rete giudiziaria europea. Sul piano della sanzione, la decisione-quadro attribuisce la facoltà allo Stato dell’esecuzione di trattenere il condannato all’interno del proprio territorio nazionale imponendogli la espiazione della pena inflittagli nel diverso Stato emittente il disatteso mandato. Ciò però è solo una facoltà dello Stato d’esecuzione: sarebbe stato meglio proporre un motivo obbligatorio di non consegna e prevedere l’applicabilità della sanzione solo quando il fatto commesso sia ugualmente previsto come penalmente rilevante nei due Stati. Diversamente verrebbero ad essere incisi fondamentali principi di garanzia per il cittadino che potrebbe, nella commissione di un illecito transnazionale, vedersi applicare una diversa sanzione a seconda dell’Autorità giudiziaria procedente.

L’ANALISI STRUTTURALE DEL REATO NELLA COMPARAZIONE DI FATTISPECIE DELITTUOSE

3.1Nella teoria dell’illecito penale, il concetto di “fatto” e quello di “reato” non sono identificabili. Il fatto comprende gli elementi strutturali dell’illecito nel loro aspetto oggettivo e soggettivo. Il reato, invece, comprende, oltre agli elementi strutturali, gli elementi teleologici che determinano l’attribuzione dell’illecito ad un certo soggetto, con la conseguenza sanzionatoria tipica della pena. Posizione dominante nella dottrina italiana ha sempre più assunto la concezione analitica del reato propugnata da Delitala, che considera il reato come un fatto umano, antigiuridico e colpevole (sistema tripartito). Quale contenuto abbia il termine “fatto” adoperato dal legislatore all’art.25 c.2 della Carta Costituzionale continua ad essere argomento di un non definitivamente risolto dibattito dottrinario. Per taluni va inteso come complesso degli elementi oggettivi positivi; per altri comprende tutti gli elementi oggettivi positivi e negativi della fattispecie. Fuor di ogni dubbio, la norma costituzionalizza il principio di irretroattività.

3.2La dottrina tradizionale tripartisce il reato in FATTO-ANTIGIURIDICITA’-COLPEVOLEZZA, corrispondenti alla distinzione in elementi descrittivi, valutativi, soggettivi dell’illecito. L’azione viene concepita come energia causale diretta alla lesione di un bene. Il dolo e la colpa non incidono sulla tipicità del fatto e rappresentano, invece, la specie in cui si manifesta la colpevolezza, che costituisce l’elemento psicologico del reato. I finalisti partono da una nozione ontologica di azione, cioè da una struttura di azione preesistente alla definizione che ne dà il

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legislatore. Essa è una azione finalisticamente intesa in quanto l’azione umana è di per sé una condotta indirizzata verso uno scopo. La finalità che si realizza nella condotta tipicizza l’azione, su cui si fonda sia il giudizio di colpevolezza sia il giudizio di pericolosità. Il dolo fa pertanto parte integrante dell’azione e quindi del fatto. La concezione finalistica dell’azione trova conferma della sua validità nel problema del tentativo e del concorso di persone nel reato. Il fatto non può essere individuato per la sua efficienza causale, ma per il significato che la volontà, indirizzata allo scopo, conferisce all’azione. L’istigazione al delitto assume la sua tipica figura solo per l’intento che anima tutta l’opera di consiglio.

3.2.1

Il dolo (art. 43 c.1 c.p.) comprende:

I) un momento rappresentativo, in quanto occorre che colui che delinque abbia la visione anticipata di tutti gli elementi significativi del fatto, descritti nella norma incriminatrice speciale.

II) un momento volitivo, in quanto occorre che la volontà dell’agente sia indirizzata alla effettiva realizzazione della condotta e dell’evento, oggetto del momento rappresentativo.

La dottrina ama suddividere il dolo in più specie:

A) dolo generico e dolo specifico, se è richiesto dalla norma incriminatrice un fine particolare (ad es: nel furto il fine di trarre profitto e non la mera volontà di impossessarsi di una cosa d’altri);

B) dolo diretto e dolo indiretto, quando il risultato, pur rappresentato, non è stato dal soggetto direttamente voluto; una forma di dolo indiretto è il dolo eventuale che si ha quando colui che agisce si rappresenta e vuole un evento, ma ne prevede come probabile o possibile un altro e ne accetta il rischio implicito del verificarsi anche di quest’altro evento [esempio: il negoziante che per frodare l’assicurazione (dolo diretto), incendia il proprio negozio (dolo diretto) e agisce pur prospettandosi che in conseguenza dell’incendio potrà morire la vecchia paralitica che abita nel piano superiore (dolo indiretto-eventuale)]. L’eccessiva dilatazione che la giurisprudenza e la dottrina fanno del dolo indiretto induce a chiedersi se è nel rispetto del dettato costituzionale e del principio di colpevolezza e di legalità sostenerne ancora la configurazione che, come già nel 1961 evidenziava Pannain, è una costruzione totalmente al di fuori della previsione dell’art. 43 c.p.

3.2.2

Anche nella condotta colposa si ritrova un nucleo di finalità, in quanto il soggetto agente poteva governare la condotta produttiva di una messa in pericolo di un valore-bene giuridicamente tutelato. Caratteristiche sono tanto l’inosservanza della diligenza prescritta dall’ordinamento giuridico, quando la evitabilità, consapevole, dell’evento. L’evitabilità costituisce il limite della colpa; è la tipicità del fatto colposo è esclusa dal caso fortuito, che implica l’inevitabilità dell’evento. Anche nella colpa per inosservanza di leggi, non basta l’infrazione della norma precauzionale (c.d. colpa

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presunta), occorre sempre che il decorso causale sia controllabile ed il risultato evitabile.

3.3L’evento, per i finalisti, non rileva quale modificazione del mondo esterno, fisico o psichico; ma come lesione o messa in pericolo dell’oggetto giuridico del reato, cioè offesa del bene-interesse-valore protetto dalla norma penale. Esempio: nell’omicidio, l’evento non è il fatto naturale della morte di un uomo, ma la distruzione del bene giuridico-vita, protetto dalla norma penale. Per la concezione giuridica non esistono reati senza evento. Per la concezione naturalistica, invece, esistono e sono quelli che consistono soltanto in un comportamento umano senza modificazione del mondo esterno. Per la determinazione del tentativo il riferimento al concetto dell’evento come aggressione al bene tutelato (evento giuridico) è indispensabile. Infatti, l’elemento che il delitto tentato ha in comune con il delitto consumato è l’elemento psicologico il quale si sostanzia nel dolo del reato che si vuol consumare. L’incompiutezza dell’azione non è ancora giuridicamente rilevante se non è accompagnata dal dolo e questo può essere determinato solo in riferimento all’aggressione del bene tutelato. Parimenti la ipotesi del delitto mancato va rapportata al dolo e presuppone, quindi, l’evento in senso giuridico.

3.4Nella visione finalistica, il reato rappresenta pertanto un: a) fatto tipico; b) antigiuridico; c) colpevole. Diversa è la nozione e individuazione della colpevolezza per la concezione “psicologica” e per quella “normativa”. Secondo la concezione psicologica, la colpevolezza è il rapporto psichico tra l’autore e il fatto; è un concetto di genere, le cui specie sono dolo e colpa. Per i finalisti, invece, dolo e colpa fanno parte dell’azione. La rilevanza giuridica dell’elemento psicologico è quella di costruire la tipicità del fatto incriminato; il dolo e la colpa non sono quindi elementi della colpevolezza perché sono oggetto della valutazione di colpevolezza. Il dolo indica il modello legale del fatto; rispondere per colpa costituisce l’eccezione. La colpevolezza in senso normativo non significa volontarietà dell’illecito, ma volere contrario all’obbligo contenuto nella norma. Anche nei delitti colposi, il tipo dell’azione va distinto dalla colpevolezza; al primo corrisponde l’inosservanza, oggettivamente intesa, della diligenza, alla seconda l’inosservanza riprovevole della diligenza oggettivamente prescritta nei rapporti sociali. Perché un fatto possa costituire reato è necessario quindi che la condotta del soggetto concreti una ribellione contro la forza imperativa della norma. La pena è, infatti, materializzazione del rimprovero di colpevolezza e costituisce la quantificazione del giudizio di riprovazione della società secondo l’intensità della disobbedienza.

3.5

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Il fatto perseguibile penalmente e processabile è solo quello in cui la fattispecie contenga e individui non solo la condotta materiale-causale ma anche lo specifico nesso psicologico-finalistico, cioè necessita quantomeno una descrizione di azione commissiva o omissiva e di una species di colpevolezza in senso psicologico. Antigiuridicità e colpevolezza normativa non hanno invece rilievo nella comparazione dei fatti-reato di cui al mandato d’arresto europeo. Attengono e rilevano infatti per l’accertamento della commissione riprovevole e punibile del reato e, processualmente rilevano nella fase del merito giudiziale. Quanto sia rilevante comparare le fattispecie nazionali lo si può percepire con una rapida sommaria comparazione della disciplina della frode o truffa. Nel codice italiano si richiedono due elementi materiali per integrare il suddetto reato (ingiusto profitto e altrui danno) e quale elemento psicologico il dolo generico, mentre nel codice francese si richiede il danno della vittima; nel codice spagnolo il solo danno ma quale elemento psicologico il dolo specifico. Così pure, nella normativa tedesca, è richiesto il dolo specifico, ma si allarga la condotta materiale essendo realizzabile anche con un comportamento omissivo di spiegazione e con una mera offesa al patrimonio.

L’ESIGENZA DI UNIFORMITA’ DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO. LA INSUFFICENZA DELLE CATEGORIE SOGGETTIVE DI DOLO E COLPA

4.1 GermaniaIl legislatore tedesco impone, affinché venga ad essere integrato l’elemento soggettivo della fattispecie di reato, che sia riscontrabile almeno un grado particolarmente elevato di colpa: la colpa grave. Trattasi di negligenza od imprudenza particolarmente evidente e grossolana. Il concetto è di stretta derivazione civilistica. Si ha quando la contrarietà della condotta alla regola cautelare si caratterizza per la sua misura eccezionalmente elevata, oppure quando l’autore non si sia reso conto di ciò che, date le circostanze, a chiunque avrebbe dovuto apparire chiaro ed immediatamente percepibile. La colpa grave, finora, non ha ricevuto ingresso nel diritto penale italiano anche se uno spazio operativo viene riconosciuto nell’ambito della responsabilità penale del professionista e in specie del medico. L’errore penalmente rilevabile viene ricondotto nel quadro della colpa grave, la quale si riscontra nell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi o, infine, nella mancanza di prudenza e diligenza. Il concetto di colpa grave viene tuttavia considerato, nell’ordinamento italiano, arbitrario e gratuito perché la legge penale all’art.43 parla solo di colpa, senza consentirne una graduazione. Di estremo interesse comparatistico è la fattispecie di riciclaggio colposo germanico: “Colui che non riconosce, per colpa grave, che l’oggetto proviene da un fatto illecito altrui, è punito con la pena detentiva fino a due anni o con la pena pecuniaria”. Il legislatore individua una condotta

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penalmente rilevante ogniqualvolta il bene, di provenienza illecita, venga poi ad essere ripulito. Trattasi di fattispecie paragonabile all’italiano “incauto acquisto”, per il quale si risponde anche per mera colpa.

4.2 UKLe forme di imputazione colpevole sono “intention” e “recklessness”. Si sostiene che, connotati dalla conoscenza e quantomeno dalla previsione, siano in grado di rientrare nell’area ricoperta dalla “mens rea”, mentre la “negligence”, intesa come espressione di una condotta contraria ad una regola generale di diligenza, difetterebbe sia della conoscenza che della prevedibilità. Soltanto nelle ipotesi di “gross negligence”, ove l’atteggiamento colposo si produce per grossolana violazione di una norma cautelare o per la facile prevedibilità dell’evento, il sistema anglosassone appresta delle risposte sanzionatorie di marca penalistica.

L’intention è intesa quale intenzionalità del comportamento come diretto a provocare quel particolare tipo di danno che in concreto s’è realizzato.

La recklessness è intesa come la consapevolezza circa la probabilità che il danno verificatosi si sarebbe potuto produrre. Traduzione del termine potrebbe essere “strafottenza”. Presenta punti di contatto con il dolo eventuale e la colpa cosciente. La recklessness in senso soggettivo, intesa quale volontà di ignorare il rischio di una conseguenza dannosa, viene ad essere affiancata dalla recklessness in senso oggettivo che si manifesta ogniqualvolta l’autore non riflette sulla circostanza del ricorrere o meno di un rischio che si connota per essere ovvio e serio. In questo secondo caso non vi è atteggiamento positivo della psiche dell’autore.

Il confine tra recklessness oggettiva e gross negligence è labile, ma il discrimen va individuato nella preesistenza di una situazione di rischio seria, e cioè fondata da elementi immediatamente percepibili, ed ovvia, percepibile da un uomo dotato di media cultura ed avvedutezza. La gross negligence non sottintende necessariamente la pregressa situazione di pericolo. Nella dottrina anglosassone, la recklessness oggettiva non configurerebbe un vero e proprio state of mind così come viene prescritto per gli elementi psicologici nei quali si esprime la colpevolezza.

4.3 ItaliaL’arcinota dicotomia dolo-colpa viene solo temperata dalla previsione di pochi reati punibili a titolo di preterintenzione. Ma siffatto modo categorico di sistemazione dogmatica non trova corrispondenza nell’art. 42 c.3. Infatti, l’inciso “la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’autore, come conseguenza della sua azione od omissione” è volto a chiarire che le species della colpevolezza psicologica non sono solo il dolo e la colpa, ma anche tutti gli altri atteggiamenti psichici che la legge voglia considerare produttivi di riprovevolezza sociale e legale.

4.3.2

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La colpa grave è categoria appartenente alla scienza civilistica non essendo ammissibile una graduazione della colpa nel contesto normativa penale che la ammette solo come criterio di discrezionalità del giudice nel valutare e quantificare la pena. Nel 1973 la Corte Costituzionale Italiana limitò la responsabilità del medico in caso di imperizia alla ipotesi di colpa grave, facendola discendere dalla disciplina civilistica dell’art. 2236 c.c. Il 9 giugno 1981 la Corte Italiana di Cassazione ha ribadito la conformità della norma e che la colpa professionale del sanitario deve essere valutata pur sempre nell’ambito della normativa e dei criteri dettati dall’art. 43 c.p.; non si può far riferimento all’art. 2236 c.c. perché quest’ultima è una norma di carattere eccezionale e, come tale, insuscettibile di applicazione analogica. Il grado della colpa può quindi funzionare solo come criterio per la determinazione e commisurazione della pena o come circostanza aggravante: il minor grado di colpa, cioè, non può mai avere efficacia discriminante o fungere da limite di configurabilità del fatto tipico di lesioni o omicidio colposo.

L’art. 217 R.D. 267/42 punisce l’imprenditore dichiarato fallito che:

- abbia fatto spese eccessive, per sé o per la propria famiglia, in rapporto alla sua condizione economica;

- abbia compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;- abbia consumato una notevole parte del patrimonio in operazioni

manifestamente imprudenti;- abbia aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione

del proprio fallimento o con altra colpa grave;- non abbia soddisfatto le obbligazioni assunte in precedente concordato

preventivo o fallimentare.

La dottrina tradizionale reputava la bancarotta semplice un reato colposo mentre la bancarotta fraudolenta quale reato a dolo specifico, caratterizzata cioè dall’intenzione di sottrarre i beni dall’esecuzione concorsuale. Questo orientamento veniva, in seguito, modificato da quanti rinvenivano nella bancarotta semplice un reato punibile tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa. Si sarebbero diversamente lasciate impunite le condotte rette da dolo generico. Ma tale soluzione lascia però insoddisfatti sul piano del rapporto colpevolezza-pena. Pertanto si è ritenuto che il reato di bancarotta semplice sia punibile sia titolo di dolo che di colpa. Se per l’applicazione della sanzione punitiva bastasse qualunque grado di colpa, in ogni fallimento ricorrerebbero gli estremi della bancarotta essendo quasi impossibile non intravedere nella pregressa condotta dell’imprenditore una qualche imprudenza o negligenza nella gestione del patrimonio. Il legislatore, evidentemente, non intende sanzionare penalmente l’imprenditore che fallisca in maniera “naturale” ma l’imprenditore che o dolosamente o per colpa grave diminuisce, senza però dissiparlo, il proprio patrimonio. Se è vero che generalmente i reati sono o dolosi o colposi niente vieta al legislatore di restringere la punibilità del reato colposo a quelle ipotesi di macroscopica violazione della norma cautelare, atteso il principio di necessaria frammentarietà del diritto penale.

4.4 Spagna e Francia

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Il sistema penale spagnolo richiede la sussistenza, quantomeno, della colpa. L’art. 5 c.p.e. infatti, dispone: “Non c’è pena senza dolo o colpa”. Limitandosi all’enunciazione dell’elemento soggettivo, si lasciano margini interpretativi all’Autorità Giudiziaria. Netto, al contrario, è il rifiuto della responsabilità oggettiva. La colpevolezza risulta esclusa quando il soggetto sia in errore inevitabile sul fatto ed anche quando l’errore cada sull’illiceità stessa del fatto. La novità è costituita dall’attenuante di pena prevista per colui che cada in errore evitabile sulla illiceità penale del fatto. Colui che per ignoranza commetta un fatto che non sa essere penalmente rilevante sarà diversamente punito rispetto a colui che intenzionalmente commetta il fatto penalmente rilevante.

In Francia “Non vi può essere crimine o delitto senza l’intenzione di commetterlo. Tuttavia, quando la legge lo prevede, vi è delitto nei casi di deliberata messa in pericolo della persona altrui. Vi è egualmente delitto n caso di imprudenza, negligenza, violazione di un obbligo di prudenza o sicurezza, a meno che l’autore abbia osservato la diligenza normale. Non vi è contravvenzione in caso di forza maggiore”.

Le contravvenzioni sono addebitate ancorché non ricorra dolo o colpa.

All’opposto, il crimine è punibile solo quando si provi il dolo.

I delitti, invece, saranno puniti tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa.

Una grande novità è costituita dalla normativizzazione del “dolo eventuale”, in cui nonostante la consapevolezza del sussistente pericolo l’azione venga deliberatamente commessa per mettere in pericolo la persona altrui. Nel delitto colposo, occorre verificare che la violazione sia contraria agli standards di diligenza che dall’autore potevano pretendersi, tenuto conto della natura dei suoi compiti, delle sue funzioni e delle sue competenze. E’ questa l’elaborazione normativa della misura soggettiva della colpa. Si evince anche il rigetto della responsabilità oggettiva per i delitti.

4.5

Risponde alla necessità del superamento del dualismo dolo-colpa, la costruzione dogmatica del “versari in re illicita”, considerata da taluni il vero sostrato dell’omicidio preterintenzionale, dei “reati aggravati dall’evento” e della responsabilità concorsuale nell’evento diverso da quello inizialmente concordato. Esprime disvalore e provoca un giudizio di riprovevolezza e di responsabilità perché chi commette un reato è tenuto a controllare gli effetti della sua azione già di per sé illecita e a impedire i maggiori aggravamenti, specie se lesivi di altri e più fortunati valori tutelati. Una species mista di dolo e colpa grave: oggetto del dolo è l’azione e l’evento primariamente e inizialmente voluto, mentre oggetto della colpa grave è la ulteriore realizzata offensività dell’azione.

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L’AUTORE DEL REATO. LA CORREITA’. LA RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI COLLETTIVI

5.1 FranciaNella sistematica del Nouveau Code Penal, l’autore del reato viene individuato in colui che commette fatti incriminati. Il legislatore si è dimostrato sensibile al problema della legalità del diritto penale. L’attenzione è riposta maggiormente sulla necessità di rendere conoscibile e comprensibile la norma penale da parte del cittadino. Tale esigenza viene tradotta nella semplificazione del linguaggio normativo.

La disciplina del concorso di persone nel reato dispone, all’art. 121-7, che “è complice di un crimine o di un delitto la persona che volontariamente, con l’aiuto o assistenza, ne ha facilitato la preparazione o la consumazione. E’ ugualmente complice la persona che con dono, promessa, minaccia, ordine, abuso di autorità o di potere abbia indotto a commettere un reato oppure abbia dato istruzioni per commetterlo”. Netta appare la scelta per il modello unitario di incriminazione delle condotte partecipative. L’equivalenza tra tutti i contributi viene confermata dall’equiparazione di trattamento sul piano delle pene edittali, atteso che l’art. 121-6 dispone: “è punito come autore il complice dell’illecito”. La condotta del correo penalmente rilevante è situata sia nella fase di mera preparazione che di stretta consumazione del reato. L’aiuto sembra riferibile a tutte quelle condotte di facilitazione materiale del reato che la dottrina italiana rapporta al concorso materiale di persone nel reato; sembra conglobare in sé non soltanto le condotte che siano condizioni necessarie per la verificazione dell’evento, ma anche quelle che lo abbiano semplicemente agevolato. Il termine “assistenza” sembra, per converso, rapportabile al diverso concorso morale di persone nel reato, ovvero viene inteso quale rafforzamento e supporto psichico. Il comma 2 dell’art. 121-7 specifica, infine, la compartecipazione nel reato: è punito il compartecipe che offrendo doni o promettendo un qualche vantaggio, all’esecutore del reato, ne istiga la commissione. E’ anche prevista la figura del “mandante” che con un ordine, minaccia o impartendo delle istruzioni predetermina in concreto il piano criminale approfittando dell’altrui stato di soggezione.

5.1.2

La vera novità francese è costituita dalla previsione della responsabilità penale degli enti collettivi, le “personnes morales”, e ciò ad onta del generale principio secondo cui “societas delinquere non potest”. Gli enti collettivi sono responsabili penalmente delle infrazioni commesse, per loro conto, dai loro organi o rappresentanti e siffatta responsabilità non esclude quella delle persone fisiche che siano autori o complici degli stessi fatti. Sono chiamati a rispondere anche associazioni, partiti, sindacati, enti pubblici territoriali, ad esclusione solo dello Stato. La legge francese ha revisionato anche il catalogo delle pene, prevedendone ad hoc per questa categoria: ad esempio lo scioglimento della persona giuridica, l’interdizione dall’esercizio dell’attività d’impresa, la chiusura di stabilimenti dell’impresa, la diffusione della sentenza di condanna, l’ammenda. Nelle ipotesi in cui

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l’ente collettivo sia territoriale sarà possibile individuare la commissione di un illecito solo nelle ipotesi di convenzione di delega di pubblico servizio; la convenzione sarà stipulata con soggetti privatistici dotati di organizzazione imprenditoriale ed autonomia statuaria e finanziaria. Il legislatore coglie, con l’introdurre la responsabilità penale dell’ente collettivo, un dato sintomatico dell’odierna strutturazione della criminalità organizzata che si conforma sempre più spesso in criminalità d’impresa.

5.2 ItaliaNel codice penale italiano all’art. 110 c.p. la descrizione del fenomeno concorsuale presenta il connotato dell’unitarietà. Difatti si discorre esclusivamente di concorrente nel reato, prevedendosi per ciascuno una sanzione pressoché similare. Presupposti sono la pluralità di agenti, la realizzazione del fatto, il contributo causale, la volontà di operare di concerto. Il progetto Grosso ne muta la struttura, rapportandolo al concorso francese. In esso è prevista una partecipazione al reato nella sua fase della consumazione e in quella precedente della mera preparazione: non punisce solo il concorrente che partecipa all’esecuzione del reato ma anche colui che ne agevola l’esecuzione fornendo aiuto o assistenza. Il progetto distingue il coautore, cioè colui che partecipa all’esecuzione del reato, l’agevolatore che facilita l’esecuzione del reato, il determinatore (colui che innesca nell’autore del reato il proposito criminoso) e l’istigatore (colui che rafforza il proposito criminoso altrui). Non tutti i concorrenti rispondono in eguale misura, ma sulla base della reale entità dell’apporto causale di ogni singolo compartecipe.

5.2.2

Diversamente dalla Francia, in Italia il principio “societas delinquere non potest” è reputato specificamente supportato dall’art. 27 Cost. che prevede la responsabilità penale personale. Essa, alla luce della sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale, deve essere necessariamente connotata dal carattere della colpevolezza. Si è cercata una via di mezzo con il d.lgs. 8 luglio 2001, n. 231, che definisce come amministrativa la responsabilità in cui incorre l’ente, quale conseguenza di alcuni reati commessi da persone fisiche ad esso legate ma che ingloba nel processo penale e secondo schemi tipicamente penalistici, l’accertamento della responsabilità dell’ente in uno con l’accertamento della responsabilità penale dell’amministratore. La società è responsabile amministrativamente ogniqualvolta si riscontri la commissione di un reato doloso da parte di soggetti legati alla stessa società funzionalmente.

La cultura giuridica americana da tempo conosce i c.d. “compliance programs”, in forza del quale è previsto che le più importanti società, allo scopo di ridurre il rischio derivante da comportamenti individuali illegittimi, provvedono a dotarsi di un insieme di regole procedurali interne.

Le sanzioni applicabili sono pecuniaria e interdittiva. La sanzione pecuniaria risponde alla commissione dei reati meno gravi e sarà commisurata alle condizioni

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patrimoniali ed economiche dell’ente. Le sanzioni interdittive sono previste per i casi di maggiore gravità e consistono in:

a) interdizione dall’esercizio dell’attività;

b) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

c) divieto di contrattare con la P.A.;

d) esclusione di agevolazione, contributi o revoca di quelli già concessi;

e) divieto di pubblicizzare prodotti o servizi.

La sanzione interdittiva della cessazione dell’attività o quella di revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni equivale alla “morte dell’ente”. Il progetto Grosso intende per persona giuridica tutti gli enti, società, associazioni anche non riconosciute, che svolgono attività economica. Sono esclusi lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali e le Autorità Indipendenti. La responsabilità della persona giuridica è esclusa se sia stato adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire ed evitare reati della specie di quello verificatosi.

5.3 GermaniaNell’ordinamento tedesco la “condotta” richiede necessariamente la dominabilità dell’atto e si fonda su un irrinunciabile coefficiente personalistico. La centralità della colpevolezza preclude la possibilità di ipotizzare una responsabilità penale delle persone giuridiche. Gli enti collettivi sono considerati capaci di azione solo per mezzo di coloro che agiscono funzionalmente per l’ente e non sono assoggettabili a pena poiché non sono in grado di percepire la disapprovazione etico-sociale che con la pena l’ordinamento manifesta. L’atteggiamento del legislatore è quello di intervenire con sanzioni soltanto “accessorie”, come: l’acquisizione pubblica del profitto ingiustamente tratto dall’ente dalla commissione dell’illecito, la confisca dell’oggetto o del corrispettivo in valore della condotta illecita. La legge sulle violazioni amministrative dispone che, ove l’organo funzionale dell’ente commetta un illecito che arricchisce l’associazione stessa, può essere inflitta a quest’ultima un’ammenda che è comunque svincolata dalla punibilità del reo o dalla procedibilità dell’azione penale nei confronti dell’organo rappresentativo.

5.3.2

La disciplina del concorso di persone nel reato distingue tra loro, sia dal punto di vista concettuale che del trattamento sanzionatorio, le diverse condotte. La dottrina tedesca si mostra contraria al modello unitario di descrizione e sanziona mento del concorso nel reato. La distinzione è tra, da un lato, autore, coautore e autore mediato e, dall’altro, istigatore e complice. I primi realizzano direttamente il fatto, mentre i secondi accedono dolosamente alla condotta principale altrui. E’ autore colui che commette il fatto personalmente o attraverso un altro soggetto, mentre è

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coautore colui che coopera nel fatto di reato commesso collettivamente. Istigatore è colui che dolosamente determina altri alla commissione dolosa di un fatto antigiuridico. E’ complice il soggetto che presta aiuto ad altri che materialmente commettono un fatto antigiuridico-doloso. La “teoria del dominio del fatto” deduce la distinzione tra autoria e partecipazione: autore è colui che domina il fatto, cioè colui che ha la facoltà di scegliere il decorso causale del fatto incidendo sulle modalità e sul tempo dello stesso.

5.4 SpagnaLa sistematica spagnola appare connotata dal principio della responsabilità penale personale. In sintonia con le moderne esigenze socio-politiche il c.p.e. dichiara imputabili i minori degli anni 18 secondo le norme generali applicabili agli adulti. Il diritto penale minorile è anche in Spagna un sistema differenziato e la pena risponde esclusivamente ad esigenze speciali preventive del minore. La rieducazione è l’obiettivo perseguito. Priva di interesse è invece la disciplina della responsabilità penale delle persone giuridiche. Colui che opera quale amministratore di una persona giuridica risponde penalmente della figura di reato commesso, sebbene non abbia le qualità personali per poter essere soggetto attivo dell’illecito, quando tali requisiti sono posseduti in proprio dall’ente nel cui nome si opera.

5.4.2

In materia di concorso di persone, il codice spagnolo adotta la soluzione c.d. differenziata. Dispone: “Sono autori coloro che realizzano il fatto da soli ovvero insieme o per mezzo di altri dei quali si servono come strumento”. Sono altresì autori:

a) coloro che inducono direttamente altri a commetterlo;b) coloro che cooperano alla sua esecuzione con un atto senza il quale non

sarebbe stato realizzato.

“Sono complici coloro che, non essendo compresi nel precedente articolo, cooperano all’esecuzione del fatto con atti precedenti o concomitanti”. Il complice appresta un contributo non necessario: trattasi di condotte di mera agevolazione. In realtà, il sistema differenziato spagnolo poco si differenzia dal sistema unitario italiano. Il sistema di valutazione concorsuale spagnolo non è però lo stesso: possono, infatti, punirsi a titolo di concorso anche condotte agevolatrici che non siano di supporto causale alla realizzazione del fatto criminoso.

5.5 USA, UK, Canada, Australia, OlandaNegli USA è prevista la responsabilità penale e la colpevolezza delle imprese, anzi la giurisprudenza ravvede una colpevolezza collettiva per le imprese di grandi dimensioni ove vige il sistema della compartimentazione delle funzioni. La colpevolezza della organizzazione in se stessa discende dal tipo di politica aziendale che sia stata adottata: di qui i Compliance Programs. Il sistema opera su di un doppio binario, cioè da un lato un inasprimento delle pene pecuniarie che può giungere alla

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paralisi di ogni attività della corporation fino a determinarne l’estinzione, dall’altro una diminuzione od esclusione delle stesse nel caso in cui la persona giuridica adotti un compliance program. Si valorizza la misura della probativo che è indirizzata ad indagare i motivi che hanno indotto la corporation al crimine, con conseguente imposizione di più pulite linee di politica aziendale. Il potere sanzionatorio appartiene alla U.S. Sentencing Commission.

5.5.2

Nel sistema inglese e in Canada, l’attribuzione di responsabilità penale alle corporations si informa alla “identification theory”, in forza della quale tutte le azioni lecite o illecite realizzate da soggetti posti ai vertici delle persone giuridiche si identificano perfettamente in quelle dell’impresa. Sanzione prevalente è la pena pecuniaria che nella prassi risulta di entità risibile e non deterrente.

5.5.3

In Australia si elabora un concetto nuovo di corporate criminal liability, fondato su categorie esclusive alle persone giuridiche, non applicabili ai singolo individui. La colpevolezza della persona giuridica deriva dall’incapacità della stessa di reagire alla commissione del reato. Le sanzioni spaziano dalla morte dell’ente, a sanzioni pecuniarie civili fino all’ammonizione, richiamo e mero consiglio.

5.5.4

In Olanda, il codice penale accoglie la responsabilità penale degli enti collettivi. Li distingue in Corporations (tutti i tipi di enti, anche quelli sforniti di personalità giuridica) e One-man business (imprese individuali). Le sanzioni penali sono direttamente applicabili alla persona giuridica, con al possibilità di simultanea applicazione della pena alla persona fisica e a quella giuridica. Quanto ai criteri d’imputazione, è sufficiente che l’azione illecita si sia realizzata nel contesto sociale dell’organizzazione. Va esclusa la responsabilità della corporation che non abbia la concreta possibilità di impedire il comportamento illecito dell’autore materiale. La responsabilità va esclusa anche quando il reato non dipende dalla cattiva gestione aziendale bensì dalla mera iniziativa del singolo. Qualora la persona giuridica riconosca la propria responsabilità, non viene più indagata la identificazione della persona fisica autrice del reato e la pena viene applicata alla sola Corporation. Le sanzioni sono prevalentemente: la pena pecuniaria, la confisca dei beni e dei diritti, il sequestro dei profitti illegalmente acquisiti, la pubblicazione della sentenza di condanna, il risarcimento del danno e il blocco totale o parziale delle attività economiche dell’impresa.

IL SISTEMA SANZIONATORIO. LE PENE PRIVATIVE DELLA LIBERTA’ PERSONALE E LE SANZIONI PATRIMONIALI E INTERDITTIVE

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6.1 ItaliaLa risposta sanzionatoria in Italia presuppone la commissione di un fatto, offensivo e colpevole. La sanzione, per la finalità rieducativa cui tende, presuppone la commissione di un illecito supportato da un effettivo atteggiamento psicologico dell’agente; deve presupporre, altresì, la possibilità nel soggetto agente di scegliere la condotta da tenere nel caso concreto e la possibilità per l’ordinamento di poter esigere il comportamento conforme al diritto. D’altro lato, l’offensività delimita la possibilità di sanzionare comportamenti che, sebbene rimandino alla descrizione del fatto tipico di reato, si caratterizzano per la loro inoffensività.

Le pene nel codice penale italiano si distinguono in principali ed accessorie.

Le pene principali per i delitti sono:

- ergastolo- reclusione - multa.

Le pene principali per le contravvenzioni sono:

- arresto- ammenda

Le pene accessorie per i delitti sono:

- interdizione dai pubblici uffici- interdizione da una professione o da un’arte- interdizione legale- interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle

imprese- incapacità di contrattare con la P.A.- decadenza o sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale

Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:

- sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte- sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle

imprese

Pena accessoria comune è la pubblicazione della sentenza penale di condanna.

Le pene principali sono inflitte dal giudice con la sentenza di condanna, le pene accessorie conseguono automaticamente alla condanna. Le sanzioni accessorie molto spesso, in un’ottica specialpreventiva, incidono su diritti costituzionalmente garantiti. La sanzione interdittiva, pertanto, incide in maniera più sfavorevole sulle persone che non la sanzione detentiva, sia un’ottica “retributiva” sia in quella special e generalpreventiva. Nei limiti in cui la pena carceraria non superi generalmente tre anni, il condannato può essere ammesso:

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a) all’affidamento in prova al servizio socialeb) alla detenzione domiciliarec) liberazione anticipatad) permessi premie) semilibertà

Le sanzioni alternative alla detenzione rispondono all’esigenza di creare forme alternative di esecuzione, le quali, avvicinando il condannato alla realtà esterna, ne agevolano l’opera di reinserimento sociale. Con il D.Lgs. n. 274/2000, diversi reati di competenza del Tribunale, sono stati attratti nell’orbita di influenza del giudice di pace. In luogo della reclusione è stata introdotta la mera permanenza domiciliare da un minimo di 6 a un massimo di 45 giorni. E’ stata anche introdotta quale sanzione principale il lavoro di pubblica utilità, quando vi sia richiesta da parte dell’imputato. Questi costituiscono esempi di “sanzione socialmente orientata” che persegue la finalità di mitigare il peso imposto dalla pena detentiva pura, al fine preminente di agevolare forme di riparazione anche sociale. Dimentica, tuttavia, i profili di riparazione morale della vittima.

6.2 FranciaCon l’introduzione della responsabilità penale degli enti collettivi, il legislatore d’oltralpe ha creato una serie di sanzioni ad hoc per la persona giuridica: prevede sanzioni criminali o correzionali per l’ente collettivo. Esse sono:

- ammenda- scioglimento della persona giuridica- interdizione dall’esercizio di attività professionali o sociali- sottoposizione a sorveglianza giudiziaria- chiusura definitiva o temporanea degli stabilimenti utilizzati per

commettere il reato- esclusione definitiva o temporanea dai pubblici mercati- interdizione dal fare ricorso al pubblico risparmio- confisca della cosa predestinata a commettere il reato o di quella che

ne costituisce il prodotto- affissione della decisione o diffusione di essa

Tali sanzioni potranno essere applicate anche congiuntamente. Per il resto, il codice del 1994 mantiene inalterata la distinzione tra pene criminali per i crimini, pene criminali per i delitti e pene contravvenzionali per le contravvenzioni. Le pene previste per le persone fisiche sono:

- arresto- ammenda- ammenda giornaliera- lavoro socialmente utile- pene privative dei diritti previsti nell’art. 131-6- pene complementari previste dall’art. 131-10

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Le pene privative dei diritti sono:

1) sospensione della patente di guida per minimo 5 anni2) interdizione dal condurre taluni veicoli3) revoca della patente di guida con l’interdizione nel richiederne una nuova per

minimo 5 anni4) confisca di uno o più veicoli5) immobilizzazione per minimo un anno di uno o più veicoli6) interdizione dal detenere un’arma o dal portarla per minimo 5 anni, quando

per detenzione o porto sia richiesta un’autorizzazione7) confisca di uno o più armi8) revoca del permesso di caccia con l’interdizione dal richiederne uno nuovo per

minimo 5 anni9) interdizione dall’emettere assegni o utilizzare carte di pagamento per minimo

5 anni10) confisca della cosa che è servita o è stata destinata a commettere il reato

o della cosa che ne è il prodotto11) interdizione per minimo 5 anni dall’esercitare un’attività professionale o

sociale (non applicabile all’esercizio di un mandato elettivo o alla carica sindacale)

6.3 GermaniaIn Germania la pena pecuniaria tende a sostituire la pena detentiva. Lo studio criminologico indica la pena pecuniaria come lo strumento migliore per combattere i fenomeni delinquenziali di medio livello, di livello economico e di piccola criminalità. Il trionfo della pena pecuniaria è assicurato dalla possibilità di rendere tale sanzione effettiva. La pena pecuniaria deve essere irrogata, anche nelle ipotesi in cui non sia espressamente prevista per quel tipo di reato, quando il giudice intenda condannare il reo a pena detentiva inferiore ai 6 mesi e l’esecuzione di questa non appaia imprescindibile. Essa è considerata pena principale pubblica e non c’è sanzione civile risarcitoria in favore dello Stato. Il sistema assicura parità di trattamento per tutti i cittadini sebbene versino in condizioni economiche diverse. Infatti, vi è il c.d. “sistema a tassi giornalieri” di derivazione svedese, in grado di tenere nel debito conto sia il grado di illiceità e colpevolezza che le condizioni finanziarie dell’imputato. Il sistema a tassi giornalieri prevede una iniziale fase commisurativa che tenga conto unicamente della gravità del fatto e della colpevolezza del reo; il numero di tassi giornalieri potrà variare dal minimo di 5 ad un massimo di 360. Successivamente si tratterà di fissare la quota dei singoli tassi giornalieri e moltiplicare tale quota per la cifra del tasso giornaliero previamente indicato. In questa seconda fase il giudice è chiamato ad una valutazione delle condizioni personali ed economiche dell’autore deducibili dal guadagno netto che egli ha o potrebbe avere nell’arco di un giorno. Il numero dei tassi esprime il disvalore penale del fatto, mentre la quota esprime la condizione economica dell’autore. Nei casi mancato pagamento, l’ordinamento prevede la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva. Il legislatore ha altresì disposto la conversione della pena pecuniaria in “lavoro di utilità sociale”. La pena patrimoniale, introdotta dalla legge per la lotta alla criminalità organizzata,

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stabilisce che il giudice può, in aggiunta all’ergastolo o ad una pena detentiva superiore ai due anni, condannare il reo al pagamento di una somma di denaro proporzionalmente all’entità del patrimonio di costui. In merito all’acquisizione pubblica e alla acquisizione pubblica del valore corrispondente, il giudice ordina l’acquisizione del profitto conseguito con la commissione dell’illecito penale quante volte non si possa procedere alla tradizionale forma di confisca.

6.4 SpagnaIl legislatore spagnolo prosegue sulla scelta di politica criminale del “doppio binario”. Innovativa appare l’estensione alle misure di sicurezza di tutte le norme garantiste già proprie del sistema disciplinatorio delle pene. Si estende il principio di legalità alle misure di sicurezza che si possono applicare solo quando ricorrono i presupposti previamente stabiliti dalla legge. Le misure di sicurezza sono costruite sul presupposto della pericolosità criminale del soggetto. Il giudizio sulla pericolosità si fonda sulla previa commissione di un fatto previsto come delitto. Le pene applicabili, sia come principali che accessorie, sono le pene privative della libertà, le pene privative di altri diritti e la multa.

Le pene privative della libertà sono:

- prigione- arresto di fine settimana- responsabilità personale sussidiaria per il mancato pagamento della

multa

Le pene privative di diritti sono:

- inabilitazione assoluta- inabilitazione speciale a pubblici impieghi o incarichi, professioni,

attività commerciali o dei diritti di patria potestà, tutela, custodia, curatela, diritto di voto passivo o di qualunque altro diritto

- sospensione da un pubblico impiego o incarico- perdita del diritto di guidare veicoli a motore o ciclomotori- perdita del diritto di possedere e di portare armi- perdita del diritto di risiedere in dati luoghi e frequentarli- lavori svolti a favore della comunità

L’applicazione di una pena privativa di un diritto diverso dalla libertà personale molto spesso reca un maggior carattere afflittivo rispetto all’irrogazione di una pena privativa della libertà.

TRUFFA E FRODE NELLE SOVVENZIONI

Italia

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TRUFFA – Art. 640 c.p.

La truffa è un delitto che offende il patrimonio mediante frode. E’ un reato comune con il quale, tramite artifici o raggiri, si induce taluno in errore al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.

La condotta oggettiva si compone di:

a) artificio o raggirob) induzione in errorec) ingiusto profittod) altrui danno

L’artificio consiste nel far apparire come vera una situazione che in realtà non esiste. Il raggiro si sostanzia in un ragionamento volto a creare un falso convincimento nella vittima. Anche il silenzio o la menzogna possono concretarsi in raggiro o artificio quante volte costituiscono la violazione di uno specifico obbligo giuridico di comunicazione ovvero quando costituiscono violazione del principio di buona fede.

A proposito dell’induzione in errore, non rileva l’astratta idoneità dei mezzi utilizzati ad in indurre in errore chiunque, ma solo la loro concreta idoneità ad indurre in errore la singola vittima, tenuto conto della particolare situazione di fatto.

Il danno e il profitto devono infine essere entrambi prodotti. Il danno deve consistere in una deminutio patrimonii mentre il profitto ingiusto può consistere nell’acquisizione di un vantaggio di natura diversa. Il requisito dell’ingiustizia del profitto si riferisce alla mancanza di una qualsiasi tutela giuridica del profitto conseguito.

Beni giuridici tutelati sono:

- integrità del patrimonio- libertà negoziale dei consociati

Secondo la giurisprudenza, la c.d. truffa contrattuale sussisterebbe oltre che nelle ipotesi in cui la vittima, a seguito dell’artificio o raggiro, abbia concluso il contratto a condizioni per lui sfavorevoli, anche nella ipotesi in cui la vittima abbia corrisposto il giusto prezzo della cosa acquistata atteso che comunque la cosa non sarebbe stata voluta dalla vittima senza la frode del truffatore o risulti del tutto inutile.

Occorre la presenza del dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di tutto il fatto tipico.

La truffa è punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 51 euro a 1032 euro. Nelle ipotesi aggravate, che si configurano quando il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità, la pena è la reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 309 euro a 1549 euro.

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FRODE IN SOVVENZIONI – Art. 640bis c.p.

E’ titolo autonomo di reato sebbene presenti la dizione “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. L’oggetto giuridico tutelato è il patrimonio pubblico.

La truffa nel credito si configura quando gli artifici o raggiri vengono posti in essere per indurre in errore l’amministrazione Statale o di enti pubblici territoriali o delle C.E. per ottenere con danno delle stesse, contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo che gravino sul bilancio delle amministrazioni citate. La norma in esame chiude il cerchio normativo apertosi con l’introduzione dell’art. 316bis (malversazione a danno dello Stato). Con l’art. 640bis si punisce la fraudolenta captazione delle erogazioni pubbliche; con l’art. 316bis si punisce la condotta di sottrazione delle erogazioni alle finalità cui erano destinate.

Il dolo è generico.

La pena è della reclusione da 1 a 6 anni. In seguito all’entrata in vigore della legge 29 settembre 2000, n.300 è stato inserito il nuovo articolo 316ter “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”. Trattasi di reato sussidiario in quanto il fatto si configura solo quando non costituisce il diverso reato di cui all’art. 640bis. Con la norma in esame si punisce la condotta di chiunque mediante la utilizzazione o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle C.E. Tale norma appare un inspiegabile doppione dell’art. 640bis avendo un marginalissimo se non alcuno spazio applicativo. La plurioffensività del reato in esame giustifica l’inserimento di esso nel Titolo dei Delitti contro la P.A.

FranciaTRUFFA – Art. 313-1 c.p.

Consiste nel fatto di chi, mediante l’uso di un falso nome, di una falsa qualità, di manovre fraudolente o mediante l’abuso di una qualità vera, trae in inganno una persona fisica o giuridica, e così la determina, a suo danno o a danno di un terzo, a consegnare fondi, valori o un qualunque bene, a fornire un servizio o a consentire un atto comportante una obbligazione o un esonero.

Il fatto oggettivo si compone di:

a) impiego di mezzi fraudolentib) induzione in errorec) disposizione patrimoniale della vittimad) danno

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La tipizzazione dell’attività fraudolenta e dei modi di disposizione patrimoniale costituiscono il tratto differenziale con la disciplina prevista in Italia.

Beni giuridici tutelati sono:

- libertà del volere- fiducia che governa i rapporti sociali

E’ tipizzata anche la truffa contrattuale, prevedendosi la contrazione di un’obbligazione non voluta in condizioni di travisamento indotto dai fatti.

L’art. 313-2 prevede delle ipotesi aggravate quando sia realizzata:

1) da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell’esercizio delle sue funzioni.

2) da una persona che assume indebitamente la qualità di persona incaricata di pubblico servizio o autorità.

3) da una persona che fa appello al pubblico in vista dell’emissione di titoli o raccolta di fondi a fini umanitari e sociali.

4) in pregiudizio di persona la cui particolare vulnerabilità, dovuta a età, malattia, infermità o gravidanza, è manifesta o conosciuta dall’attore.

5) da una banda organizzata.

Si desume che oggetto di tutela è anche il regolare funzionamento ed il prestigio delle amministrazioni pubbliche.

La pena per il reato base è della prigione di 5 anni e della ammenda di 375.000 euro. La pena per le ipotesi aggravate è della prigione di 7 anni e dell’ammenda di 750000 euro.

L’elemento soggettivo è il dolo generico.

Il tentativo è equiparato quoad poenam alla fattispecie di truffa consumata.

Art. 313-2 c.p.

Il riferimento all’”abuso di qualità vera” richiama alla mente il reato italiano di “concussione” ex art. 317 c.p. per “induzione”: pertanto, diventa pericolosamente problematico il confine tra l’italiano 317 (pena fino a 12 anni) e il francese 313-2 (pena fino a 7 anni). L’ipotesi aggravante della truffa operata in danno di persone vulnerabili era assimilabile al reato di “circonvenzione di incapace” previsto nell’abrogato art. 313-4; la particolarità risiedeva nel fatto che il reato veniva punito meno gravemente rispetto a quello previsto nell’art. 313-2: a razionalizzare il sistema ha provveduto la legge n. 504/2001 che all’art. 21 abroga l’art. 313-4 c.p.

GermaniaTRUFFA – § 263 STGB

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La truffa si configura nell’azione di chiunque, con l’intenzione di procurare a sé o ad altri un illecito vantaggio patrimoniale, offende il patrimonio altrui generando o mantenendo un errore attraverso la simulazione di fatti falsi oppure l’alterazione o la soppressione di fatti veri. Si caratterizza per la scelta di farvi rientrare anche il comportamento omissivo quale fonte dell’inganno. Ciò significa che l’autore sarà considerato punibile quante volte approfitti dell’errore altrui per trarne vantaggio patrimoniale e sarà investito di un obbligo di comunicazione nei confronti della vittima, derivante dal generale principio di buona fede e correttezza. Nella condotta omissiva, il falso può anche assumere la veste delle categorie del falso materiale e/o ideologico. Nel secondo caso l’autore si limita a sopprimere la realtà oppure ad alterarla facendo apparire veri fatti che evidentemente recano un difetto di genesi.

Si rinvengono elementi del fatto similari a quelli italiani:

a) artifici e raggirib) errorec) dannod) vantaggio illecito

L’elemento soggettivo è, a differenza di quello italiano, il dolo specifico, occorrendo l’ulteriore fine del trarre un illecito vantaggio dalla situazione ingenerata.

Beni giuridici tutelati sono:

- patrimonio- affidamento della vittima

La pena è della reclusione fino a 5 anni o della pena pecuniaria. Nei casi particolarmente gravi si applica la pena detentiva da 1 a 10 anni.

TRUFFA NELLE SOVVENZIONI - § 264 STGB

Consiste nel fatto di chiunque:

a) ad un’autorità competente per la concessione di una sovvenzione o a persona (sovvenzionata) chiamata ad intervenire nel procedimento di concessione di una sovvenzione, a proprio o altrui profitto, fornisce indicazioni erronee o incomplete, vantaggiose per sé o per altri, su fatti rilevanti ai fini della concessione di sovvenzioni.

b) lascia il sovvenzionante all’oscuro su fatti rilevanti per la concessione della sovvenzione

c) in un procedimento di sovvenzione utilizza una certificazione ottenuta mediante indicazioni erronee o incomplete.

Per sovvenzione si intende una prestazione di risorse pubbliche a imprese o ad aziende, concessa senza una controprestazione adeguata alle leggi di mercato e dovrebbe servire da incentivo all’economia. La finalità perseguita è quella di salvaguardare l’intera economia nazionale.

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Risulta punibile anche colui che per colpa grave non aveva conoscenza piena della inesattezza dei dati forniti ma che avrebbe dovuto conoscerli, essendo destinatario di un aiuto pubblico.

La pena prevista per il reato base è la pena detentiva fino a 5 anni o la pena pecuniaria. Nelle ipotesi aggravate la pena va da 6 mesi a 5 anni. Nel caso di colpa grave la pena è la detenzione fino a 3 anni o la pena pecuniaria. Diventa di particolare evidenza la differenza di sanzione e di elemento soggettivo e la diversità di contenuto della modalità oggettiva che, pur specifizzati, sono notevolmente estensibili.

SpagnaTRUFFA – Art. 248 c.p.e.

Commettono truffa coloro che, per scopo di lucro, usano inganni sufficienti a far cadere in errore altri, inducendoli a compiere un atto di disposizione in danno proprio o altrui. Il legislatore spagnolo, come quello italiano e a differenza di quello tedesco e francese, non tipizza le forme in cui si deve sostanziare l’inganno.

Elementi oggettivi sufficienti sono:

a) ingannob) errorec) atto di disposizione patrimonialed) dannoe) non si richiede il conseguimento di un vantaggio ingiusto

Ne deriva che il reato è consumato quando si verifica unicamente l’atto di disposizione patrimoniale.

L’elemento soggetto è il dolo specifico, caratterizzato dallo scopo di lucro.

Beni giuridici tutelati sono:

- patrimonio- libertà del consenso nei negozi patrimoniali

La pena va da 4 a 6 anni di prigione se il valore oggetto della frode supera 260 euro circa. La truffa è aggravata e punita con la prigione da 1 a 6 anni quando:

1) ricade su cose di prima necessità o di utilità sociale.2) è commessa simulando una lite.3) è realizzata usando cheques, pagherò, lettere di cambio in bianco o un negozio

cambiario fittizio.4) è perpetrata a abusando della sottoscrizione altrui ovvero sottraendo,

nascondendo o rendendo inutilizzabile qualche procedimento o documento pubblico o ufficiale.

5) ricade su beni facenti parte del patrimonio artistico, storico, culturale o scientifico.

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6) riveste particolare gravità in ragione del valore della frode e della situazione economica della vittima.

7) è commessa abusando delle relazioni personali esistenti tra la vittima ed il truffatore ovvero questi approfitta della sua credibilità commerciale.

TRUFFA IN SOVVENZIONI – Art. 308 c.p.e.

Intende tutelare il patrimonio pubblico (economia pubblica).

E’ punito chi ottiene una sovvenzione, sgravi o aiuto dalle amministrazioni pubbliche per più di 5000 euro, falsificando le condizioni richieste per la loro concessione od occultando quelle che le avrebbero impedite. Nel comma 2 è prevista la malversazione a danno dell’amministrazione pubblica della sovvenzione ottenuta. E’ punita infatti la condotta di chi alteri sostanzialmente le finalità per le quali la sovvenzione fu concessa.

In entrambi i casi la pena prevista è la prigione da 1 a 4 anni e la multa pari al sestuplo dell’importo sovvenzionato.

FRODE INFORMATICA

ItaliaArt. 640ter: frode informatica – Art. 635bis: danneggiamento di sistemi informatici e telematici

Consiste nel fatto di chi procura a sé o ad altri un profitto ingiusto, mediante la alterazione del funzionamento di un sistema informatico o telematico, ovvero per mezzo di un intervento, senza diritto, su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinente.

La frode informatica si colloca nell’ambito dei c.d. computer’s crimes.

Beni giuridici protetti sono:

- patrimonio- riservatezza dei dati

Il reato incide essenzialmente su diritti individuali, donde il regime della perseguibilità o querela così che il soggetto passivo del reato ha facoltà di escludere l’intervento punitivo statuale. Benché il comportamento delittuoso possa essere realizzato in qualsiasi modo, deve necessariamente indirizzarsi in una alterazione del funzionamento del sistema informatico o telematico oppure in un intervento non autorizzato su dati, informazioni e programmi.

Per sistema informatico si intende l’insieme degli elementi hardware e software e cioè l’unità centrale di elaborazione dati, elemento fisso, e una o più unità principali

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di programmi applicativi o archivi di dati o informazioni. Per programma si intende un insieme di istruzioni scritte in qualsiasi codice o linguaggio comprensibile da un elaboratore. L’informazione è la notizia data all’elaboratore che, una volta immagazzinata, diviene “dato”. Alterare significa cagionare un’anomalia di funzionamento mediante la modificazione delle normali sequenze operative. L’intervento non autorizzato è ipotesi diversa: con l’intervento senza diritto si prende cognizione di un sistema informatico di cui non si aveva conoscenza per trarre un ingiusto profitto e non si opera su di esso per alterarlo.

Elemento soggettivo è il dolo generico.

Costituiscono ipotesi aggravate:

1) l’aver commesso il fatto in danno dello Stato o di altro Ente pubblico.2) l’aver commesso il fatto col pretesto di far esonerare taluno dal servizio

militare.3) l’ aver commesso il fatto con abuso della qualità di operatore del sistema, posta

in essere in violazione dell’obbligo di fedeltà.

La pena per il reato base è della reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 51 euro a 1032 euro. Per le ipotesi aggravate la pena è della reclusione da 1 a 5 anni e della multa da 309 euro a 1549 euro.

Ciò che differenzia la frode informatica dalla truffa è la mancanza di induzione in errore della vittima, atteso che la frode è commessa interagendo unicamente con un elaboratore elettronico. Molto spesso alla base della frode informatica vi è la condotta punita dall’art. 635bis “danneggiamento di sistemi informatici e telematici”. Il c.d. sabotaggio di computer è pertanto reato distinto dalla frode informatica e volto a tutelare unicamente l’intangibilità del bene informatico altrui.

La pena base è la reclusione fino a 1 anno e, nell’ipotesi aggravata dell’aver abusato della qualità di operatore del sistema, la reclusione da 1 a 4 anni. Interessante è notare come nel caso dell’alterazione del sistema informatico ciò che qualifica tale condotta è il fine ulteriore che l’agente si propone di perseguire. Nel caso intenda esclusivamente alterare, sarà applicabile l’art. 635bis (costruito, infatti, con dolo generico); nel caso intenda finalizzare la condotta di alterazione per il conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno sarà applicabile l’art. 640ter, costruito sul dolo specifico.

FranciaArt. 323-1, 323-2, 323-3 c.p.

Non è tipizzata la frode informatica. L’art. 323-1 prevede le diverse figure delittuose del “sabotaggio di computer o software” e dell’” accesso abusivo ad un sistema informatico”.

Il comma 1 punisce il fatto di accedere o di mantenersi fraudolentemente in un sistema di trattamento automatizzato di dati.

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Prevede una pena pari ad 1 anno di prigione e 15000 euro d’ammenda.

Il legislatore propende per una tutela anticipata del sistema informatico ed intende altresì tutelare la riservatezza del contenuto informativo. Si vuol colpire gli hackers.

Il comma 2 prevede un aggravamento di pena ( 2 anni di prigione e 30000 euro d’ammenda) nell’ipotesi in cui dall’accesso al sistema sia derivata una modifica o alterazione dei dati o nel funzionamento del sistema stesso: è questa l’ipotesi di sabotaggio di software; la costruzione è quella del reato aggravato dall’evento.

L’art. 323-2 punisce, con 3 anni di reclusione e 45000 euro di ammenda, il fatto di impedire o alterare il funzionamento di un sistema di trattamento automatizzato di dati. In questo caso, l’accesso è finalizzato alla falsificazione.

Dispone l’art. 323-3 che il fatto di introdurre fraudolentemente dei dati in un sistema di trattamento automatizzato o di sopprimere o modificare dati in esso contenuto è punito con la prigione di 3 anni e 45000 euro d’ammenda.

Germania§ 263a: Computerbetrug - § 303b: sabotaggio di computer

La frode informatica si realizza allorquando si rechi offesa al patrimonio altrui influendo sul risultato di un procedimento di elaborazione dati.

La condotta oggettiva tipizzata prevede:

a) manipolazione di input (utilizzo di dati erronei o incompleti).b) manipolazione del sistema (erronea configurazione del programma).c) manipolazione di output (intervento non autorizzato sulla espressione dei dati).

I beni giuridici tutelati consistono in:

- intangibilità del patrimonio- regolarità e correttezza del traffico giuridico dei dati e delle informazioni utili

agli scambi commerciali

La norma è costruita sul dolo specifico, richiedendo l’intenzione di procurare a sé o ad altri un illecito vantaggio patrimoniale. Pertanto, non sarà considerato punibile, a titolo di computerbetrug, colui che per diverse finalità si introduce nel sistema informatico altrui.

Soccorrono, tuttavia, gli artt. 303a (manipolazione di dati) e 303b (sabotaggio di computer). Si ha manipolazione di dati nel comportamento di chi illecitamente cancella, sopprime, rende inservibili oppure altera dati. Si ha sabotaggio informatico quando invece si proceda al disturbo di un elaborazione dati di essenziale importanza per un’altrui azienda, impresa o autorità (attacco al sistema hardware o alterazione o soppressione del software).

La norma tutela l’interesse dell’economia nazionale.

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La pena prevista per la computerbetrug è la pena detentiva fino a 5 anni o la pena pecuniaria. La pena prevista per la manipolazione di dati è della detenzione fino a 2 anni o della pena pecuniaria. La pena prevista per il sabotaggio informatico è della detenzione fino a 5 anni o della pena pecuniaria.

SpagnaArt. 248 c.p.e

Al comma 2, si considerano colpevoli di truffa anche coloro che, per scopo di lucro, e avvalendosi di qualche manomissione informatica o simile artifizio, ottengono il trasferimento non consentito di qualunque attività patrimoniale in danno di un terzo.

Per trasferimento non consentito si intende una disposizione non illecita ma che, non essendo autorizzata, diviene illecita allorché il momento autorizzativo di concessione dell’utilità viene azionato subdolamente attraverso la predisposizione di un qualche ingegno informatico. Completano l’elemento oggettivo il danno altrui e il profitto.

Trattasi di dolo specifico, concretizzantesi nel perseguimento del lucro.

La pena è della prigione dai 6 mesi ai 4 anni se il valore oggetto della frode supera 260 euro circa.

FURTODelitti contro il patrimonio

In Italia i delitti contro il patrimonio sono disciplinati nel Titolo XIII del Libro II del c.p. Nel Capo I sono previsti “I delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone”; nel capo II sono previsti “I delitti contro il patrimonio mediante frode”.

I delitti commessi mediante violenza ledono i beni:

- patrimonio- vita

I delitti commessi mediante frode ledono i beni:

- patrimonio- fiducia tra consociati

La suddivisione operata dal legislatore è contestata da buona parte della dottrina, la quale rileva che non sempre un reato contro il patrimonio può essere commesso con violenza, ma può accadere che siano ipotizzabili per lo stesso reato, condotte non già violente ma fraudolente. E’ il caso, ad esempio, del furto che prevede, tra le altre, quali sue circostanze aggravanti l’uso della violenza sulle cose o l’uso di un qualsiasi mezzo fraudolento. Questa dottrina incentra la propria classificazione su diverse

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tipologie di aggressione, dividendo tra delitti di aggressione unilaterale e delitti di cooperazione artificiosa della vittima.

La prima categoria sarebbe caratterizzata dall’aggressione unilaterale del reo: la vittima subisce la condotta, non collaborando alla produzione dell’evento dannoso. Rientrano in tale categoria: furto, rapina, appropriazione indebita, danneggiamento.

La seconda categoria si caratterizzerebbe per la rilevanza della volontà comportamentale della vittima, la quale subisce un’influenza ab externo che non annulla del tutto la volontà in ordine alla condotta da porre in essere, residuando una seppur limitata libertà nella scelta. Rientrano in tale categoria: estorsione, truffa, insolvenza, circonvenzione di incapaci.

Per ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni, utilità di provenienza illecita, sarebbe corretto parlare di un terzo genere di reati contro il patrimonio, ove l’elemento fiducia tra consociati sembra avere netta prevalenza.

Fuori dal codice penale, gli artt. 2621 e 2622 c.c. (delitto di false comunicazioni sociali) e 2627 c.c. (delitto di illegale ripartizione degli utili o riserve), sono intesi a tutelare interessi patrimoniali specifici dell’impresa, nonché l’economia pubblica. Nella legislazione speciale spiccano i reati di bancarotta semplice e fraudolenta. L’introduzione con l’art.2 c.2 legge n.128/2001 “Interventi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini” dell’art. 624 c.p., rende autonomi i reati di “Furto in abitazione” e “Furto con strappo”, normativizzati come fattispecie speciali e non più circostanziate.

In Francia i delitti contro il patrimonio sono compresi nel Libro III. Ciò che opera da discrimen tra di essi è la modalità di aggressione ai beni; vi è netta distinzione tra le modalità fraudolente e le altre aggressioni. Nel primo caso la voluntas legis è di tutelare il bene proprietà e il bene fiducia. Nelle c.d. appropriazioni fraudolente rinveniamo: furto, estorsione, truffa, distruzioni. Nelle c.d. altre aggressioni abbiamo: ricettazione, distruzioni e/o deterioramenti, aggressioni ai sistemi di elaborazione automatizzata di dati.

In Germania i delitti contro il patrimonio sono previsti nella Parte Speciale Titolo IV sezioni 19°-22°. Nella sezione 19° vengono disciplinate rapina ed estorsione, unificate dall’aggressione al bene patrimonio mediante violenza o minaccia. Nella sezione 21° si sanzionano favoreggiamento e ricettazione, ovvero ipotesi di apporto e/o agevolazione alle condotte finalizzate alla lesione del bene patrimonio. Nella sezione 22° vi sono truffa e infedeltà che postulano la lesione di beni di stretta derivazione sociale-politica quali: affidamento, correttezza e buona fede.

In Spagna, ad occuparsi dei delitti contro il patrimonio è il Titolo XIII del Libro II che disciplina, unitariamente, i delitti contro il patrimonio e contro l’ordine socioeconomico. A tal proposito vengono sanzionati, ad esempio, i delitti relativi al mercato ed ai consumatori che pongono in immediato rilievo la stretta contiguità tra il sistema economico del Paese e le singole posizioni dei consumatori incisi nel loro bene patrimoniale.

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Concetto di patrimonio

Secondo la concezione privatistica, spetterebbe al diritto penale soltanto il compito di recepire i concetti fatti propri dalla dottrina e dalla giurisprudenza civilistica, limitandosi a sanzionare le violazioni collegate ai dettami assunti. Alla corrente privatistica si contrappone quella autonomistica che rivendica al diritto penale una funzione costitutiva, sostenendosi che il significato dei termini va ricercato secondo canoni propri ed esclusivi al diritto penale stesso. Secondo la concezione pan-civilistica, per patrimonio andrebbe intesa la somma dei diritti ed obblighi soggettivi patrimoniali che fanno capo ad un soggetto. Conseguentemente, il danno patrimoniale andrà inteso in un’ottica strettamente formale quale perdita o limitazione di un diritto già perfetto. Una simile concezione isolerebbe da risposta sanzionatoria tutte quelle forme di aggressione atte a porre soltanto in pericolo il bene oggetto di tutela, residuando un inaccettabile vuoto normativo. Rientrando nel concetto di patrimonio ogni diritto soggettivo, perfetto sul piano formale, si acconsentirebbe a tutelare ogni minima lesione degli stessi anche se di scarso rilievo, lasciando però impunite tutte le lesioni a quelle situazioni che hanno un reale valore di scambio ma non sono cristallizzate in forma di diritto soggettivo. Alla luce di tali considerazioni si affermò la concezione economica, che includeva nel concetto patrimonio ogni valore che fosse economicamente valutabile ed apprezzabile e che appartenesse ad un soggetto. E’ questa un’impostazione autonoma, essendo il nucleo del concetto allargato a ricomprendere le aspettative e persino le cose possedute contra ius.

In Germania la nozione di patrimonio è stata oggetto di discussioni in dottrina che nel tempo sono approdate alla creazione di tre concezioni fondamentali: giuridica, economica, mista. Secondo la concezione giuridica, il patrimonio sarebbe la risultante dei diritti e degli obblighi patrimoniali di una persona: si riporta integralmente al dictum del diritto civile. Ne deriva che la lesione al bene patrimonio non può non essere una lesione di un diritto patrimoniale già perfetto, in grado di essere esercitato e pienamente goduto. La concezione economica fa rientrare nella nozione di patrimonio una qualsiasi situazione o un qualsiasi interesse meritevole di considerazione economica. Non solo patrimonio quale complesso di diritto ma ampliamento dello stesso a quelle situazioni suscettibili di avere nel mercato, un valore di scambio. La tutela di ogni posizione economicamente valutabile renderebbe oggetto di tutela anche quelle posizioni di signoria sulla cosa vietata ab initio poiché contra ius. La concezione mista concilia le altre due posizioni, considerando il patrimonio come il complesso dei diritti che rappresentano valori economici, cioè entità formata da beni aventi valore economico di scambio ma che contestualmente si strutturano in categorie giuridicamente rilevanti. Il danno patrimoniale va individuato nella diminuzione delle potenzialità economiche del soggetto che nel benessere economico trova delle forme di sviluppo della propria personalità.

Nozione di altruità della cosa

Il problema che si pone è se la cosa altrui sia quella in proprietà, in senso civilistico, di altri o sia la cosa anche soltanto in godimento o garanzia di altri. Accettando la prima teoria si dovrebbe ritenere legittimo il comportamento del proprietario che

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sottragga al creditore pignoratizio le cose da questi ricevute in pegno. Si pensi agli artt. 392 e 393 c.p. rubricati “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose” ed “alle persone” che, sussidiariamente al furto, andrebbero applicati alle ipotesi citate. Sennonché è facile osservare contro tale operazione che la risposta sanzionatoria dei delitti ex artt. 392 e 393 c.p. è irrisoria rispetto a quella prevista per il furto.

Teoria contrapposta è quella che attribuisce alla espressione medesima il più largo significato di cosa sulla quale l’agente non avrebbe diritto di esercitare il potere che di fatto esercita. Altrui è considerata la cosa alla quale un soggetto, diverso dall’agente, sia legato da una oggettiva relazione di interesse e, pertanto, va tutelato contro abusi esercitati dal proprietario.

Nozione di profitto

La dottrina prevalente intende il profitto in maniera allargata come comprensivo di qualsiasi vantaggio anche di natura morale che dal fatto illecito il reo voglia trarre. Viene rispettata dalla giurisprudenza la nozione di profitto intesa in senso strettamente economico quale utilità patrimonialmente valutabile, in grado di arricchire il reo economicamente. Ma lo stesso, spesso, conforma la volontà specifica del reo che mira proprio al conseguimento di un vantaggio, di qualunque natura esso sia. L’art. 624 c.p. indicativo al riguardo in quanto è necessario, onde punire il comportamento, non solo il vantaggio oggettivo di un illecito arricchimento, sia esso morale o patrimoniale, ma anche la finalizzazione di tutto il comportamento illecito pregresso verso tale utilità.

Nozione di possesso e detenzione

Il possesso costituisce la relazione di fatto esistente tra la cosa e colui che, su di essa, esercita un potere di signoria assoluto.

La detenzione consiste nella relazione di fatto tra una persona e una cosa, esercitata nei limiti di una stretta e rigorosa vigilanza del possessore, unico “signore” della cosa stessa.

Funzione principale del possesso è quella di delimitare il momento consumativo del reato: si pensi al furto, ove l’impossessamento e non la semplice detenzione completano la fattispecie penalmente rilevante. In dottrina, si contrappongono la teoria civilistica e quella autonomistica. La prima reputa esservi possesso soltanto al ricorrere del “corpore detinere” e dell’”animus rem sibi habendi”. L’animus distinguerebbe il possesso dalla detenzione, accomunati dall’eguale rapporto di fatto con la cosa. La teoria autonomistica introduce il concetto dell’apparentia iuris: si considera cioè il possesso, la relazione di fatto sulla cosa che ingeneri negli altri consociati la considerazione di una autonoma disponibilità della cosa. Pecca però tale teoria secondo la giurisprudenza, in quanto ometterebbe di considerare la reale relazione di fatto esistente tra persona e cosa. Ecco perché il possesso viene

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individuato come potere di signoria di fatto sulla cosa svincolato da ingerenze, controlli o vigilanza altrui.

ItaliaL’art. 624 c.p. punisce: “chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri”.

Oggetto giuridico tutelato è il possesso delle cose mobili. La giurisprudenza riconosce anche il furto perpetrato da un ladro su un altro ladro. Il possessore sarà, in tale ipotesi, il soggetto passivo dell’azione, mentre il proprietario sarà il danneggiato dal reato.

E’ reato comune poiché può essere commesso da chiunque.

Il comma 2 espressamente prevede che “si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico”. Vi rientra anche l’energia genetica (cioè la capacità riproduttiva di un animale da monta, che può essere sottratta nel momento in cui il proprietario dell’animale non presti il consenso o autorizzi all’accoppiamento).

La sottrazione implica l’eliminazione dell’altrui possesso e richiede il dissenso del possessore. L’espressione “sottrazione” è riferita esclusivamente all’azione materiale con cui si è tolto, a chi lo aveva, il potere di fatto sulla cosa. Con l’espressione “impossessamento” si indica, invece, il fenomeno mediante il quale l’agente instaura sulla cosa una signoria di fatto, autonoma ed indipendente, attuata con l’animus rem sibi habendi. Ciò che rileva, ai fini della consumazione del reato di furto è, pertanto, l’impossessamento. La mera sottrazione potrà integrare al più un tentativo di furto. Completa l’elemento oggettivo del reato la percezione di un ingiusto profitto per sé o per altri, che si può anche sostanziare nella percezione di qualsiasi utilità o soddisfazione.

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, cioè il fine di trarre profitto.

Il delitto è dal 1999 perseguibile a querela della persona offesa nell’ipotesi base ed è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 154 euro a 516 euro.

L’art. 624bis c.p. punisce le condotte di furto specializzate dall’elemento o della “introduzione in un edificio od altro luogo destinato a privata dimora o nelle pertinenze di essa” oppure dello “strappo da mano o da dosso” alla persona derubata. Tale articolo è una norma ad hoc, voluta dal legislatore nel c.d. pacchetto sicurezza. Con il furto in abitazione si intende tutelare l’inviolabilità del domicilio e la sicurezza sociale, con il c.d. “scippo” si intende tutelare l’incolumità individuale piuttosto che il bene patrimonio. Con la fattispecie ora “speciale” e non più circostanziata, non può più operarsi una forte diminuzione della pena mediante il bilanciamento tra circostanze previsto dall’art. 69 c.p.

La pena prevista per tali ipotesi è della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 309 euro a 1032 euro.

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Costituiscono circostanze aggravanti del reato di furto:

1) se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di qualsiasi mezzo fraudolento2) se il colpevole porta indosso armi o narcotici, senza farne uso3) se il fatto è commesso con destrezza4) se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero da una sola che simuli la

qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio5) se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori6) se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici o

destinato a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza7) se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolto in gregge o in

mandria, ovvero su animali bovini o equini anche non raccolti in mandria

La pena per tale ipotesi è della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 103 euro a 1032 euro, suscettibili di giudizio di equiparazione con le circostanze attenuanti di cui all’art. 69 c.p.

FranciaIl furto rientra nella sottrazione fraudolenta della cosa altrui, con ciò chiarendo ab initio che la condotta di sottrazione deve essere connotata necessariamente dall’intenzione di frodare l’altrui persona non essendo bastevole la semplice sottrazione. Punibile a titolo di furto non è solo colui che sottrae la cosa altrui ma anche colui che predispone un piano per sottrarre fraudolentemente la cosa altrui, sebbene non sia l’autore materiale. Nella giurisprudenza italiana, l’utilizzo di carte di pagamento magnetiche contraffatte è pacificamente riportato nell’ipotesi frode informatica. La giurisprudenza francese, invece, si chiede se trattasi di furto o truffa: si propende per la tesi del furto, atteso che per aversi truffa è necessario che si perpetui con inganno della vittima. La truffa non è tanto reato che offende il patrimonio altrui ma piuttosto offende la fiducia tra i consociati.

La pena prevista per il furto semplice è della reclusione di 3 anni e dell’ammenda di 45000 euro. Il furto aggravato è punito con la reclusione di 5 anni e l’ammenda di 75000 euro e si ha allorquando il fatto è commesso:

a) da una pluralità di persone che non costituiscono una banda organizzatab) da una persona esercente una pubblica funzionec) da una persona che assume indebitamente la qualità di pubblico ufficialed) contro una persona particolarmente vulnerabile per età, malattia o infermitàe) nei locali adibiti ad abitazione privata

Il furto aggravato da violenza o barbarie che determina la morte della vittima è punito con la pena della reclusione perpetua e l’ammenda di 150000 euro.

Germania

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Il furto si configura quante volte venga ad essere sottratta ad altri una cosa mobile altrui con l’intenzione di appropriarsi della stessa antigiuridicamente. Con la dizione “sottrae ad altri” si intende che la sottrazione costituisce mero strumento di apprensione materiale del bene altrui atteso che è finalizzata a privare l’altro della signoria di fatto sul bene; segue l’impossessamento indebito.

Il furto, infine, deve avvenire con l’intenzione di appropriarsi della cosa, ma tale intenzione fa parte della condotta oggettiva del reato. La sottrazione non finalizzata all’impossessamento sarebbe penalmente irrilevante: al più sarebbe possibile parlare di mero tentativo di furto, considerato, diversamente dalla normativa francese, punibile.

La pena prevista è la detenzione fino a 5 anni o la pena pecuniaria. Nelle ipotesi aggravate la pena va dai 3 mesi ai 10 anni di detenzione.

Ipotesi aggravate sono i casi in cui l’autore:

1) irrompe o penetra in un edificio, in un’abitazione, in uno spazio adibito ad un pubblico servizio, oppure si tiene in essi nascosto

2) ruba una cosa protetta in modo particolare3) ruba per professione4) ruba una cosa destinata al culto5) ruba una cosa di rilievo per la scienza, l’arte o la storia o per l’evoluzione

tecnica, facente parte di una raccolta accessibile o esposta al pubblico6) ruba approfittando dell’altrui stato di minorata difesa, di un incidente o di una

situazione di comune pericolo, oppure ruba armi da guerra

La pena della detenzione è da 6 mesi a 10 anni quando il furto è commesso portando con sé un’arma da fuoco o da una banda. Per i furti di minor rilievo, il codice prevede la figura dell’archiviazione condizionata. Trattasi di un istituto per il tramite del quale, ove vi sia il consenso del giudice e dell’imputato, il pubblico ministero può astenersi temporaneamente dall’elevazione dell’accusa, imponendo particolari forme di risarcimento che, ove adempiute, fanno venir meno il perseguimento del reato. E’ istituto di deflazione dibattimentale che attiene ad esigenze specialpreventive e retributive.

SpagnaIl furto è disciplinato dall’art. 234 c.p.e. “Chi, per scopo di lucro, prende le cose mobili altrui senza il consenso del proprietario è punito…” Rientra tra i delitti contro il patrimonio e contro l’ordine socioeconomico.

E’ reato comune. Ove ci sia consenso del proprietario all’apprendimento del bene ma questo sia in possesso di altri, la condotta di sottrazione non reca con sé i connotati della fattispecie di furto. Ciò che conta è la pregressa autorizzazione del proprietario e non la volontà di colui che detiene o possiede. Il fatto di furto sarà penalmente rilevante solo quando il valore della cosa sottratta sia superiore ai 260 euro circa.

Trattasi di reato a dolo specifico, finalizzato all’ulteriore scopo di lucro.

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La pena base è la prigione da 6 a 18 mesi. Il furto è punito con la prigione da 1 a 3 anni nelle ipotesi aggravate:

1) quando sono sottratte cose di valore artistico, storico, culturale o scientifico2) quando si tratta di cose di prima necessità se la sottrazione cagiona una

situazione di bisogno3) quando è di particolare gravità in relazione al valore della cosa4) quando pone la vittima o la sua famiglia in una grave situazione economica o è

stato realizzato abusando delle condizioni personali della vittima.

RAPINA/ESTORSIONE

ItaliaC’è una netta distinzione tra estorsione (art. 629) e rapina (art. 628).

Con l’art. 628 c.p. sono previste rapina propria ed impropria, accomunate dall’impossessamento di cose mobili altrui e mediante l’uso di violenza o minaccia alla persona:

- si configura rapina propria nel caso di chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene.

- si configura rapina impropria nel caso di chiunque adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

Entrambe rispondono allo schema del reato complesso.

Il successivo art. 629 c.p. punisce a titolo di estorsione chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.

Nella rapina, l’agente si impossessa ex se della cosa o costringe in maniera assoluta la vittima a consegnare il bene mobile, nell’estorsione invece non vi è una vis absoluta della vittima, la quale è in facoltà di scegliere se disporre dei propri beni in favore dell’estorsore o meno. Inoltre, l’estorsione può riguardare anche beni immobili. Nell’estorsione, la violenza può guardare anche le cose in proprietà della vittima, mentre nella rapina la violenza ricade sulla persona.

Il criterio differenziale tra rapina e furto con strappo è costituito dalla diversa direzione della violenza che può investire direttamente la persone che detiene la cosa (rapina) ovvero essere esercitata esclusivamente sulla cosa (furto con strappo) anche se dalla sua esecuzione possa derivare quale ripercussione, indiretta ed involontaria, sulla persona.

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Bene giuridico tutelato con la rapina è l’incolumità individuale. Beni giuridici tutelati con l’estorsione sono: patrimonio e libertà del consociato nel determinarsi a concludere negozi giuridici.

Nella rapina tra il dato dell’aver adoperato violenza o prospettato minaccia e quello della sottrazione e conseguente impossessamento deve esserci uno stretto nesso di causalità. Il soggetto deve sottrarre con le proprie mani la cosa alla vittima, altrimenti si ricade nell’estorsione. In ipotesi-limite in cui viene minacciato o imposto qualcosa di imminentemente grave si tende a rivenire la fattispecie di rapina e non di estorsione.

Elemento soggettivo del reato di rapina è il dolo specifico. Nel caso di rapina impropria tutto il fatto deve essere connotato dall’ulteriore intenzione di assicurare a sé o ad altri il possesso del bene sottratto o di procurare a sé o ad altri l’impunità. Anche per il reato di estorsione si richiede dolo specifico, cioè l’intenzione di assicurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Secondo un diverso orientamento, il procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto costituisce non già lo scopo in vista del quale il colpevole si determina al comportamento criminoso, ma un elemento della fattispecie oggettiva: per tale motivo, questo orientamento reputa che il reato estorsivo sia costruito sullo schema del dolo generico.

La pena prevista per la rapina è la reclusione da 3 a 10 anni e la multa da 516 euro a 2065 euro. La pena è della reclusione da 4 anni e 6 mesi a 20 anni e della multa da 1032 euro a 3098 euro nelle ipotesi aggravate:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d’incapacità di volere o di agire3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte di

associazione di stampo mafioso

Secondo la giurisprudenza, il delitto di sequestro di persona resta assorbito dal reato di rapina aggravata soltanto quando la violenza usata per il sequestro si identifichi e si esaurisca col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa.

La pena prevista per il reato di estorsione è della reclusione da 5 a 10 anni e della multa da 516 euro a 2065 euro. Nelle ipotesi di estorsione aggravate dalle circostanze ex art. 628 c.3 nn.1,2,3 la pena è della reclusione da 6 a 20 anni e della multa da 1032 a 3098 euro.

FranciaNon si rinviene il delitto di rapina, fatto confluire in quello di estorsione. A norma dell’art. 312-1 l’estorsione è il fatto di ottenere con violenza, minaccia di violenza o costringimento, una sottoscrizione, un incarico o una rinunzia, la rilevazione di un segreto, la rimessa di fondi, di valori o di un qualunque bene. Ipotesi assimilata è il ricatto, il fatto di ottenere, minacciando di rivelare o di imputare fatti idonei a recare offesa all’onore o alla considerazione sociale, una sottoscrizione, un incarico o una rinunzia, la rivelazione di un segreto, la rimessa di fondi, di valori o di un qualunque

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bene. La scelta è di comprendere ogni ipotesi di aggressione finalizzata alla percezione di una qualche utilità nell’alveo comune della estorsione. Il ricatto si configura unicamente quando venga minacciato di screditare l’onore o la visibilità sociale delle persone. Nel caso sia minacciata la violenza si avrà l’estorsione, nel caso sia minacciato altro ingiusto male si avrà ricatto.

Gli elementi del fatto tipico sono:

a) violenzab) minacciac) altro tipo di costringi mento

La violenza è direzionabile sia contro le persone che le cose; la minaccia lascia intatta la libertà della vittima nell’acconsentire alla richiesta dell’aggressore; il costringi mento va identificato in un’azione o omissione non recanti i connotati della violenza o minaccia ma ugualmente idonei a coartare e non annullare la libertà di scelta.

Beni giuridici tutelati sono:

- patrimonio- fiducia- libertà di autodeterminarsi

Elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, connotato dall’ulteriore intenzione di voler conseguire determinati benefici dal soggetto passivo indotto.

L’estorsione semplice è punita con la prigione di 7 anni e con l’ammenda di 100000 euro. Costituiscono ipotesi aggravate e sono sanzionate con la prigione di 10 anni e con l’ammenda di 150000 euro i fatti di estorsione commessi in pregiudizio di persone incapaci di attendere alle normali attività.

Il ricatto è punito con la prigione di 5 anni e l’ammenda di 75000 euro. Se l’autore della minaccia ponga in esecuzione la stessa, la pena è di 7 anni di prigione e 100000 euro d’ammenda.

GermaniaIn forza del § 249 è colpevole di rapina “chiunque, con violenza contro una persona o minacciando un pericolo attuale per l’incolumità fisica o per la vita, sottrae ad altri una cosa mobile altrui, con l’intenzione di appropriarsi della stessa antigiuridicamente…”

La violenza o minaccia devono essere direzionate contro la persona fisica; la sottrazione del bene è in rapporto di stretta causalità con l’azione violenta o di minaccia.

Differisce dallo schema italiano l’elemento psicologico: è infatti richiesto dolo generico, non finalizzato alla percezione di un ingiusto profitto.

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Beni giuridici tutelati sono:

- patrimonio- integrità personale

La pena è la detenzione non inferiore ad 1 anno.

Nelle ipotesi aggravate, la pena detentiva non è inferiore a 5 anni se:

1) l’autore od un altro concorrente nella rapina porta con sé un’arma da fuoco2) l’autore od un altro concorrente nella rapina porta con sé un’arma o altrimenti

uno strumento o mezzo, per impedire o superare la resistenza3) con il fatto l’autore o un altro concorrente espone altri al pericolo di morte o di

una lesione personale grave oppure4) l’autore, in qualità di componente di una banda, commette la rapina con la

cooperazione di un altro componente della banda

La rapina impropria di cui al § 252, si configura nelle ipotesi in cui qualcuno, colto in flagranza di furto, per restare in possesso del bene rubato esercita violenza contro una persona o minaccia un pericolo attuale per l’incolumità fisica o per la vita.

Il reato è costruito sullo schema del dolo specifico.

La pena prevista è la stessa applicabile in tema di rapina propria.

L’estorsione (§ 253) copre il restante ambito di applicabilità non coperto dalla rapina. Se l’estorsione è commessa mediante violenza contro una persona o minacciando un pericolo attuale per l’incolumità fisica o per la vita, l’autore va punito allo stesso modo dell’autore di una rapina. Si configura l’estorsione nell’azione di colui che per arricchire sé o altri, mediante violenza o minaccia di un male sensibile, costringe antigiuridicamente altri a fare, tollerare od omettere alcunché e con ciò reca pregiudizio al patrimonio della persona costretta o di un’altra persona.

Gli elementi materiali sono:

- violenza o minaccia- costrizione di fare, tollerare od omettere- pregiudizio per il patrimonio altrui- arricchimento ingiusto

Non si tratta di male attuale e contro la vita.

L’elemento soggettivo è il dolo specifico, finalizzato alla volontà di conseguire un profitto ingiusto.

Il fatto è da considerarsi antigiuridico se l’uso della violenza o la minaccia del male sono da considerare riprovevoli per lo scopo che si persegue.

La pena prevista è la detenzione fino a 5 anni o la pena pecuniaria. Nei casi di particolare gravità la pena è la detenzione non inferiore ad 1 anno.

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SpagnaSecondo il disposto dell’art. 237 c.p.e. la rapina si configura ogniqualvolta ci si appropri di cose mobili altrui impiegando la forza sulle cose per entrare nel luogo in cui si trovano o adoperando violenza o minaccia alle persone, per scopo di lucro.

La rapina con violenza sulle cose ricorre quando il fatto è commesso con:

- scalata- rottura di una parete, di un soffitto o di un pavimento o effrazione di una porta

o di una finestra- effrazione di armadi, cassaforti o altri tipi di mobili- uso di chiavi false- inutilizzazione di specifici sistemi di allarme o di guardia

Nel c.p. italiano trova immediato pendant nel furto aggravato ex art. 625 c.p.

La pena è la prigione da 1 a 3 anni.

Venendo alla classica ipotesi di rapina, come in Italia non viene specificato il concetto di minaccia o melius il male che viene ad essere minacciato. Interpretativamente si deve sostenere la prospettazione di un male immediato alla vita o alla incolumità individuale.

L’elemento soggettivo è il dolo specifico, finalizzato al raggiungimento del lucro.

Il colpevole è punito con la prigione da 2 a 5 anni.

L’art. 242 c.p.e. prevede un aumento di pena (pena superiore nella metà dell’intervallo edittale) nelle ipotesi in cui il delinquente abbia fatto uso di armi o di altri mezzi ugualmente pericolosi che ha con sé, sia per commettere il delitto per garantirsi la fuga che per minacciare coloro che intervengono in aiuto della vittima o che lo inseguono.

La rapina impropria è una semplice circostanza aggravante e non già una figura autonoma, come in Italia o Germania.

L’art. 243 c.p.e. disciplina l’estorsione. Commette estorsione chi, per scopo di lucro, costringe altri con violenza o minaccia a compiere o omettere un atto o un negozio giuridico in pregiudizio del patrimonio suo o di terzi.

Elementi del fatto sono:

- violenza o minaccia- costrizione- altrui danno

Non si richiese l’ingiustizia del profitto ma che l’attività sia finalizzata al perseguimento di un lucro. Prevale l’opinione che la minaccia non prospetti un male immediato contro la vita ed incolumità individuale.

Bene giuridico tutelato è la libertà nell’autodeterminarsi.

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La pena prevista è la prigione da 1 a 5 anni, ferme restando le diverse pene per gli atti di violenza fisica commessi.

RICETTAZIONE/RICICLAGGIO

ItaliaArt. 648 c.p. - RICETTAZIONE

Quale reo di ricettazione viene punito colui che, al fine di trarre profitto, acquista, riceve od occulta denaro o altra utilità proveniente da un qualsiasi delitto o si intromette nel fare acquistare, ricevere od occultare tali utilità.

Presupposti sono:

- esclusione del concorso del ricettatore nel reato dl quale provengono i beni- precedente commissione di un delitto

Si considerano fatti configuranti concorso nel reato presupposto ogni comportamento tenuto dal ricettatore al fine della commissione e prima della consumazione del delitto presupposto. Costituisce ricettazione, invece, ogni comportamento tenuto dopo la consumazione del delitto presupposto, che non abbia con lo stesso alcun rapporto di causalità né costituisce oggetto di un pregresso programma criminale. Non è necessario che il delitto presupposto venga accertato con sentenza passata in giudicato, essendo sufficiente che risulti dall’escussione probatoria dibattimentale del processo in cui si accerta la ricettazione. Il delitto si configura anche quando il delitto presupposto sia estinto per prescrizione o altra causa oppure quando manchi la querela quale condizione di procedibilità del delitto presupposto.

L’elemento materiale consiste nell’acquistare, ricevere od occultare i beni, o comunque mediare. La ricettazione può avere ad oggetto beni sia mobili che immobili.

L’elemento psicologico è costituito dal dolo specifico, finalizzato alla percezione di un profitto per sé o per altri. E’ necessario che l’autore abbia piena consapevolezza della provenienza da un delitto della cosa acquistata, ricevuta od occultata. L’ipotesi in cui l’agente sia in dolo eventuale sulla provenienza di un bene è reato contravvenzionale previsto dall’art. 712 c.p.

Secondo la giurisprudenza, la differenza con l’incauto acquisto risiederebbe nel fatto che la ricettazione ammetterebbe l’ipotesi legata al dolo eventuale dell’agente, facendo rifluire nell’incauto acquisto unicamente le condotte sorrette da colpa nel mancato accertamento della provenienza illecita delle cose acquistate.

Il dolo specifico nella ricettazione è costituito dall’intento di procurare a sé o ad altri un profitto che sia distinto da quello del reato originale presupposto, mentre il favoreggiamento reale consiste nell’aiuto apprestato dall’agente ad altri per

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assicurare il prodotto, il profitto o il prezzo di un reato senza che se ne riesca a trarre alcun profitto ulteriore.

Beni giuridici tutelati sono:

- patrimonio- interesse dell’amministratore della giustizia

La pena è della reclusione da 2 a 8 anni e della multa da 516 euro a 10329 euro. Se il fatto è di particolare tenuità, la pena è della reclusione fino a 6 anni.

Art. 648bis c.p. – RICICLAGGIO

Diversamente risponde di riciclaggio chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Presupposti sono:

- pregressa commissione di un delitto- esclusione del concorso nel reato presupposto

L’elemento materiale consiste:

a) nel sostituire denaro o altri valori di provenienza illecita con denaro o valori puliti

b) nel trasferire la titolarità dei benic) nelle altre operazioni idonee alla mistificazione dell’identità dei beni o delle

altre utilità e della loro provenienza illecita

L’elemento psicologico è il dolo generico. Rileva anche il mero dolo eventuale, e cioè il dubbio sulla fonte dei beni con l’accettazione del rischio.

L’art. 648bis è fattispecie plurioffensiva, in quanto diretta a tutelare:

- interessi patrimoniali- ordine economico- ordine pubblico- amministrazione della giustizia

La pena prevista è della reclusione da 4 a 12 anni e della multa da 1032 euro a 15493 euro. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. E’ invece diminuita se i beni provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.

Art. 648ter c.p.

Introdotto in un’ottica di repressione del fenomeno criminale organizzato, punisce con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 1032 euro a 15493 euro chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 e 648bis, impiega

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in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto. Si voglio punire cioè tutte quelle attività mediate che non sostituiscono immediatamente i beni provenienti da delitti, ma che comunque favoriscono una ripulitura degli illeciti capitali, e l’arricchimento delle associazioni mafiose. Con l’art. 648ter si iene a colpire tutta una serie di attività soltanto formalmente lecite ma che in sostanza costituiscono serbatoi in cui immettere il denaro sporco.

CORRUZIONE/TRAFFICO DI INFLUENZAE’ radicata l’idea, nei privati, che solo influendo con doni o promesse di doni sia possibile ottenere dal settore pubblico quei provvedimenti che riescano ad esaudire interessi particolari, spesso di per sé legittimi. Il presupposto si rinviene nella inefficienza cronica di ogni struttura pubblica. In Italia, solo con la Legge Bassanini si comincia ad affidare la pubblica amministrazione alle imprese di natura privatistica, o a trasformare l’operare dell’impresa pubblica in termini produttivistici e funzionali. In ottica sovranazionale la corruzione è avvertita quale sintomo di crisi: l’attenzione della comunità internazionale al problema risalta nella qualificazione della corruzione nella Convenzione N.U. 2000 quale delitto da sanzionare ugualmente in ogni paese aderente, per una efficace lotta alla criminalità organizzata.

Il legislatore italiano, con la legge n. 300/2000, ha provveduto a ratificare e dare esecuzione alla Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione europea fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OSCE sulla lotta alla corruzione fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. L’introduzione dell’art. 322bis deriva dalla nuova esigenza di dover tutelare anche interessi di rilevanza sovranazionale ed internazionale. L’articolo estende le disposizioni in materia di peculato, concussione ed istigazione alla corruzione ai membri delle istituzioni comunitarie, ai funzionari ed agenti amministrativi delle stesse, ai membri degli enti costituiti sulla stessa base dei trattati e a coloro che nell’ambito degli altri Stati membri dell’UE svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio. L’interesse del legislatore è di salvaguardare il bene giuridico sovranazionale del buon andamento ed imparzialità delle istituzioni comunitarie. Il corruttore sarà ritenuto responsabile ex art. 321 ed ex art. 322 commi 1 e 2 anche se il denaro o altra utilità venga offerto o promesso alle persone indicate quali funzionari della C.E. o di altri Stati esteri qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali. Nell’ipotesi in cui il privato cittadino italiano corrompa un funzionario C.E. ed ottenga la concessione di un’erogazione da parte delle Comunità europee i profili di offesa saranno individuati sia nella lesione della imparzialità delle istituzioni comunitarie sia nella lesione del patrimonio comunitario.

Italia

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La corruzione (artt. 318 e 319) esprime l’esistenza di un accordo criminoso tra il funzionario pubblico e il privato avente ad oggetto la compravendita della funzione e della autorità della pubblica amministrazione. Si tratta di un reato unico a concorso necessario. E’ infatti innegabile che la partecipazione del privato all’accordo criminoso sia un dato necessario ai fini della configurabilità della corruzione. La dottrina distingue la corruzione propria da quella impropria e la corruzione antecedente da quella susseguente.

La corruzione propria si ha quando il mercimonio cade sulla contrarietà dell’atto al dovere d’ufficio, mentre è corruzione impropria quando la compravendita riguarda atto conforme ai doveri del funzionario pubblico.

L’art. 318 c.p. “corruzione per un atto d’ufficio” statuisce che è punito il pubblico ufficiale che per compiere un atto del suo ufficio, riceve una retribuzione che non gli è dovuta o ne accetta la promessa (corruzione impropria antecedente).

Una pena diversa è prevista se il p.u. riceve la retribuzione per un atto di ufficio da lui già compiuto (corruzione impropria susseguente).

L’art. 319 “corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio” configura il reato di corruzione propria. La corruzione è antecedente quando la dazione o la promessa di una utilità intervengono precedentemente alla commissione dell’atto, è susseguente quando l’utilità viene promessa od elargita in seguito al compimento dell’atto d’ufficio.

Nel delitto di corruzione, il privato è in posizione di sostanziale parità con il funzionario pubblico.

Nel delitto di concussione, soprattutto per induzione, il privato opera invece in uno stato di assoggettamento nei confronti dell’autorità pubblica, cerca quindi di evitare il danno che gli possa derivare dal non avere acconsentito alle richieste da essa provenienti.

Beni giuridici tutelati sono:

- buon andamento e- imparzialità della pubblica amministrazione- probità dei funzionari pubblici- prestigio della p.a.

Elemento oggettivo della corruzione propria è il ritardo o l’omissione dell’atto d’ufficio dovuto oppure la contrarietà di esso al dovere d’ufficio proprio del funzionario pubblico quale controprestazione. Nell’ipotesi di corruzione propria, il contenuto dell’atto è quello che avrebbe dovuto essere anche in assenza del prezzo della corruzione, e la corruzione del privato presuppone un colpevole ritardo del pubblico ufficiale. La differenza sta nel fatto che nel caso di corruzione impropria si realizza una violazione del principio di correttezza e del dovere di imparzialità del p.m., senza però che la parzialità si trasferisca nell’atto, che resta l’unico possibile per attuare interessi esclusivamente pubblicistici, mentre nel caso della corruzione propria la parzialità si rileva nell’atto illegittimo o semplicemente ritardato od omesso, formato nell’interesse esclusivo del privato. In entrambi i casi, la corruzione

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si consuma nel momento in cui è ricevuta l’utilità o semplicemente ne è accettata la promessa.

La corruzione propria antecedente è costruita sullo schema del dolo specifico. La corruzione propria susseguente, invece, richiede dolo generico. La corruzione impropria è costituita unicamente sullo schema del dolo generico.

La pena prevista per la corruzione propria è la reclusione da 2 a 5 anni. La pena prevista per la corruzione impropria è la reclusione da 6 mesi a 3 anni. La pena prevista per la corruzione impropria susseguente è la reclusione fino ad 1 anno. Le stesse pene, eccetto quella stabilita in tema di corruzione impropria susseguente, si applicano anche al corruttore.

Circostanza aggravante speciale è prevista nell’art. 319bis ove la pena è aumentata se il fatto di corruzione propria ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene. L’art. 319ter “corruzione in atti giudiziari” costituisce autonoma figura di reato. Chiude il cerchio dei reati di corruzione la previsione dell’art. 322 in tema di “istigazione alla corruzione”: è con tale norma punita sia l’offerta che la promessa non accettate dal funzionario pubblico.

ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE

ItaliaArt. 416 – Associazione per delinquere

In Italia, i delitti di associazione criminale sono previsti a tutela dell’ordine pubblico e si differenziano in associazione per delinquere ed associazione di stampo mafioso.

L’associazione per delinquere si configura allorché tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti. Coloro che promuovono, costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti in maniera più grave dei semplici partecipi. E’ un reato di pericolo, permanente ed a condotta libera: di pericolo poiché pone in pericolo l’ordine pubblico; permanente poiché perdura fintanto che l’associazione non venga sciolta; a condotta libera poiché il legislatore individua solo le figure degli autori, senza definire le modalità concrete della condotta.

Promotori sono coloro che innescano il processo formativo dell’associazione.

Organizzatori sono coloro che curano la formazione concreta dell’associazione.

Capi sono coloro che regolano l’attività collettiva da una posizione di superiorità gerarchica.

Per aversi partecipazione all’associazione è necessario e sufficiente apportare alla medesima un contributo idoneo a sviluppare l’associazione o a rafforzare il proposito criminoso. Sarà considerato partecipe colui che fornisca i mezzi di finanziamento oppure dia in comodato un immobile al fine di renderlo sede sociale;

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sarà autore del “delitto scopo” colui che, in concreto, ponga in essere il relativo fatto tipico.

E’ necessaria la presenza di minimo 3 persone, che stabiliscano tra loro un “vincolo associativo” stabile, diretto alla commissione di un numero indeterminato di delitti. Costituisce concorso di persone nel reato, invece, un vincolo occasionale finalizzato alla commissione di un numero determinato di delitti o del singolo delitto. L’associazione abbisogna di una struttura organizzativa adeguata. L’organizzazione criminale, che non costituisce alle spalle una struttura idonea a perpetrare il fine sociale vietato, non sarà sanzionabile poiché reca i connotati dell’inoffensività. E’ reato doloso, poiché necessita della consapevolezza di aderire al sodalizio criminoso in maniera stabile.

E’ costruito sul dolo specifico, in quanto è necessaria anche l’intenzione ulteriore di contribuire all’attuazione del piano criminale. Non può ipotizzarsi un concorso nel delitto associativo a titolo di dolo eventuale.

La pena prevista per i promotori, organizzatori e capi è la reclusione da 3 a 7 anni. La pena prevista per i partecipi è la reclusione da 1 a 5 anni.

Si avrà concorso degli associati nei reati scopo ex art. 110 c.p. quando l’attività di costoro sia esecutiva ed abbia fornito un contributo causale al singolo reato.

L’art. 416, infine, prevede due circostanze aggravanti:

1) il brigantaggio, che si ha quando gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie

2) se il numero degli associati è di 10 o più

Per il brigantaggio la pena della reclusione è da 5 a 15 anni.

Art. 416bis – Associazione di stampo mafioso

E’ stato introdotto con la legge n.646/1982. Si caratterizza rispetto alla generica associazione per delinquere sia per i mezzi adoperati sia per le finalità perseguite. Riguardo ai mezzi, si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Dalla forza, anche soltanto potenziale, di intimidazione deve scaturire l’assoggettamento e l’omertà dei cittadini. Riguardo alle finalità perseguite, l’associazione mafiosa si costituisce ed opera non solo per commettere più delitti ma anche per conseguire, con modalità illecite, delle utilità lecite (gestione o controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici per realizzare profitti ingiusti, impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali). L’impresa mafiosa incide con al forza dell’intimidazione sul settore economico, acquisendo la gestione o il controllo di attività economiche, incide sul settore pubblico-amministrativo ottenendo il rilascio di concessioni e/o autorizzazioni e incide sul mondo elettorale imponendo candidati graditi.

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Si considera associazione di stampo mafioso una entità strutturata che disponga dei necessari mezzi di sussistenza e finanziamento e di una gerarchia al suo interno. Non necessariamente deve essere armata, essendo tale dato un aggravante specifica.

Quanto all’elemento psicologico, esso è costituito dal dolo specifico.

Secondo la giurisprudenza, è ammissibile il “concorso esterno” ex art. 110 c.p. nel reato associativo poiché vanno tenute distinte le figure del partecipe all’associazione da quella di colui che è un concorrente eventuale materiale: il partecipe è colui che agisce nella fisiologia dell’associazione e cioè apporta un contributo assiduo senza il quale l’associazione non raggiungerebbe le proprie finalità; l’extraneus concorrente non fa parte dell’associazione ma viene chiamato a svolgere compiti di primaria importanza nel momento in cui l’associazione attraversa una fase patologica che, per essere oltrepassata, richiede un intervento esterno. Tale orientamento non va condiviso: infatti, sul piano psicologico si compiono attività che presuppongono sia la consapevolezza di aderire al “pactum sceleris” sia di contribuire a realizzare le finalità dell’associazione medesima.

La pena è della reclusione da 5 a 10 anni per i semplici aderenti all’associazione e della reclusione da 7 a 12 anni per i promotori, organizzatori e dirigenti. E’ sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.

Ulteriore specifica di associazione per delinquere è l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope ex art. 74 D.P.R. n. 309/1990. Il reato ricorre quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti di produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. E’ reato speciale rispetto al 416, mentre può concorrere con il 416bis.

FranciaSecondo l’art. 450-1 “costituisce una associazione di malfattori tutto il gruppo formato o intento stabilmente in vista della preparazione, caratterizzata per uno o più fatti materiali, di uno o più crimini, puniti da un massimo di 5 anni di imprigionamento”. Il delitto si fonda sull’esistenza di un accordo criminoso stabile che abbia recato un iniziale offesa al bene giuridico dell’ordine pubblico poiché la preparazione del delitto si è tradotta nell’apprestamento materiale di fatti idonei alla sua esecuzione. Il legislatore si accontenta della predisposizione generica degli strumenti e dei mezzi per commettere i reati che rientrano nel programma dell’associazione. Altro elemento materiale è la stabilità dell’accordo: la volontà del partecipe non è semplicemente quella di aderire alla altrui azione criminosa ma si sostanzia in un accordo con gli altri, stabile nel tempo, e di pianificazione nei ruoli di ogni partecipe.

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Elemento soggettivo è il dolo specifico, atteso che l’agente deve volere l’adesione al gruppo con la finalità specificante della commissione di delitti in grado di realizzare lo scopo della società.

Beni giuridici tutelari sono:

- ordine pubblico- sicurezza della Nazione

Quanto alle pene, l’art. 450-1 opera una distinzione secondo l’infrazione che si vuol commettere:

se l’infrazione preparata sono crimini puniti con la prigione di 10 anni, il partecipe sarà punito con la prigione di 10 anni e l’ammenda di 150000 euro;

se le infrazioni preparate sono crimini previsti con la pena della prigione di 5 anni, il partecipe verrà punito con la prigione di 5 anni e l’ammenda di 75000 euro.

Costituisce causa di esclusione della pena la delazione, sulla esistenza e consistenza del gruppo o dell’accordo criminoso, alle autorità competenti che permetta l’identificazione degli altri partecipanti.

GermaniaE’ punito “chiunque fonda un’associazione i cui scopi o la cui attività siano diretti a commettere reati o partecipa ad una tale associazione come membro, la propaganda o la sostiene”. Il semplice partecipare ad associazioni di tal fatta desta preoccupazione nella società civile tedesca, che incarica il legislatore di punire anticipatamente coloro che abbiano propositi criminosi senza che pongano in essere alcun atto degno di considerazione per il diritto penale. Addirittura il comma 3 § 129 StGB reputa punibile il tentativo di fondare un’associazione per delinquere. Differentemente che in Italia, gli atti meramente preparatori della associazione vietata hanno rilievo penale: ne consegue la natura di reato di danno della associazione per delinquere. Non appena l’associazione è fondata, il bene giuridico tutelato non è semplicemente posto in pericolo ma la lesione è già avvenuta.

Il bene giuridico da salvaguardare è la pace sociale.

Quanto all’elemento materiale, non si richiede necessariamente un accordo tra più persone, ma si punisce anche colui che autonomamente fondi un’associazione per delinquere. La Corte Suprema Penale ha chiarito che occorrono più di due persone per aversi associazione per delinquere. L’attenzione del legislatore si incentra non tanto sull’accordo criminale delle parti così come in Italia, ma sulla idoneità dell’associazione, per i mezzi della stessa, a violare precetti penali.

Soggetti attivi sono:

- partecipe: in maniera continuativa esplica attività funzionali alla vita dell’associazione;

- propagandatore: pubblicizza l’associazione e i suoi scopi;

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- sostenitore: con approvazioni morali, aiuti o agevolazioni materiali, fortifica l’associazione;

Il comma 4 prevede un’aggravante per il “dirigente” o “mandante” dell’associazione. Le associazioni che hanno finalità diverse, ad esempio Greenpeace, sebbene commettano infrazioni, non sono vietate poiché perseguono uno scopo degno di considerazione sociale.

Quanto all’elemento soggettivo, si richiede dolo specifico.

La pena prevista è la detenzione fino a 5 anni o la pena pecuniaria. Se l’agente fa parte dei dirigenti o mandanti, si deve infliggere la pena detentiva da 6 mesi a 6 anni. Per i partecipanti la cui colpevolezza sia minima il giudice può rinunciare ad infliggere la pena. Può altresì discrezionalmente diminuire la pena o rinunciarvi quando l’agente:

- si adopera in modo serio e volontario per impedire la prosecuzione dell’associazione o la commissione di un reato

- rileva volontariamente le notizie in suo possesso quando possono ancora essere impediti reati

L’agente non è punito sia quando raggiunge lo scopo di impedire la prosecuzione dell’associazione, sia quando tale scopo viene raggiunto senza il suo intervento. La causa di non punibilità opera, di diritto, quando la associazione sia sciolta e l’agente si sia adoperato in maniera da porre l’Autorità procedente nella condizione di bloccare le attività.

SpagnaIl legislatore individua diverse tipologie di “asociaciones ilicitas”. L’art. 515 c.p.e. dispone: “Sono punite le associazioni illecite considerandosi tali:

1) quelle che hanno come obiettivo la commissione di qualche delitto;2) le bande armate, le organizzazioni o i gruppi terroristici;3) quelle che, pur avendo come obiettivo una finalità lecita, impiegano mezzi

violenti o di alterazione o controllo della personalità;4) le organizzazioni di tipo paramilitare;5) quelle che promuovono la discriminazione, l’odio o la violenza.”

L’art. 515 è previsto all’interno del Titolo “Dei delitti commessi in occasione dell’esercizio dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche garantite dalla Costituzione”. Non si sanziona quindi la libertà di associazione ma le finalità che si intendono perseguire.

Per quanto concerne le associazioni n.1, come in Germania e a differenza dell’Italia, il fenomeno associativo è incentrato sull’analisi delle finalità. Ne deriva che anche un singolo fondatore incorre nelle sanzioni previste. Il n.3 fa riferimento alle c.d. “sette religiose” che manipolano la personalità dei membri, determinando i partecipi a

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comportamenti non volontari, sebbene possano perseguire finalità lecite quali l’espressione di nuove religioni.

Il fondatore è colui che imprime all’associazione la finalità illecita, il dirigente gestisce l’associazione e il presidente ricopre cariche primarie. Membro attivo è colui che apporta un aiuto anche soltanto economico all’associazione.

E’ punito a titolo di dolo specifico, richiedendosi la consapevolezza dell’adesione e la finalità ulteriore di perseguire lo scopo dell’associazione.

Beni giuridici tutelati sono:

- sicurezza sociale- salvaguardia ed esercizio libero delle libertà fondamentali dei cittadini

Ugualmente le bande armate e i gruppi terroristici sono puniti allorché non compiano alcun atto concreto di violenza, ma semplicemente per l’esistenza di una associazione strutturata. In questo caso non può non venire in questione il bene giuridico dell’ordine pubblico e dell’ordine costituzionale.

Ai fondatori, dirigenti, presidenti si applicano le pene della prigione da 2 a 4 anni, la multa da 12 a 24 mesi e l’inabilitazione speciale al pubblico impiego o incarico da 6 a 12 anni. Ai membri attivi si applicano la prigione da 1 a 3 anni e la multa da 12 a 24 mesi.

IL CONCRETO MINIMO COMUN DENOMINATORE DI PUNIBILITA’. L’ESPERIENZA DEL CORPUS JURIS EUROPEO E LA VIA NAZIONALE AL DIRITTO PENALE EUROPEO

14.1Esiste una politica criminale europea che spinge verso la formalizzazione di un primo nucleo di norme penali e processuali penali a valenza comunitaria. Quel che preoccupa è che la dimensione europea della penalità possa produrre una dilatazione di incriminazioni e una diminuzione delle garanzie. Di qui l’obbligata strada di una elaborazione europea dei principi penalistici “fondanti” ed una determinazione dei principi di proporzione e sussidiarietà. Si è fatto notare, soprattutto nel mondo tedesco, che è peculiare della cultura europea un relativismo rispetto alle distinzioni sostanziali tra diritto penale e diritto amministrativo, in ordine alla struttura degli illeciti. Ecco perché diviene pregiudiziale che il mondo politico europeo cerchi di definire i contenuti della cultura penale europea e i limiti costituzionali alle scelte di criminalizzazione. In una attuazione dell’obbligo di

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fedeltà comunitaria, la logica prevalente appare quella efficientistica, con il rischio però che si provveda ad una tutela con tecniche amministrative e non penalistiche, come c’è il rischio di livellare beni giuridici e assetti sanzionatori non tra loro pari. Non va però dimenticato che vige la regola della sussidiarietà comunitaria sancita nell’art. 5 del Trattato di Maastricht. Essa non può assolutamente prescindere dal criterio di proporzione, inteso come non eccedenza dei mezzi rispetto al raggiungimento degli obiettivi. Lo straordinario sviluppo di questi ultimi anni si traduce in globalizzazione economica: la peculiarità del fenomeno sta nel non ricorrere più alla classica figura dell’intermediario che opera su un dato mercato finanziario ma ci si pone direttamente in contatto con tutti i mercati finanziari del mondo e si può scegliere immediatamente l’investimento più conveniente e redditizio. Necessità impellente è superare la frammentazione della sovranità dei singoli Stati, incapaci di disciplinare attività e poteri che si svolgono fuori dai propri confini. Una globalizzazione anomica, cioè senza norme, alimenta infatti le attività illecite. La necessità di una normazione comune è fortemente sentita anche per la salute e l’ambiente.

14.2Una risposta a questo genere di problemi viene indicata in una sorta di “governance” regolamentare comunitaria. Trattasi di Autorità o Agenzie autonome che operano indipendentemente dai propri governi, in aree che si estendono dai mercati finanziari, alla salute, all’ambiente. Emerge in tal modo un ordinamento policentrico che rompe gli argini tra diritto internazionale e diritti nazionali. Nel settore dei mercati finanziari, per una efficiente lotta al riciclaggio e alla corruzione, è passo costruttivo inevitabile l’armonizzazione del diritto societario nei vari Paesi Membri. Infatti le regole di “corporate governance” hanno dimostrato la loro inefficacia laddove esistano tra Paesi tradizioni giuridiche diverse. Si cercano vari modelli di costruzione di un diritto penale europeo, come un’armonizzazione mediante codici-modello come il Corpus Juris e il Libro Verde della Commissione Europea. Il loro merito è di enucleare un microsistema penale europeo, anche se si tende a primeggiare l’esigenza processualistica unitaria su quella sostanzialistica. In tale ottica costruttiva ovviamente si impone la preliminare scelta dei principi e dei primari valori di rilevanza e tutela penale, quali la dignità e la integrità della persona e, sul piano processuale, l’habeas corpus, una eguale tutela processuale del cittadino europeo in ogni Stato membro, con le seguenti garanzie:

- lo Stato emittente il mandato deve contenere nella propria normativa la fissazione di un termine massimo di custodia cautelare, e tale termine va indicato anche nel modulo di mancato di arresto europeo;

- l’arrestato deve avere riconosciuta la facoltà di ricorrere al Tribunale del Riesame o Tribunale della libertà della propria Nazione;

- lo Stato emittente il mandato deve avere un sistema di sanzioni e di garanzie nella esecuzione della detenzione, che rispecchi i principi costituzionali dello Stato esecutore.

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I presupposti, legittimanti l’applicabilità di misure cautelari detentive, devono rispettare la normativa interna dello Stato Nazionale esecutore del mandato, quindi in Italia:

a) gravi indizi di colpevolezzab) mancanza di una causa di giustificazionec) fondamentali esigenze cautelari del pericolo concreto di fugad) sussistenza di una pena che, in caso di misura detentiva in carcere, non sia

inferiore nel massimo a 4 anni e sia invece di 3 anni, come richiesto dalla decisione-quadro, nel caso in cui l’arrestando in Italia non sia un cittadino italiano

L’Autorità Giudiziaria dello Stato esecutore del mandato può e deve effettuare il controllo sulla sussistenza dei presupposti e delle garanzie per l’emissione e l’applicabilità del mandato. Detto controllo spetta alla Corte di Appello nel cui distretto l’imputato ha residenza, dimora o domicilio; nel caso di indeterminatezza è la Corte di Appello di Roma. Contro la sentenza è ammesso ricorso, anche per il merito, alla Corte di Cassazione.

14.3Occorre che i fatti delittuosi, che possano essere oggetto dell’elenco previsto per il mandato di arresto europeo, siano un numerus clausus, nella descrizione della fattispecie e nel tipo di sanzione. Più gli elementi costitutivi sono espressi in termini ristretti ed essenziali e più potrà rendersi operabile il ricorso al mandato di arresto europeo. Ad esempio la corruzione deve essenzialmente avere i due requisiti della datio o promissio di una utilità da parte del privato e la corrispondente datio o promissio di un provvedimento o atto da parte di un funzionario. La truffa o frode deve essenzialmente consistere in una condotta commissiva di artifizio o raggiro alla quale corrispondere una utilità. La estorsione e la rapina devono avere i requisiti della violenza o minaccia ad una persona e la corrispondente utilità. Il riciclaggio deve consistere in una accettazione e trasformazione di una qualsiasi utilità proveniente da delitto. L’associazione per delinquere deve consistere in una organizzazione stabile di almeno tre persone diretta a ricavare utilità mediante una pluralità di attività delittuose o avvalendosi delle forza di intimidazione del vincolo associativo. L’elemento psicologico del mandato d’arresto europeo non può non essere il dolo, senza però differenziarsi tra dolo generico e dolo specifico, dolo diretto e dolo indiretto o eventuale. L’attività normativa de iure condendo deve orientare anche le sanzioni secondo un tipo e una misura sostanzialmente omogenei e ciò entro certi margini di compatibilità quali potrebbero essere un minimo e un massimo di detenzione, almeno per le fattispecie basi oggetto del mandato di arresto europeo. Ancor più va apposta attenzione alle modalità di esecuzione delle sanzioni detentive e al loro controllo giurisdizionale, in virtù del principio della dignità e integrità della persona umana. Per le altre fattispecie o per le fattispecie allargate, vale la via della estradizione.

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14.4L’art. 29 del Trattato di Maastricht annovera la lotta contro la frode su scala internazionale tra le “questioni di interesse comune”, accanto a tossicodipendenza, immigrazione clandestina, lavoro irregolare e cooperazione tra autorità giudiziarie, doganali e di polizia dei diversi Stati membri. Il Parlamento Europeo è escluso da ogni decisione concernente i delicati settori della giustizia e degli affari interni nella materia penale. Ciò sembrerebbe confermare le preoccupazioni di quanti vedono nel processo di integrazione europea un inquietante “deficit democratico”. Ma ogniqualvolta una norma possa limitare la libertà del cittadino, sia pur esso cittadino europeo, non può non essere filtrata dal Parlamento Nazionale, sia pur tramite una legge delegata ad ampio respiro europeo in attuazione di una decisione-quadro del Consiglio dell’Unione europea. L’art. 280 del Trattato U.E. prevede che il Consiglio Europeo adotti le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode lesiva degli interessi finanziari della Comunità. Siffatta norma può legittimare iniziative di armonizzazione dei sistemi penali nazionali. Le misure vanno adottate dal Consiglio Europeo con procedura di codecisione, la quale garantisce la partecipazione del Parlamento Europeo al processo di adozione della normativa comunitaria. Occorre che si proceda attraverso la via nazionale alla costruzione del microsistema penale europeo. E potrebbe la speranza tradursi in realtà prossima se anche un Corpus Juris o Libro Verde, limitatamente però al settore sostanziale penale, ristrutturato in un’ottica penale comparata ed in struttura essenziale, venisse sottoposto al vaglio dei Parlamenti Nazionali, in modo che acquisisca valore ed efficacia vincolante nei singoli Stati, contemporaneamente e in pieno rispetto del principio di legalità e sovranità nazionale.

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