la resistibilissima ascesa della ricerca pubblica in italia

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La resistibilissima ascesa della ricerca pubblica in Italia Introduzione Quando il nostro Segr. Gen. Bonanni il 9 maggio al II Congresso della Fir Cisl ebbe l’idea di consigliarci di organizzare gli Stati generali della ricerca mi sembrò subito che fosse un’idea assai azzeccata. Il nostro Segr. Gen Giuseppe De Biase fece subito sua l’idea. Ed eccoci ad oggi. Come iscritto non posso che essere soddisfatto di questa incontro perché Bonanni ci diede questo consiglio perché i problemi che avevamo posto in quel Congresso non erano solo problemi di carattere sindacale, essi eccedevano lo specifico contrattuale ma avevamo ben chiari quali fossero i problemi della ricerca pubblica e della ricerca in generale in Italia. Tutto ciò è stato ben messo in rilievo dal nostro Segr. Gen. Noi, avevamo e abbiamo la consapevolezza che le sfide a cui ci troviamo di fronte non solo sono di assoluta urgenza e oramai inderogabili ma anche che queste devono necessariamente essere affrontate insieme. Per quel che ci riguarda devono essere affrontate insieme con la nostra Confederazione. La quale sia detto solo per inciso ha sempre avuto molta attenzione a questo settore, ma questo perché ci si rendeva ben conto di quale fosse la posta in gioco sia a livello micro che macro. Una posta in gioco che necessita necessariamente di un gioco di squadra tra tutti gli attori sociali e collettivi coinvolti. E che vedo qui rappresentati in questo Parlamentino, in cui si respira fin dalle mura, dagli affreschi, tutta la lezione della storia intesa quale magistra vitae.

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La Resistibilissima Ascesa Della Ricerca Pubblica in Italia

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La resistibilissima ascesa della

ricerca pubblica in ItaliaIntroduzione

Quando il nostro Segr. Gen. Bonanni il 9 maggio al II Congresso della Fir Cisl ebbe lidea di consigliarci di organizzare gli Stati generali della ricerca mi sembr subito che fosse unidea assai azzeccata. Il nostro Segr. Gen Giuseppe De Biase fece subito sua lidea. Ed eccoci ad oggi. Come iscritto non posso che essere soddisfatto di questa incontro perch Bonanni ci diede questo consiglio perch i problemi che avevamo posto in quel Congresso non erano solo problemi di carattere sindacale, essi eccedevano lo specifico contrattuale ma avevamo ben chiari quali fossero i problemi della ricerca pubblica e della ricerca in generale in Italia. Tutto ci stato ben messo in rilievo dal nostro Segr. Gen. Noi, avevamo e abbiamo la consapevolezza che le sfide a cui ci troviamo di fronte non solo sono di assoluta urgenza e oramai inderogabili ma anche che queste devono necessariamente essere affrontate insieme. Per quel che ci riguarda devono essere affrontate insieme con la nostra Confederazione. La quale sia detto solo per inciso ha sempre avuto molta attenzione a questo settore, ma questo perch ci si rendeva ben conto di quale fosse la posta in gioco sia a livello micro che macro. Una posta in gioco che necessita necessariamente di un gioco di squadra tra tutti gli attori sociali e collettivi coinvolti. E che vedo qui rappresentati in questo Parlamentino, in cui si respira fin dalle mura, dagli affreschi, tutta la lezione della storia intesa quale magistra vitae. Ben vengano quindi gli Stati generali della ricerca (pubblica). Il luogo stesso del Parlamentino mi spinge poi a fare una piccola digressione storica, se mi concesso, per supportare questa mia tesi direi, partendo dallo stesso termine, Stati generali, dal quale si evince che esso assume una rilevanza maggiore in tempi storici in cui vige una monarchia tradizionale piuttosto che una di tipo assolutistico. Un seconda considerazione, riguarda loggetto stesso di una convocazione degli Stati generali, vale a dire una assemblea di stati, intesi non come entit politiche autonome ma come rappresentazione dei corpi intermedi nel solco peraltro tracciato anche dallultima enciclica del Papa B XVI Caritas in Veritate Caritas in veritate in re sociali come ha scritto autorevolmente anche il nostro segretario generale confederale Raffaele Bonanni. La nostra presenza qui, stamattina, dimostra appunto che esiste e deve farsi sentire una assemblea di stati della ricerca in Italia. Metto laccento ancora una volta sulla definizione di stati generali quale assemblea di stati perch la domanda retorica : ci si pu ancora permettere una situazione di scarso impegno e interazione tra i tre principali soggetti della politica tecnologica, gli Enti pubblici di ricerca, le imprese e il governo? La risposta, lapalissiana, per motivi che qui non star ad approfondire visto limportanza cruciale nelle odierne economie. Qui basti solo fare alcune considerazioni di carattere generale. La risposta, lapalissima fin che si vuole, ma io mi considero un discepolo di Monieur de Lapalisse, perch questa interazione diventata oggigiorno cos cruciale per la competitivit tecnologica dellimpresa. I tre attori della ricerca pubblica: Enti, governo e imprese

Perch nei dibattiti sul problema dellinnovazione, vi sono ancora molte resistenze culturali ad accettare un punto di vista basato sullequivalenza ricerca applicata-tecnologia-competitivit.

In particolare, non me ne voglia la D.ssa Bracco, soprattutto tra gli imprenditori italiani, vi stata per anni la sottovalutazione dellimportanza cruciale delle fonti di ricerca applicata e, quindi, del rapporto con i centri di ricerca per rafforzare la competitivit dellimpresa. Questo, secondo loro, era un lusso che limpresa italiana non si poteva permettere e differenti erano i fattori cruciali di competitivit come il costo del lavoro e la flessibilit occupazionale. Specularmente, in questi anni il mondo della ricerca pubblica, tranne eccezioni, ha mantenuto una certa ritrosia nei rapporti con il mondo industriale. Collaborazioni con singoli ricercatori per consulenze spot o utilizzo di laboratori per prove su materiali o prodotti finiti sono stati i principali contatti. mancata, invece, per assenza di incentivi selettivi di tipo professionale, sociale ed economico, una vera integrazione tra alcune finalit dellimpresa e le soluzioni disponibili con la ricerca pubblica.

Il terzo attore di questo scenario, il governo, ha poi brillato, in questi anni e soprattutto in Italia, per improvvisazione e frammentariet dellazione. I beni conoscenza e sapere (dalla ricerca, ai beni culturali e allistruzione) sono stati sempre allultimo posto nellagenda del nostro legislatore. Per governi di corto respiro e scarse aspettative di vita come i nostri ci facilmente comprensibile per la natura del bene conoscenza, capace di offrire ritorni di tipo politico solo a medio e lungo termine. Sembra, quindi, quasi inutile ricordare i record negativi che lItalia ha nel finanziamento alla ricerca, nella quota di finanziamento da parte dellimpresa privata, nel numero di ricercatori e dei laureati occupati negli Epr, nella bilancia tecnologica e cos via. E, ovviamente, in questa assenza di politica della ricerca le poche misure per promuovere linterazione tra ricerca pubblica e impresa sono state insufficienti.

Vi sono una serie di fattori evolutivi i quali spingono verso la convergenza e integrazione fra ricerca pubblica, impresa e governo. Limpresa si trova a subire una sfida tecnologica sempre pi difficile per il numero dei potenziali concorrenti nel mercato mondiale, per la maggiore complessit e rischiosit delle innovazioni da introdurre, per il costo crescente della Ricerca & Sviluppo. La ricerca pubblica si trova a competere con sempre pi attori per una fetta della torta di finanziamento pubblico sempre pi esigua. Il governo centrale e periferico, pressato dalle domande sociali, come quella legata alla sanit e allambiente, e da quelle economiche, come quella rivolta alla competitivit internazionale del suo sistema industriale, si trova obbligato a selezionare, finalizzare e monitorare strettamente le risorse (assai scarse relativamente alle richieste) che ha a disposizione per sostenere la ricerca.

Questo insieme di vincoli ambientali ha una serie di conseguenze. In primis limpresa, non riuscendo a soddisfare allinterno dei suoi laboratori di Ricerca & Sviluppo la richiesta di competenza scientifica dettata dalla complessit e interdisciplinarit dei problemi conoscitivi sul tappeto, si rivolge sempre pi alla ricerca pubblica per trovare risposte ai suoi obbiettivi tecnologici. Inoltre chiede soccorso alla mano pubblica per condividere lonere finanziario, soprattutto quando si tratta di programmi di ricerca ad alto rischio e di lungo periodo.

Parallelamente, la ricerca pubblica, alle prese con un aumento crescente della spesa a fronte di risorse relativamente scarse, si trova sempre pi obbligata a ricorrere alle risorse nel mondo dellimpresa e a finalizzare, quindi, le sue attivit verso obbiettivi di natura industriale. LEpr, spinta da esigenze di carattere economico, diventa attore economico a tutti gli effetti sia promuovendo spin-off di nuove aziende hi-tech, sia dando origine essa stessa allo start-up di imprese utilizzatrici di tecnologie e capitali universitari.

Infine, gli stessi finanziamenti pubblici alla ricerca accademica, una volta parzialmente liberi da finalizzazione, oggi arrivano sempre pi vincolati al soddisfacimento di funzioni di carattere sociale ed economico. Manca anche allinterno degli Epr una adeguata cultura perch sembrano prevalere, e qui il ruolo del sindacato quanto mai rilevante, atteggiamenti di natura egualitaria ed appiattita i quali, sia detto solo per inciso, vengono, peraltro, promossi a tutto spiano da altre note sigle sindacali. Questo sforzo, assolutamente non facile, deve essere supportato da tutti gli attori sociali qui presenti per supportare e rafforzare questa cultura la quale fatica a trovare spazio negli Enti.

Per riassumere, da una parte i vincoli ambientali selettivi del mercato globale e dallaltra parte i vincoli cognitivi della generazione di nuova conoscenza tecnologica, hanno come effetto quello di far convergere verso una sempre maggiore integrazione e crossing-over tre mondi - ricerca pubblica, impresa e governo -, un tempo relativamente distanti o associati in modo binario.

Tre debolezze relative che, unendosi, devono cercare di diventare una forza, oserei dire assoluta.

E questo gli Stati Generali devono chiedere al governo, tutti con una sol voce.

Linterpretazione neocorporativa della Tripla Elica mette il baricentro, ad esempio, sugli aspetti di concertazione tra i rappresentanti dei tre mondi

I ricercatori

Per quello che mi riguarda ritengo che vadano di nuovo messo al centro del progetto di vita di un ricercatore i principi e le norme che costituivano una volta la sua identit professionale. La ricerca ancora oggi un bene comune, il quale deve essere necessariamente perseguito in modo disinteressato e che deve sostanzialmente seguire criteri di giudizio e di merito universalistici basati sullo scetticismo critico della comunit scientifica.

Nella raffigurazione tradizionale il ricercatore era formato ed educato fin dalle prime fasi del suo apprendistato a pensarsi parte di una larga comunit o collegio invisibile in cui criteri metodologici e di scelta teorica, valutazione del merito e selezione delle carriere, valori epistemologici, morali e sociali avevano valenza universale e non erano legati a contesti specifici e logiche localistiche. Questo scienziato cosmopolita strettamente legato alla natura puramente conoscitiva dellimpresa scientifica risulta notevolmente indebolito oggi dalla natura locale e pratica dei problemi che si trova a risolvere. Tendenzialmente, oggigiorno, non esiste pi il problema conoscitivo che si pone di fronte alla comunit scientifica universale e che lo scienziato singolo tenta liberamente di risolvere avendo ben presente i suoi referenti epistemologici, ma rimane il problema prevalentemente pratico che il finanziatore, attraverso lorganizzazione in cui lo scienziato lavora, gli pone davanti, e che egli deve risolvere pensando soprattutto a raggiungere, nel pi breve tempo possibile, i risultati operativi.

La ricerca attuale assorbe sempre pi i valori utilitaristici dellimpresa e viene organizzata secondo le modalit dellorganizzazione burocratica.

Da ci deriva, tra laltro, che i risultati della ricerca non sono pi patrimonio comune della comunit accademica, ma diventano sempre pi vincolati dai diritti di propriet dei responsabili dei centri di ricerca e dei finanziatori della stessa. Si arriva, infatti, ormai al superamento del confine fra bene pubblico e privato per quanto riguarda la ricerca. I risultati della ricerca vengono brevettati e commercializzati. Esiste un diritto di propriet del ricercatore o del finanziatore. La ricerca come bene pubblico perde qualsiasi significato. Un tempo vi era una netta distinzione tra una ricerca pubblica il cui output veniva giudicato in rapporto alla sua capacit di soddisfare criteri di natura accademica e in certi casi funzioni di natura sociale e politica (ad esempio obiettivi sanitari o la corsa nello spazio), ma mai finanziaria, e una ricerca privata il cui referente ultimo era, oltre agli azionisti della societ e il codice civile e penale, soprattutto il mercato. Oggi questo differente riferimento giustificativo viene a indebolirsi.

Per riassumere, la scienza contemporanea sembra soggetta a due tipi di mutazioni evolutive: da una parte tende ad aggregarsi in istituzioni di grandi dimensioni con numerosi ricercatori e che sviluppano logiche decisionali e organizzative di tipo burocratico (collettivizzazione e burocratizzazione); dallaltra tende a introdurre una cultura e dei valori organizzativi di tipo manageriale e caratteristici di istituzioni economiche e industriali (industrializzazione).

Dallaltra parte si pu intervenire sul mondo dellimpresa con: c) leggi di incentivazione fiscale diretta come: lIVA negativa sugli acquisti di beni e servizi inerenti le attivit di ricerca, lampliamento della base di deducibilit delle erogazioni delle imprese a favore della ricerca pubblica, la concessione di crediti di imposta a fronte delle spese sostenute dalle aziende per attivit di ricerca, la fiscalizzazione di contributi previdenziali del personale di ricerca; d) leggi di incentivazione fiscale indiretta come quella che favorisca le diverse forme di investimento in iniziative di ricerca o ad alto rischio tecnologico effettuate dal sistema finanziario.

Limiti

Lagenzia o lente di coordinamento soffre dei vizi del modello di agenzia descritto dalla scuola di Public Choice: allagente assegnata la responsabilit di compiere scelte per gli altri e, di principio, i suoi flussi di utilit sono solo esternalit, cio i costi-opportunit delle sue decisioni cadono non sulle sue spalle, ma su quelle degli altri a cui sono rivolte le sue azioni. Nei comitati di coordinamento e agenzie pubbliche, infatti, lunica forma di internalizzazione quella costituita dalle capacit dellagente di adeguarsi agli standard di tipo formale e burocratico (Petroni e Viale, 1997, p. XIX).

In definitiva la risposta neocorporativa dei comitati di coordinamento una risposta difensiva debole alle difficolt del contesto innovativo a trovare forme e occasioni di integrazione per potenziare la produzione di tecnologia. Potremmo dire che oltre a essere un scelta di politica tecnologica anche un indicatore di questa difficolt. Infatti, prodotta da questa difficolt ed essendo una risposta inadeguata a un problema reale, non fa che posticiparne la soluzione.

Non lo scopo del saggio di provare che i bassi o alti tassi di innovazione siano un effetto (o, al contrario, una delle cause) del modello di politica della ricerca e sviluppo.

Se analizziamo loutput scientifico misurato attraverso le pubblicazioni dal 1990 al 1995, scopriamo un miglioramento dellEuropa in rapporto agli Stati Uniti, mentre se analizziamo i dati sulloutput tecnologico misurato in brevetti sempre dal 1990 al 1995, notiamo un forte declino nel tasso di innovazione in Europa in rapporto agli Stati Uniti. La presenza in Europa di gruppi di ricerca competitivi che sfidano il primato americano nella crescita della conoscenza non si riflette nel trasferimento di conoscenza a livello brevettuale. Gli americani diminuiscono il livello di produzione della conoscenza, ma allo stesso tempo accrescono il tasso di innovazione tecnologica mentre in Europa accade il fenomeno opposto.

Questi dati sembrano mostrare che il modello di Tripla Elica americano in rapporto a quello europeo sia sempre di pi basato sul baricentro industriale e sul mercato finanziario che sembra essere in grado di attirare il sistema accademico verso gli scopi e le necessit della ricerca industriale. Contemporaneamente, il sistema accademico americano basato sulla competizione e lautonomia, rappresentato dal modello MIT-Stanford, sembra essere capace di attrarre il sistema industriale e finanziario verso le finalit e i bisogni della ricerca accademica. Il terzo membro della Tripla Elica, il governo, sta giocando un ruolo diretto pi debole.

In Italia, il mercato, il sistema industriale e quello finanziario che sono i principali protagonisti del successo tecnologico americano giocano un ruolo secondario. Inoltre, il mondo accademico poco competitivo e poco permeabile allintegrazione col sistema industriale e finanziario.

Le universit e gli istituti di ricerca pubblici sono finanziati principalmente con denaro pubblico in modo non competitivo e scarsamente valutativo. Quando c competizione e valutazione come in Gran Bretagna, essa ha a che fare con denaro pubblico e viene effettuata dagli organi dello stato e non dal mercato. Le universit non hanno bisogno, e in alcuni casi esse non vogliono interagire col mondo industriale. Daltra parte le aziende industriali e finanziarie agiscono in un ambiente che in generale poco fertile e amichevole per investimenti nella ricerca di frontiera e negli spin-off di alta tecnologia.

In Europa riscontriamo una incapacit a trasferire il ricco output scientifico al mondo industriale.

Il sistema della ricerca americana centrato sullindustria, sulla finanza privata e sul mercato. Il sistema della ricerca europea centrato sul finanziamento pubblico, sulle agenzie e i programmi pubblici per linnovazione tecnologica e il trasferimento. Il sistema della ricerca americana ha attratto universit e laboratori di ricerca competitivi e permeabili verso le esigenze e le finalit dellindustria

(per esempio con la capacit delluniversit di produrre nuove imprese e di agire essa stessa come unazienda). Il sistema della ricerca europea non stato capace di aprire universit e istituti di ricerca pubblici chiusi e non competitivi verso la collaborazione e lintegrazione col mondo industriale.

Al contrario il sistema della ricerca europeo centralizzato e di tipo top-down, focalizzato sul modello delle agenzie pubbliche e sui comitati di coordinamento, soffre dei tipici difetti razionali delle istituzioni intermedie di pianificazione. Le iniziative europee sembrano originare con il fine astratto di forzare uninterazione tra attori che nonhanno ragioni sufficienti per agire conseguentemente. Accademici e ricercatori non hanno necessit di aprire i loro laboratori allindustria perch non hanno n una sufficiente necessit finanziaria n incentivi culturali e sociali per fare ci. Gli imprenditori, fino a qualche anno fa sfruttavano una situazione relativamente chiusa dove era sufficiente innovare in settori tradizionali o a livello di processo o di agire come second best. Anche la maggior parte delle grandi imprese non hanno osato impegnarsi nella ricerca di frontiera a causa di difficolt ambientali e culturali. Di fronte a questa situazione i governi europei invece di creare un adatto ambiente selettivo per una crescita dal basso della ricerca di frontiera sono caduti dentro la fallacia super razionale del modello dagenzia.

Come burattinai essi hanno tentato di coordinare, finanziare, integrare e guidare marionette passive nel modo pi possibile razionale ed efficace. Il risultato di questa politica la diminuzione delloutput tecnologico europeo e la crescita di comportamenti parassitari e opportunistici tra gli attori economici e accademici.

lEuropa in sostanza pur producendo una ricerca scientifica di qualit non riesce a tradurre i risultati in prodotti di successo sul mercato. Le cause di questa situazione sono molteplici; Bruno e Orsenigo (2003) individuano sostanzialmente quattro tipologie di argomenti: 1. lorientamento di universit e istituzioni pubbliche verso la ricerca di base o teorica a fronte di un tessuto industriale concentrato su settori tradizionali e spesso, come in Italia, caratterizzato dalla preponderanza delle PMI; 2. linsieme dei valori (lopen science) e delle regole (publish or perish) che governano il sistema della ricerca pubblica (descritti da Dasgupta e David, 1994) sono profondamente distanti dal mondo industriale; 3. la percezione che nemmeno la ricerca pubblica realmente un bene pubblico(Callon et al., 1986) poich per certi versi appropriabile; 4. collegata alla precedente la crescente convinzione che il processo innovativo assai diverso dal modello lineare descritto da Arrow (1962) ed invece caratterizzato da un sistema interattivo (Kline e Rosenberg, 1986; Rothwell e Zegveld, 1981) in cui peraltro la ricerca pubblica una delle componenti, ma non necessariamente la pi importante (il mode 2 di Gibbons et al., 1994).

A. In primo luogo le modalit di interazione sono molteplici ed articolate anche se spesso lattenzione attratta spesso da poche tipologie formalizzate e quindi facilmente quantificabili (v. gli schemi di Pavitt, 1998, OECD, 2002 e Lazzeroni e Piccaluga, 2003), mentre le forme di interazione personale che riguardano soprattutto la conoscenza tacita (Senker, 1995) sono poco analizzate.

B. Le imprese per poter utilizzare efficacemente i risultati della ricerca pubblica devono disporre di capacit di assorbimento (Cohen e Levinthal, 1989), capacit di esplorazione e capacit di integrazione (Henderson, Jaffe e Trajtenberg, 1998).

C. Esiste un vincolo territoriale in quanto la vicinanza geografica sembra giocare un ruolo forte nella relazione tra ricerca pubblica e industria (Jaffe 1989, ma anche Acs, Audtretsch e Feldman, 1992)1.

D. Non tutte le imprese per presentano la stessa attitudine verso il mondo della ricerca: secondo molti studi sarebbero le medie imprese (e non le grandi) quelle pi coinvolte in fenomeni di knowledge spillover.

E. Esistono forti differenze settoriali nella relazione localizzata fra ricerca pubblica e imprese con alcuni settori come le biotecnologie e la chimica farmaceutica che sembrano giocare invece su relazioni veramente a scala mondiale.

F. Il ruolo degli organismi di intermediazione nel trasferimento tecnologico sembra spesso modesto e molte critiche si sono levate soprattutto nei confronti dei parchi scientifici e tecnologici (Phillimore e Joseph, 2003).

G. Poich le relazioni tra imprese e laboratori pubblici si basano sulla creazione di un sistema di fiducia reciproca, la variabile temporale assume un forte significato e porta con s anche una evoluzione delle strategie e della organizzazione della ricerca dei partner coinvolti (Gonard, 1999).

Ovviamente sulla scorta della letteratura internazionale il nucleo pi corposo di studi si basa sui brevetti e sugli indicatori bibliometrici. I risultati (Rodriguez e Refolo, 1999) confermano una positiva relazione tra addensamento territoriale di imprese e produzione scientifica di parte pubblica; tale relazione secondo altre ricerche (Audretsch e Vivarelli, 1996 e Piergiovanni, Santarelli e Vivarelli, 1997) sarebbe pi significativa per le imprese medio-piccole che per le grandi, riconfermando in tal caso i risultati di ricerche condotte negli Stati Uniti. Analizzando poi i brevetti a titolarit aziendale, ma con inventori dei docenti universitari, Balconi, Breschi e Lissoni (2003) riconfermano una forte concentrazione su pochi atenei pi importanti a dimostrazione di quelleffetto reputazionale che governa le relazioni tra ricerca pubblica ed imprese, gi evidenziato anchesso in studi su altri paesi (Blumenthal, 1986): utilizzando invece dei brevetti i finanziamenti provenienti da parte delle imprese sia per il sistema universitario (Bruno e Orsenigo, 2003), sia per la rete degli organi Cnr (Bonaccorsi e Daraio, 2003; Coccia, 2004) si assiste alla concentrazione sulle strutture che mostrano una pi elevata qualificazione scientifica, espressa tipicamente attraverso le pubblicazioni internazionali.

Appare chiaro da questa rapida rassegna della letteratura italiana ed internazionale che i canali attraverso cui passano le relazioni tra industria e ricerca pubblica sono sostanzialmente gli stessi in tutti i paesi; quello che cambia sono limportanza relativa di tali canali, i meccanismi istituzionali che li governano ed i sistemi di incentivi/ disincentivi adottati dai singoli governi (Polt et al., 2001). Sul primo aspetto, quello del peso dei singoli canali di interazione, occorre inoltre sottolineare la presenza non solo di specificit nazionali, ma anche di fattori tipici della struttura industriale di un paese, dellorganizzazione della ricerca scientifica e dei singoli settori scientifici e tecnologici.

Le strade possono essere diverse: ad esempio escludendo laumento degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo dal calcolo dellindebitamento netto della Pubblica Amministrazione. Le formule possono essere diverse, ma va garantita la semplicit e la certezza del meccanismo. Cos come va garantita lefficacia dello strumento. Unagevolazione fiscale rivolta solo agli incrementi di spesa rispetto alla media degli anni precedenti avrebbe un effetto marginale. Occorre invece una misura fiscale a carattere permanente che possa essere pienamente integrata nelle strategie di investimento di medio-lungo periodo, indipendentemente dalla dinamica di tali investimenti.

Un ulteriore intervento di natura fiscale che contribuirebbe in modo semplice ed efficiente ad incentivare la ricerca privata riguarda lesclusione del costo del lavoro dei ricercatori industriali dal calcolo della base imponibile dellIrap. Si ridurrebbe il costo della ricerca privata, composto da circa il 60% da spese per il personale e verrebbe introdotto un forte incentivo ad assumere nuovi ricercatori. Ma innanzitutto si eliminerebbe unodiosa iniquit fiscale che porta chi fa pi ricerca a pagare pi tasse.

Una parte di queste risorse deve essere finalizzata ad incentivare il trasferimento tecnologico dalla ricerca pubblica alle imprese, introducendo meccanismi che spingano questi due mondi ad incontrarsi. Anche in questo caso lo strumento fiscale pu svolgere un ruolo importante. Lagevolazione fiscale delle commesse private ad universit ed enti di ricerca deve diventare uno strumento attraverso il quale veicolare maggiori risorse al sistema pubblico di ricerca. Uno strumento che incentivi le imprese a elevare il livello scientifico e tecnologico della loro attivit di innovazione.

Breve storia della ricerca pubblica in Italia

Le radici dellorganizzazione della ricerca scientifica italiana risalgono ai primi decenni dellOttocento. In sintonia con le convinzioni politiche delle classi industriose, della nascente borghesia nazionale, gli scienziati alimentavano unimmagine cosmopolita della cultura e la fede nelle magnifiche sorti e progressive del sapere scientifico, spessissime volte in forme anticlericali come, per fare un solo esempio, Stanislao Cannizzaro. Il paese era comunque connotato da una sostanziale arretratezza scientifica e sociale. Questi congressi ebbero vita effimera. Tuttavia, in quel clima si posero le basi per la creazione di un centro scientifico come la Scuola Normale Superiore di Pisa, destinata ad avere un ruolo determinante nello sviluppo scientifico dellItalia post-unitaria. La lezione della storia civile delle nazioni, esordiva il matematico Francesco Brioschi, segretario particolare del ministro e direttore dellIstituto Tecnico Superiore di Milano, registra accanto alle pi grandi rivoluzioni politiche, o la creazione di nuovi istituti o profonde modificazioni nellordinamento degli esistenti. La raggiunta unit politica rappresentava per lItalia un momento fondamentale della sua storia, una vera e propria rivoluzione agli occhi di Brioschi, che doveva trovare espressione anche a livello scientifico e scolastico. Secondo Carlo Matteucci, allora ministro della Pubblica istruzione, la riforma delluniversit doveva essere accompagnata dalla creazione di alcuni pochi centri di eccellenza per la ricerca sperimentale, in cui concentrare le scarse risorse disponibili. Il progetto di Matteucci and incontro a una serie di opposizioni e non and mai in porto. Ancora in un articolo del 1867 lo scienziato sottolineava la necessit di istituire due o tre centri dove siano raccolti i pi grandi mezzi di ricerche sperimentali e gli uomini pi illustri che abbiamo. Ci occorrono gruppi di laboratori, di gabinetti dove un ristretto numero di giovani, gi fortemente preparati nelle universit si addestri alluso degli strumenti, nellinvenzione dei metodi.In Italia negli anni Settanta dellOttocento, dopo il completamento del processo unitario e il trasferimento della capitale a Roma, ha inizio la progressiva creazione di istituzioni scientifiche, che tendono a fare della nuova capitale il centro della ricerca scientifica italiana. Nel 1872 vengono stanziati fondi straordinari agli istituti di fisica e di chimica della Sapienza di Roma allo scopo di renderla una Universit principalissima, informata soprattutto ai principi delle osservazioni sperimentali. Lanno seguente vi viene creata una Scuola dingegneria, diretta dal matematico Luigi Cremona. Da parte sua Quintino Sella, ingegnere che aveva studiato allEcole des Mines di Parigi, ministro e capo del governo, d vita a istituti centrali di ricerca controllati dallo stato, in primo luogo il Corpo delle Miniere (incaricato tra laltro della realizzazione della Carta geologica italiana) seguito poi dallUfficio di Statistica. Al tempo stesso Sella si impegna nella rinascita dellAccademia dei Lincei, che al pari delle analoghe accademie delle scienze di Parigi e Berlino, destinata a essere il pi alto punto di riferimento della ricerca scientifica nazionale. La politica scientifica da lui intrapresa port alla realizzazione di diversi istituti di ricerca centralizzati.Alla fine del secolo i laboratori e i gabinetti di ricerca sperimentale delle universit del Regno, a eccezione del laboratorio diretto da Camillo Golgi a Pavia, soffrivano della cronica mancanza di una dotazione finanziaria adeguata alle esigenze della ricerca. Nel 1914 uninchiesta del chimico Giuseppe Bruni sulla dotazione finanziaria dei laboratori di scienze sperimentali in Italia e allestero rivela quello che tutti sanno, e cio che la dotazione media di un laboratorio universitario di chimica o di fisica in Italia circa un quinto di quella di un laboratorio tedesco. Certamente meno impegnativa dal punto di vista economico la ricerca in campo matematico e questo contribuisce a spiegare la fioritura negli ultimi decenni del secolo di numerosi centri di assoluto rilievo internazionale. Insomma, il panorama della ricerca scientifica nellItalia di fine Ottocento presenta una realt policentrica e diversificata, che fatta salva una questione di scala nella dotazione economica - assai pi simile al mondo della ricerca tedesco, costituito da una fitta rete di centri, che al modello monocentrico della Francia, imperniato su Parigi. Tra gli scienziati, i matematici prevalgono per numero e qualit.

La prima guerra mondiale rappresenta per molti aspetti un momento di svolta nella politica della ricerca. Nel primo dopoguerra si accentua la tendenza alla centralizzazione, a fare di Roma la capitale della scienza italiana. Con una mirata politica accademica vengono chiamate allUniversit di Roma le figure pi autorevoli. Nel nostro paese, gli anni della guerra segnano anche un mutamento nelle condizioni della ricerca scientifica. Limpegno bellico ha drammaticamente rivelato le arretratezze della scienza italiana. Significativa a questo proposito la creazione, sul modello francese, di un Ufficio Invenzioni e Ricerche nato per iniziativa di Vito Volterra sulla spinta di un gruppo di industriali e di scienziati. Dopo la fine della guerra venne deciso di trasformare lUfficio in una struttura di ricerca centralizzata, distinta dai laboratori universitari. Nelle intenzioni di Volterra, liniziativa doveva avere carattere internazionale, collegata a centri analoghi che si stavano costituendo in altri paesi. Lintento era quello di orientare lattivit di ricerca concentrando le risorse verso la risoluzione dei grandi problemi del paese. Alla scopo era prevista anche la realizzazione di centri di ricerca a carattere nazionale distinti dalle universit.

Dopo anni di gestazione, nel 1923 venne infine costituito il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), collegato a un analogo Centro Internazionale con sede a Bruxelles, e collocato presso lAccademia dei Lincei. Volterra ne venne nominato Presidente. Nei primi anni di vita il Cnr non riusc tuttavia a mettere in atto alcuno degli scopi per il quale era stato costituito. Nel 1927, allo scadere del suo mandato Volterra non ebbe rinnovata la nomina, e il Cnr fu distaccato dallAccademia dei Lincei e collegato invece allAccademia dItalia presieduta da Guglielmo Marconi. Sottoposto a un radicale riordinamento, al Cnr fu affidato come compito quello di coordinare le attivit nazionali nei vari rami della scienza e delle sue applicazioni anche nellinteresse della economia generale. Il Cnr divenne un organismo di consulenza diretta per il duce e, per il Ministero della Pubblica Istruzione, lorgano permanente consultivo e di informazione per quanto concerne lo sviluppo ed i progressi dellattivit scientifica allinterno e allestero. Negli anni Trenta furono creati diversi istituti del Cnr a cominciare dallIstituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (Inac), istituito a Roma nel 1932. Con lInac per la prima volta la ricerca matematica si attua al di fuori delluniversit e si apre a rapporti professionali di consulenza con il mondo dellindustria e delle applicazioni. Lanno seguente fu creato il Centro radiotecnico sperimentale e poi, a partire dal 1936, lIstituto nazionale di elettroacustica, quello di geofisica, di biologia e di fisica. Il Cnr cominciava cos a dotarsi di un insieme di centri di ricerca di dimensione nazionale. Dopo il 1936, anno che segna linizio della politica dellautarchia - e dunque della valorizzazione delle potenzialit scientifiche e delle risorse produttive del paese - il Cnr fu coinvolto nelle scelte strategiche del regime. Nel clima di mobilitazione bellica della nazione si comprende perch nel 1937, alla morte di Marconi, la presidenza del Cnr venisse affidata al capo di Stato maggiore generale, il maresciallo Badoglio, e il Cnr venisse dichiarato supremo Consiglio scientifico-tecnico dello Stato alle dirette dipendenze del Capo del Governo.

Tra le grandi difficolt economiche del secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione vengono poste le basi del sistema della ricerca scientifica italiana, fondato soprattutto sugli Istituti del Cnr. Il settore di ricerca pi avanzato era stato quello della fisica atomica, guidato da Enrico Fermi. In seguito, negli anni Sessanta, per iniziativa di alcune tra le pi autorevoli figure della scienza italiana, vengono creati diversi nuovi centri e istituti di ricerca, nel tentativo di far decollare un sistema di ricerca libero dai vincoli e dai condizionamenti tipici dellaccademia.

Quale lezione trarre dalla storia dello sviluppo della ricerca scientifica in Italia? Anzitutto, una cronica mancanza di adeguato finanziamento rispetto agli altri paesi industrializzati, che caratterizza negativamente il sistema della ricerca italiana dagli anni dellUnit a oggi. La maniera di utilizzare le risorse disponibili finanziare a pioggia laboratori e gruppi di ricerca di ogni universit oppure concentrare le risorse alla realizzazione di grandi progetti di interesse strategico? stata oggetto di interminabili discussioni sia a livello politico che allinterno della comunit scientifica. Un secondo aspetto riguarda la struttura vera e propria della ricerca. A questo proposito, la vicenda del Cnr emblematica. Al momento della sua creazione, il Cnr era stato pensato da Volterra come lelemento propulsore di un sistema di ricerca indipendente dagli ambienti accademici, legato piuttosto ai settori pi dinamici dellindustria. La storia del Cnr, e il suo evolversi in uno stretto intreccio con le vicende della politica e della ricerca universitaria, evidenzia invece la sostanziale incapacit del mondo accademico di dar vita a forme differenziate e autonome di ricerca scientifica e, al tempo stesso, la reticenza del mondo dellindustria a investire nella ricerca applicata.

Economia della ricerca

Lanalisi tradizionale (che data dei primi anni sessanta) enfatizza come la produzione di conoscenza rappresenti un caso importante di fallimento del mercato, infatti la natura di (quasi) bene pubblico della conoscenza fa si che non esistano incentivi sufficienti per gli agenti privati ad impegnarsi in attivit produttrici di nuova conoscenza astratta e teorica. Il mercato lasciato a se stesso determina unallocazione sub-ottimale delle risorse che giustifica lintervento pubblico nellattivit scientifica; intervento rivolto a colmare linefficienza allocativa determinata dal mercato. I primi studi relativi allallocazione delle risorse per la produzione di conoscenza scientifica sono di Nelson e Arrow (Nelson 1959, Arrow 1962) i quali definiscono il quadro di riferimento delleconomia della scienza, a partire dal valore economico della conoscenza prodotta tramite lattivit di ricerca. Le attivit scientifiche e di ricerca sono rivolte alla produzione di conoscenze destinate allavanzamento, quantitativo e qualitativo, della frontiera del sapere umano. La notevole genericit di questa definizione non consente di cogliere il legame esistente tra conoscenza scientifica e valore economico della stessa, ovvero a determinare quando la conoscenza assume valore economico.

Tuttavia ai fini della realizzazione dello scambio necessario che la conoscenza, concetto di per s sfuggente ed indeterminato e difficilmente assimilabile ad un bene, diventi effettivamente trasmissibile e quindi scambiabile. Ci richiede che essa si incorpori in una base materiale. Compiuta questa sorta di trasformazione linformazione/innovazione assume valore economico. La base cui si fa riferimento deve essere intesa nel senso pi ampio possibile potendo consistere sia in una sostanza, sia in un prodotto o bene materiale, sia in una persona o in un gruppo di persone che incorporano linformazione nel proprio vettore di conoscenze abilit (skill-base). Uno dei maggiori contributi delleconomia del benessere stato quello di evidenziare alcune situazioni in cui il mercato fallisce nel suo ruolo di meccanismo efficiente di allocazione delle risorse. Lampiezza degli effetti esterni particolarmente rilevante per le attivit di ricerca di base, seguendo limpostazione di Nelson (1959) si pu osservare infatti che:

Lavanzamento delle conoscenze scientifiche di base ha spesso unapplicabilit (e quindi un valore pratico) in molti campi che possono essere molto distanti fra loro e quindi richiedere, ai fini di un efficace sfruttamento, un insieme di competenze e risorse troppo vasto per essere sfruttabile da un singolo agente.

In molti casi i risultati derivanti dalle attivit di ricerca di base non sono direttamente applicabili alla soluzione di problemi pratici e quindi la protezione brevettuale non pu essere ottenuta, almeno in tempi rapidi.

Congiuntamente, queste caratteristiche riducono lappropriabilit e quindi gli incentivi per le imprese (soprattutto se dotate di una base tecnologica relativamente ristretta) a svolgere attivit di ricerca fondamentale. La terza causa classica di fallimento del mercato rappresentata dallincertezza: si tratta di una situazione in cui gli agenti economici non dispongono di informazioni relative alla probabilit del verificarsi di eventi futuri che influenzeranno lesito delle scelte da compiere. Lattivit di ricerca, quindi, e pi in generale il processo inventivo, si caratterizzano per una forte incertezza il cui livello tanto maggiore quanto pi ci si allontana dalle attivit a contatto con il mercato per accostarsi alla ricerca di base.

Nella Francia e nelle Fiandre dancien rgime erano lantica assemblea politica, derivante dalle assemblee plenarie dei re capetingi. Organo meramente consultivo, privo di competenze definite, venivano convocati dal sovrano saltuariamente, in genere per ottenere sostegno politico o finanziario in circostanze particolarmente delicate. Erano formati dai rappresentanti del clero, della nobilt e del Terzo Stato. Ciascun ordine aveva a disposizione un voto. La prima convocazione degli Stati generali francesi si ebbe nel 1302 ad opera di Filippo IV il Bello (1268-1314) nel corso della sua lotta contro papa Bonifacio VIII. Nel 1317 i membri degli Stati generali divennero elettivi, venendo scelti da ogni singola citt del regno. Spesso essi tentarono di assumere iniziative politiche, ma la corona reag evitando la loro convocazione. Riuniti appena sei volte tra il 1468 e il 1558, riacquistarono un ruolo importante nelle guerre di religione. Nel corso del secolo XVI crebbe la loro rilevanza, soprattutto in materia finanziaria e fiscale ma le insanabili rivalit tra gli ordini gettarono discredito sullassemblea. Tali contrasti fecero fallire la convocazione del 1614 disposta da Maria de Medici. Da allora gli Stati generali non furono pi convocati fino al 1789. Le istanze avanzate dal Terzo Stato al fine di costituirsi in assemblea costituente furono alla base della Rivoluzione francese.

La definizione di ricerca pubblica quella che viene finanziata totalmente o almeno prevalentemente con fondi pubblici, ovvero dallo Stato.

Francisco Elias de Tejada

Appare difficile stabilire il momento in cui il parlamento, da organo secondario e consultivo si trasform in organo autonomo e decisionale. Un fattore di non trascurabile importanza potrebbe essere assunto dalla partecipazione a tali assemblee dei rappresentanti delle citt. Ci si verific, ad esempio, nel Regno di Sicilia a partire dal 1232, in Germania (Dieta imperiale) dal 1274, in Inghilterra dal 1295, in Francia (Stati generali) dal 1302. In realt una netta distinzione tra i due tipi di assemblea non appare sempre rilevabile. anzi pi opportuno prendere in considerazione il fatto che tali organi abbiano funzionato, per un lungo periodo di tempo, con una duplice funzione: quella medievale di assemblea di stati, quella moderna di (parlamento).

Le motivazioni possono essere ricondotte ad alcuni fattori osservabili in tutti i paesi (OECD, 2002): 1) l'accelerazione del progresso scientifico; la crescita dei settori science-based, il cui sviluppo si fonda cio sulle nuove tecnologie in cui rilevante lapporto della ricerca (ICT, biotecnologie, nuovi materiali e pi recentemente le nanotecnologie); 2) la caratterizzazione dell'innovazione di prodotto come risultato di apporti scientifici pluri- e interdisciplinari; 3) l'impossibilit per le grandi imprese di mantenere grandi laboratori di ricerca e di presidiare efficacemente tutte le aree scientifiche potenzialmente interessanti; 4) l'emergere di nuovi bisogni sociali, come l'invecchiamento della popolazione, lo sviluppo compatibile con l'ambiente, a cui possibile far fronte solo attraverso un forte impegno nella ricerca scientifica; 5) le restrizioni ai bilanci pubblici con effetti pesanti sulle risorse a disposizione di universit e centri pubblici di ricerca; 6) levoluzione del sistema della ricerca pubblica sia in conseguenza del punto precedente, sia per un insieme di trasformazioni sociali ed istituzionali, verso soluzioni che vanno dalla academic entrepreneurship del modello americano descritto da Etzkowitz e Webster (1991) alla convergenza descritta da Laredo e Mustar (2004) per lEuropa.

Si tratta del modello della Tripla Elica (Etzkowitz, 1997), secondo cui, a differenza del passato, linterazione non pi a due attori _ governo-universit, impresa-governo, impresa-universit _ ma li coinvolge tutti e tre contemporaneamente.

Tra il 1839 e il 1948 si tennero, difatti, diversi congressi, in varie citt italiane, degli scienziati italiani, sul modello di quanto accadeva allestero (la Societ per il progresso delle scienze in Inghilterra e della Societ degli scienziati e dei naturalisti in Germania). Fu appunto la notizia di una riunione dei naturalisti tedeschi, apparsa nella Biblioteca Italiana, a offrire a un gruppo di intellettuali toscani lidea di tenere analoghe, periodiche riunioni in Italia. Si addivenne cos al primo congresso, che si svolse a Pisa, dove erano presenti il Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, lo Studio di Pisa, lOsservatorio di Brera.

Cannizzaro

La Scuola era stata fondata una prima volta nel 1813 e aveva avuto un breve periodo di vita in epoca napoleonica. Nel 1846 un motu proprio del Granduca Leopoldo di Toscana aveva istituito a Pisa una Scuola Normale Teorica e Pratica. La Scuola doveva ben presto tradire il compito per il quale era stata istituita la formazione di abili, e idonei maestri per diventare uno dei principali centri di ricerca scientifica in Italia nel campo della matematica e della fisica.

Al momento dellUnit, la regolamentazione della vita scientifica e accademica era affidata alla legge Casati, promulgata nel 1859, che attraverso successive parziali modifiche e integrazioni, restava sostanzialmente in vigore fino alla riforma Gentile del 1923. Il paese era comunque connotato da una sostanziale arretratezza scientifica e il dibattito di allora era come mettersi al passo delle nazioni pi progredite, a quale modello di sviluppo ispirarsi? Adottare il modello francese, che privilegia i politecnici e le Grandi scuole rispetto alle universit, oppure ispirarsi al modello delle universit e delle scuole tecniche, le Technische Hochschulen tedesche?

A seguito della legge Casati, con un decreto del ministro della Pubblica istruzione, Matteucci, nel novembre 1862 viene decisa la creazione a Milano, priva di sede universitaria, di due nuovi istituti di istruzione superiore, lAccademia scientifico-letteraria e lIstituto Tecnico Superiore, lattuale Politecnico. Nel primo sarebbero stati impartiti gli insegnamenti propri delle facolt di lettere e filosofia, mentre scopo dellIstituto Tecnico era quello di formare ingegneri civili e ingegneri meccanici. La creazione dellIstituto Tecnico Superiore di Milano, cos come il ruolo attribuito alle universit dalla legge Casati, sembravano ispirarsi alle scuole tecniche e alle universit tedesche piuttosto che allEcole Polytechnique e alle grandi scuole francesi.

Troviamo noi in questi anni attuato in Italia un solo di quei grandi concetti i quali accompagnano le grandi rivoluzioni politiche, e diedero alla Francia la scuola politecnica, la scuola normale, listituto nazionale, e furono in Germania la principal causa del movimento scientifico delle sue universit?.

Con la rinascita dellAccademia dei Lincei, ad opera di Brioschi lo sviluppo delluniversit e la creazione di centri di ricerca e laboratori statali, Roma si avvia a essere la capitale non solo politica, ma scientifica del paese. Come disse una volta Sella, Non soltanto per portare dei travet che siamo venuti a Roma.

Alla fine del secolo la comunit dei matematici italiani si afferma su posizioni di riconosciuta avanguardia a livello internazionale. La scuola dei logici torinesi guidata da Peano e la scuola di geometria raccolta intorno a Corrado Segre, Castelnuovo e Enriques e poi Severi costituiscono solo gli esempi pi noti.

Senatore del Regno, professore allUniversit di Roma e Presidente dellAccademia dei Lincei, Volterra era la figura pi autorevole della scienza italiana, e tuttavia un personaggio scomodo per il regime. Convinto antifascista, tra i firmatari del manifesto Croce ma tra i pochissimi che rifiutarono di sottoscrivere il giuramento di fedelt al fascismo richiesto nel 1931 ai professori universitari, Volterra si vide di fatto bloccati i finanziamenti al Cnr, che non fu cos in grado di funzionare.

Leredit del gruppo di Fermi - che al momento del conferimento del Nobel nel 1938 aveva lasciato lItalia per gli Stati Uniti a causa delle leggi razziali - raccolta da Edoardo Amaldi e Gilberto Bernardini, che svolgono un ruolo determinante per lo sviluppo della ricerca in fisica nucleare con la creazione dellIstituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) istituito nel 1952 come struttura del CNR.

Il Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole, fondato nel 1961, si avvale dellopera Giulio Natta, Premio Nobel per chimica, e Alfonso Maria Liquori. Nel 1962 Adriano Buzzati-Traverso fonda a Napoli il Laboratorio (poi Istituto) Internazionale di Genetica e Biofisica, destinato a svolgere una funzione pionieristica nel campo della ricerca biogenetica nel nostro paese. Nel 1968 veniva fondato lIstituto di Psicologia del Cnr e negli stessi anni, per opera soprattutto di Corrado Bohm a Roma e Edoardo Caianiello a Napoli, viene introdotta in Italia la cibernetica e linformatica grazie al determinante contributo finanziario del Cnr.

Lanalisi di Arrow porta alla conclusione che le attivit di produzione di conoscenza/informazioni sono caratterizzate dalla presenza delle tre cause classiche di fallimento del mercato: lindivisibilit, linappropriabilit (in presenza di esternalit) e lincertezza. Il processo di produzione della conoscenza presenta significativi aspetti di indivisibilit con annessa presenza di costi fissi ed economie di scala; il costo medio di produzione di un informazione diminuisce quanto pi questa informazione utilizzata. Inoltre la singola informazione in quanto bene ha di per s un valore economico piuttosto limitato se non si inserisce in un idoneo sistema cognitivo, ci vuol dire che linformazione divisa dal sistema di conoscenze necessario ad interpretarla/elaborarla perde gran parte del suo valore. Le attivit connesse alla produzione di informazioni (ricerca scientifica o processo inventivo in genere) sono caratterizzate dallesistenza di forti effetti esterni e ci a causa delle caratteristiche particolari del bene informazione. Il soggetto che ha prodotto linformazione pu cercare di trarne un vantaggio in due modi: cedendola ad un terzo oppure sfruttandola direttamente, in entrambi i casi difficile che egli riesca ad appropriarsi pienamente dei relativi benefici. Inoltre la diffusione delle informazioni notevolmente facilitata dal fatto che i costi di trasmissione sono, in genere, piuttosto bassi.

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