la paga dei padroni

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BANCHIERI, MANAGER,IMPRENDITORI.COME E QUANTO GUADAGNANO I PROTAGONISTI DEL CAPITALISMO ALL’ITALIANA LAPAGADEI PADRONI Gianni Dragoni Giorgio Meletti

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di Gianni Dragoni e Giorgio Meletti. Banchieri, manager, imprenditori. Come e quanto guadagnano i protagonisti del capitalismo all'italiana.

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I numeri fanno impressione. Mentre la Borsa nel 2007 ha persol’8 per cento circa, gli stipendi dei manager sono saliti del 17per cento. Idem per il 2006. Intanto le retribuzioni medie deilavoratori non crescono e sono tra le più basse d’Europa.Aumento di stipendio senza risultati: ecco la nuova formula delcapitalismo vincente. Se l’Impregilo nel 2004 e nel 2005 haperso centinaia di milioni, l’amministratore delegato PierGiorgio Romiti ha ricevuto negli stessi anni compensi per piùdi 2 milioni di euro. COSÌ FAN TUTTI. Manager, banchieri ecapitani d’industria restano immuni da responsabilità. Se c’èqualcosa che non va la colpa è sempre della politica o delmercato internazionale.Questo è un viaggio nel capitalismo italiano raccontatoattraverso le retribuzioni (e le prestazioni) della nostra classedirigente. Un sistema granitico, di signorie e vassallaggi. I nomisono sempre gli stessi da anni: Ligresti, Pesenti, Berlusconi,Tronchetti Provera, Moratti, Agnelli, Colaninno, Romiti, DeBenedetti, Caltagirone, Benetton... E poi c’è Mediobanca,l’epicentro del potere finanziario da sempre, la scatola nera delprivilegio.La parola chiave è una sola: obbedienza. Allora lo stipendiomilionario è assicurato. Come insegna la saga infinita deidirigenti pubblici, spostati da una parte all’altra, sempre conbuonuscite record, e dopo aver accumu lato, molto spesso,perdite disastrose. E quella dei capitalisti senza capitali, checontrollano una società con un’altra società, un’altra ancora,un’altra... Così hanno diritto a pochi dividendi, ma il potere èloro, basta una firma ed ecco che scatta il compenso d’oro.La politica si può criticare. Ma guai a criticare loro, gli im-prenditori. Guai a criticare Confindustria, oggi governata daEmma Marcegaglia. Eppure almeno una domanda va fatta: per-ché se Confindustria Sicilia decide di espellere chi paga il pizzolo stesso trattamento non vale per chi ammette di aver pagatotangenti? Nel marzo 2008 Antonio Marcegaglia, numero unodella Marcegaglia Spa, ha patteggiato undici mesi di reclusione,pena sospesa, per corruzione.

Gianni Dragoni è inviato de “Il Sole 24 Ore”. Si occupa ditemi legati all’industria pubblica, le privatizzazioni, i bilancidelle società di calcio. Cura la rubrica PAY WATCH, cheanalizza le retribuzioni dei manager delle società quotate.

Giorgio Meletti è responsabile della redazione economica delTg La7. Ha lavorato al “Corriere della Sera”, dove si èoccupato in prevalenza dell’industria pubblica e degli incrocitra economia e politica. Ha curato con Luca De Biase,BIDONE.COM (Fazi 2001), storia della bolla internetall’italiana.

I S B N 978-88-6190-057-8

9 7 8 8 8 6 1 9 0 0 5 7 8

www.chiarelettere.it

GianniD

ragoni•G

iorgioMeletti

LAPAGADEIPADRONI14,60

Progetto grafico: David Pearsonwww.davidpearsondesign.com

BANCHIERI, MANAGER, IMPRENDITORI. COMEE QUANTO GUADAGNANO I PROTAGONISTIDEL CAPITALISMO ALL’ITALIANA

LA PAGADEIPADRONI

Gianni DragoniGiorgio Meletti

“MI SONO LIMITATO A DIRE QUELLO CHE PENSO ECHE MOLTI DOVREBBERO GIÀ SAPERE... È INUTILEPICCHIARE SU CHI STA ALLA LINEA DI MONTAGGIOPENSANDO DI RISOLVERE I PROBLEMI... QUANDOSI PERDONO 3 MILIONI DI EURO AL GIORNO EUNO PENSA CHE SIA COLPA DEGLI OPERAI, VUOL

DIRE CHE HA SALTATO QUALCHE PONTE SULLA SUA

STRADA.”

Sergio Marchionne, amministratore delegatodella Fiat, “la Repubblica”, settembre 2006.

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Inchieste e reportagePRINCIPIOATTIVO

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Michele Ainis, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani,

Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti,

Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Caterina Bonvicini,

Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali,

Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Carla Castellacci,

Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia,

Andrea Di Caro, Giovanni Fasanella, Massimo Fini,

Fondazione Fabrizio De André, Goffredo Fofi, Massimo Fubini,

Milena Gabanelli, Vania Gaito, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi,

Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi,

Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo,

Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Marco Lillo,

Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti,

Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi,

Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Raffaele Oriani, Sandro Orlando,

Pietro Palladino, David Pearson (graphic design), Maria Perosino,

Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor), Marco Preve,

Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Luca Rastello,

Marco Revelli, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli,

Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Laura Salvai, Ferruccio Sansa,

Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Matteo Scanni,

Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Bruno Tinti, Marco Travaglio,

Carlo Zanda.

chiarelettereAutori e amici di

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PRETESTO1fpagina 244

“Concordo conle critiche alle alteremunerazionidella classe dirigente.Io mi ritengo esente...”Cesare Geronzi, ex presidente di Capitalia, attuale presidente di Mediobanca. Nel 2007 ha ricevuto un “premio alla carriera” di 20 milioni di euro.

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PRETESTO2fpagine 183, 207

“Abbiamo trovato il miglioreamministratore possibile, l’abbiamospostato su Alitalia.”Silvio Berlusconi, Porta a Porta, 11 gennaio 2006. Si riferisce a Giancarlo Cimoli, ex amministratore delegato Alitalia, la compagniache nel 2006 registrerà perdite per 626 milioni di euro. Stipendio di Cimoli, anno2006: 1 milione e mezzo di euro.

“Dimenticate l’antica massima che nullarende vincenti come il successo:oggi la regola prevalente per i topmanager è che niente rende quantoun fallimento.”Warren Buffett, riconosciuto nel 2008 dalla rivista Forbes comel’uomo più ricco del mondo.

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PRETESTO3fpagina 147

“Impregilo muove nelmondo circa 19milapersone. Se ognunoriuscisse a risparmiare unsolo euro al giorno,l’azienda ne trarrebbe unbeneficio di circa 4 milionidi euro all’anno. Tuttipossono evitare unatelefonata o fare, incantiere, qualchechilometro in meno conun mezzo.”Pier Giorgio Romiti, ex amministratore delegato di Impregilo, società cheha perso 88 milioni di euro nel 2004 e 358 milioni nel 2005. Nel 2004 Pier GiorgioRomiti ha totalizzato compensi per 2 milioni e mezzo di euro.

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“In Italia l’introito di una bancasu ogni conto corrente èin media di 204 euro, contro186 in Germania, 124 in Francia,40 in Spagna. E contro unamedia europea di 133 euro.Solo in Lussemburgo le banchesono più care, 265 euro.”

“Correte di più, stringete i denti, eallora dagli spalti viapplaudiranno, perché voiandrete e segnerete. Come feceNapoleone a Waterloo.”Luca Luciani, direttore generale Telecom Italia. Era convinto che Napoleonea Waterloo avesse vinto. Stipendio 2007: 844mila euro.

PRETESTO4fpagine 111, 253

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PRETESTO5fpagina 209

“Nel 2005 il bilancio delle Ferroviedello Stato ha dichiarato una perdita di 472 milioni di euro…La paga dell’amministratore delegato Elio Catania è statadi un milione e 930mila euro, di cui350mila per il raggiungimentodegli obiettivi assegnati.”

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© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol SpaLorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare Spa)Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano

ISBN 978-88-6190-057-8

Prima edizione: ottobre 2008

Seconda edizione: ottobre 2008

Terza edizione: ottobre 2008

www.chiarelettere.itBLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA

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Gianni DragoniGiorgio Meletti

La paga dei padroni

chiarelettere

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Gianni Dragoni è nato a Fusignano (Ravenna) il 26 ottobre 1957. Si è laureato ingiurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma. È inviato de «Il Sole 24 Ore»,dove lavora dal 1985. Vive a Roma. Ha cominciato l’attività giornalistica all’agen-zia Ansa, nel 1982, all’archivio elettronico, poi come cronista parlamentare. Gior-nalista specializzato in economia, in particolare su temi legati all’industria pubblica,le privatizzazioni, i bilanci delle società di calcio, su «Il Sole 24 Ore» cura tra l’altrola rubrica «Pay watch», che analizza le retribuzioni dei manager delle società quotate.

Giorgio Meletti è nato a Cagliari il 25 maggio 1958. È laureato in storia all’Univer-sità di Pisa. Vive a Roma dove è attualmente responsabile della redazione economiadel Tg La7. Da venticinque anni giornalista specializzato in economia, ha lavoratoper «La Nazione», «Paese Sera», «Il Secolo XIX», «Fortune», «Il Mondo» prima di fer-marsi per dieci anni al «Corriere della Sera», dove si è occupato in prevalenza del-l’industria pubblica e degli incroci tra economia e politica. Ha insegnato Economiae gestione delle imprese, come professore a contratto all’Università di Pisa. Ha cu-rato con Luca De Biase Bidone.com, storia della bolla Internet all’italiana, pubblicatonel 2001 da Fazi.

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Istruzioni per l’uso 7Gli stipendi d’oro nel Paese in recessione

L’Italia dei padroni 14Lavoratori improduttivi, impiegati fannulloni, piccoli imprenditori evasori… E i manager?

PRIMA PARTE

Il potere senza denaro 27

Pirelli-Telecom: ritratto del capitalismo italiano 29L’ascesa di Tronchetti Provera e le buonuscite record di Buora e Ruggiero

Cose di casa Agnelli 48Romiti, Gabetti, Grande Stevens: la famiglia non si tocca. La svolta di Marchionne

Come funziona il potere economico 71Patti di sindacato e scatole cinesi: tecniche legalizzate di comando

Da Cuccia a Geronzi: il caso Mediobanca 80Storie e retroscena del club più esclusivo d’Italia

I banchieri, crocevia del capitalismo 104Geronzi, Bazoli, Passera, Profumo, Arpe

SECONDA PARTE

Famiglie che contano, tra casi giudiziari e laute ricompense 127

Quel che resta del salotto buono 129I Pesenti, i Ligresti, i Romiti, i De Benedetti

Sommario

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I nuovi arrivati 155I Berlusconi, i Benetton, i Caltagirone

La bolla degli immobiliaristi 170Puri Negri, Zunino e l’appoggio delle banche

TERZA PARTE

I dipendenti d’oro 183

Come nascono le buste paga da record 185Gamberale e la società Autostrade, Lina e l’Impregilo, Bifulco e la Lottomatica

Quando lo stipendio lo decide il ministro 196Scaroni e l’Eni, Cimoli e l’Alitalia, Catania e le Ferrovie dello Stato

Azionisti poveri, manager ricchi 212Tatò, Conti e l’Enel; Tabacchi, Vedovotto e la Safilo; Colaninno, Sabelli e la Piaggio; i fratelli Moratti, la Saras e l’Inter

EPILOGO 237

Questioni di stile 239Dal caso di Luca Luciani alla vicenda Marcegaglia: voci dalla blogosfera

Post scriptum 257Andrea Pininfarina, un imprenditore

PER SAPERNE DI PIÙ 259

Gli stipendi in rete 261

La classifica dei manager più pagati 263

Ringraziamenti 269

Indice dei nomi 271

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A Matteo e Carlotta

A Debora

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- Ho studiato matematica, signor Galilei.- Questo può tornarci utile, se vi induce ad ammettere

che due e due possono anche fare quattro.Bertolt Brecht, Vita di Galileo

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Istruzioni per l’uso

Nove milioni e 427mila euro. È quanto la banca Unicredit hadato come compenso per il 2007 all’amministratore delegatoAlessandro Profumo. Non sorprende che il cinquantunennebanchiere genovese sia stato il manager italiano più pagato del-l’anno. In poco tempo ha fatto del vecchio Credito Italianouna delle più forti e innovative banche d’Europa e si è conqui-stato sul campo una eccellente reputazione professionale.

Profumo ha guadagnato oltre 25mila euro al giorno. Secon-do l’Ires, il centro studi della Cgil, nel 2007 i lavoratori dipen-denti italiani hanno percepito in media 24.890 euro lordi.Dunque il numero uno dell’Unicredit ha incassato ogni gior-no quanto un lavoratore medio in un anno. Un normale ope-raio o impiegato, per mettere insieme quanto Profumo in do-dici mesi, dovrebbe lavorare 365 anni. In altri termini, una di-nastia di lavoratori medi impiegherebbe almeno dieci genera-zioni a pareggiare il conto.

Nel 2007 i profitti del gruppo Unicredit sono cresciuti del9 per cento, il dividendo distribuito agli azionisti dell’8 percento, mentre il valore di mercato delle azioni è sceso del 17per cento. La retribuzione di Profumo è invece aumentata del39 per cento.

Per la Borsa di Milano il 2007 è stato negativo. L’indiceMibtel, che misura il valore di mercato delle azioni quotate,ha perso il 7,8 per cento. I cento manager più pagati hannoavuto invece, secondo la classifica pubblicata da «Il Sole 24

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Ore», un aumento retributivo del 17 per cento sull’annoprecedente (circa otto volte l’inflazione) e hanno messo in-sieme in tutto 403 milioni di euro, in media 4 milioni a te-sta. Anche nel 2006 i compensi dei cento manager più pa-gati erano cresciuti del 17 per cento rispetto all’anno prece-dente. Perché?

Questo libro si propone di entrare in un mondo che soli-tamente predilige il segreto ed evita, per quanto possibile, dimostrare i suoi comportamenti ed esporli alla discussione.Un mondo che ama farsi scudo del latinorum della finanza,fatto di parole inglesi roboanti, di fronte alle quali è difficilenon sentirsi inadeguati. Chi sgrana gli occhi davanti a espres-sioni come equity swap, stock option o due diligence fatica asentirsi legittimato alla critica. Chi resta interdetto di fronteal gergo bilancistico, e comincia a barcollare quando gli ven-gono snocciolati il margine operativo lordo, le parti correla-te, l’ammortamento e l’immobilizzazione immateriale, o si-gle come ebit, ebitda e roe, penserà che questa non è cosa perlui. Invece i concetti base della vita economica sono sempli-cissimi. Quando qualcuno vende qualcosa a qualcun altro(un oggetto, un servizio o il proprio lavoro), ci sono tre pos-sibilità: o fanno un buon affare entrambi, o uno rifila il bi-done all’altro, o tutti e due fanno una fesseria. I capitanid’industria, comprensibilmente, accreditano sempre la primaipotesi, salvo quando litigano e finiscono in tribunale, e allo-ra confessano che si è verificata la seconda. La terza ipotesi èpoi più frequente di quanto non si creda, e i due che hannofatto la fesseria cercano il modo di farla pagare a qualcun al-tro. Tutto qui, e niente paura.

Questo viaggio nel capitalismo italiano, raccontato attraver-so le retribuzioni dei manager e dei loro «padroni», è basato sudati ufficiali e pubblici, analizzati secondo una logica pura-mente economica, relegando tra i sottintesi la convinzione chealla base di ogni fatto economico e sociale ci sia anche, sem-pre, una questione etica.

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Una nuova oligarchia

I super stipendi sono la manifestazione di un nuovo potereeconomico. Non la più importante, ma la più evidente. Bastipensare al caso di Bob Nardelli, numero uno della Home De-pot, colosso americano della distribuzione di elettrodomesticie articoli per la casa. Nardelli si è dimesso all’inizio del 2007travolto dalle polemiche sulla discrepanza tra i suoi emolu-menti (124 milioni di dollari in sei anni) e i risultati raggiunti.Si è preso una liquidazione di 210 milioni di dollari. In totalequindi ha incassato 334 milioni di dollari (più di 200 milionidi euro) per sei anni di lavoro durante i quali le azioni HomeDepot hanno perso il 5 per cento del valore.

Nei paesi sviluppati è in corso la sostituzione della vecchiaclasse dominante dei «padroni» con una nuova oligarchia dipoche decine di migliaia di individui: i manager delle societàquotate in Borsa. L’idea di una democrazia economica basatasull’azionariato diffuso sembra rivelarsi un’illusione. Per unverso i capitali sono molto concentrati. Secondo i calcoli delbanchiere-economista francese Jean Peyrelevade,1 10-12 mi-lioni di individui (lo 0,2 per cento della popolazione mondia-le) detengono la metà del patrimonio finanziario dell’umanità.Questo piccolo gruppo di «veramente ricchi» risulta però trop-po numeroso e disperso per pesare davvero sul governo delleaziende: non dispone di sufficienti informazioni e comunquenon ha modo di farsi sentire davvero.

Il tema ormai tiene banco sui giornali di tutto il mondo. InItalia è stato considerato finora demagogico. Lo stesso Profu-mo ha spiegato durante un convegno: «Anche mia madre,quando legge le cifre del mio stipendio, mi chiama per lamen-tarsi che guadagno troppo. (...) Ma se affrontiamo queste pro-blematiche in modo populista non avremmo aziende che cre-scono e che creano ricchezza. Io potrei andare a lavorare all’e-stero domani, credo senza grandi problemi. È giusto che siapagato con uno stipendio in linea con i manager di altre azien-de che fanno il mio stesso mestiere».

Istruzioni per l’uso 9

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Ma davvero strapagare i top manager consente di avere«aziende che crescono e che creano ricchezza»? Negli Stati Uni-ti la risposta è arrivata nel 2004 dal libro di due importantistudiosi di diritto societario, Lucian Bebchuk e Jesse Fried, dicui basta citare il titolo: Stipendio senza risultati. Le promessemancate delle retribuzioni dei manager.2

La formula «stipendio senza risultati» si può applicare ancheall’Italia, dove le retribuzioni dei manager sembrano averstrappato ai salari operai di un tempo il titolo di «variabile in-dipendente»: crescono senza alcun rapporto con il costo dellavita e con i progressi delle aziende. Secondo una ricerca dellasocietà di consulenza Watson Wyatt, condotta su 230 aziendeitaliane, nel 2006 solo il 7 per cento dei manager non ha otte-nuto il premio di risultato, cioè quella parte variabile della re-tribuzione che dipende dal raggiungimento di determinatiobiettivi. Il 93 per cento dei manager ha raggiunto i traguardifissati e ha intascato il bonus. Sandro Catani, capo della Wat-son Wyatt per l’Italia, ha dichiarato al settimanale «Il Mondo»:«Non è credibile che a capo delle aziende italiane ci sia un’in-tera categoria così talentuosa. In sostanza credo che in Italia ibonus vengano distribuiti più per rango che per merito, aglialti livelli è quasi obbligatorio dare un premio. Il variabile è di-ventato una specie di fisso, un valore di fatto permanente nel-la retribuzione».

I condottieri della crescita zero

Le statistiche sull’economia italiana parlano chiaro: la cosiddet-ta «crescita zero» si presenta come una tendenza strutturale. Neldecennio 1997-2007 il prodotto interno lordo (pil) dell’Italia ècresciuto mediamente dell’1,1 per cento all’anno, quello del-l’Europa dell’1,8 per cento. Il nostro pil pro capite è nettamen-te sotto la media europea e superiore solo a quello di Grecia ePortogallo. La produttività del lavoro nell’industria, cioè la ric-chezza creata dal singolo lavoratore nell’unità di tempo, è fer-ma dal 1995, mentre negli Stati Uniti è cresciuta nello stesso

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periodo mediamente del 3,1 per cento all’anno. L’Italia stacreando molti posti di lavoro, ma di bassa qualità. Da vent’an-ni gli investimenti industriali italiani aumentano a un ritmoche è la metà della media europea. Non ci sono «aziende checrescono»: le imprese con oltre mille dipendenti erano 455 nelcensimento del 1991, sono diventate 548 in quello del 2001,ma il numero medio degli occupati è diminuito, il che significache le grandi imprese – decisive per trainare il Paese – sonosempre meno grandi.

Dal 2000 al 2007 la produzione industriale è diminuita del4 per cento. La quota italiana delle esportazioni mondiali è sce-sa negli ultimi dieci anni dal 4,3 al 3,7 per cento (la Germania,pur assediata come tutti dalla concorrenza cinese, è riuscita asalire dal 9,2 al 9,6 per cento). Non si investe in ricerca e a nonspendere sono le aziende. Secondo gli ultimi dati calcolati dallaConfindustria, lo Stato italiano stanzia per la scienza, in rap-porto al pil, più della Spagna e dell’Irlanda (due economie for-tissime) e quanto Olanda, Gran Bretagna e Giappone. Invecegli imprenditori investono nei laboratori di ricerca la metà deicolleghi inglesi, olandesi e irlandesi, e un quinto rispetto aigiapponesi.

Il risultato è stato descritto dal governatore della Banca d’I-talia, Mario Draghi, in un discorso all’Università di Torino il26 ottobre 2007: «Il recente aumento dell’occupazione si è as-sociato a una minore produttività del lavoro: è diminuito ilritmo di crescita dell’intensità di capitale, sono divenute pro-fittevoli occupazioni a basso valore aggiunto». Contrariamentea quello che si sente spesso raccontare, negli ultimi dieci anniil costo del lavoro in Italia è cresciuto meno della media euro-pea. È ancora Draghi che parla: «I livelli retributivi sono inItalia più bassi che negli altri principali paesi dell’Unione Eu-ropea».

Altri dati impressionanti vengono da uno studio di Medio-banca su un campione di 2015 grandi aziende. Il valore ag-giunto prodotto dalle imprese private è sceso dal 27,6 per cen-to del fatturato nel 1997 al 22,7 nel 2006. Chi non avesse

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chiaro il concetto di valore aggiunto può aiutarsi con questoesempio: nel 1997 un paio di scarpe vendute a 100mila lire neerano costate 73mila tra salari e materie prime, e c’era un mar-gine di 27mila lire creato dal lavoro di trasformazione fatto infabbrica; nel 2006 lo stesso paio di scarpe, venduto a 100 eu-ro, è costato 78 euro tra salari e materie prime, e il margine divalore creato dal lavoro non ha superato i 22 euro. In altri ter-mini, il valore aggiunto al costo di materie prime e salari si èridotto, in dieci anni, di quasi un quarto. Vuol dire che il lavo-ro degli italiani crea meno valore.

Inoltre, escludendo il comparto energia, avvantaggiato daiprofitti generati dal caro-petrolio, il complesso delle aziendemanifatturiere e dei servizi ha avuto nel 2006 un rendimentonetto del capitale inferiore al costo medio del capitale stesso.Semplificando, significa che si prendono soldi in banca, li siinvestono e si produce un guadagno che non basta neppure apagare gli interessi. Gli analisti di Mediobanca sintetizzano ilfatto in una formula agghiacciante: «Distruzione di valore».

Le due Italie

Il tema dei «costi della politica», che da qualche anno appassio-na il Paese, fa riferimento a un onere per la comunità nazionalestimato in 4 miliardi di euro all’anno. Confrontiamo questodato con un altro. Le famiglie italiane avevano al 31 dicembre2007, secondo i calcoli della Banca d’Italia e di Borsa italiana,investimenti diretti in Borsa (senza contare i fondi comunid’investimento) per almeno 200 miliardi di euro. Nei primi seimesi del 2008, quando l’indice Mibtel ha perso oltre il 20 percento, è ragionevole stimare che gli italiani che hanno investitoi loro soldi nelle aziende quotate abbiano perso almeno 40 mi-liardi di euro, dieci volte i costi della politica. E peraltro dal2000 al 2006 il numero delle famiglie con investimenti in Bor-sa e in fondi comuni, anziché crescere, è sceso dal 21 al 14 percento del totale: si è dissolto un terzo del fenomeno da tutticonsiderato decisivo per la modernizzazione del capitalismo.

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Il 31 maggio 2008, leggendo le sue «Considerazioni finali»all’assemblea annuale della Banca d’Italia, Draghi ha descrittol’esistenza di due Italie: quella delle imprese che vanno avantie quella delle imprese sedute: «Il nodo della produttività nonsi scioglie, da più di dieci anni. Nonostante le difficoltà inter-pretative causate da un quadro statistico in movimento, anchenegli ultimi due anni si conferma un divario nella dinamicadella produttività rispetto ai nostri principali concorrenti. Leimprese esposte alla concorrenza internazionale non sono ri-maste inerti. Come segnalammo in questa sede lo scorso anno,parti del sistema produttivo hanno iniziato a ristrutturarsi. (...)Ma nel complesso del sistema produttivo, gran parte del qualeè al riparo dalla concorrenza internazionale, la produttivitàmedia ancora non progredisce. È essenziale che le imprese pro-seguano nel rinnovamento strutturale. Non è difendendo mo-nopoli o protezioni che, alla lunga, si genera ricchezza: ma in-vestendo, innovando, rischiando».

Che ci sia una borghesia industriale che non investe, noninnova e non rischia, lo vedono tutti, lavoratori e disoccupati,padri e figli. E non solo perché i soldi a fine mese non bastanopiù. C’è un fenomeno che le statistiche non misurano: chi unlavoro ce l’ha ammette di trarne sempre meno soddisfazione.Sempre più spesso i lavoratori accusano chi comanda di «pen-sare ad altro». Il declino italiano viene di norma attribuito aglieterni difetti nazionali, genericamente. Ma come non chieder-si se non dipenda anche dai limiti dell’imprenditoria? Questolibro parla di un capitalismo sempre meno capace di generarericchezza, costretto a giocare in difesa per puntellare un siste-ma di potere morente.

1 J. Peyrelevade, Capitalismo totale, Isbn, Milano 2008.2 L. Bebchuk, J. Fried, Pay without Performance. The Unfulfilled Promise

of Executive Compensation, Harvard University Press, Cambridge (MA)2004.

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I numeri fanno impressione. Mentre la Borsa nel 2007 ha persol’8 per cento circa, gli stipendi dei manager sono saliti del 17per cento. Idem per il 2006. Intanto le retribuzioni medie deilavoratori non crescono e sono tra le più basse d’Europa.Aumento di stipendio senza risultati: ecco la nuova formula delcapitalismo vincente. Se l’Impregilo nel 2004 e nel 2005 haperso centinaia di milioni, l’amministratore delegato PierGiorgio Romiti ha ricevuto negli stessi anni compensi per piùdi 2 milioni di euro. COSÌ FAN TUTTI. Manager, banchieri ecapitani d’industria restano immuni da responsabilità. Se c’èqualcosa che non va la colpa è sempre della politica o delmercato internazionale.Questo è un viaggio nel capitalismo italiano raccontatoattraverso le retribuzioni (e le prestazioni) della nostra classedirigente. Un sistema granitico, di signorie e vassallaggi. I nomisono sempre gli stessi da anni: Ligresti, Pesenti, Berlusconi,Tronchetti Provera, Moratti, Agnelli, Colaninno, Romiti, DeBenedetti, Caltagirone, Benetton... E poi c’è Mediobanca,l’epicentro del potere finanziario da sempre, la scatola nera delprivilegio.La parola chiave è una sola: obbedienza. Allora lo stipendiomilionario è assicurato. Come insegna la saga infinita deidirigenti pubblici, spostati da una parte all’altra, sempre conbuonuscite record, e dopo aver accumu lato, molto spesso,perdite disastrose. E quella dei capitalisti senza capitali, checontrollano una società con un’altra società, un’altra ancora,un’altra... Così hanno diritto a pochi dividendi, ma il potere èloro, basta una firma ed ecco che scatta il compenso d’oro.La politica si può criticare. Ma guai a criticare loro, gli im-prenditori. Guai a criticare Confindustria, oggi governata daEmma Marcegaglia. Eppure almeno una domanda va fatta: per-ché se Confindustria Sicilia decide di espellere chi paga il pizzolo stesso trattamento non vale per chi ammette di aver pagatotangenti? Nel marzo 2008 Antonio Marcegaglia, numero unodella Marcegaglia Spa, ha patteggiato undici mesi di reclusione,pena sospesa, per corruzione.

Gianni Dragoni è inviato de “Il Sole 24 Ore”. Si occupa ditemi legati all’industria pubblica, le privatizzazioni, i bilancidelle società di calcio. Cura la rubrica PAY WATCH, cheanalizza le retribuzioni dei manager delle società quotate.

Giorgio Meletti è responsabile della redazione economica delTg La7. Ha lavorato al “Corriere della Sera”, dove si èoccupato in prevalenza dell’industria pubblica e degli incrocitra economia e politica. Ha curato con Luca De Biase,BIDONE.COM (Fazi 2001), storia della bolla internetall’italiana.

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LAPAGADEIPADRONI

14,60Progetto grafico: David Pearsonwww.davidpearsondesign.com

BANCHIERI, MANAGER, IMPRENDITORI. COMEE QUANTO GUADAGNANO I PROTAGONISTIDEL CAPITALISMO ALL’ITALIANA

LA PAGADEIPADRONI

Gianni DragoniGiorgio Meletti

“MI SONO LIMITATO A DIRE QUELLO CHE PENSO ECHE MOLTI DOVREBBERO GIÀ SAPERE... È INUTILEPICCHIARE SU CHI STA ALLA LINEA DI MONTAGGIOPENSANDO DI RISOLVERE I PROBLEMI... QUANDOSI PERDONO 3 MILIONI DI EURO AL GIORNO EUNO PENSA CHE SIA COLPA DEGLI OPERAI, VUOL

DIRE CHE HA SALTATO QUALCHE PONTE SULLA SUA

STRADA.”

Sergio Marchionne, amministratore delegatodella Fiat, “la Repubblica”, settembre 2006.