la ricerca delle determinanti della collocazione...

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LA RICERCA DELLE DETERMINANTI DELLA COLLOCAZIONE TERRITORIALE DEGLI STRANIERI IN ITALIA Oliviero Casacchia, Paolo Diana, Salvatore Strozza(*) 1. Introduzione Se si effettua un confronto tra le migrazioni che contraddistinguevano il passato e quelle dell'ultimo ventennio tra gli elementi essenziali che le differenziano emergono almeno due aspetti: il ruolo prevalente giocato dai fattori di spinta rispetto a quelli di attrazione e il minore legame funzionale, almeno apparente, con il mercato del lavoro dei paesi di destinazione. Per quanto concerne l'Italia, pur dando per scontata la scarsa importanza dei pull factors rispetto ai push factors nella determinazione e nella dinamica dell'immigrazione attuale dai paesi in via di sviluppo (PVS), la dimensione e le caratteristiche della presenza straniera nei diversi contesti territoriali del nostro paese rimandano necessariamente ad un più attento esame dei fattori di richiamo. Pertanto, l'ipotesi che viene avanzata è la seguente: se, in generale, nelle migrazioni internazionali odierne i fattori di spinta dai paesi di origine risultano nettamente prevalenti rispetto a quelli di attrazione dei paesi di destinazione, la distribuzione territoriale degli immigrati nel paese di accoglimento, e nel caso specifico in Italia, si può ritenere legata in modo rilevante a determinati fattori di richiamo riconducibili in primo luogo alle caratteristiche del sistema produttivo e del mercato del lavoro locale (Natale e Strozza, 1997). In un precedente contributo (Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998) sono stati illustrati i principali modelli di assetto territoriale della componente regolare di alcune collettività straniere presenti in Italia alla fine del 1991 tentando di individuarne le possibili determinanti. Nel presente lavoro la problematica viene ripresa in esame alla luce delle variazioni intervenute - soprattutto a seguito della sanatoria svoltasi tra la fine del 1995 e la prima parte del 1996 (ex Decreto Legge 489/95 e successivi) - nella distribuzione territoriale della componente regolare delle principali collettività straniere presenti nel paese alla fine del 1996. 2. Definizione e rilevazione del collettivo straniero di riferimento Il perseguimento dell'obiettivo indicato richiede la scelta preliminare del collettivo statistico di riferimento. Infatti, gli stranieri possono essere distinti, in base alle norme che regolano il soggiorno sul territorio nazionale, nella componente regolare, costituita da quelli in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità, e nella componente irregolare, costituita sia da quelli che permangono nel paese senza aver rinnovato il permesso scaduto (irregolari in senso stretto), sia da quelli che non hanno mai avuto un'autorizzazione di soggiorno (clandestini). Inoltre, la componente regolare può essere a sua volta distinta in regolare-stabile e regolare semi-stabile a seconda che gli stranieri in regola con il soggiorno siano rispettivamente residenti o solo presenti nel paese. Il collettivo statistico considerato in questa ricerca è costituito dalla sola componente regolare della presenza straniera in Italia. Se ciò può sembrare un limite, esistono però almeno due motivi per procedere in tal senso. In primo luogo, se si vuole studiare il profilo territoriale di una popolazione è opportuno GSP99 - Oliviero Casacchia, Paolo Diana, Salvatore Strozza 1 di 24

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LA RICERCA DELLE DETERMINANTI DELLA COLLOCAZIONE TERRITORIALEDEGLI STRANIERI IN ITALIA

Oliviero Casacchia, Paolo Diana, Salvatore Strozza(*)

1. Introduzione

Se si effettua un confronto tra le migrazioni che contraddistinguevano il passato e quelle dell'ultimoventennio tra gli elementi essenziali che le differenziano emergono almeno due aspetti: il ruolo prevalentegiocato dai fattori di spinta rispetto a quelli di attrazione e il minore legame funzionale, almeno apparente,con il mercato del lavoro dei paesi di destinazione.

Per quanto concerne l'Italia, pur dando per scontata la scarsa importanza dei pull factors rispetto ai pushfactors nella determinazione e nella dinamica dell'immigrazione attuale dai paesi in via di sviluppo(PVS), la dimensione e le caratteristiche della presenza straniera nei diversi contesti territoriali del nostropaese rimandano necessariamente ad un più attento esame dei fattori di richiamo.

Pertanto, l'ipotesi che viene avanzata è la seguente: se, in generale, nelle migrazioni internazionali odiernei fattori di spinta dai paesi di origine risultano nettamente prevalenti rispetto a quelli di attrazione deipaesi di destinazione, la distribuzione territoriale degli immigrati nel paese di accoglimento, e nel casospecifico in Italia, si può ritenere legata in modo rilevante a determinati fattori di richiamo riconducibili inprimo luogo alle caratteristiche del sistema produttivo e del mercato del lavoro locale (Natale e Strozza,1997).

In un precedente contributo (Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998) sono stati illustrati i principalimodelli di assetto territoriale della componente regolare di alcune collettività straniere presenti in Italiaalla fine del 1991 tentando di individuarne le possibili determinanti.

Nel presente lavoro la problematica viene ripresa in esame alla luce delle variazioni intervenute -soprattutto a seguito della sanatoria svoltasi tra la fine del 1995 e la prima parte del 1996 (ex DecretoLegge 489/95 e successivi) - nella distribuzione territoriale della componente regolare delle principalicollettività straniere presenti nel paese alla fine del 1996.

2. Definizione e rilevazione del collettivo straniero di riferimento

Il perseguimento dell'obiettivo indicato richiede la scelta preliminare del collettivo statistico diriferimento. Infatti, gli stranieri possono essere distinti, in base alle norme che regolano il soggiorno sulterritorio nazionale, nella componente regolare, costituita da quelli in possesso di un permesso disoggiorno in corso di validità, e nella componente irregolare, costituita sia da quelli che permangono nelpaese senza aver rinnovato il permesso scaduto (irregolari in senso stretto), sia da quelli che non hannomai avuto un'autorizzazione di soggiorno (clandestini). Inoltre, la componente regolare può essere a suavolta distinta in regolare-stabile e regolare semi-stabile a seconda che gli stranieri in regola con ilsoggiorno siano rispettivamente residenti o solo presenti nel paese.

Il collettivo statistico considerato in questa ricerca è costituito dalla sola componente regolare dellapresenza straniera in Italia. Se ciò può sembrare un limite, esistono però almeno due motivi per procederein tal senso. In primo luogo, se si vuole studiare il profilo territoriale di una popolazione è opportuno

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esaminare la componente meno sfuggente, quella costituita da individui che hanno, o intenderebberoavere, con il paese di accoglimento un rapporto di tipo duraturo. Inoltre, l'esame della geografia deiregolari risulta l'unica strada percorribile se si vogliono utilizzare informazioni di una certa attendibilità(Natale, Strozza, 1997; Istat, 1998a).

Il materiale statistico relativo alla componente regolare è tratto dalla rilevazione da parte del Ministerodell'Interno dei permessi di soggiorno rilasciati dalle Questure ai cittadini stranieri presenti nel paese. Idati utilizzati in questo contributo sono quelli elaborati dall'Istat che, disponendo degli archivi delMinistero relativi alla fine di ciascun mese, ha contabilizzato i permessi di soggiorno validi al 31dicembre degli anni dal 1991 al 1996, considerando per ciascun anno l'archivio relativo a fine giugnodell'anno successivo(1) (per il 1996 è stato utilizzato l'archivio di fine settembre 1997), depurato delleduplicazioni e delle documentazioni scadute. Pertanto, i dati elaborati dall'Istat "differiscono da quellidiffusi dal Ministero dell'Interno e forniscono una più accurata quantificazione della presenza stranieraregolare"(2) (Istat, 1998a, p. 21). Ciò non toglie che permangono alcuni limiti connessi al carattereamministrativo della rilevazione: da un lato è possibile che ci sia una contenuta sovrastima dei regolarimaggiorenni poiché una piccola parte dei permessi validi potrebbe riguardare stranieri che hanno lasciatoil paese senza darne comunicazione; da un altro c'è sicuramente una forte sottostima dei minori che,tranne pochi casi, non sono titolari di un proprio permesso, risultando soltanto nella documentazione disoggiorno dei familiari. Quindi i dati utilizzati in questa sede forniscono un'immagine attendibile dellapresenza regolare di stranieri maggiorenni(3).

Per lo studio dei modelli insediativi verrà utilizzata la provincia come unità territoriale di analisi(4). Ilpermesso di soggiorno dovrebbe essere richiesto e/o rinnovato presso la Questura della provincia in cui lostraniero intende dimorare. È possibile però che una parte contenuta dei permessi risulti rilasciata in unaprovincia diversa da quella di effettiva presenza/residenza a causa, per lo più, di spostamenti all'internodel territorio successivi alla data di rilascio dell'autorizzazione di soggiorno(5). Tale circostanza nondovrebbe però alterare in modo significativo la geografia della presenza regolare(6).

Prima di addentrarci nell'analisi dell'insediamento degli immigrati stranieri sul nostro territorio èopportuno accennare brevemente alla più recente evoluzione del fenomeno. I dati del Ministerodell'Interno elaborati dall'Istat testimoniano di una presenza in Italia alla fine del 1996 di quasi un milionedi stranieri regolari, con un incremento rispetto al 1991 superiore al 50% (tab. 1). Tale crescita è larisultante di un andamento assai variabile nel periodo considerato (1991-96), prevalentemente imputabileall'effetto delle sanatorie. Infatti, nel 1992 calano i permessi a causa - come sottolineato da diversi autori(Natale, Strozza, 1997; Istat, 1998a) - del mancato rinnovo di una parte delle autorizzazioni di soggiornoconcesse con la regolarizzazione del 1990 (ex legge 39/1990). Tra la fine del 1992 e del 1995 si osservauna crescita contenuta della presenza regolare che per alcune aree di provenienza consente appena(asiatici) o addirittura non permette (africani) di raggiungere al termine del periodo (31 dicembre 1995)gli ammontari registrati alla fine del 1991 (tab. 1). É nell'ultimo anno (nel 1996) che si realizza una fortecrescita della componente regolare a seguito della sanatoria svoltasi tra la fine del 1995 e i primi tre mesidel 1996 che ha permesso la regolarizzazione di circa 250 mila stranieri (Natale, Strozza, 1997; Golini,Strozza, 1998).

L'analisi per collettività evidenzia differenze evolutive solo in parte scontate: accanto alla collettivitàtunisina caratterizzata da una lenta ripresa rispetto al picco registrato al 1991, si notano gruppi checonsolidano - soprattutto a seguito della più recente sanatoria - il loro peso all'interno dell'universoextracomunitario (marocchini, filippini, senegalesi, egiziani e ghanesi) e collettivi di recente orecentissimo insediamento che segnano nel periodo un incremento particolarmente forte. Tra questi ultimiva notato come i cittadini dell'ex Jugoslavia(7) siano gli unici a registrare una notevole crescita nelperiodo 1991-1995 a seguito del rilascio da parte delle autorità italiane di circa 40 mila permessi permotivi umanitari. Per i peruviani, i rumeni e gli albanesi, che vedono anch'essi più che raddoppiato neicinque anni considerati il peso della loro componente regolare, un ruolo importantissimo è giocato dallasanatoria che ha permesso l'emersione di una parte della recente immigrazione clandestina.

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Tab. 1 - Permessi di soggiorno per area di provenienza e per le principali cittadinanze dei Paesi in via disviluppo (PVS). Italia 1991-96. Valori assoluti e numeri indice (per 100).

Area diproven.za/Cittadinanza(a)

Anni (31.12)Numeri Indice (per

100)

1991 1992 1993 1994 1995 1996 95/91 96/91 96/95

Totalestranieri

648935 589457 649102 677791 729159 986020 112,4 151,9 135,2

PSA 172186 175145 180542 189035 199231 212039 115,7 123,1 106,4

PVS edEuropa Est

476749 414312 468560 488756 529928 773981 111,2 162,3 146,1

Europa 15 100404 104031 108109 114633 122185 128123 121,7 127,6 104,9

Altri PSA 71782 71114 72433 74402 77046 83916 107,3 116,9 108,9

Europa Est 86471 91424 127055 142285 152473 213420 176,3 246,8 140,0

Africa Sett. 147954 111989 119487 119192 131298 191005 88,7 129,1 145,5

Resto Africa 79577 68457 71312 70610 74649 110300 93,8 138,6 147,8

Asia (b) 112674 95020 99963 104053 114558 176907 101,7 157,0 154,4

AmericaLatina

50073 47422 50743 52516 56950 82349 113,7 164,5 144,6

Marocco 83292 66526 72464 73076 81247 115026 97,5 138,1 141,6

ex Jugoslavia 26727 34954 64636 73450 73538 74761 275,1 279,7 101,7

Albania 24886 22474 23732 25245 30183 66608 121,3 267,7 220,7

Filippine 36316 30220 30992 32625 36007 56209 99,1 154,8 156,1

Tunisia 41547 27356 28856 27751 30666 40002 73,8 96,3 130,4

Cina 15776 12166 13080 13906 16200 31615 102,7 200,4 195,2

Senegal 24194 19235 20043 19383 20186 31543 83,4 130,4 156,3

Romania 8250 8419 9756 12026 14212 26894 172,3 326,0 189,2

Sri Lanka 12144 11401 13262 14477 16010 23652 131,8 194,8 147,7

Egitto 18473 14647 14663 14796 15530 23547 84,1 127,5 151,6

Polonia 12139 10490 11719 12400 13955 23163 115,0 190,8 166,0

Perù 5022 5022 6163 6708 8001 21934 159,3 436,8 274,1

India 9918 9363 10177 10924 11984 19058 120,8 192,2 159,0

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Ghana 11303 8790 9487 9413 10010 15645 88,6 138,4 156,3

Brasile 10953 10518 11495 12378 12985 15505 118,6 141,6 119,4

Note: (a) Sono riportate le principali cittadinanze degli stranieri originari dei PVS ordinate in mododecrescente in base alla graduatoria dei permessi al 1996. (b) Escluso Giappone.Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat (1998a; 1998b).

3. Collettività straniere e territorio: alcune indicazioni di sintesi

Accanto a variazioni nella consistenza di tutto rispetto, il pur breve periodo esaminato ha visto anchemutamenti sensibili nella distribuzione territoriale. In linea generale la presenza extracomunitaria si avviaverso una lenta diffusione sul territorio: è ciò che segnala l'osservazione del rapporto di concentrazioneche da 0,64 al 1991 tocca il valore di 0,61 cinque anni dopo (tab. 2). Quasi tutte le collettività consideratemostrano questo tipo di pattern, ad eccezione di alcune (rumena e peruviana) che costituiscono una novitànel melting pot del nostro paese e di quella egiziana, per la quale l'indicatore non mostra peraltroapprezzabili variazioni. La dissomiglianza aggiunge qualche elemento in più: se a livello aggregatol'indice appare immobile (pari a 0,30 per l'insieme degli extracomunitari), in un caso (Perù) aumenta inmodo significativo, a segnalare una maggiore divaricazione nel periodo tra la geografia della presenzaperuviana e quella della popolazione complessiva.

Tab. 2 - Indicatori della distribuzione territoriale degli stranieri titolari di permesso di soggiorno distintiper area di provenienza e per alcune collettività. Italia, 31.12.1991 e 31.12.1996.

Area diproven.za/Cittadinanza(a)

Rapporto diconcentrazione

Indice didissomiglianza(b)

Indice dimetropolizzazione(c)

Indice diglobalizzazionemetropolitana(d)

1991 1996 1991 1996 1991 1996 1991 1996

Totalestranieri

0,63 0,61 0,29 0,26 56,4 52,2 62,1 60,7

PSA 0,74 0,69 0,41 0,34 56,3 55,8 54,6 62,6

PVS edEuropa Est

0,64 0,61 0,30 0,30 56,9 51,3 62,7 60,2

Europa 15 0,67 0,68 0,36 0,37 53,8 55,5 65,1 69,0

Altri PSA 0,74 0,74 0,41 0,41 56,3 56,3 54,6 52,9

Europa Est 0,58 0,55 0,30 0,29 41,7 36,6 61,5 57,5

Africa Sett. 0,62 0,59 0,30 0,25 48,5 42,1 53,0 50,8

RestoAfrica

0,73 0,71 0,34 0,32 58,1 51,3 54,1 48,6

Asia (e) 0,82 0,79 0,48 0,43 77,0 71,8 73,1 68,9

AmericaLatina

0,67 0,73 0,34 0,39 61,1 66,4 70,3 69,2

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Marocco 0,58 0,56 0,28 0,28 42,5 36,4 42,8 37,6

exJugoslavia

0,71 0,66 0,44 0,42 32,6 28,0 53,3 54,3

Albania 0,48 0,48 0,25 0,25 31,0 32,2 34,9 36,3

Filippine 0,91 0,88 0,61 0,57 86,3 81,3 82,6 80,7

Tunisia 0,71 0,65 0,40 0,33 42,2 33,2 39,2 40,1

Cina 0,82 0,78 0,50 0,44 74,5 69,0 58,8 48,4

Senegal 0,70 0,70 0,40 0,42 31,1 29,2 43,8 45,5

Romania 0,62 0,66 0,33 0,36 49,8 52,9 65,6 64,8

Sri Lanka 0,89 0,87 0,56 0,54 84,4 79,3 50,6 49,4

Egitto 0,92 0,93 0,65 0,65 85,6 83,8 88,9 89,0

Polonia 0,77 0,74 0,52 0,48 64,7 60,2 84,6 82,3

Perù 0,83 0,89 0,38 0,59 77,5 83,8 72,9 74,7

India 0,81 0,77 0,54 0,51 68,3 51,6 84,0 80,8

Ghana 0,87 0,86 0,61 0,63 47,0 32,8 19,9 17,0

Brasile 0,70 0,69 0,35 0,35 63,6 61,6 69,0 68,0

Note: (a) cfr. nota a della tab. 1. (b) Indice relativo di dissomiglianza con la distribuzione provincialedegli italiani. (c) Percentuale stranieri presenti nelle 12 province metropolitane. (d) Percentuale stranieripresenti nelle province di Roma e Milano rispetto al totale di quelli presenti nelle province metropolitane.(e) cfr. nota b della tab. 1.

Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat.

Altre due misure sono presentate allo scopo di fornire una prima valutazione della tendenza allaconcentrazione nelle aree "forti" del paese, quelle metropolitane(8). La quota di immigrati che si raccoglienelle dodici aree (l'indice di metropolizzazione) è passata dal 56,4 al 52,2%. Tale riduzione è tuttaviarisultato di un bilancio tra una sensibile diminuzione (dal 57 al 51%) per la componente proveniente daiPVS e un leggero aumento (dal 55 al 56%) osservato per gli stranieri provenienti dai paesi a sviluppoavanzato (PSA). Scendendo nel dettaglio emerge ancora una volta che per le due neocollettività(peruviani e rumeni), alle quali si può associare anche quella albanese, il dato appare in controtendenza inquanto l'indice mostra un lieve aumento. Infine, anche il peso delle due metropoli più importanti - Roma eMilano - sul complesso dei presenti in ambito metropolitano (indice di globalizzazione metropolitana),appare nel periodo leggermente ridimensionato: dal 62,1 al 60,7% rispettivamente alla fine del 1991 e del1996. È interessante rilevare che tale risultato è frutto di due tendenze contrastanti: per gli stranieriprovenienti dai PSA, il peso delle due metropoli aumenta (dal 54,6 al 62,6%) mentre all'opposto per l'areadei PVS (comprensivi di quelli dell'Europa orientale) tale quota si riduce di due punti e mezzo percentuali(tab. 2). Se si analizza in dettaglio il comportamento delle collettività è più difficile individuare unatendenza generale in quanto l'indice mostra una diminuzione in nove casi sui quindici considerati. Va

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segnalato il calo particolarmente ampio per i cinesi: il ruolo delle due metropoli "globali" nella capacità diassorbire nuovi ingressi è ridimensionato in sostanza da Firenze, provincia nella quale si coglie al 1996 lapresenza di cinesi numericamente più cospicua.

Infine, l'analisi dell'incidenza sulla popolazione complessiva (a livello provinciale, per ciascunacollettività si calcola il peso sul complesso degli italiani e stranieri presi congiuntamente) offre un quadrodiverso da quello dell'osservazione della pura composizione percentuale, ma aggiunge elementi cheappaiono di una certa rilevanza per un complesso di motivi trattati diffusamente nel prossimo paragrafo.In tab. 3 sono riportate le incidenze a livello nazionale della componente regolare delle principalicollettività originarie dei PVS che nel complesso al 1996 non arrivano a toccare il 14 per mille dellapopolazione. Marocchini, ex jugoslavi, albanesi e filippini incidono al '96 con pesi superiori (o di pocoinferiori) all'1 per mille, mentre le 8 collettività meno numerose esprimono una presenza che si colloca aldi sotto del mezzo punto ogni mille individui presenti in Italia.

Maggior interesse riveste l'osservazione della media dell'indicatore considerato per provincia, indicatoreche esprime l'ammontare medio dell'incidenza di ciascuna collettività (in pratica una media non ponderatadelle incidenze provinciali). In sintesi, ogni 1000 abitanti in ciascuna provincia emerge una presenzamedia di 13,99 stranieri, di cui poco più di 11 dai PVS e quasi 3 provenienti dai PSA. Il valore andrebbeconfrontato con l'incidenza totale riportata nelle prime due colonne: se l'incidenza non pesata assume unvalore inferiore a quella ponderata, ciò significa - così come si dimostra nel successivo paragrafo - che glistranieri si concentrano nelle provincie demograficamente più consistenti. Ad esempio, per filippini edegiziani il divario tra le due incidenze è più forte in quanto gli appartenenti a questi gruppi si concentranonelle aree del paese più popolate. Al contrario, per albanesi ed ex-jugoslavi il confronto segnala ilconcentrarsi in provincie di scarso peso demografico. Il divario tra le due incidenze mostra inoltre unalieve diminuzione nel quinquennio in esame: tale andamento - che interessa in particolare collettivitàcome quella filippina, indiana e ghanese - esprime una sorta di tendenza a saturare spazi ancora liberi, enon dunque un concentrarsi delle collettività in zone già popolose.

Tab. 3 - Alcuni indicatori dell'incidenza a livello territoriale degli stranieri titolari di permesso disoggiorno distinti per area di provenienza e per le principali cittadinanze dei PVS. Italia, 31.12.1996.

Area diprovenienza /Cittadinanza (a)

Incidenza nazionale(per 1000 ab.)

Incidenza media perprovincia (per 1000

ab.)

Cograduazione tral'incidenza prov.

1991 1996 1991 1996 al 1991 e al 1996

Totale Stranieri 11,43 17,16 9,09 13,99 0,89

PSA 3,03 3,69 2,51 2,96 0,95

PVS ed Europa Est 8,40 13,47 6,59 11,03 0,86

Europa 15 1,77 2,23 1,53 1,82 0,96

Altri PSA 1,26 1,46 0,98 1,14 0,92

Europa Est 1,52 3,71 1,63 4,00 0,84

Africa Sett. 2,61 3,32 2,33 3,00 0,86

Resto Africa 1,40 1,92 0,97 1,39 0,95

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Asia (b) 1,98 3,08 1,00 1,69 0,93

America Latina 0,88 1,43 0,66 0,96 0,89

Marocco 1,47 2,00 1,42 1,94 0,86

ex Jugoslavia 0,47 1,30 0,62 1,63 0,81

Albania 0,44 1,16 0,50 1,29 0,70

Filippine 0,64 0,98 0,22 0,39 0,93

Tunisia 0,73 0,70 0,73 0,75 0,92

Cina 0,28 0,55 0,16 0,36 0,80

Senegal 0,43 0,55 0,40 0,51 0,93

Romania 0,15 0,47 0,13 0,39 0,70

Sri Lanka 0,21 0,41 0,10 0,19 0,89

Egitto 0,33 0,41 0,12 0,15 0,90

Polonia 0,21 0,40 0,15 0,28 0,82

Perù 0,09 0,38 0,05 0,16 0,83

India 0,17 0,33 0,10 0,25 0,87

Ghana 0,20 0,27 0,15 0,22 0,90

Brasile 0,19 0,27 0,13 0,19 0,84

Note: (a) cfr. nota a della tab. 1. (b) cfr. nota b della tab. 1.Fonte: cfr. tab. 2.

Inoltre, come segnalato dall'ultima colonna che riporta l'indice di cograduazione tra la distribuzioneprovinciale al 1991 e quella al 1996, la geografia della presenza appare nel periodo parzialmente mutataper albanesi e rumeni (indice non superiore a 0,7). Mentre le collettività distributivamente più "immobili"appaiono essere la filippina, la senegalese la tunisina, l'egiziana e la ghanese (indici pari almeno a 0,9).

4. L'assetto territoriale di alcune collettività straniere

4.1. Le misure utilizzate

La semplice distribuzione provinciale presenta almeno due limiti: da una parte per quasi tutte lecollettività Roma e Milano rappresentano le principali aree di insediamento e in alcuni casi costituiscono iluoghi di presenza nettamente prevalenti se non esclusivi; dall'altra va sottolineato come questa variabilesia ovviamente correlata in modo positivo con la distribuzione degli autoctoni(9) visto che le collettivitàstraniere tendono in genere a riprodurne il modello distributivo amplificando però la concentrazione nelle

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aree metropolitane.

Allo scopo di cogliere la peculiarità dei modelli distributivi delle collettività straniere presenti sul nostroterritorio sembra quindi essenziale costruire indicatori analitici che evidenzino le differenze rispetto alladistribuzione dei cittadini nazionali(10). Sembra assolvere a tale compito l'indicatore calcolatodistintamente per ciascuna provincia p (per p = 1, 2, ... , 95) che esprime, per una data collettività straniera

c, l'incidenza sulla popolazione italiana(11). Tale indicatore ( ) è dato dal rapporto tra la numerosità

della collettività straniera nella provincia considerata ( ) e quello della popolazione residente nellaprovincia (ITp). Esso dovrebbe permettere di evidenziare i differenti assetti territoriali delle collettivitàstraniere considerate.

Attraverso semplici passaggi si può dimostrare che tale indicatore esprime in una generica provincia p il

rapporto tra la quota di popolazione della collettività c ( ) e quella della popolazione italiana

residente nella provincia ( ) moltiplicato per un fattore di scala che rappresenta l'incidenza della

collettività a livello nazionale ( ). In formula:

. [1]

Pertanto, va tenuto presente che il livello degli indicatori di incidenza provinciale riferiti ad una datacollettività straniera dipende anche dalla loro consistenza numerica a livello nazionale.

Per tale ragione è parso opportuno utilizzare un indicatore di incidenza relativa provinciale ottenutodividendo l'indicatore di incidenza provinciale per l'indicatore di incidenza nazionale. In simboli:

. [2]

Quest'ultimo indicatore appare più adeguato per una lettura analitica e, allo stesso tempo, comparativadell'assetto territoriale (provinciale) degli stranieri distinti per paese di origine, sia perché consente diadottare gli stessi valori soglia per tutte le collettività, sia perché assume valore uno quando in una dataprovincia c'è uguaglianza tra la quota del totale della collettività assorbita dalla provincia e la quota dellapopolazione italiana che vi risiede.

Pertanto, nella costruzione delle cinque classi per la rappresentazione grafica dell'incidenza relativa alivello provinciale delle collettività straniere un valore soglia è stato posto uguale a uno in quanto valoriinferiori esprimono una frequenza relativa di stranieri minore di quella degli italiani e valori superioriesattamente il contrario(12). Gli altri valori soglia (e quindi le classi) sono stati individuati prendendo ariferimento i quintili dell'incidenza relativa provinciale riferita al complesso delle 15 collettività finoraconsiderate(13).

4.2. Una lettura analitica

L'individuazione successiva di quei fattori che risultano essere determinanti in una lettura analitica dellegame esistente tra le strategie migratorie adottate dalle collettività e le caratteristiche del territorio diinsediamento è reso più agevole da una preliminare costruzione di una mappa geo-etnica della presenzastraniera nel nostro paese che offre lo spunto per una definizione di una serie di tipologie di distribuzioneterritoriale.

Nella "mappa" proposta, l'attenzione è posta sui modelli distributivi di sei collettività immigrateindividuate nel modo seguente: le prime cinque (Marocco, Tunisia, ex Jugoslavia, Albania e Filippine)

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seguono un criterio rispondente alla consistenza numerica, sono le comunità più numerose che,nell'insieme, rappresentano circa il 36% della presenza straniera in Italia (cfr. tab. 2); la sesta, quellaperuviana, è stata scelta per rispondere all'esigenza di analizzare una collettività di recente e rapidoinsediamento, caratterizzata da un incremento numerico intenso e significativo(14).

La lettura dei cartogrammi in fig. 1, insieme a quella della tab. 3, mostra le modalità di insediamento dellesei collettività. Gli immigrati della ex Jugoslavia si distribuiscono soprattutto nelle province italianeconfinanti con le stesse regioni di provenienza (Udine, Trieste e Gorizia). Presenze significative diimmigrati slavi sono inoltre da registrare in molte province dell'Italia centrale. Tra queste, oltre a Roma,particolare rilievo assumono Perugia, L'Aquila, Macerata e Teramo. Un'incidenza relativa poco rilevantesi registra nel Mezzogiorno.

La comunità tunisina è fortemente presente sia nelle province della Sicilia (in particolare in quelle diPalermo, Agrigento, Trapani e Ragusa), anch'esse "frontaliere", che fanno registrare una incidenzarelativa più elevata rispetto alle restanti aree del paese, sia in alcune province del Centro-Nord. Ilriferimento è soprattutto all'Emilia Romagna, dove sono da evidenziare Parma, Reggio, Bologna eModena. Per il Sud, invece, assumono notevole importanza nella definizione di una geografia insediativadella comunità tunisina, le province di Latina e Caserta che si distinguono per la fiorente agricoltura,settore trainante rispetto al resto delle economie locali.

I maggiori insediamenti di marocchini vanno invece individuati soprattutto lungo il versante Nord-Occidentale e lungo la dorsale formata da alcune province della Lombardia (Milano, Bergamo e Brescia)e da alcune dell'Emilia Romagna (Bologna, Reggio e Modena).

Gli albanesi, come i marocchini, sembrano seguire un modello distributivo maggiormente "diffuso",anche se alcune province del versante adriatico, mostrano livelli di incidenza superiori alla media dellepresenze rilevate in altre zone della penisola.

Osservando, in ultimo, i cartogrammi relativi alle collettività peruviana e filippina, si coglie l'alto livellodi concentrazione territoriale. Sono le metropoli come Roma e Milano, insieme alle grandi aree urbane,come Firenze e Bologna, ad assorbire la quasi totalità degli immigrati appartenenti a queste ultime duecollettività.

In sintesi, si definiscono almeno tre modelli insediativi differenti:

di tipo "frontaliero", ben evidente se si considerano la collettività di origine slava e quella tunisina;1.

di tipo "diffuso", caratteristico soprattutto dei marocchini e degli albanesi(15);2.

di tipo "metropolitano", ascrivibile alla collettività filippina e a quella peruviana che si connotanoper una netta prevalenza femminile.

3.

Appare adesso opportuno cercare di valutare se questi modelli distributivi siano in qualche modo connessiad alcune caratteristiche delle aree di insediamento.

Fig. 1 � Incidenza relativa per provincia(a) di alcune collettività straniere selezionate. Permessi disoggiorno, Italia, dati al 31.12.1996.

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Nota: (a) Per ogni collettività esprime il rapporto tra la quota del totale della collettività assorbita dallaprovincia e la quota di popolazione complessiva residente (italiani e stranieri) nella provincia (cfr. par.4.1).

Fonte: cfr. tab. 2

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5. L'individuazione delle variabili esplicative

5.1. I fattori del contesto socio-economico e produttivo italiano(16)

L'individuazione dei possibili fattori di richiamo è stata condotta distinguendo due ordini di variabili: unaprima classe composta da indicatori legati al contesto socio-economico e produttivo italiano; una secondacostituita da indicatori caratterizzanti la domanda regolare di lavoro straniero.

Con riguardo alla situazione socio-economica e produttiva delle province italiane sono stati selezionati i37 indicatori riportati in tab. 7. Tali indici, che si riferiscono al periodo 1991-92, sono stati costruiti sullabase delle informazioni desumibili prevalentemente dai tre censimenti effettuati nel biennio 1990-91(17).Ciò provoca, com'è ovvio, qualche disagio in quanto l'analisi dell'assetto territoriale degli stranieri ècentrata a metà degli anni Novanta. A parte l'ovvia considerazione della mancanza di documentazioneadeguata in anni non censuari, è da richiamare il fatto che i fattori di contesto che descrivono la strutturasocio-economica e produttiva del paese sono mutati plausibilmente solo parzialmente considerato illimitato lag temporale (non più di 4-5 anni).

Il procedimento di factor analysis adottato ha permesso di individuare cinque fattori significativi(18).L'esame congiunto dei pesi (tab. 4) e dei punteggi fattoriali ha poi consentito di identificare i fattori chesottostanno alla struttura socioeconomica restituita attraverso il dato provinciale.

Il primo fattore appare associato alla dinamicità del mercato del lavoro (tab. 4): l'asse oppone contesticaratterizzati da elevata occupazione e diffusa imprenditorialità (Ravenna, Udine, Gorizia) a province conalta disoccupazione e un tessuto socioeconomico meno dinamico (Napoli, Caserta, Agrigento).

Il secondo fattore esprime la tendenza alla terziarizzazione, in quanto chiaramente connesso in mododiretto con indicatori come il prodotto interno lordo ottenuto nei servizi, la presenza di funzioniprevalentemente alberghiere e di ristorazione e legato in modo indiretto alla diffusione di attivitàmanifatturiere. Punteggi fattoriali elevati si colgono per Trieste, Bolzano, Roma, Genova, bassi perprovince come Bergamo, Brescia, Vicenza, Taranto.

La metropolizzazione sembra essere il carattere latente espresso dal terzo fattore, legato direttamente alladensità demografica della provincia e inversamente alla domanda di attività edilizia. Uno sguardo allaposizione delle province lungo questo fattore consente di qualificare meglio il significato dell'asse: tutte le12 aree metropolitane (le 9 della legge 142 e le tre insulari) sono coagulate ad un estremo, mentredall'altra parte si agglomerano piccole e medie provincie come Sondrio, Aosta, Belluno, Grosseto.

Il quarto fattore è legato direttamente agli indicatori che esprimono la prevalenza del reddito derivantedall'attività agricola: è questo un fattore più propriamente legato alla dominanza di un modello modernodi prevalenza del primario, e oppone province come Mantova, Siena, Cremona, Ravenna, Forlì ad altrealtimetricamente caratterizzate in senso opposto (Sondrio, Savona, Cosenza, Frosinone).

Infine, il quinto fattore esprime una caratteristica molto specifica: è l'asse della prevalenza di attivitàconnesse al settore ittico che coglie un aspetto molto particolare dei contesti provinciali italiani ma che sidimostrerà di una qualche utilità nell'analisi successiva. Se si osservano i punteggi fattoriali, le dueprovince di Trapani e Oristano assumono valori molto elevati.

In sintesi, sembra che i cinque fattori emersi da quest'analisi di tipo ecologico possono esprimere alcunedimensioni caratterizzanti il contesto produttivo italiano.

5.2. I fattori esprimenti la domanda regolare di lavoro straniero

Allo scopo di individuare le principali caratteristiche territoriali della domanda e dell'offerta regolare dilavoro straniero, sono stati costruiti alcuni indicatori elementari sulla base dei dati del Ministero del

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Lavoro riguardanti l'ammontare dei lavoratori extracomunitari iscritti nelle liste ordinarie di collocamentoalla fine del 1994 e, soprattutto, la consistenza e alcune caratteristiche degli avviamenti al lavoro diextracomunitari nel periodo 1994-95. Gli indicatori costruiti esprimono due aspetti distintidell'inserimento lavorativo straniero: da un lato la capacità di assorbimento da parte dei mercatiprovinciali, intesa esclusivamente in termini dinamici(19) come rapporto tra il flusso degli avviati el'ammontare medio dei regolari o degli iscritti nelle liste di collocamento, dall'altro la struttura delladomanda/offerta di lavoro per genere, età, grado di istruzione riconosciuto, settore di attività e tipo dicontratto (tab. 5).

Tab. 4 - Pesi fattoriali (factor loadings) degli indicatori di contesto sui primi cinque assi dell'analisifattoriale (rotazione Varimax).

Indicatorielementari

Fattori

Dinamicitàmercatolavoro

Terziarizzazione MetropolizzazioneAgricolturaintensiva

Microimpresesett. ittico

Unità locali diimpresa per 1000abitanti

0,903 -0,216 -0,133 -0,128 0,065

Imprenditori per100 abitanti

0,882 -0,227 -0,158 -0,089 0,028

Sportelli bancariper 100.000abitanti

0,854 -0,002 -0,101 0,071 -0,025

Prodotto internolordo pro-capite

0,805 -0,052 -0,399 -0,080 -0,235

% dipendenti ULIcon contratto part-time

0,759 0,226 -0,429 -0,100 -0,018

% abitazionifornite di bagno

0,728 -0,110 -0,486 -0,133 -0,010

Tasso di attività 0,642 -0,349 -0,240 0,130 -0,145

% imprese cheutilizzanoattrezzatureinformatiche

0,583 -0,077 -0,536 -0,102 -0,312

Indice dilocalizzazionesett. Commercio

-0,571 0,538 0,212 0,160 0,365

% giornate dilavoro noneffettuate dalconduttoreconduttoreagricolo

-0,525 0,092 -0,178 0,495 0,185

Numero diabitanti per stanza

-0,864 0,140 -0,021 0,072 0,054

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Tasso didisoccupazione

-0,911 0,205 0,219 0,073 0,165

Tasso didisoccupazionemaschile

-0,916 0,205 0,187 0,072 0,162

% addetti alle ULIdi costruzioni

-0,298 0,831 0,031 0,123 -0,025

% valore aggiuntoal costo dei fattorinei servizi

0,074 0,809 -0,188 -0,118 -0,008

Indice dilocalizzazionesettore trasporti

-0,315 0,789 -0,064 -0,029 -0,221

Indice dilocalizzazionesett. ristorazione ealberghi

0,323 0,633 0,206 -0,262 0,322

% occupati nelsettore dei servizi

0,539 0,599 -0,222 -0,347 0,301

% impresemanifatturieresemi-automatizzate

-0,024 -0,639 -0,344 0,145 0,052

% ULI artigiane 0,597 -0,664 0,054 0,029 -0,055

% valore aggiuntoal costo dei fattorinell'industria

0,463 -0,722 -0,278 -0,229 -0,211

Indice dilocalizzazionesettoremanifatturiero

0,412 -0,782 -0,376 -0,095 -0,166

Indice dilocalizzazionesett. Costruzioni

-0,245 0,038 0,850 0,030 -0,044

% addetti alle ULIdi commercio ealberghi

-0,245 0,038 0,850 0,030 -0,044

Aziende agricoleper 1000 abitanti

-0,310 -0,005 0,846 0,128 0,037

Indice didipendenzademografica

-0,363 0,098 0,658 0,157 -0,054

% abitazioni nonoccupate

-0,185 0,271 0,627 -0,149 0,245

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% ULI con 0-5addetti

-0,573 0,334 0,574 0,095 0,231

Densità dipopolazione perkmq

-0,347 0,180 -0,666 0,020 -0,261

% superficeagraria utilizzata(SAU)

-0,448 -0,275 -0,151 0,703 0,120

Indice dilocalizzazionesett. agricoltura

0,358 0,031 0,234 0,630 0,122

% valore aggiuntoal costo dei fattoriin agricoltura

-0,229 -0,015 0,363 0,594 0,435

Indice dilocalizzazionesettore pesca

-0,134 0,031 0,014 0,262 0,676

% ULI con più di100 addetti

0,268 -0,077 -0,346 -0,040 -0,589

Tasso didisoccupazionegiovanile deimaschi

-0,127 -0,041 -0,074 0,139 -0,144

Tasso didisoccupazionegiovanile dellefemmine

-0,098 0,077 0,023 -0,191 0,168

% dipendenti ULIcon contratto diformazione lav.

0,220 -0,171 0,153 -0,157 -0,166

% Var. 38,9 13,3 10,8 7,1 4,1

% Var. Cum. 38,9 52,2 63,0 70,1 74,3

Attraverso l'analisi fattoriale è stato possibile individuare quattro fattori significativi (con autovaloremaggiore di uno) che spiegano il 73% della variabilità complessiva(20). Il significato di tali fattori puòessere compreso esaminando la loro correlazione con gli indicatori elementari (pesi fattoriali) e i punteggifattoriali delle unità di analisi (le province).

Il primo fattore esprime la domanda di lavoro nei servizi domestici prevalentemente rivolta ad un'offertadi tipo femminile. Tale caratterizzazione dell'inserimento lavorativo al femminile, risulta, comeevidenziato in letteratura, quasi completamento circoscritto al settore dei servizi alle famiglie e riguardasoprattutto le cosiddette province metropolitane.

Tab. 5 - Pesi fattoriali (Factor loadings) degli indicatori del mercato del lavoro regolare degli stranieriextracomunitari sui primi quattro assi dell'analisi fattoriale (rotazione Varimax).

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Indicatori elementari

Fattori

Domandaservizi

domestici

Strutturasettorialedomanda

Capacitàassorbimento

Domandalavoro

qualificato

% avviamenti nei servizidomestici

0,872 -0,252 -0,072 0,132

% avviamenti femminili 0,819 -0,014 -0,126 0,100

% avviamenti con contratto diformazione o partime

-0,700 -0,142 0,198 0,193

% avviamenti nell'industria -0,286 0,818 -0,005 -0,064

% avviamenti in agricoltura -0,405 -0,791 0,024 -0,315

Avviamenti per 100 permessi disoggiorno

-0,471 -0,005 0,753 0,059

Avviamenti per 100 iscritti nelleliste di collocamento

-0,327 0,276 0,748 -0,145

% avviamenti di extracomunitaricon titolo di studio

-0,154 0,342 -0,591 0,052

% avviamenti di extracomunitaricon 30 anni e più

0,010 -0,065 -0,056 0,885

% avviamenti come impiegati,operai qualific./special.

0,024 0,478 -0,050 0,677

% Var. 30,4 20,5 11,6 10,4

% Var. Cum. 30,4 51,0 62,6 73,0

Il secondo asse esprime la dicotomia presente nell'avviamento degli stranieri tra impiego nel settoresecondario e quello primario. Infatti, ad alcune tra le province a maggiore caratterizzazione industriale sicontrappongono quelle del Mezzogiorno, e anche quelle della dorsale appenninica, entrambecaratterizzate da una economia basata sul settore agricolo.

Il terzo fattore è determinato dai due tassi di avviamento ed esprime, quindi, la capacità del mercato dellavoro provinciale di assorbire l'offerta di lavoro extracomunitario. In sostanza, possiamo affermare cheriesce a rappresentare una misura della probabilità di inserimento regolare dei dipendenti stranieri neltessuto produttivo locale. Infine, il quarto asse mette in luce la presenza di una domanda di lavoroqualificato, rivolta prevalentemente ad immigrati ultratrentenni. Per questi ultimi, l'impiego ai livelli piùelevati, in termini di qualifica, è dovuto con ogni probabilità, alla competenze acquisite attraverso lafrequenza di specifici corsi di formazione professionale.

6. Alla ricerca delle determinanti dell'assetto territoriale

Dalle analisi condotte nel paragrafo precedente sono stati individuati dei fattori che dovrebbero

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sintetizzare le caratteristiche da un lato del sistema produttivo e del mercato del lavoro nel suo complesso(contesto economico di accoglimento), dall'altro del mercato del lavoro ufficiale relativo ai lavoratoriextracomunitari visto in termini di domanda regolare di manodopera straniera (capacità e tipo diassorbimento lavorativo straniero). In questo paragrafo si intende valutare se e quali fattori contribuisconoa determinare il modello di inserimento territoriale delle sei collettività prescelte. In altri termini, lacaratterizzazione del contesto economico di accoglimento è in grado di generare una forza diattrazione/repulsione degli immigrati stranieri? La diversa capacità e tipizzazione dell'assorbimentolavorativo regolare dei nuovi venuti incide sulla scelta delle province di insediamento?

L'incidenza degli stranieri sugli autoctoni(21) distintamente per ciascuna delle sei collettività considerateè stata assunta come variabile dipendente nei modelli di regressione lineare multivariata. Come già nelprecedente lavoro (Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998), in una prima fase dell'analisi sono stateconsiderate come variabili esplicative alternativamente i cinque fattori esprimenti il contesto economicodi accoglimento e i quattro concernenti la capacità di assorbimento lavorativo degli stranieri. In unaseconda fase dell'analisi le nove variabili esplicative sono state considerate congiuntamente. Per ragioni dispazio in questo contributo limitiamo l'attenzione soltanto a quest'ultima fase dell'analisi.

Preliminarmente non va dimenticato che le variabili appartenenti a ciascuno dei due gruppi sono tra loroincorrelate poiché sono state estratte in modo ortogonale dall'analisi fattoriale. Al contrario, tra le variabiliappartenenti al primo gruppo e quelle appartenenti al secondo può esserci correlazione più o meno forte.Pertanto, nell'analisi di regressione multipla che considera entrambi i gruppi di fattori esplicativi nonpossono essere trascurati i problemi di multicollinearità. La contenuta correlazione tra i fattori del primo edel secondo gruppo (al massimo uguale a 0,4 in valore assoluto) permette però di ritenere tale aspettopoco rilevante. L'analisi dei risultati dell'applicazione di modelli di regressione lineare multipla checontengono come variabili indipendenti contemporaneamente sia i cinque fattori del contesto produttivoitaliano sia i quattro concernenti la domanda di lavoro regolare rivolta agli extracomunitari consente disviluppare alcune interessanti considerazioni. Prima di tutto va detto che la capacità dei nove fattori dispiegare la peculiarità dell'assetto territoriale delle sei collettività esaminate appare, in generale, nontrascurabile (la varianza spiegata supera sempre il 25%) e in alcuni casi (per i filippini e i peruviani)particolarmente elevata (tab. 6). Nel modello di insediamento dei tunisini e degli ex jugoslavi un ruolonon trascurabile potrebbe, ad esempio, essere giocato dalla distanza dal paese d'origine visto che questecollettività assumono un assetto territoriale che abbiamo definito di tipo prevalentemente "frontaliero"(cfr. par. 4.2). La varianza spiegata dai modelli di regressione non risulta però trascurabile (circa il 30% inentrambi i casi), rendendo interessante l'esame del segno e della significatività dei coefficienti diregressione. In generale, differenti risultano i fattori determinanti l'assetto territoriale delle duecollettività. Infatti, l'incidenza sugli autoctoni per i tunisini è legata positivamente al sistema produttivo ditipo metropolitano, mentre per gli ex jugoslavi al fattore che esprime la terziarizzazione (tab. 6). Tra ledeterminanti relative alla richiesta regolare di lavoro straniero, anche se in entrambi i casi apparesignificativa l'influenza negativa della domanda di servizi domestici, si osserva per i primi un legamepositivo con il fattore relativo alla capacità di assorbimento del sistema produttivo e negativo con ladomanda di lavoro qualificato, mentre per i secondi appare significativo il richiamo espresso dalladomanda di lavoro nel settore industriale (tab. 6). In sostanza, mentre i tunisini manifestano una più forteattrazione per aree in cui maggiori sono le possibilità di inserimento regolare degli stranieri e/o ladomanda di lavoro proviene dal settore primario per impieghi non qualificati, gli ex jugoslavi risentonodel richiamo del settore secondario - unico casi tra quelli considerati - e/o della domanda di lavoroqualificato(22). Qualche considerazione sul legame lineare tra l'incidenza dei marocchini sul territorio e inove fattori esplicativi: sembra che questa collettività, abbastanza diffusa sul territorio, sia attrattasoprattutto dalle province che hanno un mercato del lavoro più dinamico, aree in cui risultano maggiori lepossibilità di assorbimento regolare dell'offerta di lavoro extracomunitario. I fattori che esprimono lacaratterizzazione settoriale del sistema produttivo e della domanda regolare di lavoro straniero sembranodare invece indicazioni tra loro non completamente in linea. C'è repulsione dalle aree a forteterziarizzazione, da quelle ad agricoltura intensiva e dalle zone a specializzazione nel settore ittico ma,nello stesso tempo, appare negativo anche il coefficiente relativo alla struttura settoriale della domanda dilavoro straniero che esprime basso assorbimento nell'industria. Al 1991 per gli albanesi nessuno deifattori di contesto risultava correlato con la loro incidenza provinciale sugli autoctoni e quindi la varianza

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spiegata dalla funzione di regressione era assolutamente trascurabile (Cacciani, Casacchia, Diana,Strozza, 1998). Tale risultato è sembrato abbastanza ovvio visto che gli oltre 20 mila albanesi sbarcaticlandestinamente sulle coste della Puglia nel mese di maggio del 1991 sono stati distribuiti sul nostroterritorio nazionale dalle autorità di pubblica sicurezza secondo criteri stabiliti dal governo italiano.Pertanto il loro assetto territoriale era ovviamente indipendente dai contesti economici e mercatolavoristici di richiamo. Alla fine del 1996 la situazione appare in parte modificata. La sanatoria previstacon il Decreto Legge 489/95 ha permesso la regolarizzazione di circa 31 mila albanesi in condizione diirregolarità o clandestinità. Tra il 1995 e il 1996 la componente regolare di tale collettività è più cheraddoppiata ed in parte si è modificato l'assetto territoriale rispetto al 1991. L'analisi di regressionepermette di evidenziare come i fattori che esprimono la dinamicità del mercato del lavoro e lametropolizzazione siano associati in modo diretto e quelli che esprimono la specializzazione nel settoreittico e la domanda di lavoro straniero qualificato in modo indiretto con l'indicatore che rappresental'assetto territoriale del collettivo considerato (tab. 6). L'incidenza provinciale dei filippini e dei peruviani- come detto in precedenza, particolarmente forte nelle province metropolitane dove si concentra la granparte della presenza - appare determinata in modo positivo dai sistemi produttivi di tipo metropolitano ein modo negativo da quelli caratterizzati dalla specializzazione nel settore ittico propria di alcuneprovince costiere (tab. 6). Dal lato della domanda di lavoro straniero appare positivo e significativo ilfattore che esprime l'assorbimento nei servizi domestici che riguarda per l'appunto i grandi capoluoghiregionali (tab. 6). In sostanza, l'assetto territoriale di queste due collettività appare ben spiegato dallacapacità di attrazione esercitata dalle grandi aree metropolitane che manifestano una forte domanda diservizi alle persone, attività nelle quali queste comunità, a prevalenza femminile, risultano specializzate enello stesso tempo, almeno allo stato attuale, segregate. Una lettura sintetica dei risultati dell'analisi diregressione può essere tratta dalla tab. 7 dove viene riportato il segno dei coefficienti significativamentediversi da zero. In genere, l'incidenza provinciale rispetto agli autoctoni appare legata positivamente alladinamicità del mercato del lavoro. In altri termini, maggiore risulta l'incidenza straniera in quelle aree chepresentano un mercato del lavoro sano con più bassi livelli di disoccupazione e una maggiore dinamicitàimprenditoriale. Fanno eccezione gli ex jugoslavi e i tunisini che presentano un coefficiente negativo manon significativo. Positivo e quasi sempre significativamente diverso da zero appare anche il coefficienterelativo al fattore che esprime la connotazione produttiva di tipo metropolitano in cui gli immigratitrovano più facilmente impiego soprattutto in alcuni comparti del terziario tradizionale (servizi allefamiglie e pubblici esercizi, in particolare ristorazione).Viceversa risulta negativo il ruolo del quintofattore del contesto economico che esprime la specializzazione produttiva nel settore ittico e nel suoindotto. In questo caso, come già osservato anche al 1991 (Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998),l'unica collettività che presenta un coefficiente con segno positivo, anche se non significativamentediverso da zero, è quella tunisina che, come noto, soprattutto in Sicilia trova impiego in modo rilevantenel settore della pesca.

Con riguardo al ruolo svolto dall'intensità e dalle caratteristiche della domanda regolare di lavoroextracomunitario sembra opportuno soffermare l'attenzione sul segno dell'associazione, più o menosignificativa, della capacità di assorbimento del mercato del lavoro e della domanda di servizi domesticicon l'indicatore relativo all'assetto territoriale delle collettività considerate. Se le collettività cosiddette"metropolitane" risultano attratte dalla presenza di una domanda prevalentemente rivolta ai servizidomestici, le altre mostrano repulsione verso questa caratteristica della domanda risultando influenzatepositivamente, pur con peculiarità settoriali, dalle effettive possibilità di inserimento nel compartoregolare dell'economia.

Tab. 6 - Regressioni fra incidenza provinciale sulla popolazione italiana per alcune collettività straniereal 31.12.1996 e fattori di contesto relativi al periodo 1990-91 e fattori del mercato del lavoro regolaredegli stranieri extracomunitari relativi al periodo 1994-95.

FattoriMarocco ex Jugoslavia Albania Filippine Tunisia Perù

Beta P (test t) Beta P (testt)

Beta P (testt)

Beta P (testt)

Beta P (testt)

Beta P(test

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t)

Dinamicità mercato lavoro 0,374 0,008 -0,014 0,916 0,391 0,007 0,142 0,212 -0,085 0,540 0,237 0,048

Terziarizzazione -0,273 0,025 0,459 0,000 -0,063 0,609 0,173 0,079 0,186 0,123 0,146 0,158

Metropolizzazione 0,214 0,073 0,051 0,662 0,256 0,036 0,554 0,000 0,275 0,022 0,506 0,000

Agricoltura intensiva -0,217 0,045 0,114 0,279 -0,142 0,194 0,076 0,382 0,093 0,385 -0,026 0,775

Specializzazione settoreittico

-0,206 0,042 -0,092 0,350 -0,203 0,050 -0,397 0,000 0,117 0,243 -0,403 0,000

Domanda servizi domestici -0,018 0,880 -0,230 0,054 -0,173 0,160 0,241 0,015 -0,230 0,057 0,215 0,040

Struttura settoriale domanda -0,251 0,082 0,515 0,000 -0,173 0,240 -0,194 0,100 -0,118 0,412 -0,181 0,145

Capacità assorbimento 0,214 0,041 0,029 0,774 0,143 0,177 -0,010 0,906 0,314 0,003 -0,022 0,805

Domanda lavoro qualificato 0,032 0,797 0,066 0,584 -0,413 0,001 -0,145 0,150 -0,355 0,005 -0,077 0,464

R2 0,297 0,322 0,267 0,530 0,300 0,481

R2 (adjusted) 0,223 0,250 0,190 0,481 0,226 0,426

F 3,989 4,479 3,446 10,663 4,048 8,740

Tab. 7 - Fattori esplicativi dell'incidenza territoriale delle collettività straniere considerate.

FattoriMarocco

exJugoslavia

Albania Filippine Tunisia PerùN.

fatt.sign.

Dinamicitàmercato lavoro

++ - ++ + - + 3

Terziarizzazione - ++ - + + + 3

Urbanizzazione + + + ++ + ++ 4

Agricolturaintensiva

- + - + + - 1

Specializzaz.settore ittico

- - - -- + -- 4

Domanda servizidomestici

- - - ++ - + 4

Struttura settorialedomanda

- ++ - - - - 1

Capacitàassorbimento

+ + + - ++ - 2

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Domanda lavoroqualificato

+ + -- - -- - 2

Num. fattorisignificativi

5 3 4 4 4 4

Note: ++ legame positivo significativo all'1%; + legame positivo significativo al 5%; + legame positivonon significativo; -- legame negativo significativo all'1%; - legame negativo significativo al 5%; - legamenegativo non significativo.

7. Conclusioni

Di seguito vengono sinteticamente richiamati i diversi risultati emersi e si avanzano alcune considerazionisui possibili percorsi evolutivi dell'assetto territoriale delle collettività straniere.

Dall'esame delle forme insediative della componente regolare delle principali collettività originarie deiPVS e dell'Europa dell'Est presenti in Italia alla fine del 1996 sono emersi alcuni modelli distributiviabbastanza evidenti. Una distinzione netta, peraltro già emersa nell'analisi effettuata a fine 1991, è tra lecollettività fortemente concentrate nelle aree metropolitane, in particolare nelle province di Roma eMilano, e quelle più diffuse sul territorio italiano. Modelli insediativi particolari e in qualche modocomplementari sono quelli degli ex jugoslavi e dei tunisini che si concentrano nelle aree più vicine alpaese d'origine rispettivamente nel Nord-Est e in Sicilia.

L'esame delle determinanti della differente incidenza di ciascuna collettività rispetto alla popolazioneautoctona ha messo in luce la capacità di attrazione espressa dalle aree metropolitane e da quelle con unmercato del lavoro dinamico a fronte della repulsione manifestata dalle zone caratterizzate da una fortespecializzazione nella pesca (unica eccezione è quella della collettività tunisina). La capacità diassorbimento dell'offerta di lavoro extracomunitario appare un fattore rilevante soprattutto per i tunisini eper i marocchini, mentre la caratterizzazione di tale domanda per settore e tipo di impiego risultaimportante per diverse collettività. Come per il 1991, è pertanto sostanzialmente confermato anche per il1996 il legame tra territorio e specializzazione lavorativa degli immigrati. Non va dimenticato però comela differenziazione tra le diverse collettività straniere possa essere legata anche alla diversa fase delprocesso migratorio.

Nella prima fase l'assetto territoriale è pressoché determinato dai flussi migratori internazionali e le areedi maggiore insediamento sono rappresentate dai punti di accesso al paese e dalle zone che manifestanouna palese domanda di lavoro straniero (regolare o irregolare).

Nella seconda fase l'assetto territoriale configuratosi nella fase iniziale può consolidarsi o modificarsi aseguito prevalentemente delle nuove migrazioni internazionali (nuova immigrazione ed emigrazione dirientro o verso altri paesi di accoglimento) ma anche dagli spostamenti all'interno del paese diaccoglimento. Tali movimenti si può ritenere che siano causati principalmente da fattori connessiall'effetto delle catene migratorie e al richiamo esercitato dai mercati locali del lavoro.

Nella terza fase l'evoluzione dell'assetto territoriale non dovrebbe più essere legata prevalentemente aglieventi migratori (in particolare quelli internazionali) poiché un ruolo non secondario dovrebbe esseregiocato anche dagli eventi naturali (in particolare le nascite). In questa fase il processo di integrazionedovrebbe favorire, pur con le dovute differenze da collettività a collettività, una maggiore diffusioneterritoriale e una minore distanza rispetto al modello insediativo degli autoctoni.

Se questo appare il quadro generale nei suoi elementi essenziali, l'analisi condotta in questa sede apparelimitata dai dati in nostro possesso (sostanzialmente stock di immigrati presenti ad una certa data) nelsenso che è possibile individuare con una certa chiarezza il processo di insediamento delle collettività

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immigrate soltanto a grandi linee.

Pur con queste precauzioni, allo stato attuale sembra che nessuna delle collettività straniere immigrate inItalia sia entrata nella terza fase e solo alcune sembrano essere prossime alla seconda. I modelli insediativirisultano fortemente legati in alcuni casi all'attrazione delle aree di primo arrivo e in generale alledifferenti possibilità di inserimento lavorativo. Se accettiamo l'impostazione di Bauböck (1994) secondoil quale una collettività immigrata risulta socialmente integrata nel paese di accoglimento quandopartecipa ai vari settori della vita sociale in modo proporzionale al gruppo autoctono, allora unaconcentrazione in alcune zone residenziali e in alcuni comparti del sistema produttivo è indicativa di unascarsa integrazione o addirittura di una situazione di segregazione. Dal momento che la segregazione inbase all'attività si caratterizza, soprattutto al femminile, in termini di possibilità occupazionali circoscritteal settore dei servizi privati alle persone, è evidente come la segregazione professionale implichi anche laconcentrazione nelle grandi aree metropolitane e quindi la segregazione territoriale(23) (Natale, Strozza,1997).

Da ultimo va ricordato come tutta l'analisi sia riferita esclusivamente alla componente regolare dellapresenza straniera la cui geografia può risultare anche notevolmente differente da quella della componenteirregolare e clandestina. Infatti, si può supporre che la distribuzione territoriale di quest'ultimacomponente sia legata alle differenti condizioni di permissività e/o mimetizzazione nelle varie aree delpaese e alle opportunità di impiego nel comparto irregolare ed anche in quello illegale dell'economia. Invero, anche una parte della presenza regolare potrebbe però essere sensibile a tali fattori collocandosi sulterritorio in base alle possibilità occupazionali offerte dall'economia irregolare.

Riferimenti bibliografici

Baubock R., "L'intégration des immigrés", in Conseil de l'Europe, Rapport de la 7éme réunion du Groupemixte de spécialistes sur les migrations, la démographie et l'emploi, Strasbourg, 1994.

Birindelli A.M., "Gli aspetti quantitativi del fenomeno", in Labos (a cura di), La presenza straniera inItalia: Primo rapporto, T.E.R, Roma, 1990, pp.73-92.

Böhning W.R., "Trainig and similar measures, with special reference to Western Europe", Atti delSeminario internazionale Immigration, Employment and Social Integration, ILO, International UniversityMenendez Pelayo, Santander, 10-14 July 1995.

Cacciani I., Casacchia O., Diana P., Strozza S., "Production systems, local labour markets andgeographical distribution of some immigrant communities in Italy: initial empirical evidence", contributopresentato a Conference on International Migration: Challenges for European Populations, EAPS, Bari,25-27 giugno 1998.

Caritas di Roma, , Immigrazione. Dossier statistico '97, Anterem, Roma, 1997.

Casacchia O., Natale L., Strozza S., "Migrazioni interne e migrazioni internazionali: il nuovo ruolo delMezzogiorno nel sistema migratorio nazionale" relazione presentata al Workshop su Le migrazioniinterne meridionali, IRP-CNR, Roma 4 dicembre 1997.

Ferruzza A., Ricci M., "Tipologie di insediamento degli stranieri in Italia: un analisi multivariata a livelloprovinciale", in SIS, 1995, pp. 561-568.

Golini A., Strozza S., "Immigration and foreign people in six Italian metropolitan areas", StudiEmigrazione - Etudes Migrations, a. XXXV, n. 129, CSER,1998, pp. 65-86.

Guarini R., Natale M., "Mercato del lavoro ed immmigrazione straniera in Italia", relazione su invito delpresidente al Convegno su Mercato del lavoro e migrazione straniera in Italia, Roma, 29-30-31 maggio

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1996.

Istat, Statistiche sui permessi di soggiorno degli stranieri, Notiziario, Serie 4, foglio 41, Anno VII, n.1,1996.

Istat, I sistemi locali del lavoro 1991, Argomenti, n. 10, 1997.

Istat, La presenza straniera in Italia negli anni '90, Informazioni, n. 61, 1998a.

Istat, La presenza straniere in Italia nel 1996, Roma, 1998b (in corso di stampa).

Montanari A., Cortese A., "The third world immigrants in Italy", in KING R. (ed.), Mass migrations inEurope. the legacy and the future, Belhaven Press, London, 1993, pp. 275-292.

Natale M., "Fonti e metodi di rilevazione della popolazione straniera in Italia. Contributi al dibattito incorso e nuovi elementi conoscitivi", Studi Emigrazione - Etudes Migrations, a. XXIII, nn. 82-83, CSER,1986, pp. 165-216.

Natale M., "L'immigrazione straniera in Italia: consistenza, caratteristiche, prospettive", Polis, a. IV, n. 1,1990, pp. 5-40.

Natale M., Strozza S., L'immigrazione straniera in Italia. Quanti sono, chi sono, come vivono?, CacucciEditore, Bari, 1997.

Strozza S., "Possibilità di quantificazione della presenza straniera in Italia: il punto della situazione", inDi Comite L.., Cardamone A.F. (a cura di), Crescita demografica e migrazioni nel bacino Mediterraneo,Quaderni n. 11, Dipartimento per lo studio delle società mediterranee, Cacucci Editore, Bari, 1996, pp.227-261.

NOTE

(*) Il lavoro è frutto della collaborazione tra gli autori. Per quanto concerne la stesura del testo, OlivieroCasacchia ha redatto i paragrafi 3 e 5.1, Paolo Diana i paragrafi 1, 4.2 e 5.2 e Salvatore Strozza i paragrafi2, 4.1, 6 e 7. Gli autori sentono il dovere di ringraziare Domenico Gabrielli, Enrico Bisogno e SergioCarfagna dell'Istat per aver messo a disposizione i dati sui permessi di soggiorno per cittadinanza eprovincia al 1991 e al 1996.

(1) L'impiego dell'archivio successivo di sei mesi rispetto all'istante di riferimento consente dicontabilizzare anche le documentazioni che, pur risultando scadute a fine anno, sono state rinnovate, convalidità retroattiva, nel corso dei sei mesi successivi e i nuovi permessi richiesti prima della fine dell'annoma concessi solo nel semestre seguente (Natale e Strozza, 1997).

(2) Infatti, i dati diffusi dal Ministero, direttamente o attraverso il Dossier Statistico della Caritas diRoma, in genere sovrastimano la presenza straniera regolare e non permettono l'esame dell'evoluzionetemporale e della distribuzione territoriale del fenomeno (Istat, 1996; 1998a; Natale, Strozza, 1997)poiché riguardano tutti i permessi di soggiorno presenti nell'archivio ad una certa data, comprese leduplicazioni (Istat, 1996) e, soprattutto, un numero consistente, variante di anno in anno e da questura aquestura, di documentazioni scadute (Natale, 1986; 1990; Birindelli, 1990; Strozza, 1996; Istat, 1996;1998a; Natale, Strozza, 1997; Caritas di Roma, 1997).

(3) La necessità di disporre di un dato attendibile riferito a un ben definito collettivo rende inaccettabiliconsiderazioni sulla possibile compensazione nei dati diffusi dal Ministero dell'Interno tra l'ammontaredei documenti scaduti e quello dei minori non registrati che, solo casualmente, potrebbero risultarepressappoco corrispondenti per un anno, ma non per quelli precedenti o successivi. Per una stima deltotale della componente regolare comprensiva dei minori si rinvia a Natale e Strozza (1997). Per

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semplicità espositiva in questo lavoro si userà il termine "regolari" per indicare i soli stranieri titolari diun permesso di soggiorno in corso di validità.

(4) Significativa risulterebbe anche una lettura dell'agglomerarsi degli stranieri nei sistemi locali dellavoro (in numero di 784 al 1991) in quanto queste unità territoriali probabilmente risultano avere sulpiano geografico una maggiore significatività rispetto al dato provinciale (Istat, 1997). Va ricordato peròche la documentazione sui permessi di soggiorno non consente di riferire i dati a questa grigliaterritoriale.

(5) In alcuni studi si sostiene che gli stranieri non richiedono il permesso presso la Questura dellaprovincia di effettiva presenza ma in quelle in cui la procedura di rilascio è ritenuta più semplice e/o piùrapida. Questa circostanza riguarda verosimilmente una quota trascurabile di stranieri visto checomporterebbe spostamenti periodici sul territorio per adempiere alle difficoltà di tipo burocraticoconnesse all'eventuale non coincidenza tra provincia di rilascio del permesso e provincia di residenza.

(6) Se si limita l'attenzione alla componente regolare-stabile si potrebbe avere un legame più forte trastranieri e territorio basato sul concetto di residenza. Tuttavia, le fonti disponibili non danno, allo statoattuale, un quadro attendibile dell'assetto territoriale di tale componente. Infatti, la sottostima alcensimento e la sovrastima nella rilevazione anagrafica degli stranieri residenti sembrano assumererilevanza differente nelle diverse aree del paese (Natale, Strozza, 1997).

(7) Si è deciso di non separare i cittadini delle diverse repubbliche attuali di quella che era fino al 1991 laJugoslavia per due ragioni differenti. La prima attiene alla qualità dei dati disponibili: è possibile che suuna parte dei permessi sia indicata la cittadinanza precedente il conflitto visto che i cosiddetti jugoslavisembrano troppo numerosi (circa 33 mila) per appartenere tutti alla repubblica che attualmente ha taledenominazione. La seconda ragione attiene ad aspetti di analisi: la comparabilità tra la situazione al 1991e al 1996 è possibile soltanto tenendo insieme tutti i cittadini di tale area geografica. Non va peròtrascurato il fatto che i permessi di soggiorno alla fine del 1996, pur con i limiti appena indicati, mettonoin luce modelli distributivi differenti tra i cittadini delle diverse repubbliche dell'ex Jugoslavia. Gli slovenisono fortemente concentrati nel Nord-Est del paese, mentre i macedoni appaiono maggiormente presentinell'Italia centrale (la dissomiglianza tra le distribuzioni provinciali di queste due collettività risultaaddirittura uguale a 0,8). Il modello distributivo del totale degli ex jugoslavi è quindi la sintesi di questedifferenze anche se va notato come l'assetto territoriale degli immigrati dell'attuale Jugoslavia risultiabbastanza simili a quello della Croazia e della Bosnia-Erzegovina (la dissomiglianza nella distribuzioneprovinciale è rispettivamente 0,27 e 0,34) e praticamente corrispondente a quello complessivo deicittadini delle cinque repubbliche attuali.

(8) In questa sede si intendono come tali le nove aree così definite dalla legge 142 (e cioè Torino, Genova,Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Bari) alle quali si sono aggiunte Palermo, Catania eCagliari. Va ricordato che nel lavoro si manipolano sempre dati a livello provinciale, per cui in questocaso si indicano come aree in realtà le provincie che contengono i comuni metropolitani.

(9) Il coefficiente di correlazione risulta al 1991 particolarmente elevato nel caso dei brasiliani, deimarocchini, dei filippini, dei cinesi e degli egiziani (oltre 0,75), mentre assume i valori più bassi per ighanesi e gli ex jugoslavi (intorno a 0,4).

(10) Va comunque tenuto presente che per alcune collettività, in particolare quella filippina e quellaegiziana, c'è comunque un livello di correlazione molto forte tra la composizione territoriale dellapresenza e l'incidenza sulla popolazione italiana.

(11) Da questo punto in avanti si utilizzerà in modo indifferente l'indicazione di popolazione italiana,popolazione residente o popolazione autoctona. In realtà, i dati utilizzati riguardano la popolazioneresidente nel paese costituita sia da cittadini italiani che da cittadini stranieri.

(12) Per ciascuna collettività la media semplice dell'incidenza relativa provinciale è in genere diversa dauno e ovviamente uguale alla media semplice dell'incidenza provinciale divisa per il valore dell'incidenza

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a livello nazionale. Dalla tab. 3 si evince come i valori, tranne pochi casi (in particolare ex Jugoslavia eAlbania) siano sempre inferiori ad uno.

(13) Per ogni provincia è stata calcolata la media aritmetica semplice dei valori dell'incidenza relativa di

ciascuna delle 15 collettività esaminate ( ). Il valore medio ottenuto è anche uguale alrapporto tra la media semplice delle frequenze relative di ciascuna collettività nella provincia e la

frequenza relativa degli italiani residenti nella provincia ( ).

(14) Infatti, nell'arco di un quinquennio si è passati dalle 5000 unità del 1991 alle quasi 22000 del 1996,facendo rilevare una preponderante presenza femminile (circa il 70% dei permessi rilasciati a peruviani siriferisce a donne).

(15) Bisogna considerare, per quanto riguarda gli albanesi, la situazione di emergenza creatasi nel 1991, eche ha visto una sorta di dispersione "forzata" della stessa collettività sul territorio italiano. Il modellodistributivo del 1996, risente perciò, almeno in parte, della situazione strutturatasi nei cinque anniprecedenti.

(16) Il testo riprende parzialmente il contenuto del paragrafo 4.1 del precedente lavoro sull'argomento(Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998).

(17) In riferimento alle caratteristiche socioeconomiche e demografiche del contesto di accoglienza,vengono utilizzati i dati provinciali forniti dal XIII° Censimento della popolazione e delle abitazioni del1991, dal IV° Censimento Generale dell'Agricoltura del 1990, dal VII° Censimento Generaledell'Industria, dei Servizi e dell'Artigianato del 1991 e, infine, quelli derivanti dall'indagine dell'IstitutoTagliacarne sul reddito delle province italiane nel 1992.

(18) Gli indicatori sono standardizzati e l'estrazione dei fattori avviene dopo averli ruotati (procedimentovarimax). La percentuale di varianza spiegata dai cinque fattori è pari al 74,3%; altri due ulteriori fattori,cui è associato un autovalore superiore ad uno, non sono stati considerati in quanto producevano uncontributo limitato (rispettivamente il 3,2 e il 2,9%) e non possedevano un chiaro significato sostantivo.

(19) Con riguardo al periodo considerato non risulta disponibile un dato certo sull'ammontare degliextracomunitari occupati regolarmente che permetta di calcolare, ad esempio, un tasso di occupazione.Alla fine del 1994 sono infatti registrati oltre 280 mila permessi di soggiorno rilasciati per lavorosubordinato a cittadini extracomunitari (di questi 40 mila sono stati concessi per motivi umanitari nellaquasi totalità dei casi a cittadini dell'ex Jugoslavia) contro un ammontare desumibile dai versamenticontabilizzati negli archivi dell'INPS che si aggira intorno alle 150 mila unità.

(20) In vero, la quota non troppo elevata di variabilità spiegata dai fattori con autovalore associatomaggiore di uno rimanda all'esame della matrice di correlazione tra gli indicatori che qui è stata omessaper ragioni di spazio. Tale matrice non mostra legami particolarmente forti tra le variabili anche se il testdi sfericità di Barlett esclude che si tratti di una matrice identità.

(21) Nell'analisi di regressione è indifferente utilizzare come variabile dipendente l'incidenza o l'incidenzarelativa poiché rimane invariato il profilo provinciale della presenza straniera. Ovviamente, ci sono delledifferenze nel valore dei coefficienti di regressione dovute al fattore di scala, risultano invece uguali ivalori dei Beta (coefficienti di regressione standardizzati) e la significatività dei parametri.

(22) Anche se, al contrario di quanto emerso per il 1991 (Cacciani, Casacchia, Diana, Strozza, 1998), talecoefficiente non risulta significativamente diverso da zero.

(23) Si riconosce come, da un altro punto di vista, quella che viene qui definita come segregazione puòessere vista come specializzazione lavorativa (e in questo caso specializzazione etnica del lavoro), ma sesi suppone che integrazione vuol dire, a parità di condizione professionale, la possibilità di un inserimentolavorativo uguale a quello degli autoctoni, allora il termine di segregazione appare comunque più

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appropriato (Böhning, 1995).

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