la crisi dei fondamenti della matematica

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Edoardo Legnaro VF Approfondimento d’esame LA CRISI DEI FONDAMENTI DELLA MATEMATICA 1 Kant Euclide Fondamento Nascita geometriee non- Crisi del criterio Necessità di fondare le conoscenze Logicism la logica come possibile fondamento Antinomia di Intuizionis Recupero Formalismo Fondare la matematica su un Il teorema di Matematica = Sintassi del

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La nascita delle geometrie non-euclidee nella prima metà del XIX secolo mette in crisi il criterio di evidenza, ritenuto garanzia di verità e coerenza di una teoria. Si pone dunque la necessità di dare una giustificazione assoluta della validità delle proposizioni matematiche, e le scuole che si prefiggono tale obiettivo sono formalismo, logicismo e intuizionismo. Tuttavia, Kurt Gödel nel 1931 arriverà a dimostrare l’incompletezza di tutta la matematica, e questo determinerà il fallimento di tali aspirazioni. Inoltre, nelle intenzioni di Gödel, questo risultato matematico risolveva il dibattito filosofico tra platonisti e antiplatonisti poiché l’autore intendeva tale dimostrazione come fondazione del platonismo.

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Edoardo Legnaro VF Approfondimento d’esame

LA CRISI DEI FONDAMENTI DELLA MATEMATICA

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Kant

Euclide

Fondamento sull’intuizione

Nascita geometriee non-euclidee Crisi del criterio di evidenza

Necessità di fondare le conoscenze matematiche

Logicismo

la logica come possibile fondamento

Antinomia di Russel

Intuizionismo

Recupero dell’intuizione

Formalismo

Fondare la matematica su un sistema assiomatico

Il teorema di Incompletezza

La matematica non può dimostrare la sua contraddittorietà

Dibattito tra platonisti e antiplatonisti

Matematica = Sintassi del linguaggio

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PRESENTAZIONE

La nascita delle geometrie non-euclidee nella prima metà del XIX secolo mette in crisi il criterio di evidenza, ritenuto garanzia di verità e coerenza di una teoria. Si pone dunque la necessità di dare una giustificazione assoluta della validità delle proposizioni matematiche, e le scuole che si prefiggono tale obiettivo sono formalismo, logicismo e intuizionismo. Tuttavia, Kurt Gödel nel 1931 arriverà a dimostrare l’incompletezza di tutta la matematica, e questo determinerà il fallimento di tali aspirazioni. Inoltre, nelle intenzioni di Gödel, questo risultato matematico risolveva il dibattito filosofico tra platonisti e antiplatonisti poiché l’autore intendeva tale dimostrazione come fondazione del platonismo.

INDICE

1. L’assetto formale di una teoria matematica2. Il sistema assiomatico di Euclide3. Geometrie non –euclidee4. Il logicismo5. L’intuizionismo6. Il formalismo7. Il Teorema di Incompletezza di Gödel8. Gödel e il platonismo

L’ASSETTO FORMALE DI UNA TEORIA MATEMATICA

Ogni teoria matematica si esprime con il linguaggio degli insiemi e della logica e prende le mosse da un insieme di assiomi (enunciati che, pur non essendo stati dimostrati, sono considerati veri). Gli assiomi stabiliscono le relazioni che sussistono tra gli "oggetti fondamentali" di quella teoria; tali oggetti sono gli enti primitivi della teoria e la loro definizione si ricava implicitamente da quegli stessi assiomi. A partire dagli assiomi, e attraverso delle regole di inferenza (regole che permettono di passare da un numero finito di proposizioni assunte come premesse a una proposizione che funge da conclusione), si ricavano altre proposizioni, dette teoremi.Ridotta "all'osso", dunque, ogni particolare teoria matematica è costituita da un certo numero di assiomi (riguardanti "oggetti" formali implicitamente definiti) e dai teoremi che da essi si possono ricavare.Le caratteristiche che deve avere un sistema di assiomi sono le seguenti:

ogni assioma deve rispettare le regole sintattiche di un determinato linguaggio (deve essere - come si dice – una formula ben formata in un determinato linguaggio);

l’insieme di assiomi deve essere non-contraddittorio: in una teoria deve cioè valere il principio

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di non-contraddizione, per cui non deve essere possibile dimostrare sia il teorema T sia il teorema nonT. Se, infatti, in una teoria si trova anche una sola contraddizione, allora in essa è possibile dimostrare qualsiasi cosa – e diventa perciò inservibile;

è preferibile che gli assiomi siano tra loro indipendenti: : nessuno degli assiomi deve cioè potersi ricavare dagli altri come teorema. In realtà, questa è una condizione aggiuntiva, che rende più “elegante” una teoria. In una teoria assiomatica, infatti, si preferisce che i '"punti di partenza" , accettati come veri per scelta, siano nel minor numero possibile; si desidera perciò che gli assiomi scelti siano soltanto quelli indispensabili.

IL SISTEMA ASSIOMATICO DI EUCLIDE

La geometria fu la prima scienza ad avere un impianto deduttivo e la sua prima sistemazione in tal senso è rintracciabile negli Elementi di Euclide, opera collocabile attorno al 300 a. C, dove l’autore evidenzia 5 assiomi che determinano in quali relazioni costruttive stanno fra loro i diversi enti geometrici.

Euclide voleva dimostrare i teoremi geometrici a partire da assiomi che fossero "verità evidenti", accettate da tutti. L'evidenza risiedeva nel fatto che gli assiomi riguardavano "oggetti" effettivamente costruibili, disegnabili con riga e compasso. Ciò vale per i primi 4 postulati.

Tuttavia, per dimostrare alcuni teoremi che risultano essenziali nello studio delle figure piane più elementari, Euclide "è costretto" a introdurre il V postulato (l'assioma della parallela), che, pur coerente col senso comune, non presenta tuttavia quel carattere costruttivo ed "evidente"da lui stesso richiesto.

Il V postulato afferma, nella sua versione originale:

“se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa parte minori di due retti (tali che la loro somma sia minore di un angolo piatto), le due rette prolungate illimitatamente verranno a incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti (la cui somma è minore di due retti) ”.

Euclide - Elementi

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Nella definizione 23 del libro I Euclide definisce parallele due rette che, se prolungate indefinitamente in entrambe le direzioni, non s’incontrano. Si può dimostrare che il quinto postulato è equivalente alla seguente proposizione:

“dati, in un piano, una retta e un punto esterno ad essa, esiste una e una sola retta, in quel piano, parallela a quella retta e passante per quel punto.”

Con tale postulato, quindi, si stabilisce una proprietà a partire da una relazione (il non intersecarsi) che si verifica in una regione del piano “che potrebbe non essere raggiunta”.

Non soltanto ciò stona col carattere costruttivo degli altri assiomi, ma negli Elementi di Euclide compare singolarmente, come teorema dimostrato, la proposizione inversa del V postulato:

“se due rette intersecate da una trasversale formano angoli coniugati la cui somma è un angolo piatto, allora le due rette non si intersecano.”

Dopo Euclide, sorsero allora spontanee le domande: si può dimostrare il V postulato a partire dagli altri quattro? Non è possibile che sia soltanto comodo, ma non necessario porlo come assioma? In sostanza, il V postulato è indipendente dagli altri?

GEOMETRIE NON –EUCLIDEE

Fu solo nel XIX secolo che si trovò una soluzione a questi interrogativi, ma in una direzione completamente inaspettata: il matematico russo Nicolaj Ivanovič Lobačevskij (1793 – 1856) e l’ungherese e János Bólyai (1802-1860) svilupparono una nuova geometria in cui non era valido il quinto postulato. Essi sostituirono il quinto postulato con l’assunzione che per un punto esterno a una retta data si potessero tracciare più rette parallele ad essa. Lobacevskij e Bólyai svilupparono una geometria, oggi detta "geometria iperbolica", che pur andando evidentemente contro le intuizioni dello spazio ordinario (euclideo, appunto), non presenta contraddizioni logiche.

Ciò metteva in crisi il sistema d’idee e il quadro filosofico dell’epoca, secondo i quali lo spazio euclideo non era soltanto la descrizione del mondo, ma addirittura, nella concezione espressa da Immanuel Kant (1724 – 1804) nella sua Critica della Ragion Pura, qualcosa di connaturato con la mente umana.

Così scrive infatti Kant nella prima parte dell’Estetica Trascendentale:

“Der Raum ist eine notwendige Vorstellung, a priori, die allen äußeren Anschauungen zum Grunde liegt. Man kann sich niemals eine Vorstellung davon machen, daß kein Raum sei, ob man sich gleich ganz wohl denken kann, daß keine Gegenstände darin angetroffen werden. Er wird also als die Bedingung der Möglichkeit der Erscheinungen, und nicht als eine von ihnen abhängende Bestimmung angesehen, und ist eine Vorstellung a priori, die notwendiger Weise äußeren Erscheinungen zum Grunde liegt.”

“Lo spazio è una rappresentazione necessaria a priori, la quale sta a fondamento di tutte le istituzioni esterne. Non si può mai formare la rappresentazione che non vi sia spazio, sebbene si possa benissimo pensare che in esso non si trovi nessun oggetto. Lo spazio viene quindi considerato come la condizione

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della possibilità dei fenomeni, non come una determinazione dipendente da essi: ed è una rappresentazione a priori, la quale è necessariamente a fondamento dei fenomeni esterni”.

Kant – Critica della Ragion Pura

I risultati delle ricerche matematiche cozzavano così con il sistema d’interpretazione del mondo dei ceti e delle autorità intellettuali. L’evidenza non è più garanzia di verità e coerenza di una teoria. Si pone dunque la necessità di dare una giustificazione assoluta della validità delle proposizioni matematiche, e le scuole filosofiche che si prefiggono quest’ obiettivo sono logicismo, formalismo e intuizionismo.

IL LOGICISMO

“Dopo essersi allontanata per lungo tempo dal rigore euclideo, la matematica è tornata ad esso e tende anzi a superarlo. Oggi si richiede pertanto una dimostrazione di molte proprietà che prima erano ritenute evidenti; anzi, questo è in molti casi il solo modo di scoprire i limiti della loro validità”

Aritmetica e logica – G. Frege

L'esigenza di fondare la matematica in modo rigorosamente formale, così da porre le sue basi al riparo da tutte le possibili contraddizioni, fu alla base del logicismo, che si configura come il tentativo di ridurre a termini strettamente logico-insiemistici le definizioni fondamentali dell'aritmetica. Maggiori esponenti di tale filosofia furono il tedesco Gottlob Frege e il gallese Bertrand Russell.

Considerando in particolare la formulazione di Frege, il programma logicista si prefiggeva due obiettivi:

risolvere i concetti matematici, anche quelli considerati non ulteriormente definibili e perciò primitivi, in termini puramente logici;

dimostrare i teoremi della matematica mediante l'applicazione dei principi e delle regole di inferenza del ragionamento logico.

Schematizzando, il percorso seguito da Frege al fine di fondare la matematica (e in particolare l’aritmetica) sulla logica si articola nei seguenti passaggi: basare l’aritmetica sulla teoria degli insiemi, teoria che era già stata formalizzata dai matematici Cantor e Zermelo verso la fine dell’Ottocento, e la teoria dei numeri sull’aritmetica; in definitiva la matematica sulla logica.

Frege riesce a fondare l’aritmetica sulla teoria degli insiemi dimostrando che il concetto di numero è riconducibile a quello d’insieme.

Il successo della teoria degli insiemi come base per la fondazione del numero fa pensare a Frege, e in generale ai logicisti, che essa costituisca la chiave di volta per la realizzazione del loro ambizioso intento. Purtroppo però la teoria degli insiemi sulla quale si fonda il logicismo ingenera una serie di contraddizioni logiche, che metteranno fine agli intenti fondazionali basati sulla riduzione della matematica alla logica.

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La più rilevante di queste contraddizioni è nota come l’antinomia di Russell (1902), dal nome del matematico sopracitato. Nella teoria degli insiemi è possibile creare insiemi con caratteristiche arbitrarie: data una proprietà, essa identifica sempre un insieme, l'insieme di tutti gli oggetti che hanno quella proprietà. Russell immaginò di creare una suddivisione degli insiemi in due categorie:

Gli insiemi che tra i loro elementi hanno loro stessi, cioè gli insiemi che appartengono a sé stessi; si cita spesso come esempio "l'insieme di tutti i concetti astratti", che appartiene a sé stesso perché, a sua volta, è un concetto astratto.

Gli insiemi che tra i loro elementi non hanno loro stessi, cioè gli insiemi che non appartengono a sé stessi; ad esempio, come notò Russell stesso, "l'insieme di tutte le tazze da tè" non è una tazza da tè.

Se definiamo R come l'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi, abbiamo:

Il problema posto da Russell a questo punto fu se R appartiene o meno a sé stesso. Ma supponendo ad esempio che R vi appartenga, si avrebbe che:

R appartiene a sé stesso; Quindi, R soddisfa la definizione; Quindi, R è uno degli "insiemi che non appartengono a sé stessi"; Quindi, R non appartiene a sé stesso, il che contraddice il primo enunciato.

Partendo invece dall'affermazione contraria, cioè supponendo che R non appartenga a sé stesso, si avrebbe che:

R non appartiene a sé stesso; Quindi, R non soddisfa la definizione; Quindi, R soddisfa il suo contrario; Quindi, R non è uno degli "insiemi che non appartengono a sè stessi"; Quindi, R è un insieme che appartiene a sè stesso, il che contraddice il primo enunciato.

In termini logici:

In sintesi, il paradosso di Russell si può enunciare così: l'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi appartiene a sé stesso se e solo se non appartiene a sé stesso. Formalmente,

Russell proseguirà il programma logicista cercando di superare la sua stessa antinomia ma l’esito di tale ricerca sarà fallimentare.

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Tra le scuole che si affermano dopo il 1902 che tentarono di risolvere, in una prospettiva polemicamente antilogicista, i paradossi che minacciano sempre di più le basi su cui si erge la conoscenza matematica, particolarmente importanti risultano essere l’intuizionismo del matematico olandese Luitzen Egbertus Jan Brouwer (1881 – 1966) e il formalismo di David Hilbert (1862 – 1943)

L’INTUIZIONISMO

L’intuizionismo brouweriano, lungi dal dichiarare il primato della logica nei confronti della matematica, pone invece a fondamento del numero e di tutta la matematica l’intuizione, recuperando così, almeno in parte, la teoria kantiana (infatti pone come primario lo studio dell’aritmetica a scapito della geometria, e si basa sull’intuizione di tempo, abbandonando quella spaziale).

Questo comporta, da parte di Brouwer, un disconoscimento di tutta la fondazione dell’analisi infinitesimale operata da Weierstrass, Dedekind e Cantor, i quali hanno introdotto oggetti e metodi astratti che non possono essere dati dall’intuizione.

L’intera matematica intuizionista presenta gravi limiti, derivanti in primo luogo dall’assenza, in essa, di molteplici concetti e costruzioni di cui la matematica classica si serve senza troppe titubanze, e con fecondi risultati nell’ambito delle scienze sperimentali (irrimediabilmente preclusi alla matematica brouweriana). Pertanto, anche il programma di fondazione intuizionista, così come in precedenza quello logicista, si risolve in un fallimento.

IL FORMALISMO

Un terzo indirizzo di pensiero, impersonato dal matematico David Hilbert, è il formalismo.

Nel 1900 Hilbert, al Secondo Congresso Internazionale dei Matematici di Parigi, espose una relazione contenente una lista dei 23 problemi irrisolti della matematica, e il secondo riguarda proprio la fondazione della coerenza della matematica:

“Si può dimostrare che l'insieme degli assiomi dell'aritmetica è consistente?”

Secondo Congresso Internazionale dei Matematici di Parigi - David Hilbert

Per risolvere questo interrogativo era fondare l’intera conoscenza matematica su una struttura assiomatica.

In primo luogo, Hilbert propone di formalizzare completamente l’aritmetica; a tal fine traduce i principi aritmetici e logici in un linguaggio formale, in cui ad assumere importanza è solo la forma e non il significato. In questo modo, Hilbert separa l’aspetto sintattico della matematica (che riguarda la forma) da quello semantico (che ne riguarda il significato e la nozione di verità). Ogni teorema, perciò,

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assume la forma di proposizione all’interno di questo linguaggio formale. Trattando la matematica come puro linguaggio formale, nel quale ogni proposizione (teorema) diventa una stringa di segni, Hilbert può studiarla dal punto di vista di alcune proprietà fondamentali (della sintassi) che saranno molto importanti più avanti ai fini della dimostrazione dei teoremi di Incompletezza di Godel:

Coerenza: un sistema è coerente se non dimostra sia un teorema sia la sua negazione; Completezza: un sistema è completo se è sempre in grado di dimostrare un teorema o la sua

negazione; Decidibilità: un sistema è decidibile se esiste un procedimento meccanico (algoritmo) che

permetta di dire di ogni enunciato se sia o meno un teorema.

A differenza di Euclide, che individuava degli assiomi ritenuti veri, Hilbert mostra come la costruzione di un sistema formale dipenda soltanto dalla scelta degli assiomi, che non godono più dell’aspetto semantico, e quindi di proprietà come verità e falsità. La matematica deve essere quindi in grado di porre dei postulati a piacere, con il solo limite della coerenza dei postulati stessi (per esempio non è possibile postulare sia un enunciato che la sua negazione).

I 23 probremi irrisolti presentati da Hilbert certo presentavano una sfida per la comunità matematica del tempo, ma Hilbert era molto ottimista nella futura risoluzione di tali interrogativi. Nel Cogresso di Parigi del 1900 infatti afferma:

“La convinzione della risolubilità di ogni problema è un potente incentivo per il ricercatore. Dentro di noi sentiamo il perpetuo richiamo: c’è un problema, cerchiamone la soluzione. E la si può trovare con la sola ragione, perché in matematica non c’è nessun ignorabimus.”

Congresso di Parigi – Hilbert 1900

IL TEOREMA DI INCOMPLETEZZA DI GÖDEL

A porre fine al dibattito intorno ai fondamenti della matematica è il matematico austriaco Kurt Gödel con la dimostrazione del 1931 del suo teorema di incompletezza:

“Se un sistema di assiomi dell’aritmetica elementare è consistente, allora non è completo”

“Su proposizioni formalmente indecidibili dei Principia Mathematica e sistemi affini” – Gödel 1931

Ciò vuol dire che, se vogliamo un sistema di assiomi da cui non si possano dedurre contraddizioni, dobbiamo rinunciare all’idea che in esso si possano dimostrare tutte le proposizioni indecidibili, che non possono cioè né essere dimostrate né essere smentite (una proposizione è indecidibile se non si può decidere né della sua verità né della sua falsità).

Il cuore della dimostrazione sta nel fatto che in un sistema di assiomi è possibile costruire una formula aritmetica, denominata G del tipo:

formula G: “la formula G non è dimostrabile”

si ottiene una situazione analoga a quella dell’antinomia di Russel, infatti:

se G è dimostrabile, allora “G non è dimostrabile”

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se G non è dimostrabile, allora G è dimostrabile

Se dunque vogliamo che il sistema di assiomi sia consistente, al suo interno non è possibile dimostrare G, perché immediatamente sarebbe dimostrabile la sua negazione nonG e si avrebbe una situazione di contraddizione. G risulta vera (perché effettivamente non dimostrabile), ma non può essere un teorema (perché, appunto, non è dimostrabile). Ne segue che la teoria non è completa.

Il senso del teorema di Gödel è dunque questo: l’aritmetica, con l’utilizzo dei suoi propri mezzi, non può dimostrare la sua propria consistenza. D’altra parte, l’aritmetica è alla base dell’intero impianto costruttivo della matematica. Quindi, esiste un limite invalicabile al processo di formalizzazione e di costruzione su basi logiche dell’impianto matematico: esso, senza ricorrere a “livelli superiori”, non può garantire la sua non contraddittorietà. È quindi necessario realizzare una sorta di compromesso tra le esigenze di non contraddittorietà e quelle di completezza. Come conseguenza di questo risultato, si ottiene un limite più generale alle potenzialità di qualunque formalizzazione: ogni dimostrazione della matematica sulla coerenza di un sistema formale deve utilizzare principi più complessi di quelli del sistema in esame.

La coerenza di qualunque sistema formale o linguaggio può essere dimostrata soltanto ricorrendo a un “metalinguaggio” che utilizzi strutture più complesse di quelle impiegate dal sistema stesso. Ogni teoria ha quindi bisogno di una metateoria e non esiste alcuna “teoria ultima” che fondi tutte le altre, inclusa se stessa, perché necessariamente si autoreferirebbe.

GÖDEL E IL PLATONISMO

Nella filosofia della matematica si definisce platonista colui che riconosce agli oggetti matematici un’esistenza immateriale (eterna e immutabile), ma reale, del tutto indipendente dalla (natura della) mente di chi li pensa e li specula, dal tempo e dallo spazio. Una tale concezione della matematica implica che il matematico può scoprire la matematica, non inventarla, o, meglio, costruirla.

Pur essendosi formato a contatto con il “circolo di Vienna”, dove dominavano posizioni formaliste che riducevano la matematica a “sintassi del linguaggio”, Gödel era un fervente platonista, e riteneva che il suo teorema potesse fondare il platonismo, dato che era riuscito a dimostrare che la verità trascende la dimostrazione. Intendeva risolvere, attraverso un risultato matematico, un problema filosofico.

Tali posizioni risultano evidenti da una lettera del 1974 indirizza al sociologo Bruke D. Grandjean.

“È vero che il mio interesse per i fondamenti della matematica fu suscitato dal “circolo di Vienna”, ma le conseguenze filosofiche dei miei risultati, al pari dei principi euristici che hanno portato ad essi, sono tutto tranne che di tipo positivista o empirista. […] Sono stato un realista concettuale e matematico all’incirca fin dal 1925. Non ho mai aderito alla prospettiva secondo cui la matematica è sintassi del linguaggio. Piuttosto, questa prospettiva, intesa in qualsiasi senso ragionevole, può essere confutata dai miei risultati”

Kurt Gödel - 1974

Tuttavia la teoria platonista presenta due problemi importanti:

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Non è possibile individuare la facoltà intellettuale che permetterebbe di cogliere entità puramente intellegibili e incorporee, del tutto inaccessibili ai sensi.

Se il platonismo fosse fondato, non si capisce perché i matematici abbiano la necessità di dimostrare le cose

A queste problematiche si appoggiavano le critiche antiplatoniste.

Il dibattito tuttavia non giungerà ad una conclusione, poiché una parte afferma qualcosa sulla base di una conoscenza fondamentale e intuitiva, l’altra nega che una simile intuizione esista, sostenendo che il platonismo matematico è una prospettiva ingenua, che può avere qualche valore euristico, ma da non prendere troppo sul serio.

BIBLIOGRAFIA

1. Francesco Berto, Tutti pazzi per Godel!, 2^ed., Editori Laterza, Bari 20102. Walter Maraschini, Mauro Palma, ForMat, SPE, Paravia, Bologna 20023. Clementina Ferrandi, Filosfia e scienza – un intreccio fecondo, il capitello, Torino 1991

(citazioni)4. A. Frajese e L. Maccioni, Gli Elementi di Euclide, UTET, Torino 19885. Kant – Critica della Ragion Pura (citazione)

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