lucarini, per l’ interpretazione di pind. fr. 140 a s.-m. (= g 8 ruth.)

11

Click here to load reader

Upload: aristarchos76

Post on 20-Oct-2015

11 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

TRANSCRIPT

Page 1: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

Carlo M. Lucarini

PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

P. Oxy. 403, pubblicato nel III vol. dei papiri di Ossirinco1, e attualmente conservato a Yale (P. Yale 18), ci ha restituito due importanti frustuli pindarici. Il secondo di questi frustuli (fr. 140 b S.-M. = G 9 Ruth.) contiene il famoso omaggio di Pindaro a un poeta di Locri (verosimilmente Senocrito) e allo studio di questo frammento è stato in anni recenti dedicato addirittura un libro2. Minore attenzione ha attirato invece il primo dei due frr. restituitici dal papiro, il fr. 140 a S.-M. = G 8 Ruth. In essosi parla senza dubbio di alcune imprese di Eracle, ma determinare a quali imprese Pindaro faccia riferimento e’ in più punti difficile. Incerto è anche il genere letterario,cui il nostro frammento dovette appartenere. Nell’ed. di Snell-Maehler esso è cata-logato fra i fragmenta incertorum librorum, mentre Rutherford ritiene probabile cheesso fosse un peana3. Una prova a favore dell’appartenenza del nostro frammento aiPaeanes fu scoperta da E. Lobel, il quale, pubblicando P. Oxy. 2442, osservò alcunesovrapposizioni del fr. 97 di tale papiro con P. Oxy. 4034. Ora, poiché P. Oxy. 2442conteneva senza dubbio anche peani (ma non solo peani), e poiché il nostro fram-mento parla della costruzione di un altare ad Apollo (b 35–36) e contiene un’invoca-zione ad Apollo (b 32–33), pare ragionevole supporre che anche il nostro frammentoappartenesse ai Paeanes5. Su questo argomento aggiungeremo qualcosa più avanti. Il testo stampato da Rutherford suona così:

toì próïd[o]n ai®san a. [zoi. t.ót∫ a¬mfe. . o. uta. t. . [

¿Hraκl. éhv· a™líaı [d’ e ¬]p. ì.[naï̀ molónta s[. ]u.[ . . ]p. [ . ] . [ . ] . s. o. en.

b 25 qo . . oi fúgon on. [ . . . . . . ] . [ . ] . . .pántwn gàr u™p[é]rbiov ana. . s. e ¢fa[yucàn κeneø[n] e ¢m.’ e ç[h. ]κ. ’ e ¬.r.ú.κ. e.n. . .[laøn xenoda[fi]κ. ta ba. si.l. ñ-

ov a¬tasqalíaı κotéw[n] qamá,

Philologus 155 2011 1 3–13

1 Grenfell and Hunt (1903) 13–17.2 Fileni (1987).3 Rutherford (2001) ad loc.4 Lobel (1961) 72.5 Cfr. D’Alessio (1997) 44–45, il quale osserva anche che la lunghezza della strofe conservata favorisce

l’attribuzione del fr. ai Paeanes.

Page 2: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

b 30 a¬rcagétaı te [D]áloupíqeto paûsé.n. [t’] e ¢.r. g. ’ a¬. nai.dñ. · . . . .

gár se l. [i]g. usfa. r.á. gwn. κ. l.u. t.â. n. a¬. u-tá, ¿Eκaból. e. , formíggwn,

mnásqhq’ oçti t.oi zaqéavb 35 Párou e ¬n guáloiv e ¢ssato a¢[n]aκti

bwmòn patrí te Kroníwı timáen-ti péran i ¬sqmòn diabaív,

oÇte Laomédon-b 39 ti peprwménoi.’ h¢. r. c. e.t.o.

móroio κárux.ep. B h®n. gár ti. palaífaton [ . . ] . . . o. n.

i ©κe suggónouvtreîv p. [ . . ] . e.w. [ . ]n. κ. e.f. a. l. à. n. . . r . t.ai. [

Tutto il brano pare parlasse di Eracle: dal v. b 33 in poi si parla di un viaggio di Eracle a Troia, di una sosta a Paro e dell’istituzione del Delion locale6. Più difficile ècapire a cosa si riferissero le linee b 23–b 31. Pare sicuro che Pindaro parlasse anchequi di Eracle7, ma di quale impresa si trattasse non è chiaro. A determinare tale impresa, è stata dedicata una parte del seminario londinese (cfr. nota finale) e, se non è stato in tale sede trovato un accordo sulla soluzione definitiva (quella che proporrò è solo mia), tutti abbiamo accolto lo scetticismo di D’Alessio circa le soluzioni sin qui proposte. Esse sono due, di cui la prima risale a Grenfell e Hunt, la seconda a Wila-mowitz8. Grenfell e Hunt pensavano alla punizione inflitta da Eracle a Laomedonte e appunto in Laomedonte identificavano lo xenodafiκthv basileúv di b 28. Tale interpretazione ha goduto di una certa fortuna9, ma io credo vada senza dubbio es-clusa. Innanzitutto l’aggettivo xenodafiκthv non si adatta in nessun modo a quello che le fonti antiche narrano circa Laomedonte, il quale certo fu sleale verso Apollo,Posidone ed Eracle, per non aver dato loro la mercede pattuita, ma mai fu xeno-dafiκthv. Inoltre la proposizione temporale oçte Laomédonti peprwménoi’ h¢rceto móroio κárux (b 38–40) sembra introdurre un episodio nuovo, del quale non si era fino a quel punto parlato: difficilmente dunque ciò di cui Pindaro parlava a b 31poteva coincidere con l’impresa troiana dell’eroe. L’altra soluzione, sostenuta dopo

Carlo M. Lucarini, Per l’interpretazione di Pind. Fr. 140 a S.-M.

6 Sul Delion di Paro cfr. Rubensohn (1962). A proposito dei vv. b 35–b 39 (in particolare circa la fonda-zione del bwmóv), E. Cavallini (1984–1985) ha richiamato Alc. fr. 129.1 sgg. V. Ancora maggiore somiglianzacol passo pindarico mi pare mostri Theogn. 11–12 W2: ºArtemi qhrofónh, qúgater Dióv, hÇn ∫Agamémnwn / ei ¢saq∫, oçt∫ e ¬v Troíhn e ¢plee nhusì qoñiv. Sul rapporto fra il nostro carme e Paro insiste Lavecchia (1996), il quale ipotizza che il fr. 158 S.-M. appartenesse allo stesso componimento e che la performance sia avvenuta a Paro.

7 Ne fa fede ¿Hraκléhv di b 23; inoltre è impossibile che e ¢ssato (b 35) avesse un soggetto diverso da paûsen (b 31).

8 Wilamowitz-Moellendorff (1922) 321.9 Cfr. Slater (1969), s.v. xenodafiκtav; Race (1997) 373.

4

Page 3: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

il Wilamowitz anche dagli studiosi più recenti del nostro frammento10, ipotizza che lo xenodafiκthv basileúv fosse un re di Paro e che quindi l’impresa che si chiude con b 31 si svolgesse a Paro. A sostegno di questa tesi, gli studiosi citano Apoll. bibl. 2. 5. 9. 2–511: e ¬pì toûton tòn zwstñra [scil.: tñv ¿Ippolúthv] ¿Hraκlñv e ¬pémpeto, labeîn au¬tòn e ¬piqumoúshv tñv Eu¬rusqéwv qugatròv ’Admäthv. paralabœn ou®ne ¬qelontàv summácouv e ¬n miâı nhì e ¢plei, κaì prosíscei näswı Párwı, hÇn κatåıκoun oi™ Mínwov ui™oì Eu¬rumédwn Crúshv Nhfalíwn Filólaov. a¬pobántwn dè dúo tøn e ¬n ‹tñı› nhì sunébh teleutñsai u™pò tøn Mínwov ui™øn· u™pèr w©n a¬ganaκtøn ¿Hraκlñvtoútouv mèn paracrñma a¬péκteine, toùv dè loipoùv κataκleísav e ¬poliórκei, eçwve ¬pipresbeusámenoi pareκáloun a¬ntì tøn a¬naireqéntwn dúo labeîn, ouÇv a£n au¬tòvqeläseien. o™ dè lúsav tæn poliorκían, κaì toùv ∫Andrógew toû Mínwov ui™oùv a¬nelómenov ∫Alκaîon κaì Sqénelon, h©κen ei ¬v Musían pròv Lúκon. Segue quindil’impresa di Eracle contro le Amazzoni, per impadronirsi del cinto di Ippolita, e ilsuccessivo viaggio a Troia, nel quale l’eroe libera Troia dalle calamità che Apollo e Posidone avevano inviato contro Laomedonte, poiché quest’ultimo non aveva man-tenuto la promessa di ricompersarli per aver costruito le mura di Pergamo. A Eracleche ha liberato Troia da tali calamità, Laomedonte rifiuta, ancora una volta, di dare la mercede pattuita, rivelandosi sleale come lo era stato nei confronti di Apollo e Poseidone. Eracle se ne va e tornerà a Troia solo più tardi per punire Laomedonte(Apoll. bibl. 2. 6. 4).

L’accostamento fra il nostro frammento e questo passo è stato suggerito dal fattoche in entrambi i testi Eracle, recandosi a Troia, fa una sosta a Paro. Tuttavia a me pareche le differenze fra i due testi siano grandissime: innanzitutto in Apollodoro non siparla di alcun basileúv12 né la storia di Paro, a quanto ne so, conosce alcun basileùvxenodafiκthv. Inoltre la sosta di Eracle a Paro di cui parla lo ps.-Apollodoro nel passotrascritto pare si debba collocare durante un altro viaggio di Eracle a Troia, rispetto a quello di cui parla il fr. 140 a di Pindaro. Infatti, se noi supponiamo che Pindaro si riferisca alla spedizione nella quale Eracle uccise Laomedonte, essa coincide col secondo viaggio di Eracle a Troia rammentato da Apollodoro (bibl. 2. 6. 4), non colprimo. Questo fatto, sebbene trascurato dagli studiosi più recenti, sembra essere implicito nella ricostruzione che della storia mitica di Paro ha fatto lo studioso forsepiù benemerito della storia di quest’isola, Otto Rubensohn (1949) 1848, il quale parladi due sbarchi di Eracle a Paros: un primo sbarco (quello di cui parla lo ps.-Apollo-doro in bibl. 2. 5. 9) coinciderebbe con la lotta dei figli di Minosse, un secondo con l’istituzione del culto di Apollo e Zeus (secondo la testimonianza appunto del fr. 140 adi Pindaro). Inoltre, se per tutto il tratto precedente Pindaro avesse parlato di un

Philologus 155 (2011) 1

10 Ferrari (1990) 229–234; D’Alessio (1997) 44–45; I. Rutherford (2001) ad loc.; D’Alessio (2007) 109. Anche Galinsky (1972) 33 sembra identificare lo xenodafiκthv basileúv in un re di Paro: difficile è dire dondeegli tragga l’informazione secondo la quale „driven by a sea storm from Troy, Herakles lands on the island of Paros“.

11 Mythographi Graeci (21926).12 Già Ferrari (1990) 230 osserva questa difficoltà.

5

Page 4: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

episodio avvenuto a Paro, perché a b 35 avrebbe sentito la necessità di specificare cheil nuovo episodio, appena introdotto, si era verificato a Paro (Párou e ¬n guáloiv)?

A me pare dunque molto probabile che la prima sezione del papiro parlasse diun’impresa diversa da quelle di cui parlano i vv. b 34–b 40. E’ secondo me probabileche Pindaro parlasse qui dell’uccisione di Cicno. Nella discussione di questo fram-mento il nome di Cicno era già stato fatto a proposito del termine xenodafiκthv,poiché tale termine è usato, a parte il nostro frammento, soltanto da Euripide a pro-posito appunto di Cicno (Her. f. 391)13. Tuttavia, nessuno ha mai ipotizzato che lo xenodafiκthv basileúv del nostro fr. sia appunto Cicno. In realtà, secondo me, esisteun buon motivo per pensare che Pindaro parlasse qui di Cicno14. Pindaro dice che, uccidendo lo xenodafiκthv basileúv, Eracle ubbedì a un ordine di Apollo (b 30–31:a¬rcagétaı te Dálou píqeto). Ora, mentre per l’impresa contro i figli di Minosse narrata da Apollodoro o per quella contro Laomedonte, nessuna fonte antica testi-monia che Eracle agì per ordine di Apollo, secondo lo Scutum ps.-esiodeo, Cicno fuucciso da Eracle proprio per ordine di Apollo. I vv. che attestano questo ordine sonoproblematici15, ma non c’è dubbio che essi riflettano una tradizione, la quale pre-supponeva appunto che fosse stato Apollo a comandare a Ercole di uccidere Cicno;cfr. Sc. Her. 68–69: a¬llá oi™ [scil. Kúκnwı] eu ¬cwléwn ou¬κ e ¢κlue Foîbov ∫Apóllwn· /au¬tòv gár oi™ e ¬pørse bíhn ¿Hraκlheíhn. A proposito del motivo, che avrebbe spintoApollo a far uccidere Cicno, siamo ragguagliati dalla fine dello Scutum (477–480): toû dè táfon κaì sñm∫ a¬idèv poíhsen ºAnaurov / o¢mbrwı ceimeríwı pläqwn· tœv gár min ∫Apóllwn / Lhtofidhv h¢nwx∫, oçti r™a κleitàv e ™κatómbav / oÇv tiv a¢goi Puqoîdebíhı súlasκe doκeúwn. In questi versi (che sono anch’essi problematici), si dice cheApollo ordinò al fiume Anauro di distruggere la tomba di Cicno (che era stata costruitada Ceice), poiché Cicno depredava le persone che portavano ecatombi al tempio diApollo a Delfi. Questi passi ps.-esiodei mi pare costituiscano un indizio a favoredell’identificazione dello xenodafiκthv basileúv con Cicno. Difficile è dire se anchel’arte figurativa conosca la versione per cui Eracle uccise Cicno per ordine di Apollo.A questo proposito disponiamo da pochi mesi di uno strumento d’indagine davveroeccellente, il libro che F. Zardini ha dedicato alla leggenda di Eracle e Cicno16. Il lavorodella Zardini, quantunque filologicamente non impeccabile, raccoglie tutte le testimo-nianze sul mito che stiamo studiando e particolare attenzione viene data proprio alletestimonianze pittoriche: ne risulta che in un certo numero di vasi, che rappresentanola lotta fra Eracle e Cicno, è presente anche Apollo (cfr. le pagg. 95–96 e 103–104).

Carlo M. Lucarini, Per l’interpretazione di Pind. Fr. 140 a S.-M.

13 Cfr. e. g. Bagordo (2003) 166–167.14 Questo è un motivo molto migliore di quello per cui Euripide usa l’aggettivo xenodafiκthv per Cicno,

dato che di per sé significa davvero poco.15 Il problema nasce, come spesso nello Scutum, dal fatto che i vv. in questione mal si armonizzano con

altri passi dello stesso Scutum. Per questi problemi di stratificazione utilissimo rimane Schwarz (1932); cfr. anche Russo (21968), tuttavia sommario sul nostro problema.

16 Zardini (2009).

6

Page 5: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

A favore di questa identificazione milita anche un altro indizio. Per illustrarlo èperò necessario dire qualcosa sul testo di b 26–b 29. Come ha dimostrato Ferrari (cit. 230–231), fra e ¢fa[ di b 26 e ]eme[ di b 27 deve essere postulato l’inizio di un discorso diretto pronunciato da Eracle: „Inoltre qamá alla fine del v. 57 [= b 29], comportando reiterati atti di empietà da parte del «sovrano sterminatore di stranieri»,e reiterate reazioni di collera da parte di colui che da tale empietà ha ricevuto offesa,suggerisce che il κótov in questione appartenga ad Apollo (viene in mente il κotés-sato Foîbov di Il. XXIII 383) e non certo ad Eracle […]: allora l’oratio recta pro-nunciata dall’eroe tebano, dal momento che píqeto del v. 59 sicuramente ha per soggetto Eracle e appartiene al piano della narrazione, si sarà estesa da yucán 55 fino aqamá 57“. A me pare che questa proposta vada accolta e che essa si accordi meglio con l’ipotesi che lo xenodafiκthv basileúv sia Cicno, che con quelle che voglionoidentificarlo in Laomedonte o in un ignoto re pario. Infatti il qamá di b 29 si armo-nizza bene con le ripetute azioni di brigantaggio presupposte da Sc. Her. 477–480,mentre pare più problematico riferirlo all’ignoto re pario e addirittura arduo sarebberiferirlo a Laomedonte (contro il quale non sono attestate reiterate ire da parte diApollo).

A favore dell’ipotesi che la prima parte del nostro frammento si riferisca a un episo-dio avvenuto a Paro possono essere invocati i vv. b 23–b 24, ove si parla di una o più persone che arrivano con una nave. Questo particolare, come mi fa osservare G. B.D’Alessio, può creare qualche difficoltà alla nostra ipotesi, poiché Cicno pare ucci-desse le persone che si recavano da Tempe a Delfi via terra (le quali quindi non arriva-vano su una nave). Tuttavia, a parte l’estrema lacunosità del contesto, si deve tenerpresente che Cicno viveva presso il tempio di Apollo a Pagasaí e che tale tempio si trovava in prossimità del mare. Del resto che Cicno vivesse in prossimità del mare è detto esplicitamente da Euripide (Herc. f. 389–393: a¢n te Mhliád’ a¬κtàn / ’Anaúrouparà pagàv / Kúκnon xeinodafiκtan / tóxoiv w¢lesen; per la geografia cfr. il commentodi Wilamowitz). Orbene, dato che Cicno operava sulla costa, non mi pare impossibilesupporre che Pindaro menzionasse persone che arrivavano per mare. Un altro indizioche si potrebbe sollevare contro l’identificazione dello xenodafiκthv basileúv inCicno è il termine basileúv. In effetti, nessuna fonte a me nota definisce in questomodo Cicno. Tuttavia, bisogna tener presenti due fatti: innanzitutto il termine basileúv ha, nel greco arcaico e tardo-arcaico, un significato più ampio rispetto aquello di König: il termine significa spesso semplicemente „uomo potente“ (cfr. LSJ s. v. basileúv I 3). Si legga inoltre Steph. Byz. p. 392 M.: Kuκnîtiv ‹…› h©v o™ Kúκnov e ¬basíleuse. Sofoκlñv e ¬n Phleî. κaì e ¬n Poimési „boæn κuκnîtin“. Purtroppo la primaparte del passo è lacunosa. Se l’integrazione giusta fosse quella proposta da Meineke,‹cåra Qettalíav›, saremmo sicuri che il Cicno di cui parlava Sofocle nel Phleúv(= fr. 495 R.) era il figlio di Ares, lo stesso di cui, secondo la nostra ricostruzione,parlava Pindaro, il che comporterebbe che (la fonte di) Stefano di Bisanzio ritenevaKúκnov un König. Tuttavia, tale sicurezza non possiamo averla, poiché esisteva unaltro Cicno, figlio di Posidone, il quale venne ucciso da Achille durante la guerra diTroia (cfr. e. g. Engelmann 1890–1894, 1690–1697) e, se il Cicno di Soph. fr. 495 R. an-

Philologus 155 (2011) 1 7

Page 6: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

dasse identificato con quest’ultimo, allora il passo sofocleo non sarebbe di nessunautilità per l’esegesi del fr. pindarico.

A questo punto ci si chiederà quanto fosse conosciuto l’episodio di Cicno nellaGrecia tardo-arcaica e classica. Che esso fosse noto a Pindaro è sicuro, come testi-monia Ol. 10. 1517; per tutto il resto della documentazione, mi permetto di rimandareal lavoro della Zardini: la mole del materiale addotto dalla studiosa testimonia, al di làdi ogni dubbio, che la storia di Eracle e Cicno dovette essere molto nota nell’età diPindaro.

Se davvero il nostro carme è un peana, non dovrà meravigliarci che al suo internoPindaro narrasse l’uccisione da parte di Eracle di un essere crudele quale Cicno, ilquale depredava, secondo i vv. dello Scutum che abbiam trascritto prima, coloro cheportavano ecatombi a Delfi. Infatti un’impresa di Eracle, che, su ordine di Apollo, si fa protettore del naóv di Delfi era forse narrata in un peana di Bacchilide (fr. 22 + 4S.-M.). La trama di questo peana (’Apóllwni Puqaieî ei ¬v ’Asínhn) è stata scoperta daW. S. Barrett18 e, per quanto ce ne sfuggano i particolari, pare sicuro che Bacchilideparlasse dell’ordine impartito da Apollo a Eracle di allontanare i Driopi dal tempio diDelfi19. Sulle ragioni di tale allontanamento c’erano varie opinioni presso gli antichi,ma la menzione dell’appellativo di ∫Asineîv al v. 47 del peana di Bacchilide fa ragione-volmente supporre che il poeta alludesse al mutamento di nome da Drúopev in ∫Asi-neîv („Innocui“). Maehler cita a questo proposito Et. magnum gen. pp. 243–244 Lasserre – Livadaras: ∫Asineîv (Call. fr. 25)· oi™ Drúopev oi™ tæn ∫Asínhn κatoiκoûntev.[…] ei ¢rhtai, oçti ¿Hraκlñv toùv Drúopav lhısteúontav a¬pò tøn perì Puqœ cwríwne ¬n tñı Peloponnäswı metåıκisen, i çna dià tæn poluplhqían tøn e ¬noiκoúntwnei ¢rgointo toû κaκourgeîn· κaì dià toûto ∫Asineîv au¬toùv w¬nomásqai, w™v mhκétiκatà tò próteron sinoménouv. Qui viene addotto il lhısteúein quale causa dell’allon-tanamento dei Driopi dalla zona di Delfi, ma altre fonti (Diod. 4. 37. 1) parlano di un re dei Driopi, Filante, il quale compiva azioni sacrileghe contro il santuario di Delfi. A prescindere dalla versione che Bacchilide dovette seguire, mi pare significativo chesia il fr. 140 a S.-M. di Pindaro sia il peana per gli Asinei di Bacchilide parlassero diun’azione di Eracle, il quale, per ordine di Apollo, puniva chi in qualche maniera danneggiava il santuario delfico20.

* * * * *

Carlo M. Lucarini, Per l’interpretazione di Pind. Fr. 140 a S.-M.

17 Fra l’altro, come mi fa osservare G. B. D’Alessio, gli scoli a questo passo parlano di una „fuga“ di Eracle,che fan venire in mente b 25 del nostro fr.

18 Barrett (1954) 421–444 = (2007) 289–313.19 Cfr. Maehler (1997) 292–294.20 Che il Cicno di Pindaro recasse offesa al santuario delfico non può esser detto con certezza; lo ipotizzo

io in base al confronto con Scutum 477–480.

8

Page 7: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

Si considerino ora i vv. b 32–33. Rutherford, che pone un’interpunzione leggeradopo formíggwn, propone d’integrare i ©κen (ovvero a¬mfäluqen) e intende: „Since,Far-shooter, the sound of bright-sounding, famous lyres sounding reaches (?) you, remember that he founded in the hollows of holy Paros an altar“. Snell-Maehler pongono invece un’interpunzione forte dopo formíggwn e credo abbiano ragione. L’interpretazione di Rutherford è infatti linguisticamente improbabile, poiché è malconciliabile con il gár di b 32. Pindaro parla qui di una ligusfarágwn κlutân au¬tá,la quale si lega in qualche modo ad Apollo: difficile dire di quale legame si trattasse,poiché il verbo che tale legame esprimeva è stato probabilemte inghiottito dalla lacuna successiva a e ¢rg∫ a¬naidñ; anche provare a integrare tale verbo è poco produt-tivo, dal momento che la lettura e ¢rg∫ a¬naidñ (Snell) è incertissima (cfr. Ferrari, 1990,231, nota 521). Pare comunque ragionevole supporre che Pindaro contrapponesse il suono delle fórmiggev alle crudeli azioni dello xenodafiκthv basileúv. Cicno era figlio di Ares; anche altrove Pindaro associa la fórmigx all’assenza di guerra (cfr. Pyth. 1. 10–12; 4. 296; cfr. anche Bacch. 14. 12–13). Mi pare quindi assai probabile chequesta contrapposizione giocasse un ruolo anche nel nostro frammento. Se è così,l’interpunzione di Snell-Maehler andrà preferita a quella di Rutherford22: il gár avràdunque un valore di riepilogo e garantirà il legame di b 32–b 33 con quanto precede,non con quanto segue.

Affrontiamo ora l’esegesi della seconda parte del carme (b 34 sgg.). Il problema piùdifficile è posto dal termine i ¬sqmóv (b 37): di quale istmo Pindaro sta qui parlando?Rutherford è incerto fra „the neck of land […] the promontory extending west of theisland [scil. di Paro], at the base of which the Delion is situated“ e l’istmo di Corinto.E a quest’ultima soluzione lo studioso inglese sembra essere più incline („but it seemsmore likely that Pindar means the Isthmos of Corinth, which Heracles is pictured aspassing over on his way from Thrace (the labour immediately preceding was that ofthe mares of Diomedes) via Thebes and on the Asia Minor“). Anch’io credo chel’istmo in questione sia quello di Corinto. In effetti, basta dare un’occhiata a una cartageografica dell’isola di Paro per accorgersi che non vi è nessun i ¬sqmóv, cui Pindaropotesse verosimilmente riferirsi. Bisognerà dunque pensare all’istmo di Corinto, cuidel resto Pindaro col termine i ¬sqmóv sempre si riferisce. Tuttavia, la ricostruzione del Rutherford non mi sembra giusta: che Pindaro riassumesse tutto il viaggio dallaTracia, ove aveva sottratto a Diomede le famose cavalle, fino a Paro con la semplicemenzione del passaggio dell’istmo, pare a me davvero improbabile. Perché, all’internodi un viaggio così lungo, scegliere di menzionare proprio l’Istmo di Corinto e sola-mente esso?

Philologus 155 (2011) 1

21 D’Alessio mi dice che essa è addirittura impossibile.22 N. Almazova (San Pietroburgo) mi suggerisce un’altra interpretazione: poiché i vv. 477–480 dello

Scutum affermano che Cicno uccideva chi si recava a Delfi per fare sacrifici in onore di Apollo e poiché i sacri-fici erano accompagnati dal suono della lira (cfr. e. g. Thes. cultus et rituum antiq., s. v. „Sacrifices“, 112 sgg.), è possibile ipotizzare che l’opposizione xenodafiκthv basileúv / fórmiggev nascesse proprio dal fatto cheCicno impediva i sacrifici (e quindi il suono delle fórmiggev , che invece era particolarmente caro ad Apollo).

9

Page 8: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

Il problema che noi dobbiamo porci è: donde iniziò il viaggio di Eracle verso Paro?Perché Pindaro lo ha riassunto con la menzione del semplice passaggio dell’Istmo di Corinto? Riguardo a questo problema, mi pare opportuno richiamare un’osserva-zione che, a proposito della figura di Eracle in Pindaro, fece K. Fehr23, il quale, a pro-posito di Nem. 4. 24, ove si parla di una ¿Hraκléov o¬lbía au¬lá a Tebe, osservava:„Pindar hat hier wohl eine Thebanische Lokalsage im Sinne, nach der Herakles langeund glücklich als Fürst in Theben gelebt hat, wärend nach der gewöhnlichen Über-lieferung die Megara-Episode nur ein kurzes Erlebnis ist, das meist in seine frühereJugend verlegt worden ist, weil man es sonst nirgends unterbringen konnte“. Io credoche l’osservazione del Fehr colga nel segno24 e mi pare che la si possa corroborare anche richiamando Isthm. 4. 70–71. Qui Pindaro afferma che, allorché Eracle, in Libia,uccise Anteo, proveniva da Tebe. L’impresa contro Anteo è messa talvolta dalle nostrefonti in relazione con la cattura dei buoi di Gerione (cfr. RE s. v. Herakles 1061–1062):questo è significativo, poiché la cattura dei buoi di Gerione fu fatta, secondo le fontiantiche, per ordine di Euristeo e dunque è presumibile che Pindaro abbia immaginatoche Eracle sia partito da Tebe, si sia fermato presso Euristeo a Tirinto e di lì sia comin-ciato il viaggio che lo portò in Africa, dove incontrò Anteo. Orbene, io credo che un itinerario simile, che inizia cioè a Tebe, fa sosta a Tirinto e di lì prosegue verso la destinazione, sia ipotizzabile anche nel frammento di cui ci stiamo occupando. A questo proposito si considerino le prime parole superstiti dell’epodo del nostro papiro; si leggono purtroppo soltanto poche parole: h®n gár ti palaífaton, i ©κe suggó-nouv treîv. Poiché nei vv. precedenti si era parlato di Laomedonte e della sua fine, è abbastanza facile collegare questi vv. dell’epodo con Ol. 8. 31–46, ove, parlando della costruzione delle mura di Troia (ove regnava Laomedonte) da parte di Apollo, Posi-done ed Eaco, Pindaro afferma che era peprwménon che esse ptolipórqoiv e ¬n mácaiv / lábron a¬mpneûsai κapnón e che questo era destinato ad accadere al tempodei prøtoi e dei tértatoi paîdev di Eaco. L’allusione alle vicende dei discendenti diEaco in relazione a Troia è abbastanza chiara: Troia, vuol dire Pindaro, era destinata a cadere al tempo di Telamone e Peleo (figli di Eaco e quindi appartenenti alla genera-zione dei paîdev prøtoi) e al tempo di Neottolemo (figlio di Achille e quindi apparte-nente alla generazione dei paîdev tértatoi), ma non al tempo di Achille e Aiace (figlirispettivamente di Peleo e di Telamone e dunque appartenenti alla generazione deipaîdev deúteroi). Ora, date queste somiglianze, mi pare abbastanza probabile chenell’epodo del fr. 140 a si parlasse degli Eacidi. Assieme all’eacide Telamone fu proprioEracle a distruggere Troia e questa spedizione di Eracle contro Troia (che poi è quella

Carlo M. Lucarini, Per l’interpretazione di Pind. Fr. 140 a S.-M.

23 Fehr (1936) 36. Più recentemente, della figura di Eracle in Pindaro si è occupato Nieto Hernández(1993) 75–102, ma l’aspetto filologico-mitografico non è affrontato in questo studio.

24 Assai sbrigativo (come al solito, cfr. Köhnken, 2008, 291) W. B. Henry (2005) ad loc., il quale si limita ad osservare che la o¬lbía au¬lá in questione va identificata con lo Herakleion vicino alla porta di Elettra. Nullanemmeno in P. Giannini (2000) 170–174.

10

Page 9: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

cui, io credo, allude il fr. 140 a25) occupa una parte di Isthm. 6. In quest’ode (vv. 27–56)Pindaro narra dell’arrivo di Eracle ad Egina; qui egli trovò Telamone che banchettavae lo condusse con sé, affinché lo aiutasse nella guerra contro Troia; Eracle, affermaPindaro, era accompagnato da uomini di Tirinto.

Chi abbia seguito quanto abbiamo detto circa i viaggi di Eracle, credo riterrà comeme che Pindaro abbia immaginato, nel fr. 140 a, un viaggio di Eracle con partenza daTebe, passaggio per Tirinto, imbarco alla volta di Paro (o forse di Egina, con succes-siva tappa a Paro, ovvero vice versa), navigazione verso Troia. Se così è, la frase pérani ¬sqmòn diabaív può risultare meno strana. Se noi cioè immaginiamo che Pindarodesse per scontato che i suoi ascoltatori credevano che Eracle abitasse a Tebe e chequindi ogni suo viaggio dovesse muovere da lì e che la tappa successiva fosse nel Pelo-ponneso, non pare strano riassumere il primo tratto del viaggio dell’eroe con l’espres-sione péran i ¬sqmòn diabaív. Si consideri a questo proposito Bacch. 18. 16–17: Néonh®lqe‹n› dolicàn a¬meíyav / κârux posìn ∫Isqmían κéleuqon. È questo l’inizio dellarisposta di Egeo al coro degli Ateniesi, nella quale il re parla dell’arrivo del κñrux, il quale ha narrato le mirabili imprese di Teseo. L’espressione ’Isqmía κéleuqovpare designare il tratto che divide l’Istmo vero e proprio da Atene26: se Bacchilide haindicato il tratto dall’Istmo (che coincide con l’inizio del Peloponneso) ad Atene conl’espressione ’Isqmía κéleuqov, parrà strano che Pindaro abbia descritto il passaggioda Tebe al Peloponneso con péran i ¬sqmòn diabaív? Io credo proprio di no, soprat-tutto se si considera che la distanza che separa Atene dall’Istmo è ben maggiore diquella che dall’Istmo divide Tebe. Dicendo „avendo attraversato l’Istmo“ Pindaro voleva dire „essendo passato dalla Grecia continentale (cioè da Tebe, ove abitava) alPeloponneso“27; nel Peoloponneso l’eroe si sarà imbarcato dopo aver raccolto il suoesercito tirinzio.

Philologus 155 (2011) 1

25 Fuorviante è, a questo proposito, il commento di Rutherford, il quale identifica il viaggio di Eracle menzionato in b 38–40 con quello che portò alla liberazione di Esione. Esione, figlia di Laomedonte (e quindisorella di Priamo), fu offerta da Laomedonte (per ordine di un oracolo) quale preda al mostro marino inviatoda Posidone per punire Laomedonte per non aver mantenuto le promesse. Prima che la sventurata fanciullavenisse ghermita dal mostro, comparve Eracle, il quale la liberò, facendosi promettere da Laomedonte i cavalliche Zeus aveva dato a Tros in cambio del ratto di Ganimede; tuttavia Laomedonte, una volta che Esione fu liberata e che il mostro fu ucciso, non mantenne la promessa. Eracle se ne andò, minacciando che in futuro sarebbe tornato a Troia per vendicarsi. In seguito Eracle portò a compimento i propositi di vendetta e distrusseTroia. Da questo racconto (che traggo da Roscher s. v. Hesione e che è dato in maniera abbastanza coerente da tutte le nostre fonti) si deduce che il viaggio di Eracle di cui parla in nostro frammento dovette essere il secondo, non quindi quello che portò alla liberazione di Esione. Cfr. anche quanto abbiamo detto sopra circale due soste di Eracle a Paro.

26 Cfr. Maehler (1997) ad loc. Con il termine ∫Isqmóv i Greci indicavano sia l’Istmo vero e proprio vicino a Corinto sia tutto il tratto di terra che unisce la Grecia continentale al Peloponneso (Megaride, Gerania,Istmo): cfr. e. g. Smith (1864) 682–683.

27 Allo stesso modo si esprime Apoll. Bibl. 2. 5. 7 a proposito del toro di Creta che, abbandonata Tirinto:planhqeìv ei ¬v Spárthn te κaì ∫Arκadían açpasan, κaì diabàv tòn ∫Isqmón, ei ¬v Maraqøna tñv ∫Attiκñv a¬fiκómenov toùv e ¬gcwríouv dielumaíneto.

11

Page 10: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

Se quanto abbiamo argomentato è giusto, ne segue che le due sezioni (b 23–b 31 e b34 sgg.) non erano legate da continuità narrativa. Questa idea è invece implicita nellericostruzioni di chi identifica lo xenodafiκthv basileúv in Laomedonte o nell’ignotore di Paro; io credo invece che il Leitmotiv del nostro frammento fosse l’accostamentodi alcune benemerenze di Eracle nei confronti di Apollo: tali benemerenze non erano,mi pare, disposte in una sequenza cronologica o narrativa.*

Bibliografia

A. Bagordo, Reminiszenzen früher Lyrik bei den attischen Tragikern, München 2003.W. S. Barrett, Bacchylides, Asine und Apollo Pythaieus, Hermes 82, 1954, 421–444 = W. S. Barrett, Greek

Lyric, Tragedy, and Textual Criticism. Collected Papers, ed. by M. L. West, Oxford 2007, 289–313.E. Cavallini, Note a Pindaro, Museum criticum 19–20, 1984–1985, 17–21.G. B. D’Alessio, Pindar’s „Prosodia“ and the Classification of Pindaric Papyrus Fragments, ZPE 118, 1997,

23–60. G. B. D’Alessio, Per una ricostruzione del Primo Inno di Pindaro: la „Teogonia“ tebana e la nascita di Apollo,

Seminari Romani 10, 2007, 101–117.R. Engelmann, Kyknos, Ausfürliches Lexicon der griechischen und römischen Mythologie, herausgg. von

W. H. Roscher, 2. 1, Leipzig 1890–1894. K. Fehr, Die Mythen bei Pindar, Zürich 1936.F. Ferrari, Restauri testuali a P. Yale 18 (Pindaro fr. 140A e fr. 140B Maehler), Maia 42, 1990, 229–234.M. G. Fileni, Senocrito di Locri e Pindaro (fr. 140 b S.-M.), Roma 1987.G. K. Galinsky, The Herakles Theme, Oxford 1972.P. Giannini, Le antiche tradizioni tebane negli epinici di Pindaro, in: Presenza e funzione della città di Tebe

nella cultura greca (Atti del convegno intern., Urbino 7–9 luglio 1997), a cura di P. Angeli Bernardini, Roma2000, 163–178.

Grenfell and Hunt, The Oxyrhynchus Papyri, part III, ed. by B. P. Grenfell and A. S. Hunt, London 1903.W. B. Henry, Pindar’s Nemeans. A Selection, München-Leipzig 2005.A. Köhnken, rec. di Henry (2005), Gnomon 80, 2008, 291. S. Lavecchia, Pindaro e le MELISSAI di Paro, Hermes 124, 1996, 504–506.Lobel, The Oxyrhynchus Papyri, part XXVI, edited with Notes by E. Lobel, London 1961.Maehler, Die Lieder des Bakchylides: Zweiter Teil. Die Dithyramben und Fragmente. Text Übers. und

Komm. von H. Maehler, Leiden – New York – Köln 1997.Mythographi Graeci. Vol. I. Apollodori bibliotheca, ed. R. Wagner, Lipsiae 21926.M. P. Nieto Hernández, Heracles and Pindar, Metis 8, 1993, 75–102.W. H. Race, Pindar, Nemean Odes, Isthmian Odes, Fragments, ed. and transl by W. H. R., Cambridge, Mass.–

London 1997.O. Rubensohn, Paros, RE XVIII. 4 (1949), 1781–1872.O. Rubensohn, Das Delion von Paros, Wiesbaden 1962.

Carlo M. Lucarini, Per l’interpretazione di Pind. Fr. 140 a S.-M.

* Il presente contributo è nato all’interno del seminario di filologia greca dell’University of London di-retto dal Prof. G. B. D’Alessio. D’Alessio ha da subito espresso il proprio scetticismo circa le identificazionidello xenodafiκthv basileúv finora proposte, così come ha messo in rilievo i problemi relativi a péran i ¬sqmòndiabaív. Le soluzioni qui proposte, ovviamente, sono soltanto mie, ma non vi sarei arrivato senza l’apporto diD’Alessio e di altri studiosi londinesi (in particolare ricordo S. Hornblower e N. Lowe). Ho discusso succes-sivamente (30.12.2009) il fr. 140 a presso la Bibliotheca Classica di San Pietroburgo: a tutti i partecipanti a entrambi i seminari va la mia gratitudine.

12

Page 11: Lucarini, PER L’ INTERPRETAZIONE DI PIND. FR. 140 a S.-M. (= G 8 Ruth.)

Russo, Hesiodi Scutum, intr. testo crit. e comm. a cura di C. F. Russo, Firenze 21968.I. Rutherford, Pindar’s Paeans. A Reading of the Fragments with a Survey of the Genre, Oxford 2001.F. Schwarz, De Scuto quod fertur Hesiodi quaestiones ad compositionem et dicendi genus maxime pertinen-

tes, Berolini 1932.W. S. Slater, Lexicon to Pindar, Berlin 1969.W. Smith, Dictionary of Greek and Roman Geography, I, London 1864.U. von Wilamowitz-Moellendorff, Pindaros, Berlin 1922.F. Zardini, The Myth of Herakles and Kyknos, Verona 2009.

Carlo M. LucariniUniversity of [email protected]

Abstract

The fragment 140 a S.-M. = G 8 Ruth. is likely to deal with two different feats of Herakles. The lines b 21–b 33seem to concern Cycnus (xenodafiκthv basileúv), an impious hero killed by Herakles by order of Apollo (theidentifications of the xenodafiκthv basileúv with Laomedon or with an anonymous king of Paros are ex-tremely unlikely). The rest of the fragment seems to concern the beginning of Herakles’ expedition againstLaomedon. I think Pindarus presupposes a legend according to which Herakles spent the most part of his life in Thebes; such an interpretation might explain both the obscure expression péran i ¬sqmòn diabaívand other details. The opinion the fragment belonged to the Paianes is in my view right.

Keywords: Pindarus, Herakles, Cycnus, Paeanes, Thebes, mythography, papyrus.

Philologus 155 (2011) 1 13