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417 PARTE OTTAVA Le società a partecipazione pubblica - Il testo unico Riccardo Narducci Cap. I Il Testo Unico in materia di Società a parteci- pazione Pubblica - TUSP 1. Il quadro normativo Il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, emanato in attua- zione dell’art. 18, legge 7 agosto 2015, n. 124, in conseguenza alla sentenza della Corte Costituzio- nale 3 novembre 2016, n. 251, è stato oggetto di un intervento legislativo definito d’intesa fra Stato, Regioni ed Autonomie locali in tema di Testo uni- co in materia di società partecipate approvato con D.Lgs. n. 175/2016. A seguito dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata nella seduta del 16 marzo 2017 ed acquisiti i pareri obbligatori previsti, con D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 100 (di seguito “De- creto correttivo”), sono state emanate disposizioni correttive del citato Testo unico che hanno inciso su aspetti non secondari. Il Testo Unico in materia di Società a Partecipazione Pubblica (TUSP) sostituisce ed abroga il coacervo di disposizioni che regolavano, spesso in modo non ordinato, le medesime società. Restano in vigore i commi 10-12 dell’art. 113, Tuel - in tema di con- tratto di servizio ed alienazione delle partecipazioni societarie - nonché i commi 2-4 e 13 inerenti la ge- stione e la proprietà di reti ed impianti per l’eroga- zione di servizi pubblici mediante società. 2. L’ambito applicativo del TUSP L’art. 1, D.Lgs. n. 175/2016, definisce l’oggetto del TUSP che regola la disciplina della costituzione di società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta nonché l’acquisto, il manteni- mento e la gestione di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche in tali soggetti. Fermo restando eventuali deroghe espresse, alle società a partecipazione pubblica si applicano le specifiche norme del codice civile e quelle generali del diritto privato. Restano comunque ferme (c. 4) le norme già in vigore - contenute in leggi, decreti ministeriali o regolamenti - che disciplinano singole società a partecipazione pubblica costituite per la gestione di Servizi di Interesse Generale (SIG) o Servizi di Inte- resse Economico Generale (SIEG) ovvero una spe- cifica missione di pubblico interesse nonché restano valide le norme di legge inerenti la partecipazione di pubbliche amministrazioni ad enti associativi, diversi dalle società, ed alle fondazioni. L’art. 3 del Decreto correttivo integra l’art. 1 del D.Lgs. n. 175/2016 stabilendo che le disposizioni recate nel medesimo testo unico si applicano - oltre che alle società già indicate dalla norma originaria del TUSP - anche alle società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. Il successivo art. 4 del Decreto correttivo ha soppresso conseguentemente il richiamo alle società partecipate da società di ca- pitali recato all’art. 2, c. 1, lett. p), del TUSP. Il Decreto correttivo (art. 4) integra la definizio- ne del termine “società” di cui alla lett. l), ricom- prendendovi anche gli organismi societari (ovvero quelli di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile) che hanno come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili; in questo modo le disposizioni del TUSP vengono esplicitamente este- se anche alle società consortili disciplinate dall’art. 2615-ter, codice civile. Lo stesso Decreto correttivo, inoltre, ha integrato la lett. o) dell’art. 2, TUSP, nella definizione di società in house che fa ora rinvio ai rigorosi limiti di parte- cipazione da parte di capitali privati ed al requisito della prevalenza dell’attività come precisato dall’art. 16 dello stesso Testo Unico. La lett. p) dell’art. 2, re- cante la definizione di “società quotate”, è riformu- lata dal Decreto correttivo al fine di tener conto di quanto previsto dall’art. 3 del medesimo provvedi- mento che modifica l’art. 1 del TUSP (vedasi sopra). 3. Le partecipazioni pubbliche Il D.Lgs. n. 175/2016 stabilisce che gli enti locali possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o

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Parte Ottava

Le società a partecipazione pubblica- Il testo unico

Riccardo Narducci

Cap. IIl Testo Unico in materia di Società a parteci-pazione Pubblica - TUSP

1. Il quadro normativo

Il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, emanato in attua-zione dell’art. 18, legge 7 agosto 2015, n. 124, in conseguenza alla sentenza della Corte Costituzio-nale 3 novembre 2016, n. 251, è stato oggetto di un intervento legislativo definito d’intesa fra Stato, Regioni ed Autonomie locali in tema di Testo uni-co in materia di società partecipate approvato con D.Lgs. n. 175/2016. A seguito dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata nella seduta del 16 marzo 2017 ed acquisiti i pareri obbligatori previsti, con D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 100 (di seguito “De-creto correttivo”), sono state emanate disposizioni correttive del citato Testo unico che hanno inciso su aspetti non secondari.Il Testo Unico in materia di Società a Partecipazione Pubblica (TUSP) sostituisce ed abroga il coacervo di disposizioni che regolavano, spesso in modo non ordinato, le medesime società. Restano in vigore i commi 10-12 dell’art. 113, Tuel - in tema di con-tratto di servizio ed alienazione delle partecipazioni societarie - nonché i commi 2-4 e 13 inerenti la ge-stione e la proprietà di reti ed impianti per l’eroga-zione di servizi pubblici mediante società.

2. L’ambito applicativo del TUSP

L’art. 1, D.Lgs. n. 175/2016, definisce l’oggetto del TUSP che regola la disciplina della costituzione di società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta nonché l’acquisto, il manteni-mento e la gestione di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche in tali soggetti. Fermo restando eventuali deroghe espresse, alle società a partecipazione pubblica si applicano le specifiche norme del codice civile e quelle generali del diritto privato.Restano comunque ferme (c. 4) le norme già in vigore - contenute in leggi, decreti ministeriali o

regolamenti - che disciplinano singole società a partecipazione pubblica costituite per la gestione di Servizi di Interesse Generale (SIG) o Servizi di Inte-resse Economico Generale (SIEG) ovvero una spe-cifica missione di pubblico interesse nonché restano valide le norme di legge inerenti la partecipazione di pubbliche amministrazioni ad enti associativi, diversi dalle società, ed alle fondazioni.L’art. 3 del Decreto correttivo integra l’art. 1 del D.Lgs. n. 175/2016 stabilendo che le disposizioni recate nel medesimo testo unico si applicano - oltre che alle società già indicate dalla norma originaria del TUSP - anche alle società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. Il successivo art. 4 del Decreto correttivo ha soppresso conseguentemente il richiamo alle società partecipate da società di ca-pitali recato all’art. 2, c. 1, lett. p), del TUSP.Il Decreto correttivo (art. 4) integra la definizio-ne del termine “società” di cui alla lett. l), ricom-prendendovi anche gli organismi societari (ovvero quelli di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile) che hanno come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili; in questo modo le disposizioni del TUSP vengono esplicitamente este-se anche alle società consortili disciplinate dall’art. 2615-ter, codice civile.Lo stesso Decreto correttivo, inoltre, ha integrato la lett. o) dell’art. 2, TUSP, nella definizione di società in house che fa ora rinvio ai rigorosi limiti di parte-cipazione da parte di capitali privati ed al requisito della prevalenza dell’attività come precisato dall’art. 16 dello stesso Testo Unico. La lett. p) dell’art. 2, re-cante la definizione di “società quotate”, è riformu-lata dal Decreto correttivo al fine di tener conto di quanto previsto dall’art. 3 del medesimo provvedi-mento che modifica l’art. 1 del TUSP (vedasi sopra).

3. Le partecipazioni pubbliche

Il D.Lgs. n. 175/2016 stabilisce che gli enti locali possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o

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di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.Gli enti locali possono costituire e mantenere le partecipazioni in dette società purché corrisponda-no ai requisiti e vincoli precisati in seguito.Occorre inoltre considerare che il nuovo Testo Uni-co deve essere applicato avendo riguardo all’effi-ciente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del merca-to, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, così come previsto dall’art. 1, c. 2.Nell’applicazione del rinnovato quadro ordina-mentale occorre peraltro considerare anche quanto disposto dal nuovo Testo Unico sui servizi pubblici locali, trattato in altra parte della presente Guida.

4. Le condizioni per mantenere o costituire una società partecipata

4.1. I criteri ordinari

I comuni possono, direttamente o indirettamente, mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi soltanto se strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, come precisato dall’art. 4, TUSP, che riprende il di-sposto dell’art. 3, c. 27, legge n. 244/2007.Fermo restando tale limite, è altresì disposto che il comune può mantenere partecipazioni in società:

- esclusivamente per lo svolgimento delle attività indicate dallo stesso art. 4, c. 2, TUSP:

«a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

b) progettazione e realizzazione di un’opera pubbli-ca sulla base di un accordo di programma fra am-ministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ov-vero organizzazione e gestione di un servizio d’in-teresse generale attraverso un contratto di partena-riato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2;

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svol-gimento delle loro funzioni, nel rispetto delle con-dizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazio-nale di recepimento;

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di

enti senza scopo di lucro e di amministrazioni ag-giudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016»;

- ovvero, al solo scopo di ottimizzare e valorizzare l’utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, «in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio (…), tra-mite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato».

4.2. Le ulteriori possibilità

La norma dispone l’ammissione delle partecipazio-ni nelle società aventi ad oggetto sociale esclusivo la gestione e l’organizzazione di spazi ed eventi fieri-stici nonché la realizzazione e la gestione di impian-ti a fune per la mobilità turistico-sportiva, eserciti in aree montane nonché la possibilità di costituire società in applicazione delle misure del decreto legislativo n. 297/1999, inerente le start-up e agli spin-off universitari previste dalla legge n. 240/2010 smi. Il Decreto correttivo (art. 4) integra il comma 7 estendendo la possibilità di partecipare a società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili (mentre al comma 8 è aggiunto un nuovo periodo che consente alle uni-versità di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche).È sancito inoltre che le società in house (c. 4) abbia-no come oggetto sociale esclusivo una o più attività di cui al precedente elenco (ovviamente al netto del partenariato), mentre il c. 5 vieta alle società c.d. strumentali, controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Tale divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali (le c.d. holding), salvo il rispetto degli obblighi in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamen-to del bilancio degli enti partecipanti.Per effetto del nuovo comma 9-bis dell’art. 4, TUSP, introdotto dall’art. 5 del Decreto correttivo, nel rispetto della disciplina europea, è fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di ac-quisire o mantenere partecipazioni in società che producono SIEG a rete, di cui all’art. 3-bis, D.L. n. 138/2011, convertito dalla legge n. 148/2011, anche fuori dall’ambito territoriale della collettività di ri-ferimento, in deroga alle previsioni di cui alla lettera a) indicata nel precedente par. 4.1., purché l’affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica; per tali par-

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tecipazioni trova piena applicazione la procedura di revisione periodica. L’art. 1, c. 891, della legge 27 di-cembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), ha stabi-lito che è fatta salva la possibilità di acquisire o mante-nere partecipazioni, comunque non superiori all’1% del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile, senza ulteriori oneri finanziari rispetto a quelli derivanti dalla partecipazione medesima.

Cap. IILe società a controllo pubblico

1. Definizione

Le società a controllo pubblico sono quelle in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ex art. 1, c. 1, lett. b), TUSP, ossia la situa-zione descritta nell’art. 2359 del codice civile. Il con-trollo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso una-nime di tutte le parti che condividono il controllo.

2. Organi amministrativi e di controllo

2.1. Composizione

L’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è, di regola, costituito da un amministra-tore unico (art. 11, c. 2, TUSP).Il Decreto correttivo ha disposto che l’assemblea della singola società a controllo pubblico può de-cidere di derogare a tale principio con delibera mo-tivata (con “motivazioni rinforzate”) in relazione a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi. Sussistendo dette condizioni l’assemblea può ricorrere al consiglio di amministrazione, composto da tre o cinque membri, o può, in alternativa, ri-correre a forme di governance alternative (quella di tipo dualistico o quella di tipo monistico).La disposizione prevede infine che la delibera sia trasmessa alla sezione della Corte dei conti compe-tente (ai sensi dell’art. 5, comma 4, del testo unico) e alla struttura del Ministero dell’economia e del-le finanze cui spetta il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del testo unico (ai sensi dell’art. 15).Resta fermo che per le società a controllo pubblico costituite in forma di responsabilità limitata (c. 5) non è possibile, in deroga al codice civile, prevedere che l’amministrazione sia affidata disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci.

2.2. Requisiti

Per l’art. 11, TUSP - fermi restando eventuali ulte-riori requisiti previsti dallo statuto - i componenti dell’organo amministrativo di società a controllo pubblico devono possedere requisiti di onorabili-tà, professionalità e indipendenza da stabilirsi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, rispetto al quale, per effetto delle inte-grazioni apportate al TUSP dal Decreto correttivo, deve essere raggiunta l’intesa in sede di Conferenza unificata nell’ambito dell’iter di adozione del decre-to. Sono fatte salve (c. 1), inoltre, le norme vigenti in materia di incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli orga-ni di indirizzo nelle amministrazioni statali, regio-nali e locali, nonché quelle in tema di inconferibilità (cfr. D.Lgs. n. 39/2013 smi).È inoltre previsto (art. 11, c. 8) che gli ammini-stratori delle società in controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti (al contrario di quanto perseguito con il decreto spending review e successive modifiche). In caso siano invece dipen-denti della società controllante hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appar-tenenza.È importante rilevare che nella scelta degli am-ministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni che provvedono alla designazio-ne o nomina assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno. Qualora la società abbia un organo amministrati-vo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel ri-spetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120.Nelle società di cui amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, non è consenti-to nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero che la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibi-li alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della so-cietà controllante o di favorire l’esercizio dell’attivi-tà di direzione e coordinamento.Occorre inoltre considerare che resta applicabi-le il comma 734 della legge n. 296/2006, in base al

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quale non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi. Il comma 734 si interpreta nel senso che non può essere no-minato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubbli-co chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia registrato, per tre esercizi consecutivi “un progressivo peggioramento dei conti per ragioni riferibili a non necessitate scelte gestiona-li”, come disposto dall’art. 71, primo comma, lett. f), della legge 18 giugno 2009, n. 69. Ne consegue che deve escludersi la ricorrenza dei presupposti del divieto nelle ipotesi in cui il progressivo peg-gioramento risulti conforme alla programmazione gestoria. La norma risulta riferita al risultato eco-nomico di esercizio di società ed aziende, ovvero al disavanzo di competenza ed alla complessiva situa-zione debitoria per ciò che concerne enti ed aziende pubbliche.Infine, resta il divieto per gli enti locali di conferire a soggetti già lavoratori privati o pubblici colloca-ti in quiescenza (art. 5, c. 9, D.L. n. 95/2012, come modificato dall’art. 6 del D.L. n. 90/2014, conv. in legge n. 114/2014) incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di società dagli stessi controllati, ovvero incarichi di studio e consulenza; incarichi e collaborazioni sono consentiti esclusivamente a ti-tolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso cia-scuna amministrazione; devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fis-sati dall’organo competente dell’amministrazione interessata di attribuire incarichi di studio e di con-sulenza. Il Ministero dell’economia e delle finanze, con circolare 4 dicembre 2014, n. 6, ha fornito utili precisazioni in merito all’ambito applicativo del di-vieto, cui si rinvia espressamente.

2.3. Compensi ed emolumenti - le fasce dimensionali

L’art. 11, c. 6, TUSP, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finan-ze per la definizione di indicatori dimensionali qualitativi e quantitativi delle società in control-lo pubblico, diretti a individuare cinque fasce per la classificazione delle stesse. Il Decreto correttivo stabilisce che l’adozione di tale provvedimento, nel caso di società controllate dalla regione o da enti locali, sia subordinato alla previa intesa in Confe-renza unificata.

È quindi previsto che ad ogni fascia verrà attribui-to un limite massimo di remunerazione degli am-ministratori, titolari e componenti degli organi di controllo, dirigenti e dipendenti, quale trattamen-to annuo lordo onnicomprensivo che comunque non potrà comunque superare il limite di 240.000 euro annui, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del benefi-ciario, tenuto conto anche dei compensi corrispo-sti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le società sono tenu-te a verificare il rispetto della succitata condizione mentre il provvedimento fa salvi eventuali norme o regolamenti che prevedono compensi inferiori.È infine previsto (c. 7) che - nelle more dell’ema-nazione del succitato decreto ministeriale - resta-no in vigore le norme delle previgenti disposizioni in materia di limiti ai compensi degli organi di amministrazione delle società a partecipazione pubblica. Tale norma, per gli enti locali, va però coordinata con le abrogazioni apportate al richia-mato art. 4, c. 4, del D.L. n. 95/2012 che salvaguar-dano solo il secondo periodo di tale disposizione. In base a tale disposizione, per le sole società che avevano conseguito un fatturato da prestazioni di servizi a favore di PA superiore al 90% dell’intero fatturato, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori, ivi compresa la remunera-zione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80% del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013. Per tutte le altre società emerge (nelle more dell’emanazione del decreto), la mancata applicabilità di specifiche disposizioni limitative ovvero di criteri di determinazione degli emolumenti e compensi degli amministratori e sin-daci; non si può non rilevare, tuttavia, che lo stesso Testo Unico stabilisce che “le disposizioni contenute nel presente decreto sono applicate avendo riguar-do… alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica”, come espresso dal suo art. 1, c. 3, per cui si è del parere che, nelle more dell’emanazione del predetto decreto, non si possano applicare criteri incrementativi degli emolumenti, ossia che condu-cano ad un maggior aggravio (a parità di condizio-ni) per il bilancio della società.Nelle società a partecipazione pubblica, ma non a controllo pubblico, l’ente titolare di una partecipa-zione superiore al 10% del capitale è tenuto a pro-porre agli organi societari l’introduzione di misure analoghe a quelle di cui sopra.Resta applicabili, in quanto non espressamente abrogato, il comma 718 della legge n. 296/2006, per

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il quale (fermo restando quanto disposto dagli arti-coli 60 e 63 Tuel) l’assunzione, da parte dell’ammi-nistratore di un ente locale, della carica di compo-nente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società.

2.4. Amministratori dipendenti

Gli amministratori delle società a controllo pub-blico non possono essere dipendenti delle ammini-strazioni pubbliche controllanti o vigilanti. Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzio-ne, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui sopra, essi hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appar-tenenza.Coloro che hanno un rapporto di lavoro con socie-tà a controllo pubblico e che sono al tempo stesso componenti degli organi di amministrazione della medesima società, sono collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza, sal-vo che rinuncino ai compensi dovuti a qualunque titolo agli amministratori.Resta applicabile l’art. 3, c. 44, sesto periodo, della legge n. 244/2007, che dispone il collocamento in aspettativa senza assegni e la sospensione dell’iscri-zione previdenziale per tutte le società a partecipa-zione pubblica locale (cfr. Dipartimento Funzione Pubblica, circ. 30 aprile 2008, n. 1/2008).

2.5. La riduzione degli emolumenti e la revoca nel caso di perdite

Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valo-re della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico nega-tivo, ai sensi dell’art. 21, c. 3, TUSP, sono tenute a procedere alla riduzione del 30% del compenso dei componenti degli organi di amministrazione.Il conseguimento di un risultato economico negati-vo per due anni consecutivi rappresenta giusta cau-sa ai fini della revoca degli amministratori.Quanto sopra non si applica ai soggetti il cui risulta-to economico, benché negativo, sia coerente con un

piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante.

3. Clausole statutarie obbligatorie

Lo statuto della società deve prevedere:

a) l’attribuzione da parte del consiglio di ammini-strazione di deleghe di gestione ad un solo ammini-stratore, salva l’attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente autorizzata dall’assemblea;

b) l’esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusi-vamente quale modalità di individuazione del sosti-tuto del presidente in caso di assenza o impedimen-to, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi;

c) il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimen-to dell’attività e il divieto di corrispondere tratta-menti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali;

d) il divieto di istituire organi diversi da quelli pre-visti dalle norme generali in tema di società.

Le società a controllo pubblico devono limitare ai casi previsti dalla legge la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta. Per il caso di loro costituzione, non può comunque essere rico-nosciuta ai componenti di tali comitati alcuna re-munerazione complessivamente superiore al 30% del compenso deliberato per la carica di componen-te dell’organo amministrativo e comunque propor-zionata alla qualificazione professionale e all’entità dell’impegno richiesto.

4. Il personale

4.1. Inquadramento normativo

Ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impre-sa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.È fatto divieto di corrispondere ai dirigenti delle società a controllo pubblico indennità o tratta-menti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva ovvero di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche ai sensi dell’art. 2125, cod. civ. Nelle società a partecipazione pubblica, ma non a controllo pubblico, l’ente titolare di una parteci-pazione superiore al 10% del capitale è tenuto a

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proporre agli organi societari l’introduzione di misure analoghe.

4.2. Le modalità di assunzione

Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il re-clutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pub-blicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, c. 3, D.Lgs. n. 165/2001; in caso di mancata adozio-ne dei suddetti provvedimenti, trova diretta appli-cazione il citato comma 3. Salvo quanto previsto dall’art. 2126 del codice civi-le, ai fini retributivi, i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle procedure di cui sopra sono nulli. Resta ferma la giurisdizione ordi-naria sulla validità dei provvedimenti e delle proce-dure di reclutamento del personale.

4.3. Il contenimento dei costi

Il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dirigenti e dipendenti delle società a controllo pubblico deve rispettare il limite massimo stabilito in relazione alla fascia dimensionale in cui si col-loca la medesima società in base agli indicatori di-mensionali stabiliti dal decreto di cui all’art. 11, c. 6, TUSP (vedasi precedente par. 2.3).Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con pro-pri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e plu-riennali, sul complesso delle spese di funzionamen-to, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all’art. 25, T.U.S.P. ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale. Tali obiettivi sono raggiunti tramite pro-pri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.I provvedimenti di cui sopra sono pubblicati sul sito istituzionale della società, ed in caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano gli artt. 22, c. 4, 46 e 47, c. 2, D.Lgs. n. 33/2013.

4.4. L’eventuale reinternalizzazione

Le pubbliche amministrazioni titolari di partecipa-zioni di controllo in società, in caso di reinternaliz-zazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effet-

tuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle uni-tà di personale già dipendenti a tempo indetermi-nato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l’utilizzo delle proce-dure di mobilità di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 165/2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pub-blica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell’am-ministrazione interessata e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili.

5. La relazione sul governo societario

Le società controllate sono tenute a predisporre annualmente a chiusura dell’esercizio sociale, pub-blicandola contestualmente al bilancio d’esercizio, un’apposita relazione sul governo societario. Nella stessa sono indicati:

- specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale informandone l’assemblea nell’am-bito della relazione annuale sul governo societario. Vista l’assenza di specifiche indicazioni normative sul punto il Consiglio Nazionale dei Dottori Com-mercialisti ed esperti contabili sta elaborando un format per la predisposizione dei programmi di va-lutazione del rischio di crisi aziendale che - in base all’art. 6 del D.Lgs. n. 175/2016 - gli amministratori delle società a controllo pubblico devono presentare annualmente all’assemblea in occasione della rela-zione sul governo societario;

- gli strumenti di governo che, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzati-ve nonché dell’attività svolta, si è ritenuto di attivare integrando quelli già presenti con i seguenti:

a) regolamenti interni volti a garantire la conformi-tà dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concor-renza sleale, nonché alle norme di tutela della pro-prietà industriale o intellettuale;

b) un ufficio di controllo interno strutturato secon-do criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabori con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmetta periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza del-la gestione;

c) codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina

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dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società;

d) programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commis-sione dell’Unione europea;

- gli strumenti eventualmente adottati sono indicati nella relazione. Se la società non provvede ad inte-grare gli strumenti di governo societario con quelli di cui sopra, ne da conto nella relazione.

6. Controllo giudiziario - Poteri di denunzia dell’ente socio

Nelle società a controllo pubblico, in deroga ai li-miti minimi di partecipazione previsti dall’art. 2409 cod. civ., ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale; tale possibilità è valida anche per le società a controllo pubblico co-stituite in forma di srl.

7. Quotazione in mercati regolamentati

Le società controllate da una o più amministrazioni pubbliche possono quotare azioni o altri strumenti finanziari in mercati regolamentati, a seguito di de-liberazione consiliare adottata dall’ente controllan-te ai sensi dell’art. 5, c. 1, TUSP. L’atto deliberativo prevede uno specifico programma avente ad ogget-to il mantenimento o la progressiva dismissione del controllo pubblico sulla società quotata; l’atto deli-berativo avente ad oggetto la richiesta di ammissio-ne alla quotazione è adottato con le modalità di cui all’art. 7, c. 1, TUSP.È fatta salva la possibilità di quotazione in mercati regolamentati di società a partecipazione pubblica singolarmente individuate, soggette a regimi specia-li in base ad apposite norme di legge, come stabilito dall’art. 18, TUSP.

8. Società che svolgono attività economiche protette - separazione contabile

Le società a controllo pubblico, che svolgono atti-vità economiche protette da diritti speciali o esclu-sivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di sepa-razione societaria previsto dall’art. 8, c. 2-bis, legge n. 287/1990, devono adottare sistemi di contabilità

separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività.

9. Trasparenza ed anticorruzione

9.1. Gli obblighi dell’ente socio

Gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi alle società partecipate ed agli altri enti vigilati o con-trollati di cui al D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, ricado-no sull’ente locale socio.Ai sensi dell’art. 22 del citato decreto n. 33 l’ente pub-blica e aggiorna annualmente:

a) l’elenco degli organismi pubblici, comunque de-nominati, istituiti, vigilati e finanziati dalla ammini-strazione medesima ovvero per i quali l’amministra-zione abbia il potere di nomina degli amministratori dell’ente, con l’elencazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

b) l’elenco delle società di cui detiene direttamen-te quote di partecipazione anche minoritaria indi-candone l’entità, con l’indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell’am-ministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

c) l’elenco degli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell’amministrazione, con l’indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

d) una o più rappresentazioni grafiche che eviden-ziano i rapporti tra l’amministrazione e gli enti di cui sopra.

Le Linee guida ANAC, adottate con delibera 8 no-vembre 2017, n. 1134, precisano che devono essere pubblicati i dati previsti dall’art. 22 con riferimento:

“- a tutti gli enti pubblici comunque istituiti, vigila-ti o finanziati per i quali abbiano poteri di nomina degli amministratori;

- a tutte le società, controllate o anche soltanto par-tecipate;

- a tutti gli enti di diritto privato, comunque de-nominati, in controllo pubblico oppure, anche se non in controllo, comunque costituiti o vigilati, nei quali siano riconosciuti alle medesime p.a. poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi.

Si precisa che tra le società controllate vanno indi-cate anche quelle sulle quali l’amministrazione eser-cita un’influenza dominate ai sensi dell’art. 2359,

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co. 1, n. 3, del codice civile, stante il recepimento di tale definizione all’interno del nuovo art. 2-bis del D.Lgs. 33/2013 (cfr. par. 2.1).All’interno dei gruppi societari l’individuazione del tipo di società, se in controllo pubblico o a parteci-pazione pubblica non di controllo, deve essere fat-ta con riguardo a ogni singola società del gruppo, indipendentemente dalla natura della capogruppo”.Per ciascuno degli enti di cui alle precedenti lett. da a) a c) sono pubblicati i dati relativi alla ragio-ne sociale, alla misura dell’eventuale partecipazio-ne dell’amministrazione, alla durata dell’impegno, all’onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul bilancio dell’amministrazione, al numero dei rappresentanti dell’amministrazione negli orga-ni di governo, al trattamento economico complessi-vo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari; sono altresì pub-blicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell’ente e il relativo trattamento economico com-plessivo.Per “incarichi di amministratore” degli enti e delle società - di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 del medesimo articolo - si devono intendere (cfr. ANAC, orientamento 6 giugno 2014, n. 31) quel-li di Presidente e di componente del Consiglio di Amministrazione, o di altro organo con analoghe funzioni comunque denominato, e di amministra-tore delegato. Per ciascuno di essi devono essere pubblicati il nominativo dell’amministratore, il tipo di incarico e il relativo trattamento economi-co complessivo.L’inosservanza degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 22, c. 2, che comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 47, c. 2, del D.Lgs. n. 33/2013, deve essere segnalata dall’OIV, o da altro organismo con ana-loghe funzioni, e dal Responsabile della trasparen-za all’“autorità amministrativa competente” di cui all’art. 47, c. 3, del medesimo decreto al fine di dare avvio al procedimento sanzionatorio.

9.2. Le previsioni del Decreto correttivo

Il Decreto correttivo coordina la definizione di so-cietà in controllo pubblico considerata dal D.Lgs. n. 33/2013, con quella recata dal Testo Unico, ed esclude dalla normativa in materia di trasparenza le società quotate nonché le società dalle stesse parte-cipate, salvo che queste non risultino controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

9.3. Il whistleblowing nelle società in controllo pubblico

Con legge 30 novembre 2017, n. 179, sono state ap-provate disposizioni per la tutela degli autori di se-gnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. In particolare detta tutela si ap-plica non solo ai dipendenti pubblici ma si estende anche ai dipendenti di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, nonché ai lavoratori e ai col-laboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica.

9.4. Le Linee Guida ANAC

Con determinazione 17 giugno 2015, n. 8, l’ANAC ha emanato le linee guida per l’attuazione della nor-mativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pub-bliche amministrazioni e degli enti pubblici econo-mici. Le Linee guida costituiscono un riferimento cui sono tenuti a conformarsi le società e gli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbli-che amministrazioni, nonché gli enti pubblici eco-nomici; l’applicazione delle Linee guida è sospesa per le società con azioni quotate e per le società con strumenti finanziari quotati in mercati regolamen-tati e per le loro controllate.La stessa Autorità con delibera 8 novembre 2017, n. 1134, ha approvato le nuove Linee guida per l’at-tuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipa-ti dalla pubbliche amministrazioni; la trasparenza intesa dalle Linee guida è tanto quella consistente nella pubblicazione sui siti web dei dati e dei docu-menti soggetti a pubblicazione obbligatoria, tanto quella correlata all’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato.Le Linee guida precisano che, con riferimento alle misure di prevenzione della corruzione diverse dalla trasparenza, l’art. 41 del D.Lgs. n. 97/2016, aggiun-gendo il c. 2-bis all’art. 1 della legge n. 190/2012, prevede che tanto le pubbliche amministrazioni quanto gli “altri soggetti di cui all’articolo 2-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 33 del 2013” siano destinata-ri delle indicazioni contenute nel PNA, ma secondo un regime differenziato: mentre le prime sono te-nute ad adottare un vero e proprio PTPC, i secondi

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devono adottare “misure integrative di quelle adot-tate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”; si rammenta che fra i soggetti di cui al ci-tato art. 2-bis, c. 2, sono considerati: le società in controllo pubblico come definite dal TUSP, mentre sono escluse le società quotate, le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ulti-mo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.L’adozione delle misure di prevenzione della corru-zione e per la trasparenza, avviene, dunque, secondo un regime specifico (per le tipologie di soggetti che qui interessano), cui si rinvia espressamente: le so-cietà in controllo pubblico (par. 2.1 e 3.1); le società indirettamente controllate (par. 3.1.5); le società a partecipazione pubblica non di controllo (par. 2.3.2 e 3.3.); gli enti di diritto privato comunque denomi-nato, limitatamente alle attività di pubblico interes-se (par. 2.2 e 3.4).La disciplina transitoria recata dal par. 6 delle Linee guida n.1134/2017, ha stabilito nel 31 gennaio 2018 il termine per provvedere agli adempimenti di spet-tanza per ciascuna società partecipata, in relazione alla tipologia di appartenenza.

Cap. IIILe società in house

1. Il controllo analogo

Il nuovo testo unico definisce, all’art. 2, c. 1, lett. o), le società in house quelle “sulle quali un’ammini-strazione pubblica esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo con-giunto”.Il controllo analogo (cfr. stesso articolo, lett. c) è la situazione in cui l’amministrazione esercita sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determi-nante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridi-ca diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante. Il controllo analogo può altresì essere congiunto allorché l’en-

te eserciti sulla società - congiuntamente con altre amministrazioni - un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere di tutte le condizioni indicate dall’art. 5, c. 5, Codice degli appalti:

a) gli organi decisionali della persona giuridica con-trollata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rap-presentare varie o tutte le amministrazioni aggiudi-catrici o enti aggiudicatori partecipanti;

b) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiu-dicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giu-ridica;

c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni ag-giudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.

Tale definizione risulterebbe tuttavia incomple-ta e priva di rilevante significatività in mancanza dell’art. 16 dello stesso decreto n. 175/2016, per il quale sono società in house quelle che ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dagli enti che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto.Si evidenzia che il comma 3 dell’art. 16 T.U.S.P. considera “lo svolgimento di compiti a esse affidati dall’ente pubblico”, per cui si ritiene che l’oggetto sociale della società possa comprendere servizi di interesse generale, servizi di interesse economico generale, progettazione e realizzazione di un’opera pubblica e produzione di beni o servizi strumentali allo stesso ente.Infine, è esplicitato (art. 16, c. 7) che le società in house sono tenute all’acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al Codice degli appalti.

2. Il possibile ricorso all’affidamento diretto

Si ritiene utile rilevare che ai sensi dell’art. 192, c. 2, Codice degli appalti, ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi di-sponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella mo-tivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei

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benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

3. Le condizioni statutarie per il ricorso all’in house

L’affidamento diretto è consentito, ai sensi dell’art. 16, c. 2, TUSP, solo se, oltre al controllo analogo, sussistono le seguenti condizioni:

- non vi sia partecipazione di capitali privati, ad ec-cezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza deter-minante sulla società controllata;

- lo statuto della società deve prevedere che oltre l’80% del suo fatturato sia effettuato nello svolgi-mento dei compiti ad essa affidati dall’ente o dagli enti locali soci e che la produzione ulteriore rispet-to al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società. Il Decreto correttivo ha meglio precisato la possibilità di svolgere ulteriori attività (nel limite di un quin-to del fatturato), stabilendo che può essere rivolta anche a finalità diverse da quelle che costituiscono l’oggetto dei compiti effettuati in favore degli enti soci, fermo restando il vincolo di cui all’art. 4, c. 1, del Testo Unico. Tale possibilità è comunque con-dizionata al conseguimento di economie di scala o altri recuperi di efficienza nel suo complesso dell’at-tività principale della società.

Il mancato rispetto del limite quantitativo di cui alla disposizione precedente costituisce grave irregola-rità.Le condizioni indicate dall’art. 16 TUSP per pro-cedere all’affidamento in house, ricalcano - seppur con differenze che meriterebbero un intervento di coordinamento normativo - quelle considerate dall’art. 5, Codice degli appalti.Il mancato rispetto del predetto limite quantitativo costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 cod. civ. e dell’art. 15 TUSP. Peraltro in tal caso la società può sanare l’irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti di fornitura con soggetti ter-zi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell’ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti.

In quest’ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaf-fidate, dall’ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi suc-cessivi allo scioglimento del rapporto contrattuale, mentre nelle more dello svolgimento delle procedu-re di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata; nel caso di rinuncia agli affidamenti diretti, la società può con-tinuare la propria attività se e in quanto sussistano i requisiti di cui al cap. I; a seguito della cessazione degli affidamenti diretti, perdono efficacia le clau-sole statutarie e i patti parasociali finalizzati a rea-lizzare i requisiti del controllo analogo.

4. L’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici - Le Linee guida ANAC

L’ANAC, con delibera 15 febbraio 2017, n. 235, ha approvato le Linee guida n. 7 per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante af-fidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, definendo cioè gli indirizzi ed i criteri ope-rativi per l’attuazione dell’obbligo previsto dall’art. 192, D.Lgs. n. 50/2016 e smi.L’iscrizione consente alle amministrazioni aggiu-dicatrici ed agli enti aggiudicatori sotto la propria responsabilità, di effettuare affidamenti diretti dei contratti all’ente strumentale.Nel caso in cui il controllo su un organismo in house sia esercitato congiuntamente da più ammi-nistrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori, deve essere presentata una sola domanda riferita a tutti i soggetti interessati all’iscrizione.Con riferimento ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, gli enti di governo degli am-biti ottimali istituiti o designati devono richiedere l’iscrizione nell’Elenco, indicando nella domanda di iscrizione gli enti locali partecipanti.Si evidenzia che l’ANAC ai fini dell’iscrizione ri-chiede, fra gli altri, i seguenti elementi:

“9. Detenzione di quote di partecipazione nell’or-ganismo (quote di partecipazione diretta e indi-retta e, in questo caso, indicazione della «società tramite»);

10. Presenza di partecipazioni private prescritte da norme di legge;

11. Indici della presenza del controllo analogo di cui agli articoli 5 del Codice e 16 del decreto legislativo

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19 agosto 2016, n. 175: Presenza di rappresentan-ti negli organi di governo dell’organismo in house società (nominativo - codice fiscale - inizio e fine incarico - compensi); Clausole statutarie; Patti pa-rasociali;

12. Clausola statutaria che impone che più dell’80% del fatturato sia svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite sia consentita solo se assicura economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale dell’organismo in house”.

La verifica dell’iscrizione è disposta dall’Autorità secondo quanto stabilito nelle predette Linee guida. All’esito positivo delle verifiche è disposta l’iscrizio-ne nell’Elenco dandone comunicazione al soggetto richiedente. A partire da tale data, i riferimenti rela-tivi all’iscrizione nell’Elenco sono riportati negli atti di affidamento all’organismo in house (determina a contrarre, contratto, convenzione, ecc.).

Cap. IVLe società strumentali

1. L’autoproduzione di beni e servizi

Il nuovo TUSP ha abrogato l’art. 13, D.L. n. 223/2006, e smi, noto come “decreto Bersani”, che aveva regolato per la prima volta la figura delle “so-cietà strumentali”.Il Testo Unico prevede che gli enti locali - ferma re-stando la sussistenza delle condizioni di cui ai cap. I e II - possano costituire e mantenere società per l’“autoproduzione di beni o servizi strumentali all’en-te o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazio-nale di recepimento” (art. 4, c. 2, lett. d).Tenuto conto che in tali casi si tratta necessariamen-te di società in house, occorre considerare quanto disposto dall’art. 16, c. 3, TUSP, per il quale l’80% del fatturato della società strumentale deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti a esse af-fidati dall’ente pubblico (o dagli enti pubblici soci) e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizio-ne che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società.

2. La strumentalità

Per meglio definire il campo applicativo della nor-ma, e quindi la caratteristica di “strumentalità”, è importante analizzare il momento costitutivo o partecipativo, per stabilire le finalità che l’ente si è posto al momento della costituzione o partecipa-zione alla società.Al riguardo la giurisprudenza si è espressa:

- definendo “strumentali” “tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni ammini-strative di natura pubblicistica di cui resta titola-re l’ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituziona-li” (Tar Lazio, sez. II, 5 giugno 2007, n. 5192);

- definendo strumentali all’attività dell’ente in fun-zione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l’ente di ri-ferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali (Cons. Sta-to, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3766);

- ritenendo che “per beni e servizi strumentali debba-no intendersi quelli specificatamente rivolti all’ente pubblico locale azionista ed acquisiti mediante con-tratto di appalto pubblico di beni o servizi, non già quelli di interesse generale erogati - in luogo dell’ente locale, cui spetterebbe tale compito - indistintamente al pubblico dei cittadini utenti (anche se occasional-mente fruiti dall’ente locale), i quali ultimi costitu-iscono, propriamente, servizi pubblici locali, speci-ficatamente esclusi dal campo di applicazione della norma” (Tar Liguria, sez. II, 9 gennaio 2009, n. 39).

Si viene a concludere che il requisito della strumen-talità sussiste “allorquando l’attività che le società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti promotori o comunque azionisti della società per svolgere le funzioni di supporto di tali amministra-zioni pubbliche” in relazione al perseguimento dei loro fini istituzionali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 mar-zo 2010, n. 1282, e sez. V, 12 giugno 2009, n. 3766).

3. Le società holding

In base all’art. 4, c. 5, TUSP è fatto divieto alle società strumentali, controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove parte-cipazioni in società, fatte salve le diverse previsioni di legge regionali adottate nell’esercizio della po-testà legislativa in materia di organizzazione am-ministrativa.

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Il divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipa-zioni societarie di enti locali, salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti.

Cap. VLe società a partecipazione mista pubblico-privata

1. Le finalità della scelta

L’art. 11 del Decreto correttivo, modificando l’art. 17, TUSP, non limita più la sua applicazione alle so-cietà miste costituite per la realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un SIG, avente ad oggetto esclusivo l’attività inerente l’appalto o la concessio-ne, ma estende ora il suo ambito alle “società a par-tecipazione mista pubblico locale” a prescindere dal loro oggetto sociale.Le società a partecipazione pubblico-privata pos-sono essere costituite e mantenute (cfr. art. 4, c. 2, TUSP):

a) per la produzione di un servizio di interesse ge-nerale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

c) per la realizzazione e gestione di un’opera pub-blica ovvero per l’organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’art. 180, D.Lgs. n. 50/2016.

Si evidenzia che:

- la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30%;

- la durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione.

In questo caso non si configura un “affidamento diretto” alla società mista del servizio o della ge-stione dell’opera, ma piuttosto un “affidamento con procedura di evidenza pubblica” dell’attività operativa della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta alla individuazione di quest’ultimo. In altri termini, in questo caso, l’at-tività è “affidata” (senza gara) alla società mista ma è, nella sostanza, affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pub-blica avente per oggetto, al tempo stesso, l’attribu-zione di compiti operativi e quella della qualità di

socio, ossia di “socio di lavoro”, “socio industriale” o “socio operativo”. La particolarità rispetto alle ordinarie procedure di affidamento è da rinvenirsi, in questo caso, non tanto nell’assenza di una procedura di evidenza pubblica (che, come si è detto, esiste) quanto nel tipo di controllo dell’amministrazione appaltante sul privato esecutore: non più l’ordinario “control-lo esterno” dell’amministrazione secondo i canoni usuali della vigilanza del committente, ma un più pregnante “controllo interno” del socio pubblico, laddove esso si giustifichi in ragione di particolari esigenze di interesse pubblico.Proprio l’esigenza di un controllo nella veste di so-cio, più stringente di quello che l’ente può esplicare come committente, giustifica razionalmente un’a-pertura parziale a forme societariamente strutturate di collaborazione pubblico-privato, purché sia deli-mitata da garanzie di definitezza dell’oggetto e della durata dell’affidamento necessarie per ricondurre il modello ad un “affidamento all’esterno” (sia pure per certi aspetti peculiare), e non come un “affida-mento in house”.Ai fini della legittimità dell’affidamento diretto, oc-corre dunque che:

1) esista una norma di legge che autorizzi l’ammini-strazione ad avvalersi di tale “strumento”, ora recata dal TUSP;

2) il partner privato sia scelto con gara;

3) la gara (unica) per la scelta del partner e l’affi-damento dei servizi definisca esattamente l’oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi “de-terminati”);

4) che la selezione dell’offerta migliore sia rapporta-ta non (tanto) alla solidità finanziaria dell’offerente, ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto;

5) che il rapporto instaurando abbia durata prede-terminata.

2. La scelta del partner privato

La scelta del partner deve svolgersi mediante sele-zione con procedure di evidenza pubblica a norma dell’art. 5, c. 9, del Codice degli appalti, e ha ad og-getto, al contempo, la sottoscrizione o l’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l’affidamento del contratto di appalto o di concessio-ne oggetto esclusivo dell’attività della società mista.Il socio privato deve possedere i requisiti di qualifi-

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cazione previsti in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita.All’avviso pubblico sono allegati la bozza dello sta-tuto e degli eventuali accordi parasociali, nonché degli elementi essenziali del contratto di servizio e dei disciplinari e regolamenti di esecuzione che ne costituiscono parte integrante. Il bando di gara deve specificare l’oggetto dell’affidamento, i neces-sari requisiti di qualificazione generali e speciali di carattere tecnico ed economico-finanziario dei con-correnti, nonché il criterio di aggiudicazione che garantisca una valutazione delle offerte in condizio-ni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l’ente che ha indetto la procedura. I criteri di aggiudicazio-ne possono includere, tra l’altro, aspetti qualitativi ambientali e sociali connessi all’oggetto dell’affida-mento o relativi all’innovazione.

3. Lo statuto sociale

Nelle società miste:

a) gli statuti delle società per azioni possono con-tenere clausole in deroga delle disposizioni dell’art. 2380-bis e dell’art. 2409-novies cod. civ., al fine di consentire il controllo interno del socio pubblico sulla gestione dell’impresa;

b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici partecipanti e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell’art. 2468, c. 3, e derogare all’art. 2479, c. 1, cod. civ., nel senso di eliminare o limitare la competenza dei soci;

c) gli statuti delle società per azioni possono prevedere l’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con prestazioni accessorie da assegnare al socio privato;

d) i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’art. 2341-bis, c. 1, cod. civ., purché entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società è stata costituita;

e) la durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione;

f) lo statuto prevede meccanismi idonei a determi-nare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio.

Per ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi, anche non simultaneamente as-segnati, la società può emettere azioni correlate ai sensi dell’art. 2350, c. 2, cod. civ., o costituire pa-

trimoni destinati o essere assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un’altra società.

4. La gestione operativa - applicabilità del Codice degli appalti

Alle società miste che non siano organismi di dirit-to pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per la realizzazione dell’opera pub-blica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, non si applicano le disposizioni del Codice degli appalti se ricorrono le seguenti condizioni:

a) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;

b) il socio privato ha i requisiti di qualificazione pre-visti dal decreto legislativo n. 50/2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;

c) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.

Cap. VIAltre forme di utilizzo del modello societario

1. Le società delle reti

Gli enti locali, anche in forma associata, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e del-le altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile, ai sensi del tredicesimo comma dell’art. 113 Tuel, che si ritiene non incompatibile con il nuovo TUSP.Le società a capitale interamente pubblico pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, se prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest’ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore o dagli enti locali di riferimento.

2. Le società di trasformazione urbana - Stu

2.1. La disciplina ordinamentale

L’art. 120 del T.U. n. 267/2000, come modificato dall’art. 44 della legge 1° agosto 2002, n. 166, disci-plina le società di trasformazione urbana, attraver-so la quale i comuni e le città metropolitane hanno la possibilità di progettare e realizzare interventi di

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riqualificazione territoriale con la partecipazione, in qualità di soci della medesima società, di sog-getti privati scelti attraverso procedure di evidenza pubblica, ed aperte anche all’adesione di province e regioni. La costituzione delle Stu può essere pro-mossa anche dall’Agenzia del demanio per effetto di quanto disposto dall’art. 30 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Agenzia che può comunque partecipa-re anche a società già costituite dagli enti locali che includono nel proprio ambito di intervento immo-bili di proprietà dello Stato.Lo strumento della società di trasformazione ur-bana è utilizzabile dagli enti locali non solo per gli interventi di riqualificazione di abitato pre-esistente ovvero di recupero di tessuto urbano degradato, ma anche per quelli consistenti nella progettazione e realizzazione di interi insedia-menti urbani su aree inedificate, pure di notevoli dimensioni, nonché nell’attività di pianificazio-ne, purché nel rispetto degli strumenti urbani-stici vigenti (Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4348); l’attività delle società si pone come uno strumento attuativo di previsioni urbanistiche già in vigore, anche se è stato sostenuto (Tar Sa-lerno, Campania, sez. II, 16 giugno 2005, n. 402) che potrebbe essere demandato alla già costituita Stu il compito aggiuntivo di predisporre le linee progettuali dell’intervento e definire una serie di parametri urbanistici relativi all’utilizzo del ter-ritorio nell’ambito della redazione di un apposi-to piano esecutivo, il quale, però, prima di poter essere attuato, dovrebbe essere previamente og-getto di specifiche deliberazioni ed approvazione da parte dell’ente locale interessato, seguendo il normale iter degli strumenti urbanistici.L’indicazione dei soggetti pubblici menzionati nella norma (comuni, province, regioni e città metropo-litane) si riferisce ai soli promotori della Stu e non ai soci che eventualmente vi aderiscano, che certa-mente possono essere altri e diversi, sia pubblici che privati.Nella scelta dei partner privati, che possono detene-re anche la maggioranza del capitale sociale, torna-no applicabili i principi di evidenza pubblica ormai immanenti nell’ordinamento, ed espressamente ri-chiamati dall’ultimo comma dello stesso art. 120 e dal primo comma del citato art. 30.I rapporti tra gli enti locali azionisti e la Stu devono essere disciplinati da un’apposita convenzione nella quale siano indicati, a pena di nullità, gli obblighi ed i diritti delle parti.

2.2. L’acquisizione degli immobili - Le Stu “omnibus”

L’art. 120 del D.Lgs. n. 267/2000 stabilisce, seppur in termini sintetici, le condizioni secondo le qua-li si può procedere alla formazione delle società, i contesti territoriali interessati, le modalità di in-dividuazione dei soggetti partecipanti e con quali particolari benefici ed opportunità non altrimenti utilizzabili.Con circolare 11 dicembre 2000, n. 622, il Mini-stero dei lavori pubblici ha fornito importanti chiarimenti sull’intera disciplina applicabile alle Stu, anche nell’intento di stimolare l’utilizzo di tale strumento da parte dei comuni. Come corret-tamente indicato in detta circolare l’affidamento alla società dell’iniziativa di trasformazione deve essere, in pratica, preceduto dalla specifica defini-zione ad opera del comune dell’intervento urba-nistico da realizzare: è infatti stabilito che gli im-mobili soggetti alla trasformazione devono essere previamente individuati con delibera del consiglio comunale, e che ciò equivale a dichiarazione di pubblica utilità anche per quelli non interessa-ti da opere pubbliche. In tal modo la società può acquisire gli immobili, oltreché mediante contratti di acquisto stipulati con i loro proprietari, anche attraverso procedure di esproprio effettuate dal comune nell’interesse della medesima società - e quindi della comunità dallo stesso rappresenta-ta - con onere a carico della stessa compagine societaria. Al riguardo, peraltro, la circolare Nesi non fornisce chiarimenti di particolare significa-tività, limitandosi a precisare che «il ricorso all’e-spropriazione deve essere preferibilmente inteso in senso residuale e cioè quale strumento volto a sopperire la mancata disponibilità del proprietario alla bonaria cessione del bene. In ogni caso è bene ribadire che l’acquisizione delle aree (ovvero “de-gli immobili”) in via bonaria deve avvenire secon-do le modalità stabilite dall’art. 5-bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1992, n. 359. In altri termini, solo in carenza parziale o totale della cessione degli immobili da parte dei privati, nelle diverse forme che sarà possibile prevedere, si dovrebbe ricorrere all’espropriazione, essendo comunque dichiarata a monte la pubblica utilità dell’intervento nel suo insieme. Tale espropriazione dovrebbe essere effet-tuata in via di principio direttamente dal comune, ma la società può farsi carico delle attività connes-se alle procedure di espropriazione, “in nome e per conto” del comune».

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La giurisprudenza (Tar Veneto, sez. I, 9 dicembre 2004, n. 4280) ha successivamente chiarito che l’amministrazione non può, comunque, procedere all’assegnazione alla Stu di un’area senza aver ap-provato un progetto urbanistico: sebbene l’art. 120 Tuel annetta alla delimitazione dell’area di inter-vento il valore di dichiarazione di pubblica utilità, la norma non può essere intesa in senso letterale, ossia considerare sufficiente la delimitazione di un ambito territoriale di proprietà privata per appor-re ex se sull’area un vincolo preordinato all’espro-prio e contestualmente dichiarare la pubblica uti-lità dell’intervento, avviando il provvedimento di esproprio, in assenza di un piano o di un progetto approvato al quale riferire tale dichiarazione.Gli immobili di proprietà del comune, invece, pos-sono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione.Si deve infine precisare che per la citata pronuncia la norma non richiede che per la costituzione della Stu sia necessario individuare previamente le aree interes-sate dall’intervento: secondo tale impostazione, cer-tamente da condividere, le società di trasformazione urbana possono essere costituite come “Stu omnibus”, ossia con il fine di operare su tutto il territorio comu-nale, destinate ad attuare interventi a seguito di singole specifiche delibere del consiglio comunale.

3. Le società pubbliche di progetto

L’art. 193 del nuovo Codice degli appalti disciplina le società pubbliche di progetto, costituite per la re-alizzazione di una o più opere pubbliche allorché il progetto di fattibilità preveda, ai fini della migliore utilizzazione dell’infrastruttura e dei beni connes-si, l’attività’ coordinata di più soggetti pubblici. La società pubblica di progetto è istituita allo scopo di garantire il coordinamento tra i soggetti pubblici volto a promuovere la realizzazione ed eventual-mente la gestione dell’infrastruttura, e a promuo-vere altresì la partecipazione al finanziamento; la società è organismo di diritto pubblico e soggetto aggiudicatore ai sensi del Codice.È quindi prevista la possibilità di stipula di un ac-cordo di programma tra i soggetti pubblici stessi e, ove opportuno, attraverso la costituzione di una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro, anche consortile, partecipata dai soggetti aggiudi-catori e dagli altri soggetti pubblici interessati; alla società pubblica di progetto possono partecipare le camere di commercio, industria e artigianato e le fondazioni bancarie.

Alla società pubblica di progetto sono attribuite le competenze necessarie alla realizzazione dell’opera e delle opere strumentali o connesse, nonché alla espropriazione delle aree interessate, e all’utilizza-zione delle stesse e delle altre fonti di autofinanzia-mento indotte dall’infrastruttura, da svolgersi nel rispetto delle norme dello stesso Codice. Occorre considerare che la società pubblica di progetto è au-torità espropriante ai sensi del testo unico delle di-sposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al D.P.R. n. 327/2001.La società pubblica di progetto realizza l’intervento in nome proprio e per conto dei propri soci man-danti, avvalendosi dei finanziamenti per esso deli-berati, operando anche al fine di ridurre il costo per la pubblica finanza.Gli enti pubblici interessati alla realizzazione di un’infrastruttura possono partecipare, tramite accordo di programma, al finanziamento della stessa, anche attraverso la cessione al soggetto aggiudicatore ovvero alla società pubblica di pro-getto di beni immobili di proprietà o allo scopo espropriati con risorse finanziarie proprie. Ai fini del finanziamento gli enti pubblici possono contribuire per l’intera durata del piano econo-mico-finanziario al soggetto aggiudicatore o alla società pubblica di progetto, devolvendo alla stes-sa i proventi di propri tributi o diverse fonti di reddito, fra cui:

a) da parte dei comuni, i ricavi derivanti dai flussi aggiuntivi di oneri di urbanizzazione o infrastruttu-razione e IMU, indotti dalla infrastruttura;

b) da parte della camera di commercio, industria e artigianato, una quota della tassa di iscrizione, allo scopo aumentata, ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

La realizzazione di infrastrutture costituisce setto-re ammesso, verso il quale le fondazioni bancarie possono destinare il reddito, nei modi e nelle forme previste dalle norme in vigore.I soggetti privati interessati alla realizzazione di un’infrastruttura possono contribuire alla stessa at-traverso la cessione di immobili di loro proprietà o impegnandosi a contribuire alla spesa, a mezzo di apposito accordo procedimentale.

4. Le società per la valorizzazione immobiliare

L’art. 4, c. 3, TUSP consente l’acquisizione da parte delle PA - anche in deroga alla sussistenza della stru-

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mentalità - di partecipazioni in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patri-monio delle amministrazioni stesse. In questo caso possono acquisire partecipazioni tramite il conferi-mento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato.

5. Ulteriori ipotesi ammesse

L’art. 4, commi 6-8, TUSP consentono agli enti lo-cali di costituire e mantenere partecipazioni in:

- società aventi per oggetto sociale prevalente la ge-stione di spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici, nonché la realizzazione e la gestione di im-pianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produ-zione di energia da fonti rinnovabili;

- società o enti in attuazione dell’art. 34 del regola-mento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e dell’art. 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014;

- società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall’art. 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca. Per le università è inoltre fatta salva la possibilità di costi-tuire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche.

Cap. VIII primi adempimenti previsti dal TUSP

1. La revisione straordinaria delle partecipazioni

L’art. 24, TUSP, come modificato dal Decreto corret-tivo, regola la procedura per la ricognizione straordi-naria obbligatoria delle partecipazioni detenute, diret-tamente o indirettamente, dagli enti locali e dalle altre amministrazioni pubbliche alla data del 23 settembre 2016. Nello specifico, gli enti per le partecipazioni che:

- non rientrano in alcuna delle categorie di cui all’art. 4, modificato come sopra indicato;

- non soddisfano i requisiti relativi alla procedura per la costituzione, acquisto o partecipazione di so-cietà di cui all’art. 5, commi 1 e 2, del Testo Unico, modificato come sopra indicato;

- siano oggetto di misure di razionalizzazione di cui all’art. 20, c. 2, di cui al paragrafo precedente;

ne dovevano disporre l’alienazione ovvero la loro razionalizzazione mediante fusione, messa in liqui-dazione o dismissione.Entro il nuovo termine del 30 settembre 2017 fissato dal Decreto correttivo, dunque, ogni amministra-zione pubblica doveva adottare una delibera con-siliare con la quale effettuare la ricognizione stra-ordinaria di tutte le partecipazioni detenute al 23 settembre 2016 (data di entrata in vigore del Testo Unico) - da inviare alla competente sezione regio-nale della Corte dei conti nonché alla struttura per il controllo e il monitoraggio, secondo le modalità di cui al D.M. 25 gennaio 2015 e smi - indicando le società da alienare ovvero oggetto di operazioni di razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione, ai sensi di quanto su indicato. In caso di estinzione di so-cietà unipersonale la stessa è messa in liquidazio-ne. L’alienazione deve avvenire entro un anno dalla conclusione della ricognizione.Tale provvedimento ricognitivo costituisce aggior-namento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi della legge di stabilità per l’anno 2015, dalle amministrazioni di cui ai commi 611 e 612 delle medesima legge, fermi restando i termini ivi previsti.L’esito della ricognizione deve essere comunicato ai sensi dell’art. 17, D.L. n. 90/2014, e smi, con le modalità ex D.M. 25 gennaio 2015 e smi, mentre co-pia della deliberazione deve essere inviata alla com-petente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. È quindi opportuno riferirsi alle Linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle parte-cipazioni, con annesso modello standard di atto di ricognizione e relativi esiti, predisposte dalla Corte dei conti (19 luglio 2017, n. 19). Si evidenzia, di se-guito, la significatività della motivazione delle scelte, come espresso dalle citate Linee di indirizzo: “gli esi-ti della ricognizione sono rimessi alla discrezionali-tà delle amministrazioni partecipanti, le quali sono tenute a motivare espressamente sulla scelta effet-tuata (alienazione/razionalizzazione/fusione/man- tenimento della partecipazione senza interventi). È, quindi, necessaria una puntuale motivazione sia per giustificare gli interventi di riassetto sia per legittimare il mantenimento della partecipazione. Allo scopo, occorre specificare la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge (stretta necessità della società rispetto alle finalità perseguite dall’ente e svolgimento, da parte della medesima, di una delle attività consentite dall’art. 4) e se ricorrono o meno le situazioni di criticità sintetizzate dall’art. 20, c. 2

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(società con limiti di fatturato o scarso numero di dipendenti; che svolgono attività analoghe a quel-la di altre società/organismi; che hanno riportato perdite reiterate nel quinquennio; che necessitano di azioni di contenimento costi o di iniziative di ag-gregazione). Ciò vale anche per le partecipazioni di minima entità.Nel motivare sugli esiti della ricognizione effet-tuata è importante tener conto dell’attività svolta dalla società a beneficio della comunità ammini-strata. Pertanto, in caso di attività inerenti ai ser-vizi pubblici locali, occorre esplicitare le ragioni della convenienza economica dell’erogazione del servizio mediante la società anziché in forme al-ternative (gestione diretta, azienda speciale, ecc.) e della sostenibilità della scelta in termini di costo-opportunità per l’ente. In relazione ai servizi pub-blici a rete di rilevanza economica, occorre anche dimostrare che non sono necessarie operazioni di aggregazione con altre società operanti nello stesso settore e che la società svolge servizi non compresi tra quelli da affidare per il tramite dell’Ente di Go-verno d’Ambito”.Nel caso in cui l’atto ricognitivo non fosse adotta-to ovvero non si procedesse con l’alienazione delle partecipazioni sociali entro il succitato termine an-nuale, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquida-ta in denaro, seguendo, non solo per le società per azioni ma anche per le s.r.l., il procedimento di cui all’art. 2437-quater del codice civile. È importante evidenziare che il Decreto correttivo ha precisato che gli obblighi di cui ai commi 3 e 5 si applicano a decorrere dal 1° ottobre 2017, mentre sono comun-que fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali compiuti dal socio pubblico sino alla data di entrata in vigore del medesimo decreto (cfr. art. 21).Il comma 7 dispone che i succitati obblighi di alie-nazione valgono anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse pre-visioni normative, statali o regionali per le quali prevalgono le norme del codice civile (art. 1, c. 613, legge n. 190/2014) senza necessità di ulteriori dispo-sizioni.Inoltre nelle dismissioni derivanti della revisione straordinaria sulle partecipazioni si applica il re-gime fiscale agevolato relativo alle operazioni di scioglimento e alienazione (art. 1, comma 614 della legge n. 190 del 2014).Resta fermo quanto stabilito dal comma 9, per il quale, in occasione della prima gara successiva alla

cessazione dell’affidamento in favore della società a controllo pubblico interessata da tali processi, al personale già impiegato nell’appalto o nella conces-sione si applica la disciplina in materia di trasferi-mento d’azienda.

2. L’alienazione delle partecipazioni possedute

Ai sensi del citato art. 24, TUSP, occorre indivi-duare le partecipazioni da alienare nell’ambito di quelle che non è possibile mantenere avuta ragione dei criteri sopra indicati, con alienazione che deve avvenire entro un anno dalla conclusione della ri-cognizione e quindi dell’approvazione della relativa delibera.L’individuazione delle partecipazioni da alienare deve essere adeguatamente motivata, avuto riguar-do - oltre alla sussistenza delle sopra indicate con-dizioni - della migliore efficienza, della più elevata razionalità, della massima riduzione della spesa pubblica e della più adeguata cura degli interessi della comunità e del territorio amministrati.La scelta delle modalità pratiche ed operative di alienazione rientra nell’alveo delle facoltà concre-tamente riservate all’amministrazione, alienazione che deve comunque essere effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discrimi-nazione, con l’eccezione dei casi di cui all’art. 10, c. 2, secondo periodo. Quest’ultimo prevede che in casi eccezionali, a seguito di deliberazione motiva-ta dell’organo consiliare che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata median-te negoziazione diretta con un singolo acquirente, fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventual-mente previsto dalla legge o dallo statuto. In tali fattispecie occorre autorizzare il dirigente/respon-sabile del servizio competente alla negoziazione di-retta con il singolo acquirente per la cessione della partecipazione nella società in conformità ai criteri e condizioni prestabiliti.I criteri per procedere all’alienazione sono espressi dal Consiglio comunale nell’atto ricognitivo di cui al precedente paragrafo od in altra apposita deli-berazione; la mancanza od invalidità di tale delibe-rato renderebbe inefficace l’atto di alienazione del-le partecipazioni di cui trattasi. I servizi ed uffici comunali competenti sono chiamati a predispor-re le procedure amministrative più adeguate per alienare le partecipazioni in conformità a quanto deliberato.

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3. La revisione periodica delle partecipazioni pub-bliche

Gli enti locali sono tenuti ad effettuare annualmen-te, con deliberazione consiliare, un’analisi dell’as-setto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo ai sensi dell’art. 20, TUSP, ove ricorrano i presup-posti e le condizioni indicate nel precedente par. 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione; le amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione lo comunicano comunque alla sezione di controllo della Corte dei conti competente per territorio.I piani di razionalizzazione, corredati da apposita relazione tecnica, sono adottati se, in sede di analisi, l’amministrazione riscontra anche uno solo dei se-guenti elementi:

a) partecipazioni societarie in categorie non am-messe ai sensi dell’art. 4 del decreto;

b) società prive di dipendenti ovvero con numero di amministratori superiore ai dipendenti;

c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o simili ad altre società o enti pubblici strumentali;

d) partecipazioni in società che nel triennio pre-cedente hanno conseguito un fatturato medio non superiore a 1 mln di euro. Il Decreto correttivo ha disposto (cfr. art. 17, c. 12-quinquies) che il primo triennio rilevante è il 2017-2019. Nelle more della prima applicazione di tale criterio, ai fini dell’ado-zione dei piani di revisione straordinaria ed ordina-ria, per i trienni 2014-2016, 2015-2017 e 2016-2018 è applicata la soglia di fatturato medio non superio-re ad euro 500mila;

e) partecipazioni in società per servizi diversi da SIG aventi risultato d’esercizio negativo in 4 esercizi su 5. Tenuto conto delle integrazioni apportate dal Decreto correttivo per le società di cui all’art. 4, c. 7, ai fini della prima applicazione del criterio in esa-me, si considerano gli esercizi successivi all’entrata in vigore dello stesso decreto (cfr. art. 17, c. 12-qua-ter). Tale criterio, così come quello di cui alla prima alinea, non si applica altresì alle società partecipate che gestiscono case da gioco attualmente autorizza-te ai sensi della legislazione vigente;

f) contenimento dei costi di funzionamento;

g) necessità di aggregare società esercenti attività consentite ai sensi del provvedimento.

L’analisi ed i piani di razionalizzazione sono adot-tati entro il 31 dicembre di ogni anno e trasmessi alla Corte dei conti ed alla struttura di monitorag-gio prevista dal Testo unico. Entro il 31 dicembre dell’anno successivo all’adozione deve essere ap-provata una relazione sull’attuazione dello stesso piano, trasmesso alla competente sezione regionale della Corte dei conti ed alla struttura di controllo presso il MEF.Importante segnalare che i succitati adempimenti inerenti la razionalizzazione periodica, decorrono, ai sensi dell’art. 26, c. 11, TUSP, dall’anno 2018, con riferimento alla situazione al 31.12.2017. Per effetto di quanto stabilito dal Decreto correttivo l’intero art. 20 non si applica - nei primi 5 anni dalla loro costituzione - alle società con caratteristiche di spin off o di start up universitari o degli enti di ri-cerca, nonché alle società costituite dalle università per la gestione di aziende agricole con funzioni di-dattiche. Inoltre, per effetto dell’art. 17, c. 12-sexies, le P.A. possono acquisire o mantenere partecipazio-ni nelle società che, alla data di entrata in vigore del Decreto correttivo, risultano già costituite ed auto-rizzate alla gestione di case da gioco.A seguito dell’adozione del piano di razionalizzazio-ne, entro il 31 dicembre dell’anno successivo gli enti e le altre P.A. approvano una relazione sull’attuazio-ne del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di controllo presso il MEF e alla sezione regionale della Corte dei conti.I piani di riassetto possono prevedere (c. 5) in vir-tù di operazioni straordinarie, anche la dismissio-ne o l’assegnazione delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normati-va. I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disci-plinati dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l’acquisto della partecipazione. Resta ferma l’ap-plicazione degli incentivi fiscali su scioglimento od alienazione di società già disposti dal comma 568-bis dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.La mancata adozione di tali atti comporta una san-zione amministrativa fino a 500 mila euro.

4. L’adeguamento statutario

In virtù delle modifiche apportate dal Decreto cor-rettivo le società a controllo pubblico già costituite alla data del 23 settembre 2016 dovevano adeguare i propri statuti alle disposizioni del TUSP entro il ter-

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mine del 31 luglio 2017. Entro lo stesso termine del 31 luglio 2017 tutte le società a controllo pubblico erano tenute ad adeguarsi alle previsioni dell’art. 11, c. 8, Testo Unico.È rimasto invece fermo il termine per l’adeguamento degli statuti delle società miste già fissato al 31 di-cembre 2017.

5. La ricognizione del personale delle società - le eventuali eccedenze

L’art. 25, TUSP, affronta la disciplina transitoria in materia di personale delle società a controllo pub-blico, stabilendo che tali società, entro il termine fissato dal Decreto correttivo del 30 settembre 2017, dovevano effettuare una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, il cui elenco, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, è trasmesso alla Regione nel cui territorio la società ha sede legale.La Regione forma e gestisce l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti agevolando processi di mobi-lità e trasmette, gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati, all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che gestisce l’e-lenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ri-collocati.La norma dispone che fino al 30 giugno 2018 le società a controllo pubblico non possono proce-dere ad assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo agli elenchi regionali. Per effetto delle modifiche introdotte dal Decreto correttivo tale di-vieto decorre dal 23 dicembre 2017, ossia dalla data di pubblicazione del D.M. 9 novembre 2017 con il quale, ai sensi del medesimo art. 25, c. 1, sono state definite le modalità di trasmissione degli elenchi del personale eccedente alle Regioni; conseguentemen-te nelle more le società partecipate possono avviare e concludere procedure assunzionali, fermi restan-do i vincoli e le condizioni stabilite dalla vigente legislazione. Solo nel caso in cui sia indispensabile assumere lavoratori altamente specializzati con pro-fili non disponibili negli elenchi, le Regioni - fino a 12 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento - possono autorizzare, in deroga al blocco, l’avvio di nuove assunzioni. Decorso tale periodo l’auto-rizzazione è rilasciata dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. È infine prevista la nullità dei rapporti di lavoro stipulati in violazione delle norme su indicate.La disciplina non si applica alle società miste a pre-valente capitale privato che gestiscono servizi di

interesse generale e che nei tre esercizi precedenti hanno prodotto un risultato positivo.Per effetto del Decreto correttivo l’intero art. 25 (nonché gli artt. 17 e 19) non si applica, altresì, alle società a partecipazione pubblica derivanti da una sperimentazione gestionale ex art. 9-bis, D.Lgs. 502/1992, ossia alle società in cui si realizza la colla-borazione tra strutture del Servizio sanitario nazio-nale e soggetti privati.

6. Regime transitorio per le società emittenti o quo-tate in mercati regolamentati

Il T.U.S.P. fino al 23 marzo 2018 non si applica alle società in partecipazione pubblica che abbiano de-liberato la quotazione delle proprie azioni in mer-cati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei conti. Ove entro il suddetto termine la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, la nuova normativa continua a non applicarsi alla stessa società fino alla conclusione del procedimento di quotazione.Era prevista la disapplicazione del Testo unico fino al 23 settembre 2017 per le società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, aves-sero adottato atti volti all’emissione di strumenti fi-nanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati rego-lamentati - tali atti dovevano essere comunicati alla Corte dei conti entro il 22 novembre 2016. Ove entro il termine del 23 settembre 2017 il procedimento di quotazione si sia concluso, il testo unico continua a non applicarsi alla stessa società.Sono comunque fatti salvi gli effetti degli atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, adottati prima del 23 settembre 2016.

Cap. VIIILo svolgimento delle attività - La disciplina comune

Lo svolgimento delle attività sociali - dalla costitu-zione della società fino all’erogazione del servizio od alla realizzazione delle opere - è regolato dalle medesime disposizioni o, comunque, deve rispetta-re principi comuni a tutte le tipologie indicate nei precedenti capitoli, con esclusione di alcuni specifi-ci aspetti. Nei seguenti paragrafi è dunque esamina-ta tale normativa avuto riguardo delle predette dif-ferenziazioni che conseguono, nella maggior parte dei casi, dalle modalità di affidamento del servizio

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da parte dello stesso ente locale e dalla tipologia di attività svolta.

1. La costituzione della società. L’acquisto o dismis-sione di azioni e quote. Le operazioni straordinarie

1.1. La deliberazione di costituzione

Gli atti relativi alla costituzione della società, ed alla partecipazione dell’ente locale nella stessa, de-vono essere adottati dall’organo consiliare ai sensi dell’art. 42, secondo comma, lett. e), del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.La previsione dell’art. 7, TUSP, è coerente con il det-tato ordinamentale.L’atto deliberativo contiene altresì l’indicazione degli elementi essenziali dell’atto costitutivo, come previsti dagli artt. 2328 e 2463 del codice civile, ri-spettivamente per le società per azioni e per le socie-tà a responsabilità limitata.L’atto deliberativo è pubblicato sui siti istituzionali dell’amministrazione pubblica partecipante.Devono essere, altresì, adottati con delibera consiliare:

a) le modifiche di clausole dell’oggetto sociale che consentano un cambiamento significativo dell’atti-vità della società;

b) la trasformazione della società;

c) il trasferimento della sede sociale all’estero;

d) la revoca dello stato di liquidazione;

e) l’alienazione o la costituzione di vincoli su parte-cipazioni sociali.

La mancanza o invalidità dell’atto deliberativo avente ad oggetto l’alienazione della partecipazione rende inefficace l’atto di alienazione della parteci-pazione.È necessario precisare che nel caso in cui una società a partecipazione pubblica sia costituita senza l’atto deliberativo di una o più amministrazioni pubbli-che partecipanti, o l’atto deliberativo di partecipa-zione di una o più amministrazioni sia dichiarato nullo o annullato, le partecipazioni sono liquidate secondo quanto disposto dall’art. 24, c. 5, TUSP. Se la mancanza o invalidità dell’atto deliberativo riguarda una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell’oggetto sociale, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2332 cod. civ.Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deli-berativo a forme di consultazione pubblica.Si rileva, in particolare, che l’alienazione delle par-tecipazioni deve essere effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discri-

minazione. In casi eccezionali, a seguito di deli-berazione motivata dell’organo consiliare che dia analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. È in ogni caso fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.L’elencazione di cui sopra, recata dall’art. 7, TUSP, non contempla le operazioni di fusione o scissione societaria, che possono risultare particolarmente ef-ficaci per raggiungere obiettivi, anche rilevanti, sia di natura economico-finanziaria che tecnico-ope-rativa ed anche in relazione alla razionalizzazione delle partecipazioni possedute dall’ente.Al riguardo si rileva che la fusione è stata corretta-mente considerata (Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 1° aprile 2005, n. 1610) “un modulo organizzativo che integra strutture societarie e non un ricorso al mercato per la scelta di un gestore di servizi pubblici locali”. L’operazione è quindi correttamente inqua-drabile come integrazione funzionale fra due socie-tà gerenti servizi pubblici locali, con la conseguenza che - se effettuato fra due società controllate - non sembra comportare alcun previo obbligo di gara in quanto l’affidamento dei servizi conseguente assume carattere neutro rispetto al mercato, salve successive gare per le scelte di altri soci. Si è comunque peraltro del parere che l’operazione debba essere deliberata dal consiglio comunale con gli oneri di cui appresso.

1.2. Oneri di motivazione rinforzata

L’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipa-zioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere ana-liticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità isti-tuzionali dell’ente, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sosteni-bilità finanziaria. La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azio-ne amministrativa.La motivazione deve essere fornita anche rispetto alla convenienza economica alla possibilità di ge-stione diretta o esternalizzata del servizio affidato, ma non più - per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 6, D.Lgs. n. 100/2017 - rispetto alla destina-

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zione alternativa delle risorse pubbliche impegnate. In buona sostanza occorre motivare la scelta in base alla convenienza economica ed alla sostenibilità finanziaria, motivazioni che devono quindi essere sostenute da analisi e piani economico-finanziari, ma non più in relazione ad ipotetiche soluzioni al-ternative. L’atto deliberativo deve dare atto della compatibili-tà dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.Tale delibera è sottoposta a forme di consultazio-ne pubblica - che per gli enti locali, in virtù delle integrazioni richieste ed ottenute dall’Associazione, è effettuata secondo modalità dagli stessi stabilite - ed è inviata, per fini conoscitivi, alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei con-ti ed all’Antitrust (c. 3), che può esercitare i propri poteri di legge.Gli oneri di motivazione rinforzata e di pubblicità sopra descritti non sono richiesti nei casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una par-tecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità ad espresse previsioni legi-slative (cfr. art. 5, c. 1, primo periodo, TUSP).

1.3. L’invio alla Corte dei conti

L’Ente è tenuto ad inviare l’atto deliberativo di co-stituzione della società o di acquisizione della par-tecipazione diretta o indiretta alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo, a fini conoscitivi, e all’Autorità garante della concorrenza e del merca-to, che può esercitare i poteri di cui all’art. 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

2. La governance

La riforma del diritto societario disposta in attua-zione della legge delega 17 gennaio 2003, n. 6, ha dettato un profondo riassetto della normativa ine-rente le società di capitali - che, quindi, incide, nel suo complesso, anche sulle società a partecipazio-ne pubblica locale - introducendo la possibilità di scegliere, mediante apposite clausole statutarie, in alternativa al modello tradizionale di amministra-zione e controllo, tra due sistemi derivati da ordi-namenti giuridici stranieri, ovvero il “sistema dua-listico” (di derivazione germanica), ed il “sistema monistico” (di derivazione anglosassone). Premet-tendo che in questa sede non è possibile approfon-dire i nuovi istituti secondo la considerazione che

meritano, si ritiene comunque opportuno ricordare quanto segue:

- il sistema dualistico di cui agli artt. 2409-octies e seguenti del Codice civile, prevede che l’ammini-strazione ed il controllo siano esercitati da un con-siglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza. La gestione dell’impresa spetta esclusivamente al con-siglio di gestione, che è chiamato a compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; i componenti del consiglio di gestione sono nominati dal consiglio di sorveglianza. Al consiglio di sorveglianza sono attribuite funzioni di vigilanza ed i compiti del collegio sindacale, ma è chiamato ad approvare il bilancio di esercizio e, se previsto dallo statuto, delibera in ordine ai piani strategici, industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione;

- nel sistema monistico di cui agli artt. 2409-sexiesde-cies e seguenti del Codice civile, l’amministrazione ed il controllo sono esercitati, rispettivamente, dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo della gestione costituito al suo interno. Il comitato per il controllo della gestione è composto da amministratori che, oltre ad essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci, non devono essere titolari di deleghe o di particolari cariche e comunque non svolgano, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa o di società controllanti o controllate.

Per quanto qui interessa si vuole solo evidenziare che alle diverse alternative previste dal Codice civile corrispondono differenti opzioni legate all’esercizio delle funzioni di amministrazione e controllo che l’ente locale vorrà esplicare, che nelle società di cui trattasi devono essere valutate con riferimento alle funzioni pubblicistiche alla stessa demandate ed ai rapporti fra soggetto pubblico e privato. Il modello di governance prescelto deve, cioè, rispecchiare le prerogative che l’ente vuole mantenere in ordine alla gestione delle attività e dei servizi affidati alla società partecipata.In questo senso si rileva che il modello tradizionale con l’utilizzo delle deleghe di poteri a singoli mem-bri del consiglio di amministrazione consente una suddivisione funzionale delle attribuzioni ammini-strative, potendo essere riservate ai componenti no-minati dal socio privato, per esempio, quelle ineren-ti la gestione operativa delle attività ed ai membri di nomina comunale quelle relative all’organizzazione della società (amministrazione generale, personale, rapporti esterni), o viceversa.

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Il modello dualistico, invece, si presta meglio ad una separazione “istituzionale”, nel senso che al consiglio di sorveglianza composto prevalen-temente (se non esclusivamente) da membri di nomina pubblica, potrebbe contrapporsi un con-siglio di gestione interamente nominato dal socio privato: in questo modo a quest’ultimo sarebbe interamente demandata la gestione operativa, con l’ente locale in grado di svolgere, in modo pre-gnante ed efficace, le funzioni di indirizzo e con-trollo sulle attività sociali. Infatti al consiglio di sorveglianza spetta l’approvazione del bilancio e, se previsto nello statuto, anche dei piani strategici, industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione.La scelta del sistema monistico può invece corri-spondere alle medesime logiche ora indicate per quello dualistico, ove prevalgano, per l’ente locale, le istanze di controllo su quelle di indirizzo dell’at-tività sociale.

3. Il contratto di servizio

3.1. La funzione

I rapporti fra enti locali e soggetti gestori sono regola-ti da contratti di servizio allegati ai capitolati di gara, o che costituiscono parte integrante della delibera di costituzione della società partecipata, che devono pre-vedere gli standard quali-quantitativi da assicurare ed adeguati strumenti di verifica dei livelli erogati.Con il contratto l’amministrazione regola, nel ri-spetto della legislazione vigente, i rapporti con la società partecipata per tutto ciò che attiene i modi, i tempi ed ogni altro aspetto inerente l’erogazione del servizio.Le modalità predeterminate per l’erogazione del servizio pubblico, ovvero per la costruzione dell’o-pera pubblica, si configurano come obblighi funzio-nali ai quali il gestore deve conformare la propria attività. La natura dei servizi, e delle eventuali ope-re necessarie per il loro svolgimento, oggetto della costituenda società, nonché le modalità per la loro effettuazione devono essere indicati nel bando di selezione predisposto per la scelta del socio.La società (ovvero il socio privato) risulta quin-di vincolata a quanto stabilito dal disciplinare del servizio fin dal momento della sua costituzione: il contratto di servizio costituisce, in effetti, il princi-pale strumento di programmazione e controllo che l’ente può utilizzare nei confronti delle società ed organismi affidatari dei servizi pubblici locali.

Si ricorda, infine, che il legislatore - dapprima con l’art. 20 del D.L. n. 98/2011, e poi con l’art. 31, com-mi 30 e 31, della legge n. 183/2011 - nell’introdurre misure antielusive del Patto di stabilità, ha stabilito che “I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elu-sivi delle regole del patto di stabilità interno sono nul-li”; tale disposto - da intendersi ora riferito ai nuovi vincoli inerenti gli equilibri di finanza pubblica - si applica ai contratti di servizio e agli atti posti in es-sere dopo l’entrata in vigore del medesimo decreto n. 98.

3.2. Il contenuto minimo essenziale

Nel contratto di servizio si ritengono essenziali i se-guenti elementi minimi:

a) il periodo di validità;

b) le caratteristiche dei servizi offerti;

c) gli standard qualitativi minimi del servizio;

d) la struttura tariffaria adottata o le modalità di de-terminazione del corrispettivo del servizio, laddove previste;

e) l’importo eventualmente dovuto dall’ente pub-blico al soggetto gestore per le prestazioni oggetto del contratto e le modalità di pagamento, nonché eventuali adeguamenti conseguenti a mutamenti della struttura tariffaria, o delle modalità di deter-minazione del corrispettivo del servizio, laddove previste. Al riguardo si evidenzia la necessità che al fine di determinare l’importo a carico dell’ente sia-no effettuate e fatte proprie documentate analisi ed adeguate previsioni, con corretti riferimenti a para-metri di efficienza ed economicità, senza addivenire a “non provvedimentalmente scandite trattative alla stregua di private contrattazioni precontrattuali” (Corte dei conti, sez. giur. Toscana, 17 giugno 2008, n. 429/2008);

f) le modalità di eventuale modificazione del con-tratto successivamente alla conclusione, ossia la sua revisione periodica in relazione al sopraggiungere di fatti nuovi ed imprevedibili che rendano neces-saria la correzione degli obiettivi iniziali ed a con-dizione che ne venga valutato l’impatto sulle tariffe;

g) le garanzie che devono essere prestate dal gestore;

h) le sanzioni in caso di mancata osservanza del contratto;

i) la ridefinizione dei rapporti, con riferimento ai lavoratori dipendenti e al capitale investito, dal soggetto gestore in caso di forti discontinuità nella

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le società a partecipazione pubblica - il testo unico - parte 8

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quantità dei servizi richiesti nel periodo di validità del contratto di servizio;

l) l’obbligo dell’applicazione, per le singole tipolo-gie di servizio, dei rispettivi contratti collettivi di lavoro.

3.3. I comuni con meno di 5mila abitanti

Per l’art. 35, c. 6, legge n. 448/2001, nei settori che prevedono la gestione associata del servizio per ambiti territoriali di dimensione sovraco-munale, il soggetto gestore è tenuto a stipulare appositi contratti di servizio con i comuni di di-mensione demografica inferiore a 5.000 abitan-ti, al fine di assicurare il rispetto di adeguati ed omogenei standard qualitativi di servizio, definiti dai contratti stessi. In caso di mancato rispetto di tali standard nel territorio dei predetti comuni, i soggetti competenti ad affidare la gestione del servizio nell’ambito sovracomunale sono tenuti alla revoca dell’affidamento in corso sull’intero ambito.

3.4. La Carta dei servizi, la tutela giurisdizionale dei cittadini-consumatori

L’art. 2, c. 461, della Finanziaria 2008, al fine di tute-lare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative prestazioni, ha previsto che in sede di stipula dei contratti di servizio gli enti locali sono tenuti ad applicare le seguenti disposizioni:

a) previsione dell’obbligo per il soggetto gestore di emanare una «Carta della qualità dei servizi», da redigere e pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, recan-te gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel con-tratto di servizio; si ritiene utile evidenziare che il Tar Campania (Salerno, 16 ottobre 2013, n. 2054) ha ritenuto inadempiente l’amministrazione comu-nale, condannandola, per la mancata approvazione della Carta del servizio. In questo contesto dovreb-bero essere individuati sistemi di valutazione diretti a rilevare - anche mediante ricognizione ed utilizzo delle fonti informative (anche interattive) esistenti od appositamente create, nonché con il coinvolgi-mento degli utenti - la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi agli standard;

b) la Carta dei servizi deve indicare le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per pro-

porre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell’uten-za, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inot-temperanza. Deve, in particolare, contenere la pre-visione della possibilità, per l’utente o per la catego-ria di utenti che lamenti la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controver-sia entro 30 giorni dalla richiesta, come stabilito dall’art. 30 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e poi ribadito dall’art. 11 del D.P.R. n. 168/2010, al quale sono allegati anche gli schemi-tipo di formulario;

c) consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori;

d) previsione che sia periodicamente verificata, con la partecipazione delle associazioni dei consu-matori, l’adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato fissati nel contratto di servizio alle esigenze dell’utenza cui il servizio stesso si rivolge, ferma restando la possibilità per ogni singolo cittadino di presentare osservazioni e proposte in merito;

e) previsione di un sistema di monitoraggio perma-nente del rispetto dei parametri fissati nel contrat-to di servizio e di quanto stabilito nelle Carte della qualità dei servizi, svolto sotto la diretta responsabi-lità dell’ente locale o dell’ambito territoriale ottima-le, con la partecipazione delle associazioni dei con-sumatori ed aperto alla ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che può rivolgersi, allo scopo, sia all’ente locale, sia ai gestori dei servizi, sia alle associazioni dei consumatori;

f) istituzione di una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto dei reclami, nonché delle proposte ed osservazioni pervenute a ciascuno dei soggetti par-tecipanti da parte dei cittadini;

g) previsione che le attività di cui alle lettere b), c) e d) siano finanziate con un prelievo a carico dei sog-getti gestori del servizio, predeterminato nel con-tratto di servizio per l’intera durata del contratto stesso.

Inoltre, l’art. 8 del D.L. n. 1/2012, nel definire gli ob-blighi cui sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali, o di un’infrastruttura necessaria per l’esercizio di attività di impresa o per l’esercizio di un diritto della persona costituzionalmente garan-tito, stabilisce che siano indicati in modo specifico

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i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori del servi-zio e dell’infrastruttura.Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative prestazioni, le Autorità indipendenti di regolazione e ogni altro ente pubblico - anche territoriale - do-tato di competenze di regolazione sui servizi pub-blici, anche locali, definiscono gli specifici diritti di sopra. Sono fatte salve ulteriori garanzie che le imprese che gestiscono il servizio o l’infrastruttura definiscono autonomamente.Le “Linee guida relative ai criteri da applicare per individuare i principi e gli elementi minimi da in-serire nei contratti di servizio e nelle carte di qualità dei servizi pubblici locali, con particolare riferi-mento al ruolo delle Associazioni dei consumatori, ai sensi dell’articolo 2, comma 461 della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, sono state approvate con l’Accordo 26 settembre 2013, n. 94, siglato in Con-ferenza Unificata.Infine, si rileva che ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 33/2013, le pubbliche amministrazioni pubblica-no la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici. Gli enti, individuati i servizi erogati agli utenti, sia finali che intermedi, pubblicano:

a) i costi contabilizzati, evidenziando quelli effet-tivamente sostenuti e quelli imputati al personale per ogni servizio erogato e il relativo andamento nel tempo;

b) i tempi medi di erogazione dei servizi, con riferi-mento all’esercizio finanziario precedente.

4. I rappresentanti dell’ente locale negli organi so-cietari

4.1. La nomina diretta di amministratori e sindaci

4.1.1. L’art. 2449 del Codice civile

La legge 25 febbraio 2008, n. 34 (legge comunitaria 2007), con l’art. 13 ha sostituito l’art. 2449 del Codi-ce civile inerente le società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici. Per le società per azioni che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è disposto quanto segue:

a) lo statuto può conferire agli enti pubblici azioni-sti, la facoltà di nominare un numero di ammini-stratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio

di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale;

b) gli amministratori e sindaci, ovvero i componen-ti del consiglio di sorveglianza, così nominati, han-no gli stessi diritti ed obblighi dei membri nominati dall’assemblea ma possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Gli amministra-tori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell’as-semblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica; i sin-daci ed i componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bi-lancio relativo al terzo esercizio della loro carica.

Per le società per azioni che fanno ricorso al capitale di rischio, l’art. 2449:

a) stabilisce l’applicazione delle disposizioni di cui al sesto comma dell’art. 2346, per il quale “Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opere o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea ge-nerale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che con-feriscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione”. Si ri-corda che in via generale, ex art. 2348 Codice civile, le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti; possono tuttavia es-sere create categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne l’incidenza delle perdite. I diritti patrimoniali sono il diritto al dividendo (art. 2433), il diritto alla ripartizione del residuo attivo in caso di scioglimento della società (art. 2350) ed il diritto di opzione (art. 2441), mentre i diritti ammi-nistrativi sono il diritto di partecipare all’assemblea (art. 2370) ed il diritto di voto (art. 2351);

b) conferisce al consiglio di amministrazione la fa-coltà di “proporre all’assemblea, che delibera con le maggioranze previste per l’assemblea ordinaria, che i diritti amministrativi previsti in favore dello Stato o degli enti pubblici siano rappresentati da una par-ticolare categoria di azioni. A tal fine è in ogni caso necessario il consenso dello Stato o dell’ente pubblico a favore del quale i diritti amministrativi sono previsti”.

4.1.2. Il TUSP

L’art. 9, TUSP stabilisce che se lo statuto della so-cietà partecipata preveda, ai sensi dell’art. 2449 cod.

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civ., la facoltà del socio pubblico di nominare o re-vocare direttamente uno o più componenti di or-gani interni della società, i relativi atti sono efficaci dalla data di ricevimento, da parte della società, del-la comunicazione dell’atto di nomina o di revoca. È fatta salva l’applicazione dell’art. 2400, secondo comma, cod. civ., per il quale i sindaci possono es-sere revocati solo per giusta causa e la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tri-bunale, sentito l’interessato.La mancanza o invalidità dell’atto deliberativo in-terno di nomina o di revoca rileva come causa di invalidità dell’atto di nomina o di revoca anche nei confronti della società.Tali disposizioni si applicano anche alle partecipa-zioni in società quotate.

4.2. Indirizzi consiliari, designazione e revoca

Sulla base degli indirizzi stabiliti dall’organo con-siliare il sindaco, ovvero il presidente della pro-vincia, provvede alla designazione, alla nomina ed alla revoca dei rappresentanti del comune, ov-vero della provincia, presso enti, aziende ed isti-tuzioni, come espressamente stabilito dall’art. 50, comma 8, Tuel.Il provvedimento di designazione, nomina o revo-ca è atto amministrativo che segue le regole per gli stessi previsti dalla vigente normativa. Detti provve-dimenti, pur costituendo atti di alta amministrazio-ne e seppur connotati da un tasso di discrezionalità particolarmente elevato, non sono tuttavia sottratti al principio di legalità ed al sindacato del giudice amministrativo, il quale, tenuto conto proprio del-la natura squisitamente discrezionale del provve-dimento, è destinato ad indirizzarsi al riscontro di eventuali profili di eccesso di potere (cfr. Cons. Sta-to, sez. IV, 9 novembre 1995, n. 898, e Cass. Civ., sez. Unite, 16 aprile 1998, n. 38823).La scelta del candidato, peraltro, anche all’in-terno di una rosa di candidati ritenuti idonei, si pone “non già come mero giudizio conseguente all’individuazione del candidato tecnicamente più qualificato, bensì come giudizio sulle qualità del nominato ed espressione della volontà di pre-sceglierlo per la ritenuta maggiore affidabilità che lo stesso garantisce rispetto all’indirizzo politico gestionale dell’amministrazione procedente” (Tar Puglia, Bari, 15 maggio 2006, n. 1759/2006). La giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 2005, n. 178; Tar Marche, Ancona, 4 aprile 2006, n. 118; Tar T.A.A., 12 luglio 2007,

n. 131) evidenzia che l’art. 50 Tuel non si limita a stabilire, nella materia, le attribuzioni del sinda-co o del presidente della provincia, ma definisce anche la regola di portata generale (e prevalente sulle norme statutarie anteriori dei diversi enti, aziende e istituzioni che eventualmente stabilis-sero diversamente) secondo la quale le nomine e designazioni di rappresentanti dell’ente presso altri organismi devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina, ossia la fiducia sulla capacità del nominato di rappresen-tare gli indirizzi di chi l’ha designato, orientando l’azione dell’organismo nel quale si trova ad ope-rare in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli ha conferito l’incarico.In merito alla revoca del mandato per giusta causa la Cassazione (sez. I, 15 ottobre 2013, n. 23381) l’ha ritenuta ammissibile solo se i fatti che hanno deter-minato il venire meno del rapporto fiduciario con l’ente nominante sono oggettivamente valutabili come fatti idonei a mettere in dubbio la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore.

4.3. Le quote di genere

Prima dell’emanazione del TUSP nelle società a partecipazione pubblica integrale, così come in quelle in cui nessuna pubblica amministrazione ha da sola il controllo e nelle altre società miste, risultava applicabile l’art. 3 della legge 12 luglio 2011, n. 120 e l’art. 1 del D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251, a prescindere dal fatto che sia partecipata o meno da privati (Cons. Stato, sez. I, 4 giugno 2014, n. 594).L’art. 11, c. 4, del TUSP ha stabilito che le ammi-nistrazioni locali assicurano il rispetto del princi-pio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, nel contesto delle numero complessi-vo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno. Se la società ha un organo amministra-tivo collegiale, lo statuto deve prevedere che la scelta degli amministratori da eleggere sia effet-tuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge n. 120/2011.La novella recata dal testo unico è applicabile alle scelte inerenti gli amministratori delle società a controllo pubblico.Si ritiene che i richiamati artt. 3, legge n. 120/2011 e 1, D.P.R. n. 151/2012, continuino comunque ad essere applicabili per le società non a controllo pub-blico.

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4.4. Cessazione al termine del mandato

Per un consolidato indirizzo giurisprudenziale (ve-dasi anche Tar Calabria, Reggio Calabria, 21 feb-braio 2005, n. 132; Tar Basilicata, 17 marzo 2006, n. 145; Cass. civ., sez. I, 28 dicembre 2010, n. 26210) la cessazione del mandato del sindaco o del presi-dente della provincia, e lo scioglimento dell’orga-no consiliare, travolgono tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo “in applicazione della regola di diritto comune, che esige non solo che i poteri del rappresentante siano conferiti dal rappre-sentato, ma anche che persista il rapporto fiduciario fra l’uno e l’altro”. Alla cessazione del mandato del sindaco o del presidente che le aveva disposte, le nomine dei rappresentanti dell’ente vengono cioè a decadere. Da ciò consegue la necessità che, a seguito del rinnovo dell’organo consiliare e dell’elezione del nuovo sindaco o presidente, quest’ultimo provveda a rinnovare le designazioni e le nomine decadute (cfr. Ministero dell’interno, parere 22 ottobre 2015, n. 17421).Per altro indirizzo giurisprudenziale (vedasi, fra le altre, Tar Trentino Alto Adige, 12 luglio 2007, n. 131) il sindaco neo eletto può legittimamente revocare i rappresentanti dell’ente - ivi compresi i revisori - ove non ritenga sussistere il ricordato rap-porto fiduciario, con una considerazione cioè diffe-rente delle conseguenze (viene esclusa l’automatica decadenza) derivanti dall’elezione dei nuovi ammi-nistratori locali: al sindaco è richiesto di esprimere, con il provvedimento di revoca, anche la mancanza del predetto rapporto fiduciario, senza peraltro ad-durre particolari motivazioni.I consiglieri di amministrazione, i componenti del consiglio di sorveglianza, od i revisori così nomi-nati, pur avendo gli stessi diritti ed obblighi degli altri membri eletti dall’assemblea sociale, possono comunque essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Da ciò deriva un sensibile grado di indipendenza dei rappresentanti dell’ente rispet-to alle vicende ed alle pressioni dei soci terzi, con-sentendo loro di perseguire più efficacemente l’in-teresse pubblico per il cui soddisfacimento è stata costituita la società.Per altro verso, tale condizione assoggetta gli stessi ad un controllo più diretto ed immediato da par-te dell’amministrazione locale che può revocarli a mezzo di decisione formale del sindaco o del pre-sidente della provincia, senza la necessità di delibe-razioni assembleari. È stato peraltro ritenuto che sia sufficiente a sostenere la legittimità del prov-

vedimento di revoca il venir meno del rapporto di fiducia che sta alla base del mandato sindacale in re-lazione agli obiettivi di natura politica, tenuto conto di considerazioni espresse dall’organo consiliare, in ragione del fatto che il sindaco, con la designazione dei rappresentanti di cui trattasi, risponde politi-camente al consiglio e, per esso, al corpo elettorale (Tar Toscana, sez. I, 15 luglio 2002, n. 1448).La revoca dell’amministratore può conseguire anche dal mancato rispetto degli indirizzi formulati dal consiglio comunale o provinciale ex art. 42, primo comma, lett. m), Tuel, ed al quale il rappresentante dell’ente deve attenersi. A tal riguardo occorre però considerare che agli amministratori propri rappre-sentanti, l’ente locale non può comunque imporre comportamenti e decisioni contrari agli interessi del-la società esponendoli, conseguentemente, a possibili azioni di responsabilità ex artt. 2393 (azione sociale di responsabilità), 2393-bis (azione sociale di respon-sabilità esercitata dai soci), 2394 (responsabilità verso i creditori sociali) e 2395 (azione individuale del so-cio e del terzo) del Codice civile.Si ritiene utile precisare, infine, che la controversia avente per oggetto la revoca degli amministratori è considerata (Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 2003, n. 708; Corte di Cassazione, sez. unite, 15 aprile 2005, n. 7799) rientrante nella competenza del giudice ordinario.

4.5. Condizioni di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi ex D.Lgs. n. 39/2013

4.5.1. Ambito oggettivo di applicazione

Ai sensi dell’art. 11, primo comma, TUSP i com-ponenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con apposito D.P.C.M. Resta fermo quanto disposto dall’art. 12, D.L. n. 39/2013 (e dall’art. 5, c. 9, del D.L. n. 95/2012 in tema di dipendenti pubblici in quiescenza, di cui sotto).Le società e gli altri enti di diritto privato che eserci-tano funzioni amministrative, attività di produzio-ne di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sotto-posti a controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle PA, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi, sono sogget-ti alle disposizioni di cui al D.Lgs. 8 aprile 2013, n.

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39, in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi, in qualità di “enti di diritto privato in controllo pubblico”, tenuto conto di quanto disposto dall’emanando decreto di cui sopra.Le società e gli altri enti di diritto privato, anche pri-vi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l’amministrazione che conferisce l’incarico:

1) svolga funzioni di regolazione dell’attività princi-pale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l’esercizio continuati-vo di poteri di vigilanza, di controllo o di certifica-zione;

2) abbia una partecipazione minoritaria nel capitale;

3) finanzi le attività attraverso rapporti convenzio-nali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici;

sono soggetti al medesimo decreto in qualità di “enti di diritto privato regolati o finanziati”.

4.5.2. Incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali

Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di componente dell’organo di indirizzo nella stessa amministrazio-ne o nello stesso ente pubblico che ha conferito l’in-carico, ovvero con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di dirit-to privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico, come stabilito dall’art. 12 del D.Lgs. n. 39/2013.Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale sono incom-patibili con l’assunzione, nel corso dell’incarico, della carica di Presidente del Consiglio dei Mi-nistri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo o di parlamentare.Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incom-patibili con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in con-trollo pubblico da parte della regione, nonché di

province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa re-gione.Tali situazioni di incompatibilità non rilevano per gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima del 4 maggio 2013 in conformità alla normativa vi-gente prima della stessa data (cfr. art. 29-ter, D.L. n. 69/2013, conv. in legge n. 98/2013).È inoltre da tenere presente che tali disposizioni non si applicano agli incarichi presso le società che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e agli incarichi presso le loro control-late.

4.6. Cause ostative

4.6.1. Il progressivo peggioramento dei conti - il risultato economico negativo

La legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) ha stabilito (c. 734) che non può essere nominato amministra-tore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo rico-perto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi.La norma recata dalla Finanziaria 2007 non è stata abrogata dall’art. 28 TUSP.Il comma 734 si interpreta nel senso che non può essere nominato amministratore di ente, istitu-zione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia registrato, per tre esercizi consecutivi “un progressivo peggiora-mento dei conti per ragioni riferibili a non necessitate scelte gestionali”, come disposto dall’art. 71, primo comma, lett. f), della legge 18 giugno 2009, n. 69. Ne consegue che deve escludersi la ricorrenza dei presupposti del divieto nelle ipotesi in cui il pro-gressivo peggioramento risulti conforme alla pro-grammazione gestoria. La norma risulta riferita al risultato economico di esercizio di società ed azien-de, ovvero al disavanzo di competenza ed alla com-plessiva situazione debitoria per ciò che concerne enti ed aziende pubbliche.Si rileva che per effetto dell’art. 21, c. 3, TUSP, le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti ab-biano conseguito un risultato economico negativo,

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procedono alla riduzione del 30% del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Ciò non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante.

4.6.2. I divieti per i soggetti in quiescenza

È fatto divieto agli enti locali di conferire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza (art. 5, c. 9, D.L. n. 95/2012, come modificato dall’art. 6 del D.L. n. 90/2014, conv. in legge n. 114/2014) incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di società dagli stessi controllati, ovvero incarichi di studio e consulenza. Incarichi e collaborazioni sono consentiti esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. De-vono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata di attribuire incari-chi di studio e di consulenza.Il Ministero dell’economia e delle finanze, con cir-colare 4 dicembre 2014, n. 6, ha fornito utili preci-sazioni in merito all’ambito applicativo del divieto, cui si rinvia espressamente.

4.6.3. Ineleggibilità ed incompatibilità ex Tuel - causa esi-mente

In merito ai possibili riflessi giuridici di incarichi assunti in società partecipate previsti dal D.Lgs. n. 267/2000, si ritiene utile ricordare quanto segue:

- per effetto di quanto stabilito dall’art. 60, c. 1, n. 10), Tuel, come modificato dall’art. 14-decies del-la legge n. 168/2005, non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale su-periore al 50 per cento rispettivamente del comune o della provincia. Si ritiene che la causa di ineleggi-bilità debba essere considerata per tutte le società di capitali nelle quali l’ente abbia la maggioranza del capitale sociale;

- l’art. 63, c. 1, n. 1), dello stesso Tuel, dispone che non possa ricoprire le predette cariche l’ammi-nistratore od il dipendente con poteri di rappre-sentanza o di coordinamento dell’ente, istituto od azienda (ovvero società) soggetti a vigilanza in cui

vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione ri-spettivamente da parte del comune o della provin-cia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto od in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il 10 per cento delle entrate dell’ente.

Occorre altresì tener presente che ai sensi dell’art. 67 dello stesso Tuel non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità (come quelle di cui trattasi) gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori dell’ente locale previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo, dovendo pertanto ciascuna posizione esse-re valutata in relazione alle disposizioni statutarie e regolamentari adottate dall’ente.Il riferimento dell’art. 67 agli incarichi ed alle fun-zioni conferite agli amministratori dell’ente locale da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo è da interpretare - tenuto an-che conto di quanto espresso in merito dal Consiglio di Stato (sez. I, 10 novembre 2004, n. 10166) - nel senso che la norma statutaria ha effetto esimente se prescrive che un incarico od una funzione espressa-mente individuata deve essere ricoperta dal titolare di una specifica carica elettiva o da un assessore, per cui nell’attribuzione il consiglio che ha approvato lo statuto, ha ritenuto che in quel caso non sussistono le condizioni preclusive stabilite dagli artt. 60 e 63 del Tuel, essendovi l’esigenza specificatamente motivata che l’ente, per la tutela dell’interesse pubblico che è il suo fine, sia rappresentato nella società dall’ammi-nistratore che è espressamente indicato, escludendo così che ad altri siano affidabili la carica e le funzioni.La Corte di Cassazione (sez. I civ., 28 dicembre 2010, n. 26210) ha precisato che la condizione esimente si riferisce esclusivamente a comportamenti collegati all’esercizio della funzione svolta quale pubblico amministratore, che certo non può coprire anche i danni cagionati alla società con comportamenti tenuti quale amministratore della stessa: “la con-nessione alla funzione pubblica cui la norma fa ri-ferimento per escludere la incompatibilità è in ogni caso interrotta non solo dall’illecito doloso, ma da qualsiasi fatto rivolto al perseguimento di interes-si personali dell’amministratore dell’ente o di terzi quale è la società eventualmente danneggiata”.

4.7. Responsabilità gestionale e patrimoniale

L’ordinamento individua profili di responsabilità che possono coinvolgere gli amministratori della società e dello stesso ente partecipante, e responsa-

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bilità amministrativa della medesima società parte-cipata.

4.7.1. La responsabilità degli amministratori locali

In merito all’eventuale responsabilità degli ammi-nistratori locali, occorre precisare che in caso di cat-tiva gestione della società il sindaco ha il dovere di proporre al consiglio comunale l’esercizio dell’azio-ne di responsabilità di cui all’art. 2393-bis del Co-dice civile, quando gli amministratori della società siano tratti a giudizio penale per comportamenti delittuosi e dannosi connessi alla loro gestione del-la società. L’ente locale è tenuto ad avviare l’azione di responsabilità nei confronti di coloro che am-ministrano la società quando, per comportamen-ti negligenti, questi causano danni che finiscono inevitabilmente per ripercuotersi sullo stesso ente, e quindi sulla comunità locale: in tal caso l’inutile decorso dei termini che prescrivono l’esperimento della predetta azione può configurare profili di re-sponsabilità personale degli amministratori comu-nali o provinciali interessati, tant’è che per un caso di omissione è stato ritenuto sussistere responsabi-lità patrimoniale nei confronti dello stesso sindaco (Corte dei conti, sez. II, 26 marzo 2002, n. 96).L’ente può altresì valutare la possibilità di attiva-re l’azione di responsabilità per il danno arrecato all’immagine dell’ente da parte di organi della so-cietà partecipata, in quanto, sebbene il danno non comporti una diminuzione patrimoniale del pa-trimonio della Pa, è comunque suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso (cfr. Cass. civ., sez. unite, 19 di-cembre 2009, n. 26806).

4.7.2. La responsabilità degli amministratori della società

Nel caso dell’emersione di profili di responsabilità degli amministratori di società partecipate dagli enti locali, è stata rinvenuta la giurisdizione del giu-dice ordinario (Cass. civ., sez. unite, 19 dicembre 2009, n. 26806). In particolare, per gli amministra-tori della società ed i componenti del collegio sinda-cale della stessa, che omettono sistematicamente di rilevare le irregolarità (e le frodi, nel caso di specie) che emergono dalla contabilità aziendale, si delinea-no i profili del reato di peculato (Cass., sez. II pena-le, 12 febbraio-15 maggio 2009, n. 20515).È poi da tener conto che l’affidamento alla società partecipata della gestione di un servizio integra una relazione funzionale incentrata sull’inserimento del soggetto privato controllato - ovvero la socie-

tà - nell’organizzazione dello stesso ente locale e ne implica, conseguentemente, l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti (Cass. civ., sez. unite, 26 febbraio 2004, n. 3899). Le Sezioni Uni-te hanno più recentemente (25 novembre 2013, n. 26283) enunciato il seguente principio di diritto: “La Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repub-blica presso detta Corte quando tale azione sia di-retta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una so-cietà in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti parte-cipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici”.Si ritiene utile, inoltre, segnalare per completezza che l’art. 16-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, come convertito in legge n. 31/2008, ha disposto che per le società con azioni quotate in mercati rego-lamentati con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre PA, inferiori al 50%, nonché per le loro controllate, la responsabilità degli amministra-tori e dei dipendenti è regolata dalle norme sul di-ritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordi-nario (fatta eccezione per le controversie in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 31/2008).Le società partecipate, inoltre, rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 231/2001, avente per oggetto la disciplina della responsabilità ammini-strativa delle persone giuridiche, come precisato dalla giurisprudenza (Cass., sez. II pen., 21 luglio 2010, n. 28699).

4.7.3. Il danno erariale ex art. 12, TUSP

I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla discipli-na ordinaria delle società di capitali, salva la giuri-sdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. Il secondo comma dell’art. 12, TUSP ha introdot-to una nuova figura di danno erariale costituito dal danno patrimoniale o non patrimoniale, su-bito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli

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enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione. La giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale è devoluta alla Corte dei conti.Tale nuova configurazione comporta una maggiore responsabilizzazione degli amministratori locali e del-la società partecipata, tenuto conto di quanto segue:

- è considerato anche il danno non patrimoniale su-bito dall’ente partecipante;

- si configura allorché, dalle proprie decisioni (con dolo o colpa grave), ne consegua un pregiudizio del valore della partecipazione.

5. Il personale

5.1. Le assunzioni

L’art. 19, TUSP, stabilisce che le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione euro-pea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, c. 3, D.Lgs. n. 165/2001; in caso di mancata adozione dei suddetti provvedi-menti, trova diretta applicazione il suddetto art. 35, comma 3, che peraltro risultava applicabile dal 21 ottobre 2008. Detti provvedimenti sono pubblicati sul sito istituzionale della società; in caso di man-cata o incompleta pubblicazione si applicano gli articoli 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013. È importante rilevare che, ai sensi del citato art. 19, c. 4, salvo quanto previsto dall’art. 2126 cod. civ., ai fini retributivi, i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle pro-cedure di cui sopra, sono nulli; resta ferma la giuri-sdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale.Tali vincoli non si applicano, ai sensi dell’art. 4, c. 11, del D.L. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, alle società quotate su mercati regolamentati.La Corte di Cassazione (sez. unite civili, 27 marzo 2017, n. 7759) ha affermato che anche in vigenza dell’art. 19, D.Lgs. n. 175/2016, le società in con-trollo pubblico non sono tenute, “in quanto non riconducibili quale società in house alla pubblica amministrazione, a seguire le regole del concorso pubblico ma quelle stabilite dal D.L. n. 112/2008, convertito in legge n. 233/2008, che obbliga le so-cietà pubbliche a stabilire criteri e modalità per il reclutamento del personale, come stabilito in un re-

golamento interno ad hoc della società”. La Supre-ma Corte precisa, infatti, che con il nuovo art. 19 “si sono ribaditi i principi della normativa del 2008 in ordine al reclutamento del personale da parte delle società a controllo pubblico, provvedimento (…) che comunque mostra l’intenzione del legislatore di non obbligare le società a controllo pubblico ad indire pubblici concorsi e di voler applicare (cfr. art. 1) per quanto non espressamente derogato le nor-me del codice civile e quelle del diritto privato”. Nel-lo stesso senso il Consiglio di Stato (sez. V, 8 giugno 2015, n. 279) in merito al regime assunzionale, una società partecipata, in quanto soggetto di diritto privato, è tenuta al rispetto di regole privatistiche, non rilevando in contrario la circostanza di essere partecipata con capitali pubblici e di essere soggetta a varie forme di controllo ed indirizzi pubblici.Il TUSP, all’art. 18, reca disposizioni che ripropon-gono tali dispositivi.È infatti stabilito che, fatto salvo quanto previsto dal-lo stesso testo unico, ai rapporti di lavoro dei dipen-denti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammor-tizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla nor-mativa vigente, e dai contratti collettivi.

5.2. Il contenimento della spesa di funzionamento e del personale

L’ente locale socio fissa, con proprio provvedimento (chi scrive ritiene debba intendersi il DUP e gli atti conseguenti), obiettivi specifici, annuali e plurien-nali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto delle eventuali disposizioni che stabili-scono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assun-zioni di personale.Le società a controllo pubblico garantiscono il con-creto perseguimento degli obiettivi tramite propri provvedimenti da recepire, nel caso del conteni-mento degli oneri contrattuali, in sede di contratta-zione di secondo livello.Si evidenzia, ad ogni modo, che l’art. 19, c. 5, del testo unico, permette all’ente socio un approccio flessibile alla problematica assunzionale della so-cietà partecipata, posto che la norma non contiene richiami diretti alle norme di finanza pubblica che valgono per le spese, complessive ed individuali, del

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personale dipendente da enti pubblici. Per la Cor-te dei conti, sez. controllo Liguria (par. 8 settembre 2017, n. 80) l’eventuale necessità di aumentare l’at-tività prodotta in favore degli enti pubblici o di ter-zi, con contestuale aumento del fatturato e dei ser-vizi prodotti, il conseguimento di economie di scale e l’efficientamento del servizio, può giustificare un’interpretazione della norma che consenta mag-giore elasticità nelle politiche concernenti la gestio-ne del personale e del contenimento della spesa. In altri termini, qualora le valutazioni svolte dall’ente socio propendano per una corretta correlazione tra personale (e relativa spesa) e attività prodotta, un aumento della stessa potrà giustificare una politica assunzionale espansiva in valore assoluto ma co-munque compatibile con il principio di efficienza e con la realizzazione di economie di scala.I provvedimenti e i contratti di cui sopra sono pub-blicati sul sito istituzionale della società e delle pub-bliche amministrazioni socie; in caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano gli artt. 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013.

5.3. Comunicazione del costo annuale del personale

Le società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle PA incluse nell’elenco ISTAT, diverse da quelle emittenti stru-menti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, nonché gli enti pubblici economici, le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di cui all’art. 70, c. 4, del D.Lgs. n. 165/2001, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Mini-stri - Dipartimento della funzione pubblica e al Mi-nistero dell’economia e delle finanze, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell’economia e del-le finanze, d’intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica (cfr. art. 2, c. 11, D.L. n. 101/2013, conv. in legge n. 125/2013).

5.4. Il passaggio dei dipendenti dell’Ente alla società partecipata

A fronte dell’esternalizzazione di uno o più servizi od attività gestiti direttamente (ma anche tramite azienda speciale) si determina la necessità di dotare la costituenda società partecipata di risorse umane e, più in particolare, del personale comunale (ovve-ro dell’azienda speciale da trasformare) già utilizza-to proprio per la gestione in economia.

È peraltro da tenere presente che, ai sensi del pri-mo comma dell’art. 13 della legge 4 novembre 2010, n. 183, nel caso di esternalizzazione di attività o di servizi ai dipendenti addetti, in caso di esubero, si applicano le disposizioni di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 165/2001 in tema di eccedenze di personale e mo-bilità collettiva.

5.4.1. L’assegnazione temporanea

Il D.Lgs. n. 165/2001, all’art. 23-bis inerente “Di-sposizioni in materia di mobilità tra pubblico e pri-vato”, commi 7 ed 8, prevede la stipula di appositi protocolli d’intesa per assegnare temporaneamente il personale dell’ente anche presso imprese private, disposizione applicabile anche nel caso di trasferi-mento a società partecipate dallo stesso ente loca-le datore di lavoro. Tutte le condizioni relative alla gestione del rapporto del personale assegnato, in questo caso, sono rimesse all’accordo fra le parti. La norma prevede la definizione di appositi protocolli d’intesa tra le parti del rapporto, fermo restando il consenso dell’interessato che appare quale elemento necessario per attivare la procedura.I protocolli, oltre agli elementi indicati dalla nor-ma - e cioè: funzioni da svolgere; modalità di in-serimento; oneri per la corresponsione del trat-tamento economico; eventuale previsione di un compenso aggiuntivo - si ritiene debbano preve-dere anche alcune condizioni a garanzia del lavo-ratore quali: la durata dell’assegnazione; la possi-bilità di rientro prima della scadenza, con congruo preavviso; le modalità di valutazione del servizio prestato presso il privato, ai fini della progressione in carriera, in modo da non determinare alcuna differenza di trattamento rispetto agli altri dipen-denti; l’adozione di meccanismi, anche tramite il compenso aggiuntivo, che non determinino alcu-na riduzione dell’eventuale trattamento accessorio di cui fruisce il dipendente in ragione delle man-sioni svolte; la competenza in materia di procedi-menti disciplinari e le eventuali conseguenze sul rapporto instaurato; l’eventuale svolgimento di un tirocinio formativo.

5.4.2. Il trasferimento d’azienda

Per il passaggio di personale alle dipendenze della società si applica l’art. 2112 del Codice civile, do-vendosi inoltre osservare le procedure di informa-zione e di consultazione di cui all’art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, al quale si rinvia.

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L’art. 2112 del Codice civile prevede la prosecuzio-ne del rapporto di lavoro con il nuovo soggetto - la società - e la conservazione, in capo al lavoratore, dei diritti precedentemente acquisiti. Al riguardo si ritiene utile precisare che il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, nel modificare l’art. 2112 ha precisato che si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento della titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza sco-po di lucro, preesistente al trasferimento e che con-serva nel trasferimento la propria identità a prescin-dere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato (ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda).Per la Cassazione (sez. civ., 30 luglio 2004, n. 14670), con la disposizione in esame, il passaggio del lavo-ratore alle dipendenze del cessionario si produce automaticamente senza necessità che i lavoratori manifestino il loro consenso.Si ritiene altresì utile richiamare il fatto che in caso di trasferimento di ramo d’azienda l’appartenenza del lavoratore allo specifico ramo trasferito va determi-nata con riferimento alla prevalenza delle mansioni svolte, nel senso che devono considerarsi come ad-detti al ramo ceduto quei lavoratori che sono stati in precedenza destinati pressoché totalmente al settore ceduto (Corte d’Appello Milano, 4 giugno 2002).La vigente normativa delinea un quadro di garanzie inerenti ai diritti del lavoratore soggetto al trasferi-mento ex art. 2112:

- il lavoratore, in caso di trasferimento d’azienda conserva tutti i diritti derivanti dal pregresso rap-porto di lavoro con il cedente e non solo quelli deri-vanti dall’anzianità;

- per i crediti del lavoratore è prevista la responsabi-lità solidale del cedente col cessionario, sussistendo casomai in proposito una giurisprudenza oscillante circa i confini temporali delle responsabilità del ces-sionario;

- il cessionario è obbligato ad applicare il trattamen-to economico e normativo previsto dai contratti di lavoro vigenti.

Vale la pena evidenziare che una volta perfeziona-tosi il trasferimento dei dipendenti muta il titolo del rapporto di lavoro, essendo mutata la natura del datore: le società partecipate, d’altra parte, non sono comprese nell’elenco dettato dall’art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di soggetto di na-tura privatistica. Da ciò consegue, fra l’altro, l’inap-plicabilità dell’art. 30 dello stesso decreto in favore

del personale dipendente da una società per attuare la mobilità verso pubbliche amministrazioni (cfr. Dipartimento Funzione Pubblica, Ufficio personale PA, parere 22 settembre 2006, n. 6), come poi con-fermato dall’ultimo periodo del comma 563 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014).È tuttavia da tener presente che il CCNL 4 giugno 2009 (art. 1, c. 3) ha previsto che al personale sog-getto a mobilità (anche) per processi di privatizza-zione, si applica il contratto collettivo nazionale del comparto Regioni-Enti locali sino all’individuazio-ne o definizione, previo confronto con le organiz-zazioni sindacali, della nuova e specifica disciplina contrattuale del rapporto di lavoro.Si richiamano, infine, le garanzie inerenti la posizio-ne previdenziale:

- l’art. 5 della legge 8 agosto 1991, n. 274, per il quale il dipendente pubblico che transita a società private che esercitano le funzioni degli stessi enti pubblici, può optare per il mantenimento dell’iscrizione alla Cassa pensione degli istituti di previdenza, con le modalità indicate nella medesima legge (fermo restando l’obbli-go di versare all’Inps le contribuzioni minori per gli ex dipendenti dell’azienda speciale, come confermato dalla Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2000, n. 1744);

- il lavoratore può altresì chiedere il ricongiungi-mento gratuito all’Inps per i periodi di iscrizione all’Inpdap, anche se presso questa gestione ha ma-turato il diritto a pensione, a termini dell’art. 1 della legge n. 29/1979.

Il personale dipendente da aziende municipalizzate trasformate in società partecipate tenute all’obbligo contributivo Cig e Cigs, che opta per il mantenimento dell’iscrizione all’Inpdap, ha diritto all’accredito della contribuzione figurativa (ex art. 7, c. 9, della legge n. 223/1991), e alla ricongiunzione della stessa contri-buzione figurativa presso l’Inpdap, quando è posto in mobilità (Inps, circolare 16 aprile 2002, n. 86).Per i dipendenti da aziende pubbliche dal 1° gen-naio 2009 non può più essere escluso l’assoggetta-mento all’assicurazione contro la disoccupazione ancorché agli stessi sia garantita la stabilità d’impie-go essendo venuto meno l’art. 40, n. 2), del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, ai sensi dell’art. 20 della leg-ge n. 133/2008 (Inps, circolare 12 febbraio 2009, n. 18); il regime di esonero può continuare a trovare applicazione esclusivamente con riferimento ai di-pendenti delle Pa, stante la vigenza dell’art. 32, lett. b), della legge n. 264/1949.Sempre dal 1° gennaio 2009, per effetto delle modi-fiche apportate dal ricordato art. 20, le società par-

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tecipate sono tenute a versare la contribuzione per maternità e malattia all’INPS che, di conseguenza, erogherà le prestazioni economiche di maternità, paternità, congedo parentale e riposi giornalieri per allattamento.

5.4.3. Le relazioni sindacali

A livello contrattuale (art. 6 del CCNL del 22 genna-io 2004, che ha sostituito l’art. 8 del CCNL 1° aprile 1999) è previsto che debbano essere oggetto di con-certazione, in particolare, i “criteri per il passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività”.Si ritiene che tale disposizione vada opportunamente integrata con l’art. 31 del D.Lgs. n. 165/2001, per il quale “nel caso di trasferimento o conferimento di atti-vità svolte da pubbliche amministrazioni… al persona-le che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’art. 2112 del Codice civile e si osservano le procedure di informazione e consultazione di cui all’art. 47, com-mi da 1 a 4 della legge 29.12.1990, n. 428”.Quindi, il cedente (l’ente) ed il cessionario (la so-cietà) devono darne comunicazione per iscritto alle parti sindacali almeno 25 giorni prima che sia per-fezionato l’atto o raggiunta l’intesa sul trasferimen-to. Entro i termini previsti dalla legge va avviata la consultazione, e l’eventuale mancato rispetto della presente procedura, qualificata come “obbligo”, co-stituisce condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970.

5.4.4. La rideterminazione delle dotazioni organiche - L’as-severazione delle risorse trasferite

La legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008), all’art. 3, commi 30-32 - disposizioni non abrogate dal T.U.S.P. - dispone che gli enti locali (e le altre PA) che costituiscono società o enti, comunque deno-minati, o assumono partecipazioni in società, con-sorzi o altri organismi, adottano, sentite le organiz-zazioni sindacali per gli effetti derivanti sul perso-nale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adegua-ta alle funzioni esercitate dal nuovo soggetto gestore e provvedono alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.Fino al perfezionamento dei provvedimenti di ri-determinazione della dotazione organica, questa è provvisoriamente individuata in misura pari al numero dei posti coperti al 31 dicembre dell’an-no precedente all’istituzione o all’assunzione della partecipazione, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa data risultino in corso di espleta-

mento procedure di reclutamento, di mobilità o di riqualificazione del personale, diminuito delle unità di personale effettivamente trasferito.I collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di esternalizzazione asseverano il trasferi-mento delle risorse umane e finanziarie e trasmet-tono una relazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze - Diparti-mento della Ragioneria generale dello Stato, segna-lando eventuali inadempimenti anche alle compe-tenti sezioni della Corte dei conti.

6. Il processo inverso: la reinternalizzazione dei servizi - il trattamento del personale

L’art. 19, c. 8, TUSP, stabilisce che le amministra-zioni pubbliche prima di poter effettuare nuove as-sunzioni, nel caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi prima affidati ad una società partecipata, procedono - nei limiti dei posti vacanti nelle dota-zioni organiche e nell’ambito delle facoltà assun-zionali disponibili - al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti dall’amministrazione e transitate alle dipendenze della società interessa-ta da tale reinternalizzazione, utilizzando specifici processi di mobilità.Il Decreto correttivo, accogliendo quanto contenuto nell’Intesa raggiunta in Conferenza Stato-Città, pre-vede che la spesa per il riassorbimento del personale non rileva nell’ambito delle facoltà assunzionali di-sponibili e del parametro di cui al comma 557-qua-ter dell’art. 1 della legge n. 296/2006. È precisato che tale irrilevanza è condizionata all’adeguata dimo-strazione da parte dell’ente, certificata dal parere dell’organo di revisione economico-finanziaria, che le esternalizzazioni sono state effettuate nel rispetto degli adempimenti previsti dall’art. 6-bis, D.Lgs. n. 165/2001 (introdotti dal 2009 per effetto del D.Lgs. n. 69/2009), ed in particolare che:

a) in corrispondenza del trasferimento alla società della funzione, è stato trasferito anche il personale corrispondente alla funzione medesima, con le cor-relate risorse stipendiali;

b) la dotazione organica dell’Ente sia stata corri-spondentemente ridotta e tale contingente di per-sonale non sia stato sostituito;

c) siano state adottate le necessarie misure di ridu-zione dei fondi destinati alla contrattazione integra-tiva;

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d) l’aggregato di spesa complessiva del personale soggetto ai vincoli di contenimento è stato ridotto in misura corrispondente alla spesa del personale trasferito alla società.

È infine previsto (c. 9) che le disposizioni in materia di gestione delle eccedenze di personale delle socie-tà partecipate previste dalla legge di stabilità per il 2014 (commi da 565 a 568 della legge n. 147/2013) trovano applicazione “fino alla data di pubblica-zione del decreto di cui all’art. 25, c. 1, e comun-que non oltre il 31 dicembre 2017”, come stabilito dall’art. 11 del Decreto correttivo.

7. Il trasferimento alla società di beni di proprietà dell’ente locale - Lo scorporo

7.1. Il regime giuridico

Il trasferimento di beni appartenenti all’ente loca-le può essere legato alla necessità della società di disporne per l’erogazione del servizio affidatogli, oppure alle scelte dell’ente qualora ritenga oppor-tuno liberare, anche parzialmente, la quota sotto-scritta mediante conferimento in natura ovvero trasferirne comunque la disponibilità alla costi-tuenda società.Occorre quindi distinguere l’ipotesi in cui il trasfe-rimento di beni patrimoniali avvenga:

1) mediante il conferimento nella società partecipa-ta quale apporto in natura. In questo caso il comune o la provincia deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal presidente del tribunale, il quale attesti che il valore attribuito al bene non è inferiore al valore nominale delle azioni o quote sottoscritte, così come disposto dall’art. 2343 del Codice civile;

2) attraverso negozio giuridico di diritto privato posto in essere fra l’ente e la società, con il quale quest’ultima acquisisce la disponibilità del bene a tempo indeterminato ovvero per un periodo deter-minato se ritenuto più opportuno.

L’art. 118, primo comma, del D.Lgs. n. 267/2000 di-spone la riduzione alla metà degli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui alla precedente lett. a), nonché per le parcelle dei notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti effettuati.Diverso è il caso in cui la gestione del servizio coin-volga beni demaniali, come gli acquedotti, e quindi inalienabili: in tale evenienza l’uso dei beni inte-ressati può essere attribuito alla società partecipata mediante apposita concessione-contratto, ferma re-

stando l’ipotesi della società delle reti di cui al par. 1 del precedente cap. VI.

7.2. Il regime tributario

I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra detti enti a favore delle società delle reti sono esenti, sen-za limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsi-asi specie o natura. Le stesse esenzioni si applica-no anche ai conferimenti, da parte dell’ente locale, di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi per la costituzione di società a partecipazione non maggioritaria, alla costituzione, anche per atto uni-laterale, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del D.L. 31 maggio 1994, n. 332, convertito dalla legge n. 474/1994, nonché alle procedure di trasformazione di aziende speciali in società partecipate, come precisato dall’Agenzia delle entrate (risoluzione 15 maggio 2001, n. 67/E).La medesima disposizione agevolativa si applica - per effetto del combinato disposto dagli artt. 115, c. 6, e 118, Tuel - anche nel caso di costituzione di società di capitali con conferimento di azienda o di ramo di essa: «l’interpretazione sistematica delle norme sopra richiamate porta a ritenere che non siano giustificate eventuali differenze nell’applica-zione delle norme di agevolazione a seconda che la società per azioni sia costituita a seguito della tra-sformazione o scissione di un’azienda speciale, o sia costituita direttamente con il conferimento di un’a-zienda che non ha le caratteristiche dell’azienda spe-ciale» (Agenzia delle entrate, ris. 5 ottobre 2001, n. 153/E). Per l’Agenzia «il citato articolo 118 riprende numerose agevolazioni che erano state introdotte successivamente alla legge 8 giugno 1990, n. 142, con la finalità prevalente di incentivare l’utilizzo di forme organizzative più efficienti per la gestione dei servizi pubblici locali. Queste agevolazioni, ini-zialmente dirette a rendere esenti da ogni imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura, i trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dagli enti locali in sede di costituzione di aziende speciali o società per azioni, sono state successiva-mente estese anche ad altre fattispecie tra le quali rileva, ai fini del nostro esame, quella disposta dal comma 2, ultimo periodo, relativa ai conferimenti di “aziende” in sede di “costituzione” di società per azioni da parte delle province e dei comuni con la finalità di dismetterne le partecipazioni ai sensi del

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D.L. n. 332 del 1994», nonché - si aggiunge per com-pletezza - per la costituzione di società di capitali ai sensi dell’art. 116, Tuel, come espressamente statui-to dallo stesso art. 118.L’Agenzia delle Entrate ha poi precisato (ris. 6 otto-bre 2008, n. 375) che le disposizioni di cui al citato art. 115 trovano applicazione con riferimento alla totalità degli elementi patrimoniali costituenti il ramo d’azienda, ivi compresi i beni di questa che non rientrano nella sua disponibilità al momento della trasformazione, in quanto utilizzati da ter-zi (nel caso di specie per un contratto di affitto di azienda - i nuovi valori fiscalmente rilevanti sono riconosciuti, cioè, sia al concedente che all’affittua-rio del ramo d’azienda).Nel novero delle imposte cui la norma agevolativa dell’art. 118 del testo unico fa riferimento, devono intendersi ricomprese, seppur non espressamente menzionate, anche l’allora IRPEG (R.M. 31 mag-gio 1999, n. 88/E), e l’IVA (R.M. 23 aprile 1997, n. 90/E), in quanto la stessa norma dispone l’esenzione da «ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qual-siasi specie o natura». Il Ministero delle finanze ha altresì precisato che la costituzione di un diritto di superficie in favore di società partecipata su aree ac-quisite dal comune tramite procedura di esproprio ovvero nell’ambito della propria autonomia negozia-le - purché in tal caso l’acquisto sia avvenuto nell’e-spletamento dei compiti istituzionali dell’ente e gli immobili non siano destinati all’esercizio di attività commerciali - sia ugualmente esclusa dal campo di applicazione IVA (R.M. 1° luglio 1998, n. 67/E).Si deve peraltro rilevare che l’art. 1, c. 275, della leg-ge n. 311/2004 ha disposto che “ai fini della valo-rizzazione del patrimonio immobiliare le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni, ivi comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge n. 410/2001, in favore di fondazioni o società di carto-larizzazione, associazioni riconosciute sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto”.

7.3. Lo scorporo delle reti e degli impianti

Gli enti locali che al 1° gennaio 2002 detenevano la maggioranza del capitale sociale di società per la gestione di servizi pubblici locali a rilevanza econo-mica, proprietarie anche delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni per il loro esercizio, erano te-nuti, entro il 1° gennaio 2003 - anche in deroga alle

disposizioni delle discipline settoriali - a scorporare le reti, gli impianti e le altre dotazioni. Contestual-mente la proprietà delle reti, degli impianti e del-le altre dotazioni patrimoniali, oppure dell’intero ramo d’azienda è conferita ad una società a mag-gioranza pubblica incedibile (società delle reti).Lo scorporo delle reti e degli impianti è un adem-pimento che continua comunque ad essere dovuto.La deliberazione indica se lo scorporo avviene per scissione ex art. 2506 del Codice civile (ovvero ex art. 115, Tuel, nel caso di trasformazione dell’azien-da), o per conferimento da parte della medesima società. Nel caso di trasformazione di azienda spe-ciale i beni possono essere anche oggetto di retro-cessione all’ente locale, che li dovrà poi mettere a disposizione del soggetto gestore delle medesime infrastrutture (in caso di separazione) o del servizio (qualora non vi sia separazione).

8. La gestione finanziaria e contabile

8.1. La determinazione delle tariffe

La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio pubblico locale gestito. Gli enti locali interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico finanziario dell’investimento e della connessa gestione.La tariffa è determinata ed adeguata ogni anno dai soggetti proprietari attraverso contratti di program-ma di durata poliennale, nel rispetto del disciplina-re del servizio e delle disposizioni statutarie della società. Il primo comma dell’art. 117 del D.Lgs. n. 267/2000 individua i seguenti criteri che devono es-sere seguiti nella determinazione delle tariffe:

a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da as-sicurare l’integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;

b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;

c) la considerazione dell’entità dei costi di gestione delle opere tenendo conto degli investimenti effet-tuati ed, in particolare, dei livelli qualitativi del ser-vizio erogato;

d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, considerando le prevalenti condizioni di mercato.

Nella determinazione delle tariffe tali criteri devo-no essere coordinati con le disposizioni legislative che regolano i diversi settori di attività - esamina-te più approfonditamente nelle relative parti della

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presente Guida - nonché, nei limiti della normativa vigente, con le linee guida espresse dal CIPE con la deliberazione del 24 aprile 1996 (in G.U. n. 118 del 22 maggio 1996), che ha riconosciuto lo strumento del “price cap” quale metodo di definizione tariffa-ria più idoneo per il raggiungimento di adeguati standard di efficienza e qualità dei servizi pubblici.

8.2. La gestione delle entrate

Quando il servizio pubblico è gestito dalla società partecipata, e non direttamente dall’ente locale, la tariffa è riscossa dalla medesima società, fatto salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, e tenuto conto dell’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.Si ritiene opportuno rilevare che le società che ge-stiscono entrate locali, indipendentemente dal ti-tolo giuridico in forza del quale hanno maneggio di pubblico denaro, sono qualificate come agenti contabili, con conseguente obbligo di presentazio-ne del conto e sottoposizione del giudizio alla Corte dei conti (Cass. civile, sez. unite, 15 marzo-9 ottobre 2001, n. 12367).

8.3. Trasferimenti straordinari, aperture di credito e garanzie

Le pubbliche amministrazioni socie, ai sensi dell’art. 14, c. 5, TUSP non possono, salvo quanto previsto dagli artt. 2447 e 2482-ter, cod. civ., effettuare au-menti di capitale, trasferimenti straordinari, aper-ture di credito, né rilasciare garanzie a favore del-le società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano regi-strato, per tre esercizi consecutivi, perdite di eserci-zio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straor-dinari alle società a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realiz-zazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, ap-provato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti, che con-templi il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni.Al fine di salvaguardare la continuità nella presta-zione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministra-zione interessata, detti interventi possono essere

autorizzati con decreto del Presidente del Consi-glio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti.

8.4. L’applicazione dello split payment

L’art. 3 del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, ha esteso l’applicazione del regime dello split payment di cui all’art. 17, D.P.R. n. 633/1972, alle operazioni per le quali è emessa fattura a decorrere dal 1° gennaio 2018 nei confronti di:

0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pub-bliche di servizi alla persona;

0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fon-do di dotazione non inferiore al 70%;

a) società controllate, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministe-ri;

b) società controllate direttamente o indirettamen-te, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);

c) società partecipate, per una percentuale com-plessiva del capitale non inferiore al 70%, da ammi-nistrazioni pubbliche o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b).

8.5. Le linee guida ANAC in tema di tracciabilità

L’ANAC ha aggiornato le linee guida in tema di tracciabilità con delibera 31 maggio 2017, precisan-do che sono escluse dall’ambito di applicazione del-la legge n. 136/2010 le movimentazioni di danaro derivanti da prestazioni eseguite in favore di pub-bliche amministrazioni da soggetti, giuridicamente distinti dalle stesse, ma sottoposti ad un controllo analogo a quello che le medesime esercitano sulle proprie strutture (cd. affidamenti in house).Resta ferma l’osservanza della normativa sulla trac-ciabilità per la società in house quando la stessa af-fida appalti a terzi, rivestendo in tal caso la qualifica di stazione appaltante.Soggiace, invece, agli obblighi di tracciabilità la procedura di selezione del socio privato di una so-cietà mista con contestuale affidamento dei com-piti operativi al socio stesso (cd. socio operativo):

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conseguentemente, per tale fattispecie, è necessario richiedere il CIG all’Autorità.

8.6. Le perdite: copertura e ripiano

Le società partecipate provvedono alla copertura di eventuali perdite di esercizio - salvo i casi sotto indicati - dopo l’approvazione del bilancio dal qua-le le stesse risultano, mediante l’utilizzazione delle riserve disponibili o, in loro mancanza, tramite la riduzione del capitale ed il suo eventuale successivo aumento.Se per effetto di perdite di gestione il capitale si ri-duce di oltre un terzo restando sempre al di sopra del minimo legale, l’assemblea deve procedere alla riduzione del capitale in proporzione alle perdite accertate. L’ente locale, per le azioni di cui è pro-prietario, deve ridurre in proporzione il valore per le stesse iscritto nelle scritture patrimoniali.Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli ammini-stratori devono convocare immediatamente l’as-semblea per gli opportuni provvedimenti ai sensi dell’art. 2446 del Codice civile. Se per la perdita il capitale sociale si riduce al di sotto del minimo legale, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del me-desimo ad una cifra non inferiore a detto minimo (art. 2447 c.c.). Nel caso in cui la situazione della società comporti la riduzione obbligatoria di cui all’art. 2446 c.c., il consiglio dovrebbe prendere atto della relazione sulla situazione patrimoniale della società di cui al primo comma dello stesso ar-ticolo, quale organo del comune socio che ha com-petenza per la partecipazione dell’ente a società di capitali, e dare atto che il sindaco, rappresentante del comune nella società, deve adottare in sede di assemblea i provvedimenti obbligatori per legge. In conseguenza dell’adozione degli stessi dovrà essere effettuata anche la variazione patrimoniale per aggiornare la contabilità patrimoniale dell’en-te in relazione alla nuova consistenza del capitale investito nella società.Nel caso di cui all’art. 2447 c.c. il consiglio comu-nale dovrà inoltre deliberare il reintegro del capitale sociale ed il finanziamento dell’onere conseguente. Per quanto concerne la ricapitalizzazione delle so-cietà, tenuto conto di quanto disposto dal dettato costituzionale (art. 119 Cost.) e dall’art. 41, c. 4, della legge n. 448/2001, occorre tener presente che costituiscono debiti fuori bilancio riferiti:

- a spese di investimento, quelli derivanti da au-menti di capitale di società partecipate dall’ente lo-cale destinati al finanziamento di nuovi impianti ed opere di investimento;

- a spese di parte corrente, quelli correlati a ridu-zioni di capitali determinate da perdite di gestione non coperte dai fondi di riserva. Al riguardo si ri-leva che secondo alcune pronunce della Corte dei conti (sez. reg. controllo Puglia, delib. n. 65/2007) il ripiano delle perdite e la ricostituzione del capitale delle partecipate, caratterizzato da un continuo im-piego di risorse dell’ente, non può inquadrarsi fra la spesa in conto capitale ma deve gravare soltanto sulla parte corrente.

8.7. Le conseguenze delle perdite: il Fondo vincolato

Per effetto dell’art. 21, TUSP (che ripropone nor-me già in vigore dall’esercizio 2015) nel caso in cui società partecipate dagli enti locali presentino un risultato di esercizio negativo, le amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità fi-nanziaria, accantonano nell’anno successivo in ap-posito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione.Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilan-cio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risul-tato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’art. 2425 del codice civile. L’importo accantonato è reso disponibile in misu-ra proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’impor-to accantonato viene reso disponibile agli enti par-tecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione.Gli accantonamenti sono applicati a decorrere dall’anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017:

a) l’ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipa-zione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell’esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25% per il 2014, del 50% per il 2015 e del 75% per

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il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l’accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b);

b) l’ente partecipante a società che hanno registra-to nel triennio 2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25% cento per il 2015, al 50% per il 2016 e al 75% per il 2017 del risultato negativo conseguito nell’esercizio precedente.

Per effetto dell’art. 21, c. 3-bis, introdotto dal De-creto correttivo, gli enti locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla socie-tà partecipata con le somme accantonate al Fondo, nei limiti della loro quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell’Unione europea in tema di aiuti di Stato.

8.8. Le azioni correlate, gli strumenti finanziari par-tecipativi ed i patrimoni destinati

La riforma del diritto societario ha consentito l’in-troduzione di nuovi strumenti che possono caratte-rizzare la struttura finanziaria della società.In particolare può essere fatto riferimento ai pa-trimoni destinati ad uno specifico affare di cui agli artt. 2447-bis e seguenti c.c. Le norme codicistiche ora richiamate consentono di costituire uno o più “patrimoni destinati in via esclusiva ad uno speci-fico affare” (art. 2447-bis, lett. a), oppure conveni-re di destinare “i proventi di uno specifico affare” (art. 2447-bis, lett. b), al rimborso totale o parziale di un determinato finanziamento. In relazione alle società di cui trattasi, la citata lett. b) consente di avvalersi di finanziamenti cui destinare, in modo vincolato, i proventi derivanti dalla specifica atti-vità finanziata, ovvero di attivare, in pratica, ope-razioni di project-finance: si pensi, per esempio, all’acquisizione di un finanziamento (anche da parte del socio privato) destinato a coprire gli one-ri necessari per la costruzione di un’opera, in re-lazione al quale può essere convenuto di destinare gli importi (o parte di essi) derivanti dalla gestione della medesima opera.L’opportunità concessa, invece, dalla citata lett. a), può essere utilizzata in connessione con:

a) l’emissione di “azioni correlate” ai sensi dell’art. 2350, c. 2, c.c. , in base al quale la società può emet-tere azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato

settore, lasciando allo statuto la determinazione dei criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili allo stesso settore, delle modalità di rendicontazione e dei diritti attribuiti a tali azioni (oltre alle modali-tà di conversione in azioni di categoria diversa). In riferimento alle società in oggetto, il disposto com-binato dalle norme citate consente, ad esempio, la destinazione di una parte del patrimonio sociale (che potrebbe essere anche apportata dal socio pri-vato in sede di conferimento) a determinati servizi e/o attività, con destinazione dei proventi di tali at-tività alle azioni dallo stesso possedute;

b) l’utilizzo di strumenti finanziari partecipativi di cui agli artt. 2346, c. 6, e 2349, c. 2, c.c., dotati di diritti patrimoniali e del diritto di voto su specifi-ci argomenti, eventualmente assegnando ai relativi possessori il diritto di nominare un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza od un sindaco. Tali strumenti possono essere utilizzati per le medesime finalità di cui alla precedente lett. a), con la possibi-lità di prestabilire la loro remunerazione in modo fisso, secondo una misura che può essere uno degli elementi a base della gara per la scelta dello stesso socio privato.

Le azioni correlate e gli strumenti finanziari parte-cipativi possono, inoltre, trovare applicazione nelle società di cui trattasi a prescindere dalla loro cor-relazione con un patrimonio destinato. L’emissione di azioni correlate in favore del socio privato, infat-ti, può essere prevista già in sede di costituzione (e quindi di gara) per impegnare più direttamente lo stesso nella gestione di una o più attività attribuite alla stessa società. Gli strumenti finanziari parteci-pativi possono essere, invece, utilizzati per acquisire risorse finanziarie provenienti dal socio privato sen-za attribuirgli porzioni ulteriori di capitale sociale, ovvero mantenendo le quote percentuali (e la stessa maggioranza del capitale) predefinite.

8.9. La qualificazione tributaria dei rapporti finanziari fra ente locale e società in house

I rapporti finanziari fra ente locale e società parteci-pata determinano l’insorgere di problematiche non banali inerenti l’applicazione o meno delle imposte statali dirette ed indirette.Per ciò che concerne l’IVA, accertato che:

a) il servizio pubblico affidato consiste in un’atti-vità economica a presunzione assoluta di commer-cialità o manifesta, comunque, natura commer-

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ciale in relazione al suo carattere essenzialmente economico;

b) il trasferimento dell’attività commerciale non faccia perdere all’ente la qualifica di soggetto pas-sivo;

c) l’ente non intervenga in qualità di pubblica au-torità;

allora il corrispettivo (canone od altro) riconosciu-to all’ente affidante deve essere assoggettato ad Iva ex art. 3, c. 1, D.P.R. n. 633/1972, con diritto alla detrazione. Nel caso in cui non si realizzino le con-dizioni di cui alle precedenti lettere il canone non è assoggettato ad IVA.In merito alle somme di denaro che l’ente viene a versare alla società, si evidenzia quanto segue:

1) le somme a titolo di contributo vincolato ad una controprestazione, sussistendo un rapporto sinal-lagmatico tra le parti, sono assoggettate ad IVA se-condo l’aliquota propria della prestazione fornita;

2) le somme a titolo di integrazione delle tariffe, delle rette o delle quote dovute dall’utenza, anche per effetto di una considerazione di favore per ta-lune condizioni socio-economiche della medesima utenza, sono assoggettate ad IVA allo stesso regime applicabile alla prestazione cui si riferiscono;

3) le somme versate a “copertura delle quote di di-savanzo” fra entrate ed uscite del servizio affidato in relazione all’erogazione di servizi in base a tariffe di favore verso particolari utenze, ossia di contributi corrisposti dall’ente per il perseguimento dell’equi-librio economico nella gestione dello stesso servizio, sono da considerarsi rilevanti ai fini Iva, con appli-cazione dell’aliquota afferente il servizio medesimo essendo connessa ad un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive;

4) le somme versate a titolo di copertura del disa-vanzo di gestione, a titolo eventuale e corrisposte a consuntivo, possono non essere assoggettate ad im-posta qualora risulti assente ogni nesso di corrispet-tività fra prestazione resa dalla società partecipata ed il contributo ricevuto dall’ente.In merito a quest’ultimo punto si rammenta che l’Agenzia delle entrate:

- si è espressa (ris. 8 marzo 2007, n. 37) nel senso di considerare assoggettato ad imposta il corrispettivo versato dall’ente costituente alla società dallo stesso costituita e soggetta a controllo analogo per l’attivi-tà di gestione dei servizi informatici e telematici del medesimo ente;

- ha esaminato (ris. 9 novembre 2006, n. 129/E) l’applicabilità dell’art. 10, n. 27-ter), del D.P.R. n. 633/1972, che dispone l’esenzione da Iva delle pre-stazioni socio-sanitarie rese da, in particolare, or-ganismi di diritto pubblico, alle società partecipate che, vale la pena ricordarlo, sono qualificate, ap-punto, “organismo di diritto pubblico” dal Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006. L’Agenzia ha negato l’applicabilità dell’esenzione al caso di cui trattasi tenuto conto che: “la definizione di organismo pubblico dettata dal Codice in mate-ria di appalti pubblici non può ritenersi, in man-canza di qualsiasi indicazione normativa al riguar-do, immediatamente applicabile ai fini fiscali per la delimitazione dell’ambito applicativo delle norme tributarie riferite ad enti ed organismi pubblici” (cfr. R.M. n. 129/E); “la nozione di organismo pub-blico, mutuata dalla giurisprudenza e dalla norma-tiva in materia di appalti pubblici in base alla quale le società in house potrebbero essere assimilate ad enti pubblici, non può ritenersi applicabile in ma-teria tributaria”;

- ha ritenuto (ris. 22 dicembre 2006, n. 954) assog-gettabili ad imposta gli importi trasferiti dall’ente a società, dallo stesso costituita e soggetta a controllo analogo, derivanti dalla concessione allo stesso ente di contributi comunitari e regionali la cui gestione, appunto, risulta affidata alla società in house.

Con la risoluzione 16 aprile 2008, n. 155/E, l’Agen-zia si è occupata dell’applicabilità del meccanismo del reverse charge al modello della società in house providing, venendo a ritenere che tale rapporto, sul piano fiscale, non comporta l’effetto automatico di escludere l’applicazione del predetto regime del reverse charge: in buona sostanza il modello “in house” è irrilevante a tali fini, per cui se alla luce delle disposizioni contrattuali che legano l’ente alla società il rapporto è qualificabile come appalto, le prestazioni che quest’ultima affida a soggetti terzi sono configurabili come subappalti, alle quali risul-terà dunque applicabile il citato meccanismo.

9. L’assoggettamento alle procedure concorsuali della società partecipata

Le società a partecipazione pubblica sono sogget-te alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordina-ria delle grandi imprese insolventi, come stabilito dall’art. 14, c. 1, TUSP. Lo stesso articolo ha disposto

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che qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio effettuati nella relazione sul governo societario, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedi-menti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento. Si ritiene utile evidenziare che il Consiglio Naziona-le dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili sta elaborando un format per la predisposizione dei programmi di valutazione del rischio di crisi azien-dale.Si rileva che, ove ricorrano dette situazioni, la man-cata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell’organo amministrativo, costituisce grave irre-golarità ai sensi dell’art. 2409, cod. civ. Non costi-tuisce provvedimento adeguato la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’ammini-strazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsia-si altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussisten-za di concrete prospettive di recupero dell’equili-brio economico delle attività svolte.A seguito delle precisazioni recate dal Decreto correttivo è fatto quindi divieto (c. 5) alle ammi-nistrazioni di sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari ed aperture di credito - salvo perdite di oltre un terzo del capitale e la riduzione di quest’ultimo al di sotto del minimo stabilito - per le società per azioni e le società a re-sponsabilità limitata (escluse le quotate e gli istituti di credito) che hanno registrato per 3 anni consecu-tivi perdite di esercizio ovvero che hanno utilizzato riserve per il ripiano di perdite anche infrannuali. In deroga a quanto appena indicato sono consentiti (c. 5) i trasferimenti straordinari alle società, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di program-ma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure siano previste in un piano di ri-sanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti che preveda l’equilibrio finanziario entro 3 anni. Inoltre un decreto del Presidente del Consi-glio dei Ministri, su richiesta dell’amministrazione interessata, può comunque autorizzare i succitati interventi a sostegno delle società partecipate nei

casi in cui ciò sia necessario per salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità.Essendo la società a partecipazione pubblica una modalità di gestione del servizio pubblico, conse-gue che risulta compito dell’ente pubblico titolare degli interessi pubblici, nell’ipotesi di decozione, trovare una soluzione alternativa al loro soddisfa-cimento, mediante gestione del servizio in altra forma o riassegnazione ad altro soggetto (Cass. civ., n. 22209/2013), mentre agli organi del falli-mento spetta la liquidazione delle attività falli-mentari, nel rispetto dei limiti generalmente sta-biliti dalla legge, al fine di assicurare la continuità del servizio pubblico (Corte d’appello di Napoli, 24.4.2013).Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fal-limento della società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.

10. Le Aziende speciali e le Istituzioni - disciplina applicabile

L’art. 114, Tuel, reca la disciplina ordinamentale delle aziende speciali e delle istituzioni. Per effetto di disposizioni normative non recenti, le aziende speciali, in particolare, avrebbero dovuto ormai ri-sultare un istituto non più attuale, superato ormai, la cui attivazione ex novo è comunque assai dubbia.Ciò posto, il legislatore, preso atto della mantenu-ta rilevanza del fenomeno, ha avviato una sorta di assimilazione delle aziende speciali, ma anche delle istituzioni, alle società partecipate, almeno in rela-zione ai vincoli ed alle limitazioni applicabili a que-ste ultime.Anche la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (di bilan-cio 2018), ha stabilito che alle aziende ed ai consorzi istituiti ai sensi degli artt. 31 e 144 Tuel - che alla data del 23 settembre 2016 fossero già in liquida-zione - si applicano le medesime disposizioni con-tenute, per le società partecipate, negli artt.19, c.8, e 25 TUSP, in materia di riassorbimento del personale eventualmente eccedente.Alle aziende speciali ed alle istituzioni si applica-no le disposizioni del Codice degli appalti, non-ché le disposizioni che stabiliscono (cfr. art. 18, c. 2-bis, D.L. n. 112/2008, come modificato dal

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comma 556, legge di stabilità 2014), a carico degli enti locali:

- divieti o limitazioni alle assunzioni di personale;

- contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per con-sulenza anche degli amministratori.

Gli enti locali vigilano sull’osservanza di tali vinco-li da parte delle aziende ed istituzioni di cui sono titolari.Sono invece escluse dall’applicazione delle disposi-zioni di cui sopra aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, servizi scolastici e per l’infanzia, culturali e farma-cie: l’esclusione prevista per le aziende che gestisco-no servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie, deve essere oggetto di stretta interpre-tazione e non può essere applicata oltre i casi ed i tempi considerati (cfr. ex multis Corte dei conti, delibera 21 gennaio 2013, n. 24).

11. Il controllo delle attività

11.1. Il controllo dell’ente sulle società partecipate

Con la costituzione di società partecipate o sogget-ti strutturalmente esterni all’ente proprietario, ai quali vengono affidate attività e servizi pubblici di particolare rilievo per la vita delle comunità ammi-nistrate, si viene sempre più a delineare un modello sistemico nel quale l’ente locale deve costituire il centro d’indirizzo e coordinamento.Per assolvere a tale funzione è necessario definire ido-nei strumenti di collegamento e monitoraggio ed uti-lizzare adeguate professionalità. Fra essi certamente devesi annoverare il contratto di servizio fra ente e società e le carte dei servizi fra società ed utenza.Nell’ambito degli strumenti di controllo dell’atti-vità gestionale occorre poi ricomprendere anche i rappresentanti dell’ente eletti negli organi societari, ivi compreso il collegio dei revisori.In questo contesto occorre adesso considerare che per effetto del nuovo art. 147-quater, Tuel, introdotto dall’art. 3, D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, ciascun ente definisce (è tenuto a definire) secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società dallo stes-so partecipate; tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell’ente locale, che ne sono responsabili.Per attuare tale obbligo l’ente deve preventivamen-te definire gli obiettivi gestionali a cui deve tendere

la società partecipata secondo standard qualitativi e quantitativi, organizzando un idoneo sistema in-formativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari fra l’ente proprietario e la medesima società, la sua situazione contabile, gestionale ed organizzativa, i contratti di servizio e la qualità dei servizi, nonché il rispetto dei vincoli di finanza pubblica alla stessa assegnati.Sulla base di tali informazioni l’ente effettua il mo-nitoraggio periodico sull’andamento delle società partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati ed individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dello stesso ente.Il controllo è attivato, in fase di prima applicazio-ne, negli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti, e per l’anno 2014 negli enti con popolazione superiore a 50.000 abitanti e, a decor-rere dall’anno 2015, negli enti con popolazione su-periore a 15.000 abitanti.I risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato per tutti gli enti locali, a partire dall’esercizio 2017.La strumentazione utilizzabile dagli enti locali può essere opportunamente definita attraverso le di-sposizioni dello statuto e dei regolamenti comuna-li, tenuto conto di quanto espresso dalla Corte di Cassazione (sez. unite, 16 giugno 2005, n. 12868) in relazione all’ampiezza della potestà statutaria e dei principi statuiti dall’art. 118, ultimo comma, della Costituzione, e che tale potestà può esplicarsi anche nei confronti delle attività e dei servizi ester-nalizzati e dei relativi soggetti gestori.

11.2. Il diritto d’accesso agli atti dei consiglieri comu-nali

Ai sensi dell’art. 43 Tuel, i consiglieri dell’ente han-no diritto di accesso a tutti gli atti che possano es-sere d’utilità all’espletamento del loro mandato. Il diritto d’accesso del consigliere non riguarda sol-tanto le competenze attribuite all’organo consiliare ma, essendo riferito all’espletamento del mandato, investe l’esercizio della carica in tutte le sue po-tenziali implicazioni, per consentire la valutazione della correttezza ed efficacia dell’operato dell’am-ministrazione comunale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 1994, n. 119). È stato così ritenuto (Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900) che risulta legittima la richiesta di informazioni nei confronti

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di una società a prevalente capitale comunale avan-zata da un consigliere dell’ente partecipante: “la na-tura di società di capitale non preclude, pertanto, l’esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è imputabile al comune; dalla par-tecipazione pubblica discende l’esercizio di attivi-tà certamente rientranti nella più generale attività dell’ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione”.Ad ogni modo occorre precisare che la pretesa dei consiglieri dell’ente di accedere direttamente alla contabilità sociale è stata ritenuta una pretesa giuri-dicamente illegittima (cfr. Cass. civ., sez. I, 15 otto-bre 2013, n. 23381).

11.3. Il monitoraggio statale - la struttura presso il MEF

Nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze è individuata un’apposita struttura compe-

tente per il controllo e il monitoraggio sull’attua-zione del TUSP. La struttura:

- fornisce orientamenti e indicazioni applicative e promuove le migliori pratiche presso le società a par-tecipazione pubblica, adotta nei confronti delle stesse società le direttive sulla separazione contabile e verifica il loro rispetto, ivi compresa la relativa trasparenza;

- tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pub-blica esistenti, utilizzando le informazioni della banca dati di cui all’art. 17, c. 4, D.L. n. 90/2014;

- riceve dalle amministrazioni pubbliche e socie-tà a partecipazione pubblica, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, segnalazioni periodi-che e ogni altro dato o documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci e gli altri documenti obbligatori con le modalità e nei termini stabiliti dalla medesima struttura.