kel 12 magazine settembre 2015

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KUMBH MELA Il più grande raduno religioso del pianeta LA ISLA GRANDE Tenere il passo del mondo al ritmo di Cuba LA DANCALIA E LA SUA DIVERSITÀ Sulla scia delle carovane di sale issue 01 / settembre 2015

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Kel 12 Magazine è una rivista di viaggi che vuole portare il lettore in giro per il mondo, con destinazioni sempre diverse e soprattutto attraverso un modo inedito di viaggiare, coniugando cultura, esplorazione, ricerca di orizzonti nuovi e rotte personalizzate.Il lettore di Kel 12 Magazine è un viaggiatore, un esploratore in cerca di avventure. Nel viaggio cerca emozioni e scoperta, non si accontenta di resort extra lusso o tappe predefinite, ma ama la ricerca. www.kel12.com

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Page 1: Kel 12 Magazine Settembre 2015

K U M B HM E L AIl più grande raduno religioso del pianeta

L A I S L A G R A N D ETenere il passo del mondo al ritmo di Cuba

L A D A N C A L I A E L A S U A D I V E R S I T ÀSulla scia delle carovane di sale

issue 01 / settembre 2015

Page 2: Kel 12 Magazine Settembre 2015

Viale Achille Papa, 30, 20149 Milano_tel. 02 [email protected]_www.kel12.comViale Achille Papa, 30, 20149 Milano_tel. 02 [email protected]_www.kel12.comMILANO | MONZA | TORINO | GENOVA | CHIASSOMILANO | MONZA | TORINO | GENOVA | CHIASSO

SIAMO TUTTI I NOSTRI VIAGGI.Un viaggio è soprattutto un incontro di culture. Cultura di chi parte, cultura di chi guida,

cultura del luogo. Cultura che si scambia, e quella che si lascia. Ecco perché i nostri Tour Leadersono i più competenti e appassionati del luogo, delle persone, della storia, dell’arte e della natura.

Il punto di vista più competente per arrivare dove gli altri non arrivano.

VIAGGI AVVENTURAGuida alla libertà

Un viaggio che ottimizza tempi,condivide l’accompagnatore,

alberghi e spostamenti, ma che lascia a ognuno la libertà di farli propri.

MOUNTAIN KINGDOMEmozioni alla tua altezza

Guide alpine e professionistidella montagna pronti

con l’obiettivo di farvi arrivarein cima: a un’emozione.

VIAGGI SU MISURAPartiamo da teCreiamo insieme il viaggio ideale:su misura, oltre ogni confi ne.In compagnia o da soli.In ogni caso con noi.

VIAGGI CON L’ESPERTO - RENDEZ VOUSAppuntamenti con il mondo

Un pranzo nel Parco Nazionale di Tikal,Petra di notte solo per te, salire su una barca

birmana sull’Irrawaddy, essere presente alla festadell’Inti Raymi o al Kumbh Mela.

È più di un viaggio. È vita.

VIAGGI CON L’ESPERTO La differenza la fa l’esperienzaSono antropologi, viaggiatori esperti,giornalisti di viaggio. Sono profondiconoscitori del luogo, delle sue storiee della cultura che li pervade.Sono i nostri Tour Leader.

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E D I T O R I A L E

Conoscenza, esplorazione, relazione, curiosità, persino introspezione. Il viaggio è tutto questo e molto altro ancora. Fiumi d’inchiostro nei

secoli hanno cercato di dare una definizione a quella che è una delle più innate aspirazioni dell’uomo. Senza mai riuscirci fino in fondo. Il viaggio, infatti, è innanzitutto qualcosa di assolutamente personale, unico nello spazio e nel tempo. La meta è solo uno degli elementi utili a definirlo. Se tutto questo è vero c’era bisogno di un magazine che parlasse di viaggi? La risposta potete darla solo voi sfogliando queste pagine. Se alla fine vi sarà venuta voglia di fare le valigie e vivere i colori di Cuba, attraversare i deserti dell’Oman o farvi investire dalle emozioni del Kumbh Mela si-gnificherà che siamo stati in grado di riaccendere la scintilla del viaggia-tore che ciascuno nasconde dentro di sé. Credo che questo risultato sia abbastanza naturale quando il nostro compagno di avventura è Kel 12.

Una lunga storia di viaggi costruita attraverso il contributo di veri esperti per i quali il viaggio è sempre una passione prima ancora che un lavoro. Il nostro compito è stato molto semplice: abbiamo fatto parlare loro, raccontare le loro storie. Con gli occhi di chi meglio di chiunque altro sa leggere attraverso gli odori, i suoni e i ritmi di popoli lontani o i colori di scenari da cartolina. La loro presenza non solo ha agevolato il nostro lavoro, ma ha reso questi luoghi più vicini. Questo magazine è il mezzo che Kel 12 ha scelto per raccontarsi in una fase che rappresenta un momento di grande cambiamento. Il restyling del brand e, a breve, del sito si accompagna a un consolidamento di que-gli ingredienti che hanno reso Kel 12 una delle realtà più affidabili tra gli operatori del settore. Il tour operator non ha, infatti, mai smesso di crescere nonostante l’era digitale e i vettori low cost abbiano preso il so-pravvento facendo credere ai più che il viaggio sia qualcosa di scontato e non più una conquista. Sono proprio gli esperti e la capacità di costruire viaggi su misura (“tailor made” come si usa dire oggi) a fare di Kel 12 un compagno insostituibile. Perché il viaggio sia innanzitutto un solco tracciato nella nostra memoria e nel nostro spirito e non semplicemente un timbro sul passaporto.

direttore responsabile Stefano Ampollini

ar t director Carlotta Petracci

progetto graficoSilvia Virgillo

caporedattore Marilena Roncarà

redazione Antonella Armigero, Angela Calabrese, Samantha Colombo, Filippo Spreafico

graficaAnna Tortora

collaboratori Elena Bianco, Cesare Cesa Bianchi, Gianni Canova, Giovanni Dardanelli, Giuliano Deidda, Anna Maspero, Marco Restelli, Andrea Semplici, Alfredo Luís Somoza, Marco Carlo Stoppato, Andrea Zappa

fotografi Andrea Maini, Roberto Carretta, Riccardo Melzi, Enzo Priore, Vincenzo Rossi, Roberto Salinas, Andrea Semplici, Andrea Zappa

foto di coper tina Enzo Priore

publisher Contemporanea srl, via Emanuele Filiberto 7/a, 20149 Milano

stampa Leaderform spa, via Molina 14, 37060 Sona (VR)

È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi e foto. Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 239 del 24 luglio 2015.

U N A N U O V A

P A R T E N Z Adi Stefano Ampollini

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S T U B A I

U N S E G R E T O D I G H I A C C I O T R A L E M O N T A G N EPag. 68Una lunga vallata serpeggia nel cuore delle alpi Retiche Orientali, quasi un sentiero disegnato tra le montagne.

D A N C A L I A

G E Y S E R , V U L C A N I E P A E S A G G I L U N A R I : L A C U L L A D I U N N U O V O O C E A N OPag. 14Geyser, deserti di sale e laghi termali nascondono uno degli habitat più inospitali e sorprendenti del pianeta.

O P I N I O N I

T U T T I I S A P O R I D E L M O N D OPag. 6Il cibo è cultura e per conoscere davvero un Paese, un passaggio obbligato è quello dalla sua tavola.

Q U A N D O I L V I A G G I O S I F A A P I E D IPag. 8Dalle montagne al mare, camminare a passo lento e costante in equilibrio con la natura, fra culture diverse.

A L C E N T R O D E L L A T E R R APag. 10Dalle valli alle creste delle montagne, ovunque il nostro pianeta nasconde curiosità naturalistiche.

C U B A

L A I S L A C H E S I M U O V E A R I T M O D I M U S I C APag. 26La Isla Grande incanta con i suoi paesaggi e con un fermento culturale inesauribile, tra passato e futuro.

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S O M M A R I O

K U M B H M E L A

T H E H U M A N R O A RPag. 36Appuntamento al cuore dell’Induismo con il Kumbh Mela, il più grande raduno religioso del mondo.

O M A N

P R O F U M O D ’ I N C E N S O E R I F L E S S I D ’ O C R APag. 56Tra distese di sabbia, montagne roc-ciose e suk colorati, l’Oman dispiega tutta la sua accogliente bellezza.

I N V I A G G I O D E N T R O A I F I L M

Pag. 78Fra cinema e viaggio esiste un rap-porto particolare, un’attrazione fatale, forse perfi no un’alleanza “genetica”.

R U B R I C H E

V I A G G I A R E T R A L E R I G H EPag. 80

I N P A R T E N Z A C O N K E L 1 2 Pag. 82

S C H E D E V I A G G I O

D A N C A L I APag. 22

C U B APag. 32

K U M B H M E L APag. 52

O M A NPag. 64

S T U B A IPag. 76

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S t i a m o p a r l a n d o d i C I B O

E

E L E N A B I A N C OGiornalista

Piemontese, cresciuta a Milano e vis-suta a Venezia è laureata in Filosofi a e all’Accademia di Belle Arti di Bre-ra. Da giornalista scrive di viaggi e di enogastronomia. È membro del GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica). Dal 2010 è anche foodblogger.www.enogastronomiablog.it

I L C I B O È C U LT U R A • È un fatto che non andrebbe mai dimen-ticato quando si parte per un viaggio, vicino o lontano che sia.Se il viaggiatore colto richiede un’esperienza autentica, che lo cali profon-damente nel luogo e fra le genti che andrà a visitare, tale esperienza non potrà prescindere dal conoscere almeno un po’ anche le cucine che fanno parte della tradizione locale. Prima di partire leggiamo del Paese che sarà la nostra meta, della sua storia, delle sue tradizioni, dell’ambiente; cer-chiamo online immagini che ci facciano pregustare quello che vedremo; ci informiamo del clima e di come aff rontare una natura diversa da quella a cui siamo abituati. Altrettanto bisognerebbe fare con quello che si man-gerà. Le tradizioni gastronomiche, infatti, hanno quasi sempre radici pro-fonde che penetrano nella storia, nell’economia e anche nella religione. Conoscere e rispettare le abitudini alimentari di un popolo ha lo stesso valore che togliersi le scarpe in una moschea o coprirsi il capo in un tem-pio, anche se sono usi che non ci appartengono.“Maneggiate anche una singola foglia di verdura in modo tale che si ma-nifesti il corpo del Buddha”. Così scriveva nel XIII secolo Dōgen Zenji, monaco buddhista giapponese, nel suo Istruzioni a un cuoco zen. Ovvero come ottenere l’illuminazione in cucina. Leggerne qualche riga ci illumina molto più semplicemente sulla profondità della cucina giapponese aldilà del tanto modaiolo sushi. Sappiate che se in Marocco vi verrà off erto un cuscus senza posate, non è per mancanza di bon ton, ma perché il Profeta dice che “il diavolo mangia con un dito, i profeti con due, il credente con tre e l’ingordo con cinque”. Un celeberrimo piatto degli anni ‘70 di un padre dell’alta cucina occidentale, la Soupe aux truff es Valéry Giscard d’Estaing di Paul Bocuse ha un meno noto ma più antico precedente in India nella cucina Nawabi, cioè dei principi mussulmani di Lucknow nell’Uttar Pra-desh, centro di cultura gastronomica dell’impero Mughal nel XVI secolo. Anche lì, infatti, un velo di pasta sigilla il contenitore, per essere rotto dal commensale in tavola e sprigionare gli aromi. È la purdah (velo) e la tecnica è detta in persiano “dum pukth” (cucina-re col respiro) perché il cibo respira e cuoce lentamente nei suoi umori precorrendo la “bassa temperatura”. Non sono che alcuni esempi. Penso dunque che, ovunque si vada in viaggio, sia bene prepararsi, magari re-candosi nella propria città in un ristorante di cucina del Paese che sarà la nostra destinazione. Meglio ancora sarebbe viaggiare con una guida esperta degli usi gastronomici del luogo. Così non avremo sorprese o imbarazzi in loco, e incominceremo a “entrare nel viaggio”, arricchendoci anche attraverso il nostro senso più immediato, il gusto.

T U T T I I S A P O R I D E L M O N D O

L E A B I T U D I N I A L I M E N T A R I H A N N O

R A D I C I P R O F O N D E C H E P A R L A N O

A N C H E D I S T O R I A E C U LT U R A

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O P I N I O N I

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S t i a m o p a r l a n d o d i T R E K K I N G

C

C E S A R E C E S A B I A N C H IPresidente delle Guide Alpine

“Ho scelto di fare la guida per trovarmi sempre a mio agio su tutte le monta-gne del mondo e far vivere insupera-bili esperienze”. Organizzo e realizzo i programmi di Mountain Kingdom. Adventures consultant and risk manager è il mio stile e il mio modo di essere Guida Alpina.

T R E K K I N G È U N V I A G G I O A P I E D I • Il ritmo lento della camminata dà il tempo di assorbire il panorama, di parlare con la gente, di ascoltare i rumori della natura: non c’è particolare che passi inosser-vato, ogni tappa che si conquista, tutto si imprime chiaramente nella memoria. Dovunque ci sia un sentiero o anche solo una vecchia traccia lasciata da pastori o cacciatori, dovunque ci sia un villaggio, una valle, un colle. Dalle montagne al mare, fra le varie culture e in mezzo alla gente, camminando senza disturbare, in equilibrio con la natura, con tanta cu-riosità, voglia di scoprire nuove vie, passione.

Alcune idee per camminare insieme: il paese dove è nato il trekking, il Nepal, con le sue valli e le montagne più alte del mondo, Mustang, Rowa-ling e Khumbu. Turchia, tra le fatate formazioni di tufo della Cappado-cia. In Grecia, nell’isola di Kalymnos con i sentieri e le falesie a picco sul mare. In Sicilia, camminando sui vulcani attivi dell’Etna e dello Strombo-li. In Sardegna lungo il mitico sentiero Selvaggio Blu dove si cucina pesce fresco e si dorme in riva al mare. Nelle Dolomiti, fra magiche crode che si tingono di rosso al tramonto. In cammino attraverso i ghiacciai del Cer-vino e del Rosa. In Patagonia, fra guglie spettacolari disegnate dal vento. In Perù, nella Cordillera Blanca fra i resti della cultura Inca. Nel trekker predomina lo spirito del pellegrino, ma non necessariamente è un ultra sportivo o un martire votato alla soff erenza. Certamente ci vuole capacità di adattamento, ma nei nostri viaggi a piedi non mancano le gratifi cazioni e le comodità che noi pellegrini del XXI secolo sappiamo apprezzare.Naturalmente sapete come si cammina. Lo fate da una vita. Ma fare trek-king tutto il giorno fra le montagne è molto diverso dal passeggiare per le vie di una città. Una delle cose più importanti che si possono apprendere per rendere un trekking piacevole è il passo lento e costante. Se si impara a eseguirlo correttamente si può percorrere anche il sentiero più ripido senza stancarsi.E la sicurezza? La certezza di non farmi male scivolando o cadendo?Sappiamo bene che il “rischio zero” non esiste, ma la possibilità di ridurre ogni rischio entro limiti accettabili sempre e da chiunque, questo si può fare. Le guide di Mountain Kingdom rendono accessibili queste esperien-ze e avventure nella natura a persone di tutti i livelli, dal neofi ta all’esperto garantendo professionalità e soprattutto sicurezza.

Q U A N D O I L V I A G G I O S I FA A P I E D I

C A M M I N A R E I N E Q U I L I B R I O C O N L A

N A T U R A , D O V U N Q U E C I S I A U N S E N T I E R O

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SHOWROOMMILAN - NEW YORK

WWW.ELEVENTY.IT

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S t i a m o p a r l a n d o d i G E O LO G I A

M

M A R C O C A R L O

S T O P P A T OGeologo

Marco Carlo Stoppato laureato in ge-ologia, specializzato in vulcanologia e paleontologia è giornalista e fotografo dal 1988. Autore di libri e reportage geografi ci. Cofondatore dell’Associa-zione Vulcano Esplorazioni, organizza e guida per Kel 12 viaggi a carattere geologico-naturalistico.

L I B R I E G E O L O G I A • Il primo geo-viaggiatore col quale ho avu-to a che fare non lo scorderò mai, è dalla sua incredibile storia in eff etti che cominciò tutto. Avevo 8 anni e fra le mani il romanzo di Jules Verne “Viaggio al centro della Terra”. Islanda, vulcani, esplorazioni, grotte, di-nosauri, fossili, rocce stratifi cate e infi ne lo Stromboli: letto d’un fi ato! Casualità volle che pochi giorni dopo in tv dessero il fi lm tratto dal libro, in bianco e nero con eff etti speciali discutibili anche se sicuramente mi-gliori di quelli visti nel più recente remake. Le immagini le ho stampate nella mente e la mia strada era segnata, sono un vulcanologo, giornalista e fotografo e non ho mai smesso di guardare la terra con curiosità, stupore e meraviglia. Dopo anni di viaggi ed esplorazioni mi sembra ancora di non avere visto nulla perché non serve necessariamente andare lontano per vedere cose nuove e diverse, il nostro pianeta nasconde dietro ogni scogliera, in mezzo alle valli, sulle creste delle montagne alla fi ne di una pista da sci, curiosità naturalistiche spesso di grande bellezza e fruibilità. Alcuni fra i più spettacolari paesaggi del mondo sono il risultato di milio-ni di anni di erosione geologica come i deserti, oppure forme effi mere in continua evoluzione come i ghiacciai, altri possono formarsi nello spazio di pochi anni come i vulcani o altri modifi carsi sotto i nostri occhi come nel caso di una scogliera che si sgretola sotto i colpi del mare. Archi natu-rali, pinnacoli di terra, rocce stratifi cate ripiegate su se stesse, pavimenti di sale o pozze di fanghi ribollenti, colori irreali e atmosfere primordiali sono i compagni di viaggi di un “geo-viaggiatore”. La curiosità è forse la molla per non fermarsi mai, il domandarsi come si sono evolute le forme del paesaggio porta a voler vedere sempre di più, spingendosi sempre più lontano e la consapevolezza della delicatezza e fragilità di alcuni paesaggi fa aumentare il rispetto per questi luoghi che poi vogliamo preservare, facendo di questo “nuovo” viaggiatore quasi un guardiano e un sostenitore dell’ambiente che ha esplorato. Può capitare che alcuni luoghi siano un po’ più diffi cili da raggiungere, che siano iso-lati, che ci si senta soli nel raggiungerli, ma questa intimità che si prova porta ad apprezzare ogni passo, ogni respiro aff annato perché il premio a volte non ha prezzo. Qualche anno fa durante uno dei miei viaggi in Islanda ho inaspettatamente coronato un sogno: invitato da dei colleghi islandesi ho esplorato l’unico vulcano al mondo ad avere il condotto vul-canico e la camera magmatica liberi dalla lava. Un tuff o legato ad una corda di oltre 400 metri, allora ero io il protagonista del romanzo di Ver-ne e oggi quel luogo è aperto al pubblico che con facilità e comodità può calarsi nel ventre del vulcano e idealmente iniziare il proprio personale viaggio al centro della Terra.

A L C E N T R O D E L L A T E R R AL O S P E T T A C O L O È S O T T O I N O S T R I P I E D I

E J U L E S V E R N E N E S A P E V A Q U A L C O S A

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NAVIGA A BORDO DEL POSTALE DEI FIORDI E VIVI LA NORVEGIA PIÙ AUTENTICA

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PRIMA LE MAMME E I BAMBINIUn progetto per garantire un parto gratuito e sicuro a tante mamme in Africa e la cura

dei loro bambini: continua la collaborazione tra Kel 12 e Medici con l’Africa Cuamm.

“I colori. Raramente ne ho visti di così. Pennel-late di cielo, argilla, natura verde da rimanere in-cantati. La Tanzania si snoda in dignitosa povertà davanti ai miei occhi e mi cattura. Questo provo, mentre scopro l’Africa per la prima volta” (Ales-sia). Medici con l’Africa Cuamm lavora in Tanza-nia dal 1968, per la salute della sua popolazione. Con il progetto “Prima le mamme e i bambini” vuole arrivare, in 5 anni, a 125.000 parti gratuiti e sicuri in 4 paesi africani e nei distretti di riferi-mento. Anche a Tosamaganga, in Tanzania. È una sfi da che chiede l’impegno di tutti.

Dopo Etiopia e Uganda, ora anche Tanzania: il sostegno di Kel 12 si orienta in questo affa-scinante paese, da settembre 2015 ad agosto 2016. Per ogni viaggiatore in partenza per la Tanzania, Kel 12 si impegna a donare un par-to assistito a una mamma africana insieme alle cure al suo neonato. Per i viaggiatori Kel 12 le emozioni di un viaggio straordinario si uniranno alla certezza di aver contribuito a una grande sfi da: dare a una mamma e a un bambino afri-cano una speranza in più di vita.

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D A N C A L I A

Geyser, deserti di sale, laghi termali e canyon abitati da persone che da millenni custodiscono uno degli habitat più

inospitali e al tempo stesso sorprendenti del pianeta.

Ci sono posti sulla Terra che emanano un’energia straordinaria, dove le forze della natura con la loro potenza plasmano in maniera inesorabile la geografi a del paesaggio off rendo innumerevoli punti d’interesse: la Dancalia è uno di questi. Un’Africa che non ti aspetti, con colori, contorni e geografi e lontane dagli stereotipi occidentali legati a questo continente.

T E R R A D I F U O C O

L A V A E S A L E

E 4 0 ° 1 8 ° 0 0 ’ ’N 1 4 ° 1 4 ’ 3 0 ’ ’

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E 4 0 ° 1 8 ° 0 0 ’ ’N 1 4 ° 1 4 ’ 3 0 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n DA N C A L I A

Dancalia

Distese sconfinate di sale, laghi dai colori psichedelici e vulcani ancora attivi, territorio dai mille contrasti e dai continui cambiamenti la Dancalia è inferno e para-diso insieme, luogo ancestrale dove ancora oggi è pos-sibile assistere ai fenomeni che hanno dato origine al mondo. Situata nella parte settentrionale del Triangolo dell’Afar, che prende il nome dalla fiera popolazione che vi abita, la grande depressione dancala è il pun-to dove si uniscono tre placche tettoniche in continua espansione, area di confine tra Etiopia, Eritrea e Gi-buti. Questa terra fatta di fuoco, sale e lava a ridosso della Rift Valley, la lunga spaccatura che taglia in due il continente, è la culla di un nuovo oceano, destina-to a formarsi a seguito del forte assottigliamento della crosta terrestre e di una nuova eventuale inondazione del Mar Rosso. È proprio al ritiro del mare, evapora-to ventimila anni fa che la Dancalia deve la sua par-ticolarità: essere una distesa di rocce evaporitiche che producono salgemma dando origine alla grande Piana del sale. Un deserto che si estende per 600 chilometri, formato da una spessa crosta, dura come la roccia e profonda in alcuni tratti fino a tre chilometri. Solo gli uomini del sale armati di strumenti rudimentali e asce

affilate, le godumà, riescono a scolpire con precisione i blocchi di salgemma. Un lavoro che richiede molta forza e organizzazione: gli estrattori, in genere cristiani dell’altopiano, e gli intagliatori, tradizionalmente mu-sulmani afar, condividono abilità e capacità, lavorando fianco a fianco per il raggiungimento di un obiettivo comune. Le mattonelle grezze, simili a libri, costitui-scono il pesante carico delle carovane che percorrono in fila indiana la Piana del sale per raggiungere i dazi commerciali. Uno di questi è Makalle, capoluogo del-la regione del Tigray, dove tra i monti del massiccio di Gheralta si trovano le spettacolari chiese rupestri, alcune risalenti al X secolo. Scolpiti nella falesia del-le ambe, alte montagne dalle cime piatte tipiche della zona, troviamo cripte affrescate, portali, colonnati e cupole che adornano luoghi di preghiera solenni a vol-te difficili da raggiungere ed esplorare perché arroccati sulle rocce che dominano il panorama circostante. Disceso l’ultimo gradino dell’altopiano etiope, ci s’im-merge finalmente nel cuore della depressione dancala dove gli affreschi e le costruzioni monolitiche realizzate sapientemente dall’uomo lasciano il posto a bellezze completamente naturali. Dalle terre in quota alle terre

di Antonella Armigerofotografie di Andrea Maini

G E Y S E R , V U L C A N I

E PA E S A G G I L U N A R I :

L A C U L L A D I U N N U O V O

O C E A N O

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E 4 0 ° 1 8 ° 0 0 ’ ’N 1 4 ° 1 4 ’ 3 0 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n DA N C A L I A

basse il paesaggio cambia completamente e si trasforma in un grande canyon disseminato di maestose torri di roccia che il vento ha eroso e cesellato creando meravi-gliose cattedrali naturali. Protetta da questi guardiani di pietra appare quasi dal nulla il Dallol, il “luogo degli spiriti”, un vulcano sprofondato che ribolle dividen-dosi in infiniti laghi di acqua incandescente. Si stenta quasi a credere che questo mosaico dai colori psichede-lici, che vanno dal giallo brillante al rosso ocra, dall’a-rancione al blu cobalto, si trovi davvero su questa Terra e non si tratti invece di un altro pianeta. Con ancora

negli occhi questo paesaggio surreale si parte alla volta dell’Erta Ale, la “grande montagna fumante”. Lungo il tragitto fatto di sabbia e letti di fiumi in sec-ca come quello del Saba, appaiono come miraggi le capanne degli afar costruite con fango e rami secchi. Queste popolazioni nomadi, dedite prevalentemente alla pastorizia e all’estrazione dei minerali, vivono in una delle zone più inospitali della terra con scarsissima vegetazione e temperature che toccano i 45 gradi. Un popolo dal passato guerriero, che ha saputo adattarsi a condizioni estreme e a trarre sostentamento dalle pe-

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culiarità geologiche del territorio. Le jeep si fermano al campo base situato alle pendici del vulcano e il per-corso continua a piedi lungo il sentiero che porta alle vette dell’Erta Ale, il più attivo dell’omonima catena, l’unico ad avere un lago di lava permanente che ribolle a 1200 gradi. Il cammino verso la bocca del vulcano è dolce, il dislivello infatti è di poco inferiore ai 600 metri e il paesaggio che s’incontra durante la salita è ir-reale, simile a quello lunare: un’enorme distesa di lava increspata illuminata nel buio della notte dai bagliori rossi della caldera. Uno spettacolo antico quanto il mondo, che regala emozioni indescrivibili. Riprese le auto il viaggio con-tinua attraverso la polverosa piana di Dodom arrivan-do al lago Afrera, ribattezzato Lago Giulietti in ricordo dell’esploratore italiano (Giuseppe Maria Giulietti) scomparso in questi luoghi negli anni ‘80 dell’800. Questo territorio in gran parte sotto il livello del mare è stato da sempre meta di grandi spedizioni, anche da

parte di nostri connazionali, furono infatti Ludovico Marcello Nesbitt, Tullio Pastori e Giuseppe Rosina nel 1928 i primi europei a raggiungere e far conoscere al mondo la Dancalia. È proprio sulle rive dell’Afrera, uno specchio d’acqua di colore blu cobalto circonda-to dal nero dei basalti, che sorgono le saline. Qui le popolazioni locali lasciano evaporare in ordinate va-sche le acque salmastre del lago e realizzano enormi colline bianche di sale, merce preziosa al pari dell’oro, moneta di scambio fin dai tempi antichi. Da qualche anno la strada di terra battuta, un tempo l’unica a sol-care queste zone, ha lasciato il posto a quella asfaltata, permettendo ai camion di trasportare il sale attraverso il deserto fino ad Addis Abeba. Una strada che se un giorno sarà completata disegnerà una nuova Danca-lia, ponendo fine al susseguirsi secolare delle carova-ne, facendo irrompere la modernità lì dove il popolo nonostante tutto fino ad oggi è riuscito a difendere la propria cultura e questo sorprendente territorio.

Q U A S I D A L N U L L A A P P A R E

I L V U L C A N O D E L D A L L O L ,

I L “ L U O G O D E G L I S P I R I T I ”

Le tipiche formazioni rocciose, saline e sulfuree del Dallol.

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E 4 0 ° 1 8 ° 0 0 ’ ’N 1 4 ° 1 4 ’ 3 0 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n DA N C A L I A

Giovanni Dardanelli

I S A N T I E T I O P I

S C R U T A N O

L ’ O R I Z Z O N T Efotografi e di Andrea Maini

di Giovanni Dardanelli

L’altopiano etiopico, a 2400 m di quota, con una serie con-

tinua di salti franosi scivola fi no a 128 metri sotto il livello del mare: è la riva occidentale della Rift Valley.Lo scalino di Agula, a breve distan-za dalla conca di Makalle, non è soltanto un confi ne fi sico tra le regioni degli altipiani etiopi e la fossa della Dancalia, è anche la linea di demarcazione che segna la frattura tra due culture profondamente diverse: la popolazione contadina dell’altopiano e la popolazione

seminomade della depressione, la tradizione cristiano-copta dell’altopiano e le abitudini mussulmane della Dancalia, le radici secolari della cultura del cavallo e quella lontana e un po’ esotica del cammello.Tra maggio e settembre le grandi piogge fl agellano le terre aride dell’altopiano e le nebbie avvolgono i passaggi di alta quota. I torrenti impetuosi si river-sano nel bacino della depressione allagando la terra spugnosa ai piedi delle masse nere di antiche eruzioni laviche e la crosta bianca che prelude l’acqua evane-scente del lago Assale. I due mondi non si incontrano:

i cammelli pascolano le piane erbose tra il massiccio vulcanico dell’Erta Ale e il lago Afrera, e i cavalli arano gli appezzamenti di alta quota. In passato le madonne dipinte nelle innumerevoli piccole chiese rupestri del Tigray hanno protetto i cristiani, con le  croci tatuate sulla fronte e sul petto, dai violenti tentativi di conquista delle armate mussulmane. Dalla penisola arabica e dal sultanato di Harar, attraverso l’inevitabi-le territorio dancalo, è arrivato in Etiopia tutto il bene e tutto il male che la storia ricordi.Come ritorna la stagione secca, ricomincia il via vai anacronistico delle carovane del sale. Le popolazioni dell’altopiano rincon-

Da trent’anni nel settore turi-stico, Giovanni Dardanelli ha indirizzato la sua attenzione sia verso il continente africano, sia verso il vasto blocco delle ter-re centroasiatiche. Una lunga navigazione tra le culture in-do-tibetane a ridosso dell’arco himalayano e indo islamiche dell’Asia centrale e una lunga ricerca tra le manifestazioni culturali africane.

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Commercianti al mercato nella terra degli afar.

trano in un gioco secolare, dettato dalle regole dello scambio, la gente dancala. Piero della Francesca, ad Arezzo, disegna l’incontro tra la regina di Saba e il re Salomone. Il re ha un aspetto ieratico, ha una sorta di mantello disegnato con fili d’oro e la barba scu-ra, lunga e folta, segnata da qualche sfumatura bianca. La  leggendaria regina invece ha un velo a copricapo di tipo rinascimentale, ha un profilo molto nobile, ma forse troppo europeo per ricordare credibilmente la leggendaria regina di Saba il cui regno, a cavallo del Mar Rosso, si estendeva dalla punta meridionale della penisola arabica alle terre abissine. Il Canyon scavato dal torrente che unisce il fondo del-la Dancalia al primo scalino che porta verso gli altipia-ni, porta proprio il suo nome: Saba. Indica la memoria dei passaggi antichi, la prima via di comunicazione dal mare all’altopiano. Oggi non discendono o risalgono carovane stracolme di avorio, di incenso e di oro, i doni di scambio tra i sovrani, ma solamente sale, sale,

sale in salita e paglia e fieno in discesa!Centinaia di cammelli in fila indiana, dal passo mol-leggiato e silenzioso, preceduti da truppe disordinate di asini, salgono e scendono nel passaggio naturale scavato dall’acqua: il canyon di Saba!La distesa piatta di cristalli bianchi, la superficie che si riproduce in un infinito gioco geometrico  di esagoni, si perde all’ orizzonte. La piana respira: quando soffia la brezza umida dal Mar Rosso, il filo d’acqua si espan-de e dal lago Assale arriva a lambire l’unico e incon-fondibile scoglio bruno di magnesio della piana salata. Ma quando, invece, la brezza secca discende dall’al-topiano, il piano salato si riassorbe il filo d’acqua e il cristallo riemerge secco e bianco scricchiolando sotto lo zoccolo delle carovane.La piana di sale è affascinante ed emozionante. Un deserto bianco che si tuffa nel gorgoglio  inquietante del lago giallo, che affonda nell’oscuro profilo del lago nero e si ferma, apparentemente, ai piedi delle torri di

sale che fiancheggiano il bacino di Dallol, la culla di colori minerali della Dancalia. Dal cri-nale di terre salate ossidate del bordo di Dallol, si scorge chiaramente a ovest il muro dell’alto-piano, mentre a sud la piana si dilunga oltre il lago Assale verso la linea dei vulcani: Kibrit Ale, Gabuli, Borele Ale, Erta Ale. A Ksawarat, “Glissa”, il re dei dancali, un re senza corona, nella vecchia capanna di le-gni nodosi di acacia composti a igloo, tiene sempre  consigli tribali molto animati. Il suo coltello leggermente curvato come la tipica Jambiya yemenita, il suo dialetto Afar dalle forti aspirate, i suoi sguardi poco inclini alla tolleranza, lasciano intendere che la terra dei dancali, bambini che corrono nudi nella pol-vere tra le rocce vulcaniche infuocate, non è fatta per giocare, l’unico vero gioco è quello che non conosce il perdono: il gioco della so-pravvivenza!

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S t a i v i a g g i a n d o i n DA N C A L I A

Andrea Semplici

L A D I V E R S I T À

D I M O H A M M E DTesto e foto di Andrea Semplici

Fu Dini, ragazzo afar, mio fi glio afar, a dirmi che il soprannome

del più sorprendente barista della Dancalia era Mohammed Tchai Tchai, Mohammed Tè Tè. Dopo tanti anni di viaggi in questa ter-ra assurda, il primo ricordo è sempre per lui: magro, ossuto, Mohammed ha un volto di angoli e spigoli, i suoi capelli il più delle volte sono lunghi e arricciati come quelli di un hippie antico, ha un sorriso da joker dancalo e gli occhi in cerca. Mohammed, anni fa, fu il mio primo incontro con il mondo degli afar, il popolo della Dancalia, la gen-te che addosso aveva la fama di ferocia e crudeltà. E così, ancor oggi, viene raccontata la loro storia. Senza fantasia, da esploratori e viaggiatori, giornalisti e an-tropologi sbrigativi. Si parte per questi deserti di sale e fuoco con una sottile inquietudine tessuta sotto pelle. Ma poi, all’alba, dopo le prime ore di un cammino notturno dietro alle caro-vane del sale, incontri Mohammed e senti che, con il sole che si alza dietro alle montagne, i tuoi stereotipi se ne vanno. Quella mattina, anni fa, cominciava così la mia prima discesa verso il cuore della Dancalia, verso la Piana del Sale, verso i geycers di Dallol. Non sapeva-mo che cosa avremmo trovato, Mohammed ci sorprese con il suo bar all’ombra bucherellata di un’acacia.

Una collina di pietre, paesaggio arido, il fruscio del passaggio dei cammelli (che poi sono dromedari), la curva di un fi ume disseccato. E un uomo, all’improv-viso. Stava ravvivando le braci di un piccolo fuoco, alle sue spalle la capanna a cupola degli afar. Di qui, da sempre, passa la pista delle carovane che scendono in Dancalia per raccogliere il sale. Non appena ci vide, Mohammed si mise a sfaccendare con tazzine di plastiche incrostate di macchie. Riempì di acqua una teiera annerita. Il suo sorriso era un invi-to. Ci sedemmo su delle pietre sistemate in circolo. Ho un ricordo da nostalgia irrimediabile di quel tè. Avevo in mente un articolo appena letto su una celebre rivi-sta. Parlava degli afar: ‘Feroci come il deserto, spietati perfi no con se stessi, elusivi come una cupa leggenda’. Alzai gli occhi e guardai Mohammed che continuava a sorridere. Il feroce afar era un uomo gentile e premu-

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Andrea Semplici, 62 anni, giornalista e fotografo. Venti anni fa ha cominciato a sfio-rare la Dancalia. Ha dovuto scriverne: Dancalia edito da Terre di Mezzo. Ha scritto gui-de: Eritrea, Etiopia e Libia (Ed. Clup). E poi, per Terre di Mez-zo: Diario d’Africa, Viaggiatori viaggianti, In viaggio con Ka-puscinski, Gli anfibi slacciati di Che Guevara. Dirige la rivista on-line Erodoto 108.

Andrea Semplici,

Dancalia, Terre di mezzo, Milano, 2012, (2a ed. 2014).

roso. Attorno a lui zampettava un bambino. Da allora sono tornato più volte in Dancalia. E ogni volta mi fermo alla capanna di Mohammed. Sorrido quando mi spiegano che gli afar sono nomadi: ogni anno li ritrovo allo stesso posto, come se non si fossero mossi di un millimetro. Sono conservatori, abitudina-ri, compiono sempre gli stessi gesti. Oramai conosco i nipoti di Mohammed. L’ultima volta sua moglie ha tirato fuori eleganti bicchieri in vetro arabescato per offrirci il tè. Una volta gli chiesi se potevo fotografarlo: si alzò, svanì dentro la capanna e ricomparve con una camicia bianchissima made in China con su stampi-gliato un fantastico drago alato nero. Non aveva di-menticato il jile, il lungo pugnale ricurvo degli afar. Sul manico, un fiore di plastica rosso. Gli antropologi mi avevano spiegato che era il simbolo dei nemici uc-cisi. A me parve un vezzo di eleganza.

Niente mi unisce a Mohammed. Nella sua lingua ho imparato solo a dire gheddeghè, ‘grazie’. I nostri colloqui sono fatti di si-lenzi. I nostri valori sono lonta-ni anni-luce. Eppure io mi sen-to legato a quest’uomo. La sola possibilità che abbiamo è quella di riconoscerci la diversità.

E la Dancalia è diversità: è la sola terra al mondo dove si calpesta il fondale di un oceano. Qui si incontrano tre faglie tettoniche e la Rift Valley comincia a tagliare in due l’Africa, la lava del vulcano Erta Ale non ha mai smesso di ribollire e Dallol continua, instanca-bilmente, a provare a diventare un cratere. Gli afar, i progenitori di Mohammed, scelsero di vivere in que-sto deserto fra il mar Rosso e il fiume Awash. Loro vedevano qualcosa che altri non riuscivano a scorgere in questa solitudine di lava. I saluti significano. In ogni parte del mondo. In Afri-ca più che altrove. In Dancalia raccontano qualcosa di questa terra. Il momento dell’incontro è un baciama-no. Prendo la mano di Mohammed e la porto alle mia labbra. Lui, con un movimento da marionetta, ripe-te il gesto con la mia mano. Lo facciamo due volte. Il saluto di benvenuto è scambio fisico, è racconto. L’addio, invece, è brusco. Ce ne andiamo dal bar di Mohammed, dal deserto, dal vulcano, dalla Dancalia. E non dovremo voltarci indietro. Si gira la schiena e si va. Qualche volta, ci sarà il tempo del ritorno. E allora sarà di nuovo baciamano, tè, i racconti a gesti. Davvero, fa bene venire in Dancalia.

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S t a i v i a g g i a n d o i n DA N C A L I A

C I B O

Injera: il pane della tradizione

Uno degli alimenti più diff usi nel territorio tra Eritrea ed Etiopia è l’injera, un pane realizzato con farina di teff e un cereale simile al miglio, impastato a mano e cotto per pochi minuti in piastre con tradizionali coperchi a cupola.

Lucy: il primo ominide

I resti dell’australopiteco Lucy, il più famoso fossile di ominide che sia mai stato scoperto, un esemplare femmina di circa 20 anni risalente a 3,2 milioni di anni fa, sono stati ritrovati proprio nella depressione dancala negli anni 70. In amarico il nome di Lucy è Dinqinesh che signifi ca “Tu sei meravigliosa”.

• Dallol è lì. All’orizzonte. Un isolotto nella Piana del Sale. […] Immutabile. E sempre diverso. Come vorrei che questo posto si facesse beff e di tutti noi. (Andrea Semplici) •

L A C U L L A D E L L ’ U M A N I TÀ

D A N C A L I A

LINGUE UFFICIALIAmarico e Afar

SUPERFICIE50.000 km²

AREA GEOGRAFICACorno d’Africa a confine con Eritrea, Etiopia e Gibuti

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P R O G R A M M A K E L 1 2

I N V I A G G I O C O N K E L 1 2

K E L 1 2 T I P O R T A A N C H E A

D A N O N P E R D E R E

Harar: la città bianca

Capitale di un antico sultanato mussulmano che solo a fi ne 1800 venne inglobato nello Stato etiope, la città bianca di Harar è un museo a cielo aperto, divenuto Patrimonio dell’Unesco nel 2004 per l’unicità dei suoi edifi ci che hanno conosciuto infl uenze indiane, armene, egiziane e arabe.  Qui si trovano 82 mosche, alcune delle quali risalenti al X secolo. Harar è considerata la quarta città santa dell’Islam.

Acque termali

Sulle sponde del lago Afrera è possibile concedersi l’ebbrezza di un bagno caldo a 110 metri sotto il livello del mare immergendosi in una delle sorgenti termali di acqua dolce che sorgono a ridosso delle saline. La piacevolezza delle acque di colore blu cobalto, si unisce a quella del panorama circostante: colline bianchissime di sale appena estratto.

La Dancalia, il Tigray e la città bianca di Harar

Viaggi con l’esperto

DURATA 13 giorni

PARTENZE 26 dicembre 2015, 4 febbraio 2016

Avventura dancala e Gibuti: la rotta del sale

Viaggi con l’esperto

DURATA 13 giorni

PARTENZE 26 novembre 2015, 14 gennaio 2016

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C U B A

La Isla Grande incanta con i suoi paesaggi naturali e un fermento culturale inesauribile. Dalla vivace La Habana all’antica e solitaria Baracoa, Cuba si muove a ritmo di

musica, da ascoltare in una delle numerose Case de la trova o da ballare nei locali e per strada.

Non solo spiagge dorate, mare cristallino e natura incontaminata: Cuba è una vera e propria fucina creativa dove scoprire il fasci-no dell’architettura coloniale e lasciarsi conquistare da una musica che non ha eguali. In perfetto equilibrio tra passato e futuro, l’i-sola mostra orgogliosa la sua storia secolare, dalle tracce dei primi esploratori alla Revolución, mentre si proietta fi duciosa in un fu-turo di apertura e disgelo, stringendo la mano ai vicini Stati Uniti.

D E N T R O I L C U O R E

D E I C A R A I B I

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S t a i v i a g g i a n d o i n C U B A

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Nell’ottobre di oltre cinque secoli fa, quando le sue Caravelle approdano sull’isola, Cristoforo Co-

lombo ne resta talmente impressionato da non riuscire a tradurre i propri pensieri in parole: tra le pagine dei diari, racconta di una bellezza tanto straordinaria da essere inedita per l’occhio umano. A oggi, il fascino di Cuba resta sempre dirompente, un caleidoscopio di natura, storia e cultura al centro dei Caraibi.Questa vivacità non può che esprimersi al meglio nella capitale: La Habana non è difatti una semplice città, bensì un ricettacolo di vita e cultura. Separata dal mare dal lungo Malécon, il viale su cui da un lato si affaccia-

Cuba

L A I S L A

A R I T M OC H E S I M U O V E

D I M U S I C A

fotografie di Roberto Carretta

di Samantha Colombo

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S t a i v i a g g i a n d o a C U B A

no le antiche case e dall’altro s’infrangono i flutti del Golfo del Messico, è essa stessa l’essenza di Cuba. Da La Habana Vieja, il vecchio centro storico patrimonio Unesco, fino alla periferia, sono le strade a pulsare di vita: automobili anni ’50, echi di musica e passi di danza si mischiano tra negozi di libri e locali di ogni tipo. Proprio in queste vie capita di incrociare un locale storico come la Bodeguita del Medio, sotto le cui insegne si sono avvicendati nomi celebri, dal presidente cileno Salvador Allende, ad attori come Errol Flynn o scrittori come Pablo Neruda, e forse non a caso proprio qui si sorseggia anche un ottimo mojito, la bevanda cubana ormai assunta a icona in tutto il mondo. Si dice che Ernest Hemingway fosse un affezionato del locale e che addirittura sia stato lui a inventare il drink: anche se qui è il mito a prendere il sopravvento sulla realtà.Fuori dalla capitale, un passato secolare ha lasciato in tutta Cuba tracce tangibili e variegate, innestando un insieme di stili artistici e architettonici: al centro dell’isola, si ergono due gioielli urbani come Cienfue-gos, costellata da palazzi neoclassici, e Trinidad, tra luoghi di culto e musei dalle linee raffinate. Qui fanno

mostra di sé splendide architetture coloniali ed è suffi-ciente spostarsi nei dintorni per visitare piantagioni di canna da zucchero e tabacco. Ed è impossibile pensare a Cuba senza che il ricordo non arrivi a sfiorare i suoi sigari: non un semplice prodotto tipico, ma un simbo-lo identitario, un’industria così fiorente e apprezzata da incrinare addirittura l’embargo con gli Stati Uniti. L’eleganza coloniale si esprime anche in altre città, come Camaguey, il cui centro storico è un intrico di strade con incastonate chiese barocche e statue uniche, per non parlare dei tinajones, i tipici vasi di terracotta utilizzati in origine per la raccolta dell’acqua piovana. Se la storia dell’isola cubana si dipana tra mille con-traddizioni ed è in grado di generare in chi vi si accosta le sensazioni più disparate, esattamente come i suoi paesaggi si mostrano sempre mutevoli, nondimeno è vivace la sua vita culturale. Così per entrare in contat-to con la musica più viscerale, basta varcare la soglia di una delle numerose Case de la trova: da qui chitar-re e voci di generazioni di interpreti portano avanti una tradizione antica. I trovadores si muovono da una parte all’altra dell’isola con le loro chitarre, pizzicando

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Automobili anni ’50, echi di musica e passi di danza si mischiano per le strade di Cuba tra locali di ogni tipo

le corde e cantando i loro versi, fino a diventare uni-versalmente noti, come nel caso di quel tale Compay Segundo, uno dei musicisti cubani più conosciuti, ca-pace di salire sui palchi di tutto il mondo fino a oltre 90 anni. Per tutti la sua immagine è fissata nella men-te grazie al film di Wim Wenders Buena Vista Social Club, pellicola che è stata in grado di catturare l’essen-za della musica dell’isola caraibica.La tradizione musicale cubana è difatti una delle più incisive al mondo, talmente forte da diventare un vero e proprio archetipo, ritmicamente strutturata per tra-sformarsi in danza e melodicamente pronta ad acco-gliere impegno e divertimento in egual misura. Ba-sti pensare a come, dalla voce di Joseito Fernandez, Guantanamera sia diventata l’inno non solo di una nazione, ma di tutto un continente e ancora oltre. Questa sorta di imprinting sonoro si propaga dal son alla conga, passando per yamby, columbia e guaguan-co, tutti generi di matrice squisitamente cubana, fino a contaminare rock, jazz ed elettronica e non a caso ogni crocevia de la isla è pronto ad accogliere danze e concerti, dai locali da ballo alle strade, perché la mu-sica è respiro e non ha confini. Così, ad esempio, per le strade di Baracoa, la città più antica dell’isola solo sfiorata da molti viaggiatori, risuona il changüí, che fonde, in un perfetto sincretismo, tradizione spagnola e percussioni africane.

Accanto alla musica, l’orgoglio cubano si palesa ac-cecante sulla costa meridionale, in quella Santiago de Cuba (città natale di Italo Calvino) dove nel 1953 si accende la miccia della Revolución, come pure a Santa Clara, dove ha sede il Mausoleo Che Guevara che cu-stodisce le spoglie del Che, dei suoi compañeros caduti in Bolivia e di altri combattenti. Insieme a questi teso-ri culturali, non vanno dimenticati paesaggi e spiagge, gli stessi che hanno conquistato Colombo e i primi esploratori e che ancora oggi rendono Cuba un para-diso in terra: come nel caso della provincia di Holguín, nella parte occidentale dell’isola, che accoglie i riflessi dorati della sabbia, senza nascondere le meraviglie del-la barriera corallina. Con il suo inestimabile patrimo-nio insieme naturale e culturale, oggi l’isola è pronta ad agguantare il proprio futuro e a vivere una nuova era: la bandiera a stelle e strisce è issata sull’ambascia-ta statunitense e, dopo mezzo secolo di isolamento, i due paesi possono stringersi la mano, esattamente come hanno fatto Barack Obama e Raúl Castro. Tutto questo è Cuba, un vortice di energia senza fine, una fucina creativa vitale e inesauribile, una musica che non smette mai di suonare.

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S t a i v i a g g i a n d o a C U B A

Antropologo italo-argentino esperto di politica interna-zionale, Alfredo Luis Somo-za collabora con varie testate giornalistiche. È direttore della rivista online dialoghi.info e presidente dell’Istituto Coo-perazione Economica Interna-zionale. Ha scritto libri su temi storici, internazionali, turistici e insegna in master e corsi universitari. È stato fondatore e Presidente dell’Associazione Italiana Turismo Responsabile.

Alfredo LuisSomoza

C U B A

S E N Z A

P R E G I U D I Z I fotografi e di Roberto Salinas

di Alfredo Luís Somoza

Cuba è Cuba, un paese che non può essere raccontato né ana-

lizzato per categorie perché da de-cenni è un caso unico tra gli altri stati dell’America Latina. Non solo banalmente perché è stato l’unico paese dell’intero continente a guida comunista, ma anche perché è stato ed è una fucina unica di cultura e di pensiero. La storia del ‘900 ci racconta due Cuba, la prima era un’estensione degli Stati Uniti che qui delocalizza-rono gioco d’azzardo e turismo, gestiti non sempre da imprenditori “puliti”, la seconda è la Cuba della Revolución, spina nel fi anco dell’ingombrante vicino del nord e amica di ogni movimento rivoluzionario in America Latina e in Africa. La sua infl uenza, ben

oltre il suo peso reale, è stata dovuta anche ai nomi dei grandi personaggi che hanno costruito uno dei miti del ‘900: Che Guevara, Fidel Castro, Ernest He-mingway. L’esperienza cubana degli ultimi 50 anni può essere raccontata in due modi, entrambi giusti: la Cuba del regime a partito unico che ha punito con il carcere il dissenso, e la Cuba che ha garantito alla sua popolazione un livello di dignità sociale, istruzione e sanità ben oltre la media latinoamericana. La Cuba alleata dell’URSS nel grande gioco della Guerra Fred-da e la Cuba nazionalista che ha tenuto testa agli Stati Uniti quale novello Davide. Sempre due storie in una.

U N A C O M P L E S S I T À R A D I C A T A N E L L A S T O R I AÈ proprio la complessità di Cuba e della sua socie-tà che spiega l’inspiegabile, e cioè come sia successo che dopo la fi ne dell’URSS questo piccolo paese abbia potuto continuare sulla sua strada politica senza tra-collare. Parte del rebus è dovuta alla “qualità” dei suoi massimi dirigenti, cioè la famiglia Castro, che riuscì negli anni ’50 a costruire un fronte sociale nel quale trovarono posto coloro che erano stati sempre emar-ginati, i poveri, la piccola borghesia, i contadini e gli afroamericani, e a tenerlo coeso lungo i decenni. Uno strano regime, quello castrista, che pur diventando

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implacabile con l’opposizione, ha sempre mantenuto canali aperti di dialogo e collaborazione con la Chiesa Cattolica, la Massoneria (potentissima a Cuba) e le ge-rarchie della religione afrocubana (la Santeria). Ora Cuba è in transizione, cioè sta progressivamente permettendo spazi di libertà individuali ed economi-che finora negati. Una transizione che ha regolarizzato i paladares e le casas particolares, cioè i ristoranti e i B&B gestiti non dallo Stato ma dai privati e il turismo sempre gestito in regime monopolistico dallo Stato insieme a grandi compagnie multinazionali, diventa ora opportunità di reddito familiare non più clande-stinamente. Maggiori libertà che conosceranno un’accelerazione grazie alla fine del fallimentare embargo (dopo 53 anni) che gli Stati Uniti hanno imposto all’isola con l’intenzione di fare tracollare il regime. E ora a Cuba torneranno gli imprenditori a stelle e strisce che non vedevano l’ora di riprendere a lavorare per recuperare il tempo perso.

C O N L A B E N E D I Z I O N E P A P A L EQuesta ordinata e insolita transizione all’economia di mercato che non vuole mettere in discussione l’assetto politico, ricorda molto la Cina e il suo “capitalismo di

Stato”. Sicuramente a Cuba sarà diverso come sempre è stato, e questa diversità si dimostra anche con l’inso-lito ruolo giocato dal Vaticano nella lunga mediazione che ha portato la pace tra USA e Cuba. Una media-zione iniziata da Papa Wojtyla, portata avanti da Papa Ratzinger e conclusa da Papa Bergoglio. Il perché di questa attenzione particolare è presto detto: per il Va-ticano, l’isola caraibica è una pedina importantissima per il recupero di fedeli nel suo più grande serbatoio di fedeli, l’America. Dopo il passaggio di Wojtyla, a Cuba venne dichiarato festivo il giorno di Natale, si attendono anche gesti clamorosi durante la visita-lampo di Papa Francesco il prossimo settembre lungo la via che lo porterà negli Stati Uniti.I viaggiatori che si recheranno in questi mesi a Cuba saranno testimoni della Storia, perché proprio in quel lembo di Caraibi si sta chiudendo la Guerra Fredda e si sta riscrivendo la storia futura del Continente ame-ricano. Come sarà la conclusione di questo processo è ancora difficile da immaginare, ma il patrimonio più importante di Cuba per costruire il suo futuro è la sua gente. Quel capitale umano formato, temprato dalle difficoltà, esperto nell’arte di arrangiarsi, che non ha mai rinunciato a fare musica, a scrivere e a discutere. La Cuba del futuro potrebbe essere per quei corsi e ricorsi della storia, uno dei migliori alleati degli Stati Uniti e tornare alla guida dei Caraibi come gli spetta di diritto. Insomma, Cuba ancora può stupirci perché qui la creatività è di casa.

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S t a i v i a g g i a n d o a C U B A

• Yo soy un hombre sincero. De donde crece la palma. Y antes de morirme quiero. Echar mis versos del alma. (Guantanamera) •

C U R I O S I T À

La nave della RevoluciÓn

Il Granma è la nave su cui Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara sono approdati a Cuba dal Messico, durantela Rivoluzione del 1956. Il battello è un simbolo nazionale cubano ed è conservato a La Habana, mentre il luogo dello sbarco è stato così rinominato (Provincia di Granma) in suo onore.

Sigari e rum

Dalle coltivazioni di tabacco e canna da zucchero, nascono due dei prodotti cubani più pregiati: sigari e rum. E proprio da quest’ultima bevanda, nascono anche dei cocktail che hanno conquistato il mondo intero: mojito, daiquiri e cuba libre.

P R O D O T T I T I P I C I

C U B A

S T O R I A

1902: indipendenza

1953-1959: rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara

aprile 1961: embargo totale imposto dagli Stati Uniti

aprile 2015: storica stretta di mano tra Obama e Raul Castro

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P R O G R A M M A K E L 1 2

I N V I A G G I O C O N K E L 1 2

K E L 1 2 T I P O R T A A N C H E A

D A N O N P E R D E R E

La Fabbrica di Arte Cubana

Inaugurata nel febbraio 2014, la Fabbrica di Arte Cubana, o FAC, è un luogo di incontro dove è possibile godere di un’ampia proposta culturale. Nei quattro piani della galleria, realizzata all’interno di una vecchia fabbrica di olio, trovano spazio diverse arti dalla pittura alla fotografi a, dalla moda alla letteratura. Al primo piano della struttura c’è uno spazio dedicato alla danza, al teatro e al cinema, più una terrazza chiamata “nave azzurra” per concerti.

Auto d’epoca e bici taxi

Per esplorare l’isola con uno sguardo inedito l’ideale è concedersi una visita panoramica dell’Habana a bordo delle tipiche auto d’epoca, rigorosamente anni ’50, rivivendo il glamour dell’epoca più aff ascinante di Cuba, senza dimenticare che alcune di queste classic car hanno un fascino davvero unico. Per chi preferisce i ritmi più rilassati è invece possibile andare a spasso per Camaguey con le bici-taxi, tipici tricicli con conducente simili a risciò.

Gran mojito

Viaggi avventura

DURATA 15 giorni

PARTENZE 18 ottobre 2015, 27 dicembre 2015, 14 febbraio 2016

L’Isla Grande da La Habana a Santiago de Cuba

Viaggi con l’esperto

DURATA 15 giorni

PARTENZE 27 dicembre 2015, 14 marzo 2016

Daiquiri

Viaggi avventura

DURATA 9 giorni

PARTENZE 3 gennaio 2016, 27 marzo 2016, 15 maggio 2016

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A L C U O R E D E L L ’ I N D U I S M O

E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

K U M B H M E L A

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Il Kumbh Mela è il più grande raduno religioso del mondo, un pellegrinaggio di massa dove l’Induismo dispiega ancora una volta il proprio carattere popo-lare coinvolgendo milioni e milioni di pellegrini, curiosi e viaggiatori. Siamo di fronte a una grande festa, dove momenti di spiritualità fatti di preghie-ra e raccoglimento si alternano a danze e canti, con l’unico fi ne di bagnarsi nelle acque dei fi umi sacri. L’obiettivo comune a tutti i pellegrini è ottenere la redenzione dai peccati e la liberazione spirituale.

Da gennaio a maggio 2016 decine di milioni di pellegrini, di asceti e guru arriveranno ad Haridwar, una delle 7 città sacre dell’Induismo, per le celebrazioni del Kumbh Mela, la massima espressione della spiritualità hindu.

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S t a i v i a g g i a n d o i n X

E 0 0 ° 0 0 ’ 0 0 ’ ’N 0 0 ° 0 0 ’ 0 0 ’ ’

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India

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T H E

R O A RH U M A N

fotografie di Vincenzo Rossi

di Marilena Roncarà

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E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

“Ci sono momenti in cui quello che è il più grande raduno religioso al mondo, si avvicina a qualcosa

di apocalittico, con una massa umana che si staglia a perdita d’occhio e un vociare ininterrotto 24 ore su 24”, racconta il fotografo marchigiano Vincenzo Rossi, autore di questo portfolio. Da qui: The Hu-man Roar, Il Ruggito umano, che oltre a essere il ti-tolo di un suo scatto, ha dato il nome a una collettiva sul Kumbh Mela, dello stesso Rossi, con i fotografi Enzo Priore e Riccardo Melzi, presentata a Bergamo nel 2013. Le immagini di Rossi raccontano insieme l’enorme portata dell’evento religioso e la miriade di piccole storie individuali che conducono i pellegrini a questo appuntamento collettivo con il divino.

Al pellegrinaggio accorrono le più disparate personalità religiose.

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L A S P I R I T U A L I T À I N I N D I A È C O M E

U N Q U I N T O E L E M E N T O , A L P A R I

D I T E R R A , A R I A , A C Q U A E F U O C O

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S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

Lungo la riva del Gange il terreno è ricoperto di paglia per evitare che si trasformi in fango. Dei sacchi di sabbia, posizionati uno a ridosso dell’al-tro formano una sorta di gradinata che termina nel fiume e facilita la discesa delle persone.

dal libro “Maha Kumbh Mela” di Enzo Priore

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A T U T T I I P E L L E G R I N I

È G A R A N T I T O

U N P A S T O A L G I O R N O

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S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

Vincenzo Rossi

Q U E L L A

T R A V O L G E N T E

E S P E R I E N Z A D E L S A C R O

I N T E R V I S T A A V I N C E N Z O R O S S I

fotografi e di Vincenzo Rossi

di Marilena Roncarà

Se l’usanza di recarsi presso i luoghi santi in compimento di

un voto o per ottenere un bene spe-rato, è una realtà radicata in tutte le tradizioni spirituali, per l’Induismo l’appuntamento sacro più impor-tante è senza dubbio il Kumbh Mela, che si celebra ogni tre anni a rotazione in quattro città diff erenti: Allahabad, Haridwar, Ujjain e Nashik. Fine del Kumbh Mela è liberarsi dai condizionamenti della vita terrena e purifi carsi attraverso “il bagno” nel fi ume sacro, interrompendo così il ciclo della reincar-nazione. Per chi ama l’India e la fotografi a è un even-to irrinunciabile, l’occasione per documentare una moltitudine umana che non ha eguali, un turbine di volti e colori, la folla che si getta nelle acque sacre in un’atmosfera permeata da una profonda spiritualità, come ci racconta il fotografo marchigiano Vincenzo Rossi, autore del reportage delle pagine precedenti.

A quando risalgono i tuoi scatti sul Kumbh Mela?Era il 2013 quando ho avuto la fortuna di partire per l’India in concomitanza con il Maha (grande) Kumbh Mela, che si teneva presso la città di Allahabad.I dati del sito uffi ciale dell’evento parlano di una par-

tecipazione di circa 120 milioni di pellegrini per l’edi-zione 2013, con una punta di 35 milioni il 10 febbra-io, il giorno del silenzio (Mauni Amavasya) dedicato al bagno reale. Qual era l’atmosfera di quei giorni?È un’esperienza che cambia di continuo. Si convive con una folla sterminata che si stende a perdita d’oc-chio su tutto l’orizzonte, a momenti sembra di essere dentro il giorno del giudizio, costantemente immersi in un vociare incessante. In altri momenti la situazio-ne è più rilassata: un alternarsi gioioso di preghiere, canti e balli. E tuttavia impressiona la serenità con cui i pellegrini vivono in questa estrema promiscuità: pur essendo svariati milioni in un’area molto ristretta, sono sempre composti, tranquilli, anche felici.

L’evento è gestito dal governo indiano e i numeri sono impressionanti: nel 2013 erano stati predisposti oltre 150 km di passerelle metalliche e altrettanti di rete elettrica. In più erano state costruite decine di milio-ni di Pandal, le grandi tende per gli incontri spiritua-li, e ancora tende per abitazioni da campo, i bagni, centinaia di cucine, mercati interni, centri di pronto soccorso e tanto altro. Che cos’era in tutta questa im-mensità a catturare il tuo sguardo di fotografo?Quello che colpisce è prima di tutto l’incredibile

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Vincenzo Rossi ingegnere, vive e lavora tra Modena e Roma.Nel 2006 si avvicina alla fo-tografia spinto dalla passione per il viaggio e la scoperta di culture lontane. La religione e l’esperienza del sacro sono i suoi principali temi fotografi-ci. Birmania, Ladakh ed Etio-pia gli ultimi luoghi visitati.

Mostre: Kumbh Mela - The Human Roar, Museo Storico di Bergamo, 2013.

quantità e varietà dei volti dell’India, volti che hanno nella bellezza e nell’espressività un tratto comune. E poi la spiritualità, perché nei giorni del Kumbh Mela c’è la possibilità di entrare nelle tende dei grandi ma-estri, di persone votate all’ascesi fin dalla nascita, per discutere con loro di filosofia e religione. Ad esempio con Riccardo Melzi ed Enzo Priore (gli altri due fo-tografi con cui ha poi firmato la mostra NdR), siamo entrati in contatto con un sadhu, un maestro, che ci ha invitato a partecipare alla parata del bagno reale camminando vicino al suo carro. Un vero privilegio, che ci ha consentito di vivere l’evento da protagonisti.

In questa situazione così magmatica, qual è l’apice del raccoglimento?Senza dubbio l’abluzione, che poi è un momento mol-to veloce perché polizia e uomini rana sono pronti a spingerti via un attimo dopo che ti sei immerso, onde

evitare che si formi la calca attorno alla riva. E tuttavia quel momento, in cui ognuno è da solo, coincide con la preghiera individuale e anche con la felicità di essere riusciti a bagnarsi nel fiume sacro.

Quale idea ti sei fatto del Kumbh Mela dopo averla vissuta?Prima di partire pensavo che fosse espressione di un induismo estremo, invece trovandomi a viverla ho costa-tato che è qualcosa di molto sentito

da tutta la popolazione, senza distinzione di casta. Poi un dettaglio: viaggiando in India è normale imbattersi in santoni o sedicenti guru che ti chiedono dei soldi per essere fotografati, invece quando sono arrivato al Kumbh Mela non ho incontrato nessuno che volesse farsi pagare. Erano tutti semplicemente disponibili.

Quale sensazione ti è rimasta addosso e soprattutto ci ritorneresti?La sensazione è duplice: aver partecipato a qualcosa di unico, all’evento che riunisce più persone al mondo, insieme al benessere di esserne stato testimone attra-verso la fotografia. E poi sì, ci ritornerei, vorrei do-cumentare ancora meglio quella moltitudine umana che si riversa sulle rive del Gange per abbeverarsi a qualcosa di sacro.

Durante l’abluzione ognuno si prende un momento per pregare.

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E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

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I L R A D U N O

R E L I G I O S O

P I Ù G R A N D E

D E L M O N D O

Abbiamo un appuntamento, nel marzo 2016: con decine di milioni di pellegrini e di asceti, di guru

e di cantori di dio. Da gennaio a maggio infatti decine di milioni di hindu arriveranno ad Haridwar - una delle 7 città sacre dell’induismo - nello stato indiano dell’Uttarkhand. Ci sono appuntamenti che non si possono mancare e il più grande raduno religioso del mondo - il Kumbh Mela - è uno di questi. Come i pel-legrini, anche tanti gruppi di viaggiatori confluiranno da tutta l’India per incontrarsi qui, a Haridwar, una delle quattro città che da migliaia di anni si alternano nell’ospitare il Festival (Mela) della Brocca (Kumbh).In un tempo mitico prima della creazione del mondo, quando il dio Vishnu dormiva su un serpente arro-tolato sopra l’oceano primordiale, gli dei e i demo-ni si diedero battaglia per conquistare la Brocca che conteneva il nettare dell’immortalità: l’Ambrosia, o Amrit. La Brocca era in mano al dio protettore della medicina ayurvedica, Dhanvantari, ma quando i con-tendenti cercarono di strappargliela di mano quattro

India

di Marco Restellifotografie di Enzo Priore

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E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

Marco Restelli, giornalista mi-lanese, è laureato in lingue orientali. Viaggia in Asia, scri-ve libri e reportage e guida i gruppi di viaggiatori di Kel 12. È stato vicedirettore di GEO. Oggi insegna cultura indiana all’Università Statale di Mila-no. Il suo blog è MilleOrienti.

www.milleorienti.com

D A G E N N A I O A M A G G I O

2 0 1 6 D E C I N E D I M I L I O N I

D I H I N D U A R R I V E R A N N O

A D H A R I D W A R

gocce di ambrosia dell’immortalità caddero sulla Ter-ra. Nei luoghi dove le quattro gocce toccarono il suolo nacquero altrettante città: Prayog (oggi chiamata Al-lahabad), Haridwar, Nasik e Ujjain. La battaglia fra gli dei e i demoni durò 12 giorni, e poiché un giorno divino dura un anno umano è per questa ragione che il Festival della Brocca si celebra in un ciclo di dodici anni umani, suddiviso in cicli minori, una volta per ciascuna delle quattro città. Il 2016 sarà la volta di Haridwar: sulle rive del fiume Gange che la attraversa troveremo una “città mistica”, una distesa a perdita d’occhio di vari chilometri qua-drati, punteggiata da migliaia di tende, tendoni e pa-diglioni improvvisati; ciascuno è dedicato a una delle mille diverse “scuole” o tradizioni induiste (seguaci di Shiva, di Vishnu, della Shakti, o di una delle loro

tante forme come Krishna, Rama, o la dea Lakshmi), mentre il festival è attraversato da carri, processioni, cerimonie, musiche e canti eseguiti da fedeli ma anche diffusi dagli altoparlanti, di giorno e di notte. Il Kumbh Mela è il cuore dell’induismo, è il luogo dove l’India è più India. È un’invasione di immagini, una cascata di stimoli per tutti i nostri sensi. Una Ba-bele di sacralità ma anche di materialità, fatta di terra, di profumi di spezie, di fiori, di frutta, di offerte, di canti, di inni a questo o quel guru, di inviti a entrare in questo o quel padiglione, a scoprire la saggezza di qualche scuola o tradizione. Con momenti di delirio estatico, come quando escono correndo dalle proprie tende i Naga Baba, nudi e coperti solo di cenere: sono sadhu (asceti), i più rigorosi adepti di una tradizione di meditazione solitaria che in questa occasione si ri-

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Si potrebbe quasi dire che sia il Kumbh Mela a tenere uniti da secoli gli hindu, che per il resto parlano lingue diverse e seguono insegnamenti spirituali differenti

uniscono e si trasformano, si esaltano e si precipitano (non attraversate la loro strada!) verso il Gange per farvi il bagno sacro, indifferenti alla propria nudità di fronte alla folla, qualcuno a volte con una spada in mano. Asceti guerrieri, folli di dio.Continuamente, di giorno come di notte, il Festival della Brocca viene percorso da cortei e processioni, alla testa dei quali c’è spesso un trattore o un camion, un carro di buoi o un’automobile, tutti comunque rico-perti di ghirlande di fiori arancioni (il colore delle ve-sti dei rinuncianti, degli asceti) tutti con un trono più o meno luccicante e sovrastato da un ampio ombrello che simboleggia il cielo. Sul trono c’è lui o lei: il/la guru (sì perché le donne-guru, o gurvini, un tempo quasi assenti, sono in aumento) variamente circonda-ti dai propri fedelissimi e seguiti a piedi da una folla festante. È innegabile, vedremo anche momenti di “marketing religioso” quando i fedeli di un guru cercheranno di attirare la gente nei propri padiglioni/tendopoli, ma-gari per raccogliere fondi destinati alla costruzione di nuovi ashram. Ma tutto ciò non toglie nulla alla profonda religiosità dell’evento, perché in India sacro e profano, spirito e corpo, meditazione e terra, non sono mai in contraddizione, sono mescolati in ogni aspetto della vita – e dunque perché non dovrebbero esserlo qui? Nel Kumbh Mela c’è il momento per la propaganda ma anche il momento per la meditazione profonda e il raccoglimento, nelle tende dove vengono impartiti insegnamenti ai fedeli indiani (ma anche a praticanti che arrivano qui da ogni parte del mondo).È in occasione del Kumbh Mela che Haridwar - come le altre città che a turno ospitano questo immenso ra-duno - diventa la capitale dell’induismo: il luogo in cui si incontrano e si fondono tutte le anime di questa antichissima religione priva di un fondatore e priva di un “Papa”, basata non su uno ma su numerosi testi sa-cri - da cui la molteplicità di scuole interpretative e di

tradizioni. Si potrebbe quasi dire che è il Kumbh Mela a tenere uniti da secoli gli hindu, che per il resto par-lano lingue diverse e seguono insegnamenti spirituali differenti. Il Kumbh Mela è l’oceano a cui confluisco-no tutti i fiumi, il momento del necessario confronto fra asceti itineranti, guru e mistici solitari che altri-menti non si incontrerebbero mai, chiusi nei propri ashram. Il Kumbh Mela è il loro conclave, mentre per i milioni dei loro seguaci è una festa.Questo e altro vedremo nella Babele mistica di Ha-ridwar, camminando sulle rive del Gange. Anzi della Gangà, il più sacro dei fiumi che come quasi tutti i fiu-mi indiani è femminile: una dea. Capace di purificare il karma di chi vi si immerge e di assicurare una buona reincarnazione a chi fa spargere le proprie ceneri fra le sue onde. I fiumi sacri attraversano il corpo dell’India come i canali della nostra energia sottile attraversano il nostro corpo, secondo la fisiologia dello yoga. E la più potente energia che scorre in noi, la Kundalini, è femminile: giace nel chakra alla base della nostra spina dorsale come un serpente addormentato, arrotolato. In attesa del risveglio, dell’illuminazione interiore, della creazione del nostro mondo (interiore o esterio-re), come Vishnu dormiva su un serpente prima della creazione del mondo. Così il mondo dell’induismo si risveglia e si ricrea ogni volta, nel Kumbh Mela. Ne parleremo cominciando la nostra visita di Haridwar, quando sfioreremo i fian-chi sinuosi della dea Gangà. Accadrà di notte. Perché la notte e le stelle sono amiche dei pellegrini. E dei viaggiatori.

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N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’ E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

Q U E L L A

S F U M A T U R A

I N P I Ù

I N T E R V I S T A A M A R I O R O M U A L D I

fotografi e di Riccardo Melzi

di Marilena Roncarà

“L’idea era semplice, volevamo proporre viaggi che avessero in

sé un’esperienza speciale, qualcosa di unico”, comincia così il raccon-to di Mario Romualdi, tante pro-fessioni e competenze in una vita sola: sociologo, giornalista, imprenditore, sindacalista ed esperto di viaggi, oltre che accompagnatore Kel 12. È lui l’ideatore della linea di viaggi Sfumature, ovve-ro Rendez vous. Appuntamenti con il mondo, quella per intenderci che mira a creare particolari occasioni di incontro in grado di attrarre gruppi provenienti da itinerari diversi.

Viaggi con l’esperto. Rendez vous è un fi lone di viaggi che aggiunge valore a itinerari già di per sé apprezzabi-li e conclusi. Ci racconti qualche esperienza in merito?Abbiamo iniziato noleggiando una barca in Birmania e questo ci ha consentito di visitare luoghi altrimen-ti non fruibili via terra. Sulla barca eravamo in 45 e in quel caso la “sfumatura”, l’evento speciale, è stata una cena su un isolotto deserto, dove peraltro era sta-to allestito, sempre solo per noi, uno spettacolo della Scuola Nazionale di Danza. Quindi siamo passati al Guatemala dove tre gruppi itineranti si sono ritrovati a Tikal e qui oltre a visitare il sito di notte, abbiamo avuto il privilegio, grazie al permesso dell’Unesco, di

assistere a un rito offi ciato nella Gran Plaza, uno dei luoghi archeologici più coinvolgenti del pianeta. Infi -ne nel 2015 è stata la volta della Giordania, con una cena esclusiva e realizzata sempre solo per noi, nella piccola Petra.

Creare un evento esclusivo rende il viaggiatore un pri-vilegiato, gli consente di trasformarsi in un novello Robinson Crusoe alla ricerca di esperienze inedite, ma in tutto questo che valore ha la dimensione collettiva dell’esperienza?

Mario Romualdi

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

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Laureato in sociologia, impe-gnato nel sindacato, nel gior-nalismo e nell’editoria, Mario Romualdi è imprenditore e programmatore di viaggi. Ne-gli anni ha smussato angolo-sità, ma non gli è mai venuta meno l’attenzione per “l’altro” e “il sociale”. E non ha dimen-ticato di aver dovuto attraver-sare lo Stretto di Messina.

Il consumo di cannabis, proibito

in India, è tollerato tra i naga baba.

Chi viaggia con noi, i cosiddetti “compagni di valigia” come li chiamo io, sono persone che hanno in comu-ne una curiosità sana, sono attratti da facce, terre e culture diverse, per cui è facile creare l’ambiente adat-to per la condivisione di un’esperienza, il che accentua la sensazione di essere parte di qualcosa di unico.

Per il 2016 la tappa scelta per Viaggi con l’esperto. Ren-dez vous è il Kumbh Mela, e proprio lì si incontreran-no 8 gruppi con itinerari diversi in India, Nepal e Sri Lanka. Perché questa scelta?Ci sono eventi, e il Kumbh Mela è uno di questi, che pur non essendo a esclusivo beneficio nostro, hanno qualcosa di unico da mostrare, sono manifestazioni di rilievo planetario. Lì avremo modo di verificare come, ancora una volta, l’Induismo sia in grado di proporre e imporre il proprio carattere popolare nel senso pie-no e coinvolgente del termine, chiamando a raccolta milioni e milioni di fedeli, ma anche tanti curiosi e viaggiatori.

L’appuntamento per il 2016 è ad Haridwar…Sì noi andiamo ad Haridwar, laddove il Gange che scende dalla vicina catena Himalayana è ancora im-petuoso, perché per dirla con le parole di Tiziano

Terzani “Se Dio è morto in Occidente, ha però ancora mille indirizzi in India” e Haridwar è uno di questi. Lì la scena sarà grandiosa, formicolante, spettacolare, caotica, eccessiva, trascendentale e anche fotogenica. Mentre in Occidente si separa il sacro dal profano, il godimento dalla sofferenza, la vita dalla morte, la terra dal cielo, lì tutto sembrerà fondersi e confondersi, così come si fonderanno i corpi di milioni di pellegrini che si bagneranno nel Gange.

In che modo un viaggiatore occidentale riuscirà a en-trare in sintonia con un evento di tale portata?Basterà armarsi non solo di macchina fotografica, ma anche di tanta curiosità e soprattutto di voglia di capi-re un fenomeno di massa non incontrabile altrimenti. Volendo essere protagonisti dell’evento, noi di Kel 12 abbiamo deciso di accamparci in un campo tendato, realizzato proprio per contenere tutti e 8 i nostri grup-pi. Prevediamo serate di approfondimento grazie ad accompagnatori esperti, tra cui uno yogi, in grado di dire la loro in materia, inoltre ci sarà la possibilità di incontrare e confrontarsi con i sadhu, gli asceti hindu.

E dopo il Kumbh Mela, appuntamenti per il futuro?Posso anticipare che il prossimo appuntamento di Rendez vous sarà in Colombia a fine novembre, inizio dicembre 2016. Ci andremo diversificando tre itine-rari: naturalistico, archeologico e coloniale e l’evento sarà probabilmente a Cartagena, la città più scenogra-fica e integra del Paese, ma per i dettagli bisogna aspet-tare. Intanto viviamoci il Kumbh Mela.

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N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’ E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

Walter Th irak Ruta

I P I E D I

S A C R I

D E L L ’ I N D I A

I N T E R V I S T A A W A LT E R T H I R A K R U T A

di Filippo Spreafi co

La spiritualità in India è come un quinto elemento, al pari di

terra, aria, acqua e fuoco. Tutto è pervaso da un senso trascendente: la mucca che cammina in mezzo al traffi co, l’odore pungente dei ga-rofani arancioni venduti lungo le strade, l’acqua del Gange, che cura e purifi ca nonostante sia una delle più inquinate al mondo. Il Kumbh Mela diventa la massima espressione di questa spinta collettiva ver-so il mistico: nel Triveni Sangam, la confl uenza dei tre fi umi sacri Gange, Yamuna e Sarasvati, milioni di persone si ritrovano e convivono gli uni accanto agli altri, tra cerimonie rituali e bagni di purifi cazione, tra i suoni del cembalo e le preghiere delle oltre 8000 congregazioni religiose. Figlio di un padre viaggiatore, appassionato di Oriente fi n da piccolo e oggi yogi in giro per il mondo, Walter Th irak Ruta ci racconta il lato più sacro dell’India, lui che ha imparato a cono-scere i sadhu, soggiornando nelle loro tende e dormendo con loro per terra, in un con-tinuo percorso di scoperta della spiritualità.

Quando hai capito che la meditazione orientale e lo yoga erano la tua strada?Sono sempre stato un amante delle cultu-

re, della spiritualità, dell’Oriente. Poi durante gli anni universitari a Pavia feci un incontro fondamentale: trovai un centro di meditazione dove ebbi la possibili-tà di sperimentare e muovere i primi passi nel mondo della fi losofi a orientale, delle cure alternative, dello shiatsu. Durante uno di questi corsi incontrai Sri Sri Sri Satchidananda, maestro indiano silente da più di 40 anni. Fu un impatto fortissimo.

Immagino sia stato un grande onore per te.Un onore e una fortuna. Anzi, la fortuna delle fortu-ne è stata che questo swami novantenne, grande yogi che ha scelto il silenzio come forma personale di au-tonegazione, mi ha preso rapidamente sotto la sua ala, trattandomi come un fi glio spirituale.

fotografi e di Enzo Priore

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

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Formatosi in Italia e devoto agli insegnamenti del mae-stro silente di Madras, Walter Thirak Ruta oggi insegna re-golarmente alla Scuola Yoga Pramiti di Ventimiglia e in numerosi seminari di yoga in Italia, Francia e India. È auto-re di saggi e libri dedicati alle discipline orientali e interprete culturale Kel 12 per il Kumbh Mela 2016.

In India c’è un detto: “La vicinanza di un saggio vale più di cento anni di pratica”. Ecco, io ho avuto la for-tuna di vivere 7 anni accanto a un grande saggio.

A proposito di India, ricordi il tuo primo impatto con que-sto Paese? Hai provato anche tu uno shock culturale?Assolutamente sì. Pensavo di essere preparatissimo, invece la prima volta che arrivai fui letteralmente assalito da una serie incredibile di stimoli e dalla ricchezza dell’India ba-rocca, colori e profumi che impregnano l’aria, gente che ti avvicina, sapori. In India non sei mai solo. Ancora oggi è una cosa travolgente: appena arrivi ti accorgi che tutto quello che puoi immaginare è molto meno della realtà.

Com’è stato il tuo primo incontro con il Kumbh Mela?Quando nel 2006 il mio maestro ha lasciato il corpo, ho cominciato a cercare altre fonti di spiritualità. Ho iniziato seguendo un ritualista di fuoco: in un certo senso è stato proprio il fuoco, quello sacro che brucia il karma e consente l’ascensione mistica, a diventare un aggancio per capire il Kumbh Mela. Il fuoco si trova all’interno di tutte le tende dei sadhu presenti al pellegrinaggio, tanto nei grandi Pandal quanto nei piccoli ripari improvvisati con qualche telo.

Si dice “Conosci un sadhu e conosci il Kumbh”: questi asceti itineranti sono una presenza fondamentale.Io direi che sono proprio l’anima del Kumbh Mela, tanto che gli indiani si recano in pellegrinaggio sia per l’incontro ecumenico sia per ricevere le benedizioni dai sadhu e per toccare i loro piedi, massimo segno di devozione. Sono persone che hanno reciso voluta-mente, anche con un funerale iniziatico, tutti i col-legamenti con i piani orizzontali dell’esistenza, quelli propri della società, e hanno deciso invece di vivere il più possibile in un piano verticale, che è quello del divino e del mistero.

In quanto yogi da molti anni, ormai conosci quelle regole non scritte di comportamento che è importan-te adottare. Cosa possono aspettarsi i viaggiatori che incontrerai durante il Kumbh Mela? Il viaggio Kel 12 ci permetterà di sostare nelle tende de-gli asceti per percepire da vicino l’atmosfera che regna all’interno di queste congregazioni. Soltanto durante il Kumbh Mela i sadhu si rendono completamente disponibili e permettono a tutti, senza distinzione di casta e status sociale, di mettersi al cospetto della loro

sacralità. Oltre ai consigli pratici, il mio desiderio è proprio quel-lo di permettere a chi viaggia di avere accesso a questo senso di bellezza e anche di intimità, pur trovandosi in mezzo a milioni di persone, ricchi e poveri, asceti e sudra, pellegrini e viaggiatori.

L’automortificazione dei sadhu consente l’accesso all’illuminazione

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K U M B H M E L A

• L’India assale, prende alla gola, allo stomaco. L’unica cosa che non permette è di restarle indiff erente. (Tiziano Terzani) •

C O S T U M I

C U R I O S I T À

L’abito femminile tradizionale

Il sari è l’indumento femminile tradizionale indiano dalle origini antichissime. Consiste in una fascia di stoff a larga circa un metro, la cui lunghezza varia da 4 a 9 metri. Le donne sono solite bagnarsi nelle acque sacre completamente vestite: la stoff a del sari è talmente leggera da asciugare all’aria in pochi minuti.

La conchiglia nell’Induismo

La conchiglia è uno dei principali simboli dell’Induismo. Proveniendo dall’acqua essa rappresenta, con la sua forma a spirale, l’origine dell’esistenza. Viene lavorata per ottenere una sorta di tromba, che viene suonata per richiamare l’attenzione.

S I M B O L I

N 2 9 ° 5 8 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’ E 7 8 ° 1 0 ’ 0 0 . 1 2 ’ ’

Le 7 città sacre dell’Induismo sono: Varanasi, Haridwar, Ayodhya, Dwaraka, Mathura, Kanchipuram e Ujjain.

Il Maha Kumbh Mela del 2013 ha visto la partecipazione di 120 milioni di pellegrini.

S t a i v i a g g i a n d o i n I N D I A

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I N V I A G G I O C O N K E L 1 2

K E L 1 2 T I P O R T A A N C H E I N

D A N O N P E R D E R E

Sri Lanka e Nepal

Sono ben 8 gli itinerari di Kel 12 che per 3 giorni e 3 notti nel marzo 2016 confl uiranno ad Haridwar in occasione del Kumbh Mela, tra questi un itinerario di viaggio in Sri Lanka “Kumbh Mela in India e Sri Lanka”, e uno in Nepal “Kumbh Mela in India e Nepal”. E se il primo viaggio consente di scoprire il minuscolo ma ricco di preziosità  stato dello Sri Lanka, il secondo ci riporta in Nepal dopo il recente terremoto.

Il campo tendato

Kel 12 organizza un campo tendato direttamente ad Haridwar, per dar modo ai propri viaggiatori di non restare ai margini, ma di entrare nel cuore delle celebrazioni del Kumbh Mela. Sono previste serate di approfondimento grazie ad accompagnatori esperti e a yogi in grado di introdurre all’evento.

Il cuore dell’India e il Kumbh Mela

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

Grande adorazione di Shiva e il Kumbh Mela

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

L’oro del Punjab e il Kumbh Mela

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

Kumbh Mela in India: da Delhi a Haridwar

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

Delhi Jaipur Agra e il Kumbh Mela

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

Rajasthan e Kumbh Mela

Rendez vous. Appuntamenti con il mondo

P R O G R A M M A K E L 1 2

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DURATA 14 giorni

PARTENZE 26 febbraio 2016

DURATA 16 giorni

PARTENZE 24 febbraio 2016

DURATA 14 giorni

PARTENZE 1 marzo 2016

DURATA 8 giorni

PARTENZE 3 marzo 2016

DURATA 12 giorni

PARTENZE 28 febbraio 2016

DURATA 16 giorni

PARTENZE 24 febbraio 2016

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Insieme alla bellezza dei luoghi che alternano distese di sabbia a montagne rocciose, spiagge incontaminate a suk colorati, ciò che colpisce di più in Oman è l’accoglienza della popolazione.

Già dal saluto, con la mano che passa prima sul capo e poi sul cuore, gli omaniti si distinguono per cordialità e gentilezza. A fare il resto ci pensa un paesaggio che incanta: dal silenzio assoluto che regna tra le dune di sabbia dei suoi due deserti, il Sharqiyah San-ds, le cui “onde” arrivano fino al mare e il Rub al-Khali, tra i più vasti al mondo, alle mille sfumature di verde delle pozze d’acqua dei wadi. Per non parlare del profumo d’incenso sempre pronto a catturare i nostri sensi.

P E R D E R S I T R A L E O N D E

R O S S E D E L R U B A L - K H A L I

E 5 8 ° 3 2 ’ 3 1 ’ ’N 2 3 ° 3 6 ’ 3 1 ’ ’

O M A N

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E 5 8 ° 3 2 ’ 3 1 ’ ’N 2 3 ° 3 6 ’ 3 1 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n O M A N

Testo e foto di Andrea Zappa

P R O F U M O

D ’ I N C E N S O

E R I F L E S S I D ’ O C R A

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Oman

Pochi paesi hanno la capacità di incantare i cinque sensi, l’Oman è uno di questi. Il profumo d’incen-

so che pervade i suk ricorda che da qui partivano verso il Mediterraneo le carovane cariche di questa pregiata resina. Le mille sfumature di verde che caratterizzano le pozze d’acqua dei wadi incantano la vista, così come il silenzio assoluto che regna tra le dune di sabbia dei suoi due deserti: il Sharqiyah Sands, le cui “onde” ar-rivano fino a quelle del mare, e il Rub al-Khali, tra i più vasti al mondo. C’è poi la ricca e varia cucina locale che convince anche i palati più esigenti, senza dimenticare i gioielli e i tessuti che invitano le mani a toccare e il portafogli ad aprirsi. L’Oman è tutto que-sto e molto altro…Fiore all’occhiello dell’Oman è la sua capitale Muscat, posizionata sulla costa nord-orientale, qui modernità e tradizione si fondono con armonia ed eleganza. La parte vecchia, circondata da mura e un tempo vietata agli stranieri, si caratterizza di due imponenti forti ge-melli volti al mare, Jalali e Mirani, entrambi risalenti al 1580, mentre alle loro spalle fa bella mostra di sé lo sfarzoso palazzo di sua Maestà Qaboos ibn Said. Am-mirata e invidiata, purtroppo solo da fuori, la residen-za del Sultano, non resta che immergersi tra i “comuni mortali” nel suk di Muttrah in cui la contrattazione si fa arte, come pure al vicino mercato del pesce, dove è possibile stupirsi alla vista di inimmaginabili creature degli abissi. Luogo di notevole suggestione della città è però la Grande Moschea, l’unica aperta anche ai non musulmani. Realizzata in marmo bianco tra il 1995 e il 2001, ha una struttura a dir poco monumentale e magnificente in cui è facile perdersi. Basti pensare che solo la sala di preghiera principale ospita un tap-peto persiano fatto a mano di 4263 metri quadrati, sopra al quale svetta appeso al centro della cupola, un

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E 5 8 ° 3 2 ’ 3 1 ’ ’N 2 3 ° 3 6 ’ 3 1 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n O M A N

gigantesco lampadario a cascata di cristalli Swarovski. Da non perdere anche una visita al museo etnografico di Bayt Al Zubayre, mentre per la sera si può decidere di andare ad ascoltare musica classica, jazz o ammira-re il balletto alla Royal Opera House, l’unica nel suo genere nell’intera penisola. Sebbene non ci sia un pe-riodo ideale per visitare la capitale, Muscat è bella in ogni stagione, un momento interessante può essere a inizio anno, tra gennaio e febbraio, quando si svolge il Muscat Festival, un evento che vede la città in festa e consente di scoprire in breve tempo il meglio della cultura omanita: esposizioni artigianali, appuntamen-ti gastronomici, spettacoli di musica e danza sono all’ordine del giorno.Da Muscat, gli amanti del mare possono invece spin-

gersi a visitare lo splendido e poco conosciuto arcipe-lago delle Isole Damaniyat, magari a bordo del con-fortevole Orana, l’unico catamarano a vela presente in Oman. Punto di partenza e di arrivo della crociera il ben organizzato Wave Marina. Le nove isole rocciose sono contornate dalla barriera corallina e sono classi-ficate Riserva Naturale fin dal 1996, questo garantisce fondali e una fauna marina in grado di stupire anche i subacquei più esperti.Ma non si può venire in Oman senza passare almeno qualche notte ad ammirare le stelle nel deserto. A di-sposizione ci sono due “mari del silenzio”: il Sharqiyah Sands e il Rub al-Khali. Per raggiungere il primo da Muscat non resta che spostarsi verso sud-est e dopo due ore e mezza di 4x4 si inizia a distinguerne i con-

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fini. Alle sue estremità sorgono alcuni campi tendati come il Desert Night Camp e il 1000 Night Camp che offrono comfort e servizi di qualità senza perdere l’atmosfera suggestiva del deserto. Per i più avventurosi e desiderosi di provare la vera vita nel deserto, il non plus ultra è però il Rub Al Kha-li che, data la sua posizione, richiede più tempo per raggiungerlo. Il suo nome in arabo significa, “il quar-to vuoto”, poiché per dimensioni ricopre un quarto dell’intera penisola arabica. È infatti il secondo più grande deserto di sabbia al mondo e si trova incasto-nato tra Arabia Saudita, Yemen e Oman. La sua vasti-tà, oltre 650 mila chilometri quadrati, tiene gli stessi

beduini ai margini del suo cuore sabbioso e la prima presenza occidentale da queste parti risale solamente al 1931. Le dune possono raggiungere i 300 metri di altezza e l’unico modo per esplorarlo è con i cammelli o tramite 4X4 dotati di GPS e piloti esperti nella gui-da sulla sabbia. Il modo migliore per cogliere l’essenza di un deserto è quello di attraversarlo così da toccarne il cuore. Esperienza indimenticabile, che solo in pochi sono in grado di offrire come itinerario. Gli esperti di Kel 12 tagliano con le jeep il Rub al-Khali da nord a sud in 4 giorni. Per raggiungere “Il Quarto Vuoto” da Muscat bisogna puntare e superare Jebel Akdar. La strada si inerpica

La città vecchia di Barikat Al Mauz, le cui piantagioni sono irrigate dal sistema di canali Aflaj.

I S I S T E M I D I I R R I G A Z I O N E

A F L A J S O N O P A T R I M O N I O

D E L L ’ U M A N I T À D E L L ’ U N E S C O

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E 5 8 ° 3 2 ’ 3 1 ’ ’N 2 3 ° 3 6 ’ 3 1 ’ ’

S t a i v i a g g i a n d o i n O M A N

su per le montagne tra paesaggi brulli e gole scoscese fino a raggiungere i 2000 metri di altitudine. Prima di raggiungere la zona desertica di Al-Huqf, caratterizza-ta dai “big mushrooms”, bianche formazioni rocciose erose dal vento che assumono forme inconsuete dan-do vita a un paesaggio magico e inconsueto, è d’ob-bligo fermarsi a Nizwa, l’antica capitale dell’Oman. La cittadina si estende nel mezzo di un palmeto di 8 chilometri lungo il corso di due wadi naturali (i wadi sono letti di fiumi riempiti dalle acque piovane o dal-le sorgenti naturali sotterranee). Qui, merita una vi-sita l’omonimo forte con la sua torre da 24 cannoni del XVII secolo, sotto alla quale si trova il dedalo di viuzze del suk dell’argento. Difficilmente se ne esce a mani vuote. Ancora più suggestivo è il vicino forte di Jebreen, forse il più bello fra i castelli omaniti, con i suoi corridoi, i passaggi segreti e le stanze riccamente decorate. La sensazione è quella di ritrovarsi catapul-tati indietro nel tempo all’epoca delle carovane della

via dell’incenso. Dopo aver fatto campo tra i silenzi di Al-Huqf si prosegue verso ovest e prima di iniziare a scalare con i 4x4 le dune del Rub al-Kali, si può perdere lo sguardo nella vastità di Umm Al Samin, la più grande salina dell’Oman. Una volta puntato il GPS, la vera avventura ha inizio: per alcuni giorni sarà la sabbia l’elemento predominante dell’orizzonte di chi viaggia e la notte, una volta celeste incredibile vi aiuterà a prendere sonno. Di giorno ci si conduce tra le dune e la sera, dopo tramonti mozzafiato, ci si rac-coglie attorno al fuoco a raccontarsi le mille sfumature d’ocra ammirate durante la giornata. Una volta usciti dal mondo sospeso del “Quarto Vuo-to”, nei pressi Ash Shisur fa bella mostra di sé la favo-losa Ubar, una delle mitiche città perdute dei racconti di “Mille e una notte”: un tempo centro del commer-cio dell’incenso, è cantata da Lawrence d’Arabia come “l’Atlantide delle sabbie”. Fin dalla notte dei tempi da Ubar partivano le carovane di incenso e mirra che

In Oman bellezze naturali e culturali si fondono in perfetto equilibrio

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raggiungevano prima la Mesopotamia, poi l’Egitto, la Grecia, e infine Roma. Proseguendo verso sud si rag-giunge infine il mare, dove si incontra Salalah, la capi-tale del Dhofar, regione famosa per la resina prodotta dagli alberi di boswellia, attraverso la quale si produce il noto incenso omanita. E da qui tornando in aereo a Muscat, si può intraprendere la via del ritorno.

Da nord a sud i mille volti dell’Oman possono dunque affascinare e lasciare senza fiato qualunque viaggiatore: bellezze naturali e cultura si fondono in perfetto equi-librio in uno dei paesi arabi più moderati e illuminati di questa parte di mondo. L’unica regola per godere appieno della ricchezza omanita? Abbandonarsi sem-plicemente ai propri sensi e tutto il resto verrà da sé.

D E S E R T O E M A R E D U E M O N D I

L O N T A N I C H E Q U I T R O V A N O

U N E Q U I L I B R I O P E R F E T T O

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S t a i v i a g g i a n d o i n O M A N

Il rinnovamento dello stile coloniale passa attraverso lo sportswear, il lusso della tradizione e la tecnologia di accessori e gadget. Il nuovo gentleman guarda ai colori d’Oriente e alle nuance del deserto per una rivisitazione in stile che rimanda a un’eleganza british d’impronta cinematografica. Ecco cosa mettere in valigia per affrontare al meglio il viaggio nelle atmosfere da Le mille e una notte, tra le dune sconfinate di uno dei deserti più ampi al mondo e le onde blu dell’oceano Indiano, scoprendosi novelli esploratori o lupi di mare.

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U N P E R F E T T O O U T F I T I N S T I L E C O L O N I A L E

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S t a i v i a g g i a n d o i n O M A N

C U LT U R A

Royal Opera House

Si trova a Muscat la Royal Opera House, l’unico teatro d’opera dei Paesi Arabi, inaugurato nel 2011 con laTurandot di Franco Zeffi relli, uno spettacolo grandioso e straordinario, ora inserito in maniera permanente in cartellone.

Imbarcazioni a vela tradizionali

Si chiamano dhow le tipiche imbarcazioni lignee in uso nei mari arabi fi n dall’antichità e utilizzate dai marinai del villaggio di Sur, nella parte nord-orientale del Paese, per la pesca delle perle e per raggiungere i porti lontani delle coste africane.

• Quando Allah divise il mondo, una parte fu il cielo, una la terra, una il mare e la quarta rimase vuota: il Rub Al Khali, il quarto vuoto. (Leggenda araba) •

A R T I E M E S T I E R I

O M A N

CAPITALEMuscat

GOVERNOSultanato

INDIPENDENZA1971, dal Regno Unito

E 5 8 ° 3 2 ’ 3 1 ’ ’N 2 3 ° 3 6 ’ 3 1 ’ ’

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K E L 1 2 T I P O R T A A N C H E A

D A N O N P E R D E R E

Salalah, capitale del Dhofar

Punto d’uscita dal deserto del Rub al-Khali, la città di Salalah è conosciuta anche per il suo suk dell’oro e dell’argento e per il Museo d’Al Balid che ripercorre la storia marittima del sultanato, un tempo luogo di partenza delle carovane cariche di spezie e incenso alla volta del Mediterraneo. Da Salalah è possibile prolungare di qualche giorno la vacanza soggiornando in una delle eleganti strutture balneari della zona facendo snorkeling oppure rilassandosi al sole.

Il parco marino di Ras Al Jinz

Riserva naturale protetta situata lungo la costa a sud di Muscat, quello di Ras Al Jinz è uno dei parchi marini più importanti dell’oceano Indiano, qui è possibile ammirare le enormi tartarughe marine che vengono a nidifi care. Da settembre a dicembre con la guida degli esperti locali si può assistere al magico momento della schiusa delle uova e alla corsa sulla battigia verso il mare delle piccole tartarughe appena nate.

Rub al-Khali, il Quarto Vuoto

Viaggi con l’esperto

DURATA 10 giorni

PARTENZE 22 novembre 2015, 30 dicembre 2015, 7 febbraio 2016, 6 marzo 2016

Crociera in catamarano alle isole Damaniyat e Wahiba Sands

Viaggi con l’esperto

DURATA 9 giorni

PARTENZE 17 ottobre 2015, 14 novembre 2015, 5 dicembre 2015, 26 dicembre 2015, 30 gennaio 2016, 27 febbraio 2016, 26 marzo 2016, 23 aprile 2016

P R O G R A M M A K E L 1 2

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Deserto e sultani

Viaggi Avventura

DURATA 8 giorni

PARTENZE 30 dicembre 2015, 3 gennaio 2016, 27 marzo 2016

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I L F A S C I N O M I L L E N A R I O

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E 1 1 ° 1 8 ’ 0 ’ ’N 4 7 ° 7 ’ 0 ’ ’

S T U B A I

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A rendere speciale il comprensorio sciistico dello Stu-bai non è solo la neve fresca a disposizione 9 mesi l’an-no, che lo trasforma praticamente in un paradiso per chi vuole sciare con ancora il segno dell’abbronzatura addosso. Né bastano a renderlo speciale i 26 impianti di risalita, i 104 chilometri di discese cartografate o le maestose discese oltre i 3000 metri, punto di ri-ferimento per i freerider di tutta Europa. A renderlo davvero unico è l’anima stessa del Tirolo, trasparente e viva proprio come il ghiaccio eterno che da millenni ricopre le sue cime.

Lo Stubai è uno scrigno nascosto nel cuore del Tirolo austriaco, una lunga e profonda valle che conduce a uno dei più spettacolari ghiacciai di tutto l’arco alpino.

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E 1 1 ° 1 8 ’ 0 ’ ’N 4 7 ° 7 ’ 0 ’ ’

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Stubai

È proprio vero che non ci si abitua mai alla bellezza: anche per chi frequenta abitualmente il Tirolo austria-co, il senso di grandiosità e stupore suscitato dalla valle dello Stubai ha pochi eguali in tutto l’arco alpino. Già dall’uscita Schönberg dell’Autostrada del Brennero, la meraviglia che ci si trova di fronte lascia senza fiato: una lunga vallata, la Stubaital, che per 40 chilometri serpeggia nel cuore delle Alpi Retiche Orientali, quasi un sentiero disegnato tra le montagne e punteggiato dai paesi di Mieders, Telfes, Fulpmes e Neustift, come fossero le tappe di avvicinamento al gran finale di que-sto spettacolo naturale. Lo Stubaier Gletscher è il più esteso ghiacciaio di tutta l’Austria, un’imponente di-stesa di ghiaccio eterno che domina tutta la valle e che oggi è uno dei più grandi comprensori sciistici alpini con neve garantita da ottobre a giugno. Punto di rife-

rimento per tutti gli amanti degli sport invernali, lo Stubai propone 104 chilometri di discese cartografate, 26 impianti di risalita e piste innevate che superano i 3000 metri di altitudine. Praticamente un paradiso per chi vuole sciare con ancora il segno dell’abbronza-tura estiva addosso. Ma la vocazione principale del comprensorio si rivela fuori dalle piste battute: la neve fresca sui pendii inne-vati e tra le gole lontane dalle discese segnate, quella powder su cui galleggiare con tavole e sci larghi, è il vero invito che lo Stubai rivolge a chi cerca emozioni e avventura. Il ghiacciaio austriaco è meta d’elezione per freerider di tutta Europa, grazie a 15 percorsi fuoripi-sta dove il freeride viene garantito e soprattutto mo-nitorato. Le Powder Department Runs, 4 delle quali recentemente inaugurate, sono tutte attentamente

di Angela Calabrese

U N S E G R E T O

D I G H I A C C I O T R A

L E M O N TA G N E

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S t a i v i a g g i a n d o i n S T U B A I

mappate e un sistema di track GPS consente in ogni momento di individuare posizione e coordinate dell’i-tinerario: adrenalina sì, ma sempre con una costante gestione del rischio, così come le guide alpine impon-gono. Non manca nemmeno un Powder Department Center, dove è possibile consultare quotidianamente bollettini meteo e neve prima di agganciare gli scarpo-ni agli sci o di iniziare una risalita con le pelli di foca.Freeride e scialpinismo sullo Stubai, con discese oltre i 3000 metri, consentono scorci panoramici maestosi

che si estendono anche fino alle Dolomiti: dall’Hin-terer Daunkopf (3225 m) alla cima impervia del Pan di Zucchero, la più alta del comprensorio con i suoi 3507 metri. Non mancano panorami di più semplice accesso, come la piattaforma Top of Tyrol, raggiungi-bile dalla stazione Schaufeljoch e posta sullo sperone di roccia Großen Isidor a 3210 metri d’altezza, che permette una vista a 360° sulle Alpi dello Stubai.È qui dove batte il cuore sportivo del Tirolo, come dimostra anche lo snow park Stubai Zoo, uno dei più

Un monumento di ghiaccio in un panorama senza eguali: le Dolomiti da una parte e le Alpi Svizzere dall’altra, ecco lo Stubai

E 1 1 ° 1 8 ’ 0 ’ ’N 4 7 ° 7 ’ 0 ’ ’

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grandi della regione, nei pressi della stazione di Gais-skarferner: lo spazio gode di un’ottima reputazione tra i surfisti della neve essendo lo storico punto di ritrovo dell’evento freestyle Moreboards Stubai Premiere, in programma quest’anno dal 16 al 18 ottobre. Per essere pronti e allenati già all’inizio della stagione invernale, è questo il posto giusto.Scendendo a valle dal ghiacciaio, boschi e foreste diventano protagonisti con il WildeWasserWeg (let-teralmente il Percorso delle Acque Selvagge), un sen-tiero che conduce lungo l’Alta Via Stubai tra torrenti e ruscelli: da non perdere lo spettacolo della cascata Grawa, 100 metri di volo del ruscello Sulzbach che d’inverno si trasformano in una parete di ghiaccio am-bita dagli arrampicatori. Ma la valle è generosa e accogliente per i suoi ospiti anche tra le quattro mura: il Tirolo è infatti il cuore gastronomico dell’Austria e nello Stubai è impossibile non lasciarsi conquistare da quello che è il “cestino” tipico dello sciatore tirolese, ricco di mieli, formag-gi di malga, germknödel, speck e ovviamente delle Schnaps, acqueviti fruttate e riscaldanti da bere rigo-rosamente nei tipici stamperl. Tutto questo è la Valle dello Stubai, un monumento di ghiaccio immerso in un panorama mozzafiato: le Dolomiti da una parte e le Alpi Svizzere dall’altra fino al gruppo del Bernina, un’imponente cornice naturale dove è possibile vivere la montagna 365 giorni l’anno. Il luogo ideale sia per chi vuole rilassarsi e scoprire le emozioni del ghiaccio perenne, sia per chi invece vuole lasciare il segno di due linee parallele, magari proprio lì, sulla neve immacolata.

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D I S C E S E C A R T O G R A F A T E ,

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3 0 0 0 M E T R I D I P I S T E

I N N E V A T E

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C O M E I N U N ’ U N I C A

S P L E N D I D A O N D AI N T E R V I S T A A P A O L O T O M B I N I

di Marilena Roncarà

Libertà, legame con la montagna e sicurezza: questi in sintesi gli

elementi cardine del freeride, che alla libertà di sciare lungo un pen-dio decidendo all’ultimo minuto la traiettoria da seguire, unisce la ne-cessità di farlo in tutta sicurezza. Da qui l’importanza delle guide alpine, delle prove ARTVA (l’apparecchio per la ricerca in valanga) e degli innumerevoli bollet-tini da consultare in maniera quasi obbligata per chi decide di sciare fuoripista. Di questo e di tanto altro abbiamo parlato con Paolo Tombini, guida alpina ed esperto Mountain Kingdom.

Nelle tue note biografi che scrivi che lo scialpinismo e il freeride ti fanno vivere giornate indimenticabili e con-templative, appagando la tua voglia di montagna…Quando ti trovi a sciare fuoripista sei davvero in un ambiente libero e incontaminato, puoi vivere a pieno la montagna invernale, magari sciando su un pendio ancora intonso. Non devi guardare a destra o a sinistra, perché non c’è il rischio che qualcuno ti tagli la strada, ma puoi sciare preoccupandoti solo di valutare la tua linea di discesa. In più puoi godere della bellezza del pa-esaggio, magari concedendoti una curva dove sprofondi fi no al ginocchio, sollevando un’onda di neve che arriva a stagliarsi contro il cielo. Sono sensazioni impagabili.

A quando si può far risalire questo forte interesse per il fuoripista?Lo sci fuoripista esiste da sempre, solo che un tem-po era una pratica riservata ai rider davvero esperti. Poi, da 20 anni a questa parte, grazie all’evoluzione dei materiali e degli attrezzi, con la realizzazione di sci più larghi, maneggevoli e fl essibili, perfetti per un migliore galleggiamento, il freeride è diventato un’at-tività alla portata di tutti.

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Paolo Tombini

S t a i v i a g g i a n d o i n S T U B A I

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Per descrivere il mio modo di intendere la montagna mi piace citare una frase di Rein-hard Karl: “Tempo per vivere, tempo per respirare”, mi piace godere appieno di ogni attimo passato lassù ma ancor di più fermarmi a gustarne l’essenza insieme a chi con me condivi-de questi momenti.

Lo Stubai è il posto ideale per chi inizia col fuoripista.

C O M E I N U N ’ U N I C A

S P L E N D I D A O N D A

Quali sono gli elementi necessari per un approccio in tutta sicurezza?La neve è un ambiente complesso da gestire e da co-noscere. Si parte da un’attrezzatura base: ARTVA, pala e sonda, che non solo è fondamentale avere, ma che bisogna anche essere in grado di utilizzare. In partico-lare l’ARTVA, ricetrasmettitore che va indossato sul petto per evitare che scivoli via, è essenziale per indi-viduare eventuali dispersi. La sonda, invece, serve per localizzare la posizione, mentre la pala è importante per agire in tempi rapidi. Senza questi tre strumenti non è pensabile fare freeride. Poi bisogna anche in-terfacciarsi con il bollettino meteo, con le condizioni della neve e della montagna.

Qual è il valore aggiunto di effettuare una discesa di freeride con una guida alpina?Sciare fuoripista necessita di condizioni sicure, biso-

gna conoscere il manto nevoso e le sue possibili evo-luzioni, ed è chiaro che con una guida alpina che fa da risk manager è tutto più facile, sia per le sue com-petenze in materia di sicurezza, sia per la conoscenza del territorio. Le guide alpine passano tutto l’inverno in montagna, conoscono alla perfezione i posti e non solo sono in grado di farti sciare in itinerari di rara bellezza, ma possono portarti su neve fresca e incon-taminata a tre giorni dalla nevicata, indicandoti un passaggio sconosciuto ai più.

Quali sono le mete privilegiate per gli appassionati di freeride?Sono tante, dallo Stubai, una valle perfetta per chi vuole iniziare col fuoripista, a tutte le Dolomiti, e ancora il comprensorio del Monte Rosa, le alpi fran-cesi, la Svizzera con l’Engadina, quindi l’Austria con l’Arlberg, solo per dare alcuni spunti. Ma è interes-sante notare come tantissime piccole stazioni, vedi ad esempio in Piemonte, per citare il versante italiano, stiano rinascendo proprio grazie al fuoripista, e dalla loro hanno discese davvero spettacolari.Spettacolo e libertà: il freeride è un’immersione nella neve in tutti i sensi.Prima di tutto si scia dentro e non sopra la neve, che in questo caso è la powder snow, la neve polverosa, legge-ra, ovattata, che ti offre pure la possibilità di scendere in velocità, con l’ebbrezza dell’adrenalina. E anche se hai gli scarponi e ti sembra impossibile avere una certa sensibilità, invece succede che, insieme a quel leggero fruscio della powder che a livello acustico è una sensa-zione splendida, avverti che la neve morbida intorno a te non ti ostacola, ma ti permette di entrarci dentro, fino a lasciarti disegnare la tua scia.

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S t a i v i a g g i a n d o i n S T U B A I

E 1 1 ° 1 8 ’ 0 ’ ’N 4 7 ° 7 ’ 0 ’ ’

Lasciarsi avvolgere dal silenzio delle vette più alte e vivere l’ebbrezza di una discesa su chilometri di neve fresca: questo è quello che sa regalare la valle dello Stubai agli appassionati del fuoripista. E se ARTVA, pala e sonda sono l’equipaggiamento indispensabile per affrontare il freeride in tutta sicurezza, ecco gli altri capi e accessori per cimentarsi in questa disciplina tra sfida e divertimento con la giusta protezione.

C A V A L C A N D O L A N E V E F R E S C A

di Antonella Armigero

Foto courtesy www.haglofs.com

C O M F O R T, P R O T E Z I O N E E T E C N O L O G I A P E R V I V E R E

I L F U O R I P I S T A I N T U T T A S I C U R E Z Z A

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P O C

Skull Orbic Comp: casco con sistema multi-impact per la massima protezione in caso di

cadute repentine e ad alta velocità.www.pocsports.com

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A D I D A S E Y E W E A R

Maschera 3 ID2 pro con innovativo sistema di cambio lenti adattabile alle diverse

condizioni climatiche.www.adidas.com/eyewear

L A S P O R T I V A

Spectre è uno scarpone da discesa a 4 ganci che unisce potenza e controllo a eccezionali doti di

mobilità e leggerezza. www.lasportiva.com

F E R R I N O

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prima volta integrati.www.ferrino.it

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O R T O V O X

ARTVA ZOOM+, rilevatore digitale dal design moderno, adatto agli amanti del freeride.www.ortovox.it

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• Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi. •

S T U B A I

ESTENSIONE PISTE DA SCI104 km

IMPIANTI DI RISALITA26 strutture

MASSIMA ALTITUDINE3507 metri s.l.m. (cima Pan di Zucchero)

C I B O

Mangiare ad alta quota

A due passi dalla piattaforma panoramica Top of Tyrol (in foto), Jochdohle ( 3150 metri d’altezza) è il ristorante più ad alta quota di tutto il Tirolo, galleggiante direttamente sul ghiacciaio e con una vista a 360° sul comprensorio.

Rifugio Dresdner Hütte

Costruito nel 1875 il Dresdner Hütte è il primo rifugio dello Stubai. Situato vicino alla stazione intermedia delle funivie, a 2.308 m d’altezza il rifugio è un buon punto di partenza per le esplorazioni dello straordinario paesaggio alpino che si snoda tra i ghiacciai e il Sentiero delle acque selvagge.

C U R I O S I T À

S t a i v i a g g i a n d o i n S T U B A I

E 1 1 ° 1 8 ’ 0 ’ ’N 4 7 ° 7 ’ 0 ’ ’

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I N V I A G G I O C O N M O U N TA I N K I N G D O M

M O U N T A I N K I N G D O M T I P O R T A A N C H E A

N O N S O L O S P O R T

Valluga, 2809 metri

La salita al Valluga avviene con una piccolissima funivia riservata alle guide alpine e ai loro clienti. Questa funivia storica consente di compiere un vero e proprio volo sospeso nel vuoto per un dislivello di circa 556 metri fi no a raggiungere la vetta, a quota di 2809 metri. La cima del Valluga, una delle più belle Alpi di Lechtal, è suggestiva e off re un panorama di montagne a perdita d’occhio. Da qui inizia poi la discesa lungo la spettacolare parete nord.

Centro termale

Nella valle della Ötztal, a pochi chilometri dalla Stubaital, si incontra Aqua Dome, centro termale tra i più importanti e famosi di tutto l’arco alpino. A metà strada tra l’hotel di lusso e una premium spa dall’architettura iconica, Aqua Dome off re 3 piscine termali all’aperto, spazi sensoriali, una zona sauna su più piani e un centro benessere innovativo. Una piacevole tappa relax tra una sciata e l’altra.

Stage di freeride nello Stubai

Corsi Mountain Kingdom

Scisafari in Austria dallo Stubai al Arlberg

Corsi Mountain Kingdom

DURATA 7 giorni

PARTENZE 28 febbraio 2016

P R O G R A M M A M O U N T A I N K I N G D O M

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DURATA 5 giorni

PARTENZE 4 dicembre 2015

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I N V I A G G I O

D E N T R O

A I F I L M

Ogni viaggiatore lo sa per espe-rienza diretta: un viaggio non

comincia mai con la partenza e non fi nisce mai con il ritorno. Inizia prima e continua dopo: comincia quando le immagini di un fi lm o le parole di un racconto accendono l’immaginazione e il desiderio di visitare un determi-nato luogo e continua anche dopo il ritorno a casa, quando la memoria continua a rivisitare le immagini del viaggio compiuto. Ha scritto bene Alessandro Pe-

rissinotto nel suo ultimo romanzo Coordinate d’Orien-te: “Si viaggia dentro a un Paese, ma, al tempo stesso, dentro ai libri, ai fi lm, alle immagini che hanno fatto sì che quel paese, nella nostra mente, si ritagliasse un posto prima ancora che i nostri piedi ne toccassero il suolo”. In questo processo di prefi gurazione virtuale del viaggio, o di accensione del desiderio di viaggio, il cinema ha sempre svolto un ruolo potentissimo e insostituibile: fra cinema e viaggio esiste infatti un rapporto parti-colare, un’attrazione fatale, forse perfi no un’alleanza “genetica”. Non è un caso che la sera del 28 dicembre

1895 – nel giorno convenzio-nalmente assunto come data di nascita del cinematografo – i Fratelli Lumière proiettassero per prima cosa le immagini di un treno che arriva a una stazione: quasi a sancire un destino, o a ricordare che le stazioni – così come i porti o i terminal degli aeroporti – sono da sempre tra i luoghi elettivi del cinema.Fin dalle sue origini, il cinema ha messo in circolo immagini di mondo e ha innescato de-sideri di viaggio: gli operatori

di Gianni Canova

GianniCanova

S t i a m o p a r l a n d o d i C I N E M A

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V I A G G I C O N L ’ E S P E R T O

Immagine dal film di Aaron Katz

Land Ho!, 2014.

dei Lumière andavano in giro con le loro pionieristi-che macchine da presa, riprendevano il lento scivolare di una chiatta sul Nilo o il pasto tradizionale di una famiglia giapponese, e offrivano al pubblico europeo queste immagini di mondo. E il pubblico era dispo-sto a pagare un biglietto pur di poter compiere questi viaggi virtuali. O di appagare in modo surrogatorio il proprio bisogno di viaggiare. Pochi anni dopo, all’i-nizio del ‘900, Georges Méliès, il pioniere del cinema come meraviglia e come fantasmagoria, filmava il pri-mo viaggio sulla Luna, immaginando un rudimentale razzo di cartone che si conficcava proprio nell’occhio del nostro satellite. Da allora, il cinema ha celebrato l’epos del viaggio esplorandone tutte le infinite, pos-sibili forme: dalle corse in diligenza nel vecchio West

ai teneri vagabondaggi di Charlot, dai grandi esodi di Furore alle fughe rocambolesche in stile A qualcuno piace caldo. Il cinema ha narrato il viaggio come sfida (Fitzcarraldo di Werner Herzog) e come fuga (Thelma & Louise di Ridley Scott), come deriva (Paris, Texas di Wim Wenders) e come conoscenza (I diari della moto-cicletta di Walter Salles), come avventura (tutta la saga spielberghiana di Indiana Jones) e come immersione nel nostro cuore di tenebra (Apocalypse Now di Fran-cis Ford Coppola). Accanto a un cinema “turistico” – quello che in Italia ha prodotto prima le commediole balneari degli anni ’50 e poi tutta la saga dei cinepa-nettoni – c’è sempre stato un cinema che raccontando viaggi ha innescato anche la voglia di viaggiare. Come accade – per limitarci a un esempio recente – ai due simpatici vecchietti protagonisti di Land Ho! di Aaron Katz e Martha Stephens: tutti e due in pensione, tutti e due mollati dalle rispettive mogli, tutti e due con gli acciacchi e le malinconie tipiche dell’età, ma anco-ra abbastanza arzilli per non rassegnarsi all’idea di un inesorabile declino, decidono di intraprendere insieme un viaggio verso la terra più esotica e misteriosa che conoscono, l’Islanda. Lì, a bordo di un fuoristrada, intraprendono un viaggio on the road che li porta a guadare torrenti, ad ammirare le esplosioni dei geyser, a fumare marijuana, a fare il bagno nelle pozze d’ac-qua calda, a dormire sotto un cielo di stelle e a con-cedersi perfino qualche gradevole fuori programma sexy. Viaggio come rinascita, come avventura, come alternativa. Viaggio come botta di vita. Vedi un film così e ti vien voglia di prenotare subito un biglietto per Reykiavik. Fascino del luogo o potenza del cinema?

Professore ordinario di Storia del cinema nonché Preside della Facoltà di Comunicazio-ne presso la IULM di Milano, ha fondato e diretto per oltre 20 anni il mensile di cinema e cultura visuale Duel (poi Duel-lanti). Attualmente è critico ci-nematografico per Sky Cinema e dirige la rivista 8 ½, edita da Istituto Luce/Cinecittà.

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S t i a m o p a r l a n d o d i L I B R I

V I A G G I A R E

T R A L E R I G H E

Genesi, l’ultimo lavoro di Sebastião Salgado, è un atto d’amore per il Pianeta Terra, la sua diversità, la sua fragilità e bellezza. Insieme a

La Mano dell’Uomo - Workers del 1993 e In Cammino del 2000, questo è il suo terzo progetto di largo respiro, diventato, in otto anni di ricerche e trentadue spedizioni fra ghiacci, foreste, deserti e oceani, un magnifi co libro fotografi co in bianco e nero e una mostra che sta facendo il giro del mondo. Per la prima volta Salgado non fotografa l’uomo, il lavoro, le migrazioni, gli esclusi e la lotta per la sopravvivenza, ma la natura ancora allo stato primordiale come al tempo della Genesi e le tribù che con la natura vivono in equilibrio e ne fanno parte. Il libro si articola in cinque sezioni: il sud del Pianeta con l’Argentina e l’Antartico; isole “santuari” come le Galápagos, il Madagascar, la Papua e l’Irian Jaya; l’Africa e le sue popolazioni; l’emisfero nord con l’Artico e il Colorado e infi ne Pantanal e Amazzonia, il polmone verde della terra.

Genesi signifi ca “origine” e il libro è in fondo anche il ritorno di Salgado alle proprie origini, a quella grande fattoria brasiliana dove nacque nel 1944, allora immersa nella foresta tropicale quasi completamente distrut-ta nel corso di cinquant’anni e poi ripiantumata con oltre due milioni di alberi grazie alla Fondazione Terra voluta da lui e della moglie Lélia. Con il libro e la mostra, parte di questo progetto più vasto per salvare l’am-biente, Salgado ci regala un testamento di speranza, invitandoci ritrovare il nostro giusto posto nell’universo e a proteggere quanto ancora soprav-vive della natura prima di raggiungere un punto di non ritorno.Per approfondire la conoscenza di Salgado, probabilmente il maggior fo-tografo vivente, il consiglio è quello di vedere, o rivedere, lo straordinario fi lm Il Sale della Terra, con la regia di suo fi glio Juliano e di Wim Wenders.

A cura di Anna Maspero

scrittrice ed esperta Kel 12

G E N E S Idi Sebastião Salgado Il volume fotografi co è il risultato di 8 anni di ricerche e 32 spedizioni tra ghiacci, foreste, deserti e oceani, alla scoperta di terre incontaminate. Edıtore: Taschen

Numero dı pagıne: 520

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Massimo Rossi

Note di viaggio dal Nepal

Una birra

a Kathmandù

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M O N D O G U I D A P E R V I A G G I A T O R IIl mondo intero nelle vostre mani per sognare, ma anche per orienta-re le vostre scelte di viaggio.Edıtore: EDT

Numero dı pagıne: 960

Costo: 34€

Mondo non è un annuario di geo-politica internazionale. È qualcosa di davvero nuovo: la prima grande guida al pianeta scritta con l’auto-revolezza di chi da 40 anni orienta milioni di viaggiatori. È un invito a partire e a scoprire il mondo at-traverso le “esperienze top” che si possono vivere in 221 paesi e 1599 destinazioni con informazioni su quando andare e come muoversi, su cucina, libri, fi lm e un corredo di cartine e foto. In un mondo in cui non è sempre facile scegliere le nostre mete, Mondo off re spunti e idee per scoprire nuovi luoghi, pa-esaggi e itinerari.

U N A B I R R A A K A T H M A N D Ùdi Massimo RossiIl miglior compagno per un viag-gio in Nepal. Reportage e guida, diario e saggio, ricerca storica e descrizione di luoghi dedicato al Nepal.Edıtore: Polarıs

Numero dı pagıne: 416

Costo: 20€

Pubblicato solo poche settimane prima del terremoto che ha colpito il Nepal, il libro è diventato, suo malgrado, una testimonianza pre-ziosa di ciò che il sisma ha distrut-to, ma è anche l’invito a tornare, e non solo attraverso le sue pagine, in un Paese di nuovo in grado di accogliere i viaggiatori. È il raccon-to di un vagabondaggio nella Valle di Kathmandù, lungo la dorsale himalayana sino al Terai e al Par-co Chitwan. L’autore si muove con naturalezza e competenza dentro la storia, la geografi a, l’architettura, la religione, la cultura e le tradizioni in compagnia della sua guida ne-palese e dei testi di grandi esplora-tori del passato. I diritti d’autore e parte del ricavato sono devoluti in solidarietà per i terremotati.

I L M O N D O A T A V O L Adi Chef Kumalè Saperi e sapori: la scoperta del mondo attraverso la conoscenza delle tradizioni culinarie.Edıtore: Eınaudı

Numero dı pagıne: 194

Costo: 11€

Il cibo è cultura e incontro, sim-bolo di appartenenza e di identità. La nostra curiosità di viaggiatori ci fa entrare in contatto con abitu-dini, comportamenti e anche cibi diff erenti e non è sempre facile orientarsi nelle diverse tradizioni alimentari, tanto che ci si può tro-vare più in diffi coltà a decifrare un menù che a visitare un museo. La-sciamoci allora accompagnare dal giornalista “gastronomade” Vitto-rio Castellani, alias Chef Kumalè, in questo viaggio sulle tavole del mondo attraverso regole, abitudi-ni, tabú e cerimonie. Con anche un capitolo dedicato alle ricette per chi se la sente di sperimentare!

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S t i a m o p a r l a n d o d i A LT R E D E S T I N A Z I O N I

I N P A R T E N Z A

C O N K E L 1 2

F I N O A L M A R E D I G I B U T I I N C O M P A G N I A D E G L I S Q U A L I B A L E N A

Una spedizione in stile Kel 12 alla scoperta di terre remote e della natura più selvaggia: per la prima volta raggiungeremo il piccolo stato di Gibuti. Un territorio ancora tutto da esplorare dove è possibile ammirare la natura nelle sue molteplici forme, dalla barriera corallina ai fondali marini del Golfo di Tadjourah popolato dagli innocui squali balena, con cui ci immergeremo facendo snorkeling.

A T T R A V E R S O L A P A T A G O N I AS U L L A R U T A 4 0

Molto più di un viaggio: percorrere la mitica Ruta 40 e la Carretera Au-stral è una vera e propria esperienza. Un tour attraverso la Patagonia meno scontata, più autentica e inesplorata che consente di vivere l’essenza dei suoi spazi, gli orizzonti a perdita d’occhio, le foreste e i laghi ghiacciati, la natura più selvaggia. Un itinerario esclusivo di Kel 12, che grazie all’ac-compagnamento di un esperto in loco permette di scoprire questa terra mitica e sconfinata, divisa tra Argentina e Cile e segnata dall’imponenza della Cordigliera delle Ande.

I L F A S C I N O I N T R A M O N T A B I L ED E L P A E S E D E L S O L L E V A N T E

Improvvise fughe in avanti in un paesaggio futuribile e poi salti all’indie-tro verso un passato pieno di fascino e tradizione. Anche questo è il Giap-pone proposto dagli itinerari di Kel 12, un viaggio nella frenetica Tokyo, per poi abbandonarsi ai ritmi lenti di città immerse nella natura: cuore del buddismo zen, con templi millenari e meravigliosi giardini zen, senza dimenticare i castelli di rara bellezza. Tanti gli eventi a cui partecipare in un Paese in cui ci si sposta col famoso treno proiettile, per poi rilassarsi negli onsen, i bagni termali di origine vulcanica: dal Festival della neve di Sapporo, con le sue celebri sculture di ghiaccio, alla cerimonia dei 108 rintocchi della notte di Capodanno al Tempio Chion-in.

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I N V I A G G I O S U L G R E E N

Dai campi da gioco moderni ed eleganti del Sud Africa ai green esotici e profumati di spezie del Marocco e dell’Oman: con il suo abituale servi-zio esclusivo, Kel 12 ti accompagna in giro per il mondo nelle migliori destinazioni golfistiche, luoghi ideali dove poter accendere la passione per caddie, buche e bastoni senza rinunciare alla voglia di scoprire luoghi lontani e itinerari insoliti immersi nella natura.

I N V E L I E R O D A R A J A A M P A TA L L E M O L U C C H E

Per la prima volta Kel 12 ti porta a bordo della Samamba, tipica imbar-cazione indonesiana, alla scoperta del Raja Ampat e dell’arcipelago del Misool. Ci inoltreremo in grotte, labirinti di isole e scogli per ammirare tutti i colori del mare. Esploreremo le Molucche, le famose isole delle spe-zie, ricche di noce moscata e chiodi di garofano e faremo snorkeling nelle incantevoli baie delle Isole Lease. A Nusa Laut visiteremo i sette villaggi con le loro case e chiese in stile coloniale. Continueremo la navigazione tra i coralli della laguna alla volta del Ganung Api, un monte Fuji in ver-sione tropicale, per concludere il nostro viaggio a Bali, rilassandoci non senza essersi concessi un po’ di shopping.

C A P O D A N N O A P A N A M A

Una capitale divisa tra l’architettura di un passato coloniale e uno skyline proiettato verso il futuro, una riserva naturale nel cuore della giungla tropicale dalla biodiversità unica al mondo e un arcipelago di spiagge ca-raibiche. Il tutto reso ancora più indimenticabile dai festeggiamenti di un Capodanno spumeggiante e colorato come solo in Centro America può succedere: stiamo parlando di Panama e del nostro viaggio tra la Città, il Canale, il Parco del Darien e le Isole San Blas. E nel frattempo, Feliz Año Nuevo!

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I binocoli della Famiglia EL sono i migliori di sempre. Il pacchetto FieldPro porta il comfort e la funzionalità a un livello superiore. Eccezionali performance ottiche e di precisione, ergonomia senza precedenti e design rinnovato aggiungono il tocco fi nale a questi capolavori di ottica sulle lunghe distanze. Godetevi ogni momento al massimo grazie a SWAROVSKI OPTIK.

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