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La crisi in Grecia Aperta da Fabio Colasanti il 26 Gennaio 2015 (fino al 9 marzo 2015)) Mesi fa, ho aperto una discussione sulla vittoria storica di Syriza alle elezioni greche. Pensavo si trattasse di una discussione che avrebbe potuto essere chiusa in non più di tre settimane, ma le cose si sono rivelate molto più complesse. Ne modifico anche il titolo in "La crisi in Grecia". Qui di seguito riporto il testo di introduzione iniziale La vittoria di Syriza significa tante cose, ma è soprattutto il rigetto di un programma di aggiustamento (definito spesso con il termine di "austerità", anche se il termine è impreciso e fonte di confusione) gestito molto male, in maniera socialmente iniqua e, soprattutto, gestito senza voler incidere veramente sui tanti problemi della società greca a cominciare dal più grosso: l'evasione fiscale, resa possibile da mille scappatoie legali a favore di gruppi privilegiati, da un'opinione pubblica che non considera il pagare le tasse come un dovere civico e da un'amministrazione fiscale di un'incompetenza e di una corruzione senza pari in Europa. Syriza ha vinto alla grande. Per fortuna, anche sua, non ha raggiunto la maggioranza assoluta e questo aprirà degli spazi per Alexis Tsipras per definire un programma di governo della coalizione più realista degli slogan della campagna elettorale. Un commentatore greco di passaggio a Bruxelles mercoledì scorso ha dichiarato pubblicamente che le campagne elettorali greche sono caratterizzate da uno scarto molto forte tra le promesse elettorali e le realizzazioni che le seguono e che le varie anime di Syriza hanno dichiarato durante la campagna elettorale cose talmente diverse che qualsiasi cosa Tsipras decida di fare quando sarà al governo, il partito potrà sempre far riferimento a qualcuno che l'aveva annunciato prima delle elezioni. Come possibili alleati si vedono "To Potami" (sinistra, ma sinistra troppo pro- mercato e pro-UE per molti membri di Syriza) o i "Greci indipendenti" (formazione nazionalista di destra, ma molto anti-troika, molto anti-austerità). Il governo Syryza ha qualche margine di manovra, ma non molto. Il governo precedente era riuscito a quasi annullare il disavanzo, ma la Grecia aveva già difficoltà a rivelgersi al mercato dei capitali, l'aveva fatto in maniera limitata e per scadenze brevi. Sui titoli a dieci anni la Grecia dovrebbe pagare un tasso di interesse del nove per cento (impensabile) o chiedere nuovi prestiti ai paesi europei. Dal 2010 al 2014 la Grecia ha accumulato disavanzi di bilancio (nuovo debito) per 88 miliardi di euro. Questi soldi sono venuti dai partner europei e, in piccolissima parte, da emissioni di titoli a uno o due anni. Penso che i margini di manovra che il governo avrà dovranno essere utilizzati per delle misure sociali urgenti. Syriza ha annunciato misure in questo campo e spero che le realizzi. Ma l'altra priorità è fare qualcosa per riorganizzare l'apparato produttivo. La Grecia ha un disperato bisogno di concorrenza, è una società molto più corporativa dell'Italia e ha una struttura industriale fatiscente. I salari negli ultimi anni sono scesi, anche molto, senza che questo si sia tradotto in un aumento forte delle esportazioni e della produzione. Come l'Italia ha visto una delocalizzazione verso la Svizzera, l'Austria e la Slovenia, così la Grecia ha visto una certa delocalizzazione verso la Bulgaria dove gli imprenditori trovano un "contorno" migliore ! La Grecia continua ad utilizzare poco e male i fondi europei nonostante il fatto che l'Unione europea abbia ridotto il cofinanziamento nazionale dei progetti dal 50 al 5 per cento. Il fisco continua a non funzionare. Il turismo, l'unica grossa risorsa greca non va male, ma ha una parte più grande che negli altri paesi di piccoli esercizi dai quali lo stato incassa poche tasse, quindi anche la ripresa di questo settore, non fa molto per le finanze pubbliche. Passata la festa, Syriza dovrà confrontarsi con la durissima realtà greca. Stiamo a vedere. Dietro ogni riflessione sulle prospettive greche c'è anche il fatto che nel 2010, 2011 e ancora nel 2013, l'Italia ha emesso titoli sul mercato per circa 34 miliardi di euro e ha trasferito la liquidità così raccolta alla Grecia (in parte direttamente e in parte attravero il fondo salva-stati). Con questi soldi la Grecia ha liquidato i detentori dei suoi titoli, ha negoziato la cancellazione di 70 miliardi del suo debito e ha finanziato i suoi disavanzi annuali. I titoli emessi dall'Italia scadranno in media tra 12/15 anni. Come saranno rimborsati? Da rimborsi greci o dalle tasse degli italiani? Visualizzazioni: 10 107 Risposte a questa discussione Risposto da Mario Pizzoli su 26 Gennaio 2015 a 8:14

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La crisi in Grecia Aperta da Fabio Colasanti il 26 Gennaio 2015 (fino al 9 marzo 2015))

Mesi fa, ho aperto una discussione sulla vittoria storica di Syriza alle elezioni greche. Pensavo si trattasse di una discussione che avrebbe potuto essere chiusa in non più di tre settimane, ma le cose si sono rivelate molto più complesse. Ne modifico anche il titolo in "La crisi in Grecia". Qui di seguito riporto il testo di introduzione iniziale La vittoria di Syriza significa tante cose, ma è soprattutto il rigetto di un programma di aggiustamento (definito spesso con il termine di "austerità", anche se il termine è impreciso e fonte di confusione) gestito molto male, in maniera socialmente iniqua e, soprattutto, gestito senza voler incidere veramente sui tanti problemi della società greca a cominciare dal più grosso: l'evasione fiscale, resa possibile da mille scappatoie legali a favore di gruppi privilegiati, da un'opinione pubblica che non considera il pagare le tasse come un dovere civico e da un'amministrazione fiscale di un'incompetenza e di una corruzione senza pari in Europa. Syriza ha vinto alla grande. Per fortuna, anche sua, non ha raggiunto la maggioranza assoluta e questo aprirà degli spazi per Alexis Tsipras per definire un programma di governo della coalizione più realista degli slogan della campagna elettorale. Un commentatore greco di passaggio a Bruxelles mercoledì scorso ha dichiarato pubblicamente che le campagne elettorali greche sono caratterizzate da uno scarto molto forte tra le promesse elettorali e le realizzazioni che le seguono e che le varie anime di Syriza hanno dichiarato durante la campagna elettorale cose talmente diverse che qualsiasi cosa Tsipras decida di fare quando sarà al governo, il partito potrà sempre far riferimento a qualcuno che l'aveva annunciato prima delle elezioni. Come possibili alleati si vedono "To Potami" (sinistra, ma sinistra troppo pro-mercato e pro-UE per molti membri di Syriza) o i "Greci indipendenti" (formazione nazionalista di destra, ma molto anti-troika, molto anti-austerità). Il governo Syryza ha qualche margine di manovra, ma non molto. Il governo precedente era riuscito a quasi annullare il disavanzo, ma la Grecia aveva già difficoltà a rivelgersi al mercato dei capitali, l'aveva fatto in maniera limitata e per scadenze brevi. Sui titoli a dieci anni la Grecia dovrebbe pagare un tasso di interesse del nove per cento (impensabile) o chiedere nuovi prestiti ai paesi europei. Dal 2010 al 2014 la Grecia ha accumulato disavanzi di bilancio (nuovo debito) per 88 miliardi di euro. Questi soldi sono venuti dai partner europei e, in piccolissima parte, da emissioni di titoli a uno o due anni. Penso che i margini di manovra che il governo avrà dovranno essere utilizzati per delle misure sociali urgenti. Syriza ha annunciato misure in questo campo e spero che le realizzi. Ma l'altra priorità è fare qualcosa per riorganizzare l'apparato produttivo. La Grecia ha un disperato bisogno di concorrenza, è una società molto più corporativa dell'Italia e ha una struttura industriale fatiscente. I salari negli ultimi anni sono scesi, anche molto, senza che questo si sia tradotto in un aumento forte delle esportazioni e della produzione. Come l'Italia ha visto una delocalizzazione verso la Svizzera, l'Austria e la Slovenia, così la Grecia ha visto una certa delocalizzazione verso la Bulgaria dove gli imprenditori trovano un "contorno" migliore ! La Grecia continua ad utilizzare poco e male i fondi europei nonostante il fatto che l'Unione europea abbia ridotto il cofinanziamento nazionale dei progetti dal 50 al 5 per cento. Il fisco continua a non funzionare. Il turismo, l'unica grossa risorsa greca non va male, ma ha una parte più grande che negli altri paesi di piccoli esercizi dai quali lo stato incassa poche tasse, quindi anche la ripresa di questo settore, non fa molto per le finanze pubbliche. Passata la festa, Syriza dovrà confrontarsi con la durissima realtà greca. Stiamo a vedere. Dietro ogni riflessione sulle prospettive greche c'è anche il fatto che nel 2010, 2011 e ancora nel 2013, l'Italia ha emesso titoli sul mercato per circa 34 miliardi di euro e ha trasferito la liquidità così raccolta alla Grecia (in parte direttamente e in parte attravero il fondo salva-stati). Con questi soldi la Grecia ha liquidato i detentori dei suoi titoli, ha negoziato la cancellazione di 70 miliardi del suo debito e ha finanziato i suoi disavanzi annuali. I titoli emessi dall'Italia scadranno in media tra 12/15 anni. Come saranno rimborsati? Da rimborsi greci o dalle tasse degli italiani? Visualizzazioni: 10 107

Risposte a questa discussione

Risposto da Mario Pizzoli su 26 Gennaio 2015 a 8:14

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Analisi molto dettagliata, di cui ti ringrazio Fabio. Sai sempre dare un'ottimo spunto alle discussioni. Vedo, nella vittoria di Tsipras, la voglia di cambiare, che alla luce delle passate amministrazioni può anche essere un bene, a patto che metta in atto una serie di riforme non punitive ma certamente indispensabili come quelle che hai citato. Potrà essere un buon "esperimento" per coloro che hanno visto in questo evento una vittoria della "sinistra dura e pura, rivoluzionaria", che però dovrà, come in tutte le favole, tornare ad essere realistica e di Governo, non solo di lotta. E governare è molto più complicato che essere all'opposizione. Per tutti. My two cents PS Repubblica accredita l'intesa, per governare, non con la sinistra filo europea, ma con la destra anti-europa. Piacerà ai duropuristi che hanno cantato bella ciao?

Risposto da Cristina Favati su 26 Gennaio 2015 a 10:01 Riporto qui un contributo di Ezio Ferrero su FB: Nel caso in cui fosse sfuggito, comunico ai tanti tifosi italici di Syriza che la sua vittoria alle elezioni avviene in un sistema con le seguenti regole 1) Parlamento MONOCAMERALE 2) Sistema sostanzialmente proporzionale con PREMIO DI MAGGIORANZA FISSO DI 50 SEGGI (su 300) AL PRIMO PARTITO, INDIPENDENTEMENTE DALLA PERCENTUALE CONSEGUITA (basta prendere un voto in più del 2^ partito). Quindi con una percentuale anche inferiore al 40% si ha la maggioranza assoluta dell'UNICA Camera 3) SOGLIA DI SBARRAMENTO al 3% 4) Nel caso in cui il parlamento sia stato sciolto a seguito della mancata elezione del Presidente della Repubblica (come è in questo caso), alla prima votazione il quorum è 60%, alla 2^ votazione il quorum è la maggioranza assoluta (151 voti). Ossia chi ha vinto le elezioni con circa i 40% può eleggersi il PdR DA SOLO 5) L'affluenza alle urne risulta essere intorno al 60%. Usando il ragionamento fatto molte volte in Italia in questi mesi, che rapporta le percentuali dei voti agli aventi diritto piuttosto che ai votanti, se Syriza prendesse il 38% (con il quale probabilmente avrebbe la maggioranza assoluta), vorrebbe dire che con il voto di circa il 23% degli aventi diritto governerebbe da sola e potrebbe eleggere il PdR da sola. Non vi sembra questo un sistema MOLTO SIMILE a quello che tanto aborrite in discussione nel Parlamento italiano? Vale anche per la Grecia di Syriza vincente che tale sistema è una "torsione del sistema democratico"?

▶ Risposto da Cristina Favati su 26 Gennaio 2015 a 10:14

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Risposto da Cristina Favati su 26 Gennaio 2015 a 10:34 6 gennaio 2015 Il Sole 24 Ore ATENE - Dopo le celebrazioni dei militanti di Syriza e dei sostenitori internazionali, tra cui un migliaio di italiani della “Brigata Kalimera” composta tra gli altri da Luciana Castellina del Manifesto, è il momento della politica e delle strategie. Alexis Tsipras, 41 anni, si muove in fretta per creare il governo, che secondo fonti di Syriza potrebbe essere formato già mercoledì. Avendo ottenuto 149 seggi, due in meno della maggioranza assoluta, Tsipras vedrà stamattina Panos Kammenos, leader della formazione di destra anti-Memorandum Greci Indipendenti (13 seggi), che secondo i media ellenici è il probabile partner di coalizione. Kammenos ha dato nel corso di una conferenza stampa ai giornalisti internazionali tenuta a Zappeio, subito dopo i risultati, la sua disponibilità a sostenere, anche dall'esterno, l'esecutivo di Tsipras in funzione anti-Memorandum, cioè contro le richieste di rigore della troika in rappresentanza dei creditori internazionali.

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L'ultima volta la troika aveva richiesto ad Atene 19 misure di austerity che l'ex premier Antonis Samaras si era rifiutato di accettare in toto, portando all'aggiunta di due mesi di trattative in attesa del nuovo esecutivo. Una trattativa che ora si mostra molto complessa per “the men in black”, gli “uomini in nero”, come vengono chiamati popolarmente gli uomini della troika. Kammenos è un uomo di destra e potrebbe chiedere una stretta sull'immigrazione clandestina. Il partito dei Greci indipendenti è una “costola” di Nea Dimokratia che si era staccata proprio sul tema dell'austerity che questa frangia non voleva accettare per dignità nazionale. Sullo sfondo resta anche la possibilità di un'intesa con To Potami, formazione ideologicamente più affine con Syriza ma contraria a rinegoziare il Memorandum d’intesa con la troika. Mi chiedo cosa diranno ora coloro che tanto aborriscono il patto del Nazareno.

Risposto da Cristina Favati su 26 Gennaio 2015 a 10:40 Risultato finale delle elezioni in Grecia: affluenza 63.9%, Syriza sfiora la maggioranza assoluta e distacca Nuova Democrazia di 9 punti, Alba Dorata terzo partito, il partito storico Pasok quasi scompare. Si conferma come nei momenti di cambiamento politico risulti determinante quasi sempre la "classe media" (quella che qualcuno definirebbe "borghesia") che anche Tsipras dovrà cercare di non deluderehttp://espresso.repubblica.it/…/elezioni-in-grecia-la-class… Infine per governare Syriza dovrà cercare un'alleanza di coalizione o addirittura di larghe intese (col partito di centro-destra degli indipendentisti di Kammenos). Il tutto entro tre giorni dal conferimento dell'incarico di formare il governo (pena il passaggio dell'incarico prima a ND e poi ad Alba Dorata).

Infine per governare Syriza dovrà cercare un'alleanza di coalizione o addirittura di larghe intese (col partito di centro-destra degli indipendentisti di Kammenos). Il tutto entro tre giorni dal conferimento dell'incarico di formare il governo (pena il passaggio dell'incarico prima a ND e poi ad Alba Dorata).

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 10:53 Da stamattina alle otto sto facendo cose manuali e ho la radio accesa (Radio 3). "Prima Pagina" aveva una conduttrice greca e "Tutta la città ne parla" ha intervistato vari greci. Il campione è piccolo, ma mi ricorda gli scambi con tanti conoscenti e amici greci. Il sentimento che prevale è un misto di orgoglio nazionale ferito, giusta preoccupazione per le conseguenze sociali delle misure prese dai governi greci degli ultimi anni e speranza. Al tempo stesso ci ho ritrovato tanti errori fondamentali che inquinano l'idea della crisi che si sono fatti i greci: a) l'idea che l'accumulo dell'enorme debito pubblico sia stato dovuto unicamente alle ruberie dei politici; b) che l'Europa avrebbe prima permesso ai greci di "falsificare" i conti e che poi li avrebbe puniti in maniera molto severa (affermazione ripetuta dalla conduttrice di Prima Pagina); c) che i debiti siano nei confronti di una non ben identificata "comunità finanziaria" e che il loro taglio non faccia male a nessuno.

Risposto da Cristina Favati su 26 Gennaio 2015 a 11:01 http://www.lettera43.it/economia/macro/39823/atene-colpevoli-evasio... Un interessante articolo sulle cause della crisi greca.

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 11:08

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Cristina, grazie. Metto in risalto questo paragrafo dell'articolo che hai postato. "Su una popolazione di circa 11 milioni e 300 mila abitanti, in Grecia solo 15 mila persone dichiaravano un reddito annuo superiore a 100 mila euro (33 contribuenti sopra i 900 mila euro).Chi, come l'ex funzionario del ministero dell'Economia Diomidis Spinellis ha tentato di creare un team anti-evasione e una mappa informatica degli evasori ellenici, nel 2011 è stato costretto alle dimissioni, ufficialmente per «motivi personali». «È mancato il coraggio politico, si continua a frodare lo Stato», ha dichiarato l'ingegnere informatico, raccontando come, da anni, in Grecia sia in vigore il meccanismo di riscossione del «40%, 40% e 20%». Grazie a un diffuso sistema di mazzette intascate dagli agenti del fisco, gli esattori avrebbero infatti praticato uno sconto del 40% sul prelievo dei contribuenti, dopo aver detratto dall'importo un altro 40% a uso e consumo personale, facendo approdare solo il 20% delle tasse nelle casse del governo. Così, ogni anno, il totale dei soldi sottratti dagli evasori greci allo Stato ammonterebbe ad almeno 13 miliardi di euro: circa il 5% del Pil. " Cristina Favati ha detto: http://www.lettera43.it/economia/macro/39823/atene-colpevoli-evasio... Un interessante articolo sulle cause della crisi greca.

Risposto da Lauro Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 11:15 Anch'io pensavo che un netto successo di Syriza senza però la maggioranza dei seggi fosse il risultato migliore (punizione dei 2 partiti responsabili degli ultimi 30 anni della politica greca, possibilità per Tsipras di salvare più facilmente la faccia quando dovrà ridimensionare le promesse elettorali attribuendo la responsabilità ai partner di governo). La notizia di questa mattina che il primo incontro per provare a formare un governo di coalizione Tsipras lo avrà con Kammenos (leader dei Greci indipendenti) e non con Theodorakis (leader di To potami) è molto scoraggiante. I greci indipendenti sono una costola di Nea Democrazia staccatasi circa 4 anni fa con un programma di destra, molto nazionalista, molto populista, molto anti europeo e anti troika. To potami (il fiume) è una nuova formazione nata meno di un anno fa da personaggi non direttamente impegnati nella politica, ma che provengono genericamente dalla diaspora del PASOK, il loro programma è riformista, anti austerità, ma fortemente europeista. Theodoraki dice che non potrà essere in un governo con partiti antieuropei. Kammenos che non sarà al governo con to potami. Se la scelta di Tsipras è per Kammenos sarà più difficile mitigare lo scontro con "gli europei", più difficile avviare riforme strutturali. Del resto se la scelta è per to potami e per seguitare con alcune forme di rigore chissà se non spunterà all'interno della molto variegatata formazione di Syriza qualche duro e puro... Lo spettro di nuove elezioni non è totalmente scomparso.

Risposto da Mario Pizzoli su 26 Gennaio 2015 a 11:51 Programma ambizioso, soprattutto, considerando i numeri, difficile da finanziare. I proventi della lotta all'evasione, molto difficile da mettere in atto in Grecia (si sa) sembra largamente insufficiente a garantire anche uno solo dei punti "promessi". Mi pare un programma populista, per certi versi, e il largo risultato figlio in parte della disperazione di molti. Non mi pare una situazione semplice. Immagino che Tsipras dovrà necessariamente rinunciare a qualcosa, specialmente in alleanza con la destra. Ma in generale direi, visto che la coperta sembra veramente troppo, enormemente, corta. Cristina Favati ha detto:

Risposto da mariella alois su 26 Gennaio 2015 a 12:23

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Benvenuto Lauro Prima delusione di Tsypras diciamo, non capisco la sua scelta che fa invece esultare M. LePen ! Possiamo escludere così la previsione di Alba Dorata, 3 partito vincente, "poi toccherà " a noi? Lauro Colasanti ha detto: Anch'io pensavo che un netto successo di Syriza senza però la maggioranza dei seggi fosse il risultato migliore (punizione dei 2 partiti responsabili degli ultimi 30 anni della politica greca, possibilità per Tsipras di salvare più facilmente la faccia quando dovrà ridimensionare le promesse elettorali attribuendo la responsabilità ai partner di governo). La notizia di questa mattina che il primo incontro per provare a formare un governo di coalizione Tsipras lo avrà con Kammenos (leader dei Greci indipendenti) e non con Theodorakis (leader di To potami) è molto scoraggiante. I greci indipendenti sono una costola di Nea Democrazia staccatasi circa 4 anni fa con un programma di destra, molto nazionalista, molto populista, molto anti europeo e anti troika. To potami (il fiume) è una nuova formazione nata meno di un anno fa da personaggi non direttamente impegnati nella politica, ma che provengono genericamente dalla diaspora del PASOK, il loro programma è riformista, anti austerità, ma fortemente europeista. Theodoraki dice che non potrà essere in un governo con partiti antieuropei. Kammenos che non sarà al governo con to potami. Se la scelta di Tsipras è per Kammenos sarà più difficile mitigare lo scontro con "gli europei", più difficile avviare riforme strutturali. Del resto se la scelta è per to potami e per seguitare con alcune forme di rigore chissà se non spunterà all'interno della molto variegatata formazione di Syriza qualche duro e puro... Lo spettro di nuove elezioni non è totalmente scomparso.

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 15:50 Lauro, sai se nel sistema elettorale greco ci sono le preferenze o se si vota semplicemente per la lista ? In ogni caso, tanto di cappello per l'effcienza istituzionale greca. Meno di 24 ore dopo la chiusura dei seggi il nuovo primo ministro ha già prestato giuramento (alla faccia del nostro rito delle "consultazioni" ...). E Alexis Tsipras è stato il primo capo di governo greco che non ha giurato sulla Bibbia. Lauro Colasanti ha detto: Anch'io pensavo che un netto successo di Syriza senza però la maggioranza dei seggi fosse il risultato migliore (punizione dei 2 partiti responsabili degli ultimi 30 anni della politica greca, possibilità per Tsipras di salvare più facilmente la faccia quando dovrà ridimensionare le promesse elettorali attribuendo la responsabilità ai partner di governo). La notizia di questa mattina che il primo incontro per provare a formare un governo di coalizione Tsipras lo avrà con Kammenos (leader dei Greci indipendenti) e non con Theodorakis (leader di To potami) è molto scoraggiante. I greci indipendenti sono una costola di Nea Democrazia staccatasi circa 4 anni fa con un programma di destra, molto nazionalista, molto populista, molto anti europeo e anti troika. To potami (il fiume) è una nuova formazione nata meno di un anno fa da personaggi non direttamente impegnati nella politica, ma che provengono genericamente dalla diaspora del PASOK, il loro programma è riformista, anti austerità, ma fortemente europeista. Theodoraki dice che non potrà essere in un governo con partiti antieuropei. Kammenos che non sarà al governo con to potami. Se la scelta di Tsipras è per Kammenos sarà più difficile mitigare lo scontro con "gli europei", più difficile avviare riforme strutturali. Del resto se la scelta è per to potami e per seguitare con alcune forme di rigore chissà se non spunterà all'interno della molto variegatata formazione di Syriza qualche duro e puro... Lo spettro di nuove elezioni non è totalmente scomparso. isposte a questa discussione

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Risposto da Fabio Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 20:24 Un commento de La Voce insieme ad una quantificazione di quanto ci deve la Grecia (la cifra è più alta di quello che avevo indicato perché la Voce include anche le quote italiane di quanto la Grecia deve al Fondo Monetario Internazionale e alla BCE). http://www.lavoce.info/archives/32594/grecia-paradosso-paura-speranza/

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 20:31 La scelta di Tsipras di allearsi con un partito nazionalista di destra è un vero peccato. Con un'alleanza con il Pasok, Syriza avrebbe potuto diventare una delle forze guida del PSE insieme al PD e ai socialisti francesi. Capisco la difficoltà di allearsi con gente responsabile dello sfascio attuale quasi tanto quanto Nea Dimokratia, ma un'alleanza con To Potami avrebbe comunque permesso la creazione di alleanze con tutti i partiti del PSE. Tsipras ha invece scelto la via dello schiaffo in faccia a tutti gli europei, di destra o di sinistra che siano. L'andare poi a deporre fiori sul luogo di un eccidio nazista come primo gesto da primo ministro non augura bene. Continuiamo a sperare

Risposto da Mario Pizzoli su 26 Gennaio 2015 a 21:11 Secondo Bertinotti, non ci sono analogie tra la situazione Italiana (Renzi) e quella Greca (Tsipras). Va tutto bene Madama la Marchesa, e perfino l'alleanza con la destra va benissima, mica come in Italia dove il patto del Nazareno equivale un accordo sull'anima... Ringraziamo ancora una volta Bertinotti sulle note di bella ciao, sperando in una sua migrazione in quel di Atene.

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Risposto da Lauro Colasanti su 26 Gennaio 2015 a 21:15 Si, si possono dare le preferenze. Tutta la Grecia è suddivisa in 56 circoscrizioni (che corrispondono alle prefetture, ma Atene, Tessalonica, e forse qualcun altra ne hanno due per prefettura); di queste 48 eleggono più seggi, le altre 8 hanno un seggio ciascuna; 12 deputati sono eletti da tutto il territorio con i resti, tra i più votati. Fabio Colasanti ha detto: Lauro, sai se nel sistema elettorale greco ci sono le preferenze o se si vota semplicemente per la lista ?

Risposto da Mario Pizzoli su 26 Gennaio 2015 a 21:19 Ecco chi è, secondo --> Repubblica l'alleato di Tsipras. A occhio difficile da gestire...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 27 Gennaio 2015 a 2:49 Interessante analogia, in parte, con la nostra situazione. Cristina Favati ha detto: http://www.lettera43.it/economia/macro/39823/atene-colpevoli-evasio... Un interessante articolo sulle cause della crisi greca.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 27 Gennaio 2015 a 3:02 La conclusione delle elezioni greche e la vittoria di Syriza mi ha portato invece a fare una considerazione sulla triste fine del Pasok; mi è tornato in mente la figura dell'utile idiota che sempre i partiti di sx hanno svolto nell'alleanza con i partiti di dx e cdx: prima il PSI di Craxi che si è illuso, per avere la supremazia, di poter gareggiare con il clientelismo e il confessionalismo della DC; poi il PCI, costretto, prima dal fattore K e poi dalla caduta del muro, a governare "ufficiosamente" sempre con la DC, e poi con i suoi epigoni, fino ad arrivare alla situazione odierna; sempre, alla fine, la sx ha fatto una brutta fine, perchè il carrierismo dei suoi dirigenti ha sempre posposto gli ideali che caratterizzano il popolo di sx, alle varie poltrone e poltroncine. Spero che, oltre al Pasok, non capiti anche a Syriza.

Risposto da Fabio Colasanti su 27 Gennaio 2015 a 9:30 Le prime misure di Syriza: - Il salario minimo passa da 450 a 751 euro (viene portato al livello spagnolo, in Portogallo è di 565 euro) Il reddito pro-capite greco è leggermente inferiore a quello portoghese, anche in parità di potere d'acquisto); - i contribuenti con arretrati fiscali otterranno uno scaglionamento nel tempo dei pagamenti (cosa ragionevole); - sembra che vogliano anche mettere fine al riesame delle condizioni di impiego nel settore pubblico; - elettricità gratis alle 300mila famiglie sotto la soglia di povertà: - riapertura della televisione di stato ERT.

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The first bill is to raise the minimum wage back to €751 and reintroduce regulations regarding collective wage bargaining, according to Kathimerini. The second draft law will focus on measures for taxpayers to be given better terms to repay overdue taxes and social security contributions. The bill foresees new payment plans, so that no more than 20%-30% of taxpayers’ annual income goes toward repaying their debts. The new government also wants to pass legislation that will end the mobility scheme and evaluation process in the civil service. This will lead to some people who have lost their jobs as a result of these measures being rehired. Other measures expected in the coming weeks are legislation that would allow some 300,000 households under the poverty threshold to receive free electricity. Tsipras is also due to push for the reopening of public broadcaster ERT, which was shut down in June 2013. The latest data suggests that the primary surplus shrank by €1.7bn in December, according to Macropolis.

Risposto da Fabio Colasanti su 27 Gennaio 2015 a 10:01 Due esempi di problemi nell'atteggiamento di molti greci. Ieri e oggi la rubrica Prima Pagina su Radio 3 ha avuto come conduttrice Viki Markaki, giornalista ed ex portavoce dell'ambasciata greca a Roma per tanti anni. Ieri la Markaki ha tranquillamente affermato che i 300 miliardi di euro del debito publico greco sarebbero dovuti alle ruberie dei politici. Questa è un'opinione comune nel popolino, ma è veramente triste sentirla ripetere da una persona che dovrebbe essere meglio informata. L'ex-ministro di vari governi socialisti Teodoro Pangalos molto più onestamente affermò: "Ce li siamo mangiati tutti assieme". Oggi la Markaki, rispondendo ad un ascoltatore che tracciava dei paralleli tra la posizione del Regno Unito e della Grecia nei confronti dell'euro (???), ha ricordato che il Regno Unito crea meno problemi, il Regno Unito non ha falsificato i conti. Ma, la Markaki ha anche aggiunto che l'Unione europea sarebbe stata troppo dura con la Grecia perché "a quei tempi truccavano i conti più o meno tutti" ! ! !

Risposto da Fabio Colasanti su 27 Gennaio 2015 a 16:11 Un ottimo commento sulle implicazioni della vittoria di Syriza: http://www.corriere.it/opinioni/15_gennaio_27/miope-abbraccio-all-i... Metto in risalto il seguente paragrafo: Il successo di Tsipras sembra funzionare come una ricerca collettiva di autoassoluzione. Se siamo messi così male, così recita il nuovo coro, non è perché abbiamo fatto le cicale nel passato, perché abbiamo accumulato debiti statali spaventosamente elevati, perché non abbiamo tenuto sotto controllo la spesa pubblica, perché nell’Europa soprattutto latina e mediterranea i bilanci in ordine sono stati un concetto un po’ troppo elastico e incompatibile con la ricerca di un consenso voracemente costoso. No, la colpa è «dell’Europa» e segnatamente, inutile girare attorno al vero nucleo che calamita su di sé ostilità e risentimenti sconfinati, della spietata Germania, e anzi, per dare un volto e un bersaglio, «della Merkel», che non è più una persona fisica, ma l’emblema stesso delle nostre difficoltà.

Risposto da Fabio Colasanti su 27 Gennaio 2015 a 19:21 Laura, Martin Schulz dice cose ragionevli e esprime speranze condivisibili. I primi passi di Tsipras sono però inquientanti. Le dichiarazioni passate del nuovo ministro delle finanze sono durissime. Stiamo a vedere. Ho paura che si arriverà a cose ragionevoli, ma dopo qualche mese di scambi duri. La cosa mi ricorda i primi mesi del primo governo Mitterand; si lanciò su di una politica "pura e dura" fedele alle promesse elettorali. Dopo qualche mese si videro i primi danni seri e Jacques Delors convinse Mitterand a passare a più miti consigli. Lauro, notizie da Atene ? laura sgaravatto ha detto:

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Sul Corriere intervista a Martin Schulz: “Mi fido di lui, è realista, negoziamo ma senza ricatti”. “Le nostre posizioni sono diverse ma non è un antieuropeo”, dice. Schulz racconta di aver detto a Tsipras di non incentrare il dibattito sul taglio del debito piuttosto che su una dilazione. Dice che il voto a Syriza è “ovviamente” un voto contro l’austerità ma è anche “un voto contro la gestione del governo precedente”.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 8:27 Una conseguenza della vittoria di Syriza è il ritorno della regola del "no bail out". Quando è stata creata l'unione monetaria si era stabilito che ogni paese sarebbe stato solo responsabile per il suo debito pubblico, che gli altri stati non potevano essere tenuti responsabili per il debito di uno stato in difficoltà. Questo principio è stato consacrato in un articolo del trattato di Lisbona che è colloquialmente chiamato la causola del "no bail out". Quando è scoppiata la crisi greca, questa clausola è stata ignorata e gli altri paesi dell'eurozona si sono fatti carico del debito greco con i famosi 240 miliardi di euro di prestiti. Questo ha contribuito a ridurre gli scarti tra i tassi di interesse tra i paesi europei (gli spread). Ma la rinegoziazione ufficiale attuale del debito greco significa che i prestiti sono ufficialmente diventati dei grossi trasferimenti tra stati, che gli altri stati avranno effettivamente pagato il debito greco in parte o integralmente. La conseguenza ovvia di questa situazione è che nel futuro non ci saranno mai più prestiti di questo tipo, non ci sarà mai più un "bail out". L'unico elemento che impedirà agli spread di riaumentare sarà l'azione della BCE come annunciato da Mario Draghi nel luglio 2012 ("The ECB will do whatever it takes to save the euro").

Risposto da Cristina Favati su 28 Gennaio 2015 a 9:17 Dal Corriere della Sera di oggi: Il nuovo governo greco Il neo-premier greco Alexis Tsipras, leader di Syriza, ha nominato la sua squadra di governo. Il nuovo esecutivo è composto da soli 10 ministeri, contro i 18 del governo guidato dal conservatore Antonis Samaras. Ci saranno infatti quattro nuovi superministeri, cioè dicasteri che raggrupperanno competenze prima divise in più ministeri. I membri dell’esecutivo sono tutti di Syriza, tranne il ministro della Difesa che è il leader di Greci indipendenti Panos Kammenos. Ecco l’elenco dei ministri della squadra di governo. VICEPREMIER - Yiannis Dragasakis, che si occuperà anche di supervisionare tutti gli altri ministeri e sarà incaricato di negoziare con la troika. PORTAVOCE DEL GOVERNO E SECONDO VICEPREMIER - Gabriel Sakellaridis PORTAVOCE DEL PARLAMENTO - Zoe Constantopoulou MINISTRO DELLE FINANZE - Yanis Varoufakis, 53 anni, è un falco. Per lui l’aggiustamento di bilancio è una tortura («waterboarding»), la mancata uscita dall’euro quattro anni fa un errore e i «compiti a casa» imposti dall’Europa «un trasferimento delle perdite bancarie sulle spalle dei cittadini». Ma anche senso di responsabilità. «Non giochiamo con le parole - ha detto lunedì in tv -. L’ipotesi Grexit (l’uscita della Grecia dall’euro, ndr ) non è sul tavolo. Evocarlo crea solo confusione sui mercati». MINISTRO DELLA DIFESA- Panos Kammenos, leader del partito della destra nazionalista anti austerità Greci indipendenti, con cui Tsipras aveva raggiunto ieri mattina l’accordo per il governo MINISTERO DELL’INTERNO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Nikos Voutsis. Si tratta di uno dei quattro nuovi superministeri MINISTERO PER ECONOMIA, INFRASTRUTTURE, AFFARI MARITTIMI E TURISMO- Giorgios Stathakis

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MINISTERO PER RICOSTRUZIONE PRODUTTIVA, ENERGIA E AMBIENTE - Panayiotis Lafazanis MINISTERO DEGLI ESTERI - Nikos Kotzias MINISTERO DELLA SALUTE - Panayiotis Kouroublis MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - Nikos Paraskevopoulos MINISTERO DI CULTURA, ISTRUZIONE E AFFARI RELIGIOSI - Aristides Baltas MINISTERO DEL LAVORO - Panos Skurletis NEANCHE UNA DONNA!

Risposto da Cristina Favati su 28 Gennaio 2015 a 10:26 http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2015-01-27/perche-condonare... Perché condonare il debito alla Grecia farebbe bene anche all’Europa di Martin Wolf28 gennaio 2015 Il Sole 24 Ore A volte, la cosa giusta da fare è la cosa saggia da fare. È così oggi per la Grecia. Se fatta nel modo giusto, una riduzione del debito andrebbe a beneficio della Grecia e del resto dell'Eurozona. Creerebbe delle difficoltà, ma non tante quante ne creerebbe gettare la Grecia in pasto ai lupi. Tuttavia, raggiungere un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi malauguratamente impossibile: per questo chi pensa che la crisi dell'Eurozona sia finita si sbaglia. Nessuno può essere sorpreso della vittoria di Syriza in Grecia. La «ripresa» del Paese ellenico è fatta di una disoccupazione al 26 per cento e di una disoccupazione giovanile oltre il 50. Inoltre, il prodotto interno lordo ha perso il 26 per cento rispetto al suo massimo antecrisi. Ma il Pil è un parametro particolarmente inappropriato per dare conto della riduzione del benessere economico, in questo caso. Il saldo delle partite correnti nel terzo trimestre del 2008 era attestato su un -15 per cento del Pil, ma dalla seconda metà del 2013 è in attivo: questo significa che la spesa dei greci per beni e servizi in realtà è calata di almeno il 40 per cento. Di fronte a una catastrofe del genere, non c'è davvero da stupirsi che gli elettori abbiano rigettato il precedente Governo e le politiche che ha portato avanti (un po' controvoglia) per conto dei creditori. Come ha detto Alexis Tsipras, il nuovo primo ministro, l'Europa è fondata sul principio della democrazia. Il popolo greco ha parlato. Le autorità costituite devono come minimo ascoltare. Eppure tutto quello che si sente in giro lascia intendere che le richieste per un nuovo accordo su debito e austerità saranno respinte senza neanche pensarci su. Dietro a questa reazione c'è una discreta quantità di stupidaggini moralisteggianti. Due in particolare ostacolano le speranze di una risposta ragionevole alle richieste greche. La prima stupidaggine è che i greci hanno preso in prestito i soldi e perciò sono tenuti a ridarli indietro, a qualunque costo. Era più o meno lo stesso ragionamento alla base del carcere per debiti. La verità però è un'altra: i creditori hanno la responsabilità morale di prestare soldi con accortezza. Se non vagliano in modo accurato la solvibilità dei loro debitori, si meritano quello che gli succederà. Nel caso della Grecia, le dimensioni dei disavanzi con l'estero, in particolare, erano evidenti. Ed era evidente anche il modo in cui era gestito lo Stato greco. La seconda stupidaggine è sostenere che dal momento in cui è esplosa la crisi il resto dell'Eurozona sarebbe stato straordinariamente generoso con la Grecia. Anche questo è falso. È vero che i prestiti erogati dall'Eurozona e dal Fondo monetario internazionale ammontano alla smisurata somma di 226,7 miliardi di euro (circa il 125 per cento del Pil), più o meno i due terzi del debito pubblico complessivo, pari al 175 per cento del Pil. Ma la quasi totalità di questi soldi non è andata a beneficio dei greci: è stata utilizzata per evitare la svalutazione contabile di prestiti inesigibili a favore del Governo e delle banche del Paese ellenico. Solo l'11 per cento dei prestiti è andato a finanziare direttamente attività del Governo. Un altro 16 per cento è andato a pagare gli interessi sul debito. La parte restante è stata usata per operazioni di capitale di vario genere: i soldi sono entrati e sono usciti fuori di nuovo. Sarebbe stato più onesto soccorrere direttamente i creditori, ma era troppo imbarazzante. Come i greci fanno notare, l'abbuono del debito è una pratica normale. La Germania, che nel XX secolo è andata più volte in default sia per quanto riguarda il debito interno sia per quanto riguarda quello con l'estero, ne ha beneficiato più volte. Quello che non può essere pagato non sarà pagato. L'idea che i greci debbano accumulare grosse eccedenze di bilancio per una generazione per restituire il denaro che i Governi creditori hanno usato per salvare i creditori privati dalla loro sconsideratezza è un'assurdità.

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Che cosa bisogna fare allora? Si può scegliere tra la cosa giusta, la cosa comoda e la cosa pericolosa. Come sostiene Reza Moghadam, ex direttore del dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, «l'Europa dovrebbe offrire un sostanzioso alleggerimento del debito, dimezzando il debito della Grecia e dimezzando il saldo di bilancio richiesto, in cambio di riforme». Una cosa del genere, aggiunge, sarebbe coerente con l'obbiettivo di un debito notevolmente al di sotto del 110 per cento del Pil, concordato dai ministri dell'Eurozona nel 2012. Ma queste riduzioni non dovrebbero essere effettuate in modo incondizionato. L'approccio migliore è quello delineato dall'iniziativa sui «Paesi poveri pesantemente indebitati» avviata nel 1996 dal Fmi e dalla Banca mondiale. Secondo i criteri fissati da questo programma, l'alleggerimento del debito viene accordato solo dopo che il Paese debitore ha soddisfatto criteri di riforma ben precisi. Un programma del genere sarebbe di grande beneficio per la Grecia, che ha bisogno di una modernizzazione politica ed economica. L'approccio politicamente comodo è continuare a «estendere e pretendere». Sicuramente ci sono modi per rimandare ulteriormente il giorno della resa dei conti. Ci sono anche modi per ridurre il valore attualizzato degli interessi e dei rimborsi senza ridurre il valore nominale. Tutto questo consentirebbe all'Eurozona di evitare di confrontarsi con le tesi di chi sosterrebbe l'opportunità morale di un alleggerimento del debito per altri Paesi colpiti dalla crisi, in particolare l'Irlanda. Ma un approccio del genere non è in grado di produrre quel risultato onesto e trasparente di cui c'è drammaticamente bisogno

Risposto da Cristina Favati su 28 Gennaio 2015 a 10:30 Il bluff di Tsipras Scritto da Redazione il 28 gen, 2015 | Nessun commento Ha vinto Tsipras, evviva! Finalmente la Vera Sinistra trionfa in Europa e ha il coraggio di sfidare l’Unione delle Banche e della Finanza, mettere in soffitta le catastrofiche politiche di austerità dettate dalla Troika e condurre il Paese di Pericle e Aristotele sulla via della prosperità. Certo, la prima mossa di Tsipras è stata allearsi con Anel, formazione politica che è l’equivalente ellenico di Salvini, ma in Grecia allearsi con la destra va bene perché loro sono nel giusto, mentre noi siamo solo dei poveri democratici. E qual è questa ricetta miracolosa? Il programma di Syriza parla chiaro: la prosperità si raggiunge riducendo pesantemente le tasse e, in contemporanea, avviando un vasto programma di spesa e investimenti pubblici per dare sollievo a quella grande fetta della popolazione greca che è scesa sotto la soglia di povertà. Le coperture non sono un problema, dice Alexis Tsipras: basta sconfiggere l’evasione fiscale e soprattutto abbattere quell’enorme debito pubblico – 320 miliardi, pari al 175% del Pil greco – che, nella narrativa del leader di Syriza, incatena i greci con i suoi interessi e li condanna alla miseria. Ma è davvero così? Una sanatoria sul debito, sullo stile di quella che fu fatta per la Germania Ovest dopo la Seconda Guerra Mondiale, può liberare il popolo ellenico dalle catene del debito e dare a Tsipras le risorse necessarie per mettere in pratica il suo ambizioso programma di governo? No. La Grecia ha già rinegoziato il suo debito per ben due volte, tanto che oggi la parte di debito che la Grecia ha verso i paesi UE, e che il leader di Syriza vorrebbe stracciare, ha una scadenza a lunghissimo termine (più di 30 anni), paga un tasso medio di interesse molto basso (1,82%) e vanta un “periodo di grazia”, cioè in cui gli interessi non vengono pagati, che supera abbondantemente i dieci anni. Il risultato netto è che oggi la Grecia paga relativamente pochi interessi pur avendo un debito pubblico enorme. Quello che ho chiamato “tasso medio” è stato ottenuto dividendo la spesa per interessi per il totale del debito. Come potete vedere dal grafico, questa spesa è in calo dal 2011 in poi, proprio per effetto dei prestiti calmierati dell’Unione Europea. E allora cosa spera di ottenere il leader di Syriza? Non c’è molto spazio di manovra e, stracciando il debito “che costa poco”, Alexis Tsipras potrà certamente mettere alla porta la Troika, ma si troverà dalla padella nella brace. Laddove, infatti, il governo di Atene è costretto a rivolgersi ai mercati finanziari, i tassi di interesse sono ben altri:12% per un prestito a tre anni. I cattivi speculatori sono, infatti, poco inclini a prestare denaro ai cattivi debitori e quindi si fanno pagare il rischio che corrono. Come dar loro torto, dopotutto. Quello di Tsipras, quindi, è stato probabilmente solo un bluff pre-elettorale. Se Syriza terrà fede al suo programma di governo, la Grecia è destinata al fallimento, se cede alle pressioni dell’Unione Europea, allora Tsipras dovrà rinnegare tutto ciò che ha promesso in campagna elettorale. Dall’altra parte, l’Unione Europea non può permettersi di cedere ai ricatti del leader greco: non è solo questione di credibilità, ma anche di giustizia. Nel pacchetto di aiuti Ue al governo di Atene ci sono anche circa 40 miliardi versati

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dall’Italia. Il nostro Paese non naviga proprio in buone acque e per fornire quegli aiuti ha dovuto ricorrere ai mercati finanziari, pagando un tasso d’interesse più alto di quello che chiede alla Grecia. Cornuti e mazziati. Ma chi siamo noi per fermare questa grande prova di democrazia? Certo, se prendi il 36,34% su un’affluenza alle urne del 63,9% raccogli ben il 23,3% del consenso degli aventi diritto al voto. Cioè esattamente lo stesso valore di chi prende il 40,8% tra il 57,2% di votanti. Vi ricorda qualcosa? Stesso peso, due misure. Davide Ricca & Marco Bollettino

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 11:52 Cristina, Martin Wolf scrive da persona basata in un paese che non ha tirato fuori un euro per aiutare la Grecia e non sente quindi l'animosità contro greci che regna nei paesi che hanno prestato soldi alla Grecia e che rischiano di dover pagare tasse in più per colmare il buco che sarà lasciato dai greci. Sulla responsabilità dei creditori Martin Wolf ha ragione: non si devono dare soldi a chi presumibilmente non li potrà restituire (perché noi insistiamo che le banche italiane devono dare più soldi alle nostre piccole e medie imprese?). Quindi Martin Wolf sta dicendo che i governi dei paesi dell'eurozona non avrebbero dovuto prestare soldi ai greci nel 2010 e 2011 perché avrebbero dovuto rendersi conto che non avrebbero potuto restituirli. Dice quindi che si sarebbe dovuta lasciare la Grecia andare in default. Sono molti a sostenerlo. Io stesso ho spiegato, col senno di poi, quanto sarebbe stato meglio economicamente e politicamente lasciare andare fallita la Grecia. Ma nel 2010 e 2011 ricordo solo accuse da parte di tutti, e certo dalla nostra sinistra, al governo tedesco per essere così reticente a prestare un po' di soldi alla Grecia. Possiamo dire che su questo punto ha ragione Martin Wolf a condizione di riconoscere che a suo tempo abbiamo sbagliato a insistere perché i governi europei salvassero la Grecia con grossi prestiti. Martin Wolf ha ragione quando dice che al momento del salvataggio si sono salvate soprattutto le banche, ma sbaglia nelle cifre. La somma dei disavanzi greci degli anni dal 2011 al 2014 compresi è stata pari a 63 miliardi di euro. Questi soldi il governo greco li ha avuti soprattutto dai partner europei e dal FMI. All'undici per cento che andato al governo greco al momento del salvataggio bisogna aggiungere anche questi 63 miliardi di nuovi debiti fatti (12 il governo greco li ha utilizzati per salvare le banche greche). La realtà riconosciuta da ogni osservatore serio e messa nero su bianco dal FMI è che sarebbe certo stato necessario che il consolidamento di bilancio greco fosse meno brutale e meno iniquo. Dell'inequità delle misure prese è responsabile unicamente il governo greco. Delle dimensioni dell'aggiustamento sono responsabili i paesi che hanno concesso i crediti. Per avere un aggiustamento meno brutale i paesi europei avrebbero divuto prestare alla Grecia almeno quaranta o cinquanta miliardi di più. Questo non è stato possibile. Certo si possono accusare i paesi europei di essere stati troppo "taccagni". Ma come Martin Wolf stesso scrive la cifra che è stata prestata è "smisurata". Molti affermavano già allora che – come i fatti di questi giorni confermano – non si trattava di prestiti, ma di trasferimenti in parte a fondo perduto. E poi Martin Wolf sembra ignorare la frustrazione e la rabbia degli altri paesi europei di fronte al disastro che hanno trovato in Grecia e alla mancanza di volontà o di capacità di correggere la situazione. Dov'è il catasto che la Grecia avrebbe dovuto creare da decenni con soldi europei? Dov'è la riforma dell'amministrazione fiscale? Quando comincerà il governo greco a recuperare i miliardi di euro di tasse accertate e notificate, ma mai incassate? Il dramma greco viene visto in maniera unilaterale. Da un lato, ci sono i commentatori dei paesi del sud e quelli anglosassoni che tendono ad esagerare certi aspetti (per Stati Uniti e Gran Bretagna e facile parlare senza dover tirare fuori schei). Dall'altro, c'è un'opinione pubblica dei paesi del nord-Europa che ha una visione assolutamente idealistica e sbagliata dell'ortodossia fiscale, che purtroppo vede il problema in termini soprattutto morali - perché aiutare delle cicale? – e che non crede nella capacità e la volontà della Grecia di fare qualcosa per uscire dal marasma. Le prime misure di Tsipras non li avranno certo rassicurati. Stiamo andando verso un periodo di grossissime tensioni in Europa. Cristina Favati ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2015-01-27/perche-condonare... Perché condonare il debito alla Grecia farebbe bene anche all’Europa

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di Martin Wolf28 gennaio 2015 Il Sole 24 Ore A volte, la cosa giusta da fare è la cosa saggia da fare. È così oggi per la Grecia. Se fatta nel modo giusto, una riduzione del debito andrebbe a beneficio della Grecia e del resto dell'Eurozona. Creerebbe delle difficoltà, ma non tante quante ne creerebbe gettare la Grecia in pasto ai lupi. Tuttavia, raggiungere un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi malauguratamente impossibile: per questo chi pensa che la crisi dell'Eurozona sia finita si sbaglia. Nessuno può essere sorpreso della vittoria di Syriza in Grecia. La «ripresa» del Paese ellenico è fatta di una disoccupazione al 26 per cento e di una disoccupazione giovanile oltre il 50. Inoltre, il prodotto interno lordo ha perso il 26 per cento rispetto al suo massimo antecrisi. Ma il Pil è un parametro particolarmente inappropriato per dare conto della riduzione del benessere economico, in questo caso. Il saldo delle partite correnti nel terzo trimestre del 2008 era attestato su un -15 per cento del Pil, ma dalla seconda metà del 2013 è in attivo: questo significa che la spesa dei greci per beni e servizi in realtà è calata di almeno il 40 per cento. Di fronte a una catastrofe del genere, non c'è davvero da stupirsi che gli elettori abbiano rigettato il precedente Governo e le politiche che ha portato avanti (un po' controvoglia) per conto dei creditori. Come ha detto Alexis Tsipras, il nuovo primo ministro, l'Europa è fondata sul principio della democrazia. Il popolo greco ha parlato. Le autorità costituite devono come minimo ascoltare. Eppure tutto quello che si sente in giro lascia intendere che le richieste per un nuovo accordo su debito e austerità saranno respinte senza neanche pensarci su. Dietro a questa reazione c'è una discreta quantità di stupidaggini moralisteggianti. Due in particolare ostacolano le speranze di una risposta ragionevole alle richieste greche. La prima stupidaggine è che i greci hanno preso in prestito i soldi e perciò sono tenuti a ridarli indietro, a qualunque costo. Era più o meno lo stesso ragionamento alla base del carcere per debiti. La verità però è un'altra: i creditori hanno la responsabilità morale di prestare soldi con accortezza. Se non vagliano in modo accurato la solvibilità dei loro debitori, si meritano quello che gli succederà. Nel caso della Grecia, le dimensioni dei disavanzi con l'estero, in particolare, erano evidenti. Ed era evidente anche il modo in cui era gestito lo Stato greco. La seconda stupidaggine è sostenere che dal momento in cui è esplosa la crisi il resto dell'Eurozona sarebbe stato straordinariamente generoso con la Grecia. Anche questo è falso. È vero che i prestiti erogati dall'Eurozona e dal Fondo monetario internazionale ammontano alla smisurata somma di 226,7 miliardi di euro (circa il 125 per cento del Pil), più o meno i due terzi del debito pubblico complessivo, pari al 175 per cento del Pil. Ma la quasi totalità di questi soldi non è andata a beneficio dei greci: è stata utilizzata per evitare la svalutazione contabile di prestiti inesigibili a favore del Governo e delle banche del Paese ellenico. Solo l'11 per cento dei prestiti è andato a finanziare direttamente attività del Governo. Un altro 16 per cento è andato a pagare gli interessi sul debito. La parte restante è stata usata per operazioni di capitale di vario genere: i soldi sono entrati e sono usciti fuori di nuovo. Sarebbe stato più onesto soccorrere direttamente i creditori, ma era troppo imbarazzante. Come i greci fanno notare, l'abbuono del debito è una pratica normale. La Germania, che nel XX secolo è andata più volte in default sia per quanto riguarda il debito interno sia per quanto riguarda quello con l'estero, ne ha beneficiato più volte. Quello che non può essere pagato non sarà pagato. L'idea che i greci debbano accumulare grosse eccedenze di bilancio per una generazione per restituire il denaro che i Governi creditori hanno usato per salvare i creditori privati dalla loro sconsideratezza è un'assurdità. Che cosa bisogna fare allora? Si può scegliere tra la cosa giusta, la cosa comoda e la cosa pericolosa. Come sostiene Reza Moghadam, ex direttore del dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, «l'Europa dovrebbe offrire un sostanzioso alleggerimento del debito, dimezzando il debito della Grecia e dimezzando il saldo di bilancio richiesto, in cambio di riforme». Una cosa del genere, aggiunge, sarebbe coerente con l'obbiettivo di un debito notevolmente al di sotto del 110 per cento del Pil, concordato dai ministri dell'Eurozona nel 2012. Ma queste riduzioni non dovrebbero essere effettuate in modo incondizionato. L'approccio migliore è quello delineato dall'iniziativa sui «Paesi poveri pesantemente indebitati» avviata nel 1996 dal Fmi e dalla Banca mondiale. Secondo i criteri fissati da questo programma, l'alleggerimento del debito viene accordato solo dopo che il Paese debitore ha soddisfatto criteri di riforma ben precisi. Un programma del genere sarebbe di grande beneficio per la Grecia, che ha bisogno di una modernizzazione politica ed economica. L'approccio politicamente comodo è continuare a «estendere e pretendere». Sicuramente ci sono modi per rimandare ulteriormente il giorno della resa dei conti. Ci sono anche modi per ridurre il valore attualizzato degli interessi e dei rimborsi senza ridurre il valore nominale. Tutto questo consentirebbe all'Eurozona di evitare di confrontarsi con le tesi di chi sosterrebbe l'opportunità morale di un alleggerimento del debito per altri Paesi colpiti dalla crisi, in particolare l'Irlanda. Ma un approccio del genere non è in grado di produrre quel risultato onesto e trasparente di cui c'è drammaticamente bisogno

Risposto da Cristina Favati su 28 Gennaio 2015 a 13:02

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Grazie Fabio. Fabio Colasanti ha detto: Cristina, Martin Wolf scrive da persona basata in un paese che non ha tirato fuori un euro per aiutare la Grecia e non sente quindi l'animosità contro greci che regna nei paesi che hanno prestato soldi alla Grecia e che rischiano di dover pagare tasse in più per colmare il buco che sarà lasciato dai greci. Sulla responsabilità dei creditori Martin Wolf ha ragione: non si devono dare soldi a chi presumibilmente non li potrà restituire (perché noi insistiamo che le banche italiane devono dare più soldi alle nostre piccole e medie imprese?). Quindi Martin Wolf sta dicendo che i governi dei paesi dell'eurozona non avrebbero dovuto prestare soldi ai greci nel 2010 e 2011 perché avrebbero dovuto rendersi conto che non avrebbero potuto restituirli. Dice quindi che si sarebbe dovuta lasciare la Grecia andare in default. Sono molti a sostenerlo. Io stesso ho spiegato, col senno di poi, quanto sarebbe stato meglio economicamente e politicamente lasciare andare fallita la Grecia. Ma nel 2010 e 2011 ricordo solo accuse da parte di tutti, e certo dalla nostra sinistra, al governo tedesco per essere così reticente a prestare un po' di soldi alla Grecia. Possiamo dire che su questo punto ha ragione Martin Wolf a condizione di riconoscere che a suo tempo abbiamo sbagliato a insistere perché i governi europei salvassero la Grecia con grossi prestiti. Martin Wolf ha ragione quando dice che al momento del salvataggio si sono salvate soprattutto le banche, ma sbaglia nelle cifre. La somma dei disavanzi greci degli anni dal 2011 al 2014 compresi è stata pari a 63 miliardi di euro. Questi soldi il governo greco li ha avuti soprattutto dai partner europei e dal FMI. All'undici per cento che andato al governo greco al momento del salvataggio bisogna aggiungere anche questi 63 miliardi di nuovi debiti fatti (12 il governo greco li ha utilizzati per salvare le banche greche). La realtà riconosciuta da ogni osservatore serio e messa nero su bianco dal FMI è che sarebbe certo stato necessario che il consolidamento di bilancio greco fosse meno brutale e meno iniquo. Dell'inequità delle misure prese è responsabile unicamente il governo greco. Delle dimensioni dell'aggiustamento sono responsabili i paesi che hanno concesso i crediti. Per avere un aggiustamento meno brutale i paesi europei avrebbero divuto prestare alla Grecia almeno quaranta o cinquanta miliardi di più. Questo non è stato possibile. Certo si possono accusare i paesi europei di essere stati troppo "taccagni". Ma come Martin Wolf stesso scrive la cifra che è stata prestata è "smisurata". Molti affermavano già allora che – come i fatti di questi giorni confermano – non si trattava di prestiti, ma di trasferimenti in parte a fondo perduto. E poi Martin Wolf sembra ignorare la frustrazione e la rabbia degli altri paesi europei di fronte al disastro che hanno trovato in Grecia e alla mancanza di volontà o di capacità di correggere la situazione. Dov'è il catasto che la Grecia avrebbe dovuto creare da decenni con soldi europei? Dov'è la riforma dell'amministrazione fiscale? Quando comincerà il governo greco a recuperare i miliardi di euro di tasse accertate e notificate, ma mai incassate? Il dramma greco viene visto in maniera unilaterale. Da un lato, ci sono i commentatori dei paesi del sud e quelli anglosassoni che tendono ad esagerare certi aspetti (per Stati Uniti e Gran Bretagna e facile parlare senza dover tirare fuori schei). Dall'altro, c'è un'opinione pubblica dei paesi del nord-Europa che ha una visione assolutamente idealistica e sbagliata dell'ortodossia fiscale, che purtroppo vede il problema in termini soprattutto morali - perché aiutare delle cicale? – e che non crede nella capacità e la volontà della Grecia di fare qualcosa per uscire dal marasma. Le prime misure di Tsipras non li avranno certo rassicurati. Stiamo andando verso un periodo di grossissime tensioni in Europa. Cristina Favati ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2015-01-27/perche-condonare... Perché condonare il debito alla Grecia farebbe bene anche all’Europa di Martin Wolf28 gennaio 2015 Il Sole 24 Ore A volte, la cosa giusta da fare è la cosa saggia da fare. È così oggi per la Grecia. Se fatta nel modo giusto, una riduzione del debito andrebbe a beneficio della Grecia e del resto dell'Eurozona. Creerebbe delle difficoltà, ma non tante quante ne creerebbe gettare la Grecia in pasto ai lupi. Tuttavia, raggiungere un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi malauguratamente impossibile: per questo chi pensa che la crisi dell'Eurozona sia finita si sbaglia. Nessuno può essere sorpreso della vittoria di Syriza in Grecia. La «ripresa» del Paese ellenico è fatta di una disoccupazione al 26 per cento e di una disoccupazione giovanile oltre il 50. Inoltre, il prodotto interno lordo ha perso il 26 per cento rispetto al suo massimo antecrisi. Ma il Pil è un parametro particolarmente inappropriato per dare conto della riduzione del benessere economico, in questo caso. Il saldo delle partite correnti nel terzo trimestre del 2008 era

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attestato su un -15 per cento del Pil, ma dalla seconda metà del 2013 è in attivo: questo significa che la spesa dei greci per beni e servizi in realtà è calata di almeno il 40 per cento. Di fronte a una catastrofe del genere, non c'è davvero da stupirsi che gli elettori abbiano rigettato il precedente Governo e le politiche che ha portato avanti (un po' controvoglia) per conto dei creditori. Come ha detto Alexis Tsipras, il nuovo primo ministro, l'Europa è fondata sul principio della democrazia. Il popolo greco ha parlato. Le autorità costituite devono come minimo ascoltare. Eppure tutto quello che si sente in giro lascia intendere che le richieste per un nuovo accordo su debito e austerità saranno respinte senza neanche pensarci su. Dietro a questa reazione c'è una discreta quantità di stupidaggini moralisteggianti. Due in particolare ostacolano le speranze di una risposta ragionevole alle richieste greche. La prima stupidaggine è che i greci hanno preso in prestito i soldi e perciò sono tenuti a ridarli indietro, a qualunque costo. Era più o meno lo stesso ragionamento alla base del carcere per debiti. La verità però è un'altra: i creditori hanno la responsabilità morale di prestare soldi con accortezza. Se non vagliano in modo accurato la solvibilità dei loro debitori, si meritano quello che gli succederà. Nel caso della Grecia, le dimensioni dei disavanzi con l'estero, in particolare, erano evidenti. Ed era evidente anche il modo in cui era gestito lo Stato greco. La seconda stupidaggine è sostenere che dal momento in cui è esplosa la crisi il resto dell'Eurozona sarebbe stato straordinariamente generoso con la Grecia. Anche questo è falso. È vero che i prestiti erogati dall'Eurozona e dal Fondo monetario internazionale ammontano alla smisurata somma di 226,7 miliardi di euro (circa il 125 per cento del Pil), più o meno i due terzi del debito pubblico complessivo, pari al 175 per cento del Pil. Ma la quasi totalità di questi soldi non è andata a beneficio dei greci: è stata utilizzata per evitare la svalutazione contabile di prestiti inesigibili a favore del Governo e delle banche del Paese ellenico. Solo l'11 per cento dei prestiti è andato a finanziare direttamente attività del Governo. Un altro 16 per cento è andato a pagare gli interessi sul debito. La parte restante è stata usata per operazioni di capitale di vario genere: i soldi sono entrati e sono usciti fuori di nuovo. Sarebbe stato più onesto soccorrere direttamente i creditori, ma era troppo imbarazzante. Come i greci fanno notare, l'abbuono del debito è una pratica normale. La Germania, che nel XX secolo è andata più volte in default sia per quanto riguarda il debito interno sia per quanto riguarda quello con l'estero, ne ha beneficiato più volte. Quello che non può essere pagato non sarà pagato. L'idea che i greci debbano accumulare grosse eccedenze di bilancio per una generazione per restituire il denaro che i Governi creditori hanno usato per salvare i creditori privati dalla loro sconsideratezza è un'assurdità. Che cosa bisogna fare allora? Si può scegliere tra la cosa giusta, la cosa comoda e la cosa pericolosa. Come sostiene Reza Moghadam, ex direttore del dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, «l'Europa dovrebbe offrire un sostanzioso alleggerimento del debito, dimezzando il debito della Grecia e dimezzando il saldo di bilancio richiesto, in cambio di riforme». Una cosa del genere, aggiunge, sarebbe coerente con l'obbiettivo di un debito notevolmente al di sotto del 110 per cento del Pil, concordato dai ministri dell'Eurozona nel 2012. Ma queste riduzioni non dovrebbero essere effettuate in modo incondizionato. L'approccio migliore è quello delineato dall'iniziativa sui «Paesi poveri pesantemente indebitati» avviata nel 1996 dal Fmi e dalla Banca mondiale. Secondo i criteri fissati da questo programma, l'alleggerimento del debito viene accordato solo dopo che il Paese debitore ha soddisfatto criteri di riforma ben precisi. Un programma del genere sarebbe di grande beneficio per la Grecia, che ha bisogno di una modernizzazione politica ed economica. L'approccio politicamente comodo è continuare a «estendere e pretendere». Sicuramente ci sono modi per rimandare ulteriormente il giorno della resa dei conti. Ci sono anche modi per ridurre il valore attualizzato degli interessi e dei rimborsi senza ridurre il valore nominale. Tutto questo consentirebbe all'Eurozona di evitare di confrontarsi con le tesi di chi sosterrebbe l'opportunità morale di un alleggerimento del debito per altri Paesi colpiti dalla crisi, in particolare l'Irlanda. Ma un approccio del genere non è in grado di produrre quel risultato onesto e trasparente di cui c'è drammaticamente bisogno

Risposto da paolo logli su 28 Gennaio 2015 a 14:18 Purtroppo anche per la Grecia gran parte dei commentatori, inclusi anche dei bravi economisti,ricorrono a semplificazioni valide solo per difendere le loro tesi.Eppure quello che è successo era largamente previsto da alcuni di loro, come Bini Smaghi e Padoa Schioppa.Si dovrebbe parlare di "responsabilità condivisa", per la "leggerezza" dell'intero sistema della moneta unica,pronto a far entrare paesi notoriamente incapaci di potersi battere in un mondo dove prevalgono "veduta corta" e il nazional-liberismo. Gli impegni dei Trattati alla solidarietà invitano solo ad accusarsi di voler pagare i debiti altrui.E' chiaro che questi vadano pagati, ma bisogna anche pensare a metter in condizioni i partecipanti a questo"jeu de massacre", di produrre un poco di piu' di quanto basta per pagarli.Forse l'intero sistema potrebbe essere rivisto, con l'occasione dell'intervento di Draghi, e finalmente la disponibilità dell'UE a aoccuparsi anche di questioni messe ai margini come la politica industriale.

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Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 15:34 Paolo, che responsabilità vedi degli altri paesi dell'eurozona per il periodo che va dall'inizio dell'unione monetaria alla primavera del 2010, quando è scoppiata la crisi? Non dimenticare che la partecipazione greca è stata ancora più controversa di quella italiana. Tutti i paesi del nord-Europa non volevano che la Grecia entrasse nell'euro perché affermavano che non ce l'avrebbe fatta, mentre il paese voleva assolutamente entrare. Entrò grazie al forte aiuto politico di Francia e Italia.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 15:48 One of the first decisions announced by the new government was stopping the planned sale of a 67% stake in the Piraeus Port Authority, agreed under its international bailout deal for which China's Cosco Group and four other suitors had been shortlisted, according to Reuters. Not a good start in negotiations with EU lenders, despite all concilliatory reassurances from Varoufakis and Dragasakis. There is a flood of legislation in the pipeline, with the first bill on minimum wages and collective bargaining. Apart from that the Syriza government also has to find a president, points out Kathimerini. There was a flurry of speculation on Tuesday that the government’s candidate would be former PM Costas Karamanlis. Another candidate in discussion is Greece’s representative at the European Commission, Dimitris Avramopoulos. If he is to be chosen, this would free up his spot in Brussels to be taken by a Syriza candidate, possibly one of the party’s MEPs, Dimitris Papadimoulis. Among the new 41-member strong government, only four are from the Independent Greeks. And as the Spanish and the Italian media noted, there is not a single woman among the 41. As expected, the outspoken Yanis Varoufakis became finance minister. He announced on his blog that he will continue blogging despite his new day job (though he can hardly criticise the Greek government any more). Yiannis Dragasakis is the new deputy prime minister, overseeing the negotiations with Greece's lenders. He is the only one with some minimal experience in governing. The economics professor Dimitris Mardas will be in charge of restructuring the tax collection mechanism and to prepare for changes to property and income taxation, writes Kathimerini. Another key post, in charge of the enlarged Economy Ministry, went to economist Giorgos Stathakis. In line with Syriza’s campaign promises to slim down government, the party has merged Greece’s development ministry with three other ministries charged with transport, merchant marine and tourism. Two appointments were well received, suggesting that Tsipras is serious about tackling corruption and problems in the justice system: The well respected law professor Nikos Paraskevopoulos has been appointed as the new justice minister. The appointment of the former head of Greece's anti-money laundering authority Panayiotis Nikoloudis is the head of the new government's anti-corruption ministry. Nikoloudis has been credited with uncovering a number of financial scandals and will be responsible for tackling graft in the public sector.

Risposto da paolo logli su 28 Gennaio 2015 a 16:09 Fabio, la tua risposta conferma l'estrema "leggerezza"del sistema.Non serve a nulla "accusare"Francia e Italia di aver voluto "aiutare" la Grecia a entrare.L'Unione "solo" monetaria,chiamiamola cosi', va rivista, con calma e attenzione, ma prima che la crisi abbia effetti disgreganti anche su altri paesi. L'Unione deve attrezzarsi, mi sembra,non solo per aiutare la Grecia,un po' alla volta,a costruirsi un sistema economico capace di rimborsare il suo debito, ma per affrontare le sfide economiche e politiche del mondo d'oggi, che non possono che ingigantirsi.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 17:07 Paolo,

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purtroppo siamo in una situazione molto difficile. La rinegoziazione del debito greco - più tutti i gesti che che Tsipras sta accumulando contro la Germania - stanno facendo montare un'ondata di risentimento molto forte. I tedeschi hanno la sensazione di aver già aiutato enormemente la Grecia e vedersi adesso accusati di averli affamati li sta spingendo verso un corale "Vaff..." nei confronti dei greci. La Merkel - che tutto sommato rappresenta ancora la parte ragionevole dell'elettorato tedesco, anche se molti non lo riconoscono - è già sotto pressione da parte di vari movimenti di destra: l'AfD che è al dieci per cento, Pegida, Legida e la CSU bavarese. Le prospettive sono che per evitare una sconfitta elettorale e l'apparire di un blocco alla sua destra con oltre il 20 per cento dei voti, la Merkel che ha portato la CDU a sinistra sia ora costretta a riportarla verso la destra. Le previsioni di tante persone con le quali ho discusso in questi giorni sono che la Merkel - come tutti gli altri governi - accetteranno un'ulteriore allungamento delle scadenze e un ulteriore abbassamento dei tassi di interesse. Ma al tempo stesso la Germania - e ancora di più la Finlandia e l'Austria - chiuderanno definitivamente la porta ad ogni tentativo di approfondimento dell'unione monetaria (unione bancaria, unione del mercato dei capitali, meccanismi di salvataggio, assicurazione comune sui depositi). Dovremo fare una croce su tutto quello che non è stato già deciso. Non riusciremo a fare nessuncambio significativo nel sistema dell'unione monetaria. Ne abbiamo fatti di considerevoli tra il 2010 ed oggi, ma dovremo accontenntarci di quello che è stato ottenuto. Nessuno spingerà attivamente la Grecia verso l'uscita dall'euro, ma se Tsipras dovesse parlarne si sentirebbe rispondere: "Accomodatevi", anche se questo significasse la cancellazione definitiva dei crediti verso il paese. Si sentono sempre più spesso discorsi sulla possibilità di un'uscita della Germania dall'euro. Quello che per il momento fa ritenere questa possibilità improbabile è il problema della Francia. I tedeschi non vorranno tagliare la relazione privilegiata con la Francia (ne noi vogliamo che questo succeda). paolo logli ha detto: Fabio, la tua risposta conferma l'estrema "leggerezza"del sistema.Non serve a nulla "accusare"Francia e Italia di aver voluto "aiutare" la Grecia a entrare.L'Unione "solo" monetaria,chiamiamola cosi', va rivista, con calma e attenzione, ma prima che la crisi abbia effetti disgreganti anche su altri paesi. L'Unione deve attrezzarsi, mi sembra,non solo per aiutare la Grecia,un po' alla volta,a costruirsi un sistema economico capace di rimborsare il suo debito, ma per affrontare le sfide economiche e politiche del mondo d'oggi, che non possono che ingigantirsi.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Gennaio 2015 a 17:32 Sapendo che il problema era strutturale, perchè allora prestare soldi solo in cambio di tagli lineari di spesa, anzichè sua razionalizzazione, disegni di legge contro la corruzione, contro l'evasione, ecct., i problemi che si conoscevano all'origine dei problemi della Grecia? Io penso che se devo prestare soldi a qualcuno e vedo che quel qualcuno, invece di lavorare, getta i soldi dalla finestra, per comprare armi, senza cercarsi un posto di lavoro, elargendo mance a dx e manca agli amici, dovrei pormi il problema prima di fare il prestito o, quantomeno, condizionarlo nel senso sopra esposto, piuttosto che pretendere poi di far morire di fame il debitore, che tanto, in quel caso, il debito non lo pagherà comunque; o si fa la guerra alla Grecia e si vanno a sequestrare le sue residue ricchezze? Fabio Colasanti ha detto: Cristina, Martin Wolf scrive da persona basata in un paese che non ha tirato fuori un euro per aiutare la Grecia e non sente quindi l'animosità contro greci che regna nei paesi che hanno prestato soldi alla Grecia e che rischiano di dover pagare tasse in più per colmare il buco che sarà lasciato dai greci. Sulla responsabilità dei creditori Martin Wolf ha ragione: non si devono dare soldi a chi presumibilmente non li potrà restituire (perché noi insistiamo che le banche italiane devono dare più soldi alle nostre piccole e medie imprese?). Quindi Martin Wolf sta dicendo che i governi dei paesi dell'eurozona non avrebbero dovuto prestare soldi ai greci nel 2010 e 2011 perché avrebbero dovuto rendersi conto che non avrebbero potuto restituirli. Dice quindi che si sarebbe dovuta lasciare la Grecia andare in default. Sono molti a sostenerlo. Io stesso ho spiegato, col senno di poi, quanto sarebbe stato meglio economicamente e politicamente lasciare andare fallita la Grecia. Ma nel 2010 e 2011 ricordo solo accuse da parte di tutti, e certo dalla nostra sinistra, al governo tedesco per essere così reticente a prestare un po' di soldi alla Grecia. Possiamo dire che su questo punto ha ragione Martin Wolf a condizione di riconoscere che a suo tempo abbiamo sbagliato a insistere perché i governi europei salvassero la Grecia con grossi prestiti.

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Martin Wolf ha ragione quando dice che al momento del salvataggio si sono salvate soprattutto le banche, ma sbaglia nelle cifre. La somma dei disavanzi greci degli anni dal 2011 al 2014 compresi è stata pari a 63 miliardi di euro. Questi soldi il governo greco li ha avuti soprattutto dai partner europei e dal FMI. All'undici per cento che andato al governo greco al momento del salvataggio bisogna aggiungere anche questi 63 miliardi di nuovi debiti fatti (12 il governo greco li ha utilizzati per salvare le banche greche). La realtà riconosciuta da ogni osservatore serio e messa nero su bianco dal FMI è che sarebbe certo stato necessario che il consolidamento di bilancio greco fosse meno brutale e meno iniquo. Dell'inequità delle misure prese è responsabile unicamente il governo greco. Delle dimensioni dell'aggiustamento sono responsabili i paesi che hanno concesso i crediti. Per avere un aggiustamento meno brutale i paesi europei avrebbero divuto prestare alla Grecia almeno quaranta o cinquanta miliardi di più. Questo non è stato possibile. Certo si possono accusare i paesi europei di essere stati troppo "taccagni". Ma come Martin Wolf stesso scrive la cifra che è stata prestata è "smisurata". Molti affermavano già allora che – come i fatti di questi giorni confermano – non si trattava di prestiti, ma di trasferimenti in parte a fondo perduto. E poi Martin Wolf sembra ignorare la frustrazione e la rabbia degli altri paesi europei di fronte al disastro che hanno trovato in Grecia e alla mancanza di volontà o di capacità di correggere la situazione. Dov'è il catasto che la Grecia avrebbe dovuto creare da decenni con soldi europei? Dov'è la riforma dell'amministrazione fiscale? Quando comincerà il governo greco a recuperare i miliardi di euro di tasse accertate e notificate, ma mai incassate? Il dramma greco viene visto in maniera unilaterale. Da un lato, ci sono i commentatori dei paesi del sud e quelli anglosassoni che tendono ad esagerare certi aspetti (per Stati Uniti e Gran Bretagna e facile parlare senza dover tirare fuori schei). Dall'altro, c'è un'opinione pubblica dei paesi del nord-Europa che ha una visione assolutamente idealistica e sbagliata dell'ortodossia fiscale, che purtroppo vede il problema in termini soprattutto morali - perché aiutare delle cicale? – e che non crede nella capacità e la volontà della Grecia di fare qualcosa per uscire dal marasma. Le prime misure di Tsipras non li avranno certo rassicurati. Stiamo andando verso un periodo di grossissime tensioni in Europa. Cristina Favati ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2015-01-27/perche-condonare... Perché condonare il debito alla Grecia farebbe bene anche all’Europa di Martin Wolf28 gennaio 2015 Il Sole 24 Ore A volte, la cosa giusta da fare è la cosa saggia da fare. È così oggi per la Grecia. Se fatta nel modo giusto, una riduzione del debito andrebbe a beneficio della Grecia e del resto dell'Eurozona. Creerebbe delle difficoltà, ma non tante quante ne creerebbe gettare la Grecia in pasto ai lupi. Tuttavia, raggiungere un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi malauguratamente impossibile: per questo chi pensa che la crisi dell'Eurozona sia finita si sbaglia. Nessuno può essere sorpreso della vittoria di Syriza in Grecia. La «ripresa» del Paese ellenico è fatta di una disoccupazione al 26 per cento e di una disoccupazione giovanile oltre il 50. Inoltre, il prodotto interno lordo ha perso il 26 per cento rispetto al suo massimo antecrisi. Ma il Pil è un parametro particolarmente inappropriato per dare conto della riduzione del benessere economico, in questo caso. Il saldo delle partite correnti nel terzo trimestre del 2008 era attestato su un -15 per cento del Pil, ma dalla seconda metà del 2013 è in attivo: questo significa che la spesa dei greci per beni e servizi in realtà è calata di almeno il 40 per cento. Di fronte a una catastrofe del genere, non c'è davvero da stupirsi che gli elettori abbiano rigettato il precedente Governo e le politiche che ha portato avanti (un po' controvoglia) per conto dei creditori. Come ha detto Alexis Tsipras, il nuovo primo ministro, l'Europa è fondata sul principio della democrazia. Il popolo greco ha parlato. Le autorità costituite devono come minimo ascoltare. Eppure tutto quello che si sente in giro lascia intendere che le richieste per un nuovo accordo su debito e austerità saranno respinte senza neanche pensarci su. Dietro a questa reazione c'è una discreta quantità di stupidaggini moralisteggianti. Due in particolare ostacolano le speranze di una risposta ragionevole alle richieste greche. La prima stupidaggine è che i greci hanno preso in prestito i soldi e perciò sono tenuti a ridarli indietro, a qualunque costo. Era più o meno lo stesso ragionamento alla base del carcere per debiti. La verità però è un'altra: i creditori hanno la responsabilità morale di prestare soldi con accortezza. Se non vagliano in modo accurato la solvibilità dei loro debitori, si meritano quello che gli succederà. Nel caso della Grecia, le dimensioni dei disavanzi con l'estero, in particolare, erano evidenti. Ed era evidente anche il modo in cui era gestito lo Stato greco. La seconda stupidaggine è sostenere che dal momento in cui è esplosa la crisi il resto dell'Eurozona sarebbe stato straordinariamente generoso con la Grecia. Anche questo è falso. È vero che i prestiti erogati dall'Eurozona e dal Fondo monetario internazionale ammontano alla smisurata somma di 226,7 miliardi di euro (circa il 125 per cento del Pil), più o meno i due terzi del debito pubblico complessivo, pari al 175 per cento del Pil. Ma la quasi totalità di questi soldi non è andata a beneficio dei greci: è stata utilizzata per evitare la svalutazione contabile di prestiti inesigibili a favore del

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Governo e delle banche del Paese ellenico. Solo l'11 per cento dei prestiti è andato a finanziare direttamente attività del Governo. Un altro 16 per cento è andato a pagare gli interessi sul debito. La parte restante è stata usata per operazioni di capitale di vario genere: i soldi sono entrati e sono usciti fuori di nuovo. Sarebbe stato più onesto soccorrere direttamente i creditori, ma era troppo imbarazzante. Come i greci fanno notare, l'abbuono del debito è una pratica normale. La Germania, che nel XX secolo è andata più volte in default sia per quanto riguarda il debito interno sia per quanto riguarda quello con l'estero, ne ha beneficiato più volte. Quello che non può essere pagato non sarà pagato. L'idea che i greci debbano accumulare grosse eccedenze di bilancio per una generazione per restituire il denaro che i Governi creditori hanno usato per salvare i creditori privati dalla loro sconsideratezza è un'assurdità. Che cosa bisogna fare allora? Si può scegliere tra la cosa giusta, la cosa comoda e la cosa pericolosa. Come sostiene Reza Moghadam, ex direttore del dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, «l'Europa dovrebbe offrire un sostanzioso alleggerimento del debito, dimezzando il debito della Grecia e dimezzando il saldo di bilancio richiesto, in cambio di riforme». Una cosa del genere, aggiunge, sarebbe coerente con l'obbiettivo di un debito notevolmente al di sotto del 110 per cento del Pil, concordato dai ministri dell'Eurozona nel 2012. Ma queste riduzioni non dovrebbero essere effettuate in modo incondizionato. L'approccio migliore è quello delineato dall'iniziativa sui «Paesi poveri pesantemente indebitati» avviata nel 1996 dal Fmi e dalla Banca mondiale. Secondo i criteri fissati da questo programma, l'alleggerimento del debito viene accordato solo dopo che il Paese debitore ha soddisfatto criteri di riforma ben precisi. Un programma del genere sarebbe di grande beneficio per la Grecia, che ha bisogno di una modernizzazione politica ed economica. L'approccio politicamente comodo è continuare a «estendere e pretendere». Sicuramente ci sono modi per rimandare ulteriormente il giorno della resa dei conti. Ci sono anche modi per ridurre il valore attualizzato degli interessi e dei rimborsi senza ridurre il valore nominale. Tutto questo consentirebbe all'Eurozona di evitare di confrontarsi con le tesi di chi sosterrebbe l'opportunità morale di un alleggerimento del debito per altri Paesi colpiti dalla crisi, in particolare l'Irlanda. Ma un approccio del genere non è in grado di produrre quel risultato onesto e trasparente di cui c'è drammaticamente bisogno

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Gennaio 2015 a 17:41 Non ti pare un po' ridicolo che il prestito alla Grecia sia stato suddiviso tra i vari stati, indifferentemente dalla loro situazione( per cui, proporzionalmente, pagano di più gli stati messi in condizione peggiore?) e non, in maniera più solidaristica, assunto dalla BCE? L'Europa non può funzionare in questa maniera, sta buttando benzina sul fuoco dei movimenti anti-europei. Fabio Colasanti ha detto: Una conseguenza della vittoria di Syriza è il ritorno della regola del "no bail out". Quando è stata creata l'unione monetaria si era stabilito che ogni paese sarebbe stato solo responsabile per il suo debito pubblico, che gli altri stati non potevano essere tenuti responsabili per il debito di uno stato in difficoltà. Questo principio è stato consacrato in un articolo del trattato di Lisbona che è colloquialmente chiamato la causola del "no bail out". Quando è scoppiata la crisi greca, questa clausola è stata ignorata e gli altri paesi dell'eurozona si sono fatti carico del debito greco con i famosi 240 miliardi di euro di prestiti. Questo ha contribuito a ridurre gli scarti tra i tassi di interesse tra i paesi europei (gli spread). Ma la rinegoziazione ufficiale attuale del debito greco significa che i prestiti sono ufficialmente diventati dei grossi trasferimenti tra stati, che gli altri stati avranno effettivamente pagato il debito greco in parte o integralmente. La conseguenza ovvia di questa situazione è che nel futuro non ci saranno mai più prestiti di questo tipo, non ci sarà mai più un "bail out". L'unico elemento che impedirà agli spread di riaumentare sarà l'azione della BCE come annunciato da Mario Draghi nel luglio 2012 ("The ECB will do whatever it takes to save the euro"). Risposte a questa discussione

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Gennaio 2015 a 17:54

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E allora che i tedeschi si aspettino, prima o poi, un grand "Vaff..." da tanti altri paesi; se i suoi "statisti?" pensano soprattutto al proprio orticello, è lecito aspettarsi lo stesso dagli altri e allora, "addio Europa"; i capi di stato, se sono veramente europeisti, dovrebbero cominciare a spiegare ai rispettivi popoli che, a lungo andare, la politica degli "orticelli", anche se premiante nell'immediato per qualcuno, diventerà catastrofica per tutti, compreso quelli che all'inizio sembravano guadagnarci; ma, dopo Delors, Adenauer, Kol, Mitterand, Prodi, ho i miei dubbi che in Europa esistano ancora politici alla loro altezza, con la stessa visione, onestà intellettuale, lungimiranza; mi rattrista il fatto che, alla fine, la finanza anglosassone e le regole da essa introdotte, siano riuscite a spegnere il sogno e il progetto dell'Europa. Fabio Colasanti ha detto: Paolo, purtroppo siamo in una situazione molto difficile. La rinegoziazione del debito greco - più tutti i gesti che che Tsipras sta accumulando contro la Germania - stanno facendo montare un'ondata di risentimento molto forte. I tedeschi hanno la sensazione di aver già aiutato enormemente la Grecia e vedersi adesso accusati di averli affamati li sta spingendo verso un corale "Vaff..." nei confronti dei greci. La Merkel - che tutto sommato rappresenta ancora la parte ragionevole dell'elettorato tedesco, anche se molti non lo riconoscono - è già sotto pressione da parte di vari movimenti di destra: l'AfD che è al dieci per cento, Pegida, Legida e la CSU bavarese. Le prospettive sono che per evitare una sconfitta elettorale e l'apparire di un blocco alla sua destra con oltre il 20 per cento dei voti, la Merkel che ha portato la CDU a sinistra sia ora costretta a riportarla verso la destra. Le previsioni di tante persone con le quali ho discusso in questi giorni sono che la Merkel - come tutti gli altri governi - accetteranno un'ulteriore allungamento delle scadenze e un ulteriore abbassamento dei tassi di interesse. Ma al tempo stesso la Germania - e ancora di più la Finlandia e l'Austria - chiuderanno definitivamente la porta ad ogni tentativo di approfondimento dell'unione monetaria (unione bancaria, unione del mercato dei capitali, meccanismi di salvataggio, assicurazione comune sui depositi). Dovremo fare una croce su tutto quello che non è stato già deciso. Non riusciremo a fare nessuncambio significativo nel sistema dell'unione monetaria. Ne abbiamo fatti di considerevoli tra il 2010 ed oggi, ma dovremo accontenntarci di quello che è stato ottenuto. Nessuno spingerà attivamente la Grecia verso l'uscita dall'euro, ma se Tsipras dovesse parlarne si sentirebbe rispondere: "Accomodatevi", anche se questo significasse la cancellazione definitiva dei crediti verso il paese. Si sentono sempre più spesso discorsi sulla possibilità di un'uscita della Germania dall'euro. Quello che per il momento fa ritenere questa possibilità improbabile è il problema della Francia. I tedeschi non vorranno tagliare la relazione privilegiata con la Francia (ne noi vogliamo che questo succeda). paolo logli ha detto: Fabio, la tua risposta conferma l'estrema "leggerezza"del sistema.Non serve a nulla "accusare"Francia e Italia di aver voluto "aiutare" la Grecia a entrare.L'Unione "solo" monetaria,chiamiamola cosi', va rivista, con calma e attenzione, ma prima che la crisi abbia effetti disgreganti anche su altri paesi. L'Unione deve attrezzarsi, mi sembra,non solo per aiutare la Grecia,un po' alla volta,a costruirsi un sistema economico capace di rimborsare il suo debito, ma per affrontare le sfide economiche e politiche del mondo d'oggi, che non possono che ingigantirsi.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 17:55 Giampaolo, il prestito è stato diviso tra gli stati in base alla loro forza economica misurata dal PIL, il prestito è stato diviso tra gli stati esattamente nelle quote della loro partecipazione al capitale della BCE (quindi prestiti bilaterali o via la BCE è esattamente la stessa cosa). La stessa chiave di ripartizione è utilizzata anche per il fondo salva stati. La Slovacchia, paese più povero della Grecia, è stata esentata. Giampaolo Carboniero ha detto: Non ti pare un po' ridicolo che il prestito alla Grecia sia stato suddiviso tra i vari stati, indifferentemente dalla loro situazione( per cui, proporzionalmente, pagano di più gli stati messi in condizione peggiore?) e non, in maniera più solidaristica, assunto dalla BCE? L'Europa non può funzionare in questa maniera, sta buttando benzina sul fuoco dei movimenti anti-europei. Fabio Colasanti ha detto: Una conseguenza della vittoria di Syriza è il ritorno della regola del "no bail out".

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Quando è stata creata l'unione monetaria si era stabilito che ogni paese sarebbe stato solo responsabile per il suo debito pubblico, che gli altri stati non potevano essere tenuti responsabili per il debito di uno stato in difficoltà. Questo principio è stato consacrato in un articolo del trattato di Lisbona che è colloquialmente chiamato la causola del "no bail out". Quando è scoppiata la crisi greca, questa clausola è stata ignorata e gli altri paesi dell'eurozona si sono fatti carico del debito greco con i famosi 240 miliardi di euro di prestiti. Questo ha contribuito a ridurre gli scarti tra i tassi di interesse tra i paesi europei (gli spread). Ma la rinegoziazione ufficiale attuale del debito greco significa che i prestiti sono ufficialmente diventati dei grossi trasferimenti tra stati, che gli altri stati avranno effettivamente pagato il debito greco in parte o integralmente. La conseguenza ovvia di questa situazione è che nel futuro non ci saranno mai più prestiti di questo tipo, non ci sarà mai più un "bail out". L'unico elemento che impedirà agli spread di riaumentare sarà l'azione della BCE come annunciato da Mario Draghi nel luglio 2012 ("The ECB will do whatever it takes to save the euro").

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 28 Gennaio 2015 a 18:11 MI permetto di partecipare a questo dibattito anche se vi prego di prendere " con le molle" le mie affermazioni in quanto io stesso sono pieno d'incertezze e di dubbi . Premesso questo, la mia sensazione è che il problema posto dalla povertà , dalla difficoltà di crescita e di tenuta finanziaria della Grecia con non ultima la sua difficoltà di rimborso del debito contratto porranno presto il problema della sostenibilità anche degli altri paesi del sud Europa e la validità o meno della stessa impostazione europea. Partiamo da una constatazione . alcuni paesi dell'area si sono progressivamente impoveriti e per mantenere il proprio livello di vita e in alcuni casi per sopravvivere hanno aumentato il proprio indebitamento a tal punto da rischiare o essere proprio giunti al fallimento . Cosa significa tutto questo? perchè questo impoverimento progressivo? Le principali cause possono essre ricondotte per larghe linee in cause interne ed esterne: In linea di massima la prima cosa da verificare è se l'impoverimento riguarda l'intera società oppure solo alcuni strati della popolazione .Parliamo dunque dell' ineguaglianza delle ricchezze e dei redditi e delle conseguenze che queste hanno sulla crescita o sull'impoverimento progressivo di quel paese. La seconda cosa è se siamo in presenza o meno del pieno utilizzo dei fattori produttivi di quel paese o se per motivi di opportunismo , potere , privilegio , corruzione ed altro si è affermata una struttura economica inefficiente , inadeguata, incapace di valorizzare le proprie risorse. La terza cosa è verificare se in qualche modo l'indebitamento è stato effettuato per consentire un livello complessivo di vita non sostenibile basandosi pertanto su previsioni errate del proprio sviluppo . Esiste poi un problema legato alla posizione internazionale della Grecia all'interno della produzione della catena del valore ed alla possibile presenza di uno scambio ineguale su alcune merci e prodotti. Tutti questi problemi di carattere generale riguardano anche gli altri paesi dell'area del Sud Europa ed ho l'impresisone che ben presto non bastera correre in fretta per risolverli . Stiamo perdendo tempo . Veniamo alla gestione finanziaria del debito eccessivo di questi paesi . Se avessero la possibilità di monetizzare con la continua emissione di moneta da parte della Banca centrale il proprio debito il risultato sarebbe che l'impoverimento reale progressivo verrebbe spalmato generalmente su tutta la società grazie all'inflazione dei prezzi ed alla contemporanea svalutazione del potere d'acquisto . Chi ricorda l'inflazione a due cifre in Italia sa bene che i primi a soffrirne erano i salari . gli stipendi ,le pensioni ed i risparmi non investiti adeguatamente . Tutti i beni primari e di massima utilità subivano continui aumenti. I servizi sociali erano limitati. Il cambio veniva svalutato e questo in qualche modo c'impoveriva tutti quando dovevamo comprare delle meci estere preferendo i prodotti nazionali ma le nostre merci diventavano competitive sui mercati esteri . Solo dopoi anni ed in presenza di consistenti avanzi dei conti con l'estero si può ritornare ad una situazione di relativo equilibrio e di ripresa di crescita effettiva. In sostanza la sostenibilità del debito avviene attraverso un suo ridimensionamento monetario e l'impoverimento generale altrettanto immediato del potere d'acquisto dei suoi cittadini. Se grazie a questo progressivamente riparte la crescita produttiva avviene normalmente partendo da una posizione più arretrata all'interno della divisione internazionale del lavoro e della produzione del valore . Del resto questo era già avvenuto nei fatti e lo scossone monetario permette solo la stabilizzazione generale del fenomeno .Nulla garantisce il miglioramento effettivo che dipende in ogni caso solo ed esclusivamente dalle decisioni e dagli sforze dell'intera comunità sociale verso il miglior funzionamento del sistema socioeconomico ed il miglior utilizzo dei fattori produttivi .

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I fautori della moderna teoria monetaria ritengono che questo processo sia quasi automatico ,quasi deterministico e che l'emissione monetaria ( lo stampare moneta) , costituendo un anticipo sui futuri guadagni sociali e sullo sviluppo del PIL costitisca in ogni caso un tale stimolo all'economia da essere un potente motore di crescita. Ho profondi dubbi su tutto questo . Sono sempre più convinto che solo la capacità di cambiamento di una comunità di persone è la condizione indispensabile per la ripresa della crescita . La capacità di re tutte le condizioni che bloccano il pieno sviluppo ed utilizzo dei fattori produttivi. Solo allora il ricorso all'indebitamento anche sosetnuto dal Quantitative easing puà produrre efeftti positivi perchè saremo di fronte veramente ad un processo di sviluppo che pagherà ampiamente i costi dell'indebitamento. Se tuttavia non vi è la sovranità monetaria i giochi sono all'apparenza profondamente diversi ma simili . Il problema è sempre la capacità sociale di rivoluzionare il proprio sisetma socioeconomico per ottenere le condizioni dello sviluppo . In questo caso può ed ha bisogno della fiducia degli investitori . La questione diventa quella di contrattare le condizioni del fallimento precedente mantenendo la fiducia per una ripresa di rapporti soddisfacenti sul nuovo corso . Non riesco a vedere alternative a tutto questo che non siano alla fine causa di grosse tensioni fra i diversi paesi che in passato hanno portato sino all'insorgere di conflitti armati. Non si può pensare di pretendere o addirittura imporre un sacrificio economico agli altri senza chiederne l'approvazione ed in qualche modo la condivisione . Non mi permetto di fare ipotesi nè proposte specifiche che rischierebbero di essere campate in aria. L'ultima cosa che non condivido è dare la colpa dei propri mali agli investitori esteri , alla finanza internazionale che avrebbe approfittato della situazione per strozzare il paese debitore. I tassi elevato d'interesse corrisposti sul debito di qualunque emittente sono purtroppo la remunerazione del rischio dell'attività e/o del paese. . L'investitore sa parfettamente che il maggior rendimento può comportare un maggior rischio ma in qualche modo pensa sempre che possa essere sostenuto ed accorda fiducia. La fiducia è una cosa ben diversa dallo strozzinaggio e pensare di fare a meno della fiducia dei mercati bollandoli tutti per approfittatori non è una strada consigliabile. C'è ancora da dire che la cosiddetta finanza internazionale è composta alla fine per la maggior parte nella gestione centralizzata di risparmi d'innumerevoli correntisti con esigenze molto simili alle nostre

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 18:25 Giuseppe, Sono d'accordo con tutta la tua analisi. La caratteristica commune del rallentamento della crescita nei paesi del sud Europa, ma anche dell'Irlanda è stata la perdita di competitività all'interno dell'unione monetaria. In misura diversa, tutti i paesi con una tradizione "inflazionista" non hanno fatto molto per correggerla e hanno perso competitività, esportazioni e crescita. Alcuni l'hanno compensata con l'indebitamento privato (soprattuto Spagna e Irlanda con la bolla immobiliare, ma anche gli altri in misura minore), la Grecia l'ha compensato soprattutto con l'indebitamento pubblico e l'Italia e il Portogallo che non hanno fatto ricorso massiccio a queste due strade hanno registrato i due tassi di crescita più bassi dell'Ue. In tutti i paesi, ricchi e poveri, vediamo da trenta anni un aumento della diseguaglianza dei redditi. In gran parte questa è dovuta a motivi strutturali difficli da correggere. Sarebbe stato necessario un aumento dello sforzo redistributivo pubblico che invece non si è visto. La tua analisi della monetizzazione del debito attraverso l'inflazione e le sue conseguenze sociali inique è quella che tutti hanno fatto e che ci ha portato ad aderire all'unione monetaria proprio per evitare questo risultato. Non possiamo adesso vederlo come un risultato sorprendente – ma questo è quello che alcuni asseriscono – quando questo era proprio uno degli obiettivi ricercati.

Risposto da paolo logli su 28 Gennaio 2015 a 19:17 Fabio,dei conoscenti tedeschi mi hanno detto che le loro banche hanno apertamente criticato, coi loro clienti,la politica di Draghi in quanto essa, pensata per aiutare la Grecia, avrebbe il risultato, intanto, di quasi azzerare il saggio di interesse sui loro risparmi. E i risparmiatori tedeschi terranno presente questo al momento del voto!

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Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 19:33 Paolo, la cosa è ancora più grave. Durante la campagna eleltorale per le elezioni europee perfino i socialisti, Sigmar Gabriel per primo, hanno criticato la BCE per aver espropriato i risparmi dei tedeschi. In Germania le famiglie hanno molti più risparmi finanziari che in Italia, ma di solito non sono proprietarie di una casa. Questo fa si che la remunerazione dei risparmi sia un tema grosso. L'accusa di espropriazione è dovuta al fatto che i tassi di interesse sui risparmi sono più bassi del tasso di inflazione. Durante un dibattito alla televisione Martin Schlz non ha avuto paura del ridicolo quando ha detto che la BCE doveva essere ancora più aggressiva per abbassare il costo del danaro per l'economia, ma che doveva far si che la remunerazione dei depositi fosse più alta ! paolo logli ha detto: Fabio,dei conoscenti tedeschi mi hanno detto che le loro banche hanno apertamente criticato, coi loro clienti,la politica di Draghi in quanto essa, pensata per aiutare la Grecia, avrebbe il risultato, intanto, di quasi azzerare il saggio di interesse sui loro risparmi. E i risparmiatori tedeschi terranno presente questo al momento del voto!

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 20:04 Riporto un paragrafo da un articolo di Michele Salvati sul Corriere della Sera di oggi 28 gennaio. Nell'articolo parla di tre scommesse perse. Questa è la terza illusione, la terza scommessa irrealistica, quella di scambiare il sogno di un’Europa federale con la realtà, una realtà in cui un demos europeo è molto debole, la politica è ancora largamente un affare nazionale, i sospetti e i pregiudizi dei singoli Paesi dell’Unione nei confronti degli altri sono molto forti. Se persino una parte del popolo italiano — quella rappresentata dalla Lega — protesta contro lo sforzo di mutualità richiesto alle regioni più ricche a sostegno di quelle più povere, e questo dopo 150 anni di unità politica, come illudersi che la Germania avrebbe potuto comportarsi diversamente con l’Italia? Questo è quello che ripeto da anni in questo circolo e che molti non vogliono credere. Non esiste un demos europeo, le elezioni si fanno su base nazionale e i governi rispondono ai loro elettori, non a quelli "europei". Questa è la realtà che tanti in Italia non vogliono vedere. Dobbiamo "costruire l'Europa", ma non partendo da premesse false che portano a fare richieste che non solo non saranno mai accolte, ma non vengono nemmeno discusse perché nessun governo le propone per paura di essere considerato poco serio. La realtà in Europa, che penso di conoscere abbastanza bene, non è quella che si sogna in Italia.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Gennaio 2015 a 23:31 Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Lauro Colasanti su 28 Gennaio 2015 a 23:37 Alcune piccole notizie dalla Grecia e dell'umore di alcuni greci.

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Alcuni amici greci (purtroppo non ho avuto occasione di parlare con molti) hanno votato Syriza, sono contenti della vittoria, ma nello stesso tempo sono un po' preoccupati / perplessi / sorpresi del rapido accordo con Kammenos che ovviamente è mal visto; avrebbero preferito un accordo con To Potami. Una collega italiana che conosce bene Kammenos (suo marito greco è stato candidato per Anel nelle precedenti elezioni) dice che erano già d'accordo da prima delle elezioni che in caso di non autosufficienza di Syriza avrebbero fatto un governo insieme; ovviamente avrebbero messo da parte tutti i temi di ovvio attrito (riconoscimento della Repubblica di Macedonia, immigrazione, divisione stato - chiesa, ecc.) nel pacchetto dovrebbe far parte anche il nome del presidente della repubblica. Certo oggi alcuni attriti ci sono già stati, anche se molto meno significativi e notati dei punti di convergenza. Il fatto è che a tutti i nuovi ministri non è sembrato vero vedersi circondati da decine di giornalisti che chiedevano loro informazioni, e quindi in molti si sono lasciati andare nella descrizione dei progetti più svariati sui i quali il governo non ha ancora preso ovviamente nessuna posizione e sui quali difficilmente ci potrà essere un accordo come quello della concessione della nazionalità agli immigrati nati in Grecia. Se si vuole continuare a mantenere un po' di ottimismo bisogna trasferirsi idealmente in un bazar balcanico: le prime richieste sono sempre altissime, ti fai accompagnare non dall'amico buono che vuole concludere l'accordo a tutti i costi, ma da quello grosso e cattivo che alza la voce più di te, poi dopo molti scambi di battute, pacche sulle spalle e insulti, le posizioni si avvicinano. Attenzione però, serve molta pazienza e saper dosare bastone e carota; la trattativa è davvero interessante se mentre si svolge nessuno sa davvero come va a finire...

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 0:35 Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 29 Gennaio 2015 a 1:49 Riflessione politica dell'art.di la Voce.info e commento su quanto detto da P.Logli che riferiva le chiacchiere dei bancari tedeschi e tu che continui a riferire del tipo di reazione del popolo tedesco: vuol dire che per loro va meglio ora, no? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche.

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Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 2:12 Giampaolo, la discussione sta scadendo. Non so quale sia la ragione della tua aggressività contro tutto e contro tutti, ma certo non aiuta a discutere. No, i tedeschi adesso non stanno affatto meglio. In Europa stiamo tutti peggio di come dovremmo stare. Io riferisco le reazioni dei tedeschi e di tanti altri popoli europei perché tu continui a sparare sentenze sull'Europa, su quello che dovrebbe essere fatto e su quello che gli altri dovrebbero accettare senza avere la benché minima idea di cosa pensino gli altri europei e senza cercare di capire cosa li preoccupa. Solo stasera hai inveito contro tre "scandali" che non esistono o non sono tali. Per quanto riguarda l'Europa, tu ti metti esattamente nella situazione denunciata da Michele Salvati: prendi i tuoi desideri per realtà. Immagini che gli altri "popoli" europei vogliano le cose che vuoi tu e pensi che queste non si ottengano per chissà quale complotto ordito da forze reazionarie (le banche, la finanza, i burocrati, ecc.) La realtà è molto più semplice: la maggioranza degli altri europei non vuole quello che vuoi tu. Fattene una ragione. Giampaolo Carboniero ha detto: Riflessione politica dell'art.di la Voce.info e commento su quanto detto da P.Logli che riferiva le chiacchiere dei bancari tedeschi e tu che continui a riferire del tipo di reazione del popolo tedesco: vuol dire che per loro va meglio ora, no? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de... Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 7:57 Tsipras comincia male (e la borsa ieri è scesa in maniera catastrofica, molto più di quanto era scesa lunedì dopo le elezioni). Ha bloccato le privatizzazioni. E pensare che pure i sindacati avevano riconosciuto che dopo la privatizzazione del porto merci del Pireo il traffico e l'occupazione erano aumentate. Ma l'ideologia e il nazionalismo

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hanno prevalso. Se si bloccano le privatizzazioni, le speranze di ristrutturare l'economia greca vanno a farsi benedire. Si profila anche un primo conflitto con il resto dell'Europa sulla Russia. Speriamo che abbia ragione Lauro quando parla di fase iniziale del negoziato in un bazar balcanico.

Risposto da Alessandro Bellotti su 29 Gennaio 2015 a 8:56 Quindi, se capisco bene, i 43 miliardi di cui parla LaVoce peseranno, in caso (certo) di mancata restituzione da parte della Grecia, sulla fiscalità generale italiana ? Quindi quasi 3 punti di PIL di nuove tasse ? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 29 Gennaio 2015 a 10:16 @Fabio Una domanda: sai a quanto ammonta la quota complessiva di fondi strutturali , sociali ecc europei previsti nel bilancio europeo 2014/ 2020 a favore della Grecia?

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 29 Gennaio 2015 a 11:06 @tutti sarebbe interessante valutare il modo in cui l'operazione di QE della BCE possa essere utilizzata dal nuovo governo greco per aiutare la crescita economica del paese. e se questo non possa essere uno dei punti della negoziazione ad esempio sull'entità del deficit. Si tratterebbe in sostanza di " nuova finanza" all'interno di un piano di ristrutturazione del debito.Concetto comune in molti piani di rientro in cui ci si preoccupa che il debitore abbia i mezzi per riprendere a fare gli utili necessari per sviluppare l'attività e consentire un risanamento del consolidato finanziario. A livello complessivo europeo continuo a sostenere che ci muoviamo all'interno di un contorto compromesso di cui l'ultima evidenza è costutita dalla decisione di spostare sulel Banche Centrali Nazionali l'80% del rischio insito sull'operazione di QE della BCE. Sarebbe stato preferibile che la BCE avesse finanziato in tal modo direttamente un piano ipotetico Juncker di un'Europa che non esiste . In ogni caso è una possibilità di risorse aggiuntive destinate all'economia europea . Il problema è come fare in modo che arrivino ad essere utilizzate se il cavallo è terrorizzato e non mangia e non beve . Si dovrebbe avere il coraggio di utilizzare queste risorse in piani nazionali di spesa organizzati in sinergia fra pubblico e privato in modo da non spaventare i mercati con un possibile ulteriore allargamento dei

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deficit nazionali . senza la presenza di un realistico e controllabile piano d'investimento di cui è possibile misurare gli effetti. La seconda domanda che porrei a tutti è : Che fine ha fatto la proposta del PSE per la realizzazione di una misura di sostegno alla disoccupazione di carattere europeo? Quali conseguenze avrebbe ? Quale il suo significato politico inevitabile da considerare insieme all'azione di QE della BCE? Questi sarebbero e sono fatti reali e concreti che possono avere delle conseguenze estremamente interessanti e positive per la costruzione dell'Europa . Siamo in grado di utilizzarli? Siamo in grado di coglierne le possibilità e le conseguenze? Si può chiedere che, analogamente al mancato conteggio dei cofinanziamenti nazionali del Piano Juncker, gli eventuali utilizzi dell'operazione di QE per la monetizzazione di quote aggiuntive di debito possano essere non conteggiate nei parametri del Fiscal Compact? Si può pensare anche all'introduzione di un livello di salario minimo comune nell'area euro?

Risposto da giorgio varaldo su 29 Gennaio 2015 a 11:16 Almeno da cosa dicono i parenti tedeschi una misura di sostegno della disoccupazione che veda l'esborso di un solo centesimo tedesco a favore dei disoccupati degli stati mediterranei non troverebbe nessun politico tedesco disposto a presentarla (neanche di die linke).

Risposto da Giampaolo Carboniero su 29 Gennaio 2015 a 18:55 Forse scade perchè sempre pane per polenta; ho postato l'art.della Voce.info che faceva certe osservazioni e ne traeva certe deduzioni, sul fatto che tanti governi e anche giornali economici internazionali abbiano visto con sollievo, o poca preoccupazione, l'elezione di Tsipras, mentre per la Germania ha parlato subito il governatore della Bundesbank ( dal che io penso che lui si senta autorizzatoa farlo, visto che nessuno gli ha tirato gli orecchi); altra considerazione viene fatta sulla governance, e la sua direzione, europea: poi tu, giorgio e altri continuate a citare i sentimenti degli elettori tedeschi, nord europei, ecct., stufi di pagare per lo scialo dei bilanci dell'Italia e altri: a parte che citare l'opinione di qualche amico e parente non vuol dire citare l'opinione di una nazione, io, a parte contestare questo, dico che, se veri, tali sentimenti sono diffusi e rinfocolati dalla politica di quegli stati, e non penso lo facciano in nome della morale, padronissimi altri di pensarla diversamente; certo è che se i capi politici anzichè ragionare con la testa ragionano con la pancia, l'Europa, e l'euro, non faranno ancora tanta strada. P.S. Quello che dovrebbe essere fatto lo ricavo da quanto dice la Voce.info nell'articolo, da Piketty, Krugman, Stiglitz, Prodi, e tanti altri che ho, abbiamo, in tanti, inutilmente postato perchè tu possa coltivare almeno qualche dubbio all'interno delle tue granitiche certezze, per cui ti pregherei di non essere offensivo (sottilmente, perchè lo si può fare in mille maniere), e meno supponente, perchè di fanatici che hanno sempre la "verità" in tasca ne ho abbastanza, e se, per caso, non hai più voglia di discutere, o non mi ritieni all'altezza, sarebbe sufficiente dire: io mi tengo la mia opinione, tu la tua, e buona pace al signore. II P.S. In genere tendo a non sparare sentenze; di solito cito altre opinioni con cui concordo, per cui sarebbe corretto contestare le opinioni, non continuare a sottolineare l'incompetenza tecnica degli interlocutori, citando dati, grafici, studi in ostrogoto, ecct.; i concetti delle politiche economiche sono semplici, come le loro premesse e le loro conseguenze; scusami tanto ma, so che anche su questo siamo in disaccordo, per me è la politica che deve regolare e indirizzare l'economia e non viceversa. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, la discussione sta scadendo. Non so quale sia la ragione della tua aggressività contro tutto e contro tutti, ma certo non aiuta a discutere. No, i tedeschi adesso non stanno affatto meglio. In Europa stiamo tutti peggio di come dovremmo stare. Io riferisco le reazioni dei tedeschi e di tanti altri popoli europei perché tu continui a sparare sentenze sull'Europa, su quello che dovrebbe essere fatto e su quello che gli altri dovrebbero accettare senza avere la benché minima idea di cosa pensino gli altri europei e senza cercare di capire cosa li preoccupa. Solo stasera hai inveito contro tre "scandali" che non esistono o non sono tali.

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Per quanto riguarda l'Europa, tu ti metti esattamente nella situazione denunciata da Michele Salvati: prendi i tuoi desideri per realtà. Immagini che gli altri "popoli" europei vogliano le cose che vuoi tu e pensi che queste non si ottengano per chissà quale complotto ordito da forze reazionarie (le banche, la finanza, i burocrati, ecc.) La realtà è molto più semplice: la maggioranza degli altri europei non vuole quello che vuoi tu. Fattene una ragione. Giampaolo Carboniero ha detto: Riflessione politica dell'art.di la Voce.info e commento su quanto detto da P.Logli che riferiva le chiacchiere dei bancari tedeschi e tu che continui a riferire del tipo di reazione del popolo tedesco: vuol dire che per loro va meglio ora, no? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 29 Gennaio 2015 a 19:03 I dati li puoi trovare qui, al punto 1.1 http://www.conaf.it/sites/default/files/documentazione%20accordo%20... Ciao. Giuseppe Ardizzone ha detto: @Fabio Una domanda: sai a quanto ammonta la quota complessiva di fondi strutturali , sociali ecc europei previsti nel bilancio europeo 2014/ 2020 a favore della Grecia?

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 23:29 Alessandro, esatto. La differenza tra il valore nominale dei titoli che lo stato italiano ha emesso per raccogliere i fondi trasferiti alla Grecia ed il valore ufficiale del debito residuo della Grecia costituisce una spesa dello stato che si ripercuote sul disavanzo dell'anno in cui l'operazione viene realizzata. In ogni caso, il debito verso il FMI e verso la BCE non sarà toccato (anche i greci lo sanno e non lo chiedono). Questo riduce un poco la parte a rischio che, secondo i miei calcoli, dovrebbe essere di circa 34 miliardi, poco più di due punti di PIL. Se, mettiamo, la metà del debito greco fosse cancellata, il disavanzo italiano dell'anno aumenterebbe di 17 miliardi che dovrebbero essere compensati prima opoi da tagli di spesa o aumenti di tasse. Se invece il taglio fosse realizzato attraverso un allengamento ulteriore delle scadenze e una riduzione ulteriore dei tassi di interesse, la perdita per i contribuenti italiani sarebbe la stessa, ma meno visibile. Il costo in bilancio che sarebbe iscritto ogni anno è la differenza tra gli interessi che l'Italia paga sui titoili che ha emesso e la cifra, più bassa, di quanto ricevuto come interessi dalla Grecia. E al rimborso finale tra, mettiamo cinquanta anni, il valore reale del

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prestito sarebbe una piccola frazione di quello attuale. Se vogliamo, in questo secondo caso, il costo sarebbe meno visibile perché spalmato su vari decenni. Alessandro Bellotti ha detto: Quindi, se capisco bene, i 43 miliardi di cui parla LaVoce peseranno, in caso (certo) di mancata restituzione da parte della Grecia, sulla fiscalità generale italiana ? Quindi quasi 3 punti di PIL di nuove tasse ? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 23:36 Giuseppe, sono in viaggio (a Roma) e non ho molto tempo. Cerchero' la cifra esatta quando saro' a casa. Ma negli ultimi anni i fondi per la Grecia si sono sempre aggirati su di una cifra tra il due e il tre per cento del PIL greco. Giuseppe Ardizzone ha detto: @Fabio Una domanda: sai a quanto ammonta la quota complessiva di fondi strutturali , sociali ecc europei previsti nel bilancio europeo 2014/ 2020 a favore della Grecia?

Risposto da Fabio Colasanti su 29 Gennaio 2015 a 23:41 Giuseppe, la QE aiuta la Grecia, come gli altri paesi, attraverso i tassi di interesse più bassi e il tasso di cambio più basso dell'euro. Il vantaggio che gli altri paesi hanno sugli interessi del debito pubblico per la Grecia gioca pochissimo, visto che non ha quasi titoli sul mercato. Il suo debito è con FMI, BCE e governi. Giuseppe Ardizzone ha detto: @tutti sarebbe interessante valutare il modo in cui l'operazione di QE della BCE possa essere utilizzata dal nuovo governo greco per aiutare la crescita economica del paese. e se questo non possa essere uno dei punti della negoziazione ad esempio sull'entità del deficit. Si tratterebbe in sostanza di " nuova finanza" all'interno di un piano di ristrutturazione del debito.Concetto comune in molti piani di rientro in cui ci si preoccupa che il debitore abbia i mezzi per riprendere a fare gli utili necessari per sviluppare l'attività e consentire un risanamento del consolidato finanziario.

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A livello complessivo europeo continuo a sostenere che ci muoviamo all'interno di un contorto compromesso di cui l'ultima evidenza è costutita dalla decisione di spostare sulel Banche Centrali Nazionali l'80% del rischio insito sull'operazione di QE della BCE. Sarebbe stato preferibile che la BCE avesse finanziato in tal modo direttamente un piano ipotetico Juncker di un'Europa che non esiste . In ogni caso è una possibilità di risorse aggiuntive destinate all'economia europea . Il problema è come fare in modo che arrivino ad essere utilizzate se il cavallo è terrorizzato e non mangia e non beve . Si dovrebbe avere il coraggio di utilizzare queste risorse in piani nazionali di spesa organizzati in sinergia fra pubblico e privato in modo da non spaventare i mercati con un possibile ulteriore allargamento dei deficit nazionali . senza la presenza di un realistico e controllabile piano d'investimento di cui è possibile misurare gli effetti. La seconda domanda che porrei a tutti è : Che fine ha fatto la proposta del PSE per la realizzazione di una misura di sostegno alla disoccupazione di carattere europeo? Quali conseguenze avrebbe ? Quale il suo significato politico inevitabile da considerare insieme all'azione di QE della BCE? Questi sarebbero e sono fatti reali e concreti che possono avere delle conseguenze estremamente interessanti e positive per la costruzione dell'Europa . Siamo in grado di utilizzarli? Siamo in grado di coglierne le possibilità e le conseguenze? Si può chiedere che, analogamente al mancato conteggio dei cofinanziamenti nazionali del Piano Juncker, gli eventuali utilizzi dell'operazione di QE per la monetizzazione di quote aggiuntive di debito possano essere non conteggiate nei parametri del Fiscal Compact? Si può pensare anche all'introduzione di un livello di salario minimo comune nell'area euro?

Risposto da Alessandro Bellotti su 30 Gennaio 2015 a 8:36 Sarebbe possibile un trasferimento di debito da Grecia ad Italia ? Visto i bassi tassi di interesse che stiamo pagando ci conviene probabilmente innalzare il debito del paese, magari emettendo titoli a 10 anni, piuttosto che 'scaricare' un pò di decine di miliardi su un solo anno. Fabio Colasanti ha detto: Alessandro, esatto. La differenza tra il valore nominale dei titoli che lo stato italiano ha emesso per raccogliere i fondi trasferiti alla Grecia ed il valore ufficiale del debito residuo della Grecia costituisce una spesa dello stato che si ripercuote sul disavanzo dell'anno in cui l'operazione viene realizzata. In ogni caso, il debito verso il FMI e verso la BCE non sarà toccato (anche i greci lo sanno e non lo chiedono). Questo riduce un poco la parte a rischio che, secondo i miei calcoli, dovrebbe essere di circa 34 miliardi, poco più di due punti di PIL. Se, mettiamo, la metà del debito greco fosse cancellata, il disavanzo italiano dell'anno aumenterebbe di 17 miliardi che dovrebbero essere compensati prima opoi da tagli di spesa o aumenti di tasse. Se invece il taglio fosse realizzato attraverso un allengamento ulteriore delle scadenze e una riduzione ulteriore dei tassi di interesse, la perdita per i contribuenti italiani sarebbe la stessa, ma meno visibile. Il costo in bilancio che sarebbe iscritto ogni anno è la differenza tra gli interessi che l'Italia paga sui titoili che ha emesso e la cifra, più bassa, di quanto ricevuto come interessi dalla Grecia. E al rimborso finale tra, mettiamo cinquanta anni, il valore reale del prestito sarebbe una piccola frazione di quello attuale. Se vogliamo, in questo secondo caso, il costo sarebbe meno visibile perché spalmato su vari decenni. Alessandro Bellotti ha detto: Quindi, se capisco bene, i 43 miliardi di cui parla LaVoce peseranno, in caso (certo) di mancata restituzione da parte della Grecia, sulla fiscalità generale italiana ? Quindi quasi 3 punti di PIL di nuove tasse ? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche.

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Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da giorgio varaldo su 30 Gennaio 2015 a 9:27 l'ultima acciaieria greca la halivourgiki ha chiuso. sentito un ex collega che conosce questa acciaieria il motivo è il costo dell'energia elettrica mediamente di 77 euro per Mwh (più del doppio di quello italiano) quindi costo del prodotto fuori mercato. Più economico importare acciaio piuttosto che fabbricarlo in loco Ed il costo favorevole dell'energia elettrica nella vicina bulgaria (46euro per Mwh) ha spinto molte aziende greche a delocalizzare in quel paese ed anche in macedonia ed albania (non conosco i costi di questi due paesi) Poi leggendo le note di fabio si scopre che in grecia è diffuso il vezzo di non pagare l'energia elettrica per le case. Far pagare le bollette fa parte del programma di tsipras o è sentito come una imposizione della bieca frau angela? Risposte a questa discussione

Risposto da giovanni de sio cesari su 30 Gennaio 2015 a 10:26 Per chi ne sa piu di me Vediamo se ho capito qualcosa della faccenda greca Al netto della propaganda ( pure importante) e dei principi ( pure importantissimi), Tsipras puo ottenere un ulteriore dilazione del rimborso del debito non la cancellazione: ma si tratta solo di apparenza . in realta il debito non sara mai rimborsato, non è pensabile che fra 50 anni i figli dei greci lavorino per rimborsare i nostri figli. ( mi ricorda le riparazione della Germania al trattato di Versailles ripartite in 40 anni, mi pare,) Tsipras non puo pero adottare una politica economica diversa da quella del rigore ( del contenimento) perche non controlla la moneta: dovrebbe uscire dall’euro ma rinunciare cosi anche ai sostanziosi aiuti UE. Potrebbe spremere tutto il possibile dalla UE e poi uscire dall’euro. ma pure cosi il disastro sarebbe generale per un paese come la Grecia Puo solo fare una politica di equità fiscale, di modernizzazione che la UE invano sta raccomandando da sempre la UE ha buttato un pozzo di soldi nel pozzo senza fondo della Grecia , cosa sopportabile per paesi prosperi con avanzi di bilancio ma particolarmente gravosi per chi come noi sta allo stremo: è stato possibile perche la gente (elettore) non se ne è resa conto. Ovviamente non si tratta di una opera caritatevole ma del timore di contagio per l’euro che ora pare svanito Sono questi i fatti ?

Risposto da Cristina Favati su 30 Gennaio 2015 a 10:54 http://www.internazionale.it/opinione/andrea-pipino/2015/01/29/gli-... Davvero c'è Putin dietro Syriza?

Risposto da Fabio Colasanti su 30 Gennaio 2015 a 16:28 Alessandro,

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questo è esattamente quello che è stato fatto tra il 2010 ed il 2011. Tutti gli stati dell'eurozona si sono indebitati sui mercati e hanno trasferito i soldi alla Grecia e questa ha fatto un accordo con i creditori per cancellare 70 miliardi di debito e rimborsare il resto del suo debitopubblico. L'Italia ha già emesso i titoli necessari per raccogliere i suoi 40 miliardi, ma ha dovuto farlo nel 2010, 2011 ai tassi di allora. Nel 2010 e 2011, come la Banca d'Italia spiega nelle sue tabelle, l'indebitamento italiano è aumentato non solo per i nuovi debiti che noi abbiamo dovuto fare per finanziare i nostri disavanzi, ma anche per raccogliere i fondi per gli aiuti alla Grecia, all'Irlanda, al Portogallo, alla Spagna, a Cipro e per finanziare la nostra quota del capitale del fondo salva-stati. Alessandro Bellotti ha detto: Sarebbe possibile un trasferimento di debito da Grecia ad Italia ? Visto i bassi tassi di interesse che stiamo pagando ci conviene probabilmente innalzare il debito del paese, magari emettendo titoli a 10 anni, piuttosto che 'scaricare' un pò di decine di miliardi su un solo anno. Fabio Colasanti ha detto: Alessandro, esatto. La differenza tra il valore nominale dei titoli che lo stato italiano ha emesso per raccogliere i fondi trasferiti alla Grecia ed il valore ufficiale del debito residuo della Grecia costituisce una spesa dello stato che si ripercuote sul disavanzo dell'anno in cui l'operazione viene realizzata. In ogni caso, il debito verso il FMI e verso la BCE non sarà toccato (anche i greci lo sanno e non lo chiedono). Questo riduce un poco la parte a rischio che, secondo i miei calcoli, dovrebbe essere di circa 34 miliardi, poco più di due punti di PIL. Se, mettiamo, la metà del debito greco fosse cancellata, il disavanzo italiano dell'anno aumenterebbe di 17 miliardi che dovrebbero essere compensati prima opoi da tagli di spesa o aumenti di tasse. Se invece il taglio fosse realizzato attraverso un allengamento ulteriore delle scadenze e una riduzione ulteriore dei tassi di interesse, la perdita per i contribuenti italiani sarebbe la stessa, ma meno visibile. Il costo in bilancio che sarebbe iscritto ogni anno è la differenza tra gli interessi che l'Italia paga sui titoili che ha emesso e la cifra, più bassa, di quanto ricevuto come interessi dalla Grecia. E al rimborso finale tra, mettiamo cinquanta anni, il valore reale del prestito sarebbe una piccola frazione di quello attuale. Se vogliamo, in questo secondo caso, il costo sarebbe meno visibile perché spalmato su vari decenni. Alessandro Bellotti ha detto: Quindi, se capisco bene, i 43 miliardi di cui parla LaVoce peseranno, in caso (certo) di mancata restituzione da parte della Grecia, sulla fiscalità generale italiana ? Quindi quasi 3 punti di PIL di nuove tasse ? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, prima di fare affermazioni roboanti, forse sarebbe meglio informarsi. Le banche tedesche (come quelle francesi, italiane e altre) non hanno praticamente nessuna esposizione verso la Grecia. La Grecia ha pochissimi titoli sul mercato, si tratta di titoli a breve termine e sono detenuti soprattutto dalle banche greche e da qualche Hedge Fund. La rinegoziazione del debito di cui si parla riguarda esclusivamente il debito nei confronti degli altri stati dell'eurozona (non riguarda il debito nei confronti del FMI, non riguarda il debito nei confronti della BCE e non riguarda certo i titoli sul mercato). Quindi l'eventuale taglio del debito avrà un costo per i contribuenti, ma non avrà nessun effetto sulle banche. Dalla situazione attuale le banche tedesche (e quelle di altri paesi) non traggono nessun vantaggio e non ne hanno nessuno svantaggio (a parte il fatto che è nell'interesse di tutti che le economie vadano meglio, anche delle banche). Giampaolo Carboniero ha detto: Io riporto invece una riflessione della Voce.info, se ne possono trarre alcune conseguenze, non in linea con quanto vogliono le banche tedesche, che dalla situazione attuale continuano ad avere vantaggi, ma con quanto sarebbe giusto e logico fare se si vuole che l'Europa, come progetto in divenire, possa completare, o avviarsi a completare il suo percorso : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/27/grecia-le-conseguenze-de...

Risposto da Fabio Colasanti su 30 Gennaio 2015 a 17:00 Giovanni,

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con una dilazione non è che il debito non sia "mai" ripagato, ma quello che sarà ripagato sarà due terzi, la metà o un quarto di quello che la Grecia ha ricevuto a seconda delle dilazioni di scadenze e abbassamento dei tassi d'interesse che saranno decisi. La Grecia è sicuramente un paese in povero ed in difficoltà. Non puo' rimborsare un debito cosi alto in proporzione al PIL (anche se il valore nominale del debito greco è oggi più basso di quello che era quando la crisi è scoppiata: 290 miliardi contro 335 di allora). Ma la situazione di Portogallo e Italia non è molto migliore. L'Italia paga sul suo debito una cifra di interessi che è attualmente pari al 4.9 per cento del PIL, mentre la Grecia è attorno al 4 per cento (la cifra che vedo girare del due per cento circa, mi sembra sbagliata, non corrisponde ai dati di contabilità nazionale che la Commissione europea pubblica). Noi facciamo quindi uno sforzo maggiore della Grecia per pagare gli interessi. Il problema della Grecia è che ha una struttura industriale disastrata mentre, per fortuna, noi ne abbiamo una molto migliore ed esportiamo parecchio. Se potessimo aumentare le esportazioni anche di poco staremmo molto meglio e non avremmo grandi problemi di sostenibilità. Il Portogallo ha un reddito pro-capite più o meno al livello greco e paga il 5.4 per cento del PIL di interessi. Dovremmo aver pietà del Portogallo quasi quanto abbiamo pietà dei greci. Ma il Portogallo, pur con tutti i suoi problemi, ha un'amministrazione pubblica non disastrosa e riesce ad esportare qualcosa. Tsipras puo' risparmiare ancora qualcosa sui pagamenti di interessi, ottenere forse anche una sospesione del loro pagamento per qualche anno. Questo gli darà qualche margine di manovra, ma non moltissimo (un punto di PIL?). Tsipras potrebbe poi cominciare ad incassare i miliardi di tasse accertate e notificate, ma non pagate e questo gli darebbe qualche margine in più. Spero che faccia una politica un po' diversa, una politica più sociale. Ma l'aumento del salario minimo al livello spagnolo e ben oltre quello portoghese è velleitario. Riassumere 3500 dipendenti pubblici in un'amministrazione pubblica già pletorica non mi sembrano una grande idea. Sicuramente Tsipras dovrebbe lanciarsi in una politica di modernizzazione dell'economia. Ma la sopsensione delle privatizzazioni non è una buona partenza. Oggi possiamo dire che dare i soldi alla Grecia è stato in parte un gettare soldi in un pozzo senza fondo. Ma nel 2010 avevamo paura che un fallimento della Grecia potesse provocare un fallimento a catena di tantissime banche europee con conseguenze catastrofiche. Nessuno era in grando di prevedere esattamente cosa sarebbe potuto succedere e nel dubbio si è preferito dare alla Grecia i soldi per rimborsare le banche. Nel 2011 si è arrivati alla conclusione che le banche non sarebbero fallite più. Tra i rimborsi già ottenuti e le ricapitalizzaioni da parte di vari stati (in primis la Germania). Avendo raggiunto questa conclusione si è lasciata fallire la Grecia o, meglio, si è gestito un default più o meno ordinato che ha tagliato in debito greco di 70 miliardi. Il contagio ci stato eccome e la sua unica conseguenza positiva è che ci siamo liberati di Berlusconi. Nel 2012, 2013 e 2014 si sono dati altri soldi alla Grecia per ricapitalizzare le sue banche e finanziare i disavanzi di quegli anni. Per evitare di avere in Grecia l'aggiustamento brutale che si visto, gli stati europei avrebebro dovuto prestare alla Grecia altri 50 o 60 miliardi. A suo tempo ho sentito tanta gente criticare la tirchieria dei tedeschi e degli altri europei che non hanno voluto prestare di più, ma non ho sentito nessuno dire che prestare soldi alla Grecia era buttarli in un pozzo senza fondo. giovanni de sio cesari ha detto: Per chi ne sa piu di me Vediamo se ho capito qualcosa della faccenda greca Al netto della propaganda ( pure importante) e dei principi ( pure importantissimi), Tsipras puo ottenere un ulteriore dilazione del rimborso del debito non la cancellazione: ma si tratta solo di apparenza . in realta il debito non sara mai rimborsato, non è pensabile che fra 50 anni i figli dei greci lavorino per rimborsare i nostri figli. ( mi ricorda le riparazione della Germania al trattato di Versailles ripartite in 40 anni, mi pare,) Tsipras non puo pero adottare una politica economica diversa da quella del rigore ( del contenimento) perche non controlla la moneta: dovrebbe uscire dall’euro ma rinunciare cosi anche ai sostanziosi aiuti UE. Potrebbe spremere tutto il possibile dalla UE e poi uscire dall’euro. ma pure cosi il disastro sarebbe generale per un paese come la Grecia Puo solo fare una politica di equità fiscale, di modernizzazione che la UE invano sta raccomandando da sempre la UE ha buttato un pozzo di soldi nel pozzo senza fondo della Grecia , cosa sopportabile per paesi prosperi con avanzi di bilancio ma particolarmente gravosi per chi come noi sta allo stremo: è stato possibile perche la gente (elettore) non se ne è resa conto. Ovviamente non si tratta di una opera caritatevole ma del timore di contagio per l’euro che ora pare svanito Sono questi i fatti ?

Risposto da Fabio Colasanti su 30 Gennaio 2015 a 17:05

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Cristina, no, non penso proprio che si possa dire che c'è Putin. Quello che c'è sono i legami storici fortissimi tra la Grecia e la Russia dovuti alla comune fede ortodossa. Mosca si autodefinisce da questo punto di vista "la terza Roma" (la seconda è Costantinôpoli/istanbul dove la chiesa ortodossa greca ha la sua sede). In più la Grecia ha bisogno di aiuto e non puo' tanto guardare per il sottile da dove questo viene. Cristina Favati ha detto: http://www.internazionale.it/opinione/andrea-pipino/2015/01/29/gli-... Davvero c'è Putin dietro Syriza?

Risposto da Arturo Hermann su 30 Gennaio 2015 a 17:22 Cari amici, il problema della Grecia non risiede nell'economia finanziaria ma nell'economia reale. La Grecia è in queste condizioni perché - a parte la feta, lo yogurt, e l'artigianato locale - non esporta nulla, e l'amministrazione pubblica è molto inefficiente (per dire il minimo). Sul debito pubblico, siamo tutti nella stesa barca, percentuali del genere (v.tabella) sono semplicemente impossibili da ripagare, e poi a quale scopo? La parola magica è "consolidamento del debito", cioè non si può dire - per evitare di generare il panico - che non sarà ripagato, ma che invece sarà ripagato entro il 3015! Il problema vero è realizzare un tasso di crescita del PIL superiore a quello del debito pubblico, riducendo i disavanzi di bilancio ed i tassi di interesse reale. Debt of General Government as a Percentage of GDP Nations Year 2012 Australia 56,3 Austria 85,2 Belgium 106,4 Canada 109,7 Chile 18,7 Czech Republic 55,7 Denmark 59,3 Estonia 13,2 Finland 64,5 France 109,3 Germany 88,5 Greece 164,2 Hungary 89,6 Iceland Na Ireland 125,7 Israel 80,0 Italy 141,7 Japan 235,8 Korea 37,5 Luxembourg 30,1 Mexico Na Netherlands 82,7 Norway 34,7 Poland 62,3 Portugal 127,8 Slovak Republic 56,8 Slovenia 61,4 Spain 92,8 Sweden 48,8 Switzerland 46,1

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(2011) Turkey 46,3 United Kingdom 101,5 United States 123,0 Source: Based on data from "Financial Indicators – Stocks"http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=FIN_IND_FBS in OECD.StatExtracts http://stats.oecd.org/

Risposto da Fabio Colasanti su 30 Gennaio 2015 a 17:41 Arturo, come iduci i tassi di interesse al di sotto del livello attuale ? E come aumenti il tasso di inflazione ? L'unica strada è quella seguita dalla BCE; probabilmente t vorresti che facesse quello che già fa moltiplicato per cinque. Ma la BCE va nella direzione giusta e ha già fatto tanto. Anche se l'inflazione è praticamente a zero, l'Italia si indebita ad un tasso dell'1.6 per cento a dieci anni ! Molto meno di quello che gli Stati Uniti pagano su titoli con la stessa scadenza. Stiamo parlando di tassi di interesse reali dieci anni inferiori al due per cento. E' un tasso storicamente basso. Cari amici, il problema della Grecia non risiede nell'economia finanziaria ma nell'economia reale. La Grecia è in queste condizioni perché - a parte la feta, lo yogurt, e l'artigianato locale - non esporta nulla, e l'amministrazione pubblica è molto inefficiente (per dire il minimo). Sul debito pubblico, siamo tutti nella stesa barca, percentuali del genere (v.tabella) sono semplicemente impossibili da ripagare, e poi a quale scopo? La parola magica è "consolidamento del debito", cioè non si può dire - per evitare di generare il panico - che non sarà ripagato, ma che invece sarà ripagato entro il 3015! Il problema vero è realizzare un tasso di crescita del PIL superiore a quello del debito pubblico, riducendo i disavanzi di bilancio ed i tassi di interesse reale. Debt of General Government as a Percentage of GDP Nations Year 2012 Australia 56,3 Austria 85,2 Belgium 106,4 Canada 109,7 Chile 18,7 Czech Republic 55,7 Denmark 59,3 Estonia 13,2 Finland 64,5 France 109,3 Germany 88,5 Greece 164,2 Hungary 89,6 Iceland Na Ireland 125,7 Israel 80,0 Italy 141,7 Japan 235,8 Korea 37,5 Luxembourg 30,1 Mexico Na Netherlands 82,7 Norway 34,7 Poland 62,3 Portugal 127,8

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Slovak Republic 56,8 Slovenia 61,4 Spain 92,8 Sweden 48,8 Switzerland 46,1 (2011) Turkey 46,3 United Kingdom 101,5 United States 123,0 Source: Based on data from "Financial Indicators – Stocks"http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=FIN_IND_FBS in OECD.StatExtracts http://stats.oecd.org/

Risposto da Fabio Colasanti su 30 Gennaio 2015 a 17:50 Un altro buon articolo de La Voce. Mette in risalto che il problema principale della Grecia è l'incapacità (o la mancanza di volontà) di incassare le tasse. http://www.lavoce.info/archives/32706/grecia-domande-risposte/

Risposto da Arturo Hermann su 30 Gennaio 2015 a 18:07 Sono d'accordo, è un risultato storico che bisogna mantenere contro le lobby dei rentiers ed i pericoli della deflazione, l'altro aspetto centrale è ridurre i disavanzi pubblici razionalizzando le spese ove possibile (senza i furori dei tagli lineari), migliorando l'efficienza della PA, combattendo l'evasione fiscale. E se tutto ciò non bastasse, aumentando la tassazione per i redditi più elevati, specialmente quelli rent-based, siamo ancora alle (poco progressive e progressiste) aliquote tremontiane. Anche una patrimoniale può servire, ma temo si recuperi poco. Fabio Colasanti ha detto: Arturo, come iduci i tassi di interesse al di sotto del livello attuale ? E come aumenti il tasso di inflazione ? L'unica strada è quella seguita dalla BCE; probabilmente t vorresti che facesse quello che già fa moltiplicato per cinque. Ma la BCE va nella direzione giusta e ha già fatto tanto. Anche se l'inflazione è praticamente a zero, l'Italia si indebita ad un tasso dell'1.6 per cento a dieci anni ! Molto meno di quello che gli Stati Uniti pagano su titoli con la stessa scadenza. Stiamo parlando di tassi di interesse reali dieci anni inferiori al due per cento. E' un tasso storicamente basso. Cari amici, il problema della Grecia non risiede nell'economia finanziaria ma nell'economia reale. La Grecia è in queste condizioni perché - a parte la feta, lo yogurt, e l'artigianato locale - non esporta nulla, e l'amministrazione pubblica è molto inefficiente (per dire il minimo). Sul debito pubblico, siamo tutti nella stesa barca, percentuali del genere (v.tabella) sono semplicemente impossibili da ripagare, e poi a quale scopo? La parola magica è "consolidamento del debito", cioè non si può dire - per evitare di generare il panico - che non sarà ripagato, ma che invece sarà ripagato entro il 3015! Il problema vero è realizzare un tasso di crescita del PIL superiore a quello del debito pubblico, riducendo i disavanzi di bilancio ed i tassi di interesse reale. Debt of General Government as a Percentage of GDP Nations Year 2012 Australia 56,3 Austria 85,2 Belgium 106,4 Canada 109,7

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Chile 18,7 Czech Republic 55,7 Denmark 59,3 Estonia 13,2 Finland 64,5 France 109,3 Germany 88,5 Greece 164,2 Hungary 89,6 Iceland Na Ireland 125,7 Israel 80,0 Italy 141,7 Japan 235,8 Korea 37,5 Luxembourg 30,1 Mexico Na Netherlands 82,7 Norway 34,7 Poland 62,3 Portugal 127,8 Slovak Republic 56,8 Slovenia 61,4 Spain 92,8 Sweden 48,8 Switzerland 46,1 (2011) Turkey 46,3 United Kingdom 101,5 United States 123,0 Source: Based on data from "Financial Indicators – Stocks"http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=FIN_IND_FBS in OECD.StatExtracts http://stats.oecd.org/

Risposto da mariella alois su 30 Gennaio 2015 a 21:46 @ Giorgio Aggiungo per maggior informazione che l'acciaieria Halivourgiki ,della famiglia Angelopoulos, produceva coils a partire da altoforno.Già da tempo ormai Non produceva più acciaio ,ma rilaminava e vendeva solo prodotti siderurgici . Vi sono ancora altre aziende siderurgiche in Grecia,tra cui la più importante è Sidenor, con impianti a Tessalonia.Circa 1 milione di ton./anno di prodotti lunghi( tondo e Vergella)a partire da forno elettrico. Imprese ad ogni modo che soffrono.da tempo la concorrenza dei produttori di Turchia ,e dall'Italia,molto più competitivi e aggressivi commercialmente. Anche in Grecia l'industria siderurgica ha avuto un ruolo importante nell'economia del Paese,ma non ha saputo fronteggiare,ne adattarsi ai cambiamenti. giorgio varaldo ha detto: l'ultima acciaieria greca la halivourgiki ha chiuso. sentito un ex collega che conosce questa acciaieria il motivo è il costo dell'energia elettrica mediamente di 77 euro per Mwh (più del doppio di quello italiano) quindi costo del prodotto fuori mercato. Più economico importare acciaio piuttosto che fabbricarlo in loco Ed il costo favorevole dell'energia elettrica nella vicina bulgaria (46euro per Mwh) ha spinto molte aziende greche a delocalizzare in quel paese ed anche in macedonia ed albania (non conosco i costi di questi due paesi) Poi leggendo le note di fabio si scopre che in grecia è diffuso il vezzo di non pagare l'energia elettrica per le case. Far pagare le bollette fa parte del programma di tsipras o è sentito come una imposizione della bieca frau angela?

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Risposto da paolo logli su 30 Gennaio 2015 a 21:48 Fa piacere sapere che non è vera l'informazione che la grande maggioranza dei tedeschi non voglia spendere un centesimo per aiutare la Grecia.Mi fa pensare che ci siano dei tedeschi che drammatizzino la situazione,sollecitando il loro egoismo; come temo facciano quei banchieri - spero non siano tanti- che dicono ai risparmiatori che le misure di Draghi sono intese ad aiutare i greci,e per questo rimane basso il saggio di interesse dei loro risparmi.Un politico puo' dire tutto quello che vuole,anche facendo finta di non sapere; ma è veramente riprovevole che lo facciano i banchieri.

Risposto da giorgio varaldo su 30 Gennaio 2015 a 22:12 Visto che alcuni parenti tedeschi sono in vacanza qui al paese ho riferito loro il risultato di questa indagine. la risposta simultanea e' stata unmoeglich.. sarebbe interessante avere il link tedesco riguardante l'indagine. Risposte a questa discussione

Risposto da giorgio varaldo su 30 Gennaio 2015 a 22:23 Grazie mariella , ora non ho a portata i dati relativi alla produzione di acciaio greca quando torneremo a casa li posto.

Risposto da giorgio varaldo su 31 Gennaio 2015 a 1:26 Laura mi servirebbe il link tedesco da far vedere ai parenti krukki. Sulle notizie riportate dai media italiani non e' che abbiamo molta fiducia...anzi nessuna. si vede che dopo tanti anni di germania per loro le parole debito e colpa suonano uguali laura sgaravatto ha detto: se questo commento è relativo a quanto ho trovato su blitz.... non so che dirti Giorgio non credi alle indagini ??? dici che siano stati pagati o che non ci sia nessuna indagine.... o cos'altro ?? che faccio ..telefono a Friburgo dai miei parenti ??? naaaaaaaaaa............ https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/01/29/renzi-incontre... giorgio varaldo ha detto: Visto che alcuni parenti tedeschi sono in vacanza qui al paese ho riferito loro il risultato di questa indagine. la risposta simultanea e' stata unmoeglich.. sarebbe interessante avere il link tedesco riguardante l'indagine.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 31 Gennaio 2015 a 2:01 Io direi anche che è necessario che la crescita della rendita sia inferiore al tasso di crescita dell'economia reale, e, mi pare, nella situazione attuale, ciò si può ottenere solo con la cura proposta da Piketty. Arturo Hermann ha detto: Cari amici, il problema della Grecia non risiede nell'economia finanziaria ma nell'economia reale. La Grecia è in queste condizioni perché - a parte la feta, lo yogurt, e l'artigianato locale - non esporta nulla, e l'amministrazione pubblica è molto inefficiente (per dire il minimo). Sul debito pubblico, siamo tutti nella stesa barca, percentuali del genere (v.tabella) sono semplicemente impossibili da ripagare, e poi a quale scopo?

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La parola magica è "consolidamento del debito", cioè non si può dire - per evitare di generare il panico - che non sarà ripagato, ma che invece sarà ripagato entro il 3015! Il problema vero è realizzare un tasso di crescita del PIL superiore a quello del debito pubblico, riducendo i disavanzi di bilancio ed i tassi di interesse reale. Debt of General Government as a Percentage of GDP Nations Year 2012 Australia 56,3 Austria 85,2 Belgium 106,4 Canada 109,7 Chile 18,7 Czech Republic 55,7 Denmark 59,3 Estonia 13,2 Finland 64,5 France 109,3 Germany 88,5 Greece 164,2 Hungary 89,6 Iceland Na Ireland 125,7 Israel 80,0 Italy 141,7 Japan 235,8 Korea 37,5 Luxembourg 30,1 Mexico Na Netherlands 82,7 Norway 34,7 Poland 62,3 Portugal 127,8 Slovak Republic 56,8 Slovenia 61,4 Spain 92,8 Sweden 48,8 Switzerland 46,1 (2011) Turkey 46,3 United Kingdom 101,5 United States 123,0 Source: Based on data from "Financial Indicators – Stocks"http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=FIN_IND_FBS in OECD.StatExtracts http://stats.oecd.org/

Risposto da Giampaolo Carboniero su 31 Gennaio 2015 a 2:05 Ma come? E quanto dicevano amici e parenti? Allora, probabilmente, quelli stanno tutti dalla stessa parte. laura sgaravatto ha detto: http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/sondaggio-50-tedesch...

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 31 Gennaio 2015 a 2:06 Più o meno quanto la siderurgia privata italiana; fortuna che da noi c'è il resto delle imprese! mariella alois ha detto: @ Giorgio Aggiungo per maggior informazione che l'acciaieria Halivourgiki ,della famiglia Angelopoulos, produceva coils a partire da altoforno.Già da tempo ormai Non produceva più acciaio ,ma rilaminava e vendeva solo prodotti siderurgici . Vi sono ancora altre aziende siderurgiche in Grecia,tra cui la più importante è Sidenor, con impianti a Tessalonia.Circa 1 milione di ton./anno di prodotti lunghi( tondo e Vergella)a partire da forno elettrico. Imprese ad ogni modo che soffrono.da tempo la concorrenza dei produttori di Turchia ,e dall'Italia,molto più competitivi e aggressivi commercialmente. Anche in Grecia l'industria siderurgica ha avuto un ruolo importante nell'economia del Paese,ma non ha saputo fronteggiare,ne adattarsi ai cambiamenti. giorgio varaldo ha detto: l'ultima acciaieria greca la halivourgiki ha chiuso. sentito un ex collega che conosce questa acciaieria il motivo è il costo dell'energia elettrica mediamente di 77 euro per Mwh (più del doppio di quello italiano) quindi costo del prodotto fuori mercato. Più economico importare acciaio piuttosto che fabbricarlo in loco Ed il costo favorevole dell'energia elettrica nella vicina bulgaria (46euro per Mwh) ha spinto molte aziende greche a delocalizzare in quel paese ed anche in macedonia ed albania (non conosco i costi di questi due paesi) Poi leggendo le note di fabio si scopre che in grecia è diffuso il vezzo di non pagare l'energia elettrica per le case. Far pagare le bollette fa parte del programma di tsipras o è sentito come una imposizione della bieca frau angela?

Risposto da Giampaolo Carboniero su 31 Gennaio 2015 a 2:11 Si vede che, come in Italia, esiste anche in Germania il provincialismo. laura sgaravatto ha detto: .... ommiseria l'ho perso !!! :)) l'emittente comunque se hai letto è N24 .... cercate cercate ..... e sennò fate a meno N 24 Tra le più interessanti e autorevoli emittenti televisive all news segnaliamo N 24, emittente che da oltre un decennio è presente in modalità free-to-air dai satelliti Astra. N 24 offre unaprogrammazione esclusivamente in lingua inglese che vede appuntamenti con i notiziari al top di ogni ora, intervallati da rubriche e approfondimenti su fatti d’attualità. N 24 è “on air” dalla frequenza di 10.803 GHz polarità orizzontale.

Risposto da giorgio varaldo su 31 Gennaio 2015 a 9:37 trovato il sondaggio e' stato fatto dalla emittente zdf. Oltre ai dati forniti da laura risulta che 2 tedeschi su 3 ritengono che la grecia abbia utilizzato male gli aiuti ricevuti e sono contrari a qualsiasi nuovo trasferimento di risorse verso la UE per aiutare la grecia. Quindi aiuti si ma non con i nostri soldi.

Risposto da Fabio Colasanti su 31 Gennaio 2015 a 11:32 Un commento su di un punto che è spesso presentato o commentato in maniera assolutamente erronea. Come La Voce nel suo dossier ci ricorda, dei quasi 250 miliardi che i creditori pubblici hanno prestato alla Grecia "solo" il 15.3 per cento è andato a finanziarie nuove spese normali del governo greco e l'11.7 è stato dato al governo per

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ricapitalizzare le banche del paese. Il restante 73 per cento è andato per ripagare o ristrutturare (con una cancellazione netta di 70 miliardi di euro) il debito greco. Questo viene presentato spesso come una cosa strana, come una pratica aberrante o come una prova del fatto che l'intervento degli altri stati dell'eurozona sia stato fatto solo nel loro interesse. Queste interpretazioni sono completamente errate e fuorvianti. Invito a riflettere un secondo sulle situazioni di crisi che si possono presentare per un'impresa o per una famiglia. Quando una crisi esplode, quando il soggetto in difficoltà chiede aiuto questo avviene perché ha esaurito tutte le possibilità di credito normale. In queste situazioni il suo bisogno di aiuto è quasi esclusivamente per gestire l'indebitamento accumulato (che i creditori normali non vogliono più rinnovare) e solo in piccolissima parte per finanziare nuove spese e nuovi debiti. Se si riflette al caso greco con un minimo di esperienza delle situazioni di crisi di questo mondo ci si rende conto che le proporzioni sono normali o addirittura con una parte di finanziamento di nuovi debiti superiore a quelle solite. Di solito, quando una crisi aziendale esplode e un'altra impresa interviene o quando viene raggiunto un concordato una delle condizioni fondamentali è che non si facciano più nuovi debiti. Nel caso di una crisi familiare, di solito c'è anche un problema di mancanza di reddito e quindi c'è a volte anche un aiuto per le nuove spese. Nel caso greco il 27 per cento dell'aiuto è andato per nuove spese; secondo le cifre di La Voce, 67 miliardi sono andati a finanziare nuove spese. I disavanzi cumulati della Grecia per il periodo 2010-2014 sono stati pari a 88 miliardi, tenuto conto che gli aiuti sono iniziati nel corso del 2010 le due cifre sono coerenti. Ricordo ancora una volta che per evitare l'aggiustamento brutale che la Grecia ha subito sarebbero state necessarie due condizioni: a) che i creditori pubblici fossero disposti a prestare 50 o 60 miliardi di euro in più; e b) che i tagli fossero stati fatti dai governi greci in maniera più equa e che si fossero fatte pagare le tasse arretrate.

Risposto da Fabio Colasanti su 31 Gennaio 2015 a 12:27 Giorgio, questi sono i risultati del sondaggio di ieri della ZDF (televisione pubblica, secondo programma) Prima domanda: "La Grecia deve rispettare gli accordi fatti?" La risposta è chiara, ma si può pensare che ad una domanda posta in questi termini non si possa che rispondere affermativamente.

La seconda domanda è meno ambigua: "Bisogna tagliare il debito greco?" Anche qui la risposta è chiara. Sono anche interessanti le percentuali dei favorevoli suddivisi per orientamento politico.

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giorgio varaldo ha detto: trovato il sondaggio e' stato fatto dalla emittente zdf. Oltre ai dati forniti da laura risulta che 2 tedeschi su 3 ritengono che la grecia abbia utilizzato male gli aiuti ricevuti e sono contrari a qualsiasi nuovo trasferimento di risorse verso la UE per aiutare la grecia. Quindi aiuti si ma non con i nostri soldi.

Risposto da Fabio Colasanti su 31 Gennaio 2015 a 13:01 Giampaolo, di quale "rendita" parli? Se parli delle "rendite finanziarie" - ossia dei guadagni da strumenti finaziari (interessi, dividendi e altro) - ti faccio norare che non solo non crescono, ma che da sei anni sono scese enormemente e che non sono mai state così basse. Se parli di altre "rendite", quelle dovute alle posizioni di nicchia create da legislazione corporativa, il discorso è diverso, ma non so se nel corso degli ultimi anni sono aumentate. Penso di no. Giampaolo Carboniero ha detto: Io direi anche che è necessario che la crescita della rendita sia inferiore al tasso di crescita dell'economia reale, e, mi pare, nella situazione attuale, ciò si può ottenere solo con la cura proposta da Piketty.

Risposto da Fabio Colasanti su 31 Gennaio 2015 a 18:41 Laura, grazie. Da leggere e meditare. laura sgaravatto ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-31/le-parole...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 1 Febbraio 2015 a 0:52 Per evitare ulteriori cadute verso il basso, magari un prossimo contagio ( nel caso perdessimo i nostri 40 Mld.), e, più grave, un terremoto sociale, ci dovrebbe essere un intervento radicale e veloce degli stati europei, che, immagino, non

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avverrà, o arriverà tardi, sempre tardi ( mi ricordo che all'inizio della crisi greca R.Prodi se l'era presa con le indecisioni della Germania: all'epoca, intervenendo subito, mi pare Prodi parlasse fossero sufficienti c.ca 30 Mld., diventati poi, per l'indecisione eccessiva,300). Comunque, limitarsi ad investigare le conseguenze economiche, senza collegarle alle possibili degenerazioni sociali, mi sembra veramente una visione parziale; non prendere in considerazione cosa costerebbe all'Europa una Grecia governata da Alba Dorata mi pare insensato. laura sgaravatto ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-31/le-parole... Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 1 Febbraio 2015 a 1:31 Giampaolo, è vero che all'inizio della crisi, nei primi mesi del 2010, molti avevano affermato che con trenta o quaranta miliardi si sarebbe risolto il problema e che oggi parliamo di centinaia di miliardi di euro. Ma questo era dovuto ad un errore di analisi iniziale che oggi è identificato da tutti come tale. Inizialmente si era pensato che le difficoltà greche fossero solo delle difficoltà di liquidità passeggere e che un prestito di trenta o quaranta miliardi avrebbe alleviato. Ci si è poi resi conto, mano a mano che la situazione reale del debito greco fu chiarita, che non si trattava di un problema di liquidità, ma di uno di insolvenza (pensa che il disavanzo per il 2009, inizialmente previsto in 2.8 punti di Pil, a consuntivo - verso la fine del 2010 - si è rivelato essere un disavanzo del 15.6 per cento del PIL). Quindi l'idea che agendo rapidamente si sarebbe risolto il problema con pochi soldi è sbagliata e nessuno la sostiene più (anche se, ripeto, a suo tempo in molti l'avevano sostenuta). È un punto chiuso. Attualmente il governo greco vuole spendere molto di più del previsto (e di quello che ha). Questo sarà possibile solo se gli altri paesi europei accetteranno, per esempio, di non ricevere nulla come interessi per due o tre anni o addirittura di prestare altri soldi. Ma per ottenere una cosa del genere il governo greco dovrebbe dare delle garanzie di voler fare qualcosa per ristrutturare l'economia greca. Per il momento le decisioni che ha annunciato vanno quasi tutte nella direzione opposta. In ogni caso, il governo greco stesso ha detto di voler ripagare integralmente i prestiti del FMI (non farlo significherebbe diventare un paria finanziario internazionale come l'Argentina) e i titoli detenuti dalla BCE. Ma ha detto di cercare "una soluzione" per i quasi duecento miliardi prestati dagli altri paesi dell'eurozona. Il governo greco può smettere di pagare gli interessi in maniera unilaterale e tutti i governi hanno più o meno fatto una croce sul rimborso dei debiti greci (ma non vogliono dirlo apertamente ai loro elettori/contribuenti), ma non può certo aspettarsi che gli altri paesi siano contenti e che siano molto collaborativi. Non vedo quale intervento urgente degli altri paesi europei sia oggi possibile. A cosa pensi? Nessuno vuole più prestare un euro alla Grecia (e a nessun altro paese dell'eurozona) visto che è oggi ufficiale che i soldi prestati, sono in realtà soldi regalati. Perfino in Spagna il dibattito sta cominciando a mettere in risalto la perdita dei circa 25 miliardi che il paese ha prestato alla Grecia. Non è quindi immaginabile un nuovo prestito alla Grecia. Il governo greco dovrà decidere quello che vuole fare; potrebbe smettere di pagare gli interessi e muoversi entro i limiti che questo gli da. Resta però da vedere cosa potrà fare per frenare l'emorragia di capitali e salvare le banche greche. Quando le banche dell'eurozona prendono soldi in prestito dalla BCE devono lasciare come collaterale titoli di stato che la BCE valuta con un grosso sconto (per avere un prestito di 100 bisogna lasciare come collaterale titoli per 150/180 o ancora di più a seconda della solidità dei titoli). Quelli greci valgono oggi molto poco, non sono "investment grade" e non dovrebbero essere accettati come collaterale. Venivano accettati come parte del programma di risanamento dell'economia greca; ma se si interrompono i rapporti con la troika questa condizione viene meno e i titoli greci non possono più essere accettati dalla BCE. È immaginabile che presto si cominci a parlare di imposizione di controlli sui movimenti dei capitali (a buoi già fuggiti) o che la prospettiva di un'uscita dall'euro si riaffacci. Oltre a tutto il governo greco non perde un'occasione di continuare a comportarsi come se fosse ancora in campagna elettorale ed ad irritare i partenr europei in tutte le maniere. Basta vedere come il ministro delle finanze Varoufakis ha trattato il presidente dell'eurogruppo Dijsselbloem (ma perché quest'ultimo è andato ad Atene?). Giampaolo Carboniero ha detto: Per evitare ulteriori cadute verso il basso, magari un prossimo contagio ( nel caso perdessimo i nostri 40 Mld.), e, più grave, un terremoto sociale, ci dovrebbe essere un intervento radicale e veloce degli stati europei, che, immagino, non

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avverrà, o arriverà tardi, sempre tardi ( mi ricordo che all'inizio della crisi greca R.Prodi se l'era presa con le indecisioni della Germania: all'epoca, intervenendo subito, mi pare Prodi parlasse fossero sufficienti c.ca 30 Mld., diventati poi, per l'indecisione eccessiva,300). Comunque, limitarsi ad investigare le conseguenze economiche, senza collegarle alle possibili degenerazioni sociali, mi sembra veramente una visione parziale; non prendere in considerazione cosa costerebbe all'Europa una Grecia governata da Alba Dorata mi pare insensato. laura sgaravatto ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-31/le-parole...

Risposto da Fabio Colasanti su 2 Febbraio 2015 a 0:46 In un'intervista a Die Welt, Martin Schultz ha invitato Alexis Tsipras ad un "disarmo verbale". "Certi attacchi sono forse popolari con l'opinione pubblica, ma sono miopi e creano seri problemi a lungo termine" ha aggiunto.

Risposto da Fabio Colasanti su 3 Febbraio 2015 a 11:12 Pian piano la ragione si fa strada. Il nuovo ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, comincia a parlare di scambio di titoli, ma non parla più di taglio del valore ufficiale del debito. Inizialmente il governo greco parlava della necessità di convocare una conferenza internazionale sul debito greco. Quando, durante la conferenza stampa congiunta ad Atene martedì scorso, Dijsselbloem gli ha fatto notare questa conferenza esiste già ed è l'eurogruppo, Varoufakis si è arrabbiato, ha annunciato la fine della collaborazione con la troika e ha messo fine alla conferenza stampa. Adesso accetta che le discussioni si faranno con l'eurogruppo. Chissà che l'invito di Martin Schulz ad un "disarmo verbale" non sia servito a qualcosa?

Risposto da Fabio Colasanti su 4 Febbraio 2015 a 9:41 Non so cosa Alexis Tsipras si aspettasse esattamente a Roma, ma non ha ottenuto nulla (a parte il regalo di una cravatta). L'Italia vuole un cambio di politiche in Europa, ma all'interno delle procedure europee, nel rispetto delle regole e degli accordi esistenti. Si può cercare di re gli accordi, ma non si violano. Soprattutto, non si prendono iniziative unilaterali (Renzi e Padoan devono essere ben coscienti delle implicazioni per le cifre delle finanze pubbliche italiane di un taglio del valore nominale del debito greco). Non c'è nemmeno stata una conferenza stampa congiunta tra Padoan e Varoufakis e quella di Tsipras e Renzi è stata una breve formalità.

Risposto da Mario Pizzoli su 4 Febbraio 2015 a 9:52 Diciamo che c'è stato un banalissimo risveglio dopo l'euforia elettorale. Non basta essere "cool" (così definiti sia Tsipras che Varoufakis) per ottenere risultati soddisfacenti. La politica, specie quella economica, è altra cosa. Vedremo, e vedremo soprattutto come sarà il risveglio di quel 49% di Greci che hanno pensato che Tsipras potesse chiedere ai partners di cancellare il debito. La via delle riforme, e di una intelligente, sana rinegoziazione del debito potrebbe, come auspicato da tutti, la strada giusta

Risposto da Giampaolo Carboniero su 4 Febbraio 2015 a 15:33 Più che con Tsipras, di cui comprende le esigenze, sembra che Der Spiegel ce l'abbia con M.Renzi: http://www.giornalettismo.com/archives/1726567/matteo-renzi-peggior...

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Risposto da Fabio Colasanti su 4 Febbraio 2015 a 19:12 Giampaolo, se leggi l'articolo vedrai che più che con Renzi l'articolo ce l'ha con l'Italia che non fa le riforme. Hanno perfettamente ragione, l'Italia non vuole fare le riforme e in tutta l'Europa la gente si sta spazientendo. Ma se vai a giudicare i governi degli ultimi dieci anni sulla base di chi ha fatto le riforme e chi no, non mi sembra che Renzi ne esca male. Giampaolo Carboniero ha detto: Più che con Tsipras, di cui comprende le esigenze, sembra che Der Spiegel ce l'abbia con M.Renzi: http://www.giornalettismo.com/archives/1726567/matteo-renzi-peggior...

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Febbraio 2015 a 9:00 Quello che deceva succedere sta succedendo. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-03/grecia-confronto-...

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Febbraio 2015 a 9:39 Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis, il ministro delle finanze, stanno girando l'Europa senza ottenere molta simpatia. In particolare sembra che Varoufakis stia irritando tutte le persone che incontra con il suo atteggiamento strafottente. La Banca Centrale Europea ha annunciato che i titoli di stato greci non saranno più accettati come collaterale per prestiti alle banche greche. Secondo le regole interne che la BCE si è data la qualità dei titoli greci è da anni insufficiente perché siano utilizzati come collaterale. La BCE aveva però deciso di fare un'eccezione visto che la Grecia aveva accettato un programma di aggiustamento. Ora che il programma è sospeso la BCE non vede ragioni di estendere l'eccezione. Il ragionamento è corretto, ma non c'era urgenza e la BCE ha in questa maniera una grossa discrezionalità. Ma l'annuncio è venuto dopo l'incontro tra Varoufakis e Draghi. Anche Mario Draghi deve essersi irritato per il linguaggio e l'atteggamento di Varoufakis. Prepariamoci alle scintille.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 5 Febbraio 2015 a 17:21 Siccome alcune questioni che sembrano esser conosciute da tutti in effetti non lo sono, questo ripasso dei vari termini utilizzati nel dibattito dell’articolo del Sole 24ore mi sembra utile e ve lo sottopongo http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/grecia-parole-chi... Accanto a questo mi sembra molto interessante l’analisi di Carlo Bastasin http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-02-05/la-spalla... Alla fine mi chiedo : Perché l’Europa dell’euro ( in particolar modo ) avrebbe interesse a salvare la Grecia? - per non perdere i soldi che le ha già prestato ? - perché il fallimento della Grecia e la sua inevitabile uscita dall’euro comporterebbe la posiibilità della crisi anche di altri paesi come l’Italia , la Spagna , il Portogallo ecc, tale da rendere irreversibile la caduta dell’euro? - Riteniamo di avere strumenti adeguati di gestione politica e d economica della crisi? - Perché tutto questo costringerebbe dunque a rivedere tutto il processo dell’integrazione europea? - Ma ci teniamo a questo processo d’integrazione? Che significa per ogni Stato membro?

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- Non sarebbe forse meglio un passo indietro gestito e comune dall’euro ed il ritorno ad un semplice Mercato comune? - Se invece alla fine ribadissimo tutti la bontà della scelta dell’integrazione anche politica dell’Europa, avrebbe un senso non occuparsi delle condizioni dei suoi cittadini a prescindere dal territorio di appartenenza? - Questo non avrebbe la conseguenza di porre l’urgenza di una forte cessione di sovranità nazionale nei confronti di un governo federale e della della governance europea con un maggior peso dei partiti e l’elezione diretta popolare del capo del governo federale ? - Ritenete invece possibile mantenere la situazione attuale , rimandare tutte queste scelte all’infinito senza provocare un esasperazione delle tensioni popolari e nazionalistiche?

Risposto da Giampaolo Carboniero su 5 Febbraio 2015 a 18:03 Tranquillo Giuseppe, la riduzione del cambio euro/dollaro fa bene a parecchi, chi se ne frega della Grecia? Pur di far naufragare l'odiata Syriza, meglio rischiare Alba Dorata, più consona ideologicamente ai governi di tanti paesi europei, e poi?, come si permettono questi "pezzenti", che hanno bisogno del nostro aiuto, di presentarsi così strafottenti e non in ginocchio e con la cenere in testa? Giuseppe Ardizzone ha detto: Siccome alcune questioni che sembrano esser conosciute da tutti in effetti non lo sono, questo ripasso dei vari termini utilizzati nel dibattito dell’articolo del Sole 24ore mi sembra utile e ve lo sottopongo http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/grecia-parole-chi... Accanto a questo mi sembra molto interessante l’analisi di Carlo Bastasin http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-02-05/la-spalla... Alla fine mi chiedo : Perché l’Europa dell’euro ( in particolar modo ) avrebbe interesse a salvare la Grecia? - per non perdere i soldi che le ha già prestato ? - perché il fallimento della Grecia e la sua inevitabile uscita dall’euro comporterebbe la posiibilità della crisi anche di altri paesi come l’Italia , la Spagna , il Portogallo ecc, tale da rendere irreversibile la caduta dell’euro? - Riteniamo di avere strumenti adeguati di gestione politica e d economica della crisi? - Perché tutto questo costringerebbe dunque a rivedere tutto il processo dell’integrazione europea? - Ma ci teniamo a questo processo d’integrazione? Che significa per ogni Stato membro? - Non sarebbe forse meglio un passo indietro gestito e comune dall’euro ed il ritorno ad un semplice Mercato comune? - Se invece alla fine ribadissimo tutti la bontà della scelta dell’integrazione anche politica dell’Europa, avrebbe un senso non occuparsi delle condizioni dei suoi cittadini a prescindere dal territorio di appartenenza? - Questo non avrebbe la conseguenza di porre l’urgenza di una forte cessione di sovranità nazionale nei confronti di un governo federale e della della governance europea con un maggior peso dei partiti e l’elezione diretta popolare del capo del governo federale ? - Ritenete invece possibile mantenere la situazione attuale , rimandare tutte queste scelte all’infinito senza provocare un esasperazione delle tensioni popolari e nazionalistiche?

Risposto da Fabio Colasanti su 6 Febbraio 2015 a 0:49 Giuseppe, poni delle ottime domande. Cerco di commentare la prima: perché salvare la Grecia? Devo riprendere la storia degli interventi a favore di questo paese che molti non ricordano. Dal punto di vista dell'euro di per se, della continuazione dell'esperienza dell'unione monetaria il salvare la Grecia ha poca importanza; quasi nulla. Se la Grecia uscisse dall'euro, l'unione monetaria vivrebbe forse in maniera più tranquilla e il valore esterno dell'euro sarebbe un filino più alto.

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Nessuno pensa più di tanto ai soldi che sono stati dati alla Grecia; come avevo scritto già tempo fa sono sicuro che tutti i governi hanno già fatto una croce sopra a questi fondi; non vogliono però essere costretti ad ammetterlo di fronte agli elettori/contribuenti. I governi si stanno comportando come le cattive banche che non vogliono riconoscere il fatto che dei crediti sono "in sofferenza" e usano la tecnica che chiamata dello "extend and pretend". Nel 2010 si sono concessi i primi prestiti alla Grecia perché si aveva paura che il fallimento (default) di questo paese potesse scatenare una serie di fallimenti a catena delle nostre banche provocando in Europa quello che il fallimento della Lehman Brothers aveva provocato nel mondo. Molto è stato scritto su questa fase della crisi. Molti pensavano che sarebbe stato meglio far fallire la Grecia e intervenire dopo per aiutarla a finanziare le spese. Probabilmente la decisione è stata influenzata anche dal lobbying delle banche (è riconosciuto quello di Joseph Ackerman, il Ceo della Deutsche Bank, che in un'intervista di qualche tempo dopo ha dichiarato testualmente "Quando io discuto con la cancelliera Merkel lo faccio naturalmente nell'interesse della Deutsche Bank. Sta alla cancelliera capire quanta parte di quello che dico è dovuta alla mia posizione alla Deutsche Bank e quanto sia la mia convinzione personale" ! Non bisogna dimenticare però che le due persone che più si sono battute contro l'idea del default sono stati due dipendenti pubblici: Jean Claude Trichet e Lorenzo Bini Smaghi. Ma già nella seconda metà del 2011 si è riconosciuto l'errore. Si è deciso che si poteva far fallire la Grecia e che questo non avrebbe fatto fallire le banche. Nell'incontro di Deauville, Sarkozy e la Merkel decisero di far fare default alla Grecia lasciando di sasso la BCE e i loro stessi ministri delle finanze. La Grecia fece default su oltre cento miliardi di euro di titoli che furono sostituiti, con l'aiuto della troika, da una trentina di miliardi di nuovi titoli. Quindi il default della Grecia l'abbiamo già visto. Oggi la Grecia ha sul mercato una cinquantina di miliardi di titoli, quindi anche un default totale oggi sarebbe meno traumatico di quello del 2011. Quindi la volontà di evitare un default della Grecia non è sicuramente tra i motivi attuali dell'aiuto alla Grecia. Ma come Trichet e Bini Smaghi avevano previsto, il default del 2011 ha provocato il contagio alla Spagna e alla Grecia (Irlanda e Portogallo erano già con le flebo europee). La situazione è stata molto critica. Si è veramente corso il rischio che le previsioni catastrofiche della BCE si avverassero. Ma le previsioni catastrofiche della BCE riguardavano la tenuta del sistema finanziario non l'euro. In tutta questa crisi l'unione monetaria non è mai stata minacciata da fattori economici (solo da fattori politici). Il valore esterno dell'euro è rimasto stabile per anni. C'è voluto il Quantitative Easing per provocare un deprezzamento dell'euro (che abbiamo voluto tutti; trovo stupido che qualcuno oggi lo critichi). L'idea che gli interventi europei fossero necessari per "salvare l'euro" è l'imballaggio politico, l'etichetta che la Merkel ha voluto dare alla cosa per vendere i prestiti alla Grecia ad un'opinione pubblica tedesca recalcitrante. Apro un inciso. Trovo sconcio come alcune persone che a suo tempo hanno criticato la Germania per la sua "stitichezza" nel concedere prestiti alla Grecia, adesso abbiano il barbaro coraggio di dire che si sarebbe messo sulle spalle della Grecia un debito troppo grosso; ossia le sarebbero stati prestati troppi soldi ! Per fortuna si è riusciti ad evitare il peggio (e noi ci abbiamo guadagnato l'uscita di scena del Berlusca). Successivamente ci sono stati gli impegni politici dei capi di governo del giugno 2012 (piano Trichet, Junker, Van Rompuy e Barroso con unione bancaria, fondo salva stati, e disciplina di bilancio rinforzata). Questi impegni politici hanno aperto la porta agli interventi della BCE e al famoso "We will do whatever it takes" di Mario Draghi. Oggi abbiamo anche il Quantitative Easing e il rischio di una nuova crisi di contagio sembra remoto. In ogni caso, l'elemento che potrebbe far scatenare una nuova crisi non è la Grecia, non è un default greco. Non abbiamo gli strumenti che ogni professore di economia raccomanderebbe per la gestione di unione monetaria. In particolare, non abbiamo un bilancio centralizzato e la possibilità di una politica fiscale discrezionale differenziata a seconda delle regioni in difficoltà. Non l'avremo mai (per "mai" intendo nei prossimi venti/trenta anni). Ma alcuni elementi – per esempio una forma parziale di sussidio europeo di disoccupazione e/o la garanzia europea dei depositi bancari fino a centomila euro - potrebbero essere realizzabili in un orizzonte di una decina d'anni. Non li ritengo probabili, ma penso che siano possibili. Ma l'elemento più importante è che abbiamo reso più stabile il sistema bancario e che abbiamo alcuni meccanismi di pronto intervento. Oggi una crisi è sempre possibile, ma meno probabile e potrebbe essere gestita meglio. Quindi si ha meno paura che un paese possa creare una crisi finanziaria. La crisi greca è stata "risolta" nel 2010 e 2011. Come il Fondo Monetario Internazionale ha scritto, per evitare il grado di "austerità" che è stato imposto alla Grecia sarebbe stato necessario che gli stati europei le prestassero ancora più soldi o che le dessero più soldi a fondo perduto. Sarebbe certo stato giusto, ma chi può ragionevolmente sostenere che sarebbe stato politicamente possibile?

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Il FMI ha fatto tutto quello che poteva. I quasi 50 miliardi prestati alla Grecia sono di gran lunga la più grossa operazione mai fatta dal Fondo. Si tratta di un'operazione molto più grande di quelle fatte per la Russia, per la Corea, per l'Indonesia, per l'Argentina e per tanti paesi molto più grandi della Grecia. Ci sono state proteste molto forti nel FMI (in particolare da parte del Brasile) su come gli europei hanno utilizzato i loro voti per stornare a loro vantaggio le risorse dell'istituzione. La cosa ha dato un nuovo impulso alle richieste di della gestione del FMI per ridurre il potere degli europei. I paesi dell'eurozona hanno quindi messo sul tavolo 195 miliardi di euro. Hanno quindi già "aiutato" la Grecia. Recentemente qualcuno ha parlato nel Circolo della necessità di un nuovo piano Marshall per la Grecia. Ho l'impressione che molti non abbiano un'idea delle dimensioni delle operazioni di cui si parla. Il piano Marshall è stato una cosa meravigliosa, soprattutto se si pensa che è stato offerto anche ai paesi che tre anni prima erano ancora dei nemici. Il piano Marshall ha dato a molti paesi aiuti una tantum dell'ordine di uno o due punti delloro PIL. I fondi strutturali europei hanno dato alla Grecia ogni anno aiuti per circa tre punti di PIL. Quindi la solidarietà europea attraverso i fondi strutturali è equivalente al doppio del piano Marshall, ma ripetuto anno dopo anno. L'aiuto di 195 miliardi di euro del 2010/2011, se lo consideriamo come un aiuto a fondo perduto (come le discussioni di questi giorni stanno mostrando allafine sarà) equivale al 90 percento del PIL medio greco del 2010/2011. Quindi l'aiuto dato finora dai paesi europei alla Grecia è, anche nell'ipotesi più prudente, pari a 45 volte l'aiuto del piano Marshall ! Sono convinto che molti non si rendono conto di queste cifre. Quando si comincia a parlare di milioni o di miliardi di euro, si perde facilmente il senso degli ordini di grandezza in gioco. Il problema è che in cambio di questo aiuto, gli altri europei avrebbero voluto vedere la Grecia risolvere i suoi problemi strutturali, darsi un'amministrazione pubblica almeno decente, cominciare ad incassare le tasse arretrate e darsi gli strumenti per crescere nell'economia mondiale. Purtroppo da questo punto di vista si è visto molto poco. Molti hanno visto con simpatia la vittoria di Syriza perché significava cacciare i levantini che hanno gestito il paese fino ad ora. Ho scritto in questo circolo e nel gruppo FB prima delle elezioni che se fossi stato greco avrei votato per Syriza. Attualmente Tsipras sta facendo il giro delle capitali europee dicendo che vuole un altro allungamento delle scadenze (cosa che equivale ad un taglio del debito) e tassi di interesse ancora più bassi (altro elemento che equivale ad un taglio del debito). Chi se lo ritrova davanti sa bene che tanto i suoi soldi non li rivedrà più, ma vuole utilizzare l'accordo formale a questo risultato per ottenere in cambio di un inizio di riforme serie in Grecia. Purtroppo da questo punto di vista Tsipras offre solo pesci in faccia: misure che vanno nella direzione opposta e dichiarazioni strafottenti. Non stiamo discutendo più di economia, stiamo discutendo di politica con Tsipras che si sente ancora in campagna elettorale (l'unica concessione è che non parla più di taglio del valore facciale del debito, ma del suo taglio attraverso le scadenze e gli interessi). In Grecia la stampa sta seguendo il suo giro con grande interesse. Gli stanno preparando una manifestazione di accoglienza al suo ritorno ad Atene: anche se non avrà ottenuto nulla, i greci sono contenti che ci abbia provato ! Il ragionamento degli europei è: "Se cominci a fare le riforme che quel disgraziato di Samaras ha promesso e non fatto, do l'accordo al fatto che tu smetta di pagare gli interessi per qualche anno. Se non lo fai, so che tanto non pagherai gli interessi lo stesso, ma non vedo proprio perché dovrei facilitarti l'andare in rovina". Tutti ipaesi europei, Francia e Italia compresi, sono convinti che la Grecia non uscirà dalla crisi se non farà le riforme che tutti chiedono. Non capisco come qualcuno sipotesse illudere che Renzi sostenesse Alexis Tsipras. Matteo Renzi è convinto che l'Italia ha bisogno di tante riforme. Come può sostenere Tsipras che per il momento dichiara di non volerle fare e, anzi, di voler annullare il poco che è stato fatto? Risposte a questa discussione.

Risposto da Lauro Colasanti su 6 Febbraio 2015 a 7:38 Vi segnalo questo articolo uscito anche sul giornaletto mensile della comunità italiana di Atene. Opinioni del genere sono fortemente minoritarie in Grecia. Lo dimostra anche il fatto che il partitino con il quale Matsaganis si era presentato (DIMAR Sinistra Democratica) alle precedenti elezioni e che aveva appoggiato il governo con ND e PASOK (per poi abbandonarlo per non chiari motivi) ha preso alle ultime elezioni lo 0 virgola qualcosa. http://www.lavoce.info/archives/32608/syriza-vinto-elezioni-greche/

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 6 Febbraio 2015 a 13:34 Ma conviene all'Europa lasciare che le posizioni si radicalizzino? A me pare proprio di no, l'argomentazione relativa ai rimborsi e a quanto i vari paesi perderebbero non mi pare sensata, perchè dal fallimento completo della Grecia perderebbero tutto ( nel caso della banche italiane, p.e., si continuano a rifinanziare i falliti grandi immobiliari per non fare apparire nel bilancio le ingenti perdite che diversamente ne deriverebbero), il discorso che gli europei non vogliono più aiutare i "pezzenti irrsponsabili" greci, si scontra con la politica assistenziale applicata nel passato a tanti stati che ora alzano la voce, è solo propaganda politica interna ai vari stati ( stupidamente alimentata da politici irresponsabili); un aiuto tardivo rischia inoltre ( a meno che il risultato che si vuole raggiungere non sia questo) di alimentare posizioni radicali di dx, si otterrebbe sì, in questo caso, la distruzione di Syriza, ma col risultato di rimettere in corsa gli stessi politici, o peggiori, che hanno portato la Grecia a questi risultati; converrebbe a tutte le autorità europee abbassare i toni, introdurre incontri riservati con le autorità greche, permettere loro di realizzare, almeno in parte, le loro promesse elettorali, stringendo vincolanti accordi per costruire, magari con l'aiuto costruttivo di specialisti europei, e monitorare, le necessarie riforme fiscali, sulla giustizia, l'efficienza della PA, lotta alla corruzione, ecct. Non voglio nemmeno pensare che qualche imbecille capo di stato possa irresponsabilmente pensare all'uscita della Grecia dall'euro, probabilmente il popolo greco vorrebbe anche l'uscita dall'Unione, perchè penso siano imprevedibili le conseguenze sull'intero assetto europeo.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 6 Febbraio 2015 a 19:26 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/bce-blocca-finanz... http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-04/i-segreti-varoufa... http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/grecia-lo-schiaff... http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/grecia-oggi-varou... http://www.eutopiamagazine.eu/it/innocenzo-cipolletta/speakers-corn... Segnalo ancora quattro articoli del Sole 24 ore che descrivono molto bene le ultime evoluzioni della trattativa in corso fra il governo greco e gli organismi europei .In ultimo riporto anche il link di un articolo di Cipoletta molto interessante che vi consiglio di leggere e che è stato segnalato da un nuovo membro del Circolo Romano Meloni nella discussione “ economia e plitica nel mondo”. In particolare mi sembra utile sottolineare la decisione della BCE di sospendere la deroga che permetteva alla banche greche di ottenere liquidità prestando come collaterale i titoli pubblici greci (nonostante ,secondo le regole europee, non fossero presentabili in quanto con rating inferiore al BBB) . La sostanza di questa decisione è la pressione perché si arrivi entro la prossima settimana a stabilire un accordo condiviso sul debito ed una risposta a due richieste quali quelle di poter emettere titoli a breve per almeno 25MM ( rispetto ai 15MM attuali .Nelle intenzioni del governo greco da far sottoscrivere alle banche nazionali che poi li avrebbero conferiti come collaterale alla BCE per riavere la liquidità) e quella di dichiarare “irredimibili” ( usando un termine italiano di triste ricordo storico) parte dei bond in portafoglio della BCE pari mi sembra a ca 10MM. Nonostante questa decisione, la BCE si è comunque impegnata a mantenere la disponibilità di ca 60 MM per la liquidità di emergenza ( ELA) nei confronti della Banca centrale Greca , proprio per assicurare la necessaria liquidità alle banche greche ed evitare un rischio di panico allo sportello . In questo modo i titoli pubblici greci anche nel caso di un possibile acquisto da parte delle banche nazionali finanziate con liquidità riveniente dalla procedura ELA resterebbero nella “ pancia “ della Banca centrale greca. Teniamo ancora presente che in caso di mancato accordo la BCE ha già fatto presente che escluderà la Grecia dall’operazione di QE il cui 80% del rischio rimane comunque a carico, delle banche centrali nazionali . Detto questo, cè da chiedersi cosa vuole ottenere la Grecia e cosa c’è da aspettarsi in caso di un irrigidimento delle posizioni. La mia impresione è che il tentativo di ottenere un ulteriore sconto sul valore nominale del debito non può

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essere ottenuto mentre invece si può trovare un compromesso su di una ulteriore dilazione, su di una sospensione degli interessi ed addirittura su di una possibile “ nuova finanza” a patto che il piano di ripresa e crescita dell’economia greca possa essere convincente e condiviso . E’ una cessione di sovranità nazionale ? Può essere messa anche in questo modo ma è semplicemente accordarsi con un creditore che non si riesce a pagare e che ha tutto l’interesse a non farti fallire. Più per motivi di ordine generale politico che economico . Non dimentichiamo ancora che la Grecia ha già ottenuto “nuova finanza” tramite la destinazione nei suoi confronti di fondi strutturali europei 2014/2020 dell’ordine di ca 15MM( se ricordo bene) . Come ho già espresso in considerazioni relative alla ripresa degli investimenti in Italia : Potrebbe essere ottenuto dal governo greco la possibilità di utilizzare queste disponibilità insieme al suo cofinanziamento in maniera più semplice destinandoli alla costituzione/potenziamento di uno specifico fondo di garanzia per il 50% a sostegno dei progetti finanziabili . In tal modo si semplificherebbero le procedure per l’utilizzo. Certo è che se i negoziati dovessero saltare la BCE si troverebbe di fronte alla responsabilità di decidere se mantenere la liquidità d’emergenza di 60MM di fronte alla scelta greca di sospendere i rimborsi d’interessi e di capitale con la possibile uscita dall’Euro ( ipotesi che ritengo lontana dai desiderata di Syriza ma possibile se non riuscisse a gestire politicamente la mediazione fra le richieste del suo elettorato e la Troika) . Cosa comporterebbe una crisi Greca e l’uscita dall’euro? Probabilmente dallo stretto punto di vista economico nulla; tutavia non è tanto il rischio immediato della perdita possibile del credito ma i possibili rischi politici di destabilizzazione dell’area ed i rischi economici della considerazione del possibile, fallimento senza sostegno europeo di uno qualunque degli stati membri . Vale a dire il fallimento della mediazione e della gestione della crisi greca sarebbe comunque un precedente storico che inevitabilmente condizionerebbe comportamenti politici ed economici . Dal punto di vista politico la situazione potrebe avere degli strascichi lunghi e pesanti . Ricordiamo che è interesse della Grecia sia possibilmente incassare i fondi strutturali sia di poter godere del suo posto nel consiglio europeo dove poter contare nelle decisioni che sono prese all’unanimità ( vedi rapporti con la Russia) : Sono immaginabili tensioni in continua escalation . Dal punto di vista del possibile contagio nei confronti degli altri paesi, mi pongo questa domanda. Cosa penserà un investitore internazionale reativamente all’opportunità di prestare i propri soldi ad uno dei paesi europei con pesanti indici finanziari? Sarà sufficientemente tranquillo sulla sicurezza del proprio investimento quando ad esempio l’entità del debito può non essere coperta neanche dalle risorse del fondo salva stati? Sarà sufficiente l’operazione di QE per evitare la possibile tensione dei tassi d’interesse sul collocamento di questi titoli? Cosa può evitare il rischio di un attacco speculativo su uno di questi paesi? Hanno ancora credibilità i termini del “ Fiscal Compact”, nei periodi di stagnazione economica ,quando si è visto che o non è sostenibile o non permette di prevenire o di evitare il default ? Ovviamente non ho soluzioni ma le domande che avevo posto mi ritornano in mente , nonostante le argomentazioni rassicuranti esposte da Fabio Colsanti .Alla fine non posso che ritornare anche sulle altre domande relative al destino dell’evoluzione dell’unione euroepa per sottolineare che c'è da chiedersi : - su quali elementi si potrà costruire un percorso efficace e" seduttivo" che porti le popolazioni del continente a rafforzare di nuovo quei partiti e quelle posizioni politiche favorevoli ad un cambio di direzione ed alla vera fondazione di una comunità economica e politica ? Personalmente sono sempre dubbioso della possibilità che le istituzioni possano mantenersi vitali senza un continuo rapporto dialettico ed uno scambio di energia ricevuta dai movimenti collettivi delle persone.e delle nazioni . Nel caso Europeo non credo che vi possano essere eccezioni. Le situazioni di stallo non durano a lungo . O si va avanti o si torna indietro studiando al limite passi adeguati per evitare una ritirata disastrosa e cercando di mantenere almeno alcuni vantaggi del percorso comune ancora sostenibili. Ha ragione Cipolletta quando ritiene che la crescita europea dovrebbe poggiare sullo sviluppo della domanda generale interna ; ma questo comporta la formazione di una unità politica capace di avere un apolitica economica diretta ed ulteriori cessioni di sovranità degli stati nazionali rispetto al governo federale. Come si costruisce questa narrazione ? Quale la sua capacità di mobilitazione? Probabilmente l’esigenza posta da Cipolletta può essere uno dei cavalli di battaglia . Un altro è a mio parere l’esigenza di una difesa comune e di una vera politica europea internazionale . Un’altra ancora è la necessaria costruzione di un welfare europeo. E di un a politica energetica comune. Questi potrebbero essere alcuni punti per cui varrebbe la pena cedere parti importanti di sovranità nazionale a favore di nuove istituzioni europee ? Punti tali da rendere necessaria l’elezione diretta popolare di un governo federale e delle sue strutture operative? Si può provare a mobilitare le coscienze europee su questo programma di lavoro?

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L’alternativa non può essere il mantenimento della situazione attuale . La mia impressisone è che non abbia le potenzialità per durare.

Risposto da Fabio Colasanti su 6 Febbraio 2015 a 23:58 Giuseppe, poni una lista di domande senza fine. Per risponderti bisognerebbe scrivere un trattato. Fa uno sforzo per suddividere i tuoi interventi in "bocconi" che possano dar luogo ad una discussione gestibile. Sono d'accordo con te che ci troviamo di fronte ad una tensione politica più che economica. Ho l'impressione che Syriza si senta ancora in campagna elettorale. Se avesse fatto un accordo con To Potami le sarebbe stato più facile giustificare il ritorno a posizioni più realiste con la necessità di un accordo con un partner indispensabile alla formazione del governo. Avendo fatto l'accordo con Anel, un partito di destra nazionalista e anti-europeo, non puo' utilizzare quest'arma. Ho l'impressione che Tsipras stia continuando a "fare la faccia feroce" per poter poi dire tra un paio di mesi al suo elettorato che le ha provate tutte, ma non è veramente stato possibile trovare un accordo con quei cattivi degli europei. Ieri il partito dovrebbe avergli organizzato un rientro trionfale ad Atene e oggi ha fatto sapere di aver parlato al telefono con Putin. Questa strategia avrà pero' avuto la conseguenza di irritare tutti gli europei che considerano Tsipras e soprattutto Varoufakis due intollerabili cafoni. Ma più grave ancora, quando Tsipras annuncerà il cambio di linea politica vedremo dimostrazioni di fronte alle ambasciate europee, vignette con la Merkel vestita da Hitler e tutto il corteo abituale di reazioni nazionaliste e pericolose. Tsipras sta prendendosi delle grosse responsabilità.

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Febbraio 2015 a 0:11 Secondo questo articolo le incertezze politiche di questi mesi starebbero provocando una diminuzione delle prenotazioni alberghiere in Grecia. http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_wsite2_1_06/02/2015_5...

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Febbraio 2015 a 0:29 Un'informazione per capire meglio da dove si parte. I prestiti dei paesi dell'eurozona alla Grecia (195 miliardi di euro) hanno scadenze distribuite nella seguente maniera: circa due miliardi di euro all'anno tra il 2024 ed il 2032. Cinque miliardi all'anno tra 2033 ed il 2043. Un rimborso di dieci miliardi nel 2044 (non conosco le ragioni di questo picco). E cifre variabili attorno ai cinque miliardi all'anno tra il 2044 ed il 2055. Un "banhiere/bancario" come Giuseppe ci potrebbe dire qualcosa sul valore netto attuale di un debito con queste scadenze. I tassi di interesse dovrebbero essere attorno all'Euribor più 150 punti.

Risposto da giorgio varaldo su 7 Febbraio 2015 a 10:02 il bilancio militare greco in termini di percentuale del PIL è il dato più alto d'europa, in ambito NATO è secondo solo agli USA ed è maggiore anche di quello russo ne nel programma elettorale di syriza ne in quello del governo greco è prevista la riduzione delle spese militari in europa la sinistra è generalmente pacifista e sempre pronta a chiedere la riduzione delle spese militari ..come mai in grecia no? e come mai nessuno dei sostenitori di tsipras lo ha fatto notare? Sandra Del Fabro ha detto: Grecia, Unicef denuncia: 686.000 bambini a rischio povertà 4 aprile 2014

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Roma, 4 apr. (TMNews) – Il Comitato nazionale greco dell’UNICEF ha presentato il rapporto annuale “La condizione dell’infanzia in Grecia 2014 – L’impatto della crisi economica sui bambini”, realizzato in partnership con l’Università di Atene. Secondo i risultati comunicati dalla stessa agenzia dell’Onu per l’infanzia, il numero di bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale è stimato in 686.000 e rappresenta il 35,4% del totale nel 2012; in aumento dal 30,4% del 2011; i più vulnerabili sono i genitori single (74,7%) e le famiglie numerose con tre o più figli (43,7%). In particolare il numero di bambini che erano a rischio di povertà in Grecia nel 2012 è cresciuto fino a raggiungere 521.000 unità, che rappresenta il 26,9% di tutti i bambini rispetto al 23,7% nel 2011. Allo stesso tempo, tra il 2011 e 2012, la percentuale dei bambini che vivevano al di sotto della soglia di povertà in rapporto al reddito, è aumentata del 12%, rispetto all’ 8% della popolazione totale dei poveri. Numericamente, questo aumento corrisponde a 56.000 bambini. Questa è una notizia dell’agenzia TMNews.

Risposto da mariella alois su 7 Febbraio 2015 a 12:05 Secondo fonti ben informate greche, la Russia non applicherebbe alla Grecia le sanzioni che applica verso gli altri Paesi UE. La Grecia cioè continuerebbe a esportare verso la Russia...i suoi principali prodotti agricoli.....

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Febbraio 2015 a 13:32 Giorgio, e essendosi alleati con un partito di destra nazionalista (al quale hanno dato il ministero della difesa) è molto poco probabile che riducano la spesa militare. Questo è solo un esempio della frustrazione di tutti gli europei con i governi greci. Tutti vedono la situazione sociale drammatica, ma nessuno è riuscito finora a ottenere dai governi greci un po' di giustizia fiscale. Anche lasciando da parte l'esenzione fiscale completa degli armatori, ci sono mille esempi di ingiustizia fiscale che non si vogliono correggere. La Grecia aveva una miriade di esenzioni fiscali per tutte le professioni liberali (avvocati, architetti, medici e altri). Dopo anni di pressione della troika (che nella stampa viene presentata solo come un'affamatrice) alcune di queste sono state te. Samaras, all'avvicinarsi delle elezioni, ha provato e reinserirle. In Grecia esiste una tassa sulle piscine. In Atene questa viene applicata ad una decina di piscine o poco più. Dal Licabetto si vedono centinaia di piscine. Con gli elicotteri si possono fotografare tutte, ma i governi greci non fanno nulla. Il catasto ancora non funziona. Le tasse accertatate e notificate sono incassate in piccola parte. E poi Sandra ci ricorda le cifre della povertà nel paese ! Stiamo a vedere se, quando comincerà a fare qualcosa di concreto, Syriza cercherà di correggere queste storture. giorgio varaldo ha detto: il bilancio militare greco in termini di percentuale del PIL è il dato più alto d'europa, in ambito NATO è secondo solo agli USA ed è maggiore anche di quello russo ne nel programma elettorale di syriza ne in quello del governo greco è prevista la riduzione delle spese militari in europa la sinistra è generalmente pacifista e sempre pronta a chiedere la riduzione delle spese militari ..come mai in grecia no? e come mai nessuno dei sostenitori di tsipras lo ha fatto notare? Sandra Del Fabro ha detto: Grecia, Unicef denuncia: 686.000 bambini a rischio povertà 4 aprile 2014

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Febbraio 2015 a 13:34 Mariella,

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mi sembra molto probabile. Tra l'altro ho scoperto che le ritorsioni russe contro le importazioni di prodotti alimentari europei non si applicano al vermouth (un amico di Putin è da qualche anno il padrone della Gancia). mariella alois ha detto: Secondo fonti ben informate greche, la Russia non applicherebbe alla Grecia le sanzioni che applica verso gli altri Paesi UE. La Grecia cioè continuerebbe a esportare verso la Russia...i suoi principali prodotti agricoli.....

Risposto da Giampaolo Carboniero su 7 Febbraio 2015 a 16:50 Forse sono solo i nazionalisti, supporter dei governi europei di dx, con annessi economisti, o pseudo tali, e banchieri, a pensarla in una certa maniera: http://www.gadlerner.it/2015/02/06/noi-siamo-con-la-grecia-e-leurop...

Risposto da Ezio Ferrero su 7 Febbraio 2015 a 17:47 Tutto l'articolo si basa sull'assunto che il debito greco è verso le banche. Ma NON è così. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-30/syriza-chiedera-s... Il debito greco, pari a 330 miliardi di euro è per il 72% in mano a istituzioni pubblice (60% UE tramite il fondo salvastati o direttamente tramite i paesi mebri; 12% FMI), 8% in mano alla BCE. Il capitale, quindi, non c'entra un bel niente, visto che tutte queste istituzioni sono pubbliche e, quindi, i loro capitali sono costituiti dai soldi dei contribuenti dei diversi paesi europei (e non solo nel caso FMI). La situazione greca è molto complicata, la UE ha sicuramente fatto degli errori, la Germania ha sicuramente peccato (e continua a peccare) di ottusità. Ma raccontare la situazione Greca come scontro fra capitale e lavoro, come attacco del feroce capitalismo internazionale ai poveri greci è, al solito, guardare ad un mondo che non c'è, invece di fare i conti con quello che c'è. Sandra Del Fabro ha detto: riporto questo interessante commento sulla crisi in Europa :La crisi dell'euro? Un conflitto tra capitale e lavorodi MAURIZIO RICCI Michael Pettis, economista, esperto di Wall Street e di Cina, professore di finanza all'Università di Pechino ROMA - Come avrebbe giudicato Karl Marx la crisi dell’euro? Facile: come un conflitto fra capitale e lavoro. Più sorprendente è che questa sia ormai l'interpretazione più corrente fra gli economisti anglosassoni e che ad alzare il vessillo della lotta di classe siano ambienti vicini alla City londinese, con il Financial Times in prima fila. Il ministro tedesco delle Finanze, Schaueble, maltratta il collega greco, Varoufakis, spiega che la crisi ha fatto emergere paesi "responsabili e irresponsabili" e, comunque, i problemi della Grecia sono stati generati dalla Grecia e non, certo, dalla Germania? Tutte balle. Se qualcuno è stato tanto stupido da riempirsi di debiti - è l'obiezione ricorrente, da Krugman a Stiglitz all'ultimo blogger - è perché qualcuno è stato tanto stupido da prestargli tutti quei soldi. Soprattutto, questo non è un confronto-scontro fra Germania e Grecia, fra paesi virtuosi e paesi neghittosi, fra chi ha fatto le riforme e chi non le ha fatte. Non è un conflitto nazionale, ma sociale: i lavoratori e le classi medie sia della Germania che della Grecia e degli altri paesi, contro gli azionisti e i creditori delle banche, cioè i capitalisti. Neanche Tsipras e Varoufakis sono così espliciti. La sintesi più lucida di questa intepretazione l'ha fatta un ex banchiere e professore di finanza, Michael Pettis e ilFinancial Times la rilancia con entusiasmo. La spia, avverte il quotidiano della City, è la produttività. I politici tedeschi parlano molto di riforme e citano con orgoglio quelle che hanno fatto loro. Tuttavia, le riforme tedesche hanno clamorosamente fallito in quello che dovrebbe essere lo scopo principale: rilanciare la produttività. Al contrario, fra il 1998 e il 2014, la produttività dei lavoratori tedeschi è cresciuta in media solo dello 0,6 per cento l'anno, un flop clamoroso, una performance peggiore non solo di Svezia e Usa, ma anche di Irlanda, Spagna e Grecia (il calcolo non include l'Italia): di fatto, la produttività tedesca dal 2007 ad oggi - riforme o no - è scesa. Cos'è successo, allora? Il punto chiave è la compressione dei salari avvenuta in Germania. I pingui profitti che ne sono risultati non sono stati investiti dalle aziende in Germania (come mostra l'andamento della

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produttività) ma sono stati parcheggiati nelle banche. E queste, non avendo occasione di impiego in patria, visto il ristagno degli investimenti, li hanno utilizzati all'estero, dove i tassi di interesse erano anche più interessanti. Nasce qui il torrente di crediti tedeschi alla Spagna, alla Grecia, all'Irlanda, per finanziare soprattutto improbabili boom immobiliari. A finanziare quei boom sono stati le buste paga più magre dei lavoratori tedeschi. Quando poi è esplosa la crisi, a pagare non sono state le banche, i loro azionisti e i titolari delle loro obbligazioni (cioè chi aveva, a sua volta, prestato i soldi alle banche), dunque i capitalisti, ma i lavoratori dei paesi irrorati di crediti, con la disoccupazione di massa. E non è finita, avverte Pettis. Con quelle montagne di debiti, l'economia non può riprendere a svilupparsi. Basta guardare la Grecia che, oppressa dal pagamento degli interessi, non ha le risorse per incentivare la crescita. La strada segnata è quella di un lento assorbimento dei debiti. Ovvero, le banche risaneranno lentamente i loro conti, smaltendo quei crediti incagliati, in Grecia come in Spagna o in Portogallo, facendone pagare il costo alle classi medie, sia come depositanti, che come contribuenti. E’ una rilettura dell'austerità, assai scomoda per la classe dirigente della Ue. Ancora più scomoda è la ricetta che ne scaturisce. In una cultura, come quella anglosassone, in cui la bancarotta è il primo passo per ripartire e non l'ultimo per uscire di scena, la crisi finirà quando sarà ristrutturato il debito. Tagliandolo, oppure con le idee creative (legare i titoli del debito alla crescita del Pil) proposte da Atene. Per radicali ex rivoluzionari, come Tsipras e Varoufakis, da Washington e da Londra scrosciano gli applausi. (07 febbraio 2015) © Riproduzione Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 1:13 Sandra, al momento c'è una tendenza interessante. Sulla crisi ucraina, i commentatori americani e inglesi spingono verso soluzione "dure" (dare armi al goveerno di Kiev) perché per loro una guerra in Europa è qualcosa di lontano e non li tocca. Nella stessa maniera, i commentatori inglesi e americani prendono posizioni estreme sulla questione greca perché non vivono in un mondo dove il problema delle centinaia di miliardi dati alle Grecia viene vissuto come un problema quotidiano da molta parte della popolazione e dove, se si dovesse decidere di dare altri soldi alla Grecia, questi non verrebbero certo dal Regno Unito e dagi Stati Uniti. Più gli economisti sono lontani dalla realtà europea più prendono posizioni estreme. Nel caso dell'articolo di Pettis mi limito a due considerazioni. La prima è che secondo Potts non si dovevano prestare tanti soldi alla Grecia. Quindi negli anni fino al 2009 le banche avrebbero dovuto smettere di prestare soldi alla Grecia e fare salire i tassi di interesse alle stelle molto prima. In quegli anni io ricordo solo persone - specialmente a sinistra - che chiedevano tassi di interesse sempre più bassi e finanziamenti sempre più abbondanti per i disavanzi pubblici. Chi dovesse trovare giusta la posizione di Pettis dovrebbe andare ad esaminare quello che ha chiesto nel 2001-2009 e molti di quelli che danno oggi ragione a Pettis dovrebbero essere molto imbarazzati. Lo stesso ragionamento vale per quello che è stato fatto nel 2010. Dove erano le voci di sinistra che chiedevano che si lasciasse fallire la Grecia? Non ne ricordo molte. E adesso molte delle persone che a suo tempo inveivano contro la tirchieria degli europei per non voler prestare soldi alla Grecia trovano giusto che qualcuno scriva che sarebbe stato meglio non prestare tutti questi soldi alla Grecia? Che la colpa sarebbe di chi ha chiesto questi soldi tanto quanto degli stati europei che li hanno prestati? Invito tutti ad un minimo di coerenza e serietà. Ho scritto tante volte che, con il senno di poi, oggi sappiamo che sarebbe stato meglio far fallire la Grecia e intervenire dopo per aiutare il governo greco e per aiutare le banche europee in difficoltà. Ma nel 2010 tutti hanno pensato il contrario, tutti hanno avuto paura di una serie di fallimenti a catena delle banche. Ma io sottolineo che esprimo questo giudizio con "il senno di poi". A suo tempo con vari amici avevamo discusso della possibilità di un default della Greci, ma i dubbi erano forti, non avrei mai raccomandato ad un ministro di lasciar fallire la Grecia. Può sposare la tesi estrema di Pettis sono qualcuno che mi provi di di aver sostento nel 2010 la tesi del fallimento della Grecia. Altrimenti si tratta di disonestà intellettuale. Sulla produttività Pettis prende un abbaglio. E' vero che la produttività dell'insieme dell'economia tedesca non è aumentata di molto. Ma questo è stato dovuto proprio alle riforme introdotte che hanno reso più semplice assumere persone con salari bassi. Questo ha permesso un aumento spettacolare dell'occupazione (la Germania ha oggi la percentuale più alta di persone occupate della sua storia. Se, grazie alle semplificazioni amministrative e contabili, si assumono più persone la produttività media dell'economia scende. Ma questo è il risultato virtuoso di un'economia che funziona bene. Nessuno avrebbe voluto un aumento della produttività che portasse ad una diminuzione del numero degli occupati. Ma che le riforme del 2003/2004 abbiano aiutato l'economia tedesca è provato dalle cifre del commercio estero e dell'occupazione.

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Non capisco che tesi voglia sostenere Pettis quandi critica la Germania per non aver aumentato di più la produttività totale dell'economia. Quale è il problema che questo avrebbe creato? Se vengono fatte critiche alla Germania per le riforme, è di aver reso la sua economia troppo competitiva e di averla condotta ad accumulare enormi avanzi di bilancio dei pagamenti. E adesso arriva Pettis a dirci che la Germania ha aumentato la sua competitività troppo poco? L'idea poi di leggere questa crisi come una tra capitale e lavoro mi fa solo sorridere. Pechino è molto lontana dall'Europa. Sandra Del Fabro ha detto: riporto questo interessante commento sulla crisi in Europa :La crisi dell'euro? Un conflitto tra capitale e lavorodi MAURIZIO RICCI Michael Pettis, economista, esperto di Wall Street e di Cina, professore di finanza all'Università di Pechino ( ... )

Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Febbraio 2015 a 1:15 Un'opinione che condivido in pieno, specie su chi vuole lo status quo europeo: http://giovanniprincipe.blogspot.it/2015/02/il-futuro-della-grecia-...

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 1:36 Sandra, l'afflusso di capitali dal nord Europa verso il sud Europa è qualcosa che era previsto al momento della creazione dell'unione monetaria e che abbiamo voluto tutti. Questo afflusso è lo strumento che ha permesso all'Italia di ridurre i pagamenti di interessi sul debito pubblico dai 116 miliardi del 1996 ai 67 miliardi del 2005. Questi capitali erano anche quello su cui contavamo per rilanciare gli investimenti delle nostre imprese e migliorare la nostra competitività spostando la produzione verso cose a maggior valore aggiunto. Questi afflussi di capitali sono stati qualcosa che tutti i governi europei hanno voluto e hanno sostenuto. Chiamarli ora "speculazioni finanziarie" è un riscrivere e falsificare la storia. Credi forse che questi afflussi di capitali si siano fatti di nascosto? Erano monitorati giorno per giorno con i ministri delle finanze italiano, spagnolo, portoghese e greco a fregarsi le mani di contentezza. Il problema è che i disavanzi pubblici che questi disavanzi hanno finanziato non sono stati dovuti a spese di investimento, ma a spese correnti. Di chi è la colpa se questi soldi ce li siamo mangiati invece di investirli? Alcune imprese italiane e del sud Europa hanno utilizzato questa manna per fare investimenti di ammodernamento, mentre altre non l'hanno fatto. Di chi è la colpa se alcuni hanno utilizzato questi capiatli a basso costo bene e altri no? Buona parte di questi capitali sono andati a finanziare bolle immobiliari. Perché i governi dei paesi che più sono stati colpiti da questo fenomeno (Irlanda e Spagna) non hanno aumentato le tasse sui mutui ipotecari? non hanno messo dei tetti alle percentuali di spesa finanziabili a mutuo? non hanno messo limiti al rapporto tra mutuo a reddito? non hanno limitato la concessione di licenze edilizie? non sono intervenuti quando, come in Spagna, l'intermediazione che ha convogliato i capitali stranieri verso gli investimenti immobiliari è stata dovuta soprattutto alle banche pubbliche? E' assurdo e ridicolo dare una colpa alla disponibilità di capitali a basso costo. Come se i cattivi capitalisti stranieri ci avessero offerto prestiti a buon mercato per rovinarci. Anche il ridicolo ha un limite. Dove c'è stato un problema è stato nel fatto che la Germania ha accumulato avanzi di bilancia di pagamenti enormi che hanno logicamente trovato una controparte nei disavazni di altri paesi. Ma adesso c'è Michael Pettis che ci viene a dire che la Germania ha aumentato la sua produttività troppo poco ! ! ! Sandra Del Fabro ha detto: Leggi con attenzione, il discorso è più complesso, riporto il punto in cui si parla delle speculazioni finanziarie Tuttavia, le riforme tedesche hanno clamorosamente fallito in quello che dovrebbe essere lo scopo principale: rilanciare la produttività. Al contrario, fra il 1998 e il 2014, la produttività dei lavoratori tedeschi è cresciuta in media solo dello 0,6 per cento l'anno, un flop clamoroso, una performance peggiore non solo di Svezia e Usa, ma anche di Irlanda, Spagna e Grecia (il calcolo non include l'Italia): di fatto, la produttività tedesca dal 2007 ad oggi - riforme o no - è scesa. Cos'è successo, allora? Il punto chiave è la compressione dei salari avvenuta in Germania. I pingui profitti che

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ne sono risultati non sono stati investiti dalle aziende in Germania (come mostra l'andamento della produttività) ma sono stati parcheggiati nelle banche. E queste, non avendo occasione di impiego in patria, visto il ristagno degli investimenti, li hanno utilizzati all'estero, dove i tassi di interesse erano anche più interessanti. Nasce qui il torrente di crediti tedeschi alla Spagna, alla Grecia, all'Irlanda, per finanziare soprattutto improbabili boom immobiliari. A finanziare quei boom sono stati le buste paga più magre dei lavoratori tedeschi. Quando poi è esplosa la crisi, a pagare non sono state le banche, i loro azionisti e i titolari delle loro obbligazioni (cioè chi aveva, a sua volta, prestato i soldi alle banche), dunque i capitalisti, ma i lavoratori dei paesi irrorati di crediti, con la disoccupazione di massa. Ezio Ferrero ha detto: Tutto l'articolo si basa sull'assunto che il debito greco è verso le banche. Ma NON è così. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-30/syriza-chiedera-s... Il debito greco, pari a 330 miliardi di euro è per il 72% in mano a istituzioni pubblice (60% UE tramite il fondo salvastati o direttamente tramite i paesi mebri; 12% FMI), 8% in mano alla BCE. Il capitale, quindi, non c'entra un bel niente, visto che tutte queste istituzioni sono pubbliche e, quindi, i loro capitali sono costituiti dai soldi dei contribuenti dei diversi paesi europei (e non solo nel caso FMI). La situazione greca è molto complicata, la UE ha sicuramente fatto degli errori, la Germania ha sicuramente peccato (e continua a peccare) di ottusità. Ma raccontare la situazione Greca come scontro fra capitale e lavoro, come attacco del feroce capitalismo internazionale ai poveri greci è, al solito, guardare ad un mondo che non c'è, invece di fare i conti con quello che c'è. Sandra Del Fabro ha detto: riporto questo interessante commento sulla crisi in Europa :La crisi dell'euro? Un conflitto tra capitale e lavorodi MAURIZIO RICCI Michael Pettis, economista, esperto di Wall Street e di Cina, professore di finanza all'Università di Pechino TAG Grecia, germania, euro, Michael Pettis ROMA - Come avrebbe giudicato Karl Marx la crisi dell’euro? Facile: come un conflitto fra capitale e lavoro. Più sorprendente è che questa sia ormai l'interpretazione più corrente fra gli economisti anglosassoni e che ad alzare il vessillo della lotta di classe siano ambienti vicini alla City londinese, con ilFinancial Times in prima fila. Il ministro tedesco delle Finanze, Schaueble, maltratta il collega greco, Varoufakis, spiega che la crisi ha fatto emergere paesi "responsabili e irresponsabili" e, comunque, i problemi della Grecia sono stati generati dalla Grecia e non, certo, dalla Germania? Tutte balle. Se qualcuno è stato tanto stupido da riempirsi di debiti - è l'obiezione ricorrente, da Krugman a Stiglitz all'ultimo blogger - è perché qualcuno è stato tanto stupido da prestargli tutti quei soldi. Soprattutto, questo non è un confronto-scontro fra Germania e Grecia, fra paesi virtuosi e paesi neghittosi, fra chi ha fatto le riforme e chi non le ha fatte. Non è un conflitto nazionale, ma sociale: i lavoratori e le classi medie sia della Germania che della Grecia e degli altri paesi, contro gli azionisti e i creditori delle banche, cioè i capitalisti. Neanche Tsipras e Varoufakis sono così espliciti. La sintesi più lucida di questa intepretazione l'ha fatta un ex banchiere e professore di finanza, Michael Pettis e il Financial Times la rilancia con entusiasmo. La spia, avverte il quotidiano della City, è la produttività. I politici tedeschi parlano molto di riforme e citano con orgoglio quelle che hanno fatto loro. Tuttavia, le riforme tedesche hanno clamorosamente fallito in quello che dovrebbe essere lo scopo principale: rilanciare la produttività. Al contrario, fra il 1998 e il 2014, la produttività dei lavoratori tedeschi è cresciuta in media solo dello 0,6 per cento l'anno, un flop clamoroso, una performance peggiore non solo di Svezia e Usa, ma anche di Irlanda, Spagna e Grecia (il calcolo non include l'Italia): di fatto, la produttività tedesca dal 2007 ad oggi - riforme o no - è scesa. Cos'è successo, allora? Il punto chiave è la compressione dei salari avvenuta in Germania. I pingui profitti che ne sono risultati non sono stati investiti dalle aziende in Germania (come mostra l'andamento della produttività) ma sono stati parcheggiati nelle banche. E queste, non avendo occasione di impiego in patria, visto il ristagno degli investimenti, li hanno utilizzati all'estero, dove i tassi di interesse erano anche più interessanti. Nasce qui il torrente di crediti tedeschi alla Spagna, alla Grecia, all'Irlanda, per finanziare soprattutto improbabili boom immobiliari. A finanziare quei boom sono stati le buste paga più magre dei lavoratori tedeschi. Quando poi è esplosa la crisi, a pagare non sono state le banche, i loro azionisti e i titolari delle loro obbligazioni (cioè chi aveva, a sua volta,

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prestato i soldi alle banche), dunque i capitalisti, ma i lavoratori dei paesi irrorati di crediti, con la disoccupazione di massa. E non è finita, avverte Pettis. Con quelle montagne di debiti, l'economia non può riprendere a svilupparsi. Basta guardare la Grecia che, oppressa dal pagamento degli interessi, non ha le risorse per incentivare la crescita. La strada segnata è quella di un lento assorbimento dei debiti. Ovvero, le banche risaneranno lentamente i loro conti, smaltendo quei crediti incagliati, in Grecia come in Spagna o in Portogallo, facendone pagare il costo alle classi medie, sia come depositanti, che come contribuenti. E’ una rilettura dell'austerità, assai scomoda per la classe dirigente della Ue. Ancora più scomoda è la ricetta che ne scaturisce. In una cultura, come quella anglosassone, in cui la bancarotta è il primo passo per ripartire e non l'ultimo per uscire di scena, la crisi finirà quando sarà ristrutturato il debito. Tagliandolo, oppure con le idee creative (legare i titoli del debito alla crescita del Pil) proposte da Atene. Per radicali ex rivoluzionari, come Tsipras e Varoufakis, da Washington e da Londra scrosciano gli applausi. (07 febbraio 2015) © Riproduzione

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 15:27 Sandra, 1) Salari. L'aumento dei salari in Germania dall'inizio dell'unione monetaria ed oggi è stato più o meno lo stesso che in Italia. Compressione dei salari tedeschi ? Ma in compenszo l'occupazione in Germania è aumentata fortemente e il monte salari globale è aumentato più che da noi.

2) Aumento della produttività. In Germania c'è stato un aumento della produttività nelle imprese – che ha permesso un aumento del costo del lavoro per unità di prodotto inferiore a quello italiano – abbastanza forte. Ma la Germania ha preso misure che hanno facilitato l'assunzione di lavoratori e questo ha portato ad un aumento dell'occupazione in tutta l'economia, cosa che ha ridotto la produttività media nell'insieme dell'economia. Questo è un risultato positivo. In ogni caso, la produttività tedesca è aumentata più di quella italiana (come mostra bene il grafico che posto).

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3) Avanzi commerciali. A partire dalla riforme del 2003/2004 la Germania ha migliorato la sua posizione commerciale ed ha cominciato ad accumulare avanzi commerciali (e Pettis tira fuori che avrebbe migliorato la sua produttività troppo poco!). Se questo punto si concentrano tutte le critiche alla Germania: avrebbe potuto far di più per sostenere la domanda interna ed importare di più. 4) Disponibilità di capitali. Le banche tedesche e quelle del resto del nord Europa hanno investito i capitali la dove pensavano di avere i ritorni più alti e questo è stato spesso nel sud Europa (ma anche banche italiane hanno prestato fiumi di danaro nell'Europa dell'est e in Grecia). Questo era previsto e desiderato. Non possiamo criticare uno sviluppo – l'afflusso di capitali verso le regioni periferiche dell'Europa – che abbiamo tutti fortemente voluto. Se per caso le banche europee si mettessero a prestare soldi al sud d'Italia ti immagineresti che qualcuno si metterebbe a condannare questo sviluppo come una volgare manovra speculativa? In Portogallo, Spagna, Italia e Grecia c'è sicuramente stata una disponibilità di capitali a costi più bassi di quelli che esistevano prima dell'unione monetaria Ma bisogna avere una visione del mondo distorta dai pregiudizi per sostenere che l'afflusso di capitali a costo più basso sia stato una cosa negativa, una cosa di cui i paesi del sud Europa abbiano sofferto. Come siano stati utilizzati questi capitali è una cosa ben diversa. La responsabilità delle banche su questo è molto indiretta e molto limitata. Le banche potevano certo osservare che i disavanzi italiani e greci andavano a finanziare spese correnti e non investimenti, ma avrebbero dovuto forse smettere di prestare soldi? Su quali basi e con quale legittimità? Se una banca avesse smesso di prestare soldi sulla base del fatto che i greci spendevano i soldi male, mi posso immaginare le urla che si sarebbero levate da parte tua e da parte di tanti altri sul tentativo di influenzare le autonome scelte politiche degli stati. Si sarebbe strillato che le banche non volevano spese sociali, ma favorire l'industria delle costruzione per far costruire strade, ferrovie e aeroporti. 5) Boom immobiliari. Ti ha già spiegato che i governi spagnoli, irlandesi ed altri avevano tutti gli strumenti per evitare un boom speculativo. Non solo non l'hanno evitato, ma l'hanno attivamente favorito. La resposnabilità per le bolle immobiliari non può essere messa sulle spalle delle banche del nord Europa. In ogni caso i mutui sono quasi sempre concessi da banche locali, non da banche estere. Chi ha dato mutui a porci e cani in Spagna sono state le casse di risparmio locali, contrllate dalla politica.

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6) Reazione alla crisi. Bisognava lasciar fallire la Grecia (e successivamente alcune banche)? Forse si. L'ho già scritto tante volte. Oggi penso che sarebbe stato meglio, ma lo penso con l'esperienza di tante cose che sono successe poi. Se questo punto ha il diritto di critica solo chi nella primavera del 2010 ha affermato pubblicamente che sarebbe stato meglio non prestare soldi alla Grecia, lasciarla fallire e intervenire successivamente a default avvenuto. È stata questa la tua posizione?

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 22:33 Alexis Tsipras è ancora in campagna elettorale. Ha appena tenuto un discorso tremendo al Parlamento nazionale. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/08/alexis-tsipras-rispetteremo... Riporto una frase dell'articolo: "Per di più, più una provocazione che un'istanza reale, ha rivendicato la restituzione dei debiti di guerra della Germania (sì, si parla della Seconda guerra mondiale) che vennero abbonati per il 50% nell'ormai lontano 1953". Ci sono state anche scintille tra il ministro dell'economia Varoufakis e Pier Carlo Padoan, con quest'ultimo che ha risposto con un twitter dove definisce inappropriate le dichiarazioni da Varoufakis. Syriza prima o poi dovrà svegliarsi, ma tutte le indicazione sembrano indicare che questo avverrà ad un prezzo politico altissimo. Sono sempre più preoccupato su quello che potrà succedere. In ogni caso, il perdente maggiore sarà la popolazione greca.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 22:54 Anche il Fatto Quotidiano qualche può scrivere cose sensate. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/02/eurocrisi-tsipras-posizi...

Risposto da giorgio varaldo su 8 Febbraio 2015 a 23:19 Qualsiasi cedimento alle richieste di tsipras avrebbe una ricaduta in termini di aumento della gia'elevata tassazione. Sarebbe uno scoop per lega e tutte quelle forze europee contrarie ad europa ed all'euro. Quindi se teniamo al futuro dell'europa qualsiasi siano la soluzioni per i contribuenti debbono essere a costo zero Sandra Del Fabro ha detto: A me pare di capire che Tsipras ponga all'Unione europea e a tutti gli Stati aderenti un problema comune che è la politica dell'austerità. In questo senso ha ragione nel dire che siamo tutti coinvolti e che tutti pagheremo le conseguenze di questa crisi. Perciò è provocatorio con la Merkel e con la Germania post bellica. Non si tratta di punire e far pagare i pigs. Si tratta di popoli in sofferenza e qui si misura l'Europa civile , uscita dalla seconda guerra mondiale con i suoi orrori. Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia. Tsipras dice: gli accordi presi hanno provocato guai, sono falliti, bisogna cambiare. I Paesi che finora si sono detti contrari alla politica europea pensano ciascuno al suo orto Fabio Colasanti ha detto: Alexis Tsipras è ancora in campagna elettorale. Ha appena tenuto un discorso tremendo al Parlamento nazionale. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/08/alexis-tsipras-rispetteremo... Riporto una frase dell'articolo: "Per di più, più una provocazione che un'istanza reale, ha rivendicato la restituzione dei debiti di guerra della Germania (sì, si parla della Seconda guerra mondiale) che vennero abbonati per il 50% nell'ormai lontano 1953".

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Ci sono state anche scintille tra il ministro dell'economia Varoufakis e Pier Carlo Padoan, con quest'ultimo che ha risposto con un twitter dove definisce inappropriate le dichiarazioni da Varoufakis. Syriza prima o poi dovrà svegliarsi, ma tutte le indicazione sembrano indicare che questo avverrà ad un prezzo politico altissimo. Sono sempre più preoccupato su quello che potrà succedere. In ogni caso, il perdente maggiore sarà la popolazione greca.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 23:27 Sandra, non è affatto così. Credevo di averlo spiegato, ma evidentemente non ci sono riuscito. Prima di tutto non esiste una politica di "austerità" in assoluto che sia giusta o sbagliata. Esistono mille situazioni diverse dove tagli dei disavanzi possono essere inevitabili o poco opportuni, se non addirittura sbagliati. Condannare l'austerità in assoluto non ha senso. Nella situazione in cui si trovava l'Italia nel 2011 quando Monti è diventato primo ministro non c'era alternativa; bisognava ridurre il disavanzo nella maniera più rapida possibile. Nella situazione del 2014/2015, se avessimo regole europee diverse, l'Italia potrebbe permettersi un disavanzo temporaneo per un anno o due anche superiore al tre per cento. Nel caso della Grecia, nel passato come oggi, le cose sono ben diverse. La Grecia non ha soldi e nessuno glieli presta sul mercato. Quindi dal 2010 ad oggi la condizione sine qua non perché l'aggiustamento in Grecia fosse meno brutale era che i paesi europei prestassero alla Grecia almeno altri cinquanta o sessanta miliardi di più (per poi sentirsi dire da Michael Pettis che si sono irresponsabilmente prestati troppi soldi alla Grecia !). Oggi si è nella stessa situazione, perché il governo Tsipras possa realizzare almeno una parte del suo programma ha bisogno che gli europei gli prestino soldi o che la Grecia abbia il permesso (o decida unilateralmente) di non pagare gli interessi sui debiti attuali. Non esiste un problema generalizzato di "austerità" e la situazione della Grecia è ben diversa da quella della Francia, dell'Italia e della Spagna (paesi che possono ancora indebitarsi sul mercato). Come la situazione di questi paesi è ancora diversa da quella di alcuni paesi del nord Europa che hanno addirittura avanzi di bilancio (quindi hanno soldi in cassa che potrebbero spendere). Quindi non esiste nessun problema comune. Questo lo vedi benissimo nelle tensioni tra la Grecia e anche con la Spagna, con la Francia e con l'Italia. Il richiamo di Tsipras ai danni di guerra e ai debiti della Germania non ha alcun significato concreto, serve solo a infiammare gli animi e fa parte del "fare la faccia feroce" che Tsipras ha deciso di continuare per ancora qualche settimana per coprire il fatto che il suo giro delle capitali non ha dato nessun risultato. Gli accordi presi consistono in prestiti dei paesi dell'eurozona alla Grecia per 195 miliardi (Tsipras non parla di debiti vero il mercato, di debiti con il FMI o di debiti con la BCE). In se un prestito non può funzionare o non funzionare, non ha nemmeno senso porsi il problema: un prestito è un prestito. Il problema è che in questi anni la Grecia non è riuscita a riorganizzare la sua economia. Dei soldi in più avrebbero ridotto le sofferenze sociali (e sarebbe stato opportuno prestarli), ma non è chiaro che avrebbero cambiato molto alla mancanza di volontà di fare le riforme mostrata dai governi greci in questi anni. Quello che è fallito non sono i prestiti, è la volontà del governo greco di fare le riforme. Questo è quello che va cambiato. Ma come? Tutti i governi europei si rendono conto che una buona parte dei prestiti alla Grecia non sarà rimborsata e dovrà essere pagata dai contribuenti dei loro paesi. Sono anche disposti ad accetatre che una parte ancora maggiore sia pagata dai loro elettori/contribuenti, ma vorrebbero vedere la Grecia cominciare a fare qualcosa per far funzionare l'economia. Purtroppo non si vede molto, anche se Varoufakis avrebbe recentemente dichi!arato che il 60/70 per cento delle richieste della troika sarebbe giusto ! Sandra Del Fabro ha detto: A me pare di capire che Tsipras ponga all'Unione europea e a tutti gli Stati aderenti un problema comune che è la politica dell'austerità. In questo senso ha ragione nel dire che siamo tutti coinvolti e che tutti pagheremo le conseguenze di questa crisi. Perciò è provocatorio con la Merkel e con la Germania post bellica. Non si tratta di punire e far pagare i pigs. Si tratta di popoli in sofferenza e qui si misura l'Europa civile , uscita dalla seconda guerra mondiale con i suoi orrori. Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia. Tsipras dice: gli accordi presi hanno provocato guai, sono falliti, bisogna cambiare Fabio Colasanti ha detto: Alexis Tsipras è ancora in campagna elettorale. Ha appena tenuto un discorso tremendo al Parlamento nazionale. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/08/alexis-tsipras-rispetteremo...

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Riporto una frase dell'articolo: "Per di più, più una provocazione che un'istanza reale, ha rivendicato la restituzione dei debiti di guerra della Germania (sì, si parla della Seconda guerra mondiale) che vennero abbonati per il 50% nell'ormai lontano 1953". Ci sono state anche scintille tra il ministro dell'economia Varoufakis e Pier Carlo Padoan, con quest'ultimo che ha risposto con un twitter dove definisce inappropriate le dichiarazioni da Varoufakis. Syriza prima o poi dovrà svegliarsi, ma tutte le indicazione sembrano indicare che questo avverrà ad un prezzo politico altissimo. Sono sempre più preoccupato su quello che potrà succedere. In ogni caso, il perdente maggiore sarà la popolazione greca.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Febbraio 2015 a 23:35 Giorgio, già oggi i prestiti alla Grecia ci costano parecchio (ho pubblicato ieri dei dati sulle scandenze dei prestiti alla Grecia che vanno dal 2024 al 2055). Purtroppo la discussione è se il costo sarà ufficiale - e quindi concentrato in uno o due anni con la necessità di dire agli elettori/contribuenti che serviranno decine di miliardi di euro per pagare i debiti greci - o se il costo sarà spalmato su trenta o quaranta anni con la possibilità di non dirlo ufficialmente agli elettori/contribuenti. Ma in ogni caso il costo c'è già anche nella situazione attuale, pre-Tsipras. Quello che Tsipras chiede è un alleggerimento ulterioredelle condizioni. giorgio varaldo ha detto: Qualsiasi cedimento alle richieste di tsipras avrebbe una ricaduta in termini di aumento della gia'elevata tassazione. Sarebbe uno scoop per lega e tutte quelle forze europee contrarie ad europa ed all'euro. Quindi se teniamo al futuro dell'europa qualsiasi siano la soluzioni per i contribuenti debbono essere a costo zero

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 0:29 Sandra, ma questa è la realtà del mondo in cui viviamo e non capisco la tua sorpresa. I governi sono eletti su base nazionale. Il governo italiano risponde ai suoi elettori a cercherà di fare cose che vogliano gli elettori italiani. Per farsi rieleggere dovrà aver fatto cose che gli elettori italiani apprezzano. Nella crisi abbiamo avuto una grossa sfortuna: quella di avere come primo paese in difficoltà la Grecia. Se la crisi fosse scoppiata con il Portogallo o con l'Irlanda avremmo visto una maggiore solidarietà. Ma la Grecia ha fatto di tutto per rendersi antipatica. Mentre la crisi negli altri paesi è stata dovuta alle bolle immobiliari, al debito privato, agli errori delle autorità di regolamentazione bancaria e, soprattutto, alla perdita di competitività dei vari paesi. Nel caso della Grecia si è trattato di un caso da scuola di crisi provocata da una gestione delle finanze pubbliche irresponsabile e truffaldina. La crisi in Grecia è stata provocata da un aumento della spesa pubblica del 50 per cento dal 2004 al 2009 dovuto in buona parte all'assunzione di 100mila persone nel settore pubblico (come se l'Italia vesse assunto 600mila dipendenti pubblici in cinque anni); ad un'evasione fiscale mostruosa e a delle spese pubbliche ingiustificabili (un esempio fra tanti: la pensione di reversibilità per i dipendenti pubblici si trasferiva alle figlie nubili e veniva pagata quindi per decenni e decenni alle figlie "zitelle" che ev itavano di sposarsi ufficialmente e vedersi tagliata la pensione). Per di più, quando la crisi è scoppiata si è scoperto che le autorità greche avevano nascosto le dimensioni del buco truccando i conti. La Merkel ha fatto miracoli per convincere il Parlamento tedesco ad accettare i pacchetti di prestiti alla Grecia. I tedeschi si dicevano: "Ma perché noi che andiamo in pensione a 67 anni dobbiamo pagare di tasca nostra i debiti che hanno fatto i dipendenti pubblici greci che vanno in pensione a 50 anni?". In queste posizioni c'è stato tanto qualunquismo e tante esagerazioni, ma il problema di fondo era vero. I governi greci hanno gestito le finanze pubbliche del loro paese in maniera criminale. Gli alti tassi di crescita della Grecia durante i primi anni dell'unione monetaria sono stati dovuti all'aumento della spesa pubblica e del debito.

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Come stupirsi se c'è stata così poca simpatia per i greci? I finalndesi hanno richiesto delle garanzie separate per i loro prestiti. Quando è stato chiesto a Cristine Lagarde verso la fine del 2011 se non riconosceva l'esistenza di un problema di povertà in Grecia, questa ha risposto testualmente che conosceva tanti altri casi di povertà nel mondo più meritevoli di aiuto e che i greci dovevano cominciare a pagare le tasse. In questa situazione come ci si poteva aspettare un aiuto maggiore? E in ogni caso, l'aiuto che è stato dato è di dimensioni mai viste. Ho già ricordato come l'intervento del FMI sia stato il più grande mai fatto a favore di un paese, più grande di quelli per la Russia, per la Corea, per l'Indonesia o per l'Argentina. Se si considerano i prestiti dei paesi dell'eurozona come soldi a fondo perduto (cosa che potrebbe diventare verità) si arriva alla conclusione che gli aiuti europei valgono circa cinquanta volte il Piano Marshall ! Non riesco a capire come tu possa ignorare le dimensioni di quello che è stato fatto e come tu possa stupirti delle resistenze che si sono manifestate in tutti i paesi a prestare ancora di più alla Grecia. Non si tratta di "fare solo affari", si tratta di soldi veri che i contribuenti nazionali dovranno pagare di tsca propria (non è ancora certo in che percentuale, ma anche se gli accordi attuali fossero rispettati ci sarebeun bel po' da pagare. Oltre quaranta miliardi dati dall'Italia alla Grecia fanno un bel po' di manovre di bilancio, fanno quattro volte il bonus degli ottanta euro, con quaranta miliardi avremmo potuto ridurre il costo del lavoro in maniera sensibile, avremmo potuto cominciare a dare veri aiuti sociali a chiunque non ha reddito. Non sono bruscolini. Che cosa vedi il passaggio all'euro potrebbe aver cambiato in questa situazione? Le campagne elettorali sono sempre su base nazionale. Perfino le elezioni europee sono cambattute su temi nazionali e non su temi europei. Ma tutto questo è sotto i nostri occhi da sempre. Non capisco come alcuni possano scoprirlo solo oggi. Sandra Del Fabro ha detto: Mi hai ripetuto infatti cose che so. Ma dalle tue parole esce proprio quel quadro delle diversità che in termini politici significa: ognuno si faccia i suoi affari a casa sua. Non esiste infatti ancora una unità politica e per questo" fare solo affari " tra le nazioni senza avere una politica comune crea squilibri Insomma non basta l'euro per fare l'Europa dei popoli. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, non è affatto così. Credevo di averlo spiegato, ma evidentemente non ci sono riuscito. Prima di tutto non esiste una politica di "austerità" in assoluto che sia giusta o sbagliata. Esistono mille situazioni diverse dove tagli dei disavanzi possono essere inevitabili o poco opportuni, se non addirittura sbagliati. Condannare l'austerità in assoluto non ha senso. Nella situazione in cui si trovava l'Italia nel 2011 quando Monti è diventato primo ministro non c'era alternativa; bisognava ridurre il disavanzo nella maniera più rapida possibile. Nella situazione del 2014/2015, se avessimo regole europee diverse, l'Italia potrebbe permettersi un disavanzo temporaneo per un anno o due anche superiore al tre per cento. Nel caso della Grecia, nel passato come oggi, le cose sono ben diverse. La Grecia non ha soldi e nessuno glieli presta sul mercato. Quindi dal 2010 ad oggi la condizione sine qua non perché l'aggiustamento in Grecia fosse meno brutale era che i paesi europei prestassero alla Grecia almeno altri cinquanta o sessanta miliardi di più (per poi sentirsi dire da Michael Pettis che si sono irresponsabilmente prestati troppi soldi alla Grecia !). Oggi si è nella stessa situazione, perché il governo Tsipras possa realizzare almeno una parte del suo programma ha bisogno che gli europei gli prestino soldi o che la Grecia abbia il permesso (o decida unilateralmente) di non pagare gli interessi sui debiti attuali. Non esiste un problema generalizzato di "austerità" e la situazione della Grecia è ben diversa da quella della Francia, dell'Italia e della Spagna (paesi che possono ancora indebitarsi sul mercato). Come la situazione di questi paesi è ancora diversa da quella di alcuni paesi del nord Europa che hanno addirittura avanzi di bilancio (quindi hanno soldi in cassa che potrebbero spendere). Quindi non esiste nessun problema comune. Questo lo vedi benissimo nelle tensioni tra la Grecia e anche con la Spagna, con la Francia e con l'Italia. Il richiamo di Tsipras ai danni di guerra e ai debiti della Germania non ha alcun significato concreto, serve solo a infiammare gli animi e fa parte del "fare la faccia feroce" che Tsipras ha deciso di continuare per ancora qualche settimana per coprire il fatto che il suo giro delle capitali non ha dato nessun risultato. Gli accordi presi consistono in prestiti dei paesi dell'eurozona alla Grecia per 195 miliardi (Tsipras non parla di debiti vero il mercato, di debiti con il FMI o di debiti con la BCE). In se un prestito non può funzionare o non funzionare, non ha nemmeno senso porsi il problema: un prestito è un prestito. Il problema è che in questi anni la Grecia non è riuscita a riorganizzare la sua economia. Dei soldi in più avrebbero ridotto le sofferenze sociali (e sarebbe stato opportuno prestarli), ma non è chiaro che avrebbero cambiato molto alla mancanza di volontà di fare le riforme mostrata dai governi greci in questi anni. Quello che è fallito non sono i prestiti, è la volontà del governo greco di fare le riforme. Questo è quello che va cambiato. Ma come?

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Tutti i governi europei si rendono conto che una buona parte dei prestiti alla Grecia non sarà rimborsata e dovrà essere pagata dai contribuenti dei loro paesi. Sono anche disposti ad accetatre che una parte ancora maggiore sia pagata dai loro elettori/contribuenti, ma vorrebbero vedere la Grecia cominciare a fare qualcosa per far funzionare l'economia. Purtroppo non si vede molto, anche se Varoufakis avrebbe recentemente dichi!arato che il 60/70 per cento delle richieste della troika sarebbe giusto ! Sandra Del Fabro ha detto: A me pare di capire che Tsipras ponga all'Unione europea e a tutti gli Stati aderenti un problema comune che è la politica dell'austerità. In questo senso ha ragione nel dire che siamo tutti coinvolti e che tutti pagheremo le conseguenze di questa crisi. Perciò è provocatorio con la Merkel e con la Germania post bellica. Non si tratta di punire e far pagare i pigs. Si tratta di popoli in sofferenza e qui si misura l'Europa civile , uscita dalla seconda guerra mondiale con i suoi orrori. Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia. Tsipras dice: gli accordi presi hanno provocato guai, sono falliti, bisogna cambiare Fabio Colasanti ha detto: Alexis Tsipras è ancora in campagna elettorale. Ha appena tenuto un discorso tremendo al Parlamento nazionale. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/08/alexis-tsipras-rispetteremo... Riporto una frase dell'articolo: "Per di più, più una provocazione che un'istanza reale, ha rivendicato la restituzione dei debiti di guerra della Germania (sì, si parla della Seconda guerra mondiale) che vennero abbonati per il 50% nell'ormai lontano 1953". Ci sono state anche scintille tra il ministro dell'economia Varoufakis e Pier Carlo Padoan, con quest'ultimo che ha risposto con un twitter dove definisce inappropriate le dichiarazioni da Varoufakis. Syriza prima o poi dovrà svegliarsi, ma tutte le indicazione sembrano indicare che questo avverrà ad un prezzo politico altissimo. Sono sempre più preoccupato su quello che potrà succedere. In ogni caso, il perdente maggiore sarà la popolazione greca.

Risposto da Pietro Maruca su 9 Febbraio 2015 a 3:03 Ci vorrà un po' di tempo per capire meglio come sarà gestito questo voto: - Gli eletti al parlamento greco costituiscono una maggioranza striminzita, ma coesa, o vanno per correnti, come da noi? - Prevarrà la linea "del passato me ne frego" o si faranno dei nuovi sacrifici/riforme per avere più benevolenza dall'Europa? Con quali effetti e conseguenze? - Questa strana alleanza sinistra/destra, un po' machiavellica (il fine giustifica i mezzi...) sdoganerà qualcosa anche in Italia? In fondo c'erano già state avvisaglie in passato, sempre considerate come esempi contraddittori e innaturali, ma per il futuro? - Il debito, finora, gestito un po' come elemento a sé, è stato usato come ricatto con tutti, tranne che con le banche che ne hanno avuto indubbi vantaggi con una serie di interventi salva-banche e con tassi europei agevolati... Probabilmente sono serviti anche per comperare titoli di Stato, ma con nessun effetto su investimenti e crescita. Ho quasi il sospetto che il rinvio della ripresa sia anche un po' voluto, per continuare a garantire flusso di denaro al sistema finanziario (a pensar male...) Per uscire, si potrà agevolare nei pagamenti, ma se non si garantiscono più entrate, non si potrà pretendere il rispetto di qualsiasi impegno, per quanto ridefinito in modo più favorevole. Si comincerà, a questo punto, a investire effettivamente su crescita e anti-evasione, per garantire le entrate? - Quanto e cosa ci vorrà per capire che, probabilmente, l'erba del vicino non è affatto la migliore? I segnali (alleanze, presenza femminile, programmi vetero, rimedi azzardati...) mi sembrano al momento di gran lunga a favore di Renzi e dell'esperienza italiana, con buona pace dei nostri dissidenti, che, alla luce di tutto ciò, mi paiono anche come più o meno consapevoli dissipatori di un'opportunità che andrebbe utilizzata a piene mani, senza porle difficoltà alcuna.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 7:38

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Pietro, grazie per questo tuo intervento. Tocchi molti temi. Stiamo a vedere che commenti verranno da altri amici. Per il momento ne faccio uno su di un punto specifico: il ritardo della ripresa. Comincio però ricordando una cosa che gli altri amici già sanno. Conosco abbastanza bene la Grecia; è un paese dove sono stato spesso, conosco il greco in maniera sufficente per la vita da turista (ho però anche fatto un discorso in greco di fronte al primo ministro Karamanlis !) e ho un fratello che vive ad Atene e che ogni tanto interviene in questa discussione. Questa conoscenza mi porta ad essere molto critico con il paese. Ma nonostante tutte le critiche che spesso faccio, non posso pensare che il ritardo nella ripresa sia voluto. La Grecia ha problemi dello stesso tipo di quelli italiani, ma molto più gravi e senza avere una struttura economica industriale nemmeno paragonabile alla nostra. Noi siamo un paese industriale (il secondo esportare di macchinari in Europa), la Grecia ha un'agricoltura abbastanza prilitiva ed il turismo. La Grecia soffre soprattutto di una amministrazione pubblica pletorica, corrotta ed inefficiente e di un eccesso di legislazione corporativa che spezzetta ogni attività economica in tante nicchie con inefficienze e costi molto alti. Sul primo punto basta pensare che l'amministrazione non segue le istruzioni del governo. Per un ministro è molto difficile far fare qualcosa. Ogni funzionario è stato assunto si indicazione di un partito e la sua lealtà va al partito che lo ha messo in quel posto e non ai superiori gerarchici. Spero che Syriza possa intervenire su questo punto. Una parte particolarmente disgraziata dell'amministrazione greca è quella fiscale (ci sono miliardi di tasse accertate e notificate che ancora non vengono incassate); il catasto ancora non funziona. Per darti un'idea del grado di corporativismo nell'economia greca pensa che le edicole che vendono i giornali greci non possono vendere quelli stranieri e quelle che vendono i giornali stranieri non possono vendere quelli greci ! Il dramma è che dall'inizio della crisi ad oggi il governo greco ha fatto ben poco. Le entrate fiscali sono aumentate (ma sono ancora ben più basse delle nostre in proporzione al reddito del paese), ma di riforme della struttura economica se ne sono viste ben poche. I salari sono scesi fortemente, soprattutto negli ultimi due anni, ma la Grecia esporta ben poco. Ci sono perfino informazioni anedottiche di imprese greche che si sono trasferite in Bulgaria perché l'ambiente amministrativo in quel paese è meno ostile. Nonostante l'Unione europea abbia abbassato in maniera draconiana il tasso di cofinanziamento per i progetti europei (dal 50 al 5 per cento), la Grecia non riesce a spendere i fondi che riceve dall'UE per l'inefficienza delle amministrazioni locali ed un sistema decisionale frammentato. Una difficoltà è che i governi Samaras sono stati bloccati dallo stesso meccanismo che ha fatto si che il grande "liberale economico" Silvio Berlusconi non abbia fatto nulla per riformare la struttura economica italiana: entrambi hanno la loro base elettorale proprio nei gruppi che beneficiano del corporativismo economico e della mancanza di concorrenza. I governi greci avrebbero sicuramente voluto un ritorno alla crescita economica, ma non sono stati capaci di fare molto per farla ritornare. Syriza ha meno condizionamenti elettorali del tipo che ho appena citato, ma è condizionata dal suo nazionalismo e dalla vicinanza con i sindacati (guarda il blocco della privatizzazione del resto del porto del Pireo). Pietro Maruca ha detto: ( ... ) Ho quasi il sospetto che il rinvio della ripresa sia anche un po' voluto, per continuare a garantire flusso di denaro al sistema finanziario (a pensar male...) Per uscire, si potrà agevolare nei pagamenti, ma se non si garantiscono più entrate, non si potrà pretendere il rispetto di qualsiasi impegno, per quanto ridefinito in modo più favorevole. Si comincerà, a questo punto, a investire effettivamente su crescita e anti-evasione, per garantire le entrate? ( ... ) Risposte a questa discussione

Risposto da Lauro Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 8:13 Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei).

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Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 9:45 How Greece manages to lose allies The biggest danger to Greek membership of the eurozone currently stems from reckless diplomacy. Over the weekend, Yanis Varoufakis not only declared his own country bankrupt, but also Italy. And said the euro would collapse if Greece were to exit. This is from RAInews: "Officials of an important Italian institution approached me and told me that they are in solidarity with our country, but they cannot tell the truth as Italy is threatened by bankruptcy and they fear from the German consequences. In recent years, a cloud of fear has covered throughout Europe. We risk to become worse the the former Soviet Union." Note the "worse than the Soviet Union" comparison. There was more: "The euro is fragile, it's like building a castle of cards, if you take out the Greek card the others will collapse...I would warn anyone who is considering strategically amputating Greece from Europe because this is very dangerous," he said. "Who will be next after us? Portugal? What will happen when Italy discovers it is impossible to remain inside the straitjacket of austerity?" It is hard to guess the official Italian reaction. As RAINews reports, Pier Carlo Padoan calls the comments "out of line", and says the Italian economy was solid and sustainable. One of the points Wolfgang Munchau makes in his FT column is that the diplomacy of Varoufakis is a disaster, as he manages to alienate potential allies. His roadshow last week - especially the day in London - backfired, and has in fact hardened the position of the German government further. Instead of isolating Germany, the effects of his diplomatic offensive was an isolation of Greece, which became evident at the prep meeting for next week's eurogroup. Ian Talley in the Wall Street Journal focuses on the lack of communication between Greece and the IMF. The new administration has not informed the IMF about its plans. Varoufakis briefly met with Poul Thomsen, but said this had more the character of an introductory meeting. Other than that, there have been no high level meetings. The article is wondering whether Greece is showing the cold to one of its best potential allies?

Risposto da Giampaolo Carboniero su 9 Febbraio 2015 a 13:47 Vanno bene tutte le analisi e accettazione delle realtaà esistenti del mondo; io ti ho chiesto più volte una "tua" opinione: le cose vanno bene così, si deve mantenere la situazione europea attuale, o c'è qualcosa da cambiare, indipendentemente che poi lo si possa fare o meno? Un'opinione, non un'analisi dello stato di fatto. Fabio Colasanti ha detto: Sandra,

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ma questa è la realtà del mondo in cui viviamo e non capisco la tua sorpresa. I governi sono eletti su base nazionale. Il governo italiano risponde ai suoi elettori a cercherà di fare cose che vogliano gli elettori italiani. Per farsi rieleggere dovrà aver fatto cose che gli elettori italiani apprezzano. Nella crisi abbiamo avuto una grossa sfortuna: quella di avere come primo paese in difficoltà la Grecia. Se la crisi fosse scoppiata con il Portogallo o con l'Irlanda avremmo visto una maggiore solidarietà. Ma la Grecia ha fatto di tutto per rendersi antipatica. Mentre la crisi negli altri paesi è stata dovuta alle bolle immobiliari, al debito privato, agli errori delle autorità di regolamentazione bancaria e, soprattutto, alla perdita di competitività dei vari paesi. Nel caso della Grecia si è trattato di un caso da scuola di crisi provocata da una gestione delle finanze pubbliche irresponsabile e truffaldina. La crisi in Grecia è stata provocata da un aumento della spesa pubblica del 50 per cento dal 2004 al 2009 dovuto in buona parte all'assunzione di 100mila persone nel settore pubblico (come se l'Italia vesse assunto 600mila dipendenti pubblici in cinque anni); ad un'evasione fiscale mostruosa e a delle spese pubbliche ingiustificabili (un esempio fra tanti: la pensione di reversibilità per i dipendenti pubblici si trasferiva alle figlie nubili e veniva pagata quindi per decenni e decenni alle figlie "zitelle" che ev itavano di sposarsi ufficialmente e vedersi tagliata la pensione). Per di più, quando la crisi è scoppiata si è scoperto che le autorità greche avevano nascosto le dimensioni del buco truccando i conti. La Merkel ha fatto miracoli per convincere il Parlamento tedesco ad accettare i pacchetti di prestiti alla Grecia. I tedeschi si dicevano: "Ma perché noi che andiamo in pensione a 67 anni dobbiamo pagare di tasca nostra i debiti che hanno fatto i dipendenti pubblici greci che vanno in pensione a 50 anni?". In queste posizioni c'è stato tanto qualunquismo e tante esagerazioni, ma il problema di fondo era vero. I governi greci hanno gestito le finanze pubbliche del loro paese in maniera criminale. Gli alti tassi di crescita della Grecia durante i primi anni dell'unione monetaria sono stati dovuti all'aumento della spesa pubblica e del debito. Come stupirsi se c'è stata così poca simpatia per i greci? I finalndesi hanno richiesto delle garanzie separate per i loro prestiti. Quando è stato chiesto a Cristine Lagarde verso la fine del 2011 se non riconosceva l'esistenza di un problema di povertà in Grecia, questa ha risposto testualmente che conosceva tanti altri casi di povertà nel mondo più meritevoli di aiuto e che i greci dovevano cominciare a pagare le tasse. In questa situazione come ci si poteva aspettare un aiuto maggiore? E in ogni caso, l'aiuto che è stato dato è di dimensioni mai viste. Ho già ricordato come l'intervento del FMI sia stato il più grande mai fatto a favore di un paese, più grande di quelli per la Russia, per la Corea, per l'Indonesia o per l'Argentina. Se si considerano i prestiti dei paesi dell'eurozona come soldi a fondo perduto (cosa che potrebbe diventare verità) si arriva alla conclusione che gli aiuti europei valgono circa cinquanta volte il Piano Marshall ! Non riesco a capire come tu possa ignorare le dimensioni di quello che è stato fatto e come tu possa stupirti delle resistenze che si sono manifestate in tutti i paesi a prestare ancora di più alla Grecia. Non si tratta di "fare solo affari", si tratta di soldi veri che i contribuenti nazionali dovranno pagare di tsca propria (non è ancora certo in che percentuale, ma anche se gli accordi attuali fossero rispettati ci sarebeun bel po' da pagare. Oltre quaranta miliardi dati dall'Italia alla Grecia fanno un bel po' di manovre di bilancio, fanno quattro volte il bonus degli ottanta euro, con quaranta miliardi avremmo potuto ridurre il costo del lavoro in maniera sensibile, avremmo potuto cominciare a dare veri aiuti sociali a chiunque non ha reddito. Non sono bruscolini. Che cosa vedi il passaggio all'euro potrebbe aver cambiato in questa situazione? Le campagne elettorali sono sempre su base nazionale. Perfino le elezioni europee sono cambattute su temi nazionali e non su temi europei. Ma tutto questo è sotto i nostri occhi da sempre. Non capisco come alcuni possano scoprirlo solo oggi. Sandra Del Fabro ha detto: Mi hai ripetuto infatti cose che so. Ma dalle tue parole esce proprio quel quadro delle diversità che in termini politici significa: ognuno si faccia i suoi affari a casa sua. Non esiste infatti ancora una unità politica e per questo" fare solo affari " tra le nazioni senza avere una politica comune crea squilibri Insomma non basta l'euro per fare l'Europa dei popoli. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, non è affatto così. Credevo di averlo spiegato, ma evidentemente non ci sono riuscito. Prima di tutto non esiste una politica di "austerità" in assoluto che sia giusta o sbagliata. Esistono mille situazioni diverse dove tagli dei disavanzi possono essere inevitabili o poco opportuni, se non addirittura sbagliati. Condannare l'austerità in assoluto non ha senso. Nella situazione in cui si trovava l'Italia nel 2011 quando Monti è diventato primo ministro non c'era alternativa; bisognava ridurre il disavanzo nella maniera più rapida possibile. Nella situazione del

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2014/2015, se avessimo regole europee diverse, l'Italia potrebbe permettersi un disavanzo temporaneo per un anno o due anche superiore al tre per cento. Nel caso della Grecia, nel passato come oggi, le cose sono ben diverse. La Grecia non ha soldi e nessuno glieli presta sul mercato. Quindi dal 2010 ad oggi la condizione sine qua non perché l'aggiustamento in Grecia fosse meno brutale era che i paesi europei prestassero alla Grecia almeno altri cinquanta o sessanta miliardi di più (per poi sentirsi dire da Michael Pettis che si sono irresponsabilmente prestati troppi soldi alla Grecia !). Oggi si è nella stessa situazione, perché il governo Tsipras possa realizzare almeno una parte del suo programma ha bisogno che gli europei gli prestino soldi o che la Grecia abbia il permesso (o decida unilateralmente) di non pagare gli interessi sui debiti attuali. Non esiste un problema generalizzato di "austerità" e la situazione della Grecia è ben diversa da quella della Francia, dell'Italia e della Spagna (paesi che possono ancora indebitarsi sul mercato). Come la situazione di questi paesi è ancora diversa da quella di alcuni paesi del nord Europa che hanno addirittura avanzi di bilancio (quindi hanno soldi in cassa che potrebbero spendere). Quindi non esiste nessun problema comune. Questo lo vedi benissimo nelle tensioni tra la Grecia e anche con la Spagna, con la Francia e con l'Italia. Il richiamo di Tsipras ai danni di guerra e ai debiti della Germania non ha alcun significato concreto, serve solo a infiammare gli animi e fa parte del "fare la faccia feroce" che Tsipras ha deciso di continuare per ancora qualche settimana per coprire il fatto che il suo giro delle capitali non ha dato nessun risultato. Gli accordi presi consistono in prestiti dei paesi dell'eurozona alla Grecia per 195 miliardi (Tsipras non parla di debiti vero il mercato, di debiti con il FMI o di debiti con la BCE). In se un prestito non può funzionare o non funzionare, non ha nemmeno senso porsi il problema: un prestito è un prestito. Il problema è che in questi anni la Grecia non è riuscita a riorganizzare la sua economia. Dei soldi in più avrebbero ridotto le sofferenze sociali (e sarebbe stato opportuno prestarli), ma non è chiaro che avrebbero cambiato molto alla mancanza di volontà di fare le riforme mostrata dai governi greci in questi anni. Quello che è fallito non sono i prestiti, è la volontà del governo greco di fare le riforme. Questo è quello che va cambiato. Ma come? Tutti i governi europei si rendono conto che una buona parte dei prestiti alla Grecia non sarà rimborsata e dovrà essere pagata dai contribuenti dei loro paesi. Sono anche disposti ad accetatre che una parte ancora maggiore sia pagata dai loro elettori/contribuenti, ma vorrebbero vedere la Grecia cominciare a fare qualcosa per far funzionare l'economia. Purtroppo non si vede molto, anche se Varoufakis avrebbe recentemente dichi!arato che il 60/70 per cento delle richieste della troika sarebbe giusto ! Sandra Del Fabro ha detto: A me pare di capire che Tsipras ponga all'Unione europea e a tutti gli Stati aderenti un problema comune che è la politica dell'austerità. In questo senso ha ragione nel dire che siamo tutti coinvolti e che tutti pagheremo le conseguenze di questa crisi. Perciò è provocatorio con la Merkel e con la Germania post bellica. Non si tratta di punire e far pagare i pigs. Si tratta di popoli in sofferenza e qui si misura l'Europa civile , uscita dalla seconda guerra mondiale con i suoi orrori. Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia. Tsipras dice: gli accordi presi hanno provocato guai, sono falliti, bisogna cambiare Fabio Colasanti ha detto: Alexis Tsipras è ancora in campagna elettorale. Ha appena tenuto un discorso tremendo al Parlamento nazionale. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/08/alexis-tsipras-rispetteremo... Riporto una frase dell'articolo: "Per di più, più una provocazione che un'istanza reale, ha rivendicato la restituzione dei debiti di guerra della Germania (sì, si parla della Seconda guerra mondiale) che vennero abbonati per il 50% nell'ormai lontano 1953". Ci sono state anche scintille tra il ministro dell'economia Varoufakis e Pier Carlo Padoan, con quest'ultimo che ha risposto con un twitter dove definisce inappropriate le dichiarazioni da Varoufakis. Syriza prima o poi dovrà svegliarsi, ma tutte le indicazione sembrano indicare che questo avverrà ad un prezzo politico altissimo. Sono sempre più preoccupato su quello che potrà succedere. In ogni caso, il perdente maggiore sarà la popolazione greca.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 9 Febbraio 2015 a 14:00

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D'accordo sull'opportunità da usare a piene mani, ma utilmente, non giochetti di Palazzo, per risolvere i nostri problemi di fondo, che conosciamo tutti, corruzione, collateralità fra politica e malaffare, evasione fiscale, semplificazione urgente ( leggi quadro e non decreti a raffica che ingarbugliano anzichè semplificare), efficienza della PA ( introduzione di almeno qualche tratto del contratto privato nel pubblico?); torno a ripetere che è indispensabile un piano energetico strategico nazionale, a medio-lungo termine, che preveda lo sfruttamento di tutte le potenzialità energetiche alternative ai fossili ( proprio sfruttando gli attuali bassi costi dei fossili, che non dureranno a lungo). Pietro Maruca ha detto: Ci vorrà un po' di tempo per capire meglio come sarà gestito questo voto: - Gli eletti al parlamento greco costituiscono una maggioranza striminzita, ma coesa, o vanno per correnti, come da noi? - Prevarrà la linea "del passato me ne frego" o si faranno dei nuovi sacrifici/riforme per avere più benevolenza dall'Europa? Con quali effetti e conseguenze? - Questa strana alleanza sinistra/destra, un po' machiavellica (il fine giustifica i mezzi...) sdoganerà qualcosa anche in Italia? In fondo c'erano già state avvisaglie in passato, sempre considerate come esempi contraddittori e innaturali, ma per il futuro? - Il debito, finora, gestito un po' come elemento a sé, è stato usato come ricatto con tutti, tranne che con le banche che ne hanno avuto indubbi vantaggi con una serie di interventi salva-banche e con tassi europei agevolati... Probabilmente sono serviti anche per comperare titoli di Stato, ma con nessun effetto su investimenti e crescita. Ho quasi il sospetto che il rinvio della ripresa sia anche un po' voluto, per continuare a garantire flusso di denaro al sistema finanziario (a pensar male...) Per uscire, si potrà agevolare nei pagamenti, ma se non si garantiscono più entrate, non si potrà pretendere il rispetto di qualsiasi impegno, per quanto ridefinito in modo più favorevole. Si comincerà, a questo punto, a investire effettivamente su crescita e anti-evasione, per garantire le entrate? - Quanto e cosa ci vorrà per capire che, probabilmente, l'erba del vicino non è affatto la migliore? I segnali (alleanze, presenza femminile, programmi vetero, rimedi azzardati...) mi sembrano al momento di gran lunga a favore di Renzi e dell'esperienza italiana, con buona pace dei nostri dissidenti, che, alla luce di tutto ciò, mi paiono anche come più o meno consapevoli dissipatori di un'opportunità che andrebbe utilizzata a piene mani, senza porle difficoltà alcuna.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 9 Febbraio 2015 a 14:08 Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto:

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Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da giorgio varaldo su 9 Febbraio 2015 a 14:18 Va bene tutto percorsi piu' o meno virtuosi alla condizione che in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non ci costi un solo centesimo in piu'. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 14:19 Giampaolo, i fatti sono i fatti. Nessuno ha mai proposto alla Grecia o altri paesi un percorso di "sola" austerità. Il FMI non ha mai detto che "sola" austerità sarebbe stato un errore (anche perché nessuno ha mai parlato di "sola" austerità). Il FMI ha fatto un'analisi onesta degli errori di previsione, ma ha sempre sottolineato che perché l'aggiustamento di bilancio in Grecia fosse meno brutale sarebbe stato necessario che i paesi europei prestassero alla Grecia molti soldi in più (non ha indicato la cifra precisa). Il FMI ha messo nero su bianco che l'aggiustamento che la Grecia ha dovuto fare era inevitabile dati i limiti della disponibilità politica dei paesi europei a concedere prestiti. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto

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dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 15:29 Giampaolo, ti ho risposto nella discussione "Europa" Giampaolo Carboniero ha detto: Vanno bene tutte le analisi e accettazione delle realtaà esistenti del mondo; io ti ho chiesto più volte una "tua" opinione: le cose vanno bene così, si deve mantenere la situazione europea attuale, o c'è qualcosa da cambiare, indipendentemente che poi lo si possa fare o meno? Un'opinione, non un'analisi dello stato di fatto. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, ma questa è la realtà del mondo in cui viviamo e non capisco la tua sorpresa. I governi sono eletti su base nazionale. Il governo italiano risponde ai suoi elettori a cercherà di fare cose che vogliano gli elettori italiani. Per farsi rieleggere dovrà aver fatto cose che gli elettori italiani apprezzano. Nella crisi abbiamo avuto una grossa sfortuna: quella di avere come primo paese in difficoltà la Grecia. Se la crisi fosse scoppiata con il Portogallo o con l'Irlanda avremmo visto una maggiore solidarietà. Ma la Grecia ha fatto di tutto per rendersi antipatica. Mentre la crisi negli altri paesi è stata dovuta alle bolle immobiliari, al debito privato, agli errori delle autorità di regolamentazione bancaria e, soprattutto, alla perdita di competitività dei vari paesi. Nel caso della Grecia si è trattato di un caso da scuola di crisi provocata da una gestione delle finanze pubbliche irresponsabile e truffaldina. La crisi in Grecia è stata provocata da un aumento della spesa pubblica del 50 per cento dal 2004 al 2009 dovuto in buona parte all'assunzione di 100mila persone nel settore pubblico (come se l'Italia vesse assunto 600mila dipendenti pubblici in cinque anni); ad un'evasione fiscale mostruosa e a delle spese pubbliche ingiustificabili (un esempio fra tanti: la pensione di reversibilità per i dipendenti pubblici si trasferiva alle figlie nubili e veniva pagata quindi per decenni e decenni alle figlie "zitelle" che ev itavano di sposarsi ufficialmente e vedersi tagliata la pensione). Per di più, quando la crisi è scoppiata si è scoperto che le autorità greche avevano nascosto le dimensioni del buco truccando i conti.

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La Merkel ha fatto miracoli per convincere il Parlamento tedesco ad accettare i pacchetti di prestiti alla Grecia. I tedeschi si dicevano: "Ma perché noi che andiamo in pensione a 67 anni dobbiamo pagare di tasca nostra i debiti che hanno fatto i dipendenti pubblici greci che vanno in pensione a 50 anni?". In queste posizioni c'è stato tanto qualunquismo e tante esagerazioni, ma il problema di fondo era vero. I governi greci hanno gestito le finanze pubbliche del loro paese in maniera criminale. Gli alti tassi di crescita della Grecia durante i primi anni dell'unione monetaria sono stati dovuti all'aumento della spesa pubblica e del debito. Come stupirsi se c'è stata così poca simpatia per i greci? I finalndesi hanno richiesto delle garanzie separate per i loro prestiti. Quando è stato chiesto a Cristine Lagarde verso la fine del 2011 se non riconosceva l'esistenza di un problema di povertà in Grecia, questa ha risposto testualmente che conosceva tanti altri casi di povertà nel mondo più meritevoli di aiuto e che i greci dovevano cominciare a pagare le tasse. In questa situazione come ci si poteva aspettare un aiuto maggiore? E in ogni caso, l'aiuto che è stato dato è di dimensioni mai viste. Ho già ricordato come l'intervento del FMI sia stato il più grande mai fatto a favore di un paese, più grande di quelli per la Russia, per la Corea, per l'Indonesia o per l'Argentina. Se si considerano i prestiti dei paesi dell'eurozona come soldi a fondo perduto (cosa che potrebbe diventare verità) si arriva alla conclusione che gli aiuti europei valgono circa cinquanta volte il Piano Marshall ! Non riesco a capire come tu possa ignorare le dimensioni di quello che è stato fatto e come tu possa stupirti delle resistenze che si sono manifestate in tutti i paesi a prestare ancora di più alla Grecia. Non si tratta di "fare solo affari", si tratta di soldi veri che i contribuenti nazionali dovranno pagare di tsca propria (non è ancora certo in che percentuale, ma anche se gli accordi attuali fossero rispettati ci sarebeun bel po' da pagare. Oltre quaranta miliardi dati dall'Italia alla Grecia fanno un bel po' di manovre di bilancio, fanno quattro volte il bonus degli ottanta euro, con quaranta miliardi avremmo potuto ridurre il costo del lavoro in maniera sensibile, avremmo potuto cominciare a dare veri aiuti sociali a chiunque non ha reddito. Non sono bruscolini. Che cosa vedi il passaggio all'euro potrebbe aver cambiato in questa situazione? Le campagne elettorali sono sempre su base nazionale. Perfino le elezioni europee sono cambattute su temi nazionali e non su temi europei. Ma tutto questo è sotto i nostri occhi da sempre. Non capisco come alcuni possano scoprirlo solo oggi.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 15:37 Sandra, per non avere un caso Grecia avremmo dovuto avere un'unione monetaria dove il bilancio greco fosse stato deciso a Bruxelles (praticamente dalle stesse persone che sono nella troika). Nessuno ha voluto una situazione del genere e sono sicuro che i membri di Syriza sarebbero i primi a rifiutarla. Se non si è disposti ad accettare che unione monetaria senza problemi significa perdita quasi totale dell'autonomia di bilancio, bisogna barcamenarsi come facciamo adesso. Saresti disposta tu ad accettare che dall'anno prossimo le grandi linee del bilancio pubblico italiano (livello delle entrate, livello delle uscite e disavanzo), siano decisi alla maggioranza dai ministri delle finanze e dai capi di governo dell'eurozona? Sandra Del Fabro ha detto: spesso non riesco a farmi capire bene da te. Non sono sorpresa. Ho solo fatto notare che una unione solo monetaria e non anche di accordi politici comuni con cessione di sovranità degli Stati, avrebbe impedito tutto questo. Non stavo quindi analizzando il presente ma proiettandomi in una situazione dove il caso Grecia non ci sarebbe stato. A me non piace criminalizzare e castigare popoli che in questo momento stanno pagando duramente errori fatti dai loro governi o da loro evasori. Quindi ora bisogna trovare soluzioni, come si sta facendo per altro. Ma forse bisogna fare anche un salto di qualità per una unione reale e non solo di moneta. Quindi il mio è un discorso di proiezione futura Spero di essere stata chiara

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 16:09 Sandra,

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uno stato federato "detto Europa" come l'intendi tu verrà, se verrà, tra non prima di venti o trenta anni. In ogni caso, uno stato federato avrebbe un bilancio per ognuna delle sue parti deciso in comune (esattamente come lo stato italiano fissa dei limiti di cassa per le regioni e ha il suo "Patto di stabilità" con i comuni). In assenza di decisioni comuni, avrebbe regole che dicono: "se fai fesserie fallisci senza che io intervenga" (guarda il caso del fallimento della città di Detroit con tutti i dipendenti pubblici che hanno perso buona parte delle loro pensioni). Quindi, se si vuole uno stato europeo federato, si deve accettare che le decisioni sui bilancio annuo di ogni paese membro siano prese in comune o secondo regole rigide prefissate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, ti ripeto, parlo di linee programmatiche DI SVILUPPO ECONOMICO COMUNE decise democraticamente da uno "Stato" FEDERATO detto EUROPA: ho naturalmente esagerato i termini ma sto parlando non di EURO ma di scelte economiche per il bene comune dell'entità EUROPA, UNA COSA CHE NON ESISTE ANCORA Fabio Colasanti ha detto: Sandra, per non avere un caso Grecia avremmo dovuto avere un'unione monetaria dove il bilancio greco fosse stato deciso a Bruxelles (praticamente dalle stesse persone che sono nella troika). Nessuno ha voluto una situazione del genere e sono sicuro che i membri di Syriza sarebbero i primi a rifiutarla. Se non si è disposti ad accettare che unione monetaria senza problemi significa perdita quasi totale dell'autonomia di bilancio, bisogna barcamenarsi come facciamo adesso. Saresti disposta tu ad accettare che dall'anno prossimo le grandi linee del bilancio pubblico italiano (livello delle entrate, livello delle uscite e disavanzo), siano decisi alla maggioranza dai ministri delle finanze e dai capi di governo dell'eurozona? Sandra Del Fabro ha detto: spesso non riesco a farmi capire bene da te. Non sono sorpresa. Ho solo fatto notare che una unione solo monetaria e non anche di accordi politici comuni con cessione di sovranità degli Stati, avrebbe impedito tutto questo. Non stavo quindi analizzando il presente ma proiettandomi in una situazione dove il caso Grecia non ci sarebbe stato. A me non piace criminalizzare e castigare popoli che in questo momento stanno pagando duramente errori fatti dai loro governi o da loro evasori. Quindi ora bisogna trovare soluzioni, come si sta facendo per altro. Ma forse bisogna fare anche un salto di qualità per una unione reale e non solo di moneta. Quindi il mio è un discorso di proiezione futura Spero di essere stata chiara

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 17:08 Sandra, penso che ti ti faccia delle illusioni. Tsipras non sta affatto proponendo un passo in questa direzione. Tsipras per il moemnto sta portandoci ad uno scontro con conseguenze drammatiche. L'esperienza che gli altri paesi stanno facendo con Tsipras li porterà a dire: "Mai e poi mai uno stato federato con gente simile". Tsipras ci sta garantendo che si rimanga nella situazione di oggi. Con il nazionalismo che anima Syriza loro non stanno sicuramente pensando ad un'integrazione maggiore, ben al contrario. Sandra Del Fabro ha detto: Tuttavia vedi anche le parti positive di una armonizzazione dello sviluppo di tutti i Paesi membri. La tua frase tra 20 o 30 anni è ricorrente. Io forse non ci sarò ma in fondo non è molto tempo. Importante è andare in quella direzione. Questo cambiamento profondo è proposto dalla piccola culla della nostra civiltà ( è la proposta in positivo di Tsipras, oltre a quelle che tu hai ben dettagliato) ed entro l'anno la porrà probabilmente anche Podemos in Spagna Fabio Colasanti ha detto: Sandra,

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uno stato federato "detto Europa" come l'intendi tu verrà, se verrà, tra non prima di venti o trenta anni. In ogni caso, uno stato federato avrebbe un bilancio per ognuna delle sue parti deciso in comune (esattamente come lo stato italiano fissa dei limiti di cassa per le regioni e ha il suo "Patto di stabilità" con i comuni). In assenza di decisioni comuni, avrebbe regole che dicono: "se fai fesserie fallisci senza che io intervenga" (guarda il caso del fallimento della città di Detroit con tutti i dipendenti pubblici che hanno perso buona parte delle loro pensioni). Quindi, se si vuole uno stato europeo federato, si deve accettare che le decisioni sui bilancio annuo di ogni paese membro siano prese in comune o secondo regole rigide prefissate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, ti ripeto, parlo di linee programmatiche DI SVILUPPO ECONOMICO COMUNE decise democraticamente da uno "Stato" FEDERATO detto EUROPA: ho naturalmente esagerato i termini ma sto parlando non di EURO ma di scelte economiche per il bene comune dell'entità EUROPA, UNA COSA CHE NON ESISTE ANCORA Fabio Colasanti ha detto: Sandra, per non avere un caso Grecia avremmo dovuto avere un'unione monetaria dove il bilancio greco fosse stato deciso a Bruxelles (praticamente dalle stesse persone che sono nella troika). Nessuno ha voluto una situazione del genere e sono sicuro che i membri di Syriza sarebbero i primi a rifiutarla. Se non si è disposti ad accettare che unione monetaria senza problemi significa perdita quasi totale dell'autonomia di bilancio, bisogna barcamenarsi come facciamo adesso. Saresti disposta tu ad accettare che dall'anno prossimo le grandi linee del bilancio pubblico italiano (livello delle entrate, livello delle uscite e disavanzo), siano decisi alla maggioranza dai ministri delle finanze e dai capi di governo dell'eurozona?

Risposto da Arturo Hermann su 9 Febbraio 2015 a 17:30 L'aspetto finanziario conta poco, perché i debiti privati e pubblici hanno raggiunto un ammontare enorme presso tutti i paesi e possono essere difficilmente ripagati (e non sarebbe nemmeno auspicabile). Il problema è di economia reale e di politiche economiche inadeguate a livello EU. Inutile girare intorno a questi aspetti, se vogliamo l'Europa le politiche economiche devono essere di livello veramente europeo, in particolare nell'aspetto del recupero dei divari di sviluppo. Posto quest'articolo che, anche se non condivisibile in alcuni punti, evidenzia aspetti importanti. http://www.economiaepolitica.it/tag/tasso-di-crescita-del-pil/ isposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 17:41 Arturo, ma sul fatto che si abbia bisogno di crescta non ci piove. Ne abbiamo bisogno per creare occupazione, per distribuire redditi e per avere le entrate fiscali necessarie a finanziare tante spese delo stato. La necessità di una crescita più forte è un punto di partenza sino qua non di ogni ragionamento economico. Non c'è dubbio che la mancanza di simmetria nella richiesta di sforzo di aggiustamento ha impresso un taglio fortemente deflazionistico alla politica economica di tutta l'eurozona. Questa mancanza di simmetria è l'aspetto criticabile che tanti hanno sempre messo in risalto. Il problema è che nelle presentazioni - e questo articolo purtroppo non fa eccezione - c'è una critica generica di ogni politica di "austerità" che complica l'analisi. La risposta da manuale alla crisi doveva esser taglio dei disavanzi di bilancio nei paesi con disavanzi di bilancia dei pagamenti e situazioni critiche di finanza pubblica e politiche anche fortemente espansive nei paesi con avanzi di bilancia di pagamenti e situazioni più sostenibili di finanza pubblica. Questa mancanza di distinzione ha tra le due situazioni ha fatto tanti danni nella comunicazione del .

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Arturo Hermann ha detto: L'aspetto finanziario conta poco, perché i debiti privati e pubblici hanno raggiunto un ammontare enorme presso tutti i paesi e possono essere difficilmente ripagati (e non sarebbe nemmeno auspicabile). Il problema è di economia reale e di politiche economiche inadeguate a livello EU. Inutile girare intorno a questi aspetti, se vogliamo l'Europa le politiche economiche devono essere di livello veramente europeo, in particolare nell'aspetto del recupero dei divari di sviluppo. Posto quest'articolo che, anche se non condivisibile in alcuni punti, evidenzia aspetti importanti. http://www.economiaepolitica.it/tag/tasso-di-crescita-del-pil/

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 17:58 Sandra, esprime sicuramente le reazioni al comportamento di Tsipras e Varoufakis. Al di la dei sorrisi e delle strette di mano di circostanza hanno solo irritato tutti. Non hanno ottenuto nulla e hanno compattato il fronte del rifiuto. Se un giorno Syriza proponesse un'Europa federata non aiuterebbe nessuno. Ci si metterebbe sopra l'etichetta di "richiesta di Syriza", la si metterebbe in una buca e si richiuderebbe il tutto. Se Syriza chiedesse veramente un passo verso l'Europa federata - cosa che non credo - questo sarebbe il "kiss of death" per l'idea. Ritorno alla frase di Mario Monti: "E' meglio che certe richieste non vengano dall'Italia"; la frase vale anche per la Grecia. Sandra Del Fabro ha detto: Riporto da Eugenio Scalfari, La Repubblica di ieri 8/2/2015: "(il QUARTO obiettivo di Tsipras) è la revisione delle istituzioni di Bruxelles. Il significato di questa richiesta è verosimilmente un passo verso l'Unione federata anziché confederata.... Può sembrare paradossale che la spinta verso gli Stati Uniti d'Europa venga da un Paese che si trova sull'orlo di un precipizio..." Comunque la frase che tu citi "Mai e poi mai uno stato federato con gente simile" che non so se è un tuo pensiero o un sentito dire mi pare pericolosa per il grado di nazionalismo che esprime Fabio Colasanti ha detto: Sandra, penso che ti ti faccia delle illusioni. Tsipras non sta affatto proponendo un passo in questa direzione. Tsipras per il moemnto sta portandoci ad uno scontro con conseguenze drammatiche. L'esperienza che gli altri paesi stanno facendo con Tsipras li porterà a dire: "Mai e poi mai uno stato federato con gente simile". Tsipras ci sta garantendo che si rimanga nella situazione di oggi. Con il nazionalismo che anima Syriza loro non stanno sicuramente pensando ad un'integrazione maggiore, ben al contrario. Sandra Del Fabro ha detto: Tuttavia vedi anche le parti positive di una armonizzazione dello sviluppo di tutti i Paesi membri. La tua frase tra 20 o 30 anni è ricorrente. Io forse non ci sarò ma in fondo non è molto tempo. Importante è andare in quella direzione. Questo cambiamento profondo è proposto dalla piccola culla della nostra civiltà ( è la proposta in positivo di Tsipras, oltre a quelle che tu hai ben dettagliato) ed entro l'anno la porrà probabilmente anche Podemos in Spagna Fabio Colasanti ha detto: Sandra, uno stato federato "detto Europa" come l'intendi tu verrà, se verrà, tra non prima di venti o trenta anni. In ogni caso, uno stato federato avrebbe un bilancio per ognuna delle sue parti deciso in comune (esattamente come lo stato italiano fissa dei limiti di cassa per le regioni e ha il suo "Patto di stabilità" con i comuni). In assenza di decisioni comuni, avrebbe regole che dicono: "se fai fesserie fallisci senza che io intervenga" (guarda il caso del fallimento della città di Detroit con tutti i dipendenti pubblici che hanno perso buona parte delle loro pensioni). Quindi, se si vuole uno stato europeo federato, si deve accettare che le decisioni sui bilancio annuo di ogni paese membro siano prese in comune o secondo regole rigide prefissate.

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Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 18:08 Arturo, i debiti di uno stato non saranno mai integralmente ripagati, anche se i debiti di uno stato molto indebitato dovranno essere in parte ristrutturati - se possibile - e in parte parzialmente ripagati. Ma questo non è il caso dei prestiti che i paesi europei hanno fatto alla Grecia. L'intervento dei paesi europei è servito a "tirare fuori la Grecia dal mercato". Si sono dati i soldi alla Grecia per ripagare i titoli che aveva sul mercato (con il taglio però di 70 miliardi; quindi c'è stato ristrutturazione e rimborso). La Grecia ha ora debiti praticamente solo ufficiali. Questo doveva permettere alla Grecia qualche anno senza tensioni e la possibilità di risanare l'economia. Una volta l'economia greca risanata, il paese avrebbe dovuto ricominciare ad emettere titoli sul mercato e a rimborsare i prestiti ufficiali. Si sarebbe dovuto operare l'operazione simmetrica a quella realizzata nel 2010/2011, ma scaglionata su trenta anni (dal 2024 al 2055). La giustificazione dell'intervento europeo non era quella di ripagare il debito greco e diventarne il creditore a lungo termine. Ma era quello di sostituirsi ai creditori privati per alcuni anni per permettere il processo di riorganizzazione dell'economia. Questo è importante per capire lo stato d'animo dei paesi europei. Tutti capiscono che la Grecia non può rimborsare 200 miliardi nei prossimi quaranta anni, ma tutti pensavano che dopo una decina d'anni di aggiustamento la Grecia avrebbe potuto ritornare sul mercato e ricreare almeno la situazione precedente l'intervento europeo. I paesi europei hanno prestato i soldi pensando legittimamente che potessero veramente essere rimborsati.

Risposto da Lauro Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 21:48 Non capisco da dove venga tutta questa infatuazione che vedo in tanti esponenti della sinistra italiana nei confronti di Tsipras e di Syriza; temo che provenga da un'ignoranza delle posizioni di quel movimento e dal solito desiderio di trovare un modello trascinante altrove. L'unico vero merito di Syriza è quello di non essere stato coinvolto nella gestione del potere in Grecia negli ultimi 40 anni. Molto importante, ma forse non sufficiente per farlo passare per il movimento dei salvatori della Grecia e dell'Europa. Certo che tra le posizioni di Tsipras e quella della Merkel (lasciamo stare il diventare tutti una colonia tedesca) c'è, per fortuna, tutta una serie variegata di opzioni. Quello che ho detto non è che Tsipras non riuscirà a trovare una mediazione tra l'improrogabile necessità di proseguire un risanamento / modernizzazione / snellimento dello stato greco e un'altrettanta necessaria ripresa della crescita economica; ho detto semplicemente che nella sua campagna elettorale, come nelle sue dichiarazioni fino ad ora, non sostiene questo; ma una posizione populista che cerca di far credere che si possa uscire dalla crisi senza pagare nulla, che si possano chiedere soldi in prestito senza impegnarsi in modo più o meno pesante, che si possa dire a chi ti ha prestato i soldi io con voi non tratto, che gli errori dei governi precedenti siano stati soprattutto quelli di essersi piegati al diktat degli stranieri e non quello di aver gestito lo stato in modo truffaldino, clientelare, scriteriato. Ci è tanto difficile immaginare che possa esistere un populismo di destra e uno di sinistra? Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro.

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Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 22:49 Sandra, non capisco una parola di questo tuo testo. Sandra Del Fabro ha detto: Certo è così quando non si capiscono in profondità le idee, la storia, la sua evoluzione. Questi sono i tempi. Tempi in cui sono venuti meno idealità e valori e la corruzione, il malaffare, l'evasione fiscale sono diffusi assieme al ritorno di concorrenze spietate sotto velati nazionalismi. Storicamente sono proprio gli Stati o le categorie su cui ricadono gli squilibri , squilibri che mettono in crisi certezze e posizioni che si credevano consolidate, che sono anche i portatori di cambiamento in positivo. Quindi potrebbe essere per assurdo proprio la Grecia (e la Spagna e...)

Risposto da Pietro D'Alessandro su 9 Febbraio 2015 a 23:14 Condivido pienamente. Il voto rappresenta l'espressione del diffuso e sbagliatissimo atteggiamento solo distruttivo che si assume di fronte ai problemi, di non andare alla ricerca di soluzioni ma dei colpevoli, che poi sono sempre gli altri. Lauro Colasanti ha detto: Non capisco da dove venga tutta questa infatuazione che vedo in tanti esponenti della sinistra italiana nei confronti di Tsipras e di Syriza; temo che provenga da un'ignoranza delle posizioni di quel movimento e dal solito desiderio di trovare un modello trascinante altrove. L'unico vero merito di Syriza è quello di non essere stato coinvolto nella gestione del potere in Grecia negli ultimi 40 anni. Molto importante, ma forse non sufficiente per farlo passare per il movimento dei salvatori della Grecia e dell'Europa. Certo che tra le posizioni di Tsipras e quella della Merkel (lasciamo stare il diventare tutti una colonia tedesca) c'è, per fortuna, tutta una serie variegata di opzioni. Quello che ho detto non è che Tsipras non riuscirà a trovare una mediazione tra l'improrogabile necessità di proseguire un risanamento / modernizzazione / snellimento dello stato greco e un'altrettanta necessaria ripresa della crescita economica; ho detto semplicemente che nella sua campagna elettorale, come nelle sue dichiarazioni fino ad ora, non sostiene questo; ma una posizione populista che cerca di far credere che si possa uscire dalla crisi senza pagare nulla, che si possano chiedere soldi in prestito senza impegnarsi in modo più o meno pesante, che si possa dire a chi ti ha prestato i soldi io con voi non tratto, che gli errori dei governi precedenti siano stati soprattutto quelli di essersi piegati al diktat degli stranieri e non quello di aver gestito lo stato in modo truffaldino, clientelare, scriteriato.

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Ci è tanto difficile immaginare che possa esistere un populismo di destra e uno di sinistra? Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 23:31 Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. La Grecia sta facendo sforzi notevoli per introdurre riforme della sua economia e darsi un'amministrazione decente. Purtroppo il punto di partenza era talmente basso che ci vorranno ancora tanti anni perché il paese abbia un'amministrazione di livello europeo. Ma non bisogna sottostimare il grosso sforzo che stanno facendo. Molto spesso, soprattutto nel caso dell'amministrzione pubblica, ci vorranno anni prima che gli effetti delle riforme siano apprezzabili dai cittadini. A dicembre avevo commentato i risultati di un rapporto "Euromonitor Report 2014" prodotto da una banca tedesca e da un think tank di Bruxelles. Anche in questo rapporto la Grecia era al primo posto in quasi tutte le tabelle dove si valutava lo sforzo di riforma fatto. Di conseguenza, rivedo la mia valutazione degli sforzi di riforma dei governi greci; sono più forti di quanto credessi. C'è stata una discussione molto intensa sulle diverse percezioni della realtà nei vari paesi (esattamente un punto che ho sollevato oggi pomeriggio rispondendo a Giampaolo). In molti si è rimpianto il fatto che il parlamento europeo non si occupi di più della situazione greca. Se il parlamento ne discutesse apparirebbero tante diversità che farebbero bene a tutti. Sarebbe chiaro che i socialisti europei non sono d'accordo con Syriza, che i conservatori europei non sono affatto d'accordo con l' Anel (l'altro partito di governo in Grecia). Un paio di persone hanno ricordato delle discussioni con parlamentari nazionali portoghesi socialisti che erano molto preoccupati dalle posizioni di Syriza. È stato fatto osservare che Matteo Renzi durante la conferenza stampa con Tsipras ha detto che probabilmente Tsipras non era stato soddisfatto del risultato dell'incontro. I governi dei paesi che hanno o hanno avuto difficoltà (Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda) sono tutti preoccupati dall'apparire di qualcuno che da a credere che ci sia una maniera di

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risolvere i problemi senza passare attraverso riforme complesse e dolorose e che si possa puramente e semplicemente smettere di pagare i debiti senza che questo provochi conseguenze negative. I rischi dal lato greco sembrano venire da una crisi di liquidità che si potrebbe produrre dall'oggi al domani in Grecia nel momento in cui i risparmiatori greci cominciassero a ritirare i soldi dalle banche. Ci sono limiti ben precisi alla liquidità di emergenza che la BCE può fornire. È stato ricordato che il Portogallo e l'Irlanda sono stati costretti a ricorrere agli aiuti europei nel momento in cui si sono raggiunti questi limiti. Anche per la Grecia questo potrebbe succedere presto. Ma che fare in questo caso? La Grecia ha già ricevuto aiuti dall'Unione europea, ma ha dichiarato di voler mettere fine al "programma". Alcuni hanno fatto rilevare le gaffes monumentali di Varoufakis. Ha prima detto che la Grecia era insolvente, cosa che ha obbligato la BCE a sospendere l'accettazione di titoli greci come collaterale. I titoli di un paese sono accettati a condizione che abbiano una certa probabilità di essere rimborsati. Ma se lo stesso ministro delle finanze greco dice che il paese è in bancarotta, come può la BCE continuare ad accettare i titoli di stato di questo paese? Poi ha detto che anche l'Italia sarebbe insolvente e che per questo motivo si piegherebbe alle richieste tedesche (cosa che ha provocato le reazioni stizzite di Padoan che conosciamo). Evidentemente nessuno ha spiegato a Varoufakis cosa un ministro delle finanze può e non può dire. Molti hanno fatto osservare che cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato i tanti passi avanti fatti dall'Unione europea per darsi meccanismi di controllo della situazione monetaria, delle crisi nell'eurozona, di regolamentazione bancaria, di intervento sulle grosse banche e tanti altri. Durante le crisi l'Unione europea fa sempre notevoli passi avanti. Chissà che non sia possibile realizzare altri passi significativi. Certo siamo in una situazione molto difficile. Le discussioni sul taglio del debito greco renderanno impossibili aiuti futuri ad altri paesi. I negoziati in corso mostrano come i prestiti diventano in gran parte dei trasferimenti a fondo perduto (con portoghesi, irlandesi, spagnoli e ciprioti che dicono "E noi siamo più fessi? Perché noi dobbiamo rimborsare i nostri prestiti?"). La discussioni con Syriza non sono tanto sulla misura dell'alleggerimento ulteriore delle condizioni dei prestiti, ma sono sulla visione del funzionamento di un'economia. Gli altri europei non credono che quello che Syriza vuole fare rimetterà in carreggiata l'economia greca. Ci sarà maggior giustizia sociale, cosa benvenuta, ma l'economia non funzionerà meglio. In ogni caso chi può mai investire oggi in Grecia con le incertezze che ci sono al momento? Le previsioni davano per quest'anno un tasso di crescita superiore al due per cento, ma questo rischia di essere compromesso.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Febbraio 2015 a 23:40 Alexis Tsipras's diplomatic campaign fails, but he is not letting that stop him Feb 9th 2015 The Economist LAST week was the week of the new Greek government's "charm offensive", a whirlwind diplomatic tour of Europe to win allies for its efforts to gain a cut in the country's debt burden and undo the onerous terms of its bail-out programme. In the end, the tour involved more offense than charm. Alexis Tsipras (pictured), the firebrand prime minister, found little sympathy on his visit to Brussels, while Yanis Varoufakis, his unorthodox finance minister, was rebuffed politely in a long string of European capitals (and rather impolitely in Berlin). Among European Union officials, the hope took hold that this show of unity would persuade Mr Tsipras to back off and accept an extension of the bail-out programme, if only temporarily, to avoid the increasingly worrisome possibility that Greece could soon run out of money to pay its debts. The moment for such a climb-down would have been Mr Tsipras's first policy speech to the Greek parliament on Sunday. Mr Tsipras was having none of it. He sounded just as hardline speaking to parliament as he did on the campaign trail last month. He insisted that Greece would pursue concessions that the country's eurozone partners had already rejected last week in talks with Mr Varoufakis: a debt restructuring in the shape of two exotic new bonds, and a bridge programme to keep the country afloat until June. That is when he plans to present to the eurozone Greece's own reform programme, a "new deal" that he promises will not contain any input from international lenders. Mr Tsipras also stuck to his guns on three critical issues that together have the potential to derail the 2015 budget: a generous social welfare package; the abolition of an unpopular property tax; and a halt to privatisation. If

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implemented as promised, these measures would knock at least €6 billion off projected revenues this year, wiping out any prospect of Greece achieving a budget surplus. He promised to restore the minimum wage from the current €580 a month to the pre-crisis level of €750 a month by 2016, and to reverse labour-market reforms. The only parts of the speech that might have pleased Greece's creditors were an outline of new administrative measures to speed a crackdown on tax evasion by the wealthy, and pledges to end the tight grip of interest groups known as the "oligarchs" (ancient Greek for robber barons) on public procurement contracts and the electronic media. Lawmakers from other parties said they were not surprised by Mr Tsipras's tough stance. His approval ratings rose above 70% last week (up from between 65% and 68% the previous week, his first in office). "First comes the grandstanding, then, after the European summit, the real negotiations [with the EU and International Monetary Fund] will begin," said one former cabinet minister. Impoverished Greeks hope the new government led by Mr Tsipras's Syriza party will fulfil its promise to "end austerity" by providing them with free electricity, food stamps, and a bonus for pensioners struggling to get by on less than €700 per month. In Brussels, Mr Tsipras's determination triggered disappointment and anxiety. Time is running short to find a solution to avoid a Greek default. Athens says it needs up to €5 billion to meet its budget and debt repayment bills through June. Because of a slowdown in tax receipts (as taxpayers wait for the new government to unveil policy changes), it could run into trouble as soon as March, when it is due to make a €1.5 billion payment to the IMF. Most European officials assume that some sort of a compromise will be struck in time. But it is increasingly difficult to imagine what the shape of such a compromise might be. The European Central Bank has ruled out lifting the ceiling it has imposed on Greek debt issuance, which would be required by Mr Tsipras's original plan to issue €10 billion in new treasury bills; it sees this as tantamount to monetary financing. The ECB has also waved off talk of returning to Greece €1.9 billion in interest it earned on an earlier stage of the rescue, saying this is impossible if Greece insists on exiting its programme. As for talk of a bridge loan, Jeroen Dijsselbloem, the chairman of the EU's Eurogroup of finance ministers, stated categorically on Friday that "we don't do" those. EU officials are worried that Athens is misreading the signals. On Monday Jean-Claude Juncker, president of the European Commission, warned Greece not to "assume that the overall mood has so changed" that Europe will "accept Tsipras's programme unconditionally". Indeed, Mr Tsipras's first weeks in power have been remarkable for the degree of solidarity they have prompted among other eurozone countries, and between the sometimes fractious institutions composing the "troika" that negotiated the bail-out programme (the European Commission, the ECB and the IMF). While some are sympathetic to dialing back austerity, all insist that Greece must fulfill the terms earlier governments agreed to, and should not exit the bail-out programme unilaterally. Optimists hope a compromise for the short-term funding crunch may be struck on Wednesday, when the Eurogroup holds its next meeting. The European Council, which brings together the EU's heads of state, is to meet the following day. Neither Athens nor any of its creditors want to see Greece forced out of the eurozone. Europe has undergone five years of institutional reform, and extended hundreds of billions of euros in loans, to prevent that from happening. Over the course of the euro crisis, no one has yet made money betting against the EU's ability to muddle through. But it is becoming difficult to figure out how it will do so this time.

Risposto da Cristina Favati su 10 Febbraio 2015 a 0:09 Grazie Fabio di questa tua relazione, molto esplicativa. Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. La Grecia sta facendo sforzi notevoli per introdurre riforme della sua economia e darsi un'amministrazione decente. Purtroppo il punto di partenza era talmente basso che ci vorranno ancora tanti anni perché il paese abbia un'amministrazione di livello europeo. Ma non bisogna sottostimare il grosso sforzo che stanno facendo. Molto spesso, soprattutto nel caso dell'amministrzione pubblica, ci vorranno anni prima che gli effetti delle riforme siano apprezzabili dai cittadini. A dicembre avevo commentato i risultati di un rapporto "Euromonitor Report 2014" prodotto da una banca tedesca e da un think tank di Bruxelles. Anche in questo rapporto la Grecia era al

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primo posto in quasi tutte le tabelle dove si valutava lo sforzo di riforma fatto. Di conseguenza, rivedo la mia valutazione degli sforzi di riforma dei governi greci; sono più forti di quanto credessi. C'è stata una discussione molto intensa sulle diverse percezioni della realtà nei vari paesi (esattamente un punto che ho sollevato oggi pomeriggio rispondendo a Giampaolo). In molti si è rimpianto il fatto che il parlamento europeo non si occupi di più della situazione greca. Se il parlamento ne discutesse apparirebbero tante diversità che farebbero bene a tutti. Sarebbe chiaro che i socialisti europei non sono d'accordo con Syriza, che i conservatori europei non sono affatto d'accordo con l' Anel (l'altro partito di governo in Grecia). Un paio di persone hanno ricordato delle discussioni con parlamentari nazionali portoghesi socialisti che erano molto preoccupati dalle posizioni di Syriza. È stato fatto osservare che Matteo Renzi durante la conferenza stampa con Tsipras ha detto che probabilmente Tsipras non era stato soddisfatto del risultato dell'incontro. I governi dei paesi che hanno o hanno avuto difficoltà (Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda) sono tutti preoccupati dall'apparire di qualcuno che da a credere che ci sia una maniera di risolvere i problemi senza passare attraverso riforme complesse e dolorose e che si possa puramente e semplicemente smettere di pagare i debiti senza che questo provochi conseguenze negative. I rischi dal lato greco sembrano venire da una crisi di liquidità che si potrebbe produrre dall'oggi al domani in Grecia nel momento in cui i risparmiatori greci cominciassero a ritirare i soldi dalle banche. Ci sono limiti ben precisi alla liquidità di emergenza che la BCE può fornire. È stato ricordato che il Portogallo e l'Irlanda sono stati costretti a ricorrere agli aiuti europei nel momento in cui si sono raggiunti questi limiti. Anche per la Grecia questo potrebbe succedere presto. Ma che fare in questo caso? La Grecia ha già ricevuto aiuti dall'Unione europea, ma ha dichiarato di voler mettere fine al "programma". Alcuni hanno fatto rilevare le gaffes monumentali di Varoufakis. Ha prima detto che la Grecia era insolvente, cosa che ha obbligato la BCE a sospendere l'accettazione di titoli greci come collaterale. I titoli di un paese sono accettati a condizione che abbiano una certa probabilità di essere rimborsati. Ma se lo stesso ministro delle finanze greco dice che il paese è in bancarotta, come può la BCE continuare ad accettare i titoli di stato di questo paese? Poi ha detto che anche l'Italia sarebbe insolvente e che per questo motivo si piegherebbe alle richieste tedesche (cosa che ha provocato le reazioni stizzite di Padoan che conosciamo). Evidentemente nessuno ha spiegato a Varoufakis cosa un ministro delle finanze può e non può dire. Molti hanno fatto osservare che cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato i tanti passi avanti fatti dall'Unione europea per darsi meccanismi di controllo della situazione monetaria, delle crisi nell'eurozona, di regolamentazione bancaria, di intervento sulle grosse banche e tanti altri. Durante le crisi l'Unione europea fa sempre notevoli passi avanti. Chissà che non sia possibile realizzare altri passi significativi. Certo siamo in una situazione molto difficile. Le discussioni sul taglio del debito greco renderanno impossibili aiuti futuri ad altri paesi. I negoziati in corso mostrano come i prestiti diventano in gran parte dei trasferimenti a fondo perduto (con portoghesi, irlandesi, spagnoli e ciprioti che dicono "E noi siamo più fessi? Perché noi dobbiamo rimborsare i nostri prestiti?"). La discussioni con Syriza non sono tanto sulla misura dell'alleggerimento ulteriore delle condizioni dei prestiti, ma sono sulla visione del funzionamento di un'economia. Gli altri europei non credono che quello che Syriza vuole fare rimetterà in carreggiata l'economia greca. Ci sarà maggior giustizia sociale, cosa benvenuta, ma l'economia non funzionerà meglio. In ogni caso chi può mai investire oggi in Grecia con le incertezze che ci sono al momento? Le previsioni davano per quest'anno un tasso di crescita superiore al due per cento, ma questo rischia di essere compromesso.

Risposto da Ezio Ferrero su 10 Febbraio 2015 a 1:56 Nella gestione dei problemi della Grecia sono sicuramente stati commessi degli errori da parte delle istituzioni internazionali e certamente è necessario un allentamento della "stretta" nei confronti della Grecia Se vogliamo raccontare la storia per intero dobbiamo anche ricordare che 1) nessuno ha obbligato la Grecia ad indebitarsi 2) l'abnorme debito greco deriva da decenni di gestione folle delle finanze pubbliche, con soldi letteralmente buttati 3) è già stato fatto un taglio di una quota consistente del debito greco (quello verso i creditori privati), se non sbaglio un centinaio di miliardi 4) i tassi di interesse attualmente garantiti alla Grecia sono molto inferiori a quelli di mercato (ed a quelli che paga l'Italia sui 40 miliardi di sua competenza di crediti concessi alla Grecia)

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5) alla Grecia è stato garantito un periodo di diversi anni di sospensione del pagamento degli interessi 6) la strategia negoziale di Syriza è perlomeno bizzarra: da una parte manda a quel paese i creditori, dall'altra pretende che continuino a fare credito Quanto al post precedente sulpeso dell'evasione fiscale, sono curioso di sapere quale è la fonte delle conclusioni che riporti, che mi sembrano francamente improbabili. In Italia, notoriamente paese con una incidenza di avasione fiscale molto elevata, le stime dell'evasione fiscale indicano sui 100-150 miliardi la cifra: anche ammettendo che l'intera cifra siano TASSE NON VERSATE stiamo parlando di circa il 15% del bilancio statale (che è circa 800 miliardi l'anno). Nel caso in cui la stima di 100-150 miliardi fosse invece di IMPONIBILE evaso, l'incidenza sarebbe all'incirca la metà (considerando che la pressione fiscale complessiva media è circa il 50%). Insomma, l'evasione è sicuramente un fenomeno da combattere, ma pensare che riducendola (azzerarla è irrealistico) si siano magicamente risolti tutti i problemi è un'altra di quelle storie a cui può far piacere credere, ma che restano pur sempre favole Sandra Del Fabro ha detto: quindi non ci resta che preparare il banchetto funebre , scuotendo la testa : "Se l'è voluta, se l'è cercata" e poi si gira intorno al morto con un'aria d'intesa e ci sussurra nelle orecchie: "Mica siamo fessi noi". Poi si cena e si brinda in buona compagnia... E' una scena che mi ispira un racconto, me la vedo proprio davanti agli occhi, gli uomini che sfilano vestiti in blu, grigio, nero con la cravatta... Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. La Grecia sta facendo sforzi notevoli per introdurre riforme della sua economia e darsi un'amministrazione decente. Purtroppo il punto di partenza era talmente basso che ci vorranno ancora tanti anni perché il paese abbia un'amministrazione di livello europeo. Ma non bisogna sottostimare il grosso sforzo che stanno facendo. Molto spesso, soprattutto nel caso dell'amministrzione pubblica, ci vorranno anni prima che gli effetti delle riforme siano apprezzabili dai cittadini. A dicembre avevo commentato i risultati di un rapporto "Euromonitor Report 2014" prodotto da una banca tedesca e da un think tank di Bruxelles. Anche in questo rapporto la Grecia era al primo posto in quasi tutte le tabelle dove si valutava lo sforzo di riforma fatto. Di conseguenza, rivedo la mia valutazione degli sforzi di riforma dei governi greci; sono più forti di quanto credessi. C'è stata una discussione molto intensa sulle diverse percezioni della realtà nei vari paesi (esattamente un punto che ho sollevato oggi pomeriggio rispondendo a Giampaolo). In molti si è rimpianto il fatto che il parlamento europeo non si occupi di più della situazione greca. Se il parlamento ne discutesse apparirebbero tante diversità che farebbero bene a tutti. Sarebbe chiaro che i socialisti europei non sono d'accordo con Syriza, che i conservatori europei non sono affatto d'accordo con l' Anel (l'altro partito di governo in Grecia). Un paio di persone hanno ricordato delle discussioni con parlamentari nazionali portoghesi socialisti che erano molto preoccupati dalle posizioni di Syriza. È stato fatto osservare che Matteo Renzi durante la conferenza stampa con Tsipras ha detto che probabilmente Tsipras non era stato soddisfatto del risultato dell'incontro. I governi dei paesi che hanno o hanno avuto difficoltà (Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda) sono tutti preoccupati dall'apparire di qualcuno che da a credere che ci sia una maniera di risolvere i problemi senza passare attraverso riforme complesse e dolorose e che si possa puramente e semplicemente smettere di pagare i debiti senza che questo provochi conseguenze negative. I rischi dal lato greco sembrano venire da una crisi di liquidità che si potrebbe produrre dall'oggi al domani in Grecia nel momento in cui i risparmiatori greci cominciassero a ritirare i soldi dalle banche. Ci sono limiti ben precisi alla liquidità di emergenza che la BCE può fornire. È stato ricordato che il Portogallo e l'Irlanda sono stati costretti a ricorrere agli aiuti europei nel momento in cui si sono raggiunti questi limiti. Anche per la Grecia questo potrebbe succedere presto. Ma che fare in questo caso? La Grecia ha già ricevuto aiuti dall'Unione europea, ma ha dichiarato di voler mettere fine al "programma". Alcuni hanno fatto rilevare le gaffes monumentali di Varoufakis. Ha prima detto che la Grecia era insolvente, cosa che ha obbligato la BCE a sospendere l'accettazione di titoli greci come collaterale. I titoli di un paese sono accettati a condizione che abbiano una certa probabilità di essere rimborsati. Ma se lo stesso ministro delle finanze greco dice che il paese è in bancarotta, come può la BCE continuare ad accettare i titoli di stato di questo paese? Poi ha detto che anche l'Italia sarebbe insolvente e che per questo motivo si piegherebbe alle richieste tedesche (cosa che ha

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provocato le reazioni stizzite di Padoan che conosciamo). Evidentemente nessuno ha spiegato a Varoufakis cosa un ministro delle finanze può e non può dire. Molti hanno fatto osservare che cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato i tanti passi avanti fatti dall'Unione europea per darsi meccanismi di controllo della situazione monetaria, delle crisi nell'eurozona, di regolamentazione bancaria, di intervento sulle grosse banche e tanti altri. Durante le crisi l'Unione europea fa sempre notevoli passi avanti. Chissà che non sia possibile realizzare altri passi significativi. Certo siamo in una situazione molto difficile. Le discussioni sul taglio del debito greco renderanno impossibili aiuti futuri ad altri paesi. I negoziati in corso mostrano come i prestiti diventano in gran parte dei trasferimenti a fondo perduto (con portoghesi, irlandesi, spagnoli e ciprioti che dicono "E noi siamo più fessi? Perché noi dobbiamo rimborsare i nostri prestiti?"). La discussioni con Syriza non sono tanto sulla misura dell'alleggerimento ulteriore delle condizioni dei prestiti, ma sono sulla visione del funzionamento di un'economia. Gli altri europei non credono che quello che Syriza vuole fare rimetterà in carreggiata l'economia greca. Ci sarà maggior giustizia sociale, cosa benvenuta, ma l'economia non funzionerà meglio. In ogni caso chi può mai investire oggi in Grecia con le incertezze che ci sono al momento? Le previsioni davano per quest'anno un tasso di crescita superiore al due per cento, ma questo rischia di essere compromesso.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 2:56 Un solo centesimo in più rispetto a cosa? I 40 Mld. glieli abbiamo già dati, ora ce li devono restituire, vuoi che possano vivere per farlo o è meglio che falliscano e muoiano di fame? Noi stiamo dando una nuova chance alla nostra casta politica, non potremmo dare fiducia, almeno un po', alle decisioni del popolo greco? giorgio varaldo ha detto: Va bene tutto percorsi piu' o meno virtuosi alla condizione che in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non ci costi un solo centesimo in piu'. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare.

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Questa è democrazia.

Risposto da giorgio varaldo su 10 Febbraio 2015 a 7:46 Giampaolo permetti una domanda? Leggi il testo al quale ti accingi a dare la risposta? Ho scritto in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non si da un centesimo in piu'. Quindi nessuna chiusura anzi fiducia alle decisioni che il popolo greco vorra' prendere purche' le prenda. Oppure far le riforme far pagare le tasse agli armatori ecc ecc sono provvedimenti di destra da combattere? Da cosa scrivi sembra proprio di si e che siano da evitare... Giampaolo Carboniero ha detto: Un solo centesimo in più rispetto a cosa? I 40 Mld. glieli abbiamo già dati, ora ce li devono restituire, vuoi che possano vivere per farlo o è meglio che falliscano e muoiano di fame? Noi stiamo dando una nuova chance alla nostra casta politica, non potremmo dare fiducia, almeno un po', alle decisioni del popolo greco? giorgio varaldo ha detto: Va bene tutto percorsi piu' o meno virtuosi alla condizione che in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non ci costi un solo centesimo in piu'. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 9:00 Io sono il primo a riconoscere che bisognerà fare qualcosa per ridurre ancora di più il peso del debito greco. Ho scritto tante volte che anche quasi tutti i governi in realtà lo accettano, vorrebbero solo che il governo greco

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mantenesse una linea di politica economica che rimetta in sella l'economia greca invece di farla ripartire verso il percorso insostenibile che ha avuto sotto Karamanlis. E molte delle misure di Syriza vanno in quella direzione. Ma nei commenti c'è una confusione che va chiarita. Le banche commerciali fanno spesso operazioni di ristrutturazione del debito dei creditori. Ma questo operazioni sono fatte in maniera da garantire che alla fine la banca riceva una cifra che è pari al capitale prestato più gli interessi, la banca non ci perde. Quando ha un debitore in difficoltà, allunga le scadenze e concede spesso periodi senza il pagamento di interesse. Ma i tassi di interesse nei periodi successivi sono spesso aumentati e, in ogni caso, il numero di pagamenti mensili da fare viene aumentato. Una ristrutturazione significa spesso che invece di restituire 1000 in 10 rate annue da 100, il debitore restituisce 1125 in 15 rate annue da 75. Per la banca il valore attuale del 1125 che sarà rimborsato è più o meno equivalente al valore attuale del 1000 che doveva essere rimborsato inizialmente. Nelle discussioni che si sono già fatte con la Grecia e che si faranno di nuovo, si parla invece di scandenze più lunghe senza un aumento del numero di rate e di tassi di interesse più bassi. Queste operazioni riducono il valore attuale di quanto sarà rimborsato. Il rapporto tra debito pubblico e Pil in grecia è al 175 per cento se si prende il valore facciale dei prestiti europei. Ma se questi vengono valutati al loro valore netto attuale, il rapporto debito pubblico/PIL è parecchio più basso.

Risposto da Lauro Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 12:53 Oppure si potrebbe capire che mai come ora la Grecia è vicina a risolvere i suoi gravi problemi economici! Serve un governo che sappia approfittare di questa opportunità. Mai come in questo momento c'è un riconoscimento delle enormi difficoltà che la popolazione greca ha subito in questi 5 anni; e che alcune di queste difficoltà sono state esarcerbate da una visione troppo rigida, burocratica, astratta voluta da FMI-BCE- UE (non dico Troika solo perchè ormai è una "parolaccia") che hanno fissato obiettivi troppo stretti, non tenendo conto a sufficenza nè del tempo necessario a risanare una struttura amministrativa molto arretrata, ferraginosa, inefficiente nè del fortissimo effetto deflazionistico che tale misure comportavano. Mai come in questo momento c'è un movimento abbastanza consistente, diffuso soprattutto in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, ma non totalmente assente in altri paesi, che spinge per un allargamento dei cordoni della borsa, che vede i limiti di una politica incentrata soprattutto sull'austerità e che spinge per una ripresa dei consumi attraverso investimenti pubblici e una politica più inflazionistica. Mai come in questo momento la BCE si è impegnata a immettere massicce dosi di liquidità nel sistema economiche che dovrebbero permettere una spinta generale dell'economia europea. Mai come in questo momento gli stati con grandi debiti pubblici e ancor di più la Grecia, stanno pagando tassi di interesse così bassi per i loro debiti. Dopo 5 anni di cali continui e consistentissimi del PIL, per la prima volta il PIL Greco è tornato da qualche mese a crescere. L'ultima stagione turistica è stata, a detta di tutti gli opratori, estremamente positiva per la Grecia. Conviene far saltare tutto o cercare di massimizzare ciò che si può avere dagli altri e da se stessi? Io ancora non ho capito se le posizioni postelettorali di Tsipras sono solo un modo per tenere alte le richieste iniziali per poi abbassarle pian piano oppure sono posizioni che vorrà mantenere fino all'ultimo. Voi come vi comportereste al posto di Tsipras? Sandra Del Fabro ha detto: quindi non ci resta che preparare il banchetto funebre , scuotendo la testa : "Se l'è voluta, se l'è cercata" e poi si gira intorno al morto con un'aria d'intesa e ci sussurra nelle orecchie: "Mica siamo fessi noi". Poi si cena e si brinda in buona compagnia... E' una scena che mi ispira un racconto, me la vedo proprio davanti agli occhi, gli uomini che sfilano vestiti in blu, grigio, nero con la cravatta... Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. ( ... )

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 13:10 Non capisco perchè la chiami infatuazione; riconosci anche tu che Syriza non è coinvolto e non ha messo mano alle operazioni che hanno ridotto la Grecia in queste condizioni; non mi pare che Tsipras sia tanto tenero con i politici, e le classi dominanti, che hanno diretto il paese ultimamente; poi, se si sa che il debito greco non è, con le condizioni attuali, rimborsabile, la mancanza della volontà di esplorare soluzioni diverse dipende più dalle situazioni politiche , dei sentimenti coltivati nell'elettorato dei singoli stati europei più che dalle soluzioni proposte da Tsipras. Io faccio solo una piccola osservazione: quali colpe sono state fatte pagare alla Germania e all'Italia per le atrocità e i danni enormi provocati dai loro popoli prima e durante la 2.a guerra mondiale? In quel caso si è preferito accusare e punire i fanatici al governo, per la Grecia invece viene invocato un metro di giudizio diverso; perchè? Non è che siamo al solito comportamento di tanti vigliacchi, forti con i deboli, deboli con i forti? Lauro Colasanti ha detto: Non capisco da dove venga tutta questa infatuazione che vedo in tanti esponenti della sinistra italiana nei confronti di Tsipras e di Syriza; temo che provenga da un'ignoranza delle posizioni di quel movimento e dal solito desiderio di trovare un modello trascinante altrove. L'unico vero merito di Syriza è quello di non essere stato coinvolto nella gestione del potere in Grecia negli ultimi 40 anni. Molto importante, ma forse non sufficiente per farlo passare per il movimento dei salvatori della Grecia e dell'Europa. Certo che tra le posizioni di Tsipras e quella della Merkel (lasciamo stare il diventare tutti una colonia tedesca) c'è, per fortuna, tutta una serie variegata di opzioni. Quello che ho detto non è che Tsipras non riuscirà a trovare una mediazione tra l'improrogabile necessità di proseguire un risanamento / modernizzazione / snellimento dello stato greco e un'altrettanta necessaria ripresa della crescita economica; ho detto semplicemente che nella sua campagna elettorale, come nelle sue dichiarazioni fino ad ora, non sostiene questo; ma una posizione populista che cerca di far credere che si possa uscire dalla crisi senza pagare nulla, che si possano chiedere soldi in prestito senza impegnarsi in modo più o meno pesante, che si possa dire a chi ti ha prestato i soldi io con voi non tratto, che gli errori dei governi precedenti siano stati soprattutto quelli di essersi piegati al diktat degli stranieri e non quello di aver gestito lo stato in modo truffaldino, clientelare, scriteriato. Ci è tanto difficile immaginare che possa esistere un populismo di destra e uno di sinistra? Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 13:14 Ho letto il nome Bini Smaghi e ho lasciato perdere il resto; Bini Smaghi, privilegiato della politica e del sistema finanziario, e altri come lui, proprio dei poveracci, pretendono di spiegare a chi guadagna 400-800-1000 euro al mese quali ulteriori sacrifici servono per potersi meritare quello stipendio; da che pulpito! Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. ( ... )

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 13:19

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La festa dei gaudenti senza pensieri sulla pelle dei dolenti colpevoli di essersi fidati. Sandra Del Fabro ha detto: quindi non ci resta che preparare il banchetto funebre , scuotendo la testa : "Se l'è voluta, se l'è cercata" e poi si gira intorno al morto con un'aria d'intesa e ci sussurra nelle orecchie: "Mica siamo fessi noi". Poi si cena e si brinda in buona compagnia... E' una scena che mi ispira un racconto, me la vedo proprio davanti agli occhi, gli uomini che sfilano vestiti in blu, grigio, nero con la cravatta... Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. La Grecia sta facendo sforzi notevoli per introdurre riforme della sua economia e darsi un'amministrazione decente. Purtroppo il punto di partenza era talmente basso che ci vorranno ancora tanti anni perché il paese abbia un'amministrazione di livello europeo. Ma non bisogna sottostimare il grosso sforzo che stanno facendo. Molto spesso, soprattutto nel caso dell'amministrzione pubblica, ci vorranno anni prima che gli effetti delle riforme siano apprezzabili dai cittadini. A dicembre avevo commentato i risultati di un rapporto "Euromonitor Report 2014" prodotto da una banca tedesca e da un think tank di Bruxelles. Anche in questo rapporto la Grecia era al primo posto in quasi tutte le tabelle dove si valutava lo sforzo di riforma fatto. Di conseguenza, rivedo la mia valutazione degli sforzi di riforma dei governi greci; sono più forti di quanto credessi. C'è stata una discussione molto intensa sulle diverse percezioni della realtà nei vari paesi (esattamente un punto che ho sollevato oggi pomeriggio rispondendo a Giampaolo). In molti si è rimpianto il fatto che il parlamento europeo non si occupi di più della situazione greca. Se il parlamento ne discutesse apparirebbero tante diversità che farebbero bene a tutti. Sarebbe chiaro che i socialisti europei non sono d'accordo con Syriza, che i conservatori europei non sono affatto d'accordo con l' Anel (l'altro partito di governo in Grecia). Un paio di persone hanno ricordato delle discussioni con parlamentari nazionali portoghesi socialisti che erano molto preoccupati dalle posizioni di Syriza. È stato fatto osservare che Matteo Renzi durante la conferenza stampa con Tsipras ha detto che probabilmente Tsipras non era stato soddisfatto del risultato dell'incontro. I governi dei paesi che hanno o hanno avuto difficoltà (Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda) sono tutti preoccupati dall'apparire di qualcuno che da a credere che ci sia una maniera di risolvere i problemi senza passare attraverso riforme complesse e dolorose e che si possa puramente e semplicemente smettere di pagare i debiti senza che questo provochi conseguenze negative. I rischi dal lato greco sembrano venire da una crisi di liquidità che si potrebbe produrre dall'oggi al domani in Grecia nel momento in cui i risparmiatori greci cominciassero a ritirare i soldi dalle banche. Ci sono limiti ben precisi alla liquidità di emergenza che la BCE può fornire. È stato ricordato che il Portogallo e l'Irlanda sono stati costretti a ricorrere agli aiuti europei nel momento in cui si sono raggiunti questi limiti. Anche per la Grecia questo potrebbe succedere presto. Ma che fare in questo caso? La Grecia ha già ricevuto aiuti dall'Unione europea, ma ha dichiarato di voler mettere fine al "programma". Alcuni hanno fatto rilevare le gaffes monumentali di Varoufakis. Ha prima detto che la Grecia era insolvente, cosa che ha obbligato la BCE a sospendere l'accettazione di titoli greci come collaterale. I titoli di un paese sono accettati a condizione che abbiano una certa probabilità di essere rimborsati. Ma se lo stesso ministro delle finanze greco dice che il paese è in bancarotta, come può la BCE continuare ad accettare i titoli di stato di questo paese? Poi ha detto che anche l'Italia sarebbe insolvente e che per questo motivo si piegherebbe alle richieste tedesche (cosa che ha provocato le reazioni stizzite di Padoan che conosciamo). Evidentemente nessuno ha spiegato a Varoufakis cosa un ministro delle finanze può e non può dire. Molti hanno fatto osservare che cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato i tanti passi avanti fatti dall'Unione europea per darsi meccanismi di controllo della situazione monetaria, delle crisi nell'eurozona, di regolamentazione bancaria, di intervento sulle grosse banche e tanti altri. Durante le crisi l'Unione europea fa sempre notevoli passi avanti. Chissà che non sia possibile realizzare altri passi significativi. Certo siamo in una situazione molto difficile. Le discussioni sul taglio del debito greco renderanno impossibili aiuti futuri ad altri paesi. I negoziati in corso mostrano come i prestiti diventano in gran parte dei trasferimenti a fondo perduto (con portoghesi, irlandesi, spagnoli e ciprioti che dicono "E noi siamo più fessi? Perché noi dobbiamo rimborsare i nostri prestiti?").

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La discussioni con Syriza non sono tanto sulla misura dell'alleggerimento ulteriore delle condizioni dei prestiti, ma sono sulla visione del funzionamento di un'economia. Gli altri europei non credono che quello che Syriza vuole fare rimetterà in carreggiata l'economia greca. Ci sarà maggior giustizia sociale, cosa benvenuta, ma l'economia non funzionerà meglio. In ogni caso chi può mai investire oggi in Grecia con le incertezze che ci sono al momento? Le previsioni davano per quest'anno un tasso di crescita superiore al due per cento, ma questo rischia di essere compromesso.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 13:24 Ma ti sembra che le proposte della Troika siano soluzioni accettabili? giorgio varaldo ha detto: Giampaolo permetti una domanda? Leggi il testo al quale ti accingi a dare la risposta? Ho scritto in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non si da un centesimo in piu'. Quindi nessuna chiusura anzi fiducia alle decisioni che il popolo greco vorra' prendere purche' le prenda. Oppure far le riforme far pagare le tasse agli armatori ecc ecc sono provvedimenti di destra da combattere? Da cosa scrivi sembra proprio di si e che siano da evitare... Giampaolo Carboniero ha detto: Un solo centesimo in più rispetto a cosa? I 40 Mld. glieli abbiamo già dati, ora ce li devono restituire, vuoi che possano vivere per farlo o è meglio che falliscano e muoiano di fame? Noi stiamo dando una nuova chance alla nostra casta politica, non potremmo dare fiducia, almeno un po', alle decisioni del popolo greco? giorgio varaldo ha detto: Va bene tutto percorsi piu' o meno virtuosi alla condizione che in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non ci costi un solo centesimo in piu'. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè vuoi vedere solo queste due strade divergenti: Tsipras chiede la rinegoziazione delle condizioni del debito per poter avviare un percorso virtuoso, che si può monitorare e controllare, diverso da quello sinora proposto dalla Troika ( Il FMI aveva già riconosciuto che il percorso della sola austerity era errato), procedura che farebbe bene inoltre a vari altri paesi europei; l'alternativa è chiedere l'annessione alla Germania o disfare l'Europa. Lauro Colasanti ha detto: Questo è effettivamente il punto: Tsipras è stato eletto democraticamente Il mandato che ha ricevuto non è affatto preciso. Non ci vuole molto a capire che non si possono seguire fedelmente due strade divergenti: Rottura degli accordi internazionali, attribuzione di tutta la gravità della situazione ai cattivi stranieri (in ordine decrescente di cattiveria: Troika, FMI, Merkel, tedeschi, nordeuropei, europei). Volontà di rimanere nell'UE e nell'Euro. Non mi sembra che sia la prima volta che un politico sia eletto in base a promesse elettorale non mantenibili. Eppure noi italiani dovremmo essere esperti in materia. Perchè quello che è valido per Berlusconi e gli italiani; non dovrebbe essere vero per Tsipras e i greci? I greci sono più intelligenti degli italiani? Berlusconi è più stupido di Tsipras? Forse più si sta male più si spera nel miracolo; mi sembra molto umano. Questa è democrazia... Passate le elezioni, si passa alla realtà e al compromesso. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Io non so se si arriverà al compromesso; ma come ho già detto ... al turista nordico in giacca e cravatta serve molta pazienza nel caldo del bazar balcanico. Tutte le dichiarazioni di Tsipras e Varufakis fatte finora e fino al prossimo Eurogroup non valgono assolutamente nulla; perchè abbassare le richieste quando la contrattaziione è ancora in corso? Il vero problema di Tsipras non è con gli europei ma con i greci; e non tanto con gli elettori (sono abituati ad abbozzare [questa è democrazia]) ma con la compattezza del suo partito e con eventuali altri deputati di altri partiti per un sostegno. Sandra Del Fabro ha detto: Tsipras è stato eletto con un preciso mandato popolare che deve rispettare. Questa è democrazia.

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 13:32 Sappiamo tutti che la Grecia non ha un'economia orientata alle esportazioni, e perciò non si può aspettare granchè da quel lato, dunque la sua ripresa dipende dall'incremento della domanda interna, come d'altronde raccomandato da tanti economisti; misure che però si scontrano con il tipo di riforme, accettate o imposte?, messe in atto negli stati europei; penso che il dilemma per i politicanti europei sia: perchè in Grecia sì e in Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia, Francia, e altri, no? Lauro Colasanti ha detto: Oppure si potrebbe capire che mai come ora la Grecia è vicina a risolvere i suoi gravi problemi economici! Serve un governo che sappia approfittare di questa opportunità. Mai come in questo momento c'è un riconoscimento delle enormi difficoltà che la popolazione greca ha subito in questi 5 anni; e che alcune di queste difficoltà sono state esarcerbate da una visione troppo rigida, burocratica, astratta voluta da FMI-BCE- UE (non dico Troika solo perchè ormai è una "parolaccia") che hanno fissato obiettivi troppo stretti, non tenendo conto a sufficenza nè del tempo necessario a risanare una struttura amministrativa molto arretrata, ferraginosa, inefficiente nè del fortissimo effetto deflazionistico che tale misure comportavano. Mai come in questo momento c'è un movimento abbastanza consistente, diffuso soprattutto in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, ma non totalmente assente in altri paesi, che spinge per un allargamento dei cordoni della borsa, che vede i limiti di una politica incentrata soprattutto sull'austerità e che spinge per una ripresa dei consumi attraverso investimenti pubblici e una politica più inflazionistica. Mai come in questo momento la BCE si è impegnata a immettere massicce dosi di liquidità nel sistema economiche che dovrebbero permettere una spinta generale dell'economia europea. Mai come in questo momento gli stati con grandi debiti pubblici e ancor di più la Grecia, stanno pagando tassi di interesse così bassi per i loro debiti. Dopo 5 anni di cali continui e consistentissimi del PIL, per la prima volta il PIL Greco è tornato da qualche mese a crescere. L'ultima stagione turistica è stata, a detta di tutti gli opratori, estremamente positiva per la Grecia. Conviene far saltare tutto o cercare di massimizzare ciò che si può avere dagli altri e da se stessi? Io ancora non ho capito se le posizioni postelettorali di Tsipras sono solo un modo per tenere alte le richieste iniziali per poi abbassarle pian piano oppure sono posizioni che vorrà mantenere fino all'ultimo. Voi come vi comportereste al posto di Tsipras? Sandra Del Fabro ha detto: quindi non ci resta che preparare il banchetto funebre , scuotendo la testa : "Se l'è voluta, se l'è cercata" e poi si gira intorno al morto con un'aria d'intesa e ci sussurra nelle orecchie: "Mica siamo fessi noi". Poi si cena e si brinda in buona compagnia... E' una scena che mi ispira un racconto, me la vedo proprio davanti agli occhi, gli uomini che sfilano vestiti in blu, grigio, nero con la cravatta... Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. La Grecia sta facendo sforzi notevoli per introdurre riforme della sua economia e darsi un'amministrazione decente. Purtroppo il punto di partenza era talmente basso che ci vorranno ancora tanti anni perché il paese abbia un'amministrazione di livello europeo. Ma non bisogna sottostimare il grosso sforzo che stanno facendo. Molto spesso, soprattutto nel caso dell'amministrzione pubblica, ci vorranno anni prima che gli effetti delle riforme siano apprezzabili dai cittadini. A dicembre avevo commentato i risultati di un rapporto "Euromonitor Report 2014" prodotto da una banca tedesca e da un think tank di Bruxelles. Anche in questo rapporto la Grecia era al primo posto in quasi tutte le tabelle dove si valutava lo sforzo di riforma fatto. Di conseguenza, rivedo la mia valutazione degli sforzi di riforma dei governi greci; sono più forti di quanto credessi. C'è stata una discussione molto intensa sulle diverse percezioni della realtà nei vari paesi (esattamente un punto che ho sollevato oggi pomeriggio rispondendo a Giampaolo). In molti si è rimpianto il fatto che il parlamento europeo non si occupi di più della situazione greca. Se il parlamento ne discutesse apparirebbero tante diversità che farebbero bene a tutti. Sarebbe chiaro che i socialisti europei non sono d'accordo con Syriza, che i conservatori europei non sono

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affatto d'accordo con l' Anel (l'altro partito di governo in Grecia). Un paio di persone hanno ricordato delle discussioni con parlamentari nazionali portoghesi socialisti che erano molto preoccupati dalle posizioni di Syriza. È stato fatto osservare che Matteo Renzi durante la conferenza stampa con Tsipras ha detto che probabilmente Tsipras non era stato soddisfatto del risultato dell'incontro. I governi dei paesi che hanno o hanno avuto difficoltà (Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda) sono tutti preoccupati dall'apparire di qualcuno che da a credere che ci sia una maniera di risolvere i problemi senza passare attraverso riforme complesse e dolorose e che si possa puramente e semplicemente smettere di pagare i debiti senza che questo provochi conseguenze negative. I rischi dal lato greco sembrano venire da una crisi di liquidità che si potrebbe produrre dall'oggi al domani in Grecia nel momento in cui i risparmiatori greci cominciassero a ritirare i soldi dalle banche. Ci sono limiti ben precisi alla liquidità di emergenza che la BCE può fornire. È stato ricordato che il Portogallo e l'Irlanda sono stati costretti a ricorrere agli aiuti europei nel momento in cui si sono raggiunti questi limiti. Anche per la Grecia questo potrebbe succedere presto. Ma che fare in questo caso? La Grecia ha già ricevuto aiuti dall'Unione europea, ma ha dichiarato di voler mettere fine al "programma". Alcuni hanno fatto rilevare le gaffes monumentali di Varoufakis. Ha prima detto che la Grecia era insolvente, cosa che ha obbligato la BCE a sospendere l'accettazione di titoli greci come collaterale. I titoli di un paese sono accettati a condizione che abbiano una certa probabilità di essere rimborsati. Ma se lo stesso ministro delle finanze greco dice che il paese è in bancarotta, come può la BCE continuare ad accettare i titoli di stato di questo paese? Poi ha detto che anche l'Italia sarebbe insolvente e che per questo motivo si piegherebbe alle richieste tedesche (cosa che ha provocato le reazioni stizzite di Padoan che conosciamo). Evidentemente nessuno ha spiegato a Varoufakis cosa un ministro delle finanze può e non può dire. Molti hanno fatto osservare che cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato i tanti passi avanti fatti dall'Unione europea per darsi meccanismi di controllo della situazione monetaria, delle crisi nell'eurozona, di regolamentazione bancaria, di intervento sulle grosse banche e tanti altri. Durante le crisi l'Unione europea fa sempre notevoli passi avanti. Chissà che non sia possibile realizzare altri passi significativi. Certo siamo in una situazione molto difficile. Le discussioni sul taglio del debito greco renderanno impossibili aiuti futuri ad altri paesi. I negoziati in corso mostrano come i prestiti diventano in gran parte dei trasferimenti a fondo perduto (con portoghesi, irlandesi, spagnoli e ciprioti che dicono "E noi siamo più fessi? Perché noi dobbiamo rimborsare i nostri prestiti?"). La discussioni con Syriza non sono tanto sulla misura dell'alleggerimento ulteriore delle condizioni dei prestiti, ma sono sulla visione del funzionamento di un'economia. Gli altri europei non credono che quello che Syriza vuole fare rimetterà in carreggiata l'economia greca. Ci sarà maggior giustizia sociale, cosa benvenuta, ma l'economia non funzionerà meglio. In ogni caso chi può mai investire oggi in Grecia con le incertezze che ci sono al momento? Le previsioni davano per quest'anno un tasso di crescita superiore al due per cento, ma questo rischia di essere compromesso.

Risposto da giorgio varaldo su 10 Febbraio 2015 a 13:34 Far pagare le tasse agli armatori e'accettabile? Giampaolo Carboniero ha detto: Ma ti sembra che le proposte della Troika siano soluzioni accettabili? giorgio varaldo ha detto: Giampaolo permetti una domanda? Leggi il testo al quale ti accingi a dare la risposta? Ho scritto in assenza di piani dettagliati di riforme e di controlli esterni non si da un centesimo in piu'. Quindi nessuna chiusura anzi fiducia alle decisioni che il popolo greco vorra' prendere purche' le prenda. Oppure far le riforme far pagare le tasse agli armatori ecc ecc sono provvedimenti di destra da combattere? Da cosa scrivi sembra proprio di si e che siano da evitare... Giampaolo Carboniero ha detto: Un solo centesimo in più rispetto a cosa? I 40 Mld. glieli abbiamo già dati, ora ce li devono restituire, vuoi che possano vivere per farlo o è meglio che falliscano e muoiano di fame? Noi stiamo dando una nuova chance alla nostra casta politica, non potremmo dare fiducia, almeno un po', alle decisioni del popolo greco?

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Risposto da giorgio varaldo su 10 Febbraio 2015 a 14:33 La flotta mercantile greca secondo il sole 24 ore e' ritornata la piu' grande al mondo con oltre 4700 navi. Il particolare regime fiscale greco che esenta gli armatori da pagamento delle imposte sui redditi e' stato utilizzato per ampliare la flotta ..ordinando 153 navi trasporto in cina. Chiedere nuovi impegni economici all'europa e far lavorare i cantieri cinesi non mi pare possa trovar molta condivisione specialmente da parte di chi i soldi li deve pagare. Ci sarebbe poi abbastanza da dire riguardo a dove vengono investiti gli utili delle compagnie di navigazione greche ..qussi niente in grecia. Quindi chiedere alla grecia di applicare agli armatori un livello di tassazione almeno paragonabile a quello degli altri paesi europei non mi pare possa definirsi una richiesta irragionevole

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 15:22 Reazione da persona matura ... Giampaolo Carboniero ha detto: Ho letto il nome Bini Smaghi e ho lasciato perdere il resto; Bini Smaghi, privilegiato della politica e del sistema finanziario, e altri come lui, proprio dei poveracci, pretendono di spiegare a chi guadagna 400-800-1000 euro al mese quali ulteriori sacrifici servono per potersi meritare quello stipendio; da che pulpito! Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. ( ... )

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 15:33 Matura a sufficienza per capire quali interessi difendono certe persone che si atteggiano a sacerdoti della Verità. Fabio Colasanti ha detto: Reazione da persona matura ... Giampaolo Carboniero ha detto: Ho letto il nome Bini Smaghi e ho lasciato perdere il resto; Bini Smaghi, privilegiato della politica e del sistema finanziario, e altri come lui, proprio dei poveracci, pretendono di spiegare a chi guadagna 400-800-1000 euro al mese quali ulteriori sacrifici servono per potersi meritare quello stipendio; da che pulpito! Fabio Colasanti ha detto: Sono reduce da una cena dove si è parlato soprattutto di Grecia. La persona che ha lanciato la discussione era Lorenzo Bini Smaghi e c'erano varie persone impegnate in prima linea nei negoziati con la Grecia. Alcune osservazioni che porto a casa. ( ... )

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 15:38 Giampaolo,

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Fatti. Se un paese importa più di quanto esporti si indebita con qualcuno all'estero; l'indebitamento sarà di individui, di imprese o dello stato. L'indebitamento significa interessi che si accumuleranno nel tempo e cifre che dovranno essere ripagate. Se l'indebitamento è dello stato ci potrà alla fine essere un default, se è delle imprese ci saranno fallimenti e perdita di posti di lavoro, se è delle famiglie prima o poi dovranno correggerlo e attraversare un duro periodo in cui consumeranno meno di quanto guadagnano. Se un paese importa più di quanto esporta significa che sta vivendo al di sopra delle sue possibilità. Quando la crisi greca è esplosa il disavanzo della bilancia dei pagamenti greca era al 15 percento: insostenibile. Adesso è attorno al due per cento. Se la domanda interna ripartisse senza una ripresa corrispondente della produzione interna, tra due o tre anni si ritornerebbe al punto di prima. Il livello di reddito e di consumo di un paese dipende dal suo livello di produzione. La realtà brutale è che la Grecia negli anni 2000-2010 ha avuto uno standard di vita che non poteva permettersi. Ha vissuto ad un livello più alto grazie all'indebitamento privato e a quello pubblico. Quello che viene raccomandato alla Grecia è assolutamente in linea con quello che è stato raccomandato e fatto negli altri paesi. L'unica differenza è nella misura dell'aggiustamento e nel bisogtno di riforme strutturali che in Grecia era molto, ma molto più alto che negli altri paesi. Non vedo proprio dove tu possa vedere un "due pesi, due misure". Giampaolo Carboniero ha detto: Sappiamo tutti che la Grecia non ha un'economia orientata alle esportazioni, e perciò non si può aspettare granchè da quel lato, dunque la sua ripresa dipende dall'incremento della domanda interna, come d'altronde raccomandato da tanti economisti; misure che però si scontrano con il tipo di riforme, accettate o imposte?, messe in atto negli stati europei; penso che il dilemma per i politicanti europei sia: perchè in Grecia sì e in Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia, Francia, e altri, no? Lauro Colasanti ha detto: Oppure si potrebbe capire che mai come ora la Grecia è vicina a risolvere i suoi gravi problemi economici! Serve un governo che sappia approfittare di questa opportunità. Mai come in questo momento c'è un riconoscimento delle enormi difficoltà che la popolazione greca ha subito in questi 5 anni; e che alcune di queste difficoltà sono state esarcerbate da una visione troppo rigida, burocratica, astratta voluta da FMI-BCE- UE (non dico Troika solo perchè ormai è una "parolaccia") che hanno fissato obiettivi troppo stretti, non tenendo conto a sufficenza nè del tempo necessario a risanare una struttura amministrativa molto arretrata, ferraginosa, inefficiente nè del fortissimo effetto deflazionistico che tale misure comportavano. Mai come in questo momento c'è un movimento abbastanza consistente, diffuso soprattutto in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, ma non totalmente assente in altri paesi, che spinge per un allargamento dei cordoni della borsa, che vede i limiti di una politica incentrata soprattutto sull'austerità e che spinge per una ripresa dei consumi attraverso investimenti pubblici e una politica più inflazionistica. Mai come in questo momento la BCE si è impegnata a immettere massicce dosi di liquidità nel sistema economiche che dovrebbero permettere una spinta generale dell'economia europea. Mai come in questo momento gli stati con grandi debiti pubblici e ancor di più la Grecia, stanno pagando tassi di interesse così bassi per i loro debiti. Dopo 5 anni di cali continui e consistentissimi del PIL, per la prima volta il PIL Greco è tornato da qualche mese a crescere. L'ultima stagione turistica è stata, a detta di tutti gli opratori, estremamente positiva per la Grecia. Conviene far saltare tutto o cercare di massimizzare ciò che si può avere dagli altri e da se stessi? Io ancora non ho capito se le posizioni postelettorali di Tsipras sono solo un modo per tenere alte le richieste iniziali per poi abbassarle pian piano oppure sono posizioni che vorrà mantenere fino all'ultimo. Voi come vi comportereste al posto di Tsipras? Risposte a questa discussione

Risposto da Maria Teresa Calà su 10 Febbraio 2015 a 15:42 Non è per nulla irragionevole far pagare gli armatori. In questa questione greca c'è una complessità di questioni che non è facile intervenire. Appena adesso al TG3 Economia hanno detto che la borsa di Atene è in positivo +7%: si dice x il sentore che gli verrà concesso uno slittamento di sei mesi del pagamento di quanto dovuto. Veramente io non ci capisco molto di bora certo questi sbalzi di valori da negativi a positivi non mi fanno pensare a qualcosa di buono. Certo che fra Ucraina e Grecia non c'è da stare allegri, uno stato di ansia mi percuote. Ieri sera Paolo Mieli sosteneva che Obama fa bene a minacciare Mosca di armare l'Ucraina, secondo me fa bene il mostro governo a nn accettare questa soluzione. Il Parlamento europeo nn capisco a che serva!!

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giorgio varaldo ha detto: La flotta mercantile greca secondo il sole 24 ore e' ritonata la piu' grande al mondo con oltre 4700 navi. Il particolare regime fiscale greco che esenta gli armatori da pagamento delle imposte sui redditi e' stato utilizzato per ampliare la flotta ..ordinando 153 navi trasporto in cina. Chiedere nuovi impegni economici all'europa e far lavorare i cantieri cinesi non mi pare possa trovar molta condivisione specialmente da parte di chi i soldi li deve pagare. Ci sarebbe poi abbastanza da dire riguardo a dove vengono investiti gli utili delle compagnie di navigazione greche ..qussi niente in grecia. Quindi chiedere alla grecia di applicare agli armatori un livello di tassazione almeno paragonabile a quello degli altri paesi europei non mi pare possa definirsi una richiesta irragionevole

Risposto da giorgio varaldo su 10 Febbraio 2015 a 15:57 Grazie per la notizia data dal tiggi3. Sei ulteriori mesi di esenzione fiscale ..tanto pagano quegli stupidi di europei. A proposito non ho ancora letto nessuna risposta da parte dell'amico giampaolo sulla liceita' di far pagare le tasse agli armatori.. Maria Teresa Calà ha detto: Non è per nulla irragionevole far pagare gli armatori. In questa questione greca c'è una complessità di questioni che non è facile intervenire. Appena adesso al TG3 Economia hanno detto che la borsa di Atene è in positivo +7%: si dice x il sentore che gli verrà concesso uno slittamento di sei mesi del pagamento di quanto dovuto. Veramente io non ci capisco molto di bora certo questi sbalzi di valori da negativi a positivi non mi fanno pensare a qualcosa di buono. Certo che fra Ucraina e Grecia non c'è da stare allegri, uno stato di ansia mi percuote. Ieri sera Paolo Mieli sosteneva che Obama fa bene a minacciare Mosca di armare l'Ucraina, secondo me fa bene il mostro governo a nn accettare questa soluzione. Il Parlamento europeo nn capisco a che serva!! giorgio varaldo ha detto: La flotta mercantile greca secondo il sole 24 ore e' ritonata la piu' grande al mondo con oltre 4700 navi. Il particolare regime fiscale greco che esenta gli armatori da pagamento delle imposte sui redditi e' stato utilizzato per ampliare la flotta ..ordinando 153 navi trasporto in cina. Chiedere nuovi impegni economici all'europa e far lavorare i cantieri cinesi non mi pare possa trovar molta condivisione specialmente da parte di chi i soldi li deve pagare. Ci sarebbe poi abbastanza da dire riguardo a dove vengono investiti gli utili delle compagnie di navigazione greche ..qussi niente in grecia. Quindi chiedere alla grecia di applicare agli armatori un livello di tassazione almeno paragonabile a quello degli altri paesi europei non mi pare possa definirsi una richiesta irragionevole

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 16:07 Per chi fosse interessato posto un articolo che raffronta il caso dell'accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco con l'eventuale nuovo taglio del debito greco attuale. I debiti coperti dal trattato di Londra erano per 15 miliardi di marchi relativi ai debiti degli anni venti (riparazioni imposte dal Trattato di Versailles) e per altri 15 miliardi di marchi debiti contratti durante la seconda guerra mondiale (a volte in maniera forzosa a carico dei paesi occupati). La cifra totale di partenza per i negoziati - 30 miliardi - rappresentava circa il 22 per cento del PIL della Germania Ovest di quell'anno (134 miliardi). L'articolo conclude che si dovrà trovare un punto d'accordo intermedio. Ma l'articolo fornisce anche una cifra molto interessante: se si tiene conto delle riduzioni del debito già consentite alla Grecia (allungamento delle scadenze e riduzione dei tassi di interesse) e non si prende il valore facciale del debito greco, ma il suo valore effettivo attuale tenuto conto di queste scadenze e questi tassi di interesse, il rapporto tra debito pubblico greco non è del 175 per cento, ma del 118 per cento. Il debito pubblico greco è stato ridotto una prima volta con il taglio dei settanta miliardi

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di titoli detenuti dai privati deciso a Deauville e una seconda volta con l'abbassamento dei tassi di interesse e l'allungamento delle scadenze (oggi fissate a tra il 2024 ed il 2055) decisi negli ultimi due anni. I negoziati attuali sono quindi su di un nuovo, terzo, taglio del debito. Allegati:

Should Greek debt be dealt with as the German one was - Papadia 9 February 2015.doc, 72 KB

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 16:49 Un'altra informazione utile. Il grafico che posto mostra l'andamento dal 2000 ad oggi del PIL pro capite dell'Italia, della Grecia, della Germania e della media dell'eurozona. Non ne usciamo bene. Rispetto al 2000, noi stiamo peggio della Grecia. L'andamento del PIL pro capire della Germania è stato più o meno lo stesso del nostro fino al 2005, poi hanno cominciato a vedersi gli effetti delle riforme di Schroeder e la Germania ci ha staccato.

Risposto da Ezio Ferrero su 10 Febbraio 2015 a 17:26 La vicenda greca vista da un tedesco https://www.facebook.com/udo.gumpel/posts/10206052147291890?fref=nf

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 19:00 Perchè mai dovrei essere contrario a far pagare le tasse, sia agli armatori che agli altri? Sono in attesa di sentire da Tsipras il motivo di tale proroga; d'altronde non è che noi ci comportiamo diversamente con gli immobiliaristi, visto che li esentiamo dalle tasse sulle case invendute, che così possono continuare a mantenere un valore di mercato immotivato. giorgio varaldo ha detto: Grazie per la notizia data dal tiggi3. Sei ulteriori mesi di esenzione fiscale ..tanto pagano quegli stupidi di europei.

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A proposito non ho ancora letto nessuna risposta da parte dell'amico giampaolo sulla liceita' di far pagare le tasse agli armatori.. Maria Teresa Calà ha detto: Non è per nulla irragionevole far pagare gli armatori. In questa questione greca c'è una complessità di questioni che non è facile intervenire. Appena adesso al TG3 Economia hanno detto che la borsa di Atene è in positivo +7%: si dice x il sentore che gli verrà concesso uno slittamento di sei mesi del pagamento di quanto dovuto. Veramente io non ci capisco molto di bora certo questi sbalzi di valori da negativi a positivi non mi fanno pensare a qualcosa di buono. Certo che fra Ucraina e Grecia non c'è da stare allegri, uno stato di ansia mi percuote. Ieri sera Paolo Mieli sosteneva che Obama fa bene a minacciare Mosca di armare l'Ucraina, secondo me fa bene il mostro governo a nn accettare questa soluzione. Il Parlamento europeo nn capisco a che serva!! giorgio varaldo ha detto: La flotta mercantile greca secondo il sole 24 ore e' ritonata la piu' grande al mondo con oltre 4700 navi. Il particolare regime fiscale greco che esenta gli armatori da pagamento delle imposte sui redditi e' stato utilizzato per ampliare la flotta ..ordinando 153 navi trasporto in cina. Chiedere nuovi impegni economici all'europa e far lavorare i cantieri cinesi non mi pare possa trovar molta condivisione specialmente da parte di chi i soldi li deve pagare. Ci sarebbe poi abbastanza da dire riguardo a dove vengono investiti gli utili delle compagnie di navigazione greche ..qussi niente in grecia. Quindi chiedere alla grecia di applicare agli armatori un livello di tassazione almeno paragonabile a quello degli altri paesi europei non mi pare possa definirsi una richiesta irragionevole

Risposto da Lauro Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 19:04 Certamente Tsipras non è tenero con i politici che hanno diretto il paese ultimamente. Ma non è tenero più per la politica di austerità che hanno condotto in questi ultimi quattro anni che per la politica di sperperi, assunzioni clientelari, contraffazione dei bilanci degli anni precedenti e che hanno portato la Grecia alla catastrofe. Il solo fatto che circoli la voce che sul nome di K. Karamanlis sia stato trovato l'accordo tra Tsipras e Kammeno per il prossimo presidente della repubblica la dice lunga e dovrebbe far inorridire qualunque persona di buon senso! Spero che sia solo una voce infondata. Karamanlis è il primo ministro di Nea Democrazia che ha guidato la Grecia dal 2005 al 2009, che ha assunto 100.000 impiegati pubblici in tre anni, che ha portato il deficit greco impprovvisamente al 15%, che ha truccato i conti dello stato. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè la chiami infatuazione; riconosci anche tu che Syriza non è coinvolto e non ha messo mano alle operazioni che hanno ridotto la Grecia in queste condizioni; non mi pare che Tsipras sia tanto tenero con i politici, e le classi dominanti, che hanno diretto il paese ultimamente;

Risposto da Giampaolo Carboniero su 10 Febbraio 2015 a 19:13 Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici Fabio Colasanti ha detto: Per chi fosse interessato posto un articolo che raffronta il caso dell'accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco con l'eventuale nuovo taglio del debito greco attuale. I debiti coperti dal trattato di Londra erano per 15 miliardi di marchi relativi ai debiti degli anni venti (riparazioni imposte dal Trattato di Versailles) e per altri 15 miliardi di marchi debiti contratti durante la seconda guerra mondiale (a volte in maniera forzosa a carico dei paesi occupati). La cifra totale di

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partenza per i negoziati - 30 miliardi - rappresentava circa il 22 per cento del PIL della Germania Ovest di quell'anno (134 miliardi). L'articolo conclude che si dovrà trovare un punto d'accordo intermedio. Ma l'articolo fornisce anche una cifra molto interessante: se si tiene conto delle riduzioni del debito già consentite alla Grecia (allungamento delle scadenze e riduzione dei tassi di interesse) e non si prende il valore facciale del debito greco, ma il suo valore effettivo attuale tenuto conto di queste scadenze e questi tassi di interesse, il rapporto tra debito pubblico greco non è del 175 per cento, ma del 118 per cento. Il debito pubblico greco è stato ridotto una prima volta con il taglio dei settanta miliardi di titoli detenuti dai privati deciso a Deauville e una seconda volta con l'abbassamento dei tassi di interesse e l'allungamento delle scadenze (oggi fissate a tra il 2024 ed il 2055) decisi negli ultimi due anni. I negoziati attuali sono quindi su di un nuovo, terzo, taglio del debito.

Risposto da Pietro D'Alessandro su 10 Febbraio 2015 a 19:27 Ma, mi sembra di capire dal tuo intervento, la politica dell'austerità, che richiede una riduzione o almeno un controllo della spesa pubblica, la Grecia non l'abbia seguita. Se è così, i vincoli di bilancio non sono stati la causa del dissesto ma hanno solo impedito alla Grecia, che non poteva più ricorrere alla fiscalità generale, di far fronte alla spesa con titoli di Stato. Lauro Colasanti ha detto: Certamente Tsipras non è tenero con i politici che hanno diretto il paese ultimamente. Ma non è tenero più per la politica di austerità che hanno condotto in questi ultimi quattro anni che per la politica di sperperi, assunzioni clientelari, contraffazione dei bilanci degli anni precedenti e che hanno portato la Grecia alla catastrofe. Il solo fatto che circoli la voce che sul nome di K. Karamanlis sia stato trovato l'accordo tra Tsipras e Kammeno per il prossimo presidente della repubblica la dice lunga e dovrebbe far inorridire qualunque persona di buon senso! Spero che sia solo una voce infondata. Karamanlis è il primo ministro di Nea Democrazia che ha guidato la Grecia dal 2005 al 2009, che ha assunto 100.000 impiegati pubblici in tre anni, che ha portato il deficit greco impprovvisamente al 15%, che truccato i conti dello stato. Giampaolo Carboniero ha detto: Non capisco perchè la chiami infatuazione; riconosci anche tu che Syriza non è coinvolto e non ha messo mano alle operazioni che hanno ridotto la Grecia in queste condizioni; non mi pare che Tsipras sia tanto tenero con i politici, e le classi dominanti, che hanno diretto il paese ultimamente;

Risposto da giorgio varaldo su 10 Febbraio 2015 a 20:43 ok dipende dalla nazionalità in grecia chi è ricco può non pagare le tasse. Giampaolo Carboniero ha detto: Perchè mai dovrei essere contrario a far pagare le tasse, sia agli armatori che agli altri? Sono in attesa di sentire da Tsipras il motivo di tale proroga; d'altronde non è che noi ci comportiamo diversamente con gli immobiliaristi, visto che li esentiamo dalle tasse sulle case invendute, che così possono continuare a mantenere un valore di mercato immotivato. giorgio varaldo ha detto: Grazie per la notizia data dal tiggi3. Sei ulteriori mesi di esenzione fiscale ..tanto pagano quegli stupidi di europei. A proposito non ho ancora letto nessuna risposta da parte dell'amico giampaolo sulla liceita' di far pagare le tasse agli armatori.. Maria Teresa Calà ha detto:

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Non è per nulla irragionevole far pagare gli armatori. In questa questione greca c'è una complessità di questioni che non è facile intervenire. Appena adesso al TG3 Economia hanno detto che la borsa di Atene è in positivo +7%: si dice x il sentore che gli verrà concesso uno slittamento di sei mesi del pagamento di quanto dovuto. Veramente io non ci capisco molto di bora certo questi sbalzi di valori da negativi a positivi non mi fanno pensare a qualcosa di buono. Certo che fra Ucraina e Grecia non c'è da stare allegri, uno stato di ansia mi percuote. Ieri sera Paolo Mieli sosteneva che Obama fa bene a minacciare Mosca di armare l'Ucraina, secondo me fa bene il mostro governo a nn accettare questa soluzione. Il Parlamento europeo nn capisco a che serva!! giorgio varaldo ha detto: La flotta mercantile greca secondo il sole 24 ore e' ritonata la piu' grande al mondo con oltre 4700 navi. Il particolare regime fiscale greco che esenta gli armatori da pagamento delle imposte sui redditi e' stato utilizzato per ampliare la flotta ..ordinando 153 navi trasporto in cina. Chiedere nuovi impegni economici all'europa e far lavorare i cantieri cinesi non mi pare possa trovar molta condivisione specialmente da parte di chi i soldi li deve pagare. Ci sarebbe poi abbastanza da dire riguardo a dove vengono investiti gli utili delle compagnie di navigazione greche ..qussi niente in grecia. Quindi chiedere alla grecia di applicare agli armatori un livello di tassazione almeno paragonabile a quello degli altri paesi europei non mi pare possa definirsi una richiesta irragionevole

Risposto da Lauro Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 22:12 Vorrei segnalare come il problema è percepito in modo molto differente alle latitudini alte e basse http://www.tanea.gr/news/politics/article/5208218/gpo-gia-mega-symb... riporta un ultimo sondaggio. In breve. Il 79 % degli elettori da un giudizio positivo del discorso di Tsipras in Parlamento. Anche 6 su dieci votanti di Nea Democrazia. 85% ritiene che è la logica conseguenza della campagna elettorale. Il 73% è convinto che la strategia del governo porterà alla fine ad un compromesso con i partner europei e solo il 16% pensa che porterà ad una rottura definitiva. Non so che ne pensate. Io ci vedo la conferma delle mie affermazioni sul populismo e sul bazar balcanico.

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 22:47 Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici Fabio Colasanti ha detto: Per chi fosse interessato posto un articolo che raffronta il caso dell'accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco con l'eventuale nuovo taglio del debito greco attuale. I debiti coperti dal trattato di Londra erano per 15 miliardi di marchi relativi ai debiti degli anni venti (riparazioni imposte dal Trattato di Versailles) e per altri 15 miliardi di marchi debiti contratti durante la seconda guerra mondiale (a volte in maniera forzosa a carico dei paesi occupati). La cifra totale di partenza per i negoziati - 30 miliardi - rappresentava circa il 22 per cento del PIL della Germania Ovest di quell'anno (134 miliardi).

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L'articolo conclude che si dovrà trovare un punto d'accordo intermedio. Ma l'articolo fornisce anche una cifra molto interessante: se si tiene conto delle riduzioni del debito già consentite alla Grecia (allungamento delle scadenze e riduzione dei tassi di interesse) e non si prende il valore facciale del debito greco, ma il suo valore effettivo attuale tenuto conto di queste scadenze e questi tassi di interesse, il rapporto tra debito pubblico greco non è del 175 per cento, ma del 118 per cento. Il debito pubblico greco è stato ridotto una prima volta con il taglio dei settanta miliardi di titoli detenuti dai privati deciso a Deauville e una seconda volta con l'abbassamento dei tassi di interesse e l'allungamento delle scadenze (oggi fissate a tra il 2024 ed il 2055) decisi negli ultimi due anni. I negoziati attuali sono quindi su di un nuovo, terzo, taglio del debito. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 10 Febbraio 2015 a 23:42 Pietro, la spesa pubblica in Grecia è stata tagliata e anche di parecchio. Ma nonostante il taglio molto forte, la spesa corrente in Grecia è aumentata rispetto al 2000 più o meno come in Italia e più che in Germania. I tagli fatti dopo il 2010 hanno compensato solo parzialmente i fortissimi aumenti registrati tra il 2000 ed il 2009.

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Pietro D'Alessandro ha detto: Ma, mi sembra di capire dal tuo intervento, la politica dell'austerità, che richiede una riduzione o almeno un controllo della spesa pubblica, la Grecia non l'abbia seguita. Se è così, i vincoli di bilancio non sono stati la causa del dissesto ma hanno solo impedito alla Grecia, che non poteva più ricorrere alla fiscalità generale, di far fronte alla spesa con titoli di Stato. Lauro Colasanti ha detto: Certamente Tsipras non è tenero con i politici che hanno diretto il paese ultimamente. Ma non è tenero più per la politica di austerità che hanno condotto in questi ultimi quattro anni che per la politica di sperperi, assunzioni clientelari, contraffazione dei bilanci degli anni precedenti e che hanno portato la Grecia alla catastrofe. Il solo fatto che circoli la voce che sul nome di K. Karamanlis sia stato trovato l'accordo tra Tsipras e Kammeno per il prossimo presidente della repubblica la dice lunga e dovrebbe far inorridire qualunque persona di buon senso! Spero che sia solo una voce infondata. Karamanlis è il primo ministro di Nea Democrazia che ha guidato la Grecia dal 2005 al 2009, che ha assunto 100.000 impiegati pubblici in tre anni, che ha portato il deficit greco impprovvisamente al 15%, che truccato i conti dello stato.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 11 Febbraio 2015 a 2:12 Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici

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Fabio Colasanti ha detto: Per chi fosse interessato posto un articolo che raffronta il caso dell'accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco con l'eventuale nuovo taglio del debito greco attuale. I debiti coperti dal trattato di Londra erano per 15 miliardi di marchi relativi ai debiti degli anni venti (riparazioni imposte dal Trattato di Versailles) e per altri 15 miliardi di marchi debiti contratti durante la seconda guerra mondiale (a volte in maniera forzosa a carico dei paesi occupati). La cifra totale di partenza per i negoziati - 30 miliardi - rappresentava circa il 22 per cento del PIL della Germania Ovest di quell'anno (134 miliardi). L'articolo conclude che si dovrà trovare un punto d'accordo intermedio. Ma l'articolo fornisce anche una cifra molto interessante: se si tiene conto delle riduzioni del debito già consentite alla Grecia (allungamento delle scadenze e riduzione dei tassi di interesse) e non si prende il valore facciale del debito greco, ma il suo valore effettivo attuale tenuto conto di queste scadenze e questi tassi di interesse, il rapporto tra debito pubblico greco non è del 175 per cento, ma del 118 per cento. Il debito pubblico greco è stato ridotto una prima volta con il taglio dei settanta miliardi di titoli detenuti dai privati deciso a Deauville e una seconda volta con l'abbassamento dei tassi di interesse e l'allungamento delle scadenze (oggi fissate a tra il 2024 ed il 2055) decisi negli ultimi due anni. I negoziati attuali sono quindi su di un nuovo, terzo, taglio del debito.

Risposto da Fabio Colasanti su 11 Febbraio 2015 a 8:23 Giampaolo, non posso che ripetere la domanda che ti facciamo spesso in tanti: leggi i testi degli altri e i documenti ai quali tu posti dei link ? Evidentemente no. La conferenza di Londra ha discusso di una cifra totale di debito che era pari al 22 per cento del PIL della Germania Ovest e lo ha tagliato della metà, quindi dell'11 per cento(l'unificazione tedesca non è di trenta anni fa e la Germania ha pagato l'ultima rata dei suoi debiti nel 2010). Il taglio di 70 miliardi del debito pubblico greco operato tra il 2011 ed il 2012 è stato pari a circa il 25 per cento del PIL greco. Quindi già questa operazione ha avuto un valore doppio di quella del taglio del debito tedesco del 1953. Le riduzioni di tassi di interesse e gli allungamenti di scadenze (le ultime tranches saranno da rimborsare tra 40 anni) equivalgono secondo i calcoli del think tank Bruegel citati nell'articolo che ho postato ad una riduzione del rapporto debito pubblico PIL dal 175 per cento al 118 per cento. Quindi si tratta di una seconda riduzione di circa il 50 per cento del PIL. E siamo quindi ad un taglio cumulato pari a circa il 75 per cento del PIL. Ora si sta discutendo di un'altra riduzione che si aggiungerà alle prime due. Giampaolo Carboniero ha detto: Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici

Risposto da Fabio Colasanti su 11 Febbraio 2015 a 9:32

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Un articolo che fa osservare che senza l'intervento della "troika" (ossia dei paesi europei) i tagli di bilancio in Grecia nel 2010 avrebbero dovuto essere molto, ma molto più brutali. Si sarebbe dovuto ridurre un disavanzo di oltre dieci punti di PIL a zero dall'oggi al domani. http://www.project-syndicate.org/commentary/syriza-greece-austerity...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 11 Febbraio 2015 a 18:16 Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Fabio Colasanti su 11 Febbraio 2015 a 18:20 Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 11 Febbraio 2015 a 20:10 Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 11 Febbraio 2015 a 20:23 Il PIL del 1953 è confrontabile, in qualità e grandezza con quello del 2015? Magari potremmo così dire che la quantità di PIL utilizzata dai dominus romani per ogni schiavo era inferiore a quella utilizzata da qualche latifondista confederale nell'800 in America, per cui gli schiavi neri delle piantagioni di cotone stavano meglio di quelli romani.

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Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, non posso che ripetere la domanda che ti facciamo spesso in tanti: leggi i testi degli altri e i documenti ai quali tu posti dei link ? Evidentemente no. La conferenza di Londra ha discusso di una cifra totale di debito che era pari al 22 per cento del PIL della Germania Ovest e lo ha tagliato della metà, quindi dell'11 per cento (l'unificazione tedesca non è di trenta anni fa e la Germania ha pagato l'ultima rata dei suoi debiti nel 2010). Il taglio di 70 miliardi del debito pubblico greco operato tra il 2011 ed il 2012 è stato pari a circa il 25 per cento del PIL greco. Quindi già questa operazione ha avuto un valore doppio di quella del taglio del debito tedesco del 1953. Le riduzioni di tassi di interesse e gli allungamenti di scadenze (le ultime tranches saranno da rimborsare tra 40 anni) equivalgono secondo i calcoli del think tank Bruegel citati nell'articolo che ho postato ad una riduzione del rapporto debito pubblico PIL dal 175 per cento al 118 per cento. Quindi si tratta di una seconda riduzione di circa il 50 per cento del PIL. E siamo quindi ad un taglio cumulato pari a circa il 75 per cento del PIL. Ora si sta discutendo di un'altra riduzione che si aggiungerà alle prime due. Giampaolo Carboniero ha detto: Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici

Risposto da giorgio varaldo su 11 Febbraio 2015 a 20:35 Giuseppe ipotizzare che qualche imprenditore sano di mente voglia entrare in societa' (sborsando capitali propri) in una gestione portuale come quella del pireo e' fantascienza. Tanto per fornire qualche dato (prego lauro colasanti confermarne o meno la veridicita') lo stipendio medio dei lavoratori portuali del pireo era di oltre 2500 euro al msse tre volte lo stipendio medio greco. Tale stipendio e' stato ridotto dalla cosco (compagnia cinese che per 490 milioni aveva rilevato meta' porto) . E' quindi probabile una forte spinta a ritornare sui livelli stipendiali ante cisco. Altro particolare: chi rimborsa alla cisco i 490 milioni di euro gia' sborsati? E chi rischia proprie energie correndo il rischio di esser cacciato via? Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p...

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Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 11 Febbraio 2015 a 20:52 Giorgio secondo l'articolo che ho riportato la società Cosco Holding , colosso del settore marittimo cinese , avrebbe a suo tempo acquisito una concessione per trentacinque anni per parte del terminal dei container del porto. .Non c'è pertanto da restituire nulla in quanto la concessione rimane in essere. L'attuale privatizzazione riguarderebbe invece la vendita della quota statale del 67% della Piraeus Port Authority. Mi sembra che per la parte dell'inserimento europeo poteva essere interessante. Per il resto senza la conoscenza di un adeguato piano di rilancio , di sviluppo e di valutazione dei ritorni reddituali non mi pronuncio . Certo è che se la Cosco aveva ed ha tanto interesse è possibile anche in Grecia , cambiando approccio , rendere molto interessante la gestione economica di questa struttura. giorgio varaldo ha detto: Giuseppe ipotizzare che qualche imprenditore sano di mente voglia entrare in societa' (sborsando capitali propri) in una gestione portuale come quella del pireo e' fantascienza. Tanto per fornire qualche dato (prego lauro colasanti confermarne o meno la veridicita') lo stipendio medio dei lavoratori portuali del pireo era di oltre 2500 euro al msse tre volte lo stipendio medio greco. Tale stipendio e' stato ridotto dalla cosco (compagnia cinese che per 490 milioni aveva rilevato meta' porto) . E' quindi probabile una forte spinta a ritornare sui livelli stipendiali ante cisco. Altro particolare: chi rimborsa alla cisco i 490 milioni di euro gia' sborsati? E chi rischia proprie energie correndo il rischio di esser cacciato via? Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da giorgio varaldo su 11 Febbraio 2015 a 20:58 Grazie della precisazione . Rimango cmq molto scettico . Raccontava un conoscente con il figlio imbarcato come ufficiale di macchina di uno sciopero del terminale container del pireo nello scorso mese di novembre sciopero che ha paralizzato il porto per due settimane facendo dirottare molte navi su scali alter ativi. Non credo la cisco abbia fatto un gran affare col pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto:

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Giorgio secondo l'articolo che ho riportato la società Cosco Holding , colosso del settore marittimo cinese , avrebbe a suo tempo acquisito una concessione per trentacinque anni dell'utilizzo delle strtture del porto .Non c'è pertanto da restituire nulla in quanto la concessione rimane in essere. L'attuale privatizzazione riguarderebbe invece la vendita della quota statale del 67% della Piraeus Port Authority. Mi sembra che per la parte dell'inserimento europeo poteva essere interessante. Per il resto senza la conoscenza di un adeguato piano di rilancio , di sviluppo e di valutazione dei ritorni reddituali non mi pronuncio . Certo è che se la Cosco aveva ed ha tanto interesse è possibile anche in Grecia , cambiando approccio , rendere molto interessante la gestione economica di questa struttura. giorgio varaldo ha detto: Giuseppe ipotizzare che qualche imprenditore sano di mente voglia entrare in societa' (sborsando capitali propri) in una gestione portuale come quella del pireo e' fantascienza. Tanto per fornire qualche dato (prego lauro colasanti confermarne o meno la veridicita') lo stipendio medio dei lavoratori portuali del pireo era di oltre 2500 euro al msse tre volte lo stipendio medio greco. Tale stipendio e' stato ridotto dalla cosco (compagnia cinese che per 490 milioni aveva rilevato meta' porto) . E' quindi probabile una forte spinta a ritornare sui livelli stipendiali ante cisco. Altro particolare: chi rimborsa alla cisco i 490 milioni di euro gia' sborsati? E chi rischia proprie energie correndo il rischio di esser cacciato via? Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Fabio Colasanti su 11 Febbraio 2015 a 22:40 Giuseppe, che vantaggi ci sono da un'operazione cosi complicata? La maggioranza degli aeroporti e dei porti del mondo sono gestiti da società specializzate. Perché la cosa non dovrebbe funzionare al Pireo? Tra l'altro i cinesi hanno già comprato il porto merci del Pireo qualche anno fa e il traffico è aumentato talmente che i sindacati si sono zittiti. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo

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http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 11 Febbraio 2015 a 22:48 Giampaolo, è molto difficile confrontare i valori monetari su periodi molto lunghi. Ma qualunque sia stato l'andamento "vero" dell'inflazione dal 1953 ad oggi questo ha avuto la stessa influenza sul PIL e sugli altri valori monetari. Esprimere il debito o il suo taglio in proporzione del PIL di un paese è la maniera più affidabile per fare raffronti di tra paesi e priodi diversi. In ogni caso, la differenza tra un taglio dell'11 per cento e uno del 75 per cento è tale che non credo si possa discutere a lungo su quale taglio sia stato più forte. Giampaolo Carboniero ha detto: Il PIL del 1953 è confrontabile, in qualità e grandezza con quello del 2015? Magari potremmo così dire che la quantità di PIL utilizzata dai dominus romani per ogni schiavo era inferiore a quella utilizzata da qualche latifondista confederale nell'800 in America, per cui gli schiavi neri delle piantagioni di cotone stavano meglio di quelli romani. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, non posso che ripetere la domanda che ti facciamo spesso in tanti: leggi i testi degli altri e i documenti ai quali tu posti dei link ? Evidentemente no. La conferenza di Londra ha discusso di una cifra totale di debito che era pari al 22 per cento del PIL della Germania Ovest e lo ha tagliato della metà, quindi dell'11 per cento (l'unificazione tedesca non è di trenta anni fa e la Germania ha pagato l'ultima rata dei suoi debiti nel 2010). Il taglio di 70 miliardi del debito pubblico greco operato tra il 2011 ed il 2012 è stato pari a circa il 25 per cento del PIL greco. Quindi già questa operazione ha avuto un valore doppio di quella del taglio del debito tedesco del 1953. Le riduzioni di tassi di interesse e gli allungamenti di scadenze (le ultime tranches saranno da rimborsare tra 40 anni) equivalgono secondo i calcoli del think tank Bruegel citati nell'articolo che ho postato ad una riduzione del rapporto debito pubblico PIL dal 175 per cento al 118 per cento. Quindi si tratta di una seconda riduzione di circa il 50 per cento del PIL. E siamo quindi ad un taglio cumulato pari a circa il 75 per cento del PIL. Ora si sta discutendo di un'altra riduzione che si aggiungerà alle prime due. Giampaolo Carboniero ha detto: Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 12 Febbraio 2015 a 10:52

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I vantaggi sono sicuramente di carattere politico . Syriza potrebbe valorizzarlo opportunamente come risultato positivo dei negoziati con l'Europa ribadendo le promesse effettuate sull'argomento in campagna elettorale e rafforzando quindi la strada del dialogo con le istituziooni europee. Dal punto di vista tecnico l'operazione è molto più semplice di come l'ho descritta. Si tratterebbe di un semplice lease back. In prima battuta la Grecia vende all'Europa il 67% di sua proprietà delle quote Pireo ricevendone in cambio la decurtazione relativa del debito i . L'Europa quindi vende alla Grecia in leasing della durata trentennale con riscatto finale e tasso fisso dello 0,50% (?). Le regole contabili internazionali non evidenziano l'operazione come debito in bilancio perchè il bene non è ancora nell'attivo. Tutto questo sarebbe bene fosse accompagnato anche dall'autorizzazione al subaffitto e dalla condivisione di un business plan da parte dei due contraenti . La Grecia potrebbe anche decidere di ottenere dei ricavi certi e dei guadagni subafittando la concessione della gestione per x anni a privati ad esempio ecc . Non mi sembra un'operazione complicata ed inoltre sono convinto che l'impatto politico potrebbe essere molto positivo .. Che ne pensi? Chissà se un ipotesi del genere sia stata già valutata nell'ambito dei negoziati . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, che vantaggi ci sono da un'operazione cosi complicata? La maggioranza degli aeroporti e dei porti del mondo sono gestiti da società specializzate. Perché la cosa non dovrebbe funzionare al Pireo? Tra l'altro i cinesi hanno già comprato il porto merci del Pireo qualche anno fa e il traffico è aumentato talmente che i sindacati si sono zittiti. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da giorgio varaldo su 12 Febbraio 2015 a 12:31 Giuseppe le difficolta' maggiori non sono di natura economica bensi'politico-operativa. I moderni scali portuali sono caratterizzati da lavoro su 24 ore sette giorni alla settimana con utilizzo di personale specializzato ed assenza di conflittualita'. E nello scorso novembre e' bastata l'ipotesi di un governo di sinistra per scatenare una serie di scioperi durati oltre due settimane. Ed una nave in sosta e' un costo elevato per le compagnie di trasporto e spedizione. In presenza di situazioni simili si assiste ad una scelta di scali alternativi. Avra' il governo greco la forza di non far da sponda ad una situazione sindacale accesa o cedera' al populismo sindacale ?

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Risposto da Fabio Colasanti su 12 Febbraio 2015 a 13:48 Giuseppe, un prima difficoltà è che non esiste una "Europa" che possa comprare la azioni del Pireo, non c'è un'istituzione che possa comprarle. Ma il problema principale non è finanziario. Il problema è avere un proprietario che faccia funzionare il porto cosi come i cinesi della Cosco stanno facendo funzionare la parte merci del porto del Pireo. Una istituzione europea non ne avrebbe la capacità, cosi come non ce l'ha il governo greco. Serve una società specializzata. PS: Mi sono reso conto, dopo aver scritto questo posto, di aver detto più o meno la stessa cosa detta da Giorgio. Giuseppe Ardizzone ha detto: I vantaggi sono sicuramente di carattere politico . Syriza potrebbe valorizzarlo opportunamente come risultato positivo dei negoziati con l'Europa ribadendo le promesse effettuate sull'argomento in campagna elettorale e rafforzando quindi la strada del dialogo con le istituziooni europee. Dal punto di vista tecnico l'operazione è molto più semplice di come l'ho descritta. Si tratterebbe di un semplice lease back. In prima battuta la Grecia vende all'Europa il 67% di sua proprietà delle quote Pireo ricevendone in cambio la decurtazione relativa del debito i . L'Europa quindi vende alla Grecia in leasing della durata trentennale con riscatto finale e tasso fisso dello 0,50% (?). Le regole contabili internazionali non evidenziano l'operazione come debito in bilancio perchè il bene non è ancora nell'attivo. Tutto questo sarebbe bene fosse accompagnato anche dall'autorizzazione al subaffitto e dalla condivisione di un business plan da parte dei due contraenti . La Grecia potrebbe anche decidere di ottenere dei ricavi certi e dei guadagni subafittando la concessione della gestione per x anni a privati ad esempio ecc . Non mi sembra un'operazione complicata ed inoltre sono convinto che l'impatto politico potrebbe essere molto positivo .. Che ne pensi? Chissà se un ipotesi del genere sia stata già valutata nell'ambito dei negoziati . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, che vantaggi ci sono da un'operazione cosi complicata? La maggioranza degli aeroporti e dei porti del mondo sono gestiti da società specializzate. Perché la cosa non dovrebbe funzionare al Pireo? Tra l'altro i cinesi hanno già comprato il porto merci del Pireo qualche anno fa e il traffico è aumentato talmente che i sindacati si sono zittiti. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fermo restando questo , pensavo che un inserimento europeo in una società ad hoc mista con quello greco e ulteriore capitale privato poteva essere una proposta interessante per mantenere la possibilità ai greci di rimanere nella gestione del Porto , dare le quote in pagamento di parte del debito nei confronti dell'Europa , prefigurare una gestione economica interessante e al limite anche un' ipotesi di opzione di riacquisto in tempi futuri delle quote europee. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la privatizzazione del Pireo è da fare qualunque cosa succeda al debito greco. Le pratiche dei "camalli" al porto di Genova non erano nulla rispetto a quelle che i sindacati hanno imposto al Pireo. Giuseppe Ardizzone ha detto: Tsipras ritorna indietro sulla privatizzazione del Pireo http://www.milanofinanza.it/news/tsipras-fa-retromarcia-la-grecia-p... Si poteva immaginare qualcosa di diverso? Forse si coinvolgendo a decurtazione del debito i paesi europei in quote societarie insieme allo Stato greco.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 12 Febbraio 2015 a 18:45

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Passo! Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, è molto difficile confrontare i valori monetari su periodi molto lunghi. Ma qualunque sia stato l'andamento "vero" dell'inflazione dal 1953 ad oggi questo ha avuto la stessa influenza sul PIL e sugli altri valori monetari. Esprimere il debito o il suo taglio in proporzione del PIL di un paese è la maniera più affidabile per fare raffronti di tra paesi e priodi diversi. In ogni caso, la differenza tra un taglio dell'11 per cento e uno del 75 per cento è tale che non credo si possa discutere a lungo su quale taglio sia stato più forte. Giampaolo Carboniero ha detto: Il PIL del 1953 è confrontabile, in qualità e grandezza con quello del 2015? Magari potremmo così dire che la quantità di PIL utilizzata dai dominus romani per ogni schiavo era inferiore a quella utilizzata da qualche latifondista confederale nell'800 in America, per cui gli schiavi neri delle piantagioni di cotone stavano meglio di quelli romani. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, non posso che ripetere la domanda che ti facciamo spesso in tanti: leggi i testi degli altri e i documenti ai quali tu posti dei link ? Evidentemente no. La conferenza di Londra ha discusso di una cifra totale di debito che era pari al 22 per cento del PIL della Germania Ovest e lo ha tagliato della metà, quindi dell'11 per cento (l'unificazione tedesca non è di trenta anni fa e la Germania ha pagato l'ultima rata dei suoi debiti nel 2010). Il taglio di 70 miliardi del debito pubblico greco operato tra il 2011 ed il 2012 è stato pari a circa il 25 per cento del PIL greco. Quindi già questa operazione ha avuto un valore doppio di quella del taglio del debito tedesco del 1953. Le riduzioni di tassi di interesse e gli allungamenti di scadenze (le ultime tranches saranno da rimborsare tra 40 anni) equivalgono secondo i calcoli del think tank Bruegel citati nell'articolo che ho postato ad una riduzione del rapporto debito pubblico PIL dal 175 per cento al 118 per cento. Quindi si tratta di una seconda riduzione di circa il 50 per cento del PIL. E siamo quindi ad un taglio cumulato pari a circa il 75 per cento del PIL. Ora si sta discutendo di un'altra riduzione che si aggiungerà alle prime due. Giampaolo Carboniero ha detto: Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, il confronto non l'ho introdotto io. Ho postato i dati proprio per far vedere come il confronto abbia poco senso. Il legame tra le due operazioni lo ha creato un certo Alexis Tsipras ! Giampaolo Carboniero ha detto: Che razza di confronti sono? Quali erano i debiti medi dei paesi dell'epoca e quelli attuali? Quale sarebbe ora il valore attuale di quel debito? Le diverse potenzialità economiche? Il taglio del debito all'epoca consentì alla Germania di ricostruire la propria economia, ma non c'era il mercato globalizzato e ogni paese aveva la propria valuta; il debito non fu tagliato a tranches, ma in un unico colpo e il resto dilazionato in trent'anni: http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_sui_debiti_esteri_germanici

Risposto da Fabio Colasanti su 12 Febbraio 2015 a 18:56 Giampaolo, puoi "passare" quanto vuoi, ma hai sostenuto una corbelleria enorme e spero che tu te ne renda conto. I tuoi pregiudizi sembra ti impediscano di vedere i fatti : 11 per cento del PIl sarebbe più del 75 per cento per il fatto che si tratterebbe del PIl di anni molto lontani tra loro ! ! !

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Giampaolo Carboniero ha detto: Passo! Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, è molto difficile confrontare i valori monetari su periodi molto lunghi. Ma qualunque sia stato l'andamento "vero" dell'inflazione dal 1953 ad oggi questo ha avuto la stessa influenza sul PIL e sugli altri valori monetari. Esprimere il debito o il suo taglio in proporzione del PIL di un paese è la maniera più affidabile per fare raffronti di tra paesi e priodi diversi. In ogni caso, la differenza tra un taglio dell'11 per cento e uno del 75 per cento è tale che non credo si possa discutere a lungo su quale taglio sia stato più forte. Giampaolo Carboniero ha detto: Il PIL del 1953 è confrontabile, in qualità e grandezza con quello del 2015? Magari potremmo così dire che la quantità di PIL utilizzata dai dominus romani per ogni schiavo era inferiore a quella utilizzata da qualche latifondista confederale nell'800 in America, per cui gli schiavi neri delle piantagioni di cotone stavano meglio di quelli romani. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, non posso che ripetere la domanda che ti facciamo spesso in tanti: leggi i testi degli altri e i documenti ai quali tu posti dei link ? Evidentemente no. La conferenza di Londra ha discusso di una cifra totale di debito che era pari al 22 per cento del PIL della Germania Ovest e lo ha tagliato della metà, quindi dell'11 per cento (l'unificazione tedesca non è di trenta anni fa e la Germania ha pagato l'ultima rata dei suoi debiti nel 2010). Il taglio di 70 miliardi del debito pubblico greco operato tra il 2011 ed il 2012 è stato pari a circa il 25 per cento del PIL greco. Quindi già questa operazione ha avuto un valore doppio di quella del taglio del debito tedesco del 1953. Le riduzioni di tassi di interesse e gli allungamenti di scadenze (le ultime tranches saranno da rimborsare tra 40 anni) equivalgono secondo i calcoli del think tank Bruegel citati nell'articolo che ho postato ad una riduzione del rapporto debito pubblico PIL dal 175 per cento al 118 per cento. Quindi si tratta di una seconda riduzione di circa il 50 per cento del PIL. E siamo quindi ad un taglio cumulato pari a circa il 75 per cento del PIL. Ora si sta discutendo di un'altra riduzione che si aggiungerà alle prime due. Giampaolo Carboniero ha detto: Infatti l'aiuto per la Germania è stato molto più grande, se pensi che il residuo debito l'ha dovuto pagare in trent'anni dalla sua unificazione, non dagli anni '50.

Risposto da Fabio Colasanti su 13 Febbraio 2015 a 13:04 Forse si comincia discutere. Intanto la Grecia ha avuto un prestito supplementare di 5 miliardi dalla BCE. http://www.eunews.it/2015/02/12/intesa-tsipras-dijsselbloem-al-via-... La Grecia ha detto che non vuole più parlare con la troika. Intanto ci sarà una riunione tra esperti greci e rappresentanti della Commissione europea, della BCE e del FMI .... ma non è la "troika". Vacci a capire qualcosa. There has been incremental progress. Tsipras and Jeroen Dijsselbloem agreed on a technical team to look into the possiblity of a compromise ahead of Monday's eurogroup meeting. This was progress, as that option had been ruled out the night before. Now, Giorgos Houliarakisk, the head of the council of economic advisers in Greece, is today due to meet with Declan Costello of the European Commission, the ECB's Klaus Masuch, Thomas Wieser of Euro Working Group and Rishi Goyal from the IMF. They will go over the reforms that the Greek government is ready to accept and those it wants to scrap. Dijsselbloem cautioned against high hopes, saying a political agreement on Monday would be difficult to find. E i problemi dal lato fiscale continuano. The Greek government also said on Thursday that tax revenues were 20.3% below target, writes the FT, which is a shortfall of €933m.

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Riprendo poi un tema che avevo sviluppato in una risposta a Maria Teresa nella discussione Europa: il deterioramento sensibile nelle relazioni intraeuropee e l'animosità crescente degli uni verso gli altri e di come le dichiarazioni ostili degli uni, accrescano l'ostilità degli altri. Sono molto preoccupato da questa escalation. La campagna elettorale di Syriza è stata fortemente dominata da prese di posizione contro la Germania presentata come il solo responsabile dei mali della Grecia. Dopo le elezioni, l'atteggiamento anti tedesco è continuato. Questo ha creato una reazione fortissima in Germania che avevo spiegato nel mio testo per Maria Teresa. Oggi ho trovato questo commento in un bollettino di analisi. The German papers are currently as hostile towards Greece as we have ever witnessed. The commentary is usually of the kind that demands that the government must not relent one bit. The consensus there seems to be that there can only be agreement if Athens caves in on virtually all positions. Agreement on Monday is, of course, still possible, but quite a lot will have to happen until then, not only at the technical level but, more importantly, politically. We cannot see Greece accepting anything that compels it to accept the existing programme. Syriza's election victory was about ending this programme.

Risposto da Ezio Ferrero su 13 Febbraio 2015 a 15:17 In effetti mettere un dito in un occhio ai tuoi creditori e contemporaneamente pretendere che accettino dilazioni di pagamento, rinegoziazione di accordi, ulteriori diminuzione degli interessi non sembra una strategia negoziale brillantissima. Si sarà gasato dopo aver visto la Brigata Kalimera :) Fabio Colasanti ha detto: Forse si comincia discutere. Intanto la Grecia ha avuto un prestito supplementare di 5 miliardi dalla BCE. http://www.eunews.it/2015/02/12/intesa-tsipras-dijsselbloem-al-via-... La Grecia ha detto che non vuole più parlare con la troika. Intanto ci sarà una riunione tra esperti greci e rappresentanti della Commissione europea, della BCE e del FMI .... ma non è la "troika". Vacci a capire qualcosa. There has been incremental progress. Tsipras and Jeroen Dijsselbloem agreed on a technical team to look into the possiblity of a compromise ahead of Monday's eurogroup meeting. This was progress, as that option had been ruled out the night before. Now, Giorgos Houliarakisk, the head of the council of economic advisers in Greece, is today due to meet with Declan Costello of the European Commission, the ECB's Klaus Masuch, Thomas Wieser of Euro Working Group and Rishi Goyal from the IMF. They will go over the reforms that the Greek government is ready to accept and those it wants to scrap. Dijsselbloem cautioned against high hopes, saying a political agreement on Monday would be difficult to find. E i problemi dal lato fiscale continuano. The Greek government also said on Thursday that tax revenues were 20.3% below target, writes the FT, which is a shortfall of €933m. Riprendo poi un tema che avevo sviluppato in una risposta a Maria Teresa nella discussione Europa: il deterioramento sensibile nelle relazioni intraeuropee e l'animosità crescente degli uni verso gli altri e di come le dichiarazioni ostili degli uni, accrescano l'ostilità degli altri. Sono molto preoccupato da questa escalation. La campagna elettorale di Syriza è stata fortemente dominata da prese di posizione contro la Germania presentata come il solo responsabile dei mali della Grecia. Dopo le elezioni, l'atteggiamento anti tedesco è continuato. Questo ha creato una reazione fortissima in Germania che avevo spiegato nel mio testo per Maria Teresa. Oggi ho trovato questo commento in un bollettino di analisi. The German papers are currently as hostile towards Greece as we have ever witnessed. The commentary is usually of the kind that demands that the government must not relent one bit. The consensus there seems to be that there can only be agreement if Athens caves in on virtually all positions. Agreement on Monday is, of course, still possible, but quite a lot will have to happen until then, not only at the technical level but, more importantly, politically. We cannot see Greece accepting anything that compels it to accept the existing programme. Syriza's election victory was about ending this programme.

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Risposto da Fabio Colasanti su 14 Febbraio 2015 a 11:41 Questo è apparso sul giornale di Syriza. Lunedì si discuterà delle domande greche all'Eurogruppo, con la partecipazione di Wolfgang Schäuble. Ogni partecipante avrà questa caricatura tra le sue carte. A chi andrà la simpatia dei partecipanti alla riunione? E' pensabile si possano fare grossi passi avanti? La vignetta in stile nazi indigna Berlino

L’aquila nera, l’uniforme della Wehrmacht, Wolfgang Schäuble in versione nazista: «Insistiamo a fare sapone con il vostro grasso, stiamo discutendo dei fertilizzanti ottenuti dalle vostre ceneri». La caricatura del ministro delle Finanze di Berlino pubblicata su I Avgi (L’alba), il quotidiano della sinistra radicale greca al governo, tocca il nervo scoperto della sensibilità tedesca. «Vile — commenta il portavoce di Schäuble —, sostengo la libertà d’espressione ma il disegnatore dovrebbe vergognarsi». Il vignettista Tassos Anastassiou dice alla comunità ebraica ferita dal paragone con l’Olocausto: «Volevo sottolineare come l’idea che gli Untermenschen , gli esseri inferiori, possano essere trattati con brutalità dagli ariani non appartenga al passato». Non è la prima volta che il giornale (1.800 copie) ricorre all’iconografia nazista per raffigurare i tedeschi identificati con il verbo dell’austerità, in un meccanismo di amplificazione delle contrapposizioni che mescola dolori del presente e tragedie di un passato elaborato a fatica. Schäuble è il solo esponente del governo Merkel nato nel conflitto (1942), difensore convinto dell’Europa unita figlia della guerra. Maria Serena Natale

Risposto da Giampaolo Carboniero su 14 Febbraio 2015 a 18:02 Cioè, per aver sufficiente credibilità, il governo dovrebbe censurare la libertà di stampa? Sono questi i parametri su cui i governanti devono ragionare? Stiamo freschi! Così si da' ragione al metodo utilizzato dai terroristi, perchè basterebbe qualche vignetta blasfema o irritante per sabotare qualunque trattato o trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Questo è apparso sul giornale di Syriza. Lunedì si discuterà delle domande greche all'Eurogruppo, con la partecipazione di Wolfgang Schäuble. Ogni partecipante avrà questa caricatura tra le sue carte. A chi andrà la simpatia dei partecipanti alla riunione? E' pensabile si possano fare grossi passi avanti?

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La vignetta in stile nazi indigna Berlino L’aquila nera, l’uniforme della Wehrmacht, Wolfgang Schäuble in versione nazista: «Insistiamo a fare sapone con il vostro grasso, stiamo discutendo dei fertilizzanti ottenuti dalle vostre ceneri». La caricatura del ministro delle Finanze di Berlino pubblicata su I Avgi (L’alba), il quotidiano della sinistra radicale greca al governo, tocca il nervo scoperto della sensibilità tedesca. «Vile — commenta il portavoce di Schäuble —, sostengo la libertà d’espressione ma il disegnatore dovrebbe vergognarsi». Il vignettista Tassos Anastassiou dice alla comunità ebraica ferita dal paragone con l’Olocausto: «Volevo sottolineare come l’idea che gli Untermenschen , gli esseri inferiori, possano essere trattati con brutalità dagli ariani non appartenga al passato». Non è la prima volta che il giornale (1.800 copie) ricorre all’iconografia nazista per raffigurare i tedeschi identificati con il verbo dell’austerità, in un meccanismo di amplificazione delle contrapposizioni che mescola dolori del presente e tragedie di un passato elaborato a fatica. Schäuble è il solo esponente del governo Merkel nato nel conflitto (1942), difensore convinto dell’Europa unita figlia della guerra. Maria Serena Natale

Risposto da Fabio Colasanti su 14 Febbraio 2015 a 18:27 Giampaolo, l'unica spiegazione che trovo a tanti tuoi interventi incomprensibili e che tu non legga completamente gli interventi ai quali tu . E questa è l'interpretazione caritatevole. Qui la libertà di stampa non c'entra nulla. La vignetta è apparsa sul giornale di Syriza, sul giornale del governo ! Non posso sapere cosa sia successo e cosa stia succedendo. Da un lato, posso pensare che la vignetta sia stata pubblicata senza pensarci troppo, che Alexis Tsipras stesso sia furioso e che abbia chiamato il direttore del suo giornale facendogli una lavata di testa furiosa, che lo cacci e che prima dell'eurogruppo chieda pubblicamente scusa. Dall'altro lato, può anche essere successo che la redazione del giornale abbia discusso se pubblicare o no la vignetta, che abbia verificato con qualcuno nel partito e che quindi la cosa sia il risultato di una sciagurata scelta deliberata. In ogni caso, l'impressione che si ricava è quella di una conferma di quello che parecchie persone hanno già scritto. La strategia di Syriza è di continuare a mettere le dita negli occhi dei partner europei, di non ottenere nulla perché questi saranno sempre più irritati, e di andare avanti così per qualche settimana. A questo punto Syriza potrà cercare di giustificare il non mettere in opera il loro programma elettorale (che tutti sanno essere assolutamente irrealizzabile nel suo insieme) con l'atteggiamento di chiusura dei partner europei. Cercheranno di dire: "Volevamo fare certe cose, ma non ce l'hanno permesso i cattivi europei". Il problema è che questa strategia "elettorale" di Syriza - che per il momento sembra funzionare; i greci si stanno rendendo conto di non ottenere nulla, ma apprezzano "il sussulto di dignità" mostrato da Syriza - rischia di avere un prezzo altissimo per la futura coesione dell'Unione europea. Due-tre mesi ancora di questo muro contro muro e poi potremo fare una croce finale su ogni approfondimento dell'integrazione per una buona decina d'anni (cosa probabile in ogni caso, visto il problema britannico del quale al momento si parla meno).

Risposto da Fabio Colasanti su 14 Febbraio 2015 a 18:55 Laura, l'articolo è del maggio 2012. Nel 2010 si è deciso di intervenire prestando tanti miliardi alla Grecia perché li utilizzasse per rimborsare i titoli in scadenza. Avevamo paura che il non rimborso dei titoli scatenasse una serie di fallimenti a catena delle banche con conseguenze tremende e che questo facesse schizzare verso l'alto i tassi di interesse sui titoli di altri paesi in difficoltà ("contagio"). Nel 2011, la situazione si è stabilizzata un poco e, nella famosa riunione di Deauville, Sarkozy e Merkel decisero che il settore privato poteva partecipare allo sforzo (Private Sector Involvement), eufemismo per dire che si poteva lasciare la Grecia fare un default parziale. La cosa fu fatta con il non rimborso e la cancellazione di 70 miliardi di titoli del debito greco. Ci fu un certo "contagio" (che ci portò quasi al fallimento e alla sostituzione di Berlusconi con Monti).

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Nel 2012, ci fu l'adozione, nel vertice del 30 giugno, di un documento con un piano abbastanza completo per il rafforzamento dell'unione monetaria (il documento di Van Rompuy, Draghi, Barroso e Junker). Questa decisione creò le condizioni politiche per la dichiarazione del mese di luglio di Mario Draghi "The BCE will do whatever it takes to save the euro. And, believe me, it will be enough". Nel 2013 e 2014 si è dato seguito – purtroppo in maniera incompleta – alle indicazioni del documento del 30 giugno. In particolare si sono fissate delle regole molto più severe per il coinvolgimento non solo degli azionisti delle banche, ma anche di chi ha prestato alle banche forti somme (Senior bond holders) all'interno di una cifra pari all'8 per cento dell'esposizione delle banche. Per far fronte ad eventuali crisi le banche hanno oggi il loro capitale e l'8 per cento della loro esposizione delle somme ricevute in prestito (i depositi fino a 100mila euro sono sempre garantiti). Oggi siamo quindi in una situazione molto più solida e l'uscita della Grecia dall'euro sarebbe – per il resto dell'Europa – un problema politico, ma non un grande problema economico. Per la Grecia sarebbe probabilmente anche un dramma economico. Il fatto che la situazione sia cambiata in maniera così radicale dal maggio del 2012 ad oggi è una prova di quanto si sia fatto in Europa in un periodo relativamente breve (e di come questo non venga affatto riconosciuto). laura sgaravatto ha detto: Der Spiegel 2012 http://www.giornalettismo.com/archives/307224/quanto-ci-costa-la-gr... Risposte a questa discussione

Risposto da Giampaolo Carboniero su 14 Febbraio 2015 a 23:40 Un esempio di come la stampa ( del governo?) influenza la pubblica opinione e le politiche dei governi. I tedeschi?, meglio, certi tedeschi, evidentemente hanno la memoria corta, sarebbe interessante poterli individuare: Bundesbank, dx, grandi imprese, mezzi informativi collegati e controllati, mi verrebbe da dire. laura sgaravatto ha detto: Der Spiegel 2012 http://www.giornalettismo.com/archives/307224/quanto-ci-costa-la-gr...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 14 Febbraio 2015 a 23:41 Sicuramente è stata pubblicata su ordine diretto diTsipras, contento? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, l'unica spiegazione che trovo a tanti tuoi interventi incomprensibili e che tu non legga completamente gli interventi ai quali tu . E questa è l'interpretazione caritatevole. Qui la libertà di stampa non c'entra nulla. La vignetta è apparsa sul giornale di Syriza, sul giornale del governo ! Non posso sapere cosa sia successo e cosa stia succedendo. Da un lato, posso pensare che la vignetta sia stata pubblicata senza pensarci troppo, che Alexis Tsipras stesso sia furioso e che abbia chiamato il direttore del suo giornale facendogli una lavata di testa furiosa, che lo cacci e che prima dell'eurogruppo chieda pubblicamente scusa. Dall'altro lato, può anche essere successo che la redazione del giornale abbia discusso se pubblicare o no la vignetta, che abbia verificato con qualcuno nel partito e che quindi la cosa sia il risultato di una sciagurata scelta deliberata. In ogni caso, l'impressione che si ricava è quella di una conferma di quello che parecchie persone hanno già scritto. La strategia di Syriza è di continuare a mettere le dita negli occhi dei partner europei, di non ottenere nulla perché questi saranno sempre più irritati, e di andare avanti così per qualche settimana. A questo punto Syriza potrà cercare di giustificare il non mettere in opera il loro programma elettorale (che tutti sanno essere assolutamente irrealizzabile nel suo insieme) con l'atteggiamento di chiusura dei partner europei. Cercheranno di dire: "Volevamo fare certe cose, ma non ce l'hanno permesso i cattivi europei". Il problema è che questa strategia "elettorale" di Syriza - che per il momento sembra funzionare; i greci si stanno rendendo conto di non ottenere nulla, ma apprezzano "il sussulto di

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dignità" mostrato da Syriza - rischia di avere un prezzo altissimo per la futura coesione dell'Unione europea. Due-tre mesi ancora di questo muro contro muro e poi potremo fare una croce finale su ogni approfondimento dell'integrazione per una buona decina d'anni (cosa probabile in ogni caso, visto il problema britannico del quale al momento si parla meno).

Risposto da Fabio Colasanti su 15 Febbraio 2015 a 0:23 La libertà di espressione è un bene prezioso che va difeso anche quando le idee espresse non hanno senso. Questo vale anche per questo Circolo .... Giampaolo Carboniero ha detto: Un esempio di come la stampa ( del governo?) influenza la pubblica opinione e le politiche dei governi. I tedeschi?, meglio, certi tedeschi, evidentemente hanno la memoria corta, sarebbe interessante poterli individuare: Bundesbank, dx, grandi imprese, mezzi informativi collegati e controllati, mi verrebbe da dire. laura sgaravatto ha detto: Der Spiegel 2012 http://www.giornalettismo.com/archives/307224/quanto-ci-costa-la-gr...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 15 Febbraio 2015 a 0:33 Grazie della concessione. Fabio Colasanti ha detto: La libertà di espressione è un bene prezioso che va difeso anche quando le idee espresse non hanno senso. Questo vale anche per questo Circolo .... Giampaolo Carboniero ha detto: Un esempio di come la stampa ( del governo?) influenza la pubblica opinione e le politiche dei governi. I tedeschi?, meglio, certi tedeschi, evidentemente hanno la memoria corta, sarebbe interessante poterli individuare: Bundesbank, dx, grandi imprese, mezzi informativi collegati e controllati, mi verrebbe da dire. laura sgaravatto ha detto: Der Spiegel 2012 http://www.giornalettismo.com/archives/307224/quanto-ci-costa-la-gr...

Risposto da Fabio Colasanti su 15 Febbraio 2015 a 0:49 Un commento del direttore del think tank Bruegel. Mi sembra una ragionevole proposta di compromesso. A new start for Greece - essential elements of a deal By Guntram B. Wolff on 11th February 2015 Greece's new government under prime minister Alexis Tsipras – in power for not even two weeks – has had a rollercoaster ride. In the face of crisis, it has exercised brinkmanship. It unilaterally declared that it would not respect the agreement between Greece's previous government and the country's creditors, and would increase government spending and be insolvent at the same time. The response has been predictable: the rest of the euro area and in particular the European Central Bank and Germany, felt blackmailed and called its bluff. The ECB made access to ECB liquidity more difficult for Greek banks, while Merkel’s administration has signalled that a Greek exit from the euro area is considered manageable.

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Arguably, this was a necessary but insufficient response. It was necessary, because a monetary system cannot function credibly if a small part of the union can hold the core of the system to ransom. A country cannot unilaterally decide to increase expenditure at the expense of other parts of the union and hope to receive ECB funding for it. It can also not unilaterally refute agreements between its previous government and the European partners. However, the response has so far been insufficient. The new Greek government has been voted into office with a strong mandate to change course both with domestic economic policy and in terms of relationships with its partners. Ignoring this vote is not an option. Greeks need a realistic perspective that their daily lives will improve. This perspective cannot be the result of gambling, unilateral action or blackmail. Instead, it needs to be the result of serious domestic action and an agreement between the partners of the Eurogroup. So what are the essential elements of a deal? First, the new Greek government must get serious with its promises to address the domestic problems. As the new finance minister put it eloquently at the press conference in Berlin, the fight against tax evasion and corruption is crucial and was not properly prioritised by the previous government. A concrete plan and its successful implementation would provide a huge boost to the credibility to the new government – both at home and abroad. The second element is a programme to meet Greece's funding needs in the next couple of months. Such a programme is necessary because otherwise the Greek government will not be in a position to repay the International Monetary Fund and the ECB in due time nor cover for all expenditures. It is also necessary to close the revenue gap that has opened up in the last few months because of a collapse in tax payments. Greece will have to fulfil conditions to get this programme or else stay within its budget constraint. However, the conditions could come without a formal Troika. Third, the partners will need to discuss the requested primary surplus. A much lower primary surplus would increase the burden on taxpayers elsewhere. But a primary surplus of more than 4% is unrealistic. At the same time, the social situation is appalling in some parts of Greece and other crisis countries. The EU could therefore agree on a dedicated programme to alleviate social hardship where most needed. Fourth, the debt burden needs attention. Greece currently does not pay much interest on its debt. The 2 percent of GDP interest payment compares with 1.8 percent in Germany and 2.3 percent in France. This low current interest burden is only possible because official creditors have allowed Greece an eight year respite before interest becomes payable. It is thus not possible to reduce the burden of the debt on the current Greek budget. It is possible, however, to remove the uncertainty of the repayment of Greece's debt mountain of 175 percent of GDP. In a positive baseline scenario, Greece will be able to successful overcome its structural weaknesses, growth would pick up and the debt-to-GDP ratio would fall thanks to an increasing GDP level. Yet, GDP could grow less. This uncertainty itself is a burden for Greece because investors shy away from countries whose solvency is uncertain. A solution would be to index the official loans to the development of GDP. The finance ministers of euro-area countries should seriously consider this. It would not only remove a major uncertainty for Greece. It would also remove a major uncertainty for all of Europe. A deal may still be possible but the Greek side will have to move most.

Risposto da Fabio Colasanti su 15 Febbraio 2015 a 19:47 Un commento del direttore di un altro think tank di Bruxelles,il CEPS. Ricorda una cosa che troppe persone hanno dimnticato. Se i paesi europei non fossero intervenuti facendo prestiti alla Grecia, il paese sarebbe andato in "default" immediatamente. Questo avrebbe significato l'impossibilità di raccogliere un solo euro sul mercato. Questo avrebbe significato passare da un disavanzo del 15.6 per cento del 2009 a zero nel 2010. Questo avrebbe implicato un aggiustamento molto, ma molto più feroce di quello imposto dai creditori. Immaginate cosa avrebbe significato questo taglio di queste dimensioni, quendo da noi si sono fatti scioperi generali per tagli di unpunto diPIL. Nel 2010, 2011 e 2012 la Grecia ha avuto disavanzi dell'11.1, 10.1 e 8.6 per cento del PIL. Questi disavanzi sono stati finanziati con i prestiti dei paesi dell'eurozona e del FMI. Se gli odiati "creditori" (che secondo alcuni commentatori fuori dal mondo sarebbero colpevoli di aver prestato troppi soldi alla Grecia) non fossero intervenuti, le spese pubbliche greche avrebbero dovuto essere tagliate di altri undici punti di PIL nel 2010, di altri dieci punti di PIL nel

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2011 e di quasi nove nel 2012. Cosa sarebbe successo alla spesa sociale e allo stesso stato greco senza l'aiuto dei creditori? Nella retorica di questi ultimi anni si è dimenticato questo punto di partenza assolutamente ovvio. Ma chi non è obnubilato dai pregiudizi queste cose non le dimentica. In tanti paesi europei le decisioni sui prestiti hanno fatto l'oggetto di grosse discussioni nei parlamenti (da noi no, perché che volete mai che siano 40 miliardi di fronte al "volemosi bene"?). I governi hanno fatto valere che i soldi servivano per evitare un default (che avrebbe danneggiato anche noi), ma anche per far sopravvire lo stato e la società greca. Questi argomenti non sono stati dimenticati. Immaginate poi quando la decisione di aiutare provoca vignette vergognose come quella che ho postato del giornale di Syriza ! The Greek Austerity Myth Daniel Gros (CEPS) - 10 February 2015 Since the victory of the anti-austerity Syriza party in Greece’s recent general election, the ‘Greek problem’ is again preoccupying markets and policy-makers throughout Europe. Some fear a return to the uncertainty of 2012, when many thought that a Greek default and exit from the eurozone were imminent. Then as now, many worry that a Greek debt crisis could destabilise – and perhaps even bring down – Europe’s monetary union. But this time really is different. One critical difference lies in economic fundamentals. Over the last two years, the eurozone’s other peripheral countries have proven their capacity for adjustment, by reducing their fiscal deficits, expanding exports, and moving to current-account surpluses, thereby negating the need for financing. Indeed, Greece is the only one that has consistently dragged its feet on reforms and sustained abysmal export performance. Providing an additional shield to the peripheral countries is the European Central Bank’s plan to begin purchasing sovereign bonds. Although the German government does not officially support quantitative easing, it should be grateful to the ECB for calming financial markets. Now Germany can take a tough stance on the new Greek government’s demands for a largescale debt write-off and an end to austerity, without fearing the kind of financial-market turbulence that in 2012 left the eurozone with little choice but to bail out Greece. In fact, both of the Greek government’s demands are based on a misunderstanding. For starters, Syriza and others argue that Greece’s public debt, at a massive 170% of GDP, is unsustainable and must be cut. Given that the country’s official debt constitutes the bulk of its overall public debt, the government wants it reduced. In fact, Greece’s official creditors have granted it long enough grace periods and low enough interest rates that the burden is bearable. Greece actually spends less on debt service than Italy or Ireland, both of which have much lower (gross) debt-to-GDP ratios. With payments on Greece’s official foreign debt amounting to only 1.5% of GDP, debt service is not the country’s problem. The relatively low debt-service cost also removes the justification for Syriza’s demands for an end to austerity. The last bailout programme from the ‘troika’ (the International Monetary Fund, the ECB and the European Commission), initiated in 2010, foresees a primary budget surplus (which excludes interest payments) of 4% of GDP this year. That would be slightly more than is needed to cover interest payments, and would thus allow Greece finally to begin to reduce its debt. The new Greek government’s argument that this is an unreasonable target fails to withstand scrutiny. After all, when faced with excessively high debt, other European Union member states – including Belgium (from 1995), Ireland (from 1991) and Norway (from 1999) – maintained similar surpluses for at least 10 years each, typically in the aftermath of a financial crisis. Even Greece itself was able to run a primary surplus of over 4% of GDP during the last half of the 1990s (see ECB, 2011). If the country was willing to accept these surpluses when preparing for EMU, one should be able to assume that the same policy should be acceptable as the price of staying in the euro. To be sure, one can reasonably argue that austerity in the eurozone has been excessive, and that fiscal deficits should have been much larger to sustain demand. But only governments with access to market finance can use expansionary fiscal policy to boost demand. For Greece, higher spending would have to be financed by lending from one or more official institutions. For the same reason, it is disingenuous to claim that the troika forced Greece into excessive austerity. Had Greece not received financial support in 2010, it would have had to cut its fiscal deficit from more than 10% of GDP to zero immediately. By financing continued deficits until 2013, the troika actually enabled Greece to delay austerity.

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Of course, Greece is not the first country to request emergency financing to delay budget cuts, and then complain that the cuts are excessive once the worst is over. This typically happens when the government runs a primary surplus. When the government can finance its current spending through taxes – and might even be able to increase expenditure, if it does not have to pay interest – the temptation to renege on debt intensifies. It was widely anticipated that Greece would be tempted to follow this route when the troika programme was initiated. Last year, the new Greek finance minister, Yanis Varoufakis, confirmed the prediction, arguing that a primary surplus would give Greece the upper hand in any negotiations on debt restructuring, because it could just suspend repayments to the troika, without incurring any financing problems. That approach would be a mistake. The practical problem for Greece now is not the sustainability of a debt that matures in 20-to-30 years and carries very low interest rates; the real issue is the few payments to the IMF and the ECB that fall due this year – payments that the new government has promised to make. But, to follow through on this promise (and hire more employees), Greece will need more financial support from its eurozone partners. Moreover, the country’s financial system will need continuing support from the ECB. In other words, Greece’s new government must now try to convince its European partners that it deserves more financial support, while pushing for a reduction of its existing debt and resisting the austerity policies on which previous lending was conditioned. For Syriza and itsvoters, the political honeymoon could be short.

Risposto da giorgio varaldo su 15 Febbraio 2015 a 23:34 sandra come scrittrice di storia ucronica harry turtledove te lo mangeresti in un solo boccone Sandra Del Fabro ha detto: immagina il default non di uno ma di più Stati, non credi che questo, se avvenisse nel cuore del mondo occidentale,farebbe cadere come un castello di carte il sistema economico su cui si regge. Direi di smettere di interpretare il mondo in Stati virtuosi e in Stati sporcaccioni e colpevoli, direi di andare a vedere come funziona il Risiko nel suo complesso

Risposto da Arturo Hermann su 15 Febbraio 2015 a 23:55 La realtà è che tutti i principali paesi sono indebitati fino al collo, a livello pubblico e privato, al fine di sostenere la domanda aggregata. Cioè, anche se guadagni poco, devi consumare e quindi ti indebiti e se non paghi la banca centrale ripianerà le perdite delle banche con un semplice tratto di penna. L'importante è farlo con discrezione, per non scatenare appetiti e quindi tendenze inflazionistiche.

Risposto da giorgio varaldo su 16 Febbraio 2015 a 0:05 sandra posta pure cosa ti pare magari anche topolino tanto la autorevolezza di cosa posti non cambia ma almeno topolino è di più gradevole lettura

Risposto da giorgio varaldo su 16 Febbraio 2015 a 0:16 arturo io non ho grande preparazione teorica riguardo all'economia ma penso di saper far di conto ed anche benino, pertanto la domanda è sempre la solita: aiutare la grecia quanto mi costa? sino ad ora il giochino di dare capitali alla grecia ad interesse più basso di quello da noi pagato per reperirli ci è costato circa 670 euro a crapa.

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ok così è stato e ormai questi soldi li paghiamo - o almeno paghiamo gli interessi noi contribuenti per almeno altri 40 anni ma se questo governo mi fa pagare altri soldi da regalare alla grecia renzi o non renzi il mio voto se lo scorda. e presumo non solo il mio. Arturo Hermann ha detto: La realtà è che tutti i principali paesi sono indebitati fino al collo, a livello pubblico e privato, al fine di sostenere la domanda aggregata. Cioè, anche se guadagni poco, devi consumare e quindi ti indebiti e se non paghi la banca centrale ripianerà le perdite delle banche con un semplice tratto di penna. L'importante è farlo con discrezione, per non scatenare appetiti e quindi tendenze inflazionistiche.

Risposto da Fabio Colasanti su 16 Febbraio 2015 a 0:31 Sandra, anche tu non leggi i testi degli altri. Ho spiegato varie volte che la Grecia ha già fatto default per 70 miliardi nel 2011. Questo ha provocato un attacco brutto di febbre che ha portato in Italia alla crisi con la sostituzione di Berlusconi con Monti e le misure d'urgenza prese da quest'ultimo. La febbre è stata forte, ma non c'è stato nessun caso letale. Nel 2012 e 2013 sono state prese tante misure in più che ho già spiegato mille volte. Quindi un nuovo default della Grecia non avrebbe nessuna conseguenza. Oltre a tutto - l'avevo già spiegato, ma lo ripeto ancora una volta - la Grecia ha sulmercato solo circa 50 miliardi di titoli. Quindi un default oggi sarebbee quantitativamente più piccolo di quello del 2011. Il grosso del debito della Grecia è con i governi. Se la Grecia non lo paga, lo paghiamo tu ed io. Non c'è quindi nessun castello di carte che possa cadere. Sandra Del Fabro ha detto: immagina il default non di uno ma di più Stati, non credi che questo, se avvenisse nel cuore del mondo occidentale,farebbe cadere come un castello di carte il sistema economico su cui si regge. Direi di smettere di interpretare il mondo in Stati virtuosi e in Stati sporcaccioni e colpevoli, direi di andare a vedere come funziona il Risiko nel suo complesso

Risposto da Fabio Colasanti su 16 Febbraio 2015 a 0:34 Sandra, ho spiegato queste cose mille volte. Non posso riscrivere le stesse cose mille volte. Quello che dice la Treccani è giusto, ma non in nulla quello che ho scritto tante volte. Sandra Del Fabro ha detto: Per Fabio (a Giorgio non vale la pena di rispondere, spero sia più efficace nel Comitato) riporto un'analisi approfondita sulle cause della crisi dell'Euro zona dalla Treccani soprattutto dal PUNTO IN CUI C'E' SCRITTO :Contrariamente all’opinione comunemente diffusa, la crisi del debito sovrano dei paesi europei non nasce dal debito pubblico che, anzi, riferito all’intera z. e., ha mostrato una tendenziale riduzione fino al 2007 (fig. 2), ma dall’eccessivo indebitamento di famiglie, imprese e banche... ( ... ) Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 16 Febbraio 2015 a 0:37 Arturo, quello che scrivi è grave perché da l'impressione che il debito pubblico non abbia importanza visto che la banca centrale potrebbe "monetizzare" tutto. Sai benissimo che è sbagliato. Se fosse come tu racconti perché avremmo oltre duemila miliardi di debito pubblico? Perché pagheremmo oltre quattro punti di PIL di interessi sul debito publico?

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Arturo Hermann ha detto: La realtà è che tutti i principali paesi sono indebitati fino al collo, a livello pubblico e privato, al fine di sostenere la domanda aggregata. Cioè, anche se guadagni poco, devi consumare e quindi ti indebiti e se non paghi la banca centrale ripianerà le perdite delle banche con un semplice tratto di penna. L'importante è farlo con discrezione, per non scatenare appetiti e quindi tendenze inflazionistiche.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 16 Febbraio 2015 a 0:46 Però paghi tranquillamente, nonostante Renzi, per le inefficienze di tante regioni, ad es. nel comparto sanità; se a livello europeo non si comincia a considerare gli altri stati alla stessa stregua di come si considerano e si trattano oggi le nostre regioni, non c'è più Europa, indipendentemente che ciò sia un bene o un male. giorgio varaldo ha detto: arturo io non ho grande preparazione teorica riguardo all'economia ma penso di saper far di conto ed anche benino, pertanto la domanda è sempre la solita: aiutare la grecia quanto mi costa? sino ad ora il giochino di dare capitali alla grecia ad interesse più basso di quello da noi pagato per reperirli ci è costato circa 670 euro a crapa. ok così è stato e ormai questi soldi li paghiamo - o almeno paghiamo gli interessi noi contribuenti per almeno altri 40 anni ma se questo governo mi fa pagare altri soldi da regalare alla grecia renzi o non renzi il mio voto se lo scorda. e presumo non solo il mio. Arturo Hermann ha detto: La realtà è che tutti i principali paesi sono indebitati fino al collo, a livello pubblico e privato, al fine di sostenere la domanda aggregata. Cioè, anche se guadagni poco, devi consumare e quindi ti indebiti e se non paghi la banca centrale ripianerà le perdite delle banche con un semplice tratto di penna. L'importante è farlo con discrezione, per non scatenare appetiti e quindi tendenze inflazionistiche.

Risposto da giorgio varaldo su 16 Febbraio 2015 a 0:59 giusta osservazione giampaolo pago e sostengo il governo renzi in quanto sta facendo le riforme quindi si potranno re le situazioni da te riportate. riguardo al pagare per la grecia ammetto che la fretta e la sintesi ha reso solo parzialmente chiaro il pensiero ovvio che se tsipras da il via alle riforme che permettano alla grecia di non andare in default un ulteriore aiuto può e deve concretizzarsi. ma se le riforme sono quelle annunciate di aumenti salariali riassunzione del personale e stop alle privatizzazioni la grecia puà andare in malora e da parte mia non ho intenzione di scucire un solo centesimo certo che inizia a far pagare le tasse far pagare l'elettricità a tutti ridurre le spese della difesa almeno a livello nostro nulla osta a dare ulteriori aiuti Giampaolo Carboniero ha detto: Però paghi tranquillamente, nonostante Renzi, per le inefficienze di tante regioni, ad es. nel comparto sanità; se a livello europeo non si comincia a considerare gli altri stati alla stessa stregua di come si considerano e si trattano oggi le nostre regioni, non c'è più Europa, indipendentemente che ciò sia un bene o un male. giorgio varaldo ha detto: arturo io non ho grande preparazione teorica riguardo all'economia ma penso di saper far di conto ed anche benino, pertanto la domanda è sempre la solita: aiutare la grecia quanto mi costa? sino ad ora il giochino di dare capitali alla grecia ad interesse più basso di quello da noi pagato per reperirli ci è costato circa 670 euro a crapa. ok così è stato e ormai questi soldi li paghiamo - o almeno paghiamo gli interessi noi contribuenti per almeno altri 40 anni ma se questo governo mi fa pagare altri soldi da regalare alla grecia renzi o non renzi il mio voto se lo scorda. e presumo non solo il mio.

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Arturo Hermann ha detto: La realtà è che tutti i principali paesi sono indebitati fino al collo, a livello pubblico e privato, al fine di sostenere la domanda aggregata. Cioè, anche se guadagni poco, devi consumare e quindi ti indebiti e se non paghi la banca centrale ripianerà le perdite delle banche con un semplice tratto di penna. L'importante è farlo con discrezione, per non scatenare appetiti e quindi tendenze inflazionistiche.

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 1:28 Sandra, il primo punto del testo della Treccani che tu citi dice: Contrariamente all’opinione comunemente diffusa, la crisi del debito sovrano dei paesi europei non nasce dal debito pubblico che, anzi, riferito all’intera z. e., ha mostrato una tendenziale riduzione fino al 2007, ma dall’eccessivo indebitamento di famiglie, imprese e banche... La frase generale è abbastanza corretta quando dice che la crisi non nasce dal debito pubblico se la si prende per l'insieme dei paesi in difficoltà. In effetti, in Irlanda, Spagna e, in misura minore, in Portogallo, Italia e Grecia, l'origine è nell'indebitamento del settore privato. Soprattutto in Irlanda e Spagna ci sono state due grosse bolle immobiliari. Se per quattro paesi l'analisi è assolutamente corretta, rimane il fatto che nel caso della Grecia c'è stata anche una origine nelle finanze pubbliche provate dall'aumento delle spesa pubblica del 50 per cento tra il 2004 ed il 2009, dal disavanzo di bilancio che ha raggiunto il 15 per cento del PIL nel 2009 mentre il rapporto debito pubblico/PIL aveva raggiunto più del 130 per cento. Ripeto la frase è abbastanza corretta perché è vera per quattro paesi su cinque. Ma la frase è corretta anche perché dice che la crisi non nasce dal settore pubblico. Ma la crisi si è poi trasferita sul settore pubblico in tutti i paesi. Irlanda e Spagna, la prima in maniera avventata, hanno preso a loro carico la ricapitalizzazione delle banche, il disavanzo dell'Irlanda ha raggiunto il 32.4 per cento del PIL nel 2010. L'Irlanda, il Portogallo e la Grecia hanno dovuto ricorrere all'aiuto europeo perché non erano più in grado di vendere titoli sul mercato dei capitali. Non c'è alcun dubbio che la crisi, indipendentemente dalla sua origine è poi diventata una crisi delle finanze pubbliche. La Spagna ha avuto bisogno di aiuti europei perché non era in grado di ricapitalizzare le sue banche. Nel 2009 la Spagna aveva una situazione delle finanze pubbliche migliore di quella tedesca, ma dopo l'inizio della crisi e con il bisogno di ricapitalizzare le banche anche questo paese si è ritrovato nell'impossibilità di raccogliere i fondi necessari sul mercato dei capitali e ha dovuto chiedere l'aiuto degli altri paesi europei. L'Italia ha avuto un aumento dell'indebitamento privato meno grave di quello di altri paesi e non aveva deteriorato lee sue finanze pubbliche immediatamente prima della crisi, ma quando c'è stato il contagio venuto dal taglio del debito greco (il default per 70 miliardi del 2011) si è trovata anche lei in una situazione molto grave con tassi di interesse sui titoli dieci anni allivello insostenibile del sette e mezzo per cento. Ne siamo usciti al prezzo delle misure draconiane prese dal governo Monti. Capisci ora perché dico che il testo della Treccani è "sostanzialmente" corretto, ma non cambia nulla in quello che tutti sostengono sulla crisi delle finanze pubbliche di tanti paesi dell'eurozona? Quando troverò il tempo commenterò anche il resto del testo.

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 1:49 Sandra; il testo della Treccani che hai citato continua: In seguito al fallimento della Lehman Brothers la z. e. viene travolta facendo emergere le contraddizioni latenti, insite in un processo di integrazione incompleto, che sono state la causa diretta della forza e della differenziazione con cui la crisi ha colpito i diversi paesi. A partire dalla nascita della moneta comune nel 1999, infatti, i mercati finanziari (investitori istituzionali, banche d’affari, fondi di investimento), hanno creduto, a torto, che il livello di rischio finanziario dei paesi del Sud Europa e dell’Irlanda fosse divenuto lo stesso della Germania, senza tenere conto degli elementi di debolezza di queste economie, e hanno concesso prestiti a un tasso quasi uguale a quello tedesco. In effetti, dal 1999 al 2008 il differenziale di rendimento dei titoli di Stato dei principali paesi europei, misurato dallospread rispetto al Bund tedesco, è risultato quasi nullo e, nel corso di tutti questi anni, i paesi della z. e. hanno

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potuto godere dei benefici degli eurobond. L’abbassamento dei tassi di interesse ha provocato pertanto un’esplosione dei consumi privati (in particolare delle famiglie), e un conseguente aumento del livello di indebitamento del settore privato e dello Stato. I salari sono cresciuti, soprattutto nei paesi del Sud dell’Europa ma anche in Irlanda, e nella stessa Francia, ma non in Germania, che dalla fine degli anni Novanta ha messo in atto una politica di deflazione salariale finalizzata ad accrescere la competitività delle esportazioni rispetto agli altri paesi partner della z. euro. Questa situazione a sua volta si è riflessa in un surplus permanente della bilancia tedesca delle partite correnti a partire dal 2002, reso possibile proprio dall’espansione commerciale tedesca nei paesi periferici della z. e., che ha trovato il suo riflesso speculare nel disavanzo delle partite correnti delle economie europee più deboli. Questo testo riflette fedelmente quello che è successo. Questo testo dice quello che tanti – e anch'io – hanno/abbiamo detto tante volte. Ma questo testo non cerca di analizzare le ragioni di questi sviluppi e le responsabilità politiche del non aver sfruttato le occasionic he si sono presentate. L'abbassamente dei tassi di interesse per i paesi del sud Europa era previsto e desiderato. Ho ricordato mille volte che i pagamenti per interessi sul debito pubblico italiano sono passati dai 116 miliardi di euro del 1996 ai 67 miliardi del 2005; un risparmio di 49 miliardi all'anno. Al tempo stesso volevamo tutti questa riduzione dei tassi di interessi per rilanciare gli investimenti delle nostre imprese e modernizzare le nostre strutture di produzione. Grazie all'unione monetaria le nostre imprese potevano indebitarsi quasi alle stesse condizioni di quelle tedesche! Avevamo raggiunto quasi integralmente l'obiettivo che ci eravamo dati. Ma mentre paesi responsabili come il Belgio hanno utilizzato la riduzione dei tassi di interesse sul debito pubblico per avere bilanci in avanzo e cominciare a ridurre il loro debito pubblico, noi abbiamo utilizzato i risparmi sul pagamento degli interessi per aumentare la spesa corrente. La stessa cosa è successa per gli investimenti privati. Tutti i governi avevano gli strumenti per bloccare sul nascere la creazione di bolle immobiliari (tassazione sui mutui, manovra delle regole sui mutui per renderli meno generosi, limiti alle licenze edilizie e tanti altri). Ma quasi tutti i governi hanno preferito la strada facile del permettere la creazione di bolle immobiliari che facevano "crescita" immediata. Cosa è stato fatto per aiutare le imprese a modernizzarsi? Cosa è stato fatto per orientare questi capitali a basso costo verso gli investimenti industriali ? Poco o nulla. Abbiamo avuto esattamente gli sviluppi che avevamo voluto: risparmio che finalmente dal nord Europa è venuto verso il sud Europa e abbiamo sprecato questa possibilità. Al tempo stesso, tutti i paesi che poi sono finiti in difficoltà hanno permesso che i loro costi salariali aumentassero più di quelli del resto dell'eurozona. Questo ha portato ad una perdita di competitività delle loro esportazioni ed all'accumularsi di un avanzo di bilancia dei pagamenti della Germania e degli altri paesi del nord Europa che avevano invece controllato meglio l'andamento dei loro costi del lavoro. Di chi è la colpa di questa situazione? Come vedi il testo della Treccani descrive cose che sono successe, ma non cerca di spiegarle, ne di analizzarne le cause. Quando lo si fa si arriva alle conclusioni che tutte le organizzazioni internazionali e tutti gli osservatori ripetono da anni (e che io ho scritto tante volte in questo circolo).

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 2:02 Sandra, infine il testo della Treccani dice: Sebbene gli oppositori dell’euro trovino proprio nella moneta unica l’origine della recessione di diversi paesi europei, che è continuata anche negli anni 2011 e 2012 (fig. 1), in realtà le cause sono da individuare nell’esatto contrario, ossia nelle divergenze strutturali delle economie della z. e. e nella dicotomia creatasi tra una fascia di paesi più forti del nord Europa e i paesi 'periferici', i paesi che si collocano nell’Europa del Sud i (i cosiddetti PIIGS, e cioè Portogallo, Italia, Grecia, Spagna e, successivamente, anche Irlanda). Anche questo è giustissimo. I tedeschi ci avevano ripetuto per anni che non era nel nostro interesse entrare nell'unione monetaria perché non saremmo stati in grado di sopportarne la disciplina. Ma noi invece eravamo convinti che saremmo riusciti a modernizzare la nostra economia, a controllare l'andamento dei costi salariali e a tenere le finanze pubbliche sotto controllo. Per raggiungere questi obiettivi contavamo proprio sui capitali a basso

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costo che sarebbero venuti dal nord Europa e sulla presa di coscienza nel nostro paese della necessità di cambiare politica. Il Belgio, al momento di entrare nell'unione monetaria si è dotato di una legge che ha obbligato il aese ad avere ogni anno un dibattito pubblico sull'andamento della sua competitività.. Noi invece abbiamo ignorato il problema e ci siamo svegliati quando avevamo perso oltre il 15 per cento della nostra competitività rispetto all'insieme dei nostri trenta partner commerciali più importanti. Non siamo risuciti a fare quello che volevamo. Cicale eravamo e cicale siamo restati. Come vedi il testo della Treccani è corretto e non cambia nulla nell'analisi di quello che è sucesso nell'eurozona negli ultimi anni. Jean-Claude Junker ha presentato un'analisi della situazione economica al Consiglio europeo di giovedì scorso. Posterò la nota nei prossimi giorni, ma ha ridetto quello che tutte le organizzazioni internazionali hanno detto per tanti anni.

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 14:36 Una stima dei bisogni della Grecia nei prossimi mesi. http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-02-17/un-terzo-bailout-al...

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 17:39 Sandra, ma come fai a rggiungere un'interpretazione cosi sbagliata. Tutti i paesi decidono di controllare l'aumento dei costi del lavoro; la Germania lo fa veramente e gli altri no. E' questo sarebbe colpa della Germania !?!? Dove c'entra la mancanza di integrazione europea? Nel fatto che nessuno abbia impedito all'Italia di lasciare aumentare i suoi costi del lavoro più degli altri? Ma in quale forma di integrazione europea perfino la politica salariale sarebbe decisa centralmente? Pensa poi che all'inizio dell'unione monetaria la Germania aveva un disavanzo di bilancia dei pagamenti e l'Italia un avanzo. La Germania ha fatto il necessario per correggere la sua posizione. La Germania ha fatto quello che tutti le raccomandavano di fare. Spagna, Grecia, Portogallo e Italia hanno invece fatto il contrario di quello che dovevano fare. E questo sarebbe colpa della Germania? La riduzione dei tassi di interesse era una delle cose che tutti volevamo dall'unione monetaria. La possibilità per le nostre imprese di indebitarsi agli stessi tassi di quelle tedesche ! La possibilità di pagare meno sui titoli del nostro debito pubblico. E questo tu lo presenti (guarda "come ha agito la finanza in Europa") come se fosse qualcosa che fosse stato fatto a svantaggio dei paesi del sud !!!! Ma in che mondo siamo? Sandra Del Fabro ha detto: Fabio ho letto benissimo: qui vedi come una mancata integrazione europea ha permesso alla Germania di avvantaggiarsi sulle altre nazioni: Germania, che dalla fine degli anni Novanta ha messo in atto una politica di deflazione salariale finalizzata ad accrescere la competitività delle esportazioni rispetto agli altri paesi partner della z. euro...Questa situazione a sua volta si è riflessa in un surplus permanente della bilancia tedesca delle partite correnti a partire dal 2002, reso possibile proprio dall’espansione commerciale tedesca nei paesi periferici della z. e., che ha trovato il suo riflesso speculare nel disavanzo delle partite correnti delle economie europee più deboli Qui leggi come la finanza ha agito in Europa: ...l’eccessivo indebitamento di famiglie, imprese e banche reso possibile dalla diminuzione dei tassi di interesse al momento del loro ingresso nell’unione monetaria. A partire dalla nascita della moneta comune nel 1999, infatti, i mercati finanziari (investitori istituzionali, banche d’affari, fondi di investimento), hanno creduto, a torto, che il livello di rischio finanziario dei paesi del Sud Europa e dell’Irlanda fosse divenuto lo stesso della Germania, senza tenere conto degli elementi di debolezza di queste economie, e hanno concesso prestiti a un tasso quasi uguale a quello tedesco. Ci sta anche il debito statale greco se leggi:L’abbassamento dei tassi di interesse ha provocato pertanto un’esplosione dei consumi privati (in particolare delle famiglie), e un conseguente aumento del livello di indebitamento del settore privato e dello Stato. I salari sono cresciuti... Quindi mettiamo da parte inutili accuse e ragioniamo su un'altra Europa

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Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 17:51 Sandra, gli stessi tassi di interesse era uno dei cardini dell'unione monetaria. E quello che abbiamo fortemente voluto dall'unione monetaria. La Germania non ha mai voluto l'unione monetaria, si è battuta in tutte le maniere contro l'unione monetaria e contro l'abbandono del marco tedesco. La Germania non voleva che l'Italia facesse parte dell'unione monetaria perché pensava che non riuscisse a seguirne la disciplina. La Germania non ha voluto che la Grecia facesse parte dell'unione monetaria per gli stessi motivi. L'Italia è entrata nell'Unione monetaria solo dopo due anni di forti sforzi diplomatici del governo Prodi. L'unione monetaria ci ha offerto esattamente quello che volevamo e quello che era previsto succedesse. Di chi è la colpa se la nostra politica economica non ha fatto il necessario? Se non abbiamo utilizzato la riduzione del peso degli interessi per ridurre il disavanzo pubblico, per fare gli investimenti produttivi, per riorganizzare la nostra industria, per far si che gli aumenti salariali non fossero più forti dell'aumento della produttività? Pensi che sia colpa dei finlandesi o degli austriaci? Dire che sarebbe colpa di una mancanza di integrazione non ha senso. Ma quando mai avremo un'integrazione di questo tipo di politiche? Mai e poi mai. Non è nemmeno pensabile un'integrazione dove tutto sia nelle mani di un governo centrale. Nemmeno il governo degli Stati Uniti o della Germania federale ha questi poteri. Sandra Del Fabro ha detto: Secondo la Treccani è stato un errore esigere gli stessi tassi di interesse in tutte le zone d'Europa. Poi che siano state le stesse banche o le speculazioni finanziarie o il ventennio berlusconiano corrotto a impedire che i bassi tassi d'interesse si applicassero al rinnovamento industriale e agli investimenti puliti, di chi è la colpa, degli abitanti della Grecia, dei popoli, di noi tutti? Pensi che gli operai avrebbero dovuto dire: pagateci meno? La gente non avrebbe dovuto infatuarsi di Berlusconi o di un altro capo di governo? Sì certo, ma allora andiamo in una ricerca di cause senza fine, perciò inutile. Invece la Germania virtuosa fin che vuoi si è avvantaggiata di questo. Non è una colpa, se vuoi, no, non lo è ma una dimostrazione di una Europa non integrata, non ancora integrata, cioè non ancora dotata di strumenti che favoriscano una crescita equilibrata delle sue nazioni Fabio Colasanti ha detto: Sandra; il testo della Treccani che hai citato continua: In seguito al fallimento della Lehman Brothers la z. e. viene travolta facendo emergere le contraddizioni latenti, insite in un processo di integrazione incompleto, che sono state la causa diretta della forza e della differenziazione con cui la crisi ha colpito i diversi paesi. A partire dalla nascita della moneta comune nel 1999, infatti, i mercati finanziari (investitori istituzionali, banche d’affari, fondi di investimento), hanno creduto, a torto, che il livello di rischio finanziario dei paesi del Sud Europa e dell’Irlanda fosse divenuto lo stesso della Germania, senza tenere conto degli elementi di debolezza di queste economie, e hanno concesso prestiti a un tasso quasi uguale a quello tedesco. In effetti, dal 1999 al 2008 il differenziale di rendimento dei titoli di Stato dei principali paesi europei, misurato dallo spreadrispetto al Bund tedesco, è risultato quasi nullo e, nel corso di tutti questi anni, i paesi della z. e. hanno potuto godere dei benefici degli eurobond. L’abbassamento dei tassi di interesse ha provocato pertanto un’esplosione dei consumi privati (in particolare delle famiglie), e un conseguente aumento del livello di indebitamento del settore privato e dello Stato. I salari sono cresciuti, soprattutto nei paesi del Sud dell’Europa ma anche in Irlanda, e nella stessa Francia, ma non in Germania, che dalla fine degli anni Novanta ha messo in atto una politica di deflazione salariale finalizzata ad accrescere la competitività delle esportazioni rispetto agli altri paesi partner della z. euro. Questa situazione a sua volta si è riflessa in un surplus permanente della bilancia tedesca delle partite correnti a partire dal 2002, reso possibile proprio dall’espansione commerciale tedesca nei paesi periferici della z. e., che ha trovato il suo riflesso speculare nel disavanzo delle partite correnti delle economie europee più deboli. Questo testo riflette fedelmente quello che è successo. Questo testo dice quello che tanti – e anch'io – hanno/abbiamo detto tante volte. Ma questo testo non cerca di analizzare le ragioni di questi sviluppi e le responsabilità politiche del non aver sfruttato le occasionic he si sono presentate. L'abbassamente dei tassi di interesse per i paesi del sud Europa era previsto e desiderato. Ho ricordato mille volte che i pagamenti per interessi sul debito pubblico italiano sono passati dai 116 miliardi di euro del 1996 ai 67 miliardi del 2005; un risparmio di 49 miliardi all'anno.

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Al tempo stesso volevamo tutti questa riduzione dei tassi di interessi per rilanciare gli investimenti delle nostre imprese e modernizzare le nostre strutture di produzione. Grazie all'unione monetaria le nostre imprese potevano indebitarsi quasi alle stesse condizioni di quelle tedesche! Avevamo raggiunto quasi integralmente l'obiettivo che ci eravamo dati. Ma mentre paesi responsabili come il Belgio hanno utilizzato la riduzione dei tassi di interesse sul debito pubblico per avere bilanci in avanzo e cominciare a ridurre il loro debito pubblico, noi abbiamo utilizzato i risparmi sul pagamento degli interessi per aumentare la spesa corrente. La stessa cosa è successa per gli investimenti privati. Tutti i governi avevano gli strumenti per bloccare sul nascere la creazione di bolle immobiliari (tassazione sui mutui, manovra delle regole sui mutui per renderli meno generosi, limiti alle licenze edilizie e tanti altri). Ma quasi tutti i governi hanno preferito la strada facile del permettere la creazione di bolle immobiliari che facevano "crescita" immediata. Cosa è stato fatto per aiutare le imprese a modernizzarsi? Cosa è stato fatto per orientare questi capitali a basso costo verso gli investimenti industriali ? Poco o nulla. Abbiamo avuto esattamente gli sviluppi che avevamo voluto: risparmio che finalmente dal nord Europa è venuto verso il sud Europa e abbiamo sprecato questa possibilità. Al tempo stesso, tutti i paesi che poi sono finiti in difficoltà hanno permesso che i loro costi salariali aumentassero più di quelli del resto dell'eurozona. Questo ha portato ad una perdita di competitività delle loro esportazioni ed all'accumularsi di un avanzo di bilancia dei pagamenti della Germania e degli altri paesi del nord Europa che avevano invece controllato meglio l'andamento dei loro costi del lavoro. Di chi è la colpa di questa situazione? Come vedi il testo della Treccani descrive cose che sono successe, ma non cerca di spiegarle, ne di analizzarne le cause. Quando lo si fa si arriva alle conclusioni che tutte le organizzazioni internazionali e tutti gli osservatori ripetono da anni (e che io ho scritto tante volte in questo circolo).

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 17:56 Sandra, è un'affermazione a vanvera. Ci sono tante colpe delle banche (e tante nuove misure sono state prese dopo la crisi del 2008), ma il sistema bancario non c'entra gran ché con quello che è successo in Europa nei primi anni del decennio scorso. Quello che è successo era quello che volevamo. L'avvicinamento delle condizioni monetarie in Europa è andato forse più rapidamente del previsto nella direzione dell'unificazione delle condizioni monetarie. Ma a suo tempo ne siamo stati tutti estremament contenti. Non c'è un solo governo che si sia lamentato. Hai mai sentito un governo dire che i tassi di interesse erano troppo bassi? Hai mai sentito un leader politico dire che la BCE avrebbe dovuto rendere la politica monetari più restrittiva. Qualcuno l'ha detto in Germania (ed è stato acusato di essere un reazionario), ma nessuno da noi Sandra Del Fabro ha detto: Aggiungo, Fabio, che una causa troppo sottovalutata delle crisi e del rischio default di cui parliamo sono il sistema bancario e finanziario che sfuggono a regolazioni, agiscono come robot ciechi spinti solo dal loro programma interno

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 18:09 Sandra, non ci sarà mai, nemmeno tra duecento anni un'unione europea dove la politica salariale sia determinata centralmente. In quasi tutti gli stati è una competenza settoriale e locale. Potremmo forse avere un'autorità centrale per i bilanci pubblici, ma quello che deciderebbe ti farebbe orrore, sarebbe quanto di più diverso da quello che vuoi tu. Anche la politica industriale sarà sempre decisa a livello nazionale all'interno delle regole comuni sulla concorrenza (oggi e già competenza regionale in molti stati federali, per esmepio in Belgio). Non possiamo rigettare sugli altri la responsabilità dei nostri errori. Questo è quello che tanti - a cominciare dai greci -devono capire. E' infantile questo continuo andare a cercare un responsabile esterno di quelli che sono solo nostri errori, errori fatti in cose che erano nostra reponsabilità, errori fatti spesso perché non abbiamo voluto riconoscere

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l'importanza di certi vincoli economici (necessità di tenere gli aumenti salariali nei limiti degli aumenti di produttività, necessità di tenere il tasso d'inflazione nei limiti della media europea, necessità di tenere le finanze pubbliche in ordine). Sandra Del Fabro ha detto: Ho scritto: Non è una colpa, se vuoi, no, non lo è ma una dimostrazione di una Europa non integrata, non ancora integrata, cioè non ancora dotata di strumenti che favoriscano una crescita equilibrata delle sue nazioni Quanto all'integrazione la intendo nel senso espresso da altri amici del Circolo come Giuseppe Ardizzone. Infatti progetti di sviluppo economico e sociale comuni avrebbero impedito gli squilibri in cui qualcuno ha guadagnato e altri no.(deflazione salariale finalizzata ad accrescere la competitività delle esportazioni rispetto agli altri paesi partner della z. euro...Questa situazione a sua volta si è riflessa in un surplus permanente della bilancia tedesca delle partite correnti a partire dal 2002, reso possibile proprio dall’espansione commerciale tedesca nei paesi periferici della z. e., che ha trovato il suo riflesso speculare nel disavanzo delle partite correnti delle economie europee più deboli) Spero tu non voglia qui negare ciò che tutti sanno e cioè che non esistono regolamentazioni nell'ambito della finanza globale come ha dimostrato l'ultima grande crisi del 2008 citata anche dalla Treccani tra gli antecedenti della crisi europea Quanto al dare "colpe" non so a cosa serva, non sapendo neanche a chi rivolgerle, al popolo che elegge i governanti o ai governanti stessi , ma poi a cosa serve dare colpe se non a parlarsi addosso per non cambiare nulla? Fabio Colasanti ha detto: Sandra, ma come fai a rggiungere un'interpretazione cosi sbagliata. Tutti i paesi decidono di controllare l'aumento dei costi del lavoro; la Germania lo fa veramente e gli altri no. E' questo sarebbe colpa della Germania !?!? Dove c'entra la mancanza di integrazione europea? Nel fatto che nessuno abbia impedito all'Italia di lasciare aumentare i suoi costi del lavoro più degli altri? Ma in quale forma di integrazione europea perfino la politica salariale sarebbe decisa centralmente? Pensa poi che all'inizio dell'unione monetaria la Germania aveva un disavanzo di bilancia dei pagamenti e l'Italia un avanzo. La Germania ha fatto il necessario per correggere la sua posizione. La Germania ha fatto quello che tutti le raccomandavano di fare. Spagna, Grecia, Portogallo e Italia hanno invece fatto il contrario di quello che dovevano fare. E questo sarebbe colpa della Germania? La riduzione dei tassi di interesse era una delle cose che tutti volevamo dall'unione monetaria. La possibilità per le nostre imprese di indebitarsi agli stessi tassi di quelle tedesche ! La possibilità di pagare meno sui titoli del nostro debito pubblico. E questo tu lo presenti "guarda "come ha agito la finanza in Europa") come se fosse qualcosa che fosse stato fatto a svantaggio dei paesi del sud !!!! Ma in che mondo siamo? Sandra Del Fabro ha detto: Fabio ho letto benissimo: qui vedi come una mancata integrazione europea ha permesso alla Germania di avvantaggiarsi sulle altre nazioni: Germania, che dalla fine degli anni Novanta ha messo in atto una politica di deflazione salariale finalizzata ad accrescere la competitività delle esportazioni rispetto agli altri paesi partner della z. euro...Questa situazione a sua volta si è riflessa in un surplus permanente della bilancia tedesca delle partite correnti a partire dal 2002, reso possibile proprio dall’espansione commerciale tedesca nei paesi periferici della z. e., che ha trovato il suo riflesso speculare nel disavanzo delle partite correnti delle economie europee più deboli Qui leggi come la finanza ha agito in Europa: ...l’eccessivo indebitamento di famiglie, imprese e banche reso possibile dalla diminuzione dei tassi di interesse al momento del loro ingresso nell’unione monetaria. A partire dalla nascita della moneta comune nel 1999, infatti, i mercati finanziari (investitori istituzionali, banche d’affari, fondi di investimento), hanno creduto, a torto, che il livello di rischio finanziario dei paesi del Sud Europa e dell’Irlanda fosse divenuto lo stesso della Germania, senza tenere conto degli elementi di debolezza di queste economie, e hanno concesso prestiti a un tasso quasi uguale a quello tedesco. Ci sta anche il debito statale greco se leggi:L’abbassamento dei tassi di interesse ha provocato pertanto un’esplosione dei consumi privati (in particolare delle famiglie), e un conseguente aumento del livello di indebitamento del settore privato e dello Stato. I salari sono cresciuti... Quindi mettiamo da parte inutili accuse e ragioniamo su un'altra Europa

Risposto da Giampaolo Carboniero su 17 Febbraio 2015 a 20:16

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L'esposizione italiana verso il debito greco pare essere di c.ca 40 Mld.; prima della cris era di c.ca 2 Mld.; ma qui è intervenuto il gioco delle tre carte: noi anbbiamo finanziato la Grecia attraverso la BCE, però quei soldi non sono andati ai greci, se non in minima parte,il resto è stato utilizzato per rimborsare i debiti della Grecia verso le banche francesi e tedesche: http://www.ilsole24ore.com/art/english-version/2015-02-17/germany-s... Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 17 Febbraio 2015 a 22:52 Ieri alla riunione dell'eurogruppo (ministri delle finanze della zona euro) Wolfgang Schäuble ha avuto manifestazioni di simpatia da parte di tutti i ministri per l'oltraggiosa vignetta pubblicata dal giornale di Syriza. Cosa importante, Yanis Varoufakis si è scusato a lungo di persona con Schäuble e, apparentemente, in maniera molto sentita. La riunione non ha comunque dato nulla di concreto ed è stata un muro contro muro. Non era nata sulle basi migliori.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 0:06 Sandra, poni una domanda difficile, ma provo a rispondere lo stesso per il caso greco. Per me, l'ottanta per cento almeno della responsabilità è dei governi greci. Le loro principali colpe sono state le seguenti: a) avevano la possibilità di influenzare il tasso di inflazione e la politica salariale e non l'hanno fatto. b) il governo Karamanlis ha permesso che la perdita di competitività portasse ad un disavanzo di bilancia dei pagamenti che nel 2009 ha superato il quindici per cento del PIL. c) i governi greci dal 2000 al 2009 non hanno fatto quasi nulla per rendere l'economia greca più efficiente e dinamica; non hanno fatto nulla per introdurre un po' di concorrenza e hanno permesso il formarsi di posizione corporative che hanno contribuito alle tendenze inflazionistiche in Grecia. d) i governi di questi anni hanno continuato a gestire l'amministrazione pubblica con un atteggiamento di rapina e lottizzando ogni posto di responsabilità piccola o grande. e) il governo Karamanlis (2004-2009) ha avuto una politica di bilancio criminale con un aumento della spesa pubblica del 50 per cento tra il 2004 ed il 2009, l'assunzione di centomila dipendenti pubblici tra gli stessi anni (come se il governo italiano ne avesse assunti seicentomila). Il risultato è stato un disavanzo del 2009 pari al 15.6 per cento del PIL e un rapporto debito pubblico/Pil che ha superato il 130 per cento. Infine, si è reso respnsabile di un'operazione disonesta truccando le cifre per il 2009 (rese poi pubbliche dal governo Papandreu). f) I governi Papandreu e Samaras sono stati responsabili di una politica iniqua che ha tartassato i piccoli e ha protetto i grossi contribuenti. I creditori hanno insistito su dei tagli di bilancio, ma la loro ripartizione è stata decisa dai governi Papandreu e Samaras. I creditori hanno solo chiesto che i tagli fossero permanenti, ossia con effetto per tutti gli anni a venire e non fossero semplici rinvi di spesa come spesso il governo greco chiedeva. Un venti per cento della responsabilità va forse alle diverse autorità europee suddiviso tra queste voci principali: a) il non aver gridato sui tetti che la Grecia stava andando contro un muro. Nei rapporti di tante organizzazioni c'erano mille messe in guardia sui rischi che l'economia greca stava correndo, ma è mancato un presidente della Commissione e dei leader europei di primo livello che avessero il coraggio di trasformare queste analisi in messaggi politici per l'opinione pubblica greca. Qui ha anche giocato il colore politico: la Merkel, Sarkosy e Barroso erano tutti della stessa famiglia politica di Karamanlis e non hanno voluto fare uno sgarbo ad un amico. Ma, ad essere onesti, non hanno nemmeno strillato per i tanti rischi che la Spagna di Zapatero stava correndo e Zapatero non era del loro stesso colore politico. Il problema è che la cultura politica predominante parte dalla preminenza degli stati naizonali e dalla non ingerenza – salvo in casi rarissimi – negli affari politici interni di un paese. b) ci sono delle responsabilità della Commissione europea e dei governi di alcuni paesi europei a non aver messo in opera politiche di riequilibrio più "simmetriche". Così come i paesi in disavanzo di bilancia dei pagamenti ed in situazioni precarie delle finanze pubbliche non avevano altra scelta che tagliare i disavanzi, altrettanto i paesi con avanzo di bilancia dei pagamenti e margini di manovra di bilancio dovevano sostenere la crescita. L'effetto di questo riequilibrio sull'economia greca sarebbe stato trascurabile, ma lo sforzo comunque doveva essere fatto. Il prezzo è stato pagato soprattutto in termini di crescita meno dinamica di quanto sarebbe stato possibile per tutta l'economia dell'eurozona.

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c) le decisioni che sono state prese dopo lo scoppio della crisi per rinforzare l'unione monetaria (unione bancaria, fondo salva-stati) sono state prese lentamente e in gran parte non sono ancora completamente applicate. L'unione bancaria è ancora insufficiente in vari campi (per esempio garanzia sui depositi bancari ancora a livello nazionale). Nel complesso l'economia dell'eurozona può oggi resistere meglio ad una nuova crisi, ma si poteva e doveva fare molto di più. Rimane un punto molto importante, ma sul quale il giudizio è molto difficile. Personalmente sono ora convinto che sarebbe stato meglio lasciare fallire la Grecia e intervenire subito dopo per aiutare il governo greco a pagare pensioni, stipendi e a finanziare le sue altre funzioni essenziali. Molte banche europee sarebbero state sul punto di fallire, ma il loro salvataggio sarebbe stato responsabilità dei governi nazionali. Il costo totale dell'intervento sarebbe stato lo stesso, o forse anche più alto, ma politicamente sarebbe stato molto più facile da gestire. I greci si sarebbero resi conto di essersi messi in una posizione impossibile e sarebbero stati grati per l'aiuto ricevuto per pagare stipendi, pensioni e altro. I governi tedesco, francese, italiano, spagnolo avrebbero dovuto tirare fuori decine e decine di miliardi per aiutare le loro banche a far fronte alle perdite sui titoli greci, ma politicamente la cosa sarebbe stata più facile perché gli aiuti sarebbero stati percepiti come aiuti interni. Ma nel 2010 avevo paura anch'io che lasciare fallire la Grecia avrebbe potuto scatenare una serie di fallimenti bancari a catena con conseguenze catastrifiche per tutta l'economia europea. Nessuno si aspettava che il fallimento di una banca non troppo grande, la Lehman Brothers, scatenasse il panico che ha scatenato. Tutti si è avuto paura che il fallimento della Grecia nel 2010 diventasse il caso Lehman Brothers che avrebbe travolto l'economia europea. La Banca centrale europea aveva messo in guardia contro questo rischio: non si doveva assolutamente mettere fine all'idea che nessun paese dell'eurozona poteva fallire. Si è poi visto che il rischio era meno forte di quanto si pensasse e nella seconda metà del 2011 si è deciso di correre il rischio lasciando fallire la Grecia per i titoli che aveva ancora sul mercato. Questo ha provocato un attacco di febbre molto alta, ma non ha ucciso il nostro sistema economico. Non me la sento di attribuire responsabilità su questo punto. In ogni caso, può farlo solo chi avesse sostenuto nel 2010 l'opportunità di lasciare fallire la Grecia. Nella sinistra italiana nessuno l'ha proposto. Ma le conseguenze della decisione presa nel 2010 sono state molto grosse. Il salvataggio delle banche è passato attraverso prestiti alla Grecia e con questi soldi si sono aiutate anche le banche di paesi che non hanno contribuito un euro all'aiuto alla Grecia (per esempio Regno Unito e Stati Uniti) e si è ripartito il costo dell'aiuto secondo il peso di ogni economia in quella dell'eurozona (la chiave di ripartizione nel capitale della BCE) anche se l'esposizione delle banche tedesche e francesi era molto più forte di quella delle banche spagnole e italiane. Spagna e Italia hanno accettato questa soluzione perché convinte anche loro della necessità di evitare il rischio dei fallimenti bancari a catena, ma anche perché desiderose di creare un precedente per aiuti di cui avrebbero forse potuto aver bisogno anche loro (cosa che nel caso della Spagna si è effettivamente verificata). Le uniche cose che un'Europa più integrata avrebbe potuto fare per evitare la crisi erano: a) l'imporre limiti di bilancio molto più stretti prendendo le decisioni al posto dei parlamenti nazionali. Ma era pensabile politicamente che qualcuno a Bruxelles potesse dire a Karamanlis che non poteva assumere altri centomila dipendenti pubblici? Era pensabile che qualcuno a Bruxelles obbligasse l'Italia a continuare a ridurre il debito pubblico in rapporto al Pil come aveva fatto nei primi anni dell'unione monetaria? b) il controllare le banche nazionali per evitare che alimentassero le bolle immobiliari che si sono formate. Oggi abbiamo finalmente un meccanismo centralizzato di sorveglianza delle banche "sistemicamente importanti", ma questo non copre le casse di risparmio spagnole, le Landesbanken e Sparkassen tedesche, le nostre banche popolari e casse di risparmio che sono stati gli istituti bancari che più hanno contribuito agli squilibri. Abbiamo fatto dei passi avanti, ma non abbastanza. c) stabilire che in caso di necessità le banche in difficoltà facessero pagare non solo i loro azionisti, come tutte hanno fatto, ma anche chi aveva prestato loro grosse somme (i cosiddetti "senior bondholders"). Questo è stato deciso solo l'anno scorso. Se avessimo avuto questa regola già nel 2008, forse l'Irlanda non sarebbe andata in crisi e non avrebbe avuto bisogno dell'aiuto europeo. Ma non vedo quello che un'Europa più integrata (nei limiti di quello che è possibile e desiderabile) avrebbe mai potuto fare per limitare le differenze negli andamenti inflazionistici e nell'andamento dei costi salariali. Queste sono decisioni decentralizzate che non saranno mai una competenza federale. Eppure queste divergenze sono una delle cause fondamentali della crisi. La risposta qui può solo venire dal riconoscere in tutti i paesi, in tutte le regioni e in tutti i settori l'imprtanza di questi fattori nella gestione di un'economia. Il nostro paese è purtroppo uno di quelli dove il riconoscimento dell'importanza di questi fattori è più bassa.

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Risposto da giorgio varaldo su 18 Febbraio 2015 a 7:48 il credere è questione di fede e riguarda in singolo , se si vuole trasformare il mondo secondo il proprio credo occorre passare dal sogno alla realizzazione e trattandosi di società diventa atto politico quando il credere si trasforma in atto politico è difficile presentare un programma composto di non si sa cosa fare ma lo facciamo lo stesso quindi coltiviamo pure i sogni - guai ad abbandonarli - ma prima di cercare di realizzarli proviamo a capire come farlo in mancanza di questa fase i sogni possono trasformarsi in incubi Sandra Del Fabro ha detto: Per Fabio: io non credo- ma proprio sono profondamente convinta- che sia valido il modello di economia corrente che invade ogni angolo di mondo, di pensiero, piega a sé la vita, le vite. Il mio "comunismo" non è mai stato realizzato, non lo so neanche io come potrebbe essere ma è l'unico vero significato del mio essere, è ciò che mi dà la forza di esistere e resistere.

Risposto da giorgio varaldo su 18 Febbraio 2015 a 8:33 sandra sul molto sentimento nulla da obiettare anzi guai se tutto fosse freddo e razionale ho più di qualche dubbio sul tuo concetto di ragione specialmente quando è in contrasto con la realtà. Sandra Del Fabro ha detto: grazie della comprensione ma ti dirò che è soprattutto una questione di cuore perché, come donna, e non lo ritengo un difetto, ragione e sentimento vanno insieme. giorgio varaldo ha detto: il credere è questione di fede e riguarda in singolo , se si vuole trasformare il mondo secondo il proprio credo occorre passare dal sogno alla realizzazione e trattandosi di società diventa atto politico quando il credere si trasforma in atto politico è difficile presentare un programma composto di non si sa cosa fare ma lo facciamo lo stesso quindi coltiviamo pure i sogni - guai ad abbandonarli - ma prima di cercare di realizzarli proviamo a capire come farlo in mancanza di questa fase i sogni possono trasformarsi in incubi Sandra Del Fabro ha detto: Per Fabio: io non credo- ma proprio sono profondamente convinta- che sia valido il modello di economia corrente che invade ogni angolo di mondo, di pensiero, piega a sé la vita, le vite. Il mio "comunismo" non è mai stato realizzato, non lo so neanche io come potrebbe essere ma è l'unico vero significato del mio essere, è ciò che mi dà la forza di esistere e resistere.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 10:56 Sandra, ma questo ci porta su di una discussione quasi filosofica, molto diversa. Per quanto riguarda la situazione Grecia e le sue cause, io sono convinto di discutere il mondo in cui effettivamente viviamo e le possibilità di rlo. Dire che dovremmo vivere in un mondo diverso ha sicuramente un suo interesse, ma non è di alcuna utilità quando discutiamo di casi concreti sotto i nostri occhi come quello greco. Sandra Del Fabro ha detto: Per Fabio: io non credo- ma proprio sono profondamente convinta- che sia valido il modello di economia corrente che invade ogni angolo di mondo, di pensiero, piega a sé la vita, le vite. Il mio "comunismo" non è mai stato realizzato, non lo so neanche io come potrebbe essere ma è l'unico vero significato del mio essere, è ciò che mi dà la forza di esistere e resistere.

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Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 11:09 Il tono delle discussioni si sta deteriorando. Qui giocano differenze culturali importanti. Lauro ci aveva spiegato come si tengono i negoziati in un bazar balcanico: si comincia disprezzando l'oggetto che si vuole comprare e strillando e gridando contro il venditore, poi si comincia a trattare veramente. In altre parti dell'Europa le parole, se anche non sono pietre, contano certo di più e quello che è stato detto non viene dimenticato. Anche se Varoufakis si è scusato per l'ignobile vignetta sul giornale di Syriza - e personalemente penso ne sia stato veramente imbarazzato - gli altri ministri non possono dimenticare le cose che sono state dette. Tutti i membri dell'eurogruppo si sono stretti dietro Schäuble, non c'è un solo ministro che abbia espresso la benché minima simpatia verso le posizioni greche. The tensions rise between Greece and its lenders and the tone is getting personal. In his parliamentary speech Tsipras accused Wolfgang Schauble of losing his temper and expressing himself in a derogatory way toward Greeks. Schauble dismissed this in aninterview with Die Tagesthemen. He said Germany has not yet seen a reliable and resilient plan. Greece cannot just ask for more money and then insult others. Werner Mussler in the FAZ records some angry soundbites from German politicians, opposing any suggestion that German taxpayers should become liable for Greek choices. They deplore the lack of procedures in case a country does not comply with the bailout agreements. FAZ also runs a story about how companies can prepare for a Greek exit from the eurozone.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 11:49 Un riflessione che mostra quanto le discussioni in corso tra la Grecia e gli altri paesi abbiano un carattere artificiale ereditato dalle scelte fatte da Syriza durante la campagna elettorale. I titoli di questi giorni parlano di taglio del debito e fine dell'austerità Ma la Grecia non ha nessun grande problema dal lato del debito pubblico. Il rischio di default, con tutto quello che questo comporta, riguarda solo cinquanta miliardi di euro di titoli pubblici e il governo Tsipras ha ripetuto mille volte di non avere alcuna intenzione di non rimborsare questi titoli (si rende perfettamente conto di cosa questo provocherebbe per la Grecia). Il governo Tsipras ha anche indicato di voler rispettare tutte le scadenze con il FMI, non ripagare i crediti del Fmi provocherebbe automaticamente una serie di esclusioni da tanti circuiti finanziari mondiali, quasi come quelle provocate da un default (qui però ha bisogno che gli odiati europei gli diano i soldi per effettuare i rimborsi). Il governo Tsipras vuole anche trattare in maniera "soft" i titoli di stato che sono stati comprati nel passato dalla BCE. L'obiettivo ufficiale della campagna elettorale di Syriza era il taglio dei 195 miliardi di euro prestati dai paesi dell'eurozona. Ma questi prestiti pesano pochissimo sulle finanze pubbliche greche di questi anni visto che i tassi di interesse sono molto bassi (tra l'uno e mezzo ed il due per cento) e le scadenze sono molto lontane (dal 2024 al 2055). Un taglio del valore ufficiale di questi prestiti non avrebbe nessuna conseguenza sulla gestione economica della Grecia nei prossimi due/tre anni. Quindi qui siamo in presenza di un obiettivo simbolico, senza grandi conseguenze concrete immediate. Dall'altro lato, il governo Tsipras vorrebbe prendere molte misure sociali che segnalino la fine concreta dell'austerità. Ma per far questo ha bisogno di rivedere i termini degli impegni presi in termini di saldi di bilancio e, soprattutto, ha bisogno che gli europei concedano altri sessanta miliardi di prestiti. Dall'altro lato, i paesi europei hanno bisogno di non essere obbligati ad andare a chiedere immediatamente risorse supplementari ai loro elettori/contribuenti per far fronte alla parte dei prestiti che la Grecia non rimborserà. I governi europei preferiscono spalmare le perdite su quaranta anni – e praticamente non riconoscere le perdite di fronte agli elettori. Fanno sorridere le richieste di tanti ministri europei che la Grecia ripaghi completamente i prestiti quando tutti sanno che se anche la Grecia rispettasse alla lettera i termini degli accordi in corso quello che i governi europei riceverebbero come rimborso equivarrebbe al 60/70 per cento di quanto prestato. Quindi per i governi europei un taglio del valore ufficiale dei prestiti costituirebbe un vero problema.

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Prestare altri soldi alla Grecia fa anche male; nel momento in cui si sa che è già previsto che la Grecia non restituisca la totalità di quanto ha ricevuto e questa chiede ulteriori concessioni è evidente che un prestito di altri sessanta miliardi implicherebbe almeno venti miliardi di aiuti a fondo perduto. Ma queste cifre aumenterebbero il livello di debito pubblico di tutti i paesi dell'eurozona (chi è in grando di citare a memoria la consistenza del debito pubblico del suo paese?) e non avrebbero un impatto immediato sui livelli dei disavanzi e sulle decisioni immediate di politica economica. Quindi la realtà delle due posizioni appare chiara. La Grecia ha bisogno di avere concessioni sugli obiettivi di bilancio e di ottenere un nuovo prestito per poter seguire politiche economiche meno dure. Un taglio del valore ufficiale dei prestiti ricevuti dall'eurozona non avrebbe nessun impatto immediato. Gli altri paesi dell'eurozona hanno un bisogno politico molto forte di evitare un taglio del valore ufficiale dei prestiti alla Grecia. Un nuovo prestito farebbe male, ma non sarebbe la fine del mondo. Questo mostra chiaramente dove si raggiungerà un accordo. Tutto quello che vediamo al momento fa parte delle tecniche balcaniche di negoziato. Bisognerà poi vedere che condizioni accompagneranno l'accordo che si profila chiaramente all'orizzonte. I creditori vorebbero vedere misure che permettano all'economia greca di riprendersi. Non mi è chiaro cosa Syriza possa accettare e quale sia la sua idea di un'economia che si riprende.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 16:48 Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da giorgio varaldo su 18 Febbraio 2015 a 19:23 Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate.

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Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 18 Febbraio 2015 a 20:11 Penso che il dibattito incorso sul negoziatoi possa arricchirsi di nuove proposte che tengono conto dei due punti di vista più importanti : - La richiesta di maggiore tempo per il rimborso da parte della Grecia - La sicurezza dello stesso richiesta dai creditori Sul primo punto posso capire che la grecia abbia bisogno d’’investire risorse per la ripresa della crescita della sua economia e per far fronte alla disoccupazione ed alla povertà che sta colpendo sempre maggiori parti della sua popolazione. La prima fonte delle risorse tuttavia deve venire da una forte politica interna di redistribuzione delle riicchezze mentre è giusto ottentre più tempo per poter avviaie politiche di rafforzamento della propria economia . Più tempo tuttavia non significa immaginare di non rimborsare i propri creditori che sono già intervenuti per scongiurare il duro prezzo di mercato del default sia nei confronti di parte dei creditori che dei cittadini greci . Più tempo significa ritornare credibilmente nel mercato sostituendo i creditori attuali con controparti diffuse e private. Per fare questo la Grecia deve portare avanti una rivoluzione della propria struttura economica supportata in questo anche dagli altir paesi europei dichiarandosi disponibile alla collaborazione con loro . Sul secondo punto la questione è che il tempo concesso si traduce in appesantimento per il bilancio degli altri paesi in un momento in cui ogni risorsa è importante ed in cui anche politicamente le diverse popolazioni non vogliono fare di più .

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La mia impressione è che sia giunto iil momento e l’occasione storica di presentarsi insieme davanti al mercato e chiedere fiducia trasformando in credito di firma quello che oggi è di cassa. L’occasione è quella di trasferire i crediti europei nei confronti della Grecia al Fondo salva stati prorogando le scadenze e far emettere a questo titoli sul mercato per almeno 300 MM anche con l'intervento della BCE. E’ l’occasione nello stesso tempo di chiedere che la BCE non acquisti solamente titoli di stato dei singoli paesi ma anche i titoli delle istituzioni europee. La BCE ha deciso l’operazione TLTRO con cui sta finanziando le banche perchè a loro volta finanzino le imprese e sta facendo partire un’ operazione QE di 1500 MM per acquisto di titoli di stato . Sarebbe molto più utile che invece potesse acquistare ittoli eurobonds europei emessi sul mercato per finanziare con titoli comuni il prestito alla Grecia e un piano d’investimento europeo di altri almeno 500MM diretto verso alcune cose precise . Io insisto su centrali energetiche e gassificatori di proprietà europea che ne riducano la dipendenza generale ed i costi. Non capisco quali possano essere le controindicazioni. considerando che il rischio del mancato rimborso del credito greco ce l'abbiamo già. Teniamo presente in questo caso si potrebbe esaminare anche la possibilità di operare direttamente come eurozona proponendo questi interventi come forma di aggregazione su questi obiettivi per questi paesi senza mettere in gioco tutta la comuntà più estesa. E’ possibile? Io penso che è sicuramente sfidante ma possibile.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 18 Febbraio 2015 a 20:20 Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 20:31 Sandra, la presentazione di Paul Krugman è imbarazzante. Non si tratta di un'opinione diversa, si tratta - per esempio - di non menzionare che il governo greco sta chiedendo un nuovo prestito. Mi pare un dettaglio non trascurabile. Il paragone con le riparazioni tedesche dopo la prima guerra mondiale può essere un'opinione strana, ma il fatto di non menzionare la richiesta di un nuovo prestito è una corbelleria. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente;

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b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 20:44 Giuseppe, intervengo sul maggiore tempo per il rimborso. Prima di tutto bisogna ricordare, che il rimborso dei prestiti europei (i 195 miliardi) non ha alcuna influenza sulla politica economica greca di questi anni. I tassi di interesse sui prestiti greci sono molto al di sotto di quelli del mercato (sono tra l'uno e mezzo ed il due per cento) e i rimborsi cominceranno dal 2024. Quindi una qualsiasi operazione sullle condizioni dei prestiti non inlenza minimamente la politica economica attuale. A meno che non si pensi ad una sospensione completa del pagamento degl interessi o a una loro riduzione a livelli simbolici. Ogni accordo sui debiti greci non libererà risorse aggiuntive prima del 2024. Tu hai una lunga esperienza bancaria. Un allungamento delle scadenze o una riduzione dei tassi di interessi sono operazioni assolutamente correnti ogni volta che ci sono difficoltà. Ma quasi sempre queste operazioni sono fatt in maniera da mantenere costante il valore netto attuale del rimborso totale. Questo significa che un allungamente delle scadenze è di solito accompagnato da un aumento più che proporzionale del numero di rate e/o da un aumento dei tassi di interesse. Gli allungamenti delle scadenze (oggi vanno dal 2024 al 2055) e le riduzioni dei tassi di interesse concesse al governo greco negli ultimi anni non sono state accompagnate da alcun aumento del numero delle rate. Questo ha provocato una riduzione sensibile del valore netto attuale di quanto sarà rimborsato dalla Grecia alla fine avrà rimborsato. Il think tank Bruegel di Bruxelles ha calcolato che se invece del valore facciale del debito greco si prende il valore netto attuale, rapporto debito publico/PIl passa del 175 per cento al 118 per cento. Non dimentichiamo che la Grecia paga sul suo debito pubblico come interessi meno di quanto paga l'Italia e molto meno di quanto paga il Portogallo. Non credo che la sicurezza del debito sia in discussione. Tra stati membri dell'UNione europea non ci si danno garanzie reali. Non sono state date per i 195 miliardi già prestati, ne saranno richieste per i nuovi prestiti che la Grecia chiede. Quello che i creditori chiedono come "garanzia" è che la Gracia faccia effettivamente qualcosa per riffomare rimettere in sesto la sua economia. Giuseppe Ardizzone ha detto: Penso che il dibattito incorso sul negoziatoi possa arricchirsi di nuove proposte che tengono conto dei due punti di vista più importanti : - La richiesta di maggiore tempo per il rimborso da parte della Grecia - La sicurezza dello stesso richiesta dai creditori Sul primo punto posso capire che la grecia abbia bisogno d’’investire risorse per la ripresa della crescita della sua economia e per far fronte alla disoccupazione ed alla povertà che sta colpendo sempre maggiori parti della sua popolazione. La prima fonte delle risorse tuttavia deve venire da una forte politica interna di redistribuzione delle riicchezze mentre è giusto ottentre più tempo per poter avviaie politiche di rafforzamento della propria economia . Più tempo tuttavia non significa immaginare di non rimborsare i propri creditori che sono già intervenuti per scongiurare il duro prezzo di mercato del default sia nei confronti di parte dei creditori che dei cittadini greci . Più tempo significa ritornare credibilmente nel mercato sostituendo i creditori attuali con controparti diffuse e private. Per fare questo la Grecia deve portare avanti una rivoluzione della propria struttura economica supportata in questo anche dagli altir paesi europei dichiarandosi disponibile alla collaborazione con loro .

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Sul secondo punto la questione è che il tempo concesso si traduce in appesantimento per il bilancio degli altri paesi in un momento in cui ogni risorsa è importante ed in cui anche politicamente le diverse popolazioni non vogliono fare di più . La mia impressione è che sia giunto iil momento e l’occasione storica di presentarsi insieme davanti al mercato e chiedere fiducia trasformando in credito di firma quello che oggi è di cassa. L’occasione è quella di trasferire i crediti europei nei confronti della Grecia al Fondo salva stati prorogando le scadenze e far emettere a questo titoli sul mercato per almeno 300 MM anche con l'intervento della BCE. E’ l’occasione nello stesso tempo di chiedere che la BCE non acquisti solamente titoli di stato dei singoli paesi ma anche i titoli delle istituzioni europee. La BCE ha deciso l’operazione TLTRO con cui sta finanziando le banche perchè a loro volta finanzino le imprese e sta facendo partire un’ operazione QE di 1500 MM per acquisto di titoli di stato . Sarebbe molto più utile che invece potesse acquistare ittoli eurobonds europei emessi sul mercato per finanziare con titoli comuni il prestito alla Grecia e un piano d’investimento europeo di altri almeno 500MM diretto verso alcune cose precise . Io insisto su centrali energetiche e gassificatori di proprietà europea che ne riducano la dipendenza generale ed i costi. Non capisco quali possano essere le controindicazioni. considerando che il rischio del mancato rimborso del credito greco ce l'abbiamo già. Teniamo presente in questo caso si potrebbe esaminare anche la possibilità di operare direttamente come eurozona proponendo questi interventi come forma di aggregazione su questi obiettivi per questi paesi senza mettere in gioco tutta la comuntà più estesa. E’ possibile? Io penso che è sicuramente sfidante ma possibile.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 20:48 Giuseppe, una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica. Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 18 Febbraio 2015 a 21:06 Fabio certo che la natura è eguale . Quando parlo dell'intervento della BCE per la sottoscrizione dei titoli eventualmente non collocati agli investitori è per ottenere il risultato che per tutto il tempo del rimborso da parte del debitore principale ( la Grecia ) non vi sia un reale esborso di cassa ma solo un impegno di firma da parte dei vari stati membri creditori. Quello a cui vorrei arivare è questo : la riduzione totale dell'esborso monetario sopportato ( grazie alle nuove emisisoni comuni e la monetizzazione della BCE) . Il ricavato non va alla Grecia ma permette il rimborso monetario ai vari stati membri di quello che hanno a suo tempo prestato che a loro volta riducono di pari importo il proprio debito nazionale emesso allo scopo Da debito di cassa a debito di firma: Il costo dell'operazione va imputato naturalmente alla Grecia nel lungo periodo . Tutto quello che non verrà rimborsato dalla Grecia ( e non capisco perchè nel lungo periodo non possa essere rimborsato ) va monetizzato dalla BCE e posto come debito di lunghissima durata rimborsabile con eventuali utili degli investimenti comuni dell'eurozona ( compreso il signoraggio sill'emissione della moneta). Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe,

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una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica. Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 18 Febbraio 2015 a 21:13 Fabio è vero , spesso s'interviene sulla possibile sospensione o posticipazione degli interessi o addiritturra sul loro abbuono che di fatto significa decurtazione del debito principale. . Il problema è che se questo è necessario per un buon fine cioè far ritornare a camminare la Grecia con le sue gambe in una società più giusta e più equilibrata si può fare . Io insisto perchè i creditori a loro volta utilizzino tutti gli strumenti per avere le minori conseguenze possibili. Trasformare il debito di cassa dei paesi creditori nei confronti del mercato o del fondo salva stati in un debito di firma ed utilizzare il tempo della eventuale monetizzazione con l'azione della BCE potrebbe essere molto interessante. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, intervengo sul maggiore tempo per il rimborso. Prima di tutto bisogna ricordare, che il rimborso dei prestiti europei (i 195 miliardi) non ha alcuna influenza sulla politica economica greca di questi anni. I tassi di interesse sui prestiti greci sono molto al di sotto di quelli del mercato (sono tra l'uno e mezzo ed il due per cento) e i rimborsi cominceranno dal 2024. Quindi una qualsiasi operazione sullle condizioni dei prestiti non inlenza minimamente la politica economica attuale. A meno che non si pensi ad una sospensione completa del pagamento degl interessi o a una loro riduzione a livelli simbolici. Ogni accordo sui debiti greci non libererà risorse aggiuntive prima del 2024. Tu hai una lunga esperienza bancaria. Un allungamento delle scadenze o una riduzione dei tassi di interessi sono operazioni assolutamente correnti ogni volta che ci sono difficoltà. Ma quasi sempre queste operazioni sono fatt in maniera da mantenere costante il valore netto attuale del rimborso totale. Questo significa che un allungamente delle scadenze è di solito accompagnato da un aumento più che proporzionale del numero di rate e/o da un aumento dei tassi di interesse. Gli allungamenti delle scadenze (oggi vanno dal 2024 al 2055) e le riduzioni dei tassi di interesse concesse al governo greco negli ultimi anni non sono state accompagnate da alcun aumento del numero delle rate. Questo ha provocato una riduzione sensibile del valore netto attuale di quanto sarà rimborsato dalla Grecia alla fine avrà rimborsato. Il think tank Bruegel di Bruxelles ha calcolato che se invece del valore facciale del debito greco si prende il valore netto attuale, rapporto debito publico/PIl passa del 175 per cento al 118 per cento. Non dimentichiamo che la Grecia paga sul suo debito pubblico come interessi meno di quanto paga l'Italia e molto meno di quanto paga il Portogallo. Non credo che la sicurezza del debito sia in discussione. Tra stati membri dell'UNione europea non ci si danno garanzie reali. Non sono state date per i 195 miliardi già prestati, ne saranno richieste per i nuovi prestiti che la Grecia chiede. Quello che i creditori chiedono come "garanzia" è che la Gracia faccia effettivamente qualcosa per riffomare rimettere in sesto la sua economia. Giuseppe Ardizzone ha detto: Penso che il dibattito incorso sul negoziatoi possa arricchirsi di nuove proposte che tengono conto dei due punti di vista più importanti : - La richiesta di maggiore tempo per il rimborso da parte della Grecia - La sicurezza dello stesso richiesta dai creditori Sul primo punto posso capire che la grecia abbia bisogno d’’investire risorse per la ripresa della crescita della sua economia e per far fronte alla disoccupazione ed alla povertà che sta colpendo sempre maggiori parti della sua

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popolazione. La prima fonte delle risorse tuttavia deve venire da una forte politica interna di redistribuzione delle riicchezze mentre è giusto ottentre più tempo per poter avviaie politiche di rafforzamento della propria economia . Più tempo tuttavia non significa immaginare di non rimborsare i propri creditori che sono già intervenuti per scongiurare il duro prezzo di mercato del default sia nei confronti di parte dei creditori che dei cittadini greci . Più tempo significa ritornare credibilmente nel mercato sostituendo i creditori attuali con controparti diffuse e private. Per fare questo la Grecia deve portare avanti una rivoluzione della propria struttura economica supportata in questo anche dagli altir paesi europei dichiarandosi disponibile alla collaborazione con loro . Sul secondo punto la questione è che il tempo concesso si traduce in appesantimento per il bilancio degli altri paesi in un momento in cui ogni risorsa è importante ed in cui anche politicamente le diverse popolazioni non vogliono fare di più . La mia impressione è che sia giunto iil momento e l’occasione storica di presentarsi insieme davanti al mercato e chiedere fiducia trasformando in credito di firma quello che oggi è di cassa. L’occasione è quella di trasferire i crediti europei nei confronti della Grecia al Fondo salva stati prorogando le scadenze e far emettere a questo titoli sul mercato per almeno 300 MM anche con l'intervento della BCE. E’ l’occasione nello stesso tempo di chiedere che la BCE non acquisti solamente titoli di stato dei singoli paesi ma anche i titoli delle istituzioni europee. La BCE ha deciso l’operazione TLTRO con cui sta finanziando le banche perchè a loro volta finanzino le imprese e sta facendo partire un’ operazione QE di 1500 MM per acquisto di titoli di stato . Sarebbe molto più utile che invece potesse acquistare ittoli eurobonds europei emessi sul mercato per finanziare con titoli comuni il prestito alla Grecia e un piano d’investimento europeo di altri almeno 500MM diretto verso alcune cose precise . Io insisto su centrali energetiche e gassificatori di proprietà europea che ne riducano la dipendenza generale ed i costi. Non capisco quali possano essere le controindicazioni. considerando che il rischio del mancato rimborso del credito greco ce l'abbiamo già. Teniamo presente in questo caso si potrebbe esaminare anche la possibilità di operare direttamente come eurozona proponendo questi interventi come forma di aggregazione su questi obiettivi per questi paesi senza mettere in gioco tutta la comuntà più estesa. E’ possibile? Io penso che è sicuramente sfidante ma possibile.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:03 Giuseppe, ma questo è proprio quello che la BCE, secondo i trattati non può fare. Questo sarebbe proprio il finanziamento monetario (cioè stampando moneta) delle spese di uno stato o di un gruppo di stati che non è possibile sulla base delle regole dell'Unione europea. Fare quello che dici richiederebbe una dei Trattati (se questa non ci fosse la Corte di Giustizia interverrebbe per bloccare ogni azione della BCE). Ma una dei Trattati richiede un accordo unanime che non mi sembra possibile. A dir la verità non solo non mi sembra possibile avere l'unanimità su di una tale proposta, ma probabilmente non si avrebbe nemmeno l'accordo di una maggioranza degli stati membri. Anche per quanto riguarda il signoraggio non cambia molto. Oggi i guadagni del signoraggio vanno ai goveni dell'eurozona attraverso le loro banche centrali nazionali. Se il rimborso di alcuni titoli non pagati fosse colmato dalla BCe con i guadagni dal signoraggio questi sarebbero soldi in meno che andrebbero agli stati membri. Quindi alla fine le perdite sarebbero sempre a carico degli stati membri. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio certo che la natura è eguale . Quando parlo dell'intervento della BCE per la sottoscrizione dei titoli eventualmente non collocati agli investitori è per ottenere il risultato che per tutto il tempo del rimborso da parte del debitore principale ( la Grecia ) non vi sia un reale esborso di cassa ma solo un impegno di firma da parte dei vari stati membri creditori. Quello a cui vorrei arivare è questo : la riduzione totale dell'esborso monetario sopportato ( grazie alle nuove emisisoni comuni e la monetizzazione della BCE) . Il ricavato non va alla Grecia ma permette il rimborso monetario ai vari stati membri di quello che hanno a suo tempo prestato che a loro volta riducono di pari importo il proprio debito nazionale emesso allo scopo Da debito di cassa a debito di firma: Il costo dell'operazione va imputato naturalmente alla Grecia nel lungo periodo .

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Tutto quello che non verrà rimborsato dalla Grecia ( e non capisco perchè nel lungo periodo non possa essere rimborsato ) va monetizzato dalla BCE e posto come debito di lunghissima durata rimborsabile con eventuali utili degli investimenti comuni dell'eurozona ( compreso il signoraggio sill'emissione della moneta). Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica. Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Lauro Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:03 Oggi 18 febbraio il nuovo parlamento greco ha eletto il nuovo presidente della repubblica. Poulopoulos: 233 voti (Syriza, Nea Democrazia, Greci indipendenti) Alibizatos: 30 voti (to Potami, PASOK) Bianca: 32 (KEE e Alba dorata). Astenuti: 5. In un mio vecchio post avevo affermato che l'accordo tra Tsipras e Kammenos prevedeva anche il nome del presidente della repubblica e che il nome che circolava era quello di Karamanlis e che sarebbe stato assurdo eleggere il principale responsabile dello sfascio dello stato greco. Per fortuna il mio pessimismo era eccessivo. Ma purtroppo ci sono andato vicino. Poulopoulos è stato ministro degli interni di Karamanlis dal 2004 al 2009. Durante il suo mandato c'è stata l'esplosione degli impiegati pubblici e l'uccisione del giovane greco ad opera della polizia che ha scatenato tante proteste.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:10 Sandra, ho utilizzato l'espressione "imbarazzante" non per indicare che Krugman avrebbe "imbarazzato" (offeso?) qualcuno, ma per indicare che lui stesso sarà imbarazzato nel momento in cui qualcuno gli farà notare la corbelleria che ha scritto. Non citare che quello di cui si sta effettivamente discutendo è dell'importo di nuovi prestiti alla Grecia è grave. Significa non aver seguito con un minimo di attenzione quello che sta succedendo. Sembra che anche lui si rimasto agli slogan della campagna elettorale. E' vero che la Grecia è lontana dagli Stati Uniti, ma prima di scrivere certe cose, bisognerebbe informarsi meglio. Sandra Del Fabro ha detto: Se dovessimo non esprimerci per il timore di imbarazzare , saremmo con le bocche cucite. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, la presentazione di Paul Krugman è imbarazzante. Non si tratta di un'opinione diversa, si tratta - per esempio - di non menzionare che il governo greco sta chiedendo un nuovo prestito. Mi pare un dettaglio non trascurabile. Il paragone con le riparazioni tedesche dopo la prima guerra mondiale può essere un'opinione strana, ma il fatto di non menzionare la richiesta di un nuovo prestito è una corbelleria.

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Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da giorgio varaldo su 18 Febbraio 2015 a 22:21 nessun disprezzo ma anche nessuna sudditanza psicologica. Una scemenza detta da un premio nobel è forse meno scemenza se pronunciata da un operatore ecologico? Sandra Del Fabro ha detto: Rispondo a Giorgio e a te che trovo una cosa pericolosa insultare un rappresentante della cultura , un intellettuale che ha ricevuto il premio Nobel per l'economia. Ti ricordo che l'odio, il disprezzo per il sapere ha connotato momenti storici bui Fabio Colasanti ha detto: Sandra, ho utilizzato l'espressione "imbarazzante" non per indicare che Krugman avrebbe "imbarazzato" (offeso?) qualcuno, ma per indicare che lui stesso sarà imbarazzato nel momento in cui qualcuno gli farà notare la corbelleria che ha scritto. Sandra Del Fabro ha detto: Se dovessimo non esprimerci per il timore di imbarazzare , saremmo con le bocche cucite. Fabio Colasanti ha detto: Sandra,

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la presentazione di Paul Krugman è imbarazzante. Non si tratta di un'opinione diversa, si tratta - per esempio - di non menzionare che il governo greco sta chiedendo un nuovo prestito. Mi pare un dettaglio non trascurabile. Il paragone con le riparazioni tedesche dopo la prima guerra mondiale può essere un'opinione strana, ma il fatto di non menzionare la richiesta di un nuovo prestito è una corbelleria. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:29 Sandra, grazie per l'articolo di Varoufakis che però ha ben poco di contenuto sulle richieste precise del governo greco. Trovo qualcosa di preciso solo in questo paragrafo, che è però molto interessante: "Il nostro governo non sta chiedendo ai suoi partners una via d’uscita per non ripagare i propri debiti. Noi stiamo chiedendo alcuni mesi di stabilità finanziaria che ci consentano di intraprendere il piano di riforme che la maggioranza del popolo greco può condividere e supportare, così da poter tornare a crescere e a essere nuovamente in grado di ripagare i nostri debiti." Se dobbiamo prendere questo testo come la nuova politica del governo Syriza, c'è un cambio fondamentale. Il governo greco non chiederebbe più una riduzione del proprio debito nei confronti dei paesi europei (i 195 miliardi). Non è questo che avevamo sentito dire fine ad ora. Quindi il taglio del valore dei prestiti già concessi non è più in discussione. Questo è un passo avanti importante e - come avevo già sostenuto – una cosa aassolutamente logica. La prima scadenza di rimborso dei 195 miliardi è per il 2024, quindi il rimborso o meno dei debiti verso i paesi dell'eurozona non ha praticamente alcun effetto sulla politica economica greca dei prossimi anni. La discussione sul taglio del debito è irrilevante per la politica economica dei prossimi anni.

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La seconda frase parla di stabilità finanziaria per alcuni mesi. C'è però il problema che questa stabilità finanziaria è raggiungibile solo se i paesi europei sono disposti a prestare alla Grecia qualche decina di miliardi di euro in più. La Grecia ha delle scandenze nei confronti del Fmi che vuole onorare, deve finanziare ancora ogni anno dei disavanzi di bilancio e il governo Syriza vuole aumentare questi disavanzi. Varoufakis glissa sulle implicazioni di questa "stabilità finanziaria". Ma almeno questo testo serve a far chiarezza e va nella direzione del compromesso possibile che avevo indicato oggi pomeriggio. Bisognerà ancora discutere su cosa sia necessario per ritornare a far crescere l'economia.

Risposto da Fabio Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:41 Sandra, nemmeno io riesco a capire la tua posizione. Le istituzioni europee non possono fare cose proibite dai Trattati. Per re i Trattati serve una procedura negoziale complessa - che prende di solito anni - e le modifiche devono essere ratificate secondo le disposizioni costituzionali dei vari paesi; in alcuni paesi è necessario un referendum. In ogni caso, è necessaria l'unanimità dei paesi membri. In casi di particolare urgenza si è ricorsi ad accordi paralleli tra i paesi - condannati dai veri europeisti come un abbandono del sistema "comunitario" per passare ad un metodo intergovernativo. Ma anche questi accordi intergovernativi richiedono l'unanimità di chi li sottoscrive (in questo caso dell'eurozona). A che serve ipotizzare come risposta ai problemi attuali delle soluzioni che - anche avessero il supporto di tutti gli stati membri (e in questo caso chiaramente non ce l'hanno) - non potrebbero essere applicate prima di vari anni? Vogliamo discutere di come risolvere i problemi attuali? Vogliamo capire perché i politici incaricati di gestire la cosa comune agiscono in un certo modo? O vogliamo solo esercitarci a costruire mondi ideali? Sandra Del Fabro ha detto: Dalle risposte che hai dato a Giuseppe non capisco il significato dei tuoi interventi nel Circolo: per spiegarci le cose come stanno? Ti ringraziamo delle informazioni ma che cosa ce ne facciamo dei risultati? Dalle tue risposte le cose stanno in un certo modo e non si possono re se non in un futuro molto lontano. Allora mi chiedo a che cosa serve a te discutere con noi, persone incompetenti rispetto a te? Per capire che non ci sono possibilità di cambiare le regole vigenti anche se esistono evidenti problemi. Non mi pare un limpido atteggiamento. Qui molti hanno proposto politiche di new deal a vantaggio delle popolazioni ma tu non ne vuoi sentir parlare perché non rientrano nella politica economica attuale dell'Unione europea

Risposto da Lauro Colasanti su 18 Febbraio 2015 a 22:46 Abbassare la richiesta sul disavanzo primario per un anno, un anno mezzo. Dare fiducia al nuovo governo, nello stesso tempo tampinarlo. Certo che qualche garanzia che intendono davvero colpire gli intoccabili e riformare lo stato dovrebbero darlo. Le mosse finora non vanno in quella direzione.... Fabio Colasanti ha detto: Bisognerà ancora discutere su cosa sia necessario per ritornare a far crescere l'economia.

Risposto da Ezio Ferrero su 19 Febbraio 2015 a 0:30 Certamente si possono porre oggi delle basi per dei cambiamenti di domani (o di dopodomani). Ma di fronte a problemi IMMEDIATI come quello della Grecia bisogna dare delle risposte OGGI, basati sulle condizioni di OGGI, inclusi i vincoli che ci sono (ad esempio i Trattati). E le condizioni sono descritte da NUMERI, che non sono per niente ideologia, ma una rappresentazione quantitativa della realtà, di cui occorre tenere conto. Altrimenti stiamo facendo filosofia.

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Sandra Del Fabro ha detto: Ma i cambiamenti non possono neanche avvenire se non si pongono i semi oggi pensando al domani, c'è una via di mezzo credo tra restare con gli occhi incollati al presente e averli aperti solo al futuro Fabio Colasanti ha detto: Sandra, nemmeno io riesco a capire la tua posizione. Le istituzioni europee non possono fare cose proibite dai Trattati. Per re i Trattati serve una procedura negoziale complessa - che prende di solito anni - e le modifiche devono essere ratificate secondo le disposizioni costituzionali dei vari paesi; in alcuni paesi è necessario un referendum. In ogni caso, è necessaria l'unanimità dei paesi membri. In casi di particolare urgenza si è ricorsi ad accordi paralleli tra i paesi - condannati dai veri europeisti come un abbandono del sistema "comunitario" per passare ad un metodointergovernativo. Ma anche questi accordi intergovernativi richiedono l'unanimità di chi li sottoscrive (in questo caso dell'eurozona). A che serve ipotizzare come risposta ai problemi attuali delle soluzioni che - anche avessero il supporto di tutti gli stati membri (e in questo caso chiaramente non ce l'hanno) - non potrebbero essere applicate prima di vari anni? Vogliamo discutere di come risolvere i problemi attuali? Vogliamo capire perché i politici incaricati di gestire la cosa comune agiscono in un certo modo? O vogliamo solo esercitarci a costruire mondi ideali? Sandra Del Fabro ha detto: Dalle risposte che hai dato a Giuseppe non capisco il significato dei tuoi interventi nel Circolo: per spiegarci le cose come stanno? Ti ringraziamo delle informazioni ma che cosa ce ne facciamo dei risultati? Dalle tue risposte le cose stanno in un certo modo e non si possono re se non in un futuro molto lontano. Allora mi chiedo a che cosa serve a te discutere con noi, persone incompetenti rispetto a te? Per capire che non ci sono possibilità di cambiare le regole vigenti anche se esistono evidenti problemi. Non mi pare un limpido atteggiamento. Qui molti hanno proposto politiche di new deal a vantaggio delle popolazioni ma tu non ne vuoi sentir parlare perché non rientrano nella politica economica attuale dell'Unione europea

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 1:38 Sandra, i Nobel li danno per sfizio, non vorrai mettere in dubbio, assieme a Klugman, la "verità rivelata" dei burocrati di Bruxelles? Potresti essere accusata di lesa maestà, attenta. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente;

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b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 1:41 I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico". giorgio varaldo ha detto: Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 1:48 Sandra, ma è proprio la paura che il piano di riforme di Tsipras funzioni, che spaventa a morte la dx europea e i suoi lacchè; il fatto che possa dimostrare con i fatti la possibilità di uscire dalla crisi con misure diverse dal diktat del pensiero unico.. Sandra Del Fabro ha detto: Le parole di Yanis Varoufakis: Europa Non è tempo di giochi 18/02/2015 Sto scrivendo questo articolo a margine di un negoziato cruciale con i creditori del mio paese – un negoziato i cui risultati potranno segnare una generazione oltre a rappresentare un possibile punto di svolta per l’esperimento europeo e per quello dell’unione monetaria. Gli esperti di teoria dei giochi tendono ad analizzare i negoziati trattandoli come giochi in cui i contendenti, proiettati esclusivamente sul proprio interesse individuale, tentano di accaparrarsi la fetta più grande della torta da dividere. Data la mia precedente esperienza accademica come ricercatore in teoria dei giochi, molti commentatori hanno affrettatamente avanzato l’ipotesi che, in qualità di nuovo ministro delle finanze della Grecia, avrei operato per ideare stratagemmi, bluff o opzioni nascoste utili a vincere non avendo nulla in mano. Nulla può essere più lontano dalla verità di quanto è stato scritto in questi giorni. Se la mia precedente esperienza con la teoria dei giochi ha avuto un effetto su di me, questo è stato quello di convincermi che sarebbe pura follia considerare l’attuale negoziato tra la Grecia e i suoi partner come un gioco da vincere o perdere grazie a bluff o sotterfugi tattici. Il problema della teoria dei giochi è, come ho sempre tentato di spiegare ai miei studenti, che essa considera le motivazioni dei giocatori come un dato prestabilito a priori. Se si sta pensando ad una partita di poker o di blackjack questa assunzione non è particolarmente problematica. Ma nell’attuale negoziato tra la Grecia ed i suoi partners il punto centrale è esattamente quello di costruire delle nuove motivazioni. Si tratta di costruire una nuova mentalità che vada oltre le divisioni nazionali, che sostituisca una prospettiva pan-europea alla dicotomia creditore-debitore, in grado di porre il bene comune Europa al di sopra di politiche futili e di dogmi di comprovata tossicità se resi universali e una logica del noi a sostituire quella del loro. Come Ministro delle Finanze di un piccolo paese immerso in una crisi fiscale, privo della propria banca centrale e visto dalla maggioranza dei suoi partner come un problematico debitore sono convinto che esista un'unica opzione: respingere qualunque tentazione di usare questo momento cruciale come un opportunità per sperimentare spregiudicate strategie presentando, altresì, in modo onesto, le attuali condizioni socio-economiche della Grecia, mettendo sul tavolo le nostre proposte per riportare la Grecia a crescere, spiegando perché queste sono nell’interesse dell’Europa e rivelando le linee rosse oltre le quali la logica e il dovere ci impediscono di andare. La grande differenza tra questo governo greco e quelli che lo hanno preceduto è duplice: l’attuale governo è determinato nel volersi scontrare con interessi potenti e consolidati allo scopo di far ripartire la Grecia e riguadagnare la fiducia dei partner; ma è anche determinato nel non voler essere trattato come una colonia debitrice a cui si imponga di patire quel che deve. Il principio dell’austerità più intensa da imporre all’economia più depressa potrebbe apparire bizzarro se non avesse causato tante inutile sofferenze. Mi viene spesso chiesto: cosa accadrà se l’unica strada per garantire il finanziamento del suo paese sarà quello di oltrepassare quelle linee rosse ed accettare misure che lei considera parte del problema più che della soluzione? Fedele al principio per cui non ho diritto di bluffare, la mia risposta è: le linee che abbiamo detto essere rosse non verranno oltrepassate. Altrimenti, esse non sarebbero delle vere linee rosse ma semplicemente dei bluff. Ma mi viene anche chiesto: E se questo producesse ulteriori sofferenze per il suo popolo? Chi lo chiede sta implicitamente pensando che non può non esserci un bluff. Il problema di questa linea di ragionamento è legato alla presunzione, propria anche della teoria dei giochi, che si viva in una sorta di “tirannia delle conseguenze”. Come se non esistessero circostanze per le quali si fa quello che è giusto non perché questo sia il frutto di un ragionamento strategico ma semplicemente perché… è giusto. Contro questo cinismo, il nuovo governo greco ha intenzione di innovare. Noi dovremo rinunciare, nonostante le possibili conseguenze, ad accordi che siano sbagliati per la Grecia e sbagliati per l’Europa. Il gioco di estendere i termini del debito al prezzo di nuova austerity, cominciato nel 2010 quando il debito pubblico greco è divenuto non più rifinanziabile, finirà. Non più prestiti – non prima di aver definito un piano credibile per far crescere l’economia così da poter ripagare tali debiti, aver aiutato la classe media a rimettersi in piedi sulle proprie gambe e aver risolto l’odiosa

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crisi umanitaria. Non più “riforme” che si accaniscano contro poveri pensionati o farmacie a conduzione familiare senza scalfire in alcun modo la grande corruzione. Il nostro governo non sta chiedendo ai suoi partners una via d’uscita per non ripagare i propri debiti. Noi stiamo chiedendo alcuni mesi di stabilità finanziaria che ci consentano di intraprendere il piano di riforme che la maggioranza del popolo greco può condividere e supportare, così da poter tornare a crescere e a essere nuovamente in grado di ripagare i nostri debiti. Si potrebbe pensare che questo misconoscimento delle regole della teoria dei giochi sia dovuto all’effetto di una linea di sinistra radicale. Non è così. La maggiore influenza qui è quella di Immanuel Kant, il filosofo tedesco che ci ha insegnato come la ragione e la libertà dall’impero degli espedienti sono ottenibili facendo ciò che è giusto. Come abbiamo capito che il nostro modesto piano di politica economica, che rappresenta la linea rossa che non siamo intenzionati ad oltrepassare, sia giusto in termini kantiani? Lo abbiamo capito guardando negli occhi le persone affamate nelle strade delle nostre città, osservando la nostra classe media sofferente e tenendo a mente tutti coloro che lavorano duro in ogni paese e in ogni città della nostra unione monetaria. Dopotutto, l’Europa riuscirà a ritrovare la sua anima solo quando avrà guadagnato nuovamente la fiducia del suo popolo mettendo gli interessi di quest’ultimo al centro della scena. (Yanis Varoufakis dal New York Times del 16 febbraio 2015, trad. Dario Guarascio) La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte:www.sbilanciamoci.info.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 1:59 Giampaolo, Krugman non parla del fatto che la Grecia sta chiedendo un nuovo prestito. Il Sole24Ore di martedi ne ha perfino quantificato i termini (60 miliardi per soddisfare tutte le richieste del programma di Syriza). Per sapere che la Grecia sta richiedendo un prestito basta leggere attentamente i giornali. Il nobel per l'economia è stato dato anche a Friedrich Hayek e Milton Friedmann, gli apostoli del libero mercato, a Myron Scholes a Robert Merton per il loro lavoro sui derivati, e a Markovitz, Miller e Shape per il loro lavoro sull'economia finanziaria. Spero che quando li citerò mostrerai per loro il dovuto rispetto. Più seriamente, non ti sembra infantile discutere di qualcosa sulla base dell'autorità di chi fa le affermazioni? Io ho lavorato con Romano Prodi e lo ammiro come politico, economista e uomo, ma non esisto un secondo a dire che sbaglia se penso che questo sia il caso. Siamo tutti dotati di raziocinio ed in grado di vedere che a volte, anche grandi luminari, possono fare errori. Durante il Medio Evo, "ipse dixit" risolveva le controversie, ma penso che da allora si sia diventati un po' più coscienti delle nostre possibilità. E comunque anche allora lo "ipse dixit" non si applicava a cose che erano sotti gli occhi di tutti. Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico". giorgio varaldo ha detto: Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali.

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La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 2:00 Lauro, a Renzi abbiamo dato finora ben più di sei mesi e non mi pare che abbia raggiunto questi grandi risultati, rapportati alle promesse e ai tempi dati; quanto chiedono i nuovi governanti greci? Soprassediamo un po', diamo un po' di tempo, chiediamo qualche risultato di quelli da loro proposti entro un certo tempo, fatto 40, fare 41 non può farci morire, ma ho l'impressione che i timori dell'establishment europeo siano ben altri, a parte la sconsolata considerazione che mi viene spesso in mente: forti con i deboli, deboli con i forti. Lauro Colasanti ha detto: Abbassare la richiesta sul disavanzo primario per un anno, un anno mezzo. Dare fiducia al nuovo governo, nello stesso tempo tampinarlo. Certo che qualche garanzia che intendono davvero colpire gli intoccabili e riformare lo stato dovrebbero darlo. Le mosse finora non vanno in quella direzione.... Fabio Colasanti ha detto: Bisognerà ancora discutere su cosa sia necessario per ritornare a far crescere l'economia.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 2:09 Ormai ogni discussione finisce col citare i nuovi idoli: i TRATTATI; cui bisogna tener fede aprioristicamente, fedeli e fiduciosi nel "verbo", nel paradiso futuro, nonostante la banale, quotidiana realta dimostri il contrario; in nome di tale fede l'Europa è andata in recessione, l'Italia sta lentamente smantellando tutto il sistema produttivo che alimentava la sua domanda interna; i debiti pubblici dei paesi continuano a crescere; si grida evviva per 90.000 posti di lavoro, dopo averne perso qualche milione; il resto del mondo corre, ci sollecita politiche espansive, ma non si può andare contro i TRATTATI, come nel basso medioevo, meglio morire che rinunciare alla propria fede.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 2:22

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E siccome le teorie sono tante , e divesificate, io propendo per quelle che hanno dimostrato risultati migliori per il benessere dei popoli, più giustizia sociale, più redistribuzione, ecct: Poi, siccome sono ignorante, tendo a fidarmi di più di coloro che sento più interessati alla qualità dei risultati che alla coerenza con le tabelline. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, Krugman non parla del fatto che la Grecia sta chiedendo un nuovo prestito. Il Sole24Ore di martedi ne ha perfino quantificato i termini (60 miliardi per soddisfare tutte le richieste del programma di Syriza). Per sapere che la Grecia sta richiedendo un prestito basta leggere attentamente i giornali. Il nobel per l'economia è stato dato anche a Friedrich Hayek e Milton Friedmann, gli apostoli del libero mercato, a Myron Scholes a Robert Merton per il loro lavoro sui derivati, e a Markovitz, Miller e Shape per il loro lavoro sull'economia finanziaria. Spero che quando li citerò mostrerai per loro il dovuto rispetto. Più seriamente, non ti sembra infantile discutere di qualcosa sulla base dell'autorità di chi fa le affermazioni? Io ho lavorato con Romano Prodi e lo ammiro come politico, economista e uomo, ma non esisto un secondo a dire che sbaglia se penso che questo sia il caso. Siamo tutti dotati di raziocinio ed in grado di vedere che a volte, anche grandi luminari, possono fare errori. Durante il Medio Evo, "ipse dixit" risolveva le controversie, ma penso che da allora si sia diventati un po' più coscienti delle nostre possibilità. E comunque anche allora lo "ipse dixit" non si applicava a cose che erano sotti gli occhi di tutti. Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico". giorgio varaldo ha detto: Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque.

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Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 2:40 Giampaolo, sto lavorando al computer su di un'altra cosa e vedo apparire in continuazione i tuoi messaggi. Mi spieghi quale è il senso della tua tirata? Ma ti rendi conto delle assurdità che scrivi? (Salvatore mi scriverebbe per dirmi che dovrei semplicemente smettere di risponderti). I Trattati sono la Costituzione europea, che ti piaccia o no. Come tutte le costituzioni possono essere cambiati con procedure che sono state volutamente rese complesse per non avere cambiamenti troppo rapidi e presi sotto la pressione di un avvenimento specifico e in, ogni caso, si cambiano se tutti sono d'accordo per cambiarli. Questo è giusto e sacrosanto e non vedo come si possa criticarlo. Per di più sbraiti contro i trattati attribuendo cose a chi ricorda che i trattati esistono che questi non hanno mai detto. Pensa tutto quello che vuoi sui difetti dei trattati attuali, ma esistono e si cambiano solo con certe procedure e se tutti sono d'accordo. Non accettare questa realtà priva le discussioni di ogni utilità. Possiamo sperare che i trattati europei attuali siano cambiati, ma è un fatto che le discussioni prendono anni e che su certi punti la maggioranza dei cittadini europei (dei quali tu non sai e non vuoi sapere nulla) non vuole i cambiamenti che vuoi tu. Poi c'è la paura dell'uscita della Gran Bretagna e quindi ogni persona con un minimo di conoscenze sull'Europa sa che non ci sarà nessuna dei trattati prima di cinque/sette anni se tutto va bene. Ignorare questo e come ragionare su di un anno di 471 giorni o sostenere che 2 + 2 faccia 6. Prova a rileggere quello che hai scritto. Giampaolo Carboniero ha detto: Ormai ogni discussione finisce col citare i nuovi idoli: i TRATTATI; cui bisogna tener fede aprioristicamente, fedeli e fiduciosi nel "verbo", nel paradiso futuro, nonostante la banale, quotidiana realta dimostri il contrario; in nome di tale fede l'Europa è andata in recessione, l'Italia sta lentamente smantellando tutto il sistema produttivo che alimentava la sua domanda interna; i debiti pubblici dei paesi continuano a crescere; si grida evviva per 90.000 posti di lavoro, dopo averne perso qualche milione; il resto del mondo corre, ci sollecita politiche espansive, ma non si può andare contro i TRATTATI, come nel basso medioevo, meglio morire che rinunciare alla propria fede.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 4:19 Un commento da La Repubblica di due giorni fa. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/02... Riporto per esteso la conclusione dell'articolo. "Ma c'è di peggio. Nel finale dell'articolo del New York Times , Varoufakis, chiede tempo e risorse per permettere al suo Paese di imbarcarsi in quelle riforme che gli permettano di costruire crescita e quindi di tornare ad essere in grado di ripagare il debito. La richiesta sarebbe assolutamente ragionevole se non fosse che anche essa suggerisce una incomprensione della situazione strategica in cui si trova la Grecia. I teorici dei giochi chiamano questa situazione inconsistenza temporale (Varoufakis lo sa certamente): avere risorse e tempo senza vincoli porterebbe il Paese a continuare per la strada intrapresa da anni ormai, cioè quella di non affrontare le riforme necessarie alla crescita, nell'attesa irresponsabile di aiuti esterni che permettano di evitarle. Anche quella di avere un sistema istituzionale e un capitale civico capace di mantenere promesse anche difficili da mantenere è una reputazione che richiede tempo e fatica a costruirsi per un Paese e che oggi la Grecia non ha. Se questa situazione non è certo da addebitarsi a questo governo, il populismo che ha portato Syriza a vincere le elezioni non aiuta certo a ricostruire questa reputazione."

Risposto da Lauro Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 7:41 Ops! Ovviamente intendevo avanzo primario.

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Lauro Colasanti ha detto: Abbassare la richiesta sul disavanzo primario per un anno, un anno mezzo.

Risposto da giorgio varaldo su 19 Febbraio 2015 a 8:12 sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico". giorgio varaldo ha detto: Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque.

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Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da paolo logli su 19 Febbraio 2015 a 9:23 Forse durante questa discussione si sarebbe potuto ricordare che i Trattati lasciano la porta aperta a una loro revisione,come è sempre successo nella vita dell'Unione e la cui necessità era anche riconosciuta dagli stessi negoziatori. Data l'urgenza di prendere delle decisioni, speriamo si arrivi a un compromesso tale da non mettere in dubbio l'accettazione delle regole attuali, ma si prepari il loro completamento, per evitare che il caso Grecia possa ripetersi in futuro.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 9:57 Paolo, ma certo che i Trattati possono essere cambiati. Ma tenuto conto della preoccupazione per l'uscita del Regno Unito vedi qualcuno disposto a proporre una revisione che inevitabilmente costituirebbe l'occasione per il RU e altri per diluire alcune delle disposizioni attuali? Vedi qualcuno disposto a riaprire il cantiere della dei Trattati prima di cinque o sette anni? Vedi poi una unanimità o una maggioranza di stati favorevoli a permettere alla BCE il finanziamento monetario dei disavanzi degli stati membri? paolo logli ha detto: Forse durante questa discussione si sarebbe potuto ricordare che i Trattati lasciano la porta aperta a una loro revisione,come è sempre successo nella vita dell'Unione e la cui necessità era anche riconosciuta dagli stessi negoziatori. Data l'urgenza di prendere delle decisioni, speriamo si arrivi a un compromesso tale da non mettere in dubbio l'accettazione delle regole attuali, ma si prepari il loro completamento, per evitare che il caso Grecia possa ripetersi in futuro.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 10:31 Un commento dalla stampa di oggi. One of the things they teach you in journalism school is that you should never presume to know what people are actually thinking. All we know is what Tsipras and Varoufakis are saying. Hence, it would be hard to infer that they are miscalculating. They may well have anticipated the current situation. It may well be the case that they are prepared for Grexit, or even seek it, but just want the eurozone to be seen as pushing them out. If that were the case, they would not be miscalculating. What we can say is that the attempt at trying to isolate Germany clearly failed. Traduzione. Una delle cose che vi insegnano nelle scuole di giornalismo è che non si può mai credere di sapere cosa gli altri pensino. Tutto quello che sappiamo è quello che Tsipras e Varoufakis stanno dicendo. Sarebbe quindi errato concludere che si stiano sbagliando. È perfettamente possibile che abbiano anticipato la situazione attuale. È possibile che abbiano messo in conto un'uscita della Grecia dall'euro o che la stiano deliberatamente provocando, ma cercando di far apparire che è l'eurozona che li sta cacciando via. Se le cose stanno così allora non starebbero sbagliando. Tutto quello che possiamo dire è che il loro tentativo di isolare la Germania non è riuscito.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 19 Febbraio 2015 a 10:34 Fabio ,

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mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, ma questo è proprio quello che la BCE, secondo i trattati non può fare. Questo sarebbe proprio il finanziamento monetario (cioè stampando moneta) delle spese di uno stato o di un gruppo di stati che non è possibile sulla base delle regole dell'Unione europea. Fare quello che dici richiederebbe una dei Trattati (se questa non ci fosse la Corte di Giustizia interverrebbe per bloccare ogni azione della BCE). Ma una dei Trattati richiede un accordo unanime che non mi sembra possibile. A dir la verità non solo non mi sembra possibile avere l'unanimità su di una tale proposta, ma probabilmente non si avrebbe nemmeno l'accordo di una maggioranza degli stati membri. Anche per quanto riguarda il signoraggio non cambia molto. Oggi i guadagni del signoraggio vanno ai goveni dell'eurozona attraverso le loro banche centrali nazionali. Se il rimborso di alcuni titoli non pagati fosse colmato dalla BCe con i guadagni dal signoraggio questi sarebbero soldi in meno che andrebbero agli stati membri. Quindi alla fine le perdite sarebbero sempre a carico degli stati membri. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio certo che la natura è eguale . Quando parlo dell'intervento della BCE per la sottoscrizione dei titoli eventualmente non collocati agli investitori è per ottenere il risultato che per tutto il tempo del rimborso da parte del debitore principale ( la Grecia ) non vi sia un reale esborso di cassa ma solo un impegno di firma da parte dei vari stati membri creditori. Quello a cui vorrei arivare è questo : la riduzione totale dell'esborso monetario sopportato ( grazie alle nuove emisisoni comuni e la monetizzazione della BCE) . Il ricavato non va alla Grecia ma permette il rimborso monetario ai vari stati membri di quello che hanno a suo tempo prestato che a loro volta riducono di pari importo il proprio debito nazionale emesso allo scopo Da debito di cassa a debito di firma: Il costo dell'operazione va imputato naturalmente alla Grecia nel lungo periodo . Tutto quello che non verrà rimborsato dalla Grecia ( e non capisco perchè nel lungo periodo non possa essere rimborsato ) va monetizzato dalla BCE e posto come debito di lunghissima durata rimborsabile con eventuali utili degli investimenti comuni dell'eurozona ( compreso il signoraggio sill'emissione della moneta). Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica.

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Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 10:38 http://www.repubblica.it/economia/2015/02/13/news/grexit_l_italia_r...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 19 Febbraio 2015 a 10:56 desidero aggiungere che la diversità fra i livelli d'integrazione coi singoli paesi è evidente e pertanto sono da individuare presto o tardi dei livelli esclusivamente commerciali da livelli più complesi come è stato quello della scelta dei paesi dell'eurozona ,La vicenda della GB mi sembra che risponda a questa esigenza di diversificazione dei livelli d'integrazione . Si può avere interesse a ìgodere di vantaggi commericali europei ma di non far parte di istiutuzioni politiche più vincolanti . Al contrario alcuni paesi ( l'Eurozona?) posisono avere bisogno di una maggiore integrazione ? Quello che voglio dire è che il percorso europeo è ogni volta da rivedere e da reinventare in relazione con il mutamento dei tempi , delle esigenze e della realtà che ci circonda e con essa tutto ,anche i trattati . Oggi spesso la contrarietà verso l'Europa da parte di larghi strati della popolazione dei diversi paesi e la loro richiesta di meno Europa nasce proprio dall'incapacità di fare nuovi passi insieme . Questo porta molti alla sfiducia ed alla voglia di fare da soli. Vi è una grande responsabilità da parte dei governanti degli stati pilota per il percorso fatto , per la storia di maggiore integrazione effettuata e per la forza delle propria realtà economica e sociale di affrontare le sfide dei nostri tempi . I trattati si valutano e si cambiano A volte se è necessario vengono momentaneamente trasgrediti per essere poi nuovamente riaffermati con le opportune modifiche. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto

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Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 11:03 Giuseppe, già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, ma questo è proprio quello che la BCE, secondo i trattati non può fare. Questo sarebbe proprio il finanziamento monetario (cioè stampando moneta) delle spese di uno stato o di un gruppo di stati che non è possibile sulla base delle regole dell'Unione europea. Fare quello che dici richiederebbe una dei Trattati (se questa non ci fosse la Corte di Giustizia interverrebbe per bloccare ogni azione della BCE). Ma una dei Trattati richiede un accordo unanime che non mi sembra possibile. A dir la verità non solo non mi sembra possibile avere l'unanimità su di una tale proposta, ma probabilmente non si avrebbe nemmeno l'accordo di una maggioranza degli stati membri. Anche per quanto riguarda il signoraggio non cambia molto. Oggi i guadagni del signoraggio vanno ai goveni dell'eurozona attraverso le loro banche centrali nazionali. Se il rimborso di alcuni titoli non pagati fosse colmato dalla BCe con i guadagni dal signoraggio questi sarebbero soldi in meno che andrebbero agli stati membri. Quindi alla fine le perdite sarebbero sempre a carico degli stati membri. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio certo che la natura è eguale . Quando parlo dell'intervento della BCE per la sottoscrizione dei titoli eventualmente non collocati agli investitori è per ottenere il risultato che per tutto il tempo del rimborso da parte del debitore principale ( la Grecia ) non vi sia un reale esborso di cassa ma solo un impegno di firma da parte dei vari stati membri creditori. Quello a cui vorrei arivare è questo : la riduzione totale dell'esborso monetario sopportato ( grazie alle nuove emisisoni comuni e la monetizzazione della BCE) . Il ricavato non va alla Grecia ma permette il rimborso monetario ai vari stati membri di

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quello che hanno a suo tempo prestato che a loro volta riducono di pari importo il proprio debito nazionale emesso allo scopo Da debito di cassa a debito di firma: Il costo dell'operazione va imputato naturalmente alla Grecia nel lungo periodo . Tutto quello che non verrà rimborsato dalla Grecia ( e non capisco perchè nel lungo periodo non possa essere rimborsato ) va monetizzato dalla BCE e posto come debito di lunghissima durata rimborsabile con eventuali utili degli investimenti comuni dell'eurozona ( compreso il signoraggio sill'emissione della moneta). Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica. Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 11:12 Giuseppe, molti paesi ti risponderebbero: "Io ho sottoscritto un trattato a certe condizioni. Quando ho sottoscritto il trattato per l'unione commerciale non c'era (e non c'è oggi) una clausola che stipulava che per partecipare all'unione commerciale si doveva far anche parte di un'unione più politica. C'era solo la frase generica che diceva che stavamo tutti lavorando per un'unione sempre più stretta. Bella aspirazione senza nessun valore vincolante. Ogni nuovo passo avanti è basato sull'accordo di tutti e io non ci sto. Punto e fine della storia." In ogni caso, il libero commercio è nell'interesse di tutti, indipendentemente dall'esistenza di un'unione politica. Una minaccia di ritirarsi dal libero commercio se non si facessero progressi verso l'unione politica non sarebbe credibile. Il paese che la facesse si darebbe talmente la zappa sui piedi, da non essere credibile. Al momento il Regno Unito sta chiedendo una rinegoziazione dei Trattati per ridurre il grado di integrazione già raggiunto e ottenere, almeno per se, varie scappatoie. Se si entrasse in questa discussione ci sarebbero poi almeno tre o quattro altri paesi che seguirebbero il Regno Unito su questa strada. Per questo motivo nessuno vuole re i Trattati adesso perché il governo Cameron sarebbe obbligato ad utilizzare l'occasione per chiedere non un'approfondimento dell'Unione, ma una sua diluzione. Giuseppe Ardizzone ha detto: desidero aggiungere che la diversità fra i livelli d'integrazione coi singoli paesi è evidente e pertanto sono da individuare presto o tardi dei livelli esclusivamente commerciali da livelli più complesi come è stato quello della scelta dei paesi dell'eurozona ,La vicenda della GB mi sembra che risponda a questa esigenza di diversificazione dei livelli d'integrazione . Si può avere interesse a ìgodere di vantaggi commericali europei ma di non far parte di istiutuzioni politiche più vincolanti . Al contrario alcuni paesi ( l'Eurozona?) posisono avere bisogno di una maggiore integrazione ? Quello che voglio dire è che il percorso europeo è ogni volta da rivedere e da reinventare in relazione con il mutamento dei tempi , delle esigenze e della realtà che ci circonda e con essa tutto ,anche i trattati . Oggi spesso la contrarietà verso l'Europa da parte di larghi strati della popolazione dei diversi paesi e la loro richiesta di meno Europa nasce proprio dall'incapacità di fare nuovi passi insieme . Questo porta molti alla sfiducia ed alla voglia di fare da soli. Vi è una grande responsabilità da parte dei governanti degli stati pilota per il percorso fatto , per la storia di maggiore integrazione effettuata e per la forza delle propria realtà economica e sociale di affrontare le sfide dei nostri tempi . I trattati si valutano e si cambiano A volte se è necessario vengono momentaneamente trasgrediti per essere poi nuovamente riaffermati con le opportune modifiche. Giuseppe Ardizzone ha detto:

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Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 12:23 Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da giorgio varaldo su 19 Febbraio 2015 a 13:07 Ok se afferma concetti a noi favorevoli e' attendibile se afferma concetti a noi sfavorevoli non e' attendibile provar a ragionare con la propria testa analizzando i dati e' troppo difficile? Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato.

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giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 13:18 Mi piace e mi dispiace allo stesso tempo la dicotomia che leggo quando si analizza la situazione italiana e quella europea; da una parte si vogliono riforme veloci, radicali, a tutti i costi, anche con i soli voti della maggioranza, mentre a livello europeo si difende a spada tratta lo status quo, constatandone l'impossibilità del cambiamento e giustificandola in varia maniera, nonostante, nello stesso tempo, se ne riconoscano le tante, a volte, conseguenze negative. Non capisco come non si riesca a riconoscere la stessa necessità in entrambi i casi.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 13:36 Il problema sorge quando qualcuno considera un pensiero, non diverso, per varie considerazioni ante e post, ma sbagliato, appunto, corbellerie, frutti di ideologismi vari, quando proprio tali atteggiamenti sono configurabili come ideologie, atti di fede in formule costruite funzionalmente per ottenere certi risultati. Sandra Del Fabro ha detto: Quindi deduco che anche TU puoi sbagliare. Non contesterei la preparazione degli apostoli del libero mercato, non direi che dicono "corbellerie", direi solo che la pensano DIVERSAMENTE Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, Krugman non parla del fatto che la Grecia sta chiedendo un nuovo prestito. Il Sole24Ore di martedi ne ha perfino quantificato i termini (60 miliardi per soddisfare tutte le richieste del programma di Syriza). Per sapere che la Grecia sta richiedendo un prestito basta leggere attentamente i giornali. Il nobel per l'economia è stato dato anche a Friedrich Hayek e Milton Friedmann, gli apostoli del libero mercato, a Myron Scholes a Robert Merton per il loro lavoro sui derivati, e a Markovitz, Miller e Shape per il loro lavoro sull'economia finanziaria. Spero che quando li citerò mostrerai per loro il dovuto rispetto. Più seriamente, non ti sembra infantile discutere di qualcosa sulla base dell'autorità di chi fa le affermazioni? Io ho lavorato con Romano Prodi e lo ammiro come politico, economista e uomo, ma non esisto un secondo a dire che sbaglia se penso che questo sia il caso. Siamo tutti dotati di raziocinio ed in grado di vedere che a volte, anche grandi luminari, possono fare errori. Durante il Medio Evo, "ipse dixit" risolveva le controversie, ma penso che da allora si sia diventati un po' più coscienti delle nostre possibilità. E comunque anche allora lo "ipse dixit" non si applicava a cose che erano sotti gli occhi di tutti. Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico". giorgio varaldo ha detto:

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Non ho la stessa preparazione economica di fabio ma le cavolate di krugman nel mio piccolo le avevo evidenziate pure io.. sandra si può dissentire in termine di concetti ma non di numeri in tal caso non si tratta di dissenso bensì di cavolate. Sandra Del Fabro ha detto: Fabio, puoi avere le tue opinioni personali ma non mi pare corretto attribuire a Paul Krugman "corbellerie imbarazzanti" Non puoi davvero credere di avere la verità (quale verità?) in tasca. Quella di Krugman è una interpretazione DIVERSA dalla tua, diversa nell'interpretazione generale, non nei particolari della trattativa. Fabio Colasanti ha detto: Laura, l'articolo di Paul Krugman prova che si può aver vinto un premio Nobel di economia e aver scritti ottimi libri e, sotto la spinta della passione politica, scrivere delle corbellerie imbarazzanti. Paul Krugman deve aver scritto l'articolo nello stesso tempo in cui io scrivo uno dei miei post e negli ultimi giorni non sembra aver letto sulla crisi greca molto più che i titoli dei giornali. La sua ricostruzione è veramente semplicistica ed il raffronto con il caso delle riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale è indegno. La sua ricostruzione presenta la discussione attuale come una in cui dei creditori avidi siano intenti ad estrarre ogni euro possibile dalla Grecia e si stiano sbagliando nei loro conti. La realtà della discussione attuale è ben diversa. Il nuovo governo greco si è presentato ai creditori con due posizioni chiare: a) i 195 miliardi che ci avete prestato (che nel frattempo sono stati ridotti di fatto a 140/150) non ve li vogliamo restituire integralmente; b) nel frattempo vogliamo che ci prestiate altri 60 miliardi (il Sole 24Ore di ieri ha presentato il dettaglio di come si arriva a questa cifra, come minimo). E, en passant, accusa i principali creditori di essere dei nazisti che stanno riflettendo se fare sapone con il grasso dei greci o fare concimi con le loro ceneri. Sul primo punto i creditori dicono "niet", che significa che comunque il rimborso sarà parziale, ma con un costo scaglionato su decenni. Sul secondo dicono: vi prestiamo ancora 10/15 miliardi (quello che era già più o meno previsto), forse possiamo arrivare a 20/30, ma a condizione che continuiate a fare le riforme per rilanciare l'economia. Nessuno ha detto una parola contro la richiesta di misure socialmente più eque. Nel mio post precedente ho spiegato chiaramente in che maniera si raggiungerà l'accordo probabile.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 19 Febbraio 2015 a 13:41 Tutto dipende da quali dati si prendono in considerazione e in che scala di priorità si inseriscono; Veronesi è anche favorevole all'eutanasia, alla legalizzazione delle droghe cosiddette leggere, ecct., ma non mi pare che queste diverse posizioni vengano considerate altrettanto attendibili; perchè afferma posizioni non favorevoli? giorgio varaldo ha detto: Ok se afferma concetti a noi favorevoli e' attendibile se afferma concetti a noi sfavorevoli non e' attendibile provar a ragionare con la propria testa analizzando i dati e' troppo difficile? Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto:

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sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 14:20 Giampaolo, La discussione sull'articolo di Paul Krugman è diventata ridicola. Giorgio ha riassunto molto bene la maniera come tu e Sandra giudicate le dichiarazioni di personalità conosciute. Nel caso di Paul Krugman la cosa è abbastanza semplice. Sono uno dei tanti che hanno pensato che il premio Nobel a Krugmam sia anche arrivato in ritardo. Ha scritto molti libri con analisi penetranti degli sviluppi economici degli ultimi decenni. Ma Paul Krugman da qualche anno è diventato un animale politico. Scrive regolarmente articoli sulle proposte di politica economica dei repubblicani USA usando un linguaggio che forse nel nostro circolo sarebbe censurato. Recentemente ha scritto un paio di articoli di osanna della politica economica di Barack Obama che mi sono sembrati francamente eccessivi. L'economia americana si sta certo riprendendo, ma ci sono ancora parecchi rischi, non tutti sentono ancora i benefici della ripresa, e – in ogni caso – questa non è dovuta unicamente al governo in carica. Paul Krugman dallo scoppio della crisi in Europa è molto critico della Germania e delle istituzioni europee per il fatto che la prima non sostiene la sua domanda e che le seconde non lo richiedono in maniera più decisa. Krugman ha scritto molti articoli giusti nella sostanza ed esagerati nel linguaggio. L'articolo di cui stiamo discutendo, va però troppo in la. Non dire che non si sta discutendo quanto la Grecia deve rimborsare, ma di quanto sarà il nuovo prestito che le si farà è grave. Sarebbe grave che non l'abbia saputo, ma se aveva l'informazione non presentarla nell'articolo è ancora più grave. Fare un raffronto con l'occupazione francese della Ruhr per ottenere il pagamento delle riparazioni è un opinione come un'altra, ma io la trovo di pessimo gusto. L'ha probabilmente usata per rafforzare la sua presentazione assolutamente falsa di un gruppo di creditori intenti a tirare fuori il sangue dalla Grecia. Rimando all'articolo di Bisin de La Repubblica (altro organo reazionario secondo alcuni) che ho postato sulla necessità di condizioni e di limiti temporali.

Risposto da giorgio varaldo su 19 Febbraio 2015 a 15:40 Infatti evito sempre di portare nomi famosi a sostegno delle mie tesi e nell'unico riferimento da me sino ad ora fatto - emiliano brancaccio - specifico sempre il riferimento a brancaccio ricercatore esperto di analisi statistica multivariata e non al brancaccio politico. Se non sono in grado di sostenerle da solo significa non sono preparato in merito . E se non sono preparato su un argomento evito di discuterne. Giampaolo Carboniero ha detto: Tutto dipende da quali dati si prendono in considerazione e in che scala di priorità si inseriscono; Veronesi è anche favorevole all'eutanasia, alla legalizzazione delle droghe cosiddette leggere, ecct., ma non mi pare che queste diverse posizioni vengano considerate altrettanto attendibili; perchè afferma posizioni non favorevoli? giorgio varaldo ha detto:

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Ok se afferma concetti a noi favorevoli e' attendibile se afferma concetti a noi sfavorevoli non e' attendibile provar a ragionare con la propria testa analizzando i dati e' troppo difficile? Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 17:15 La crisi greca si sta aggravando. Il governo greco ha scritto una lettera dove chiede l'estensione degli accordi precedenti per sei mesi (cosa che significa che la Grecia riceverebbe nuovi prestiti), ma senza dire nulla sul rispetto delle condizioni che erano state imposte per questi prestiti. La Germania ha già dato una risposta negativa prima ancora della riunione dell'eurogruppo (cosa che ritengo un grave errore politico, la Germania si mette da sola nel ruolo del "cattivo" della farsa). Il problema di fondo è sempre lo stesso: la Grecia continua a dire come ha detto dal primo giorno di attività del nuovo governo, "Dateci i soldi che erano previsti, ma noi non ci impegnamo a rispettare le condizioni che erano state imposte per la loro concessione" (nel gergo greco, il "memorandum"). Nella lettera ci sono concessioni, come il fatto di continuare a lavorare sotto la supervisione di Commissione europea, BCE e FMI (non più chiamati "troika"), ma non c'è nulla su cosa la "troika" dovrebbe supervisionare perché la lettera fa intendere che tutto questo dovrà essere rinegoziato nei prossimi mesi. I creditori comprensibilmente dicono: "Ti abbiamo prestato soldi a condizione che tu risanassi la tua economia. Adessi ci chiedi di continuare a pagare per almeno sei mesi senza sapere se tu farai veramente il necessario per risanare l'economia; anzi ci dici che vuoi ridiscutere sulle cose da fare. Questo non è accettabile". La cosa è complicata dal fatto che tanti (Junker e qualche altro primo ministro) cercano di dire che si sta raggiungendo un accordo. A volte il ripeterlo, aiuta effettivamente. Ma a me sembra che si sia ancora al punto di partenza. L'unica cosa che è diventata chiara è che il taglio del debito non è mai stato un problema e non viene nemmeno discusso (non cambierebbe nulla ai programmi economici del governo attuale visto che la prima scadenza è prevista per il 2024). Tutti sanno che l'accordo prevederà un obiettivo meno ambizioso per l'avanzo primario della Grecia di quello contenuto nell'accordo attuale (anche se questo significa che la Grecia avrà bisogno di ancora più soldi). La vera discussione che ancora non si riesce a fare è quella sulle misure economiche che il governo greco prenderà. In articoli di giornale Yanis Varoufakis ha perfino scritto che la vendita del porto del Pireo si farà e che le riforme continueranno. Ma l'ala sinistra di Syriza ancora non accetta questo.

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Il dramma attuale è che sarebbe necessario di parlare delle cose concrete che il governo greco deve fare, ma questo si sente ancora in campagna elettorale e non è ancora in condizioni di cominciare una discussione seria al suo interno e non può quindi, evidentemente, discuterne con i partner europei.

Risposto da Romano Meloni su 19 Febbraio 2015 a 18:12 Segnalo qui un articolo de Lavoce.info di qualche giorno fa, che propone una spiegazione interessante di come si muovono greci e tedeschi nella conduzione del negoziato: http://www.lavoce.info/archives/33121/sottile-linea-rossa-delleuro/ Fabio Colasanti ha detto: La crisi greca si sta aggravando. Il governo greco ha scritto una lettera dove chiede l'estensione degli accordi precedenti per sei mesi (cosa che significa che la Grecia riceverebbe nuovi prestiti), ma senza dire nulla sul rispetto delle condizioni che erano state imposte per questi prestiti. La Germania ha già dato una risposta negativa prima ancora della riunione dell'eurogruppo (cosa che ritengo un grave errore politico, la Germania si mette da sola nel ruolo del "cattivo" della farsa). Il problema di fondo è sempre lo stesso: la Grecia continua a dire come ha detto dal primo giorno di attività del nuovo governo, "Dateci i soldi che erano previsti, ma noi non ci impegnamo a rispettare le condizioni che erano state imposte per la loro concessione" (nel gergo greco, il "memorandum"). Nella lettera ci sono concessioni, come il fatto di continuare a lavorare sotto la supervisione di Commissione europea, BCE e FMI (non più chiamati "troika"), ma non c'è nulla su cosa la "troika" dovrebbe supervisionare perché la lettera fa intendere che tutto questo dovrà essere rinegoziato nei prossimi mesi. I creditori comprensibilmente dicono: "Ti abbiamo prestato soldi a condizione che tu risanassi la tua economia. Adessi ci chiedi di continuare a pagare per almeno sei mesi senza sapere se tu farai veramente il necessario per risanare l'economia; anzi ci dici che vuoi ridiscutere sulle cose da fare. Questo non è accettabile". La cosa è complicata dal fatto che tanti (Junker e qualche altro primo ministro) cercano di dire che si sta raggiungendo un accordo. A volte il ripeterlo, aiuta effettivamente. Ma a me sembra che si sia ancora al punto di partenza. L'unica cosa che è diventata chiara è che il taglio del debito non è mai stato un problema e non viene nemmeno discusso (non cambierebbe nulla ai programmi economici del governo attuale visto che la prima scadenza è prevista per il 2024). Tutti sanno che l'accordo prevederà un obiettivo meno ambizioso per l'avanzo primario della Grecia di quello contenuto nell'accordo attuale (anche se questo significa che la Grecia avrà bisogno di ancora più soldi). La vera discussione che ancora non si riesce a fare è quella sulle misure economiche che il governo greco prenderà. In articoli di giornale Yanis Varoufakis ha perfino scritto che la vendita del porto del Pireo si farà e che le riforme continueranno. Ma l'ala sinistra di Syriza ancora non accetta questo. Il dramma attuale è che sarebbe necessario di parlare delle cose concrete che il governo greco deve fare, ma questo si sente ancora in campagna elettorale e non è ancora in condizioni di cominciare una discussione seria al suo interno e non puòquindi, evidentemente, discuterne con i partner europei.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 19 Febbraio 2015 a 18:30 Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe,

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già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, ma questo è proprio quello che la BCE, secondo i trattati non può fare. Questo sarebbe proprio il finanziamento monetario (cioè stampando moneta) delle spese di uno stato o di un gruppo di stati che non è possibile sulla base delle regole dell'Unione europea. Fare quello che dici richiederebbe una dei Trattati (se questa non ci fosse la Corte di Giustizia interverrebbe per bloccare ogni azione della BCE). Ma una dei Trattati richiede un accordo unanime che non mi sembra possibile. A dir la verità non solo non mi sembra possibile avere l'unanimità su di una tale proposta, ma probabilmente non si avrebbe nemmeno l'accordo di una maggioranza degli stati membri. Anche per quanto riguarda il signoraggio non cambia molto. Oggi i guadagni del signoraggio vanno ai goveni dell'eurozona attraverso le loro banche centrali nazionali. Se il rimborso di alcuni titoli non pagati fosse colmato dalla BCe con i guadagni dal signoraggio questi sarebbero soldi in meno che andrebbero agli stati membri. Quindi alla fine le perdite sarebbero sempre a carico degli stati membri. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio certo che la natura è eguale . Quando parlo dell'intervento della BCE per la sottoscrizione dei titoli eventualmente non collocati agli investitori è per ottenere il risultato che per tutto il tempo del rimborso da parte del debitore principale ( la Grecia ) non vi sia un reale esborso di cassa ma solo un impegno di firma da parte dei vari stati membri creditori. Quello a cui vorrei arivare è questo : la riduzione totale dell'esborso monetario sopportato ( grazie alle nuove emisisoni comuni e la monetizzazione della BCE) . Il ricavato non va alla Grecia ma permette il rimborso monetario ai vari stati membri di quello che hanno a suo tempo prestato che a loro volta riducono di pari importo il proprio debito nazionale emesso allo scopo Da debito di cassa a debito di firma: Il costo dell'operazione va imputato naturalmente alla Grecia nel lungo periodo .

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Tutto quello che non verrà rimborsato dalla Grecia ( e non capisco perchè nel lungo periodo non possa essere rimborsato ) va monetizzato dalla BCE e posto come debito di lunghissima durata rimborsabile con eventuali utili degli investimenti comuni dell'eurozona ( compreso il signoraggio sill'emissione della moneta). Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, una parte dei prestiti alla Grecia è già stata finanziata con emissioni dirette del fondo salva-stati. Ma le quote di ogni paese in questo fondo sono esattamente le stesse nelle quali ogni paese ha contribuito al resto dei prestiti. La parte non rimborsata dalla Grecia (compresa quella già decisa) sarà a carico dei contribuenti nazionali esattamente nella stessa maniera che i titoli siano stati emessi dai paesi singolarmente o che siano stati emessi dal fondo salva-stati. Questo è il motivo per il quale in tutte le presentazioni non si distingue tra prestiti bilaterali e via il fondo salva stati. La natura economica è identica. Giuseppe Ardizzone ha detto: Aggiungo ancora che questa prima volta per un debito diretto dei paesi dell'eurozona e non degli altri porrebbe per la prima volta anche la possibilità di stabilire misure di sviluppo comune aggiuntive alle politiche nazionali di fronte alle quali si potrebbe ridiscutere la ridefinizione dei parametri di bilancio finanziari dei paesi dell'area e delle regole più precise per affrontare un possibile futuro default.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 19 Febbraio 2015 a 18:50 MI sembra che diciamo le stesse cose . Non è detto che tutti i partecipanti dell'unione commerciale debbano partecipare ad un 'accelerazione dell'unità politica e tra l'altro a mio avvioso dovrebbe proprio essere limitata ai paesi dell'eurozona . Inoltre al momento non dovrebbe essre richiesto alcun cambiamento ma semplicemente un modo diverso di operare con fondi di ordine reale superiore (almeno 500MM) destinati a progetti europei attuati e gestiti centralmente coordinando le risorse tecniche dei singoli paesi su cui può ricadere l'investimento . nell'ottica di un sosstegno forte alla ripresa della domanda interna europeo : Io personalmente penso ad investtimenti in centrali energetiche e gassificatori per migliorare l'indipendenza energetica dell'eurozona.; ma, sen'altro posso sbagliarmi e forse va fatto altro . Il principio comunque non mi sembra particolarmente complicato se gli stati dell'eurozona decidono insieme di fare dei progetti comuni a debito comune ut8ilizzando subito almeno 500 MM di quell'operazione di quantitative easing che partirà a febbraio . In sostanza l'operazione che prevede un intervento di 1500 MM in ca un anno e mezzo /due dovrebbe a mio avviso essere suddivisa fra 300MM di acquisto titoli emessi fondo salva stati (cfr creditori grecia) 500MM nuovo piano investimenti diretti europei concordati tecnicamente con i diversi stati eurozona e 700MM secondo la programmazione originale prevista dalla BCE. Non vedo il perchè delle controindicazioni . Sono soldi già decisi per acquisto titoli di stato e che la BCE sta per spendere : E' una diversificazione di questa spesa. per i 300MM che consentirebbe agli stati dell'eurozona di monetizzare imemdiatamente il credito verso la grecia ( una sorta di anticipazione sul credito con modalità particolari ed in sostituzione dei titoli emessi sul mercato singolarmente da ogni paese) e 500MM sarebbero subuito una.liquidtà operativa invece di arrivare alle imprese a pioggia ( sempre che il processo sia facile e lineare) attaverso l'aumento di liquidità del sistema . Non richiede al momento nessuna particolare forma di unità politica diversa , Certo bisogna utilizzare un contenitore allo scopo per l'emissione dei titoli per lo sviluppo e da cui partono i finanziamenti per i progetti con accordi intergovernativi. : . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, molti paesi ti risponderebbero: "Io ho sottoscritto un trattato a certe condizioni. Quando ho sottoscritto il trattato per l'unione commerciale non c'era (e non c'è oggi) una clausola che stipulava che per partecipare all'unione commerciale si doveva far anche parte di un'unione più politica. C'era solo la frase generica che diceva che stavamo tutti lavorando per un'unione sempre più stretta. Bella aspirazione senza nessun valore vincolante. Ogni nuovo passo avanti è basato sull'accordo di tutti e io non ci sto. Punto e fine della storia." In ogni caso, il libero commercio è nell'interesse di tutti, indipendentemente dall'esistenza di un'unione politica. Una minaccia di ritirarsi dal libero commercio se non si facessero progressi verso l'unione politica non sarebbe credibile. Il paese che la facesse si darebbe talmente la zappa sui piedi, da non essere credibile. Al momento il Regno Unito sta chiedendo una rinegoziazione dei Trattati per ridurre il grado di integrazione già raggiunto e ottenere, almeno per se, varie scappatoie. Se si entrasse in questa discussione ci sarebbero poi almeno tre

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o quattro altri paesi che seguirebbero il Regno Unito su questa strada. Per questo motivo nessuno vuole re i Trattati adesso perché il governo Cameron sarebbe obbligato ad utilizzare l'occasione per chiedere non un'approfondimento dell'Unione, ma una sua diluzione. Giuseppe Ardizzone ha detto: desidero aggiungere che la diversità fra i livelli d'integrazione coi singoli paesi è evidente e pertanto sono da individuare presto o tardi dei livelli esclusivamente commerciali da livelli più complesi come è stato quello della scelta dei paesi dell'eurozona ,La vicenda della GB mi sembra che risponda a questa esigenza di diversificazione dei livelli d'integrazione . Si può avere interesse a ìgodere di vantaggi commericali europei ma di non far parte di istiutuzioni politiche più vincolanti . Al contrario alcuni paesi ( l'Eurozona?) posisono avere bisogno di una maggiore integrazione ? Quello che voglio dire è che il percorso europeo è ogni volta da rivedere e da reinventare in relazione con il mutamento dei tempi , delle esigenze e della realtà che ci circonda e con essa tutto ,anche i trattati . Oggi spesso la contrarietà verso l'Europa da parte di larghi strati della popolazione dei diversi paesi e la loro richiesta di meno Europa nasce proprio dall'incapacità di fare nuovi passi insieme . Questo porta molti alla sfiducia ed alla voglia di fare da soli. Vi è una grande responsabilità da parte dei governanti degli stati pilota per il percorso fatto , per la storia di maggiore integrazione effettuata e per la forza delle propria realtà economica e sociale di affrontare le sfide dei nostri tempi . I trattati si valutano e si cambiano A volte se è necessario vengono momentaneamente trasgrediti per essere poi nuovamente riaffermati con le opportune modifiche. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto

Risposto da Alessandro Bellotti su 19 Febbraio 2015 a 18:54 Veronesi era stato messo a capo dell'sicurezza per il nucleare italiano' non perchè ne sapesse qualcosa di centrali, di fissione, di EPR etc.. ma perchè evidentemente era la sua presenza a rassicurare il paese. Anche perchè di EPR, anche oggi, ne sappiamo pochino pochino, visto che devono ancora andare in funzione nel mondo. La carica di Veronesi non c'entrava nulla con il nucleare italiano. Ho attaccato anch'io pesantemente non tanto ovviamente l'oncologo ma le dichiarazioni assurde che Veronesi stesso andava blaterando per il paese, forte del suo aspetto rassicurante. Da questo punto di vista, il mio parere è che l'uomo Veronesi si è prestato a una campagna pro-nucleo francamente indisponente e soprattutto irresponsabile.

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La mia posizione sul nucleare è nota: nucleare sicuro ma antieconomico, soprattutto le centrali EPR di produzione francese. I fatti mi hanno poi dato ragione... Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da Alessandro Bellotti su 19 Febbraio 2015 a 18:58 La Grecia è andata in default 3 anni fa. Non ha i numeri per ripagare e soprattutto per sostenere il debito. Sai come la penso anche per l'Italia il cui debito non potrà che crescere rispetto al PIL nei prossimi anni per cui vedo male anche l'ex Belpaese... Siamo già al 140% sul PIL... Con interessi da pagare, quest'anno, che valgono il 3,5% del PIL..... Fabio Colasanti ha detto: La crisi greca si sta aggravando. Il governo greco ha scritto una lettera dove chiede l'estensione degli accordi precedenti per sei mesi (cosa che significa che la Grecia riceverebbe nuovi prestiti), ma senza dire nulla sul rispetto delle condizioni che erano state imposte per questi prestiti. La Germania ha già dato una risposta negativa prima ancora della riunione dell'eurogruppo (cosa che ritengo un grave errore politico, la Germania si mette da sola nel ruolo del "cattivo" della farsa). Il problema di fondo è sempre lo stesso: la Grecia continua a dire come ha detto dal primo giorno di attività del nuovo governo, "Dateci i soldi che erano previsti, ma noi non ci impegnamo a rispettare le condizioni che erano state imposte per la loro concessione" (nel gergo greco, il "memorandum"). Nella lettera ci sono concessioni, come il fatto di continuare a lavorare sotto la supervisione di Commissione europea, BCE e FMI (non più chiamati "troika"), ma non c'è nulla su cosa la "troika" dovrebbe supervisionare perché la lettera fa intendere che tutto questo dovrà essere rinegoziato nei prossimi mesi. I creditori comprensibilmente dicono: "Ti abbiamo prestato soldi a condizione che tu risanassi la tua economia. Adessi ci chiedi di continuare a pagare per almeno sei mesi senza sapere se tu farai veramente il necessario per risanare l'economia; anzi ci dici che vuoi ridiscutere sulle cose da fare. Questo non è accettabile". La cosa è complicata dal fatto che tanti (Junker e qualche altro primo ministro) cercano di dire che si sta raggiungendo un accordo. A volte il ripeterlo, aiuta effettivamente. Ma a me sembra che si sia ancora al punto di partenza. L'unica cosa che è diventata chiara è che il taglio del debito non è mai stato un problema e non viene nemmeno discusso (non cambierebbe nulla ai programmi economici del governo attuale visto che la prima scadenza è prevista per il 2024). Tutti sanno che l'accordo prevederà un obiettivo meno ambizioso per l'avanzo primario della Grecia di quello contenuto nell'accordo attuale (anche se questo significa che la Grecia avrà bisogno di ancora più soldi). La vera

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discussione che ancora non si riesce a fare è quella sulle misure economiche che il governo greco prenderà. In articoli di giornale Yanis Varoufakis ha perfino scritto che la vendita del porto del Pireo si farà e che le riforme continueranno. Ma l'ala sinistra di Syriza ancora non accetta questo. Il dramma attuale è che sarebbe necessario di parlare delle cose concrete che il governo greco deve fare, ma questo si sente ancora in campagna elettorale e non è ancora in condizioni di cominciare una discussione seria al suo interno e non puòquindi, evidentemente, discuterne con i partner europei.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 19 Febbraio 2015 a 19:01 tremendamente lucido Romano Meloni ha detto: Segnalo qui un articolo de Lavoce.info di qualche giorno fa, che propone una spiegazione interessante di come si muovono greci e tedeschi nella conduzione del negoziato: http://www.lavoce.info/archives/33121/sottile-linea-rossa-delleuro/ Fabio Colasanti ha detto: La crisi greca si sta aggravando. Il governo greco ha scritto una lettera dove chiede l'estensione degli accordi precedenti per sei mesi (cosa che significa che la Grecia riceverebbe nuovi prestiti), ma senza dire nulla sul rispetto delle condizioni che erano state imposte per questi prestiti. La Germania ha già dato una risposta negativa prima ancora della riunione dell'eurogruppo (cosa che ritengo un grave errore politico, la Germania si mette da sola nel ruolo del "cattivo" della farsa). Il problema di fondo è sempre lo stesso: la Grecia continua a dire come ha detto dal primo giorno di attività del nuovo governo, "Dateci i soldi che erano previsti, ma noi non ci impegnamo a rispettare le condizioni che erano state imposte per la loro concessione" (nel gergo greco, il "memorandum"). Nella lettera ci sono concessioni, come il fatto di continuare a lavorare sotto la supervisione di Commissione europea, BCE e FMI (non più chiamati "troika"), ma non c'è nulla su cosa la "troika" dovrebbe supervisionare perché la lettera fa intendere che tutto questo dovrà essere rinegoziato nei prossimi mesi. I creditori comprensibilmente dicono: "Ti abbiamo prestato soldi a condizione che tu risanassi la tua economia. Adessi ci chiedi di continuare a pagare per almeno sei mesi senza sapere se tu farai veramente il necessario per risanare l'economia; anzi ci dici che vuoi ridiscutere sulle cose da fare. Questo non è accettabile". La cosa è complicata dal fatto che tanti (Junker e qualche altro primo ministro) cercano di dire che si sta raggiungendo un accordo. A volte il ripeterlo, aiuta effettivamente. Ma a me sembra che si sia ancora al punto di partenza. L'unica cosa che è diventata chiara è che il taglio del debito non è mai stato un problema e non viene nemmeno discusso (non cambierebbe nulla ai programmi economici del governo attuale visto che la prima scadenza è prevista per il 2024). Tutti sanno che l'accordo prevederà un obiettivo meno ambizioso per l'avanzo primario della Grecia di quello contenuto nell'accordo attuale (anche se questo significa che la Grecia avrà bisogno di ancora più soldi). La vera discussione che ancora non si riesce a fare è quella sulle misure economiche che il governo greco prenderà. In articoli di giornale Yanis Varoufakis ha perfino scritto che la vendita del porto del Pireo si farà e che le riforme continueranno. Ma l'ala sinistra di Syriza ancora non accetta questo. Il dramma attuale è che sarebbe necessario di parlare delle cose concrete che il governo greco deve fare, ma questo si sente ancora in campagna elettorale e non è ancora in condizioni di cominciare una discussione seria al suo interno e non puòquindi, evidentemente, discuterne con i partner europei.

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Risposto da giorgio varaldo su 19 Febbraio 2015 a 19:40 Questa trattativa apparentemente schizofrenica mi ricorda certi incontri di lavoro svolti nei paesi arabi. come diceva lauro colasanti se vuoi comperare qualcosa da quelle parti devi svilirne il valore in modo da far calare il prezzo. Ovvio il venditore deve andar con il sorriso a 36 denti ma a muso duro . Tranquillo dopo fiumi di the e sigarette a sfare quello acquista. Qualcosa devi cedere ma poco ed alla fine delle trattative. Se perdi il sangue freddo e cedi sei fritto ti spolpano sino all'osso. Ma alla fine ripeto alla fine delle trattative devi concedere qualcosina.. altrimenti l'acquirente non potrebbe dimostrare di aver fatto bene il proprio lavoro c'e' da preoccuparsi invece quando ti ridpondono no problem you' re my friend (storpiando volutamente la lingua di albione) a quel punto fai i bagagli e tornatene a casa tanto non ci ricaveresti nulla. quindi divertiamoci a far una previsione . Alla fine tsipras ed il pelato ministro accetteranno le condizioni UE meno qualcosina . Ed al ritorno in patria si dichiareranno vincitori proprio per aver strappato quel qualcosina

Risposto da Alberto Rotondi su 19 Febbraio 2015 a 22:00 I costi aggiornati sui siti ufficiali della comunità europea e del ministero dell'energia americano sono: nucleare 100 $ MWh gas 55 $ MWh (USA) 85 $ MWh (Europa) Carbone 85 $ MWh Alessandro Bellotti ha detto: Veronesi era stato messo a capo dell'sicurezza per il nucleare italiano' non perchè ne sapesse qualcosa di centrali, di fissione, di EPR etc.. ma perchè evidentemente era la sua presenza a rassicurare il paese. Anche perchè di EPR, anche oggi, ne sappiamo pochino pochino, visto che devono ancora andare in funzione nel mondo. La carica di Veronesi non c'entrava nulla con il nucleare italiano. Ho attaccato anch'io pesantemente non tanto ovviamente l'oncologo ma le dichiarazioni assurde che Veronesi stesso andava blaterando per il paese, forte del suo aspetto rassicurante. Da questo punto di vista, il mio parere è che l'uomo Veronesi si è prestato a una campagna pro-nucleo francamente indisponente e soprattutto irresponsabile. La mia posizione sul nucleare è nota: nucleare sicuro ma antieconomico, soprattutto le centrali EPR di produzione francese. I fatti mi hanno poi dato ragione... Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

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Risposto da Lauro Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 22:37 Ieri sera dibattito sulla trattative in un canale televisivo greco di non particolare importanza. Il conduttore dopo aver presentato gli ospiti introduce il tema dicendo: "L'Eurogroup vuole numeri precisi, ma noi non siamo numeri, siamo uomini" e lancia un servizio d'apertura su un anziano morto di freddo in una di queste notti...

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 23:20 Un'altra riflessione sul problema greco ispirata dai tanti articoli che in questi giorni parlano del fatto che il governo Tsipras abbia contribuito ad un recupero di orgoglio del popolo greco. Sembra essere un fatto che una larghissima parte del popolo greco si feliciti del fatto che ci sia un governo capace di dire "no" alle richieste degli stranieri. Questo fatto mostra sicuramente quanto la crisi abbia colpito lapsiche collettiva greca. Ma al tempo stesso mette in risalto una delle grandissime difficoltà che incontra la Grecia: la convinzione diffusissima che tutti i mali del paese siano dovuti alle manovre di agenti esterni. Lo storia del paese contribuisce certamente a spiegare la diffusione di questo sentimento. La Grecia ha veramentesofferto tanto per le azioni di tanti suoi vicini e di altre potenze esterne per gran parte della sua storia, ma al tempo stesso questo sentimentoimpedisce di riconoscere la natura del problemi del paese e diventa un filtro che nasconde la realtà. La Grecia è stata occupata per quattro secoli dall'impero ottomano la cui presenza si manifestava soprattutto nel prelievo di tasse. Non pagare le tasse era segno di patriottismo. In questo periodo si sono anche rinforzati i legami con la Russia che era vista come la potenza che avrebbe prima o poi abbattuto il potere ottomano e liberato i fratelli ortodossi greci. Il paese è diventato indipendente agli inizi del diciannovesimo secolo, ma in maniera fragile: avevano monarchie straniere e dipendevano dal volere delle grandi potenze. Per di più, i governi greci hanno fatto follie e sono spesso falliti portando i creditori a intervenire pesantemente negli affari interni. Le guerre balcaniche hanno dato qualche conforto, ma sono state seguite da quello che i greci stessi chiamano la "Catastrofe" con la C maiuscola, la fine tragica dell'avventura turca, con la distruzione e la perdita di Smirne e dell'Asia Minore e l'espulsione di un milione e mezzo di ortodossi (non tutti greci) dalla Turchia. Poi ci sono state l'invasione italiana – che anzi ha dato un po' di orgoglio al paese visto che l'hanno respinta in maniera molto efficace; il 28 ottobre, giorno del "No" all'ultimatum di Mussolini è ancora giorno di festa nazionale in Grecia – e quella tedesca. Dopo la seconda guerra mondiale la destra greca ha dato la colpa di tutti i mali del paese e dei due anni di guerra civile all'Unione Sovietica e la sinistra agli Stati Uniti. La Grecia è forse il paese europeo dove l'antiamericanismo è più radicato. E poi la Turchia rappresenta ancora oggi una minaccia, sicuramente esagerata, ma non inesistente. La storia influenza fortemente la maniera di pensare dei vari popoli, l'ho ricordato qualche giorno fa sottolineando come il motivo principale per l'unificazione europea che ha accumunato i sei paesi fondatori ("mai più la guerra") abbia un significato non molto forte per molti degli attuali 28 paesi membri. Ma la realtà è che la grandissima parte dei problemi economici della Grecia hanno un'origine interna, sono il risultato di scelte fatte dal popolo greco. Purtroppo la grande maggioranza della popolazione del paese non vuole riconoscerlo, in parte per questa abitudine storica a dare la colpa – spesso a ragione – agli stranieri, in parte perché non è facile riconoscere di fare errori e, soprattutto, rinunciare ai tanti piccoli vantaggi personali e settoriali che collettivamente paralizzano il paese. Ma questo rifiuto di riconoscere la realtà è un ostacolo enorme al superamento delle difficoltà greche. Le riforme saranno solo possibili se la maggioranza della popolazione greca riconoscerà che non possono andare avanti come hanno fatto finora. Giampaolo ricordava qualche giorno fa che la Grecia produce poco o nulla. Ha perfettamente

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ragione, l'industria greca è quasi inesistente. Ma questo significa che il paese puòpermettersi un livello di vita molto basso. I greci hanno dimenticato questà realtà fondamentale. Negli ultimi trenta anni del secolo scorso c'è stato un testa a testa tra Grecia e Portogallo su chi era il paese più povero dell'Unione europea. Purtroppo in seguito non è successo nulla che abbia cambiato questa realtà, la Grecia è rimasta un paese sostanzialmente povero. Eppure, nel 2008 il PIL pro capite greco aveva quasi raggiunto quello italiano (era pari al 98 per cento di quello italiano) grazie all'indebitamento privato e quello pubblico che avevano fatto crescere l'economia in maniera assolutamente artificiale. Un attimo di riflessione sulle strutture economiche die due paesi mostra che un reddito pro capite quasi uguale tra Italia e Grecia non è possibile, non è giustificato, non è sostenibile. Purtroppo i greci hanno conosciuto questo livello artificiale per un paio d'anni e pensano di dover ritornare a questo livello di vita. Oggi sono di nuovo ad un livello di vita paragonabile a quello del Portogallo (la situazione normale degli ultimi trenta/quaranta anni) ma lo imputano solo alle angherie esterne. Non vedo come uscire da questa situazione. Non vedo una presa di conoscenza generale nel paese della dimensione e della gravità dei problemi strutturali interni del paese. Senza questa presa di coscienza le riforme non sarannomai accettate. Gli economisti greci che si incontrano nei convegni sono tutti perfettamente in linea con le analisi fatte negli altri paesi, ma sono i primi a sottolineare la difficoltà a spiegare la situazione ad un'opinione pubblica esasperata che cerca solo un capro espiatorio straniero. Alexis Tsipras ha riconosciuto la forza di questo sentimento. Più mette le dita negli occhi dei partner europei, più aggrava i problemi del paese ma più viene osannato dalla maggioranza delpaese come la persona che ha il coraggio di dire no agli odiati stranieri. In molti articoli di colore di questi giorni, la frase che viene ripetuta più spesso è: "Siamo sul Titanic e l'iceberg è di fronte a noi. Ma almeno affonderemo con dignità"

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 23:35 Giuseppe, per emettere titoli comuni ("eurobonds") non bisogna cambiare i trattati. Ma se ne parla da almeno dieci anni e molto di più dopo l'inizio della crisi e una gran parte dei paesi dell'eurozona continua a non volerne assolutamente sentire parlare. Ne abbiamo discusso tante volte e tu spesso te la prendi con me quando ti spiego le regioni per le quali gli altri paesi non ne vogliono sentire parlare (essenzialmente perché loro non ne hanno bisogno e non vedono perché dovrebbero mettere dei soldi in progetti che servono agli altri). Si puo rimpiangere questo stato di cose quanto di vuole. Ma non c'è nessuna indicazione che le cose cambino. Che azione politica proponi per convincere i paesi che dovrebbero finanziare queste operazioni? Che argomenti diversi da quelli utilizzati finora pensi si possano utilizzare? Ma ripeterci tra di noi che sarebbe utile far questo o sarebbe utile far quest'altro, quando comnunque gli altri - che sono gli attori chiave - non ne vogliono sentire parlare, serve a molto poco. Giuseppe Ardizzone ha detto: MI sembra che diciamo le stesse cose . Non è detto che tutti i partecipanti dell'unione commerciale debbano partecipare ad un 'accelerazione dell'unità politica e tra l'altro a mio avvioso dovrebbe proprio essere limitata ai paesi dell'eurozona . Inoltre al momento non dovrebbe essre richiesto alcun cambiamento ma semplicemente un modo diverso di operare con fondi di ordine reale superiore (almeno 500MM) destinati a progetti europei attuati e gestiti centralmente coordinando le risorse tecniche dei singoli paesi su cui può ricadere l'investimento . nell'ottica di un sosstegno forte alla ripresa della domanda interna europeo : Io personalmente penso ad investtimenti in centrali energetiche e gassificatori per migliorare l'indipendenza energetica dell'eurozona.; ma, sen'altro posso sbagliarmi e forse va fatto altro . Il principio comunque non mi sembra particolarmente complicato se gli stati dell'eurozona decidono insieme di fare dei progetti comuni a debito comune ut8ilizzando subito almeno 500 MM di quell'operazione di quantitative easing che partirà a febbraio . In sostanza l'operazione che prevede un intervento di 1500 MM in ca un anno e mezzo /due dovrebbe a mio avviso essere suddivisa fra 300MM di acquisto titoli emessi fondo salva stati (cfr creditori grecia) 500MM nuovo piano investimenti diretti europei concordati tecnicamente con i diversi stati eurozona e 700MM secondo la programmazione originale prevista dalla BCE. Non vedo il perchè delle controindicazioni . Sono soldi già decisi per acquisto titoli di stato e che la BCE sta per spendere : E' una diversificazione di questa spesa. per i 300MM che consentirebbe agli stati dell'eurozona di monetizzare imemdiatamente il credito verso la grecia ( una sorta di anticipazione sul credito con modalità particolari ed in sostituzione dei titoli emessi sul mercato singolarmente da ogni paese) e 500MM sarebbero subuito una.liquidtà

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operativa invece di arrivare alle imprese a pioggia ( sempre che il processo sia facile e lineare) attaverso l'aumento di liquidità del sistema . Non richiede al momento nessuna particolare forma di unità politica diversa , Certo bisogna utilizzare un contenitore allo scopo per l'emissione dei titoli per lo sviluppo e da cui partono i finanziamenti per i progetti con accordi intergovernativi. : . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, molti paesi ti risponderebbero: "Io ho sottoscritto un trattato a certe condizioni. Quando ho sottoscritto il trattato per l'unione commerciale non c'era (e non c'è oggi) una clausola che stipulava che per partecipare all'unione commerciale si doveva far anche parte di un'unione più politica. C'era solo la frase generica che diceva che stavamo tutti lavorando per un'unione sempre più stretta. Bella aspirazione senza nessun valore vincolante. Ogni nuovo passo avanti è basato sull'accordo di tutti e io non ci sto. Punto e fine della storia." In ogni caso, il libero commercio è nell'interesse di tutti, indipendentemente dall'esistenza di un'unione politica. Una minaccia di ritirarsi dal libero commercio se non si facessero progressi verso l'unione politica non sarebbe credibile. Il paese che la facesse si darebbe talmente la zappa sui piedi, da non essere credibile. Al momento il Regno Unito sta chiedendo una rinegoziazione dei Trattati per ridurre il grado di integrazione già raggiunto e ottenere, almeno per se, varie scappatoie. Se si entrasse in questa discussione ci sarebbero poi almeno tre o quattro altri paesi che seguirebbero il Regno Unito su questa strada. Per questo motivo nessuno vuole re i Trattati adesso perché il governo Cameron sarebbe obbligato ad utilizzare l'occasione per chiedere non un'approfondimento dell'Unione, ma una sua diluzione. Giuseppe Ardizzone ha detto: desidero aggiungere che la diversità fra i livelli d'integrazione coi singoli paesi è evidente e pertanto sono da individuare presto o tardi dei livelli esclusivamente commerciali da livelli più complesi come è stato quello della scelta dei paesi dell'eurozona ,La vicenda della GB mi sembra che risponda a questa esigenza di diversificazione dei livelli d'integrazione . Si può avere interesse a ìgodere di vantaggi commericali europei ma di non far parte di istiutuzioni politiche più vincolanti . Al contrario alcuni paesi ( l'Eurozona?) posisono avere bisogno di una maggiore integrazione ? Quello che voglio dire è che il percorso europeo è ogni volta da rivedere e da reinventare in relazione con il mutamento dei tempi , delle esigenze e della realtà che ci circonda e con essa tutto ,anche i trattati . Oggi spesso la contrarietà verso l'Europa da parte di larghi strati della popolazione dei diversi paesi e la loro richiesta di meno Europa nasce proprio dall'incapacità di fare nuovi passi insieme . Questo porta molti alla sfiducia ed alla voglia di fare da soli. Vi è una grande responsabilità da parte dei governanti degli stati pilota per il percorso fatto , per la storia di maggiore integrazione effettuata e per la forza delle propria realtà economica e sociale di affrontare le sfide dei nostri tempi . I trattati si valutano e si cambiano A volte se è necessario vengono momentaneamente trasgrediti per essere poi nuovamente riaffermati con le opportune modifiche. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) .

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Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 23:39 Lauro, troppe persone pensano che i numeri possano essere ignorati (anche qui nel circolo). I numeri servono per migliorare la qualità di vita delle persone, ma i numeri hanno la loro importanza e non possono essere ignorati. Comunque questo rafforza la mia conlusione sul fatto che il problema è che Syriza non è ancora pronto a discutere delle cose concrete da fare (a discutere dei numeri) ed è per questo che il dialogo con l'europgruppo è fermo. Lauro Colasanti ha detto: Ieri sera dibattito sulla trattative in un canale televisivo greco di non particolare importanza. Il conduttore dopo aver presentato gli ospiti introduce il tema dicendo: "L'Eurogroup vuole numeri precisi, ma noi non siamo numeri, siamo uomini" e lancia un servizio d'apertura su un anziano morto di freddo in una di queste notti...

Risposto da Fabio Colasanti su 19 Febbraio 2015 a 23:42 Giuseppe, hai ragione (guardando agli effetti economici). Ma se la QE fosse giustificata con la volontà di monetizzare le perdite sui prestiti alla Grecia diventerebbe immediatamente illegale e impossibile. Giuseppe Ardizzone ha detto: Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la

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costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro.

Risposto da giorgio varaldo su 20 Febbraio 2015 a 7:51 Copione gia' visto. Quando si vuol difendere posizioni indifendibili al dialogo ed al confronto si sostituisce l'etichettatura con un crescendo di toni. Purtoppo l'esperienza insegna che e' il preludio al " con chi e' fascista non si puo' discutere". Mi auguro nel nostro circolo prevalga la voglia di crescere attraverso il confronto e che non avvenga mai il passo successivo: ce ne andiamo e facciamo un nuovo gruppo. Sandra Del Fabro ha detto: questa è solo l'interpretazione della destra europea che fai ostinatamente tua. I popoli non hanno "colpe" , non è così che si interpreta la STORIA COLLETTIVA. La Grecia come ogni altro Paese oggi è in un contesto globalizzato di forti competività e forti diseguaglianze. Chi la pensa come te è semplicemente un attore di questo gioco del pensiero unico di destra. Fabio Colasanti ha detto: Un'altra riflessione sul problema greco ispirata dai tanti articoli che in questi giorni parlano del fatto che il governo Tsipras abbia contribuito ad un recupero di orgoglio del popolo greco. Sembra essere un fatto che una larghissima parte del popolo greco si feliciti del fatto che ci sia un governo capace di dire "no" alle richieste degli stranieri. Questo fatto mostra sicuramente quanto la crisi abbia colpito lapsiche collettiva greca. Ma al tempo stesso mette in risalto una delle grandissime difficoltà che incontra la Grecia: la convinzione diffusissima che tutti i mali del paese siano dovuti alle manovre di agenti esterni. Lo storia del paese contribuisce certamente a spiegare la diffusione di questo sentimento. La Grecia ha veramentesofferto tanto per le azioni di tanti suoi vicini e di altre potenze esterne per gran parte della sua storia, ma al tempo stesso questo sentimentoimpedisce di riconoscere la natura del problemi del paese e diventa un filtro che nasconde la realtà. La Grecia è stata occupata per quattro secoli dall'impero ottomano la cui presenza si manifestava soprattutto nel prelievo di tasse. Non pagare le tasse era segno di patriottismo. In questo periodo si sono anche rinforzati i legami con la Russia che era vista come la potenza che avrebbe prima o poi abbattuto il potere ottomano e liberato i fratelli ortodossi greci. Il paese è diventato indipendente agli inizi del diciannovesimo secolo, ma in maniera fragile: avevano monarchie straniere e dipendevano dal volere delle grandi potenze. Per di più, i governi greci hanno fatto follie e sono spesso falliti portando i creditori a intervenire pesantemente negli affari interni. Le guerre balcaniche hanno dato qualche conforto, ma sono state seguite da quello che i greci stessi chiamano la "Catastrofe" con la C maiuscola, la fine tragica dell'avventura turca, con la distruzione e la perdita di Smirne e dell'Asia Minore e l'espulsione di un milione e mezzo di ortodossi (non tutti greci) dalla Turchia. Poi ci sono state l'invasione italiana – che anzi ha dato un po' di orgoglio al paese visto che l'hanno respinta in maniera molto efficace; il 28 ottobre, giorno del "No" all'ultimatum di Mussolini è ancora giorno di festa nazionale in Grecia – e quella tedesca. Dopo la seconda guerra mondiale la destra greca ha dato la colpa di tutti i mali del paese e dei due anni di guerra civile all'Unione Sovietica e la sinistra agli Stati Uniti. La Grecia è forse il paese europeo dove l'antiamericanismo è più radicato. E poi la Turchia rappresenta ancora oggi una minaccia, sicuramente esagerata, ma non inesistente.

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La storia influenza fortemente la maniera di pensare dei vari popoli, l'ho ricordato qualche giorno fa sottolineando come il motivo principale per l'unificazione europea che ha accumunato i sei paesi fondatori ("mai più la guerra") abbia un significato non molto forte per molti degli attuali 28 paesi membri. Ma la realtà è che la grandissima parte dei problemi economici della Grecia hanno un'origine interna, sono il risultato di scelte fatte dal popolo greco. Purtroppo la grande maggioranza della popolazione del paese non vuole riconoscerlo, in parte per questa abitudine storica a dare la colpa – spesso a ragione – agli stranieri, in parte perché non è facile riconoscere di fare errori e, soprattutto, rinunciare ai tanti piccoli vantaggi personali e settoriali che collettivamente paralizzano il paese. Ma questo rifiuto di riconoscere la realtà è un ostacolo enorme al superamento delle difficoltà greche. Le riforme saranno solo possibili se la maggioranza della popolazione greca riconoscerà che non possono andare avanti come hanno fatto finora. Giampaolo ricordava qualche giorno fa che la Grecia produce poco o nulla. Ha perfettamente ragione, l'industria greca è quasi inesistente. Ma questo significa che il paese può permettersi un livello di vita molto basso. I greci hanno dimenticato questà realtà fondamentale. Negli ultimi trenta anni del secolo scorso c'è stato un testa a testa tra Grecia e Portogallo su chi era il paese più povero dell'Unione europea. Purtroppo in seguito non è successo nulla che abbia cambiato questa realtà, la Grecia è rimasta un paese sostanzialmente povero. Eppure, nel 2008 il PIL pro capite greco aveva quasi raggiunto quello italiano (era pari al 98 per cento di quello italiano) grazie all'indebitamento privato e quello pubblico che avevano fatto crescere l'economia in maniera assolutamente artificiale. Un attimo di riflessione sulle strutture economiche die due paesi mostra che un reddito pro capite quasi uguale tra Italia e Grecia non è possibile, non è giustificato, non è sostenibile. Purtroppo i greci hanno conosciuto questo livello artificiale per un paio d'anni e pensano di dover ritornare a questo livello di vita. Oggi sono di nuovo ad un livello di vita paragonabile a quello del Portogallo (la situazione normale degli ultimi trenta/quaranta anni) ma lo imputano solo alle angherie esterne. Non vedo come uscire da questa situazione. Non vedo una presa di conoscenza generale nel paese della dimensione e della gravità dei problemi strutturali interni del paese. Senza questa presa di coscienza le riforme non sarannomai accettate. Gli economisti greci che si incontrano nei convegni sono tutti perfettamente in linea con le analisi fatte negli altri paesi, ma sono i primi a sottolineare la difficoltà a spiegare la situazione ad un'opinione pubblica esasperata che cerca solo un capro espiatorio straniero. Alexis Tsipras ha riconosciuto la forza di questo sentimento. Più mette le dita negli occhi dei partner europei, più aggrava i problemi del paese ma più viene osannato dalla maggioranza delpaese come la persona che ha il coraggio di dire no agli odiati stranieri. In molti articoli di colore di questi giorni, la frase che viene ripetuta più spesso è: "Siamo sul Titanic e l'iceberg è di fronte a noi. Ma almeno affonderemo con dignità"

Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 9:59 Un commento interessante sulla lettera di ieri del governo greco. Macropolis called the official request by the Greek government a "substantial climbdown" on two key areas. The fist is that Syriza is now applying for a programme extension - with all the legal and procedural stuff this comes with. And second, Syriza has given up on debt relief - a key demand. It says that these are big steps politically that will not sit well with many of Syriza's core supporters. Here are the seven keys passages of the letter in which Yanis Varoufakis sets out the purpose of the operation, with our emphasis on the wordings that cause concern for Germany, and some further remarks in brackets. "(a) To agree the mutually acceptable financial and administrative terms the implementation of which, in collaboration with the institutions, will stabilise Greece's fiscal position, attain appropriate primary fiscal surpluses, guarantee debt stability and assist in the attainment of fiscal targets for 2015 that take into account the present economic situation. (The expression "mutually acceptable would give Greece a veto right during the process. Most importantly for Germany, there is no commitment to the agreed primary surplus of 3% this year) (b) To ensure, working closely with our European and international partners, that any new measures be fully funded while refraining from unilateral action that would undermine the fiscal targets, economic recovery and financial stability. (Unilateral action that undermines only two of the three conditions is ok? Should the word "and" not be "or"?) (c) To allow the European Central Bank to re-introduce the waiver in accordance with its procedures and regulations.

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(d) To extend the availability of the EFSF bonds held by the HFSF for the duration of the Agreement. (This relates to about €3bn in the €11bn HFSF fund. This is an important area of factual disagreement, see below) (e) To commence work between the technical teams on a possible new Contract for Recovery and Growth that the Greek authorities envisage between Greece, Europe and the International Monetary Fund which could follow the current Agreement. (f) To agree on supervision under the EU and ECB framework and, in the same spirit, with the International Monetary Fund for the duration of the extended Agreement. (g) To discuss means of enacting the November 2012 Eurogroup decision regarding possible further debt measures and assistance for implementation after the completion of the extended Agreement and as part of the follow-up Contract. (The reference to November 2012 is a substantive compromise, as Macropolis points out. Syriza is now in the extend-and-pretend camp, and accepts an increase in the duration of the loans, and further cuts in interest rates)." In its submission to the euro Working Group, the German finance ministry called the document a "Trojan horse". This is what they want: "First, the three institutions should carefully examine the Greek current fiscal position in relation to the letter and give us their advice, as agreed in the last Eurogroup, whether on the basis of the Greek letter a successful conclusion of the current programme would be possible, with a sufficient primary surplus and debt sustainability to be assured. (This clearly addresses point 'a' in the Greek proposal, and the lack of a commitment to the fiscal targets). Second, we need a clear and convincing commitment by Greece, which may just contain three short and well understandable sentences: "We apply for the extension of the current programme, making use of built-in flexibility. We will agree with the institutions any changes in measures from the existing MoU. And we aim at successfully concluding the programme". Third, Greece has to publicly confirm that it will refrain from unilateral national measures to roll back the current programme. The authorities will, with immediate effect, not take any initiative or implement any measure or policy which is inconsistent with existing commitments under the current programme or aggravate the fiscal situation. This includes refraining from announced labour market and social reforms to be voted in Parliament this week." And then there is this: The 10.9 billion euros earmarked for banking recapitalisation should not be prolonged since the Greek banks have successfully passed the stress test last year."

Risposto da Alessandro Bellotti su 20 Febbraio 2015 a 11:48 Questo con il nucleare 'già fatto'. Che ha sicuramente costi molto più bassi del (poco) nucleare che si farà nel mondo. Alberto Rotondi ha detto: I costi aggiornati sui siti ufficiali della comunità europea e del ministero dell'energia americano sono: nucleare 100 $ MWh gas 55 $ MWh (USA) 85 $ MWh (Europa) Carbone 85 $ MWh Alessandro Bellotti ha detto: Veronesi era stato messo a capo dell'sicurezza per il nucleare italiano' non perchè ne sapesse qualcosa di centrali, di fissione, di EPR etc.. ma perchè evidentemente era la sua presenza a rassicurare il paese. Anche perchè di EPR, anche oggi, ne sappiamo pochino pochino, visto che devono ancora andare in funzione nel mondo. La carica di Veronesi non c'entrava nulla con il nucleare italiano.

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Ho attaccato anch'io pesantemente non tanto ovviamente l'oncologo ma le dichiarazioni assurde che Veronesi stesso andava blaterando per il paese, forte del suo aspetto rassicurante. Da questo punto di vista, il mio parere è che l'uomo Veronesi si è prestato a una campagna pro-nucleo francamente indisponente e soprattutto irresponsabile. La mia posizione sul nucleare è nota: nucleare sicuro ma antieconomico, soprattutto le centrali EPR di produzione francese. I fatti mi hanno poi dato ragione... Giampaolo Carboniero ha detto: Veronesi, stimato oncologo, di altro forse non è altrettanto competente; Klugman, forse, quando parla di economia è meglio informato. giorgio varaldo ha detto: sandra e giampaolo vi ricordate quando avete scritto peste e corna di tale veronesi (non premio nobel ma persona dotata di una certa autorevolezza specialmente in campo oncologico) quando si è dichiarato favorevole al nucleare ed ai termovalorizzatori? eppure riguardo ai numeri relativi all'aspetto oncologico (ricadute temute di nucleare e termovalorizzatori) il veronesi qualcosina dovrebbe saperne quindi lor signori possono criticare una persona autorevole ed il sottoscritto no? oppure sono lor signori a stabilire chi è dotato di autorevolezza e chi invece straparla a bischero sciolto? un pochino di coerenza e magari corredata da un pizzico di memoria non guasterebbe ... Giampaolo Carboniero ha detto: I numeri, e gli eventi, citati da Krugman sono veri; poi, se vuoi interpretarli a modo tuo, accomodati, ma, per favore, smettila di offendere tutte le opinioni difformi dal tuo "pensiero unico".

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 20 Febbraio 2015 a 19:22 ma la politica è proprio questo : riflettere , elaborare , proporre , agire. Intanto si può contribuire a i contenuti portati avanti dal nostro partito che è il partito di governo ed uno dei principali referenti del PSE. Lo stesso Schulz non mi sembra una controparte sorda a questi argomenti . Sicuramente un Italia proponente troverebbe interesse da parte della Spagna , della Francia , del Portogallo , della Grecia e forse anche da parte di altri specialmente se ad esmpio si chiarisse quali investimenti si vogliono fare e quale può essre la ricaduta comune . Tutti i paesi dell'eurozona subiranno inoltre le conseguenze economiche della QE della BCE e l'hanno accettata . Cosa cambia se invece di acquistare titoli di stato dei singoli paesi , in un momento come quello attuale con rischio deflazione si monetizza il finanziamento comune ad esempio di centrali energetiche? L'Europa nasca da interessi ma siprattutto da speranze come ogni cosa . Pensare che le organizzazioni e le istiutuzioni possano avere " vita" senza i movimenti collettivi è purtroppo un'illusione. Il loro destino inevitabile è la decadenza e la fine. Anch'io sono appassionato di storia e di sociologia edil passato m'insegna questo. . Io sono convinto che non possiamo esimerci dal provarci , se vogliamo sperare in una continuazione del progetto europeo. Spero veramente di sbagliarmi. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, per emettere titoli comuni ("eurobonds") non bisogna cambiare i trattati. Ma se ne parla da almeno dieci anni e molto di più dopo l'inizio della crisi e una gran parte dei paesi dell'eurozona continua a non volerne assolutamente sentire parlare. Ne abbiamo discusso tante volte e tu spesso te la prendi con me quando ti spiego le regioni per le quali gli altri paesi non ne vogliono sentire parlare (essenzialmente perché loro non ne hanno bisogno e non vedono perché dovrebbero mettere dei soldi in progetti che servono agli altri). Si puo rimpiangere questo stato di cose quanto di vuole. Ma non c'è nessuna indicazione che le cose cambino. Che azione politica proponi per convincere i paesi che dovrebbero finanziare queste operazioni? Che argomenti diversi da quelli utilizzati finora pensi si possano utilizzare? Ma ripeterci tra di noi che sarebbe utile far questo o sarebbe utile far quest'altro, quando comnunque gli altri - che sono gli attori chiave - non ne vogliono sentire parlare, serve a molto poco.

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Giuseppe Ardizzone ha detto: MI sembra che diciamo le stesse cose . Non è detto che tutti i partecipanti dell'unione commerciale debbano partecipare ad un 'accelerazione dell'unità politica e tra l'altro a mio avvioso dovrebbe proprio essere limitata ai paesi dell'eurozona . Inoltre al momento non dovrebbe essre richiesto alcun cambiamento ma semplicemente un modo diverso di operare con fondi di ordine reale superiore (almeno 500MM) destinati a progetti europei attuati e gestiti centralmente coordinando le risorse tecniche dei singoli paesi su cui può ricadere l'investimento . nell'ottica di un sosstegno forte alla ripresa della domanda interna europeo : Io personalmente penso ad investtimenti in centrali energetiche e gassificatori per migliorare l'indipendenza energetica dell'eurozona.; ma, sen'altro posso sbagliarmi e forse va fatto altro . Il principio comunque non mi sembra particolarmente complicato se gli stati dell'eurozona decidono insieme di fare dei progetti comuni a debito comune ut8ilizzando subito almeno 500 MM di quell'operazione di quantitative easing che partirà a febbraio . In sostanza l'operazione che prevede un intervento di 1500 MM in ca un anno e mezzo /due dovrebbe a mio avviso essere suddivisa fra 300MM di acquisto titoli emessi fondo salva stati (cfr creditori grecia) 500MM nuovo piano investimenti diretti europei concordati tecnicamente con i diversi stati eurozona e 700MM secondo la programmazione originale prevista dalla BCE. Non vedo il perchè delle controindicazioni . Sono soldi già decisi per acquisto titoli di stato e che la BCE sta per spendere : E' una diversificazione di questa spesa. per i 300MM che consentirebbe agli stati dell'eurozona di monetizzare imemdiatamente il credito verso la grecia ( una sorta di anticipazione sul credito con modalità particolari ed in sostituzione dei titoli emessi sul mercato singolarmente da ogni paese) e 500MM sarebbero subuito una.liquidtà operativa invece di arrivare alle imprese a pioggia ( sempre che il processo sia facile e lineare) attaverso l'aumento di liquidità del sistema . Non richiede al momento nessuna particolare forma di unità politica diversa , Certo bisogna utilizzare un contenitore allo scopo per l'emissione dei titoli per lo sviluppo e da cui partono i finanziamenti per i progetti con accordi intergovernativi. : . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, molti paesi ti risponderebbero: "Io ho sottoscritto un trattato a certe condizioni. Quando ho sottoscritto il trattato per l'unione commerciale non c'era (e non c'è oggi) una clausola che stipulava che per partecipare all'unione commerciale si doveva far anche parte di un'unione più politica. C'era solo la frase generica che diceva che stavamo tutti lavorando per un'unione sempre più stretta. Bella aspirazione senza nessun valore vincolante. Ogni nuovo passo avanti è basato sull'accordo di tutti e io non ci sto. Punto e fine della storia." In ogni caso, il libero commercio è nell'interesse di tutti, indipendentemente dall'esistenza di un'unione politica. Una minaccia di ritirarsi dal libero commercio se non si facessero progressi verso l'unione politica non sarebbe credibile. Il paese che la facesse si darebbe talmente la zappa sui piedi, da non essere credibile. Al momento il Regno Unito sta chiedendo una rinegoziazione dei Trattati per ridurre il grado di integrazione già raggiunto e ottenere, almeno per se, varie scappatoie. Se si entrasse in questa discussione ci sarebbero poi almeno tre o quattro altri paesi che seguirebbero il Regno Unito su questa strada. Per questo motivo nessuno vuole re i Trattati adesso perché il governo Cameron sarebbe obbligato ad utilizzare l'occasione per chiedere non un'approfondimento dell'Unione, ma una sua diluzione. Giuseppe Ardizzone ha detto: desidero aggiungere che la diversità fra i livelli d'integrazione coi singoli paesi è evidente e pertanto sono da individuare presto o tardi dei livelli esclusivamente commerciali da livelli più complesi come è stato quello della scelta dei paesi dell'eurozona ,La vicenda della GB mi sembra che risponda a questa esigenza di diversificazione dei livelli d'integrazione . Si può avere interesse a ìgodere di vantaggi commericali europei ma di non far parte di istiutuzioni politiche più vincolanti . Al contrario alcuni paesi ( l'Eurozona?) posisono avere bisogno di una maggiore integrazione ? Quello che voglio dire è che il percorso europeo è ogni volta da rivedere e da reinventare in relazione con il mutamento dei tempi , delle esigenze e della realtà che ci circonda e con essa tutto ,anche i trattati . Oggi spesso la contrarietà verso l'Europa da parte di larghi strati della popolazione dei diversi paesi e la loro richiesta di meno Europa nasce proprio dall'incapacità di fare nuovi passi insieme . Questo porta molti alla sfiducia ed alla voglia di fare da soli. Vi è una grande responsabilità da parte dei governanti degli stati pilota per il percorso fatto , per la storia di maggiore integrazione effettuata e per la forza delle propria realtà economica e sociale di affrontare le sfide dei nostri tempi . I trattati si valutano e si cambiano A volte se è necessario vengono momentaneamente trasgrediti per essere poi nuovamente riaffermati con le opportune modifiche. Giuseppe Ardizzone ha detto:

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Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Un secondo aspetto

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 20 Febbraio 2015 a 19:28 Fabio non ho mai parlato di monetizzare perdite su crediti nei confronti della Grecia . Sto parlando di anticipare i crediti dei paesi dell'eurozona nei confronti della Grecia . In sostanza cessione del credito al Fondo salva stati e sostituzione dei titoli emessi allo scopo da ogni singolo stato membro con nuova emisisone di eurobonds da parte del Fondo da vendere al mercato . In caso di difficoltà sostegno ed acquisto da parte della BCE. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, hai ragione (guardando agli effetti economici). Ma se la QE fosse giustificata con la volontà di monetizzare le perdite sui prestiti alla Grecia diventerebbe immediatamente illegale e impossibile. Giuseppe Ardizzone ha detto: Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti

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condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro.

Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 19:49 Giuseppe, la BCE anticipa quindi agli stati i soldi perché questi possano rimborsare i titoli che hanno emesso per concedere i prestiti alla Grecia; la BCE si sostituisce agli stati membri come creditore della Grecia. Successivamente la Grecia non rimborsa una parte dei prestiti alla BCE. O la BCE si rivale su ogni stato membro al quale ha dato soldi, o siamo in presenza di un finanziamento monetario di spese degli stati membri (cosa espressamente proibita dai Trattati). Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio non ho mai parlato di monetizzare perdite su crediti nei confronti della Grecia . Sto parlando di anticipare i crediti dei paesi dell'eurozona nei confronti della Grecia . In sostanza cessione del credito al Fondo salva stati e sostituzione dei titoli emessi allo scopo da ogni singolo stato membro con nuova emisisone di eurobonds da parte del Fondo da vendere al mercato . In caso di difficoltà sostegno ed acquisto da parte della BCE. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, hai ragione (guardando agli effetti economici). Ma se la QE fosse giustificata con la volontà di monetizzare le perdite sui prestiti alla Grecia diventerebbe immediatamente illegale e impossibile. Giuseppe Ardizzone ha detto: Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria

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quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 20 Febbraio 2015 a 19:57 Qunado si presenterà il problema ( e mi auguro che almeno il valore nominale non sia in discussione) del mancato riomborso della Grecia la BCE dovrà farsi rimborsare dagli stati dell'eurozona .Il debito di cassa attuale di questi stati nei confronti del mercato diventa debito di firma . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la BCE anticipa quindi agli stati i soldi perché questi possano rimborsare i titoli che hanno emesso per concedere i prestiti alla Grecia; la BCE si sostituisce agli stati membri come creditore della Grecia. Successivamente la Grecia non rimborsa una parte dei prestiti alla BCE. O la BCE si rivale su ogni stato membro al quale ha dato soldi, o siamo in presenza di un finanziamento monetario di spese degli stati membri (cosa espressamente proibita dai Trattati). Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio non ho mai parlato di monetizzare perdite su crediti nei confronti della Grecia . Sto parlando di anticipare i crediti dei paesi dell'eurozona nei confronti della Grecia . In sostanza cessione del credito al Fondo salva stati e sostituzione dei titoli emessi allo scopo da ogni singolo stato membro con nuova emisisone di eurobonds da parte del Fondo da vendere al mercato . In caso di difficoltà sostegno ed acquisto da parte della BCE. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, hai ragione (guardando agli effetti economici). Ma se la QE fosse giustificata con la volontà di monetizzare le perdite sui prestiti alla Grecia diventerebbe immediatamente illegale e impossibile. Giuseppe Ardizzone ha detto: Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di

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ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro.

Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 20:14 Giuseppe, d'accordo. Ma l'unico cambiamento - certo non trascurabile, sarebbe il fatto di non pagare interessi dopo la scadenza dei titoli già emessi. Ma penso che si potrebbe sostenere che l'azione della banca centrale sia consistita sempre in un finanziamentomonetario; spese finanziate a costo zero grazie all'emissione di moneta. Che la BCE intervenga per per re, in un sensoo nell'altro, il tasso di inflazione, fa parte del suo mandato. Ma facilitare le spese pubbliche certo no. Giuseppe Ardizzone ha detto: Qunado si presenterà il problema ( e mi auguro che almeno il valore nominale non sia in discussione) del mancato riomborso della Grecia la BCE dovrà farsi rimborsare dagli stati dell'eurozona .Il debito di cassa attuale di questi stati nei confronti del mercato diventa debito di firma . Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, la BCE anticipa quindi agli stati i soldi perché questi possano rimborsare i titoli che hanno emesso per concedere i prestiti alla Grecia; la BCE si sostituisce agli stati membri come creditore della Grecia. Successivamente la Grecia non rimborsa una parte dei prestiti alla BCE. O la BCE si rivale su ogni stato membro al quale ha dato soldi, o siamo in presenza di un finanziamento monetario di spese degli stati membri (cosa espressamente proibita dai Trattati). Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio non ho mai parlato di monetizzare perdite su crediti nei confronti della Grecia . Sto parlando di anticipare i crediti dei paesi dell'eurozona nei confronti della Grecia . In sostanza cessione del credito al Fondo salva stati e sostituzione dei titoli emessi allo scopo da ogni singolo stato membro con nuova emisisone di eurobonds da parte del Fondo da vendere al mercato . In caso di difficoltà sostegno ed acquisto da parte della BCE. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe, hai ragione (guardando agli effetti economici). Ma se la QE fosse giustificata con la volontà di monetizzare le perdite sui prestiti alla Grecia diventerebbe immediatamente illegale e impossibile. Giuseppe Ardizzone ha detto: Infatti andrebbe fatta proprio adesso utilizzando parte dei 1500 MM preventivati. Fabio Colasanti ha detto: Giuseppe,

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già la QE è al limite. Ci sono stati ricorsi di fronte alla Corte costituzionale tedesca e davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Il giudizio di fronte a quest'ultima non è ancora stato reso, ma si pensa sia positivo, ma con molte limitazioni. Per esempio sulle quote di titoli di ogni paese che saranno comprati (per il Portogallo non sarà possibile comprare quasi nulla perché la BCE ha già troppi titoli portoghesi nel suo portafoglio). In ogni caso, una cosa è un'operazione di QE adesso che c'è un evidente problema di insufficienza di inflazione. Ben altra cosa è una monetizzazione futura indipendente dal livello del tasso di inflazione. Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente in violazione dello statuto della BCE. Giuseppe Ardizzone ha detto: Fabio , mi sembra che la BCE autorizzata dal fatto che fra i suoi compiti ha il dovere di mantenere l'inflazione europea nell'obiettivo del 2% ha ottenuto la possibilità di far partire una operazione di QE del valore ipotizzato di oltre 1,5MM che considetrà a partire dal mese di marzo in un acquisto costante di titoli pubblici degli Stati membri nella misura di ca 60MM mensili . L'acquisto dei titoli di stato è già in atto . La differenza che propongo è che le si permetta di acquistare titoli di emissione istituzionale europea ( qual'è la differenza sostanziale? nessuna) : addirittura propruio perchè tengo conto della forzatura sarei contento che si creasse un precedente propronendo un'operazione che tutti condividerebbero nell'eurozona perchè gli permette di spostare il debito di cassa che hanno sostenuto per la propria quota parte di prestito alla Grecia in debito di firma . la condizione dell'unanimità dei paesi dell'euroza è pertanto probabile perchè è fortemente conveniente . Non sto a ripetere i motivi evidenti che permetterebbero anche maggiore elasticità anche nei confronti delle richieste greche. Ovviamente bisognerenbbe approfittare della situazione per oettenere a nostra volta dalla Grecia la possibilità di seguire passo per passo tutte le evoluzioni delle riforme promesse e de rispetto dei rimborsi con il ritorno al mercato finanziario. Ovviamente ancora l'operazione riguara i paesi dell'eurozona ed i loro rapporti con il ruolo della banca centrale europea e pongono programmaticamente diverse questioni di cui non è necessaria l'immediata codificazione ma che pongono a dei governanti di livello il dovere storico di affrontarli ( eurobonds per lo sviluppo comune ad esempio per la costruzione di centfali energetiche . r gassificatori ecc , ridefinizione del ruolo della BCE, revisione e miglioramento dei trattati del fiscal compact chiaramente inadeguati sia a tutelare da possibili default che a dare regole utili per la gestione finanziaria adeguata degli stati membri) . Parlo di programmazione di cui questa proposta rappresenterebbe un precedente storico da tenere presente così come sono state le varie prese di posizione coraggiose di Draghi a diofesa dell'euro. Risposte a questa discussione

Risposto da Lauro Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 21:46 La controparte greca è arrivata preparata a trovare le soluzioni a tutti i problemi. (Il Babignotis in mano a Varufakis è il più autorevole dizionario greco.)

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Dal Kathimerini di

oggi.

Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 22:05 La riunione dell'eurogruppo è finita con un accordo parziale che dovrà essere confermato martedì. L'eurogruppo sarà molto probabilmente più tollerante sulle misure concrete, ma - come previsto – la Grecia ha dovuto accettare il grosso delle condizioni. La Gercia aveva chiesto l'estensione dei prestiti già previsti per sei mesi, ma senza dire nulla su quello che avrebbe fatto dal punto di vista della politica di bilancio o delle riforme. L'accordo è per un'estensione dei prestiti già previsti per quattro mesi, ma che dipenderà dall'approvazione, martedì, della lista dettagliata di misure che la Grecia dovrà fornire entro lunedì. La valutazione delle misure sarà fatta dalle "istituzioni" (nuovo nome della "troika", che comunque non è mai stata chiamata in questa maniera ufficialmente). Immagino che la lista delle misure conterrà qualche rispetto alla lista attuale, ma nulla di molto significativo, eccezion fatta per l'obiettivo dell'avanzo primario che penso sarà meno ambizioso. Nella conferenza stampa Varoufakis ha definito l'accordo "un piccolo passo verso un cambiamento di politica". Al tempo stesso ilministro greco ha utilizzato le solite espressioni ad uso domestico: "adesso c'è una discussione tra partner con la stessa dignità"; "stiamo ristabilendo l'indipendenza nazionale greca" e cose simili. La delegazione tedesca ha ovviamento spiegato ai suoi giornalisti che la Grecia si è dovuta piegare alle richieste unanimi dell'eurogruppo. Ho fatto il portavoce della Commissione europea ai tempi di Delors, dall'inizio del 1985 alla fine del 1987. Anche allora era la stessa cosa: ogni delegazione usciva dalla riunione e annunciava vittoria: le richieste avanzate dal ministro nazionale erano state accolte al cento per cento. I giornalisti venivano poi a trovarmi in gran numero perché pensavano di poter avere una versione più imparziale; ma poi molti dovevano scrivere quello che la redazione nella capitale voleva (e spesso non volevano urtare la sensibilità del ministro in carica). Le cose non sono cambiate molto in trenta anni. Oggi abbiamo però più accesso a tante fonti di informazione. Per esempio, stasera insieme amia moglie abbiamo potuto consultare in pochi minuti i siti del Corriere della Sera, de La Repubblica, della ARD, della ZDF, del Suddeutsche Zeitung; del Neue Zurcher Zeitung (svizzero) e vedere qualche minuto della conferenza stampa in inglese di Varoufakis. E' un bel progresso.

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Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 22:10 E questo è il testo sul sito in inglese di Kathimerini. By Jonathan Stearns & Jeff Black Euro-area finance ministers reached a provisional deal intended to keep aid flowing to Greece in return for a commitment to continued economic reforms, buying time to work out the detail of longer-term Greek financing. Talks in Brussels between officials from the 19 euro-area finance officials concluded Friday evening with an agreement to extend bailout funds to Greece for four months. In return, Prime Minister Alexis Tsipras’s government must submit a list of reform measures it will undertake on Monday. Finance chiefs will then decide whether the Greek measures go far enough. “It’s an important first step,” Irish Finance Minister Michael Noonan told reporters after the meeting. “We’ll see if it’s enough on Monday night-Tuesday morning.” A breakthrough in the standoff between Greece and its creditors eases the immediate risk of Tsipras’s government running out of cash as early as next month. The Greek reform measures are still subject to validation by the International Monetary Fund, the European Central Bank and the European Commission, the institutions collectively known as the troika which Tsipras vowed not to recognize. Finance ministers will hold a conference call to discuss the Greek response, after which the deal would be put to national parliaments including Germany’s Bundestag next week.

Risposto da Fabio Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 22:14 A questa è la dichiarazione ufficiale di tutto l'eurogruppo. Ho messo in grassetto il paragrafo che mi sembra più importante. The Eurogroup reiterates its appreciation for the remarkable adjustment efforts undertaken by Greece and the Greek people over the last years. During the last few weeks, we have, together with the institutions, engaged in an intensive and constructive dialogue with the new Greek authorities and reached common ground today. The Eurogroup notes, in the framework of the existing arrangement, the request from the Greek authorities for an extension of the Master Financial Assistance Facility Agreement (MFFA), which is underpinned by a set of commitments. The purpose of the extension is the successful completion of the review on the basis of the conditions in the current arrangement, making best use of the given flexibility which will be considered jointly with the Greek authorities and the institutions. This extension would also bridge the time for discussions on a possible follow-up arrangement between the Eurogroup, the institutions and Greece. The Greek authorities will present a first list of reform measures, based on the current arrangement, by the end of Monday February 23. The institutions will provide a first view whether this is sufficiently comprehensive to be a valid starting point for a successful conclusion of the review. This list will be further specified and then agreed with the institutions by the end of April. Only approval of the conclusion of the review of the extended arrangement by the institutions in turn will allow for any disbursement of the outstanding tranche of the current EFSF programme and the transfer of the 2014 SMP profits. Both are again subject to approval by the Eurogroup. In view of the assessment of the institutions the Eurogroup agrees that the funds, so far available in the HFSF buffer, should be held by the EFSF, free of third party rights for the duration of the MFFA extension. The funds continue to be available for the duration of the MFFA extension and can only be used for bank recapitalisation and resolution costs. They will only be released on request by the ECB/SSM. In this light, we welcome the commitment by the Greek authorities to work in close agreement with European and international institutions and partners. Against this background we recall the independence of the European Central Bank. We also agreed that the IMF would continue to play its role. The Greek authorities have expressed their strong commitment to a broader and deeper structural reform process aimed at durably improving growth and employment prospects, ensuring stability and resilience of the financial sector and enhancing social fairness. The authorities commit to implementing long overdue reforms to tackle corruption and tax evasion, and improving the efficiency of the public sector. In this context, the Greek authorities undertake to make best use of the continued provision of technical assistance.

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The Greek authorities reiterate their unequivocal commitment to honour their financial obligations to all their creditors fully and timely. The Greek authorities have also committed to ensure the appropriate primary fiscal surpluses or financing proceeds required to guarantee debt sustainability in line with the November 2012 Eurogroup statement. The institutions will, for the 2015 primary surplus target, take the economic circumstances in 2015 into account. In light of these commitments, we welcome that in a number of areas the Greek policy priorities can contribute to a strengthening and better implementation of the current arrangement. The Greek authorities commit to refrain from any rollback of measures and unilateral changes to the policies and structural reforms that would negatively impact fiscal targets, economic recovery or financial stability, as assessed by the institutions. On the basis of the request, the commitments by the Greek authorities, the advice of the institutions, and today's agreement, we will launch the national procedures with a view to reaching a final decision on the extension of the current EFSF Master Financial Assistance Facility Agreement for up to four months by the EFSF Board of Directors. We also invite the institutions and the Greek authorities to resume immediately the work that would allow the successful conclusion of the review. We remain committed to provide adequate support to Greece until it has regained full market access as long as it honours its commitments within the agreed framework.

Risposto da Lauro Colasanti su 20 Febbraio 2015 a 22:58 Mi sembra che questo articolo affronti il problema greco da un altro punto di vista non discusso finora. Forse enfatizza un po' troppo la prospettiva ed è sicuramente trattato in un modo "più americano", ma forse anche perché gli europei non hanno una visione abbastanza ampia e lasciano affrontare (nel bene e nel male) questi temi agli USA. Forse può essere un buon antidoto alla tentazione di inorgoglirsi per la (apparente e momentanea) ritirata di Syriza, pensando che in fondo un'umiliazione greca non serve a nessuno. Che i greci hanno bisogno di speranze per andare avanti, e che in fondo anche noi abbiamo bisogno di loro anche per le ragioni non peregrine che sottolinea Chandler nel suo breve articolo.

Risposto da Fabio Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 8:40 Lauro, non sono convinto che il ruolo di "ponte" tra differenti culture della Grecia sia cosìimportante come viene affermato dell'articolo e non vedo certo la Grecia come una "difesa" della Nato e dell'Unione europea. Spero però che lunedì e martedì l'Eurogruppo mostri parecchia comprensione per la Grecia a livello dell'avanzo primario atteso per il 2015 e per gli anni a seguire per due ragioni: a) in Grecia c'è sicuramente un bisogno urgente di misure sociali; non della riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati, ma di aiuti per tanta gente senza reddito o con redditi bassissimi. Bisognerebbe anche estendere l'assistenza sanitaria a tutti. b) perché il governo Tsipras deve avere qualcosa da mostrare al suo elettorato e, per il momento, ha ben poco. Non dimentichiamo che il governo Tsipras è un po' l'ultima spiaggia (come da noi il governo Renzi). Se fallisce chi potrà mai salvare la Grecia? Non certo i levantini come Samaras. Quello che è importante per gli altri europei è che vengano fatte le riforme, che il paese si riprenda; il costo finanziario – Lega permettendo – è meno importante. Lauro Colasanti ha detto: Mi sembra che questo articolo affronti il problema greco da un altro punto di vista non discusso finora. Forse enfatizza un po' troppo la prospettiva ed è sicuramente trattato in un modo "più americano", ma forse anche perché gli europei non hanno una visione abbastanza ampia e lasciano affrontare (nel bene e nel male) questi temi agli USA. Forse può essere un buon antidoto alla tentazione di inorgoglirsi per la (apparente e momentanea) ritirata di Syriza, pensando che in fondo un'umiliazione greca non serve a nessuno. Che i greci hanno bisogno di speranze per andare

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avanti, e che in fondo anche noi abbiamo bisogno di loro anche per le ragioni non peregrine che sottolinea Chandler nel suo breve articolo.

Risposto da Lauro Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 8:58 Ovviamente i tuoi 2 auspici sono anche i miei e dovrebbero essere di tutti. Per quanto riguarda l'articolo, non è certamente importante la potenza militare greca, ma la sua semplice posizione geografica. A me i punti deboli sembravano piuttosto: Sequenza necessaria uscita euro, uscita UE, uscita NATO tutta da dimostrare. Forte desiderio dei Greci di sentirsi legati alla cultura europea. Servizio all'Europa da parte della Grecia svolta in mezzi militari, ma filtro immigrazione e altro Fabio Colasanti ha detto: Lauro, non sono convinto che il ruolo di "ponte" tra differenti culture della Grecia sia cosìimportante come viene affermato dell'articolo e non vedo certo la Grecia come una "difesa" della Nato e dell'Unione europea. Spero però che lunedì e martedì l'Eurogruppo mostri parecchia comprensione per la Grecia a livello dell'avanzo primario atteso per il 2015 e per gli anni a seguire per due ragioni: a) in Grecia c'è sicuramente un bisogno urgente di misure sociali; non della riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati, ma di aiuti per tanta gente senza reddito o con redditi bassissimi. Bisognerebbe anche estendere l'assistenza sanitaria a tutti. b) perché il governo Tsipras deve avere qualcosa da mostrare al suo elettorato e, per il momento, ha ben poco. Non dimentichiamo che il governo Tsipras è un po' l'ultima spiaggia (come da noi il governo Renzi). Se fallisce chi potrà mai salvare la Grecia? Non certo i levantini come Samaras. Quello che è importante per gli altri europei è che vengano fatte le riforme, che il paese si riprenda; il costo finanziario – Lega permettendo – è meno importante. Lauro Colasanti ha detto: Mi sembra che questo articolo affronti il problema greco da un altro punto di vista non discusso finora. Forse enfatizza un po' troppo la prospettiva ed è sicuramente trattato in un modo "più americano", ma forse anche perché gli europei non hanno una visione abbastanza ampia e lasciano affrontare (nel bene e nel male) questi temi agli USA. Forse può essere un buon antidoto alla tentazione di inorgoglirsi per la (apparente e momentanea) ritirata di Syriza, pensando che in fondo un'umiliazione greca non serve a nessuno. Che i greci hanno bisogno di speranze per andare avanti, e che in fondo anche noi abbiamo bisogno di loro anche per le ragioni non peregrine che sottolinea Chandler nel suo breve articolo.

Risposto da giorgio varaldo su 21 Febbraio 2015 a 9:18 leggo di regole europee limitanti il surplus commerciale http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/bilancia_commerci... non ho conoscenze in merito : fabio puoi illustrare questo punto? grazie

Risposto da giorgio varaldo su 21 Febbraio 2015 a 9:37 lauro riguardo alla potenza militare greca e la sua posizione nella NATO c'è da ricordare che su questo aspetto l'enorme (confrontato al resto dell'europa) apparato militare greco è concepito in funzione antiturca tant'è vero che la partecipazione greca alle missioni NATO ed ONU è limitata. Un aspetto che rilevo sia stato ignorato dai politici greci (per quel che ne so sia da syriza che dagli altri partiti greci) è la completa assenza di provvedimenti in funzione di rilancio industriale greco

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Un aspetto stridente è con una grecia fatta da migliaia di isole e con una flotta mercantile la più grande del mondo l'assenza di una cantieristica navale degna di questo nome. Se poi si considerano i dettagli si nota che mentre il privato non paga la corrente elettrica quel che rimane dell'industria greca deve pagare l'energia ad un prezzo tre volte superiore a quello che paga l'industria italiana. E questo aspetto - almeno per quanto a mia conoscenza - non mi pare sia stato preso in considerazione dai politici greci Lauro Colasanti ha detto: Ovviamente i tuoi 2 auspici sono anche i miei e dovrebbero essere di tutti. Per quanto riguarda l'articolo, non è certamente importante la potenza militare greca, ma la sua semplice posizione geografica. A me i punti deboli sembravano piuttosto: Sequenza necessaria uscita euro, uscita UE, uscita NATO tutta da dimostrare. Forte desiderio dei Greci di sentirsi legati alla cultura europea. Servizio all'Europa da parte della Grecia svolta in mezzi militari, ma filtro immigrazione e altro Fabio Colasanti ha detto: Lauro, non sono convinto che il ruolo di "ponte" tra differenti culture della Grecia sia cosìimportante come viene affermato dell'articolo e non vedo certo la Grecia come una "difesa" della Nato e dell'Unione europea. Spero però che lunedì e martedì l'Eurogruppo mostri parecchia comprensione per la Grecia a livello dell'avanzo primario atteso per il 2015 e per gli anni a seguire per due ragioni: a) in Grecia c'è sicuramente un bisogno urgente di misure sociali; non della riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati, ma di aiuti per tanta gente senza reddito o con redditi bassissimi. Bisognerebbe anche estendere l'assistenza sanitaria a tutti. b) perché il governo Tsipras deve avere qualcosa da mostrare al suo elettorato e, per il momento, ha ben poco. Non dimentichiamo che il governo Tsipras è un po' l'ultima spiaggia (come da noi il governo Renzi). Se fallisce chi potrà mai salvare la Grecia? Non certo i levantini come Samaras. Quello che è importante per gli altri europei è che vengano fatte le riforme, che il paese si riprenda; il costo finanziario – Lega permettendo – è meno importante. Lauro Colasanti ha detto: Mi sembra che questo articolo affronti il problema greco da un altro punto di vista non discusso finora. Forse enfatizza un po' troppo la prospettiva ed è sicuramente trattato in un modo "più americano", ma forse anche perché gli europei non hanno una visione abbastanza ampia e lasciano affrontare (nel bene e nel male) questi temi agli USA. Forse può essere un buon antidoto alla tentazione di inorgoglirsi per la (apparente e momentanea) ritirata di Syriza, pensando che in fondo un'umiliazione greca non serve a nessuno. Che i greci hanno bisogno di speranze per andare avanti, e che in fondo anche noi abbiamo bisogno di loro anche per le ragioni non peregrine che sottolinea Chandler nel suo breve articolo.

Risposto da Cristina Favati su 21 Febbraio 2015 a 10:16 Copio da un post di un membro del gruppo fb. E' davvero così? COSA HANNO OTTENUTO GERMANIA ED EUROGRUPPO La Grecia ha rinunciato a parlare di taglio del debito. Atene si è impegnata a non introdurre unilateralmente misure umanitarie e a non far marcia indietro sulle misure imposte dalla Troika (specie su pensioni, licenziamenti e contratti collettivi) senza l'ok dei creditori. Gli 11,5 miliardi rimasti nel fondo salva-banche torneranno al Fondo salvastati e non potranno essere usati (come sperava Tsipras) per finanziare parte del programma di Syriza. Varoufakis ha garantito che rispetterà tutti gli impegni dei creditori. E qualsiasi ritocco al vecchio memorandum dovrà essere concordato tra le parti. A supervisionare l'intero processo sarà la vecchia Troika (Ue, Bce e Fmi) anche se con un nome diverso. L'estensione vale quattro mesi e non sei come chiesto da Atene. Questo significa che finirà prima di luglio e agosto, quando scadono 6,7 miliardi di debiti con la Bce. A quel punto la Grecia sarà con le spalle al muro per trattare una proroga. Se non avesse i soldi per ripagare Eurotower, finirebbe in default. COSA HA OTTENUTO LA GRECIA

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Quattro mesi di tempo per mettere a punto un nuovo programma di riforme targato Syriza, l'ok formale della Ue a non chiamare Troika la Troika (ribattezzata "le istituzioni") e a non chiamare il memorandum memorandum (è rinato come "estensione del piano"). La possibilità di cambiare con l'ok dei creditori le misure di austerity previste dal vecchio progetto targato Samaras - che prevedeva l'aumento dell'Iva e nuovi tagli per 2,5 mld entro fine febbraio - con altre misure da presentare entro lunedì. La speranza e la possibilità, previa intesa generale, a chiudere almeno il 2015 con un avanzo primario inferiore al 3% imposto dalla Troika. L'accordo dovrebbe consentire alla Bce di riutilizzare come garanzia per finanziamenti i titoli di stato ellenici, una boccata d'ossigeno importante per il sistema creditizio.

Risposto da giorgio varaldo su 21 Febbraio 2015 a 11:03 grazie sandra del link secondo il quale non vi sono regole in merito Sandra Del Fabro ha detto: ecco un esempio di come il neoliberismo assenza di regole è illogico e crea squilibri a catena (e fa vivere male la gente) IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Giovanna Ricoveri Più informazioni su: Austerity, Cina, Crisi Economica, Export, Germania, Patto di Stabilità

Giovanna Ricoveri CNS - Ecologia Politica Post | Articoli La locomotiva tedesca proprio non ne vuole sapere di rallentare. L’enorme surplus tedesco, che già aveva allertato Stati Uniti e Commissione Europea lo scorso autunno, ha raggiunto nel 2013 la cifra record di €198,9 miliardi (superando anche i €195,3 pre-cr.... Anche il Segretario del Tesoro statunitense Jacob Lew ha ribadito che “politiche per promuovere la domanda interna sarebbero un bene per l’economia tedesca e quella mondiale”. Ma soprattutto, aiuterebbero a uscire dalla crisi il maggior partner commerciale della Germania: l’Europa. Il problema è semplice: in un’ottica keynesiana, la crisi economica, erodendo i risparmi dei cittadini, ha abbattuto la domanda interna dei paesi europei. I governi, che dovrebbero sostituirsi agli investimenti privati per rilanciare la domanda, hanno le mani legate dal Patto di Stabilità e dalle politiche di austerity imposte dai paesi creditori. L’unica componente della domanda aggregata che potrebbe rilanciare la crescita sono le esportazioni. Ma chi dovrebbe comprare? Chi cresce, ovvio. Cioè la Germania. Che, invece di comprare (cioè importare), vende (esporta). Il suo modello però funziona: il grande surplus commerciale è ciò che le permette di crescere nonostante un’Europa ancora in recessione. I motivi strutturali che la rendono tanto competitiva sono tre: 1) Salari tenuti bassi: dal 1995 a oggi sono cresciuti nominalmente di 21 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’Eurozona. 2) Il tasso di cambio debole: un paese esportatore come la Germania dovrebbe vedere la propria valuta rafforzarsi sui mercati, ma l’euro rappresenta anche le economie più deboli dell’Europa meridionale. Risultato: un tasso di cambio abbastanza debole per i tedeschi e troppo forte per tutti gli altri. 3) Bassa inflazione: fra i paesi che per primi adottarono l’euro nel 1999, la Germania è quella che ha registrato fra i più bassi tassi d’inflazione. In un regime di cambi fissi come quello dell’Eurozona, significa che oggi i prezzi dei suoi prodotti sono aumentati meno e sono quindi più competitivi. Il modello tedesco, cioè crescita trainata dalla domanda estera, è sostenibile solo in presenza di paesi che comprano: il suo grande surplus è stato possibile anche grazie all‘indebitamento degli stati dell’Europa meridionale. Ora che la crisi ha depresso la loro domanda interna, questi paesi hanno bisogno di aggrapparsi alla domanda estera di chi riesce ancora a crescere. Un ruolo che dovrebbe essere della Germania, ma che continua a rifiutare mantenendo bassa la domanda interna e limitati gli investimenti. Questa situazione finirà per danneggiare anche la Germania stessa.

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Elaborazione su dati Eurostat/Bundesbank: esportazioni di beni e servizi, crescita percentuale L’Eurozona rappresenta da sola più di un terzo di tutti l’export tedesco. Dal grafico si può notare come le esportazioni verso questi paesi sia in diminuzione rispetto al 2011, e ancora sotto i livelli pre-crisi del 2008. Al contrario, l’export verso i paesi fuori dall’euro è in costante crescita, uno più di tutti: la Cina. La Cina è il secondo maggiore partner commerciale tedesco fuori dall’Ue, la Germania il maggior partner cinese in Europa. Gli economisti parlano di “perfetta simbiosi” fra le due economie: la tecnologia tedesca in cambio del mercato cinese. Se la domanda nel vecchio continente sta calando (-1,2% rispetto al 2012), le esportazioni verso la Cina sono salite quasi del 700% rispetto agli anni duemila, grazie alla forte richiesta di auto di lusso e prodotti high-tech. Sembra che sia in atto quindi uno spostamento del baricentro commerciale tedesco, dall’Europa continentale verso i ben più floridi mercati d’oriente. Ma tutto questo potrebbe non durare: la Cina, da sempre specializzata nei beni a basso costo, grazie all’importazione di know-how tedesco sta diventando sempre più aggressiva nei settori più strategici per l’export tedesco, quali automobili, tecnologia “smart grid”, macchinari industriali, alta velocità ed energie rinnovabili. La “perfetta armonia” potrebbe finire, etrasformarsi in concorrenza.

Elaborazione su dati WTO

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Una nazione trainata dalle esportazioni è una nazione dipendente dall’andamento economico dei paesi compratori. Nonostante il costante consolidamento dei rapporti con la Cina, essa rappresenta ancora poco più del 6% del mercato tedesco. Il più grande partner commerciale resta l’Unione Europea. Se questi paesi smetteranno di comprare, non basteranno gli investimenti cinesi a salvare il modello germanico. Rilanciare la domanda interna, abbassare il surplus commerciale e sostenere la crescita dell’Eurozona è una necessità per Berlino. Il nuovo governo dovrebbe saperlo: la locomotiva traina il treno, ma la sua velocità dipende da quella dei vagoni. di Luca Gemmi (Fonte: www.economiaepolitica.it, 26 febbraio 2014) giorgio varaldo ha detto: leggo di regole europee limitanti il surplus commerciale http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/bilancia_commerci... non ho conoscenze in merito : fabio puoi illustrare questo punto? grazie

Risposto da Alberto Rotondi su 21 Febbraio 2015 a 11:58 Tra le tre ragioni ricordate per la crescita tedesca manca la quarta e più importante: la Germania produce beni competitivi che vengono comprati. Sono stufo di sentire gente che sproloquia contro la Germania e poi sale sulle sue Volkswagen, Audi o Mercedes e parte sgommando dicendo che le nostre auto fanno schifo. Il massimo era Berlusconi, che diceva che i nostri ambasciatori dovevano promuovere il made in Italy e poi partiva col suo corteo di auto (Audi e Ford), nessuna italiana. giorgio varaldo ha detto: grazie sandra del link secondo il quale non vi sono regole in merito Sandra Del Fabro ha detto: ecco un esempio di come il neoliberismo assenza di regole è illogico e crea squilibri a catena (e fa vivere male la gente) IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Giovanna Ricoveri Più informazioni su: Austerity, Cina, Crisi Economica, Export, Germania, Patto di Stabilità

Giovanna Ricoveri CNS - Ecologia Politica Post | Articoli La locomotiva tedesca proprio non ne vuole sapere di rallentare. L’enorme surplus tedesco, che già aveva allertato Stati Uniti e Commissione Europea lo scorso autunno, ha raggiunto nel 2013 la cifra record di €198,9 miliardi (superando anche i €195,3 pre-cr.... Anche il Segretario del Tesoro statunitense Jacob Lewha ribadito che “politiche per promuovere la domanda interna sarebbero un bene per l’economia tedesca e quella mondiale”. Ma soprattutto, aiuterebbero a uscire dalla crisi il maggior partner commerciale della Germania: l’Europa. Il problema è semplice: in un’ottica keynesiana, la crisi economica, erodendo i risparmi dei cittadini, ha abbattuto la domanda interna dei paesi europei. I governi, che dovrebbero sostituirsi agli investimenti privati per rilanciare la domanda, hannole mani legate dal Patto di Stabilità e dalle politiche di austerity imposte dai paesi creditori. L’unica componente della domanda aggregata che potrebbe rilanciare la crescita sono le esportazioni. Ma chi dovrebbe comprare? Chi cresce, ovvio. Cioè la Germania. Che, invece di comprare (cioè importare), vende (esporta). Il suo modello però funziona: il grande surplus commerciale è ciò che le permette di crescere nonostante un’Europa ancora in recessione. I motivi strutturali che la rendono tanto competitiva sono tre: 1) Salari tenuti bassi: dal 1995 a oggi sono cresciuti nominalmente di 21 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’Eurozona. 2) Il tasso di cambio debole: un paese esportatore come la Germania dovrebbe vedere la propria valuta rafforzarsi sui mercati, ma l’euro rappresenta anche le economie più deboli dell’Europa meridionale. Risultato: un tasso di cambio abbastanza debole per i tedeschi e troppo forte per tutti gli altri. 3) Bassa inflazione: fra i paesi che per primi adottarono l’euro nel 1999, la Germania è quella che ha registrato fra i più bassi tassi d’inflazione. In un regime di cambi fissi come quello dell’Eurozona, significa che oggi i prezzi dei suoi prodotti sono aumentati meno e sono quindi più competitivi.

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Risposte a questa discussione

Risposto da Maria Teresa Calà su 21 Febbraio 2015 a 12:20 Hai perfettamente ragione Alberto, infatti le nostre Fiat, Lancia e Alfa non hanno nulla da invidiare, recentemente abbiamo affittato una fiat Bravo, mio marito diceva delle belle prestazioni che aveva questa macchina, io tanti anni fa ci ho provato a comprare una Fiat Panda, purtroppo il costo è alto, ma ha il difetto di essere una delle macchine più rubate, insieme a tutti gli altri modelli Fiat, e mi è stata sottratta dopo sette mesi dall'acquisto. Ma per chi ha la possibilità il marchio Made in Italy è sinonimo di buon manufatto!! Quando sono andata in Francia avrò contato 5 macchine italiane, il 96% sono di fabbricazione francese una nicchia di marche tedesche e americane. Alberto Rotondi ha detto: Tra le tre ragioni ricordate per la crescita tedesca manca la quarta e più importante: la Germania produce beni competitivi che vengono comprati. Sono stufo di sentire gente che sproloquia contro la Germania e poi sale sulle sue Volkswagen, Audi o Mercedes e parte sgommando dicendo che le nostre auto fanno schifo. Il massimo era Berlusconi, che diceva che i nostri ambasciatori dovevano promuovere il made in Italy e poi partiva col suo corteo di auto (Audi e Ford), nessuna italiana.

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 21 Febbraio 2015 a 14:11 Sicuramente la crescita della domanda interna europea dovrebbe essere l' obiettivo da perseguire, visto il presente bilancio commerciale positivo nei confronti del resto del mondo . Purtroppo , come abbiamo più volte detto non esiste una possibilità di politica economica comune nè i trasferimenti interni di riequilibrio fra le diverse economie sono sufficienti . Una nuova politica dovrebbe essere avviata dalle organizzazinei sindacali e dai partiti di sinistra dei paesi in cui il surplus è più forte e vi sono anche condizioni generali di equilibrio che permettono ed anzi hanno bisogno di una politica di questo tipo per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne . Sono i Paesi del nord Europa a cominciare dalla Germania che dovrebbero guidare questo processo. In questo paese va probabilmente rivisitato e ripensato il mondo dei mini jobs per evitare che la flessibilità e opportunità per il lavoro e per le aziende diventino la cristallizzazione di una precarietà diffusa e mantenuta grazie anche al sussidio pubbliico. Qualcosa si è fatto sul tema del salario minimo ma esistono larghe possibilità ulteriori . Si può fare molto di più ma è il momento che il PSE si muova con maggiore forza e determinazione a livello europeo dialogando e confrontandosi anche con le altre formazioni politiche di sinistra a respiro nazionale, per esmwpio per realizzare quel sussidio generale di disoccupazione . presete nel suo programma. . E' tempo che anche i sindacati dei lavoratori dei diversi paesi si parlino e collaborino maggiormente per una piattaforma comune. Non posso inoltre che sottolineare quanto già detto sul tema delle possibili azioni di spesa e sviluppo europee di cui ho già parlato in precedenti interventi.

Risposto da giorgio varaldo su 21 Febbraio 2015 a 15:18 Quando si parla di domanda interna europea in calo o in crescita inferiore a quella USA ci si dimentica di un particolare non proprio trascurabile: il fattore demografico. L'europa e' vecchia e l'italia e' ancor piu' vecchia ed il trend dice chiaramente che la popolazione e' in diminuzione, quindi e' ipotizzabile un futuro negativo per l'edilizia motore dell'economia e per consumi. Pertanto anche l'auspicato aumento della domanda interna potra' esser in grado di riportare i consumi al livello ante 2000? Da allora non sono diminuiti solo i consumi e'' diminuita la popolazione che e' pure invecchiata. Quindi non aspettiamoci di rimettere in movimento l'economia con un aumento dei consumi che mai verra' o che sara' limitato. Sino a che non si invertira' il trend demografico l'unica via e' l'Export

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Risposto da Fabio Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 17:44 Giorgio, non esistono limiti all'attivo commerciale. Ma ogni buona regola di politica economica dice che disavanzi di bilancia dei pagamenti (di cui il saldo commerciale è quasi sempre la componente più grossa) sono un problema, cosi come sono un problema degli avanzi di bilancia dei pagamenti che ne costituiscono la contropartita statistica. Se le statistiche commerciali fossero esatte, il saldo di bilancia dei pagamenti del mondo nel suo insieme dovrebbe essere zero. Gli avanzi degli uni sono i disavanzi degli altri. In prima approssimazione l'ideale sarebbe che tutti i paesi avessero una bilancia dei pagamenti in equilibri. Sarebbe ideale che la zona euro avesse una bilancia dei pagamenti in equilibrio e che ogni paese al suo interno sia in equilibrio. Ovviamente una situazione del genere non si verifica mai. Per di più ci possono essere delle ottime ragioni per deviare un poco dall'equilibrio. Un paese in ritardo di sviluppo potrebbe avere una bilancia dei pagamenti in disavanzo dovuta al fatto che sta importando beni di investimento che gli permetteranno di crescere più rapidamente in seguito. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo ha una bilancia dei pagamenti in leggero disavanzo e nessuno se ne preoccupa. Al tempo stesso, un paese con una popolazione di età media molto avanzata (come l'Italia e la Germania) potrebbe giustamente cercare di avere un avanzo che gli permetta di investire nel resto del mondo e ricavare redditi da investimenti che saranno utili per far fronte all'invecchiamento della popolazione. Esistono poi anche altri motivi occasionali che possono giustificare uno scostamento dall'equilibrio. Ma se un paese ha un disavanzo di bilancia dei pagamenti forte, questo è un grosso problema che prima o poi dovrà essere corretto. Già un disavanzo di bilancia dei pagamenti del due/tre per cento è un problema. Pensa che la Grecia nel 2009 aveva un disavanzo di bilancia dei pagamenti pari al 15 per cento del PIL ed è ancora oggi attorno al due per cento. Per questo tutte le organizzazioni internazionali raccomandano ai paesi che hanno un disavanzo del 2/3 per cento del PIL di prendere misure correttive. Al tempo stesso, in Europa si è riconosciuto che un avanzo troppo alto è anche un problema. Se un paese ha un avanzo superiore al sei per cento del PIL viene raccomandato a questo paese di rilanciare la domanda interna per importare di più e ridurre in questa maniera lo squilibrio. Il problema è che c'è un'asimmetria nella maniera nella quale sono formulate e seguite le raccomandazioni. Se un paese è in disavanzo, le raccomandazioni hanno un tono di urgenza e di solito il paese fa qualcosa perché sa che le conseguenze di un disavanzo troppo grande (bassa crescita, disoccupazione e perdita di credibilità internazionale) sono molto spiacevoli. Le conseguenze di un avanzo sono un po' come il nuotare nell'oro di Paperon de Paperoni, significa privarsi stupidamente di un livello di vita molto migliore, ma le conseguenze macroeconomiche negative sono per gli altri. Il FMI e gli Stati Uniti hanno sempre rimproverato alla Commissione di essere troppo timida nei confronti della Germania che ha superato varie volte il limite del sei per cento (valore arbitrario come i parametri fiscali) al di del quale si dovrebbe prendere azioni correttive. Il problema è che in Germania perfino i sindacati non vogliono chiedere aumenti di salari perché preferiscono il passare da un record di occupazione all'altro. L'industria tedesca esportatrice si rallegra di questa posizione dei sindacati e insieme fanno pressione sul governo perche non faccia nulla. Vivere meglio significherebbe salari tedeschi più alti, ma anche spese pubbliche più alte. Qui ci si scontra con il fatto che il tedesco della strada pensa che fare debiti sia sbagliato e che il governo non si debba indebitare. Quindi ci ritroviamo con avanzi tedeschi sempre più alti che trovano la loro contropartita parziale in disavanzi più alti di altri paesi membri della zona euro. giorgio varaldo ha detto: leggo di regole europee limitanti il surplus commerciale http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/bilancia_commerci... non ho conoscenze in merito : fabio puoi illustrare questo punto? grazie

Risposto da Fabio Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 17:50 Cristina, è cosi. Per questo ho postato il commento dove ho espresso la speranza che lunedi ci si metta d'accordo per accettare un avanzo primario molto più basso di quello che era stato inizialmente previsto per il 2015 (tre per cento del PIL). Non è nell'interesse di nessuno che il governo Tsipras si trovi in troppe difficoltà. Capisco la tentazione

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umana di molti di mandarli a quel paese visto il comportamento tenuto nelle due settimane che sono al governo, ma nelle relazioni internazionali si deve andare al di la degli aspetti personali. Che la Grecia abbia ottenuto poco non è dovuto al fatto che si è trovata di fronte paesi più "forti", è dovuto alla realtà oggettiva della situazione in cui si trova.

Cristina Favati ha detto: Copio da un post di un membro del gruppo fb. E' davvero così? COSA HANNO OTTENUTO GERMANIA ED EUROGRUPPO La Grecia ha rinunciato a parlare di taglio del debito. Atene si è impegnata a non introdurre unilateralmente misure umanitarie e a non far marcia indietro sulle misure imposte dalla Troika (specie su pensioni, licenziamenti e contratti collettivi) senza l'ok dei creditori. Gli 11,5 miliardi rimasti nel fondo salva-banche torneranno al Fondo salvastati e non potranno essere usati (come sperava Tsipras) per finanziare parte del programma di Syriza. Varoufakis ha garantito che rispetterà tutti gli impegni dei creditori. E qualsiasi ritocco al vecchio memorandum dovrà essere concordato tra le parti. A supervisionare l'intero processo sarà la vecchia Troika (Ue, Bce e Fmi) anche se con un nome diverso. L'estensione vale quattro mesi e non sei come chiesto da Atene. Questo significa che finirà prima di luglio e agosto, quando scadono 6,7 miliardi di debiti con la Bce. A quel punto la Grecia sarà con le spalle al muro per trattare una proroga. Se non avesse i soldi per ripagare Eurotower, finirebbe in default. COSA HA OTTENUTO LA GRECIA Quattro mesi di tempo per mettere a punto un nuovo programma di riforme targato Syriza, l'ok formale della Ue a non chiamare Troika la Troika (ribattezzata "le istituzioni") e a non chiamare il memorandum memorandum (è rinato come "estensione del piano"). La possibilità di cambiare con l'ok dei creditori le misure di austerity previste dal vecchio progetto targato Samaras - che prevedeva l'aumento dell'Iva e nuovi tagli per 2,5 mld entro fine febbraio - con altre misure da presentare entro lunedì. La speranza e la possibilità, previa intesa generale, a chiudere almeno il 2015 con un avanzo primario inferiore al 3% imposto dalla Troika. L'accordo dovrebbe consentire alla Bce di riutilizzare come garanzia per finanziamenti i titoli di stato ellenici, una boccata d'ossigeno importante per il sistema creditizio.

Risposto da Cristina Favati su 21 Febbraio 2015 a 18:35

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TSIPRAS CHIAMA RENZI: "GRAZIE ITALIA" Tweet 21 febbraio 2015 17.30 Tsipras ringrazia Renzi per il ruolo svolto a livello europeo. Con una telefonata, il premier greco ha confermato che Italia e Francia nell'Eurogruppo hanno fatto fronte comune per arrivare all'accordo con Atene di estendere gli aiuti a 4 mesi. I due Paesi hanno bloccato la richiesta del ministro tedesco Schaeuble di un altro rinvio alla prossima settimana. I ministri Padoan e Sapin hanno ritenuto che un rinvio avrebbe "alzato la tensione" sui mercati e nell'opinione pubblica facendo "naufragare tutto". Da RAI news 24

Risposto da Fabio Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 19:28 Giuseppe, hai ragione sul fatto che il rilancio della domanda deve venire dai paesi con avanzi di bilancia dei pagamenti. Se solo i socialisti tedeschi si muovessero, se solo i sindacati tedeschi fossero un poco più dinamici. Ma vivono ancora nel ricordo del record storico di disoccupazione del 2006 e considerano il record di occupazione attuale come qualcosa di molto fragile. I "minijobs", non hanno un effetto sul livello salariale; sono solo una benvenuta possibilità di far lavorare in maniera più semplice e meno onerosa gente che vuole lavorare a tempo molto parziale (meno di dieci/dodici ore settimanali. Giuseppe Ardizzone ha detto: Sicuramente la crescita della domanda interna europea dovrebbe essere l' obiettivo da perseguire, visto il presente bilancio commerciale positivo nei confronti del resto del mondo . Purtroppo , come abbiamo più volte detto non esiste una possibilità di politica economica comune nè i trasferimenti interni di riequilibrio fra le diverse economie sono sufficienti . Una nuova politica dovrebbe essere avviata dalle organizzazinei sindacali e dai partiti di sinistra dei paesi in cui il surplus è più forte e vi sono anche condizioni generali di equilibrio che permettono ed anzi hanno bisogno di una politica di questo tipo per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne . Sono i Paesi del nord Europa a cominciare dalla Germania che dovrebbero guidare questo processo. In questo paese va probabilmente rivisitato e ripensato il mondo dei mini jobs per evitare che la flessibilità e opportunità per il lavoro e per le aziende diventino la cristallizzazione di una precarietà diffusa e mantenuta grazie anche al sussidio pubbliico. Qualcosa si è fatto sul tema del salario minimo ma esistono larghe possibilità ulteriori . Si può fare molto di più ma è il momento che il PSE si muova con maggiore forza e determinazione a livello europeo dialogando e confrontandosi anche con le altre formazioni politiche di sinistra a respiro nazionale, per esmwpio per realizzare quel sussidio generale di disoccupazione . presete nel suo programma. . E' tempo che anche i sindacati dei lavoratori dei diversi paesi si parlino e collaborino maggiormente per una piattaforma comune. Non posso inoltre che sottolineare quanto già detto sul tema delle possibili azioni di spesa e sviluppo europee di cui ho già parlato in precedenti interventi.

Risposto da Lauro Colasanti su 21 Febbraio 2015 a 19:36 Conosco un ingegnere navale greco che lavora per una grande compagnia di navigazione. Quando devono fare la manutenzione delle navi, le fanno fermare in Cina; lui e un altro paio di persone si spostano per una decina di giorni per sovrintendere ai lavori. Per esempio, mi ha raccontato che in 2 giorni riescono a ridipingere l'intero scafo di una nave molto grande. Due squadre iniziano, una per lato, da poppa e in 12 ore arrivano a prua, immediatamente ricominciano a poppa per la seconda mano. I costi sono la metà di quanto sarebbero in Grecia. giorgio varaldo ha detto Un aspetto che rilevo sia stato ignorato dai politici greci (per quel che ne so sia da syriza che dagli altri partiti greci) è la completa assenza di provvedimenti in funzione di rilancio industriale greco Un aspetto stridente è con una grecia fatta da migliaia di isole e con una flotta mercantile la più grande del mondo l'assenza di una cantieristica navale degna di questo nome.

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Risposto da giorgio varaldo su 21 Febbraio 2015 a 23:09 Grazie per la dettagliata risposta. Quindi repubblica scrivendo di regole infrante ha dimostrato il solito livello di (in)competenza.. Fabio Colasanti ha detto: Giorgio, non esistono limiti all'attivo commerciale. Ma ogni buona regola di politica economica dice che disavanzi di bilancia dei pagamenti (di cui il saldo commerciale è quasi sempre la componente più grossa) sono un problema, cosi come sono un problema degli avanzi di bilancia dei pagamenti che ne costituiscono la contropartita statistica. Se le statistiche commerciali fossero esatte, il saldo di bilancia dei pagamenti del mondo nel suo insieme dovrebbe essere zero. Gli avanzi degli uni sono i disavanzi degli altri. In prima approssimazione l'ideale sarebbe che tutti i paesi avessero una bilancia dei pagamenti in equilibri. Sarebbe ideale che la zona euro avesse una bilancia dei pagamenti in equilibrio e che ogni paese al suo interno sia in equilibrio. Ovviamente una situazione del genere non si verifica mai. Per di più ci possono essere delle ottime ragioni per deviare un poco dall'equilibrio. Un paese in ritardo di sviluppo potrebbe avere una bilancia dei pagamenti in disavanzo dovuta al fatto che sta importando beni di investimento che gli permetteranno di crescere più rapidamente in seguito. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo ha una bilancia dei pagamenti in leggero disavanzo e nessuno se ne preoccupa. Al tempo stesso, un paese con una popolazione di età media molto avanzata (come l'Italia e la Germania) potrebbe giustamente cercare di avere un avanzo che gli permetta di investire nel resto del mondo e ricavare redditi da investimenti che saranno utili per far fronte all'invecchiamento della popolazione. Esistono poi anche altri motivi occasionali che possono giustificare uno scostamento dall'equilibrio. Ma se un paese ha un disavanzo di bilancia dei pagamenti forte, questo è un grosso problema che prima o poi dovrà essere corretto. Già un disavanzo di bilancia dei pagamenti del due/tre per cento è un problema. Pensa che la Grecia nel 2009 aveva un disavanzo di bilancia dei pagamenti pari al 15 per cento del PIL ed è ancora oggi attorno al due per cento. Per questo tutte le organizzazioni internazionali raccomandano ai paesi che hanno un disavanzo del 2/3 per cento del PIL di prendere misure correttive. Al tempo stesso, in Europa si è riconosciuto che un avanzo troppo alto è anche un problema. Se un paese ha un avanzo superiore al sei per cento del PIL viene raccomandato a questo paese di rilanciare la domanda interna per importare di più e ridurre in questa maniera lo squilibrio. Il problema è che c'è un'asimmetria nella maniera nella quale sono formulate e seguite le raccomandazioni. Se un paese è in disavanzo, le raccomandazioni hanno un tono di urgenza e di solito il paese fa qualcosa perché sa che le conseguenze di un disavanzo troppo grande (bassa crescita, disoccupazione e perdita di credibilità internazionale) sono molto spiacevoli. Le conseguenze di un avanzo sono un po' come il nuotare nell'oro di Paperon de Paperoni, significa privarsi stupidamente di un livello di vita molto migliore, ma le conseguenze macroeconomiche negative sono per gli altri. Il FMI e gli Stati Uniti hanno sempre rimproverato alla Commissione di essere troppo timida nei confronti della Germania che ha superato varie volte il limite del sei per cento (valore arbitrario come i parametri fiscali) al di del quale si dovrebbe prendere azioni correttive. Il problema è che in Germania perfino i sindacati non vogliono chiedere aumenti di salari perché preferiscono il passare da un record di occupazione all'altro. L'industria tedesca esportatrice si rallegra di questa posizione dei sindacati e insieme fanno pressione sul governo perche non faccia nulla. Vivere meglio significherebbe salari tedeschi più alti, ma anche spese pubbliche più alte. Qui ci si scontra con il fatto che il tedesco della strada pensa che fare debiti sia sbagliato e che il governo non si debba indebitare. Quindi ci ritroviamo con avanzi tedeschi sempre più alti che trovano la loro contropartita parziale in disavanzi più alti di altri paesi membri della zona euro. giorgio varaldo ha detto: leggo di regole europee limitanti il surplus commerciale http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/bilancia_commerci... non ho conoscenze in merito : fabio puoi illustrare questo punto? grazie

Risposto da Giampaolo Carboniero su 22 Febbraio 2015 a 1:22 La Germania, ammalata di anoressia, ha distrutto l'Europa, che adesso faccia lo stesso, ammalata di bulimia?

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Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 7:17 Questa è una posizione molto dura, che potrebbe essere chiamata di "destra", anche se il suo autore, Franco Debenedetti non puo' certo essere chiamato di destra. L'articolo è del 20 febbraio ed è apparso sul blog dell'autore, ospittao da "Il Foglio". Gli aiuti ai Paesi in difficoltà vengono dati solo se condizionati all’accettazione di un programma di riforme: questo è il principio che Schäeuble continuerà ad affermare oggi a Bruxelles e sul quale sembra avere portato l’intero Consiglio d’Europa. Già l’ha detto ieri il suo portavoce: la lettera di Atene non presenta alcuna proposta di soluzione sostanziale. Sembra difficile che il Ministro delle finanze tedesco possa cedere, perché al principio di condizionalità la Merkel ha ancorato tutte le concessioni che via via ha fatto, sull’EFSM, sull’ESM, sull’OMT. Dopo il convegno di Bruxelles del 29 Giugno 2012, si era precipitata in sala stampa per confermare che l’intervento antispread con i fondi EFSN ed ESM era sotto condizionalità, e non automatico, come Monti, rischiando l’incidente diplomatico, aveva lasciato intendere. Non c’è solo Syriza e le sue spericolate promesse per vincere le elezioni. C’è anche la Merkel che, oltre all’incognita Karlsruhe e alla spina nel fianco AfD, deve fare i conti con un’opinione pubblica tedesca in questa circostanza unita come raramente. Ma c’è un’altra ragione per attaccarsi a quel principio, e riguarda tutti i paesi dell’Unione: perché così si evita di affrontare una questione ben più sostanziale. La partecipazione all’Unione Europea, e all’Eurozona, vincola in qualche modo la linea politica di Governi democraticamente eletti? Il problema si è già posto con Viktor Orban. Prescindiamo da questioni geopolitiche, Tsipras non è Chavez e tanto meno Castro (anche se l’ammiccamento a Putin sembrava fatta apposta per suscitare associazione di idee, e qualche appoggio oltreatlantico, puntualmente arrivato). Parliamo di posizioni politiche generali: quella di un governo di sinistra-sinistra è compatibile con un’Unione Europea che si fonda sostanzialmente su principi liberali? L’Unione Europea non è un’unione politica, ma un’unione di politiche: quanto possono divergere negli orientamenti di fondo? Basta, ad assicurarne la convergenza, il rispetto (tendenziale) dei parametri di Maastricht, garantire le libertà stabilite dai trattati, non restringere la concorrenza e non fornire aiuti di stato? Certo che, a rompere con le regole non scritte del club, Tsipras e Varoufakis, le han provate tutte: arrivare con mezz’ora di ritardo alle riunioni, facendosi accompagnare da un operatore televisivo, rendere pubblici documenti con sopra scritto riservato. Ma anche tecniche negoziali o infantili, come il greco buono e il greco cattivo, o provocatorie, come chiedere danni di guerra alla Germania, o sgradevoli, come provare ripetutamente a mettere gli uni contro gli altri. Prima la piazza finanziaria di Londra contro quella di Francoforte, poi il Sud contro il Nord, l’OCSE contro il FMI, Juncker contro la Merkel, la commissione contro il Consiglio, fino a Moscovici contro Dijsselbloem. Conta la lettera dei trattati, conta la fiducia, non solo tra i soci di un club, anche tra debitore e creditore. Invece quella di “ingannare chi si fida” sembra essere una propensione costante dei governi greci, fin dalla falsificazione dei dati di bilancio per entrare nell’euro. Syriza, si legge sul sito di Eurointelligence, aveva raccontato che avrebbe recuperato 20mld€ di tasse non pagate, (su un totale di 76), adesso dice che quella era una stima e che l’ammontare delle tasse recuperabili è solo di 9mld€ e che sperano di recuperarne 3 quest’anno (sul finanziamento con “contrasto all’evasione” possiamo dare lezioni). Pare che ci sia l’inganno perfino nella dichiarazione della percentuale di richieste finora soddisfatte del famoso Memorandum della Troika. I greci, secondo quanto riporta la Frankfurter Allgemeine, avrebbero trovato facile dire che ne avevano soddisfatto l’85%, ma hanno “colto i frutti più in basso” cioè han fatto le riforme semplici. Non solo, molte riforme sarebbero state dichiarate compiute semplicemente perché era stata approvata la relativa legge. E quelle importanti tra cui le privatizzazioni di pezzi rilevanti dell’economia pubblica, sono ancora non realizzate. Richiedere il rispetto della lettera dell’accordo può servire agli altri membri del Consiglio per evitare di porsi domande difficili. Potrebbe far comodo anche ai greci: se è giusta l’interpretazione che qualcuno incomincia a darsi della loro tattica negoziale, cioè il tentativo di trovare a chi dare la colpa per un’uscita già messa in conto.

Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 8:10 Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21... Risposte a questa discussione

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Risposto da Romano Meloni su 22 Febbraio 2015 a 10:28 Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

Risposto da giorgio varaldo su 22 Febbraio 2015 a 10:55 Non trovo corretta l'equazione maggiori consumi in germania= maggiori esportazioni verso la germania da parte degli altri paesi UE almeno sino a quando paesi come il nostro non siano tornati ad essere competitivi. Un aumento della capacita' di spesa del cittadino tedesco porterebbe vantaggi ai paesi del BICCS (manca la R per ovvi motivi) ma non agli altri paesi europei Nel caso specifico della grecia senza ormai struttura industriale anche un raddoppio delle esportazioni di feta ed olio di oliva non avrebbe grandi ricadute economiche. Dobbiamo renderci conto che le riforme anche se possono non piacere ad alcuni le si debbono fare... Romano Meloni ha detto: Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 10:57 Romano, l'ho letto anch'io e lo trovo molto lucido. Il problema è che per il momento l'articolo è disponibile solo sulla versione a pagamento che tu ed io evidentemente utilizziamo (siamo entrambi residenti all'estero e la versione on line è molto più economica dei due euro che dovremmo pagare per ogni copia cartacea). Bisognerà aspettare domani o dopodomani per avere l'articolo in versione libera. Romano Meloni ha detto: Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

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Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 11:01 Giorgio, un certo effetto c'è, ma è molto piccolo. Solo il cinque per cento delle importazioni tedesche viene dall'Italia (il dieci per cento dai quattro paesi del sud Europa: 5% dall'Italia, 3% dalla Spagna, e un per cento da Portogallo e da Grecia). Ma rimane che la Germania, nel suo stesso interesse, non dovrebbe avere un avanzo di bilancia dei pagamenti delle dimensioni che vediamo. Dovrebbeero godersi i risultati della loro produttività in maggiori salari e maggiori consumi. giorgio varaldo ha detto: Non trovo corretta l'equazione maggiori consumi in germania= maggiori esportazioni verso la germania da parte degli altri paesi almeno sino a quando paesi come il nostro non siano tornati ad essere competitivi. Un aumento della capacita' di spesa del cittadino tedesco porterebbe vantaggi ai paesi del BICCS (manca la R per ovvi motivi) ma non agli altri paesi europei Nel caso specifico della grecia senza ormai struttura industriale anche un raddoppio delle esportazioni di feta ed olio di oliva non avrebbe grandi ricadute economiche. Dobbiamo renderci conto che le riforme le dobbiamo fare... Romano Meloni ha detto: Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

Risposto da Romano Meloni su 22 Febbraio 2015 a 12:03 Certamente un'eventuale cambio della politica economica tedesca in senso espansivo non è alternativa alle necessarie riforme nei paesi in deficit di bilancia dei pagamenti. Penso che le due cose siano invece complementari. In Paesi come l'Italia il grande lavoro da fare per rilanciare l'economia è sul lato dell'offerta, perché se si operasse, come viene richiesto da buona parte della stampa, sul lato della domanda, il risultato sarebbe un aumento dell'acquisto di Volkswagen. Invece se contemporaneamente, i Paesi in surplus che lo possono fare aumentassero i loro consumi, penso che il beneficio sarebbe generale. In Italia questo potrebbe innescare una ripresa trainata da un ciclo di investimenti, molto più sana che non un aumento della domanda di consumi. In questo senso dico che se la Germania fosse consapevole delle sue responsabilità, dovrebbe esercitare una funzione di locomotiva, come per tanti anni hanno fatto gli Stati Uniti. Penso anche che se l'Italia riuscirà a portare avanti il suo programma di riforme, tenendo in equilibrio i conti, potrebbe tentare di coagulare altri Paesi come la Spagna, il Portogalllo e la Francia (?) per premere nei confronti della Germania, non alla ricerca di deroghe agli impegni di bilancio per se stessi, ma invece per un cambio di politica in Germania e nei Paesi in surplus. Del resto, se è vero che dal punto di vista economico non ci sono limiti agli avanzi di bilancia dei pagamenti e che l'aggiustamento incombe ai paesi in disavanzo, è anche vero che Maastricht prevede tra i criteri di convergenza anche un certo equilibrio nei saldi dei pagamenti. Mi sembra di ricordare anzi che qualche mese fa, molto su pressione americana, la Commissione fece delle osservazioni alla Germania circa un eccesso dei suoi avanzi, senza molti risultati, peraltro. giorgio varaldo ha detto: Non trovo corretta l'equazione maggiori consumi in germania= maggiori esportazioni verso la germania da parte degli altri paesi UE almeno sino a quando paesi come il nostro non siano tornati ad essere competitivi.

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Un aumento della capacita' di spesa del cittadino tedesco porterebbe vantaggi ai paesi del BICCS (manca la R per ovvi motivi) ma non agli altri paesi europei Nel caso specifico della grecia senza ormai struttura industriale anche un raddoppio delle esportazioni di feta ed olio di oliva non avrebbe grandi ricadute economiche. Dobbiamo renderci conto che le riforme anche se possono non piacere ad alcuni le si debbono fare... Romano Meloni ha detto: Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 22 Febbraio 2015 a 13:49 Non dimerntichiamo che maggiori salari tedeschi significherebbero anche riduzione del differenziale attuale del CLUP nei confronti degli altri paesi dell'eurozona .proprio in un momento favorevole grazie all'indebilimento dell'euro. .

Risposto da giorgio varaldo su 22 Febbraio 2015 a 14:33 Giuseppe qualsiasi aumento dei salari tedeschi sara' sempre inferiore al differenziale di CLUP rispetto alla germania . Ma ammesso e non concesso si possa azzerare questa differenza con quali fabbriche produrremmo i beni da vendere sul mercato tedesco? Non dimentichiamoci che dopo la crisi del 2008 il tessuto industriale italiano si e' razionalizzato. In termini espluciti per portare la saturazione impianti a livelli accettabili ha ridotto capacita' produttiva e forza lavoro. Quindi se non la si aumenta non saremo in grado di approfittare di simile occasione. Ergo necessitano riforme e lo jobs act e' un buon inizio ma c'e' ancora tanto da fare

Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 14:36 Ringrazio Enrico Ponzone per avermi segnalato questo articolo di Sandro Brusco sul trattamento dell'accordo con la Grecia da parte della stampa italiana. http://noisefromamerika.org/articolo/accordo-greco-titoli-contenuti L'accordo greco: i titoli e i contenuti sandro brusco Proponiamo una veloce rassegna del trattamento riservato dai giornali italiani all'accordo provvisorio tra istituzioni internazionali e nuovo governo greco. Occorrerà aspettare lunedì per capire meglio i contenuti dell'accordo che ha permesso la proroga di 4 mesi dei finanziamenti alla Grecia. Questa mattina, dando un'occhiata ai giornali internazionali (qui un breve riassunto), l'impressione che ho avuto è stata di una capitolazione della Grecia. Il taglio del debito, punto centrale del programma di Syriza, è completamente uscito di scena. Il governo greco ha accettato di evitare di imporre unilateralmente manovre scassabilancio. Futuri finanziamenti sono condizionati al rispetto del programma di riforme. Naturalmente il governo greco può decidere in autonomia come raggiungere gli obiettivi di bilancio (ossia quali spese tagliare e quali tasse aumentare), come era vero nel passato. Poi ho letto i i titoli dei principali giornali italiani, è ho avuto la netta sensazione di vivere in un mondo alternativo. L'eroico Tsipras aveva strappato a mani nude la fine dell'austerità ai cattivi teutoni, valorosamente spalleggiato dal fido pard Renzi. Poi ho letto gli articoli sotto i titoli. E improvvisamente il mondo è tornato a essere uno solo. Andiamo per ordine.

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La Repubblica. Il titolo che appare in prima pagina è ''Stop austerity'', Tsipras esulta e chiama Renzi: grazie per l'aiuto. Cliccando sull'articolo, il titolo ribadisce il concetto. Solo il lettore che si avventura fino alla fine dell'articolo può leggere una realtà un po' diversa: ''Per il momento, la Grecia ha rinunciato a parlare di taglio del debito impegnandosi, inoltre a non introdurre unilateralmente misure umanitarie e a non far marcia indietro sulle misure imposte dalla Troika (specie su pensioni, licenziamenti e contratti collettivi) senza l'ok dei creditori. Gli 11,5 miliardi rimasti nel fondo salva-banche torneranno al Fondo salvastati e non potranno essere usati (come sperava Tsipras) per finanziare parte del programma di Syriza''. Come questo significhi la fine dell'austerità è un mistero che forse può risolvere solo Barbara Spinelli. E chiamare ''misure umanitarie'' le manovre scassabilancio è veramente da distopia orwelliana, così come quel ''per il momento'' riguardo al taglio del debito. Segnalo anche, perché mi ha fatto ridere di gusto, il seguente pezzo: ''Secondo quanto riportano fonti ufficiali dell'esecutivo nella lista di impegni c'è anche la lotta all'evasione fiscale e alla corruzione e la riforma della pubblica amministrazione''. Devo averla già sentita da qualche altra parte. Il Corriere. Il titolo che appare in prima pagina è Tsipras esulta dopo l'accordo salva-Grecia: ''Cancella gli impegni sull'austerità''. Cliccando sull'articolo, il titolo ribadisce il cancellamento dell'austerità e nel sottotitolo appare pure il ringraziamento a Renzi e Padoan. L'articolo è abbastanza coerente con il titolo. Riporta unicamente le dichiarazioni entusiastiche di Tsipras senza fare alcun tentativo di spiegare al lettore i contenuti dell'accordo. L'unico pezzo che lascia capire cosa è successo sul serio è questo: Le misure previste dal precedente governo, guidato da Antonis Samaras, prevedevano entro la fine di febbraio l’aumento dell’Iva e nuovi tagli per 2,5 miliardi. Il memorandum offre a Tsipras la possibilità di sostituirle con nuove misure entro lunedì. Ossia, Tsipras dovrà sostituire l'aumento IVA con un'altra tassa. Proverà a raccontare che le entrate le vuole aumentare con la lotta all'evasione e ''le istituzioni'' (non si dice più troika) faranno finta di credergli se decidono di lasciargli abbassare un po' l'avanzo primario, e lo spernacchieranno altrimenti. La Stampa. Il titolo che appare in prima pagina è Accordo tra Grecia e Europa. Tsipras: cancellati gli impegni. E chiama Renzi per ringraziarlo. Cliccando sull'articolo, il titolo ribadisce il cancellamento dell'austerità, ma poi nel sottotitolo aggiunge un sibillino ''Ma in realtà non motivo per esultare''. Bisogna leggere l'articolo, nella sezione ''Chi ha vinto e chi ha perso'' per capire cosa questo significhi. ''In realtà Atene non ha troppe ragioni per esultare. Infatti il pesante programma di salvataggio oggi in vigore dovrà essere completato sotto il controllo della Troika, e non ci sono evidenti sconti di consolidamento, né novità quantitative per il calendario di riforme già definito. La verità è che ieri i negoziatori di Alexis Tsipras hanno dovuto cedere. Non poco.'' In una sezione successiva, dal signficativo titolo ''Il contentino a Tsipras'' si chiarisce cosa è la ''cancellazione dell'austerità'': ''Vero che l’avanzo primario del 2015 sarà inferiore al 3 per cento concordato tre anni fa, tuttavia l’obiettivo per Atene resta al 4,5 nel 2016. Mentre ogni eventuale misura che impatti sul programma dovrà essere discussa con «le istituzioni», nuovo nome della Troika, il club dei controllori formato da Ue, Fmi e Bce. Un contentino semantico per Atene. I greci pagano una diplomazia troppo muscolare che ha irritato i partner di Eurolandia.'' Sempre sul sito de La Stampa c'è il link a un articolo dell'ottima Tonia Mastrobuoni che racconta una storia ben diversa da quella dell'esultante Tsipras. Sembra quasi che ci sia stata una disperata congiura del consenso dei titolisti, abbastanza indipendente dal contenuto degli articoli. In effetti, sembra quasi che chi ha fatto i titoli non abbia proprio letto gli articoli. Tecnicamente, chi ha fatto i titoli non ha nemmeno detto una balla. Ha solo ripetuto le balle di Tsipras, che nei prossimi mesi avrà il suo da fare a spiegare al proprio elettorato che tutte le sue promesse di cancellazione del debito, aumento delle pensioni e così via erano sciocchezze incoerenti costruite su premesse false. È più grave raccontare balle o ripetere balle raccontate da altri senza dire che sono balle? Ai posteri l'ardua sentenza

Risposto da giorgio varaldo su 22 Febbraio 2015 a 15:18 Sandra se il signor tsipras volesse veramente aiutare i propri concittadini in difficolta taglierebbe le spese non essenziali come ad esempio le spese militari . Per la cronaca le spese militari greche in termini i rapporto con il PIL sono il doppio di quelle italiane. Ti risulta abbia in programma di tagliarle? Anzi secondo lauro il ministero della difesa e' stato affidato al partito di destea alleato di syriza.. Un pochino del tuo sdegno dedicato alle spese militari greche proprio non ci sta?

Risposto da giorgio varaldo su 22 Febbraio 2015 a 15:41

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Sandra la mia posizione la ho espressa ed in modo chiaro. Tsipras tagli la meta' delle spese per la difesa e si trovera' 7 miliardi di euro per far fronte all' indigenza. Aiutati che il ciel t'aiuta dice il detto popolare. Inizia con l'aiutarti.

Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 16:09 Stiamo poi a vedere se Tsipras riuscirà a far pagare le tasse. Nei due mesi prima delle elezioni le entrate tributarie hanno dato due miliardi di euro meno del previsto (questo è stato riconosciuto dallo stesso Tsipras). I contribuenti devono aver pensato che ritardare il pagamento delle tasse valesse la pena. giorgio varaldo ha detto: Sandra la mia posizione la ho espressa ed in modo chiaro. Tsipras tagli la meta' delle spese per la difesa e si trovera' 7 miliardi di euro per far fronte all' indigenza. Aiutati che il ciel t'aiuta dice il detto popolare. Inizia con l'aiutarti.

Risposto da Fabio Colasanti su 22 Febbraio 2015 a 16:34 Sandra, trovo queste tue periodiche sparate irragionevoli e offensive. Irragionevoli perché sono basate sull'ignoranza del fatto che il benessere delle persone non può che dipendere dall'andamento dell'economia. Se la gente in Svezia e in Danimarca vive in maniera migliore che in Grecia e Portogallo questo è dovuto alle scelte politiche di quelle società che sono rese possibili dal fatto che l'economia di quei paesi, funziona, è dinamica, produce ricchezza e crea posti di lavoro. Qualunque politica sociale in Portogallo e Grecia, fintanto che le loro economie sono al livello dove sono, non puòche ridistribuire la povertà e la scarsezza. Preoccuparsi del funzionamento dell'economia significa preoccuparsi delle persone; non ci sono lavoro e redditi senza un'economia che cresca. La crescita dell'economia non è una condizione suffciente per una vita migliore, ma è una condizione necessaria. Negarlo è un'assurdità, basata sull'ignoranza di come il mondo – quello in cui viviamo, non quello dei sogni – funziona. Ma trovo le tue sparate anche offensive. Sono un'espressione di una insopportabile arroganza che ti fa pensare di essere l'unica persona che si preoccupi delle persone, l'unica che abbia una sensibilità sociale. Questa è l'arroganza che ha portato Ezio ad aprire una discussione specifica su questo atteggiamento. Ne sono francamente stufo. Ne io, ne gli altri membri del Circolo ti dobbiamo fornire prove della nostra sensibilità sociale, del nostro essere di sinistra, del nostro preoccuparci delle persone. Sandra Del Fabro ha detto: Mi piacerebbe che Fabio, Giorgio, altri del Circolo parlassero delle persone che vivono adesso in Grecia, qui, in Italia o in altri Paesi, persone il cui obiettivo è avere dignità, diritto a un lavoro - e, come dice Salvatore anche a lavorare poco ma esprimendo i propri talenti- Di chi ha salari o pensioni troppo basse per vivere, di chi è precario, di chi non riceve cure mediche. Ora. Parlassero di come vogliamo vivere, delle tante merci inutili che abbiamo, di come preferiremmo vivere con meno ma in un ambiente sano, di come non vorremmo polli cresciuti nei lager a ormoni e antibiotici ma piuttosto allevarli noi intorno a casa, di come vorremmo orientare l'economia ai bisogni reali, a scuole che non crollino, a monumenti conservati, a ricerche tecnologiche d'avanguardia che seguano e non ostacolino la natura, come vorremmo non lasciar decidere le scelte di vita al "MERCATO", a questo mercato le cui leggi creano continui squilibri.

Risposto da Ezio Ferrero su 22 Febbraio 2015 a 23:58 Oltre a quanto ha detto Fabio sui temi più strettamente economici, vorrei ricordare che questa società che giudichi così schifosa e che consideri da abbattere ti consente di esternare liberamente questi tuoi pensieri.

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Nelle società che hanno messo in pratica modelli di pianificazione economica e sociale, tali tipi di esternazioni ti avrebbero portata, nella migliore delle ipotesi, ad un lungo soggiorno coatto in Siberia. E in quelle società, come ti ho già risposto in un'altra discussione, c'era una diffusa povertà, spesso mancavano i beni essenziali, si sono consumati disastri ambientali colossali e si potrebbe continuare con la lista. Se vogliamo guardare più vicino nel tempo l'ultimo esempio di "esperimento" di sistema economico-sociale a forti dosi di dirigismo e, in teoria, orientato alle classi più disagiate è il Venezuela: totale disastro economico (nonostante il paese galleggi sul petrolio), sociale e politico che ha ormai sta prendendo una decisa piega totalitaria. Penso che quelli che sono qui abbiano tutti a cuore le sorti dei più deboli (altrimenti sarebbero da qualche altra parte), ma hanno opinioni diverse su come realizzare questa salvaguardia. E, come ho già detto nell'intervento che ha dato origine alla discussione che ricordava Fabio, non c'è nessuna autorità costituita che possa arrogarsi il diritto di assegnare patenti di "sinistrosità di origine controllata" o, peggio ancora, dare giudizi etici. E vorrei ricordare che una idea di "stato etico" è sempre sfociata nel totalitarismo. Sandra Del Fabro ha detto: Caro Fabio, sai BENISSIMO che l'economia attuale non è fatta per il benessere di tutti come i FATTI DIMOSTRANO, ma di qualche stato o di qualche classe sociale o di qualcuno. Sei tu che non VUOI capire, L'ECONOMIA E' UNA COSA, QUESTO modello di funzionamento è UN' ALTRA COSA. Sai che io e anche tanti altri pensano a un NEW DEAL. Tu no, ma non puoi impormi il tuo modo di vedere che è consono al liberismo, non è il mio, nè quello di tanti altri, finora pare che il tuo modello non funzioni a meraviglia. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, trovo queste tue periodiche sparate irragionevoli e offensive. Irragionevoli perché sono basate sull'ignoranza del fatto che il benessere delle persone non può che dipendere dall'andamento dell'economia. Se la gente in Svezia e in Danimarca vive in maniera migliore che in Grecia e Portogallo questo è dovuto alle scelte politiche di quelle società che sono rese possibili dal fatto che l'economia di quei paesi, funziona, è dinamica, produce ricchezza e crea posti di lavoro. Qualunque politica sociale in Portogallo e Grecia, fintanto che le loro economie sono al livello dove sono, non può che ridistribuire la povertà e la scarsezza. Preoccuparsi del funzionamento dell'economia significa preoccuparsi delle persone; non ci sono lavoro e redditi senza un'economia che cresca. La crescita dell'economia non è una condizione suffciente per una vita migliore, ma è una condizione necessaria. Negarlo è un'assurdità, basata sull'ignoranza di come il mondo – quello in cui viviamo, non quello dei sogni – funziona. Ma trovo le tue sparate anche offensive. Sono un'espressione di una insopportabile arroganza che ti fa pensare di essere l'unica persona che si preoccupi delle persone, l'unica che abbia una sensibilità sociale. Questa è l'arroganza che ha portato Ezio ad aprire una discussione specifica su questo atteggiamento. Ne sono francamente stufo. Ne io, ne gli altri membri del Circolo ti dobbiamo fornire prove della nostra sensibilità sociale, del nostro essere di sinistra, del nostro preoccuparci delle persone. Sandra Del Fabro ha detto: Mi piacerebbe che Fabio, Giorgio, altri del Circolo parlassero delle persone che vivono adesso in Grecia, qui, in Italia o in altri Paesi, persone il cui obiettivo è avere dignità, diritto a un lavoro - e, come dice Salvatore anche a lavorare poco ma esprimendo i propri talenti- Di chi ha salari o pensioni troppo basse per vivere, di chi è precario, di chi non riceve cure mediche. Ora. Parlassero di come vogliamo vivere, delle tante merci inutili che abbiamo, di come preferiremmo vivere con meno ma in un ambiente sano, di come non vorremmo polli cresciuti nei lager a ormoni e antibiotici ma piuttosto allevarli noi intorno a casa, di come vorremmo orientare l'economia ai bisogni reali, a scuole che non crollino, a monumenti conservati, a ricerche tecnologiche d'avanguardia che seguano e non ostacolino la natura, come vorremmo non lasciar decidere le scelte di vita al "MERCATO", a questo mercato le cui leggi creano continui squilibri.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 23 Febbraio 2015 a 2:55 Fammi capire, l'alternativa sarebbe una società neo-liberale, all'americana, diciamo così? Mi sembra che in passato si fosse d'accordo su un sistema socialdemocratico, tipo i paesi del Nord Europa, già vecchi anche quelli? Se poi

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guardiamo solo al PIL, il modello giusto da seguire sarebbe allora la Cina, con una crescita economica superiore a tutti i paesi dell'Occidente; non è democratica? Cosa vuoi che sia, almeno là il PIL cresce, se dovessimo guardare solo a quello; mi sembra evidente che tutta la discussione è drogata da un vizio ideologico e cioè che tutte le democrazie, per essere tali, dovrebbero fare quanto dettato dalle istituzioni finanziarie ( per il bene del popolo naturalmente); io penso che, a meno di mantenere i nostri sistemi economici in un'altalena continua fra crisi, bolle finanziarie speculative e successive politiche per la crescita, che sta distruggendo tutto quanto la civilità europea di buono aveva ottenuto, sia realistico pensare che una crescita del PIL nei paesi occidentali ( ma perchè continuiamo ad usare questo solo parametro, pur riconoscendogli una errata e insufficiente rapparesentatività?) superiore a una certa bassa entità non sia possibile in quanto siamo arrivati al limite, sia dello sfruttamento del nostro ambiente, e a meno di tornare alle guerre coloniali di questo dovremo accontentarci, sia della sopportabilità socio economica del consumismo di massa, che prevede sempre e solo un aumento della quantità e velocità dei consumi; tutti gli altri discorsi e ragionamenti sono conseguenti al fatto di non riconoscere questi ostacoli fisici e sociali; pensare di poter vivere un altro secolo secondo gli stessi parametri e con le stesse regole economiche di quello scorso, pur con tutte le trovate e le magie del mercato, è da illusi, è da ciechi incoscienti che prima o poi andranno a sbattere rovinosamente. Ezio Ferrero ha detto: Oltre a quanto ha detto Fabio sui temi più strettamente economici, vorrei ricordare che questa società che giudichi così schifosa e che consideri da abbattere ti consente di esternare liberamente questi tuoi pensieri. Nelle società che hanno messo in pratica modelli di pianificazione economica e sociale, tali tipi di esternazioni ti avrebbero portata, nella migliore delle ipotesi, ad un lungo soggiorno coatto in Siberia. E in quelle società, come ti ho già risposto in un'altra discussione, c'era una diffusa povertà, spesso mancavano i beni essenziali, si sono consumati disastri ambientali colossali e si potrebbe continuare con la lista. Se vogliamo guardare più vicino nel tempo l'ultimo esempio di "esperimento" di sistema economico-sociale a forti dosi di dirigismo e, in teoria, orientato alle classi più disagiate è il Venezuela: totale disastro economico (nonostante il paese galleggi sul petrolio), sociale e politico che ha ormai sta prendendo una decisa piega totalitaria. Penso che quelli che sono qui abbiano tutti a cuore le sorti dei più deboli (altrimenti sarebbero da qualche altra parte), ma hanno opinioni diverse su come realizzare questa salvaguardia. E, come ho già detto nell'intervento che ha dato origine alla discussione che ricordava Fabio, non c'è nessuna autorità costituita che possa arrogarsi il diritto di assegnare patenti di "sinistrosità di origine controllata" o, peggio ancora, dare giudizi etici. E vorrei ricordare che una idea di "stato etico" è sempre sfociata nel totalitarismo. Sandra Del Fabro ha detto: Caro Fabio, sai BENISSIMO che l'economia attuale non è fatta per il benessere di tutti come i FATTI DIMOSTRANO, ma di qualche stato o di qualche classe sociale o di qualcuno. Sei tu che non VUOI capire, L'ECONOMIA E' UNA COSA, QUESTO modello di funzionamento è UN' ALTRA COSA. Sai che io e anche tanti altri pensano a un NEW DEAL. Tu no, ma non puoi impormi il tuo modo di vedere che è consono al liberismo, non è il mio, nè quello di tanti altri, finora pare che il tuo modello non funzioni a meraviglia. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, trovo queste tue periodiche sparate irragionevoli e offensive. Irragionevoli perché sono basate sull'ignoranza del fatto che il benessere delle persone non può che dipendere dall'andamento dell'economia. Se la gente in Svezia e in Danimarca vive in maniera migliore che in Grecia e Portogallo questo è dovuto alle scelte politiche di quelle società che sono rese possibili dal fatto che l'economia di quei paesi, funziona, è dinamica, produce ricchezza e crea posti di lavoro. Qualunque politica sociale in Portogallo e Grecia, fintanto che le loro economie sono al livello dove sono, non può che ridistribuire la povertà e la scarsezza. Preoccuparsi del funzionamento dell'economia significa preoccuparsi delle persone; non ci sono lavoro e redditi senza un'economia che cresca. La crescita dell'economia non è una condizione suffciente per una vita migliore, ma è una condizione necessaria. Negarlo è un'assurdità, basata sull'ignoranza di come il mondo – quello in cui viviamo, non quello dei sogni – funziona. Ma trovo le tue sparate anche offensive. Sono un'espressione di una insopportabile arroganza che ti fa pensare di essere l'unica persona che si preoccupi delle persone, l'unica che abbia una sensibilità sociale. Questa è l'arroganza che ha portato Ezio ad aprire una discussione specifica su questo atteggiamento. Ne sono francamente stufo. Ne io, ne gli altri membri del Circolo ti dobbiamo fornire prove della nostra sensibilità sociale, del nostro essere di sinistra, del nostro preoccuparci delle persone.

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Sandra Del Fabro ha detto: Mi piacerebbe che Fabio, Giorgio, altri del Circolo parlassero delle persone che vivono adesso in Grecia, qui, in Italia o in altri Paesi, persone il cui obiettivo è avere dignità, diritto a un lavoro - e, come dice Salvatore anche a lavorare poco ma esprimendo i propri talenti- Di chi ha salari o pensioni troppo basse per vivere, di chi è precario, di chi non riceve cure mediche. Ora. Parlassero di come vogliamo vivere, delle tante merci inutili che abbiamo, di come preferiremmo vivere con meno ma in un ambiente sano, di come non vorremmo polli cresciuti nei lager a ormoni e antibiotici ma piuttosto allevarli noi intorno a casa, di come vorremmo orientare l'economia ai bisogni reali, a scuole che non crollino, a monumenti conservati, a ricerche tecnologiche d'avanguardia che seguano e non ostacolino la natura, come vorremmo non lasciar decidere le scelte di vita al "MERCATO", a questo mercato le cui leggi creano continui squilibri.

Risposto da Fabio Colasanti su 23 Febbraio 2015 a 9:01 Spero sempre che ci sia almeno un bel po' di tolleranza sull'avanzo primario da raggiungere nel 2015 e 2016. http://www.repubblica.it/economia/2015/02/23/news/grecia_la_resa_di... http://www.lastampa.it/2015/02/23/economia/grecia-tsipras-presenta-...

Risposto da Alessandro Bellotti su 23 Febbraio 2015 a 10:07 Fabio, non puoi sostenere che in certi stati, visto che l'economia non funziona, allora si distribuisce povertà... Nei paesi del Nord Europa vi sono meno differenze di reddito fra la popolazione rispetto ad esempio alla Grecia. E' la società che fa funzionare l'economia, non il viceversa... E la società è plasmata prima di tutto dalla politica e dai governi. Sono i governi che decidono come impiegare le risorse (poche o molte che siano) a disposizione. Sono i governi e la politica che fanno le scelte, condizionando l'economia del paese. Sono contrario a molte delle scelte fatte dagli ultimi governi. Scelte che hanno vistosamente impoverito il paese senza avere inciso sui problemi del paese che nel frattempo si sono ingigantiti. A parità di entrate e di spesa, servirebbe una crescita del PIL di 3,5 punti, quest'anno, per mantenere inalterato il rapporto debito/PIL. L'anno felix di Renzi si trasformerà nell'annus horribilis...Un 2015 dove impererà il flop dell'EXPO 2015 e il rimborso delle quote Bankitalia... 25 miliardi di euro buttati..., rapporto debito/PIL al 145%... Nessuna inversione di tendenza. Nel 2014 dovevamo crescere del 0,6% ma il calo è stato dell'1,9...Un errore di 2,5 punti.. In compenso chi ci governa promette che nel 2020 i provvedimenti presi (!!!!) garantiranno una crescita di 2 o 3 punti di PIL... Evidentemente chi ci governa pensa che siamo tutti carpe in pastura... Mi vengono in mente le ultime elezioni in Emilia Romagna, dove il PD ha preso il 49% del 35% degli aventi diritto...Cioè solo il 17% della popolazione in Emilia Romagna vota PD...

Risposto da Fabio Colasanti su 23 Febbraio 2015 a 15:57 Un'altra riflessione sulle discussioni in corso con la Grecia suscitata dal titolo infelice di un articolo della Repubblica di stamattina che parla di "resa" di Tsipras. L'uso di un linguaggio guerresco che fa riferimento a vincitori e perdenti è veramente da rimpiangere soprattutto perché distorce la realtà. Purtroppo l'uso di questo linguaggio è dovuto ad almeno quattro fattori: a) il linguaggio aggressivo usato da Syriza durante la campagna elettorale; b) il comportamento irritante dei negoziatori greci fino ad oggi;

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c) le reazioni non professionali di alcuni attori (penso alla reazione di Schäuble di giovedì pomeriggio quando ha rigettato la lettera greca prima ancora della riunione dell'eurogruppo) e d) il gusto per il sensazionalismo di tanta stampa. I negoziati stanno andando nella direzione prevista dalla maggioranza degli osservatori non tanto per i rapporti di forza tra i partecipanti (anche se un creditore è sempre in una posizione migliore di un debitore), ma perché la realtà dei vari punti in discussione è quella che è e non si presta a molte soluzioni alternative. Prendiamo, per esempio, il problema della rinegoziazione del debito greco che adesso non sarebbe più in discussione ("resa" della Grecia secondo alcuni). In realtà il problema non doveva nemmeno essere sollevato adesso. Il debito greco sarà sostenibile o insostenibile, ma fino al 2024 – quando è prevista la prima scadenza – il problema non si pone. Una eventuale dei termini ai quali questo debito è stato negoziato non cambierebbe molto nella politica economica greca dei prossimi anni. Attiualmente i tassi di interesse pagati dalla Grecia sono molto bassi e non pongono grandi problemi. In percentuale del PIL, la cifra pagata dalla Grecia come interessi sul suo debito pubblico è poco più del 70 per cento di quello che paga il Portogallo che ha un reddito pro capite del quattro per cento più basso di quello della Grecia. La Grecia è trattata molto, ma molto meglio del Portogallo e nessuno sta chiedendo un alleggerimento delle condizioni sul debito pubblico portoghese. Quindi, il fatto che non si parli più per il momento di una rinegoziazione del debito pubblico greco non è la vittoria degli uni sugli altri, ma è solo normale logica e il riconoscere che alcune cose sono più importanti di altre (per esempio i nuovi prestiti da concedere alla Grecia). Durante la campagna elettorale Syriza ha chiesto una conferenza internazionale sul debito pubblico greco. Durante la conferenza stampa congiunta di Dijsselbloem e Varoukafis, quando il primo ha ricordato che la "conferenza internazionale" esiste già e si chiama "eurogruppo", Varoufakis si è irritato e ha messo fine alla conferenza stampa. Ora non si parla più di questa conferenza. È una sconfitta di Syriza? No, era una cosa campata in aria da campagna elettorale massimalista di cui non si doveva parlare affatto. I prestiti che la Grecia aveva dichiarato di voler rinegoziare sono con l'eurogruppo; con chi si dovrebbe discutere le loro nuove condizioni se non con i membri dell'eurogruppo? Era mai pensabile che americani e russi si siedessero ad un tavolo con l'eurogruppo a fare da aribitri? Mai e poi mai. Il fatto che non si parli più di questa conferenza e semplicemente la realtà che riemerge dal fumo delle dichiarazioni sbagliate. Durante la campagna elettorale Syriza ha dichiarato di non voler più negoziare con la "Troika" (Commissione europea, Fmi e BCE). Ma la Commissione europea è l'agente tecnico degli stati dell'eurogruppo (l'eurogruppo non ha personale proprio); il FMI ha prestato alla Grecia 50 miliardi di euro in un'operazione congiunta con l'eurogruppo che ne ha mesi sul tavolo 195; avrà bene il diritto di negoziare sulle condizioni dei prestiti. La BCE poi può dare liquidità alle banche greche, in eccezione alle sue regole, fintanto ché l'accordo di prestito con l'eurogruppo è rispettato. Anche lei ha quindi perfettamente il diritto di avere un ruolo. Avere discussioni con tutti e tre questi organismi anziché discutere con uno dopo l'altro è semplicemente mostrare un po' di senso comune. Adesso la stampa è invitata a chiamare queste riunioni non come incontri con la "troika" (denominazione che non è mai esistita ufficialmente), ma incontri con le "Istituzioni". Non vedo questo cambio semantico come una vittoria o una sconfitta della Grecia perché, ancora una volta, non era una cosa seria di cui si sarebbe mai dovuto parlare ed è sempre stata una cosa senza importanza. Dove le cose sono più importanti è sulle condizioni di politica economica. Era mai possibile che i membri dell'eurogruppo e il FMI, che finora hanno sempre legato tutte le operazioni di prestito a qualsiasi paese a delle condizioni di politica macroeconomica potessero fare un'eccezione per la Grecia e accordarle nuovi prestiti senza condizioni? Quando uno di noi va in banca a chiedere un prestito la banca si informa sulla nostra capacità di rimborsare, chiede verifiche di questa capacità e ci chiede spesso di sottoscrivere varie assicurazioni per aumentare la probabilità del rimborso del prestito. Quando il prestito è chiesto da un'impresa le condizioni sono ancora più dettagliate. Era mai pensabile che alcune decine di miliardi di nuovi prestiti potessero essere accordati alla Grecia senza specificare le condizioni come la lettera greca di giovedì scorso suggeriva? Certamente no, ed oggi si stanno esaminando le condizioni proposte dalla Grecia e ci sarà una nuova riunione dell'eurogruppo prima di ogni esborso. Una sconfitta della Grecia? No. Semplicemente un ritorno all'ordine normale delle cose. Ma ricordare che quello che sta succedendo costituisce solo lo svolgersi normale di certi negoziati, dopo tutto, abbastanza standard, "kills the story", fa si che la storia da raccontare sia meno drammatica e meno interessante. Il guaio è che in questo caso il "pepe" che si mette sulla storia provoca danni sulle relazioni tra popoli europei che dureranno per decenni.

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Risposto da Alessandro Bellotti su 23 Febbraio 2015 a 16:36 Condivido in toto anche se, occorre sottolinearlo ancora una volta, le cosidette 'riforme' di Renzi non hanno intaccato ancora le condizioni al contorno delle aziende e dei cittadini italiani. Anzi, la situazione è visibilimente peggiorata, nel 2014, a causa di provvedimenti governativi perlomeno discutibili. Il posticipo del pagamento dell'IVA da parte dello Stato (che senso ha fare fattura con IVA alle amministrazioni pubbliche ?), deciso dal governo Renzi produrrà gravi danni ai fornitori dell'amministrazione pubblica che saranno costretti a versare IVA allo Stato (cliente) che pagherà la stessa IVA molto avanti nel tempo. Con questo provvedimento i fornitori dello stato finanzieranno lo stato stesso in quanto il debito IVA verrà contabilizzato l'anno successivo... Un colpetto, di qua, uno al centro, l'altro di là...Trovati i soldini per gli 80 euro... Come faranno ad essere competitive le aziende italiane con un governo che mette in pista provvedimenti che in nessun paese civile esistono ? giorgio varaldo ha detto: Non trovo corretta l'equazione maggiori consumi in germania= maggiori esportazioni verso la germania da parte degli altri paesi UE almeno sino a quando paesi come il nostro non siano tornati ad essere competitivi. Un aumento della capacita' di spesa del cittadino tedesco porterebbe vantaggi ai paesi del BICCS (manca la R per ovvi motivi) ma non agli altri paesi europei Nel caso specifico della grecia senza ormai struttura industriale anche un raddoppio delle esportazioni di feta ed olio di oliva non avrebbe grandi ricadute economiche. Dobbiamo renderci conto che le riforme anche se possono non piacere ad alcuni le si debbono fare... Romano Meloni ha detto: Segnalo questo articolo di Michele Salvati che mi sembra una chiara sintesi della situazione, ivi compresi i limiti della politica della Germania, che usa (legittimamente) la forza che gli deriva dalle dimensioni della sua economia e dalla solidità dei suoi fondamentali, ma che non è capace di assumersi le responsabilità che ne derivano, guidando l'intera economia europea ad uscire dalla recessione. http://sfoglia2.corriere.it/SIPOL_RCS/main Fabio Colasanti ha detto: Un'opinione interessante. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/21...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 23 Febbraio 2015 a 17:02 Quali sono le condizioni perchè si possa permettere ad un paese o ad un debitore di avere maggiori margini discrezionali nella sua politica economica ? Normalmente e' quando si dimostra che i saldi rimangono invariati . Vale a dire se decido di non far pagare la luce elettrica agli indigenti ,con un costo per lo Stato di 2 MM, se ottengo lo stesso importo da un incremento della tassazione progressiva sui redditi elevati , posso sostenere con forza la mia decisione. in sostanza quello che qualunque paese che chiede credito ha il dovere di fare è convincere i l proprio creditor che investendo nel progetto che propongo le probabilità di successo sono più che elevate. Ora io non conosco nei dettagli il progetto di Syriza se non genericamente che pensa ad un riassorbimento dei licenziamenti pubblici ed un sostegno alla povertà . Se tutto questo viene fatto attraverso una redistribuzione interna delle ricchezze è ineccepibile ma se vengono chiesti nuovi finanziamenti mi sembra insostenibile a meno che non si dimostri che i nuovi assunti nello Stato Greco non produrranno beni e servizi con entrate superiori ai costi tali da ripagare in maniera stabile gli stipendi ed il prestito ottenuto. Una cosa invece Tsipras può chiedere ed è la sospensione momentanea del pagamento degli interessi per almeno tre anni. in modo che l'avanzo primario si tramiuti in possibilità di spesa e d'investimento . Dico questo perchè nonostante le possibili obiezioni di principio in realtà in un momento di sostanziale deflazione dell'eurozona , questo è un ulteriore sacrificio sostenibile da parte dei creditori per ottenre due risultati : 1) risorse aggiuntive che la Grecia può utilizzare per far ripartire l'economia del Paese 2) un risultato politico importante in cui l'Eurogruppo dimostra di avere a cuore le sorti di questo paese e che il problema no sono il volere subito i soldi indietro ma di avere davanti un piano credibile di rilancio del paese.

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Un ultriore discorso merita anche l'utilizzo dei fondi strtturali pe il periodo 2014/2020. In questo caso si dovrebbe eccezionalmente consentire alla >Grecia di non essere tenuta al cofinanziamento ( forse è già previsto in questo caso?) e che nel caso di mancata capacità di utilizzo le disponibilità previste vadano ad essere utilizzate per il rimborso dei debiti nei confronti dell'eurogruppo. Non mi sembra opoportuno fare paragoni con le condizioni applicate agli altri paesi in difficoltà . In realtà la Grecia è il primo vero paese in defaulkt dell'area euro . Tuttoi quello che verrà fatto costituirà nel bene e nel male un precdente storico importantissimo che avrà conseguenze o positive o negative sul futuro dell'Eurozona e forse dell'intero progetto europeo. Bisogna pertanto aottare misure peculiari ed originali per trattare il caso. A queste proposte aggiungerei sempre , considerando il periodo di deflazioone attuale , l'oportunità che il credito dei paesi dell'eurogruppo nei confronti della grecia venisse cehtalizzato e trasferito su di un organismo comunitario come il Fondo salva stati con la cessione a quest'ultimo del credito vantato dai diversi paesi e la sua liquidazione corrispondente con lk'emisisone di eurobonds a tassi bassissimi ( 0,15% su base annua) da far sottoscrivere eccezionalmente dalla BCE all'interno del suo programma di QE in corso di relizzo . Finquanto si rimane nell'obiettivo del 2% d'inflazione programmata nell'ambito dell'eurozona quest'operazione pur essendo formalmente non corretta è comunque sostenibile ed auspicabile. Proporrei un documento del Circolo su queste basi

Risposto da Fabio Colasanti su 23 Febbraio 2015 a 18:55 Giuseppe, il tasso di cofinanziamento per l'utilizzo dei fondi strutturali da parte della Grecia è stato abbassato al 5 per cento dal 2010 (è quindi un tasso simbolico). E' stata creata anche una task force con esperti europei per aiutare nell'utilizzo dei fondi europei. Grazie agli sforzi fatti, la Grecia utilizza un po di più i fondi comunitari (ricordo un cifra di "trenta per cento in più rispetto a qualche anno fa", ma non ho dati precisi sotto mano). Ma il tasso di utilizzazione dei fondi strutturali rimane basso per l'estrema frammentazione delle competenze tra mille enti diversi (come da noi). Giuseppe Ardizzone ha detto: ( ... ) Un ultriore discorso merita anche l'utilizzo dei fondi strtturali pe il periodo 2014/2020. In questo caso si dovrebbe eccezionalmente consentire alla >Grecia di non essere tenuta al cofinanziamento ( forse è già previsto in questo caso?) e che nel caso di mancata capacità di utilizzo le disponibilità previste vadano ad essere utilizzate per il rimborso dei debiti nei confronti dell'eurogruppo. ( ... )

Risposto da Fabio Colasanti su 23 Febbraio 2015 a 19:02 Giuseppe, siamo di fronte ad un caso giuridico chiaro. Se la BCE compra titoli di stato per far risalire il tasso di inflazione, molti storceranno il naso,ma la BCE puo sostenere legittimamente di farlo- nonostante i testi dei Trattati -perché non ci sono altre maniere di immettere liquidità e di raggiungere i suoi obiettivi di politica monetaria. Se la BCE dicesse di comprare titoli di stato per aiutare gli stati membri che hanno fatto prestiti alla Grecia, ammetterebbe pubblicamente di essere in violazione palese dei Trattati (e per questo motivo nonlo farà mai) Non vedo a cosa servirebbe fare un documento per chiedere qualcosa di palesemente in violazione dei Trattati. Oltre a tutto la cosa sarebbe politicamente pericolosa. Richieste di questo tipo da parte dei paesi del sud Europa costituirebbero la prova della volontà dei paesi del sud Europa di aggirare le regole concordate e portebbero ad un forte irrigidimento delle posizioni di tanti paesi del nord Europa (che oggi hanno i Trattati dalla loro parte). Giuseppe Ardizzone ha detto: ( ... ) A queste proposte aggiungerei sempre , considerando il periodo di deflazioone attuale , l'oportunità che il credito dei paesi dell'eurogruppo nei confronti della grecia venisse cehtalizzato e trasferito su di un organismo comunitario come il Fondo salva stati con la cessione a quest'ultimo del credito vantato dai diversi paesi e la sua liquidazione

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corrispondente con lk'emisisone di eurobonds a tassi bassissimi ( 0,15% su base annua) da far sottoscrivere eccezionalmente dalla BCE all'interno del suo programma di QE in corso di relizzo . Finquanto si rimane nell'obiettivo del 2% d'inflazione programmata nell'ambito dell'eurozona quest'operazione pur essendo formalmente non corretta è comunque sostenibile ed auspicabile. Proporrei un documento del Circolo su queste basi

Risposto da Fabio Colasanti su 23 Febbraio 2015 a 19:17 Giuseppe, sulla sospensione del pagamento degli interessi sono d'accordo. Ma penso che sia proponibile solo a fronte di un programma serio di risanamento dell'economia. Non dimenticare che una sospensione del pagamento degli interessi (sull'insieme dei crediti all'eurogruppo si dovrebbe trattare di circa quattro miliardi di euro) sono sempre soldi che dovranno apparire nei bilanci dei paesi dell'eurogruppo e pagati dai loro contribuenti (per noi si dovrebbe trattare di 6-700 milioni di euro all'anno). Si tratta di quattro miliardi all'anno che si aggiungono alle decine di miliardi di nuovi prestiti già previsti. Non dimenticare che stiamo sempre parlando di nuovi prestiti alla Grecia. Dall'inizio della crisi ad oggi, la Grecia ancora non è riuscita a riequilibrare il suo bilancio e a smettere di fare nuovi debiti. Sono il primo a riconoscere che non sarebbe stato possibile fare di più. Ma se si riconosce questa realtà si deve anche riconoscere che senza l'intervento dei paesi europei l'austerità praticata dalla Grecia avrebbe dovuto essere molto, ma molto più forte di quella richiesta dalla "troika". Senza l'intervento dei paesi europei, la Grecia avrebbe dovuto ridurre a zero il suo disavanzo già dal 2010 e mantenerlo a zero in ogni anno. Non riesco a capire come si sia potuta diffondere questa idea che l'austerità sarebbe stata imposta alla Grecia dei paesi dell'eurogruppo. Per avere meno austerità i paesi europei avrebbero dovuto prestare molto di più dei 195 miliardi che hanno prestato (e poi ci sono gli zuzzurelloni che sostengono che gli europei avrebbero prestato troppi soldi alla Grecia!). Rimane il fatto di perché il Portogallo, che è un pochino più povero della Grecia, debba pagare interessi molto più alti di quelli che già oggi paga quest'ultima. Giuseppe Ardizzone ha detto: Quali sono le condizioni perchè si possa permettere ad un paese o ad un debitore di avere maggiori margini discrezionali nella sua politica economica ? Normalmente e' quando si dimostra che i saldi rimangono invariati . Vale a dire se decido di non far pagare la luce elettrica agli indigenti ,con un costo per lo Stato di 2 MM, se ottengo lo stesso importo da un incremento della tassazione progressiva sui redditi elevati , posso sostenere con forza la mia decisione. in sostanza quello che qualunque paese che chiede credito ha il dovere di fare è convincere i l proprio creditor che investendo nel progetto che propongo le probabilità di successo sono più che elevate. Ora io non conosco nei dettagli il progetto di Syriza se non genericamente che pensa ad un riassorbimento dei licenziamenti pubblici ed un sostegno alla povertà . Se tutto questo viene fatto attraverso una redistribuzione interna delle ricchezze è ineccepibile ma se vengono chiesti nuovi finanziamenti mi sembra insostenibile a meno che non si dimostri che i nuovi assunti nello Stato Greco non produrranno beni e servizi con entrate superiori ai costi tali da ripagare in maniera stabile gli stipendi ed il prestito ottenuto. Una cosa invece Tsipras può chiedere ed è la sospensione momentanea del pagamento degli interessi per almeno tre anni. in modo che l'avanzo primario si tramiuti in possibilità di spesa e d'investimento . ( ... )

Risposto da Ezio Ferrero su 24 Febbraio 2015 a 0:28 Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo. Giampaolo Carboniero ha detto:

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Fammi capire, l'alternativa sarebbe una società neo-liberale, all'americana, diciamo così? Mi sembra che in passato si fosse d'accordo su un sistema socialdemocratico, tipo i paesi del Nord Europa, già vecchi anche quelli? Se poi guardiamo solo al PIL, il modello giusto da seguire sarebbe allora la Cina, con una crescita economica superiore a tutti i paesi dell'Occidente; non è democratica? Cosa vuoi che sia, almeno là il PIL cresce, se dovessimo guardare solo a quello; mi sembra evidente che tutta la discussione è drogata da un vizio ideologico e cioè che tutte le democrazie, per essere tali, dovrebbero fare quanto dettato dalle istituzioni finanziarie ( per il bene del popolo naturalmente); io penso che, a meno di mantenere i nostri sistemi economici in un'altalena continua fra crisi, bolle finanziarie speculative e successive politiche per la crescita, che sta distruggendo tutto quanto la civilità europea di buono aveva ottenuto, sia realistico pensare che una crescita del PIL nei paesi occidentali ( ma perchè continuiamo ad usare questo solo parametro, pur riconoscendogli una errata e insufficiente rapparesentatività?) superiore a una certa bassa entità non sia possibile in quanto siamo arrivati al limite, sia dello sfruttamento del nostro ambiente, e a meno di tornare alle guerre coloniali di questo dovremo accontentarci, sia della sopportabilità socio economica del consumismo di massa, che prevede sempre e solo un aumento della quantità e velocità dei consumi; tutti gli altri discorsi e ragionamenti sono conseguenti al fatto di non riconoscere questi ostacoli fisici e sociali; pensare di poter vivere un altro secolo secondo gli stessi parametri e con le stesse regole economiche di quello scorso, pur con tutte le trovate e le magie del mercato, è da illusi, è da ciechi incoscienti che prima o poi andranno a sbattere rovinosamente. Ezio Ferrero ha detto: Oltre a quanto ha detto Fabio sui temi più strettamente economici, vorrei ricordare che questa società che giudichi così schifosa e che consideri da abbattere ti consente di esternare liberamente questi tuoi pensieri. Nelle società che hanno messo in pratica modelli di pianificazione economica e sociale, tali tipi di esternazioni ti avrebbero portata, nella migliore delle ipotesi, ad un lungo soggiorno coatto in Siberia. E in quelle società, come ti ho già risposto in un'altra discussione, c'era una diffusa povertà, spesso mancavano i beni essenziali, si sono consumati disastri ambientali colossali e si potrebbe continuare con la lista. Se vogliamo guardare più vicino nel tempo l'ultimo esempio di "esperimento" di sistema economico-sociale a forti dosi di dirigismo e, in teoria, orientato alle classi più disagiate è il Venezuela: totale disastro economico (nonostante il paese galleggi sul petrolio), sociale e politico che ha ormai sta prendendo una decisa piega totalitaria. Penso che quelli che sono qui abbiano tutti a cuore le sorti dei più deboli (altrimenti sarebbero da qualche altra parte), ma hanno opinioni diverse su come realizzare questa salvaguardia. E, come ho già detto nell'intervento che ha dato origine alla discussione che ricordava Fabio, non c'è nessuna autorità costituita che possa arrogarsi il diritto di assegnare patenti di "sinistrosità di origine controllata" o, peggio ancora, dare giudizi etici. E vorrei ricordare che una idea di "stato etico" è sempre sfociata nel totalitarismo. Sandra Del Fabro ha detto: Caro Fabio, sai BENISSIMO che l'economia attuale non è fatta per il benessere di tutti come i FATTI DIMOSTRANO, ma di qualche stato o di qualche classe sociale o di qualcuno. Sei tu che non VUOI capire, L'ECONOMIA E' UNA COSA, QUESTO modello di funzionamento è UN' ALTRA COSA. Sai che io e anche tanti altri pensano a un NEW DEAL. Tu no, ma non puoi impormi il tuo modo di vedere che è consono al liberismo, non è il mio, nè quello di tanti altri, finora pare che il tuo modello non funzioni a meraviglia. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, trovo queste tue periodiche sparate irragionevoli e offensive. Irragionevoli perché sono basate sull'ignoranza del fatto che il benessere delle persone non può che dipendere dall'andamento dell'economia. Se la gente in Svezia e in Danimarca vive in maniera migliore che in Grecia e Portogallo questo è dovuto alle scelte politiche di quelle società che sono rese possibili dal fatto che l'economia di quei paesi, funziona, è dinamica, produce ricchezza e crea posti di lavoro. Qualunque politica sociale in Portogallo e Grecia, fintanto che le loro economie sono al livello dove sono, non può che ridistribuire la povertà e la scarsezza. Preoccuparsi del funzionamento dell'economia significa preoccuparsi delle persone; non ci sono lavoro e redditi senza un'economia che cresca. La crescita dell'economia non è una condizione suffciente per una vita migliore, ma è una condizione necessaria. Negarlo è un'assurdità, basata sull'ignoranza di come il mondo – quello in cui viviamo, non quello dei sogni – funziona. Ma trovo le tue sparate anche offensive. Sono un'espressione di una insopportabile arroganza che ti fa pensare di essere l'unica persona che si preoccupi delle persone, l'unica che abbia una sensibilità sociale. Questa è l'arroganza che ha portato Ezio ad aprire una discussione specifica su questo atteggiamento. Ne sono francamente stufo. Ne io,

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ne gli altri membri del Circolo ti dobbiamo fornire prove della nostra sensibilità sociale, del nostro essere di sinistra, del nostro preoccuparci delle persone. Sandra Del Fabro ha detto: Mi piacerebbe che Fabio, Giorgio, altri del Circolo parlassero delle persone che vivono adesso in Grecia, qui, in Italia o in altri Paesi, persone il cui obiettivo è avere dignità, diritto a un lavoro - e, come dice Salvatore anche a lavorare poco ma esprimendo i propri talenti- Di chi ha salari o pensioni troppo basse per vivere, di chi è precario, di chi non riceve cure mediche. Ora. Parlassero di come vogliamo vivere, delle tante merci inutili che abbiamo, di come preferiremmo vivere con meno ma in un ambiente sano, di come non vorremmo polli cresciuti nei lager a ormoni e antibiotici ma piuttosto allevarli noi intorno a casa, di come vorremmo orientare l'economia ai bisogni reali, a scuole che non crollino, a monumenti conservati, a ricerche tecnologiche d'avanguardia che seguano e non ostacolino la natura, come vorremmo non lasciar decidere le scelte di vita al "MERCATO", a questo mercato le cui leggi creano continui squilibri.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 24 Febbraio 2015 a 1:39 Mi sembra che loro la definiscano economia sociale di mercato, proprio perchè l'economia deve essere utile non solo al mercato, ma anche alla società; faccio sommessamente presente che in quegli stati certi comportamenti consentiti o addirittura agevolati in Italia, sarebbero puniti penalmente e socialmente; in quelle società la corruzione non viene neanche lontanamente sopportata, in quegli stati sarebbe folle legiferare sulla percentuale consentita di evasione fiscale; in quegli stati i poliziotti, non tante diverse polizie, sono in strada a presidiare il teritorio, non a spazzare le sale della prefettura come mi è capitato di vedere; in Olanda, uno di quegli stati, negli anni '70 ho fatto 5 visite specialistiche, prenotate il giorno precedente, dalle 7 alle 11 del mattino, con un'ora di tempo successiva per rientrare al lavoro; potrei continuare tanto da riempire un libro; quegli stati stanno bene non per il tipo di economia che hanno, non solo per quello,ma, anche per quello. E in Italia, paese di massoni e mafiosi, il (neo)liberismo si pratica, non si dice. Vorrei poi capire cosa tu intendi per "sana" economia di mercato, il termine "sana" riguarda l'acquiescenza convinta e coerente alle regole astratte del mercato o qualifica i risultati che esso dovrebbe avere sulla popolazione? Ezio Ferrero ha detto: Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo. Giampaolo Carboniero ha detto: Fammi capire, l'alternativa sarebbe una società neo-liberale, all'americana, diciamo così? Mi sembra che in passato si fosse d'accordo su un sistema socialdemocratico, tipo i paesi del Nord Europa, già vecchi anche quelli? Se poi guardiamo solo al PIL, il modello giusto da seguire sarebbe allora la Cina, con una crescita economica superiore a tutti i paesi dell'Occidente; non è democratica? Cosa vuoi che sia, almeno là il PIL cresce, se dovessimo guardare solo a quello; mi sembra evidente che tutta la discussione è drogata da un vizio ideologico e cioè che tutte le democrazie, per essere tali, dovrebbero fare quanto dettato dalle istituzioni finanziarie ( per il bene del popolo naturalmente); io penso che, a meno di mantenere i nostri sistemi economici in un'altalena continua fra crisi, bolle finanziarie speculative e successive politiche per la crescita, che sta distruggendo tutto quanto la civilità europea di buono aveva ottenuto, sia realistico pensare che una crescita del PIL nei paesi occidentali ( ma perchè continuiamo ad usare questo solo parametro, pur riconoscendogli una errata e insufficiente rapparesentatività?) superiore a una certa bassa entità non sia possibile in quanto siamo arrivati al limite, sia dello sfruttamento del nostro ambiente, e a meno di tornare alle guerre coloniali di questo dovremo accontentarci, sia della sopportabilità socio economica del consumismo di massa, che prevede sempre e solo un aumento della quantità e velocità dei consumi; tutti gli altri discorsi e ragionamenti sono conseguenti al fatto di non riconoscere questi ostacoli fisici e sociali; pensare di poter vivere un altro secolo secondo gli stessi parametri e con le stesse regole economiche di quello scorso, pur con tutte le trovate e le magie del mercato, è da illusi, è da ciechi incoscienti che prima o poi andranno a sbattere rovinosamente. Ezio Ferrero ha detto: Oltre a quanto ha detto Fabio sui temi più strettamente economici, vorrei ricordare che questa società che giudichi così schifosa e che consideri da abbattere ti consente di esternare liberamente questi tuoi pensieri. Nelle società che hanno messo in pratica modelli di pianificazione economica e sociale, tali tipi di esternazioni ti avrebbero portata, nella migliore delle ipotesi, ad un lungo soggiorno coatto in Siberia.

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E in quelle società, come ti ho già risposto in un'altra discussione, c'era una diffusa povertà, spesso mancavano i beni essenziali, si sono consumati disastri ambientali colossali e si potrebbe continuare con la lista. Se vogliamo guardare più vicino nel tempo l'ultimo esempio di "esperimento" di sistema economico-sociale a forti dosi di dirigismo e, in teoria, orientato alle classi più disagiate è il Venezuela: totale disastro economico (nonostante il paese galleggi sul petrolio), sociale e politico che ha ormai sta prendendo una decisa piega totalitaria. Penso che quelli che sono qui abbiano tutti a cuore le sorti dei più deboli (altrimenti sarebbero da qualche altra parte), ma hanno opinioni diverse su come realizzare questa salvaguardia. E, come ho già detto nell'intervento che ha dato origine alla discussione che ricordava Fabio, non c'è nessuna autorità costituita che possa arrogarsi il diritto di assegnare patenti di "sinistrosità di origine controllata" o, peggio ancora, dare giudizi etici. E vorrei ricordare che una idea di "stato etico" è sempre sfociata nel totalitarismo. Sandra Del Fabro ha detto: Caro Fabio, sai BENISSIMO che l'economia attuale non è fatta per il benessere di tutti come i FATTI DIMOSTRANO, ma di qualche stato o di qualche classe sociale o di qualcuno. Sei tu che non VUOI capire, L'ECONOMIA E' UNA COSA, QUESTO modello di funzionamento è UN' ALTRA COSA. Sai che io e anche tanti altri pensano a un NEW DEAL. Tu no, ma non puoi impormi il tuo modo di vedere che è consono al liberismo, non è il mio, nè quello di tanti altri, finora pare che il tuo modello non funzioni a meraviglia. Fabio Colasanti ha detto: Sandra, trovo queste tue periodiche sparate irragionevoli e offensive. Irragionevoli perché sono basate sull'ignoranza del fatto che il benessere delle persone non può che dipendere dall'andamento dell'economia. Se la gente in Svezia e in Danimarca vive in maniera migliore che in Grecia e Portogallo questo è dovuto alle scelte politiche di quelle società che sono rese possibili dal fatto che l'economia di quei paesi, funziona, è dinamica, produce ricchezza e crea posti di lavoro. Qualunque politica sociale in Portogallo e Grecia, fintanto che le loro economie sono al livello dove sono, non può che ridistribuire la povertà e la scarsezza. Preoccuparsi del funzionamento dell'economia significa preoccuparsi delle persone; non ci sono lavoro e redditi senza un'economia che cresca. La crescita dell'economia non è una condizione suffciente per una vita migliore, ma è una condizione necessaria. Negarlo è un'assurdità, basata sull'ignoranza di come il mondo – quello in cui viviamo, non quello dei sogni – funziona. Ma trovo le tue sparate anche offensive. Sono un'espressione di una insopportabile arroganza che ti fa pensare di essere l'unica persona che si preoccupi delle persone, l'unica che abbia una sensibilità sociale. Questa è l'arroganza che ha portato Ezio ad aprire una discussione specifica su questo atteggiamento. Ne sono francamente stufo. Ne io, ne gli altri membri del Circolo ti dobbiamo fornire prove della nostra sensibilità sociale, del nostro essere di sinistra, del nostro preoccuparci delle persone. Sandra Del Fabro ha detto: Mi piacerebbe che Fabio, Giorgio, altri del Circolo parlassero delle persone che vivono adesso in Grecia, qui, in Italia o in altri Paesi, persone il cui obiettivo è avere dignità, diritto a un lavoro - e, come dice Salvatore anche a lavorare poco ma esprimendo i propri talenti- Di chi ha salari o pensioni troppo basse per vivere, di chi è precario, di chi non riceve cure mediche. Ora. Parlassero di come vogliamo vivere, delle tante merci inutili che abbiamo, di come preferiremmo vivere con meno ma in un ambiente sano, di come non vorremmo polli cresciuti nei lager a ormoni e antibiotici ma piuttosto allevarli noi intorno a casa, di come vorremmo orientare l'economia ai bisogni reali, a scuole che non crollino, a monumenti conservati, a ricerche tecnologiche d'avanguardia che seguano e non ostacolino la natura, come vorremmo non lasciar decidere le scelte di vita al "MERCATO", a questo mercato le cui leggi creano continui squilibri. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 24 Febbraio 2015 a 7:51 Ancora nessuna informazione affidabile sulle misure proposte dal governo greco. http://www.repubblica.it/economia/2015/02/23/news/moscovici_atene_presenti_piano_ambizioso_ma_realistico-107976837/?ref=HREA-1

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http://www.huffingtonpost.it/2015/02/23/grecia-christine-lagard_n_6738392.html?utm_hp_ref=italy Il gioco greco non può essere il ping pong di Danilo Taino , Il Corriere della Sera È stata la giornata del ping pong, ieri, tra Atene e Bruxelles. Dalla capitalegreca uscivano bozze delprogramma che il governo greco deve sottomettere ai creditori, arrivavano sul tavolo della ex troika (Ue, Bce e Fmi) che li deve valutare, tornavano sulle sponde dell’Egeo arricchite di «consigli». Avanti e indietro. Non è così che dovrebbe andare. Se infatti Syriza e il suo leader Alexis Tsipras hanno ancora una chance di fare qualcosa di positivo per il loro Paese, dopo la perdente prima tornata di negoziati con i 18 partner dell’eurozona, dovrebbero essere loro a condurre il gioco del cambiamento. Sono stati eletti per trasformare la Grecia, non possono aspettarsi che lo facciano il presidente della Bce Mario Draghi, quello della Commissione europea Jean-Claude Juncker e la signora Christine Lagarde, a capo del Fondo monetario internazionale. Difficile dire se un governo della sinistra radicale possieda la visione per cambiare un Paese che ha bisogno di una trasformazione straordinaria e profonda per potere stare in modo decente nell’economia del Ventunesimo secolo. Se però ci sono un momento e una situazione in cui provarlo, questi sono adesso e la Grecia. Quando mai un riformista radicale come il partito Syriza, che vuole cambiare tutto, ha non solo un grande appoggio popolare ma anche la possibilità di ricevere il finanziamento vitale se questo cambiamento ha successo? Finora, Tsipras e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis hanno dato l’impressione di puntare a uno «sconto» europeo che dovrebbero pagare i cittadini dei 18 Paesi partner: non lo otterranno. Nel quadro dei patti dell’eurozona, però, possono attaccare i mali storici della Grecia, possono aggredire i privilegi delle oligarchie, liberalizzare i settori dell’economia ingessati dagli interessi di casta, aprire i mercati e le pratiche della politica per rendere difficile la corruzione. Possono promuovere la meritocrazia a scapito delle rendite. Certo, un impegno enorme: ma è per quello che sono stati votati. Certo, non è un programma di sinistra tradizionale: sarebbe però un programma a favore della Grecia e dei greci. E difficilmente criticabile a Bruxelles. Il ping pong è un’altra cosa. Danilo Taino

Risposto da Alberto Rotondi su 24 Febbraio 2015 a 12:53 Forse sbaglio, ma ho l'impressione che, come previdenza sociale e lotta alla disoccupazione, la Germania sia di molto avanti a noi http://ec.europa.eu/employment_social/empl_portal/SSRinEU/Your%20so... Ezio Ferrero ha detto: Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo. Giampaolo Carboniero ha detto: Fammi capire, l'alternativa sarebbe una società neo-liberale, all'americana, diciamo così? Mi sembra che in passato si fosse d'accordo su un sistema socialdemocratico, tipo i paesi del Nord Europa, già vecchi anche quelli? Se poi guardiamo solo al PIL, il modello giusto da seguire sarebbe allora la Cina, con una crescita economica superiore a tutti i paesi dell'Occidente; non è democratica? Cosa vuoi che sia, almeno là il PIL cresce, se dovessimo guardare solo a quello; mi sembra evidente che tutta la discussione è drogata da un vizio ideologico e cioè che tutte le democrazie, per essere tali, dovrebbero fare quanto dettato dalle istituzioni finanziarie ( per il bene del popolo naturalmente); io penso che, a meno di mantenere i nostri sistemi economici in un'altalena continua fra crisi, bolle finanziarie speculative e successive politiche per la crescita, che sta distruggendo tutto quanto la civilità europea di buono aveva ottenuto, sia realistico pensare che una crescita del PIL nei paesi occidentali ( ma perchè continuiamo ad usare questo solo parametro, pur riconoscendogli una errata e insufficiente rapparesentatività?) superiore a una certa bassa entità non sia possibile in quanto siamo arrivati al limite, sia dello sfruttamento del nostro ambiente, e a meno di tornare alle guerre coloniali di questo dovremo accontentarci, sia della sopportabilità socio economica del consumismo di massa,

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che prevede sempre e solo un aumento della quantità e velocità dei consumi; tutti gli altri discorsi e ragionamenti sono conseguenti al fatto di non riconoscere questi ostacoli fisici e sociali; pensare di poter vivere un altro secolo secondo gli stessi parametri e con le stesse regole economiche di quello scorso, pur con tutte le trovate e le magie del mercato, è da illusi, è da ciechi incoscienti che prima o poi andranno a sbattere rovinosamente.

Risposto da Ezio Ferrero su 25 Febbraio 2015 a 0:47 In tutti i difetti che citi dell'italia (sui quali penso siamo tutti più o meno d'accordo) il liberismo (molto presunto perlomeno in italia) c'entra poco o niente. D'accordissimo a combattere la corruzione, per niente d'accordo quando si afferma che sarebbe frutto dell'economia di mercato (anzi, è frutto di una troppa intermediazione pubblica). A me è capitato di recente di fare 4 visite specialistiche in 4 ore, in un ospedale pubblico. Altra indicazione che il problema non è il sistema economico occidentale, neanche quello italiano tutto sommato, ma la gestione che viene fatta del sistema. Per sana economia di mercato intendo una economia che ha buoni livelli di concorrenza, in cui lo stato fa sostanzialmente il mestiere di regolatore, in cui il livello di conflittualità è quello fisiologico e non quello patologico dell'Italia (figlio dell'idea di fondo che il sistema sia in realtà da abbattere) etc. Una economia di mercato sana, che funziona, ha migliori risultati sul benessere della popolazione, come dimostrano appunto questi paesi. Giampaolo Carboniero ha detto: Mi sembra che loro la definiscano economia sociale di mercato, proprio perchè l'economia deve essere utile non solo al mercato, ma anche alla società; faccio sommessamente presente che in quegli stati certi comportamenti consentiti o addirittura agevolati in Italia, sarebbero puniti penalmente e socialmente; in quelle società la corruzione non viene neanche lontanamente sopportata, in quegli stati sarebbe folle legiferare sulla percentuale consentita di evasione fiscale; in quegli stati i poliziotti, non tante diverse polizie, sono in strada a presidiare il teritorio, non a spazzare le sale della prefettura come mi è capitato di vedere; in Olanda, uno di quegli stati, negli anni '70 ho fatto 5 visite specialistiche, prenotate il giorno precedente, dalle 7 alle 11 del mattino, con un'ora di tempo successiva per rientrare al lavoro; potrei continuare tanto da riempire un libro; quegli stati stanno bene non per il tipo di economia che hanno, non solo per quello,ma, anche per quello. E in Italia, paese di massoni e mafiosi, il (neo)liberismo si pratica, non si dice. Vorrei poi capire cosa tu intendi per "sana" economia di mercato, il termine "sana" riguarda l'acquiescenza convinta e coerente alle regole astratte del mercato o qualifica i risultati che esso dovrebbe avere sulla popolazione? Ezio Ferrero ha detto: Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 25 Febbraio 2015 a 17:48 Mai detto che la corruzione sia un prodotto dell'economia di mercato e mai parlato di distruzione del sistema; criticare il funzionamento di qualcosa equivale per te ad abbatterla? Come dire che se critico il funzionamento di certa sanità pubblica vuol dire che la voglio re, o lo stesso se critici il funzionamento della PA; non ti sembra di allargarti un po' troppo? La differenza è che io, e altri, siamo convinti che introdurre certe regole e limiti all'economia di mercato servano a farla funzionare meglio e in misura più utile alla maggioranza della collettività; sarebbe più utile e costruttivo discutere su quali regole e quali limiti, piuttosto che sostenere, sottotraccia, che il sistema si autoregola automaticamente. Ezio Ferrero ha detto: In tutti i difetti che citi dell'italia (sui quali penso siamo tutti più o meno d'accordo) il liberismo (molto presunto perlomeno in italia) c'entra poco o niente. D'accordissimo a combattere la corruzione, per niente d'accordo quando si afferma che sarebbe frutto dell'economia di mercato (anzi, è frutto di una troppa intermediazione pubblica).

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A me è capitato di recente di fare 4 visite specialistiche in 4 ore, in un ospedale pubblico. Altra indicazione che il problema non è il sistema economico occidentale, neanche quello italiano tutto sommato, ma la gestione che viene fatta del sistema. Per sana economia di mercato intendo una economia che ha buoni livelli di concorrenza, in cui lo stato fa sostanzialmente il mestiere di regolatore, in cui il livello di conflittualità è quello fisiologico e non quello patologico dell'Italia (figlio dell'idea di fondo che il sistema sia in realtà da abbattere) etc. Una economia di mercato sana, che funziona, ha migliori risultati sul benessere della popolazione, come dimostrano appunto questi paesi. Giampaolo Carboniero ha detto: Mi sembra che loro la definiscano economia sociale di mercato, proprio perchè l'economia deve essere utile non solo al mercato, ma anche alla società; faccio sommessamente presente che in quegli stati certi comportamenti consentiti o addirittura agevolati in Italia, sarebbero puniti penalmente e socialmente; in quelle società la corruzione non viene neanche lontanamente sopportata, in quegli stati sarebbe folle legiferare sulla percentuale consentita di evasione fiscale; in quegli stati i poliziotti, non tante diverse polizie, sono in strada a presidiare il teritorio, non a spazzare le sale della prefettura come mi è capitato di vedere; in Olanda, uno di quegli stati, negli anni '70 ho fatto 5 visite specialistiche, prenotate il giorno precedente, dalle 7 alle 11 del mattino, con un'ora di tempo successiva per rientrare al lavoro; potrei continuare tanto da riempire un libro; quegli stati stanno bene non per il tipo di economia che hanno, non solo per quello,ma, anche per quello. E in Italia, paese di massoni e mafiosi, il (neo)liberismo si pratica, non si dice. Vorrei poi capire cosa tu intendi per "sana" economia di mercato, il termine "sana" riguarda l'acquiescenza convinta e coerente alle regole astratte del mercato o qualifica i risultati che esso dovrebbe avere sulla popolazione? Ezio Ferrero ha detto: Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo.

Risposto da giorgio varaldo su 25 Febbraio 2015 a 18:43 questa decisione la si dovrebbe prendere anche in italia laura sgaravatto ha detto: http://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2015/02/25/grecia-camp...

Risposto da Fabio Colasanti su 25 Febbraio 2015 a 18:52 L'accordo dell'eurogruppo sulla proroga dei prestiti alla Grecia per quattro mesi è un segno di realismo e maturità politica. La lista di misure elaborata dal governo greco è una collezione di buone intenzioni senza alcun contenuto operativo (il Fmi e altre fonti tecniche lo hanno perfino messo nero su binanco). Ma i governi dell'eurozona si sono resi conto che non era possibile che il governo Syriza, con i suoi problemi interni e la mancanza di esperienza che lo contraddistingue, potesse produrre molto di più in questi primi giorni di attività. Mostrando di non essere gli strozzini che secondo certa stampa sarebbero, hanno chiuso entrambi gli occhi e sperano che nei prossimi mesi, con molto lavoro comune, si possa elaborare qualcosa di ragionevole. La proroga dell'accordo non dice nulla sul livello dell'avanzo primario da raggiungere. Altro segno di comprensione.

Risposto da Pietro D'Alessandro su 25 Febbraio 2015 a 19:21

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Gira e volta si arriva sempre allo stesso punto. Come ho detto in un'altra discussione (di cui forse andrebbe tentata una sintesi condivisa), secondo me c'è un'incomprensione di fondo sulle diverse visioni dell'economia di mercato. Per questa ragione ogni discussione sul punto arriva allo stallo di reciproche accuse. Secondo alcuni, le finalità latamente solidaristiche e redistributive, su cui tutti sono d'accordo, dovrebbero essere realizzate direttamente dal sistema economico; con la conseguenza che un'economia che non arrivi a tanto viene considerata ingiusta e, per ciò stesso, da riformare. Secondo altri, finalità di giustizia sostanziale devono bensì essere realizzate ma non dall'attività economica (che ha il solo lo scopo di creare ricchezza e profitto) ma da interventi ad essa esterni, per così dire correttori, che spettano ai protagonisti della società civile (istituzioni, pubblica amministrazione, enti di diritto privato, etc). Questo mi sembra il pensiero di Ezio che ritiene che per realizzare obbiettivi di sinistra può essere sufficente una democrazia che funzioni. Giampaolo Carboniero ha detto: Mai detto che la corruzione sia un prodotto dell'economia di mercato e mai parlato di distruzione del sistema; criticare il funzionamento di qualcosa equivale per te ad abbatterla? Come dire che se critico il funzionamento di certa sanità pubblica vuol dire che la voglio re, o lo stesso se critici il funzionamento della PA; non ti sembra di allargarti un po' troppo? La differenza è che io, e altri, siamo convinti che introdurre certe regole e limiti all'economia di mercato servano a farla funzionare meglio e in misura più utile alla maggioranza della collettività; sarebbe più utile e costruttivo discutere su quali regole e quali limiti, piuttosto che sostenere, sottotraccia, che il sistema si autoregola automaticamente. Ezio Ferrero ha detto: In tutti i difetti che citi dell'italia (sui quali penso siamo tutti più o meno d'accordo) il liberismo (molto presunto perlomeno in italia) c'entra poco o niente. D'accordissimo a combattere la corruzione, per niente d'accordo quando si afferma che sarebbe frutto dell'economia di mercato (anzi, è frutto di una troppa intermediazione pubblica). A me è capitato di recente di fare 4 visite specialistiche in 4 ore, in un ospedale pubblico. Altra indicazione che il problema non è il sistema economico occidentale, neanche quello italiano tutto sommato, ma la gestione che viene fatta del sistema. Per sana economia di mercato intendo una economia che ha buoni livelli di concorrenza, in cui lo stato fa sostanzialmente il mestiere di regolatore, in cui il livello di conflittualità è quello fisiologico e non quello patologico dell'Italia (figlio dell'idea di fondo che il sistema sia in realtà da abbattere) etc. Una economia di mercato sana, che funziona, ha migliori risultati sul benessere della popolazione, come dimostrano appunto questi paesi. Giampaolo Carboniero ha detto: Mi sembra che loro la definiscano economia sociale di mercato, proprio perchè l'economia deve essere utile non solo al mercato, ma anche alla società; faccio sommessamente presente che in quegli stati certi comportamenti consentiti o addirittura agevolati in Italia, sarebbero puniti penalmente e socialmente; in quelle società la corruzione non viene neanche lontanamente sopportata, in quegli stati sarebbe folle legiferare sulla percentuale consentita di evasione fiscale; in quegli stati i poliziotti, non tante diverse polizie, sono in strada a presidiare il teritorio, non a spazzare le sale della prefettura come mi è capitato di vedere; in Olanda, uno di quegli stati, negli anni '70 ho fatto 5 visite specialistiche, prenotate il giorno precedente, dalle 7 alle 11 del mattino, con un'ora di tempo successiva per rientrare al lavoro; potrei continuare tanto da riempire un libro; quegli stati stanno bene non per il tipo di economia che hanno, non solo per quello,ma, anche per quello. E in Italia, paese di massoni e mafiosi, il (neo)liberismo si pratica, non si dice. Vorrei poi capire cosa tu intendi per "sana" economia di mercato, il termine "sana" riguarda l'acquiescenza convinta e coerente alle regole astratte del mercato o qualifica i risultati che esso dovrebbe avere sulla popolazione? Ezio Ferrero ha detto: Chi ha mai parlato di un sistema tipo USA (lasciamo perdere il neoliberismo, in italia non c'è mai stato il liberismo, figuriamoci il neo) A me la Danimarca andrebbe benissimo, o la Finlandia, la Germania, l'Olanda e si potrebbe continuare l'elenco. Tutti paesi che funzionano piuttosto bene, con una sana economia di mercato, proprio quella che alcuni qui aborriscono e considerano generatrice di tutti i mali del mondo.

Risposto da Cristina Favati su 25 Febbraio 2015 a 19:25

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http://www.ilpost.it/2015/02/25/stefano-fassina-crisi-grecia/ Dove andiamo così? L'importante è far sopravvivere la sinistra greca, non la Grecia.

Risposto da Fabio Colasanti su 25 Febbraio 2015 a 22:04 Cristina, la cosa divertente è che la stragrande maggioranza dei greci non è d'accordo con Fassina. Cristina Favati ha detto: http://www.ilpost.it/2015/02/25/stefano-fassina-crisi-grecia/ Dove andiamo così? L'importante è far sopravvivere la sinistra greca, non la Grecia.

Risposto da Fabio Colasanti su 25 Febbraio 2015 a 22:36 Qualcuno aveva osservato che non si possono fare raffronti tra paesi diversi. Non sono sicuro che sia cosi. I grafici che riporto, mostrano gli aiuti che sono andati ai cinque paesi dell'eurozona che hanno avuto difficoltà. Il Portogallo e la Grecia hanno le stesse dimensioni e quasi lo stesso livello di di PIL medio (la Grecia è un pochino più ricca). Non soltanto la Grecia ha ricevuto tre volte gli aiuti che sono andati al Portogallo, ma li ha ricevuti a condizioni molto più favorevoli.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 26 Febbraio 2015 a 18:21 Anche da questi atti si vede la serietà di un governo; gli impianti per la sicurezza degli stadi devono essere a carico dei clubs. laura sgaravatto ha detto: http://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2015/02/25/grecia-camp...

Risposto da giorgio varaldo su 26 Febbraio 2015 a 18:59 se la serietà è proporzionale al numero di interventi governativi in materia di calcio in fatto di serietà la grecia sarebbe il paese più serio del mondo infatti questa è la terza sospensione del campionato nell'arco di sei mesi. http://www.ilpost.it/2015/02/25/campionato-calcio-greco-sospeso/ Giampaolo Carboniero ha detto: Anche da questi atti si vede la serietà di un governo; gli impianti per la sicurezza degli stadi devono essere a carico dei clubs. laura sgaravatto ha detto: http://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2015/02/25/grecia-camp... Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Febbraio 2015 a 19:38 E gli interventi precedenti li ha fatti Samaras ...

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giorgio varaldo ha detto: se la serietà è proporzionale al numero di interventi governativi in materia di calcio in fatto di serietà la grecia sarebbe il paese più serio del mondo infatti questa è la terza sospensione del campionato nell'arco di sei mesi. http://www.ilpost.it/2015/02/25/campionato-calcio-greco-sospeso/ Giampaolo Carboniero ha detto: Anche da questi atti si vede la serietà di un governo; gli impianti per la sicurezza degli stadi devono essere a carico dei clubs. laura sgaravatto ha detto: http://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2015/02/25/grecia-camp...

Risposto da Fabio Colasanti su 26 Febbraio 2015 a 21:46 Laura, questo è un bel problema e mostra quanto la gente sia preoccupata. Sostengono il governo Syriza, ma al tempo stesso ritirano i soldi dalle banche "perché non si sa mai". Anche mio fratello mi ha detto di averne discusso con sua moglie visto che tutti ad Atene ne parlano, ma poi ha deciso di non farsi prendere da un panico che gli è sembrato ingiustificato. Al tempo stesso molti hanno creduto alle promesse di Syriza di rateizzare su più anni i pagamenti delle tasse e nell'ultimo mese prima delle elezioni sono entrati nelle casse dello stato due miliardi di euro in meno. Alexis Tsipras ha già dichiarato - come ogni nuovo primo ministro greco da oltre cento anni - "Abbiamo trovato un buco. Ci sono due miliardi di euro in cassa meno di quello che pensavamo" laura sgaravatto ha detto: http://www.metronews.it/15/02/23/grecia-jpmorgan-settimana-scorsa-f...

Risposto da giorgio varaldo su 27 Febbraio 2015 a 8:30 governo tsipras contestato violentemente in piazza da sinistra http://www.aljazeera.com/news/2015/02/greek-protesters-clash-police...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 27 Febbraio 2015 a 13:15 Realismo e maturità politica? Saranno evidenziati solo dalle prossime mosse: http://www.giornalettismo.com/archives/1746659/yanis-varoufakis-cha... Sempre che lo scopo ultimo non sia il cambio di governo. Quando penso alla Grecia, faccio un parallelo con l'Italia del Sud, in cui il paese ha trasfuso una quantità enorme di risorse, con quale risultato? Il percorso verso lo sviluppo va seguito, agevolato, perseguito con le modalità dettate dalla ragione, non dall'ideologia, ma ho l'impressione che, da come è organizzata e funziona "questa" Europa, con capi di stato che badano innanzitutto ai propri orticelli nazionali, anzichè assumere un punto di vista allargato a tutto il continente e una politica inclusiva e solidaristica, sarà quasi impossibile; le scuse e i pentimenti postumi saranno inutili, oltrechè dannosi.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 27 Febbraio 2015 a 15:12 Contento, no? Così facciamo un'alleanza con Alba Dorata che risolverà tutti i problemi. giorgio varaldo ha detto:

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governo tsipras contestato violentemente in piazza da sinistra http://www.aljazeera.com/news/2015/02/greek-protesters-clash-police...

Risposto da giorgio varaldo su 27 Febbraio 2015 a 15:18 Mi piacerebbe capire per quale motivo dovrei gioire o disperarmi Da osservatore - come ritengo dovremmo esser tutti - dovremmo aver capito che la demagogia non paga mai Giampaolo Carboniero ha detto: Contento, no? Così facciamo un'alleanza con Alba Dorata che risolverà tutti i problemi. giorgio varaldo ha detto: governo tsipras contestato violentemente in piazza da sinistra http://www.aljazeera.com/news/2015/02/greek-protesters-clash-police...

Risposto da Cristina Favati su 27 Febbraio 2015 a 18:41 http://www.lavoce.info/archives/33361/grecia-problema-primario/

Risposto da Fabio Colasanti su 27 Febbraio 2015 a 19:25 Cristina, questo è un articolo serio scritto da una persona seria. E' molto lontano dalle affermazioni sguaiata e senza senso che si sentono troppo spesso sulla Grecia. Grazie per averlo postato. Tra l'altro spiega un problema che avevo citato in mio post precedente: il gettito fiscale più basso del previsto negli ultimi mesi. Cristina Favati ha detto: http://www.lavoce.info/archives/33361/grecia-problema-primario/

Risposto da Giampaolo Carboniero su 27 Febbraio 2015 a 23:43 Quindi che si fa? Se l'Europa avesse anche lontanamente una politica unitaria, si potrebbe comportare come lo stato italiano con il Sud o come la Germania con la sua parte orientale; si rideva e si denigravano i leghisti di una volta che, per salvare il Nord, chiedevano di dividere l'Italia, e che ognuno si arrangiasse; d'ora in poi si misurerà il "famoso" realismo europeo e la maturità politica dei suoi "capetti", oltre che la loro adesione al progetto europeo, oltre l'euro. P.S. Le loro decisioni renderanno finalmente trasparente cosa costoro intendono per Europa e altri stati, oltre la Grecia, sapranno cosa attendersi in caso di bisogno.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Febbraio 2015 a 0:15 Giampaolo, Come si dice, "te la suoni e te la canti". Ti sei fissato un obiettivo tuo personale per quello che l'Europa dovrebbe essere e poi ti dichiari schifato dal fatto che l'Europa che esiste in questo mondo non corrisponda alla tua fantasia. Non c'è bisogna di nulla di nuovo per "rendere trasparente"il fatto che nessuno stato si deve aspettare di ricevere aiuti come quelli che il Mezzogiorno riceve dal resto dell'Italia o la parte orientale della Germania riceve dalla parte occidentale. Basta guardare ai negoziati – già conclusi – sul bilancio comunitario 2014-2020.

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La solidarietà tra paesi europei è quella che è incorporata nelle dimensioni dei fondi strutturali europei (e non è poco). Non ci sarà nulla di più. E nessuno lo chiede ! Nei Trattati è scritto nero su bianco che nessuno stato deve aspettarsi aiuti in caso di difficoltà delle sue finanze pubbliche. Nel caso della Grecia si è andati ben al di la di quanto previsto. Io considero questa Europa molto meglio di niente e voglio difenderla e, se possibile, impedire che si vada indietro. La tua delusione è rispetto ad un tuo obiettivo personale, condiviso da una minoranza infima della popolazione europea, che non trova nessuna base nei testi originali dell'Unione europea e nei testi sottoscritti dai padri fondatori. Giampaolo Carboniero ha detto: Quindi che si fa? Se l'Europa avesse anche lontanamente una politica unitaria, si potrebbe comportare come lo stato italiano con il Sud o come la Germania con la sua parte orientale; si rideva e si denigravano i leghisti di una volta che, per salvare il Nord, chiedevano di dividere l'Italia, e che ognuno si arrangiasse; d'ora in poi si misurerà il "famoso" realismo europeo e la maturità politica dei suoi "capetti", oltre che la loro adesione al progetto europeo, oltre l'euro. P.S. Le loro decisioni renderanno finalmente trasparente cosa costoro intendono per Europa e altri stati, oltre la Grecia, sapranno cosa attendersi in caso di bisogno.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Febbraio 2015 a 0:45 Guarda che ormai siamo in parecchi a suonarcele e cantarcele; che le mezze calzette che guidano gli stati europei continuino così e il tempo darà le risposte; come intendi tu invece: tutto va ben madama la marchesa? Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, Come si dice, "te la suoni e te la canti". Ti sei fissato un obiettivo tuo personale per quello che l'Europa dovrebbe essere e poi ti dichiari schifato dal fatto che l'Europa che esiste in questo mondo non corrisponda alla tua fantasia. Non c'è bisogna di nulla di nuovo per "rendere trasparente"il fatto che nessuno stato si deve aspettare di ricevere aiuti come quelli che il Mezzogiorno riceve dal resto dell'Italia o la parte orientale della Germania riceve dalla parte occidentale. Basta guardare ai negoziati – già conclusi – sul bilancio comunitario 2014-2020. La solidarietà tra paesi europei è quella che è incorporata nelle dimensioni dei fondi strutturali europei (e non è poco). Non ci sarà nulla di più. E nessuno lo chiede ! Nei Trattati è scritto nero su bianco che nessuno stato deve aspettarsi aiuti in caso di difficoltà delle sue finanze pubbliche. Nel caso della Grecia si è andati ben al di la di quanto previsto. Io considero questa Europa molto meglio di niente e voglio difenderla e, se possibile, impedire che si vada indietro. La tua delusione è rispetto ad un tuo obiettivo personale, condiviso da una minoranza infima della popolazione europea, che non trova nessuna base nei testi originali dell'Unione europea e nei testi sottoscritti dai padri fondatori. Giampaolo Carboniero ha detto: Quindi che si fa? Se l'Europa avesse anche lontanamente una politica unitaria, si potrebbe comportare come lo stato italiano con il Sud o come la Germania con la sua parte orientale; si rideva e si denigravano i leghisti di una volta che, per salvare il Nord, chiedevano di dividere l'Italia, e che ognuno si arrangiasse; d'ora in poi si misurerà il "famoso" realismo europeo e la maturità politica dei suoi "capetti", oltre che la loro adesione al progetto europeo, oltre l'euro. P.S. Le loro decisioni renderanno finalmente trasparente cosa costoro intendono per Europa e altri stati, oltre la Grecia, sapranno cosa attendersi in caso di bisogno.

Risposto da paolo logli su 28 Febbraio 2015 a 9:46 Con la ripresa dei nazionalismi,temo che,a breve termine, Fabio possa aver ragione. Ma questo non dovrebbe impedirci di tentare di proporre dei miglioramenti al funzionamento dell'Unione.Il realismo di Fabio, se ho ben capito, arriverebbe pero' a sconsigliare di riprendere i negoziati europei perche questi potrebbero offrire a paesi ,come la GB, l'occasione di andarsene.

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Si tratterebbe pero' a mio parere,di cercare di migliorare il funzionamento della zona euro, come il necessario coinvolgimento dei paesi in surplus, evitando gli aiuti da Stato a Stato. La GB non avrebbe motivo di cogliere l'occasione di andarsene, a meno che il suo nazionalismo non arrivi al punto di temere l'introduzione di politiche a lei sfavorevoli. Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Febbraio 2015 a 10:34 Paolo, il Regno Unito ha chiesto l'apertura di un negoziato per "ridurre" il grado di integrazione europea attuale e ha annunciato che la poszione del governo sul referendum che si terrà tra un paio d'anni sulla permanenza del paese nella UE dipenderà dai risultati di questo negoziato. Se non si riduce abbastanza il grado di integrazione attuale, il governo sosterrà chi vuole che il paese lasci l'UE. Questo fa si che al momento nessuno abbia una gran voglia di riaprire il capitolo dei Trattati perché questo offrirebbe su di un vassoio d'argento un'occasione d'oro al Regno Unito. La Merkel ha detto ufficialmente Cameron che ha una certa simpatia per la sua posizione, che lo aiuterà dove è possibile, ma che i Trattati europei non si ridiscutono. Questo è il motivo per il quale penso che per i prossimi cinque anni almeno non sarà possibile ridiscutere i Trattati europei. Ma, come dici tu, si possono fare un certo numero di cose per l'eurozona e si puo' preparare il terreno per una futura quando i tempi lo permetteranno. Ho postato nella discussione "Europa" un ottimo paper di André Sapir e Guntram Wolff (entrambi lavorano per Bruegel) che conoscerai sicuramente. Propongono tante cose per rafforzare la governance dell'eurozona. Ma Giampaolo, che misura tutto secondo i suoi personalissimi criteri, l'ha definito "chiacchiere". Sagli un'occhiata e facci sapere che ne pensi. paolo logli ha detto: Con la ripresa dei nazionalismi,temo che,a breve termine, Fabio possa aver ragione. Ma questo non dovrebbe impedirci di tentare di proporre dei miglioramenti al funzionamento dell'Unione.Il realismo di Fabio, se ho ben capito, arriverebbe pero' a sconsigliare di riprendere i negoziati europei perche questi potrebbero offrire a paesi ,come la GB, l'occasione di andarsene. Si tratterebbe pero' a mio parere,di cercare di migliorare il funzionamento della zona euro, come il necessario coinvolgimento dei paesi in surplus, evitando gli aiuti da Stato a Stato. La GB non avrebbe motivo di cogliere l'occasione di andarsene, a meno che il suo nazionalismo non arrivi al punto di temere l'introduzione di politiche a lei sfavorevoli.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Febbraio 2015 a 18:12 Le definisco "chiacchiere" non nel senso di disconoscere la competenza dei relatori, ma semplicemente perchè, a mio modo di vedere, abbiamo bisogno di interventi urgenti, non a medio-lungo termine; l'arte della politica è quella di cogliere le occasioni al volo, sia per prevenire contagi pericolosi, come anche nel caso di accadimenti favorevoli; considero, p.e., favorevole, dati i prezzi delle sorgenti fossili e le minacce velate della Rusiia, l'occasione per ripensare un piano energetico europeo, tendente all'autosufficienza; trovo invece pericolosa la sottovalutazione della Germania dei movimenti nazionalisti radicali europei, perchè, a differenza che nell'economia, certi risultati non saranno facilmente ribaltabili con qualche accordo o trattato. Fabio Colasanti ha detto: Paolo, il Regno Unito ha chiesto l'apertura di un negoziato per "ridurre" il grado di integrazione europea attuale e ha annunciato che la poszione del governo sul referendum che si terrà tra un paio d'anni sulla permanenza del paese nella UE dipenderà dai risultati di questo negoziato. Se non si riduce abbastanza il grado di integrazione attuale, il governo sosterrà chi vuole che il paese lasci l'UE. Questo fa si che al momento nessuno abbia una gran voglia di riaprire il capitolo dei Trattati perché questo offrirebbe su di un vassoio d'argento un'occasione d'oro al Regno Unito. La Merkel ha detto ufficialmente Cameron che ha una certa simpatia per la sua posizione, che lo aiuterà dove è possibile, ma che i Trattati europei non si ridiscutono. Questo è il motivo per il quale penso che per i prossimi cinque anni almeno non sarà possibile ridiscutere i Trattati europei.

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Ma, come dici tu, si possono fare un certo numero di cose per l'eurozona e si puo' preparare il terreno per una futura quando i tempi lo permetteranno. Ho postato nella discussione "Europa" un ottimo paper di André Sapir e Guntram Wolff (entrambi lavorano per Bruegel) che conoscerai sicuramente. Propongono tante cose per rafforzare la governance dell'eurozona. Ma Giampaolo, che misura tutto secondo i suoi personalissimi criteri, l'ha definito "chiacchiere". Sagli un'occhiata e facci sapere che ne pensi. paolo logli ha detto: Con la ripresa dei nazionalismi,temo che,a breve termine, Fabio possa aver ragione. Ma questo non dovrebbe impedirci di tentare di proporre dei miglioramenti al funzionamento dell'Unione.Il realismo di Fabio, se ho ben capito, arriverebbe pero' a sconsigliare di riprendere i negoziati europei perche questi potrebbero offrire a paesi ,come la GB, l'occasione di andarsene. Si tratterebbe pero' a mio parere,di cercare di migliorare il funzionamento della zona euro, come il necessario coinvolgimento dei paesi in surplus, evitando gli aiuti da Stato a Stato. La GB non avrebbe motivo di cogliere l'occasione di andarsene, a meno che il suo nazionalismo non arrivi al punto di temere l'introduzione di politiche a lei sfavorevoli.

Risposto da Fabio Colasanti su 28 Febbraio 2015 a 18:59 Giampaolo, purtroppo per te viviamo in uno stato di diritto con leggi, costituzioni e trattati. Non si puo' fare nulla che vada contro le norme che ci siamo dati. Se possibile, si cambiano; se non è possibile bisogna accettarle. Giampaolo Carboniero ha detto: Le definisco "chiacchiere" non nel senso di disconoscere la competenza dei relatori, ma semplicemente perchè, a mio modo di vedere, abbiamo bisogno di interventi urgenti, non a medio-lungo termine; l'arte della politica è quella di cogliere le occasioni al volo, sia per prevenire contagi pericolosi, come anche nel caso di accadimenti favorevoli; considero, p.e., favorevole, dati i prezzi delle sorgenti fossili e le minacce velate della Rusiia, l'occasione per ripensare un piano energetico europeo, tendente all'autosufficienza; trovo invece pericolosa la sottovalutazione della Germania dei movimenti nazionalisti radicali europei, perchè, a differenza che nell'economia, certi risultati non saranno facilmente ribaltabili con qualche accordo o trattato. Fabio Colasanti ha detto: Paolo, il Regno Unito ha chiesto l'apertura di un negoziato per "ridurre" il grado di integrazione europea attuale e ha annunciato che la poszione del governo sul referendum che si terrà tra un paio d'anni sulla permanenza del paese nella UE dipenderà dai risultati di questo negoziato. Se non si riduce abbastanza il grado di integrazione attuale, il governo sosterrà chi vuole che il paese lasci l'UE. Questo fa si che al momento nessuno abbia una gran voglia di riaprire il capitolo dei Trattati perché questo offrirebbe su di un vassoio d'argento un'occasione d'oro al Regno Unito. La Merkel ha detto ufficialmente Cameron che ha una certa simpatia per la sua posizione, che lo aiuterà dove è possibile, ma che i Trattati europei non si ridiscutono. Questo è il motivo per il quale penso che per i prossimi cinque anni almeno non sarà possibile ridiscutere i Trattati europei. Ma, come dici tu, si possono fare un certo numero di cose per l'eurozona e si puo' preparare il terreno per una futura quando i tempi lo permetteranno. Ho postato nella discussione "Europa" un ottimo paper di André Sapir e Guntram Wolff (entrambi lavorano per Bruegel) che conoscerai sicuramente. Propongono tante cose per rafforzare la governance dell'eurozona. Ma Giampaolo, che misura tutto secondo i suoi personalissimi criteri, l'ha definito "chiacchiere". Sagli un'occhiata e facci sapere che ne pensi. paolo logli ha detto: Con la ripresa dei nazionalismi,temo che,a breve termine, Fabio possa aver ragione. Ma questo non dovrebbe impedirci di tentare di proporre dei miglioramenti al funzionamento dell'Unione.Il realismo di Fabio, se ho ben capito, arriverebbe pero' a sconsigliare di riprendere i negoziati europei perche questi potrebbero offrire a paesi ,come la GB, l'occasione di andarsene. Si tratterebbe pero' a mio parere,di cercare di migliorare il funzionamento della zona euro, come il necessario coinvolgimento dei paesi in surplus, evitando gli aiuti da Stato a Stato. La GB non avrebbe motivo di cogliere l'occasione di andarsene, a meno che il suo nazionalismo non arrivi al punto di temere l'introduzione di politiche a lei sfavorevoli.

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 28 Febbraio 2015 a 19:29 O fare qualcosa per cambiarle. Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, purtroppo per te viviamo in uno stato di diritto con leggi, costituzioni e trattati. Non si puo' fare nulla che vada contro le norme che ci siamo dati. Se possibile, si cambiano; se non è possibile bisogna accettarle. Giampaolo Carboniero ha detto: Le definisco "chiacchiere" non nel senso di disconoscere la competenza dei relatori, ma semplicemente perchè, a mio modo di vedere, abbiamo bisogno di interventi urgenti, non a medio-lungo termine; l'arte della politica è quella di cogliere le occasioni al volo, sia per prevenire contagi pericolosi, come anche nel caso di accadimenti favorevoli; considero, p.e., favorevole, dati i prezzi delle sorgenti fossili e le minacce velate della Rusiia, l'occasione per ripensare un piano energetico europeo, tendente all'autosufficienza; trovo invece pericolosa la sottovalutazione della Germania dei movimenti nazionalisti radicali europei, perchè, a differenza che nell'economia, certi risultati non saranno facilmente ribaltabili con qualche accordo o trattato. Fabio Colasanti ha detto: Paolo, il Regno Unito ha chiesto l'apertura di un negoziato per "ridurre" il grado di integrazione europea attuale e ha annunciato che la poszione del governo sul referendum che si terrà tra un paio d'anni sulla permanenza del paese nella UE dipenderà dai risultati di questo negoziato. Se non si riduce abbastanza il grado di integrazione attuale, il governo sosterrà chi vuole che il paese lasci l'UE. Questo fa si che al momento nessuno abbia una gran voglia di riaprire il capitolo dei Trattati perché questo offrirebbe su di un vassoio d'argento un'occasione d'oro al Regno Unito. La Merkel ha detto ufficialmente Cameron che ha una certa simpatia per la sua posizione, che lo aiuterà dove è possibile, ma che i Trattati europei non si ridiscutono. Questo è il motivo per il quale penso che per i prossimi cinque anni almeno non sarà possibile ridiscutere i Trattati europei. Ma, come dici tu, si possono fare un certo numero di cose per l'eurozona e si puo' preparare il terreno per una futura quando i tempi lo permetteranno. Ho postato nella discussione "Europa" un ottimo paper di André Sapir e Guntram Wolff (entrambi lavorano per Bruegel) che conoscerai sicuramente. Propongono tante cose per rafforzare la governance dell'eurozona. Ma Giampaolo, che misura tutto secondo i suoi personalissimi criteri, l'ha definito "chiacchiere". Sagli un'occhiata e facci sapere che ne pensi. paolo logli ha detto: Con la ripresa dei nazionalismi,temo che,a breve termine, Fabio possa aver ragione. Ma questo non dovrebbe impedirci di tentare di proporre dei miglioramenti al funzionamento dell'Unione.Il realismo di Fabio, se ho ben capito, arriverebbe pero' a sconsigliare di riprendere i negoziati europei perche questi potrebbero offrire a paesi ,come la GB, l'occasione di andarsene. Si tratterebbe pero' a mio parere,di cercare di migliorare il funzionamento della zona euro, come il necessario coinvolgimento dei paesi in surplus, evitando gli aiuti da Stato a Stato. La GB non avrebbe motivo di cogliere l'occasione di andarsene, a meno che il suo nazionalismo non arrivi al punto di temere l'introduzione di politiche a lei sfavorevoli.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 1 Marzo 2015 a 0:48 Un'opinione sul comportamento della Germania nei confronti della Grecia http://scenarieconomici.it/nodo-futuro-delleuropa-dopo-versailles-a... Ancora l'Art.2 del trattato di Lisbona citato http://www.slideshare.net/iayaia/carta-diritti-e-trattato-di-lisbon... Evidentemente fumo negli occhi degli europei, in casa propria poi ognuno dice e fa quello che gli fa comodo o torna utile nelle campagne elettorali.

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 1 Marzo 2015 a 2:54 Come la pensa R.Prodi http://www.romanoprodi.it/articoli/grecia-sconfitta-ma-senza-una-po...

Risposto da Fabio Colasanti su 1 Marzo 2015 a 8:52 Romano Prodi conferma una cosa che i nostri amici "sognatori" non vogliono riconoscere: l'isolamento totale del governo greco nella trattativa che è appena iniziata. Isolamento che è dovuto in gran parte a fattori oggettivi legati alla storia della crisi greca, alle posizioni di Syriza nella campagna elettorale, ancora di più al comportamente strafottente dei negoziatori greci e alla incomprensione per le domande greche di tanti paesi che molti considerano alleati "naturali"della Grecia. Jean-Claude Junker in un'intervista di qualche giorno fa ha sottolineato la mancanza di esperienza del nuovo governo greco e ha detto di aver suggerito ad Alexis Tsipras di non contare troppo sull'aiuto di Francia e Italia. Io stesso ho ricordato varie volte che chi ha fatto tanti sforzi per riformare la propria economia non ha nessuna simpatia per le richieste greche. Questo è il passo dell'articolo di Romano Prodi che conferma quanto ho appena detto. Alla fine della lunga trattativa notturna di Bruxelles si è parlato di una “costruttiva ambiguità”: l’attenta lettura dei comunicati e dei commenti ci porta invece a concludere che si è trattato di una sostanziale capitolazione del giovane governo greco. D’altra parte le cose non potevano andare diversamente da quando si è capito che la Grecia aveva rinunciato all’uso dell’unica efficace arma in proprio possesso, cioè l’uscita dall’Euro: la stragrande maggioranza del popolo greco si è infatti dimostrata contraria a quest’ipotesi. Negli ultimi giorni la forza contrattuale greca è stata ulteriormente indebolita da una posizione contraria ad ogni concessione anche da parte di Paesi che, come Spagna, Irlanda e Portogallo, avevano fortemente subito la crisi ma ritenevano di esserne usciti per merito dei sacrifici compiuti e si opponevano a qualsiasi concessione particolare per la Grecia, come se i greci di sacrifici non ne avessero fatto a sufficienza. A Bruxelles il governo greco si è trovato quindi del tutto isolato e la Germania ha avuto gioco facile a radunare attorno a se la sostanziale unanimità dei Paesi dell’Eurogruppo. Giampaolo Carboniero ha detto: Come la pensa R.Prodi http://www.romanoprodi.it/articoli/grecia-sconfitta-ma-senza-una-po...

Risposto da paolo logli su 1 Marzo 2015 a 10:59 Ma Prodi conclude il suo intervento notando che in questa crisi non ci sono vincitori e vinti; se non si arriva ad una politica comunitaria condivisa,passeremo tutti da una crisi all'altra.Penso dovremmo pensarci subito.

Risposto da Fabio Colasanti su 1 Marzo 2015 a 11:32 Paolo, ho scritto qualche giorno fa che l'analisi di questa crisi in termini di vincitori e vinti è profondamente sbagliata ed è dovuta in gran parte al sensazionalismo di alcuni e della stampa. Il risultato del negoziato - come anche Prodi scrive - è quello che tutti prevedevano e dipende dalla realtà della situazione, molto più che dai comportamenti di alcuni attori. Non capisco a cosa Romano Prodi si riferisca quando parla di una "politica comunitaria condivisa". Siamo in tanti a chiedere iniziative per la crescita in Europa (qualcosa di più robusto del piano Junker) e a chiedere che i paesi con

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avanzi di bialncia dei pagamenti facciano di più per sostenere la crescita (comunque questo sembra stia succedendo in Germania dove i salari cominciano a salire e i consumatori a spendere). Ma qualsiasi politica comunitaria condivisa si metta in opera aiuterà un poco la Grecia, ma non risolverà i suoi problemi. I problemi di questo paese sono sempre gli stessi. I governi di questi ultimi anni hanno fatto qualcosa, chissà se Syriza continuerà? Ma i problemi rimangono gli stessi: amministrazione pubblica ancora di un'inefficienza mostruosa nonostantegli sforzi - veri - fatti. Burocrazia e corporativismo che paralizzano il paese. Frammentazione di competenze che impedisce la realizzazione di opere pubbliche (e perfino l'uso dei fondi comunitari). Evasione fiscale endemica. Inesistenza di una struttura industriale che possa giustificare un livello di vita come quello che i greci vorebbero avere. Non esiste nessuna politica comunitaria condivisa che possa risolvere questi problemi. Queste sono cose che solo i greci stessi possono fare. L'ottanta/novanta percento dei problemi greci sono di origine interna e possono avere solo una soluzione interna. La stessa cosa è vera anche per l'Italia. L'aspettarsi una soluzione dall'esterno è una variante del non riconoscere le proprie responsabilità e del cercare un caprio espiatorio all'esterno. Vedi tu una "politica comunitaria condivisa" che possa risolvere i problemi greci (e quelli italiani)? paolo logli ha detto: Ma Prodi conclude il suo intervento notando che in questa crisi non ci sono vincitori e vinti; se non si arriva ad una politica comunitaria condivisa,passeremo tutti da una crisi all'altra.Penso dovremmo pensarci subito.

Risposto da paolo logli su 1 Marzo 2015 a 13:56 Certo che l'analisi "vincitori e vinti" è sbagliata - lo riconosce anche Prodi. Ma Prodi sembra riconoscere anche una "politica comunitaria condivisa" avrebbe potuto evitare l'insorgere di questa e future crisi. E forse basterebbe completare con qualche articolo di politica monetaria, per non turbar troppo gli inglesi. Penso anch'io, come te,che quella politica non potrebbe risolvere la situazione attuale della Grecia. Come d'altronde quella italiana, ci sono dei problemi storici che devono essere risolti a livello nazionale. Ma bella discussione al Parlamento europeo o almeno una "tiratina d'orecchi",anche da parte del FMI, su quei problemi, potrebbe aiutare governi riformatori (ricordo i suggerimenti della Lagarde, e di altri, ai greci, di "far pagar le tasse", coinvolgendo anche gli armatori, pur "protetti" dalla Costituzione? ne avrebbe bisogno, su diversi temi di rilevanza storica, anche Renzi, se avesse piu' "coraggio" come dice Alesina).

Risposto da Romano Meloni su 1 Marzo 2015 a 14:54 La BCE, nonostante i margini ristretti consentiti dal suo statuto, sta facendo parecchio per gestire la presente crisi. Ho l'impressione che spesso si sovrastimino i risultati che derivano da una politica monetaria espansiva, quasi che tutto nasca da li. E vero che gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi prima dell'Europa, ma anche perché usufruiscono di nuove ingenti riserve di energia (la shale gas) e perché hanno un ambiente molto più favorevole all'impresa, compreso un mercato del lavoro flessibile, come da noi sarebbe difficile accettare. Eppure Draghi non perde nessuna occasione per ricordare che non ci si può' aspettare tutto dalla politica monetaria. Quando si parla della Grecia vengono evocate frequentemente parole come "solidarietà", "integrazione", "condivisione". Bene, sono valori importanti, ma sospetto che raramente si parli di "responsabilità". Fabio ha recentemente mostrato come la Grecia abbia già ricevuto "solidarietà" dall'Europa in misura massiccia: tre volte più del Portogallo, paese di dimensioni simili e più povero, ed a condizioni più favorevoli. Non è ancora sufficiente? Immagino che si finirà per dare ancora di più. Ma chiedere ai Greci di dirci cosa faranno di queste ulteriori risorse è davvero segno di egoismo? E per quanto tempo ancora potranno ricorrere alla "solidarietà" degli altri per poter rinviare i provvedimenti necessari a rimettersi in equilibrio? A produrre quel tanto che ritengono essenziale per garantirsi il livello di vita desiderato, invece che pretenderlo dai contributi dei partner europei? Solidarietà dunque, ma anche responsabilità penso, se no sarà impossibile avere negli altri governi, che anche rispondono a degli elettori, una generosità senza limiti. paolo logli ha detto:

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Certo che l'analisi "vincitori e vinti" è sbagliata - lo riconosce anche Prodi.Ma Prodi sembra riconoscere anche una "politica comunitaria condivisa" avrebbe potuto evitare l'insorgere di questa e future crisi.E forse basterebbe completare con qualche articolo di politica monetaria,per non turbar troppo gli inglesi. Penso anch'io, come te,che quella politica non potrebbe risolvere la situazione attuale della Grecia.Come d'altronde quella italiana,ci sono dei problemi storici che devono essere risolti a livello nazionale.Ma bella discussione al Parlamento europeo o almeno una "tiratina d'orecchi",anche da parte del FMI, su quei problemi,potrebbe aiutare governi riformatori (ricordo i suggerimenti della Lagarde,e di altri, ai greci,di far pagar le tasse",coinvolgendo anche gli armatori,pur "protetti" dalla Costituzione?ne avrebbe bisogno,su diversi temi di rilevanza storica, anche Renzi,se avesse piu' "coraggio" come dice Alesina)

Risposto da Fabio Colasanti su 1 Marzo 2015 a 16:38 Paolo, giustissimo. E' proprio quello che propongono André Sapir e Guntram Wolff. Ma non sono sicuro che tutti accetterebbero i vincoli della "politica condivisa" che suggeriscono. Il loro pezzo vale la pena di essere discusso. paolo logli ha detto: Certo che l'analisi "vincitori e vinti" è sbagliata - lo riconosce anche Prodi. Ma Prodi sembra riconoscere anche una "politica comunitaria condivisa" avrebbe potuto evitare l'insorgere di questa e future crisi. E forse basterebbe completare con qualche articolo di politica monetaria, per non turbar troppo gli inglesi. Penso anch'io, come te,che quella politica non potrebbe risolvere la situazione attuale della Grecia. Come d'altronde quella italiana, ci sono dei problemi storici che devono essere risolti a livello nazionale. Ma bella discussione al Parlamento europeo o almeno una "tiratina d'orecchi",anche da parte del FMI, su quei problemi, potrebbe aiutare governi riformatori (ricordo i suggerimenti della Lagarde, e di altri, ai greci, di "far pagar le tasse", coinvolgendo anche gli armatori, pur "protetti" dalla Costituzione? ne avrebbe bisogno, su diversi temi di rilevanza storica, anche Renzi, se avesse piu' "coraggio" come dice Alesina).

Risposto da Fabio Colasanti su 1 Marzo 2015 a 23:30 Risultato interessante (anche se l'articolo esagera sulla affinità e vicinanze tra Italia e Grecia: il 28 ottobre, giorno di festa nazionale in Grecia, è l'anniversario del giorno in cui la Grecia disse "Oki" ("No") all'ultimato italiano). http://www.repubblica.it/economia/2015/03/01/news/italiani_con_tsip...

Risposto da Fabio Colasanti su 3 Marzo 2015 a 8:18 Avevo già parlato tempo fa di tensioni forti tra Spagna e Portogallo da un lato e Grecia dall'altro. Adesso stanno apparendo alla luce del sole. http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-02/il-governo-madrid-g... http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-02/spagna-e-portogallo...

Risposto da paolo logli su 3 Marzo 2015 a 9:53 Queste "tensioni forti" tra paesi partecipanti all'unione monetaria non dovrebbero esistere; mi sembra evidente che deve essere completata, come d'altronde previsto fin dall'inizio. Senza bisogno di arrivare presto a una "politica condivisa" su piu' temi, come suggerito da Sapir e Wolff, e senza sperare che possa bastare oggi per la crisi attuale della Grecia. Ma cominciare la discussione (al Parlamento euroeo?) sarebbe utile, per mostrare che l'Unione sa reagire, senza ricorrere a mediare fra gli opposti nazionalismi. Evitando cosi' che un po' alla volta i partiti anti europei possano aver la meglio.

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Risposto da Fabio Colasanti su 3 Marzo 2015 a 11:09 Paolo, non mi sembra che si possa affermare che fosse previsto fin d'all'inizio che l'unione monetaria "dovesse essere completata". Alcuni volevano delle forme di condivisione di responsabilità maggiori (per esempio, in materia di politiche di bilancio), altri non ne volevano assolutamente sentire parlare. L'unione monetaria che si è creata è quella sulla quale si è trovato un accordo; su tutto il resto non c'è mai stato un accordo, ne un impegno a fare di più in futuro. Quale forza politica ti sembra abbia voglia di proporre un dibattito al Parlamento europeo su di un rafforzamento dell'unione monetaria? paolo logli ha detto: Queste "tensioni forti" tra paesi partecipanti all'unione monetaria non dovrebbero esistere;mi sembra evidente che deve essere completata, come d'altronde previsto fin dall'inizio. Senza bisogno di arrivare presto a una"politica condivisa"su piu' temi,come suggerito da Sapir e Wolff,e senza sperare che possa bastare oggi per la crisi attuale della Grecia. Ma cominciare la discussione (al Parlamento euroeo?)sarebbe utile,per mostrare che l'Unione sa reagire, senza ricorrere a mediare fra gli opposti nazionalismi.Evitando cosi' che un po' alla volta i partiti anti europei possano aver la meglio.

Risposto da Cristina Favati su 3 Marzo 2015 a 13:02 http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-03/tsipras-gia-crisi-l...

Risposto da Fabio Colasanti su 3 Marzo 2015 a 13:52 Sandra, Paolo ha fatto un'osservazione che ritengo imprecisa e l'ho fatto notare. Ancora una volta tu non intervieni sul merito di quello che si sta discutendo (non dici nulla sull'eventuale esistenza o meno di impegni a "completare" l'unione monetaria), ma strilli su qualcosa di diverso. La mia opinione sull'unione monetaria l'ho espressa mille volte in anni di partecipazione a queste discussioni. Non devo provare a te le mie credenziali di europeista o di persona di sinistra. Sandra Del Fabro ha detto: E la tua opinione in merito qual è? Va bene così? Fabio Colasanti ha detto: Paolo, non mi sembra che si possa affermare che fosse previsto fin d'all'inizio che l'unione monetaria "dovesse essere completata". Alcuni volevano delle forme di condivisione di responsabilità maggiori (per esempio, in materia di politiche di bilancio), altri non ne volevano assolutamente sentire parlare. L'unione monetaria che si è creata è quella sulla quale si è trovato un accordo; su tutto il resto non c'è mai stato un accordo, ne un impegno a fare di più in futuro. Quale forza politica ti sembra abbia voglia di proporre un dibattito al Parlamento europeo su di un rafforzamento dell'unione monetaria? paolo logli ha detto: Queste "tensioni forti" tra paesi partecipanti all'unione monetaria non dovrebbero esistere;mi sembra evidente che deve essere completata, come d'altronde previsto fin dall'inizio. Senza bisogno di arrivare presto a una"politica condivisa"su piu' temi,come suggerito da Sapir e Wolff,e senza sperare che possa bastare oggi per la crisi attuale della Grecia.

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Ma cominciare la discussione (al Parlamento euroeo?)sarebbe utile,per mostrare che l'Unione sa reagire, senza ricorrere a mediare fra gli opposti nazionalismi.Evitando cosi' che un po' alla volta i partiti anti europei possano aver la meglio.

Risposto da paolo logli su 3 Marzo 2015 a 16:02 Mi aspettavo l'osservazione di Fabio, sempre improntata al massimo realismo. L'unione monetaria che si è creata è quella su cui si è trovato un accordo. Certo. Purtroppo non ho qui in montagna un libretto di Padoa Schioppa, dove avevo letto il suo dispiacere che l'accordo raggiunto non corrispondesse alle sue speranze, nè ai criteri per assicurare un buon funzionamento dell'unione, in caso di crisi. Sperava comunque, se ben ricordo, che tutti i partecipanti all'unione riuscissero ad arrivare rapidamente a un livello comparabile di efficienza economica, in modo di evitare le crisi. Il che non è stato. Non vedo perché si debba rinunciare a sollecitare chi ha le sue idee a provare a rilanciarle, in qualsiasi forza politica si trovi, prima che sia troppo tardi.

Risposto da Fabio Colasanti su 3 Marzo 2015 a 17:21 Paolo, ci sono due punti distinti in quello che dici. Il primo riguarda le regole dell'unione monetaria stessa. In tanti siamo delusi che non si sia potuto ottenere di più e che non ci siano regole più rigide (che tra l'altro avrebbero esautorato i parlamenti nazionali sui bilanci pubblici ed evitato molte crisi). Dobbiamo certo continuare a chiedere certe cose, ma non possimo partire dal presupposto che queste nostre richieste riguardino cose che ci sono state in qualche maniera "promesse" o che ci sono "dovute". Non è vero. L'altro è il fatto che noi siamo entrati nell'unione monetaria sapendo - almeno a livello di governo - che questo comportava una serie di obblighi che non abbiamo mai rispettato. Abbiamo permesso che le nostre esportazioni perdessero di competitività, abbiamo permesso che il nostro tasso di inflazione fosse più alto di quello dei nostri partner grazie al basso tasso di concorrenza nella nostra economia, non abbiamo riformato la nostra struttura produttiva, abbiamo permesso una corporativizzazione ancora più forte della società e non abbiamo sfruttato i quasi cinquanta miliardi all'anno di euro di risparmi sui tassi di interesse del debito pubblico per ridurre i disavanzi e il debito (ce li siamo letteralmente mangiati in spesa corrente). Per avere un minimo di credibilità per fare di nuovo le richieste sull'approfondimento dell'unione monetaria dovremo dimostrare di aver fatto prima i compiti a casa. Mario Monti ha scritto che certe richieste è meglio che non vengano dall'Italia o dagli altri paesi del sud-Europa. Anche se perfettamente giustificate, danno sempre l'impressione di essere dei meccanismi per evitare di dover fare i "compiti a casa". paolo logli ha detto: Mi aspettavo l'osservazione di Fabio, sempre improntata al massimo realismo. L'unione monetaria che si è creata è quella su cui si è trovato un accordo. Certo. Purtroppo non ho qui in montagna un libretto di Padoa Schioppa, dove avevo letto il suo dispiacere che l'accordo raggiunto non corrispondesse alle sue speranze, nè ai criteri per assicurare un buon funzionamento dell'unione, in caso di crisi. Sperava comunque, se ben ricordo, che tutti i partecipanti all'unione riuscissero ad arrivare rapidamente a un livello comparabile di efficienza economica, in modo di evitare le crisi. Il che non è stato. Non vedo perché si debba rinunciare a sollecitare chi ha le sue idee a provare a rilanciarle, in qualsiasi forza politica si trovi, prima che sia troppo tardi.

Risposto da Fabio Colasanti su 4 Marzo 2015 a 1:07

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Non sono mai stato molto impressionato dalle analisi di Marco Gallegati e mi chiedo quanto in questo articolo sia suo e quanto di Joseph Stiglitz. Ma il problema principale che l'articolo non fa altro che ripetere cose già discusse mille volte e alle quali non ci sono risposte. In più contiene una grossa corbelleria sull'effetto dei problemi strutturali sui tassi di crescita prima e dopo la crisi. Il prunto principale dell'articolo è che la creazione di un'unione monetaria tra paesi diversi è stata un errore. Può darsi. La creazione dell'unione monetaria mi ricorda tanto quello che si dice delle donne italiane quando si sposano: conoscono tutti i difetti dei loro futuri mariti, ma sono convinte di riuscire a cambiarli. In questo caso, la sposa – la classe politica italiana – non è riuscita a far perdere i difetti che lo sposo – l'economia italiana - aveva ben visibili. Che il passaggio ad un'unione monetaria fosse un errore è quello che i tedeschi e gli olandesi hanno ripetuto per anni durante tutto il processo di discussione del processo. Hanno insistito che l'unione monetaria era un errore di per se e che, in ogni caso, l'Italia e la Grecia non avrebbero dovuto parteciparvi. Ma nel 1998, l'88 per cento degli italiani era favorevole all'unione monetaria. Può legittimamente criticare la decisione di passare all'euro solo chi l'avesse criticata anche allora. Al di fuori dell'Europa il passaggio all'unione monetaria era criticato da tutti gli economisti conservatori - i liberisti - mentre i progressisti sono stati quasi tutti zitti. Non so che posizione abbia preso Stiglitz. Nel caso della Grecia sappiamo tutti che il paese nel 2010 era in fallimento. Senza l'intervento europeo i tagli di bilancio da fare sarebbero stati molto, ma molto maggiori di quelli che sono stati effettivamente fatti (l'austerità sarebbe stata molto maggiore). Grazie ai prestiti europei la Grecia ha potuto fare ancora 88 miliardi di euro di disavanzo nei cinque anni 2010-2014. I tagli rispetto ai disavanzi folli del periodo pre-crisi hanno comunque provocato una recessione molto forte. Per evitare questi tagli i paesi europei avrebbero dovuto prestare alla Grecia almeno altri 60/80 miliardi in più. Trovo francamente disonesto il presentare i tagli che ha dovuto fare la Grecia quasi come il risultato di una scelta politica libera tra varie alternative che si presentavano ai governi: per idiozia si è scelta l'austerità quando si sarebbe potuta fare una cosa diversa! Questa è la maniera disonesta come le cose vengono presentate da tanti. Nella stessa maniera tanti – come gli autori dell'articolo - sostengono che l'avanzo primario da chiedere oggi alla Grecia può essere più basso. Giustissimo, lo sostengo anch'io, ma è disonesto non ricordare che questo significa però nuovi prestiti alla Grecia ancora più alti di quelli di cui si discute al momento. Io sostengo la richiesta di un avanzo più basso, ma ricordo che tre punti di Pil di avanzo in meno signicano altri 6/7 miliardi di prestiti in più alla Grecia ogni anno. Non ricordare queste cifre e presentare la scelta come se fosse senza costi èdisonesto. Purtroppo l'informazione sul costo finanziario di un avanzo primario greco più basso non si trova nell'articolo di Gallegati e Stiglitz. E' vero che ci sono stati degli errori gravi di previsione e che le dimensioni della recessione non sono state previste correttamente. C'è stato – su iniziativa del FMI – un lungo dibattito tecnico sui "moltiplicatori" che spero porterà a previsioni migliori dovesse presentarsi un nuovo caso del genere. Rimane il dubbio se gli errori di previsione siano stati veri errori o il tentativo di far passare l'idea che con quello che i paesi comunque erano disposti a prestare le cose non sarebbero state catastrofiche. Chissà se avremo mai una risposta a questa domanda. Ma questo non cambia nulla al fatto che dei tagli del disavanzo greco di dimensioni minori (minore austerità) sarebbero stati possibili solo con una cifra di prestiti ben più alta di quella già record che abbiamo visto. Dove l'articolo sbaglia del tutto, cadendo nel pressappochismo è quando sostiene che i problemi strutturali che esistono da tempo non avrebbero bloccato la crescita prima della crisi. Un'affermazione del genere è dovuta a cattiva informazione o malafede. Nei cinque PIIGS che loro stessi citano, ce ne sono stati tre che hanno fatto un ricorso massiccio ad un aumento dell'indebitamento privato (Irlanda e Spagna) e uno a quello dell'indebitamento privato e soprattutto di quello pubblico (Grecia). Grazie all'aumento massiccio dell'indebitamento questi tre paesi hanno mascherato i loro problemi strutturali e ottenuto tassi di crescita nella media europea. Il Portogallo e l'Italia non hanno fatto ricorso all'indebitamento molto, ma molto meno degli altri paesi (anche se l'indebitamento privato è aumentato nei due paesi) e hanno registrato i tassi di crescita più bassi di tutta l'Unione europea (Italia ultima e Portogallo penultimo). I problemi strutturali c'erano già anche prima della crisi e hanno pesato fortemente sui risultati economici di tutti e cinque i PIIGS. Tutti e cinque questi paesi hanno perso competitività e hanno accumulato disavanzi esterni molto alti. Andare a fare qualche verifica delle cifre prima di sparare corbellerie è una cosa che anche un premio Nobel potrebbe fare.

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E per finire gli autori ci dicono che bisognerebbe "completare l'euro". Grazie del suggerimento, ma come? Sarebbe stato utile avessero indicato qualcosa di concreto. Ma forse non sono abbastanza generoso, qualche cosa di concreto la dicono: bisognerebbe mettere fine all'austerità!

Risposto da Giampaolo Carboniero su 4 Marzo 2015 a 12:13 Sandra, un altro comunista ignorante che non ha capito il "virtuoso" cammino di "questa" Europa; come si sa, i popoli europei non vogliono l'Unione politica, nemmeno una parvenza di essa, non vorrai che i governi della Finlandia, del Lussemburgo, del Belgio, della Lettonia, dell'Estonia, della Lituania contino meno di quelli dell'Italia, la Francia, la Germania, la Spagna? Scherzerai mica, vero? Ci vuole l'unanimità per cambiare e questi sicuramente non vogliono rinunciare alla "poltroncina" di turno. Sandra Del Fabro ha detto: Un altro punto di vista: euro, Europa, Grecia di Joseph Stiglitz La Grecia può salvare l’Europa? 02/03/2015 Chi pensava che l’euro non avrebbe potuto sopravvivere si è sbagliato. Ma i critici hanno ragione su una cosa: o ci sarà l'Europa politica - gli Stati uniti d'Europa - o non ci sarà l'euro. Un articolo del premio Nobel per l'economia, in collaborazione con Mauro Gallegati Secondo i dati economici più recenti, sia gli Stati Uniti che l’Europa stanno mostrando segnali di ripresa, anche se è presto per dichiarare la fine dalla crisi. Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea, il Pil pro capite è ancora inferiore al periodo precedente la crisi: un intero decennio perduto. Dietro alle fredde statistiche, ci sono vite rovinate, sogni svaniti e famiglie andate a pezzi (o mai formatesi), un futuro quanto mai precario per le generazioni più giovani, mentre la stagnazione – in Grecia la depressione – avanza anno dopo anno. L’Ue vanta persone di talento e con un alto grado di istruzione. I suoi Paesi membri contano su forti quadri giuridici e società ben funzionanti. Prima della crisi, la maggior parte aveva persino economie ben funzionanti. In alcuni Paesi, la produttività oraria – o il suo tasso di crescita – era tra le più alte del mondo. Ma l’Europa non è una vittima di errori altrui, come spesso si legge. Certo, l’America ha mal gestito la propria economia, ma il malessere dell’Ue è in massima parte auto-inflitto, a causa di una lunga serie di pessime decisioni di politica economica, a partire dalla creazione dell’euro. Sebbene l’intento sia stato quello di unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa: i Paesi più deboli (quelli che già nel 1980 in un lavoro per l’Ocse, Fuà individuava nei Paesi europei di più recente sviluppo – tutti con alta inflazione, dualismo territoriale, deficit della bilancia dei pagamenti e di bilancio pubblico, alta disoccupazione e notevole quota di economia sommersa - e che ora sono con malcelata arroganza indentificati come Piigs) sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. In assenza della volontà politica di creare istituzioni in grado di far funzionare una moneta unica - innanzi tutto una politica fiscale unica - nuovi danni si aggiungeranno ai danni già prodotti. Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera. La Grande Recessione deriva in parte dalla convinzione che il liberismo di mercato avrebbe riportato le economie su di un sentiero di crescita “adeguato”. Tali speranze si sono rivelate sbagliate non perché i Paesi dell’Ue non siano riusciti a realizzare le politiche prescritte, ma perché i modelli su cui hanno poggiato quelle politiche sono gravemente viziati. In Grecia, ad esempio, le misure intese a ridurre il peso debitorio hanno di fatto lasciato il Paese più indebitato di quanto non fosse nel 2010: il rapporto debito-Pil è aumentato a causa dello schiacciante impatto dell’austerità fiscale sulla produzione. Il Fondo monetario internazionale ha ammesso questi fallimenti politici e intellettuali. Verrà anche quel tempo per la Troika. Speriamo non, come si dice in Italia, “a babbo morto”. I leader europei restano convinti che la priorità debba essere la riforma strutturale. Ma i problemi che menzionano erano evidenti negli anni precedenti la crisi, e non avevano fermato la crescita allora. All’Europa serve più che una riforma strutturale all’interno dei Paesi membri. All’Europa serve una riforma della struttura dell’eurozona stessa, e l’inversione delle politiche di austerity, che non sono riuscite a riaccendere la crescita economica. Condividere una moneta unica costituisce ovviamente un problema poiché così facendo si rinuncia a due dei meccanismi di aggiustamento: i tassi di interesse e il cambio. Se si aderisce a una moneta unica, la rinuncia ad alcuni strumenti di politica economica può essere compensata sostituendoli però con qualcosa d'altro, come una politica fiscale comune e condivisione dei debiti, mentre ad oggi l'Europa non ha messo in campo altro che il fiscal compact. Serve un cambiamento strutturale dell'Eurozona se si vuole che l'euro possa sopravvivere: o ci sarà l'Europa politica

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(Stati Uniti d'Europa) o non ci sarà l'euro. Coloro che pensavano che l’euro non avrebbe potuto sopravvivere si sono ripetutamente sbagliati. Ma i critici hanno ragione su una cosa: a meno che non venga riformata la struttura dell’Eurozona, e fermata l’austerity, l’Europa non si riprenderà. Il dramma dell’Europa è ben lungi dall’essere concluso. Uno dei punti forza dell’Ue è la vitalità delle sue democrazie. Ma l’euro ha lasciato i cittadini – soprattutto nei Paesi in crisi – senza voce in capitolo sul destino delle loro economie. Gli elettori hanno ripetutamente mandato a casa i politici al potere, scontenti della direzione dell’economia – ma alla fine il nuovo governo continua sullo stesso percorso dettato da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Ma per quanto tempo può durare questa situazione? E come reagiranno gli elettori? In tutta Europa, abbiamo assistito a un’allarmante crescita di partiti nazionalistici estremi, mentre in alcuni Paesi sono in ascesa forti movimenti separatisti. E potranno le economie dei paesi periferici sopravvivere ad una unione monetaria incompleta e asimmetrica? Ora la Grecia sta ponendo un altro test all’Europa. Il calo del Pil greco dal 2010 è un fattore ben più grave di quello registrato dall’America durante la Grande Depressione degli anni ‘30. La disoccupazione giovanile è oltre il 50%. Il governo del primo ministro Alexis Tsipras ha ottenuto che venga abbandonato l’insano obiettivo – assunto dal precedente governo Samaras – di triplicare l’avanzo primario, anche recuperando parte dell’evasione fiscale. Forse Syriza aveva acceso aspettative diverse sul piano interno. Ma l’Europa tutta deve ora cogliere l’occasione greca per completare il disegno dell’euro. Il problema non è la Grecia. È l’Europa. Se l’Europa non cambia – se non riforma l’Eurozona e continua con l’austerity – una forte reazione sarà inevitabile. Forse la Grecia ce la farà questa volta. Ma questa follia economica non potrà continuare per sempre. La democrazia non lo permetterà. Ma quanta altra sofferenza dovrà sopportare l’Europa prima che torni a parlare la ragione? (in collaborazione con Mauro Gallegati) Fabio Colasanti ha detto: Paolo, ci sono due punti distinti in quello che dici. Il primo riguarda le regole dell'unione monetaria stessa. In tanti siamo delusi che non si sia potuto ottenere di più e che non ci siano regole più rigide (che tra l'altro avrebbero esautorato i parlamenti nazionali sui bilanci pubblici ed evitato molte crisi). Dobbiamo certo continuare a chiedere certe cose, ma non possimo partire dal presupposto che queste nostre richieste riguardino cose che ci sono state in qualche maniera "promesse" o che ci sono "dovute". Non è vero. L'altro è il fatto che noi siamo entrati nell'unione monetaria sapendo - almeno a livello di governo - che questo comportava una serie di obblighi che non abbiamo mai rispettato. Abbiamo permesso che le nostre esportazioni perdessero di competitività, abbiamo permesso che il nostro tasso di inflazione fosse più alto di quello dei nostri partner grazie al basso tasso di concorrenza nella nostra economia, non abbiamo riformato la nostra struttura produttiva, abbiamo permesso una corporativizzazione ancora più forte della società e non abbiamo sfruttato i quasi cinquanta miliardi all'anno di euro di risparmi sui tassi di interesse del debito pubblico per ridurre i disavanzi e il debito (ce li siamo letteralmente mangiati in spesa corrente). Per avere un minimo di credibilità per fare di nuovo le richieste sull'approfondimento dell'unione monetaria dovremo dimostrare di aver fatto prima i compiti a casa. Mario Monti ha scritto che certe richieste è meglio che non vengano dall'Italia o dagli altri paesi del sud-Europa. Anche se perfettamente giustificate, danno sempre l'impressione di essere dei meccanismi per evitare di dover fare i "compiti a casa". paolo logli ha detto: Mi aspettavo l'osservazione di Fabio, sempre improntata al massimo realismo. L'unione monetaria che si è creata è quella su cui si è trovato un accordo. Certo. Purtroppo non ho qui in montagna un libretto di Padoa Schioppa, dove avevo letto il suo dispiacere che l'accordo raggiunto non corrispondesse alle sue speranze, nè ai criteri per assicurare un buon funzionamento dell'unione, in caso di crisi. Sperava comunque, se ben ricordo, che tutti i partecipanti all'unione riuscissero ad arrivare rapidamente a un livello comparabile di efficienza economica, in modo di evitare le crisi. Il che non è stato. Non vedo perché si debba rinunciare a sollecitare chi ha le sue idee a provare a rilanciarle, in qualsiasi forza politica si trovi, prima che sia troppo tardi.

Risposto da Fabio Colasanti su 4 Marzo 2015 a 13:36

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Ancora un esempio della mancanza di "metodo" di cui alcuni fanno prova nelle nostre discussioni : il ricorso allo "scherno" quando gli argomenti mancano. Giampaolo Carboniero ha detto: Sandra, un altro comunista ignorante che non ha capito il "virtuoso" cammino di "questa" Europa; come si sa, i popoli europei non vogliono l'Unione politica, nemmeno una parvenza di essa, non vorrai che i governi della Finlandia, del Lussemburgo, del Belgio, della Lettonia, dell'Estonia, della Lituania contino meno di quelli dell'Italia, la Francia, la Germania, la Spagna? Scherzerai mica, vero? Ci vuole l'unanimità per cambiare e questi sicuramente non vogliono rinunciare alla "poltroncina" di turno.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 4 Marzo 2015 a 14:04 Stiglitz mi sembra "realista", ma evidentemente quando certi ragionamenti non coincidono con le opinioni, non vengono nemmeno presi in considerazione; come si può rispondere se il "realismo" funziona a fasi alterne e solo per confermare l'immobilismo? Fabio Colasanti ha detto: Ancora un esempio della mancanza di "metodo" di cui alcuni fanno prova nelle nostre discussioni : il ricorso allo "scherno" quando gli argomenti mancano. Giampaolo Carboniero ha detto: Sandra, un altro comunista ignorante che non ha capito il "virtuoso" cammino di "questa" Europa; come si sa, i popoli europei non vogliono l'Unione politica, nemmeno una parvenza di essa, non vorrai che i governi della Finlandia, del Lussemburgo, del Belgio, della Lettonia, dell'Estonia, della Lituania contino meno di quelli dell'Italia, la Francia, la Germania, la Spagna? Scherzerai mica, vero? Ci vuole l'unanimità per cambiare e questi sicuramente non vogliono rinunciare alla "poltroncina" di turno. Risposte a questa discussione

Risposto da Giampaolo Carboniero su 4 Marzo 2015 a 14:06 Una considerazione più generale https://manginobrioches.wordpress.com/2015/03/03/ma-la-colpa-e-dei-...

Risposto da Fabio Colasanti su 4 Marzo 2015 a 18:20 Sandra, giriamo in tondo. Quando siamo entrati nell'euro sapevamo perfettamente che non avremo avuto un sistema fiscale unico con trasferimenti di reddito tra paesi (che tra l'altro esistono in maniera piuttosto limitata anche tra Missouri e Oregon, eistono solo per l'indennità di disoccupazione federale che è pagata solo per qualche mese). Sulla creazione di meccanismi di trasferimento di questo genere c'era e c'è un blocco totale. Nessuno li accetterà mai. Non ci saranno mai trasferimenti di reddito dalla Finlandia verso la Grecia per compensare il disavanzo di bilancia dei pagamenti della Grecia. Non vedo chi possa immaginarlo. Anche in Italia abbiamo un disavanzo di bialncia dei pagamenti del sud verso il Nord. Abbiamo dei trasferimenti, ma come è mai possibile immaginare che questi siano replicati a livello europeo? Già abbiamo tutti i problemi che abbiamo per dei prestiti tra paesi e tu immagini si possa introdurre un sistema di trasferimenti correnti annui regolari per compensare l'inefficienza di alcuni paesi? Siamo entrati nell'unione monetaria sapendo bene cosa questo significava. Tutto era chiarissimo. Ho già scritto che forse questo è stato un errore. Ma accetto le critiche da chi abbia avuto la preveggenza di dire allora che non avremmo dovuto farlo. Quale è stata la tua posizione nel 1998? Eri tra l'88 per cento che era a favore del passaggio all'euro o eri tra il 12 per cento di chi considerava fosse un errore da non fare? Vorrei anche sapere quale sia stata la posizione di Stiglitz.

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Sandra Del Fabro ha detto: Non hai risposto puntualmente a queste affermazioni di Stiglitz (dove ci sono anche analisi di criticità e modi di risoluzione). Sebbene l’intento sia stato quello di unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa: i Paesi più deboli (quelli che già nel 1980 in un lavoro per l’Ocse, Fuà individuava nei Paesi europei di più recente sviluppo – tutti con alta inflazione, dualismo territoriale, deficit della bilancia dei pagamenti e di bilancio pubblico, alta disoccupazione e notevole quota di economia sommersa - e che ora sono con malcelata arroganza indentificati come Piigs) sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. In assenza della volontà politica di creare istituzioni in grado di far funzionare una moneta unica - innanzi tutto una politica fiscale unica - nuovi danni si aggiungeranno ai danni già prodotti. Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera.

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Marzo 2015 a 9:16 http://www.giornalettismo.com/archives/1747941/perche-fallito-ricat...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 5 Marzo 2015 a 18:06 grazie Laura per questo articolo che non avevo visto. Coondivido due considerazioni che l'euro doveva essere la conseguenza di un'unità poltica e non viceversa e che le tensioni economiche dell'area stanno risvegliando non solo un nuovo nazionalismo ma un peggioramento pericooso dei rapporti fra i Paesi europei. Sono convinto invece che per l'Italia sarebbe conveniente attuare le riforme strutturali e istituzionali necessarie per attuare il migliore utilizzo dei fattori produttivi migliorando la nostra genberale produttività e competitività ma nel segno della solidarietà , della redistribuzione delle ricchezze, della meritocrazia della lotta alla corruzione eriducendo la fetta di reddiito prodotto che premia la rendita. E' chiaro che fallire su questo progetto renderà inevitabile la strada dolorosa dell'uscita dall'euro. Perchè dolorosa ? Perchè un paese che non riesce a perseguire il progetto che accennavo prima dubito sia in grado di prendere misure di protezione nei confronti della perdita di potere d'acquisto dei ceti popolari. Oggi abbiamo del tempo prezioso da utilizzare . La debolezza tendenziale dell'euro migliore la competitività di tutte le impres europee nei confronti dei grandi mercati dei paesi emergenti e degli USA. Il ribasso del costo del petrolio favorisce noi che siamo un paese debitore. La nuova liquidità andrà a finire in qualche modo nel mercato azionario e nelle imprese o nei privati sostenendo in qualche modo la domanda. Non è il momento per uscire dall'euro ma al contrario per rafforzare il " Sistema Italia " che ha tutte le possibilità di utilizzare meglio le sue risorse. Quello che non trascina questo Paese è l'assenza di un disegno di maggiore solidarietà ed opportunità per tutti . Le riforme strutturali se fossero poste nel segno di una nuova società meritocratica, efficiente e solidale potrebbwero generare un clima Paese in grado di perseguire qualunque risultato. laura sgaravatto ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-17/i-sei-premi-nobel...

Risposto da Giuseppe Ardizzone su 5 Marzo 2015 a 18:10 Aggiungo che preferirei non fosse necessario uscire dall'euro per rialzare la testa . Molti , sempre più , se ne stanno convincendo . Soprattutto a sinistra non vedo un progetto preciso per un cambiamento della nostra società, per l'attuazione delle riforme strtturali ma nel segno del sostegno ai ceti popolari . Giuseppe Ardizzone ha detto:

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grazie Laura per questo articolo che non avevo visto. Coondivido due considerazioni che l'euro doveva essere la conseguenza di un'unità poltica e non viceversa e che le tensioni economiche dell'area stanno risvegliando non solo un nuovo nazionalismo ma un peggioramento pericooso dei rapporti fra i Paesi europei. Sono convinto invece che per l'Italia sarebbe conveniente attuare le riforme strtturali e istituzionali necessarie per attuare il migliore utilizzo dei fattori produttivi migliorando la nostra genberale produttività e competitività ma nel segno della solidarietà , della redistribuzione delle ricchezze, della meritocrazia della lotta alla corruzione eriducendo la fetta di reddiito prodotto che premia la rendita. E' chiaro che fallire su questo progetto renderà inevitabile la strada dsolorosa dell'uscita dall'euro. Perchè dolorosa ? Perchè un paese che non riesce a perseguire il progetto che accennavo prima dubito sia in grado di prendere misure di protezione nei confronti della perdita di potere d'acquisto dei ceti popolari. Oggi abbiamo del tempo prezioso da utilizzare . La debolezza tendenziale dell'euro migliore la competitività di tutte le impres europee nei confronti dei grandi mercati dei paesi emergenti e degli USA. Il ribasso del costo del petrolio favorisce noi che siamo un paese debitore. La nuova liquidità andrà a finire in qualche modo nel mercato azionario e nelel imprese o nei privati sostenendo in qualche modo la domanda. Non è il momento per uscire dall'euro ma al contrario per rafforzare il " Sistema Italia " che ha tutte le possibilità di utilizzare meglio le sue risorse. Quello che non trascina questo Pease è l'assenza di un disegno di maggiore solidarietà ed opportunità per tutti . Le riforme strtturali se fossero poste nel segno di una nuova società meritocratica , efficiente e solidale potrebbwero generare un clima Paese in grado di perseguire qualunque risultato. laura sgaravatto ha detto: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-17/i-sei-premi-nobel...

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Marzo 2015 a 18:48 Sandra, questa frase significa "trasferimenti di reddito come all'interno di un paese"; una politica fiscale che compensi con trasferimenti di reddito attraverso il bilancio statale le perdite di reddito dovute ai disavanzi di bilancia dei pagamenti ("esportazioni nette"). "Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera" Sandra Del Fabro ha detto: il brano che ho riportato non parla di "trasferimenti di reddito" Fabio Colasanti ha detto: Sandra, giriamo in tondo. Quando siamo entrati nell'euro sapevamo perfettamente che non avremo avuto un sistema fiscale unico con trasferimenti di reddito tra paesi (che tra l'altro esistono in maniera piuttosto limitata anche tra Missouri e Oregon, eistono solo per l'indennità di disoccupazione federale che è pagata solo per qualche mese). Sulla creazione di meccanismi di trasferimento di questo genere c'era e c'è un blocco totale. Nessuno li accetterà mai. Non ci saranno mai trasferimenti di reddito dalla Finlandia verso la Grecia per compensare il disavanzo di bilancia dei pagamenti della Grecia. Non vedo chi possa immaginarlo. Anche in Italia abbiamo un disavanzo di bialncia dei pagamenti del sud verso il Nord. Abbiamo dei trasferimenti, ma come è mai possibile immaginare che questi siano replicati a livello europeo? Già abbiamo tutti i problemi che abbiamo per dei prestiti tra paesi e tu immagini si possa introdurre un sistema di trasferimenti correnti annui regolari per compensare l'inefficienza di alcuni paesi? Siamo entrati nell'unione monetaria sapendo bene cosa questo significava. Tutto era chiarissimo. Ho già scritto che forse questo è stato un errore. Ma accetto le critiche da chi abbia avuto la preveggenza di dire allora che non avremmo dovuto farlo. Quale è stata la tua posizione nel 1998? Eri tra l'88 per cento che era a favore del passaggio all'euro o eri tra il 12 per cento di chi considerava fosse un errore da non fare? Vorrei anche sapere quale sia stata la posizione di Stiglitz. Sandra Del Fabro ha detto: Non hai risposto puntualmente a queste affermazioni di Stiglitz (dove ci sono anche analisi di criticità e modi di risoluzione).

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Sebbene l’intento sia stato quello di unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa: i Paesi più deboli (quelli che già nel 1980 in un lavoro per l’Ocse, Fuà individuava nei Paesi europei di più recente sviluppo – tutti con alta inflazione, dualismo territoriale, deficit della bilancia dei pagamenti e di bilancio pubblico, alta disoccupazione e notevole quota di economia sommersa - e che ora sono con malcelata arroganza indentificati come Piigs) sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. In assenza della volontà politica di creare istituzioni in grado di far funzionare una moneta unica - innanzi tutto una politica fiscale unica - nuovi danni si aggiungeranno ai danni già prodotti. Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 5 Marzo 2015 a 18:57 Come i medici medioevali che curavano i pazienti con i salassi https://sviluppofelice.wordpress.com/2015/03/05/i-dati-del-disastro...

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Marzo 2015 a 19:31 Sandra, sta tranquilla è come dico io. Se un paese ha un disavanzo di bilancia dei pagamenti (esportazioni nette negative), perde reddito. L'articolo si pone il problema di come restituire alle regioni il reddito che hanno perso. In inglese il termine fiscal policy viene utilizzato come sinonimo di "politica di bilancio". Una politica fiscale comune - il non farsi concorrenza sulle aliquote delle imposte - è una cosa importante, ma non c'entra nulla con i disavanzi di bilancia dei pagamenti che devono diventare come i disavanzi di bilancia dei pagamenti tra le regioni di uno stesso paese. Sandra Del Fabro ha detto: non mi pare proprio che dica questo l'articolo, parla di politica fiscale comune e che questo permetterebbe agli Stati europei di non danneggiarsi tra loro Fabio Colasanti ha detto: Sandra, questa frase significa "trasferimenti di reddito come all'interno di un paese"; una politica fiscale che compensi con trasferimenti di reddito attraverso il bilancio statale le perdite di reddito dovute ai disavanzi di bilancia dei pagamenti ("esportazioni nette"). "Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera" Sandra Del Fabro ha detto: il brano che ho riportato non parla di "trasferimenti di reddito" Fabio Colasanti ha detto: Sandra, giriamo in tondo. Quando siamo entrati nell'euro sapevamo perfettamente che non avremo avuto un sistema fiscale unico con trasferimenti di reddito tra paesi (che tra l'altro esistono in maniera piuttosto limitata anche tra Missouri e Oregon, eistono solo per l'indennità di disoccupazione federale che è pagata solo per qualche mese). Sulla creazione di meccanismi di trasferimento di questo genere c'era e c'è un blocco totale. Nessuno li accetterà mai. Non ci saranno mai trasferimenti di reddito dalla Finlandia verso la Grecia per compensare il disavanzo di bilancia dei pagamenti della Grecia. Non vedo chi possa immaginarlo. Anche in Italia abbiamo un disavanzo di bialncia dei pagamenti del sud verso il Nord. Abbiamo dei trasferimenti, ma come è mai possibile immaginare che questi siano replicati a livello europeo? Già abbiamo tutti i problemi che abbiamo per dei prestiti tra paesi e tu immagini si possa introdurre un sistema di trasferimenti correnti annui regolari per compensare l'inefficienza di alcuni paesi? Siamo entrati nell'unione monetaria sapendo bene cosa questo significava. Tutto era chiarissimo. Ho già scritto che forse questo è stato un errore. Ma accetto le critiche da chi abbia avuto la preveggenza di dire allora che non avremmo dovuto farlo. Quale è stata la tua posizione nel 1998? Eri tra l'88 per cento che era a favore del passaggio

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all'euro o eri tra il 12 per cento di chi considerava fosse un errore da non fare? Vorrei anche sapere quale sia stata la posizione di Stiglitz. Sandra Del Fabro ha detto: Non hai risposto puntualmente a queste affermazioni di Stiglitz (dove ci sono anche analisi di criticità e modi di risoluzione). Sebbene l’intento sia stato quello di unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa: i Paesi più deboli (quelli che già nel 1980 in un lavoro per l’Ocse, Fuà individuava nei Paesi europei di più recente sviluppo – tutti con alta inflazione, dualismo territoriale, deficit della bilancia dei pagamenti e di bilancio pubblico, alta disoccupazione e notevole quota di economia sommersa - e che ora sono con malcelata arroganza indentificati come Piigs) sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. In assenza della volontà politica di creare istituzioni in grado di far funzionare una moneta unica - innanzi tutto una politica fiscale unica - nuovi danni si aggiungeranno ai danni già prodotti. Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera.

Risposto da Fabio Colasanti su 5 Marzo 2015 a 23:46 Sandra, interpreta il testo come vuoi. Ma sono assolutamente sicuro che sbagli. Stiglitz parla di una cosa discussa per anni dagli economisti: come avere trasferimenti di bilancio per compensare gli squilibri di bilancia di pagamenti tra paesi che non possono più utilizzare la svalutazione per recuperare la competitività persa. Sandra Del Fabro ha detto: No, Stiglitz dice proprio questo: Una politica fiscale comune - il non farsi concorrenza sulle aliquote delle imposte - è una cosa importante Fabio Colasanti ha detto: Sandra, sta tranquilla è come dico io. Se un paese ha un disavanzo di bilancia dei pagamenti (esportazioni nette negative), perde reddito. L'articolo si pone il problema di come restituire alle regioni il reddito che hanno perso. In inglese il termine fiscal policy viene utilizzato come sinonimo di "politica di bilancio". Una politica fiscale comune - il non farsi concorrenza sulle aliquote delle imposte - è una cosa importante, ma non c'entra nulla con i disavanzi di bilancia dei pagamenti che devono diventare come i disavanzi di bilancia dei pagamenti tra le regioni di uno stesso paese. Sandra Del Fabro ha detto: non mi pare proprio che dica questo l'articolo, parla di politica fiscale comune e che questo permetterebbe agli Stati europei di non danneggiarsi tra loro Fabio Colasanti ha detto: Sandra, questa frase significa "trasferimenti di reddito come all'interno di un paese"; una politica fiscale che compensi con trasferimenti di reddito attraverso il bilancio statale le perdite di reddito dovute ai disavanzi di bilancia dei pagamenti ("esportazioni nette"). "Gli squilibri in Europa sono aggravati dalla divergenza nelle esportazioni nette, e solo una politica fiscale comune può far in modo che i flussi commerciali del Portogallo verso l’Olanda diventino simili a quelli dell’Oregon verso il Missouri o del Brandeburgo verso la Baviera" Sandra Del Fabro ha detto: il brano che ho riportato non parla di "trasferimenti di reddito" Fabio Colasanti ha detto: Sandra, giriamo in tondo. Quando siamo entrati nell'euro sapevamo perfettamente che non avremo avuto un sistema fiscale unico con trasferimenti di reddito tra paesi (che tra l'altro esistono in maniera piuttosto limitata anche tra Missouri e Oregon, eistono solo per l'indennità di disoccupazione federale che è pagata solo per qualche mese). Sulla creazione

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di meccanismi di trasferimento di questo genere c'era e c'è un blocco totale. Nessuno li accetterà mai. Non ci saranno mai trasferimenti di reddito dalla Finlandia verso la Grecia per compensare il disavanzo di bilancia dei pagamenti della Grecia. Non vedo chi possa immaginarlo. Anche in Italia abbiamo un disavanzo di bialncia dei pagamenti del sud verso il Nord. Abbiamo dei trasferimenti, ma come è mai possibile immaginare che questi siano replicati a livello europeo? Già abbiamo tutti i problemi che abbiamo per dei prestiti tra paesi e tu immagini si possa introdurre un sistema di trasferimenti correnti annui regolari per compensare l'inefficienza di alcuni paesi? Siamo entrati nell'unione monetaria sapendo bene cosa questo significava. Tutto era chiarissimo. Ho già scritto che forse questo è stato un errore. Ma accetto le critiche da chi abbia avuto la preveggenza di dire allora che non avremmo dovuto farlo. Quale è stata la tua posizione nel 1998? Eri tra l'88 per cento che era a favore del passaggio all'euro o eri tra il 12 per cento di chi considerava fosse un errore da non fare? Vorrei anche sapere quale sia stata la posizione di Stiglitz.

Risposto da Fabio Colasanti su 6 Marzo 2015 a 0:30 Come i cialtroni di oggi che non spiegano come si sarebbe potuta fare una politica diversa. E' facile fare una lista di tutte le conseguenze negative di quello che è successo senza dire nulla su quelle che erano le alternative possibili. Meno facile è spiegare da dove sarebbero dovuti venire i soldi che avrebbero permesso di non fare i tagli che sono stati fatti. Giampaolo Carboniero ha detto: Come i medici medioevali che curavano i pazienti con i salassi https://sviluppofelice.wordpress.com/2015/03/05/i-dati-del-disastro...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 6 Marzo 2015 a 1:43 Cialtroni erano quei medici, e cialtroni sono i medici o stregoni moderni che utilizzano il salasso senza preoccuparsi della salute del paziente; a quei metodi, lo si è visto poi, c'erano alternative, ai metodi moderni ci sono alternative, solo che manca la volontà di sperimentarle. ( Stiglitz, Keynes, e altri)

Risposto da Fabio Colasanti su 6 Marzo 2015 a 7:39 Giampaolo, puoi pensare quello che vuoi, ma ti è almeno chiaro che la matematica ci ricorda che: a) senza l'intervento europeo, la Grecia nel periodo 2010-2014 non avrebbe potuto avere gli 88 miliardi di disavanzi cumulati che ha avuto e avrebbe dovuto tagliare le spese pubbliche (o aumentare le tasse) in maniera corrispondente? e b) per fare meno tagli di quelli che sono stati fatti sarebbe stato necessario che i paesi europei prestassero varie decine di miliardi di euro in più? O pensi, come Sandra, che questi calcoli siano il risultato di una "matematica del profitto" diversa dalla matematica normale? Giampaolo Carboniero ha detto: Cialtroni erano quei medici, e cialtroni sono i medici o stregoni moderni che utilizzano il salasso senza preoccuparsi della salute del paziente; a quei metodi, lo si è visto poi, c'erano alternative, ai metodi moderni ci sono alternative, solo che manca la volontà di sperimentarle. ( Stiglitz, Keynes, e altri) Risposte a questa discussione

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Marzo 2015 a 1:12

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Sandra, tu dici che non si deve dividere il mondo "in virtuosi e cattivi". Ma come spieghi ai contribuenti dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania che dovranno aiutare la Grecia che ha un PIL-pro capite più alto del loro (che è quindi più ricca di loro)? Come spieghi ai contribuenti di un qualsiasi paese perché la Grecia debba avere oggi prestiti a condizioni molto migliori di quelle che si applicano al Portogallo? Come spieghi la situazione debitoria della Grecia ai contribuenti dei paesi baltici che hanno attraversato crisi profondissime - vedi la Lettonia - senza accumulare molto debito pubblico? Ci sono differenze di comportamenti. Come ci sono governi che amministrano bene, ci sono governi che amministrano male. Non si può ignorare la realtà. Sandra Del Fabro ha detto: In effetti hai ragione: l'illogicità estrema, il paradosso del funzionamento del sistema attuale lo dimostrano i fatti e le cifre stessi che esponi. Bisogna cambiare, quelle regole, quelle cifre non possono funzionare: creano disastri. Dividere il mondo in virtuosi e cattivi non porta da nessuna parte, se non alla guerra Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, puoi pensare quello che vuoi, ma ti è almeno chiaro che la matematica ci ricorda che: a) senza l'intervento europeo, la Grecia nel periodo 2010-2014 non avrebbe potuto avere gli 88 miliardi di disavanzi cumulati che ha avuto e avrebbe dovuto tagliare le spese pubbliche (o aumentare le tasse) in maniera corrispondente? e b) per fare meno tagli di quelli che sono stati fatti sarebbe stato necessario che i paesi europei prestassero varie decine di miliardi di euro in più? O pensi, come Sandra, che questi calcoli siano il risultato di una "matematica del profitto" diversa dalla matematica normale? Giampaolo Carboniero ha detto: Cialtroni erano quei medici, e cialtroni sono i medici o stregoni moderni che utilizzano il salasso senza preoccuparsi della salute del paziente; a quei metodi, lo si è visto poi, c'erano alternative, ai metodi moderni ci sono alternative, solo che manca la volontà di sperimentarle. ( Stiglitz, Keynes, e altri)

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Marzo 2015 a 1:58 Sandra, non farmi dire cose che non ho mai detto. Ma il tuo ripetere in continuazione e in maniera generica che "il sistema va cambiato" è una maniera di sfuggire alla discussione, di non prendere posizione su temi spinosi e di buttare la palla in tribuna. Siamo in una situazione dove, di fronte a realtà simili e di fronte allo stesso sistema finanziario internazionale alcuni paesi si sono indebitati di più e altri di meno. Quelli che si sono indebitati di più sono poi dovuti andare a chiedere l'aiuto degli altri. Non ti sembra ragionevole che chi interviene per aiutare il cugino che si è messo in difficoltà, o si trova in difficoltà, chieda di sapere come farà il beneficiario degli aiuti a non ritrovarsi nella stessa situazione di li a poco? Che c'entra questo con il sistema? Non ti sembra una reazione umana normale? Ma so già che mi risponderai che "bisogna cambiare il sistema", "bisogna cambiare gli uomini", "bisogna cambiare la natura umana", "bisogna cambiare il periodo di rotazione della Terra attorno al Sole" e finiremo li una discussione che non è mai cominciata perché tu non avrai mai preso posizione su di un solo punto concreto dei tanti che abbiamo sollevato da quanto questa discussione è stata aperta. Sandra Del Fabro ha detto: Non si deve ignorare che questa realtà non funziona così come è, tu stesso lo dici ponendoti le domande che hai scritto. Il sistema economico attuale non funziona, va to Fabio Colasanti ha detto: Sandra, tu dici che non si deve dividere il mondo "in virtuosi e cattivi". Ma come spieghi ai contribuenti dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania che dovranno aiutare la Grecia che ha un PIL-pro capite più alto del loro (che è quindi più ricca di loro)? Come spieghi ai contribuenti di un qualsiasi paese perché la Grecia debba avere oggi prestiti a condizioni

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molto migliori di quelle che si applicano al Portogallo? Come spieghi la situazione debitoria della Grecia ai contribuenti dei paesi baltici che hanno attraversato crisi profondissime - vedi la Lettonia - senza accumulare molto debito pubblico? Ci sono differenze di comportamenti. Come ci sono governi che amministrano bene, ci sono governi che amministrano male. Non si può ignorare la realtà. Sandra Del Fabro ha detto: In effetti hai ragione: l'illogicità estrema, il paradosso del funzionamento del sistema attuale lo dimostrano i fatti e le cifre stessi che esponi. Bisogna cambiare, quelle regole, quelle cifre non possono funzionare: creano disastri. Dividere il mondo in virtuosi e cattivi non porta da nessuna parte, se non alla guerra Fabio Colasanti ha detto: Giampaolo, puoi pensare quello che vuoi, ma ti è almeno chiaro che la matematica ci ricorda che: a) senza l'intervento europeo, la Grecia nel periodo 2010-2014 non avrebbe potuto avere gli 88 miliardi di disavanzi cumulati che ha avuto e avrebbe dovuto tagliare le spese pubbliche (o aumentare le tasse) in maniera corrispondente? e b) per fare meno tagli di quelli che sono stati fatti sarebbe stato necessario che i paesi europei prestassero varie decine di miliardi di euro in più? O pensi, come Sandra, che questi calcoli siano il risultato di una "matematica del profitto" diversa dalla matematica normale? Giampaolo Carboniero ha detto: Cialtroni erano quei medici, e cialtroni sono i medici o stregoni moderni che utilizzano il salasso senza preoccuparsi della salute del paziente; a quei metodi, lo si è visto poi, c'erano alternative, ai metodi moderni ci sono alternative, solo che manca la volontà di sperimentarle. ( Stiglitz, Keynes, e altri)

Risposto da Fabio Colasanti su 7 Marzo 2015 a 10:45 Un buon articolo di Federico Fubini. http://www.repubblica.it/economia/2015/03/07/news/i_compiti_di_tsip... Le due ottime misure che cita vanno nella direzione indicata dalla comunità internazionale che da tempo ha messo in evidenza il trattamento privilegiato accordato dai governi Papandreu e Samaras a tanti gruppi editoriali greci per ragioni clientelari. L'articolo contiene anche una dura critica del comportamento di Varoufakis. I corrispondenti a Bruxelles raccontano di un ministro ecofin che in un brefing riservato alla sua stampa nazionale avrebbe detto: "Se sei in ritardo il pagamento del mutuo sulla casa e hai chiesto un incontro con il direttore della tua banca per discutere della cosa, non aiuta molto cominciare l'incontro dando un pugno in faccia al direttore".

Risposto da giorgio varaldo su 7 Marzo 2015 a 21:53 Sandra anche i sassi hanno capito che sei contro l'attuale sistema economico e per la decrescita piu' o meno felice. Mi pare che chi ha idee come la tua sia una minoranza e non mi pare che nessuno degli esponenti PD neanche quelli di minoranza condivida questa le tue idee. A parte che non hai ancora spiegato cosa sia sta decrescita ( stiamo ancora aspettando la relazione sul convegno del 6 febbraio 2014 al quale aveva partecipato latouche) cosa ti aspetti dal PD in merito alla decrescita? Ma tornando alla discussione iniziale quando mai alexis tsipras ha parlato di decrescita?

Risposto da Ezio Ferrero su 7 Marzo 2015 a 22:48

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Se mettiamo insieme le tue diverse posizionisu inquinamento, paesaggio (immagino tu sia una delle persone che aborriscono le pale eoliche perchè deturpano e lo stesso dicasi per il fotovoltaico), sistema economico, totale uguaglianza dei membri della società, uso di soli prodotti locali etc. l'unica civiltà che mi viene in mente che rispettasse tutti insieme questi vincoli è quella Natufiana https://www.youtube.com/watch?v=SQtzwoOYrkE Sandra Del Fabro ha detto: sai benissimo che io sono per un sistema socio-economico diverso dall'attuale, non posso neanche io ripeterlo ogni volta. Non credo alla crescita come è oggi, all'indebitamento, penso a una società diversa da quella poco funzionante attualmente, sono per decrescita, l'ho detto tante volte Fabio Colasanti ha detto: Sandra, non farmi dire cose che non ho mai detto. Ma il tuo ripetere in continuazione e in maniera generica che "il sistema va cambiato" è una maniera di sfuggire alla discussione, di non prendere posizione su temi spinosi e di buttare la palla in tribuna. Siamo in una situazione dove, di fronte a realtà simili e di fronte allo stesso sistema finanziario internazionale alcuni paesi si sono indebitati di più e altri di meno. Quelli che si sono indebitati di più sono poi dovuti andare a chiedere l'aiuto degli altri. Non ti sembra ragionevole che chi interviene per aiutare il cugino che si è messo in difficoltà, o si trova in difficoltà, chieda di sapere come farà il beneficiario degli aiuti a non ritrovarsi nella stessa situazione di li a poco? Che c'entra questo con il sistema? Non ti sembra una reazione umana normale? Ma so già che mi risponderai che "bisogna cambiare il sistema", "bisogna cambiare gli uomini", "bisogna cambiare la natura umana", "bisogna cambiare il periodo di rotazione della Terra attorno al Sole" e finiremo li una discussione che non è mai cominciata perché tu non avrai mai preso posizione su di un solo punto concreto dei tanti che abbiamo sollevato da quanto questa discussione è stata aperta.

Risposto da Ezio Ferrero su 7 Marzo 2015 a 22:52 Sapete che sono piuttosto critico di Syriza e di molte delle sue francamente insostenibili posizioni. Ho trovato però condivisibile, almeno per quanto ne so, le tesi sostenute da Luigi Zingales sul sole24ore di oggi, anche se, come ben spiegato diverse volte da Fabio, l'unione politica è (purtroppo dico io) molto lontana. http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-03-07/solo-unio...

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 1:56 Trovo alcune cose giuste nel ragionamento di Luigi Zingales ed altre discutibili. Comincio con una precisazione sul ruolo del FMI. Zingales ha ragione che il FMI si sarebbe preoccupato di evitare quello che nel gergo è chiamata la "corsa verso la porta" (run for the exit), ossia una situazione dove i creditori privati cercano di sfruttare gli aiuti pubblici per farsi rimborsare i propri crediti e fuggire dalla crisi. Il FMI avrebbe raccomandato di operare un taglio del debito fin dall'inizio della crisi, con conseguenze pesanti per le banche soprattutto quelle francesi, tedesche e inglesi che erano le più esposte. Con esposizioni minori c'erano poi le banche americane, italiane e spagnole. Ma il FMI non avrebbe mai potuto gestire da solo un'operazione come quella che è stata fatta per la Grecia. I 50 miliardi che il FMI ga prestato alla Grecia sono stata l'operazione di dimensioni maggiori nella sua storia ed è stata criticata dagli altri paese (soprattutto dal Brasile) per essere stata un aiuto spropositato ad un piccolo paese europeo reso possibile dal fatto che gli europei hanno un peso esagerato nella struttura direttiva dell'organizzazione. Il totale dell'operazione "Grecia" è stato di quasi 230 miliardi. Se si fosse operato un taglio consistente del debito, forse si sarebbe ottenuto lo stesso risultato con 150 miliardi invece di 230, ma il FMI non avrebbe mai potuto mettere sul tavolo una cifra del genere. Per evitare poi il grado di "austerità che si è dovuto imporre, sarebbero stati necessari

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almeno altri 50 miliardi e quindi un'operazione "ben fatta" sarebbe stata comunque attorno ai 200 miliardi (impensabile per il FMI). E' chiaro che le decisioni prese – dare alla Grecia i soldi per rimborsare la totalità del suo prestito meno i 70 miliardi di haircut deciso a fine 2011 – hanno aiutato le banche. Ma, la domanda alla quale è difficile rispondere è: "quanto grosso era il rischio che tagliare il debito greco della metà potesse iniziare una serie di fallimenti a catena delle banche commerciale e provocare un "contagio" (aumento molto forte dei tassi di interesse dei titoli pubblici) in Spagna e Italia"? La BCE ha preso una posizione chiara a favore della difesa strenua del debito greco sostenendo che far saltare il "tabù" dell'impossibilità di un default di un paese dell'eurozona sarebbe stato molto pericoloso. So che la cosa è stata discussa tra i tecnici molte volte e che quasi nessuno si è espresso pubblicamente contro la posizione della BCE sostenendo che il rischio fosse gestibile. Si è poi deciso di cambiare linea alla fine del 2011, ma dopo che le banche erano state fortemente aiutato in molti paesi europei. Nonosstante questo rafforzamento del sistema bancario un certo contagio c'è stato. Noi lo abbiamo visto con la crisi sui nostri titoli (tassi di interesse a dici anni al 7.5 per cento quando la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda avevano gettato la spugna al 7 per cento) che ha portato alla lettera della BCE e alla sostituzione di Berlusconi con Mario Monti che prese immediatamente una serie di misure fiscali che hanno evitato il rischio di default, ma hanno fatto precipitare il paese nella recessione. A distanza di cinque anni, che possiamo dire sulla situazione di allora? Qualche settimana fa ho posto la domanda a Lorenzo Bini Smaghi - che era stato una dei portavoce della BCE sulla linea del non permettere un default – del giudizio che darebbe oggi della situazione di allora. È ancora del parere che si trattava di un rischio da non correre. Non ho una risposta mia indipendente, ma non credo che si possa dire – come fa Zingales citando Orphanides – che è chiaro si dovesse accettare il default fin dall'inizio. In ogni caso, non ricordo molte voci che a quei tempi abbiano esplicitamente sostenuto l'idea del default immediato. Trovo invece un "non sequitur" il ragionamento di Zingales sull'Unione politica e l'analogia con gli Stati Uniti. E' vero che gli Stati Uniti hanno risolto i loro problemi bancari in maniera rapida e questo ha permesso loro di riprendere a crescere prima degli altri. Ma questo c'entra poco o nulla con la gestione del debito greco. Gli Stati Uniti con i 700 miliardi del TARP, che hanno messo sul tavolo già nel 2008, hanno fatto pressioni fortissime sulle banche per obbligarle a riconoscere le perdite, a far pulizia nei loro bilanci e a accettare le perdite di capitale che questo ha comportato e ricapitalizzarsi o chiudere (o fondersi con altre banche). Gli Stati Uniti sono stati brutali con le loro banche, ma questo è stato fatto nell'interesse della nazione e il governo non si è comportato da "medico pietoso". E, tra l'altro, hanno già recuperato integralmente i 7000 miliardi prestati (con gli interessi) Gli europei hanno fatto operazioni analoghe per ben oltre 1000 miliardi di euro, ma senza imporre molto alle banche, senza obbligarle a riconoscere le perdite e a chiudere o ricapitalizzarsi. Questo è stato dovuto ai legami malsani tra politica e banche che esistono in Francia, Germania, Spagna e Italia (vedi i casi di Fondazioni e banche popolari). In ogni caso la massa enorme di miliardi prestati alle banche non è stata il risultato di decisioni comunitarie, ma di decisioni nazionali; non c'è un euro di fondi europei che sia andato alle banche. Gli stati nazionali, se avessero voluto, avrebbero potuto utilizzare i loro soldi come li hanno utilizzati gli americani. Visto poi che la linea "morbida" nei confronti delle banche è stata sostenuta da almeno Francia, Germania, Spagna e Italia, dubito che se la decisione fosse stata presa a livello europeo con procedure democratiche si sarebbe arrivati ad un risultato differente. Anzi, si sarebbe impedito al Regno Unito di essere duro con le banche come è effettivamente stato. In un Consiglio europeo (credo del 2012) abbiamo assistito ad una battaglia indegna dove David Cameron si è battuto per il diritto di imporre alle banche inglesi un coefficiente di capitali propri superiore a quello previsto dalla direttiva europea in discussione ! Questa è stata l'unica volta dove sono stato contento che David Cameron l'abbia spuntata (ma mi sono vergognato della posizione presa dalla Commissione europea e dagli altri grossi paesi dell'UNione europea). Ma anche nel caso del debito greco, non vedo cosa sarebbe cambiato nelle decisioni sul debito greco se avessimo avuto un'unione politica. Nel 2010 non siamo stati di fronte ad una situazione dove Francia e Germania hanno imposto una linea di azione che gli altri non volevano. Non ricordo nessun paese che abbia chiesto il default immediato della Grecia per ripartire meglio le perdite tra la Grecia e gli altri paesi. Al contrario, Portogallo, Spagna, Italia e forse altri paesi hanno tutti sostenuto l'idea dell'aiuto totale alla Grecia per evitare di essere investiti dal "contagio" in caso di default greco (e forse per creare un precedente in materia di aiuti che anche loro potessero poi utilizzare). La decisione di imporre poi il default parziale di 70 miliardi (decisione che secondo Zingales avrebbe dovuto essere presa già nel 2010) fu poi presa a fine 2011 da Sarkozy e dalla Merkel contro l'opinione degli altri paesi dell'eurozona. Questa decisione fu veramente considerata un'imposizione arbitraria. Si fosse stati in un'unione politica e si fossero prese le decisioni con procedure più democratiche forse il default parziale non ci sarebbe mai stato

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e si sarebbe presa la decisione opposta a quella che adesso Zingales considera la migliore. Quindi non vedo veramente cosa un'unione politica avrebbe potuto cambiare su questo punto; al contrario avrebbe forse portato alla continuazione della decisione iniziale del 2010. Dove l'unione politica avrebbe cambiato qualcosa avrebbe potuto essere nel prevenire la crisi. In un'Unione politica le decisioni di bilancio sarebbero state prese in maniera centralizzata e la Grecia non avrebbe mai potuto indebitarsi nella maniera in cui l'ha fatto. Rimango estremamente favorevole ad un'unione politica – che considero però quasi impossibile – ma si deve sostenerla con argomenti più convincenti. Quello avanzato da Zingales in questo articolo non mi sembra valere molto.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 11:47 Laura, L'articolo che" hai postato è del 2009 e la stato della California non è fallito. Anzi ha eletto un ex-governatore democratico, Jerry Brown già governatore dal 1975 al 1983, che ha messo in opera varie misure di austerità che per il momento hanno ridotto fortemente il rischio di un fallimento. Ma l'articolo solleva indirettamente altre questioni interessanti. Negli Stati Uniti non è previsto un intervento dello stato federale per salvare la California dal default. Quindi anche in uno stato federale come gli Stati Uniti non ci sono regole che obblighino lo stato federale (ossia gli altri stati) a venire in aiuto di uno stato (paese) in difficoltà. Eppure nell'Unione europea, che è ben più lontana da un'unione politica degli Stati Uniti, non solo siamo intervenuti nonostante il Trattato non lo prevedesse, ma abbiamo anche creato un fondo "Salvastati" per intervenire di nuovo in futuro. Questo pone il problema del "rischio morale". Negli Stati Uniti grosse città (spesso molto più grandi di tanti stati) sono fallite: per esempio, New York e, recentemente, Detroit. Questo obbliga gli elettori ad eleggere persone che cerchino di risanare la situazione per evitare i fallimenti. Se ci fosse una promessa di un intervento federale, gli elettori sarebbero spinti nella stessa maniera ad eleggere persone responsabili che risanino la situazione? Che risposta diamo a questa domanda? Se invece si sceglie la via del salvataggio da parte degli altri stati (come stiamo facendo in Europa), non è logico che questa via si accompagni a limiti imposti dall'insieme degli stati alle avventure di bilancio delle entità che potrebbero essere salvate? Si tratterebbe di un comportamento simile a quello seguito dalle compagnie di assicurazione: ti assicuro contro il furto, ma tu metti il sistema di allarme; ti assicuro contro l'incendio, ma tu fai controllare la caldaia ogni anno, ecc. Se si trova questa maniera di agire logica, come si può essere contro il principio del "Fiscal Compact"? Vorrei potessimo tutti discutere di queste domande molto importanti. La discussione e i punti fermi che ne potrebbero emergere ci darebbero dei punti di riferimento per le valutazioni di quello che succede in Grecia e in altri paesi in questi mesi. Vorrei sentire soprattutto le opinioni dei tanti amici che ci hanno raggiunto negli ultimi mesi.

Risposto da giorgio varaldo su 8 Marzo 2015 a 12:16 Su ANSA dichiarazione di varoufakis "senza si UE pronti a referendum sull 'euro". Perfetto avanti cosi'. Vedremo quale sara' il responso delle urne.

Risposto da paolo logli su 8 Marzo 2015 a 12:28

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Non mi sembra accettabile proporre un "salvataggio da parte degli altri stati"; meglio trovare un sistema per cui é un'autorità esterna agli stati che interviene, in base a certi criteri accettati da tutti. Inoltre, prima di pensare all'assicurazione, mi sembra necessario ripensare a un sistema che cerchi di evitare questi problemi. Basta mettersi nei panni di una compagnia d'assicurazione! So che si tratta di obbiettivi oggi difficilmente realizzabili, ma l'importante è cominciare a pensarci presto. Fabio Colasanti ha detto: Laura, L'articolo che" hai postato è del 2009 e la stato della California non è fallito. Anzi ha eletto un ex-governatore democratico, Jerry Brown già governatore dal 1975 al 1983, che ha messo in opera varie misure di austerità che per il momento hanno ridotto fortemente il rischio di un fallimento. Ma l'articolo solleva indirettamente altre questioni interessanti. Negli Stati Uniti non è previsto un intervento dello stato federale per salvare la California dal default. Quindi anche in uno stato federale come gli Stati Uniti non ci sono regole che obblighino lo stato federale (ossia gli altri stati) a venire in aiuto di uno stato (paese) in difficoltà. Eppure nell'Unione europea, che è ben più lontana da un'unione politica degli Stati Uniti, non solo siamo intervenuti nonostante il Trattato non lo prevedesse, ma abbiamo anche creato un fondo "Salvastati" per intervenire di nuovo in futuro. Questo pone il problema del "rischio morale". Negli Stati Uniti grosse città (spesso molto più grandi di tanti stati) sono fallite: per esempio, New York e, recentemente, Detroit. Questo obbliga gli elettori ad eleggere persone che cerchino di risanare la situazione per evitare i fallimenti. Se ci fosse una promessa di un intervento federale, gli elettori sarebbero spinti nella stessa maniera ad eleggere persone responsabili che risanino la situazione? Che risposta diamo a questa domanda? Se invece si sceglie la via del salvataggio da parte degli altri stati (come stiamo facendo in Europa), non è logico che questa via si accompagni a limiti imposti dall'insieme degli stati alle avventure di bilancio delle entità che potrebbero essere salvate? Si tratterebbe di un comportamento simile a quello seguito dalle compagnie di assicurazione: ti assicuro contro il furto, ma tu metti il sistema di allarme; ti assicuro contro l'incendio, ma tu fai controllare la caldaia ogni anno, ecc. Se si trova questa maniera di agire logica, come si può essere contro il principio del "Fiscal Compact"? Vorrei potessimo tutti discutere di queste domande molto importanti. La discussione e i punti fermi che ne potrebbero emergere ci darebbero dei punti di riferimento per le valutazioni di quello che succede in Grecia e in altri paesi in questi mesi. Vorrei sentire soprattutto le opinioni dei tanti amici che ci hanno raggiunto negli ultimi mesi.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 12:53 Paolo, giusto. Ma un'autorità esterna sarebbe sempre un'autorità dove le decisioni sono prese dagli stati membri. Nel FMI le decisioni sono prese dagli stati membri che votano nel suo Executive Board. Se avessimo un fondo monetario europeo (direzione nella quale dovrebbe andare il fondo salvastati) le decisioni fondamentali sarebbero sempre prese da un consiglio di amministrazione dove siederebbero tutti gli stati dell'eurozona (come del resto succede nella Banca centrale). O vedi altre possibilità? E' giusto quello che dici sulla necessità di criteri accettati da tutti per evitare la discrezionalità e il rischio di due pesi, due misure. Ma i criteri accetttati da tutti sarbbero inevitabilmente del tipo di quelli di Maastricht. Per quanto riguarda il prevenire le crisi, questo era proprio il compito delle regole di Maastricht - per con tutta la loro arbitrarietà - rafforzate negli ultimi anni e codificate poi nel "Fiscal Compact". Per questo io avevo posto la domanda retorica sulle basi per opporsi al principio (non ai dettagli tecnici che sono certo discutibili) del "Fiscal Compact". Puoi immaginare dei rafforzamenti ulteriori? Per esempio, la possibilità che il consiglio dell'Unione europea blocchi l'entrata in vigore della legge di bilancio di un paese perché troppo spendacciona? Nel caso della Grecia c'è poi stato il problema della veridicità dei conti. Adesso Eurostat ha ricevuto l'autorità per fare delle verifiche che prima non poteva fare (perché Regno Unito, Germania e Francia le consideravano lesive della loro dignità). Speriamo bene.

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Il problema attorno al quale giriamo è che da un lato vorremmo tutti evitare le crisi; ma questo significa politiche di bilancio prudenti e regole del tipo di quelle di Maastricht. Dall'altro, regole di questo genere possono essere o insufficienti o troppo restrittive. Nel 2011 il governo Monti ha preso le misure che ha preso non per rispettare i criteri di Maastricht, che rispettavamo anche allora più o meno come oggi, ma per evitare una crisi sui mercati. Mentre oggi le stesse regole appaiono eccessivamente restrittive. paolo logli ha detto: Non mi sembra accettabile proporre un "salvataggio da parte degli altri stati"; meglio trovare un sistema per cui é un'autorità esterna agli stati che interviene, in base a certi criteri accettati da tutti. Inoltre, prima di pensare all'assicurazione, mi sembra necessario ripensare a un sistema che cerchi di evitare questi problemi. Basta mettersi nei panni di una compagnia d'assicurazione! So che si tratta di obbiettivi oggi difficilmente realizzabili, ma l'importante è cominciare a pensarci presto.

Risposto da paolo logli su 8 Marzo 2015 a 13:56 I federalisti - e spero non solo loro - apprezzeranno l'articolo di fondo di oggi del Sole24ore, scritto da G.Rossi, "All'Europa non serve l'egoismo degli Stati" e anche la pagina del "Solejunior" dei Galimberti. Risposte a questa discussione

Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Marzo 2015 a 19:11 Il problema è sempre il solito: una democrazia azzoppata da trattati insensati, guardate la tabella seguente: http://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro Nel caso fosse applicato il principio democratico della maggioranza Francia, Germania, Grecia, Italia e Spagna farebbero votare c.ca 270 Mln. di persone; tutti gli altri paesi dell'eurozona assommano c.ca 70 Mln. Ammettendo che si andasse a votare con regole normali in tutto il mondo occidentale i 4 paesi maggiori più la Grecia potrebbero disporre di un bacino elettorale quasi 4 volte maggiore degli altri paesi. E non volete che nei paesi maggiori non si diffonda delusione, inquietudine, rifiuto?

Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Marzo 2015 a 19:24 James Galbraith: http://www.nuovatlantide.org/galbraith-il-piano-di-varoufakis-funzi...

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 19:31 Giampaolo, continui ad ignorare un punto fondamentale: che la cosa ti piaccia o no, in questo mondo la sovranità è negli stati nazionali. Tutte le forme di collaborazione che si vogliono sviluppare (ONU, Unione europea e altre) sono basate sull'adesione volontaria dei paesi. Se i piccoli paesi dell'eurozona non accettano la volontà di quelli grandi, che fai, mandi i carri armati? AllONU modifichiamo il sistema di voto per renderlo proporzionale alla popolazione (per memoria la Cina ha 1.39 miliardi di abitanti e l'India 1.27)? Ti sembra sensato? La tua accusa di "democrazia azzoppata" perché a livello internazionale non si rispetterebbe il principio di "un uomo, un voto", non ha alcun senso. Giampaolo Carboniero ha detto: Il problema è sempre il solito: una democrazia azzoppata da trattati insensati, guardate la tabella seguente:

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http://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro Nel caso fosse applicato il principio democratico della maggioranza Francia, Germania, Grecia, Italia e Spagna farebbero votare c.ca 270 Mln. di persone; tutti gli altri paesi dell'eurozona assommano c.ca 70 Mln. Ammettendo che si andasse a votare con regole normali in tutto il mondo occidentale i 4 paesi maggiori più la Grecia potrebbero disporre di un bacino elettorale quasi 4 volte maggiore degli altri paesi. E non volete che nei paesi maggiori non si diffonda delusione, inquietudine, rifiuto?

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 19:38 Le discussioni con la Grecia stanno andando male. Ci sono responsabilità da entrambi i lati, ma per me il grosso viene dal lato di Syriza. Qui non critico tanto il contenuto delle loro richieste immediate. Mi sembra assolutamente ragionevole – e penso che lo ritengano anche la maggior parte dei ministri delle finanze europei – che si debba essere meno ambiziosi in termini di avanzo primario da ottenere nei prossimi anni e che le disponibilità rese disponibili da questa degli obiettivi debbano andare in spese sociali. Ma Syriza ha fatto di tutto per irritare i partner con comportamenti, dichiarazioni e annunci provocatori. Il governo di Syriza si sente ancora in campagna elettorale o, come Lauro aveva scritto, nella prima fase di un negoziato da bazar balcanico quando è ancora appropriato strillare e far finta di disprezzare la cosa che si vuole comprare. Le responsabilità di alcuni ministri europei è in alcune reazioni dure – perfettamente comprensibili sul piano personale (anche il Papa ha parlato di dare un pugno a chi ti insulta) - ma che devono passare in secondo piano in un negoziato dove è sono in gioco cose importantissime. http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/fubini-le-critiche-di... http://www.repubblica.it/economia/2015/03/08/news/grecia_draghi_bce...

Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Marzo 2015 a 19:39 E io continuo a ripeterlo: con gli stati nazionali l'Europa non si farà mai! Guarda che non sono io a definirla Unione Europea; senza ipocrisia, dovremmo chiamarla Organizzazione di Stati Europei, senza ambiguità, utile solo per il popolo bue, che è perfino andato a votare per il presidente della commissione.

Risposto da Fabio Colasanti su 8 Marzo 2015 a 19:46 Allora facci una croce sopra perché gli stati nazionali ci sono e nessuno li eliminerà (ci avevano provato Napoleone e Hitler, ma non credo che ci sia qualcuno che voglia riprendere questa strada). Giampaolo Carboniero ha detto: E io continuo a ripeterlo: con gli stati nazionali l'Europa non si farà mai! Guarda che non sono io a definirla Unione Europea; senza ipocrisia, dovremmo chiamarla Organizzazione di Stati Europei, senza ambiguità, utile solo per il popolo bue, che è perfino andato a votare per il presidente della commissione.

Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Marzo 2015 a 19:47 Non capisco allora perchè si chiami Unione Europea e non Organizzazione di Stati Europei, non sarebbe meno ambiguo? Il popolo bue è andato perfino a votare per il presidente della commissione, una gran presa in giro. Sei con Renzi contro l'immobilismo del parlamento italiano e le sue tempistiche; in cosa sono diverse le tempistiche della governance europea? Va tutto bene, tanto, per i ritardi e le loro conseguenze nell'affrontare le emergenze, paga il solito pantalone, raccontandogli le solite storielle, diversificate opportunamente?

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Risposto da Giampaolo Carboniero su 8 Marzo 2015 a 19:48 Cosa intendi? Che non ne devo più parlare? Fabio Colasanti ha detto: Allora facci una croce sopra. Giampaolo Carboniero ha detto: E io continuo a ripeterlo: con gli stati nazionali l'Europa non si farà mai! Guarda che non sono io a definirla Unione Europea; senza ipocrisia, dovremmo chiamarla Organizzazione di Stati Europei, senza ambiguità, utile solo per il popolo bue, che è perfino andato a votare per il presidente della commissione.

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Marzo 2015 a 7:10 Un buon articolo che conferma il mio commento di ieri sera sulle cause principali delle difficoltà dei negoziati in corso. Gli ostacoli del negoziato sulla Grecia e il ruolo (ingombrante) di Varoufakis Di Danilo Taino. Il Corriere della Sera - 9 marzo 2015. Il dialogo tra il ministro ellenico e i colleghi europei è difficile. La ricerca di un «cambio di regime» Non è una trattativa come le precedenti, quella tra il nuovo governo greco e l’Eurogruppo. È strutturalmente più difficile e oggi che riprende ne avremo probabilmente la conferma. Da un lato ci sono i partner della zona euro che si focalizzano sulla situazione economica e finanziaria, che è quello di cui possono occuparsi quando devono decidere un piano di aiuti a un Paese. Dall’altro c’è l’esecutivo guidato da Alexis Tsipras che si muove con un obiettivo che si può definire di regime change , che egli ritiene legittimato dalla vittoria elettorale del 25 gennaio e dai consensi in crescita. A questa divergenza di approcci, che rende il negoziato estremamente complicato, si aggiungono incomprensioni tra i protagonisti - cioè i ministri finanziari- al di sopra della norma. Ieri - vigilia di una riunione importante che dovrebbe iniziare con la discussione di sette proposte di riforma presentate da Atene - le difficoltà sono già riemerse. C’è stata discussione su un’intervista rilasciata al Corriere dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, nella quale parlava tra l’altro della possibile reazione del suo governo nel caso l’Eurozona rifiutasse i progetti di Atene e nella quale criticava l’approccio «disciplinante» della Banca centrale europea verso Atene in questa fase. E il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, è intervenuto per sostenere che la lista delle riforme che Varoufakis ha spedito all’Eurogruppo «è lontana dall’essere completa». Già una prima lettera di impegni del governo ellenico era stata oggetto di lunghe trattative e di correzioni prima di essere accettata dai ministri finanziari dell’Eurozona il 20 febbraio. Il modello ora sembra ripetersi. In questa cornice, è importante stabilire chi ha la legittimità di fare cosa. Di base, l’Eurozona può mettere una serie di condizioni ai piani di aiuti finanziari che sostiene: in termini di controllo delle finanze pubbliche, affinché l’equilibrio dell’euro non venga sbilanciato, e in termini di riforme, affinché un Paese contribuisca in modo positivo e non da palla al piede alla creazione di ricchezza per l’intera area euro. La sua azione si ferma lì. Se poi la Grecia vota un partito, Syriza, che dice di volere cambiare tutto nel Paese - comprensibilmente, visto come è stato gestito anche dopo la caduta della dittatura dei colonnelli nel 1974 - quello è ovviamente un fatto dei greci. E ovviamente Syriza, che ha vinto le elezioni, ha la legittimità di fare i cambiamenti che ha promesso: se non destabilizzano il resto dell’Eurozona. Al momento, non sembra che questi limiti politici e di legittimità siano rispettati: ciò rischia di provocare conseguenze gravi. Soprattutto, il governo di Atene dà l’impressione - qualche volta lo dichiara - di volere un regime change non solo in Grecia ma anche nel resto d’Europa, cioè l’abbandono delle politiche che 18 membri dell’Eurozona su 19 sostengono. In questo irritando non solo la Germania ma anche Irlanda, Portogallo e Spagna che gli impegni presi in Europa li

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hanno rispettati e li stanno rispettando e quei Paesi dell’Est europeo che sono più poveri (pro capite) della Grecia e non vorrebbero mettere a rischio il denaro di loro cittadini su progetti di aiuto non solidi. Sull’altro versante, non sempre c’è la percezione della portata della sfida politica aperta in Grecia dalle elezioni del 25 gennaio, che va dalla ricostruzione di un sistema fiscale capace di raccogliere le tasse alla creazione di un senso civico affievolito, dalla corruzione allo sradicamento della lottizzazione e del nepotismo prevalenti in una classe dirigente greca spesso irresponsabile. Ci sono dunque due domande. È in grado Syriza di fare questo cambiamento nella cornice dell’Eurozona e senza assistenzialismi (altrimenti tutto va avanti come prima)? E come può l’Eurozona aiutarla a ricostruire il Paese? Senza definire questi confini, i negoziatori rimarranno su terreni diversi. A questo si aggiunge la questione Varoufakis. Non è un mistero che tra il ministro delle Finanze greco e alcuni dei suoi colleghi dell’Eurogruppo la chimica non funzioni. Vale per il tedesco Wolfgang Schäuble, che più volte si è irritato per i modi a tratti arroganti di Varoufakis. Vale per lo spagnolo Luis de Guindos, che non ha intenzione di vanificare nel nome di Syriza gli sforzi di riforma fatti da Madrid. E vale per altri che non hanno apprezzato il Varoufakis che nelle riunioni fa l’economista e non il politico. Il rapporto del ministro ellenico con Mario Draghi, d’altra parte, è «formale» per sua ammissione. E indiscrezioni — solo indiscrezioni - dicono che lo stesso Tsipras non apprezzi fino in fondo i modi e la dialettica del suo ministro. Oggi riprendono i negoziati a Bruxelles. Tutte queste tensioni saranno al lavoro. PS. L’intervista pubblicata ieri dal Corriere a Varoufakis ha aperto la questione di un eventuale referendum che il governo ellenico potrebbe decidere di tenere se ricevesse risposte negative alle sue proposte di contratto per la crescita. Referendum sull’euro o no? Ogni referendum indetto in Grecia come reazione a un no di Bruxelles sarebbe un referendum su euro sì/euro no. Qualsiasi nome gli si volesse dare. Lo sa il governo di Atene e lo sa il ministro Varoufakis. Danilo Taino E, in più, http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-08/grecia-referendum-s...

Risposto da Cristina Favati su 9 Marzo 2015 a 10:07 http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-08/grecia-referendum-s... http://www.repubblica.it/economia/2015/03/08/news/grecia_draghi_bce...

Risposto da Fabio Colasanti su 9 Marzo 2015 a 10:59 Questa è la lettera che il governo greco ha inviato all'Eurogruppo e della quale si parlerà oggi. Contiene sette misure. Nell'insieme si tratta di un programma piuttosto leggero. Trovo la prime due misure importanti e l'ultima – le misure umanitarie – assolutamente necessaria. Il resto lascia piuttosto perplesso. Una misura - per quanto giustificata - non avrà nessun impatto di bilancio (quella sulla richiesta di informazioni) e le altre consistono nella generica premessa di fare di più per lottare contro l'evasione fiscale e la previsione di incasso di 500 milioni attraverso l'autorizzazione dei giochi on line (da parte di un governo di sinistra?). Le prime due riguardano le procedure di bilancio greche. Viene accelerata e rafforzata la creazione di un organismo già previsto dal governo precedente ("Conisglio fiscale" o "Consiglio per la responsabilità fiscale") che dovrebbe valutare i bilanci greci, la loro credibilità e dovrebbe perfino valutare il costo dei programmi elettorali dei partiti. Vengono anche rafforzate le procedure di bilancio. La terza misura – quella che ha fatto un po' sorridere – è quella del rafforzamento della lotta contro l'evasione fiscale assumendo – per non più di due mesi – "aiutanti esterni", compresi studenti e turisti. La quarta riguarda le tasse non riscosse. Secondo il governo greco le tasse accertate, notificate e non riscosse ammontano a 76 miliardi ! Ma secondo il governo, di questa enorme cifra solo 8.9 miliardi rappresentano tasse che

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pososno ancora essere incassate. Il governo spera di riuscire ad incassare una parte di questi soldi attraverso un sistema di sconti graduati sulle penalità per il ritardato pagamento. La quinta riguarda l'autorizzazione dei giochi in linea che dovrebbe fruttare un incasso erariale di 500 milioni all'anno. La sesta riguarda l'obbligo imposto al settore pubblico di non chiedere ai cittadini informazioni che il settore pubblico ha già. La settima contiene una serie di misure per alleviare la povertà più estrema. Queste misure dovrebbero costare 200 milioni all'anno da recuperare attraverso tagli alle spese dei ministeri e risparmi negli acquisti. Allegati:

Letter of the Greek government March 2015.pdf, 3.5 MB

Risposto da Ezio Ferrero su 9 Marzo 2015 a 12:55 Un commento "pepato" alla lettera del governo greco http://noisefromamerika.org/articolo/lettera-tragicomica-governo-greco Fabio Colasanti ha detto: Questa è la lettera che il governo greco ha inviato all'Eurogruppo e della quale si parlerà oggi. Contiene sette misure. Nell'insieme si tratta di un programma piuttosto leggero. Trovo la prime due misure importanti e l'ultima – le misure umanitarie – assolutamente necessaria. Il resto lascia piuttosto perplesso. Una misura - per quanto giustificata - non avrà nessun impatto di bilancio (quella sulla richiesta di informazioni) e le altre consistono nella generica premessa di fare di più per lottare contro l'evasione fiscale e la previsione di incasso di 500 milioni attraverso l'autorizzazione dei giochi on line (da parte di un governo di sinistra?). Le prime due riguardano le procedure di bilancio greche. Viene accelerata e rafforzata la creazione di un organismo già previsto dal governo precedente ("Conisglio fiscale" o "Consiglio per la responsabilità fiscale") che dovrebbe valutare i bilanci greci, la loro credibilità e dovrebbe perfino valutare il costo dei programmi elettorali dei partiti. Vengono anche rafforzate le procedure di bilancio. La terza misura – quella che ha fatto un po' sorridere – è quella del rafforzamento della lotta contro l'evasione fiscale assumendo – per non più di due mesi – "aiutanti esterni", compresi studenti e turisti. La quarta riguarda le tasse non riscosse. Secondo il governo greco le tasse accertate, notificate e non riscosse ammontano a 76 miliardi ! Ma secondo il governo, di questa enorme cifra solo 8.9 miliardi rappresentano tasse che pososno ancora essere incassate. Il governo spera di riuscire ad incassare una parte di questi soldi attraverso un sistema di sconti graduati sulle penalità per il ritardato pagamento. La quinta riguarda l'autorizzazione dei giochi in linea che dovrebbe fruttare un incasso erariale di 500 milioni all'anno. La sesta riguarda l'obbligo imposto al settore pubblico di non chiedere ai cittadini informazioni che il settore pubblico ha già. La settima contiene una serie di misure per alleviare la povertà più estrema. Queste misure dovrebbero costare 200 milioni all'anno da recuperare attraverso tagli alle spese dei ministeri e risparmi negli acquisti.