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Incontro di formazione per insegnanti di scienze Le trasformazioni della materia – 1° incontro Trento 25-26 ottobre 2018 Elena Ghibaudi 1 – Marco Ghirardi 2 Gruppo SENDS – Storia ed Epistemologia per una Nuova Didattica delle Scienze 1 – Dip. Chimica, Università di Torino; E-mail: [email protected] 2 – IIS Quintino Sella, Biella; E-mail: [email protected]

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Incontro di formazione per insegnanti di scienze

Le trasformazioni della materia – 1° incontro

Trento 25-26 ottobre 2018

Elena Ghibaudi1 – Marco Ghirardi2

Gruppo SENDS – Storia ed Epistemologia per una Nuova Didattica delle Scienze

1 – Dip. Chimica, Università di Torino; E-mail: [email protected] – IIS Quintino Sella, Biella; E-mail: [email protected]

Dall’Enciclopedia Treccani:

trasformazióne s. f. [dal lat. transformatio -onis, der. di transformare «trasformare»]. In

diverse scienze e tecniche, qualsiasi cambiamento che un sistema materiale subisca per

effetto di una variazione dei parametri che ne individuano le condizioni, e anche il

processo mediante il quale si effettua tale cambiamento.

Cosa è una trasformazione? Quali criteri per individuare, definire e classificare una trasformazione?

Cosa è una trasformazione? Quali criteri per individuare, definire e classificare una trasformazione?

Devo individuare:

• un sistema (che subisce la trasformazione)

• uno stato iniziale e uno stato finale del sistema (prima e dopo la trasformazione)

• Enti e/o grandezze fisiche che si modificano nel corso della trasformazione (varianti)

• Enti e/o grandezze fisiche che permangono invariati (invarianti)

Qualsiasi trasformazione di un sistema comporta il permanere di qualcosa (invariante) e

il variare di qualcosa (varianti). L’individuazione di varianti e invarianti è la conditio

sine qua non per poter:

- Affermare che è avvenuta (o è in corso) una trasformazione all’interno di un sistema

- Individuare il tipo di trasformazione che il sistema subisce

Quali tipi (categorie) di trasformazioni della materia conosciamo?

Quali criteri adottiamo per classificarle?

3 grandi classi di trasformazioni:

fisiche, chimiche, nucleari

Quali concetti metti in gioco quando spieghi le trasformazioni della materia?

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Concetti centrali e/o ricorrenti?

• Sostanza• Elemento• Molecola • Atomo • Stato fisico • Energia

Tipo di

trasformazione

Invariante

(macro)

Invariante

(micro)

Variante (macro) Variante (micro)

Fisiche

Massa.

Numero e

tipo di

sostanze

presenti nel

sistema.

Numero e tipo di

atomi presenti

nel sistema.

Numero e tipo di

molecole

presenti nel

sistema

Stato fisico Disposizione delle

molecole del

sistema.

Chimiche

Massa.

Numero e tipo di

atomi presenti

nel sistema.

(concetto di

elemento)

Numero e tipo di

sostanze presenti

nel sistema

Modalità di

combinazione tra

gli atomi del

sistema.

Numero e tipo di

molecole presenti

nel sistema.

NucleariMassa +

energia?

Particelle

subnucleari?

Massa/energia

Numero e tipo di

atomi presenti nel

sistema.

(concetto di

elemento)

ENER

GIA

(in

vari

ante

)Attenzione!L’energia si conserva nel sistema + ambiente

Attenzione!Questi varianti e invarianti si riferiscono al sistema

Per ogni trasformazione identifichiamo varianti e invarianti (enti materiali - come le sostanze o le molecole - o grandezze fisiche – come l’energia).

Per ogni trasformazione distinguiamo tra livello macro e micro.

Qualche commento

La grandezza energia: la collocazione dei tre tipi di trasformazioni sulla ‘scala energetica’ è diversa.

Principio di conservazione della energiaPrincipio di conservazione della massa

Si declinano in modo diverso nel caso delle trasf. nucleari.In quell’intervallo di energie non posso più trattare energia e massa come grandezze separate

È opportuno trattare queste trasformazioni a scuola? In che modo?

Livello macroscopico = livello delle evidenze empiricheLivello microscopico = livello dei modelli

Qualche commento

Il discrimine tra i diversi tipi di trasformazione è dettato:

• Sul piano quantitativo, dalle diverse scale energetiche che competono alle tre tipologie di fenomeni• Sul piano qualitativo e concettuale, dai concetti di elemento e di sostanza.

Sul piano quantitativo:

TRASF. FISICA: indebolimento e rottura di interazioni intermolecolari (0,05-200 kJ/mol)

TRASF. CHIMICA: rottura di legami chimici (150-1000 kJ/mol)

NUCLEARE: processi nucleari (1∙108 kJ/mol)

Sul piano qualitativo:

TRASF. FISICA: sono conservati sia l’identità delle sostanze che gli elementi chimici

TRASF. CHIMICA: sono conservati gli elementi chimici, non le sostanze

NUCLEARE: non sono conservati né le sostanze né gli elementi chimici (che mutano di identità)

Il concetto di sostanza

Dal punto di vista didattico, la scelta più semplice è costruire il concetto a partire dal livello microscopico.

Cosa è una sostanza chimica? Come la definisco?

A livello macroscopico: di cosa necessito per costruire questo concetto?

A livello microscopico: di cosa necessito?

Quindi:• Ad ogni sostanza corrisponde una tipologia di particella microscopica• L’identità della sostanza trova corrispondenza nell’identità della particella

Una sostanza può essere modellizzata (e definita) come una porzione di materia costituita da particelle dello stesso tipo.

Il concetto di sostanza

Come introdurre l’idea di particella e di struttura particellare della materia?In modo apodittico, per atto di fede?

Molti testi fanno proprio così: «la materia ha una struttura discreta ed è costituita di atomi e molecole».Tuttavia, quante volte avete riscontrato che i vostri allievi avevano sviluppato concezioni difformi

rispetto a questi due concetti?

Perché particella?

E poi, è una particella semplice o composta?

Perché non parlare da subito di atomi e molecole?

Gli esperti di didattica raccomandano che ogni volta che si introduce un nuovo concetto in un contesto di apprendimento, il concetto deve rispondere ad una necessità logica ed esplicativa.

I concetti di particella e struttura particellare della materia devono essere introdotti a partire da interrogativi problematici o situazioni problematiche.

La materia, così come la vediamo, appare continua o discontinua? A livello macro, l’impressione è che sia continua. Quali eventi ci fanno dubitare di ciò?

Esempi di trasposizione didatticaispirati da un modello didattico dell’apprendimento

“Agli insegnanti è richiesto di spiegare in modo sequenziale econ semplicità, agli studenti è sollecitata costante attenzione;queste sono le condizioni perché vi sia apprendimento”.

“Se gli allievi non apprendono, ciò dipende dalla scarsa o nullachiarezza espositiva dei docenti, dalla scarsa o nulla attenzionedegli studenti o da un misto delle due”.

“Per aiutare i docenti nell’esposizione e per facilitarel’attenzione degli studenti, è sufficiente procedere in modologico e ordinato, come pure adottare un modo accattivante dipresentare gli argomenti”.

Se tutto ciò fosse vero, allora la didattica della chimica

consisterebbe in un insieme d’indicazioni su come realizzare un

discorso comprensibile, utilizzare l’ultimo ritrovato digitale e

praticare il laboratorio di chimica.

Ammesso che gli insegnanti lavorino responsabilmente e che gli

studenti si applichino seriamente allo studio (e ciò ovviamente

non è scontato), la ricorsività in situazioni diverse delle

medesime concezioni difformi e difficoltà di apprendimento

indica che l’acquisizione dei concetti è resa difficoltosa da

criticità connaturate ai concetti stessi.

Se si vuole che l’apprendimento sia significativo e che gli allievi

acquisiscano i concetti in profondità, occorre progettare e

sperimentare in classe attività didattiche che permettano agli

allievi di mettere in gioco i propri schemi mentali.

Questo è possibile solo nell’ambito di un processo di

apprendimento/insegnamento che attribuisca all’allievo un

ruolo di attore nella costruzione delle proprie conoscenze.

La nostra proposta didattica persegue l’obiettivo di rendere le

allieve e gli allievi artefici del loro apprendimento.

1) “In una trasformazione fisica – a livello macroscopico – siconserva l’identità di una sostanza e – a livello microscopico – siconserva il tipo di particella che la costituisce”.

Cosa è necessario sapere prima?

2) “Un corpo puro, cioè una sostanza, è una porzione di materiacostituita da particelle dello stesso tipo”.

Cosa è necessario sapere prima?

3) “La materia ha una natura discontinua; quindi, è costituita diparticelle e tra una particella e l’altra c’è il vuoto”.

La prima affermazione implica la seconda, la quale a sua voltaimplica la terza.

Per evitare di introdurre tali idee in modo assiomatico, ènecessario affrontare con gli studenti una sequenza di attivitàd’insegnamento attraverso cui possano giungere a rendersiconto della ragionevolezza e della potenza esplicativa delleseguenti ipotesi:

• la materia è discontinua ed è costituita da particelle;

• una sostanza, cioè un corpo puro, è costituita da particelledello stesso tipo;

• in un trasformazione fisica l’identità delle sostanze siconserva.

La comprensione e l’interpretazione dei fenomeni chimici e fisiciprevede che si stabilisca un legame tra due registri diconcettualizzazione:

• livello macroscopico (fatti accessibili mediante percezioni sensorialied esperimenti);

• livello microscopico (entità invisibili che sfuggono ai sensi e che sonoun prodotto dell’immaginazione e della creatività degli scienziati).

Le attività di modellizzazione e l’uso dei modelli consente di produrrerappresentazioni “concrete” e “manipolabili” di entità mentali che nonsono percepibili mediante i sensi.

Fatti – Modelli – Rappresentazioni

Il dualismo macroscopico/microscopico costituisce uno deiprincipali ostacoli cognitivi dell’apprendimento delle scienze.

Gli allievi mostrano spesso notevoli difficoltà nella gestione ditale dualismo, a causa sia della persistenza di nozioni legate alsenso comune, sia della mancanza di una effettivacomprensione della natura particellare della materia.

Tali difficoltà sono generalmente accentuate da uninsegnamento che fa riferimento continuamente a un registro oall’altro senza esplicitare agli allievi il passaggio tra i due.

È dunque necessario che gli allievi siano messi di fronte a tuttauna serie di fenomeni significativi a livello strettamentemacroscopico e successivamente che abbiano l’opportunità diriflettere sulla natura discontinua della materia e sui concetti diparticella e di modello.

Introdurre l’idea di particella, e dunque di discontinuità dellamateria, in modo assiomatico comporta:

• accettazione passiva di quanto afferma l’insegnante o il libro;

• mancata comprensione delle ragioni per le quali gli scienziatiutilizzano questa idea.

La comprensione della natura della scienza implical’organizzazione di attività di insegnamento che consentano lapresentazione della scienza stessa come processo e nonunicamente come prodotto.

Il modello particellare

ATTIVITÀ 1: COSA È UN MODELLO

Per assicurare basi solide allo studio della chimica, è necessarioche gli allievi abbiano, in primo luogo, l’opportunità di rifletteresulle nozioni di “modello” e di “rappresentazione della realtà”.

È un’attività introduttiva e può costituire un approccio efficace eoriginale per introdurre le attività che seguono sulla strutturaparticellare della materia, sulla modellizzazione dei corpi e suifenomeni fisici (espansione, compressione, dilatazione,dissoluzione, passaggi di stato, ecc.).

Il disegno che ognuno ha eseguito

è una riproduzione della realtà?

Una cosa è la realtà (l’elefante) per chi vede, e un’altra cosa è larealtà (l’elefante) per chi non vede.

Questo non significa che vi sia più di una realtà, ma che essa puòessere “percepita” in modi differenti.

I ciechi non vedono l’elefante, bensì lo immaginano.

L’insegnante può introdurre il termine “modello”: le asserzionidei ciechi a proposito delle parti dell’elefante costituiscono unmodello di elefante, mediante il quale è possibile produrre unarappresentazione dell’elefante.

Ognuno di noi ricorre alle proprie rappresentazioni mentali, al propriomodello di elefante, per interpretare i modelli altrui.

La discussione porta la classe a riconoscere che le rappresentazioniprodotte dagli allievi sono l’esito della sintesi di più modelli: quelli deiciechi rivisti alla luce del modello di elefante che ognuno già possiede.

Gli studenti possono quindi condividere l’idea che una cosa è l’elefante(la realtà) per chi l’ha visto, e un’altra cosa è l’elefante per chi ne hauna descrizione basata su analogie.

Se cambiano le analogie utilizzate, cambia il modo di «vedere», omeglio «immaginare» la realtà, di «rappresentarla».

L’insegnante può ora generalizzare e trasporre sul piano scientificoquanto concluso, dando una definizione di modello scientifico.

Quando gli scienziati parlano di atomi, elettroni, ecc. parlano dientità che essi non vedono, ma che immaginano.

Essi si trovano di fronte a evidenze empiriche (per esempio letrasformazioni fisiche e chimiche della materia) e tentano dispiegarle con entità non percepibili, frutto della loro creatività eimmaginazione.

Certamente non possono immaginarle come vogliono, in quantoesiste una realtà empirica che si comporta in un certo modo: leproprietà che gli scienziati attribuiscono a tali entità devonotrovare riscontro nel comportamento dei corpi.

ATTIVITÀ 2: ARISTOTELE E DEMOCRITO

Per fare in modo che gli allievi comprendano la natura del problemaaffrontato (continuità o discontinuità della materia), l’insegnanteespone sulla cattedra due oggetti:

• un pezzo di legno o di metallo;

• un mucchietto di semi di mais o di chicchi di riso.

L’insegnante avvia con gli allievi una discussione sui due sistemimateriali, focalizzando l’attenzione sul loro aspetto: il pezzo dilegno/metallo è un pezzo unico, la sua struttura è continua.L’aspetto del mucchietto è diverso: non vi è un pezzo unico, matanti piccoli pezzi distinguibili a occhio nudo, e la sua struttura èdiscontinua. Il problema affrontato è il seguente:

Se fossimo in grado di vedere la struttura intima della materia, questa sarebbe continua o discontinua?

I manifesti prodotti vengono esposti da ciascun gruppo, edurante la discussione si confrontano i due modelli; dovrebbeemergere che:

• la concezione di Aristotele non permette di capire come siastrutturata la materia, ma solo di affermare che la materia èovunque, ossia non vi è uno spazio, anche minimo, che non siaoccupato da materia;

• le idee di Democrito permettono di rappresentare la materiacome un insieme di particelle di forme e dimensioni differenti,in continuo movimento.

Se ammettiamo che la materia sia costituita da particelle,

che cosa ci sarà tra una particella e l’altra?

Di primo acchito, molti allievi potrebbero sostenere che vi èdell’aria.

L’unica idea plausibile è che tra una particella e l’altra non vi sianulla, cioè non vi siano particelle: questo “nulla” prende il nomedi “vuoto”.

ATTIVITÀ 3: MA IL VUOTO ESISTE?

Esperienza di Torricelli per interpretare la quale si deveammettere, usando un primo e più semplice livello diconcettualizzazione, l’esistenza del vuoto.

Alla luce di questa idea gli allievi sono chiamati a prendere inconsiderazione i due modelli della struttura della materia, quellodi Democrito e quello di Aristotele, per stabilire quale sia piùplausibile.

Si tratta di un espediente didattico: i fatti storici sono statiriadattati per raggiungere le conclusioni più opportune.

Il livello del mercurio nel tubo si fissa per via dell’equilibrio tra lapressione atmosferica e la pressione prodotta dalla colonna dimercurio liquido più la pressione del gas mercurio all’internodel tubo.

Quest’ultima risulta trascurabile in condizioni di temperaturaambiente (20 °C); quindi, si può ritenere che nel fondo del tubovi sia assenza di materia, cioè il vuoto.

La discussione sul quesito deve portare gli allievi a rifletteresulla possibilità che esistano spazi nei quali la materia èassente.

Molti allievi affermano che nel tubo, sopra il mercurio, c’èdell’aria.

La discussione dovrebbe portare gli studenti a condividerequanto segue:

ATTIVITÀ 4: IL VUOTO E LA MATERIA

L’esperimento di Torricelli fornisce l’evidenza sperimentaledell’esistenza del vuoto.

Disponendo di questa prova empirica, si può tornare sui duemodelli della materia già visti e stabilire quale sia più plausibileponendo un interrogativo del tipo:

I risultati degli studi condotti da Torricelli

possono aiutarci a stabilire se sono più accettabili

le idee di Aristotele o quelle di Democrito?

I due modelli sono opposti.

Democrito sosteneva che la materia è formata da particelleinvisibili, indivisibili, indistruttibili. Ammettere che la materia ècostituita da particelle significa ammettere che esiste unaseparazione tra una particella e l’altra.

Se tutta la materia è costituita da particelle, dove non ci sonoparticelle c’è assenza di materia, cioè “vuoto”: se si accettal’idea che il vuoto esiste, allora va accettata l’idea che lamateria sia discontinua.

Relativamente al concetto di vuoto, si può fornire agli allievi untesto che riporta le principali critiche mosse da Aristotele almodello di Democrito.

La discussione in classe delle risposte degli allievi porta aconcludere che gli studi di Torricelli permettono di invalidare econfutare il modello di Aristotele e di ritenere più plausibile ilmodello di Democrito.

Gli allievi dovrebbero ora disporre di una congettura sullastruttura particellare della materia, a partire dalla qualepossono affrontare attività più impegnative relative allamodellizzazione dei corpi e delle loro trasformazioni.

ATTIVITÀ 5: CORPI GASSOSI

L’attività comprende tre Fogli di Lavoro, relativi ai fenomeni dicompressione, miscelazione e dilatazione dei corpi gassosi.

Al termine dell’attività, gli allievi saranno in grado di costruire unprimo Modello Particellare, valido per i corpi gassosi.

Nel primo FOL viene introdotto il problema della compressionedi un gas, riprendendo i concetti relativi alla diminuzione del suovolume e alla conservazione della sua massa.

La discussione serve a richiamare le idee che gli allievidovrebbero già avere elaborato sul fenomeno dellacompressione di un corpo gassoso che può essere mostratadall’insegnante utilizzando una siringa.

Ora, è possibile avviare il processo di modellizzazione fornendoagli allievi un germe di modello, ossia una congetturainterpretativa che alle idee già introdotte da Democrito sullanatura della materia aggiunga un assioma riguardante la massadelle particelle.

Ogni particella di un corpo puro è dunque univocamentecaratterizzata dalla sua indivisibilità, da una propria forma, unapropria massa e proprie dimensioni.

Le particelle vanno disegnate rispettando sia le evidenzesperimentali introdotte nel primo FOL, relativamente alla massae al volume del gas puro, sia le proprietà delle particelle fissatedal germe del modello.

La rappresentazione deve cioè spiegare il fenomenomacroscopico utilizzando le asserzioni del modello particellare.

La discussione dovrebbe portare gli studenti a condividere una rappresentazione di questo tipo:

Si prende in esame il fenomeno della miscelazione di due gas.

Come al solito, prima si richiede l'analisi del fenomeno a livelloempirico e poi la sua interpretazione e rappresentazionemediante il modello.

Tra la situazione con diaframma e la situazione senza diaframmacambia il volume a disposizione di ciascuno dei due gas, mentrerimane invariata la loro massa.

Per avviare la discussione, l'insegnante prende in considerazionealcune delle rappresentazioni più significative prodotte dagliallievi.

La discussione dovrebbe portare gli studenti a condividere una rappresentazione di questo tipo:

A questo punto, in genere, alcuni studenti cominciano amanifestare disagio a rappresentare le particelle all’interno diriquadri che corrispondono ai contenitori.

Per esempio, le particelle dei due gas puri (livello microscopico)vengono disegnate all’interno di due recipienti individuati dalinee chiuse (livello macroscopico).

Gli allievi ritengono che i due livelli vengano confusi nella stessarappresentazione e questa considerazione viene in breveaccettata dai compagni.

Viene condivisa l’idea che la rappresentazione delle particellesia come uno zoom su una zona ristretta del sistema in esame equindi sia più opportuno non disegnare il recipiente.

La discussione dovrebbe portare gli studenti a condividere una rappresentazione di questo tipo:

Si passa ora a una situazione sperimentale in cui si hal’aumento di volume di un gas in seguito a riscaldamento.

Gli studenti introducono spontaneamente l’idea che ilriscaldamento del gas provochi un aumento della velocità delleparticelle che “picchiando” contro il pistone ne provocano lospostamento.

L’insegnante deve però evitare di introdurre problemi relativi aiconcetti di energia e di calore, in quanto l'obiettivo che sipersegue in questo momento è quello della costruzione delmodello particellare.

Si tratta di un comportamento del tutto scientifico, in quantoquesto è l'atteggiamento del ricercatore che, quando affrontaun problema, lascia volutamente nell'ombra gli aspetti cheritiene non pertinenti all'obiettivo che si è posto.

Anche se il movimento delle particelle è in relazione con latemperatura e gli studenti usano questa parola nelle loroargomentazioni, in questo contesto, ciò su cui dobbiamofocalizzare l’attenzione è: il gas si dilata (livello macroscopico) ele particelle si allontanano (livello microscopico).

La discussione dovrebbe portare gli studenti a condividere una rappresentazione di questo tipo:

Si possono riassumere le conclusioni in uno schema checompleti i precedenti:

A seguito delle discussioni sulle interpretazioni dei fenomeni alivello microscopico, l’insegnante chiede agli allievi di aggiungereal germe del modello fornito inizialmente, le proprietà delleparticelle a cui si è fatto ricorso per interpretare i fatti fin quiindagati.

Il modello particellare, dunque, non viene “pronunciato”dall’insegnante, ma viene costruito dagli allievi “in corsod’opera”, ossia cimentandosi con i problemi postidall’interpretazione di nuovi fenomeni.

Si possono poi riunire tutte le proprietà (da imparare) in unelenco.

Abbiamo rappresentato un corpo gassoso puro come costituito da un insieme di particelle molto piccole, che

hanno le seguenti proprietà:

1. UNA PARTICELLA NON SI PUÒ DIVIDERE, È INDIVISIBILE

2. UNA PARTICELLA NON PUÒ CAMBIARE FORMA, È INDEFORMABILE

3. UNA PARTICELLA HA SEMPRE LE STESSE DIMENSIONI

4. UNA PARTICELLA DI UN CORPO GASSOSO PURO HA SEMPRE LA STESSA QUANTITÀ DI MATERIA, CHECAMBIA AL CAMBIARE DEL CORPO GASSOSO PURO

5. UN SOLO TIPO DI PARTICELLA INDIVIDUA UN CORPO GASSOSO PURO

6. UN DETERMINATO NUMERO DI PARTICELLE DELLO STESSO TIPO EQUIVALE SEMPRE ALLA STESSAQUANTITÀ DI UN CORPO GASSOSO PURO

7. TRA LE PARTICELLE DI UN CORPO GASSOSO VI SONO SPAZI VUOTI MOLTO GRANDI RISPETTO ALLEDIMENSIONI DELLE PARTICELLE

8. LE PARTICELLE DI UN CORPO GASSOSO NON SONO STIPATE TRA LORO E NON SONO VINCOLATE LE UNEALLE ALTRE

9. LE PARTICELLE DI UN CORPO GASSOSO SONO LIBERE DI MUOVERSI E SPOSTARSI

10. LE PARTICELLE DI UN CORPO GASSOSO SONO DISPOSTE IN MODO DISORDINATO

Il concetto di sostanza

Il modello particellare che gli studenti hanno costruito perdescrivere gli stati fisici della materia a livello microscopico, puòessere ora utilizzato per elaborare il concetto di sostanza.

Un corpo viene definito puro facendo riferimento alla suacomposizione.

Agli allievi è ormai chiaro che un corpo viene definito puroquando è costituito di particelle tutte dello stesso tipo.

In chimica il corpo puro viene chiamato sostanza.

Nel modello particellare, dunque, sostituendo all’espressione corpo puro iltermine sostanza possiamo giungere alla definizione di un concetto fondantedella chimica: il concetto di sostanza.

In particolare, facendo riferimento al punto 5 di questo modello, possiamo affermare che:

Conclusioni

Quali sono le vostre perplessità circa il discorso che abbiamo proposto?

Quali sono le idee fondamentali che traete dall’incontro di oggi?

• Abbiamo visto alcuni passaggi logici e didattici preliminari, necessari per poter affrontare le trasformazioni (domani vedremo il dettaglio della sequenza didattica sulle trasformazioni fisiche)

• Queste attività (proposte agli studenti) mirano ai seguenti obiettivi di apprendimento:

- Imparare a distinguere tra realtà materiale e sua descrizione modellistica (questo dovrebbe essere un leitmotiv dell’insegnamento di tutte le scienze).

- Imparare ad utilizzare le rappresentazioni iconiche come strumento per rappresentare la realtà microscopica.

Le rappresentazioni iconiche sono gli strumenti cognitivi che gli allievi utilizzano per comprendere sia la sintassi che la semantica del linguaggio simbolico della chimica. Esse sono la premessa necessaria per l’introduzione e la corretta decodifica del linguaggio simbolico della chimica (es. assegnazione di significato a indici delle formule e coefficienti stechiometrici; collegamento tra simbolo dell’elemento e tipo di atomo; rappresentazione delle sostanze semplici e composte mediante formule).