lezioni di meccanica razionale a

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Universit` a di Modena e Reggio Emilia Facolt` a di Ingegneria - sede di Modena LEZIONI di MECCANICA RAZIONALE A Docente: Prof. Valter Franceschini Corsi di Laurea in Ingegneria (NOD) - a.a. 2009/2010 -

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Page 1: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Universita di Modena e Reggio Emilia

Facolta di Ingegneria - sede di Modena

LEZIONI

di

MECCANICA RAZIONALE A

Docente: Prof. Valter Franceschini

Corsi di Laurea in Ingegneria (NOD)

- a.a. 2009/2010 -

Page 2: Lezioni Di Meccanica Razionale A

PREFAZIONE

Il corso di Meccanica Razionale A si pone come obiettivi specifici quelli di introdurre glielementi di base della Meccanica Classica e di fornire gli strumenti matematici essenzialiper la costruzione e lo studio dei modelli che descrivono i fenomeni meccanici. Questedispense, che raccolgono le lezioni tenute dall’autore negli ultimi anni presso le Facoltad’Ingegneria di Modena e Reggio Emilia, sono intese da una parte come un supporto alladidattica, dall’altra come un testo dove il futuro ingegnere potra recuperare utili nozionieventualmente dimenticate.

Le dispense comprendono sei capitoli. Il primo e dedicato ai vettori e propone tutti glistrumenti di calcolo vettoriale necessari per lo svolgimento del corso. Il secondo e il terzocapitolo trattano rispettivamente la geometria della masse, vale a dire baricentri e momentid’inerzia, e la cinematica. Nel quarto vengono introdotte diverse nozioni propedeutichealla formulazione e allo studio dei problemi della Meccanica, quali i postulati fondamen-tali, i concetti di forza, di vincolo, di lavoro, di potenziale, etc. Gli ultimi due capitolipropongono infine la Meccanica vera e propria: prima quella del punto, poi quella deisistemi.

Una considerazione e doverosa circa gli argomenti trattati nei capitoli quinto e sesto.La necessita di limitare i contenuti del corso ha comportato l’esclusione di argomenti digrande interesse, quali i fenomeni dei battimenti e della risonanza, il problema dei duecorpi, i fenomeni giroscopici, il moto dei sistemi articolati, le piccole oscillazioni, lo studioqualitativo dei moti mediante il teorema di Weierstrass. Questi argomenti potranno peroessere recuperati, per obbligo o per scelta, col corso di Meccanica Razionale B da queglistudenti che proseguiranno gli studi con la laurea specialistica dopo aver conseguito quellatriennale.

Nella stesura di queste dispense si e cercato di conciliare due esigenze: da una parte, pernon appesantire troppo il corso, la necessita di proporre solo argomenti ritenuti basilari;dall’altra, per non rinunciare a priori alle possibili ricadute formative della materia, lavolonta di mantenere formalismo e rigore matematico associati a proprieta di linguaggio.

Il corso di Meccanica Razionale A, oltre alla trattazione di gran parte degli argomentiqui considerati, prevede lo svolgimento di un certo numero di esercitazioni. I problemiche sono affrontati in queste esercitazioni, e che sono destinati a far parte integrante delprogramma d’esame, sono inclusi nelle dispense Esercitazioni di Meccanica Razionale A,tutti completamente risolti.

A conclusione di questa prefazione l’autore desidera porgere un sentito ringraziamento atutti coloro che in qualche misura hanno contribuito negli anni alla messa a punto di questolavoro: innanzitutto il Prof. Italo Ferrari per tutto quanto gli ha insegnato di Meccanica,poi la Dott.ssa Cecilia Vernia per le sue osservazioni e i suoi suggerimenti, infine tutti glistudenti che gli hanno fatto notare imprecisioni o mancanza di chiarezza.

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Page 3: Lezioni Di Meccanica Razionale A

INDICE

1. Calcolo vettoriale 1

1.1 Vettori e loro prime proprieta 11.2 Somma di vettori 21.3 Prodotto scalare 61.4 Prodotto vettoriale 81.5 Prodotto misto 91.6 Rappresentazione cartesiana dei vettori 101.7 Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale 141.8 Vettori variabili e loro derivazione 15

2. Geometria delle masse 20

2.1 Massa 202.2 Baricentro 212.3 Momento d’inerzia 232.4 Calcolo dei momenti d’inerzia 242.5 Ellissoide d’inerzia 262.6 Assi principali d’inerzia 282.7 Momento d’inerzia polare 30

3. Cinematica 31

3.1 Terna intrinseca ad una curva 313.2 Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria 333.3 Velocita 343.4 Accelerazione 353.5 Classificazione dei moti 363.6 Classificazione dei moti in base alla legge oraria 373.7 Moto circolare 393.8 Corpo rigido: generalita 403.9 Formule di Poisson 433.10 Formula fondamentale della cinematica rigida 443.11 Stati cinetici 453.12 Stato cinetico rotatorio 473.13 Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi 493.14 Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo 503.15 Composizione degli stati cinetici 513.16 Definizione del problema della Cinematica relativa 533.17 Teoremi di composizione delle velocita e delle accelerazioni 543.18 Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori 563.19 Moto rigido piano 573.20 Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica 593.21 Esempi di moti rigidi piani 60

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Page 4: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.22 Equazioni parametriche della base e della rulletta 613.23 Polo delle accelerazioni 633.24 Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto 643.25 Sistemi di riferimento equivalenti 653.26 Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto 66

4. Concetti e nozioni fondamentali della Meccanica 68

4.1 Forze 684.2 Leggi fondamentali della Meccanica 704.3 Sistemi meccanici 714.4 Vincoli 724.5 Numero di gradi di liberta 744.6 Parametri lagrangiani e sistemi olonomi 754.7 Altri esempi di vincoli 764.8 Spostamenti infinitesimi 784.9 Configurazioni interne e di confine 804.10 Forze attive 814.11 Reazioni vincolari 814.12 Vettori caratteristici di un sistema di forze 834.13 Sistemi equivalenti di forze 854.14 Sistemi elementari di forze 864.15 Teorema di equivalenza sui sistemi di forze 864.16 Operazioni elementari sulle forze 894.17 Sistemi di forze interne 904.18 Sistemi di forze parallele 914.19 Forza peso 924.20 Misura della massa 934.21 Lavoro reale infinitesimo 944.22 Lavoro finito 954.23 Lavoro virtuale 954.24 Lavoro infinitesimo delle forze applicate ad un corpo rigido 964.25 Forze posizionali 974.26 Sistemi conservativi di forze 974.27 Esempi significativi di sistemi conservativi di forze 994.28 Potenza 1014.29 Vincoli perfetti 102

5. Meccanica del punto 104

5.1 I problemi della Meccanica 1045.2 La legge di Newton 1065.3 Moto di un punto libero 1065.4 Moto di un punto vincolato senza attrito 1065.5 Equilibrio di un punto libero o vincolato senza attrito 1095.6 Possibili casi di equilibrio di un punto 1105.7 Punto vincolato con attrito: relazioni di Coulomb 1115.8 Oscillazioni libere 112

iii

Page 5: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.9 Quantita di moto ed energia cinetica di un punto 1155.10 Teoremi delle forze vive e di conservazione dell’energia 1155.11 Momento della quantita di moto di un punto 1165.12 Integrali primi del moto di un punto 1185.13 Pendolo semplice 1195.14 Moto ed equilibrio relativo 1215.15 Forza centrifuga 124

6. Meccanica dei sistemi 126

6.1 Equilibrio di un sistema meccanico 1266.2 Principio dei lavori virtuali 1276.3 Configurazioni d’equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti 1286.4 Equilibrio dei sistemi conservativi 1296.5 Stabilita dell’equilibrio 1306.6 Equazioni cardinali della statica 1326.7 Problemi staticamente determinati 1336.8 Equilibrio di un corpo rigido con asse fisso 1356.9 Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano 1376.10 Sistemi composti 1396.11 Attrito fra due corpi rigidi 1406.12 Quantita di moto di un sistema 1426.13 Momento delle quantita di moto di un sistema 1436.14 Energia cinetica di un sistema 1466.15 Equazioni cardinali della dinamica 1496.16 Teoremi dell’energia 1516.17 Integrali primi 1526.18 Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediante 153

le equazioni cardinali della Dinamica6.19 Principio di D’Alembert 1546.20 Equazioni di Lagrange 1556.21 Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo 1566.22 Pendolo fisico 157

Bibliografia 158

Indice analitico 159

Ultime modifiche apportate il 10/09/08

.

iv

Page 6: Lezioni Di Meccanica Razionale A

1. CALCOLO VETTORIALE

1.1 Vettori e loro prime proprieta

Ogni grandezza fisica risulta matematicamente ben definita quando e possibile associare ad

essa un opportuno ente matematico in modo da rappresentarne quantitativamente tutte le

caratteristiche fisiche. E noto che alcune grandezze come la lunghezza sono completamente

individuate da un valore numerico; esse sono dette grandezze scalari. Per altre grandezze,

quali lo spostamento e la velocita di un punto, un numero non e sufficiente a caratterizzarle:

per esse occorre un vettore. Di conseguenza sono dette grandezze vettoriali.

Un vettore e un ente matematico caratterizzato da un numero (non negativo), da una

direzione e da un verso.

Un vettore a (nei testi denotato anche con a oppure a) viene sem-

pre rappresentato da un segmento orientato (ossia da un segmento

munito di freccia). La lunghezza del segmento, misurata in una

certa scala, e il numero (positivo) che caratterizza il vettore e che

viene chiamato modulo del vettore stesso; esso verra denotato con

jaj o, piu semplicemente con a. La direzione della retta che contiene

il segmento e la direzione del vettore; il verso e dato dal verso della

freccia.

Un vettore di modulo unitario si dice versore; un vettore di modulo zero e detto vettore

nullo. Per quest’ultimo, che denotiamo con 0, la direzione ed il verso possono essere presi

ad arbitrio.

Se A e B sono gli estremi del segmento che rappresenta un vettore (con verso da A a B),

il vettore puo indicarsi col simbolo B ¡ A, cioe come differenza di punti. Il modulo del

vettore B ¡ A vale la lunghezza del segmento AB. Il punto A si chiama origine o primo

estremo del vettore, il punto B secondo estremo.

Un vettore e dunque rappresentabile nello spazio mediante 13 segmenti orientati equipol-

lenti, cioe aventi la stessa lunghezza, la stessa direzione e lo stesso verso. Da qui segue

l’ovvia assunzione che due vettori sono uguali quando sono equipollenti.

A rimarcare il fatto che ad un vettore, a differenza di ogni segmento orientato, non cor-

risponde una posizione precisa nello spazio, si dice che e un vettore libero. Qualche volta

pero risulta necessario associare ad un vettore a una precisa origine A, ossia una ben de-

1

Page 7: Lezioni Di Meccanica Razionale A

terminata localizzazione nello spazio. In tal caso si parla di vettore applicato e lo si indica

con la notazione (A, a). L’origine A e detta punto d’applicazione del vettore. Occorre

comunque sottolineare il fatto che ogni volta che si parla semplicemente di un vettore, si

intende un vettore libero.

Se due vettori, entrambi rappresentati come differenza di punti, sono uguali, si ha

B ¡A = D ¡ C ,

per cui, essendo ABCD un parallelogramma, ri-

sulta anche

C ¡A = D ¡B .

Definizione Si definisce prodotto di un numero reale m per un vettore a, e si scrive ma,

il vettore di modulo jmjjaj, di direzione uguale a quella di a, e di verso uguale od opposto

a quello di a a seconda che m e positivo o negativo.

In particolare, se m=¡1 si ha il vettore ¡a che e detto vettore opposto di a. Poiche

l’opposto di B ¡A e A¡B, vale la relazione

B ¡A = ¡(A¡B) ,

vera anche in senso algebrico, cioe considerando i punti come se fossero numeri.

Due vettori sono paralleli se hanno la stessa direzione; essi sono poi concordi o discordi a

seconda che abbiano oppure no lo stesso verso.

Teorema Se b e a sono due vettori paralleli (con a 6= 0) esiste un numero reale m tale

che

b = ma .

La dimostrazione e immediata. Si prenda m = +b

aoppure m = ¡

b

aa seconda che i due

vettori siano concordi o discordi. E facile vedere che b e ma hanno la stessa direzione e lo

stesso verso; inoltre, poiche jmaj =b

aa = b, il modulo di ma coincide col modulo di b.

1.2 Somma di vettori

Siano dati due vettori a1 ed a2. Si costruiscano due vettori consecutivi A1¡A ed A2¡A1

uguali rispettivamente ad a1 e ad a2 (l’origine del secondo vettore viene fatta coincidere

col secondo estremo del primo).

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Page 8: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Definizione Si chiama somma o vettore risultante dei vettori a1 ed a2 il vettore A2 ¡A,

cioe

a1 + a2 = A2 ¡A .

La somma di due vettori gode della proprieta commu-

tativa. Infatti, completando il parallelogramma di

lati AA1 e A1A2, si ha subito che A2¡A e la somma

dei vettori A3 ¡ A ed A2 ¡ A3, uguali rispettiva-

mente ad a2 ed a1. Quindi si ha

a2 + a1 = a1 + a2.

Si considerino ora n vettori a1, a2, . . . , an, con n ¸ 3. Costruiamo la poligonale (in generale

non piana) formata dagli n vettori consecutivi A1 ¡ A,A2 ¡ A1, . . . , An ¡ An−1, uguali

rispettivamente ad a1, a2, . . . , an.

Definizione Il vettore An ¡ A si dice

somma o vettore risultante degli n vet-

tori dati, ossia

(1.1) a1+ a2+ a3+ ¢ ¢ ¢+ an = An¡A .

Notiamo che se An coincide con A, cioe

se la poligonale e chiusa, la somma dei

vettori e nulla (cioe e uguale al vettore

nullo).

La somma di vettori gode delle proprieta commutativa ed associativa. Quest’ultima proprieta,

di cui ovviamente ha senso parlare solo nel caso di almeno tre addendi, si prova subito

nel caso di vettori consecutivi. Infatti, sostituendo, per esempio, ai tre vettori consecutivi

a2, a3 ed a4 al primo membro della (1.1) la loro somma A4 ¡A1, si ottiene

a1 + (a2 + a3 + a4) + ¢ ¢ ¢+ an = (A1 ¡A) + (A4 ¡A1) + ¢ ¢ ¢+ (An ¡An−1) =

= An ¡A = a1 + a2 + a3 + a4 + ¢ ¢ ¢+ an,

conforme alla proprieta associativa.

Sfruttando il fatto, gia dimostrato, che per la somma di due vettori la proprieta commu-

tativa vale, si ha poi

a1 + a2 + a3 + ¢ ¢ ¢+ an = a1 + (a2 + a3) + a4 + ¢ ¢ ¢+ an =

= a1 + (a3 + a2) + a4 + ¢ ¢ ¢+ an =

= a1 + a3 + a2 + a4 + ¢ ¢ ¢+ an ,

3

Page 9: Lezioni Di Meccanica Razionale A

ed in questo modo risulta provata la proprieta commutativa per due vettori consecutivi.

Poiche due vettori non consecutivi possono essere resi tali con opportuni scambi, e facile

provare che la proprieta commutativa e valida in generale.

Si puo notare che la (1.1) puo essere cosı riscritta

(A1 ¡A) + (A2 ¡A1) + ¢ ¢ ¢+ (An ¡An−1) = An ¡A ,

relazione vera anche in senso algebrico.

Osserviamo che vale la relazione

B ¡A = (B ¡ C) + (C ¡A)

che permette di aggiungere e togliere un punto

come se fosse un numero.

Definizione Si chiama differenza fra due vettori la somma del primo vettore con l’opposto

del secondo, cioe

a1 ¡ a2 = a1 + (¡a2) .

La differenza di vettori gode delle stesse proprieta della differenza fra numeri.

Enunciamo ora due teoremi di cui omettiamo la facile dimostrazione.

Teorema In una uguaglianza fra vettori del tipo

a1 + a2 + ¢ ¢ ¢+ an = b1 + b2 + ¢ ¢ ¢+ bm

si puo trasportare un vettore da un membro all’altro come se fosse un numero, cioe cam-

biando il suo segno.

Teorema Il prodotto di un numero per una somma di vettori vale la somma dei singoli

vettori moltiplicati per quel numero, cioe

m(a1 + a2 + ¢ ¢ ¢+ an) = ma1 +ma2 + ¢ ¢ ¢+man.

I due teoremi che seguono (con dimostrazione) sono particolarmente importanti. Essi

riguardano la possibilita di decomporre un vettore secondo delle direzioni assegnate. Prima

di enunciarli e dimostrarli, premettiamo la seguente nozione: le direzioni di tre o piu vettori

sono complanari se, rappresentati i vettori con l’origine in comune, essi risultano contenuti

in uno stesso piano.

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Page 10: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Teorema Un vettore a si puo sempre decomporre nella somma di due vettori a1 ed a2

aventi direzioni distinte assegnate, ma complanari con quella di a.

Dimostrazione. Posto a = B ¡ A, si considerino

le due rette passanti per A e parallele alle dire-

zioni date (quindi complanari con a) e le altre due

rette passanti per B anch’esse parallele a quelle

direzioni. Si determina cosı un parallelogramma

ADBC e si ha

a = B ¡A = (B ¡D) + (D ¡A) = a1 + a2 ,

con a1 e a2 uguali rispettivamente ai vettori D¡A e B¡D, e quindi con direzioni uguali

a quelle assegnate.

Teorema Ogni vettore a si puo sempre decomporre nella somma di tre vettori aventi

direzioni assegnate non complanari.

Sia A l’origine del vettore B ¡ A, uguale ad

a, e siano r1, r2, r3 tre rette passanti per A e

parallele alle direzioni date.

Nel caso particolare che a abbia la stessa di-

rezione di una delle tre rette, per esempio r3,

allora il teorema e gia dimostrato in quanto i

due vettori paralleli a r1 ed r2 possono conside-

rarsi nulli, mentre quello parallelo ad r3 e a.

Se a non e parallelo a nessuna delle tre rette, sia r′ l’intersezione fra il piano individuato

da r1 ed r2 e quello individuato da B ¡A ed r3. Poiche B ¡A, r′ ed r3 sono complanari

ed r′ ed r3 sono rette distinte, si puo decomporre B ¡ A in due vettori a′ ed a3 paralleli

rispettivamente ad r′ ed r3, tali che si abbia

a = a′ + a3 .

Ma a′ si puo decomporre secondo i due vettori a1 ed a2 paralleli ad r1 ed r2. Di conseguenza

sara

a′ = a1 + a2 ,

e quindi

a = a1 + a2 + a3 ,

con a1, a2 e a3 aventi rispettivamente le direzioni di r1, r2 ed r3.

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Page 11: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Si noti che il vettore a e la diagonale del parallelepipedo di spigoli a1, a2, a3, qualora

questi quattro vettori abbiano tutti origine in A.

Se r3 e normale al piano di r1 ed r2, il vettore a′ si chiama componente di a lungo il

piano individuato da r1 ed r2, mentre a3 si chiama componente normale al piano. In altre

parole, dato un vettore a, per ottenerne la componente lungo un piano π e quella normale

a questo piano, lo si pone con origine in un punto O di π e lo si decompone lungo la

normale a π per O e l’intersezione fra questo piano e quello ad esso normale passante per

a. Ovviamente il vettore a e la somma delle sue componenti lungo il piano e normale al

piano.

1.3 Prodotto scalare

Definizione L’angolo formato da due vettori a e b e l’angolo, minore od al piu uguale

a π, formato da due semirette aventi l’origine in comune e parallele ed equiverse ai due

vettori.

Definizione Si chiama prodotto scalare (o interno) tra due vettori a e b il prodotto dei loro

moduli per il coseno dell’angolo da essi formato, cioe

a ¢ b = ab cosα. (1.2)

Ovviamente il prodotto scalare fra due vettori e un numero. Dalla (1.2) segue subito che

il prodotto scalare e nullo quando o uno almeno dei due vettori e nullo o i due vettori sono

ortogonali. L’annullarsi del prodotto scalare fra due vettori non nulli e quindi condizione

necessaria e sufficiente per l’ortogonalita dei due vettori.

Osserviamo che la (1.2) puo essere cosı riscritta:

a ¢ b = a(b cosα) = aOH ,

cioe il prodotto scalare fra due vettori puo essere visto

come lo scalare ottenuto moltiplicando il modulo di uno

dei due vettori per la proiezione su questo dell’altro vettore. Per proiezione di un vettore

b = B ¡ O su un altro vettore a = A¡ O si intende un numero con segno che esprime la

lunghezza del segmento OH ottenuto proiettando b su a. Il segno e positivo o negativo a

seconda che H ¡O e concorde o discorde con a.

Il prodotto scalare gode della proprieta commutativa, cioe a ¢ b = b ¢ a. Cio segue immedia-

tamente dalla (1.2) in quanto l’angolo fra a e b e identico a quello fra b e a.

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Page 12: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Il prodotto scalare gode della proprieta distributiva

rispetto alla somma, cioe si ha

(1.3) a ¢ (b+ c) = a ¢ b+ a ¢ c .

Per dimostrare cio si costruiscono i tre vettori

a = A¡O, b = B ¡O e c = C ¡B. Siano poi

H e G le proiezioni di C e B su a, sicche OG e

GH sono le proiezioni di b e c su a. Si ha quindi

a ¢ (b+ c) = aOH = a(OG+GH) = aOG+ aGH = a ¢ b+ a ¢ c ,

e la (1.3) e cosı dimostrata.

Dal momento che l’angolo fra due vettori uguali e nullo, si ha

a ¢ a = a2 . (1.4)

D’ora in poi potremo riferirci al prodotto scalare di un vettore a per se stesso, e quindi al

quadrato del modulo di a, come al quadrato del vettore a. In altre parole: (a)2 = a2 .

Si ha poi

(a§ b)2 = a2 + b2 § 2a ¢ b ,

(a+ b) ¢ (a¡ b) = a2 ¡ b2 .

Teorema Sia a un vettore qualsiasi e siano m1, m2, m3 tre vettori distinti non nulli e

non complanari. Se si verifica

a ¢m1 = 0, a ¢m2 = 0, a ¢m3 = 0 ,

allora a = 0.

Dimostrazione Se a fosse diverso dal vettore nullo, esso risulterebbe perpendicolare a tre

vettori per ipotesi non complanari, il che sarebbe chiaramente assurdo.

Corollario Siano a e b due vettori qualunque e siano m1, m2, m3 tre vettori non nulli e

non complanari. Se si verifica

a ¢m1 = b ¢m1, a ¢m2 = b ¢m2, a ¢m3 = b ¢m3 , (1.5)

allora a = b .

7

Page 13: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Dimostrazione Dalle (1.5) si ha

(a¡ b) ¢m1 = 0, (a¡ b) ¢m2 = 0, (a¡ b) ¢m3 = 0,

e quindi, per il teorema precedente, a¡ b = 0, da cui la tesi.

Dal teorema e dal corollario appena dimostrati conseguono immediatamente altri due

corollari:

Corollario Se per ogni m si ha

a ¢m = 0 ,

allora a = 0.

Corollario Se per ogni m si ha

a ¢m = b ¢m,

allora a = b.

Nota. Ci sono autori che denotano il prodotto scalare in maniera diversa da quella qui

adottata. Le altre notazioni piu comuni sono a£ b e ab.

1.4 Prodotto vettoriale

Definiamo ora un’operazione tra vettori che, a differenza del prodotto scalare, a due vettori

associa un terzo vettore.

Definizione Si definisce prodotto vettoriale (o esterno) di due vettori a e b un vettore, che

indichiamo col simbolo a£ b (da leggersi a vettore b), cosı definito:

¡ il suo modulo e dato dal prodotto ab sinα (α angolo compreso tra a e b);

¡ la sua direzione e quella ortogonale al piano dei due vettori (posti con l’origine in

comune);

¡ il suo verso e quello per cui un osservatore, disposto lungo la suddetta direzione e che

guarda b, vede a alla sua destra.

E opportuno notare che il modulo di a£ b rappresenta l’area del parallelogramma di lati

a e b.

Per stabilire il verso del prodotto vettoriale si possono usare anche altre regole:

1) il verso di a£ b e quello per cui avanza un cavatappi, normale al piano contenente a e

b, quando viene fatto ruotare in modo che a vada a sovrapporsi a b descrivendo l’angolo

minore;

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Page 14: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2) il verso di a £ b e quello per cui la terna (a, b, a £ b) e una terna destra. Una terna

di vettori (a, b, c) e destra o sinistra a seconda che a, b e c possano essere fatti coincidere

rispettivamente con il pollice, l’indice e il medio della mano destra o della mano sinistra.

Dalla definizione segue immediatamente che il prodotto vettoriale e nullo o quando e nullo

uno almeno dei due vettori, o quando essi sono paralleli. Quindi l’annullarsi del prodotto

vettoriale fra due vettori non nulli, e condizione necessaria e sufficiente per il parallelismo

fra due vettori. In particolare si ha

a£ a = 0 .

Se m e un numero, allora

m(a£ b) = (ma)£ b = a£ (mb) .

Il prodotto vettoriale non gode della proprieta commutativa; infatti b£ a ha lo stesso modulo e

la stessa direzione di a£ b ma verso opposto, cioe

a£ b = ¡b£ a.

Il prodotto vettoriale gode della proprieta distributiva rispetto alla somma (senza dimostrazione):

a£ (b+ c) = a£ b+ a£ c .

Il prodotto vettoriale, in generale, non gode della proprieta associativa, cioe in generale si ha

(a£ b)£ c6= a£ (b£ c) ,

dove il primo membro, detto anche doppio prodotto vettoriale, indica il prodotto vettoriale

tra il vettore a£ b ed il vettore c, mentre il secondo membro e il prodotto fra i vettori a e

b£ c.

Nota. Anche per il prodotto vettoriale esistono altre notazioni, la piu comune delle quali

e a^ b. Tuttavia, per non creare inutili fraintendimenti, si consiglia vivamente di usare le

notazioni da noi introdotte, a ¢ b per il prodotto scalare e a£ b per il prodotto vettoriale,

notazioni che corrispondono a quelle piu largamente usate nei testi.

1.5 Prodotto misto

Definizione Si definisce prodotto misto di tre vettori a, b e c lo scalare

a£ b ¢ c . (1.6)

9

Page 15: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osserviamo che non c’e ambiguita nell’ordine delle due operazioni in quanto ha senso solo

fare prima il prodotto vettoriale a£ b e poi moltiplicare scalarmente il risultato per c.

Teorema Il prodotto misto (1.6) vale il vo-

lume del parallelepipedo avente come spigoli i

tre vettori (supposti con la stessa origine O),

con la convenzione che il volume si intende po-

sitivo o negativo a seconda che il triedro a b c e

destro o sinistro. Si omette la dimostrazione.

Osserviamo che se il triedro individuato dalla terna di vettori (a, b, c) e destro, tali sono

anche i triedri individuati dalle terne (b, c, a) e (c, a, b). Di conseguenza, in virtu del

teorema appena enunciato, si ha

a£ b ¢ c = b£ c ¢ a = c£ a ¢ b .

Applicando poi la proprieta commutativa del prodotto scalare a b£ c ¢ a, ne segue

a ¢ b£ c = a£ b ¢ c .

Con cio si e dimostrata una importante proprieta del prodotto misto: in un prodotto misto

e lecito scambiare il segno di prodotto scalare con quello di prodotto vettoriale.

Osserviamo che se il prodotto misto di tre vettori e nullo, allora il parallelepipedo ha

volume nullo e quindi, o almeno uno dei vettori e nullo, o i tre vettori sono complanari.

Viceversa, se almeno un vettore e nullo, o se i tre vettori sono complanari, il volume e

nullo e cosı il prodotto misto. Quanto detto permette di affermare che condizione necessaria

e sufficiente affinche tre vettori non nulli siano complanari e che il loro prodotto misto sia nullo.

Un caso particolare, ma assai frequente, di nullita del prodotto misto si ha quando due

vettori sono paralleli.

1.6 Rappresentazione cartesiana dei vettori

Consideriamo un sistema di coordinate cartesiane

ortogonali Oxyz tali da costituire una terna destra.

Si prendano tre vettori unitari, detti versori fon-

damentali i, j, k paralleli ed equiversi agli assi x,

y, z rispettivamente e con origine in O e sia a un

generico vettore pure con origine in O.

10

Page 16: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Poiche gli assi formano tre direzioni non complanari si puo scomporre a in tre vettori a1,

a2, a3, paralleli agli assi cartesiani, cioe

a = a1 + a2 + a3 . (1.7)

Essendo a1 un vettore parallelo all’asse x, e quindi al vettore i, esiste un numero reale ax

tale che

a1 = axi .

In modo analogo si ha

a2 = ayj , a3 = azk .

Sostituendo nella (1.7) si ottiene

a = axi+ ayj + azk . (1.8)

Da quanto precede e ovvio che, fissato un sistema di assi cartesiani ortogonali, ad ogni

vettore corrisponde una terna di numeri (ax, ay, az), che e unica. Viceversa, ogni terna

(ax, ay, az) individua, mediante la (1.8), un unico vettore a. Si puo percio concludere

che i tre numeri ax, ay, az caratterizzano in modo completo il vettore rispetto al sistema

di riferimento Oxyz fissato. Questi numeri sono detti componenti cartesiane del vettore,

lungo gli assi x, y, z rispettivamente. I vettori a1, a2, a3 possono chiamarsi anche vettori

componenti di a lungo gli assi.

Il vettore a3, normale al piano xy, ed il vettore axy = a1 + a2, parallelo a tale piano,

sono rispettivamente i vettori componenti di a normali ad xy e lungo xy. Il primo ha per

componenti cartesiane (0, 0, az), il secondo (ax, ay, 0).

Le componenti cartesiane dei tre versori fondamentali sono ovviamente le seguenti:

i ´ (1, 0, 0) , j ´ (0, 1, 0) , k ´ (0, 0, 1) .

Vediamo ora alcune proprieta delle componenti cartesiane di un vettore. Ovviamente, se

due vettori sono uguali, hanno uguali le componenti e viceversa. Vale poi l’affermazione

seguente:

Le componenti del vettore somma di due o piu vettori si ottengono sommando le compo-

nenti analoghe dei singoli vettori.

Infatti se e a = b+ c, esprimendo b e c nelle loro componenti cartesiane, avremo

a = (bxi+ byj + bzk) + (cxi+ cyj + czk) =

= (bx + cx)i+ (by + cy)j + (bz + cz)k ,

11

Page 17: Lezioni Di Meccanica Razionale A

da cui segue che le componenti ax, ay, az di a valgono rispettivamente bx + cx, by + cy,

bz + cz. Risulta immediata l’estensione al caso in cui a e la somma di n vettori.

Ricaviamo ora l’espressione cartesiana del prodotto scalare fra due vettori. Per fare cio

osserviamo che essendo i vettori i, j, k unitari e a due a due ortogonali, si ha

i ¢ i = 1 , j ¢ j = 1 , k ¢ k = 1 ; (1.9)

i ¢ j = 0 , j ¢ k = 0 , k ¢ i = 0 . (1.10)

Dati due vettori a e b, rispettivamente di componenti (ax, ay, az) e (bx, by, bz), in virtu

della proprieta distibutiva del prodotto scalare rispetto alla somma e tenendo conto delle

relazioni (1.9) ed (1.10) appena scritte, si ha

a ¢ b = (axi+ ayj + azk) ¢ (bxi+ byj + bzk) = axbx + ayby + azbz . (1.11)

Il risultato ottenuto puo essere letto nel modo seguente: il prodotto scalare fra due vettori

vale la somma dei prodotti delle componenti analoghe dei due vettori.

Siamo ora in grado di ricavare alcune importanti proprieta delle componenti di un vettore.

Indicando con α l’angolo fra a e la direzione positiva dell’asse delle x, ricorrendo alla

definizione di prodotto scalare si ha

a ¢ i = a cosα .

Ricordando poi le (1.8), ed effettuando il prodotto sulla base della (1.11), si ricava

a cosα = ax . (1.12)

In modo analogo, se β e γ sono gli angoli fra il vettore a e la direzione positiva degli assi

y e z, si ottiene che

a cosβ = ay , (1.13)

a cos γ = az . (1.14)

Da queste relazioni si ricavano le componenti di un vettore noti il suo modulo e gli angoli

che esso forma con gli assi. Elevando al quadrato le tre ultime relazioni, sommando

membro a membro, e ricordando che cos2 α+ cos2 β + cos2 γ = 1, avremo

a2 = a2x + a2y + a2z ,

12

Page 18: Lezioni Di Meccanica Razionale A

da cui

a =√

a2x + a2y + a2z . (1.15)

Questa formula esprime il modulo di un vettore note le sue componenti, mentre le (1.12),

(1.13) ed (1.14) esprimono i coseni degli angoli che il vettore forma con gli assi. Questo

permette di costruire il vettore note le sue componenti. Dalle (1.12), (1.13), (1.14) si ha

che la componente di un vettore lungo un dato asse e la sua proiezione sull’asse stesso.

Sottolineiamo il fatto che la componente di un vettore lungo un asse vale il prodotto scalare

del vettore per un versore diretto lungo quell’asse. Piu in generale, si chiama componente

di un vettore lungo una direzione individuata dal versore m il prodotto scalare fra a e m.

Ricaviamo ora l’espressione cartesiana del prodotto vettoriale. Ricordando che

i£ i = 0 , j £ j = 0 , k £ k = 0 ;

i£ j = k , j £ k = i , k £ i = j ,

e che, per le proprieta del prodotto vettoriale

j £ i = ¡k , k £ j = ¡i , i£ k = ¡j ,

si ha

a£ b = (axi+ ayj + azk)£ (bxi+ byj + bzk) =

= axbxi£ i+ axbyi£ j + axbzi£ k + aybxj £ i+ aybyj £ j+

+ aybzj £ k + azbxk £ i+ azbyk £ j + azbzk £ k =

= axbyk ¡ axbzj ¡ aybxk + aybzi+ azbxj ¡ azbyi ,

e cioe

a£ b = (aybz ¡ azby)i+ (azbx ¡ axbz)j + (axby ¡ aybx)k. (1.16)

Per ricordare facilmente le componenti del prodotto vettoriale e utile il determinante

simbolico:

a£ b =

∣∣∣∣∣∣

i j kax ay azbx by bz

∣∣∣∣∣∣. (1.17)

che, sviluppato secondo la prima riga, da esattamente la (1.16).

Calcoliamo ora l’espressione cartesiana del prodotto misto a£ b ¢ c. Ricordando la (1.11)

e la (1.16) si ottiene

a£ b ¢ c = cx(aybz ¡ azby) + cy(azbx ¡ axbz) + cz(axby ¡ aybx) ,

13

Page 19: Lezioni Di Meccanica Razionale A

o, equivalentemente,

a£ b ¢ c =

∣∣∣∣∣∣

ax ay azbx by bzcx cy cz

∣∣∣∣∣∣.

Una considerazione importante e la seguente: Dato il punto P di coordinate (x, y, z), le

componenti del vettore P ¡ O sono proprio x, y e z. Infatti, essendo PO cosα, PO cosβ,

PO cos γ, nell’ordine, proprio le coordinate x, y, z di P , si puo scrivere

P ¡O = PO cosα i+ PO cosβ j + PO cos γ k = xi+ yj + zk . (1.18)

Di conseguenza, dati due punti P1 e P2 di coordinate (x1, y1, z1) e (x2, y2, z2), si ha

P1 ¡O = x1i+ y1j + z1k , P2 ¡O = x2i+ y2j + z2k .

Sottraendo la prima uguaglianza dalla seconda si ottiene

P2 ¡ P1 = (x2 ¡ x1)i+ (y2 ¡ y1)j + (z2 ¡ z1)k.

Dunque, il vettore definito dalla differenza tra due punti ha per componenti la differenza

fra le coordinate analoghe dei due punti stessi.

1.7 Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale

Dimostreremo ora la formula seguente

(a£ b)£ c = (a ¢ c)b¡ (b ¢ c)a . (1.19)

Scegliamo un sistema di assi cartesiani ortogonali Oxyz in modo che l’asse z sia parallelo

a c; cosı si ha

c = ck, a ¢ c = azc, b ¢ c = bzc.

Allora, ricordando le espressioni (1.16) e (1.17) del prodotto vettoriale, possiamo scrivere

(a£ b)£ c =

∣∣∣∣∣∣

i j kaybz ¡ azby azbx ¡ axbz axby ¡ aybx

0 0 c

∣∣∣∣∣∣=

= (azbxc¡ axbzc)i+ (azbyc¡ aybzc)j + (azbzc¡ azbzc)k =

= azc(bxi+ byj + bzk)¡ bzc(axi+ ayj + azk) = (a ¢ c)b¡ (b ¢ c)a ,

col che abbiamo dimostrato la (1.19).

14

Page 20: Lezioni Di Meccanica Razionale A

La formula (1.19) permette di risolvere assai facilmente il problema della divisione vettoriale,

che consiste nel determinare i vettori x soluzione dell’equazione:

a£ x = b , con a ? b . (1.20)

Osservato che essendo a ? b l’equazione e ben posta (se a e b non fossero perpendicolari

l’equazione non avrebbe soluzione), dimostriamo che

x0 =b£ a

a2

e soluzione. Infatti, sostituendo x0 nell’equazione ed applicando la formula (1.19), si ha

a£(b£ a)

a2= ¡

1

a2(b£ a)£ a = ¡

1

a2[(b ¢ a)a¡ (a ¢ a)b] = ¡

1

a2[¡a2b] = b .

Ricordando poi che a£ a = 0, la (1.20) risulta soddisfatta anche ponendo

x = x0 + ha ,

con h numero qualunque. Osserviamo che ogni vettore soluzione x e normale a b (x0 e

normale anche ad a).

Posti a e b con origine in un punto O e posto

x = P ¡ O, il risultato ottenuto ci dice che il

luogo dei punti P soddisfacenti l’equazione

a£ (P ¡O) = b

e una retta parallela ad a posta come in figura.

1.8 Vettori variabili e loro derivazione

Si consideri ora una variabile numerica reale t, che assuma tutti i valori compresi in un

intervallo I = (t1, t2). Supposto che ad ogni valore di t corrisponda uno ed un sol vettore

u, diremo che u e un vettore funzione di t ed esprimeremo cio scrivendo

u = u(t) , t 2 I . (1.21)

Fissato quindi un sistema di riferimento cartesiano ortogonale Oxyz, le componenti carte-

siane ux, uy, uz di u sono anch’esse funzioni della variabile t. Allora la funzione vettoriale

(1.21) e equivalente alle tre funzioni scalari:

ux = ux(t) , uy = uy(t) , uz = uz(t) .

15

Page 21: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Per i vettori funzione di una variabile t, si puo definire, come per le funzioni ordinarie, il

concetto di limite per t tendente a t0, essendo t0 un punto di accumulazione di I.

Definizione Diremo che il vettore u(t) tende, per t! t0, al limite u0 e scriveremo

limt→t0

u(t) = u0 (1.22)

se

8ǫ > 0 , 9δǫ > 0 : 8t 2 (t0 ¡ δǫ, t0 + δǫ) , t6= t0 ) ju(t)¡ u0j < ǫ .

Posto poi

u0 = u0xi+ u0yj + u0zk ,

poiche il valore assoluto della componente di un vettore e sempre minore o al piu uguale

al modulo del vettore stesso (vedi (1.15)), l’esistenza del limite (1.22) implica che

8ǫ > 0 , 9δǫ > 0 : 8t 2 (t0 ¡ δǫ, t0 + δǫ) , t6= t0 ) jux(t)¡ u0xj · ju(t)¡ u0j < ǫ .

Questa relazione, e le analoghe per uy ed uz, implicano

limt→t0

ux(t) = u0x , limt→t0

uy(t) = u0y , limt→t0

uz(t) = u0z ,

vale a dire: il limite delle componenti di un vettore e dato dalle componenti del limite del

vettore stesso.

Dalle precedenti formule si deduce poi subito che

limt→t0

u(t) = limt→t0

√u2x(t) + u2y(t) + u2z(t) =

√u20x + u20y + u20z = u0, (1.23)

cioe il limite del modulo di un vettore vale il modulo del suo limite.

Si possono poi dimostrare i seguenti teoremi:

— Il limite della somma di due o piu vettori vale la somma dei limiti dei singoli vettori.

— Il limite del prodotto scalare o vettoriale di due vettori vale il prodotto scalare o vettoriale

dei limiti dei singoli vettori.

— Il limite del prodotto di uno scalare per un vettore vale il limite dello scalare per il limite

del vettore.

Considerati uno scalare m(t) e due vettori u(t) e v(t), e supposto che

limt→t0

m(t) = m0 , limt→t0

u(t) = u0 , limt→t0

v(t) = v0 ,

16

Page 22: Lezioni Di Meccanica Razionale A

i tre teoremi precedenti si scrivono cosı :

limt→t0

(u(t)§ v(t)

)= u0 § v0 ,

limt→t0

u(t) ¢ v(t) = u0 ¢ v0 ,

limt→t0

u(t)£ v(t) = u0 £ v0 ,

limt→t0

m(t)u(t) = m0u0 .

Definizione Il vettore u(t) e continuo per t = t0 se

limt→t0

u(t) = u(t0).

Definizione Si chiama derivata del vettore u(t) per t = t0 il vettore

u′(t0) =du

dt

∣∣∣∣t=t0

= limh→0

u(t0 + h)¡ u(t0)

h. (1.24)

(supposto che il limite esista)

Definizione Si chiama differenziale del vettore u(t) per t = t0, e si indica con du, il prodotto

della derivata del vettore per t = t0 per il differenziale della variabile indipendente, vale a

dire

du = u′(t0)dt .

Si dimostra facilmente che la derivata di un vettore ha per componenti le derivate delle compo-

nenti del vettore stesso. Infatti si ha

du

dt

∣∣∣∣t=t0

= limh→0

u(t0 + h)¡ u(t0)

h=

= limh→0

ux(t0 + h)¡ ux(t0)

hi+ lim

h→0

uy(t0 + h)¡ uy(t0)

hj + lim

h→0

uz(t0 + h)¡ uz(t0)

hk =

=

(duxdt

)

t0

i+

(duydt

)

t0

j +

(duzdt

)

t0

k = u′x(t0) i+ u′y(t0) j + u′z(t0) k .

Non e difficile provare che valgono le seguenti regole di derivazione:

d(u ¢ v)

dt=

du

dt¢ v + u ¢

dv

dt, (1.25)

d(u£ v)

dt=

du

dt£ v + u£

dv

dt,

d(mu)

dt=

dm

dtu+m

du

dt.

17

Page 23: Lezioni Di Meccanica Razionale A

In particolare, dalla (1.25), ricordando anche la (1.4), si ha

du2

dt=

d(u ¢ u)

dt= 2u ¢

du

dt, (1.26)

cioe la derivata del quadrato del modulo di un vettore vale il doppio del prodotto scalare

tra il vettore e la sua derivata.

Conseguenza immediata della (1.26) e che, se il vettore u e costante in modulo, allora

du

dt¢ u = 0 ,

per cui la derivata di un vettore costante in modulo e perpendicolare al vettore stesso. In parti-

colare cio vale per un versore.

Supponiamo ora che si abbia

u = u(s(t)),

ossia che u sia funzione della variabile t attraverso una seconda variabile reale s. In tal

caso e facile dimostrare chedu

dt=

ds

dt

du

ds. (1.27)

Infatti, se u=u(s(t)), allora ux=ux(s(t)), uy=uy(s(t)) e uz=uz(s(t)), per cui, ricordando

le regole di derivazione delle funzioni ordinarie, si ottiene

du

dt=

duxdt

i+duydt

j +duzdt

k =duxds

ds

dti+

duyds

ds

dtj +

duzds

ds

dtk =

=ds

dt

(duxds

i+duyds

j +duzds

k

)=

ds

dt

du

ds.

Si consideri ora la variabile t e si supponga che ad ogni suo valore corrisponda una posizione

di un punto P dello spazio. In tal caso diremo che il punto P e funzione di t e scriveremo

P = P (t) .

Definizione Si chiama derivata del punto P rispetto a t la derivata del vettore P (t) ¡ O,

dove O e un qualunque punto dello spazio che non dipende da t.

Questa definizione e giustificata dal fatto che la derivata di P non dipende da O. Infatti,

indicata condP

dtla derivata di P rispetto a t, avremo

dP

dt=

d(P ¡O)

dt= limh→0

(P (t+ h)¡O

)¡(P (t)¡O

)

h= limh→0

P (t+ h)¡ P (t)

h.

Questo dimostra l’indipendenza didP

dtda O. Osserviamo che sarebbe perfettamente

equivalente assumere come definizione della derivata di un punto rispetto ad una variabile

t l’ultimo limite soprascritto.

18

Page 24: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Come sappiamo, considerato un sistema di riferimento Oxyz e un punto P di coordinate

x, y, z, le componenti del vettore (P ¡O) sono proprio le coordinate di P, si ha cioe

P ¡O = x i+ y j + z k .

La definizione appena data conduce dunque alla formula

dP

dt=

dx

dti+

dy

dtj +

dz

dtk ,

cioe le componenti della derivata di un punto sono le derivate delle sue coordinate.

Se poi P e funzione di un parametro s a sua volta funzione di t, per cui P = P(s(t)), in

virtu della (1.27) si ha

dP

dt=

d(P ¡O)

dt=

ds

dt

d(P ¡O)

ds=

ds

dt

dP

ds.

Infine, se i punti P e Q sono entrambi funzione di t, tale sara anche il vettore P ¡Q; di

conseguenza, si ha

d(P ¡Q)

dt=

d(P ¡O)

dt¡

d(Q¡O)

dt=

dP

dt¡

dQ

dt.

19

Page 25: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2. GEOMETRIA DELLE MASSE

In questo capitolo ci occupiamo di geometria delle masse, vale a dire di nozioni

fondamentali della Meccanica che, dipendendo solo dalla distribuzione geometrica delle

masse, possono essere trattate anticipatamente. Piu precisamente, ci occupiamo delle

nozioni di baricentro e di momento d’inerzia, fornendone anche il calcolo in alcuni

esempi elementari ma utili ai fini degli esercizi.

2.1 Massa

Definizione La massa e una proprieta intrinseca dei corpi connessa alla loro quantita di

materia.

Matematicamente la massa e rappresentata mediante una grandezza scalare m positiva,

che supponiamo indipendente dal sistema di riferimento e additiva, cioe uguale alla somma

delle masse delle parti componenti.

Il numero m rappresenta la misura della massa del corpo in rapporto a quella di un

corpo campione la cui massa e assunta come unitaria. La possibilita di misurare una

massa confrontandola con un’altra e una conseguenza della II Legge della Dinamica che

introdurremo fra un po’.

Spesso, quando le dimensioni del corpo sono piccole e il problema che ci interessa lo

permette, tornera comodo, nel nostro modello matematico, trattare il corpo come se fosse

un punto geometrico P dotato della massa del corpo. Ebbene, in tal caso si parlera di

punto materiale P di massa m, e si usera la notazione (P,m).

Un qualunque corpo potra sempre essere riguardato come un’unione di punti materiali.

Tali punti potranno essere in numero finito o una infinita numerabile o un continuo. Nei

primi due casi, indicata con mi la massa dell’i-esimo punto, la massa totale del corpo, in

virtu dell’additivita, sara data da

M =N∑

i=1

mi (2.1)

oppure

M =

∞∑

i=1

mi

a seconda che i punti siano in numero finito o un’infinita numerabile.

20

Page 26: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se invece i punti materiali costituiscono un continuo C, allora si suppone che al corpo sia

associata una funzione ρ(P ) reale, non negativa, limitata, detta densita di massa, definita

per ogni punto P del corpo e tale che la massa infinitesima dm contenuta in un elemento

infinitesimo dC del corpo contenente P sia data da dm = ρ(P )dC. La massa totale di C,

sempre in virtu dell’additivita, sara quindi data da

M =

C

ρ(P )dC . (2.2)

In generale (2.2) e un integrale di volume; se pero la forma del corpo C e particolare, per

cui una o due dimensioni risultino trascurabili rispetto alle altre, allora si potra avere un

integrale di superficie o un integrale curvilineo.

Il caso piu semplice che si possa presentare e ρ(P ) = costante = ρ0, cioe quando il corpo

e omogeneo, per cui risulta m = ρ0V , con V volume di C.

Nota bene: nel seguito supporremo sempre di aver a che fare o con un numero finito

di punti materiali o con un corpo continuo. Tutte le dimostrazioni verranno fatte nel

caso finito, sapendo pero che esse possono essere riportate al caso numerabile o continuo

sostituendo semplicemente le somme finite con serie o integrali che supporremo sempre

convergenti.

2.2 Baricentro

Definizione Si chiama baricentro o centro di massa di un sistema materiale il punto G

definito dalla relazione

G¡O =

∑Ns=1ms(As ¡O)

M(2.3)

se il sistema e costituito di N punti materiali (As,ms), s = 1, . . . , N , oppure da

G¡O =

∫C ρ(P )(P ¡O)dC

M(2.4)

nel caso di un corpo continuo C. Il punto O e un qualunque punto da noi fissato ed M e

la massa totale del sistema materiale.

Di solito O e l’origine del sistema di riferimento. Le coordinate di G rispetto ad un

riferimento Oxyz sono date da

xG =

∑Ns=1msxs

M, yG =

∑Ns=1msys

M, zG =

∑Ns=1mszs

M. (2.5)

oppure da

xG =

∫C ρxdC

M, yG =

∫C ρydC

M, zG =

∫C ρzdC

M, (2.6)

21

Page 27: Lezioni Di Meccanica Razionale A

a seconda che i punti siano in numero finito od un continuo.

Osservazioni:

- Nel caso di un insieme di punti materiali tutti appartenenti ad una retta, anche G ap-

partiene alla retta. Esempio ovvio: un’asta. Analogamente, se tutti i punti appartengono

ad un piano, anche G appartiene al piano.

- In generale gli integrali (2.6) sono degli integrali di volume. Tuttavia, nel caso di corpi

particolari, essi possono ridursi ad integrali di superficie o addirittura ad integrali curvi-

linei. Cio accade quando il corpo puo assumersi come bidimensionale (ad esempio una

lamina) o unidimensionale (ad esempio un filo).

- Si puo dimostrare che se il corpo e delimitato da una superficie convessa, G e interno al

corpo.

- Ai fini del calcolo dei baricentri risulta molto utile (in quanto aiuta a semplificare il

calcolo stesso) la seguente proposizione: se il sistema materiale ha un piano di simmetria

geometrico-materiale, il baricentro sta su tale piano.

Dimostrazione. Dire che il sistema di punti

materiali, che indichiamo con S, ha un piano

Π di simmetria significa dire che, se Ps 2 S,

anche il punto Qs, simmetricamente posto

rispetto a Π, appartiene a S. Dire poi che

la simmetria e anche materiale, significa dire

che Ps e Qs hanno la stessa massams (o, nel

caso continuo, la stessa densita di massa).

Supposto ora che il piano Π coincida col piano Oxy (che ha equazione z = 0), se Ps ´

(xs, ys, zs), allora Qs ´ (xs, ys,¡zs). Dalla terza relazione delle (2.5) (o delle (2.6)) segue

quindi banalmente zG = 0, ossia G 2 Π.

- Conseguenza immediata del teorema appena dimostrato e che, se il corpo ha due piani di

simmetria, G sta sulla retta d’intersezione. Se poi ne ha tre, G e il loro punto d’intersezione.

Ad esempio, in un corpo omogeneo a forma di parallelepipedo o di sfera G coincide col

centro.

- Per determinare il baricentro di un sistema materiale costituito di N componenti, si determina

prima il baricentro di ciascuna componente, e quindi ci si comporta come se si avessero N

punti. Piu precisamente, se si hanno N componenti di massa mi e baricentro Gi, e come

se si avessero gli N punti materiali (Gi,mi).

22

Page 28: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2.3 Momento d’inerzia

Definizione Si definisce momento d’inerzia di un sistema di punti materiali (Ps, ms), s =

1, ..., N , rispetto ad un asse (O, a) lo scalare

I =N∑

s=1

msr2s , (2.7)

dove rs e la distanza di Ps dall’asse.

Se invece di un sistema materiale discreto abbiamo a che fare con un sistema continuo,

allora, indicata con ρ(P ) la densita di massa, anziche (2.7), si ha

I =

C

ρ(P )r2dC , (2.8)

con r distanza di P dall’asse. In generale questo e un integrale di volume. Tuttavia, se

la forma del corpo C e particolare, per cui una o due dimensioni sono trascurabili rispetto

alle altre, allora si ha un integrale di superficie o un integrale curvilineo.

Il momento d’inerzia puo anche essere definito rispetto ad un punto O: in questo caso,

in cui le distanze rs sono le distanze di Ps da O, si parla di momento d’inerzia polare

(rispetto al polo O) invece che di momento assiale.

Il momento polare pero non e molto importante; esso e utile a semplificare il calcolo di

qualche momento d’inerzia assiale particolare (ad esempio, il momento d’inerzia di una

sfera omogenea rispetto ad un suo diametro). Nel seguito, quando si parlera di momento

d’inerzia si intendera sempre quello assiale, salvo che non sia altrimenti specificato.

Analogamente a quanto fatto finora, tutte le dimostrazioni che seguiranno si baseranno sul-

l’ipotesi che il sistema materiale sia discreto. Ovviamente le stesse dimostrazioni possono

essere rifatte in maniera del tutto analoga nel caso di un sistema materiale continuo.

Osserviamo che il momento d’inerzia I in generale e funzione del tempo t in quanto, in

generale, la distanza dei punti Ps dall’asse varia col tempo. Osserviamo pero che, se il

sistema materiale e un corpo rigido e l’asse e fisso rispetto al corpo, allora I e costante. La

nozione di corpo rigido, di cui ci limitiamo a riportare qui la definizione, sara approfondita

nel prossimo capitolo.

Definizione Un corpo rigido e un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-

gono costanti nel tempo.

Un corpo non rigido, e un corpo deformabile.

23

Page 29: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2.4 Calcolo dei momenti d’inerzia

Il calcolo di un momento d’inerzia e sempre possibile ricorrendo direttamente alla defi-

nizione, cioe, a seconda che il sistema materiale sia discreto o continuo, alla (2.7) o alla

(2.8). Esistono pero degli altri metodi che sono estremamente utili e che sono espressi dai

due teoremi che seguono.

Teorema (di Huyghens o di Steiner)

Noto il momento d’inerzia IG di un sistema materiale di massa totale M rispetto alla retta

baricentrica (G, k), il momento d’inerzia I rispetto ad una qualunque retta parallela posta

a distanza d vale

I = IG +Md2 . (2.9)

Dimostrazione

Siano Oxyz e Gx′y′z′ due sistemi di

riferimento con Gz′ asse rispetto al

quale e noto il momento d’inerzia e

Oz asse rispetto al quale si vuole cal-

colare il momento, con k versore co-

mune. Si supponga poi che Oy ´ Gy′

(senza con cio perdere di generalita).

Ne consegue che

xs = x′s , ys = y′s + d , zs = z′s ,

e quindi

I =∑

s

msr2s =

s

ms

(x2s + y2s

)=∑

s

ms

((x′s)

2 + (y′s + d)2)

=∑

s

ms

((x′s)

2 + (y′s)2)+ d2

s

ms + 2d∑

s

msy′s =

s

ms(r′s)2 +Md2

= IG +Md2 ,

dove si e tenuto conto che∑smsy

′s =My′G = 0.

Osservazione. Noto il momento d’inerzia rispetto ad una retta r, il teorema di Huyghens

permette il calcolo del momento d’inerzia rispetto ad una qualunque retta r′ parallela ad

r. Cio e possibile in base alla ovvia considerazione che la formula (2.9) puo essere usata

anche per ricavare IG noto I.

Teorema Il momento d’inerzia di un sistema materiale rispetto alla retta (O, a) di coseni

direttori α, β e γ rispetto ad un riferimento Oxyz vale

I = Aα2 +Bβ2 + Cγ2 ¡ 2A′αβ ¡ 2B′αγ ¡ 2C ′βγ , (2.10)

24

Page 30: Lezioni Di Meccanica Razionale A

dove

A =∑

s

ms

(y2s + z2s

), B =

s

ms

(x2s + z2s

), C =

s

ms

(x2s + y2s

), (2.11)

A′ =∑

s

msxsys , B′ =∑

s

msxszs , C ′ =∑

s

msyszs . (2.12)

Prima di dimostrare il teorema osserviamo che A, B e C sono i momenti d’inerzia del

sistema materiale rispetto agli assi Ox, Oy ed Oz rispettivamente. Le quantita A′, B′ e

C ′, che hanno le dimensioni di un momento d’inerzia, si chiamano momenti di deviazione

o prodotti d’inerzia o momenti centrifughi. Dalle definizioni (2.11) e (2.12) si puo osservare

che, al contrario di A, B e C che essendo dei veri momenti d’inerzia sono sempre positivi,

i momenti di deviazione A′, B′ e C ′ possono essere sia postivi che negativi.

Dimostrazione Posto

Ps ¡O = xsi+ ysj + zsk ,

essendo a = αi+ βj + γk, si ha

r2s =[(Ps ¡O)£ a

]2=[(γys ¡ βzs)i+ (αzs ¡ γxs)j + (βxs ¡ αys)k

]2

= (γys ¡ βzs)2 + (αzs ¡ γxs)

2 + (βxs ¡ αys)2

= (y2s + z2s)α2 + (x2s + z2s)β

2 + (x2s + y2s)γ2 ¡ 2xsysαβ ¡ 2xszsαγ ¡ 2yszsβγ .

Sostituendo in (2.7) si ha

I =∑

s

ms(y2s + z2s)α

2 +∑

s

ms(x2s + z2s)β

2 +∑

s

ms(x2s + y2s)γ

¡ 2∑

s

msxsysαβ ¡ 2∑

s

msxszsαγ ¡ 2∑

s

msyszsβγ ,

che in virtu delle posizioni (2.11) e (2.12) da la (2.10).

Il teorema appena dimostrato vale per qualunque sistema materiale. Ovviamente, in base

a quanto osservato alla fine del precedente paragrafo, i momenti d’inerzia A, B, C e i

momenti di deviazione A′, B′ e C′ in generale sono funzione del tempo. Nel caso pero di

un sistema rigido, se il sistema di riferimento e solidale con esso, allora A, B, C, A′, B′

e C ′ sono costanti. In considerazione di cio, ed in considerazione del fatto che noi siamo

interessati esclusivamente a corpi rigidi, d’ora in poi, in questo e nel successivo paragrafo,

supporremo che il sistema materiale sia un corpo rigido e che la terna di riferimento sia

con esso solidale. Per mettere in evidenza quest’ultimo fatto la terna sara indicata con

O1x1y1z1 (naturalmente con versori i1, j1 e k1).

25

Page 31: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Definizione Si chiama matrice o tensore d’inerzia di un corpo rigido C relativa al riferimento

solidale O1x1y1z1 la matrice simmetrica

J =

A ¡A′ ¡B′

¡A′ B ¡C ′

¡B′ ¡C′ C

. (2.13)

Ora, utilizzando la matrice J , il risultato (2.10) puo scriversi nella forma compatta

I = (J a, a) , (2.14)

dove a va inteso come vettore colonna, J a e il prodotto di una matrice 3£3 per un vettore

colonna (o, se si vuole, una matrice 3£ 1), e (¢, ¢) indica il prodotto scalare tra due vettori

colonna.

Osservazione La matrice J , oltre ad essere simmetrica, e definita positiva. Ricordiamo

che una matrice A di tipo n£n si dice definita positiva se

(Ax,x) > 0 8x6= 0 , x 2 Rn .

Ovviamente il determinante di una matrice definita positiva e positivo.

2.5 Ellissoide d’inerzia

Il calcolo del momento d’inerzia rispetto ad una data retta puo essere fatto utilizzando

l’ellissoide d’inerzia anziche la matrice d’inerzia. Questo approccio, per quanto totalmente

equivalente ad usare la formula (2.10), permette pero una interpretazione geometrica sia

della matrice J che del momento d’inerzia.

Definizione Si chiama ellissoide d’inerzia di un corpo rigido C relativo al punto O1 l’ellis-

soide di equazione

Ax21 +By21 +Cz21 ¡ 2A′x1y1 ¡ 2B

′x1z1 ¡ 2C′y1z1 = 1 (2.15)

rispetto ad una terna O1x1y1z1 solidale con C.

Indicato con E(O1) l’ellissoide di C rispetto al punto

O1, vale il seguente

Teorema Il momento d’inerzia I del corpo rigido C

rispetto ad una qualunque retta passante per O1 vale

I =1

O1L2 , (2.16)

essendo L uno dei due punti in cui la retta interseca

l’ellissoide E(O1).

26

Page 32: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osservato che ogni retta passante per (O1) interseca sempre E(O1) in due punti simme-

tricamente posti rispetto ad O1, andiamo a dimostrare il teorema. Se la retta considerata

e (O1, a), indicati con α, β e γ i suoi coseni direttori rispetto ad O1x1y1z1, le equazioni

cartesiane della retta rispetto allo stesso riferimento sono

x1α=

y1β=

z1γ

. (2.17)

Per calcolare gli eventuali punti d’intersezione con E(O1) mettiamo a sistema (2.15) con

(2.17). Le (2.17) forniscono

y1 =β

αx1 , z1 =

γ

αx1 . (2.18)

Sostituendo in (2.15) si ottiene

Ax21 +Bβ2

α2x21 + C

γ2

α2x21 ¡ 2A

′ β

αx21 ¡ 2B

′ γ

αx21 ¡ 2C

′βγ

α2x21 = 1 ,

da cui, facendo il denominatore comune

(Aα2 +Bβ2 + Cγ2 ¡ 2A′αβ ¡ 2B′αγ ¡ 2C ′βγ

)x21 = α2 ,

ossia, in virtu di (2.10),

x21L =α2

I,

con L punto di intersezione della retta con E(O1). Tenendo poi conto delle (2.18) si ha

y21L =β2

I, z21L =

γ2

I.

Sommando queste tre relazioni, e ricordando che la somma dei quadrati dei coseni direttori

di una retta vale uno, si ottiene

O1L2= x21L + y21L + z21L =

α2 + β2 + γ2

I=1

I,

da cui segue in modo ovvio la (2.16).

Osservazioni:

— Cambiando O1, l’ellissoide cambia.

— Mantenendo O1 e cambiando gli assi del riferimento solidale, cambia la matrice d’inerzia

e quindi l’equazione dell’ellissoide, ma non cambia l’ellissoide. Cio e ovvio dal fatto che la

formula (2.16) deve valere indipendentemente dal riferimento scelto.

— L’ellissoide d’inerzia e definito per ogni corpo rigido, eccetto che per un’asta. In tal caso,

infatti, assunto l’asse O1z1 coincidente con l’asta, poiche ciascun punto Ps ha x1s = y1s =

0, si ha ovviamente C = 0, e di conseguenza l’ellissoide (2.15) degenera in un cilindro di

asse l’asse z1.

27

Page 33: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2.6 Assi principali d’inerzia

Fra tutte le possibili terne di riferimento O1x1y1z1 solidali con il corpo rigido ne esiste

(almeno) una privilegiata: quella i cui assi coincidono con gli assi dell’ellissoide. Rispetto

a questa terna, infatti, la matrice d’inerzia assume la forma diagonale, e di conseguenza

l’equazione dell’ellissoide diventa

Ax21 +By21 + Cz21 = 1 . (2.19)

Definizione Si chiamano assi principali d’inerzia per il punto O1 gli assi passanti per O1 e

coincidenti con gli assi dell’ellissoide d’inerzia relativo al punto O1. I momenti d’inerzia

rispetto a tali assi si chiamano momenti principali d’inerzia.

La scelta della terna solidale O1x1y1z1 coincidente con quella principale d’inerzia risulta

utile in quanto semplifica notevolmente i calcoli delle grandezze che coinvolgono il momento

d’inerzia (energia cinetica e momento della quantita di moto). Di conseguenza risulta

importante determinare gli assi principali d’inerzia.

Vediamo dapprima come si determinano gli assi principali d’inerzia di un corpo rigido C

rispetto ad un suo punto O1, nota la matrice d’inerzia J rispetto ad una terna O1x1y1z1.

Naturalmente supponiamo J in forma non diagonale, perche altrimenti gli assi O1x1, O1y1

e O1z1 sarebbero gia principali d’inerzia. Si puo dimostrare la seguente proposizione:

Gli assi principali d’inerzia di C rispetto ad O1 hanno la direzione degli autovettori w1,

w2, w3 associati agli autovalori λ1, λ2 e λ3 della matrice d’inerzia J .

Ricordiamo che λ1, λ2 e λ3, che sono reali, positivi e distinti in conseguenza del fatto che

J e simmetrica e definita positiva, sono dati dalle radici dell’equazione

det(J ¡ λI) = 0 ,

e che l’autovettorewk e determinato, a meno di una costante moltiplicativa, dall’equazione

(J ¡ λkI)wk = 0 , k = 1, 2, 3 .

Piuttosto che calcolare la matrice d’inerzia J rispetto ad un osservatore O1x1y1z1 scelto

a caso, e determinare poi gli assi principali d’inerzia diagonalizzando J , conviene cercare

di scegliere fin dall’inizio la terna principale d’inerzia, o almeno scegliere una terna con un

asse che sia principale d’inerzia. Valgono infatti i seguenti

Teoremi (senza dimostrazione)

C.N.S. perche l’asse O1x1 sia principale d’inerzia e che si abbia A′ = B′ = 0.

C.N.S. perche l’asse O1y1 sia principale d’inerzia e che si abbia A′ = C ′ = 0.

28

Page 34: Lezioni Di Meccanica Razionale A

C.N.S. perche l’asse O1z1 sia principale d’inerzia e che si abbia B′ = C ′ = 0.

Conseguenza immediata di questi teoremi e che, se due assi sono principali d’inerzia, anche

il terzo lo e.

Torna particolarmente utile il seguente

Teorema Ogni retta perpendicolare in O1 ad un piano di simmetria geometrico-materiale

e principale d’inerzia.

Dimostrazione

Sia O1z1 la retta perpendicolare al piano di simme-

tria geometrico-materiale O1x1y1. La simmetria

significa che ad ogni punto Ps ´ (x1s, y1s, z1s) di

massams corrisponde il puntoQs ´ (x1s, y1s,¡z1s)

pure di massa ms. Ne consegue

B′ =∑smsx1sz1s = 0 , C′ =

∑smsy1sz1s = 0 ,

in quanto in ogni somma per ciascun termine ce n’e uno uguale e contrario.

Corollario 1 Se il corpo C e una figura rigida piana, allora il piano π contenente la figura

e di simmetria per C. Di conseguenza, qualunque sia O1 2 π, la retta perpendicolare al

piano del corpo e asse principale d’inerzia per O1. Allora, assunto π ´ O1x1y1, l’asse z1

e principale d’inerzia e l’equazione dell’ellissoide vale

Ax21 +By21 +Cz21 ¡ 2A′x1y1 = 1 .

Inoltre, poiche Ps ´ (x1s, y1s, 0), si ha

C =∑

s

ms

(x21s + y21s

)=∑

s

ms

(x21s + z21s

)+∑

s

ms

(y21s + z21s

)= A+B . (2.20)

Corollario 2 Se il corpo ha tre piani di simmetria mutuamente ortogonali, allora le tre

rette intersezioni (a due a due) sono assi principali d’inerzia per il baricentro G. (Ciascun

piano di simmetria contiene necessariamente G, e quindi tre piani di simmetria a due a

due ortogonali si intersecano in G).

In base a questo corollario si capisce facilmente che la terna principale d’inerzia non e

necessariamente unica. Basta infatti pensare ad una sfera rigida omogenea, e si ha imme-

diatamente che se O1 coincide col centro della sfera, ogni terna e principale d’inerzia.

Definizione L’ellissoide relativo al baricentro G e detto ellissoide centrale d’inerzia del

corpo. I suoi assi sono detti assi centrali e i momenti A, B, C ad essi relativi momenti

centrali d’inerzia.

29

Page 35: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Ai fini del calcolo dei momenti di deviazione puo risultare utile il seguente teorema, analogo

a quello di Huyghens:

Teorema Noti i momenti di deviazione A′G, B′G, C′

G di un sistema materiale rispetto

ad una terna Gx′y′z′, gli analoghi momenti A′O, B′O, C ′

O rispetto ad una terna parallela

Oxyz sono dati dalle relazioni seguenti:

A′O = A′G +MxG yG , B′O = B′

G +MxG zG , C ′O = C ′

G +MyG zG , (2.21)

con xG, yG e zG coordinate di G rispetto ad Oxyz.

Dimostriamo la prima delle tre relazioni. Le altre

due si otterranno analogamente. Considerato un

generico punto Ps del sistema, siano (xs, ys, zs)

le sue coordinate rispetto ad Oxyz e (x′s, y′s, z

′s)

quelle rispetto a Gx′y′z′. Essendo gli assi delle

due terne paralleli, sussistono le relazioni

xs = x′s + xG ys = y′s + yG zs = z′s + zG .

Essendo x′G = y′G = 0, si ha

A′O =∑

s

msxs ys =∑

s

ms(x′s + xG)(y

′s + yG) =

=∑

s

msx′s y

′s +

(∑

s

msx′s

)yG +

(∑

s

msy′s

)xG +

(∑

s

ms

)xGyG =

= A′G +Mx′GyG +My′GxG +MxGyG = A′G +MxGyG .

Se la terna Gx′y′z′ e principale d’inerzia, le (2.21) diventano semplicemente le seguenti:

A′O =MxG yG , B′O =MxG zG , C ′

O =MyG zG . (2.22)

2.7 Momento d’inerzia polare

Ricaviamo qui una relazione tra il momento d’inerzia polare J rispetto al polo O e i

momenti d’inerzia A, B, C rispetto ad una qualunque terna Oxyz. Si ha:

J =∑

s

msr2s =

s

ms

(x2s + y2s + z2s

)=

=1

2

s

ms

(y2s + z2s

)+1

2

s

ms

(x2s + z2s

)+1

2

s

ms

(x2s + y2s

)=1

2

(A+B + C

).

Nel caso di una sfera omogenea (o, piu in generale, a simmetria radiale) si ha A = B = C,

e quindi J = 32A. Tale formula e utile per determinare A mediante J (il che e piu facile

rispetto al calcolo mediante (2.8)).

30

Page 36: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3. CINEMATICA

La cinematica ha come obiettivo la descrizione del moto dei sistemi materiali

prescindendo dalle cause che lo producono. Tale descrizione comporta sempre la

scelta di un sistema di riferimento Oxyz rispetto al quale riferire la posizione di

ciascuno dei punti del sistema materiale oggetto di studio. I concetti di spazio e di

tempo sono assunti come assoluti, vale a dire si assume il seguente

Postulato: Due osservatori diversi misurano sempre le stesse distanze e gli stessi

tempi.

Andiamo ora a trattare la CINEMATICA DEL PUNTO.

3.1 Terna intrinseca ad una curva

Sia γ una qualunque curva regolare dello spazio. Andiamo a definire su di essa un sistema

di ascisse curvilinee. A tal fine fissiamo su γ un punto O1, che chiameremo origine, ed un

verso positivo che diremo verso degli archi crescenti. Inoltre, fissiamo un’unita di

misura per la lunghezza degli archi. In questo

modo ad ogni punto P si puo associare il numero s

lunghezza dell’arco O1P , preso col segno positivo

o negativo a seconda che P segua o preceda O1 in

base all’ordinamento indotto dal verso positivo fis-

sato. Viceversa ad ogni valore di s corrisponde un

unico punto P di γ. Si e dunque stabilita una cor-

rispondenza biunivoca tra i punti di γ ed i numeri

reali di un opportuno intervallo. Il numero s che

corrisponde al punto P e detto ascissa curvilinea del punto P. Ha dunque sempre senso,

quando torni utile, considerare il punto P come funzione della sua ascissa curvilinea s; in

tal caso si scrivera: P = P (s) .

Ci poniamo ora il problema di calcolare le derivate prima e seconda di P rispetto ad s. In

virtu della definizione (1.24), si ha

dP

ds= limh→0

P (s+ h)¡ P (s)

h.

Osserviamo innanzitutto che, poiche P (s+h)¡P (s)

e un vettore diretto secondo la corda, tale e anche

31

Page 37: Lezioni Di Meccanica Razionale A

il vettoreP (s+ h)¡ P (s)

h. Passando al limite per h ! 0, la suddetta corda tendera

alla tangente a γ in P (s); di conseguenzadP

dsha direzione tangente alla curva in P (s).

Supposto ora h>0, osserviamo cheP (s+ h)¡ P (s)

hha il verso degli archi crescenti; di

conseguenza, poiche il verso non cambia nel passaggio al limite, anchedP

dsha il verso degli

archi crescenti. Allo stesso risultato si giunge supponendo h < 0.

Infine, ricordando la (1.23), si ha∣∣∣∣dP

ds

∣∣∣∣ = limh→0

jP (s+ h)¡ P (s)j

jhj.

Ma il modulo di P (s+h)¡P (s) e la lunghezza della corda che ha per estremi i due punti

e jhj e la lunghezza dell’arco associato alla stessa corda. Di conseguenza, poiche quando

h tende a zero il rapporto fra corda ed arco tende ad uno, si puo scrivere

dP

ds= t , (3.1)

dove t e il versore tangente alla curva nel punto P di ascissa s, orientato secondo il verso

degli archi crescenti.

La (1.28) comporta

d2P

ds2=

dt

ds= limh→0

t(s+ h)¡ t(s)

h.

Osserviamo che, essendo t costante in modulo,dt

ds

e normale a t, per cuidt

dsgiace nel piano normale a

t, cioe nel piano normale alla curva in P (s). Posti

i vettori t(s + h) e t(s) con origine in P (s), osserviamo poi che il vettore t(s + h) ¡ t(s)

giace nel piano passante per la tangente in P (s) e parallelo alla tangente in P (s + h).

Per h ! 0 tale piano tende al cosiddetto piano osculatore alla curva nel punto P (s). Di

conseguenzadt

dsha come direzione quella della retta intersezione del piano normale col

piano osculatore. Tale retta e la normale principale alla curva γ nel punto P (s). Si puo poi

dimostrare che esiste una circonferenza speciale, detta cerchio osculatore, situata nel piano

osculatore e con centro sulla normale principale, che approssima γ in un intorno del punto

P meglio di qualunque altra circonferenza. Il raggio del cerchio osculatore, che indichiamo

con ρc, si chiama raggio di curvatura di γ nel punto P , mentre il suo inverso1

ρce detto

curvatura. Ebbene, si puo dimostrare che

dt

ds=

d2P

ds2=1

ρcn , (3.2)

32

Page 38: Lezioni Di Meccanica Razionale A

dove n e un versore, detto versore normale, avente la direzione della normale principale alla

curva in P (s) ed orientato verso il centro del cerchio osculatore.

Se la curva γ e piana, il piano osculatore coincide col piano della curva, la normale prin-

cipale coincide con la normale alla curva ed il versore n e orientato verso l’interno della

curva. Nel caso poi che γ sia una circonferenza il cerchio osculatore coincide ovviamente

con la circonferenza stessa e si ha ρc = R.

Dal momento che i versori t ed n sono normali tra loro, si puo definire un terzo versore b,

normale ad entrambi (e quindi normale al piano osculatore) in modo che (t, n, b) sia una

terna destra. La retta avente la direzione di b e passante per P (s) e detta binormale a γ

nel punto P . La terna di versori (t, n, b) e detta terna intrinseca alla curva nel punto P .

3.2 Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria

Si consideri dunque un punto P e sia O l’origine del sistema di riferimento cartesiano

scelto. Ad ogni istante temporale t corrispondera una posizione di P, cioe un valore del

vettore P ¡O. Tale vettore e detto vettore spostamento (o piu semplicemente spostamento)

del punto dall’origine oppure raggio vettore, e si puo scrivere

P ¡O = P (t)¡O , (3.3)

che costituisce l’equazione vettoriale del moto di P. Ovviamente, anche le tre coordinate

cartesiane di P possono essere scritte in funzione di t,

x = x(t), y = y(t), z = z(t) . (3.4)

Queste funzioni sono dette equazioni cartesiane del moto di P. E ovvio che le (3.4) sono equi-

valenti alla (3.3), dal momento che si possono dedurre uguagliando fra loro le componenti

dei due vettori che compaiono in quell’equazione.

Volendo separare l’aspetto geometrico da quello cine-

matico, si puo pensare di scrivere le equazioni del moto

facendo riferimento alla traiettoria percorsa dal punto P.

A tal fine consideriamo tale curva, che indichiamo con

γ, e fissiamo su di essa un sistema di ascisse curvilinee.

Allora ad ogni valore dell’ascissa s corrisponde una posizione di P, mentre ad ogni valore

di t corrisponde un valore dell’ascissa curvilinea, cioe

P ¡O = P (s)¡O

s = s(t) .(3.5)

33

Page 39: Lezioni Di Meccanica Razionale A

La prima funzione di (3.5) fornisce la traiettoria di P, la seconda, detta legge oraria del

moto, lo spazio in funzione del tempo, e quindi la posizione di P sulla traiettoria ad ogni

istante t. In forma cartesiana (3.5) equivale a

x = x(s)

y = y(s)

z = z(s)

s = s(t) .

(3.6)

Nel seguito si assumera che le funzioni a secondo membro di (3.3), (3.4), (3.5) e (3.6) siano

almeno C2 (continue assieme alle loro derivate seconde).

3.3 Velocita

Definizione Si definisce velocita scalare (istantanea), e la si indica con s(t), la derivata

della funzione s(t) rispetto al tempo, ossia

s(t) ´ds

dt. (3.7)

Osserviamo che la velocita scalare all’istante t altro non e che il limite della velocita scalare

media nell’intervallo (t, t+ h), cioes(t+ h)¡ s(t)

h, quando h tende a zero.

Osserviamo anche che abbiamo introdotto una notazione che sara ampiamente usata nel

seguito: il punto sopra una variabile dipendente dal tempo t significa la derivata di questa

rispetto a t. Analogamente, due punti significheranno la derivata seconda.

Se la velocita scalare e costante ed uguale a v0, allora la legge oraria e del tipo

s(t) = s0 + v0t (3.8)

con s0 = s(0). In tal caso il moto si dice uniforme.

Dalla (3.7) si vede che se la velocita scalare s e positiva, s cresce al crescere del tempo: in

tal caso il moto si dice diretto; se invece s e negativa, s decresce all’aumentare del tempo

e il moto si dice retrogrado.

Siano ora P (t) e P (t+ h) le posizioni del punto rispettivamente all’istante t e t+ h.

Definizione Si definisce velocita vettoriale all’istante t la derivata rispetto al tempo del

vettore spostamento:

v(t) =d(P ¡O)

dt=

dP

dt= limh→0

P (t+ h)¡ P (t)

h. (3.9)

34

Page 40: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Analogamente alla velocita scalare, la velocita vettoriale all’istante t e il limite della velo-

cita vettoriale mediaP (t+ h)¡ P (t)

hnell’intervallo (t, t+ h) quando h tende a zero.

Nota bene: d’ora in poi, quando si parlera di velocita, si intendera sempre il vettore velocita

istantanea.

Consideriamo ora P come funzione del tempo t attraverso l’ascissa curvilinea s; tenendo

conto della (3.1) si ha

v(t) =dP

dt=

dP

ds

ds

dt=

ds

dtt = st . (3.10)

Dunque, la velocita all’istante t ha sempre direzione tangente alla traiettoria, modulo dato

dal modulo della velocita scalare, il verso degli archi crescenti o decrescenti a seconda che

s sia positiva o negativa.

Se il moto e uniforme la velocita non varia in intensita perche s e costante, ma varia, in

generale, in direzione. v e costante solo nel caso in cui il moto e anche rettilineo, perche

allora t e costante.

In forma cartesiana si ha

v(t) =dP

dt=

d(P (t)¡O)

dt= xi+ yj + zk , (3.11)

ossia le componenti sugli assi della velocita di P sono le derivate delle coordinate del punto

rispetto al tempo. Il modulo della velocita, o equivalentemente, il modulo della velocita

scalare e dato da

jvj = jstj = jsj =√

x2 + y2 + z2 .

Ne consegue

s(t) = §√

x2(t) + y2(t) + z2(t) , (3.12)

s(t) = §

∫ t

t0

√x2(τ) + y2(τ) + z2(τ)dτ . (3.13)

3.4 Accelerazione

Poiche l’unico moto che avviene con velocita costante e il moto rettilineo uniforme, in

generale la velocita di un punto e variabile nel tempo.

Definizione Si definisce accelerazione all’istante t la derivata prima della velocita rispetto

al tempo o, equivalentemente, la derivata seconda del vettore spostamento rispetto al

tempo, cioe

a(t) = limh→0

v(t+ h)¡ v(t)

h=

dv

dt=

d2(P ¡O)

dt2=

d2P

dt2. (3.14)

35

Page 41: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Derivando la (3.10)e ricordando la (3.2) si ha

a =d

dt(st) =

ds

dtt+ s

dt

dt= st+ s

dt

ds

ds

dt= st+

s2

ρcn ,

ossia

a = att+ ann con at = s , an =s2

ρc. (3.15)

L’accelerazione all’istante t e dunque la somma di due vettori, uno detto accelerazione tan-

genziale uguale a st, diretto secondo la tangente alla traiettoria, l’altro, detto accelerazione

centripeta o normale, uguale as2

ρcn, diretto secondo la normale principale e verso il centro

del cerchio osculatore alla curva. Poiche questi due vettori giacciono nel piano osculatore

alla traiettoria nel punto P (t), si avra che l’accelerazione giace nel piano osculatore della

traiettoria. Ricordiamo anche che ρc e il raggio di curvatura della curva percorsa dal punto

in P (t).

Se l’accelerazione tangenziale e nulla in ogni istante, si ha s(t) = 0, per cui s(t) = cost = v0;

integrando si ha s(t) = s0 + v0t, cioe il moto e uniforme. Invece i moti con accelerazione

centripeta in ogni istante nulla sono i moti rettilinei, perche dovendo esseres2

ρc= 0, il

raggio ρc di curvatura deve essere infinito, e quindi la traiettoria e una retta. Si conclude

che i moti con accelerazione nulla in ogni istante sono soltanto i moti rettilinei ed uniformi.

La (3.15) rappresenta l’espressione dell’accelerazione in forma intrinseca; in forma carte-

siana si avra

a = xi+ yj + zk, (3.16)

cioe le componenti dell’accelerazione sugli assi sono le derivate seconde rispetto al tempo

delle coordinate del punto.

3.5 Classificazione dei moti

In base a velocita ed accelerazione

Consideriamo ora alcuni moti con particolari caratteristiche per quanto riguarda la velocita

o l’accelerazione, e proponiamo uno schema di classificazione di tali moti. Cio ci portera

a riconsiderare anche moti gia presi in considerazione e classificati.

- moto diretto : se s > 0;

- moto retrogrado : se s < 0;

- moto uniforme : se s(t) = v0 costante;

- moto rettilineo : se t(t) = t0 costante;

36

Page 42: Lezioni Di Meccanica Razionale A

- moto rettilineo ed uniforme : se st = v0 costante;

- moto curvilineo : se t(t)6= cost;(circolare, parabolico, ellittico, . . . , a seconda della traiettoria)

- moto accelerato : se ss > 0;(ds2

dt> 0 () jsj crescente

)

- moto ritardato : se ss < 0;(ds2

dt< 0 () jsj decrescente

)

- moto uniformemente vario : se s(t) = a costante;

- moto uniformemente accelerato : se ss > 0 ed s costante;

- moto uniformemente ritardato : se ss < 0 ed s costante.

In base alla legge oraria

I moti di un punto possono essere classificati anche in base alla legge oraria, nel qual caso

torna utile introdurre e studiare il diagramma orario, vale a dire il grafico di s(t).

1) s(t) = v0t+ s0

Il moto e uniforme. Il diagramma orario e una retta e, ovviamente, v0 ed s0 rappresentano

rispettivamente la velocita scalare s (che e costante) e l’ascissa curvilinea iniziale s(0).

2) s(t) =1

2at2 + v0t+ s0

Il moto e uniformemente vario. Il diagramma orario e una parabola e le costanti a, v0 ed

s0 forniscono rispettivamente s (che e costante), la velocita scalare iniziale s(0) e l’ascissa

curvilinea iniziale s(0).

3) s(t) = A cos(ωt+ γ)

Il moto e oscillatorio armonico. Il diagramma orario e una sinusoide, A e l’ampiezza del moto,

ω la pulsazione e γ la fase iniziale.

Il moto oscillatorio armonico e periodico. A questo riguardo diamo la seguente

Definizione Un moto di equazione oraria s(t) si dice periodico se esiste T > 0 tale che

s(t+ T ) = s(t) 8t . (3.17)

Il minimo T positivo per cui vale la (3.17) viene detto periodo del moto.

Il moto oscillatorio armonico e periodico di periodo T =2π

ω. Infatti

s

(t+

ω

)= A cos

(t+

ω

)+γ

)= A cos(ωt+ 2π + γ) = A cos(ωt+ γ) = s(t) .

37

Page 43: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Chiaramente 2πωe il minimo T per cui vale la (3.17). La frequenza di tale moto sara

pertanto f = 1T= ω

2π . Osserviamo che frequenza e pulsazione differiscono solo per un

fattore 2π; cio giustifica il fatto che spesso ci si riferisca direttamente ad ω come alla

frequenza del moto.

Calcoliamo ora velocita ed accelerazione scalare del moto. Si ha

s(t) = ¡Aω sin(ωt+ γ) ,

s(t) = ¡Aω2 cos(ωt+ γ) .

Quest’ultima puo essere riscritta come

s(t) + ω2s(t) = 0 , (3.18)

che costituisce l’equazione differenziale che caratterizza univocamente la classe di leggi

orarie del tipo 3).

4) s(t) = Ae−pt cos(ωt+ γ), p > 0

Il moto e oscillatorio smorzato. Il diagramma orario e una sinusoide smorzata, p e il coeffi-

ciente di smorzamento, Ae−pt e l’ampiezza dell’oscillazione (decrescente in quanto p > 0),

ω e la pulsazione e γ e la fase iniziale.

5) s(t) = C1e−β1t + C2e

−β2t , β1 > β2 > 0

Il moto e aperiodico smorzato. Per t!1, s(t)! 0.

6) s(t) = (C1 + C2t)e−βt , β > 0

Il moto e aperiodico con smorzamento critico. Come per i moti 4) e 5), per t! +1, s(t)! 0.

Un’equazione differenziale e una relazione d’uguaglianza che esprime il legame tra una fun-

zione incognita, alcune sue derivate e la variabile indipendente. Si chiama ordine dell’equa-

zione differenziale l’ordine della derivata di ordine massimo. L’insieme di tutte le funzioni

che sono soluzione di un’equazione differenziale e detto integrale generale dell’equazione. Se

p e l’ordine dell’equazione differenziale, il suo integrale generale e costituito di1p funzioni.

L’equazione (3.18) ha ordine 2 ed il suo integrale generale e costituito dalle 12 funzioni

C1 cosωt+ C2 sinωt

con C1 e C2 costanti arbitrarie o, equivalentemente, da

C(cosωt+ γ)

con C e γ costanti arbitrarie.

38

Page 44: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.6 Moto circolare

Definizione Il moto di un punto P e detto circolare se la sua traiettoria e una circonferenza

od un suo arco.

Per studiare questo particolare moto e conveniente esprimere velocita ed accelerazione di

P in forma intrinseca. A tal fine, data la circonferenza C di centro C e raggio R, fissiamo

l’origine degli archi in un suo punto O1 e assumiamo come verso degli archi crescenti il

verso antiorario. Ne consegue che il il versore tangente t ed il versore normale n in P sono

quelli indicati in figura, con t normale a P ¡ C e n diretto radialmente e orientato verso

C. Indichiamo poi con k il versore normale al piano della circonferenza che forma con t e

n una terna destra.

Riprendiamo le espressioni di v e a in forma intrin-

seca:

(3.19) v = st , a = st+s2

ρcn ,

Essendo ρc = jP ¡Cj = R e s(t) = §jv(t)j, l’acce-

lerazione sara data da

a = st+s2

Rn = st+

v2

Rn .

Supposto poi che le origini degli archi e degli angoli siano le stesse, indicato con θ l’angolo

PCO1, crescente come l’ascissa curvilinea s nel verso antiorario, si ha s = Rθ , e quindi,

derivando rispetto al tempo,

s = Rθ , s = Rθ .

Le (3.19) diventano quindi

v = Rθt , a = Rθt+Rθ2n. (3.20)

θ viene detta velocita angolare scalare di P.

Osserviamo che, essendo t = n£ k e Rn = C ¡ P , si puo anche scrivere

v(P ) = R θ t = R θ n£ k = ¡R θ k £ n = θ k £ (¡Rn) ,

ovvero, posto ω = θk,

v(P ) = ω £ (P ¡C) . (3.21)

Il vettore ω si chiama vettore velocita angolare o, piu semplicemente, velocita angolare del

punto P .

39

Page 45: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se il moto avviene con velocita scalare s costante, si parla di moto circolare uniforme. In

tale moto, essendo s funzione lineare del tempo, ossia s = v0t + s0 (dove s0 rappresenta

l’ascissa curvilinea di P all’istante t=0), si ottiene

θ(t) =s

R=

v0R

t+s0R= ω0t+ θ0 , (3.22)

dove si e posto ω0 =v0Re θ0 =

s0R. Le (3.20) diventano quindi

v = v0t = Rω0t , a =v20R

n = Rω20n ,

da cui si evidenzia come, nel moto circolare uniforme, l’accelerazione sia tutta centripeta.

Notiamo che, indicato con T il periodo del moto, ossia il tempo impiegato dal punto per

percorrere l’intera circonferenza, si ha

T =2πR

v0=2π

ω0.

Fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano Cxy (per semplicita si

scegliera CO1 come asse delle x), le equazioni cartesiane del moto circolare uniforme sono

date da:

x = R cos(ω0t+ θ0

), y = R sin

(ω0t+ θ0

).

Osserviamo che le proiezioni di un moto circolare uniforme sugli assi (e quindi su un

qualunque diametro della circonferenza che puo sempre essere assunto come uno degli

assi) sono moti armonici.

Passiamo ora a considerare la CINEMATICA DEL CORPO RIGIDO.

3.7 Corpo rigido: generalita

Definizione Un corpo rigido e un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-

gono costanti nel tempo.

Ovviamente, essendo la distanza fra due punti indipendente dal riferimento, ne consegue

che un corpo rigido e tale rispetto a qualunque osservatore.

Il moto di un corpo rigido e determinato quando e noto il moto di ogni suo punto in ogni

istante t dell’intervallo di tempo considerato. In realta, grazie alla rigidita del corpo, la

conoscenza del moto di tre punti non allineati, permette di conoscere il moto di ogni altro

punto. Vale infatti il teorema che segue.

40

Page 46: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Teorema Assegnata la posizione del corpo rigido C , ossia dei suoi punti, in un istante

t0, e nota all’istante t la posizione di tre punti non allineati di C , risulta determinata

all’istante t la posizione di ogni altro punto di C.

Dimostrazione Siano At, Bt e Ct le posizioni (note) occupate dai tre punti in questione

all’istante t e A0, B0 e C0 quelle occupate all’istante t0. Sia poi P un qualunque altro punto

del corpo rigido, e Pt e P0 le sue posizioni agli istanti t e t0, con P0 nota. In virtu della

rigidita di C , il tetraedro AtBtCtPt e uguale al tetraedro A0B0C0P0. Di conseguenza la

posizione di P all’istante t e univocamente determinata dal vertice del tetraedro A0B0C0P0

quando la sua base A0B0C0 e fatta coincidere con AtBtCt.

Vale poi anche il seguente

Teorema C.N.S. affinche un corpo C sia rigido, o si comporti come rigido, e che in ogni

istante t si abbia

8P,Q 2 C ,dP

dt¢(P ¡Q)

jP ¡Qj=

dQ

dt¢(P ¡Q)

jP ¡Qj. (3.23)

C.N. Per la definizione di corpo rigido, 8P,Q 2 C, si ha jP ¡Qj = d, cioe (P ¡Q)2 = d2.

Derivando ambo i membri:

2(P ¡Q) ¢

(dP

dt¡

dQ

dt

)= 0 ,

e quindi

(P ¡Q)

jP ¡Qj¢

(dP

dt¡

dQ

dt

)= 0 .

C.S. Si dimostra ripetendo a ritroso i passaggi appena descritti.

Osservazione. Un punto non appartenente al corpo rigido, ma solidale con esso, puo sem-

pre essere considerato un punto del corpo.

Quanti parametri sono necessari e sufficienti a determinare la posizione di un corpo rigido

libero (cioe non soggetto a restrizioni nei suoi spostamenti) ?

Il modo piu semplice per rispondere a questa domanda si basa sulla considerazione pre-

cedente. Siano Pi ´ (xi, yi, zi), i = 1, 2, 3, tre punti non allineati del corpo rigido. Per

quanto detto, la conoscenza dei 9 parametri xi, yi e zi in funzione del tempo permette di

conoscere la posizione di ogni altro punto del corpo, e quindi la posizione del corpo, in

ogni istante. Tuttavia, dovendo le distanze P1P2, P1P3 e P2P3 rimanere costanti al variare

41

Page 47: Lezioni Di Meccanica Razionale A

del tempo, sussistono tra i nove parametri le seguenti tre relazioni:

P1P2 =

((x1 ¡ x2)

2 + (y1 ¡ y2)2 + (z1 ¡ z2)

2

) 1

2

= d12

P1P3 =

((x1 ¡ x3)

2 + (y1 ¡ y3)2 + (z1 ¡ z3)

2

) 1

2

= d13

P2P3 =

((x2 ¡ x3)

2 + (y2 ¡ y3)2 + (z2 ¡ z3)

2

) 1

2

= d23 ,

con d12, d13 e d23 costanti. Di conseguenza, i parametri indipendenti necessari e sufficienti

a definire la posizione di un corpo rigido libero sono 6 (= 9¡3).

E bene osservare fin d’ora che nella pratica la scelta delle coordinate di tre punti non

allineati del corpo o, in alternativa, delle coordinate di un punto O1 del corpo e dei nove

coseni direttori degli assi di un sistema solidale col corpo, non e conveniente. Infatti, in

tal caso occorrerebbe poi tener conto delle 6 relazioni che intercorrono tra questi parame-

tri. Sottolineiamo fin d’ora il fatto che e sempre opportuno scegliere dei parametri, che

chiameremo parametri lagrangiani, che siano indipendenti.

Nel caso di un corpo rigido C libero la scelta ottimale consiste nell’assumere come para-

metri lagrangiani le coordinate di un punto del corpo (x, y, z), per esempio il baricentro,

e i tre angoli di Eulero (ψ, φ, θ) che adesso definiamo.

Sia O1 un punto del corpo rigido C e O1xyz un sistema di riferimento con origine in O1

e traslante (cioe tale che i suoi assi rimangono paralleli a se stessi durante il moto) rispetto ad

un osservatore fisso OXY Z, con gli assi della terna O1xyz paralleli a quelli di OXY Z.

Introduciamo poi anche un sistema O1x1y1z1 solidale con C.

Si consideri la retta (linea nodale)

(O1, l) intersezione del piano xy con

il piano x1y1 (supposti non coinci-

denti). Gli angoli di Eulero, che

indicheremo con ψ (angolo di pre-

cessione), ϕ (angolo di rotazione

propria) e θ (angolo di nutazione),

sono cosı definiti:

ψ = xl angolo levogiro rispetto a z, 0 · ψ < 2π ,

ϕ = lx1 angolo levogiro rispetto a z1, 0 · ϕ < 2π ,

θ = zz1 angolo levogiro rispetto a l, 0 · θ · π .

42

Page 48: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.8 Formule di Poisson

Un problema fondamentale della Meccanica riguarda lo

studio del moto di un corpo rigido C rispetto ad un si-

stema di riferimento Oxyz fissato. A tal fine risulta di

grande utilita l’introduzione di un secondo sistema di rife-

rimento O1x1y1z1, solidale col corpo. I versori i1, j1 e k1

associati a questa terna mobile in generale variano in di-

rezione, per cui la loro derivata rispetto al tempo non e

nulla. Ebbene, le formule di Poisson risolvono il problema

di calcolare le derivate temporali di una terna di versori

mobili. Poiche

i1 ¢ j1 = 0 j1 ¢ k1 = 0 k1 ¢ i1 = 0

si avradi1dt¢ j1 + i1 ¢

dj1dt

= 0 =)

dj1dt

¢ k1 + j1 ¢dk1dt

= 0 =)

dk1dt

¢ i1 + k1 ¢di1dt

= 0 =)

di1dt¢ j1 = ¡i1 ¢

dj1dt

= r(t)

dj1dt

¢ k1 = ¡j1 ¢dk1dt

= p(t)

dk1dt

¢ i1 = ¡k1 ¢di1dt

= q(t) .

Definito il vettore ω nel modo seguente

ω(t) = p(t)i1 + q(t)j1 + r(t)k1, (3.24)

il vettoredi1dt

si potra rappresentare come

di1dt

=

(di1dt¢ i1

)i1 +

(di1dt¢ j1

)j1 +

(di1dt¢ k1

)k1 = rj1 ¡ qk1 .

Ma siccome

ω £ i1 =

∣∣∣∣∣∣

i1 j1 k1p q r1 0 0

∣∣∣∣∣∣= rj1 ¡ qk1 ,

si hadi1dt

= ω £ i1. (3.25)

In modo analogo si ottengono analoghe relazioni per j1 e k1. Si hanno quindi le tre formule

seguenti, note come formule di Poisson.

di1dt

= ω £ i1dj1dt

= ω £ j1dk1dt

= ω £ k1 . (3.26)

Il vettore ω si chiama vettore velocita angolare del corpo rigido C (e del riferimento O1x1y1z1)

rispetto ad Oxyz.

43

Page 49: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osservazione. In realta il corpo rigido non ha giocato nessun ruolo nella deduzione delle

formule (3.26). Si poteva quindi partire direttamente con il solo riferimento O1x1y1z1,

senza associarlo ad alcun corpo rigido. Occorre tuttavia dire che nella pratica O1x1y1z1 e

quasi sempre ”attaccato” ad un corpo rigido. Cio giustifica la scelta fatta.

3.9 Formula fondamentale della cinematica rigida

Risolviamo ora il seguente problema: determinare la velocita di un punto qualunque di un

corpo rigido C , note la velocita angolare ω e la velocita di un punto O1 di C . Sia Oxyz il

sistema di riferimento rispetto al quale stiamo studiando il moto di C .

Consideriamo un generico punto P di C . Indicata con

O1x1y1z1 una terna solidale con C con origine in O1 e

versori i1, j1 e k1, si ha

P ¡O1 = x1i1 + y1j1 + z1k1 ,

con x1, y1, z1 costanti per la rigidita di C. Derivando

ambo i membri rispetto all’osservatore Oxyz, si ottiene

dP

dt¡

dO1dt

= x1di1dt+ y1

dj1dt

+ z1dk1dt

= x1ω £ i1 + y1ω £ j1 + z1ω £ k1 =

= ω £ (x1i1 + y1j1 + z1k1) = ω £ (P ¡O1) ,

ossiadP

dt=

dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) . (3.27)

Questa formula, a cui ci riferiremo come formula fondamentale della cinematica rigida, esprime

dunque la velocita di un qualsiasi punto P del corpo rigido, nota la velocita di un punto O1

e noto il vettore velocita angolare ω. Derivandola otteniamo l’espressione dell’accelerazione

di un generico punto P di un corpo rigido.

d2P

dt2=

d2O1dt2

+dω

dt£ (P ¡O1) + ω £

d

dt(P ¡O1) =

=d2O1dt2

+dω

dt£ (P ¡O1) + ω £

[ω £ (P ¡O1)

]. (3.28)

Poiche la relazione (3.27) vale 8P 2 C, puo essere scritta per un altro punto Q 2 C:

dQ

dt=

dO1dt

+ ω £ (Q¡O1). (3.29)

Sottraendo membro a membro la (3.29) dalla (3.27) si ha

dP

dt¡

dQ

dt= ω £ (P ¡Q) )

d(P ¡Q)

dt= ω £ (P ¡Q), (3.30)

che da l’espressione della derivata del vettore (P ¡Q), 8P,Q 2 C.

44

Page 50: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Il vettore ω gode delle seguenti proprieta:

- e unico. Infatti non dipende dal punto O1 (come e evidente dalla sua definizione) e

supposto che ne esistano due, si dimostra immediatamente che sono uguali.

- dipende, in generale, dal tempo. Di conseguenza esso varia, in generale, sia in modulo

che in direzione.

- ha le dimensioni dell’inverso di un tempo, come si evince da una analisi dimensionale

della formula (3.29). Di conseguenza ω puo essere pensato nella forma

ω = θ(t)a(t) ,

con θ angolo di rotazione del corpo. Il concetto di angolo di rotazione sara ripreso e

giustificato piu avanti, quando tratteremo lo stato cinetico rotatorio.

3.10 Stati cinetici

Definizione Si chiama stato cinetico o atto di moto di un corpo rigido C il campo vettoriale

delle velocita dei suoi punti in un dato istante t0.

Si possono definire quattro stati cinetici elementari:

1) stato cinetico nullo: 8P 2 C =) v(P ) = 0 ;

2) stato cinetico traslatorio: 8P 2 C =) v(P ) = u ;

3) stato cinetico rotatorio: 8P 2 C =) v(P ) = ω £ (P ¡O1) ;

4) stato cinetico elicoidale: 8P 2 C =) v(P ) = u+ ω £ (P ¡O1), u k ω .

Osserviamo che lo stato cinetico elicoidale, essendo u k ω, posto u = uk e ω = ωk, puo

essere rappresentato in modo equivalente nella forma

8P 2 C =) v(P ) = uk + ωk £ (P ¡O1) .

In un dato istante un corpo rigido puo passare attraverso piu stati cinetici v1(P ), v2(P ),...,

vn(P ). Ebbene, in tal caso lo stato cinetico risultante e determinato dalla composizione

degli n stati cinetici, ossia da

v(P ) = v1(P ) + v2(P ) + ...+ vn(P ) .

45

Page 51: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Come sappiamo gia, lo stato cinetico rigido e dato dalla formula fondamentale della

cinematica rigidadP

dt=

dO1dt

+ ω £ (P ¡O1), 8P 2 C.

Esso puo essere riguardato come la composizione di uno stato cinetico traslatorio, definito

da u =dO1dt, con uno rotatorio, definito da (O1, ω). Per questa ragione si parla spesso di

stato cinetico rototraslatorio.

Prima di passare ad esaminare i diversi casi che si possono avere a seconda del valore dei

vettori caratteristicidO1

dted ω, occorre introdurre una nozione che ci tornera assai utile.

Definizione Si chiama invariante la grandezza scalare

I =dO1dt

¢ ω . (3.31)

L’invariante non dipende da O1 (il che giustifica il nome); infatti

dP

dt¢ ω =

(dO1dt

+ ω £ (P ¡O1)

)¢ ω =

dO1dt

¢ ω + ω £ (P ¡O1) ¢ ω =dO1

dt¢ ω .

Andando ad esaminare i diversi casi che si presentano a seconda del valore dei vettori carat-

teristicidO1

dted ω, dimostreremo che uno stato cinetico rigido e sempre equivalente

ad uno stato cinetico elementare.

Incominciamo considerando innanzitutto i due casi piu semplici.

dO1

dt= 0, ω = 0 : lo stato cinetico e nullo. Tutti i punti del corpo hanno velocita nulla

all’istante t0; ossia, per t = t0 il corpo ha un istante di arresto.

dO1

dt6= 0, ω = 0 : lo stato cinetico e traslatorio. Tutti i punti del corpo hanno, all’istante

t0, la stessa velocita. E questo l’unico caso in cui si puo parlare di velocita del corpo C .

Al riguardo si puo enunciare un ovvio teorema:

Teorema C.N.S. affinche lo stato cinetico rigido sia traslatorio e chedO1dt

6= 0, ω = 0.

Se poi lo stato cinetico del corpo C e traslatorio in ogni istante di un intervallo (t1, t2),

si dira che in detto intervallo C si muove di moto traslatorio o, piu semplicemente, che C

trasla. Ovviamente, durante un moto traslatorio la velocita, in generale, varia da istante

ad istante.

46

Page 52: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.11 Stato cinetico rotatorio

Consideriamo ora il caso in cuidO1

dt= 0 mentre ω 6= 0, per cui

v(P ) = ω £ (P ¡O1) .

Lo stato cinetico, che e chiaramente rotatorio, e definito dalla coppia costituita dal punto

O1 e dal vettore ω, e quindi dal vettore applicato (O1, ω). La retta individuata da questo

vettore applicato e detta asse di istantanea rotazione.

Osserviamo subito che tutti i punti dell’asse di istantanea

rotazione hanno velocita nulla.

Consideriamo quindi un qualunque punto P di C non ap-

partenente ad (O1, ω) ed andiamo a studiarne la velocita.

Osserviamo innanzitutto che v(P ) e un vettore normale al

piano individuato dall’asse di istantanea rotazione e dal vet-

tore (P ¡ O1) o, equivalentemente, dall’asse e dal vettore

(P ¡ P0), essendo P0 la proiezione di P sull’asse. Posto poi

ω = ωk, con k versore parallelo a ω, si puo scrivere

v(P ) = ωk£ (P ¡P0+P0¡O1) = ωk£ (P ¡P0) . (3.32)

Ora, confrontando questa espressione di v(P ) con la (3.21), se ne deduce che la velocita

di un punto P /2 (O1, ω) e quella di un punto che, all’istante considerato, percorre con

velocita angolare scalare θ = ω la circonferenza posta nel piano normale a k di centro

P0 e raggio r = PP0. Il fatto che ω sia indipendente dal punto P , e quindi esprima una

caratteristica del moto dell’intero corpo, giustifica il nome di velocita angolare di C che si

da al vettore ω. Naturalmente θ e detta velocita angolare scalare di C .

Definito poi lo scalare

θ(t) =

∫ t

t0

θ(τ)dτ =

∫ t

t0

ω(τ)dτ , (3.33)

ad esso, che come θ(t) e indipendente da P , si da il nome di angolo di rotazione di C.

Osserviamo che mentre l’angolo θ di rotazione di un corpo rigido e definito analiticamente

in maniera inequivocabile dalla (3.33), esso non e altrettanto facilmente definibile per via

geometrica a causa del fatto che, in generale, ω(t) = θ(t)k(t) varia anche in direzione. Se

pero k(t) = k0, allora θ puo essere definito come l’angolo solido compreso tra due semipiani

uscenti dall’asse (O1, k0), l’uno fisso nello spazio (o con giacitura fissa) e l’altro solidale

con C. Osserviamo che in questo caso il corpo rigido o ha un asse fisso nello spazio o ha

un asse che durante il moto rimane parallelo a se stesso.

47

Page 53: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Lo stato cinetico di un corpo rigido puo essere rotatorio anche senza chedO1dt

sia nullo. Il

teorema che segue da ragione di questa affermazione.

Teorema C.N.S. affinche lo stato cinetico rigidodP

dt=

dO1dt

+ ω£ (P ¡O1), con ω 6= 0,

sia rotatorio e che si abbia

dO1

dt= 0 oppure

dO1dt

? ω .

Dimostrazione

C.N. L’ipotesi e che lo stato cinetico e rotatorio. Di conseguenza esiste certamente un

punto O2 che permette di rappresentare lo stato cinetico nel modo seguente:dP

dt= ω £ (P ¡O2), 8P 2 C .

Con questa formula sara lecito calcolare anche la velocita di O1:dO1dt

= ω £ (O1 ¡O2) ,

da cui si deducedO1

dt= 0 oppure

dO1

dt? ω .

C.S. L’ipotesi e che odO1

dt= 0 o

dO1

dt? ω . Esaminiamo separatamente i due casi.

a)dO1dt

= 0 : lo stato cinetico e rotatorio per definizione, con asse (O1, ω).

b)dO1

dt? ω: in tal caso si puo determinare un punto O2 tale che

dO1dt

= ω£ (O1¡O2) . (3.34)

(Nel x1.7 si e dimostrato che questa equazione ammette infinite soluzioni: tutti i punti

O2 di una opportuna retta parallela ad ω.) Dalla formula fondamentale della cinematica

rigida si ha quindi

dP

dt=

dO1dt

+ ω £ (P ¡O1) = ω £ (O1 ¡O2) + ω £ (P ¡O1) = ω £ (P ¡O2) .

In questo caso, dunque, si ha uno stato cinetico di rotazione con asse (O2, ω) individuato

dalla relazione (3.34).

Osservazione Uno stato cinetico rotatorio (O1, ωk) e equivalente agli infiniti stati cinetici

(O2, ωk), con O2 2 (O1, k). Infatti:

v(P ) = ω£(P¡O1) = ω£(P¡O2+O2¡O1) = ω£(P¡O2)+ω£(O2¡O1) = ω£(P¡O2) .

In altre parole: dato uno stato cinetico rotatorio, e lecito far scorrere il vettore velocita

angolare lungo l’asse di istantanea rotazione.

48

Page 54: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se lo stato cinetico del corpo C e rotatorio in ogni istante di un intervallo (t1, t2), si dira

che in detto intervallo C si muove di moto rotatorio o, piu semplicemente, che C ruota.

Naturalmente, durante un moto rotatorio, l’asse di istantanea rotazione varia, in generale,

sia nello spazio che nel corpo.

Nota bene : in questo paragrafo e stata introdotto l’uso della notazione di vettore applicato

anche per indicare la retta dello spazio che esso individua. Di questo doppio uso del simbolo

di vettore applicato faremo ampio uso anche in seguito. Il contesto dovrebbe escludere

ogni possibilita di confusione.

3.12 Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi

Come abbiamo visto uno stato cinetico elicoidale e cosı rappresentabile:dP

dt= uk + ωk £ (P ¡O1) .

La retta (O1, k) e detta asse di Mozzi o asse elicoidale. I suoi punti sono caratterizzati dalla

seguente proprieta:

8M 2 (O1, k) , v(M) = uk .

Di solito la velocita uk, che e comune a tutti (e solo) i punti dell’asse di Mozzi, e detta

velocita di scorrimento del corpo. Osserviamo che si puo scrivere

v(M ) = uk =uω

ω

ω

ω=

I

ω2ω .

Per quanto riguarda la velocita di un qualunque punto non appartenente all’asse di Mozzi,

osserviamo che si ottiene sommando alla velocita di scorrimento una componente (non

nulla) normale all’asse stesso.

Teorema di Mozzi C.N.S. perche uno stato cinetico rigido sia elicoidale e che l’inva-

riante I sia diverso da zero.

Dimostrazione

Lo stato cinetico rigido sia rappresentato come al solito:dP

dt=

dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) .

C.N. L’ipotesi e che lo stato cinetico e elicoidale. Cio implicadO1dt

6= 0, ω 6= 0,dO1

dtk ω .

Essendo I =dO1

dt¢ ω, ne consegue immediatamente I 6= 0.

C.S. L’ipotesi e I 6= 0. Ne consegue che i vettoridO1dt

e ω sono non nulli e non ortogonali,

e quindidO1dt

k ω oppuredO1dt

= uω+un con uω k ω ed un ? ω. Consideriamo nell’ordine

i due casi.

49

Page 55: Lezioni Di Meccanica Razionale A

a)dO1dt

k ω. Per definizione lo stato cinetico e elicoidale con asse di Mozzi (O1, ω) .

b)dO1dt

= uω + un. Essendo un ? ω, come visto al x1.7, esistono infiniti O2 tali che

un = ω £ (O1 ¡O2) . (3.35)

Scelto un O2 siffatto, si ha quindi

dP

dt=

dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) = uω + ω £ (O1 ¡O2) + ω £ (P ¡O1) = uω + ω £ (P ¡O2) .

Cio significa che in questo caso lo stato cinetico di C e equivalente ad uno stato cinetico

elicoidale con asse di Mozzi (O2, ω) definito dall’equazione (3.35).

Se lo stato cinetico del corpo C e elicoidale in ogni istante di un intervallo (t1, t2), si dira che

in detto intervallo C si muove di moto rototraslatorio. Durante un moto rototraslatorio,

l’asse di Mozzi varia, in generale, sia nello spazio che nel corpo. Un esempio significativo

di moto rototraslatorio e costituito dal moto di un corpo rigido con un asse scorrevole su

un asse fisso. In tal caso l’asse di Mozzi risulta fisso sia nello spazio che nel corpo.

3.13 Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo

I diversi casi di stati cinetici rigidi possono essere riassunti nello schema seguente:

I = 0 :

dO1dt

= 0, ω = 0 =) Stato cinetico nullo

dO1dt

6= 0, ω = 0 =) Stato cinetico traslatorio

dO1dt

= 0, ω 6= 0 =) Stato cinetico rotatorio (O1, ω)

dO1dt

6= 0, ω 6= 0,dO1dt

? ω =) Stato cinetico rotatorio (O2, ω)

I 6= 0 :

dO1

dt6= 0, ω 6= 0,

dO1

dtk ω =)

Stato cinetico elicoidale

con asse di Mozzi (O1, ω)

dO1

dt6= 0, ω 6= 0,

dO1

dttrasverso a ω =)

Stato cinetico elicoidale

con asse di Mozzi (O2, ω)

Nel caso del moto di un corpo rigido in un intervallo di tempo (t1, t2) si parla di

- moto traslatorio : se 8t 2 (t1, t2) lo stato cinetico e traslatorio;

- moto rotatorio : se 8t 2 (t1, t2) lo stato cinetico e rotatorio;

- moto rototraslatorio : se 8t 2 (t1, t2) lo stato cinetico e elicoidale.

50

Page 56: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.14 Composizione degli stati cinetici

Sia C un corpo rigido in moto e sia fv(P ), P 2 Cg il suo stato cinetico in un dato istante

t. Supponiamo che v(P ) sia la composizione di due stati cinetici v1(P ) e v2(P ), ossia che

si abbia

v(P ) = v1(P ) + v2(P ) .

Vogliamo studiare lo stato cinetico risultante. In particolare vogliamo prendere in consi-

derazione i casi possibili di composizione di due stati cinetici rotatori. Altri casi, che sono

invece riconducibili ai due teoremi visti nei precedenti paragrafi, non saranno ripresi in

esame.

1) Composizione di due stati cinetici di traslazione:

v1(P ) = u1, v2(P ) = u2 =) v(P ) = u1 + u2.

Lo stato cinetico risultante e di traslazione se u1 6= ¡u2, nullo se u1 = ¡u2.

2) Composizione di uno stato cinetico traslatorio con uno rotatorio:

v1(P ) = u , v2(P ) = ω £ (P ¡O1) =) v(P ) = u+ ω £ (P ¡O1) .

Per quanto visto sugli stati cinetici rotatorio ed elicoidale sappiamo gia che lo stato cinetico

risultante e rotatorio se u ? ω, elicoidale altrimenti (si veda il teorema di Mozzi).

3) Composizione di due stati cinetici di rotazione:

v1(P ) = ω1 £ (P ¡O1), v2(P ) = ω2 £ (P ¡O2);

Si presentano tre possibili casi.

3a) Gli assi d’istantanea rotazione (O1, ω1) e (O2, ω2) sono concorrenti (eventualmente

anche coincidenti).

Detto O il punto d’intersezione delle rette (O1, ω1) e (O2, ω2), si puo scrivere

v(P ) = ω1 £ (P ¡O) + ω2 £ (P ¡O) = (ω1 + ω2)£ (P ¡O).

Di conseguenza, se ω1 + ω2 6= 0 (come in generale sara), lo stato cinetico risultante e

rotatorio con asse (O,ω1 + ω2). Se invece ω1 + ω2 = 0, cioe ω1 = ¡ω2, lo stato cinetico

risultante e nullo.

3b) Gli assi d’istantanea rotazione (O1, ω1) e (O2, ω2) sono paralleli (e distinti, per cui

O2 /2 (O1, ω1)).

51

Page 57: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se ω1 + ω2 6= 0 allora sulla retta O1O2 esiste un punto O tale che

ω1 £ (O1 ¡O) + ω2 £ (O2 ¡O) = 0 . (3.36)

Infatti, qualunque sia il punto O, questi due vettori hanno uguale direzione (normale

al piano contenente ω1 e ω2); affinche abbiano verso opposto, occorre scegliere O inter-

namente al segmento O1O2 quando ω1 e ω2 sono concordi, esternamente quando sono

discordi. Affinche poi i due vettori abbiano lo stesso modulo si deve verificare che

ω1OO1 = ω2OO2 =)ω1ω2

=OO2

OO1,

cioe il punto O deve dividere il segmento O1O2 internamente o esternamente (a seconda che

ω1 e ω2 siano o no equiversi) in parti inversamente proporzionali ad ω1 e ω2. Osserviamo

che nel caso in cui O e esterno ad O1O2, esso sta dalla parte dell’ωi di modulo maggiore.

Ora, tenendo presente la (3.36) si ha

v(P ) = ω1£(P¡O1)+ω2£(P¡O2)+ω1£(O1¡O)+ω2£(O2¡O) = (ω1+ω2)£(P¡O),

che rappresenta uno stato cinetico di rotazione attorno ad un asse d’istantanea rotazione

parallelo ad ω1+ω2 e con velocita angolare uguale allo stesso vettore somma.

Se invece ω1 + ω2 = 0, per cui ω1 = ¡ω2 = ω, si puo scrivere

v1(P ) = ω £ (P ¡O1), v2(P ) = ¡ω £ (P ¡O2)

Allora, poiche

v(P ) = ω £ (P ¡O1 ¡ P +O2) = ω £ (O2 ¡O1) = u ,

v(P ) = u non dipende da P, e quindi lo stato cinetico e traslatorio. Si noti che u e

ortogonale al piano che contiene i due assi di rotazione.

3c) Gli assi d’istantanea rotazione (O1, ω1) e (O2, ω2) sono sghembi (per cui ω1 6= ω2).

v(P ) = ω1 £ (P ¡O1) + ω2 £ (P ¡O2) + ω1 £ (P ¡O2)¡ ω1 £ (P ¡O2) =

= ω1 £ (O2 ¡O1) + (ω1 + ω2)£ (P ¡O2) = u+ (ω1 + ω2)£ (P ¡O2)

Osserviamo che, essendo u = ω1£ (O2¡O1), u e perpendicolare sia a ω1 che a (O2¡O1).

Dimostriamo che u non e perpendicolare ad ω1+ω2. Per farlo, ragioniamo per assurdo e

supponiamo che lo sia. Considerato il piano Π individuato dal vettore (O1, ω1) e da O2,

essendo u ? ω1 e u ? (O2 ¡ O1), ne consegue u ? Π. Di conseguenza u ? (ω1 + ω2)

comporterebbe (O2, ω1+ω2) 2 Π e quindi anche (O2, ω2) 2 Π, contro l’ipotesi che (O1, ω1)

e (O2, ω2) sono sghembi. Dunque u non e perpendicolare ad ω1+ω2. Di conseguenza

lo stato cinetico risultante, essendo la somma di uno stato cinetico traslatorio con uno

rotatorio con asse non ortogonale, per il teorema di Mozzi e elicoidale.

52

Page 58: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Passiamo ora allo studio di quel capitolo della cinematica che va sotto il nome di

CINEMATICA RELATIVA.

3.15 Definizione del problema della cinematica relativa

Il problema di cui vogliamo occuparci e il seguente: Si considerino due sistemi di rife-

rimento Oxyz e O1x1y1z1 in moto l’uno rispetto all’altro. Noto il moto di un punto P

rispetto ad uno dei sistemi, ad esempio rispetto ad O1x1y1z1, e noto il moto di O1x1y1z1

rispetto ad Oxyz, si vuole determinare il moto di P rispetto ad Oxyz. Ci riferiremo con-

venzionalmente al sistema Oxyz come al sistema fisso o assoluto e al sistema O1x1y1z1

come al sistema mobile o relativo.

Ricordato che in virtu di due fondamentali postulati gia introdotti i tempi e le distanze

non variano al variare dell’osservatore (si veda il postulato della nota introduttiva alla

Cinematica, pag. 43), facciamo subito un’importante considerazione. Ogni sistema di

riferimento si puo sempre pensare collegato ad un corpo rigido, in quanto o lo e realmente,

oppure si puo immaginare che lo sia (in tal caso il corpo rigido sarebbe quello formato dai

punti le cui distanze dagli assi rimangono invariate nel tempo).

Allora, per conoscere il moto del sistema relativo rispetto a quello fisso occorre conoscere in

ogni istante la posizione rispetto ad Oxyz del corpo rigido collegato col sistema O1x1y1z1.

Cio e possibile conoscendo il moto di O1 e i nove coseni direttori degli angoli che gli assi

del sistema mobile formano con gli assi del sistema fisso o, equivalentemente, il moto di

O1 e il vettore ω(t).

Il problema che ci interessa puo essere risolto attraverso le formule di trasformazione di

coordinate. Infatti, denotate con (a, b, c) le coordinate di O1 rispetto ad Oxyz e con

(α1, α2, α3), (β1, β2, β3), (γ1, γ2, γ3) i nove coseni direttori delle rette O1x1, O1y1, O1z1

rispetto agli assi Ox, Oy e Oz, le formule di trasformazione seguenti forniscono le coordi-

nate (x, y, z) di un qualunque punto P rispetto ad Oxyz, note le sue coordinate (x1, y1, z1)

rispetto ad O1x1y1z1.

x = a+ α1x1 + β1y1 + γ1z1y = b+ α2x1 + β2y1 + γ2z1z = c+ α3x1 + β3y1 + γ3z1 .

(3.37)

Ovviamente, per usare queste formule, occorre conoscere le 12 funzioni a(t), b(t), c(t),

α1(t), α2(t), α3(t), β1(t), β2(t), β3(t), γ1(t), γ2(t) e γ3(t).

53

Page 59: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.16 Teoremi di composizione delle velocita e delle accelerazioni

Le formule (3.37) risolvono dunque il problema di determinare il moto del punto P ri-

spetto all’osservatore fisso, noto il moto di P rispetto all’osservatore mobile e noto il moto

di questo rispetto all’osservatore fisso. Risultano tuttavia molto importanti le relazioni

che legano direttamente fra di loro le due velocita e le due accelerazioni rispetto ai due

osservatori. Ci occupiamo ora di determinare queste relazioni. In questo caso il moto del

riferimento O1x1y1z1 rispetto ad Oxyz e noto essendo noti O1(t) e ω(t).

Ritorniamo alle primitive coordinate, (x, y, z) rispetto al sistema fisso e (x1, y1, z1) rispetto

al sistema mobile, e supponiamo, come al solito, che i, j, k siano i versori relativi agli assi

del sistema Oxyz mentre i1, j1, k1 siano i versori del sistema O1x1y1z1. L’espressione

cartesiana del vettore P ¡O rispetto ad Oxyz e di P ¡O1 rispetto ad O1x1y1z1 e data da

P ¡O = xi+ yj + zk , P ¡O1 = x1i1 + y1j1 + z1k1 .

La velocita di P rispetto al sistema relativo (velocita relativa) e

v1 =

(d(P ¡O1)

dt

)

O1

= x1i1 + y1j1 + z1k1 , (3.38)

mentre quella rispetto al sistema assoluto (velocita assoluta) vale

v =

(d(P ¡O)

dt

)

O

= xi+ yj + zk . (3.39)

Analogamente l’accelerazione relativa di P diventa

a1 =

(d2(P ¡O1)

dt2

)

O1

= x1i1 + y1j1 + z1k1 , (3.40)

e l’accelerazione assoluta vale

a =

(d2(P ¡O)

dt2

)

O

= xi+ yj + zk . (3.41)

Derivando ora P ¡O1 rispetto al tempo nel sistema fisso, si ottiene

dP

dt¡

dO1dt

= x1i1 + y1j1 + z1k1 + x1di1dt+ y1

dj1dt

+ z1dk1dt

, (3.42)

ovverodP

dt=[x1i1 + y1j1 + z1k1

]+[dO1

dt+ x1

di1dt+ y1

dj1dt

+ z1dk1dt

].

Si puo dunque scrivere

v(P ) = v1(P ) + vτ (P ) , (3.43)

54

Page 60: Lezioni Di Meccanica Razionale A

dove

vτ (P ) =dO1

dt+ x1

di1dt+ y1

dj1dt

+ z1dk1dt

= (3.44)

=dO1

dt+ x1(ω £ i1) + y1(ω £ j1) + z1(ω £ k1) =

=dO1

dt+ ω £ (x1i1) + ω £ (y1j1) + ω £ (z1k1) =

=dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) (3.45)

viene detta velocita di trascinamento di P . Tale nome deriva dal fatto che vτ (P ) rappresenta

la velocita che il punto P avrebbe se fosse rigidamente connesso al sistema mobile.

La (3.43) esprime il teorema di composizione delle velocita: la velocita di un punto rispetto

al sistema fisso vale la velocita del punto rispetto al sistema mobile sommata con la velocita

di trascinamento.

Consideriamo ora la (3.42) e deriviamola rispetto al tempo nel sistema fisso. Si avra

d2P

dt2¡

d2O1dt2

= x1i1+ y1j1+ z1k1+2x1di1dt+2y1

dj1dt+2z1

dk1dt+x1

d2i1dt2

+y1d2j1dt2

+z1d2k1dt2

,

e cioe

a(P ) = a1(P ) + ac(P ) + aτ (P ) . (3.46)

Il termine

aτ (P ) =d2O1dt2

+ x1d2i1dt2

+ y1d2j1dt2

+ z1d2k1dt2

, (3.47)

costituisce l’accelerazione di trascinamento di P ; esso rappresenta l’accelerazione che il punto

P avrebbe se considerato rigidamente connesso al sistema relativo, mentre il termine

ac(P ) = 2

(x1

di1dt+ y1

dj1dt

+ z1dk1dt

)= 2(x1ω £ i1 + y1ω £ j1 + z1ω £ k1

)=

= 2ω £(x1i1 + y1j1 + z1k1

)= 2ω £ v1(P ), (3.48)

e detto accelerazione complementare o di Coriolis del punto P .

La (3.46) rappresenta il teorema di composizione delle accelerazioni o di Coriolis : l’acce-

lerazione di un punto rispetto al sistema Oxyz vale l’accelerazione rispetto ad O1x1y1z1

sommata con l’accelerazione di trascinamento e con l’accelerazione di Coriolis.

L’accelerazione di Coriolis ac(P ) e nulla in ogni istante t in cui o e nullo v1(P ) o e nullo

ω o ω e parallelo a v1(P ).

L’accelerazione di trascinamento aτ (P ) non e la derivata rispetto a t di vτ (P ). Essa puo

pero essere pensata come la derivata di vτ (P ) rispetto a t purche si consideri P solidale

55

Page 61: Lezioni Di Meccanica Razionale A

con il riferimento O1x1y1z1, cioe supponendo x1, y1 e z1 costanti. Cio risulta evidente se

si confronta (3.44) con (3.47). Sviluppando quest’ultima si ottiene un’espressione dell’ac-

celerazione di trascinamento molto utile ai fini del calcolo della stessa:

aτ (P ) =d2O1dt2

+ x1d(ω £ i1)

dt+ y1

d(ω £ j1)

dt+ z1

d(ω £ k1)

dt=

=d2O1dt2

+ x1

(dω

dt£ i1 + ω £

di1dt

)+

+ y1

(dω

dt£ j1 + ω £

dj1dt

)+ z1

(dω

dt£ k1 + ω £

dk1dt

)=

=d2O1dt2

+dω

dt£ (P ¡O1) + ω £

[ω £ (P ¡O1)

]. (3.49)

Supponiamo ora che i sistemi di riferimento coinvolti siano tre: oltre ad Oxyz ed O1x1y1z1

introduciamo anche O2x2y2z2. Considerando O1x1y1z1 come sistema assoluto ed O2x2y2z2

come sistema relativo, si ha

v1 = v2 + vτ2 , a1 = a2 + aτ2 + ac2 .

Ricordando poi le relazioni (3.43) e (3.46) si avra

v = v2 + vτ1 + vτ2, a = a2 + aτ1 + aτ2 + ac1 + ac2.

Nel seguito qualche volta useremo una notazione piu sintetica per indicare un sistema di

riferimento: (O) per Oxyz e (O1) per O1x1y1z1.

3.17 Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori

Preso un vettore qualsiasi u, in generale esso varia sia rispetto al sistema fisso Oxyz che

rispetto al sistema mobile O1x1y1z1. Ci poniamo il problema di determinare la relazione

che lega le derivate (rispetto al tempo) di u rispetto ai due riferimenti. Sia

u = u1xi1 + u1yj1 + u1zk1

l’espressione cartesiana di u rispetto ad O1x1y1z1. Derivando rispetto ai due sistemi, si

ottiene (du

dt

)

O1

= u1xi1 + u1yj1 + u1zk1 ,

56

Page 62: Lezioni Di Meccanica Razionale A

(du

dt

)

O

=

(du

dt

)

O1

+ u1xdi1dt+ u1y

dj1dt

+ u1zdk1dt

=

(du

dt

)

O1

+ u1x(ω £ i1) + u1y(ω £ j1) + u1z(ω £ k1)

=

(du

dt

)

O1

+ ω £ (u1xi1 + u1yj1 + u1zk1) ,

ossia (du

dt

)

O

=

(du

dt

)

O1

+ ω £ u . (3.50)

Si e cosı ottenuta la relazione cercata.

Supponendo u = ω si trova un’importante proprieta del vettore velocita angolare. In tal

caso, infatti, la (3.50) diventa

(dω

dt

)

O

=

(dω

dt

)

O1

,

cioe la derivata rispetto al tempo del vettore ω e la stessa rispetto ai due sistemi di

riferimento. Pertanto se p, q, r sono le componenti di ω sugli assi x1, y1, z1, le componenti

di

(dω

dt

)

O

sugli stessi assi sono p, q, r. Si puo inoltre osservare che, se

(dω

dt

)

O1

= 0,

allora (O1, ω) e fisso rispetto ad (O1) e traslante rispetto ad (O).

Dedichiamo ora alcuni paragrafi allo studio di particolari moti rigidi, detti MOTI

RIGIDI PIANI. Questo argomento, riveste particolare interesse soprattutto in vista

del corso di “Meccanica Applicata alle Macchine”.

3.18 Moto rigido piano

Definizione Si definisce moto rigido piano il moto di una figura rigida piana nel proprio

piano.

Sia Oxy il piano fisso su cui si muove la figura rigida piana e sia O1x1y1 un piano solidale

con la figura, mobile su Oxy. Siano poi k e k1 i versori ortogonali rispettivamente al

piano fisso Oxy e al piano mobile O1x1y1, orientati in modo tale che le terne Oxyz e

O1x1y1z1 siano destre. Poiche O1x1y1 si muove su Oxy, in ogni istante si ha k = k1, e

quindi dk1dt=0. Utilizzando le formule di Poisson si ha dunque ω£k1 =0, per cui, supposto

ω6=0, ω e ortogonale ai due piani. Ovviamente, se ω =0 lo stato cinetico in generale e

traslatorio (si puo anche verificare il caso particolarissimo in cui e nullo).

57

Page 63: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Lo stato cinetico del moto rigido piano e dunque dato da

dP

dt=

dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) ,

condO1dt

ortogonale ad ω. Esiste percio, ed e unico, un punto C 2 Oxy, soddisfacente

l’equazionedO1

dt= ω £ (O1 ¡ C) ; (3.51)

questo punto e tale che, sostituendo, si ha

dP

dt= ω £ (P ¡ C) . (3.52)

Questa relazione dice che in un moto rigido piano con ω 6= 0 lo stato cinetico e sempre

rotatorio attorno all’asse (C, k). Il punto C si chiama centro di istantanea rotazione. Esso si

muove sia rispetto al piano fisso Oxy che rispetto al piano mobile O1x1y1. I luoghi geome-

trici descritti dal moto del punto C rispetto ai due osservatori si chiamano rispettivamente

base (o curva polare fissa) e rulletta (o curva polare mobile). Le due curve polari sono anche

dette traiettorie polari.

Il centro di istantanea rotazione gode di una importante proprieta: e l’unico punto del

piano mobile che ha velocita di trascinamento nulla. Infatti, in virtu della (3.52),

vτ (C) = ω £ (C ¡ C) = 0 ,

o equivalentemente, in virtu della (3.51),

vτ (C) =dO1dt

+ ω £ (C ¡O1) = 0 .

Ne consegue che

v(C) = v1(C) ,

ossia il punto C percorre la base e la rulletta con la stessa velocita. Questo permette anche

di affermare che durante il moto della figura rigida piana la base e la rulletta rotolano senza

strisciare l’una sull’altra.

Osserviamo che l’equazione (3.51), usata per determinare C, ne esprime la proprieta che

lo caratterizza, vale a dire vτ (C) = 0.

58

Page 64: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Problema: Note in un dato istante la posizione del centro C e la velocita di un punto A

della figura piana, determinare la velocita di un qualunque altro punto P.

Osserviamo innanzitutto che, essendo

v(A) = ω£ (A¡C) , v(P ) = ω£ (P ¡C) ,

cosı come v(A) e ortogonale ad (A ¡ C), do-

vra essere ortogonale a (P ¡C). Inoltre, poiche

nell’istante considerato la figura sta ruotando

attorno a C, il verso di v(P ) sara “concorde”

con quello di v(A). Dunque, v(P ) e immedia-

tamente determinata in direzione e verso. Per

determinarne il modulo, osserviamo che

jv(A)j = jωj jA¡ Cj ; jv(P )j = jωj jP ¡ Cj .

Ricavando jωj dalla prima relazione e sostituendolo nella seconda si ottiene

jv(P )j =jP ¡ Cj

jA¡Cjjv(A)j .

3.19 Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica

Qualche volta e possibile determinare il centro di istantanea rotazione di un moto rigido

piano per via geometrica. A tal fine tornano utili i due teoremi che seguono.

Teorema Sia nota la traiettoria Γ di un punto A della figura rigida piana. Allora il centro

C di istantanea rotazione sta sulla normale a Γ per A.

La dimostrazione e ovvia in quanto, essendo

dA

dt= ω £ (A¡ C) ,

i vettoridA

dte (A¡ C) sono ortogonali.

Per enunciare il secondo teorema e necessario introdurre il concetto di profili coniugati.

Cosı si chiamano due curve γ e γ′, l’una fissa e l’altra solidale col sistema mobile, tali che

durante il moto rigido si mantengono in ogni istante tangenti. Vale quindi il seguente

Teorema La normale comune a due profili coniugati nel loro punto di contatto passa per

il centro di istantanea rotazione.

59

Page 65: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Dimostrazione. Sia M il punto di contatto fra i profili coniugati γ e γ′, che rotolano e

strisciano uno sull’altro. Supposto M 6= C, essendo

v(M) k v1(M) e vτ (M) = v(M)¡ v1(M) ,

ne deriva che vτ (M), che e diverso dal vettore nullo, ha la direzione della tangente ai

profili coniugati. Di conseguenza, essendo vτ (M) = ω£ (M ¡C), C sta sulla normale per

M a γ e γ′.

Se vτ (M ) = 0, allora M ´ C, γ coincide con la base e γ′ con la rulletta.

L’applicazione di uno dei due teoremi appena enunciati porta dunque a determinare una

retta che contiene il centro di istantanea rotazione C. Chiaramente, il punto di interse-

zione di due rette siffatte determina completamente C. Pertanto, il centro di istantanea

rotazione di un moto rigido piano e determinabile per via geometrica quando sono note le

traiettorie di due punti della figura rigida oppure la traiettoria di un punto e due profili

coniugati oppure due coppie di profili coniugati.

3.20 Esempi di moti rigidi piani

a) Asta scorrevole su guide rettilinee (glifo).

Consideriamo un’asta rigida AB (schematizzata

con un segmento) i cui estremi siano vincolati

a percorrere due guide rettilinee ortogonali che

assumiamo come assi x ed y del nostro riferi-

mento fisso. Assumiamo poi O1 coincidente con

l’estremo A e l’asse y1 coincidente con la retta

individuata dall’asta, come nella figura.

In base al primo teorema enunciato nel paragrafo precedente, il centro di istantanea ro-

tazione C e individuato dal punto di intersezione delle perpendicolari agli assi x in A e

all’asse y in B. Di conseguenza il quadrilatero OACB e in ogni istante un rettangolo

avente sempre una diagonale coincidente con l’asta, e quindi di lunghezza ℓ = AB. Per-

tanto, rispetto al sistema fisso, C ha sempre distanza ℓ da O, il che significa che la base

e la circonferenza di centro O e raggio ℓ. Per quanto concerne invece la posizione di C

rispetto al sistema solidale, si puo notare che in ogni istante AB e visto da C sotto un

angolo retto. Cio permette di affermare che la rulletta e la circonferenza di centro il punto

medio dell’asta e raggio ℓ/2.

60

Page 66: Lezioni Di Meccanica Razionale A

b) Esempio di profili coniugati.

La figura accanto mostra un’asta AB che si muove

in un piano rimanendo appoggiata alla circonferenza

fissa di raggio R e centro Q ´ (0, R), e con l’estremo

A obbligato a scorrere lungo una retta (l’asse x). Eb-

bene, la circonferenza e la retta contenente l’asta stessa,

essendo la prima fissa rispetto ad Oxy e l’altra fissa ri-

spetto ad O1x1y1, mantenendosi esse tangenti durante

il moto, costituiscono una coppia di profili coniugati.

Il centro C di istantanea rotazione risulta quindi individuato dal punto di intersezione

della retta QM , normale ai due profili nel loro punto di tangenza M, con la perpendicolare

all’asse x per il punto A. Si puo far vedere, anche solo con ragionamenti geometrici, che

base e rulletta sono entrambe delle parabole.

c) Ruota di un treno che si muove di puro rotolamento.

Si consideri la ruota di un treno (schematizzata con

una circonferenza) in moto su un binario rettilineo

orizzontale che assumiamo come asse x. Essa si muove

di moto rigido piano rispetto al piano verticale Oxy

che la contiene (Oy e verticale).

Indicato con O1 il centro della ruota e con O1x1 un asse solidale, si ha ω = θk, essendo

l’angolo di rotazione θ definito (per esempio) dall’angolo compreso fra O1x1 e l’asse O1x

(parallelo ad Ox per O1). Ebbene, se la ruota rotola senza strisciare, allora il punto C di

contatto con la rotaia ha velocita di trascinamento nulla in ogni istante (giustificheremo

cio piu avanti). Di conseguenza C e il centro di istantanea rotazione; la base e la rotaia

e la rulletta e la ruota stessa. Osserviamo che rispetto all’osservatore fisso il punto della

ruota coincidente con C ha velocita nulla, mentre la velocita con cui C percorre la rotaia

e uguale a quella di O1 (che coincide con “la velocita del treno”). Il punto piu in alto della

ruota (quello diametralmente opposto a C) ha velocita doppia di quella di O1.

d) Moti cicloidali.

Si chiamano moti cicloidali i moti rigidi piani nei quali ambedue le curve polari sono circon-

ferenze. In particolare, si parla di moto epicicloidale quando la rulletta e esterna alla base e

di moto ipocicloidale quando e interna (come nell’esempio a)). Si chiama poi epiciclo o ipo-

ciclo la traiettoria descritta da un punto solidale con la figura rigida a seconda che il moto

e epicicloidale o ipocicloidale. Tali moti sono di interesse nella teoria degli ingranaggi.

61

Page 67: Lezioni Di Meccanica Razionale A

In un moto cicloidale la base puo anche essere una retta (”circonferenza di raggio infinito”),

come nell’esempio c). In tal caso la traiettoria descritta da un punto solidale con la figura

mobile e detta cicloide.

3.21 Equazioni parametriche della base e della rulletta

Supponiamo sia nota la traiettoria di un punto O1 della figura rigida piana. Assunto tale

punto come origine del sistema di riferimento solidale, e indicato con θ l’angolo tra gli assi

x e x1, siano a(θ) e b(θ) le coordinate di O1 rispetto ad Oxy. Indicate poi con (ξ, η) e

(ξ1, η1) le coordinate del centro C rispetto ad Oxy e O1x1y1 rispettivamente, valgono le

seguenti relazioni :

O1 ¡O = ai+ bj(3.53)

C ¡O1 = (ξ ¡ a)i+ (η ¡ b)j(3.54)

C ¡O1 = ξ1i1 + η1j1(3.55)

(3.56)

i = cos θ i1 ¡ sin θ j1

j = sin θ i1 + cos θ j1 .

Riscrivendo la (3.51), che come abbiamo visto rappresenta la condizione vτ (C) = 0, te-

nendo conto che O1 e funzione del tempo t attraverso θ, e semplificando per θ (cosa lecita

in quanto ω 6= 0), si hadO1dθ

+ k £ (C ¡O1) = 0 . (3.57)

Sostituendovi la derivatadO1dθ

ottenuta dalla (3.53), si ottiene

da

dθi+

db

dθj + k £ (C ¡O1) = 0 . (3.58)

Questa relazione permette ora di ricavare facilmente le equazioni parametriche delle curve

polari. Per ricavare quelle della base e sufficiente sostituirvi la (3.54) ed eseguire il prodotto

vettoriale. Cosı facendo otteniamo

da

dθi+

db

dθj + (ξ ¡ a)j ¡ (η ¡ b)i = 0 ,

che implica

ξ = a¡db

η = b+da

dθ.

(3.59)

62

Page 68: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Per ottenere le equazioni della rulletta occorre sostituire in (3.58) le espressioni di C ¡O1

e dei versori i e j date dalle (3.55) e (3.56). Cio porta alla relazione

da

dθ(cos θi1 ¡ sin θj1) +

db

dθ(sin θi1 + cos θj1) + ξ1j1 ¡ η1i1 = 0 ,

da cui si deduce

ξ1 =da

dθsin θ ¡

db

dθcos θ ,

η1 =da

dθcos θ +

db

dθsin θ .

(3.60)

Osservazione. Nella relazione (3.57) il tempo non compare. Questo significa che base e

rulletta costituiscono un fatto geometrico e non cinematico, vale a dire esse non dipendono

dalla legge oraria del moto. Di conseguenza possono esistere infiniti moti diversi aventi

pero la stessa base e la stessa rulletta.

3.22 Polo delle accelerazioni

L’accelerazione di un generico punto di una figura rigida piana in moto nel suo piano si

ottiene derivando la (3.52) ed e data da

a(P ) =dω

dt£ (P ¡ C) + ω £

(ω £ (P ¡ C)

)¡ ω £

dC

dt, (3.61)

con ω = θk. Ebbene, vale il seguente

Teorema In un moto rigido piano in ogni istante t esiste uno ed un solo punto, detto

polo delle accelerazioni, che ha accelerazione nulla.

Dimostrazione. Perche a(P ) sia nulla, dalla (3.61), opportunamente riscritta, si deduce

che deve essere verificata la seguente relazione:

θk £ (P ¡ C)¡ θ2(P ¡ C) = θk £dC

dt.

Posto

u1 = θk £ (P ¡ C) , u2 = ¡θ2(P ¡C) , u = θk £dC

dt,

vediamo dunque se esiste un punto P per cui si abbia

u1(P ) + u2(P ) = u .

Osserviamo innanzitutto che mentre u1 e u2 dipendono da P , u e indipendente. Osser-

viamo anche che u1 e u2 sono perpendicolari tra loro e che si ha ju1j = jθjr e ju2j = θ2r,

con r distanza di P da C. Percio, posti i vettori con l’origine in C, quando si varia P sulla

circonferenza di centro C e raggio r, il secondo estremo del vettore u1+u2 descrive pure

esso una circonferenza. Se si varia con continuita il raggio r da 0 ad 1, la circonferenza

63

Page 69: Lezioni Di Meccanica Razionale A

descritta da u1+u2 copre tutto il piano. Di conseguenza, al variare di P in tutto il piano, il

vettore u1+u2 diventa uguale ad un qualunque vettore prefissato. Esiste quindi un punto

A, chiaramente unico, per cui u1+u2 = u, e conseguentemente tale che a(A) = 0.

Il polo A delle accelerazioni e importante in quanto puo essere utilizzato per calcolare

l’accelerazione dei punti della figura rigida. Vale infatti la seguente proposizione:

In un moto rigido piano l’accelerazione di un punto puo essere calcolata come se la figura

ruotasse attorno al polo A anziche attorno al centro C, purche si consideri A fisso.

Dimostrazione.

L’espressione (3.61) calcolata per P ´ A fornisce

0 =dω

dt£ (A¡ C) + ω £

(ω £ (A¡ C)

)¡ ω £

dC

dt.

Sottraendo questa relazione dalla (3.61) si ottiene

a(P ) =dω

dt£ (P ¡A) + ω £

(ω £ (P ¡A)

).

Questa espressione di a(P ) e esattamente la derivata di

dP

dt= ω £ (P ¡A)

purche si consideridA

dt= 0. Cio prova l’affermazione precedentemente fatta circa la

possibilita di utilizzare il polo delle accelerazioni ai fini del calcolo delle accelerazioni.

Per completare il capitolo riguardante la cinematica rimangono da introdurre alcune

nozioni, quasi tutte molto importanti ed utili nel seguito del corso.

3.23 Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto

Dato un corpo rigido C e l’osservatore assoluto OXY Z, per moto del corpo rispetto ad un suo

punto O1 si intende il moto del corpo rispetto ad un riferimento O1xyz traslante rispetto

ad OXY Z. Dalla (3.43) si ha

v(P ) = v1(P ) +dO1dt

,

e dalla formula fondamentale della cinematica rigida

v(P ) =dO1

dt+ ω £ (P ¡O1) .

64

Page 70: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Uguagliando queste due relazioni si ottiene

v1(P ) = ω £ (P ¡O1) . (3.62)

Cio significa che il moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto O1 e sempre rotatorio con

asse (O1, ω), eccetto il caso in cui ω =0, nel qual caso il corpo e fermo (nell’istante in

questione).

Lo stato cinetico v1(P ) puo essere definito in termini un po piu precisi mediante gli angoli

di Eulero introdotti nel x3.7. Facendo riferimento alla figura e alle notazioni del suddetto

paragrafo, lo stato cinetico di C puo infatti essere riguardato come la composizione dei tre

stati cinetici rotatori (con assi concorrenti) (O1, ψk), (O1, ϕk1) e (O1, θl). Di conseguenza

ω = ψk + ϕk1 + θl .

Un generico moto di un corpo rigido C rispetto ad un suo punto O1 e sempre rotatorio

con questa velocita angolare. Se ψ e ϕ sono entrambe diverse da zero, il corpo ruota sia

attorno all’asse z, che e traslante (se non addirittura fisso) nello spazio ed e chiamato asse

di precessione, sia attorno all’asse z1, che e fisso nel corpo ed e detto asse di figura. Se

anche θ 6= 0, allora l’angolo tra gli assi di precessione e di figura varia col tempo.

Si chiamano precessioni quei particolari moti per i quali θ(t) = θ0 costante, per cui

ω = ψk + ϕk1 .

Se poi ψ e ϕ sono entrambi costanti, per cui le due rotazioni attorno agli assi di precessione

e di figura sono uniformi, allora la precessione e detta regolare.

Esempi tipici di precessioni sono il moto della trot-

tola e il moto della terra rispetto al proprio cen-

tro. In quest’ultimo caso l’asse terrestre nord-sud

e l’asse di figura e la retta baricentrica normale al

piano dell’orbita terrestre e l’asse di precessione.

Valutando il tempo in giorni e tenendo conto che

l’asse di figura impiega 26000 anni a fare un giro

completo attorno all’asse di precessione, il moto di

precessione della terra risulta caratterizzato da

θ0 = 2328′, ϕ =

1g, ψ =

365 ¢ 26000g.

65

Page 71: Lezioni Di Meccanica Razionale A

3.24 Sistemi di riferimento equivalenti

Definizione Due sistemi di riferimento (O) ed (O1) si dicono equivalenti se si muovono

l’uno rispetto all’altro di moto traslatorio rettilineo uniforme.

Teorema C.N.S. affinche due sistemi di riferimento (O) ed (O1) siano equivalenti e che

si abbia

a(P ) = a1(P ) , 8P = P (t) .

Ne dimostriamo solo la condizione necessaria. Se (O) e (O1) sono equivalenti, essi si

muovono l’uno rispetto all’altro di moto traslatorio (ω = 0) rettilineo uniforme (dO1dt

= v0)

e quindi, qualunque sia P (t), si ha ac(P ) = 0, aτ (P ) = 0. Di conseguenza, in virtu del

teorema di composizione delle accelerazioni, si ha a(P ) = a1(P ).

Supponiamo di considerare due sistemi equivalenti Oxyz

e O1x1y1z1 con l’asse x coincidente con l’asse x1. Le

formule di trasformazione di coordinate, note come

trasformazioni di Galileo, sono date da

x = x1 + v0t

y = y1

z = z1 .

Sono sistemi equivalenti fra di loro i sistemi stellari, vale a dire i sistemi di riferimento con

origine in una stella fissa ed assi orientati verso stelle fisse. Il sistema solare, con origine nel

centro del Sole ed assi orientati verso stelle fisse, e da ritenersi, in buona approssimazione,

equivalente ad un sistema stellare. Ricordiamo che le stelle fisse sono le stelle per le quali

la loro reciproca posizione ci appare invariabile nel tempo. Chiaramente il Sole non e una

stella fissa.

Un sistema di riferimento molto importante per noi terrestri e il sistema terrestre-stellare,

con origine nel centro della terra ed assi orientati verso stelle fisse.

3.25 Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto

Supponiamo di avere due corpi rigidi C e C1, con C1 che si muove su C avendo con esso

un unico punto di contatto. Sia σ la superficie di C e σ1 quella di C1, con σ e σ1 superfici

regolari. Consideriamo un sistema di riferimento Oxyz solidale con C ed uno O1x1y1z1

solidale con C1. Sia Oxyz il sistema fisso ed O1x1y1z1 quello mobile.

66

Page 72: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Per ogni P 2 C1 si ha

v(P ) =dO1dt

+ ω £ (P ¡O1) , (3.63)

con ω velocita angolare di C1.

Se poi consideriamo il puntoM di contatto fra i due corpi

(che non e solidale con C1!), la sua velocita vale

v(M) = v1(M) + vτ (M) ,

con

vτ (M) =dO1dt

+ ω £ (M ¡O1) .

Quest’ultima relazione fornisce

dO1dt

= vτ (M) + ω £ (O1 ¡M) ,

che sostituita in (3.63) da

v(P ) = vτ (M) + ω £ (P ¡M ) .

Scomposto ω lungo la normale e il piano tangente in M (comuni alle due superfici σ e σ1),

per cui ω = ωt + ωn, si ha

v(P ) = vτ (M ) + ωt £ (P ¡M) + ωn £ (P ¡M) , 8P 2 C1 . (3.64)

Interpretiamo il risultato ottenuto. Quando un corpo si muove su un altro corpo avendo

con questi un unico punto di contatto, lo stato cinetico risultante e la somma di tre stati

cinetici: uno stato cinetico di traslazione vτ (M) comune a tutti i punti del corpo (che da

luogo al moto di strisciamento di C1 su C ), uno stato cinetico di rotazione di asse (M,ωt)

(che origina il moto di rotolamento di C1 su C ) e un secondo stato cinetico di rotazione di

asse (M,ωn) (causa del moto di piroettamento di C1 su C ).

Definizione Si dice che un corpo rigido C1, per il quale si ha ωn = 0, rotola senza strisciare

sul corpo C se vτ (M) = 0.

Osservazione Nel moto di puro rotolamento (sinonimo di rotolamento senza strisciamento)

la velocita del punto di contatto M e nulla, e quindi lo stato cinetico e di rotazione con

asse di istantanea rotazione (M,ω), con ω tangente a σ (e quindi anche a σ1) in M .

67

Page 73: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4. CONCETTI E NOZIONI FONDAMENTALI DELLA MECCANICA

Prima di entrare nel vivo della Meccanica, e necessario introdurre una serie di concetti,

nozioni e strumenti senza i quali lo studio non puo essere affrontato. In questo capitolo,

si introdurranno, fra l’altro, i postulati fondamentali della Meccanica, i concetti di forza,

di vincolo e di lavoro. Sottolineiamo il fatto che per noi “Meccanica” significaMeccanica

Classica, vale a dire quella branca della scienza che si occupa dei fenomeni di moto per i

quali il modello matematico puo essere efficacemente costruito assumendo che i concetti

di spazio e tempo siano assoluti (Postulato di pag. 43). La Meccanica Classica fallisce

quando i fenomeni comportano delle velocita confrontabili con quella della luce. In

questo caso il modello matematico utile e fornito dalla Meccanica Relativistica.

4.1 Forze

Una forza e un ente fisico in grado di modificare lo stato di quiete o di moto rettilineo

uniforme di un punto materiale rispetto ad un dato osservatore. In altre parole, una forza

e qualcosa che produce accelerazione.

Il concetto importantissimo di forza, cosı introdotto in termini fisici, in termini matematici

viene definito nel modo seguente:

Definizione Una forza e un vettore applicato (P, F ). Il punto P e il punto di applicazione della

forza ed il vettore F e il vettore della forza.

Come si misura sperimentalmente il vettore F ?

Considerato un punto P in moto nello spazio, ci poniamo il problema di misurare la forza

che agisce su di esso in un dato istante t0 rispetto ad un fissato osservatore Oxyz. A tal fine

useremo un “dinamometro”, cioe uno strumento che possiamo pensare costituito da una

molla opportunamente costruita, sottile, leggera, come un segmento, con due ganci alle

estremita. Supposto che il punto P all’istante considerato abbia velocita v0, vi attacchiamo

uno dei due estremi della molla, a cui abbiamo imposto un moto traslatorio pure con

velocita v0 e, tenendola all’altro estremo, la tendiamo in modo tale da “compensare”

l’azione della forza agente sul punto, cosı che all’istante t0 l’accelerazione di P sia nulla.

Allora, il vettore F all’istante t0 ha la direzione del dinamometro, il verso opposto a quello

in cui il dinamometro e teso, modulo dato dall’allungamento del dinamometro.

68

Page 74: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Da quanto detto emergono dunque due concetti basilari:

- sul punto P agisce una forza se e solo se la sua accelerazione e non nulla;

- quantitativamente questa forza corrisponde all’allungamento di un dinamometro campione teso in

modo da compensare la forza stessa.

Fino a questo punto si e parlato “della forza” applicata al punto P come se su P agisse

un’unica forza. In realta molto spesso su P agiscono piu forze e tutto quanto detto finora

rimane valido in virtu del concetto di forza risultante e di un postulato che ora andiamo

a formulare. Supponiamo che il punto sia soggetto a N forze (P,F i) , i = 1, 2, ..., N .

Definizione Si chiama forza risultante agente su P la forza (P, F ) con

F =N∑

i=1

F i .

Supposto poi che l’accelerazione prodotta dalla singola forza (P, F i), quando applicata

singolarmente, sia ai, e che quella prodotta dalla forza risultante sia a, vale il seguente

Postulato L’accelerazione del punto P quando ad esso sono applicate N forze (P, F i) e

uguale a quella che ha P quando vi e applicata la sola forza risultante (P, F ), ossia

a = a1 + a2 + ¢ ¢ ¢+ aN .

In altre parole: gli effetti meccanici prodotti da piu forze aventi lo stesso punto di appli-

cazione si sommano.

Si impongono ora una considerazione e un avvertimento. La considerazione riguarda la

forza che si va a misurare con l’esperimento del dinamometro. Si tratta chiaramente della

risultante di tutte le forze applicate al punto. Naturalmente, se sul punto agisce un’unica

forza, allora la risultante coincide con quella forza. L’avvertimento consiste nel mettere

in guardia contro l’idea che le forze si possano sempre sommare ed ottenere quindi una

forza risultante. Mentre cio ha sempre senso nel caso di forze applicate tutte allo stesso

punto, in generale non lo ha quando i punti di applicazione sono diversi. Sull’argomento

ritorneremo ampiamente in seguito quando tratteremo i sistemi di forze.

Sulla natura del vettore di una forza si assume poi questo ulteriore

Postulato Il vettore F di una forza (P, F ) dipende, in generale, dalla posizione del suo

punto d’applicazione, dalla sua velocita e dal tempo, ossia

F = F(P, v(P ), t

). (4.1)

69

Page 75: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Posto P ´ (x, y, z) e F = Fxi+ Fyj + Fzk, la (4.1) significa

Fx = Fx(x, y, z, x, y, z, t) ,

Fy = Fy(x, y, z, x, y, z, t) ,

Fz = Fz(x, y, z, x, y, z, t) .

Per completare questo primo discorso sulle forze, occorre dire che esse possono essere di

due tipi diversi:

- dovute a corpi (quali le forze newtoniane, elastiche, elettriche, viscose, reazioni vincolari);

- dovute al sistema di riferimento (forze di trascinamento e di Coriolis).

Rinviando al momento opportuno la definizione delle diverse forze elencate fra parentesi,

assumiamo fin d’ora che le forze dovute a corpi siano assolute, cioe valga il

Postulato Le forze dovute a corpi non dipendono dall’osservatore.

4.2 Leggi fondamentali della Meccanica

Siamo ora in grado di enunciare le Leggi fondamentali della Meccanica, vale a dire i

tre postulati, nati dall’osservazione sperimentale, che sono basilari nella costruzione del

modello matematico che ci apprestiamo a descrivere e che utilizzeremo ai fini dello studio

del moto (e dell’equilibrio) dei sistemi materiali.

Prima Legge (Principio d’inerzia)

Esiste almeno un osservatore, che chiameremo osservatore inerziale o Galileiano, rispetto al

quale ogni punto materiale isolato o e in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme.

Un punto materiale si intende isolato se e posto ad una distanza molto grande dagli altri

corpi dello spazio, per cui si possono ritenere trascurabili le forze esercitate da questi

ultimi sul punto. La prima Legge della Dinamica postula dunque l’esistenza di almeno un

riferimento rispetto al quale un punto materiale isolato ha accelerazione nulla, e quindi non

e soggetto a forze. Questo riferimento ha un ruolo privilegiato: esso permette di definire

la forza assoluta che agisce sul punto materiale P come quella che agisce su P rispetto a

questo riferimento. Tale forza e esclusivamente dovuta a corpi.

Ogni sistema di riferimento equivalente ad un sistema inerziale, e pure esso inerziale. In

realta, dunque, il Principio d’inerzia postula l’esistenza di una classe di infiniti osservatori

inerziali. D’ora innanzi, ogni volta che si introdurra un sistema di riferimento fisso (o

assoluto), si intendera sempre un sistema di riferimento inerziale. Gli osservatori che meglio

approssimano i sistemi di riferimento inerziali sono i sistemi stellari. Il sistema solare, pur

non essendo un sistema stellare, per tanti problemi ne risulta una buona approssimazione e

70

Page 76: Lezioni Di Meccanica Razionale A

quindi puo essere riguardato come inerziale. Nello studio di molti fenomeni che avvengono

sulla superficie terrestre e inoltre lecito ritenere inerziale anche il sistema terrestre-stellare.

Seconda Legge (Legge di Newton)

Il moto di un punto materiale rispetto ad un osservatore inerziale soddisfa la relazione

ma = F . (4.2)

La Legge di Newton stabilisce che l’accelerazione a di un punto materiale e il vettore F

della forza a cui e soggetto, rispetto ad un sistema inerziale, sono proporzionali e che la

costante di proporzionalita e la massa m del punto. La possibilita di misurare la massa m

di un corpo e dovuta a questa proporzionalita. Vedremo infatti in seguito come la massa

m di un corpo C si trovi rapportando la sua “forza peso” con quella di un altro corpo la

cui massa e assunta come unitaria.

Consideriamo ora un sistema di due punti materiali (P,mP ) e (Q,mQ). I due punti

esercitano uno sull’altro una forza. Sia (P, FQ→P ) la forza che agisce sul punto P dovuta

a Q e (Q,FP→Q) quella che agisce su Q dovuta a P . Ebbene, vale il seguente postulato :

Terza Legge (Principio di azione e reazione)

Le forze (P, FQ→P ) e (Q,FP→Q) sono uguali e contrarie e con linea d’azione coincidente

con la retta congiungente i due punti. Ossia:

(a) FQ→P = ¡FP→Q ;

(b) FP→Q k (P ¡Q) .

4.3 Sistemi meccanici

Un sistema materiale e un insieme di punti materiali. Un sistema e discreto se e costituito

da un numero finito o numerabile di punti; in questo caso lo indichiamo con (Ps,ms), s =

1, ¢ ¢ ¢ , N , conN finito oppure no. Si dice invece che il sistema e continuo se e formato da un

continuo di punti. Il piu semplice sistema materiale discreto e ovviamente quello costituito

da un unico punto materiale (P,m), mentre un corpo rigido rappresenta l’esempio piu

comune e significativo di sistema continuo con cui avremo a che fare. Ovviamente esistono

anche sistemi materiali formati sia da punti che da corpi continui.

Un sistema meccanico e un sistema materiale su cui agisce un assegnato sistema di forze

attive e di vincoli. (Questi concetti saranno precisati piu avanti)

71

Page 77: Lezioni Di Meccanica Razionale A

E importante sottolineare come un sistema meccanico costituisca un modello matematico

che si ritiene valido ai fini dello studio di un problema che ci interessa. Cambiando il

problema, anche il sistema meccanico in generale variera. Il seguente esempio potra aiutare

a capire il concetto. La terra puo essere rappresentata con un punto se ci interessa il suo

moto attorno al sole, con una sfera rigida se si vogliono studiare i suoi moti rispetto ad un

sistema terrestre-stellare (precessioni,...), con un corpo continuo deformabile se interessano

le sue deformazioni (deriva dei continenti, maree,..). Ovviamente, cambiando il problema

in esame, cambieranno in generale anche le forze di cui si deve tenere conto.

4.4 Vincoli

Definizione Si dice configurazione di un sistema meccanico all’istante t0 l’insieme delle

posizioni occupate dai punti del sistema in quell’istante rispetto ad un dato osservatore.

Qualche volta, anziche di configurazione del sistema, si parla di posizione. I due termini

possono considerarsi come sinonimi anche se il termine configurazione appare preferibile

in tutti i casi eccetto che per un sistema materiale costituito da un singolo punto.

Definizione Si chiama vincolo un qualunque dispositivo, dovuto a corpi, che limita le

configurazioni e/o le velocita dei punti del sistema meccanico.

Definizione Un sistema meccanico si dice vincolato se e soggetto ad almeno un vincolo;

altrimenti si dice libero.

Supponiamo ora che in ogni istante una qualunque configurazione del sistema meccanico

sia determinata dagli m parametri x1, x2, ..., xm. Cio equivale ad affermare che in ogni

istante t i parametri xi determinano la posizione di ognuno degli N punti Ps del sistema,

ossia che sono note le seguenti N funzioni:

Ps = Ps(x1, x2, ..., xm, t) ´ Ps(x, t), s = 1, ..., N . (4.3)

Nella (4.3) e stata introdotta una notazione di cui verra fatto ampio uso in seguito: con

la lettera in grassetto x si intende l’insieme delle variabili x1, x2, ..., xm. Ovviamente

con x si potra rappresentare l’insieme delle derivate x1, x2, ..., xm.

Definizione Se un vincolo non dipende dal tempo e detto fisso o scleronomo; altrimenti

e detto mobile o reonomo.

72

Page 78: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Esempio

Consideriamo un punto vincolato a muoversi su

una circonferenza di raggio R; sia θ l’angolo che

individua la posizione di P su di essa. Vediamo

come, a seconda del caso, questo vincolo (la cir-

conferenza) possa essere o fisso o mobile.

Caso I. Supponiamo che la circonferenza, il cui piano coincide col piano Oxy, sia fissata

con il centro C fissato nel punto dell’asse x di ascissa d. Chiaramente, in questo caso il

vincolo e fisso. Osserviamo che la posizione di P e data da

x = R cos θ + d

y = R sin θ .(4.4)

Caso II. Supponiamo ora che la circonferenza trasli uniformemente con velocita voi con

il centro C che si muove percorrendo l’asse x. In questo caso la circonferenza e mobile

e quindi anche il vincolo lo e. Supposto che all’istante t=0 si abbia C´O, l’ascissa di C

sull’asse x e v0t. Di conseguenza la posizione di P sul piano ora e determinata da

x = R cos θ + v0t

y = R sin θ .(4.5)

Il confronto delle (4.4) con le (4.5) porta ad una considerazione molto importante: se il

vincolo e fisso, il punto dipende dal tempo t solo attraverso l’angolo θ; se il vincolo e mobile,

il punto, oltre la dipendenza implicita attraverso θ, dipende da t anche esplicitamente.

Generalizzando, si puo affermare che la presenza esplicita nella (4.3) della variabile t significa

vincoli mobili nel tempo, mentre la mancanza significa vincoli fissi.

Definizione Un sistema meccanico si dice scleronomo se tutti i suoi vincoli sono sclero-

nomi; altrimenti e detto reonomo.

Osservazione: un sistema libero e un sistema scleronomo.

Definizione Un vincolo si dice interno se e dovuto a punti del sistema, esterno se e dovuto

a punti non appartenenti al sistema.

Esempio

Consideriamo un anello puntiforme vincolato a scorrere lungo un’asta. Caso I: il sistema

materiale sia costituito dal solo anello. L’asta non fa parte del sistema meccanico e quindi

il vincolo che agisce sull’anello e esterno. Caso II: il nostro sistema materiale e costituito

dall’anello e dall’asta. In questo caso l’asta esercita sull’anello un vincolo interno (cosı

come l’anello sull’asta).

73

Page 79: Lezioni Di Meccanica Razionale A

I vincoli analiticamente si traducono in equazioni o disequazioni che devono essere soddi-

sfatte dai parametri xk.

Definizione Un vincolo si dice bilaterale se e espresso da un’equazione, unilaterale se e

espresso da una disequazione.

Esempio

Anche in questo caso un esempio puo essere d’aiuto a capire la differenza fra i due tipi di

vincolo.

Caso I. Consideriamo un punto materiale vincolato a muoversi all’interno o sulla superficie

di una sfera di raggio R. Adottati come parametri xi le coordinate cartesiane x, y e z di P

rispetto ad una terna Oxyz con O coincidente col centro della sfera, il vincolo e espresso

dalla disequazione

x2 + y2 + z2 · R2 ,

e pertanto si tratta di un vincolo unilaterale.

Caso II. Se invece il punto e vincolato a muoversi sulla superficie della sfera, il vincolo e

espresso dall’equazione

x2 + y2 + z2 = R2 .

Dunque, in questo caso il vincolo e bilaterale.

L’equazione che segue generalizza l’equazione appena vista:

F (x1, x2, . . . , xm, t) = 0 . (4.6)

Un vincolo bilaterale con un’espressione analitica del tipo (4.6) e detto vincolo finito.

4.5 Numero di gradi di liberta

Come abbiamo visto, ciascun vincolo bilaterale finito comporta una relazione d’ugua-

glianza tra due o piu parametri xi. Di conseguenza, supposto che sul sistema meccanico

agiscano r vincoli del tipo (4.6), questo significa che r parametri xi sono esprimibili in

funzione dei rimanenti n=m¡r, e che pertanto non e necessario usare tutti glim parametri

inizialmente introdotti, ma soltanto n che siano indipendenti. Per meglio capire quanto

detto consideriamo un esempio estremamente importante (anche ai fini degli esercizi).

Esempio: il puro rotolamento.

Consideriamo una ruota che rotola senza strisciare su una rotaia rettilinea che assumiamo

come asse x. Sia Oxy il piano nel quale avviene il moto. Indichiamo con θ (crescente nel

verso antiorario) l’angolo di rotazione della ruota e con x l’ascissa del puntoM della ruota

a contatto con l’asse x (o, equivalentemente, del centro C della ruota). Chiaramente, i

74

Page 80: Lezioni Di Meccanica Razionale A

due parametri x e θ sono sufficienti ad individuare, qualunque sia il moto della ruota, la

posizione della ruota stessa. Tuttavia, se il moto e di puro rotolamento, la velocita di

trascinamento di M deve essere nulla. Di conseguenza si ha:

vτ (M) =dC

dt+ ω £ (M ¡ C) = xi+ θk £ (¡Rj) = (x+Rθ)i = 0 ,

da cui l’equazione scalare x + Rθ = 0.

Supposto per semplicita x(0)=0 e θ(0)=0,

integrando questa equazione si ottiene il

vincolo finito

x+Rθ = 0 . (4.7)

In virtu di questa relazione tra x e θ e sufficiente un solo parametro, indifferentemente x

o θ, per individuare la posizione della ruota quando questa rotola senza strisciare.

Definizione Si chiama numero di gradi di liberta di un sistema meccanico il numero dei

parametri che sono necessari e sufficienti ad individuare una qualunque configurazione del

sistema.

Osserviamo che il fatto che nella definizione si sia detto parametri “necessari” implica pure

che essi siano indipendenti. Osserviamo inoltre che la scelta dei parametri e in generale

largamente arbitraria.

Ritornando alla ruota che rotola senza strisciare sulla rotaia, essa ha 1 grado di liberta. Se

invece la ruota rotola e striscia, allora non sussistendo piu la relazione (4.7), i parametri

x e θ sono indipendenti e la ruota ha 2 gradi di liberta.

4.6 Parametri lagrangiani e sistemi olonomi

D’ora in poi indicheremo sempre con n il numero di gradi di liberta del sistema e con

q1, q2, ..., qn gli n parametri indipendenti scelti. A questi ci riferiremo come parametri o

coordinate lagrangiane. Le loro derivate qi saranno chiamate velocita generalizzate.

Il numero di gradi di liberta e massimo se il sistema meccanico e un sistema libero : ad

esempio, per un punto si ha n=3, per due punti n=6, per un corpo rigido libero n=6, per

un’asta rigida n=5. Se invece il sistema ha dei vincoli finiti, il numero di gradi di liberta

diminuisce. Esempi tipici sono un corpo rigido con un punto fisso (n=3) o con un asse

fisso (n=1) o con un asse scorrevole su un asse fisso (n=2), un punto vincolato ad una

curva (n=1) oppure ad una superficie (n=2).

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Page 81: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Definizione Un sistema meccanico ad n gradi di liberta con parametri lagrangiani q1, q2,

. . . , qn si dice olonomo se non ha vincoli bilaterali del tipo

G(q1, q2, . . . , qn, q1, q2, . . . , qn, t) = 0 . (4.8)

Assumeremo poi che ciascun parametro lagrangiano qi abbia un proprio intervallo di va-

riabilita :

qi 2 [q1i , q

2i ], i = 1, ..., n , (4.9)

con i q1i che possono anche essere ¡1 ed i q2i che possono anche essere +1. Una qualunque

configurazione C0 del sistema compatibile con i vincoli sara associata ad una n-pla di valori

numerici soddisfacenti le (4.9), per cui dovra essere del tipo

C0 ´ (q01 , q02 , ..., q

0n) , q0i 2 [q

1i , q

2i ] .

C0 rappresenta un punto in Rn. Piu precisamente, tale punto appartiene al sottinsieme

chiuso S di Rn definito dal prodotto cartesiano

S =

n∏

i=1

[q1i , q

2i

],

che chiameremo spazio delle configurazioni del sistema meccanico. Ogni moto del sistema

nell’intervallo di tempo (t1, t2) sara rappresentato dal moto del punto

C(t) ´(q1(t), q2(t), ..., qn(t)

)´ q(t)

all’interno di S, dove descrivera una traiettoria di estremi C(t1) e C(t2). Se qi(t) = q1i

oppure qi(t) = q2i , diremo che qi ha, all’istante t, un valore estremale.

Come si e convenuto, d’ora in poi n indichera il numero dei gradi di liberta del sistema

meccanico in questione. Analogamente possiamo convenire di indicare con N il numero

dei punti materiali costituenti il sistema.

4.7 Altri esempi di vincoli

1) Punto vincolato ad una superficie fissa (n = 2)

L’equazione della superficie e del tipo

f(x, y, z) = 0 ,

che costituisce un vincolo finito scleronomo bilaterale.

76

Page 82: Lezioni Di Meccanica Razionale A

2) Sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un’asta rigida (n = 5)

Supposto che l’asta abbia lunghezza ℓ e che P1 ´ (x1, y1, z1) e P2 ´ (x2, y2, z2), l’equazione

del vincolo e della forma

(x1 ¡ x2)2 + (y1 ¡ y2)

2 + (z1 ¡ z2)2 = ℓ2 .

Anche in questo caso si tratta di un vincolo finito scleronomo bilaterale.

3) Punto mobile in una stanza (n = 3)

Assunto Oxyz come sistema di riferimento, con O coincidente con un “vertice” ed assi

coincidenti con gli spigoli uscenti da O ed indicate con a, b, c le dimensioni della stanza,

allora le coordinate x, y, z di P devono soddisfare i seguenti sei vincoli finiti unilaterali:

0 · x · a

0 · y · b

0 · z · c .

4) Il pattino (n = 3)

Si tratta del sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un’asta di lunghezza

costante ℓ e vincolate a muoversi in un piano in modo che la velocita del punto medio

dell’asta abbia la direzione dell’asta. Supponendo P1 = (x1, y1, z1) e P2 = (x2, y2, z2) e

supponendo che il moto avvenga nel piano xy, i vincoli sono i seguenti :

z1 = 0

z2 = 0

(x1 ¡ x2)2 + (y1 ¡ y2)

2 = ℓ2

x1 + x2x1 ¡ x2

=y1 + y2y1 ¡ y2

.

Si tratta di un sistema meccanico soggetto a tre vincoli finiti (le prime tre equazioni) e

ad un vincolo del tipo (4.8) (l’ultima equazione). Di conseguenza questo costituisce un

esempio di sistema non olonomo.

Nel seguito considereremo solo sistemi olonomi e scleronomi. L’ipotesi di olo-

nomia ci garantira non solo l’indipendenza dei parametri lagrangiani qi, ma anche quella

delle velocita generalizzate qi, e di conseguenza quella dei dqi. L’ipotesi di vincoli fissi,

invece, ci permettera di scrivere la (4.3) senza il tempo t. Potremo quindi sempre scrivere:

Ps = Ps(q1, q2, . . . , qn) , (4.10)

vs =

n∑

i=1

(∂Ps∂qi

)qi , (4.11)

dPs =

n∑

i=1

(∂Ps∂qi

)dqi . (4.12)

77

Page 83: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.8 Spostamenti infinitesimi

Introduciamo ora i concetti di spostamento infinitesimo reale e spostamento virtuale che gio-

cheranno un ruolo fondamentale in argomenti molto importanti che svilupperemo nel se-

guito. Si tratta di concetti non banali, legati alla nozione matematica di ”infinitesimo”.

Una grandezza costituisce un ”infinitesimo” quando, facendone un opportuno limite, essa

tende a zero. Operativamente, per semplificare le cose, gli infinitesimi possono essere trattati

come quantita finite ”arbitrariamente piccole”. In quest’ottica, il differenziale dx della varia-

bile spaziale x puo essere visto come un incremento (positivo o negativo) estremamente

piccolo di x. Analogamente il differenziale dt della variabile tempo t puo essere riguardato

come un intervallo molto piccolo di tempo.

Consideriamo un sistema meccanico ad n gradi di liberta con parametri lagrangiani q1, q2,

..., qn. Posto q0k=qk(0) e q0k=qk(0), con k=1, 2, . . . , n, allora la n-pla (q01 , ..., q0n) rappresenta

la configurazione C0 del sistema all’istante t0 e (q01 , ..., q

0n) la n—pla delle velocita genera-

lizzate nel medesimo istante. In virtu della (4.10) la posizione di P all’istante t0 e data

da

P0 = P (q01 , q02 , . . . , q

0n) = P (C0) .

Diamo ora due definizioni fondamentali:

Definizione Si definisce spostamento infinitesimo reale del punto P il vettore

dP = v0dt ,

essendo v0 la velocita di P all’istante t0.

Definizione Si definisce spostamento infinitesimo virtuale, o piu semplicemente spostamento

virtuale, ogni vettore δP del tipo

δP = v′dt ,

essendo v′ una qualunque velocita del punto P consentita dai vincoli nella posizione P0

all’istante t0.

A questo punto sono necessarie alcune considerazioni.

a) Matematicamente, dP e il differenziale della funzione P (t) all’istante t0. E detto spo-

stamento infinitesimo “reale” in quanto costituisce la parte principale dello spostamento

infinitesimo effettivo ∆P = P (t0 + dt) ¡ P (t0) a cui il punto da luogo nell’intervallo di

tempo (t0, t0 + dt).

78

Page 84: Lezioni Di Meccanica Razionale A

b) Uno spostamento virtuale e uno spostamento fittizio, ipotetico, ma compatibile con i vincoli,

che immaginiamo di far compiere al punto P all’istante t0. Gli spostamenti virtuali costitui-

scono, come avremo ampiamente occasione di verificare in seguito, un artificio analitico

estremamente utile.

c) La velocita v0 di P all’istante t0, che e fornita dalla (4.11) calcolando le derivate

all’istante t0, ha la seguente espressione:

v0 =

n∑

k=1

( ∂P

∂qk

)(C0)

q0k .

d) Una qualunque velocita v′ di P consentita dai vincoli all’istante t0 ha ovviamente la

stessa espressione di v0, ma con le qk qualunque:

v′ =n∑

k=1

( ∂P

∂qk

)(C0)

qk .

Definizione Uno spostamento virtuale δP si dice invertibile se anche ¡δP e uno sposta-

mento virtuale; altrimenti esso e detto non invertibile.

E importante sottolineare il fatto che, perche uno spostamento virtuale δP sia non inver-

tibile, occorre che almeno uno dei parametri qi nella configurazione occupata dal sistema

meccanico all’istante t0 abbia un valore estremale e che il corrispondente δqi sia diverso da

zero. Supponiamo, per esempio, che sia q1(t0) = q11 e δq1 > 0. Ovviamente lo spostamento

¡δP implicherebbe ¡δq1, e quindi si verrebbe ad avere q1 = q11 ¡ δq1 < q11 , il che non e

lecito.

Definizione Uno spostamento non consentito δ∗P ´ (Q ¡ P ) si dice totalmente o

parzialmente proibito a seconda che non esista od esista uno spostamento virtuale δP

che avvicini P a Q.

Osservazione Uno spostamento parzialmente proibito

puo scriversi come somma di uno spostamento total-

mente proibito e di uno virtuale

δ∗P = δ∗1P + δP .

Consideriamo l’esempio di un punto appoggiato ad un

piano. Lo spostamento normale al piano δ∗1 = (Q′¡P )

e totalmente proibito, mentre lo spostamento obliquo (Q¡ P ) e parzialmente proibito in

quanto mi posso avvicinare a Q con lo spostamento virtuale δP=(Q”¡ P ).

79

Page 85: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Vediamo ora come le nozioni date per un singolo punto P si estendono al sistema meccanico

di cui esso fa parte. I parametri lagrangiani siano q1, q2, ..., qn. Supponiamo che il sistema

meccanico sia costituito di N punti Ps. Naturalmente lo spostamento infinitesimo di

un sistema meccanico e definito dagli spostamenti infinitesimi di tutti i suoi punti. Per

indicare uno spostamento virtuale si potrebbe dunque scrivere

δC ´ (δP1, δP2, . . . , δPN ) .

Ma essendoδPs =

n∑

k=1

(∂Ps∂qk

)δqk ,

tutti i δPs sono individuati dalla n¡pla (δq1, δq2, ..., δqn). Di conseguenza si ha anche

δC ´ (δq1, δq2, . . . , δqn) .

Definizione Uno spostamento virtuale δC di un sistema meccanico e invertibile se lo e lo

spostamento di ciascun suo punto Ps.

Questo significa che, dato uno spostamento δC invertibile a partire da una configurazione

C0 ´ (q01 , ..., q

0n), nessun q0k corrispondente ad un δqk non nullo ha un valore estremale. Al

contrario, se δC e non invertibile, questo significa che ad almeno uno dei δqk diversi da

zero corrisponde q0k estremale.

4.9 Configurazioni interne e di confine

Definizione C0 = (q01 , q

02 , . . . , q

0n) e una configurazione interna per il sistema meccanico

se ogni spostamento virtuale del sistema a partire da C0 e invertibile.

Definizione C0 = (q01 , q02 , . . . , q

0n) e una configurazione di confine se esiste almeno uno

spostamento virtuale del sistema a partire da C0 che e non invertibile.

In base a quanto affermato in precedenza si puo dire che, affinche una configurazione

C0 sia interna occorre che nessuno dei q0i , i = 1, ..., n, sia estremale. Se invece almeno

uno dei q0i ha un valore estremale, allora C0 e di confine. Consideriamo i due esempi

seguenti. i) punto P (x, y, z) libero, per cui ¡1<x< +1, ¡1<y<+1, ¡1<z<+1 :

ogni configurazione e di tipo interno. ii) punto vincolato a muoversi all’interno di una

stanza, 0 · x · a, 0 · y · b, 0 · z · c : ogni configurazione relativa alle pareti e di

confine, tutte le altre sono interne.

Nota bene La scelta di particolari sistemi di coordinate puo portare a configurazioni per le

quali il valore di qualche coordinata e estremale senza che la configurazione sia di confine.

Un esempio in cui si puo banalmente incorrere in errore si ha quando si utilizza un angolo

θ per descrivere una rotazione, senza che alcun vincolo fisico ponga delle limitazioni.

80

Page 86: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Chiaramente, se si assume θ variabile tra 0 e 2π, θ = 0 e θ = 2π non sono configurazioni

di confine. Per ovviare a questo inconveniente e sufficiente considerare θ variabile tra

¡1 e +1 (anche se in questo modo si perde la biunivocita della corrispondenza fra

configurazioni del sistema e valori del parametro θ).

4.10 Forze attive

Definizione Una forza (P,F ) si dice attiva se il suo vettore F e noto in funzione di

x, y, z, x, y, z, t, essendo x, y, z le coordinate di P .

Le forze attive possono essere distinte in due tipi: a) le forze dovute a corpi, quali le forze

Newtoniane, elettriche, elastiche, etc.; b) le forze dovute al sistema di riferimento, quali le

forze di trascinamento e di Coriolis.

Per quanto concerne le forze dovute a corpi sottolineiamo il fatto che sono forze assolute,

cioe forze che non dipendono dall’osservatore. Le altre, invece, variano a seconda dell’os-

servatore e sono collegate ovviamente alle accelerazioni che intervengono nel moto relativo

rispetto ad un osservatore assoluto inerziale.

Nota bene Il vettore F = F (x, y, z, x, y, z, t) di una forza attiva (P,F ) deve essere noto

in funzione di x, y, z, x, y, z. Cio non significa affatto che questi parametri siano noti in

funzione del tempo ! Se cosı fosse il moto di P sarebbe gia noto, mentre il nostro problema

e proprio quello di determinarlo !

Le forze attive dovute all’azione di altri corpi possono essere distinte in interne ed esterne a

seconda che siano dovute a punti materiali facenti parte del sistema materiale considerato

oppure no. Nel caso di forze interne vale ovviamente il Principio di azione e reazione. Su

ogni punto Ps di un sistema meccanico si possono dunque pensare applicate una forza

attiva interna (Ps, F is) ed una esterna (Ps, F es). Volendo, nel caso in cui intervengono

anche forze non assolute dovute ad un sistema di riferimento non inerziale, queste si

possono includere fra le forze attive esterne. In realta su ciascun punto Ps agiscono in

generale piu forze interne e piu forze esterne. Ovviamente, (Ps, F es) e la risultante delle

forze esterne, (Ps, F is) e la risultante di quelle interne.

4.11 Reazioni vincolari

Le reazioni vincolari, differentemente dalle forze attive, sono forze piu o meno incognite,

dovute ai vincoli, la cui natura e sancita dal postulato che segue.

81

Page 87: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Postulato delle reazioni vincolari Un sistema meccanico comunque vincolato puo essere

reso libero, senza alterarne lo stato di quiete o di moto, sopprimendo i vincoli e sostituendo

ad essi “opportune forze” dette reazioni vincolari.

L’azione di un vincolo puo essere rappresentata o da una singola reazione o da un sistema

di piu reazioni. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, e sufficiente considerare una sola

reazione il cui punto di applicazione coincide col punto su cui il vincolo agisce.

Definizione Un vincolo si dice liscio o senza attrito se la sua azione e rappresentata da un’u-

nica reazione vincolare (P,Φ) avente la direzione di uno spostamento totalmente proibito

e verso opposto. Altrimenti il vincolo e detto scabro o con attrito.

Spesso, anziche coinvolgere gli spostamenti totalmente proibiti, si dice piu semplicemente

che un vincolo e liscio quando esplica un’unica reazione normale al vincolo stesso. Vediamo

ora alcuni esempi di vincoli lisci:

- punto vincolato ad un piano liscio : Φ = Φn (n versore normale al piano);

- punto appoggiato ad un piano liscio : Φ = Φn , Φ ¸ 0 (n versore normale al piano,

diretto nel verso in cui puo avvenire il distacco);

- punto vincolato ad una curva liscia : Φ = Φnn+Φbb (n e b versori lungo la normale

principale e la binormale).

L’attrito si manifesta quando un punto materiale, muovendosi (o tentando di muoversi)

su un altro corpo, ne modifica lievemente la superficie (che guardata al microscopio non

e poi cosı liscia come sembra), generando forze non solo normali alla superficie ma anche

tangenti. Nella realta i vincoli sono tutti piu o meno scabri, per cui i vincoli lisci rappre-

sentano essenzialmente delle situazioni ideali. In molti problemi, tuttavia, le superfici sono

abbastanza levigate, per cui si puo assumere che il vincolo sia liscio. Limitandoci a questo

caso, (il problema dell’attrito sara ripreso e trattato in maniera piu ampia in seguito) e

ricordando la definizione di vincolo liscio, si possono fare le seguenti considerazioni circa

il vettore Φ della reazione vincolare. Pur rimanendo il suo modulo in ogni caso incognito,

ne conosciamo:

- la direzione, se vi sono solo due spostamenti totalmente proibiti uno opposto all’altro;

- la direzione ed il verso, quando c’e un unico spostamento totalmente proibito.

Come nel caso delle forze attive, anche le reazioni vincolari possono distinguersi in interne

ed esterne, e cio a seconda che il vincolo e di tipo interno od esterno. Di conseguenza, su

ogni punto Ps di un sistema meccanico, oltre alle forze attive interna (Ps, F is) ed esterna

(Ps, F es), potremo sempre pensare che ci siano le reazioni vincolari interna (Ps,Φis) ed

esterna (Ps,Φes).

82

Page 88: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.12 Vettori caratteristici di un sistema di forze

Su ogni sistema meccanico agiscono sempre delle forze, in generale sia forze attive che

reazioni vincolari. Consideriamo per il momento delle forze generiche, senza specificarne

la natura, ed andiamo ad introdurre alcune nozioni che ci torneranno poi utili in seguito.

Al momento in cui queste nozioni saranno utilizzate, potremo facilmente circoscriverci

o alle sole forze attive o alle sole reazioni vincolari o ad un qualunque altro insieme di

forze. Consideriamo dunque un generico sistema di forze agenti sul sistema meccanico; lo

indicheremo enumerando le forze: (As, F s), s = 1, . . . , N . Ovviamente, piu forze possono

avere lo stesso punto di applicazione, per cui i punti As, che naturalmente sono punti del

sistema meccanico, non sono necessariamente distinti.

Un sistema di forze (As, F s), s = 1, . . . , N , e caratterizzato dai due vettori seguenti :

a) il vettore R somma dei vettori delle forze,

R =

N∑

s=1

F s, (4.13)

che chiamiamo vettore risultante o piu semplicemente il risultante, e

b) il vettore

Ω(O) =N∑

s=1

Ωs(O) =N∑

s=1

F s £ (O ¡As), (4.14)

che chiamiamo momento risultante del sistema di forze rispetto al polo O.

Si noti che il vettore Ωs(O) = F s£ (O¡As) , cioe il mo-

mento della singola forza (As, F s), e ortogonale al piano

individuato dal polo O e da (As, F s). Il suo modulo vale

FsjO¡Asj sinαs = Fsrs, dove rs e la distanza di O dalla

linea d’azione della forza. Qualche volta la distanza rs e

detta braccio della forza rispetto ad O.

Ovviamente, se F s 6= 0, Ωs(O) e nullo se e solo se O

appartiene alla retta (As, F s). In particolare, Ω(As) = 0.

Nota bene: R e Ω(O) sono vettori liberi (cioe non applicati) !

83

Page 89: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Proprieta dei vettori caratteristici

a) In generale il momento risultante di un sistema di forze dipende dal polo. Vediamo la

relazione che intercorre fra Ω(O) ed Ω(O1). Si ha:

Ω(O1) =N∑

s=1

F s £ (O1 ¡As) =N∑

s=1

F s £ [(O1 ¡O) + (O ¡As)] =

=N∑

s=1

F s £ (O ¡As) +N∑

s=1

F s £ (O1 ¡O) = Ω(O) +( N∑

s=1

F s

)£ (O1 ¡O) ,

ossia

Ω(O1) = Ω(O) +R£ (O1 ¡O). (4.15)

b) Teorema C.N.S. affinche il momento risultante di un sistema di forze sia indipendente

dal polo e che sia R = 0.

C.N. Se il momento risultante e indipendente dal polo, si ha Ω(O) = Ω(O1), qualunque

siano O ed O1. Dalla relazione (4.15) segue R £ (O1 ¡ O) = 0 per qualunque O ed O1.

Cio implica R = 0.

C.S. Se R = 0, la tesi segue in modo ovvio dalla (4.15).

Nel seguito la scrittura di un momento senza l’indicazione del polo, ne implichera auto-

maticamente l’indipendenza.

Introduciamo infine le nozioni di invariante e di momento assiale.

Si chiama invariante del sistema di forze (As, F s), s = 1, . . . , N , la grandezza scalare

I = R ¢Ω(O) . (4.16)

Il nome e giustificato dal fatto che questa grandezza non dipende dal polo rispetto al quale

e calcolato il momento risultante. Infatti, considerato un secondo polo O1 ed utilizzando

la (4.15), si ha

R ¢ Ω(O1) = R ¢(Ω(O) +R£ (O1 ¡O)

)= R ¢ Ω(O) +R ¢R£ (O1 ¡O) = R ¢ Ω(O) .

Si chiama momento assiale del sistema di forze (As, F s), s = 1, . . . , N , rispetto alla retta

(O, r), r versore, la grandezza scalare

Ωr = Ω(O) ¢ r =

N∑

s=1

F s £ (O ¡As) ¢ r.

84

Page 90: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Tale grandezza dipende dalla retta, ma non dal punto O. Infatti, qualunque sia O1 2

(O, r), per cui r k (O1 ¡O) , si ha:

Ωr(O1) = Ω(O1) ¢ r =[Ω(O) +R£ (O1 ¡O)

]¢ r = Ω(O) ¢ r +R£ (O1 ¡O) ¢ r =

= Ω(O) ¢ r = Ωr(O).

4.13 Sistemi equivalenti di forze

Diamo ora una definizione il cui significato fisico apparira chiaro nel seguito del corso.

Definizione Due sistemi di forze S : (As, F s), s = 1, . . . , N , e S′ : (A′s, F′s), s = 1, . . . , N ′

si dicono equivalenti se

R = R′

e Ω(O) = Ω′(O).

Teorema C.N.S. affinche due sistemi di forze siano equivalenti e che essi abbiano lo

stesso momento risultante qualunque sia il polo.

In virtu della (4.15), qualunque siano i punti O ed O1, valgono le seguenti relazioni:

Ω(O1) = Ω(O) +R£ (O1 ¡O)

Ω′(O1) = Ω′(O) +R′ £ (O1 ¡O)(4.17)

C.N. Hp.: i due sistemi di forze sono equivalenti. Th.: i due momenti sono gli stessi per

qualunque altro polo O1. Cio e evidente dalle relazioni (4.17): l’uguaglianza dei secondi

membri comporta anche quella dei primi.

C.S. Hp.: Ω(O) = Ω′(O) qualunque sia O. Th.: i due sistemi sono equivalenti, cioe

R = R′. L’ipotesi e le (4.17) comportano

R£ (O1 ¡O) = R′£ (O1 ¡O) =) (R¡R

′)£ (O1 ¡O) = 0,

da cui consegue, per l’arbitrarieta di (O1 ¡O), la tesi.

85

Page 91: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.14 Sistemi elementari di forze

Si definiscono i seguenti sistemi elementari di forze:

a) sistema nullo, quando non c’e nessuna forza. Ovviamente

R = 0, Ω = 0, I = 0.

b) una forza (A,F ), per cui

R = F, Ω(A) = 0, I = 0.

c) una coppia (A, F ), (B,¡F ), con F non parallelo a (B—A), per cui

R = 0, Ω = F £ (B ¡A)6= 0, I = 0.

Si chiama braccio della coppia la distanza fra le linee d’azione delle due forze. Osser-

viamo che l’ipotesi fatta di non parallelismo tra F e (B—A) implica un braccio non nullo.

Osserviamo anche che, essendo R = 0, il momento di una coppia non dipende dal polo.

d) una forza (A,F ) ed una coppia (B,F 1), (C,¡F 1), di braccio non nullo, con F parallelo al

momento della coppia Ω = F 1 £ (C ¡B). Chiaramente:

R = F, Ω(A) = Ω, I 6= 0.

Osserviamo che la definizione di sistemi elementari di forze e del tutto analoga a quella di

stati cinetici elementari introdotta in cinematica.

4.15 Teorema di equivalenza sui sistemi di forze

Teorema Un qualunque sistema di forze e equivalente ad un sistema elementare di forze.

Dimostrazione Considerato un sistema di forze S : (As, F s), s = 1, . . . , N , siano R ed

Ω(O) i suoi vettori caratteristici, con il polo O arbitrariamente scelto. Distinguiamo due

casi: a) I = 0; b) I 6= 0.

Caso a). Sono possibili quattro sottocasi.

a1) R = 0, Ω = 0 : il sistema S e equivalente al sistema nullo.

a2) R = 0, Ω 6= 0 : il sistema S e equivalente ad una qualunque coppia di forze di

momento Ω.

86

Page 92: Lezioni Di Meccanica Razionale A

a3) R 6= 0, Ω(O) = 0 : il sistema S e equivalente ad una forza (A,R), con A punto

qualunque della retta (O,R). Tale retta, che rappresenta il luogo dei punti dello spazio

rispetto ai quali il momento risultante e nullo, si chiama asse centrale del sistema di forze.

a4) R 6= 0, Ω(O) 6= 0, R ? Ω(O): se avessimo un polo O1 tale che Ω(O1) = 0,

ricadremmo nel caso precedente. Facciamo vedere che un tale O1 esiste. Essendo

Ω(O1) = Ω(O) +R£ (O1 ¡O) ,

perche Ω(O1) sia nullo, O1 dovra essere soluzione dell’equazione

Ω(O) = R£ (O ¡O1) . (4.18).

Essendo R ? Ω(O), si tratta di un problema di divisione vettoriale (x1.7) che ammette

infinite soluzioni: tutti i punti di una certa retta parallela a R. Si puo dunque affermare

che il sistema S e equivalente ad una forza (A,R), con A punto qualunque della retta

(O1, R) formata dai punti O1 soluzione dell’equazione (4.18).

Caso b). Ora I 6= 0, per cui R 6= 0, Ω(O) 6= 0, con i due vettori non ortogonali. Sono

dunque possibili due sottocasi.

b1) R k Ω(O) : il sistema S e equivalente ad una forza (A,R), con A punto qualunque

della retta (O,R), ed una qualunque coppia di momento Ω(O). Anche in questo caso la

retta (O,R) e detta asse centrale del sistema di forze.

b2) R ed Ω(O) sono obliqui, per cui, scomponendo Ω(O) lungo le direzioni rispettivamente

parallela e perpendicolare a R, si puo scrivere

Ω(O) = Ω‖(O) + Ω⊥(O) .

Osserviamo che se avessimo un polo O1 tale che Ω(O1) = Ω‖(O) ci troveremmo nelle stesse

condizioni del punto b1). Perche un siffato O1 esista deve essere

Ω(O1) = Ω(O) +R£ (O1 ¡O) = Ω‖(O) + Ω⊥(O) +R£ (O1 ¡O) = Ω‖(O)

ovvero

Ω⊥(O) +R£ (O1 ¡O) = 0 o, equivalentemente, Ω⊥(O) = R£ (O ¡O1) .

Essendo Ω⊥(O) perpendicolare ad R, esistono infiniti punti O1 che soddisfano questa

condizione. Scelto un tale O1, si puo dunque affermare che il sistema S e equivalente ad

una forza (A,R), con A punto qualunque della retta (O1, R) ed una qualunque coppia di

momento Ω‖(O). La retta (O1, R) e l’asse centrale del sistema di forze.

Si impongono ora alcune osservazioni.

a) La prima osservazione riguarda il fatto che spesso, impropriamente, si parla di un

sistema nullo anziche di un sistema equivalente ad un sistema nullo. A tale proposito

87

Page 93: Lezioni Di Meccanica Razionale A

anticipiamo fin d’ora che, mentre questa distinzione non e rilevante quando il sistema di

forze e applicato ad un corpo rigido, lo e invece nel caso di un corpo deformabile.

b) Il piu semplice sistema equivalente ad un sistema nullo e una coppia di braccio nullo.

Esempio significativo: la coppia di forze che due punti materiali esercitano l’uno sull’altro

in virtu del principio di azione e reazione.

c) L’asse centrale e definito quando il sistema di forze e equivalente ad una sola forza

e quando e equivalente ad una forza ed una coppia. Nel primo caso l’asse centrale e il

luogo dei punti rispetto ai quali il momento risultante e nullo; nel secondo caso e il luogo

dei punti rispetto ai quali Ω e parallelo ad R. Ebbene, poiche in entrambi i casi un

polo non appartenente all’asse centrale comporta una componente di Ω ortogonale all’asse

medesimo, e chiaro che l’asse centrale e il luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il

modulo del momento risultante del sistema di forze e minimo. Nel caso di equivalenza ad

una forza ed una coppia il momento rispetto ad un punto P dell’asse centrale vale

Ω(P ) =

(Ω(O) ¢

R

jRj

)R

jRj=

I

R2R .

d) L’invariante I di un sistema di forze complanari e sempre nullo. Infatti, se Π e il piano

delle forze, R e parallelo a tale piano, mentre Ω(O), con O 2 Π, e ortogonale a Π. Se poi

R6= 0, il sistema e equivalente ad una forza con asse centrale che sta, come le forze, su Π.

e) L’ultima osservazione concerne la possibilita di formulare i tre corollari che seguono:

Corollario 1 : C.N.S. affinche un sistema di forze sia equivalente ad una forza ed una

coppia e che si abbia I 6= 0.

Corollario 2 : C.N.S. affinche un sistema di forze sia equivalente ad una sola forza e che

si abbia I = 0, R6= 0.

Corollario 3 : C.N.S. affinche un sistema di forze sia equivalente ad una coppia e che si

abbia R = 0, Ω6= 0.

Infine, una considerazione molto importante. Nel caso in cui il sistema e equivalente ad una

forza, e solo in questo caso, ha senso parlare di forza risultante o, piu semplicemente, della

risultante, intendendo con cio una forza equivalente al sistema. Sottolineiamo la differenza

tra il risultante e la risultante: il primo, cioe il vettore risultante, e un vettore libero ed

esiste sempre; la seconda, ossia la forza risultante, esiste solo nel caso di sistemi particolari

(Corollario 2), il piu semplice dei quali e quello in cui tutte le forze hanno lo stesso punto di

applicazione A. Ovviamente in questo caso A costituisce il punto d’applicazione “naturale”

della risultante, come assunto nella definizione di forza risultante data nel x4.1.

88

Page 94: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.16 Operazioni elementari sulle forze

Con le forze si possono compiere tre operazioni elementari che trasformano il sistema di

forze dato in un sistema equivalente.

a) Composizione di due o piu forze applicate allo stesso punto. Tale operazione consiste

nel sostituire al sistema di forze (A,F s), s = 1, ...,M , la risultante (A, F =

M∑

s=1

F s).

b) Scomposizione di una forza in due o piu forze con lo stesso punto d’applicazione ed

aventi direzioni assegnate as. Tale operazione consiste nel sostituire alla forza (A, F ) il

sistema di forze (A,F s = Fsas), s = 1, ...,M , con∑s Fsas = F .

c) Scorrimento di un forza lungo la sua retta d’azione. Questa operazione consiste nel

sostituire alla forza (A,F ) la forza (A′, F ), con A′ punto qualunque della retta (A, F ).

Teorema Le operazioni elementari trasformano un sistema di forze in un sistema equi-

valente. La facile dimostrazione e lasciata per esercizio.

Dimostriamo invece l’importante teorema che segue:

Teorema Un sistema di N forze qualunque si puo sempre ridurre, mediante operazioni

elementari, ad un sistema di due forze.

Dimostriamo il teorema per N = 3. Siano

(As, F s), s = 1, 2, 3, le tre forze in que-

stione che, volendo stare nel caso generale,

supponiamo sghembe. Sia r la retta inter-

sezione del piano[A1, (A2, F 2)

]col piano

[A1, (A3, F 3)

]. Sia A un qualunque punto

di r. Scomponiamo la forza (A2, F 2) lungo

le rette A2A1 e A2A: otterremo due nuove

forze (A2, F′

2) e (A2, F′′

2).

Analogamente scomponiamo la forza (A3, F 3) lungo le rette A3A1 e A3A ottenendo le

due nuove forze (A3, F′

3) e (A3, F′′

3). A questo punto facciamo scorrere ciacuna di queste

quattro forze lungo la propria linea d’azione in modo da portare i vettori F′2 ed F

′3 in A1 e

F′′

2 ed F′′

3 in A. Eseguite queste operazioni ci sono tre forze di vettori F 1, F′

2, F′

3 applicate

in A1 e due forze di vettori F′′

2 e F′′

3 applicate in A. Componendo le prime tre ottengo la

forza (A1, F 1 + F′

2 +F′

3), mentre componendo le altre due si ha (A, F′′

2 +F′′

3). Dunque il

sistema di tre forze e stato trasformato in un sistema equivalente di due forze.

89

Page 95: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Ovviamente, se il sistema e costituito di N > 3 forze, se ne prendono tre e ci si riduce ad

N ¡ 1 forze, poi se ne prendono ancora tre e ci si riduce ad N ¡ 2, e cosı via fino a che

non ci si riduce a due soltanto.

Se le tre forze sono parallele, la dimostrazione e ancora valida prendendo come retta r la

linea d’azione di (A1, F 1). Se delle tre forze due sono complanari ed incidenti, mediante

scorrimento queste due si riducono immediatamente ad una sola forza, per cui il teorema

e subito provato. Se tutte le forze sono complanari, il sistema si riduce ad una sola forza

(caso generale) o ad una coppia (caso particolare).

4.17 Sistemi di forze interne

In base a quanto detto in precedenza, le forze che agiscono su un sistema meccanico

possono essere distinte in forze attive e in reazioni vincolari. A loro volta, sia le une

che le altre, possono essere distinte in interne ed esterne. Dunque, su qualunque sistema

meccanico, si puo sempre ritenere che agiscano quattro sistemi di forze: i sistemi delle forze

attive esterne (As, F es), s = 1, . . . , N , delle forze attive interne (Bs, F is), s = 1, . . . ,M ,

delle reazioni vincolari esterne (Cs,Φes), s = 1, . . . , N ′, e delle reazioni vincolari interne

(Ds,Φis), s = 1, . . . ,M ′.

Essendo le forze interne dovute soltanto all’azione di punti appartenenti al sistema mecca-

nico in questione, per il III principio della Meccanica (principio di azione e reazione) esse

compaiono sempre a coppie di braccio nullo. Piu precisamente, se (Br, F s→r) e la forza

attiva che agisce sul punto Br dovuta a Bs, allora c’e anche la forza (Bs, F r→s) dovuta a

Br. Queste due forze costituiscono una coppia di braccio nullo e di conseguenza, oltre ad

avere risultante nullo, hanno anche momento risultante nullo. Ne consegue che

Ri =

M∑

s=1

F is =

M∑

s=1

M∑

r=1r =s

F r→s = 0 ,

Ωi(O) =

M∑

s=1

F is £ (O ¡Bs) =

M∑

s=1

M∑

r=1r =s

F r→s £ (O ¡Bs) = 0 .

Vale dunque il seguente

Teorema Il sistema delle forze attive interne (Bs, F is), s = 1, . . . ,M , e equivalente al

sistema nullo.

90

Page 96: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Un analogo teorema vale ovviamente anche per le reazioni vincolari:

Teorema Il sistema delle reazioni vincolari interne (Ds,Φis), s = 1, . . . ,M ′, e equivalente

al sistema nullo.

4.18 Sistemi di forze parallele

Consideriamo ora il caso particolare di un sistema di forze tutte parallele. Indicato con

a un versore con la direzione delle forze, il sistema in questione puo essere scritto nel

modo seguente: (As, Fsa), s = 1, ..., N . Ovviamente lo scalare Fs, che rappresenta la

componente del vettore F s lungo a, e positivo o negativo a seconda che F s e concorde o

discorde con a. Se gli Fs hanno tutti lo stesso segno, le forze sono tutte concordi.

Teorema L’invariante di un sistema di forze parallele e nullo.

Infatti, essendo

R =N∑

s=1

F s =N∑

s=1

Fsa =( N∑

s=1

Fs

)a = Ra,

Ω(O) =

N∑

s=1

F s £ (O ¡As) =

N∑

s=1

Fsa£ (O ¡As) = a£

N∑

s=1

Fs(O ¡As),

ne consegue

I = R ¢ Ω(O) = Ra ¢ a£

N∑

s=1

Fs(O ¡As) = 0 .

Questo teorema implica dunque che un sistema di forze parallele non e mai equivalente

ad una forza ed una coppia. In particolare implica che un sistema di forze parallele con

R 6= 0 e sempre equivalente ad una sola forza, in altre parole ammette la risultante. In

questo caso vale l’importante

Teorema Per ogni sistema di forze parallele con R 6= 0 esiste, ed e unico, un punto C

dell’asse centrale che e indipendente dalla direzione a delle forze. Tale punto, che si chiama

centro delle forze parallele, e dato da

C ¡O =

∑Ns=1 Fs(As ¡O)∑Ns=1 Fs

. (4.19)

Dunque, un qualunque sistema di forze parallele con R 6= 0 ammette sempre il centro

delle forze parallele, vale a dire un punto C, indipendente dalla direzione delle forze, in

cui si puo applicare la risultante. L’indipendenza di C da a comporta la sua invarianza

91

Page 97: Lezioni Di Meccanica Razionale A

rispetto ad una qualunque rotazione delle forze, lasciandone fermi i punti d’applicazione

e invariate le intensita.

Assunto un sistema di coordinate cartesiane Oxyz, indicate con (xs, ys, zs) le coordinate di

As e con (xC , yC , zC) quelle del centro C, la relazione (4.19) proiettata sugli assi fornisce

le coordinate cartesiane di C:

xC =

∑Ns=1 Fsxs∑Ns=1 Fs

, yC =

∑Ns=1 Fsys∑Ns=1 Fs

, zC =

∑Ns=1 Fszs∑Ns=1 Fs

. (4.20)

E immediato verificare che se tutti i punti d’applicazione delle forze stanno su una retta,

anche C sta sulla retta. Analogamente, se tutti i punti As stanno in un piano, anche C

sta nel piano.

Consideriamo a titolo di esempio il piu semplice sistema di forze parallele: quello costituito

di due sole forze. Siano (A1, F1a) e (A2, F2a) le due forze, con F1+F2 6= 0. Assunto come

asse Ox la retta congiungente i punti A1 ed A2, essendo A1 ´ (x1, 0, 0) e A2 ´ (x2, 0, 0),

le (4.20) forniscono immediatamente yC = zC = 0, per cui C sta sulla congiungente A1

con A2. Inoltre

xC =F1x1 + F2x2

F1 + F2=) F1(xC ¡ x1) = ¡F2(xC ¡ x2).

Cio significa che C e interno al segmento

A1A2 se le due forze sono concordi, esterno

se sono discordi (dalla parte della forza di

modulo maggiore). Inoltre, in ogni caso, le

distanze di C dai punti A1 ed A2 sono in-

versamente proporzionali a jF1j e jF2j.

4.19 Forza peso

Definizione Si chiama peso del punto materiale (P,m) la forza che occorre equilibrare

perche il punto sia in equilibrio rispetto ad un osservatore solidale con la terra.

La forza peso, che indichiamo con (P, p), e la risultante delle forze dovute all’attrazione

Newtoniana ed ai moti della terra. Essa risulta principalmente dalla composizione di due

forze: la forza d’attrazione esercitata dalla terra e la forza centrifuga (che sara definita

piu avanti) dovuta alla rotazione uniforme della terra attorno al proprio asse. Piu preci-

samente, indicati rispettivamente con n e N i versori radiali e normali all’asse terrestre

92

Page 98: Lezioni Di Meccanica Razionale A

orientati come in figura, si ha

p ' GmM

ρ2n¡mρ cosϕω2N , (4.21)

dove G e la costante di gravitazione universale, ρ e

la distanza di P dal centro della terra, M la massa

della terra, ϕ e la latitudine di P e ω e la velocita

angolare della terra. Poiche la forza Newtoniana e

diretta verso il centro della terra e la forza centrifuga e normale all’asse, ne consegue che,

eccetto che all’equatore e ai poli, la forza peso non passa per il centro della terra (anche

se vi passa molto vicino).

Nel seguito il vettore p della forza peso agente su (P,m) sara scritto come

p = mg = ¡mgk , (4.22)

dove g, che e detta accelerazione di gravita, e indipendente da m e variabile con la latitudine

e con l’altezza (rispetto al livello del mare). Il versore k, che definisce punto per punto la

direzione verticale (direzione del filo a piombo), e quindi il piano orizzontale, e il versore

verticale ascendente. Osserviamo che in un problema ha senso parlare di “verticale” solo

se tra le forze che agiscono sul sistema ci sono anche le forze peso.

Consideriamo ora un sistema di N punti materiali (Ps,ms). Ad esso sara associato il

sistema delle forze peso (Ps, ps = msgs), s = 1, ..., N . Supponendo che le distanze fra i

punti Ps siano molto piccole rispetto al raggio terrestre, come e ragionevole supporre per

ogni sistema meccanico con cui abbiamo a che fare, si puo assumere ps = msg = ¡msgk.

Dunque, il sistema delle forze peso applicate ad un sistema meccanico puo considerarsi

un sistema di forze parallele. Essendo queste equiverse si ha R 6= 0, e quindi il sistema

delle forze peso e equivalente ad una sola forza (A,¡Mgk), dove A e un punto qualunque

dell’asse centrale, M =∑Ns=1ms e la massa totale e k e il versore verticale ascendente. A

tale forza ci si riferisce come al peso del sistema materiale.

In particolare, la forza peso puo sempre essere applicata nel baricentro G del sistema

materiale. E infatti facile verificare che il baricentro e il centro delle forze peso.

4.20 Misura della massa

Come si calcola la massa di un punto materiale (P,m) ? Assunta come massa unitaria

quella di un punto campione (P0, m0), si ha:

m0g = ¡m0gk = p0k, mg = ¡mgk = pk (p0 < 0, p < 0),

93

Page 99: Lezioni Di Meccanica Razionale A

da cui la relazionem

m0=

p

p0. Per ottenere la massa m fornita dalla bilancia basta porre

m0 = 1:

m =p

p0.

4.21 Lavoro reale infinitesimo

Definizione Si definisce lavoro reale infinitesimo della forza (P, F ) il prodotto scalare

dL = F ¢ dP. (4.23)

Posto, come al solito,P ¡O = xi+ yj + zk

dP = dxi+ dyj + dzk

F = Fxi+ Fyj + Fzk,

l’espressione cartesiana di dL e la seguente:

dL = Fxdx+ Fydy + Fzdz. (4.24)

Nel caso di un sistema meccanico ad n gradi di liberta con parametri lagrangiani q1, q2, . . . , qn,

il lavoro dLs della forza (Ps, F s), tenendo conto della (4.12), sara dato da:

dLs = F s ¢ dPs = F s ¢

n∑

i=1

∂Ps∂qi

dqi .

Definizione Si definisce lavoro reale infinitesimo compiuto dal sistema di forze (Ps, F s), s =

1, . . . , N , la somma dei lavori dLs compiuti da ciascuna forza, ossia

dL =

N∑

s=1

dLs =

N∑

s=1

F s ¢ dPs . (4.25)

Quando il sistema delle forze in questione e quello delle forze attive, e molto conveniente

rappresentare dL in una forma che ora andiamo a ricavare.

dL =

N∑

s=1

F s ¢ dPs =

N∑

s=1

F s ¢

n∑

i=1

∂Ps∂qi

dqi =

n∑

i=1

( N∑

s=1

F s ¢∂Ps∂qi

)dqi

Ponendo

Qi =

N∑

s=1

F s ¢∂Ps∂qi

, i = 1, ..., n , (4.26)

si ha

dL = Q1dq1 +Q2dq2 + ¢ ¢ ¢+Qndqn =n∑

i=1

Qidqi . (4.27)

Le Qi sono dette forze generalizzate di Lagrange. In un certo senso, esse generalizzano il

concetto di componenti cartesiane delle forze. Infatti, nel caso di un punto libero, posto

q1 = x, q2 = y, q3 = z, si ha Q1 = Fx, Q2 = Fy, Q3 = Fz.

94

Page 100: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.22 Lavoro finito

Definizione Si definisce lavoro compiuto dalla forza (P,F ) nell’intervallo di tempo (t1, t2)

l’integrale curvilineo

L = (γ)

∫ P2

P1

F ¢ dP, (4.28)

dove P1 = P (t1), P2 = P (t2) e γ e la curva percorsa dal punto P per andare da P1 a P2.

Poiche, in generale, F = F (x, y, z; x, y, z; t), questo integrale, in generale, dipende: a) dalla

curva γ (a causa della dipendenza da x, y, z); b) dalla legge oraria con cui P percorre γ (a

causa della dipendenza da x, y, z); c) direttamente dal tempo, cioe dall’intervallo (t1, t2).

Consideriamo ora il caso di un sistema ad n gradi di liberta soggetto ad un sistema di N

forze. Supponiamo che il sistema nell’intervallo di tempo (t1, t2) si sposti dalla configura-

zione C1=C(t1) alla configurazione C2=C(t2), percorrendo, nello spazio n-dimensionale dei

parametri lagrangiani qi, la curva Γ.

Definizione Si definisce lavoro compiuto dal sistema di forze (Ps, F s), s = 1, . . . , N sul

sistema meccanico nell’intervallo di tempo (t1, t2) l’integrale curvilineo

L = (Γ)

∫ C2

C1

N∑

s=1

F s ¢ dPs . (4.29)

Analogamente al lavoro di una singola forza, anche questo integrale dipende, in generale,

dalla traiettoria Γ, dalle modalita con cui il sistema si sposta da C1 a C2 (attraverso le

velocita generalizzate qi) e dal tempo.

4.23 Lavoro virtuale

Definizione Si definisce lavoro virtuale, ovviamente infinitesimo, della forza (P,F ) il pro-

dotto scalare

δL = F ¢ δP = Fxδx+ Fyδy + Fzδz. (4.30)

Nel caso di un sistema ad n gradi di liberta su cui agisce un sistema di N forze attive

(Ps, F s), si ha

δL =N∑

s=1

δLs =N∑

s=1

F s ¢( n∑

k=1

∂Ps∂qk

δqk

)=

n∑

k=1

( N∑

s=1

F s ¢∂Ps∂qk

)δqk =

n∑

k=1

Qkδqk. (4.31)

Questa relazione esprime il lavoro virtuale delle forze attive. Osserviamo che (4.31) coin-

cide formalmente con l’espressione (4.27) del lavoro reale infinitesimo. Cio non sarebbe

vero se il sistema meccanico non fosse scleronomo.

95

Page 101: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.24 Lavoro infinitesimo delle forze applicate ad un corpo rigido

Se il sistema materiale e un corpo rigido C, il lavoro virtuale delle forze ad esso appli-

cate assume una semplice espressione, di particolare importanza, che deriva dalla formula

fondamentale della cinematica rigida

dPsdt

=dO1dt

+ ω £ (Ps ¡O1).

Posto ω = θa, ed essendo dθ = θdt, lo spostamento infinitesimo reale di un punto Ps 2 C

in corrispondenza allo spostamento reale dC=(dO1, (O1, dθa)

)(naturalmente compatibile

coi vincoli esterni), e dato da

dPs = dO1 + dθa£ (Ps ¡O1) . (4.32)

Ne consegue che il lavoro infinitesimo reale di un generico sistema di forze (Ps, F s), s =

1, . . . , N , e dato da

dL =

N∑

s=1

F s ¢ dPs =

N∑

s=1

F s ¢(dO1 + dθa£ (Ps ¡O1)

)=

=( N∑

s=1

F s

)¢ dO1 +

N∑

s=1

F s ¢ (O1 ¡ Ps)£ dθa =

=( N∑

s=1

F s

)¢ dO1 +

N∑

s=1

F s £ (O1 ¡ Ps) ¢ dθa .

Ricordando la definizione di vettore risultante e di momento risultante, si ottiene la se-

guente espressione:

dL = R ¢ dO1 +Ω(O1) ¢ dθa . (4.33)

L’espressione del lavoro virtuale e formalmente la stessa.

Osservazioni:

— Il lavoro infinitesimo, sia reale che virtuale, delle forze interne (attive e vincolari) che

agiscono su un corpo rigido, e sempre nullo.

— L’espressione trovata per dL (o δL) ci dice che due sistemi di forze equivalenti, se applicati

ad un corpo rigido, compiono lo stesso lavoro. Cio non e vero se il corpo e deformabile, in

quanto la formula (4.32) non vale piu.

— Sottolineiamo che l’espressione di dL ottenuta vale qualunque sia il punto O1 del corpo

rigido e qualunque sia lo spostamento infinitesimo(dO1, (O1, dθa)

)(analogamente per

δL).

96

Page 102: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.25 Forze posizionali

Definizione Una forza attiva (P,F ) si dice posizionale quando il suo vettore F dipende

solo dalla posizione del suo punto d’applicazione P ´ (x, y, z), ossia se

F = F (x, y, z).

Il vantaggio piu immediato che deriva da questa proprieta consiste nel fatto che il lavoro

finito di una forza posizionale, dato dall’integrale (4.28), dipende solo dalla traiettoria γ

percorsa per andare da P1 a P2, mentre e indipendente sia dalla legge oraria che dal tempo.

Osserviamo che nel caso di una forza (Ps, F s) applicata ad un sistema con parametri

lagrangiani qi, il fatto che sia posizionale implica

F s = F s(q1, q2, . . . , qn).

Ovviamente, se tutte le forze applicate al sistema sono posizionali, anche il lavoro finito L

espresso dalla (4.29) dipende soltanto dalla “traiettoria”.

4.26 Sistemi conservativi di forze

Consideriamo un punto materiale (P,m), libero e soggetto ad un’unica forza posizionale

(P, F ). Siano x, y e z le coordinate di P rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz

rispetto al quale sia

F (x, y, z) = Fx(x, y, z) i+ Fy(x, y, z) j + Fz(x, y, z) k. (4.34)

Definizione La forza posizionale (P,F ) si dice conservativa se esiste una funzione U(x, y, z)

tale che

Fx =∂U

∂x, Fy =

∂U

∂y, Fz =

∂U

∂z.

La principale proprieta che caratterizza una forza conservativa consiste nel fatto che il

lavoro da essa compiuto quando il punto P si sposta dalla posizione P1 alla posizione P2

dipende solo dalle posizioni iniziale e finale, e non dalla traiettoria γ percorsa. Si ha infatti

L = (γ)

∫ P2

P1

dL = U(P2)¡ U(P1).

In particolare, se la curva e chiusa (quando P1 ´ P2), il lavoro e nullo.

La definizione appena data si puo generalizzare ad un sistema di forze, purche applicato

ad un sistema meccanico olonomo e scleronomo (ipotesi in cui ci siamo messi una volta

per tutte, ma che e opportuno ricordare).

97

Page 103: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Definizione Un sistema di forze attive posizionali si dice conservativo se esiste una funzione

U = U(q1, q2, . . . , qn) tale che

Qi =∂U

∂qi, i = 1, . . . , n , (4.35)

essendo le Qi le forze generalizzate.

La funzione U si chiama funzione potenziale o, piu semplicemente, potenziale. Chiaramente,

U e definita a meno di una costante additiva arbitraria U∗. Qualche volta l’arbitrarieta

di U∗ e sfruttata ai fini di far assumere ad U un valore desiderato in una data posizione

del sistema.

La principale proprieta dei sistemi conservativi di forze e che il lavoro da esse compiuto sul

sistema meccanico quando questo si sposta dalla configurazione C1 = q1 ´ (q11 , q12 , ¢ ¢ ¢ , q

1n)

alla configurazione C2 = q2 ´ (q21 , q22 , ¢ ¢ ¢ , q

2n) non dipende dalla traiettoria Γ percorsa

(nello spazio delle configurazioni), ma solo dai suoi punti estremi C1 e C2. Infatti, si ha

L = (Γ)

∫ C2

C1

dL = U(C2)¡ U(C1) = U(q2)¡ U(q1) .

Osserviamo che, se una forza e conservativa, essa rimane tale qualunque sia il sistema

meccanico a cui la si applichi. Ne consegue che, se un sistema e costituito di forze tutte

conservative, e certamente conservativo. Possono pero esistere dei sistemi conservativi di

forze senza che tutte le forze componenti, prese singolarmente, lo siano.

Sia (P, F ) una forza conservativa e sia U(x, y, z) il suo potenziale. Quando la forza viene

applicata ad un sistema meccanico di parametri lagrangiani qi, il suo potenziale diventa

U(q) = U(x(q), y(q), z(q)

).

Di conseguenza, se si considera un generico sistema di N forze(Ps, F s(q)

)tutte conser-

vative, per cui esistono gli N potenziali Us(q) = Us(xs(q), ys(q), zs(q)

), allora anche il

sistema di forze e conservativo e il suo potenziale e dato dalla somma dei potenziali delle

singole forze, ossia

U(q) =∑s Us(q) .

Osservazione. Il fatto che un sistema di forze sia conservativo ha un’importante impli-

cazione: il lavoro infinitesimo dL delle forze attive e uguale al differenziale dU del potenziale.

Infatti, riprendendo l’espressione (4.27) di dL e sostituendovi le uguaglianze (4.35), si ha

dL = Q1dq1 +Q2dq2 + ¢ ¢ ¢+Qndqn =∂U

∂q1dq1 +

∂U

∂q2dq2 + ¢ ¢ ¢+

∂U

∂qndqn = dU .

98

Page 104: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Dunque, per un sistema conservativo di forze attive, si ha

dL = dU . (4.36)

In Analisi Matematica questo fatto si esprime dicendo che dL e una forma differenziale

esatta. La condizione (4.35) della definizione equivale dunque alla richiesta che dL sia un

differenziale esatto.

Nella pratica la verifica che un dato sistema di forze posizionali e conservativo si ri-

duce a verificare che il corrispondente lavoro infinitesimo dL=∑ni=1Qidqi e una forma

differenziale esatta. A tal fine, date per soddisfatte alcune condizioni sulle funzioni

Qi(q1, q2, . . . , qn) e sul loro dominio di esistenza, e sufficiente verificare che dL e una

forma chiusa, ossia che valgono le uguaglianze

∂Qh∂qk

=∂Qk∂qh

, h, k = 1, . . . , n .

Consideriamo in particolare il caso di una singola forza della forma (4.34). Volendo ve-

rificare che e conservativa, essendo dL dato dalla (4.24), dovranno essere soddisfatte le

relazioni∂Fx∂y

=∂Fy∂x

,∂Fx∂z

=∂Fz∂x

,∂Fy∂z

=∂Fz∂y

.

Per quanto riguarda il calcolo del potenziale, ne diamo un’espressione nel caso particolare

in cui la forza e piana, rinviando ad un testo di Analisi Matematica per il caso di una

forza non piana. Sia

dL = Fx dx+ Fy dy = A1(x, y) dx+A2(x, y) dy = dU

la forma differenziale. Comunque scelto P0 ´ (x0, y0), la funzione potenziale U(x, y), cioe

la funzione avente come differenziale la forma appena scritta, e la seguente:

U(x, y) =

∫ x

x0

A1(ξ, y0) dξ +

∫ y

y0

A2(x, ξ) dξ . (4.37)

Si noti che questa formula corrisponde al calcolo del lavoro

compiuto dalla forza (P,F ) quando il punto P si sposta da

P0 a P muovendosi prima parallelamente all’asse x fino a rag-

giungere il punto Q´ (x, y0), e poi parallelamente all’asse y.

Una formula equivalente si puo ottenere percorrendo l’analogo

cammino parallelo prima all’asse y e poi all’asse x.

99

Page 105: Lezioni Di Meccanica Razionale A

4.27 Esempi significativi di sistemi conservativi di forze

a) Forza costante

Consideriamo la forza (P,F ) di vettore F = ai+ bj + ck costante. Questa forza e conser-

vativa ed il suo potenziale U e dato da

U(x, y, z) = ax+ by + cz + U∗ , (4.38)

con U∗ costante arbitraria.

Quando la forza e applicata ad un punto di un sistema meccanico ad n gradi di liberta, il

suo potenziale vale

U(q) = ax(q) + by(q) + cz(q) + U∗ .

Tra le forze costanti va annoverata la forza peso. In tal caso, assunto un sistema di rife-

rimento Oxyz con z verticale ascendente, il peso ha vettore ¡mgk. Dalla (4.38) consegue

quindi che il potenziale della forza peso che agisce sul punto materiale (P,m) e dato da

U(x, y, z) = U(z) = ¡mgz + U∗ .

Nel caso di un sistema materiale di N punti (Ps, ms), si ha

U =∑

s

(¡msgzs + U∗

s

)= ¡g

(∑

s

mszs

)+ U∗ = ¡g

(MzG

)+ U∗ ,

cioe

U = ¡MgzG + U∗ . (4.39)

Dunque, il potenziale delle forze peso agenti su un sistema materiale e uguale a quello della

risultante purche applicata nel baricentro. Esprimendo zG in funzione di q1, q2, . . . , qn, si

ottiene U(q). Osserviamo che la relazione (4.39) mette in evidenza, per la prima volta,

l’importanza del baricentro.

Se andiamo a calcolare il lavoro finito L delle forze peso nell’intervallo (t1, t2) quando il

sistema meccanico si sposta dalla configurazione C1 ´ C(t1) a C2 ´ C(t2) , si ottiene:

L = U(C2)¡ U(C1) = ¡MgzG2+ U∗ ¡ (¡MgzG1

+ U∗) =Mg(zG1 ¡ zG2) ,

essendo G1 ´ G(t1) e G2 ´ G(t2) . Dunque, il lavoro delle forze peso e positivo se il

baricentro del sistema si abbassa, negativo se si alza, nullo se rimane alla stessa quota

(indipendentemente da tutte le posizioni intermedie).

Osserviamo infine che l’espressione (4.39) di U rimane valida anche per un corpo continuo

in quanto si ricava allo stesso modo sostituendo la somma con il corrispondente integrale.

100

Page 106: Lezioni Di Meccanica Razionale A

b) Forza d’attrazione Newtoniana

Consideriamo il punto materiale (P,m) e la forza d’attrazione Newtoniana (P, F ) che agisce

su P dovuta al punto materiale (O,M). Come e ben noto, il vettore F e il seguente:

F = ¡GmM

ρ2r ,

essendo G la costante di gravitazione universale (positiva), ρ la distanza di P da O e r = P−Oρ

il versore avente la direzione della retta congiungente P con O, orientato da O verso P

(il che spiega il segno meno). Si puo dimostrare che questa forza e conservativa ed il

potenziale U , espresso in funzione di ρ, e il seguente:

U(ρ) = GmM

ρ+ U∗ . (4.40)

c) Forza elastica esterna

Data una molla di lunghezza a riposo nulla, avente un estremo nel punto fisso O e l’altro

nel punto P , il punto P e soggetto alla forza di vettore

F = ¡k2ρr ,

con k2 costante elastica della molla, e ρ ed r con lo stesso significato visto in b). La forza

(P, F ) e conservativa ed il suo potenziale vale

U(ρ) = ¡1

2k2ρ2 + U∗, (4.41)

Se invece la molla a riposo ha lunghezza ℓ, allora

F = ¡k2(ρ¡ ℓ)r ,

e quindi

U(ρ) = ¡1

2k2(ρ¡ ℓ)2 + U∗. (4.42)

d) Coppia di forze elastiche interne

Siano (P1, k2ρa) e (P2,¡k2ρa) le due forze elastiche, con

P2 ¡ P1 = ρa. In questo caso P1 e P2 sono due punti di

un sistema meccanico, entrambi mobili, collegati tra di loro

da una molla. Si puo dimostrare che il sistema costituito da

questa coppia di forze elastiche interne e conservativo e vale

U(ρ) = ¡1

2k2ρ2 + U∗ ,

esattamente come nel caso di una singola forza elastica esterna.

101

Page 107: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osserviamo che questo costituisce un esempio di un sistema conservativo di due forze,

senza che ciascuna delle due forze sia conservativa. Risulta infatti impossibile scrivere

separatamente il potenziale di ciascuna delle due forze.

I risultati ottenuti ai punti c) e d) permettono di affermare che una molla di costante

elastica k2, sia che agisca come forza esterna, sia che agisca come coppia di forze interne,

ha potenziale U = ¡ 12k

2ξ2 + U∗, essendo ξ la sua elongazione.

4.28 Potenza

Definizione Si chiama potenza della forza (P,F ) lo scalare

W (t) =d

dt

(L(t)

)=

d

dt

(∫ P (t)

P (t0)

F ¢ dP

)=

d

dt

(∫ t

t0

F ¢ vdτ

)= F ¢ v.

Il lavoro finito L della forza puo essere riscritto utilizzando la potenza:

L =

∫ t2

t1

W (t)dt.

Osserviamo che ci sono dei testi di Meccanica Razionale nei quali viene prima introdotta

la nozione di potenza, e poi attraverso questa la nozione di lavoro.

4.29 Vincoli perfetti

Concludiamo questo capitolo con alcune nozioni, molto importanti, riguardanti il lavoro

delle reazioni vincolari per una classe molto importante di sistemi meccanici, che adesso

definiamo.

Definizione Un sistema meccanico vincolato si dice a vincoli perfetti o ideali se, per qua-

lunque configurazione C0 compatibile coi vincoli, e per qualunque spostamento virtuale a

partire da C0, il lavoro δρ delle reazioni vincolari e non negativo, ossia

δρ =N∑

s=1

Φs ¢ δPs ¸ 0 . (4.43)

Si impongono immediatamente alcune considerazioni.

Nella (4.43) vale il segno di uguaglianza in corrispondenza ad ogni spostamento invertibile.

Infatti, se la (4.43) vale per lo spostamento invertibile (δP1, δP2, ..., δPN ), essa deve valere

anche per il suo opposto, per cui, dovendo essere δρ ¸ 0 e ¡δρ ¸ 0, necessariamente si ha

δρ = 0.

102

Page 108: Lezioni Di Meccanica Razionale A

La relazione (4.43), e di conseguenza la nozione di vincolo perfetto, costituisce una re-

lazione sintetica dedotta, con metodo induttivo, dall’esame di una vasta gamma di casi

concreti : essa riassume tutte le proprieta delle reazioni vincolari nel caso, sia pure limite,

di assenza di attrito. In altre parole, i vincoli lisci sono anche perfetti. Ricordiamo che i

vincoli lisci piu comuni sono quelli di un punto P a) vincolato ad una curva liscia; b)

vincolato ad una superficie liscia; c) appoggiato ad una superficie liscia.

L’utilita di introdurre la nozione di vincolo perfetto e giustificata dal fatto che ci sono anche

vincoli scabri che sono perfetti. Infatti, il vincolo di puro rotolamento, che puo realizzarsi

solo in presenza di attrito, e un vincolo perfetto.

Rientrano infine tra i vincoli perfetti i vincoli di rigidita e i fili.

Un’importante proprieta, che contraddistingue i vincoli perfetti da quelli che non lo sono,

e la seguente:

Il lavoro reale, sia infinitesimo che finito, della reazione vincolare associata ad un vincolo scleronomo

perfetto e sempre nullo.

103

Page 109: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5. MECCANICA DEL PUNTO

5.1 I problemi della Meccanica

Quali sono i problemi che si possono affrontare con la Meccanica ?

Sia dato un sistema meccanico, ossia sia dato un sistema di punti materiali soggetto

ad un sistema noto di forze attive ed ad un certo numero di vincoli di cui e nota la

natura. Supponiamo poi che in un dato istante siano noti la posizione e lo stato cinetico

del sistema meccanico. Piu precisamente, siano C0 = C(t0) = (q01 , q02 , ..., q

0n) ´ q0 e

C0 = (q01 , q02 , ..., q

0n) ´ q0 la posizione e “la velocita” all’istante t0. Sia poi (As, F s), s =

1, . . . , N , il sistema delle forze attive e (Bs,Φs), s = 1, . . . ,M , il sistema delle reazioni

vincolari che rappresentano l’azione dei vincoli.

La Meccanica si pone innanzitutto il seguente problema: determinare il moto del sistema,

vale a dire determinare n funzioni qk(t) tali che qk(t0) = q0k e qk(t0) = q0k.

Un secondo problema che la Meccanica puo risolvere e quello di determinare le reazioni

vincolari durante il moto. Tale problema puo pero essere risolto in modo univoco solo se il

numero delle reazioni scalari introdotte e il numero minimo necessario per rappresentare

l’azione dei vincoli. In questo caso le reazioni vincolari Φs si determinano in funzione dei

parametri qk(t) e quindi potranno essere note in funzione di t solo dopo che il moto e stato

determinato.

A volte particolari condizioni iniziali possono dar luogo a soluzioni costanti (o staziona-

rie). Cio e possibile quando esistono particolari posizioni nelle quali il sistema meccanico,

postovi in quiete in un dato istante, vi rimane per sempre. Ebbene, la ricerca di siffatte

soluzioni, o per dirla con linguaggio piu appropriato, la ricerca delle configurazioni d’equilibrio,

costituisce un altro problema che la Meccanica insegna ad affrontare e risolvere.

Osserviamo che una configurazione d’equilibrio e rappresentata da una n-pla (q∗1 , q∗2 , ..., q

∗n)

di numeri. C’e dunque una differenza sostanziale tra la determinazione del moto e quella

delle configurazioni d’equilibrio. Nel primo caso si deve determinare una n-pla di funzioni,

nel secondo caso, ammesso che il problema abbia soluzione, una o piu n¡ple di numeri.

Nel primo il problema ammette sempre soluzione e questa e unica; nel secondo caso il

problema puo avere o non avere soluzione, e in caso positivo, le soluzioni possono essere

1,2, ... ,m (anche infinite).

104

Page 110: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Il problema del calcolo delle reazioni vincolari nelle configurazioni d’equilibrio e un problema suc-

cessivo a quello di determinare le suddette configurazioni. Analogamente al caso dinamico,

esso puo essere affrontato e risolto (in modo univoco) solo se le reazioni vincolari non sono

in numero sovrabbondante (piu avanti diremo “solo se il problema e staticamente de-

terminato”). Determinare le reazioni vincolari significa associare ad ogni configurazione

d’equilibrio le rispettive reazioni.

Sottolineiamo il fatto che il problema del moto (o dell’equilibrio) viene sempre prima di

quello delle reazioni (che puo anche non interessare). Vedremo metodi per scrivere le equa-

zioni che governano il moto (o le equazioni per l’equilibrio) che prescindono completamente

dalle reazioni vincolari ed altri che, al contrario, le contemplano.

In ogni caso per determinare il moto di un sistema ad n gradi di liberta dovremo scrivere

un sistema di n equazioni differenziali in cui non compaiono altre incognite se non le qk(t).

Associando a queste equazioni le condizioni iniziali e risolvendo il problema di Cauchy cosı

ottenuto, si determinera il moto.

Per quanto concerne invece il problema dell’equilibrio, esso comporta la scrittura di un

sistema di n equazioni (non piu differenziali !) nelle sole incognite qk. Ciascuna n-pla solu-

zione di questo sistema costituisce una configurazione d’equilibrio per il sistema meccanico

(purche nel dominio di variabilita dei parametri e purche le relative reazioni vincolari siano

compatibili con i vincoli).

Tradizionalmente la Meccanica viene suddivisa in Statica eDinamica, l’una concernente

il problema dell’equilibrio di un sistema meccanico, l’altra concernente il problema del

moto. Un’ipotesi molto importante, da tenere ben presente, che contraddistingue la Statica

dalla Dinamica e la seguente : in statica i vincoli si assumono indipendenti dal tempo e le forze

si assumono posizionali. Cio e giustificato dal fatto che in statica le velocita sono sempre

tutte nulle e dal fatto che si vogliono configurazioni d’equilibrio, e quindi anche reazioni

vincolari, che non dipendano dal tempo.

La premessa appena fatta riguarda la Meccanica di tutti i sistemi. In questo capitolo,

pero, ci occuperemo della Meccanica del punto, vale a dire la Meccanica del piu

semplice sistema meccanico.

105

Page 111: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.2 La legge di Newton

Lo studio del moto di un punto si basa sulla legge di Newton. Come abbiamo gia visto,

essa postula che, rispetto ad un osservatore inerziale, un punto si muova in modo tale che

la sua accelerazione a e il vettore risultante R di tutte le forze ad esso applicate, siano

legate dalla relazione

ma = R(P, v, t) (5.1)

Ricordiamo che le forze o sono dovute ai corpi (forze newtoniane, elastiche, elettriche,

viscose, convettive, reazioni vincolari) o sono dovute al sistema di riferimento (forze di

trascinamento e forze di Coriolis, che vedremo in seguito). Spesso tornera utile evidenziare

nella (5.1) la distinzione fra il vettore risultante F delle forze attive (noto in funzione di

P, v(P ) e t) ed il vettore risultante Φ delle reazioni vincolari (sempre incognito, totalmente

o parzialmente):

ma(P ) = F (P, v(P ), t) + Φ(P, v(P ), t). (5.2)

L’equazione di Newton non e sufficiente, da sola, a determinare il moto del punto P.

Occorre associarle le condizioni iniziali, vale a dire la posizione e la velocita di P in un dato

istante t0, istante che chiamiamo istante iniziale e che spesso assumeremo uguale a zero

(senza con cio perdere di generalita). Cio porta alla formulazione di un problema di Cauchy

la cui risoluzione permette di determinare il moto di P.

5.3 Moto di un punto libero

Il problema di Cauchy e il seguente:

ma = F (P, v, t)

P (t0) = P0

v(t0) = v0 .

(5.3)

L’Analisi Matematica insegna che, se F e una funzione sufficientemente regolare dei suoi

argomenti, allora il problema di Cauchy ammette soluzione e questa e unica. Di conse-

guenza il moto di P e determinato da questa soluzione.

Assunto P = P (x, y, z), scalarmente l’equazione di Newton equivale ad un sistema di tre

equazioni differenziali del 2 ordine in forma normale (cioe esplicitato rispetto a x, y, z).

Queste equazioni, che chiamiamo equazioni differenziali del moto,

mx = Fx(x, y, z, x, y, z, t),

my = Fy(x, y, z, x, y, z, t),

mz = Fz(x, y, z, x, y, z, t),

(5.4)

106

Page 112: Lezioni Di Meccanica Razionale A

assieme alle condizioni iniziali

x(t0) = x0, y(t0) = y0, z(t0) = z0, (5.5a)

x(t0) = v0x, y(t0) = v0y, z(t0) = v0z, (5.5b)

forniscono il problema di Cauchy da risolvere per ottenere il moto di P. Risolverlo significa:

a) Determinare l’ integrale generale del sistema di equazioni differenziali (5.4) (coi metodi

dell’Analisi Matematica). Cio porta a determinare tre funzioni

x = x(t, C1, C2, C3, C4, C5, C6),

y = y(t, C1, C2, C3, C4, C5, C6),

z = z(t, C1, C2, C3, C4, C5, C6),

(5.6)

essendo C1, ..., C6 sei costanti arbitrarie. Le 16 funzioni P (t) date dalle (5.6) rappresen-

tano gli 16 moti di P che sarebbero possibili sotto l’azione di un qualunque sistema di

forze avente come vettore risultante F .

b) Determinare le costanti Ci imponendo le condizioni iniziali. A tal fine si deve risolvere

il sistema di sei equazioni nelle sei incognite Ci dato da

x(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = x0,

y(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = y0,

z(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = z0,

x(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = v0x,

y(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = v0y,

z(t0, C1, C2, C3, C4, C5, C6) = v0z .

(5.7)

Ovviamente, determinate le costanti Ci e sostituite nelle (5.6) si ottengono le tre funzioni

x = x(t), y = y(t) e z = z(t) che rappresentano il moto del punto P.

5.4 Moto di un punto vincolato senza attrito

Esaminiamo ora alcuni possibili casi di punto soggetto a vincolo liscio. Nel caso di punto

vincolato od appoggiato ad una superficie, per semplificare le cose, si considera un piano.

a) Punto vincolato ad un piano liscio Π. In questo caso il problema ha due gradi di liberta:

siano x e y le coordinate del punto P rispetto ad un sistema Oxyz con il piano xy coinci-

dente con Π. Essendo il vincolo liscio, la reazione vincolare e normale al piano e quindi e

107

Page 113: Lezioni Di Meccanica Razionale A

diretta lungo k, per cui Φ = Φk. Posto F = Fxi+Fyj+Fzk ed a(P ) = xi+ yj, l’equazione

di Newton, proiettata su i, j e k fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari:

mx = Fx(x, y, x, y, t) (5.8a)

my = Fy(x, y, x, y, t) (5.8b)

0 = Fz(x, y, x, y, t) + Φ . (5.9)

Chiaramente le due equazioni (5.8), non contenendo la reazione vincolare Φ, costituiscono

le equazioni differenziali del moto. Abbinando ad esse le condizioni iniziali x0 =x(t0),

y0 = y(t0), x0 = x(t0), y0 = y(t0), si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce

il moto di P, vale a dire x=x(t), y = y(t).

L’equazione (5.9) fornisce la reazione vincolare Φ. Una volta che il moto di P e stato

determinato, Φ e nota in funzione del tempo.

b) Punto appoggiato ad un piano liscio Π. Le equazioni (5.8) sono ancora le equazioni del

moto, mentre la (5.9) fornisce sempre la reazione vincolare. In questo caso, pero, preso il

versore k orientato nel verso in cui puo avvenire il distacco, si deve aggiungere la condizione

Φ ¸ 0 ,

che deve essere verificata in ogni istante in cui il punto P e appoggiato a Π. Se accade

che Φ(t∗) = 0 e Φ(t)< 0 per t > t∗, cio significa che all’istante t∗ P si stacca da Π. Di

conseguenza, per t > t∗ il problema non e piu lo stesso: ora P e libero !

c) Punto vincolato ad una curva liscia γ. Ora il problema ha un grado di liberta: sia s l’ascissa

curvilinea di P su γ. Considerata la terna di versori t, n e b intrinseca a γ, essendo la

reazione vincolare normale a γ, si ha Φ = Φnn + Φbb. Posto F = Ftt + Fnn + Fbb,

l’equazione di Newton, proiettata su t, n e b fornisce le seguenti tre equazioni scalari:

ms = Ft(s, s, t) (5.10)

ms2

ρc= Fn(s, s, t) + Φn (5.11)

0 = Fb(s, s, t) + Φb . (5.12)

L’equazione (5.10), non contenendo le reazioni vincolari scalari Φn e Φb, costituisce l’equazi-

one differenziale del moto. Associando ad essa le condizioni iniziali s0 = s(t0), v0 = s(t0),

si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce il moto di P, cioe la legge oraria

s= s(t).

Le equazioni (5.11) e (5.12), nota s(t), forniscono Φ(t).

108

Page 114: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.5 Equilibrio di un punto libero o vincolato senza attrito

Definizione Si dice che P0 e posizione d’equilibrio per il punto P , se P , posto in quiete

in P0 all’istante t0, vi rimane per ogni t > t0.

Osserviamo subito che dire che P0 e posizione d’equilibrio di P equivale ad affermare che

l’equazione del moto di P ammette la soluzione costante (o stazionaria) P (t) ´ P0.

Chiediamoci ora quanto segue: posto il punto P in una generica posizione P0 con velocita

v0 = 0, cosa fa P ?

Teorema (noto come legge del “moto incipiente”).

Se R(P0)6= 0 il punto si mette in moto nella direzione e verso di R(P0).

Questo teorema, che non dimostriamo, dice che un punto in quiete in un dato istante

si mette in moto concordemente con la forza risultante agente su di esso in quell’istante

(purche non nulla).

Teorema C.N.S. perche P0 sia posizione d’equilibrio per un punto P libero o soggetto a

vincolo liscio e che si abbia

R(P0) = F (P0) + Φ(P0) = 0 . (5.13)

Dimostrazione.

C.N. Sia P0 posizione d’equilibrio per P . Dunque, posto P in P0 con velocita v0 nulla,

vi rimane. Di conseguenza, si ha v(t) ´ 0 per t > t0, e quindi anche a(t) ´ 0. L’equazione

di Newton comporta allora R(P0) = 0, o equivalentemente, F (P0) + Φ(P0) = 0.

C.S. Sia R(P0) = 0. Per sapere se P , posto in P0 all’istante t0 con velocita nulla, vi

rimane, andiamo a studiare il relativo problema di Cauchy. Se esso ammette la soluzione

costante P (t) ´ P0, essendo questa unica in virtu del fatto che il punto e libero oppure

soggetto a vincolo liscio, avremo dimostrato che il punto rimane in P per ogni t > t0.

Il problema di Cauchy (5.3) ora e il seguente:

ma = R(P )

P (t0) = P0

v(t0) = 0.

(5.14)

Chiaramente, essendo R(P0) = 0, P (t) = P0 e soluzione.

Commento: Questo teorema e molto importante in quanto dice che le posizioni d’equilibrio

di un punto P libero o soggetto a vincolo liscio sono date da tutte e sole le soluzioni P0 dell’equazione

F (P ) + Φ(P ) = 0 .

109

Page 115: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.6 Possibili casi di equilibrio di un punto

L’equazione vettoriale (5.13) e sempre equivalente a tre equazioni scalari in tre incognite

scalari : gli n parametri che determinano la posizione di P , n · 3, e le (3¡n) componenti

della reazione vincolare. Esaminiamo il problema dell’equilibrio di un punto in alcuni casi

specifici, gia studiati, per quanto concerne il moto, nei paragrafi (5.3) e (5.4). Teniamo

presente che ora, dovendoci occupare d’equilibrio, le forze sono posizionali.

a) Punto libero. In questo caso l’equazione (5.13) proiettata sugli assi fornisce il seguente

sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e z :

Fx(x, y, z) = 0

Fy(x, y, z) = 0

Fz(x, y, z) = 0.

(5.15)

Tutte e sole le soluzioni (x∗, y∗, z∗) di questo sistema costituiscono le posizioni d’equilibrio

del punto P .

Se il punto non e libero, ma e soggetto a vincoli unilaterali (per esempio un punto in una

stanza), allora sono posizioni d’equilibrio solo le soluzioni che appartengono al dominio

di variabilita delle coordinate. Naturalmente, ad esse vanno poi aggiunte eventuali altre

posizioni d’equilibrio di confine.

b) Punto vincolato ad un piano liscio. L’equazione (5.13) proiettata sui versori i, j e k

fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e Φ:

Fx(x, y) = 0

Fy(x, y) = 0

Fz(x, y) + Φ = 0 .

(5.16)

Chiaramente, mentre le prime due equazioni forniscono le posizioni d’equilibrio (x∗, y∗), la

terza equazione fornisce la reazione vincolare Φ. Sottolineiamo il fatto che Φ va calcolata

in ciascuna posizione d’equilibrio (ovviamente dopo che queste sono state determinate).

c) Punto appoggiato ad un piano liscio. Il sistema che fornisce l’equilibrio del punto e

ancora (5.16), pero con l’aggiunta della condizione Φ ¸ 0, condizione che assicura che il

punto non sia distaccato dal piano. Cio implica che fra tutte le soluzioni (x∗, y∗) del sistema

costituito dalle prime due equazioni di (5.16), soltanto quelle per le quali Fz(x∗, y∗) · 0

rappresentano posizioni d’equilibrio. Se fosse Fz(x∗, y∗) > 0 il punto si solleverebbe dal

piano.

110

Page 116: Lezioni Di Meccanica Razionale A

d) Punto vincolato ad una curva liscia. L’equazione (5.13) proiettata sui versori della

terna intrinseca t, n e b da le tre seguenti equazioni scalari nelle incognite s, Φn e Φb :

Ft(s) = 0

Fn(s) + Φn = 0

Fb(s) + Φb = 0

La prima equazione fornisce le posizioni d’equilibrio s∗, la seconda e la terza equazione

forniscono la reazione vincolare Φ in corrispondenza di ogni posizione d’equilibrio.

e) Punto fisso. In questo caso non ci sono posizioni d’equilibrio da calcolare. L’equazione

(5.13) permette tuttavia il calcolo della reazione vincolare. Se il punto e fissato in P0 di

coordinate (x0, y0, z0), posto Φ = Φxi+Φyj +Φzk, si ha il sistema

Fx(x0, y0, z0) + Φx = 0

Fy(x0, y0, z0) + Φy = 0

Fz(x0, y0, z0) + Φz = 0,

di immediata soluzione rispetto alle incognite Φx, Φy e Φz.

5.7 Punto vincolato con attrito: relazioni di Coulomb

Consideriamo un punto soggetto ad un vincolo con attrito. Ora, differentemente dal caso di

vincolo liscio, la reazione vincolare Φ ha anche una componente tangente al vincolo. Il

vettore Φ puo dunque scriversi come Φ = Φt + Φn, cioe come somma di due componenti

l’una tangente al vincolo e l’altra normale. L’esperienza ha portato Coulomb a formulare

due relazioni, una valida in statica, l’altra in dinamica, che legano Φt a Φn.

Relazione statica:

jΦtj · fsjΦnj (5.17)

Relazione dinamica:

Φt = ¡fdjΦnjv

jvj(se v 6= 0) (5.18)

I coefficienti fs e fd, che sono detti coefficienti d’attrito statico e d’attrito dinamico, sono legati

dalla relazione fd · fs e dipendono dalla natura del punto materiale e del vincolo.

Le relazioni (5.17) e (5.18) vanno aggiunte rispettivamente all’equazione dell’equilibrio (5.13) o

all’equazione di Newton a seconda che si voglia determinare l’equilibrio o il moto del punto. Os-

serviamo che mentre la relazione statica fornisce semplicemente una disuguaglianza fra i

111

Page 117: Lezioni Di Meccanica Razionale A

moduli delle due componenti, la relazione dinamica non solo lega il modulo di Φt a quello

di Φn, ma ne fornisce la direzione (quella della velocita) ed il verso (opposto a quello in

cui il punto si muove). La diseguaglianza (5.17) porta, in generale, ad infinite posizioni

d’equilibrio. Fra queste ci sono ovviamente quelle che si avrebbero se il vincolo fosse liscio.

5.8 Oscillazioni libere

Uno tra i comportamenti temporali piu significativi che un sistema fisico puo esibire e

quello che comporta delle oscillazioni. Questo fenomeno puo nascere sotto forma di vi-

brazioni meccaniche, fluttuazioni di carica elettrica sulle armature di un condensatore in

un circuito elettrico, il moto in cima ad una colonna di fluido nel tubo di un manometro,

ed in molti altri modi. Tuttavia, per rimanere in argomento con la dinamica del punto,

consideriamo un punto materiale (P,m) vincolato a muoversi su una retta liscia, che as-

sumiamo come asse Ox. In ogni caso il punto e soggetto ad una forza elastica (P,¡k2xi).

Puo poi essere soggetto anche ad una forza viscosa (P,¡2mpxi), con p > 0, e ad una forza

periodica di tipo sinusoidale (P,N cos(Ωt+ α)) i. A delle forze agenti su P , si parla di

a) oscillazioni libere non smorzate, se su P agisce solo la forza elastica;

b) oscillazioni libere smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza viscosa;

c) oscillazioni forzate non smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza periodica;

d) oscillazioni forzate smorzate, se su P agiscono tutte tre le forze.

Esaminiamo da vicino i due casi di oscillazioni libere.

Oscillazioni libere non smorzate

L’equazione del moto di P e la seguente:

mx = ¡k2x .

Posto ω2=k2

m, questa equazione differenziale del 2 ordine, lineare, omogenea, a coefficienti

costanti, si puo riscrivere nella forma

x+ ω2x = 0 . (5.19)

Abbiamo cosı ritrovato l’equazione differenziale (3.18) che, come gia sappiamo, e carat-

teristica dei moti oscillatori armonici. L’Analisi Matematica insegna che il suo integrale

generale e dato da

x(t) = C cos(ωt+ γ) , (5.20)

che rappresenta appunto un moto oscillatorio armonico di ampiezza C e di fase iniziale γ.

Le costanti C e γ si determinano imponendo le condizioni iniziali x0 = x(0) e v0 = x(0),

112

Page 118: Lezioni Di Meccanica Razionale A

il che porta al sistema seguente:

x0 = C cos γ

v0 = ¡ω C sin γ .

Risolvendolo si ottiene

C =

√x20 +

v20ω2

, γ =

arctan(¡

v0ω x0

)se x0 > 0

arctan(¡

v0ω x0

)+ π se x0 < 0

¡π

2se x0 = 0 e v0 > 0

2se x0 = 0 e v0 < 0 .

(5.21)

Oscillazioni libere smorzate.

In questo caso, l’equazione di Newton per il punto P , proiettata sull’asse x, fornisce

l’equazione scalare

mx = ¡k2x¡ 2mpx . (5.22)

Posto, come prima, ω2=k2

m, questa equazione differenziale, anch’essa del 2 ordine, lineare,

omogenea, a coefficienti costanti, si puo riscrivere nella forma

x+ 2px+ ω2x = 0 . (5.23)

Il suo integrale generale puo assumere tre diverse forme a seconda del segno del discrimi-

nante ∆ = p2 ¡ ω2 dell’equazione caratteristica associata:

λ2 + 2pλ+ ω2 = 0 . (5.24)

Distinguiamo dunque i tre casi, e per ciascuno di essi diamo l’integrale generale e i valori

delle costanti C e γ in funzione delle condizioni iniziali.

a) Caso p2 > ω2. Le radici λ1 = ¡p ¡√

p2 ¡ ω2 e λ2 = ¡p +√

p2 ¡ ω2 di (5.23) sono

reali ed entrambe negative. Di conseguenza, posto β1 = ¡λ1 e β2 = ¡λ2 si ha

x(t) = C1e−β1t +C2e

−β2t , (5.25)

che rappresenta l’equazione oraria di un moto aperiodico smorzato. Le costanti C1 e C2

si determinano risolvendo il sistema

C1 + C2 = x0

¡β1C1 ¡ β2C2 = v0 ,

113

Page 119: Lezioni Di Meccanica Razionale A

che fornisce

C1 =β2x0 + v0β2 ¡ β1

, C2 =β1x0 + v0β1 ¡ β2

.

b) Caso p2 = ω2. Le radici di (5.24) sono λ1 = λ2 = ¡p, per cui

x(t) =(C1 + C2t

)e−pt , (5.26)

che rappresenta l’equazione di un moto aperiodico con smorzamento critico. Imponendo

le condizioni iniziali si ottiene immediatamente

C1 = x0 , C2 = px0 + v0 .

c) Caso p2 < ω2. Le radici di (5.24) sono complesse coniugate e valgono λ1 = ¡p¡iq, λ2 =

¡p+ iq, con q =√

ω2 ¡ p2. Cio porta all’integrale generale seguente :

x(t) = Ce−pt cos(qt+ γ) , (5.27)

che costituisce l’equazione di un moto oscillatorio smorzato. Le costanti C e γ sono le

soluzioni del sistema C cos γ = x0

¡pC cos γ ¡ qC sin γ = v0 ,

da cui, se x0 > 0,

C =

√x20 +

(v0 + px0q

)2, γ = arctan

v0 + px0qx0

).

Osservazioni :

— Nei casi a) e b) l’uso del termine “oscillazioni” per descrivere i moti associati alle soluzioni

dell’equazione (5.23) e improprio in quanto il moto non e oscillatorio.

— Caratteristica comune delle oscillazioni libere smorzate e il fatto che asintoticamente

esse tendono a “smorzarsi”, vale a dire

limt→∞ x(t) = 0.

— Un punto materiale che si muove su una retta liscia sotto la sola azione di una forza

elastica e spesso detto oscillatore armonico. Un oscillatore armonico ha la notevole

proprieta di esibire solo moti periodici aventi tutti lo stesso periodo indipendentemente

dalla loro ampiezza (proprieta dell’isocronismo, caratteristica delle piccole oscillazioni del

pendolo semplice, che vedremo piu innanzi).

— Se il punto e soggetto anche ad una forza viscosa, allora si parla di oscillatore armonico

smorzato.

114

Page 120: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.9 Quantita di moto ed energia cinetica di un punto

Definizione Si definisce quantita di moto del punto materiale (P,m) rispetto ad un dato

sistema di riferimento il vettore

Q = mv .

Nell’ipotesi di massa costante, siccome ma =d(mv)

dt=

dQ

dt, l’equazione di Newton puo

essere cosı riscritta:dQ

dt= F +Φ. (5.28)

Questa equazione, a cui ci si riferisce come all’equazione della quantita di moto, vale pero

anche nel caso di massa variabile. Concettualmente essa e molto diversa dalla legge di

Newton: infatti, mentre quest’ultima esprime il legame tra forze e variazione istantanea

di velocita, la (5.28) lega le forze alla variazione istantanea della quantita di moto. Molti

autori interpretano la legge di Newton come caso particolare dell’equazione della quantita

di moto, ma qui si preferisce non entrare in disquisizioni circa quale delle due venga prima.

Definizione Si definisce energia cinetica di un punto materiale (P,m) rispetto ad un dato

sistema di riferimento Oxyz la grandezza scalare

T =1

2mv2 =

1

2ms2 . (5.29)

Ovviamente v e la velocita di P rispetto all’osservatore Oxyz.

L’energia cinetica T , che non e mai negativa, puo essere scritta immediatamente anche

usando le coordinate cartesiane:

T =1

2m(x2 + y2 + z2) .

5.10 Teoremi delle forze vive e di conservazione dell’energia

Teorema delle forze vive (o dell’energia cinetica): Il lavoro infinitesimo (o finito) compiuto

da tutte le forze applicate ad un punto e uguale alla variazione infinitesima (o finita) di

energia cinetica.

Sia dL ´ dL+ dρ il lavoro infinitesimo di tutte le forze applicate al punto, sia attive che

vincolari. Dimostriamo che

dL = dT . (5.30)Si ha infatti

dL = F ¢ dP +Φ ¢ dP = R ¢ dP = ma ¢ dP = mdv

dt¢ v dt = m

(dv

dt¢ v)dt =

= md

dt

(v2

2

)dt =

d(12mv2

)

dtdt = d

(12mv2

)= dT .

115

Page 121: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Consideriamo ora uno spostamento di P finito relativo ad un intervallo di tempo (t0, t). Il

lavoro finito L si ottiene integrando la (5.30) sull’intervallo suddetto. Si ha quindi

L = (γ)

∫ P (t)

P (t0)

dL =

∫ t

t0

dT ,

ossia, essendo dT il differenziale della funzione T (t), posto T =T (t) e T0 =T (t0),

L = T ¡ T0 , (5.31)

col che il teorema e dimostrato.

Definizione Si chiama energia potenziale di un punto materiale soggetto ad una forza

attiva (risultante) conservativa la funzione

V (x, y, z) = ¡U(x, y, z) .

Definizione Si chiama energia meccanica totale di un punto materiale soggetto ad una forza

attiva (risultante) conservativa la somma dell’energia cinetica T e dell’energia potenziale

V .

Vale il seguente importantissimo

Teorema di conservazione dell’energia L’energia meccanica totale di un punto materiale

libero, oppure vincolato con vincolo scleronomo liscio, soggetto ad una forza attiva (risul-

tante) conservativa, rimane costante durante il moto, ossia

T ¡ U = T + V = E . (5.32)

Dimostrazione. Sia U(P ) il potenziale delle forze applicate al punto P . Osserviamo che

dL = R ¢ dP = F ¢ dP +Φ ¢ dP = dL+ dρ = dL ,

in quanto il lavoro dρ della reazione vincolare, se c’e, e nullo (come si e visto alla fine

del precedente capitolo nel caso di vincoli scleronomi perfetti). In virtu della (5.30) si ha

quindi dL = dT e, grazie al fatto che la forza attiva applicata a P e conservativa, si ha

anche dL = dU . Ne consegue percio

dT = dU , ossia d(T ¡ U) = 0 ,

e quindi, integrando, T ¡ U = cost = E .

La costante E e determinata dalle condizioni iniziali:

E = T0 ¡ U0 , T0 =1

2mv20 , U0 = U(P0) . (5.33)

Osservato che questo teorema giustifica il nome di forze “conservative”, sottolineiamo il

fatto che la relazione (5.32), poiche esprime un legame fra le funzioni x(t), y(t), z(t) e le

116

Page 122: Lezioni Di Meccanica Razionale A

loro derivate x(t), y(t), z(t), costituisce un’equazione differenziale del I ordine. Avendo le

stesse incognite di una equazione del moto, se ci fara comodo, potremo utilizzarla al posto

di una delle equazioni del moto. Ritorneremo sull’argomento un po’ piu avanti quando si

parlera degli integrali primi.

Se alcune delle forze applicate al punto fanno si che la forza risultante non sia conservativa,

allora indicando con Lr il lavoro finito compiuto da tali forze, si ha

(T + V )¡ (T0 + V0) = Lr . (5.34)

Se Lr < 0, le forze si ”oppongono” al moto e per questo sono dette resistenti. Pertanto, in

questo caso, la (5.34) equivale ad affermare che se un punto e soggetto a forze resistenti,

durante il moto la sua energia meccanica totale diminuisce di una quantita uguale a quella

dissipata da tali forze.

5.11 Momento della quantita di moto di un punto

Definizione Si chiama momento della quantita di moto (o momento angolare) di un punto P

di massa m rispetto al polo O1 (e ad un dato osservatore Oxyz) il vettore

K(O1) = mv £ (O1 ¡ P ) , (5.35)

essendo v la velocita di P rispetto ad Oxyz.

Se O1 ´ O la forma cartesiana di K(O) e la seguente:

K(O) = m(xi+ yj + zk)£ (¡xi¡ yj ¡ zk) =

= m(yz ¡ yz)i+m(zx¡ zx)j +m(xy ¡ xy)k . (5.36)

Vale il seguente

Teorema Se il polo O1 e fisso rispetto ad Oxyz, si ha

dK(O1)

dt= Ω(O1) + Ψ(O1) , (5.37)

con Ω(O1) e Ψ(O1) momento risultante rispetto ad O1 rispettivamente delle forze attive

e delle reazioni vincolari agenti su P .

Dimostrazione :

dK(O1)

dt=

d

dt

(mv £ (O1 ¡ P )

)= ma£ (O1 ¡ P ) +mv £

(dO1dt

¡dP

dt

),

e ricordando la legge di Newton, ed essendo O1 fisso e v ´ dPdt,

dK(O1)

dt= (F +Φ)£ (O1 ¡ P ) = Ω(O1) + Ψ(O1) .

117

Page 123: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.12 Integrali primi del moto di un punto

Definizione Si definisce integrale primo del moto del punto P una funzione ϕ delle sue

coordinate x, y, z, delle componenti x, y, z della sua velocita, e del tempo t, che rimane

costante durante il moto. In altre parole, in ogni istante t si ha

ϕ[x(t), y(t), z(t), x(t), y(t), z(t), t

]= C , (5.38)

dove C e una costante, x(t), y(t), z(t) sono le leggi del moto di P e x(t), y(t), z(t) le

corrispondenti derivate. La costante C si determina attraverso le condizioni iniziali.

Un integrale primo del moto e a tutti gli effetti equivalente ad una equazione del moto,

col vantaggio di essere un’equazione differenziale del I ordine anziche del II. Per questa

ragione gli integrali primi, quando esistono, possono tornare molto utili ai fini dello studio

del moto.

Vediamo due esempi significativi di integrali primi collegati con le nozioni di energia totale,

di quantita di moto e momento della quantita di moto introdotte in precedenza.

a) Integrale primo dell’energia. La relazione (5.32), che esprime la conservazione dell’e-

nergia totale per un punto, fornisce l’integrale primo

1

2m(x2 + y2 + z2) + V (x, y, z) = E .

b) Integrali primi assiali. Si ottengono dall’equazione della quantita di moto (5.20) quando

il vettore risultante di tutte le forze applicate al punto ha componente sempre nulla lungo

uno degli assi. Per esempio,

(F +Φ) ¢ i = 0 )dQ

dt¢ i = 0 )

dQxdt

= 0 ,

per cui

Qx = Cx , vale a dire mx = Cx = mv0x .

In questo caso si puo parlare di conservazione della quantita di moto lungo l’asse x.

Analogamente Q puo conservarsi lungo gli assi y oppure z. In tali casi si avrebbe

my = Cy = mv0y oppure mz = Cz = mv0z .

118

Page 124: Lezioni Di Meccanica Razionale A

5.13 Pendolo semplice

Definizione Si chiama pendolo semplice o ideale o matematico un punto materiale, soggetto

solo al peso, vincolato senza attrito ad una circonferenza non orizzontale.

Indicato con π il piano della circonferenza e con α l’angolo che π forma col piano oriz-

zontale, assumiamo come sistema di riferimento il sistema Cxyz, con C centro della cir-

conferenza, Ck normale a π ed orientato verso l’alto, Ci e Cj paralleli alle rette di π

rispettivamente orizzontali e con la massima pendenza (anche j orientato verso l’alto).

Assumiamo poi come parametro l’angolo θ = OCP , levogiro rispetto a k (O punto piu

basso della circonferenza).

Volendo scrivere l’equazione di Newton ma = mg+Φ rispetto alla terna intrinseca t, n, b,

b ´ k, scriviamo il peso prima rispetto a Cxyz e poi rispetto alla terna intrinseca.

mg = ¡mg sinα j ¡mg cosα k = ¡mg sinα sin θt¡mg sinα cos θn¡mg cosα k .

Pertanto, indicato con ℓ il raggio della circonferenza e tenuto conto che Φ e normale al

vincolo, l’equazione di Newton, proiettata su t, n e k, fornisce le tre equazioni scalari

seguenti:

mℓ θ = ¡mg sinα sin θ (5.39)

mℓ θ2 = ¡mg sinα cos θ +Φn .

0 = ¡mg cosα+Φb

L’equazione (5.39) costituisce l’equazione del moto. Associandole le condizioni iniziali si

ottiene il problema di Cauchy relativo al moto del pendolo semplice:

θ + ω2 sin θ = 0

θ(0) = θ0

θ(0) = θ0 ,

(5.40)

119

Page 125: Lezioni Di Meccanica Razionale A

dove si e posto

ω2 =g sinα

ℓ. (5.41)

Osservazione: 0 < α · π2 . Se fosse α = 0, la circonferenza sarebbe orizzontale ed il moto

sarebbe uniforme (θ = costante), per cui non avremmo piu un “pendolo”.

Lo studio delle soluzioni del problema di Cauchy (5.40) risulta alquanto complicato in

quanto esse non sono esprimibili in termini di funzioni elementari. Per via analitica sono

facilmente studiabili solo dei particolari moti approssimati detti piccole oscillazioni, ossia

dei moti tali che il punto si mantenga sempre cosı vicino alla posizione θ =0 per cui siano

lecite le approssimazioni

sin θ ' θ , cos θ ' 1 . (5.42)

Osserviamo che la posizione θ =0 non e una posizione qualunque, ma rappresenta una

delle due posizioni d’equilibrio del pendolo. Infatti, l’equazione che fornisce le posizioni

d’equilibrio, che si ottiene semplicemente uguagliando a zero il secondo membro di (5.39),

e data da

¡mg sinα sin θ = 0 ,

da cui le due posizioni d’equilibrio θ1 =0 e θ2 = π. Ma non e tutto: θ1 e posizione d’e-

quilibrio stabile, mentre θ2 e posizione d’equilibrio instabile. Piu innanzi si vedra cosa

questo significhi da un punto di vista matematico. Fisicamente, nel caso di una posizione

d’equilibrio stabile le forze tendono a far rimanere il punto in un intorno di tale posizione,

mentre nel caso di una instabile le forze tendono ad allontanarlo.

Dunque, nell’ipotesi di piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio stabile θ = 0,

l’equazione del moto, “linearizzata” apportando la prima delle approssimazioni (5.42),

diventa

θ + ω2θ = 0 ,

il cui integrale generale e dato, come abbiamo visto nel x5.8, da

θ(t) = C cos(ωt+ γ) .

Le costanti C (ampiezza) e γ (fase iniziale), determinate imponendo le condizioni iniziali,

sono date, come abbiamo visto, dalle (5.21) (ovviamente con θ0 e θ0 al posto rispettiva-

mente di x0 e v0).

Abbiamo dunque trovato che il punto, spostato di “poco” dalla posizione di equilibrio

stabile θ =0 e con una velocita “sufficientemente piccola”, descrive delle oscillazioni perio-

diche di ampiezza C intorno a tale posizione. Il periodo di queste oscillazioni, ricordando

120

Page 126: Lezioni Di Meccanica Razionale A

la posizione (5.41), vale

T =2π

ω= 2π

√ℓ

g sinα. (5.43)

Osserviamo che T non dipende dall’ampiezza C. Questo fatto, che si esprime dicendo che

le piccole oscillazioni del pendolo sono isocrone, fu osservato per la prima volta da Galileo

ed e noto come legge dell’isocronismo del pendolo.

I moti generici del pendolo semplice possono essere studiati qualitativamente mediante il

teorema di Weierstrass, che in questo corso non trattiamo. Ci limitiamo solo a riportare i

risultati di un tale studio.

Il tipo di moto del pendolo semplice dipende dalle condizioni iniziali. Piu precisamente,

dipende dal valore E dell’energia meccanica totale e dal suo rapporto con il valore massimo

Vmax dell’energia potenziale. Prescindendo dai possibili casi di quiete, si hanno i tre casi

seguenti:

a) E > Vmax : il punto si muove sulla circonferenza sempre nello stesso verso con velocita

che non si annulla mai. Per questa ragione spesso si parla di moto rivolutivo.

b) E = Vmax : il moto e asintotico verso la posizione (d’equilibrio instabile) θ = π.

c) E < Vmax : il moto e periodico.

Si puo dimostrare che il potenziale del pendolo semplice vale

U(θ) = ¡mgl sinα(1¡ cos θ) (5.44)

dove la costante arbitraria U∗ e stata posta uguale a ¡mgl sinα in modo che U(0) = 0.

Da (5.44) e facile verificare che Vmax = ¡U(π) = 2mgl sinα.

5.14 Moto ed equilibrio relativo

Ci occupiamo ora di un argomento estremamente importante della Meccanica, argomento

che va sotto il nome di Meccanica relativa del punto.

Il problema da risolvere e il seguente: determinare il moto di un punto materiale (P,m)

rispetto ad un osservatore O1x1y1z1, in moto rispetto ad un osservatore fisso Oxyz, noto

il moto di O1x1y1z1 rispetto ad Oxyz, nota la forza attiva agente su P rispetto ad Oxyz, e

note le condizioni iniziali di P rispetto ad uno dei due osservatori. Nel seguito ci riferiremo

a un problema di questo tipo come ad un problema di moto relativo del punto P .

121

Page 127: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Si puo dimostrare (cosa che omettiamo) il seguente:

Teorema La legge di Newton vale qualunque sia l’osservatore.

Come si ricordera, la validita della legge di Newton e stata postulata per i sistemi di

riferimento inerziali. Questo teorema estende la sua validita a tutti i sistemi di riferimento.

Ne consegue che se O1x1y1z1 e un riferimento non inerziale, potremo sempre scrivere

ma1 = R1 , (5.45)

con R1, vettore risultante di tutte le forze agenti su P rispetto ad (O1), che e conveniente

scrivere come

R1 = F 1 +Φ1 ,

separando cosı le forze attive e le reazioni vincolari. Ora, mentre e chiaro che Φ1 = Φ

in quanto le reazioni vincolari sono forze dovute a corpi e quindi assolute, non sappiamo

quanto vale il vettore risultante F 1 delle forze attive agenti su P rispetto ad (O1). Ma

F 1 e facilmente deducibile. Infatti, scritta l’equazione di Newton rispetto all’osservatore

assoluto,

ma = F +Φ ,

sfruttando il teorema di composizione delle accelerazioni, vi sostituiamo a con a1+aτ+ac.

Otteniamo cosı l’equazione

m(a1 + aτ + ac) = F +Φ ,

ossia,

ma1 = F ¡maτ ¡mac +Φ . (5.46)

Confrontando ora con

ma1 = F 1 +Φ1 ,

e tenendo conto che Φ = Φ1, si ha

F 1 = F ¡maτ ¡mac . (5.47)

Ebbene, posto F τ = ¡maτ e F c = ¡mac, le forze (P,F τ ) e (P,F c) si chiamano rispe-

tivamente forza di trascinamento e forza di Coriolis. Si puo dunque affermare che

la forza attiva risultante rispetto al sistema (O1) vale la forza attiva risultante rispetto al

sistema (O) piu le forze di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O1) rispetto ad

(O).

122

Page 128: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Il concetto di forza da noi adottato e un concetto “relativo”: la forza agente su

di un punto materiale dipende dall’osservatore. Esiste pero anche una concezione

“assoluta”, meno moderna (anche se adottata ancor oggi da molti autori di testi

di Meccanica), secondo la quale le forze sono dovute solo a corpi e sono caratte-

rizzate dal fatto di tendere a zero quando le reciproche distanze dei corpi tendono

all’infinito. In base a questa seconda concezione, poiche l’accelerazione a(P ) varia

con l’osservatore mentre F non cambia, la legge di Newton vale solo rispetto ad

un osservatore inerziale. Per studiare il moto rispetto ad un osservatore non iner-

ziale occorre ancora scrivere l’equazione (5.46), ma questa non e piu l’equazione

di Newton. I termini ¡maτ e ¡mac, di cui bisogna sempre tenere conto, non

sono piu dovuti a forze vere ma a forze fittizie, variabili con l’osservatore. Dunque,

nelle due concezioni cambia l’interpretazione dei simboli, ma le formule rimangono

inalterate.

Osserviamo che se l’osservatore fisso (O) e un osservatore inerziale, allora il vettore F nella

(5.47) e dovuto a tutte e sole le forze dovute a corpi, che sono le stesse per qualunque

osservatore. Se invece (O) e un osservatore non inerziale, F e il risultante, oltre che delle

forze dovute a corpi, anche di quelle di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di

(O) rispetto ad un osservatore inerziale. Dunque, e sempre conveniente assumere come

osservatore fisso un osservatore inerziale.

Ci si puo porre anche il problema dell’equilibrio relativo di P . Ovviamente in questo

caso il problema deve essere affrontato direttamente, imponendo che valga la condizione

necessaria e sufficiente

R1 = F 1 +Φ1 = 0 .

In virtu della (5.47) e tenendo conto che P in equilibrio rispetto ad (O1) significa v1 = 0,

e quindi ac = 2ω £ v1 = 0, e di conseguenza anche F c = 0, l’equazione dell’equilibrio

relativo e la seguente:

F +Φ¡maτ = 0 . (5.48)

Una considerazione importante e la seguente. Si supponga di dover determinare il moto

(o l’equilibrio) di un punto P (soggetto ad un dato sistema di forze attive dovute a corpi)

rispetto ad un assegnato sistema di riferimento (O) non inerziale. Ebbene, si tratta di un

problema di dinamica (o statica) relativa. Infatti, per ottenere il risultante F 1 delle forze

attive agenti su P rispetto ad (O), occorre considerare anche le forze di trascinamento e

di Coriolis dovute al moto di (O) rispetto ad un osservatore inerziale.

123

Page 129: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Il caso piu semplice, ma nondimeno significativo, di moto relativo si ha quando il sistema

relativo (O1) trasla.

In questo caso la forza di trascinamento agente sul punto materiale (P,m) ha vettore

F τ = ¡md2O1dt2

,

mentre la forza di Coriolis, essendo ω =0, e nulla.

Se si considera un sistema di N punti materiali (Ps,ms), allora le forze di trascinamento

costituiscono un sistema di forze parallele concordi (Ps,¡msa(O1)), e quindi con centro. E

facile verificare che tale centro coincide col baricentro. Di conseguenza, postoM =∑sms,

vale il seguente

Teorema Il sistema delle forze di trascinamento agenti su un sistema di punti rispetto ad

un riferimento (O1) traslante e equivalente ad un’unica forza di vettore F τ = ¡Ma(O1),

con asse centrale parallelo ad a(O1) e passante per G.

5.15 Forza centrifuga

Consideriamo ora la forza di trascinamento agente su di un punto P : (P,F τ = ¡maτ ).

Indichiamo con γτ la curva di trascinamento descritta da P , cioe la curva percorsa da P

pensato solidale con (O1). Indichiamo poi con sτ , ρcτ , tτ e nτ l’ascissa curvilinea, il raggio

di curvatura, il versore tangente e il versore normale associati alla posizione di P su γτ .

Possiamo quindi scrivere

F τ = ¡m(sτ tτ +

s2τρcτ

)= ¡msτ tτ ¡m

s2τρcτ

nτ .

La componente

F τc = ¡ms2τρcτ

nτ , (5.49)

si chiama forza centrifuga agente su P .

Caso particolare significativo. Consideriamo il caso in cui il sistema (O1) si muove rispetto

ad (O) di moto rotatorio attorno ad un asse fisso (A, a) con velocita angolare ω = ωa.

In tal caso la curva di trascinamento di un punto

P e una circonferenza di centro la sua proiezione

P0 sull’asse. Di conseguenza la componente nor-

male dell’accelerazione aτ vale ω2(P0¡P ), da cui

(5.50) F τc = mω2(P ¡ P0) .

124

Page 130: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Un esempio di forza centrifuga, e piu in generale, di problema di equilibrio relativo, e

gia stato visto quando si e definita la forza peso agente su un punto nel x4.19. Il peso

di un punto materiale, infatti, e la forza F 1 = F ¡ maτ che deve essere compensata

perche P sia in equilibrio rispetto ad un riferimento solidale con la terra. F e la forza

assoluta, cioe dovuta a corpi, e quindi e la risultante delle forze d’attrazione Newtoniana,

che approssimiamo considerando solo l’attrazione della terra. La forza di trascinamento

¡maτ , dovuta al moto della terra rispetto ad un sistema stellare (riferimento inerziale), e

invece approssimata dalla forza centrifuga agente su P per effetto della rotazione uniforme

della terra attorno al proprio asse, ed ha quindi l’espressione (5.50) con ω =2π

1gvelocita

angolare della terra.

Osservazione. L’unico caso in cui la forza centrifuga e nulla si ha quando il sistema (O1)

trasla di moto rettilineo.

125

Page 131: Lezioni Di Meccanica Razionale A

6. MECCANICA DEI SISTEMI

In questo ultimo e fondamentale capitolo tratteremo la Meccanica dei sistemi.

A tal fine supporremo che il sistema meccanico considerato sia costituito dai punti

Ps, s = 1, ..., N , e che su di esso agiscano i sistemi delle forze attive (Ps, F s),

con vettori caratteristici F e Ω(O) e delle reazioni vincolari (Ps,Φs), con vettori

caratteristici Φ e Ψ(O).

Se poi si vorra distinguere tra forze interne ed esterne, allora rappresenteremo le

forze attive esterne con (Ps, F es) e quelle interne con (Ps, F is), le reazioni vincolari

esterne con (Ps,Φes) e quelle interne con (Ps,Φis). I loro vettori risultanti saranno

indicati con F e, F i, Φe e Φi e i momenti risultanti con Ωe(O), Ωi(O), Ψe(O) e

Ψi(O), senza specificarne il polo quando non necessario.

Occorre pero avere ben presente che, essendo i sistemi delle forze attive e delle

reazioni vincolari interne equivalenti al sistema nullo, si ha

F = F e + F i = F e , Ω(O) = Ωe(O) + Ωi(O) = Ωe(O) ,

Φ = Φe +Φi = Φe , Ψ(O) = Ψe(O) + Ψi(O) = Ψe(O) .

6.1 Equilibrio di un sistema meccanico

Tra i possibili moti di un sistema meccanico ci puo anche essere ”l’equilibrio”, che ha

luogo quando il sistema rimane sempre fermo nella stessa configurazione C0 = q0. In

questo caso i parametri lagrangiani qi(t) si mantengono costanti (ovviamente qi(t) = q0i ),

e rappresentano una soluzione stazionaria delle equazioni differenziali del moto del sistema

(di cui parleremo piu innanzi).

Estendendo la definizione gia data per un punto (vedi x5.5), diamo la seguente

Definizione Dato un sistema meccanico qualunque, una configurazione C0 si dice d’equilibrio

per il sistema se esso, posto in quiete in C0 all’istante t0, vi rimane anche per ogni t > t0.

Spesso, anziche dire che il sistema e in quiete nella configurazione d’equilibrio C0, si dice

che esso e in equilibrio in C0.

Andiamo ora ad occuparci dei metodi che permettono di determinare le configurazioni

d’equilibrio dei sistemi meccanici e, se interessano, le relative reazioni vincolari. In altre

126

Page 132: Lezioni Di Meccanica Razionale A

parole, andiamo a trattare il capitolo della Meccanica che tradizionalmente va sotto il nome

di STATICA. I metodi che vedremo sono due: il metodo dei lavori virtuali e il metodo

delle equazioni cardinali. Nel caso di sistemi conservativi vedremo anche un terzo metodo,

il metodo del potenziale, molto pratico, ma utile solo per il calcolo delle configurazioni

d’equilibrio.

Nota bene: essendo in Statica, come supposto alla fine del x5.1, le forze sono assunte posi-

zionali.

6.2 Principio dei lavori virtuali

Vale il seguente importantissimo Principio dei lavori virtuali:

C.N.S. perche una configurazione C0 sia d’equilibrio per un sistema meccanico a vincoli

perfetti e che il lavoro virtuale delle forze attive sia negativo o nullo per ogni spostamento

virtuale del sistema a partire da C0, ossia

δL =

N∑

s=1

F s ¢ δPs · 0 , 8δC . (6.1)

Mentre la condizione necessaria puo facilmente essere dimostrata, la condizione sufficiente

e postulata. Dimostriamo dunque la necessaria.

Sia C0 = q0 ´ (q01 , q02 , ..., q

0n) una configurazione d’equilibrio del sistema. Cio significa che,

posto il sistema in quiete in C0 all’istante t0, vi rimane anche per t > t0. Di conseguenza

ciascun punto materiale Ps del sistema e in equilibrio per t ¸ t0, e quindi il sistema di

forze agenti su Ps e equivalente al sistema nullo. Si ha cioe

F s +Φs = 0 , s = 1, ..., N . (6.2)

Se si considera uno spostamento virtuale del sistema δC ´ (δP1, δP2, ..., δPN ), moltipli-

cando scalarmente (6.2) per δPs e sommando rispetto ad s, si ottiene

s

(F s +Φs

)¢ δPs = 0 .

Ma in virtu dell’ipotesi di vincolo perfetto vale la (4.43), ossia

δρ =N∑

s=1

Φs ¢ δPs ¸ 0 ,

e di conseguenza vale la (6.1).

127

Page 133: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osservazioni importanti.

a) La disuguaglianza (6.1), implica il segno di uguaglianza in corrispondenza ad ogni δC

invertibile. Di conseguenza, se C0 e di tipo interno, ogni δC e invertibile e quindi ogni δL e

nullo. Se invece C0 e di confine, allora δL e nullo per i δC invertibili e in generale negativo

per i δC non invertibili.

b) Nel caso di un corpo rigido la disuguaglianza (6.1), tenendo conto del fatto che il lavoro

virtuale delle forze attive ha un’espressione formalmente uguale alla (4.33), diventa:

δL = F e ¢ δO1 +Ωe(O1) ¢ aδθ · 0 , 8δC =(δO1, (O1, δθa)

). (6.3)

c) Il principio dei lavori virtuali costituisce uno strumento estremamente utile ai fini

del calcolo delle configurazioni d’equilibrio in quanto coinvolge solamente le forze attive.

Tuttavia esso permette anche il calcolo delle reazioni vincolari. A tal fine occorre :

— eliminare i vincoli, uno o piu alla volta, sostituendoli con le relative reazioni vincolari;

— riguardare le reazioni vincolari come forze attive, ed applicare il principio in corrispon-

denza di opportuni spostamenti virtuali, compatibili con i vincoli rimasti, che facciano

“lavorare” le reazioni;

— riscrivere la (6.1) tante volte fino ad ottenere un numero di equazioni (indipendenti) pari

al numero delle reazioni vincolari che si vogliono calcolare;

— risolvere infine il sistema di equazioni cosı ottenuto.

Gli esempi che riporteremo piu avanti chiariranno meglio il senso di queste affermazioni.

6.3 Configurazioni d’equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti

La prima utile applicazione del principio dei lavori virtuali e rivolta alla determinazione

delle configurazioni d’equilibrio, in particolare di quelle interne, di un sistema olonomo

a vincoli perfetti. A tal fine supponiamo, come al solito, che il sistema abbia n gradi di

liberta, con parametri lagrangiani qi. Ricordando l’espressione del lavoro virtuale delle

forze attive mediante le forze generalizzate di Lagrange, (6.1) diventa

δL =∑

k

Qkδqk · 0 , 8δC ´ (δq1, δq2, ..., δqn) . (6.4)

Determiniamo le configurazioni d’equilibrio interne. In questo caso ciascun δqk ammette

anche il suo opposto ¡δqk, e quindi ogni spostamento virtuale δC del sistema e invertibile.

Di conseguenza la (6.4) vale col segno di uguaglianza.

128

Page 134: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Essendo poi il sistema olonomo, i δqk sono indipendenti, e quindi si possono considerare

gli n spostamenti virtuali del tipo

δCk ´ (δq1 = 0, ..., δqk−1 = 0, δqk 6= 0, δqk+1 = 0, ..., δqn = 0) .

In corrispondenza dello spostamento δCk la (6.4) fornisce

Qkδqk = 0 , e quindi Qk = 0 .

Debbono quindi essere soddisfatte le n equazioni

Q1(q1, q2, ..., qn) = 0

Q2(q1, q2, ..., qn) = 0

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

Qn(q1, q2, ..., qn) = 0 .

(6.5)

Le configurazioni d’equilibrio interne del sistema meccanico sono tutte comprese fra le

soluzioni di questo sistema di n equazioni nelle n incognite qi. Si noti che eventuali

soluzioni rappresentanti configurazioni di confine sono pure d’equilibrio.

6.4 Equilibrio dei sistemi conservativi

Definizione Un sistema meccanico conservativo e un sistema olonomo, scleronomo, a vincoli

perfetti e soggetto ad un sistema conservativo di forze attive.

Teorema Le configurazioni d’equilibrio interne di un sistema meccanico conservativo

sono tutte e sole quelle nelle quali il potenziale U e stazionario.

Poiche il sistema delle forze attive e conservativo, esiste una funzione U = U(q1, q2, ..., qn),

che abbiamo chiamato potenziale, con la proprieta che

Qk =∂U

∂qk, k = 1, ..., n .

Di conseguenza il sistema (6.5), che vale in quanto il sistema meccanico e olonomo, scle-

ronomo e a vincoli perfetti, diventa

∂U

∂qk= 0, k = 1, ..., n . (6.6)

Ricordiamo che tra i punti di stazionarieta di una funzione ci sono i punti di minimo e di

massimo.

129

Page 135: Lezioni Di Meccanica Razionale A

A titolo di esempio consideriamo il pendolo semplice. Il potenziale e dato dalla (5.44):

U(θ) = ¡mgl sinα(1¡ cos θ), con 0 · θ < 2π. Le posizioni d’equilibrio θ∗i coincidono con

i punti di stazionarieta di U(θ), e quindi sono date dalle soluzioni dell’equazione

U ′(θ) = ¡mgl sinα sin θ = 0 .

Si ha dunque: θ∗1 = 0, θ∗2 = π .

6.5 Stabilita dell’equilibrio

In questo paragrafo introduciamo un nuovo importante concetto: quello di stabilita dell’e-

quilibrio.

Definizione Una configurazione d’equilibrio C0 si dice stabile se esiste un intorno di C0,

che indichiamo con I(C0), tale che il lavoro

∆L = (Γ)

∫ C

C0

dL = (Γ)

∫ C

C0

s

F s ¢ dPs

sia negativo qualunque C 2 I(C0), e qualunque sia la “traiettoria” Γ 2 I(C0) da C0 a C.

Invece, se ∆L > 0 8C e 8Γ appartenenti a I(C0) , C0 e detta di equilibrio instabile.

Inoltre, se ∆L = 0 8C e 8Γ appartenenti a I(C0) , C0 e detta di equilibrio indifferente.

Commento. Cosa significa affermare che ∆L e negativo per ogni spostamento da C0 ad

una qualunque configurazione C all’interno di un intorno di C0 ? Significa che il sistema

delle forze attive tende ad opporsi a che il sistema meccanico si allontani, in una qua-

lunque ”direzione”, da C0. Cio giustifica l’attributo ”stabile”. Al contrario, l’equilibrio e

”instabile” se il sistema delle forze agisce sempre a favore di un allontanamento del sistema

meccanico da C0.

Come esempi si considerino il pendolo semplice nel punto piu basso (equilibrio stabile) e

nel punto piu alto (equilibrio instabile), oppure un punto materiale, sempre soggetto al

solo peso, vincolato ad un piano orizzontale (equilibrio indifferente).

Cos’e un intorno I(C0) ? Dato un sistema meccanico, ed una sua configurazione interna

C0 = q0, un intorno I(C0) e, ad esempio, il seguente:

I(C0) ´ (q01 ¡ ǫ, q01 + ǫ)£ (q02 ¡ ǫ, q02 + ǫ)£ ¢ ¢ ¢ £ (q0n ¡ ǫ, q0n + ǫ) .

Naturalmente I(C0) e contenuto nello spazio n¡dimensionale delle configurazioni.

130

Page 136: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Sistemi meccanici conservativi

Nel caso di un sistema meccanico conservativo le definizioni appena date di equilibrio

stabile e instabile si collegano immediatamente al potenziale attraverso il seguente

Teorema (senza dimostrazione):

Una configurazione interna C0 e di equilibrio stabile per un sistema meccanico conservativo

se e solo se e un punto di massimo per il potenziale U , ed e di equilibrio instabile se e solo

se e un punto di minimo.

Sistemi meccanici conservativi con solo il peso

Se il sistema delle forze esterne e costituito dalle sole forze peso, il potenziale e dato dalla

(4.39), ossia

U = ¡MgzG + U∗ .

Da cio segue l’ovvio

Teorema di Torricelli : in un sistema meccanico conservativo con solo la forza peso le confi-

gurazioni d’equilibrio stabile si hanno quando zG e minima e quelle di equilibrio instabile

quando zG e massima.

Osserviamo che se il sistema meccanico ha n gradi di liberta con parametri lagrangiani qi,

allora zG = zG(q), e quindi il problema e ancora quello di determinare minimi e massimi

di una funzione ad n variabili. Ovviamente, se questa funzione non ha minimi, allora non

ci sono configurazioni d’equilibrio stabile, cosı come se non ci sono massimi, non ci sono

neppure configurazioni d’equilibrio instabile.

Un’applicazione immediata del teorema di Torricelli si ha nel caso del pendolo semplice.

zG, che ovviamente coincide con zP , e minima per θ = 0 e massima per θ = π. Di

conseguenza θ = 0 rappresenta la posizione d’equilibrio stabile e θ = π quella d’equilibrio

instabile.

Il principio dei lavori virtuali costituisce uno dei possibili strumenti utilizzabili per de-

terminare le configurazioni d’equilibrio e le relative reazioni vincolari di un qualunque

sistema meccanico, purche a vincoli perfetti. Attraverso una sua applicazione ai sistemi

olonomi, abbiamo poi visto che le configurazioni d’equilibrio interne di un sistema con-

servativo corrispondono ai punti di stazionarieta del potenziale, con l’importantissima

proprieta che nei punti di massimo l’equilibrio e stabile, mentre in quelli di minimo

l’equilibrio e instabile. A questi due strumenti, principio dei lavori virtuali e metodo

del potenziale, che abbiamo gia a disposizione, andiamo ora ad aggiungerne un terzo:

131

Page 137: Lezioni Di Meccanica Razionale A

le equazioni cardinali della statica. Procederemo ricavandole, anche se costituiscono un

caso particolare delle equazioni cardinali della Dinamica che ricaveremo piu innanzi. Il

ricavarle separatamente porta sı a qualche ripetizione e ad una leggera perdita di tempo,

pero permette una maggior chiarezza e una miglior organizzazione delle esercitazioni.

6.6 Equazioni cardinali della statica

Teorema Dato un sistema meccanico qualunque, condizione necessaria perche C0 sia

configurazione d’equilibrio e che

F e +Φe = 0

Ωe +Ψe = 0 .(6.7)

Dimostrazione

Sia C0 = q0 ´ (q01 , q02 , ..., q

0n) una configurazione d’equilibrio e

(Ps,Φs), s = 1, ..., N

un

sistema di reazioni vincolari che realizza i vincoli a cui il sistema meccanico e soggetto.

Poiche C0 e configurazione d’equilibrio, il sistema posto in C0 in quiete all’istante t0, vi

rimane anche per t > t0. Ne consegue che ciascun punto Ps del sistema materiale rimane

in equilibrio nella posizione che occupa all’istante t0. Di conseguenza deve essere

F es + F is +Φes +Φis = 0 , s = 1, . . . , N . (6.8)

Sommando su tutti i punti del sistema, risulta

N∑

s=1

(F es + F is +Φes +Φis

)= F e + F i +Φe +Φi = 0 ,

e tenendo conto del fatto che F i = Φi = 0 , si ottiene la prima delle (6.7).

Moltiplicando poi vettorialmente a destra ciascuna delle relazioni (6.8) per (O ¡ Ps), con

O punto qualunque, si ha(F es + F is +Φes +Φis

)£ (O ¡ Ps) = 0 , s = 1, . . . , N ,

e sommando quindi su tutti i punti, si ottiene

N∑

s=1

(F es + F is +Φes +Φis

)£ (O ¡ Ps) = Ωe(O) + Ωi(O) + Ψe(O) + Ψi(O) = 0 .

Poiche Ωi(O) = Ψi(O) = 0, segue

Ωe(O) + Ψe(O) = 0 ,

che grazie alla prima delle (6.7) e indipendente dal polo. Risulta cosı dimostrata anche la

necessarieta della seconda equazione cardinale della statica.

132

Page 138: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osservazioni

— Dalla dimostrazione appena fatta e evidente che il teorema vale anche scrivendo le

equazioni (6.7) per tutte le forze attive e le reazioni vincolari sia esterne che interne, ossia

F +Φ = 0

Ω +Ψ = 0 .(6.9)

Scrivere (6.7) anziche (6.9) ha il pregio di mettere in evidenza la irrelevanza, nelle equazioni

cardinali della statica, delle forze e delle reazioni vincolari interne. Piu avanti vedremo

che cio e vero anche per le equazioni cardinali della dinamica.

— Scrivendo (6.7) o (6.9) si e omesso il polo in quanto irrilevante. Infatti, in virtu della

relazione (4.15) e della prima delle equazioni (6.7) o (6.9), l’equazione dei momenti, se

verificata per un polo O, risulta verificata per qualunque altro polo O1.

Vale poi il seguente importantissimo teorema (che non dimostriamo):

Teorema Se il sistema materiale e un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni

(6.7) sono pure condizioni sufficienti perche una configurazione C0 sia d’equilibrio per il

sistema.

6.7 Problemi staticamente determinati

Le equazioni cardinali (6.7) rappresentano dunque delle condizioni necessarie e sufficienti

per l’equilibrio di un corpo rigido. Quali sono le incognite di queste equazioni ? Ebbene,

le incognite sono gli n parametri lagrangiani fqkg, che danno le configurazioni d’equilibrio,

e le reazioni vincolari.

In generale (cioe escludendo casi particolari quali i sistemi piani) le due equazioni vettoriali

(6.7) sono equivalenti a 6 equazioni scalari. Tale sistema e dunque risolubile, in generale,

solo quando anche le incognite sono esattamente 6.

L’esperienza dimostra tuttavia che dalle (6.7) e sempre possibile dedurre n equazioni che non

contengono le reazioni vincolari, per cui il problema dell’equilibrio (cioe il problema di determi-

nare le configurazioni d’equilibrio) e sempre risolubile. Ogni n—pla (q∗1 , q∗2 , ..., q

∗n) soluzione del

sistema rappresenta una configurazione d’equilibrio, purche le relative reazioni vincolari

siano compatibili con la natura dei vincoli. Il senso di questa ultima affermazione risultera

piu chiaro dagli esempi che seguono relativi a dei vincoli d’appoggio.

Supposto che i vincoli siano lisci, ogni reazione vincolare puo essere totalmente o parzial-

mente incognita. Se e totalmente incognita, essa comporta tre incognite scalari. Se si sa

133

Page 139: Lezioni Di Meccanica Razionale A

che la reazione vincolare sta in un piano, allora le incognite scalari sono due. Nel caso poi

che la direzione sia nota, allora l’incognita e una sola. In quest’ultimo caso puo essere noto

anche il verso: cio comporta che l’incognita soddisfi anche ad una disequazione. Dunque,

ogni reazione vincolare implica, a seconda del tipo di vincolo, da una a tre incognite sca-

lari. Il numero delle incognite dovute alle reazioni vincolari dipende dunque dal numero

dei vincoli e dalla loro natura.

Diremo che un problema di equilibrio per un corpo rigido e staticamente determinato se il

numero di reazioni vincolari scalari e 6¡n, il che e equivalente ad affermare che il numero

di reazioni vincolari e quello minimo sufficiente a rappresentare i vincoli a cui e soggetto

il corpo rigido. Se il numero delle reazioni vincolari e maggiore di 6¡n, allora il problema

e staticamente indeterminato, e non e possibile determinare tutte le reazioni vincolari. In

quest’ultimo caso si dice anche che il sistema meccanico e iperstatico.

Consideriamo ora il caso generale di un sistema meccanico qualunque ad n gradi di liberta,

composto di punti e di corpi rigidi. In tal caso applicando a ciascun punto l’equazione

dell’equilibrio (5.13) e a ciascun corpo rigido le equazioni (6.7) si scrive un sistema di m

equazioni. Ebbene, il problema sara staticamente determinato se il numero delle reazioni

vincolari scalari che compaiono nel sistema e esattamente m ¡ n. Cio sara verificato

ogni volta che il numero (ed il tipo) di reazioni vincolari introdotte e quello minimo

indispensabile a realizzare i vincoli del sistema. Sull’argomento dei sistemi composti si

tornera piu avanti con uno specifico paragrafo.

Andiamo ora a considerare un paio di esempi significativi di corpi rigidi diversamente

vincolati. Questi esempi, gia interessanti di per se stessi, potranno anche essere utili ai

fini di una miglior comprensione della teoria appena svolta.

I vincoli saranno supposti lisci. Ciascun corpo rigido sara supposto soggetto ad un dato

sistema di forze attive esterne (As, F s), s = 1, . . . , N , i cui vettori caratteristici saranno

denotati con F e e Ωe. Risolveremo il problema dell’equilibrio e della determinazione

delle reazioni vincolari (ovviamente nel caso di problema staticamente determinato)

sia con le equazioni cardinali che col principio del lavori virtuali. Nell’applicazione di

quest’ultimo faremo uso della condizione (6.3), tenendo conto che essa vale col segno

di uguale se δC e invertibile.

134

Page 140: Lezioni Di Meccanica Razionale A

6.8 Equilibrio di un corpo rigido con un asse fisso

Un corpo rigido con un asse fisso ha un unico grado

di liberta rappresentato dall’angolo θ di rotazione

del corpo. Assunto un riferimento Oxyz con Oz

coincidente con l’asse fisso, l’angolo θ puo essere

definito come l’angolo solido che un semipiano soli-

dale col corpo ed uscente dall’asse forma, per esem-

pio, con il semipiano fisso Oxz (x > 0).

Con le equazioni cardinali della statica

Supponiamo che l’asse sia stato fissato in due punti: Q1 ´ O ´ (0, 0, 0) (la scelta di O e

a nostra discrezione) e Q2 ´ (0, 0, h). Il sistema di reazioni vincolari esterne consta allora

delle reazioni (Q1,Φ1 = Φ1xi+Φ1yj+Φ1zk) e (Q2,Φ2 = Φ2xi+Φ2yj+Φ2zk). Osserviamo

che le reazioni vincolari, essendo applicate all’asse, hanno momento risultante normale

all’asse stesso. Infatti

Ψe(O) =

2∑

r=1

Φr £ (O ¡Qr) = Φ2 £ (O ¡Q2) =

= (Φ2xi+Φ2yj +Φ2zk)£ (¡hk) = ¡hΦ2yi+ hΦ2xj . (6.10)

Andiamo dunque a scrivere le 6 equazioni scalari che si ottengono proiettando sugli assi

le due equazioni (6.7). Posto

F e = Fexi+ Feyj + Fezk , Ωe(O) = Ωexi+Ωeyj +Ωezk ,

si ottiene

Fex +Φ1x +Φ2x = 0

Fey +Φ1y +Φ2y = 0

Fez +Φ1z +Φ2z = 0

Ωex ¡ hΦ2y = 0

Ωey + hΦ2x = 0

Ωez = 0 .

(6.11)

L’ultima equazione di questo sistema non contiene le reazioni vincolari. Poiche il pro-

blema ha un solo grado di liberta, si tratta dell’equazione che fornisce le configurazioni

d’equilibrio. Riscriviamola mettendone in evidenza l’incognita θ:

Ωez(θ) = 0 . (6.12)

135

Page 141: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Le configurazioni d’equilibrio del corpo rigido sono tante quante le soluzioni θ∗ di (6.12).

Ci proponiamo ora di determinare le reazioni vincolari nelle configurazioni d’equilibrio.

Cio e possibile se il problema e staticamente determinato, ossia se il numero delle rea-

zioni vincolari scalari e 5 (= 6 ¡ 1). Osserviamo subito che fissando due punti dell’asse

abbiamo 6 reazioni vincolari scalari da determinare, il che rende il problema staticamente

indeterminato. Cio e dovuto al fatto che per fissare un asse del corpo, non e necessario

fissarne due punti, ma basta fissarne uno e mettere un anello nell’altro, impedendo cosı

gli spostamenti normali all’asse.

Assumiamo dunque che in Q2 ci sia un anello. In questo caso, essendo Φ2 normale all’asse,

si ha Φ2 = Φ2xi+Φ2yj. Le prime cinque equazioni del sistema (6.11) diventano quindi:

Fex +Φ1x +Φ2x = 0

Fey +Φ1y +Φ2y = 0

Fez +Φ1z = 0

Ωex ¡ hΦ2y = 0

Ωey + hΦ2x = 0 ,

(6.13)

dove le componenti di F e e Ωe(O) sono calcolate nelle configurazioni d’equilibrio. Il sistema

(6.13) determina in modo univoco (ed immediato) le reazioni vincolari.

Con il principio dei lavori virtuali

Perche una configurazione C0 sia d’equilibrio occorre e basta che la condizione (6.3) sia

soddisfatta per qualunque δC.

Sia O1 un punto qualunque dell’asse fisso. Consideriamo l’unico spostamento consentito

dai vincoli (assieme al suo opposto), che consiste in una rotazione infinitesima attorno

all’asse fisso (O1, k) : (δO1 = 0 , (O1, δθk)

), con δθ 6= 0 .

Essendo tale rotazione invertibile, la (6.3) comporta

δL = Ωe(O1) ¢ kδθ = 0 , e quindi, essendo δθ 6= 0 , Ωez(θ) = 0 .

Si e dunque ritrovata l’equazione (6.12).

Poniamoci ora il problema di determinare le reazioni vincolari nelle configurazioni d’equi-

librio nel caso che il problema sia staticamente determinato, cioe nel caso dei due vincoli

seguenti: Q1 fissato e Q2 impedito tramite un anello nei suoi movimenti normali all’asse.

Come prima, sia h = Q1Q2.

136

Page 142: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Sopprimiamo dapprima solo il vincolo in Q2 e lo sostituiamo con la reazione vincolare

Φ2 = Φ2xi+Φ2yj, che riguardiamo come forza attiva. Ora il corpo rigido ha come unico

vincolo il punto fisso Q1. Sono dunque possibili le rotazioni (tutte invertibili) attorno ad

un qualunque asse (Q1, a). La (6.3) diventa percio

δL =(Ωe(Q1) + Φ2 £ (Q1 ¡Q2)

)¢ aδθ = 0 , 8a e 8δθ 6= 0 ,

e per l’arbitrarieta di a ne consegue

Ωe(Q1) + Φ2 £ (¡hk) = 0 .

Proiettando sugli assi x e y si ottengono le due ultime equazioni di (6.13), che forniscono

le componenti di Φ2.

Infine, per calcolare la reazione vincolare dovuta al vincolo in Q1, sopprimiamo anche

questo e lo sostituiamo con la forza di vettore Φ1 = Φ1xi+Φ1yj+Φ1zk. Il corpo ora e libero,

soggetto, oltre che al sistema di forze attive, anche a (Q1,Φ1) e (Q2,Φ2). Immaginiamo di

far compiere al corpo, prima una traslazione infinitesima parallela all’asse x, δO1 = δxi,

poi una parallela all’asse y, δO1 = δyj, ed infine una parallela all’asse z, δO1 = δzk.

Ovviamente si tratta di spostamenti invertibili, per cui in tutti tre i casi deve essere

δL = (F e +Φ1 +Φ2) ¢ δO1 = 0 .

Si riottengono cosı le tre prime equazioni di (6.13).

6.9 Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano

Consideriamo ora un corpo rigido C appoggiato in

un punto O1 ad un piano fisso Π liscio. Supposto

che la superficie σ del corpo sia regolare, il piano

tangente a σ in O1 coincide con Π. Si vuole stu-

diare l’equilibrio di C rispetto ad un sistema di ri-

ferimento Oxyz, con il piano Oxy coincidente con

Π e l’asse z orientato da Π verso C .

Il problema ha cinque gradi di liberta. Assumiamo come parametri lagrangiani le due

coordinate x e y di O1 su Π e i tre angoli di Eulero ψ, ϕ e θ di C , definiti mediante

un sistema solidale con origine in un punto O2 di C (ovviamente distinto dal punto di

contatto O1 che, in generale, varia).

Cio premesso, si abbia F e = Fexi+ Feyj + Fezk.

137

Page 143: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Con le equazioni cardinali della statica

La reazione vincolare (O1,Φ) ha come direzione quella della normale a Π. Trattandosi poi

di un vincolo di appoggio, il vettore Φ e diretto da Π verso C , ossia Φ = Φk, con Φ ¸ 0.

Andiamo a scrivere le equazioni cardinali. La prima implica F e = ¡Φ = ¡Φk, la seconda

Ωe(O1) = 0. Il sistema di equazioni scalari che forniscono le configurazioni d’equilibrio e

percio il seguente:

Fex(x, y, ψ, ϕ, θ) = 0

Fey(x, y, ψ, ϕ, θ) = 0

Ωex(x, y, ψ, ϕ, θ) = 0

Ωey(x, y, ψ, ϕ, θ) = 0

Ωez(x, y, ψ, ϕ, θ) = 0

(6.14)

La sesta equazione scalare comporta invece Φ = ¡Fez. Dovendo essere Φ ¸ 0, ne consegue

che le configurazioni d’equilibrio sono date dalle soluzioni (x∗, y∗, ψ∗, ϕ∗, θ∗) di (6.14) tali

che Fez(x∗, y∗, ψ∗, ϕ∗, θ∗) · 0. Soluzioni di (6.14) che non soddisfano questa condizione

non sono d’equilibrio: Φ < 0 implicherebbe che C si distacca dal piano Π.

Quanto trovato permette di formulare il seguente

Teorema C.N.S. affinche una configurazione C0 sia d’equilibrio per un corpo rigido C

appoggiato in un punto O1 ad un piano, e che il sistema delle forze attive esterne sia

equivalente ad un’unica forza passante per O1, normale al piano in O1 ed orientata da C

verso il piano, oppure al sistema nullo.

Con il principio dei lavori virtuali

Consideriamo dapprima una traslazione δO1 di C parallela al piano Π (che coincide con

Oxy), e quindi invertibile. In tal caso (6.3) diventa

δL = F e ¢ δO1 = 0 8δO1 k Π ,

e quindi deve essere

F e ? Π ,

per cui debbono valere le prime due equazioni di (6.14).

Se la traslazione δO1, anziche tangente a Π, e di distacco, allora

δL = F e ¢ δO1 · 0 ,

il che implica che l’angolo tra δO1 e F e deve essere ottuso. In altre parole, F e deve essere

diretta da C verso Π. Si ha quindi F e = Fezk, con Fez·0.

138

Page 144: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se consideriamo poi uno spostamento virtuale rotatorio (O1, aδα) con a versore arbitrario,

essendo anch’esso invertibile, si avra

δL = Ωe(O1) ¢ aδα = 0 8a .

Di conseguenza deve essere

Ωe(O1) = 0 ,

come gia visto con le equazioni cardinali.

Per determinare la reazione vincolare dovuta all’appoggio in O1, supponiamo di soppri-

mere l’appoggio e di applicare in O1 la forza di vettore Φ. Applicando di nuovo (6.3) in

corrispondenza di una traslazione δO1 qualunque, si ottiene

δL = (F e +Φ) ¢ δO1 = 0 8δO1 ,

e quindi Φ = ¡F e.

6.10 Sistemi composti

In generale un sistema meccanico risulta composto di uno o piu punti materiali e di

uno o piu corpi, fra di loro variamente vincolati. Ciascun corpo puo poi essere rigido

o deformabile. La teoria svolta nel presente corso di Meccanica Razionale fornisce tutti

gli strumenti necessari per risolvere il problema del moto o dell’equilibrio nel caso che

tutti i corpi in questione siano rigidi. Muovendoci in questa ipotesi, facciamo ora alcune

considerazioni circa la soluzione del problema dell’equilibrio mediante le equazioni cardinali

della statica. Queste considerazioni potranno essere facilmente estese al problema del moto

quando lo si affronti con le equazioni cardinali della dinamica (che vedremo piu avanti).

Un qualunque sistema meccanico e in equilibrio in una configurazione C0 se e solo se

in tale configurazione ogni suo punto e in equilibrio. Ne consegue che le configurazioni

d’equilibrio di un sistema composto saranno quelle per cui ogni componente e in equilibrio.

Per determinarle occorrera quindi liberare ciascuna componente dagli eventuali vincoli,

sia interni che esterni, sostituendoli con le relative reazioni vincolari, ed imporre che siano

soddisfatte le equazioni necessarie e sufficienti per l’equilibrio. Occorrera quindi che per

ciascun punto materiale (non facente parte di un corpo rigido) sia soddisfatta l’equazione

(5.13) e per ciascun corpo rigido siano soddisfatte le equazioni cardinali (6.7).

139

Page 145: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Nello scrivere le equazioni (5.13) e (6.7) e molto importante tener presente che le eventuali

coppie di forze attive e di reazioni vincolari interne debbono essere tenute in considerazione,

e ciascuna forza interna e ciascuna reazione vincolare deve apparire nella equazione (5.13)

(se agisce su un punto) o nelle equazioni (6.7) se agisce su un corpo rigido. L’esempio che

segue rendera piu chiara questa affermazione.

Consideriamo due aste rigide AB e CD incernierate mediante una cerniera sferica negli

estremi B e C (per cui B ´ C). Chiaramente le due aste esercitano l’una sull’altra un

vincolo, che per il principio di azione e reazione implica una coppia di reazioni vincolari

interne al sistema del tipo (B,Φ) e (C,¡Φ), con Φ totalmente incognito e quindi del tipo

Φ = Φxi+Φyj+Φzk. Ebbene, quando si scrivono le equazioni (6.9) per l’asta AB si deve

includere la reazione vincolare (B,Φ), mentre quando si scrivono per l’asta CD occorre

tener conto della reazione (C,¡Φ). Per inciso, osserviamo che a volte, quando il sistema

e piano e tutte le forze attive stanno in quel piano (per esempio il piano xy), si puo anche

avere una cerniera piana, rappresentabile percio con una reazione di vettore Φ = Φxi+Φyj.

Le considerazioni appena fatte valgono anche nel caso in cui, calcolate le configurazioni d’e-

quilibrio col principio dei lavori virtuali, si vogliano determinare anche le relative reazioni

vincolari.

In alcuni testi si parla di sistemi articolati. Si tratta di sistemi composti di aste rigide,

assimilabili a segmenti rettilinei, collegate tra loro mediante cerniere. Ciascuna di queste

si suppone assimilabile ad un punto materiale e costituisce un nodo. Il sistema deve essere

connesso, non deve cioe constare di parti scollegate tra di loro.

6.11 Attrito fra due corpi rigidi

Nel paragrafo x5.7 si e considerato l’attrito nel caso di un punto. Ora si vedra cosa significa

dire che un corpo rigido C e in quiete o si muove appoggiato in un punto O1 ad un altro

corpo rigido C1 in presenza di attrito. Come si e gia detto l’attrito e dovuto a forze, sia

normali che tangenti, che si manifestano quando un corpo si muove o tenta di muoversi

su un altro. Ebbene, dire che c’e attrito fra C e C1 significa convenire che C1 esplica su C

un sistema di reazioni vincolari equivalente ad una forza di vettore Φ e ad una coppia di

momento M . La forza (O1,Φ) si oppone al moto di strisciamento, e quindi rappresenta

l’attrito radente, mentre la coppia si oppone al moto di rotazione, e percio rappresenta

l’attrito volvente.

140

Page 146: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Al fine di formulare le leggi dell’attrito in statica ed in dinamica, poniamo

Φ = Φtt+Φnn = Φt +Φn

M =Mtt+Mnn =M t +Mn ,(6.15)

con t versore parallelo al piano tangente e n versore normale. Osserviamo che nella termi-

nologia della “Meccanica Applicata” la reazione (O1,Φn) e detta forza normale di contatto,

mentre la reazione (O1,Φt) e detta forza d’attrito radente. Dal canto suo, la coppia di

momento M t e detta coppia d’attrito di rotolamento, in quanto si oppone al moto di puro

rotolamento, mentre quella di momento Mn e detta coppia di attrito di giro, in quanto si

oppone al moto di prillamento attorno alla normale.

Noi, tuttavia, per semplificare le cose, supporremo sempre di poter trascurare la coppia,

limitandoci percio a considerare soltanto la reazione (O1,Φ).

L’attrito in statica

L’equilibrio di C1 e garantito dalle equazioni cardinali (6.7) e dalla condizione seguente:

jΦtj · fsjΦnj , (6.16)

La costante fs, che e positiva, dipende dalle caratteristiche dei materiali a contatto e si

chiama coefficiente d’attrito statico radente.

L’attrito in dinamica

Durante il moto di C1 su C , oltre alle equazioni cardinali della dinamica (che vedremo

piu innanzi), la reazione Φ deve soddisfare

— nel caso di puro rotolamento, alla condizione (6.16);

— nel caso di rotolamento e strisciamento, alla condizione

Φt = ¡fdjΦnjvτjvτ j

, (6.17)

con vτ velocita di trascinamento del punto di contatto O1.

Dunque, quando C1 si muove su C , occorre distinguere il caso in cui c’e strisciamento dal

caso in cui non c’e. In quest’ultimo caso la relazione che riguarda l’attrito radente non

cambia rispetto al caso statico in quanto il punto di contatto O1 e fermo rispetto a C .

Se invece C1 striscia su C la relazione statica (6.16) e sostituita dalla relazione dinamica

(6.17). La costante fd, che e minore di fs, e detta coefficiente d’attrito dinamico radente.

141

Page 147: Lezioni Di Meccanica Razionale A

6.12 Quantita di moto di un sistema

Definizione Si definisce quantita di moto di un sistema materiale discreto (Ps,ms), s =

1, ..., N, rispetto ad un riferimento Oxyz il vettore

Q =∑

s

msvs , (6.18)

essendo vs la velocita di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si definisce invece

Q =

C

ρ(P )v(P )dC .

Vale l’importantissimo

Teorema La quantita di moto di un qualunque sistema meccanico e uguale alla quantita

di moto del baricentro qualora vi si attribuisca tutta la massa del sistema, ossia

Q =MvG . (6.19)

Dimostrazione Riscriviamo la formula (2.3) del baricentro,

M(G¡O) =∑sms(Ps ¡O) , (6.20)

e deriviamola rispetto al tempo; si ha

MvG =∑smsvs = Q .

Definizione Si definisce quantita di moto di un sistema materiale rispetto al baricentro la sua

quantita di moto rispetto ad una terna Gx′y′z′ traslante rispetto al sistema fisso Oxyz.

Indicando tale grandezza con QG, nel caso di un sistema

discreto si ha dunque

QG =∑smsvs

′ ,

con vs′ velocita di Ps rispetto a Gx′y′z′. Ebbene, vale il

Teorema La quantita di moto rispetto al baricentro di

un qualunque sistema materiale e sempre nulla, cioe

QG = 0 . (6.21)

Dimostrazione. Essendo vs′ = vs ¡ vτ (Ps) = vs ¡ vG , e ricordando (6.19), si ha

QG =∑smsvs

′ =∑sms(vs ¡ vG) =

∑smsvs ¡

(∑sms

)vG =MvG ¡MvG = 0 .

Osservazione In realta il teorema ora dimostrato vale qualunque sia il sistema Gx′y′z′.

La dimostrazione si fa procedendo allo stesso modo, ma con vτ (Ps) = vG + ω £ (Ps ¡G).

E facile verificare che il termine∑sms ω £ (Ps ¡G) porta un contributo nullo a QG.

142

Page 148: Lezioni Di Meccanica Razionale A

6.13 Momento delle quantita di moto di un sistema

Definizione Si definisce momento delle quantita di moto (o momento angolare) di un sistema

materiale discreto (Ps,ms), s = 1, ..., N, rispetto al polo O1 il vettore

K(O1) =∑

s

msvs £ (O1 ¡ Ps) , (6.22)

essendo vs la velocita del punto Ps rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz. Natural-

mente la grandezza cosı definita dipende, oltre che dal polo O1, dal sistema di riferimento

scelto.

Per un corpo continuo C si definisce invece

K(O1) =

C

ρ(P )v(P )£ (O1 ¡ P )dC .

Dati K(O1) e K(O2), essi sono legati dalla relazione

K(O1) = K(O2) +MvG £ (O1 ¡O2) . (6.23)

Infatti:

K(O1) =∑

s

msvs £ (O1 ¡ Ps) =∑

s

msvs £ (O1 ¡O2 +O2 ¡ Ps)

=∑

s

msvs £ (O2 ¡ Ps) +∑

s

msvs £ (O1 ¡O2) = K(O2) +MvG £ (O1 ¡O2) .

In particolare, se O2 ´ G, si ha

K(O1) = K(G) +MvG £ (O1 ¡G) . (6.24)

Quando il polo O1 e in moto rispetto ad Oxyz, il calcolo di K(O1) puo essere facilitato

coinvolgendo il momento relativo delle quantita di moto rispetto ad O1, vale a dire

K ′(O1) =∑

s

msvs′ £ (O1 ¡ Ps) ,

essendo vs′ la velocita di Ps rispetto ad una terna traslante O1x

′y′z′. Andiamo a determi-

nare la relazione che esiste traK(O1), che potremo chiamaremomento assoluto, eK ′(O1).

Tenendo conto che per il teorema di composizione delle velocita si ha vs = vs′ + v(O1), si

ha:K(O1) =

s

msvs £ (O1 ¡ Ps) =∑

s

ms

(vs′ + v(O1)

)£ (O1 ¡ Ps)

=∑

s

msvs′ £ (O1 ¡ Ps) +

s

msv(O1)£ (O1 ¡ Ps)

= K ′(O1) + v(O1)£∑

s

ms(O1 ¡ Ps) ,

143

Page 149: Lezioni Di Meccanica Razionale A

ossia

K(O1) = K ′(O1) +Mv(O1)£ (O1 ¡G) . (6.25)

In particolare, se come polo O1 si sceglie G, si ha

K(G) = K ′(G) . (6.26)

Analogamente, se O1 e un punto fisso, essendo v(O1) = 0, si ha

K(O1) = K ′(O1) . (6.27)

Dunque, i momenti delle quantita di moto assoluto e relativo rispetto al baricentro, o

rispetto ad un punto fisso, sono uguali.

Di particolare importanza, ai fini pratici, e il momento delle quantita di moto di un corpo

rigido. A questo riguardo e possibile ricavare una formula generale per K ′(O1) che utilizza

la matrice d’inerzia J del corpo relativa al punto O1. Una volta ricavato K ′(O1) mediante

questa, utilizzando le formule (6.25) e (6.23), e possibile ricavare il momento rispetto ad

un qualunque polo. Qui, tuttavia, prescinderemo da tale formula limitandoci a ricavare

K(O1) in alcuni casi semplici, ma di grande utilita ai fini degli esercizi.

Corpo rigido traslante con velocita v.

Poiche il corpo trasla, le velocita vs′ sono tutte nulle e quindi K

′(G) = 0. Di conseguenza,

grazie alla (6.26), si ha anche K(G) = 0. Applicando poi la (6.24) si ottiene

K(O1) =Mv £ (O1 ¡G) , 8O1 . (6.28)

Corpo rigido piano con asse fisso normale.

Consideriamo un corpo rigido piano con un asse

fisso normale al piano del corpo. Sia Oxyz il

sistema di riferimento, con Oxy coincidente col

piano del corpo e Oz asse fisso. Indicato con θ

l’angolo di rotazione del corpo attorno all’asse

fisso, si ha ω = θk.

Ogni punto Ps del corpo descrive una circonferenza di centroO e raggio rs = PsO. Indicato

con ts il versore tangente a tale circonferenza in Ps e con ns il versore normale (diretto

verso O), si ha v(Ps) = vs = rsθts. Inoltre, ts £ ns = k.

Calcoliamo dunque K(O) sulla base della definizione (6.22):

K(O) =∑

s

msrsθts £ (O ¡ Ps) =∑

s

msrsθts £ (rsns) =∑

s

msr2s θk = θ

(∑

s

msr2s

)k ,

144

Page 150: Lezioni Di Meccanica Razionale A

e quindi, ricordando la definizione (2.7) di momento d’inerzia,

K(O) = IzOθk . (6.29)

Ovviamente IzO rappresenta il momento d’inerzia rispetto all’asse fisso (O, k).

Corpo rigido piano in moto nel suo piano.

SiaOxyz il sistema di riferimento fisso,

conOxy coincidente col piano del corpo

(e del moto) e Gx′y′z′ un sistema tra-

slante baricentrico, con l’asse z′ pa-

rallelo ad Oz. Il problema ha 3 gradi

di liberta; assumiamo come parame-

tri lagrangiani l’angolo θ di rotazione

del corpo e le coordinate xG e yG del

baricentro. Ovviamente ω = θk.

Per calcolare K(O), possiamo calcolare prima K(G) e quindi utilizzare la (6.24). Essendo

K(G) = K′(G), il conto e presto fatto. Rispetto al sistema traslante Gx′y′z′ il moto del

corpo e rotatorio con asse fisso. Dunque, per ottenere K′(G) si puo applicare la (6.29),

ovviamente tenendo conto che in questo caso l’asse e (G, k). Si ha quindi:

K(G) = K′(G) = IzGθk . (6.30)

Applicando ora la (6.24), si ottiene

K(O) = IzGθk +MvG £ (O ¡G) =(IzGθ +M(xGyG ¡ xGyG)

)k . (6.31)

Corpo rigido con asse fisso.

Sia Oxyz il sistema di riferimento fisso rispetto al quale vogliamo studiare il moto del

corpo rigido, con Oz coincidente con l’asse fisso. Sia poi Ox1y1z1 un sistema solidale

col corpo con Oz1 ´ Oz. L’unico parametro lagrangiano e rappresentato dall’angolo di

rotazione θ del corpo, che puo essere definito come θ = xOx1.

Consideriamo ora un generico punto Ps del corpo e indichiamo con (x1s, y1s, z1s) le sue

coordinate rispetto alla terna solidale. Ebbene, poiche Ps descrive la circonferenza di

centro Qs (proiezione di Ps sull’asse) con velocita angolare ω = θk, indicati con ts e ns i

versori tangente e normale a tale circonferenza in Ps, posto rs = Ps ¡Qs, si ha

145

Page 151: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Ps ¡O = x1si1 + y1sj1 + z1sk1 ,

Ps ¡Qs = x1si1 + y1sj1 = ¡rsns ,

ns =Qs ¡ Ps

rs= ¡

x1si1 + y1sj1rs

,

ts =¡y1si1 + x1sj1

rs,

vs = rsθts .

Si puo quindi calcolare K(O):

K(O) =∑

s

msvs £ (O ¡ Ps) =∑

s

msrsθts £ (O ¡ Ps) =

= θ∑

s

ms(¡y1si1 + x1sj1)£ (¡x1si1 ¡ y1sj1 ¡ z1sk1) =

= θ∑

s

ms

[¡x1sz1si1 ¡ y1sz1sj1 + (x

21s + y21s)k1

]=

= θ[¡(∑

s

msx1sz1s

)i1 ¡

(∑

s

msy1sz1s

)j1 +

(∑

s

ms(x21s + y21s)

)k1

],

ossia

K(O) = ¡B′θi1 ¡ C ′θj1 + Cθk1 . (6.32)

Osserviamo che la formula (6.29) costituisce un caso particolare della (6.32). Infatti, se il

corpo rigido e piano con asse fisso normale (come nell’esempio considerato in precedenza),

utilizzando la (6.32), poiche B′ = C′ = 0, si ottiene K(O) = Cθk1. Essendo k ´ k1 e C il

momento d’inerzia del corpo rigido rispetto all’asse Oz, per cui C = IzO, la (6.32) fornisce

ancora la (6.29).

Nota bene. Le formule (6.28), (6.29), (6.30), (6.31) e (6.32) sono molto utili ai fini degli

esercizi. Nella stragrande maggioranza di questi, infatti, i corpi rigidi considerati sono

piani e mobili nel loro piano o con asse fisso. Con le formule suddette e quindi possibile

calcolare tutti i momenti delle quantita di moto che servono (per scrivere, come vedremo,

la seconda equazione cardinale della dinamica).

6.14 Energia cinetica di un sistema

Definizione Si definisce energia cinetica di un sistema materiale discreto (Ps,ms), s =

1, ..., N, rispetto ad un riferimento Oxyz la grandezza scalare

T =1

2

s

msv2s , (6.33)

146

Page 152: Lezioni Di Meccanica Razionale A

essendo vs la velocita di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si definisce invece

T =1

2

C

ρ(P )v2(P )dC .

Vale il seguente importantissimo

Teorema di Konig: Per un qualunque sistema mec-

canico si ha

T = TG +1

2Mv2G , (6.34)

dove

TG = T ′(G) =1

2

∑smsvs

′2 ,

essendo vs′ la velocita del punto Ps rispetto ad una

terna traslante Gx′y′z′.

Dimostrazione

Poiche si ha vs = vs′ + vG, si ha

T =1

2

s

msv2s =

1

2

s

msvs′2 +

1

2

(∑

s

ms

)v2G +

(∑

s

msvs′)¢ vG

= TG +1

2Mv2G +QG ¢ vG .

Ma QG in virtu della (6.21) e nullo. Dunque vale la (6.34).

Corollari

— T = 12Mv2G se e solo se il sistema materiale trasla;

— T = TG se e solo se il baricentro e fermo.

Osservazione. Nel caso di un corpo rigido, il termine 12Mv2G rappresenta l’energia cinetica

che il corpo avrebbe nel caso di moto traslatorio. Ci si riferisce percio a questa porzione di

energia cinetica come alla energia cinetica di traslazione del corpo. Per quanto concerne

invece TG, essa e dovuta al moto del corpo rigido rispetto al baricentro. Poiche tale moto

e sempre rotatorio, ci si puo riferire a TG come all’energia cinetica di rotazione del corpo.

Il teorema di Konig permette il calcolo di T senza ricorrere alla definizione. Le difficolta

stanno eventualmente nel calcolo di TG. Tuttavia, nel caso di un corpo rigido C, e possibile

ricavare per TG una formula assai semplice che sfrutta la matrice d’inerzia J del corpo

rispetto al baricentro. Qui, pero, come in precedenza per il momento delle quantita di

moto, prescinderemo da tale formula limitandoci a prendere in considerazione solo casi

semplici, ma utili ai fini degli esercizi.

147

Page 153: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Corpo rigido traslante con velocita v.

Tutti i punti hanno la stessa velocita, per cui: T = 12Mv2 (6.35)

Corpo rigido con asse fisso.

Siano (O, k) l’asse fisso e θ l’angolo di rota-

zione del corpo. Il generico punto Ps del corpo

descrive una circonferenza di centro la proie-

zione Qs di Ps sull’asse di rotazione. Posto

rs = PsQs, si ha v2s = r2s θ2. Calcoliamo ora

T rifacendoci alla definizione (6.33).

T =1

2

s

msv2s =

1

2

s

msr2s θ2 =

1

2θ2∑

s

msr2s ,

e quindi, ricordando ancora la definizione di momento d’inerzia,

T =1

2IzO θ2 , (6.36)

con IO momento d’inerzia rispetto all’asse fisso.

Corpo rigido piano in moto nel suo piano.

SiaOxyz il sistema di riferimento fisso, conOxy

coincidente col piano del corpo (e del moto) e

Gx′y′z′ un sistema traslante con l’asse z′ pa-

rallelo all’asse z. Assunti come parametri la-

grangiani le coordinate xG e yG del baricentro

e l’angolo θ di rotazione del corpo, osserviamo

che si ha ω = θk.

Applichiamo il teorema di Konig. A tal fine cal-

coliamo TG, che rappresenta l’energia cinetica

del corpo rispetto al sistema Gx′y′z′.

Rispetto a tale sistema il corpo si muove di moto rotatorio attorno all’asse fisso (G, k). Si

puo dunque applicare il risultato (6.36) ottenendo

TG =1

2IzGθ2 . (6.37)

Applicando ora il teorema di Konig, si ha

T = TG +1

2Mv2G =

1

2IzGθ2 +

1

2Mv2G =

1

2IzGθ2 +

1

2M(x2G + y2G) . (6.38)

148

Page 154: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Nota bene. I risultati (6.35), (6.36) e (6.38) sono utili alla risoluzione di quasi tutti gli

esercizi che verranno proposti.

Abbiamo ora a disposizione tutti gli elementi necessari per introdurre: a) le equazioni

cardinali della dinamica, che costituiscono uno strumento essenziale che permette di

determinare sia le equazioni differenziali del moto di un sistema sia le reazioni vincolari

(purche il loro numero sia quello minimo necessario a realizzare i vincoli); b) le equa-

zioni di Lagrange, che permettono di scrivere le equazioni differenziali del moto di un

qualunque sistema olonomo (purche a vincoli perfetti e bilaterali).

6.15 Equazioni cardinali della dinamica

Consideriamo un sistema meccanico qualunque, e supponiamolo costituito, come al solito,

di N punti materiali (Ps,ms). Durante il moto ciascun punto Ps si muove obbedendo alla

legge di Newton, per cui, tenendo anche conto del fatto che ms e costante, si ha

msas =dQsdt

= F es + F is +Φes +Φis , s = 1, ..., N .

Sommando su tutti gli N punti si ottiene

s

dQsdt

=∑

s

(F es + F is +Φes +Φis

)= F e + F i +Φe +Φi .

Applicando il teorema della derivata di una somma e ricordando che F i = Φi = 0, si ha

dQ

dt= F e +Φe . (6.39)

Questa equazione esprime il Teorema della quantita di moto: La derivata della quantita di

moto di un qualunque sistema meccanico e uguale al vettore risultante delle forze attive e

vincolari esterne.

Ricordando poi che Q=MvG la (6.39) puo essere messa in una forma equivalente di

rilevante significato fisico. Risulta infatti

Md2G

dt2= F e +Φe . (6.40)

In questa forma l’equazione esprime il Teorema del moto del baricentro: Il baricentro di un

qualunque sistema meccanico si muove come se in esso fosse concentrata tutta la massa e

ad esso fossero applicate tutte le forze attive e vincolari esterne.

149

Page 155: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Abbiamo cosı ricavato la prima equazione cardinale della dinamica, nelle due forme equivalenti

(6.39) e (6.40). Osserviamo che in virtu di questa equazione le forze attive e vincolari

interne non hanno alcun effetto sul moto del baricentro, mentre le forze attive e vincolari

esterne hanno effetto solo attraverso il loro risultante.

Consideriamo ora un punto O1 qualunque, non importa se fisso o mobile rispetto al rife-

rimento fissato. Il momento della quantita di moto del punto (Ps,ms) rispetto al polo O1

per definizione e

Ks(O1) = msvs £ (O1 ¡ Ps) .

Derivando si hadKs(O1)

dt= msas £ (O1 ¡ Ps) +msvs £

dO1dt

,

dove si e omesso di mettere il termine ¡msvs £dPsdt

in quanto evidentemente nullo.

Tenendo di nuovo conto della legge di Newton e sommando quindi sugli N punti, si ottiene

dK(O1)

dt=∑

s

[(F es + F is +Φes +Φis

)£ (O1 ¡ Ps)

]+(∑

s

msvs

dO1dt

= Ωe(O1) + Ωi(O1) + Ψe(O1) + Ψi(O1) +Q£dO1dt

,

ovvero, ricordando che Ωi(O1) =Ψi(O1) = 0 e la (6.19),

dK(O1)

dt= Ωe(O1) + Ψe(O1) +M

dG

dt£

dO1dt

. (6.41)

Questa equazione e detta seconda equazione cardinale della dinamica. Se il polo O1 e fisso,

oppure coincide con G, oppure ha velocita parallela a quella di G, allora l’ultimo termine

di (6.41) e nullo, e si hadK(O1)

dt= Ωe(O1) + Ψe(O1) . (6.42)

Questa equazione esprime il Teorema del momento delle quantita di moto: La derivata del

momento delle quantita di moto di un qualunque sistema meccanico, rispetto ad un punto

fisso o al baricentro o ad un punto con velocita parallela a quella del baricentro, e uguale

al momento risultante delle forze attive e vincolari esterne.

Le due equazioni cardinali della dinamica (6.39) (o (6.40)) e (6.41) sono necessariamente

soddisfatte durante il moto di un qualunque sistema meccanico. Supposto che il sistema

abbia n gradi di liberta con parametri lagrangiani q1, q2, ..., qn, cio significa che esiste

almeno un sistema di reazioni vincolari esterne (Ps,Φes), compatibili con i vincoli, che

assieme alle n funzioni qi(t) soddisfano in ogni istante le due equazioni.

150

Page 156: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Osservazione. Le equazioni cardinali della Statica (6.7) sono contenute in quelle della

Dinamica. Infatti, se il sistema e in equilibrio, allora tutti i punti Ps sono fermi, e le

equazioni (6.39) e (6.41) si riducono alle (6.7).

Si puo dimostrare, cosa che non facciamo, che vale il seguente importantissimo

Teorema Se il sistema materiale e un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni

cardinali della dinamica sono sufficienti a determinarne il moto.

Dunque, le equazioni cardinali delle dinamica sono necessarie e sufficienti a determinare il moto

di un corpo rigido. Sottolineiamo il fatto che ai fini di tale moto le forze attive e vincolari

interne non hanno alcuna rilevanza, e che quelle esterne intervengono solamente attraverso

i loro vettori caratteristici. Conseguenza di quest’ultima osservazione e che se ad un corpo

rigido si applicano due sistemi equivalenti di forze (ovviamente non simultaneamente!),

essi producono gli stessi effetti meccanici.

6.16 Teoremi dell’energia

Gli importantissimi teoremi dell’energia gia visti per un singolo punto materiale (vedi

x5.10) si estendono facilmente ai sistemi di punti. Sia, come al solito, (Ps,ms), s =

1, . . . , N, il sistema materiale.

Teorema dell’energia cinetica o (delle forze vive):

Il lavoro infinitesimo (o finito) compiuto da tutte le forze applicate ad un sistema materiale

e uguale alla variazione infinitesima (o finita) di energia cinetica.

Dimostrazione: Dal paragrafo 5.10 sappiamo gia che per ogni punto Ps si ha

dLs = dLs + dρs = dTs .

Sommando su tutti i punti, si ottiene

dL = dL+ dρ = dT , (6.43)

e cio dimostra il teorema nella versione infinitesima.

Per quanto concerne poi la dimostrazione della versione finita del teorema, occorre inte-

grare la relazione (6.43) su un intervallo di tempo finito, ad esempio l’intervallo (t0, t).

Posto quindi T0 = T (t0) e T =T (t) e indicate con C0 la configurazione del sistema all’i-

stante t0 e con C quella all’istante t, ricordando la definizione (4.29), si ha

L = (Γ)

∫ C

C0

dL =

∫ t

t0

dT ,

151

Page 157: Lezioni Di Meccanica Razionale A

essendo Γ la traiettoria percorsa dal sistema (nello spazio delle configurazioni) per andare

da C0 a C. Ora, tenendo conto che dT e il differenziale della funzione T (t) e indicando con

L il lavoro finito, si ha

L = T ¡ T0 . (6.44)

Con cio il teorema e dimostrato completamente.

Sottolineiamo il fatto che dL e L rappresentano il lavoro, rispettivamente infinitesimo e

finito, di tutte le forze (e quindi sia attive che vincolari). Se poi i vincoli sono scleronomi

perfetti, allora dρ = 0 (vedi x4.29, ultime righe) e di conseguenza si ha

dL = dT oppure L = T ¡ T0

a seconda che lo spostamento del sistema sia infinitesimo o finito.

Teorema di conservazione dell’energia (senza dimostrazione): L’energia meccanica totale di

un sistema meccanico conservativo si mantiene costante durante il moto, ossia

T + V = T ¡ U = E . (6.45)

La costante E, che rappresenta l’energia meccanica totale, si determina, come gia sap-

piamo, attraverso le condizioni iniziali.

6.17 Integrali primi

Definizione Si definisce integrale primo del moto del sistema meccanico una funzione ψ dei

suoi parametri lagrangiani qi, delle sue velocita generalizzate qi e del tempo t, che rimane

costante durante il moto, ossia

ψ(q(t), q(t), t) ´ ψ(q1(t), ..., qn(t), q1(t), ..., qn(t), t) = C , (6.46)

dove C e una costante che si determina attraverso le condizioni iniziali.

Un primo esempio di integrale primo e fornito dal teorema di conservazione dell’energia.

Come abbiamo appena visto, esso esiste quando il sistema meccanico e a vincoli fissi e

perfetti, e il sistema di forze e conservativo. In tal caso, abbreviando la notazione, si ha

T (q, q)¡ U(q) = T0 ¡ U0 .

Altri integrali primi possono derivare dalle equazioni cardinali della dinamica. Se accade

che il secondo membro di (6.39) oppure di (6.42) ha componente nulla lungo una direzione,

questo comporta l’esistenza di un integrale primo. Per esempio,

(F e +Φe) ¢ k = 0 =)dQ

dt¢ k = 0 =)

dQzdt

= 0 =) Qz = Q0z = cost ,

152

Page 158: Lezioni Di Meccanica Razionale A

comporta la conservazione della quantita di moto lungo l’asse z.

Analogamente, se il secondo membro della seconda equazione cardinale della dinamica ha

componente nulla lungo una direzione, ad esempio l’asse z, si ha

(Ωe(G) + Ψe(G)) ¢ k = 0 =)dKz(G)

dt= 0 =) Kz(G) = K0

z = cost ,

il che implica la conservazione del momento delle quantita di moto lungo l’asse z.

Consideriamo ora alcuni esempi.

— Il sistema solare, essendo (in buona approssimazione) un sistema isolato, cioe non sog-

getto a forze esterne, ha sia F e +Φe = 0, per cui Q = Q0, sia Ωe(G) + Ψe(G) = 0, da cui

K(G) = K0(G). Il primo integrale primo implica che il moto del baricentro del sistema

solare sia rettilineo uniforme (rispetto alle stelle fisse), il secondo che il piano passante per

G e normale a K0(G) conservi giacitura costante (sempre rispetto alle stelle fisse).

— Una persona ferma su un piano orizzontale liscio non puo muoversi parallelamente al

piano se non lanciando un oggetto. In tal caso, se M ed m sono le masse rispettivamente

della persona e dell’oggetto, e V e v le rispettive velocita dopo il lancio, essendo Q0 =

mv +MV = 0, si ha V = ¡mM

v.

— Il baricentro di un proiettile che scoppia (a causa di forze interne), nel vuoto (e quindi

in assenza di forze resistenti dovute al mezzo) continuerebbe a muoversi dopo lo scoppio

come se niente fosse accaduto.

— Si consideri una ballerina come un corpo rigido ruotante attorno ad un asse z verticale.

Poiche il peso e la reazione vincolare hanno momento assiale (lungo z) nullo, ne consegue

Kz = Cθ = Iz θ = cost. Cio significa che quando la ballerina apre le braccia, Iz aumenta

e θ diminuisce, mentre Iz diminuisce facendo aumentare θ quando la ballerina porta le

braccia in alto vicino all’asse.

6.18 Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediantele equazioni cardinali della Dinamica

Le equazioni cardinali (6.40) e (6.42) della Dinamica, che in generale comportano 6 equa-

zioni scalari indipendenti, permettono sempre di determinare il moto di un corpo rigido.

Infatti, se n e il numero di gradi di liberta del corpo, e sempre possibile ricavare dal sistema

delle 6 equazioni scalari n equazioni non contenenti le reazioni vincolari che costituiscono

le equazioni differenziali del moto del corpo.

153

Page 159: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Se il numero delle reazioni vincolari scalari e 6¡n, il che significa che non ci sono rea-

zioni ”superflue”, allora, dopo aver risolto il problema del moto, e possibile determinare

anche le reazioni vincolari. E importante sottolineare che un numero sovrabbondante di

reazioni vincolari scalari, sovrabbondante nel senso di maggiore rispetto a quello stretta-

mente necessario per realizzare i vincoli, in ogni caso impedisce solamente di determinare

completamente le reazioni vincolari, ma non di risolvere il problema del moto.

Si consiglia di rileggere attentamente il x5.1 e il x6.7, facendo per quest’ultimo le dovute

trasposizioni dal caso statico a quello dinamico. In vista dell’utilizzazione delle equazioni

cardinali della dinamica ai sistemi composti, si consiglia di rileggere anche il x6.10, nonche

il x6.11 per i problemi con attrito.

6.19 Principio di D’Alembert

Consideriamo un sistema meccanico costituito da N punti materiali (Ps,ms). Qualunque

siano i vincoli a cui esso e soggetto e qualunque sia il sistema delle forze attive che lo

sollecita, ciascun punto Ps si muove obbedendo alla legge di Newton. Valgono dunque

durante il moto le equazioni

msas = F s +Φs , s = 1, ..., N ,

che si possono anche scrivere

F s ¡msas +Φs = 0 , s = 1, ..., N . (6.47)

Interpretando ciascuno dei vettori ¡msas come una forza (ne ha le dimensioni), che chia-

meremo forza d’inerzia relativa al punto Ps, le (6.47) dicono quanto segue: durante il moto

di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze attive, le forze d’inerzia e le

reazioni vincolari si fanno equilibrio. Poiche le reazioni Φs rappresentano le azioni dei

vincoli, si puo anche dire che durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni

istante le forze attive e le forze d’inerzia si fanno equilibrio in virtu dei vincoli.

A questo enunciato si puo dare un’altra forma osservando che si puo scrivere

F s = msas + (F s ¡msas) , s = 1, ..., N .

In base a questa osservazione la forza attiva agente su ciascun punto Ps puo essere scom-

posta in due componenti: la prima, di vettore msas, rappresenta la forza che sarebbe

atta ad imprimere al punto Ps, qualora fosse libero, lo stesso moto che esso acquista sotto

l’azione combinata dell’intera forza F s e dei vincoli; la seconda componente, il cui vettore

154

Page 160: Lezioni Di Meccanica Razionale A

e F s¡msas (e quindi somma dei vettori della forza attiva e della forza d’inerzia), rappre-

senta quella parte di F s che va perduta per compensare i vincoli. Cio giustifica il nome

di forze perdute che di solito si da alle componenti F s ¡msas.

Riprendendo ora le equazioni (6.47), riscritte in modo da evidenziare le forze perdute,

(F s ¡msas) + Φs = 0 , s = 1, ..., N ,

si puo enunciare il

Principio di D’Alembert: Durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni

istante le forze perdute e le reazioni vincolari si fanno equilibrio.

L’interesse del principio di D’Alembert consiste nel fatto che permette di ridurre ciascun

problema di dinamica ad un problema di statica: a tal fine basta sostituire alle forze attive

le forze perdute (o, equivalentemente, aggiungere alle forze attive le forze d’inerzia).

6.20 Equazioni di Lagrange

Dato un sistema a vincoli perfetti e bilaterali, ad n gradi di liberta e con parametri la-

grangiani qk, si puo dimostrare che valgono le seguenti equazioni di Lagrange:

d

dt

(∂T

∂qk

∂T

∂qk= Qk , k = 1, ..., n . (6.48)

Si tratta di un sistema di n equazioni differenziali del 2 ordine nelle n incognite qk(t), che

rappresentano le equazioni differenziali del moto del sistema. Osserviamo che per scriverle

occorre ricavare l’energia cinetica T = T (q,q) e le forze generalizzate Qk = Qk(q,q, t).

Associando poi alle equazioni (6.48) le condizioni iniziali fqk(0)g e fqk(0)g, e risolvendo il

corrispondente problema di Cauchy, si determina il moto del sistema meccanico.

Esempio: equazioni di Lagrange per un corpo rigido con asse fisso.

A titolo di esempio andiamo a calcolare l’equazione differenziale del moto di un corpo

rigido con un asse fisso. Sia θ, angolo di rotazione del corpo, il parametro lagrangiano.

Come abbiamo visto nel x6.14 (formula (6.36)), l’energia cinetica vale

T =1

2Iz θ

2 ,

con Iz momento d’inerzia del corpo rispetto all’asse fisso. Per poter scrivere l’equazione

di Lagrange serve la forza generalizzata Qθ, per ricavare la quale occorre scrivere il lavoro

infinitesimo dL delle forze attive.

155

Page 161: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Considerato un punto O1 del corpo appartenente all’asse, in virtu della formula (4.33),

tenendo poi conto che O1 e fisso, si ha

dL = F e ¢ dO1 +Ωe(O1) ¢ adθ = Ωe(O1) ¢ kdθ = Ωez(O1)dθ .

Dunque:

Qθ = Ωez ,

dove si e omessa l’indicazione del polo per l’indipendenza del momento assiale dalla scelta

del polo sull’asse. Pertanto, scrivendo l’equazione di Lagrange si had

dt

(Iz θ)= Ωez ,

e quindi, mettendo in evidenza i parametri da cui dipende il secondo membro,

Iz θ = Ωez(θ, θ, t) . (6.49)

6.21 Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo

Se il sistema meccanico e conservativo, allora le forze generalizzate di Lagrange si ottengono

dal potenziale U = U(q1, q2, ..., qn) mediante le relazioni

Qk =∂U

∂qk, k = 1, ..., n .

Le equazioni di Lagrange diventano percio

d

dt

(∂T

∂qk

∂T

∂qk=

∂U

∂qk, k = 1, ..., n ,

e tenendo conto che∂U

∂qk= 0, si puo scrivere

d

dt

(∂T

∂qk+

∂U

∂qk

(∂T

∂qk+

∂U

∂qk

)= 0 , k = 1, ..., n ,

o, equivalentemente,

d

dt

(∂(T + U)

∂qk

∂(T + U)

∂qk= 0 , k = 1, ..., n .

Allora, definita la funzione L = T + U , le equazioni di Lagrange assumono la seguente

semplice formad

dt

(∂L

∂qk

∂L

∂qk= 0 , k = 1, ..., n . (6.50)

La funzione L e detta funzione di Lagrange, o piu semplicemente, Lagrangiana. Essa risulta

del tipo L = L(q,q), e riassume tutte le proprieta e le caratteristiche del sistema meccanico

conservativo in questione. Infatti, nota L ed assegnate le condizioni iniziali, le equazioni

(6.50) determinano il moto del sistema.

156

Page 162: Lezioni Di Meccanica Razionale A

6.22 Pendolo fisico.

Definizione Si chiama pendolo fisico (o pendolo composto) un corpo rigido soggetto solo al

peso con un asse fisso ne baricentrico ne verticale. L’asse e detto asse di sospensione.

Sia α l’angolo che l’asse fisso Oz del pendolo forma con

la verticale ascendente, con O proiezione del baricentro

G sullo stesso asse. Allora G descrive una circonferenza

di centro O e raggio d = GO nel piano normale all’asse.

Assumiamo tale piano come piano xy, con Ox orizzontale

e Oy coincidente di conseguenza con la linea di massima

pendenza (verso ascendente).

Si tratta di scrivere l’equazione del moto, che come ab-

biamo visto e data dalla (6.49). A tal fine, indicato con

θ l’angolo fra il vettore G ¡ O e la direzione negativa

dell’asse y (in modo che a θ=0 corrisponde la posizione

d’equilibrio stabile del corpo), si ha

mg = ¡mg sinαj ¡mg cosαk ,

G¡O = d sin θi¡ d cos θj ,

Ωz = mg £ (O ¡G) ¢ k = ¡mgd sinα sin θ .

Indicato con Iz il momento d’inerzia rispetto all’asse fisso, l’equazione differenziale del

moto e

Iz θ = ¡mgd sinα sin θ . (6.51)

Posto poi ℓ =Izmd

e ω2 =mgd sinα

Iz=

g sinα

ℓ, si ritrova la (5.32), cioe l’equazione

di un pendolo semplice di lunghezza ℓ:

θ + ω2 sin θ = 0 .

Il pendolo fisico, avendo la stessa equazione del moto del pendolo semplice, da luogo agli

stessi moti di quest’ultimo. Naturalmente cio va inteso nel senso che ciascun punto del

corpo rigido (compreso il baricentro G) si muove come se fosse un pendolo semplice.

Osservazioni.

— Per α=0 l’asse e verticale e l’equazione (6.51) fornisce θ =0, che implica rotazione

uniforme oppure quiete. Chiaramente in questo caso il corpo non e piu un “pendolo”.

— Se l’asse e baricentrico si ha di nuovo θ =0, e quindi si ha ancora rotazione uniforme

oppure quiete.

— Se l’asse e baricentrico o verticale ogni posizione e d’equilibrio (equilibrio indifferente).

157

Page 163: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Bibliografia

Testi teorici:

Biscari Paolo, Tommaso Ruggeri, Saccomandi Giuseppe, Vianello Maurizio, Meccanica

Razionale per l’Ingegneria, Monduzzi.

Cercignani Carlo, Spazio Tempo Movimento, Zanichelli.

Fabrizio Mauro, La Meccanica Razionale e i suoi Metodi Matematici, Zanichelli.

Graffi Dario, Lezioni di Meccanica Razionale, Patron.

Eserciziari:

Bampi Franco, Benati Mauro e Morro Angelo, Problemi di Meccanica Razionale, ECIG.

Augusto Muracchini, Tommaso Ruggeri e Leonardo Seccia, Esercizi e Temi d’esame di

Meccanica Razionale, Esculapio.

158

Page 164: Lezioni Di Meccanica Razionale A

Indice analitico

accelerazione, 35assoluta, 54centripeta (o normale), 36di Coriolis (o complementare), 55di gravita, 93di trascinamento, 55relativa, 54tangenziale, 36

ampiezza del moto, 37angoli di Eulero, 42angolo,

di nutazione, 42di precessione, 42di rotazione, 47di rotazione propria, 42angolo fra due vettori, 6

ascissa curvilinea, 31asse,

centrale di un sistema di forze, 87di figura, 65di istantanea rotazione, 47di precessione, 65elicoidale o di Mozzi, 49

assi,centrali d’inerzia, 29principali d’inerzia, 28

atto di moto, 45attrito, 111, 140

radente, 140volvente, 140

autovalori di una matrice, 28autovettori, 28

baricentro, 21, 93base, 58binormale, 33braccio, 83

di una coppia, 86

centro,delle forze parallele, 91di istantanea rotazione, 58di massa, 21

cerchio osculatore, 32cerniera,

piana, 140sferica, 140

cicloide, 60coefficienti d’attrito, 111, 141

componente di un vettore lungo una direzione, 13componenti cartesiane di un vettore, 11composizione,

degli stati cinetici, 51di due o piu forze, 89

condizioni iniziali, 106configurazione, 72

d’equilibrio di un punto, 109d’equilibrio di un sistema meccanico, 126di confine, 80interna, 80

coordinate lagrangiane, 75coppia,

d’attrito, 141di forze, 86

elastiche, 101corpo,

deformabile, 23omogeneo, 21rigido, 23, 40

costante,di gravitazione universale, 101elastica, 101

curvatura, 32curve polari, 58

decomposizione di un vettore, 5densita di massa, 21derivata,

di un punto, 18di un versore, 18di un vettore, 17

diagramma orario, 37differenza di due vettori, 4differenziale di un vettore, 17direzione di un vettore, 1divisione vettoriale, 14doppio prodotto vettoriale, 14

ellissoide d’inerzia, 26centrale, 29

energia,cinetica, 115, 146

di un corpo rigido (esempi), 148di un punto, 115di un sistema di punti, 146

meccanica totale, 116potenziale, 116

epiciclo, 60

159

Page 165: Lezioni Di Meccanica Razionale A

equazione,della quantita di moto, 115differenziale, 38

del pendolo semplice, 119di Newton, 71, 106vettoriale del moto, 33

equazioni,cardinali della dinamica, 149cardinali della statica, 132cartesiane del moto di un punto, 33differenziali del moto, 106di Lagrange, 155

per un sistema conservativo, 156parametriche di base e rulletta, 61

equilibrio, 126dei sistemi conservativi, 129dei sistemi a vincoli perfetti, 128di un corpo rigido, 133

appoggiato in un punto ad un piano, 137con un asse fisso, 135

di un punto, 109appoggiato ad un piano liscio, 110libero, 110vincolato ad una curva liscia, 111vincolato ad un piano liscio, 110

indifferente, 130instabile, 130relativo, 123stabile, 130

fase iniziale, 37forma differenziale esatta, 99formula fondamentale della cinematica rigida, 44formule,

di Poisson, 43di trasformazione di coordinate, 53

forza, 68assoluta, 70, 123attiva, 81centrifuga, 124conservativa, 97costante, 100di Coriolis, 122di trascinamento, 122elastica, 101esterna, 81interna, 81Newtoniana, 101peso, 92, 125posizionale, 97resistente, 117risultante, 69, 88viscosa, 70

forze,d’inerzia, 154fittizie, 123generalizzate di Lagrange, 94perdute, 155

frequenza, 38funzione,

di Lagrange, 155potenziale, 98

geometria delle masse, 20glifo, 60grandezze,

scalari, 1vettoriali, 1

integrale generale, 38, 107integrale primo del moto,

di un punto, 118di un sistema materiale, 152

invariante,di un sistema di forze, 84di uno stato cinetico rigido, 46

ipociclo, 60isocronismo del pendolo, 121istante,

di arresto, 46iniziale, 106

Lagrangiana, 156lavoro,

finito, 95, 97infinitesimo reale, 94virtuale, 95

legge,dell’isocronismo del pendolo, 121del moto incipiente, 109di Newton, 71, 106oraria del moto, 34

leggi fondamentali della Meccanica, 70linea nodale, 42

massa, 20, 93matrice,

definita positiva, 26d’inerzia, 26

modulo di un vettore, 1momento,

assiale, 84centrifugo, 25della quantita di moto (o angolare), 117, 143

di un corpo rigido (esempi), 144di un punto, 117di un sistema di punti, 143

di deviazione, 25d’inerzia, 23

centrale , 29polare, 28principale, 28

di una coppia di forze, 86di una forza, 83risultante di un sistema di forze, 83

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Page 166: Lezioni Di Meccanica Razionale A

moto,cicloidale, 60di un corpo rigido, 149

con asse fisso, 155di precessione, 65di piroettamento, 67di puro rotolamento, 61, 67, 74di rotolamento, 67di strisciamento, 67piano, 57rispetto ad un suo punto, 64rotatorio, 49rototraslatorio, 50traslatorio, 46

di un punto, 106, 107accelerato, 37aperiodico con smorzamento critico, 38aperiodico smorzato, 38appoggiato ad un piano liscio, 108asintotico, 121circolare, 39diretto, 34libero, 106oscillatorio armonico, 37oscillatorio smorzato, 38periodico, 37, 121relativo, 121retrogrado, 34rettilineo, 36ritardato, 37rivolutivo, 121uniforme, 34, 36uniformemente vario, 37vincolato ad una curva liscia, 108vincolato ad un piano liscio, 107

epicicloidale, 60ipocicloidale, 60rigido piano, 57

normale principale, 32numero di gradi di liberta, 74nutazione, 42operazioni elementari sulle forze, 89ordine di un’equazione differenziale, 38oscillatore armonico, 114oscillazioni libere, 112

parametri lagrangiani, 75pattino, 77pendolo,

fisico (o composto), 157semplice (o ideale o matematico), 119

periodo, 37peso, 92

piano,orizzontale, 93osculatore, 32

piccole oscillazioni del pendolo semplice, 120polo,

delle accelerazioni, 63del momento della quantita di moto, 117del momento di una forza, 83

posizione d’equilibrio di un punto, 109postulato delle reazioni vincolari, 81potenza di una forza, 102potenziale, 98precessione, 42, 65principio,

d’azione e reazione, 71dei lavori virtuali, 127d’inerzia, 70di D’Alembert, 154

problema,di Cauchy, 106di cinematica relativa, 53di dinamica relativa, 121di statica relativa, 123staticamente determinato, 133

prodotto,d’inerzia, 25di un numero per un vettore, 2misto, 9scalare (o interno), 6vettoriale (o esterno), 8

profili coniugati, 59pulsazione, 37punto d’applicazione, 2, 68punto materiale, 20

quantita di moto,di un punto, 115di un sistema di punti, 142

raggio di curvatura, 32rappresentazione cartesiana dei vettori, 10reazione vincolare, 81

esterna, 82interna, 82

regola del cavatappi, 8relazioni di Coulomb per l’attrito, 111risultante, 83, 88rotazione propria, 42rotolamento senza strisciamento, 61, 67rulletta, 58scomposizione,

di una forza, 89di un vettore, 5

scorrimento di una forza, 89simmetria geometrico-materiale, 22

161

Page 167: Lezioni Di Meccanica Razionale A

sistema,di forze, 83

conservativo, 98elementare, 86interne, 90parallele, 91

di riferimento,assoluto (o fisso), 53inerziale o Galileiano, 70mobile (o relativo), 53solare, 66stellare, 66terrestre-stellare, 66

sistema materiale, 71sistema meccanico, 71

conservativo, 129iperstatico, 134libero, 72olonomo, 76reonomo, 73scleronomo, 73vincolato, 72

sistemi equivalenti,di forze, 85di riferimento, 65

somma di vettori, 2spazio delle configurazioni, 76spostamento, 33

infinitesimo reale, 73invertibile, 79proibito, 79virtuale, 78

stato cinetico, 45elementare, 45elicoidale, 45, 49nullo, 45rigido, 46rotatorio, 45, 47traslatorio, 45

tensore d’inerzia, 26teorema,

della quantita di moto, 149delle forze vive (o dell’energia cinetica),

per un punto, 115per sistema di punti, 151

del momento della quantita di moto, 150del moto del baricentro, 149di composizione delle accelerazioni, 55di composizione delle velocita, 54di conservazione dell’energia,

per un punto, 116per un sistema, 152

teorema,di Coriolis, 55di Huyghens (o di Steiner), 24di Konig, 147di Mozzi, 49di riduzione per un sistema di forze, 89di Torricelli, 131

terna intrinseca, 33traiettoria di un punto, 33traiettorie polari, 58trasformazioni di Galileo, 66

velocita, 34angolare, 39, 47assoluta, 54di trascinamento, 55generalizzate, 75relativa, 54scalare, 34vettoriale, 34

verso di un vettore, 1versore, 1

normale, 33tangente, 32

verticale per un punto, 93vettore, 1

applicato, 2di una forza, 68libero, 1nullo, 1opposto, 2risultante, 3, 83spostamento, 33velocita angolare, 43

vettori,caratteristici di uno stato cinetico rigido, 46caratteristici di un sistema di forze, 83concordi, 2discordi, 2equipollenti, 1paralleli, 2

vincolo, 72bilaterale, 74esterno, 73finito, 74interno, 73liscio (o senza attrito), 82, 102perfetto (o ideale), 102reonomo (o mobile), 72scabro (o con attrito), 82scleronomo (o fisso o stazionario), 72unilaterale, 74

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