interiors with edra
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Per fare questo libro ci sono voluti 25 anni del lavoro di centinaia di persone.TRANSCRIPT
MARCO ROMANELLI
INTERIORS WITH VOLUME 2
SilvanaEditoriale
SOMMARIOCONTENTS
INTERNI - PAROLE 1INTERIORS - WORDS 1A palazzo / At The Palace
Nell’antico chiostro / In The Ancient Cloister
Tra arte e design / Between Art And Design
Progettare per abitare / Designed To Live In
Rosso / Red
Paperclip House
Fourrure
Sotto gli affreschi / Under The Frescoes
Dall’alto / From Above
Cactus Rock
Madrid
Ricevere / To Welcome
Siviglia / Seville
Penthouse
Bianco & Nero / Black & White
In una scuola vittoriana / In A Victorian School
Arcadia 8 5’
Vivere il paesaggio / Living The Landscape
Rose rosse / Red Roses
Nella campagna / In The Countryside
Tagomago
EVVIVA! Massimo Morozzi
EDRA Marco Romanelli, Matteo Pirola
EDRA IN INTERNIINTERIORS WITH EDRA Marco Romanelli
INTERNI - PERSONAGGI 1INTERIORS - PEOPLE 1Nancy Olnick - Giorgio Spanu
Ivana Porfiri
Roger Ferris
Miguel Chevalier - Renata Sapey
Giacomo Maiolini
Dakis Joannou
Claudio Lazzarini - Carl Pickering
Rolf Sachs
Enrico Iascone - Carlotta Menarini
Alessandro Mendini
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Frammentare / Fragments
Nel Levante ligure / In Eastern Liguria
1928 Olympiastadion St. Moritz
Mangusta 130
Sulle pendici dell’Etna / On The Slopes Of Etna
Verso il lago / Towards The Lake
Case d’epoca / Historic Houses
Comfort
Un lago di marmo nero / A Black Marble Lake
Lamiera serigrafata / Screen Print Plate Wall
Valais
Massimalismo / Maximalism
Da Catania a Bagh dad / From Catania To Baghdad
Musica / Music
Anni 70 / Seventies
Bucarest
Tronchi in corridoio / Tree Trunks In The Corridor
Cabanas
INDICIINDEXProgettisti / Designers
Fotografi / Photographers
Arredi / Furniture
INTERNI - PERSONAGGI 2INTERIORS - PEOPLE 2Christian Pottgiesser
Fernando - Humberto Campana
Hadi Teherani
Valerio Capo - Sam Pratt
Nick Eldridge
Bruno Reymond
Jacopo Foggini
Javier Peña Galiano
Alberto Guardiani
Duilio Damilano
Matali Crasset
INTERNI - PAROLE 2INTERIORS - WORDS 2Maxxi
Roger Vivier
La casa del ritratto / The House Of Portrait
Come una volta / Old Times
Salento
Vuoto / Void
Elefanti / Elephants
Famiglia / Family
Essere collezionisti / Being A Collector
La casa della scrittura / The House Of Writing
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Per fare questo libro ci sono voluti 25 anni del lavoro di centinaia
di persone. Si parla in genere del design isolando nell’oggetto
il gesto creativo di un autore. Così la storia del design diventa
una sequenza di oggetti, poltrone, divani, sedie, tavoli, lampade,
mobili isolati e poi riallineati in una galleria infinita come sulle
pedane di una vetrina o di un museo. In realtà tutto ciò non esiste
se non nelle pagine dei libri e dei cataloghi. Ciò che esiste realmente sono
le case, gli spazi, che con quegli oggetti e tanti altri ingredienti vengono
costruiti dalla necessità, dal progetto e dalla passione delle persone.
È impressionante vedere a posteriori quante persone, prima
sconosciute, quanti luoghi diversi sono stati interessati e coinvolti
It has taken twenty-five years and the work of hundreds of people
to make this book. Often we talk about objects of design only focusing
on the designer’s creative gesture. And by doing so, history of design
becomes a series of objects – armchairs, sofas, chairs, tables, lamps,
and pieces of furniture that are first isolated and then put in a line in
a never-ending gallery, like in a shop window or a museum display.
But in reality no such thing exists, except in books and catalogues.
What really exist are houses that, with those objects and many other
ingredients, are built out of people’s needs, projects and passions.
It is striking to see in retrospect how many people we’ve met, and
how many different places have been touched and involved in this
MASSIMO MOROZZI
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in questo processo. Quello che abbiamo fatto è partecipare
a una straordinaria opera collettiva.
Chi avrebbe potuto immaginare, quando tanti anni fa si iniziò
questa avventura di Edra, quante espressioni diverse
sarebbero state coinvolte, in tante parti del mondo, dal nostro lavoro?
Alcune mi piacciono, o addirittura mi entusiasmano, altre meno.
Quello che conta è la loro diffusione e la loro diversità. Il fatto
comunque di esprimere una energia vera, una emozione,
un progetto appassionante meditato e perseguito. Insomma la vita.
Ecco, mi piace constatare che la nostra storia non appartiene
alla storia degli stili, ma a quella della vita. Evviva!
process. We have all taken part in the creation of an extraordinary
collective work.
Who would have imagined – many years ago, when the Edra adventure
started – that so many different expressions would have been involved
in our work, in so many parts of the world? Some of these expressions
I like, some even excite me, some I’m less fond of. But what matters
is their diffusion and their diversity, the sheer fact of expressing
an authentic energy, an emotion, and a fascinating, thought-out and
pursued project. In a word: life.
So, what I like to affirm is that our story no longer belongs to the
history of styles but is part of the story of life. Hurrah!
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Edra nasce nel 1987. Caratterizzata fin dagli inizi da un progetto fortemente innovativo, affonda
però le sue radici in una consolidata tradizione familiare nel campo del mobile che la famiglia
Mazzei porta avanti dal 1949. La “rivoluzione” voluta, alla fine degli anni 80, dai fratelli Valerio e
Monica Mazzei, esponenti della seconda generazione imprenditoriale, e da Massimo Morozzi, art
director, parte quindi da una precisa conoscenza della produzione e del mercato e si sviluppa in
un contesto territoriale – storico, artistico, paesistico e produttivo – tra i più ricchi al mondo: la
Toscana. Il nome Edra nasce da una crasi del termine greco “esedra”: luogo aulico destinato alla
conversazione e all’incontro. Edra quindi, quasi per definizione, cerca una relazione tra gli ogget-
ti che produce e l’architettura, l’esedra, che li accoglie. Una relazione fatta di rispetto, ma anche
della capacità reciproca di sorprendere, non accettando stereotipi e luoghi comuni. Edra propo-
ne infatti oggetti innovativi, segnati da caratteristiche di avanguardia, tipologica e formale.
Oggetti-icona capaci di incarnare uno specifico spirito e quindi difficilmente imitabili, lontani
dalla rincorsa alla particolarità fine a se stessa e in grado di trasformarsi in “classici contempo-
ranei”. Così i pezzi Edra hanno trovato posto nelle collezioni permanenti dei maggiori musei di
Edra was born in 1987. Marked from the beginning by a highly innovative project, Edra howev-
er is rooted in a solid family tradition of furniture production that the Mazzei family has been
carrying out since 1949. The “revolution” conducted at the end of the Eighties by the second
entrepreneurial generation of the family – siblings Valerio and Monica Mazzei – and by art
director Massimo Morozzi, unfolded from a specific knowledge of the market and production
processes, developing in one of the world’s richest territories, in terms of history, art, landscape
and production: Tuscany.
The name Edra is a crasis of the Greek word esedra: a noble place intended for conversation
and encounter. Edra, almost by definition, aims towards a relation between the objects it pro-
duces and architecture – the esedra that accommodates them. A relation based on respect but
also on the mutual capacity to surprise, without accepting stereotypes and the commonplace.
Edra in fact presents innovative objects, with avant-garde features in terms of form and typol-
ogy; icon-objects capable of embodying a particular spirit, thus difficult to imitate; objects that
eschew an end to itself eccentricity but capable of transforming into “contemporary classics”.
MARCO ROMANELLI, MATTEO PIROLA
EDRA
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design del mondo: dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York, dal Triennale Design
Museum di Milano al Vitra Design Museum di Weil am Rhein, fino al Icelandic Museum of Design
and Applied Arts di Reykjavik o al Tel Aviv Museum of Art, passando per altri musei, a Chicago,
Lisbona, Montreal, Tokyo, Losanna, Monaco di Baviera, Filadelfia, Amburgo, Vienna e Helsinki.
Lo “spirito Edra” discende in realtà da un’attenta “politica di incontri”. Fondamentale è quello
con Massimo Morozzi, architetto e designer, esponente alla fine degli anni 60 dei gruppi radi-
cali fiorentini, che da subito propone un approccio assolutamente atipico nel panorama italia-
no. Un approccio fatto di ricerca avanzata, parallelamente tecnica e formale, ove ogni proget-
to, e persino ogni dettaglio, coinvolge le tecnologie più innovative e contemporaneamente le
capacità manuali più raffinate secondo il motto “High Tech – Hand Made”. Proprio questa
“visione laterale”, tanto libera quanto originale, ha reso possibile gli altri incontri progettuali che
caratterizzano Edra. In primis quello con Francesco Binfaré, outsider italiano che ha trovato in
Edra la possibilità di dimostrare un talento impareggiabile nella gestione dell’imbottito. I suoi
divani hanno rivoluzionato questa tipologia borghese e introdotto un nuovo concetto di com-
fort. Altro incontro essenziale è stato quello con Fernando e Humberto Campana.
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This is how the Edra products made their way into the permanent collections of the world’s
most important design museums: the Centre Pompidou in Paris, the MoMA in New York, the
Triennale Design Museum in Milan, the Vitra Design Museum in Weil am Rhein, the Icelandic
Museum of Design and Applied Arts in Reykjavik, and the Tel Aviv Museum of Art, not to men-
tion other museums in Chicago, Lisbon, Montreal, Tokyo, Lausanne, Munich, Philadelphia,
Hamburg, Vienna and Helsinki.
The “Edra spirit” originates from an attentive “connection policy”. A crucial connection was the
one with architect and designer Massimo Morozzi – member of the radical groups based in
Florence at the end of the Sixties – who immediately introduced a totally atypical approach,
compared to the Italian context of the time. His approach is based on advanced research, both
technical and formal, in which each project, each detail, involves the most innovative tech-
niques combined with the finest handcraft know-how, in accordance with the motto “High
Tech – Hand Made”. This “different perspective”, so free and original, set the stage for other
professional connections that have contributed to the definition of the Edra identity. First of all
the connection with Francesco Binfaré, an Italian outsider who found in Edra the opportunity
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Incontro che, nonostante le enormi distanze geografiche e culturali, potremmo definire
per “affinità”. I Fratelli Campana, oggi conosciuti nel mondo intero, hanno infatti trova-
to, fin dal 1998, ospitalità e comprensione in Edra. Il loro linguaggio fatto di estremi, di
fantasia allo stato puro, di assemblaggio di manualità e industria si è a tal punto fuso
con il pensiero e il know how di Edra da diventarne una inconfondibile chiave di lettura.
A questi incontri fondamentali, che costituiscono la colonna vertebrale della collezione
Edra, se ne aggiungono altri, sempre condotti per “affinità elettive”. Dagli ironici “Fiori”
di Masanori Umeda (1990) all’omaggio fortemente iconico di Mario Cananzi e Roberto
Semprini a Tatlin e al suo “Monumento alla Terza Internazionale” (1989), dal primo proget-
to in produzione industriale in Italia di Zaha Hadid, (1988), fino agli interventi di Peter
Traag posti ai confini tra arte e design. Questo insieme di realtà differenti ha trovato, anno
dopo anno, una narrazione vigorosa negli allestimenti al Salone del Mobile di Milano, ma
soprattutto si è concretizzato in innumerevoli occasioni abitative reali, dalle case agli
alberghi, dagli uffici alle imbarcazioni, come testimoniato da questo volume che fa parte
della serie “Interiors with Edra”.
to express his unrivalled talent in the way to run “upholstery”. His sofas have revolutionized this
middleclass item, introducing a new concept of comfort. Another fundamental encounter was
with Fernando and Humberto Campana, an encounter in the name of affinity, despite huge
geographical and cultural distances. The Campana Brothers, today known worldwide, have
found hospitality and comprehension in Edra since 1998. Their vocabulary, made of extremes,
sheer fantasy, and a combination of manual skills and industry, has merged with Edra’s identi-
ty and know-how to the point of becoming an unmistakable company trait. These fundamen-
tal encounters, that represent the spine of the Edra collection, are parallel to other connections
always established in the name of “elective affinities”. From Masanori Umeda’s ironic Flowers
(1990), to Mario Cananzi and Roberto Semprini’s highly iconic homage (1989) to Tatlin’s
Monument to the Third International, to Zaha Hadid’s 1988 first industrial production project in
Italy, and Peter Traag’s interventions on the limit between art and design. Year after year this
assembly of different realities was steadily expressed in the Edra stands at the Milan Salone del
Mobile, but only found its true and full embodiment in real living spaces, ranging from hous-
es to hotels, offices and boats, as testified by this volume, part of the series Interiors with Edra.
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Il rapporto tra design e interni, rapporto cercato, oggi come ieri, e persino teorizzato, è
sicuramente una peculiarità italiana. I progettisti italiani, fin dagli anni 30, fin dalle grandi
Triennali, hanno sempre ideato e proposto oggetti che nascevano dall’architettura, si inte-
gravano nell’architettura, vorrei dire si “dimostravano” nell’architettura. E poi, una volta
superata l’occasione specifica, appunto la grande nave o la realizzazione di un progetto
speciale, quegli stessi oggetti erano pronti per la produzione in serie: avevano già vissuto
una sorta di “verifica” ambientale e quindi dimensionale. In questo modo sono nati alcuni
dei capolavori della storia del design italiano, quelli di Ponti, quelli di Albini, quelli di Caccia
Dominioni.
Con il trascorrere del tempo, come ben si sa, l’Italia è divenuta terra felicemente ospitale per i
designer stranieri che, dalla fine degli anni 80, hanno progettato per aziende italiane le loro
cose migliori. Curiosamente però l’attitudine a tessere una relazione tra interni e design non è
andata perduta, anzi. Ha cambiato tuttavia referente: sono state infatti le aziende, in molti casi,
a continuare a lavorare nella logica interni-design. Si è pertanto evitato il rischio di musealizza-
The sought after and theorised relation between design and interiors is certainly an Italian peculi-
arity, today as ever. Since the Thirties and the great Triennale exhibitions, Italian designers have
always presented objects generated from and integrated with architecture, which, if I may say so,
“disclosed” themselves through architecture. And then, once the specific occasion was over, be it
the great ship or the carrying out of a special project, those same objects were ready for produc-
tion in series: they had already undergone a sort of spatial and thus dimensional “test”. This is how
some of the masterpieces of Italian design were born, those by Ponti, Albini, and Caccia Dominioni.
As time went by, as we all know, Italy became a country that welcomed foreign designers, who
since the end of the Eighties had come here to Italy to design their best projects for the local
companies. Interestingly enough, the attitude to affirm a relation between interiors and design
did not at all dissolve. However it changed referent: in some cases it was in fact the companies
who continued working with an interiors-design ratio. This prevented the risk of “museumifica-
tion” of the objects, which instead preserved a strong connection to real life, augmenting a sort
of test procedure of the design in homes and public spaces.
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EDRA IN INTERNI / INTERIORS WITH EDRA
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zione del pezzo, conservando invece un forte rapporto con la vita vissuta, incrementando una
sorta di prassi di verifica del design all’interno delle case e degli spazi pubblici.
Di primo acchito potrebbe sembrare che Edra, riconosciuta per la “straordinarietà” del suo
design, non rientri in questo atteggiamento culturale di attenzione all’interno. Personalmente
credo non sia così, e questo libro lo dimostra. La cultura dell’abitare intride fortemente la realtà
di Edra e si trasmette, grazie anche all’approccio “umanistico” di Massimo Morozzi art director,
a tutte le collezioni che sono state sviluppate nel tempo. I pezzi più incredibili che possiamo
ricordare e citare non sono mai provocazioni fini a se stesse, ma parti di un racconto che traspa-
re in filigrana. Sassi lanciati nello stagno, oggi piuttosto immoto, del design per poi seguire i cer-
chi concentrici che vengono a crearsi, in un fenomeno di azione e reazione che dal design porta
agli interni, dagli interni all’architettura e viceversa.
In sintesi la “eccezionalità” di Edra è qualcosa di ben lontano da una “progettazione senza regole”,
anzi è chiara la coscienza che un pezzo, qualsiasi pezzo, una volta inserito in un ambiente avrà un
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At first sight Edra, known for the “extraordinariness” of its designs, may appear distant from this
cultural position of attention to the interiors. I personally do not think so, and this book proves
it. The Edra reality is deeply imbued with the culture of living styles, and this is delivered in all
the collections that have been developed over time, also thanks to art director Massimo
Morozzi’s “humanistic” approach. The most incredible pieces we can remember and talk about
are never end to themselves provocations, but part of an ongoing narration that shines through
from under the surface. Stones thrown into today’s rather still pond of design, creating concen-
tric circles; an action-reaction process that swings from design to interiors, from interiors to
architecture, and back.
In short, Edra’s “exceptionality” stands apart from “design with no rules”, and is rather an expres-
sion of a clear awareness that a piece, any piece, once inserted into a location, will have a weight,
that is greater than we imagine and that generates a long wave, an important feedback. It will
Francesco Binfaré,
disegni di presentazione
per il divano “Flap”,
2000.
Francesco Binfaré,
presentation drawings
for the Flap sofa, 2000.
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peso, un peso maggiore di quello che immaginiamo, dando luogo a un’onda lunga, a un importan-
te feedback. Non si tratterà più, semplicemente, di un divano o di una poltrona in un salotto, di una
sedia accostata a un tavolo, ma ciascun pezzo porterà con sé azioni e reazioni sulle cose e le per-
sone circostanti, modificando progressivamente lo spazio vitale in cui proprio quel pezzo era anda-
to a inserirsi. A significare che gli oggetti, nello spazio, sono tutt’altro che “indifferenti”. Un divano
non equivale affatto a un altro divano, sia pur dimensionalmente uguale, una sedia a un’altra sedia,
anche qualora altrettanto “funzionale e comoda”. Potrebbero infatti non essere adatti su un altro
piano, più simbolico, più intricato, legato a valori di rappresentazione e di riconoscibilità.
A quest’ultima componente del progettare, maggiormente psicologica che ergonomica, Edra
presta un’attenzione rara. Basterà citare “Paesaggi Italiani”, contenitore-architettura disegnato
da Massimo Morozzi per seguire le diverse esigenze di ciascuno e giungere a creare “degli spazi”
in quei cubi indifferenziati che troppo spesso chiamiamo stanze. Oppure ricordare i “divani piat-
taforma” di Francesco Binfaré – “Flap”, “L’Homme et la Femme”, “Sherazade”, “On the Rocks” –
no longer be simply about a divan or an armchair inside a living room, or a chair next to a table,
but about each piece entailing actions and reactions on the surrounding objects and people,
progressively modifying the very living space in which that object has been placed. This is to
say that objects, in space, are not “insignificant”. A divan is not equivalent to another divan, even
if their measurements are the same, a chair is not equivalent to another chair, although equally
“functional and comfortable”. That divan and chair could not be suitable on another level, a more
symbolic, intricate one, connected to the values of representation and recognizability.
Edra devotes a rather unique level of attention to this more psychological and less ergonomic
component of design. Let us just mention Massimo Morozzi’s Paesaggi Italiani (Italian
Landscapes), the architectural storage system designed to accommodate different individual
needs and create “a differentiation of spaces” inside those indistinct cubes that too often go
under the name of rooms; or Francesco Binfaré’s “platform sofas” – Flap, L’Homme et la Femme,
Fernando e Humberto
Campana, schizzi per le
poltrone “Favela”, 2003,
e “Corallo”, 2004.
Fernando and
Humberto Campana,
sketches for the Favela
and Corallo armchairs,
2003 and 2004.
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per cui il rito sociale dello stare insieme assume nuovi connotati, e nuove rilassatezze, ben più
consone all’attuale stile abitativo.
“Paesaggi Italiani” e “Flap”, entrambi esempi di arredi che, a ben pensare, nascono dagli interni,
dalle esigenze della vita nelle case, dall’analisi di funzioni mancanti, e cioè dall’immaginare un
ambiente personalizzato (“Paesaggi”) piuttosto che dal concepire una postura individualizzata
(“Flap”).
Certo, a questo punto del discorso, analizzando il catalogo Edra, una domanda sorge sponta-
nea e inevitabile: “Quando gli oggetti assumono l’eccezionalità dei pezzi disegnati da Fernando
e Humberto Campana, come potrà configurarsi il rapporto con gli interni?”. Domanda corretta
e soprattutto utile ad affrontare un concetto che ci sarà di grande aiuto nella lettura di questo
libro. Penso al complesso rapporto tra emergenza e sfondo: termini evidentemente mediati dalla
critica semiologica e che, rapportati alla nostra tematica, fanno riferimento, il primo, agli ogget-
ti di design, visti come “emergenza” dal verbo emergere, cioè “palesarsi con forza”, il secondo
all’architettura, intesa come contenitore silenzioso e funzionale per la vita, quindi “sfondo”. Il rap-
porto tra interni e design, a mio giudizio assolutamente necessario, non deve essere per forza
inteso nel senso di una uniformità stilistica. Anzi. L’idea è quella di uno spazio attentamente pro-
Sherazade, On the Rocks – around which the social ritual of staying together takes on new con-
notations and new leisure moods, far more suitable to contemporary life styles.
Paesaggi Italiani and Flap, are two examples of furniture design that on closer viewing appear
to generate from the interiors, from the demands of life in a house, from the analyses of func-
tional voids, thus from the visualization of a customized ambiance (Paesaggi) or the conception
of a personalized posture (Flap).
At this point, with the Edra catalogue in mind, an obvious and inevitable question arises: “how
can there be an object-interior relation when the objects in question take on the exceptionality
of Fernando and Humberto Campana’s design?” This is a correct and particularly useful ques-
tion to confront a concept that will be of great help to the readers of this book. My point is the
complex relation between emergence and background: terms connected to semiotics and that
when associated to our topic of interest, refer in the first case to objects of design, understood
as “emergencies” – from the verb “to emerge”, in the sense of “to become strongly evident” –,
and in the second case to architecture, understood as a silent and functional life container, thus
a “background”. The relation between interiors and design, which I believe to be absolutely
essential, must not be necessarily understood in the sense of stylistic uniformity. On the con-
Masanori Umeda,
schizzi per la poltrona
“Getsuen”, 1990.
Masanori Umeda,
sketches for the
Getsuen armchair, 1990.
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gettato, che si sia quindi liberato dal peso della quotidianità; uno spazio che abbia cessato di
essere il magazzino delle stoviglie e degli oggetti che la vita porta ad accumulare; uno spazio di
silenzio, svuotato dalle pesantezze e dalle incombenze, che possa accendersi grazie all’eccezio-
nalità delle nostre personalissime scelte di design. Così interpreto, valutandole “in interni”, le
opere di Fernando e Humberto Campana.
Edra, concludendo, non segue di certo le mode. A volte forse le crea, ma nemmeno questo mi
sembra in realtà il suo intento programmatico: Edra vuole porsi a lato. E, come ben sappiamo,
la visione laterale è sempre una visione privilegiata.
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I trary. The idea is that of a highly designed space, that is hence free from the weight of the every-
day; a place that no longer needs to be a storage for pots and pans and all those objects that
accumulate during a lifetime; a place of silence, made void of the nuisances and all the chores,
that can be enlightened by the exceptionality of our own and very personal design choices. This
is how I interpret Fernando and Humberto Campana’s works in an “interior” context.
Edra, in conclusion, certainly does not follow the trends. Sometimes Edra might create a trend,
but I don’t think this is the company core purpose. Edra wants to place itself on the side. And
as we all know a lateral place always has a better viewpoint.
Fernando e Humberto
Campana, schizzo per
il contenitore “Cabana”,
2010.
Fernando and
Humberto Campana,
sketch for the Cabana
storage unit, 2010.
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Interiors with Edra volume 2 nasce da un attento monitoraggio delle situazioni
abitative reali in cui compaiono prodotti Edra. Si è deciso di dividere i progetti
selezionati in due categorie: gli “interni-personaggio” e gli “interni-parola”.
Gli interni-personaggio raccontano progetti caratterizzati da un peculiare
rispecchiamento della personalità del progettista o dell’abitante, mentre
gli interni-parola si concentrano su un’unica chiave di lettura che restituisce
in modo iconico la prassi seguita per rapportare interni e design.
Facendo un parallelo letterario, inevitabile avendo utilizzato i termini “personaggio”
e “parola”, è evidente che il primo caso è assimilabile al racconto in cui una storia
si dipana con i tempi necessari, consentendoci, anche se in poche pagine, di entrare
nella psicologia dei personaggi. Il secondo caso è assimilabile all’aforisma: frase
fulminante che deve, o almeno cerca, di racchiudere in sé un intero messaggio.
Ad accomunare le due dimensioni sta la certezza che la forza del design italiano,
preso atto dell’infinita e rivoluzionaria capacità inventiva che lo caratterizza, consiste
nel suo indice di realtà: i mobili Edra entrano in interni reali, sono “abitati”
da persone reali. Ciascun “abitante” dei mobili Edra interpreta il progetto in modo assolutamente
individuale, creandosi il proprio “habitus”, come dimostrano le pagine che seguono.
22
Il sogno di vivere nella “casa di vetro”: una delle
ossessioni del modernismo. Parallelamente allo
straordinario periodo delle “case study houses”
californiane, tale sogno sembrava essere stato
portato a un massimo insuperabile da Philip
Johnson con la “Glass House” del 1949, e inve-
ce era rimasto in sospensione nella cultura
architettonica in attesa di una nuova epifania.
L’architetto spagnolo Alberto Campo Baeza ne
dà una prima straordinaria interpretazione nel
2000 con casa De Blas, vetro su cemento, e
una seconda, ancor più complessa dal 2008 al
2010 per casa Olnick-Spanu, a un’ora circa da
New York. Di nuovo un basamento in cemento
a vista, volutamente “sordo”, sopraeleva il volu-
me in vetro sorretto da pilastri circolari. In una
evidente citazione della villa Farnsworth, realiz-
zata da Mies van der Rohe tra il 1945 e il 1951 nei
pressi di Chicago, che, a sua volta, era un’estre-
mizzazione della villa Tugendhat a Brno del
1929-1930, la vista, anche per Campo Baeza,
trapassa il volume.
Gli arredi non paiono altro che personaggi di una
pièce teatrale, pronti ad assumere i rispettivi
ruoli. La luce invade lo spazio della vita diurna e
comune così come la penombra caratterizza la
zona destinata alla notte, alla privacy, ma anche
a una incredibile galleria d’arte privata. Pistoletto,
Boetti, Paolini, Kounellis, Manzoni, Fontana,
Melotti, Castellani sono alcuni dei personaggi,
rigorosamente italiani, invitati ad abitare, assiemePE
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STATE OF NEW YORK, USA
CASA OLNICK-SPANU / OLNICK-SPANU HOUSE
The dream of living in a “glass house”: one of
the obsessions of Modernism. A dream that
seemed to be totally fulfilled with the extraor-
dinary period of the Californian “case study
houses” and with Philip Johnson’s 1949 Glass
House; but that dream however remained sus-
pended in the realm of architectural culture,
awaiting a new epiphany. Spanish architect
Alberto Campo Baeza gave a first extraordi-
nary interpretation of this dream in 2000, with
his De Blas house, glass on cement, and a sec-
ond and more complex example between
2008 and 2010 with the Olnick-Spanu house,
about an hour away from New York. Again we
have a raw and deliberately “numb” concrete
base, under the glass volume supported by
circular pillars. An explicit quote from Mies van
der Rohe’s Farnsworth house designed
between 1945 and 1951 near Chicago, that in
turn was an extreme interpretation of the
1929-1930 Tugendhat villa in Brno. The view,
also at Campo Baeza, goes beyond the vol-
umes.
The furnishings appear like characters in a play,
ready to impersonate their role on stage. Light
invades the space devoted to daytime activi-
ties and life in common, while half-light reigns
in the night and private area, also home to an
incredible private art gallery. Pistoletto, Boetti,
Paolini, Kounellis, Manzoni, Fontana, Melotti,
Castellani are some of the all-Italian artists with
NANCY OLNICK - GIORGIO SPANU
progetto / design:
Alberto Campo Baeza
foto / photo:
Dean Kaufman,
Javier Callejas
In alto, progettata da
Alberto Campo Baeza,
casa Olnick-Spanu.
Nella pagina a destra: Nancy
Olnick e Giorgio Spanu
(foto di Biba Canela).
Above: Olnick-Spanu house,
designed by Alberto Campo
Baeza. Opposite page:
Nancy Olnick and Giorgio
Spanu (photo by Biba
Canela).
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Nelle pagine precedenti:
la zona living occupa
il livello più alto
interamente vetrato.
Il divano “Sofà” è stato
progettato da Francesco
Binfaré nel 2008.
Sopra:
la villa ospita
un’importante collezione
di arte italiana
contemporanea.
On the previous pages:
the living area occupies
the all-glass upper level.
Sofà designed by
Francesco Binfaré, 2008.
Above:
the villa is home to an
important Italian
contemporary art
collection.
27
whom Nancy Olnick and Giorgio Spanu share
their house. The works of art interplay with a few
famous designers of the past, such as the previ-
ously mentioned Mies or Poul Kjaerholm, the
Eames or Alvar Aalto, and more contemporary
names like Francesco Binfaré or Antonio Citterio.
The old time classics and the contemporary
pieces all share the same conception of design,
understood as a comfortable and silent counter-
point, necessary in order to leave the spotlight
on art, and on the inhabitants of the house.
a Nancy Olnick e Giorgio Spanu, in questa casa.
A essi fanno da contrappunto i nomi di pochi
celebri designer, maestri del passato come il già
citato Mies o Poul Kjaerholm, gli Eames piuttosto
che Alvar Aalto oppure maestri del presente
come Francesco Binfaré o Antonio Citterio. I
pezzi di un tempo e quelli di assoluta contempo-
raneità sono accomunati dall’idea del design
come un confortevole, e silenzioso, contrappun-
to, necessario a lasciar assumere il ruolo di prota-
gonista all’arte. E agli abitanti di casa.
28
Le grandi barche costituiscono una storia a sé
nella multiforme epopea del design e il “Guilty”
rappresenta, in seno a quella storia, un racconto
ancor più speciale.
L’inizio di tutta questa vicenda può essere trovato
in alcuni vincoli progettuali: esisteva un posto
barca che doveva essere usato, ma esisteva anche
uno scafo troppo lungo per esservi contenuto e
che, di conseguenza, andava tagliato. Questo
taglio avrà, come vedremo, un valore non solo fun-
zionale, ma anche formale e persino, potremmo
dire, simbolico. La linea che ne deriva, assoluta-
mente riconoscibile, porterà infatti con sé una serie
di significative conseguenze da analizzare ripren-
dendo la relazione della progettista: “Non esiste
più il ponte intermedio a prua, usualmente desti-
nato ad accogliere la plancia di comando, quindi il
ponte principale di coperta diventa unico e la plan-
cia è complanare al salone di poppa. Tuttavia, per
posizionare così in basso il ponte di comando,
bisognava lavorare sulla visibilità. Ecco allora la
decisione di modificare completamente la sago-
ma della prua, raramente godibile in questo tipo di
barche. Nasce una prua molto ampia e aperta, più
simile a quella di una barca a vela, realmente utiliz-
zabile. Il ponte superiore può infine essere intera-
mente dedicato all’armatore con un terrazzo fron-
tale, a prua, che si apre sulla sua cabina”.
Da questa sequenza di coraggiose operazioni, di non
facile comprensione per chi non abbia consuetudine
con le barche e in special modo con il loro disegno,PE
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Large boats are a chapter to themselves in the
multifaceted history of design, and within that his-
tory Guilty is a particularly special chapter. The
beginning of this story can be traced down to
some project restrictions: there was a slip that had
to be used, but there was also a hull too long to fit
inside it and that for this reason had to be cut. This
cut, as we will see, has not a merely functional
value but also a formal, and even symbolic one, we
could say. The absolutely unique line deriving from
it caused a number of important consequences
that can be analyzed by referring to the designer’s
report: “There is no intermediate bow deck, the
one usually employed for the bridge, so there is
only one main deck and the pilot house becomes
level with the stern hall. However, to place the
pilot house so low, we had to work on visibility.
That is what led us to completely modify the
shape of the bow, rarely enjoyable in this type of
boat. And this is how a very wide and open bow
came about, closer to one of a sailing boat,
rarely employable. The upper deck can be
entirely dedicated to the ship owner with a bow
frontal terrace overlooking the cabin”.
Out of this sequence of brave interventions –
not easy to understand for those not familiar
with boats and especially their design – comes
a totally unprecedented shape, capable of an
unusual combination of indoor and outdoor
space. Inside reigns the white plaster on the
walls, a rather unusual feature in top range
OVUNQUE, SUL MARE / EVERYWHERE, ALL OVER THE SEA
GUILTY
IVANA PORFIRI
ingegnere navale / naval architect: Arrabito Naval Architectsprogetto interni / interior design: Porfiristudiolinee esterne / exterior lines: Porfiristudiocamouflage esterno / exterior camouflage: Jeff Koonsingegnerizzazione camouflage / camouflage engineering: gP Servicefoto / photo: Andrea Ferrari
Progettato da Ivana Porfiri
e decorato per camouflage
da Jeff Koons, lo yacht “Guilty”.
Nella pagina a destra
Ivana Porfiri in un ritratto
di Giovanni Malgarini.
Guilty, a yacht designed by
Ivana Porfiri with a camouflage
décor by Jeff Koons.
Opposite page: Ivana Porfiri in
a photo by Giovanni Malgarini.
32
nasce una forma totalmente inedita che lega in
modo particolare gli spazi esterni agli spazi interni. In
modo del tutto inusuale per un importante yacht,
all’interno regna il bianco dell’intonaco destinato a
fare da sfondo alle opere d’arte (l’armatore è un
famoso collezionista) e a pochi, selezionatissimi,
pezzi di design, tra cui spiccano un tavolo “Brasilia” in
Reflex® oro e un grande sofà “Boa” in velluto blu.
Altrettanto inusualmente all’interno regna la luce
naturale con effetti accentuati dall’adozione “di
vetri dicroici nei lucernari, in modo che la luce zeni-
tale entri filtrata e si colori diversamente, a seconda
dell’incidenza dei raggi sulla superficie vetrata, tra-
sformandosi in luce colorata, con una gamma che
va dal porpora all’oro, passando per il blu, in una
sequenza garbata e anti-spettacolare, ma conti-
nua: in maniera attiva, viva”. L’uso massiccio dei
vetri smaterializza gli interni, portando gli “scenari
del paesaggio circostante a sostituirsi alla decora-
zione”. Unica eccezione è l’arte, con importantissi-
mi opere site specific: David Shrigley disegna le
paratie del ponte delle cabine, Anish Kapoor pro-
yachts, used as a backdrop for artworks (the
ship owner is a famous collector) and for a few,
highly selected design pieces, including the gold
Brasilia table and a large Boa sofa in blue velvet.
Another unusual feature is that the inside is
invaded by natural light accentuated by the
adoption of “dichroic glass in the lanterns; in this
way the zenith light pouring in takes on different
colours according to the angle of incidence of
the sun rays on the glass surface, transform-
ing light into coloured illumination, ranging
from crimson, blue, to gold, in an elegant and
anti-spectacular yet continuous sequence – in an
active and lively manner”. The large use of glass
dematerializes the interiors, with “the landscape
replacing any decoration”. Art is the only excep-
tion, with very important site specific works:
David Shrigley draws on the bulkheads on the
cabin deck, Anish Kapoor presents a concave
disc made with reflecting hexagon on the main
deck, and Martin Creed illuminates the
shipowner deck with flashing lights.PE
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Nelle pagine precedenti: tavolo
da pranzo “Brasilia”, design
Fernando e Humberto
Campana, 2006.
A destra: nella lounge, divano
“Boa” dei Fratelli Campana,
2002 e “Hex Mirror”, opera
di Anish Kapoor, 2008.
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pone, al ponte principale, un disco concavo realiz-
zato con esagoni specchianti e Martin Creed illumi-
na di luce pulsante il ponte dell’armatore.
Infine, l’intervento più spettacolare, ma, si noti
bene, assolutamente non gratuito, anzi fortemen-
te legato alla storia navale per i camouflage delle
navi da guerra.
Jeff Koons disegna interamente gli enormi, spigo-
losi volumi esterni. Ne deriva un’immagine di for-
tissimo impatto. Dice ancora Ivana Porfiri: “Guilty
ha provocato molte reazioni, dal rifiuto allo scetti-
cismo, al plauso incondizionato, ma solo chi ha
partecipato al processo realizzativo conosce la
serietà e la fatica necessarie a fare qualcosa di
unico, senza riferimenti a disposizione.
E soprattutto sa che farlo ha un senso!”.
And to conclude the most spectacular, but
please note, absolutely not gratuitous inter-
vention, by Jeff Koons. Tightly connected to
the war ship camouflage history, Koons
designs the huge and sharp-cornered outer
volumes. The outcome is striking. In Ivana
Porfiri’s words: “Guilty has provoked different
reactions, from rejection and scepticism to an
unconditioned praise, but only the people who
have actively participated in the entire process
are aware of the accuracy and effort needed
to produce something unique without any
available references. And know that doing it
makes sense!”.
On the previous pages,
“Brasilia” dining table designed
by Fernando and Humberto
Campana, 2006.
Here below, in the lounge the
“Boa” sofa by the Campana
brothers, 2002 and “Hex
Mirror”, by Anish Kapoor, 2008.
34
A Roger Ferris è toccata in sorte ciò che tutti gli
architetti moderni contemporaneamente sogna-
no e temono: mettere le mani su uno dei capola-
vori di Philip Johnson. Nell’ampio parco che rac-
chiude la Wiley House era necessario inserire una
galleria d’arte, nuovi spazi abitativi collegati con
una piscina esterna e un garage. La galleria, inseri-
ta in un fienile costruito sulle fondamenta di uno
precedente, è caratterizzata da una semplice
struttura nera a falde, volutamente in contrasto
con la trasparenza della casa progettata da
Johnson; la nuova residenza e il garage sono vice-
versa celati nella collina e segnalati solo da robusti
setti in cemento armato o in pietra che citano la
struttura basamentale della stessa Wiley House.
Roger Ferris e i suoi soci affrontano lo straordi-
nario incarico piuttosto come una operazione di
Land Art che non di architettura in senso stret-
to. Ne discende il progetto di un “luogo” ove il
visitatore deve spostarsi per cogliere relazioni e
rapporti: nessuna vista può dirsi privilegiata e
solo il movimento rende la dinamica complessi-
tà del progetto. In certo senso l’effetto finale è
simile a quello voluto da Johnson stesso nella
tenuta che circonda la più celebre Glass House,
non lontana di qui: una moltiplicazione di ele-
menti ciascuno con un preciso ruolo, ciascuno
contemporaneamente isolato, ma anche legato
agli altri attraverso la relazione con il territorio.
Infine, tornando alla Wiley House, bisogna notare
come, sia nella teca sospesa disegnata daPE
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NEW CANAAN, CONNECTICUT
COUNTRY ESTATE
Roger Ferris had the good fortune to do what all
modern architects dream of and, at the same
time, fear: to put his hands on one of Philip
Johnson’s masterpieces. An art gallery, new hous-
ing space connected to the outdoor pool, and a
garage had to be integrated inside the great park
surrounding Wiley House. The gallery, located in a
barn built on the foundations of a precedent one,
features a simple black pitched structure, in open
contrast with the transparent quality of Johnson’s
design; the new housing unit and the garage are
instead hidden inside the hill, their presence only
signalled by solid reinforced concrete and stone
walls, echoing the Wiley House podium.
Roger Ferris and his partners tackled the extraor-
dinary assignment more like a Land Art operation
rather than a pure architectural project. This
approach produced a “place” in which the visi-
tor has to move around to capture all the rela-
tions and connections: no viewpoint is the priv-
ileged one, and only through movement can
the complex dynamics of the project be sensed.
In a way the final effect is similar to what
Johnson himself aimed at in the property
annexed to his more famous Glass House near-
by: a multiplication of elements, each one with
a precise role, and each one being isolated and
at the same time in connection with all the oth-
ers thanks to the relation to the territory.
In conclusion, returning to Wiley House, we
must take notice of how in Johnson’s sus-
ROGER FERRIS
design team:
Roger Ferris & Partners LLC
foto / photo:
Paúl Rivera
La Wiley House, progettata
da Philip Johnson e ampliata
da Roger Ferris.
Nella pagina a destra:
Roger Ferris in un ritratto
di Nadia Amelie Witte.
Wiley House, designed by
Philip Johnson and extended
by Roger Ferris.
Opposite page: Roger Ferris in
a photo by Nadia Amelie Witte.
Nelle pagine precedenti:
il living room della Wiley
House con il divano “Flap”
di Francesco Binfaré, 2000.
Dall’alto: la residenza
originale, la galleria d’arte
ricavata in un fienile e,
in basso, l’ampliamento
semi-ipogeo con divano
“Damier” di Francesco
Binfaré, 2002.
Johnson sia nella nuova abitazione semi-ipogea, i pochi arredi, isolati, assurgano a un
valore simile a quello delle opere d’arte posate su basamenti marmorei.
On the previous pages:
the Wiley House living room
with the Flap sofa by
Francesco Binfaré, 2000.
From the top: the original
residence, the art gallery
created in a barn,
and below, the semi-
underground extension
with the Damier sofa by
Francesco Binfaré, 2002.
pended glass case and in the new semi-hypogeal house, the very few fur-
nishings are enhanced, just like the artworks resting on the marble stands.
40
Vi sono case evidentemente progettate e poi vi
sono case in cui il progetto sfuma nella vita, in
cui si dimentica la severità tecnica per affidarsi a
una sommatoria di segni, capace di restituire
complessità e stratificazioni. Così è per la casa di
Renata Sapey e Miguel Chevalier. Ubicata, a
Parigi, nella zona intensa e vitale di Place de la
Bastille, ricavata da vecchio magazzino di elet-
trodomestici nascosto nella corte di un edificio
del XVIII secolo, la casa è un contenitore di pas-
sioni. La passione per l’arte di Miguel, celebre
artista digitale, e la passione per il design di
Renata, coinvolta da sempre nella diffusione dei
migliori pezzi del progetto contemporaneo. Il
tutto è montato senza una rigida logica compo-
sitiva, ma seguendo piuttosto l’intuizione di una
macchia di colore (il rosso intenso delle poltro-
ne di Marc Newson esalta il bianco del divano
“Flap” di Francesco Binfaré), cercando l’esplo-
sione di una “natura urbana” (il muro vegetale
realizzato da Patrick Blanc pare un frammento
di foresta tropicale cui bene si addice il basso
tavolino “a diamante” di Arik Levy e soprattutto
la poltrona “Corallo” dei Fratelli Campana) o
accettando la “fiamma artificiale” ricostruita
dallo stesso Arik Levy sulla parete della cucina.
Ovunque troviamo le tracce del lavoro di Miguel
Chevalier, potenziate dall’altezza degli spazi,
fino a sei metri e dalla luce che entra dalle ampie
vetrate. Persino i tappeti, disegnati per Tai Ping,
sono suoi. E, per finire, una linea azzurra, PE
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PARIGI / PARIS
CASA CHEVALIER-SAPEY / CHEVALIER-SAPEY HOUSE
There are houses that clearly correspond to a
design project and then there are houses
whose project melts into life, where technical
severity is forgotten in favour of an ensemble of
signs – the only way to reflect complexity and
stratifications. And this is the case of Renata
Sapey and Miguel Chevalier’s house in Paris.
Located in the vibrant and lively area of Place
de la Bastille, inside an old warehouse for white
goods, hidden in the courtyard of an 18th cen-
tury building, the house thrives with passions.
The passion for art of Miguel, famous digital
artist, or the passion for design of Renata,
always active in the diffusion of the best pieces
of contemporary design. Everything is put
together without a fixed compositional order,
but rather following the intuition of a dash of
colour (the intense red of Marc Newson’s arm-
chairs enhances Francesco Binfaré’s white Flap
sofa), or aiming for the explosion of an “urban
nature” (the green wall by Patrick Blanc looks
like a fragment of a tropical forest, that pairs
perfectly with the “diamond” low table by Arik
Levy and especially with the Campana
Brothers’ Corallo armchair), or even accepting
Arik Levy’s “artificial flame” on the kitchen wall.
Traces of Miguel Chevalier’s work are every-
where, empowered by the height of the space,
up to six metres, and by the light coming in
through the large windows. Even the carpets,
designed for Tai Ping are his. And to conclude,
MIGUEL CHEVALIER - RENATA SAPEY
progetto / design:
Renata Sapey,
Miguel Chevalier con /
with Arik Levy e / and
Patrick Blanc
foto / photo:
Renzo Chiesa
Il muro vegetale progettato
da Patrick Blanc con la
poltrona “Corallo” dei Fratelli
Campana, 2004. Nella pagina
a destra, ritratto di Miguel
Chevalier e Renata Sapey
(foto di Antoine Schenck).
Green wall designed by Patrick
Blanc with the Campana
Brothers armchair Corallo of
2004. Opposite page, a photo
of Miguel Chevalier and Renata
Sapey by Antoine Schenck.
Nelle pagine
precedenti e a sinistra:
il living con un divano
“Flap” di Francesco
Binfaré, 2000, in pelle
bianca, e poltrona
“Cone” di Fernando
e Humberto Campana,
1998. Nella pagina
a destra, ancora una
vista dell’esterno
e dettaglio per l’opera
d’arte ambientale
concepita da Felice
Varini.
On the previous pages
and on the left,
the living room with
Francesco Binfaré’s
white leather Flap sofa,
2000, armchair Cone
by Fernando
e Humberto Campana,
1998. Page
on the right, another
external view and a
detail of Felice Varini’s
environmental work
of art.
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imprevedibile, corre dalle pareti ai soffitti, mai paga, catturando gli
occhi e collegando, come un filo, gli episodi, gli oggetti, gli ospiti. L’ha
tracciata, per Renata e Miguel, l’artista svizzero Felice Varini.
an unpredictable light blue line unceasingly running on walls and
ceilings, captures the eye and connects, like a thread, episodes,
objects and guests: a work by Swiss artist Felice Varini. PE
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Un antico borgo nella dolce Franciacorta: in
esso un nucleo di costruzioni di impianto cin-
quecentesco, con pietra a vista e coppi sui
tetti. Nostalgia di un mondo che fu. Eppure,
nel rispetto assoluto dei volumi architettonici
del passato, la vita contemporanea necessita-
va di un intervento interno rivoluzionario.
Questo, volutamente, viene effettuato in due
tappe: innanzitutto si è dovuto liberare i volu-
mi di tutte le superfettazioni e di ogni decoro
“in stile”. Ne è risultato un ambiente “monasti-
camente” vuoto, segnato dagli intonaci mate-
rici, tinti grigio cemento, nero ardesia, bianco
ottico. Con un inusitato “salto temporale” si è
così venuto a determinare, ed ecco il secondo
step, lo sfondo perfetto per l’arte contempora-
nea, per il design più radicale e persino per la
musica d’avanguardia. Arte, design e musica
intesi come rottura delle aspettative sensoria-
li, come continua sorpresa rivitalizzante, ma
anche come comfort e funzionalità assoluta.
Anziché i Madrigali di Monteverdi in quest’au-
lica struttura riecheggia ormai il pop rock di
Don Omar & Lucenzo; dove ti aspetteresti un
armadione in legno di noce per la biancheria
ricamata trovi, destinato ai dischi in vinile e ai
cd, uno straniante contenitore “Scrigno” dei
Fratelli Campana, rivestito con centinaia di
frammenti di Reflex®; al posto dell’atteso tavo-
lo ottocentesco con gambe a cipolla ecco,
come l’aveva immaginata Aldo Rossi, la suaPE
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FRANCIACORTA
CASA MAIOLINI / MAIOLINI HOUSE
An old village on the gentle hills of Franciacorta:
in it, a group of buildings with a 16th century
structure, exposed brickwork and tiled roof.
Nostalgia for a long lost world. However, even
with complete respect for the architectural vol-
umes of the past, contemporary life requires
radical interventions in the interiors. An objec-
tive that was explicitly carried out in two phas-
es: first, the elimination of all the building addi-
tions to the volumes and of all “in style” deco-
rations. The result was an empty “monastic-
like” ambiance, with plasterwork, coloured in
cement gray, slate black, and optical white.
Taking a remarkable “time leap” – and here we
have reached the second phase – we stand in
front of the perfect backdrop for contempo-
rary art, for the most radical design and even
the most avant-garde music. Art, design and
music understood as a break from common
sensorial expectations, as an ongoing revitaliz-
ing surprise, but also as an expression of total
comfort and functionality. Monteverdi’s madri-
gals are no more, and this noble structure now
resounds with Don Omar & Lucenzo’s pop
rock; where you would expect a huge walnut
cupboard filled with laced linen, you find the
Campana Brothers’ estranging Scrigno storage
system containing records and CDs, covered
with Reflex® fragments; instead of a 19th centu-
ry table with carved legs, you are presented
with Aldo Rossi’s vision of it, fixed in marble;
GIACOMO MAIOLINI
progetto / design:
Roberto Falconi
(Studio Associato Falconi)
styling: Paola Moretti
foto / photo:
Andrea Ferrari
Sopra: vista di dettaglio
per uno dei nuclei che
compongono la grande
abitazione in Franciacorta.
Nella pagina a destra, Giacomo
Maiolini ritratto da Riccardo
Ambrosio e Andrea Peroni.
Above: detail of one of the
units of the large Franciacorta
mansion. Opposite page,
Giacomo Maiolini,
photographed by Riccardo
Ambrosio and Andrea Peroni.
citazione bloccata nel marmo; per il relax non
delicati sofà rivestiti con rose Sanderson, ma
un nido a groviglio in velluto blu o divani rico-
perti da pelli sfrangiate.
Un intervento che può essere letto come per-
fetta applicazione delle complesse leggi della
percezione: solo uno sfondo significativamen-
te neutro può accettare, e valorizzare, la più
forte delle provocazioni visive.
Nelle pagine precedenti:
il salone voltato con
camino cinquecentesco
e divani “Flap”, 2000,
e “Sofà Gran Khan”, 2008,
entrambi disegnati
da Francesco Binfaré.
A destra: il contenitore
su misura “Scrigno”
dei Fratelli Campana,
2009, contiene una
collezione di dischi
in vinile. In basso, il piano
inferiore, destinato alla
musica d’avanguardia,
con divano “Boa” dei
Fratelli Campana, 2002,
e contenitore “Paesaggi
Italiani” design Massimo
Morozzi, 1994.
no delicate sofas with Sanderson rose pat-
terned upholstery, but a blue velvet tangle
and comfy divans covered in frayed hides.
An intervention that could be read as the
perfect application of the complex rules of
perception: only a significantly neutral back-
ground can accommodate and enhance the
most striking visual provocations.
On the previous pages:
the vaulted hall with
a 16th century fireplace
and Francesco Binfaré’s Flap
and Sofà Gran Khan sofas
of 2000 and 2008.
Above: the 2009 custom
made Scrigno storage unit
by the Campana Brothers,
containing a vinyl record
collection. Below, the floor
below dedicated to avant-
garde music with the 2002
Campana Brothers’ Boa sofa
and 1994 storage Paesaggi
Italiani, design Massimo
Morozzi.
52
L’estetica del riuso, appresa nelle vie di San
Paolo del Brasile, può essere adattata anche
all’architettura? La lezione che Fernando e
Humberto Campana ci hanno insegnato,
recuperando materiali e simboli dalla strada e
miscelandoli in un modo assolutamente auto-
nomo e autentico, può servire ad affrontare la
ristrutturazione di un albergo fine anni 50?
Per di più lontano dal Brasile?
I Fratelli Campana, alla loro prima prova reale
con lo spazio, hanno evitato l’errore così
comune a molti designer che, raggiunta la
celebrità, vengono coinvolti in operazioni pro-
gettuali a scala diversa dal loro specifico.
Invitati da Dakis Joannou, sensibile ed estre-
mista animatore della vita ateniese, a ristrut-
turare il New Hotel, non si improvvisano archi-
tetti, ma piuttosto fini conoscitori degli spazi
e dei materiali. La struttura architettonica,
cioè le facciate, i corpi scala, i corridoi, la con-
figurazione delle stanze, rimarrà sostanzial-
mente immutata, ma tutto verrà profonda-
mente modificato dalla scelta di riusare i
materiali che progressivamente venivano
smantellati. In pratica l’albergo si ricostruisce
sulle sue fondamenta, trovando in se stesso la
materia prima per sopravvivere e rinascere.
Non si tratta quindi di un’operazione di deco-
razione interna, tutt’altro. La definirei piutto-
sto un’operazione filosofica: niente viene
distrutto, ma tutto trasformato. I pezzi degliPE
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ATENE / ATHENS
NEW HOTEL (YES! HOTELS)
Can the aesthetics of recycling, mastered along
the streets of São Paulo in Brazil, be adapted to
architecture too? Fernando and Humberto
Campana reuse materials and symbols from
the street, mixing them in an autonomous and
authentic way; but could this lesson be of any
help for the redecoration of a late-Fifties hotel,
which is also far away from Brazil?
The Campana Brothers, in their first true test
with a space, managed to escape the common
mistake that too many designers run into once
famous, that of getting involved in projects on
a different scale to which they usually work on.
Dakis Joannou, the attentive and excessive
guiding force of Athens’ cultural scene, invited
the Campana Brothers to renovate the New
Hotel; the two designers did not act as
impromptu architects, but rather as refined
space and material connoisseurs. The architec-
tural structure – the façades, the staircases, the
layout of the rooms – remained basically
untouched, but all the rest was radically
changed, affected by the decision to reuse the
materials that were gradually dismantled in the
process. The hotel rebuilt itself from its founda-
tions, finding inside itself the raw material nec-
essary for its survival and return to life. So it
was not an operation of interior design. Rather
the opposite. I would define it a philosophical
operation: nothing was destroyed, everything
transformed. The portions of dismantled old
DAKIS JOANNOU
progetto / project:Fernando e / andHumberto Campanafoto / photo:
Andrés Otero
Il New Hotel di Atene in una
visione notturna e, nella pagina
a destra, ritratto di Dakis
Joannou imprenditore e
collezionista d’arte (foto di Ilias
Anagnostopoulos).
A night view of Athen’s New
Hotel. Opposite page:
entrepreneur and art collector
Dakis Joannou (photo by Ilias
Anagnostopoulos).
56
arredi obsoleti verranno inchiodati sugli esi-
stenti pilastri a formare trionfali colonne fun-
ghiformi di schienali e traversi e montanti
lignei. L’arte, ci ricordano i Fratelli, si costrui-
sce attraverso le idee e non grazie a potenti
“mezzi economici”. Viaggiare significa scopri-
re realtà nuove e di conseguenza rinnovarsi
interiormente mediante la lezione della diffe-
renza: l’esatto contrario di quanto propugna-
no le grandi catene alberghiere che, dimenti-
che dell’alterità dei luoghi, offrono nel mondo
intero la stessa formula arredativa immagina-
ta come rassicurante per un cliente che è
ormai soltanto un turista e non più un viaggia-
tore. Il messaggio di Fernando e Humberto
Campana e di Dakis Joannou è invece quello
della individualità degli episodi della vita.
Quello del valore, differente e quindi costrut-
tivo, di ogni esperienza. In fondo come era
una volta quando entrare in un albergo di
Parigi era infinitamente diverso che sedersi
nella veranda di una pensione a Roma o cena-
re tra gli specchi dorati di un ristorante di
Budapest. Ci volevano però gli “occhi nuovi”
di qualcuno venuto dal “terzo mondo”, unita-
mente al coraggio di un imprenditore che ha
ormai raggiunto la consapevolezza che porta
a osare, per ricordarci questa verità!
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furnishings were nailed onto the existing pillars,
forming triumphal mushroom-like columns of
chair-backs and wooden beams. Art, as the
two brothers remind us, is created with ideas
and not with powerful “financial means”.
Travelling means discovering new realities and
consequently renewing ourselves, teaching us
the lesson of difference: the exact opposite to
what the great hotel chains preach; oblivious of
the otherness of places, those hotels offer the
same interior design formula all around the
world, envisioning this solution as a reassuring
feature for the client, nowadays only a tourist
and no longer a traveller. Fernando and
Humberto Campana, and Dakis Joannou’s
message is, on the contrary, that of valuing the
uniqueness of the moments of life; that of the
different and therefore constructive value of
each experience. In the end just how it used to
be a long time ago, when stepping into a hotel
in Paris was completely different from sitting in
a veranda in a Rome guesthouse, or dining in
Budapest in a restaurant panelled with golden
mirrors. But to be reminded of this truth we
needed a “new pair of eyes ” of someone from
the “third world”, combined with the courage
of an entrepreneur with that level of awareness
that allows us to be daring!
Nelle pagine precedenti:
la reception con poltrone “Leather
Works” di Fernando e Humberto
Campana, 2007.
Nella pagina di destra, dall’alto
in senso orario: disegnati dai
Campana la poltrona “Grinza”,
2011, nella versione
in pelle, e un contenitore
“Brasilia”, 2011; la poltrona
“Favela”, 2003; il divano
“Topolone”, design Massimo
Morozzi, 1991, con le lampade
“Campana”, 2010, sempre
di Fernando e Humberto
Campana, e infine il tavolo
“Cotto”, 2010.
On the previous pages: the
lobby with Fernando and
Humberto Campana’s 2007
Leather Works armchairs.
Page on the right, clockwise
from the top: designed by
Campana Brothers the 2011
leather version Grinza armchair,
and a 2011 Brasilia storage unit;
2003 Favela armchair; 1991,
Massimo Morozzi’s Topolone
sofa with the 2010 Campana
lamps, by Fernando
and Humberto Campana
and the 2010 Cotto table.
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In basso: una vista della
lounge con le poltrone
“Leather Works”, 2007,
e il divano “Cipria”,
2009. A lato, la poltrona
“Grinza”, 2011, nella
versione in pelliccia
ecologica e il tavolino
“Brasilia”, 2006.
Nella pagina a destra:
la sala da pranzo con
in evidenza le grandi
strutture lignee,
costruite a partire
dagli arredi e dalle
finiture di scarto
del vecchio hotel,
che caratterizzano
fortemente il progetto
dei Fratelli Campana.
Below: view of the
lounge with the 2007
Leather Works
armchairs and the 2009
Cipria sofa. On the side,
the 2011 Grinza armchair
in eco-fur and the
Brasilia low-table, 2006.
Opposite page: dining
room with the
distinguishing trait
of the Campana
Brothers’ project:
the clearly visible large
wooden structures made
from the discarded
furnishings and finishings
of the old hotel.
60
La visione progettuale è cosa rara. Frutto di un
continuo aggiornamento estetico essa prece-
de, di gran lunga, il cosiddetto gusto comune.
Lazzarini e Pickering, tra i più interessanti archi-
tetti italiani “in interni”, sono senz’altro dotati di
tale visione. Per di più hanno saputo costruire
occasioni significative per dimostralo, definen-
do una particolare accezione di minimalismo
che rifugge le componenti pauperistiche per
lavorare sulla qualità dei materiali e sulla com-
plessità delle sovrapposizioni. Basterebbe cita-
re la casa a Positano ove il minimal si sustanzia
di mediterraneità o la reinvenzione degli yacht
Wally attraverso principi che evitano la citazio-
ne di interni “terrestri” per inventare un vero lin-
guaggio “marino”.
Posti recentemente di fronte all’incarico di
ristrutturare un villino inizi Novecento giunto a
noi, per quanto concerne gli interni, non nella
sua versione originale, ma attraverso un inter-
vento di riqualificazione tipicamente anni 50,
decidono di non tornare alla situazione origina-
ria per poi procedere a un arredo contempora-
neo, ma piuttosto di comprendere e valorizza-
re le soluzioni, apparentemente datate, propo-
ste da Luccichenti. Come dicevo un approccio
raro, in parte “pericoloso”, ma proprio per que-
sto assai più interessante che non una “bonifi-
ca” e un conseguente ritorno alla purezza. Il lin-
guaggio dell’alta borghesia anni 50, come si
esprime in Luccichenti, è un linguaggio scuro,PE
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ROMA / ROME
IN UN VILLINO DEL XX SECOLO / IN A 20TH CENTURY SMALL VILLA
A project vision is something rare: the result
of a process of ongoing aesthetic updating,
well ahead of the so called mainstream taste.
Lazzarini and Pickering, the most interesting
Italian interior designers, certainly have that
vision. And they have been capable of creat-
ing significant occasions to prove it, defining
a particular meaning of minimalism, far from
poverty of any kind, and instead focused on
the quality of materials and the complexity of
layering. It would suffice to mention the
house in Positano where minimalism is
embodied in a Mediterranean essence, or the
reinterpretation of the Wally yacht where
they avoided any reference to “land” interiors
in order to invent a “sea” code.
Recently faced with the task of restoring an
early 20th century small villa, whose interiors
were not original, but the result of a typical
Fifties requalification intervention, the two
architects decided not to revert to the origi-
nal situation and then proceed with contem-
porary furnishings, but rather to understand
and enhance Luccichenti’s apparently dated
solutions. A uncommon and rather “danger-
ous” approach, but for this reason much more
interesting than a “correction” and a return to
purity. The Fifties upper class codes, those
used by Luccichenti, translate into a dark, rich
and somewhat anti-rational approach. Maybe
even decadent. It offers a play on the pre-
interior design:
Luccichenti (1950 ca.)
Lazzarini Pickering
Architetti (2010)
foto / photo:
Giovanna Piemonti
CLAUDIO LAZZARINI - CARL PICKERING
Sopra: Roma, in una foto
di Matteo Piazza il villino primi
Novecento ristrutturato da
Claudio Lazzarini e Carl
Pickering, ritratti, nella pagina
a destra, da Matteo Piazza
sul divano “Sofà”.
Above, in a Matteo Piazza’s
picture the early 20th century
small villa in Rome restored
by Claudio Lazzarini and
Carl Pickering; opposite page,
photo of the two architects
by Matteo Piazza on the sofa
Sofà.
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Nelle pagine precedenti e in queste:
la zona giorno conserva e valorizza
il precedente intervento
di Luccichenti, risalente
ai primi anni 50, integrandolo con
spazialità e arredi contemporanei,
vedi i divani “On the Rocks” disegnati
da Francesco Binfaré nel 2004.
On the previous pages and on these:
the day area maintains and enhances
Luccichenti’s early 1950s intervention,
combining it with contemporary space
distribution and furnishings including
the 2004 Francesco Binfaré On the
Rocks sofas.
ricco, in qualche misura anti-razionale, forse
persino decadente. Gioca sulla preziosità della
materia, sugli accostamenti arditi e variati, su
un mix di intimità e atteggiamento ostentativo.
Lazzarini e Pickering riprendono, sottolineano,
accentuano ove necessario (vedi i soffitti tin-
teggiati in importanti cromie, vedi i grandi diva-
ni “On the Rocks” posizionati al centro della
scena o la citazione pontiana nelle sedie
“Superleggera” attorno al tavolo). Chiara è la
lezione che ne deriva: da ogni periodo stilistico
può essere recuperato un messaggio, a condi-
zione che si sappia evitare l’uniformità che la
moda pare imporre.
ciousness of the materials, on the daring and
varied combinations, on a mixture of intima-
cy and ostentation. Lazzarini and Pickering
recall, underline, and accentuate all this when
necessary (see the strong coloured ceilings,
the large On the Rocks sofas placed in the
centre of the stage or the homage to Ponti
with the Superleggera chairs around the
table). The lesson is clear: every style and
every period have a message that can be
rediscovered. But there must be the capacity
to avoid the uniformity that trends seem to
impose.
66
Rolf Sachs è un designer anomalo capace di
praticare il furniture design parallelamente alle
installazioni d’arte. Sachs sa “mettere in scena”
gli oggetti che disegna, capacità rara che gli
proviene dalle sofisticate scenografie teatrali
realizzate nel tempo, ma accetta anche, con
curiosità quasi entomologica, di confrontarsi
con oggetti disegnati da altri. Sedie, in partico-
lare sedie. Le sedie, anonime o d’autore, inva-
dono le case di Rolf. Le abitano prima degli
abitanti, esprimendosi con le loro riconoscibili
fisiognomiche: il lucente acciaio di Ron Arad, il
cartone pressato di Frank Gehry, le reti stirate
di Shiro Kuramata, i pointinism proustiani di
Alessandro Mendini. Sachs concepisce le sue
case come una sommatoria estetica in cui il
comun denominatore non è mai lo stile, quan-
to piuttosto l’intensità espressa nei singoli pro-
getti. Accostati per differenza, i pezzi della sua
collezione sono anche “mediati” per differen-
za, ad esempio, nella sua casa londinese, tra
Gehry e Arad troviamo la doppia slitta
“Insepar-able”, da lui disegnata e qui usata
come tavolino! Di un’icona, come la poltrona
“Favela” dei Fratelli Campana, Rolf Sachs con-
serva addirittura due versioni: l’originale con la
sua follia di legnetti di recupero e la sua com-
bustione, “Where There’s Smoke”, pezzo unico
realizzato nel 2004 da Martin Baas per la gal-
leria Moss di New York.
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LONDRA / LONDON
CASA SACHS / SACHS HOUSE
Rolf Sachs is a one of a kind designer capable
of pairing furniture design with art installa-
tions. Sachs knows how to “stage” the objects
he designs, a rare quality given by his experi-
ence in the field of sophisticated set designs
he realized in the past; he is also a designer
that accepts relating to other designers’ work,
prompted by an almost entomologic curiosity.
Chairs, mainly chairs. Anonymous or designed
chairs invade Rolf’s houses. They inhabit the
space before the inhabitants do, expressing
their well-recognizable physiognomy: Ron
Arad’s shiny steel, Frank Gehry’s pressed card-
board, Shiro Kuramata’s expanded metal, and
Alessandro Mendini’s Proustian Pointillism.
Sachs conceives his homes as an aesthetic
cluster where the common denominator is not
style, but rather the intensity expressed by the
single projects. Combined according to their
differences, the pieces of his collection are
sometimes “mediated” according to their dif-
ferences. In his house in London for example,
Gehry and Arad are separated by his double
sleigh Insepar-able, used as a low table! Of the
Campana Brother’s iconic Favela armchair,
Rolf Sachs has two versions: the original, with
that frenzied mass of wood scraps and its
burned version, entitled Where There’s Smoke,
a one-off realized by Martin Baas in 2004 for
Moss Gallery in New York.
ROLF SACHS
progetto / design: Rolf Sachsfoto / photo: John Spinks
Dettaglio della casa
londinese del celebre
designer Rolf Sachs (foto
rolf sachs fun c’tion).
Nella pagina a destra:
Rolf Sachs fotografato
da Karl Gross.
Detail of famous designer
Rolf Sachs’ London house
(photo rolf sachs fun c’tion).
Opposite page: Rolf Sachs
photographed by Karl Gross.
70
Nelle pagine precedenti:
nella hall, la poltrona
“Favela” di Fernando
e Humberto Campana,
2003, viene “replicata”
dalla sua combustione,
operata da Martin Baas
nel 2004 per il gallerista
newyorkese Moss.
In queste pagine: viste
dell’abitazione di Rolf
Sachs con in evidenza
alcuni importanti pezzi
della sua collezione di
sedie e poltrone.
Si noti il tavolino-slitta
“Insepar-able” progettato
dallo stesso Sachs.
On the previous
pages, in the hall,
the 2003 Fernando
and Humberto
Campana Favela
armchair also
in its 2004 burnt
“replica” by Martin
Baas, for the New York
Moss gallery.
On these pages,
images of Rolf Sachs’
house with some
important pieces
of his chair and
armchair collection.
Sachs’ Insepar-able
sleigh-coffee table
stands out.
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Nelle città storiche italiane l’architettura di interni si
caratterizza sovente per l’intervento in importanti
palazzi storici. Ciò richiede una duplice sensibilità:
da un lato l’attenta capacità di recupero e restauro
delle strutture e delle spazialità preesistenti, dall’al-
tro la sicurezza necessaria per inserire in esse un
progetto che risponda alle attuali esigenze abitati-
ve. Programma apparentemente semplice, in real-
tà raramente applicato nella sua completezza.
Sono infatti assai frequenti sia i casi di violenza pro-
gettuale, che tendono a creare uno schizofrenico
contrasto tra il contenitore (palazzo) e il suo con-
tenuto, quanto le operazioni di mimesi per cui il
progetto si trasforma in scenografia, quasi ci si tro-
vasse a una recita in costume.
Iascone-Menarini fuggono, naturalmente, entrambe
le derive di cui sopra per proporre inizialmente
un’operazione di recupero filologico delle strutture di
un palazzo del XVIII secolo e quindi un intervento di
interior, insieme garbato e sofisticato, basato su un
duplice programma: gli arredi fissi vivono di conte-
stualità, tendendo a dissolversi nella struttura, mentre
“gli arredi mobili” sono pezzi selezionati per la loro
assoluta eccellenza. Che si tratti di arte o di design le
scelte sono sempre singolarmente calibrate.
Un ruolo fondamentale, spesso purtroppo dimen-
ticato in questi contesti, ha infine “il vuoto”, consi-
derato realmente uno “strumento di progetto”. Un
vuoto necessario a creare fluidità tra i pezzi, a valo-
rizzare le originarie finiture, a trasformare l’arreda-
mento in puro piacere estetico.PE
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ITALIA CENTRALE / CENTRAL ITALY
IN UN PALAZZO D’EPOCA / IN A HISTORICAL PALACE
In Italian historical cities, interior architecture often is
about interventions on important historical palaces.
And the latter require a double sensibility: on the
one hand an attentive restoration and preservation
of the pre-existent structures and spaces, and on
the other a sufficient level of confidence to insert
inside the building a project corresponding to con-
temporary living requirements. An apparently sim-
ple task, that is only very rarely accomplished. Very
often in fact it is a case of “violent” projects that
tend to create a schizophrenic contrast between
the container (the palace) and its content; or con-
versely, we have cases where the result aims to be
mimetic, that is when the project tends to stage
design, almost as if in a period play.
Iascone-Manarini are naturally distant from these
two extremes and present a philological restora-
tion of an 18th century palace, paired with an inter-
vention on the interiors – an elegant and sophisti-
cated project based on a two-part project: the
fixed furnishings must be contextual, almost dis-
solving into the structure, while the “mobile” fur-
nishings are to be selected pieces chosen for their
absolute uniqueness. Be it art or design, the choic-
es are always carefully pondered.
A crucial, but often neglected, role is played in this
context by the “void”, understood as an authentic
“design tool”. A void which is necessary to create
fluidity amongst the pieces, to enhance the original
finishings, and to transform furniture into pure aes-
thetic pleasure.
ENRICO IASCONE - CARLOTTA MENARINI
progetto / design:Enrico Iascone,Carlotta Menarini(Studio EnricoIascone Architetti)foto / photo:Emilio Tremolada
Nella pagina accanto: Enrico
Iascone e Carlotta Menarini,
ritratti da Paolo Panzera, hanno
ristrutturato un importante
palazzo d’epoca, destinato
a ospitare numerose collezioni.
Opposite page: Enrico Iascone
and Carlotta Menarini in a
photo by Paolo Panzera. The
couple restored an important
historic building, destined to
house numerous collections.
76
Nelle pagine precedenti: uno dei
grandi saloni passanti svuotati
e perfettamente restaurati.
Divani “Sofà”, 2008, design
Francesco Binfaré e, sopra al
camino, un’opera di Tony Bevan.
Nella pagina a sinistra, nella
sequenza, la sala da pranzo con
volta affrescata, un controcampo
del salone con i divani “Sofà” e
un salotto-biblioteca con il
divano “H/F Tangeri” di
Francesco Binfaré, 1994. A destra,
“Flap” in pelle bianca, design
Francesco Binfaré, 2000
e, a parete, un’opera
di Yves Klein.
On the previous pages: one of
the perfectly renovated and
completely emptied enfilade
grand halls. Francesco Binfaré’s
2008 Sofà divans, and, on the
fireplace, a work of Tony Bevan.
On the left, in sequence, the
dining room with the frescoed
vault, a reverse view of the living
room with “Sofà” sofas and the
library-living room with
Francesco Binfaré’s 1994 H/F
Tangeri sofa. Opposite page, the
white leather Flap sofa designed
by Francesco Binfaré in 2000
and an Yves Klein work on the
wall.
78
Villa Amistà, a Carrubbio in Valpolicella, alle porte
di Verona, è stata sottoposta a un perfetto
restauro conservativo, ma, qualora vi stiate
immaginando di entrare in un’architettura cin-
quecentesca che conseguentemente proponga
un “mondo in stile”, vi sbagliate. Recuperate le
spazialità, i decori in stucco, gli affreschi, i pavi-
menti in seminato, in questo perfetto décor d’an-
tan è intervenuto Alessandro Mendini portando
con sé la sua idea di una modernità ibrida, metic-
ciata, ove il passato e il futuro si confrontano
senza tregua, ove il colore si allontana dai toni
controllati dell’intonaco e dello stucco, per espri-
mersi con tinte acide, forti, ove la citazione stori-
cistica è ammessa e il vero e il falso pongono
continui dubbi esistenziali, in un gioco che non
dà tregua. Ne discende un’implacabile orgia ludi-
ca che rende unica l’esperienza degli spazi inter-
ni. Divani rossi a spirale accolgono gli ospiti. False
cornici barocche dipinte di giallo o letti verniciati
in tinte accese, con baldacchino su colonne a
torciglione, si confrontano con i veri apparati sei-
centeschi. Colorati mobili totemici si appoggiano
ad ancor più colorate decorazioni optical.
Gli anni 50, gli anni 60, gli anni 80 e i 90 e gli
’00 fino a oggi, fino a domani: tutto è presente
e si sovrappone senza remore. L’arte “spunta”
nei luoghi più impensati: indimenticabile il fre-
gio, in alto, nel salone principale, con le nude
“sentinelle” di Vanessa Beecroft.
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CARRUBBIO IN VALPOLICELLA, VERONA
BYBLOS ART HOTEL VILLA AMISTÀ
Villa Amistà, located in Carrubbio Valpolicella,
not far from Verona, underwent a perfect con-
servative restoration. But if you are thinking of
stepping inside a 16th century architecture to
find a world “in style”, well you would be mistak-
en. The perfect “period decor”, with its spaces,
stuccos, frescoes and Venetian flooring was
duly preserved. But then Alessandro Mendini
intervened, introducing his conception of a
hybrid, crossbred modernity, where past and
present endlessly face one another; where
colour finds acid and strong palettes far from
the controlled tones of the stuccos and plaster
on the walls; where the historical reference is
admitted but the authentic and the false raise
incessant existential questions, in an endless
game. The outcome is an implacable and play-
ful orgy, providing a unique experience of the
interiors. Red spiral sofas to welcome the
guests; yellow false Baroque picture frames;
four-poster beds with helical columns varnished
in bright colours, all paired with authentic 16th
century furnishings; coloured totem-like furnish-
ings against even brighter optical decorations.
The Fifties, the Sixties, the Eighties, the Nineties
and the Two-thousands up to today, up to
tomorrow: everything is present and boldly clus-
tered. Art pops up in the most improbable
places: a frieze high up in the main hall, with
Vanessa Beecroft’s nude “sentinels”. Memorable.
ALESSANDRO MENDINI
progetto / design:Alessandro e / andFrancesco Mendini,Atelier Mendinifoto / photo:Henri del Olmo(courtesy of ByblosArt Hotel VillaAmistà)
Villa Amistà, di impianto
cinquecentesco, trasformata
in “hotel d’arte” da Alessandro
Mendini, ritratto nella pagina
a destra da Gitty Darugar
(courtesy of Archivio Atelier
Mendini).
Villa Amistà, a 16th century
building transformed into
an “art hotel” by Alessandro
Mendini, on the opposite page
in a photo by Gitty Darugar
(courtesy of Atelier Mendini
Archive).
Nelle pagine precedenti,
la lounge con, sull’antico
pavimento in seminato,
il divano da centro
“Tatlin” di Mario Cananzi
e Roberto Semprini,
1989, e, verso destra,
le poltrone “Au”
progettate da Setsu
e Shinobu Ito nel 2003.
In queste pagine, ancora
la lounge con, nelle
antiche modanature,
una importante
sequenza fotografica di
Vanessa Beecroft.
On the previous pages,
the lounge with the
1989 Mario Cananzi
and Roberto Semprini
“Tatlin” central sofa
on ancient Venetian
flooring. To the right,
the“Au” armchairs
designed by Setsu and
Shinobu Ito in 2003.
On these pages,
another view of the
lounge with an
important photo
sequence by Vanessa
Beecroft up on the
ancient frieze.
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A PALAZZO AT THE PALACE
Penta, tavolino / coffee table, design
Massimo Morozzi, 1998; On the Rocks, divano
/ sofas, design Francesco Binfaré, 2004, in un
appartamento di / in an apartment inside
Palazzo Caracciolo - Piacenza, ristrutturato
da / restored by Maurizio Mancini.
foto / photo: Dario Fusaro
With a kitchen large enough to accommodate a
central steel island unit and a Kita Wink chaise
longue, with piles of books on a Bruno Rainaldi
Ptolomeo bookshelf, and with a Francesco Binfaré
On the Rocks sofa in the middle of the living room,
you are obviously looking at an extraordinary house.
But if to all that you add a plan with a classical
enfilade of rooms, 18th century doors with bucolic
frescoes, fireplaces and Venetian flooring, then you
are definitely in Piacenza, in the 17th century Palazzo
Caracciolo, carefully restored and skilfully furnished.
Qualora una cucina sia così grande da ospitare un bloc-
co in acciaio centrale e persino una chaise longue come
la “Wink” di Kita; qualora ovunque si incontrino pile di
libri sullo scaffale “Ptolomeo” di Bruno Rainaldi; qualora
al centro del salone si trovi un divano “On the Rocks” di
Francesco Binfaré apparirà chiaro di essere in una casa
straordinaria, ma, se a questo si aggiunge un antico
impianto a stanze passanti, porte settecentesche affre-
scate con scene bucoliche e poi ancora maestosi cami-
ni e pavimenti in seminato, allora saremo sicuramente a
Piacenza nel seicentesco Palazzo Caracciolo, attenta-
mente restaurato e arredato con garbata sapienza. PA
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Siamo a Maastricht tra il 1440 e il 1459, grazie al
nobile Egidius van Elderen, una chiesa e un chiostro
vengono dedicati ai Cavalieri della Croce, gloriosi
crociati dediti a opere di bene. Trasformate in un
deposito di munizioni durante la Rivoluzione
Francese, oggi, 570 anni dopo, quelle stesse mura
vedono transitare ignari turisti. Nel 2005 Camille
Oostwegel salva il complesso dall’incipiente rovina e
lo trasforma in un hotel di design. In particolare la
navata dell’antica chiesa ospita la lobby, la bibliote-
ca e il bar. Le preziose vetrate illuminano oggi i pezzi
contemporanei di Marc Newson, Piet Heyn Eeck,
Philippe Starck nonché l’inconfondibile divano spira-
liforme “Tatlin” di Cananzi e Semprini per Edra. In
alto, negli affreschi recuperati, la storia di santa
Gertrude, non a caso patrona dei viaggiatori.
PA
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LE
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OR
DS
In Maastricht, between 1440 and 1459, the noble
Egidius van Elderen dedicated a church and a cloister
to the Order of the Holy Cross, glorious crusaders
devoted to good deeds. Converted into a munitions
storehouse during the French Revolution, today – 570
years later – those same walls welcome unaware
tourists. In 2005 Camille Oostwegel saved the structure
from incipient ruin and transformed it into a design
hotel. The nave of the ancient church now includes the
lobby, the library and the bar. The precious glass win-
dows today enlighten the contemporary works by
Marc Newson, Piet Heyn Eeck, and Philippe Starck, as
well as the Tatlin spiral divan by Cananzi and Semprini
for Edra. High up among the restored frescos, who
should appear but St Gertrude, patron of travellers.
NELL’ANTICO CHIOSTRO IN THE ANCIENT CLOISTER
Tatlin, divano da centro / central sofa, design
Mario Cananzi e / and Roberto Semprini,
1989, nella lobby del / lobby in
Kruisherenhotel Maastricht, Maastricht
progettato da / designed by Henk Vos.
foto / photo: Etienne van Sloun, Luk Boegly
(courtesy of Kruisherenhotel Maastricht)
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Brutality and tenderness, recognisability and deforma-
tion: works by French artist Philippe Pasqua, whether
they be sculptures, paintings or drawings, they arouse
opposite reactions. On the one hand we find the figu-
rative quality reassuring, but on the other the “under
the surface” dissolution that clearly appears at a sec-
ond glance proves disquieting, introducing Pasqua’s
figurative art into the contemporary. But in the end, in
this immense home, rich of works of the French artist,
it is not art, but – all be it avant-garde , and not homolo-
gated design, like the Campana Brothers’ Boa sofa –
that introduces the certainties in the space.
Brutalità e tenerezza, riconoscibilità e deformazione:
le opere di Philippe Pasqua, artista francese, siano
esse sculture, pitture o disegni, provocano reazioni
opposte. Da un lato la figuratività ci rassicura, dall’al-
tro il dissolvimento che appare evidente a un
secondo sguardo, “sotto l’epidermide”, ci inquieta e
riporta la figuratività, comunque perseguita da
Pasqua, al contemporaneo. Alla fine, in questa
immensa casa, ricca di opere dell’artista francese,
non è l’arte, ma il design, sia pur d’avanguardia, sia
pur non omologato come la seduta “Boa” dei Fratelli
Campana, a proporre delle certezze.
TRA ARTE E DESIGN BETWEEN ART AND DESIGN
Boa, divano / sofa, design Fernando e / and
Humberto Campana, 2002, nel living di una
casa vicino / in the living room of a house
near, Parigi / Paris. Progetto / design
e / and Interior Design by Nathalie Pasqua.
foto / photo: Antoine Baralhe
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Per chi, da sempre, si occupa di progettare case
bellissime destinate ad altri, a volte definire la pro-
pria casa può essere particolarmente complesso.
Ecco allora che Claudio Lazzarini e Carl Pickering
“adottano” uno spazio preesistente: un vero loft, in
una zona romana assai centrale e da sempre abi-
tata da creativi. Una mano di bianco ovunque e poi,
semplicemente, una accurata selezione di pezzi, di
artisti o di designer, a costruire quella “domesticità”
che è fatta di scelte e che rende una casa diversa
da qualsiasi altra. È giusto così: costruendo il pro-
prio luogo non si tratta di affermare uno stile, ma di
mostrare l’anima!
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It can be rather complex to define your own house
when your job has always been designing beautiful
houses for others. Claudio Lazzarini and Carl
Pickering “adopted” a preexistent space: a real loft, in
central Rome, in an area that has always been home
to the creative community. An overall coat of white
and then an accurate selection of pieces, by artists or
designers, to build that “domestic” dimension based
on choices that make one house different from ano-
ther. And that’s how it should be: building your own
place is not a matter of style, but of soul!
PROGETTARE PER ABITAREDESIGNED TO LIVE IN
Sofà, divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2008, nel soggiorno di casa / in the living
room of the house Lazzarini - Pickering, a
Roma / in Rome arredata da / furnished by
Lazzarini Pickering Architetti.
foto / photo: Matteo Piazza
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In un importante appartamento milanese, ricco di
segni di cornici, camini, paraste marmoree si deci-
de di osare il “grande colore”: ecco che il salone non
è affatto banalizzato da un serena tinta avorio, ma
anzi esaltato da un rosso importante, acceso. Al
centro dell’immenso spazio vuoto, sullo sfondato di
un camino di proporzioni inusitate, si fronteggiano
dinamicamente due divani “Flap”. Su una parete
una tela, immensa, misteriosa, inquietante (di
Raymundo Sesma), completa la scenografia.PA
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In an important Milanese apartment, rich with
frame marks, fireplaces, and marble pilasters, a
daring “grand colour” was chosen. Not dulled by
tranquil ivory tones, the hall is on the contrary
exalted by an important bright red. At the centre
of the immense void, against the recess of a huge
fireplace, there is the dynamic face to face of the
two Flap sofas. The scene is completed with a
huge, mysterious and disquieting canvas (by
Raymundo Sesma) on one of the walls.
ROSSORED
H/F Tangeri Bed, letto / bed, design
Francesco Binfaré, 1998; Flap, divano / sofa,
design Francesco Binfaré, 2000. Progetto /
design Monica Lattuada, Piero Gilardino
(Studio Map); Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
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Nessuno stacco tra luoghi della vita e luoghi del
lavoro in questa villa madrilena che fa della continui-
tà la sua cifra stilistica. Avvolta su se stessa, essa cela
una piscina e un piccolo patio e utilizza un insolito
rivestimento continuo in rame che, all’interno, divie-
ne legno. La pelle lignea e la pelle metallica, sostan-
zialmente ininterrotte, trovano alcuni punti di con-
tatto, e creano un effetto estremamente tattile.
Dall’esterno verso l’interno, più che visioni dirette,
giunge solo una luce lattiginosa, filtrata dagli spessi
u-glass opalini. Ne deriva uno spazio volutamente
introverso ove le materie della costruzione dell’archi-
tettura – legno, cemento, vetro – si valorizzano, così
come le materie degli arredi, vedi il rosso rivestimen-
to dei divani “On the Rocks” di Francesco Binfaré.
L’atmosfera che ne risulta è particolarmente intima.
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No interruptions between leisure and work spaces
in this Madrilenian villa whose stylistic cipher is con-
tinuity. Wrapped up around itself, it hides a pool and
a small patio, and presents an unusual continuous
copper covering that in the interior transforms into
wood. The uninterrupted wooden and metal cover-
ings sometimes meet, creating an extremely tactile
effect. From the outside to the inside comes no
direct vision but only a milky light, filtered by thick
opaline u-glass. The outcome is a deliberately intro-
verted space, where the architectural building
materials – wood, cement, glass – are enhanced,
and so are the furnishings, as for example the red
covering on Francesco Binfaré’s On the Rockssofas.
The atmosphere is very intimate.
PAPERCLIP HOUSE
On the Rocks, divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2004, nel living della / in the living of “Paperclip
House”, Madrid, progettata da / designed by Javier
Bernalte, José Luis León (Bernalte León y Asociados).
foto / photo: Mads Mogensen, produzione /
production: Martina Hunglinger
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FOURRURE
Leather Works Fur White, poltrona, pezzo
unico / armchair, unique piece, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2008
in uno chalet / in a chalet progettato da /
designed by Alexandra de Pfyffer
(AdP-decoration)
foto / photo: Nicolas Tosi
(Elle Decoration/Scoop)
In the mountain chalet in Gstaad with Alexandra de
Pfyffer’s interior design, everything must be so
“unique” that even the Campana Brothers’ Leather
Worksarmchair, already rather unusual in its standard
version, had to be transformed into a one-off piece,
upholstered with ecological furs. In this version it
stands out against the harmony of the brushed steel,
fir wood, black leather and gray flannel. And this is
how we can truly appreciate its intrinsic wildness and
deliberate primitivism.
Nello chalet montano arredato da Alexandra de
Pfyffer ogni cosa deve divenire così “particolare” che
persino la poltrona dei Fratelli Campana, “Leather
Works”, già di per sé, nella sua versione “di serie”, ben
lontana dalle consuetudini, dovrà trasformarsi in un
pezzo unico, rivestito con pellicce ecologiche. Così si
staccherà dall’elegante armonia dell’acciaio spazzo-
lato, del legno di abete, della pelle nera e della flanella
grigia. Così giungeremo ancor più a leggerne l’intrin-
seca animalità e il voluto primitivismo.PA
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Bergamo alta è, nella frenesia lombarda,
un’isola di quiete: antiche chiese, acciottolato
a terra, nobili palazzi. In uno di questi, di
impianto cinquecentesco, ma ultimato nel
1700, sotto le alte volte affrescate, sugli anti-
chi pavimenti in seminato l’interior designer
Carlo Baio ha distribuito il comfort contempo-
raneo di Edra: l’articolazione del “Flap”, ma
soprattutto la morbida massa dei divani
“Topolone”, disegnati da Massimo Morozzi nel
1991 come ludica rivisitazione di quei sofà che
“arredavano” i fumetti di Topolino.
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In chaotic Lombardy, Bergamo Alta is an island
of tranquillity: ancient churches, cobblestones
along the streets, noble palaces. In one of
these – a 16th century structure finished in the
18th century – with frescoed vaults and vene-
tian floors, the interior designer Carlo Baio dis-
seminated Edra’s contemporary comfort: the
composite Flap, but also the soft mass of the
Topolone sofas, designed by Massimo Morozzi
in 1991, a playful revisitation of the sofas seen in
the Mickey Mouse comics.
SOTTO GLI AFFRESCHI UNDER THE FRESCOES
Rose Chair, poltrona / armchair, design Masanori
Umeda, 1990; Topolone, divano / sofa, design
Massimo Morozzi, 1991; Flap, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2000, Bergamo Alta, nel living
di casa Baio / in the living of Baio house;
Interior Design Carlo Baio.
foto / photo: Ezio Manciucca
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DALL’ALTOFROM ABOVE
Mummy, sedia / chair, design Peter Traag, 2005;
Jenette, sedia / chair, design Fernando e / and
Humberto Campana, 2005; Sfatto, divano / sofa
design Francesco Binfaré, 2011; Cipria, poltrona /
armchair, design Fernando e / and Humberto
Campana, 2012, nella / in the Presidential Suite
Boscolo Milano / Milan, progettato da /
designed by: Italo Rota.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Emilio Tremolada
Milan is a city that should be looked at from above.
From this perspective the gray urban uniformity
would reveal a triumph of secret gardens and ter-
races in bloom, spires, statues and reliefs. But such a
view is not for everyone. The view from “up above”
is rather rare, and duly enhanced in this apartment
whose true “core” is outside. The urban landscape is
engaged in a dialogue with designer furnishings,
such as the armchair Cipriaand the Sfattosofa or the
large Hope lamp placed, of course, in front of the
windows.
Milano è una città che andrebbe guardata dall’alto.
Allora, dalla grigia uniformità del tessuto urbano, spun-
terebbero con chiarezza tripudi di giardini segreti e ter-
razze fiorite, guglie e cupole, statue e rilievi. Ma ciò non
è dato a molti. Il “guardare dall’alto” è una caratteristica
rara, giustamente valorizzata in quest’appartamento
che fa dell’esterno la sua vera “scena”. Il paesaggio
urbano entra ovunque in gioco dialogando con gli
arredi d’autore, come la poltrona “Cipria” e il divano
“Sfatto” o la grande lampada “Hope”, posizionati, non
a caso, rigorosamente di fronte alle finestre.PA
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Sulla collina che sormonta Cannes, celebre per le
sue pareti rocciose a strapiombo abitate dai cac-
tus, ma poco sotto in realtà fioriscono i limoni e si
trovano palme rigogliose, si articolano i volumi
modernisti di un’architettura anni 70 ricca di
vetrate. La villa è stata interamente ridisegnata
all’interno giocando una forte carta mimetica per
i pavimenti che riprendono il colore della roccia
sovrastante. Una parete in pietra, a interrompere
il vetro, ospita un minimale camino, fronteggiato
da immensi divani “Sofà” di Francesco Binfaré.
L’arredo, volutamente sobrio, si illumina di tracce
dorate nelle opere d’arte e in certi pezzi in serie
limitata e, improvvisamente, stupisce con sculture
di animali posizionate in modo strategico.
On the hill overlooking Cannes, famous for its
sheer rocky slopes covered in cacti and, a little
below, in blooming lemon trees and luxuriant
palms, there are the Modernist volumes of a 1970s
architecture with many glass windows. The villa
was totally redesigned on the inside, on the notes
of a mimetic style with the floors that recall the
colour of the rocks above. The stone wall, inter-
rupting the windows, contains a minimalistic fire-
place, opposite which are huge Sofà sofas by
Francesco Binfaré. The interior design, deliberate-
ly sober, is brightened with traces of gold in the
artworks, with some limited edition pieces and,
suddenly, here and there appear animal sculp-
tures strategically placed around the house.
CACTUS ROCK
Sofà, divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2008, nel soggiorno di una villa a Cannes /
in the living room of a villa in Cannes.
Interior Design: Klaus Hoflehner, Elisabeth Daurer
(Wohnen by Hoflener)
foto / photo: Erwin Wimmer
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MADRID
Corallo, poltrona / armchair, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2004; nell’ingresso di
casa / in the hall of Alía house, Madrid, progettata
da / designed by Tomás Alía.
foto / photo: Manolo Yllera
Interior designer di punta sulla scena madrilena e
internazionale, Tomás Alía concepisce la sua casa
come una collezione di pezzi, d’arte o di design, di
grande livello, ma soprattutto dotati di qualità affet-
tive. Oggetti del cuore, scelti in base a una precisa
pulsione, dalla “Coconut Chair” di George Nelson
alla poltrona “Corallo” dei Fratelli Campana.
Leading interior designer on the Madrilenian and
international scene, Tomás Alía conceives his house as
a collection of art or design pieces, that must be top
range, but above all must have a sentimental quality.
Objects of the heart, chosen following a specific
impulse, from George Nelson’s Coconut Chair to the
Corallo armchair by the Campana Brothers.
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RICEVERETO WELCOME
Angels, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 1996, nel soggiorno di una casa
milanese / in the living room
of a milanese house.
foto / photo: Matteo Piazza
In questo appartamento della Milano alto borghese
un tempo abitava un celebre editore. L'atmosfera è
rimasta la stessa, le grandi boiserie si riempiono di
volumi, gli spazi si articolano per il relax proprio e dei
molti amici. Il ricevere è in fondo un altro aspetto
dell’abitare o meglio la cultura dell’abitare è indis-
pensabile alla cultura del ricevere. I due grandi divani
“Angels”, ideati da Francesco Binfaré proprio per
una collocazione dinamica nello spazio, si aprono
qui ad inquadrare un particolarissimo mobile bar in
specchio, un tempo indispensabile per il rito dei
“cocktails” e che oggi contiene una collezione di
coloratissimi bicchieri di Murano. L’antico camino, i
molti quadri, l'installazione luminosa "Wall Piercing"
di Ron Gilad e le poltrone di famiglia completano il
ritratto e invitano alla conversazione.
In this upper middle class flat in Milan once lived a
famous editor. The atmosphere has remained
unchanged, the large boiserie is filled with volumes,
and the spaces are ready for the owner and his
many friends to relax. Informal receptions at home
with your friends are really one of the many aspects
of home living. Better said, home living awareness is
essential to proper reception know-how. The two
large Angles divans, designed by Francesco Binfaré
for a dynamic conception of space, here frame a
unique mirrored bar cabinet, once a must have for
the “drinks” ritual, and today home to a collection of
colourful Murano glasses. The old fireplace, the
many paintings, the family armchairs complete the
set, inviting to sit down for a chat.
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Un luogo di memoria, come l’Hotel Gran Meliá Colón a
Siviglia, legato per 80 anni alla passione della corrida, è
stato integralmente riprogettato. L’architettura, fortu-
natamente vincolata nel suo delirio “barocco” risalente
al 1929, rivive in inediti acco stamenti di interni come il
grande divano da centro “polipo-forme” (“Aster
Papposus” di Fernando e Humberto Campana) posi-
zionato esattamente sotto la iper-decorata cupola
“modernista”, a ricordarci, con somma ironia, riti
sociali ormai scomparsi. Tutt’attorno sedute singole,
a forma di fiore (le “Rose Chair” di Masanori Umeda)!
Saliti poi ai piani, la porta di ciascuna camera ci pro-
porrà un diverso frammento della grande pittura
spagnola da Goya a El Greco, da Velázquez a Murillo. PA
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A place rich with memories, like the Hotel Gran Meliá
Colón in Seville, for eighty years tied to the love for the
corrida, has been entirely redesigned. The fortunately
listed architecture, with its 1929 “Baroque” fever, is
brought back to life with unprecedented juxtapositions,
such as the large octopus-like sofa (Aster Papposusby
Fernando and Humberto Campana), placed exactly
under the hyper-decorated “Modernist” dome, a great-
ly ironic reminder of social rituals that no longer exist. All
around single chairs in the shape of flowers (Masanori
Umeda’sRose Chairs)! On the upper floors, the door to
each room welcomes us with different fragments of the
grand Spanish painting, from Goya to El Greco, from
Velázquez to Murillo.
SIVIGLIA SEVILLE
Tatlin, divano / sofa, design Mario Cananzi e / and
Roberto Semprini, 1989; Rose Chair, poltrona / armchair,
design Masanori Umeda, 1990; Getsuen, poltrona /
armchair, design Masanori Umeda, 1990; Aster
Papposus, seduta / chair, design Fernando e / and
Humberto Campana, 2006, nel foyer dell’ / in the lobby
of the Hotel Gran Meliá Colón, Siviglia / Seville restaurato
da / restored by Álvaro Sans con / with Chus
Manzanares e / and Agustín Díaz Giner.
foto / photo: courtesy of Gran Meliá Colón
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PENTHOUSE
Boa, divano / sofa, design Fernando e / and
Humberto Campana, 2002; On the Rocks,
divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2004, nella / in a Penthouse, Tel Aviv,
progettata da / designed by Irma Orenstein.
foto / photo: Geron Amit
Minimalism, as we all know by now, requires the
uttermost attention to composition and to con-
structive details, compared to a project of tradition-
al “in style” interiors. In fact each element will always
be perfectly visible, significantly affecting the whole
system. Irma Orenstein has made this principle her
own project philosophy, as perfectly demonstrated
in this Penthouse overlooking Tel Aviv. Continuous
lines and spaces, and great attention to light, both
natural and artificial, are the main features. The
sought after “silence” is enlivened by the unique
view of the city and the sea (underlined by the use
of special fixtures allowing “transparent corners”)
and by the insertion of very few furnishings, further
enhanced by the void surrounding them.
Il minimalismo progettuale, ormai è chiaro, richiede
un’attenzione alla composizione e ai dettagli costrut-
tivi decuplicata rispetto a un tradizionale lavoro di
architettura degli interni “in stile”. Infatti ogni elemen-
to sarà sempre perfettamente visibile e peserà in
modo significativo sull’insieme. Irma Orenstein ha
fatto di questo principio la sua filosofia progettuale,
come ben dimostra questa Penthouse che sovrasta
Tel Aviv. Continuità di linee e di spazi nonché grande
attenzione alla luce, sia naturale che artificiale, ne
sono le caratteristiche. Il ricercato “silenzio” si accen-
de per l’imperdibile vista sulla città e sul mare (sot-
tolineata dall’adozione di speciali serramenti che
consentono “angoli trasparenti”) e grazie all’inseri-
mento di pochi arredi, ulteriormente valorizzati dal
vuoto circostante.
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BIANCO & NERO BLACK & WHITE
Sherazade, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2008; Sofà, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2008, nel living di casa /
living room of house Scibetta, Roma / Rome
progettata da / designed by Luca Braguglia,
Manuela Esposito, Elena D’Angelo
(lucabragugliastudio)
foto / photo: Adriano Brusaferri
(courtesy of Bravacasa)
The optical black&white transforms this pleas-
ant apartment in Rome into an abstract art-
work. The effect is given by the traditional her-
ringbone “parquet” flooring pattern that, sur-
prisingly, is actually made of black and white
ceramic. Only one exception is allowed in the
continuity and the rigour of the space: a flash
of fuchsia on the Sherazade sofa, that at the
centre of the space offers a new interpretation
of conviviality.
Il ricorso all’optical bianco e nero trasforma questo
abitabilissimo appartamento romano in un’opera
astratta. In particolare, l’effetto è dovuto al “par-
quet” posato tradizionalmente a spina di pesce,
ma che, in modo del tutto imprevedibile, è in real-
tà realizzato in ceramica, bianca o nera. Nella con-
tinuità e nel rigore degli ambienti si accende poi un
lampo fucsia, una sola eccezione è concessa: è il
divano “Sherazade” che propone, al centro dello
spazio, un modo nuovo di vivere la convivialità.PA
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IN UNA SCUOLA VITTORIANA IN A VICTORIAN SCHOOL
Cipria, divano / sofa, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2009, nel living di
una casa a Londra / in the living room of a
London house, progettata da / designd by
Melanie Rademacher (Mena Interiors).
foto / photo: Tom Mannion
An estranging context, but allowing extraordinary
heights and spaces for a normal home, combined
with an important art collection are the key elements
of this cultured London project. A home but also a
gallery. Extraordinary pieces such as a large sculpture
by Antony Gormely or a head by Tony Cragg defi-
nitely could not have related to flimsy and ordinary
furniture: and this is certainly not the case of the Cipria
sofa by the Campana Brothers, covered in muticolour
ecologic furs (under a work by Anish Kapoor). Only
by means of this kind of choices can be there a bal-
ance between art and life: “It should be a home with
a lot of art in it, not an art gallery with sofas in it”.
Il contesto straniante, ma che consentiva altezze e
spazi inusitati per una normale abitazione, e un’im-
portante collezione d’arte sono le chiavi di volta di
questo colto progetto londinese. Non solo una casa
quindi, ma anche un galleria. Pezzi straordinari come
una scultura di Antony Gormely, che misura più di
due metri, o una testa di Tony Cragg, non potevano
sicuramente confrontarsi con esili e indifferenti arre-
di: di certo non è tale il divano “Cipria” dei Fratelli
Campana rivestito in multicromatiche pellicce ecolo-
giche e posto sotto un’opera di Anish Kapoor. Solo
grazie a questo tipo di scelte il bilanciamento tra arte
e vita rimane possibile: “Doveva essere – dice la pro-
gettista – una casa con molta arte e non una galleria
d’arte che contiene dei divani”.
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ARCADIA 8 5’
Scrigno, contenitore / storage unit, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2009,
nella cabina armatoriale dello / in the
shipowner’s cabin in the yacht Arcadia 85’,
progettato da / designed by Francesco Guida
(Guida Engineering + Design).
foto / photo: courtesy of ArcadiaYachts
Luckily ecological awareness has reached the shipbuilding industry. If you
should ever encounter a yacht sailing in almost complete silence, it could be
an Arcadia, featuring hybrid propulsion with electrical motorization. Or if in
a port you saw a yacht not producing vibrations or gas oil fumes, it also could
be an Arcadia, using solar panels integrated in the superstructure glass
panes, for self-supplied energy. A more attentive form of tourism does not
mean giving up the elegance of the project, that in this case appears in the
austere elegance of the military-style hull, which is a far cry from the stereo-
types of the most flashy shipbuilding styling trends. Inside a minimal
approach is enlivened by unique details, like the large Scrigno storage unit in
the shipowner’s cabin.
La sensibilità ambientale si è fortunatamente diffusa anche in settori quali quello
della cantieristica navale. Se vi capitasse di incrociare uno yacht che procede in un
silenzio quasi assoluto potrebbe essere un Arcadia, mezzo dotato di sistemi di pro-
pulsione ibrida e quindi anche di motorizzazione elettrica. O se in un porto uno yacht
non producesse le vibrazioni e i fumi del gasolio potrebbe nuovamente essere un
Arcadia che sfrutta per auto-alimentarsi i pannelli solari integrati nei vetri della sovra-
struttura. Un turismo più cosciente non rinuncia tuttavia all’eleganza del progetto. In
questo caso un’eleganza severa, come ben si evince dal disegno della carena di deri-
vazione militare, che rifiuta gli stereotipi dello styling navale più appariscente.
All’interno un approccio minimale si accende di dettagli unici come il grande conte-
nitore “Scrigno” nella cabina dell’armatore. PA
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VIVERE IL PAESAGGIOLIVING THE LANDSCAPE
Damier, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2002 in un appartamento a / in a flat
in, Lugano, progetto architettonico /
architectural design Maurus Frei;
Interior design: Dilmos.
foto / photo: Helenio Barbetta
A partire dalla vista, spettacolare, sul lago di
Lugano, Maurus Frei ha costruito un edificio
“estroverso”. Il paesaggio entra in casa dalle gran-
di vetrate ed è, grazie alla mutevolezza del lago, il
primo artefice dell’arredamento. Inoltre la partico-
lare configurazione planimetrica consente di per-
cepire, dal centro, tutti gli spazi della casa. A que-
sto punto il grande appartamento andava sempli-
cemente “accessoriato” e questo ruolo è stato
lasciato all’arte e al design d’avanguardia. Le sofi-
sticate scelte compiute in entrambi gli ambiti
dimostrano che è ancora possibile un dialogo tra
le due discipline.
Starting from the breathtaking view of Lake
Lugano, Maurus Frei has designed an extroverted
building. The landscape enters through the large
windows and becomes, thanks to the variability of
the lake, the first component of the interiors. In
addition, the particular plan allows us to detect all
the spaces of the house from its centre. From here
on the big flat only had to be “accessorized” and
this task was assigned to art and avant-garde
design. The sophisticated choices made in both
fields prove that a dialogue between the two disci-
plines is still possible.
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“Rose Chair” è indubbiamente un oggetto iconico,
in cui la citazione del fiore si trasforma in un ventre
ospitale ed erotico. Ripetendolo n volte si ottiene un
effetto straniante e cinematografico: che perso-
naggi sono attesi in questo emiciclo di rose? Di cosa
discuteranno? Come saranno vestiti? Da dove ver-
ranno e dove andranno? Duilio Damilano utilizza il
design di Masanori Umeda per rendere evocativa, e
misteriosa, l’architettura.
ROSE ROSSERED ROSES
Rose Chair, poltrona / armchair, design
Masanori Umeda, 1990, negli uffici /
in the offices Damilano Group, progettati
da / designed by Duilio Damilano
(Damilanostudio Architects).
foto / photo: Andrea Martiradonna
Rose chair is without doubt an iconic object, in which
the shape of a flower transforms into a welcoming and
erotic womb. By incessant repetition, an estranging
and cinematographic effect is achieved: what charac-
ters are awaited in this hemicycle of roses? What will
they talk about? How will they dress? Where will they
come from and where will they go? Duilio Damilano
uses Masanori Umeda’s design to make architecture
evocative and mysterious. PA
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NELLA CAMPAGNAIN THE COUNTRYSIDE
Flap, divano / sofa, design Francesco Binfaré, 2000;
Mummy, sedia / chair, design Peter Traag, 2005;
Corbeille, divano e poltrona / sofa and armchair,
design Francesco Binfaré, 2006; Leather Works, sedia
/ chair, design Fernando e / and Humberto Campana,
2007, nel living di una casa progettata da / in the
living room of a house designed by Aleandro Orsini
e / and Sonia Calvelli (ARCH. DOC).
foto / photo: Emilio Tremolada
At the beginning of the 20th century, holiday houses,
although quite close to the city, took on fairy-like
atmospheres. Surrounded by a Romantic park, with
centuries-old trees, this large house in the Marche
Region with a small tower and green shutters recalls
that spirit. But if nowadays the architecture still
appears on the edge of a dream-like vision, how
should furnishings be to newly express a sense of
estrangement from everyday life? Eschewing the
concept of stylistic continuity, that would have meant
using antique furniture, this house was introduced to
a “visual friction” dynamics with its context, by means
of the sophisticated leather on Leather Works, the
reflecting curved surface of Paesaggi Italiani, and the
Egyptian irony of the Mummy chairs.
Agli inizi del Novecento le residenze di villeggiatura,
per quanto relativamente vicine alla città, assumeva-
no toni fiabeschi. Circondata da un parco romantico,
con alberi secolari, dotata di torretta e verdi persiane,
questa grande casa marchigiana riecheggia quello
spirito. Ma se l’architettura si pone ancora ai confini
della visione onirica, come potrà comportarsi oggi
l’arredo per restituire una sensazione di straniamen-
to dalla quotidianità? Rifuggendo un concetto di
continuità stilistica, che avrebbe visto l’adozione di
pezzi di antiquariato, si è deciso qui di entrare in una
dinamica di “frizione visiva” con il contesto grazie alla
sofisticata pelle delle sedute “Leather Works”, alla
superficie specchiante e curva di “Paesaggi Italiani”,
all’ironia “egizia” delle sedie “Mummy”.
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Tagomago è un’isola, brulla e frastagliata, distante
“una lunga nuotata” (900 metri) da Ibiza. Su di
essa troviamo soltanto il vecchio faro e un’artico-
lata villa modernista: bianca. Gli interni, segnati da
un pavimento continuo in pietra adatto ad assor-
bire l’intensa luce solare che proviene dalle grandi
vetrate, sono anch’essi di un candore abbacinante.
Agli arredi, bianchi come le numerose sedie
“Jenette” o rossi (unico colore consentito) come i
divani “Damier”, è affidato il compito di rinfranca-
re gli ospiti dopo le lunghe giornate marine. PA
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Tagomago is a barren and jagged island, “a long-
swim away” (900 m) from Ibiza. On it are only an
old lighthouse and a composite Modernist villa.
The dazzling white interiors feature a continuous
stone floor, capable of absorbing the strong sun-
light coming in through the large glass windows.
The furniture – white, like the many Jenette
chairs, or red (the only colour to be admitted)
like the Damier sofa – has the task of welcoming
the guests after a long day at the seaside.
TAGOMAGO
Damier, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2002; Jenette, sedia / chair, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2005,
nella villa sull’isola di / villa on the Island of
Tagomago, Baleari / Balearic Islands
progettata da / designed by Kühn & Partner.
foto / photo: Kühn & Partner
130
Ci sono delle occasioni in cui l’architettura riesce
ancora a farsi paesaggio. Un tempo, in realtà, ciò
si verificava frequentemente. Oggi invece i pro-
gettisti preferiscono trasformare l’architettura in
un magniloquente autoritratto, più o meno vir-
tuoso. Non è così per Christian Pottgiesser il quale,
nella campagna adiacente a Parigi, costruisce un
edificio che non solo trova una sua forte integra-
zione nella natura, ma, se deve “essere ritratto”, lo
è dei committenti e della loro numerosa famiglia.
Una coppia con quattro figli decide di amplia-
re un’antica residenza: a partire da uno “zoc-
colo” di vita in comune, si dovranno poi svilup-
pare cinque situazioni individuali. Attraverso
un lungo percorso progettuale, iniziato nel lon-
tano 2004, l’architetto Pottgiesser visualizza
questo principio: cinque torri piuttosto esili (25
mq alla sommità, come da regolamento edili-
zio, per poter by-passare un anacronistico
tetto a falde) sorgono da un basamento quasi
interamente ipogeo, illuminato dall’alto
mediante grandi lucernari. Qui avviene la vita
della famiglia, in grandi spazi fluidi che evitano
l’usuale distinzione tipologica in stanze per
farsi percorso continuo, campito da muri cur-
vilinei in cemento a vista (di perfetta esecuzio-
ne), con pavimenti e soffitti non necessaria-
mente in piano, ma anzi inclinati come a segui-
re dislivelli orografici. In questi spazi “basa-
mentali”, dalla forza rara e drammatica, vengo-
no inseriti pochi, importanti pezzi di arredo chePE
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NEI PRESSI DI PARIGI / NEAR PARIS
VILLA IN CAMPAGNA / COUNTRYSIDE VILLA
On some occasions architecture is still capable
of becoming landscape. Something that used
to happen quite frequently in the past, in fact.
Nowadays instead architects prefer transform-
ing architecture into a more or less virtuous
magniloquent self-portrait. This however was
not the case with Christian Pottgiesser who in
the countryside near Paris designed a building
that not only strongly integrates with nature
but, if it can be called a portrait, it is one depict-
ing the clients and their numerous family.
A couple with four children decided to enlarge
an ancient residency. A “core” unit for life in
common out of which five individual situations
are developed. During this long term project,
that took off in 2004, architect Pottgiesser
visualized this principle: five fairly slim towers
(25 square metres at the top, as stated in the
building code, in order to avoid an anachronis-
tic pitched roof) standing on an organic and
almost completely buried platform receiving
light from the top, through large skylights. This
is where family life occurs, in large fluid spaces
that avoid the usual division into rooms; an area
open to ongoing movement, with curved (per-
fectly executed) cement walls, with floors and
ceilings not always level, but rather inclined
almost following the orographic rises and
slopes. These “basement” spaces, imbued with
a rare and striking force, include few and impor-
tant furnishings. These must prove capable of
CHRISTIAN POTTGIESSER
progetto / design: Christian Pottgiesser(architecturespossibles)foto / photo:George Dupin
Cinque esili torri emergono
da uno zoccolo semi-ipogeo
nella villa progettata, alle porte
di Parigi, dall’architetto
Christian Pottgiesser, ritratto,
nella pagina a destra,
da Pascale Pottgiesser.
Five slim towers emerging from
the semi-underground base
of the villa just outside Paris
designed by architect
Pottgiesser. Opposite page,
a photo of Christian
Pottgiesser by Pascale
Pottgiesser.
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devono essere capaci di dialogare con la mura-
tura possente e con un vuoto metafisico. Ne
discende un’immagine assolutamente anti-con-
venzionale, segnata da un raro brutalismo poe-
tico, che viene poi bilanciato, una volta entrati
negli spazi delle torri, dalla dimensione più pri-
vata e controllata degli ambienti e dalla improv-
visa apertura sulle dolcezze del paesaggio.
Nelle pagine precedenti:
vista delle zone comuni
illuminate dall’alto.
Divano “Cipria” dei
Fratelli Campana, 2009.
In queste pagine: ancora
le zone comuni da cui si
accede, attraverso
cinque diversi passaggi,
alle torri, ciascuna
destinata a un membro
della famiglia. Divano
“On the Rocks”,
disegnato da Francesco
Binfaré nel 2004.
135
relating to the mighty walls and the metaphysic
voids. A totally unconventional image is deliv-
ered, marked by a unique poetic brutalism, how-
ever counterbalanced – once inside the towers –
by the more private and controlled dimension
and by the view over the gentle landscape.
On the previous pages:
view of the common
areas illuminated from
above. Cipria sofa
designed by the
Campana Brothers
in 2009.
On these pages: again
the common areas
connected to the towers
by five different
passages. Each tower is
dedicated to a member
of the family. On the
Rocks sofa designed
by Francesco Binfaré
in 2004.
136
L’ibridazione è ormai, senza dubbio, una pratica
corrente e condivisa cui il nostro mondo con-
temporaneo comincia ad assuefarsi, eppure sco-
prire Fernando e Humberto Campana al Café,
nell’antica Gare d’Orsay parigina, costituisce
ancora in qualche modo uno “shock estetico”.
Chissà cosa penseranno oggi quei puristi che,
alla metà degli anni 80, avevano riscontrato nel-
l’intervento di recupero di Gae Aulenti segni “di
violenza” rispetto alla originaria configurazione
della stazione ferroviaria, risalente al secolo XIX?
Cosa penseranno oggi che in quel mondo di forti
strutture, di cultura alta si sono insinuate le forme
organiche e frammentate dei Fratelli Brasiliani?
Oggi che i riferimenti culturali e iconografici, asso-
lutamente “atipici”, di Fernando e Humberto –
dall’Italia contadina dei nonni materni al Brasile
Indio della loro infanzia fino alla “violenza” creativa
di una megalopoli come São Paulo – vestono l’ar-
chitettura parigina con fili di metallo ritorti, con
schegge di acrilico, con lame di alluminio dorato,
delineando in qualche misura l’immagine di un
futuro che assomiglia al passato remoto.
Edra, a Parigi, ha saputo prima “interpretare” e poi
costruire questo sogno tridimensionale dei
Fratelli Campana, dilatando a dismisura i paesag-
gi in Reflex® della collezione “Brasilia” fino a crea-
re grandi sipari che diffondono una luce blu da
acquario; trasformando, come un tempo gli alchi-
misti, le 180 diverse sagome in argento che com-
pongono ogni lampada “Campana” in altrettantiPE
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GARE D’ORSAY, PARIGI / PARIS
CAFÉ CAMPANA
Hybridization has unquestionably become a
common practice, to which today’s world is
starting to get accustomed. However, to find
Fernando and Humberto Campana at the
Café de l’Horloge, in the old Gare d’Orsay in
Paris, is still somewhat of an “aesthetic shock”.
What will those purists that in the mid-Eighties
detected signs of “violence” in Gae Aulenti’s
interventions on the original 19th century train
station, think today? What will they think today,
now that their world of mighty structures and
high culture has let in the organic and fragment-
ed shapes of the two Brazilian brothers? What
will they think today, now that the totally “atyp-
ical” cultural and iconographic references of
Fernando and Humberto (the rural Italy of their
maternal grandparents, the Native American
Brazil of their childhood, the creative “violence”
of a megalopolis like São Paulo) cover the
Parisian architecture with tangled wires, acrylic
splinters, laminate of golden aluminium, some-
how defining an image of a future resembling a
remote past?
In Paris Edra was able to “interpret” and sub-
sequently build this three-dimensional dream
of the Campana Brothers, by dilating Reflex®
landscapes from the Brasilia collection to cre-
ate large curtains diffusing a blue aquarium-
like light; by transforming, as the alchemists
did in their times, the 180 different silver silhou-
ettes part of the Campana lamp into shreds of
FERNANDO - HUMBERTO CAMPANA
progetto / design:Fernando e / andHumberto Campanafoto / photo:Sophie Boegly,Florence Lesueur(courtesy of Musée d’Orsay)
Sopra: visto dalla Senna,
il Museo d’Orsay dove
i Campana hanno realizzato
il Café Campana.
Nella pagina a destra: un
ritratto fotografico dei Fratelli
Campana di Fernando Laszlo.
Above: a view from the Seine
of the Musée d’Orsay, where
the Campana Brothers
designed the Café Campana.
Opposite page: a photo of the
Brothers by Fernando Laszlo.
Nelle pagine precedenti:
le lampade a
sospensione “Campana”,
progettate nel 2010, si
stagliano sullo sfondo
del celebre orologio.
Qui, a sinistra: la seduta
da centro “Aster
Papposus”, progettata
da Fernando e
Humberto Campana
nel 2006. Nella pagina a
destra l’interno del caffè
con le speciali
realizzazioni Edra,
sempre su disegno
dei Fratelli, per le sedie
e i grandi paravento
“Corallo”.
On the previous pages:
the “Campana”
suspension lamps
designed in 2006
standing out against the
famous clock.
Here on the left: the
central sofa Aster
Papposus, designed
by Fernando and
Humberto Campana
in 2010. Opposite page,
the interiors of the café
with Edra’s customized
furnishings – the chairs
and the large Corallo
screens – again
designed by the
Campana Brothers.
gold; by developing the steel weave of the
Corallo armchair into great forest-like screens.
And finally by producing a completely new
piece: a chair, with a gold painted metal struc-
ture and a seat and seatback in polyurethane
printed in light blue, similar to an anomalous
phytomorphic organism, or a map of a territo-
ry crossed by a large river.
Today at the Cafè Campana nothing is left of
the Parisian bistro bourgeois comfort: no red
velvets, no mahogany, no brass knobs,
replaced by a spark and an aspiration similar to
those that led some of the masters of
Impressionism (whose works are preserved
here – what a coincidence) to leave for faraway
countries. To dream on.
frammenti d’oro; sviluppando gli intrecci d’acciaio
delle poltrone “Corallo” in boschi-paravento. E
infine realizzando un pezzo totalmente inedito:
una sedia, con struttura in metallo verniciato oro
e sedile e schienale in poliuretano stampato
azzurro, simile a un anomalo organismo fito-
morfo o piuttosto alla mappa di un territorio sol-
cato da un grande fiume.
Non c’è più nulla, oggi al Café Campana, del com-
fort borghese da bistrot parigino: niente velluti
rossi, niente legno di mogano, nessun pomo d’ot-
tone, ma piuttosto una matrice e un desiderio
analoghi a quelli che portarono alcuni dei maestri
impressionisti – le cui opere, guarda caso, sono
proprio qui racchiuse – a partire alla volta di paesi
esotici. Per poter continuare a sognare.
142
Hadi Teherani crede, progettualmente, nel
futuro. Un’affermazione questa che alcuni anni
fa sarebbe stata totalmente insensata o quan-
to meno pleonastica: il mestiere stesso del
progettista dovrebbe produrre situazioni che
scavalcano il presente per costruire il futuro.
Per molte ragioni, dalla rottura del post
moderno in poi, non è stato più così. I movi-
menti e le tendenze si sono susseguiti senza
tuttavia proporre una visione finalistica e quin-
di “futuribile” del progetto. Teherani viceversa
sente profondamente questo “incarico” di
visualizzare il futuro, le sue forme sono quindi
da un lato minimali, ma dall’altro totalmente
innovative. Per concludere con un parallelo fil-
mico, se volessimo rappresentare la sua ideo-
logia dovremmo citare Star Wars e non certo
Blade Runner.
Ma questo “chiarore” progettuale, questa limpi-
dezza come può essere interpretata quando si
tratta di progettare la propria casa? Per
Teherani non esistono soluzioni di continuità, la
sua casa rappresenta la sua filosofia in un insie-
me di asettici spazi bianchi, ove solo la natura,
al di là delle immense vetrate, e i libri, scherma-
bili però con un bianco tendaggio, inseriscono
note “dissonanti”. Al centro del salone, perfet-
tamente integrate, le forme astratte e “prensili”
del divano “Flap” di Francesco Binfaré.
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LAGO DI ALSTER, AMBURGO / ALSTER LAKE, HAMBURG
CASA TEHERANI / TEHERANI HOUSE
Planning wise, Hadi Teherani believes in the
future. A statement that to me a few years ago
would have sounded completely pointless or
pleonastic, to say the least. An architect’s work
should per se produce situations that get
ahead of the present in order to build the
future. But for a number of reasons, since the
end of Post-Modernism, this has no longer
been the case. Movements and trends have
followed one another, however without
prompting a specific aim, a “future” dimension
for the project. Teherani on the contrary feels
very clearly his “mission” to visualize the
future, delivering shapes that are minimal, but
also totally innovative. To conclude with a film
comparison, his concept is closer to Star Wars
than to Blade Runner.
But how can such architectural gleam and
clarity be interpreted when designing his own
house? For Teherani there are no interrup-
tions: his house represents his philosophy in
an ensemble of aseptically white spaces
where the only “discordant” notes are played
by nature on the other side of the huge glass
windows, and by books, which can be hidden
behind a white curtain. At the centre of the
living room the perfectly integrated abstract
and prehensile shapes of Francesco Binfaré’s
Flap sofa.
HADI TEHERANI
progetto / design:Hadi Teheranifoto / photo:Christian Kain
Sopra: la palazzina in cui
vive l’architetto Hadi Teherani,
ritratto, nella pagina di destra,
da Roger Mandt.
Above, the building where
the architect Hadi Teherani
lives. Opposite page, a photo
of Teherani by Roger Mandt.
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I Nelle pagine precedenti:
il soggiorno con camino è stato
arredato con due contrapposti
divani “Flap”, progettati
da Francesco Binfaré nel 2000.
In queste pagine, l’interno
si pone in diretto rapporto
con il verde e con un piccolo
specchio d’acqua.
On the previous pages: the living
room with fireplace furnished
with two Flap sofas designed by
Francesco Binfaré, 2000.
On these pages, the interiors are
directly related with the green
area and a small stretch of water.
148
Vi sono molti modi per intervenire su una casa.
Uno è quello degli architetti che modificano la
distribuzione e lavorano sui concetti di percor-
so e arredo fisso. Un altro quello dei collezioni-
sti che, scelto un luogo per le sue caratteristi-
che di piacevolezza, poco modificando in chia-
ve strutturale, costruiscono, una “cornice” fatta
di oggetti, di mobili e di opere in cui la vita quo-
tidiana possa svolgersi in maniera colta, consa-
pevole e, soprattutto, “simile a loro stessi”. Non
si creda che la prima ipotesi, quella degli archi-
tetti, sia difficile e la seconda, quella dei colle-
zionisti, facile. Potremmo piuttosto dire che la
prima è più strutturale mentre la seconda è
aperta a chi ha gusto e sensibilità estetica.
Quindi, statisticamente, è la seconda ad esse-
re oggi più rara. Inutile dire che è la strada
intrapresa da Valerio Capo e Sam Pratt per
arredare la loro casa londinese.
Partendo dagli spazi, ampi e luminosi, di una
vecchia palestra dell’ East London, i due galle-
risti hanno proceduto per accumulo di pezzi,
apparentemente dissonanti, ma che funziona-
no perfettamente nella logica d’insieme. Pezzi
di designers d’avanguardia seguiti dalla loro
galleria, la Fumi gallery, come, per citarne solo
alcuni, Max Lamb, Nacho Carbonell, Claudio
Colucci o Paul Cocksedge. Pezzi di eccellenza
assoluta che hanno cambiato le sorti di una
tipologia come ha fatto, alla sua presentazione
nel 2002, il “divano” “Boa” dei FratelliPE
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LONDRA / LONDON
CASA CAPO - PRATT + FUMI GALLERY / CAPO-PRATT HOUSE + FUMI GALLERY
There are many ways of intervening on a
house. One is that of architects who modify
spatial distribution and intervene on the con-
cepts of paths and fixed furnishings. Another is
that of collectors who, once chosen a place for
its pleasant features, don’t modify the structure
and build inside it a “frame” made of objects,
furniture, and artworks in which everyday life
may unfold, in a cultured, aware and in a man-
ner “similar to themselves”. Not that the archi-
tects’ solution (the first one) is difficult and the
collectors’ (the second) is simple. We could
say that the first one is more structural, while
the second is accessible to those who have
taste and aesthetic sensibility. So, statistically
speaking, the second solution is the rarest
today. Needless to say, this is the method
Valerio Capo and Sam Pratt embraced to fur-
nish their house. Their starting point was an
old gym in East London with its wide bright
spaces. The two gallery owners started to
accumulate pieces that were apparently dis-
cordant but that worked perfectly as a whole.
Pieces of some of the avant-garde designers
of their gallery, the Fumi gallery, such as Max
Lamb, Nacho Carbonell, Claudio Colucci or
Paul Cocksedge to mention but a few. Pieces
of absolute excellence capable of changing
the very concept of a whole furnishing typol-
ogy, like the Campana Brothers’ Boa “sofa” did
in 2002, when it was first presented. And to
VALERIO CAPO - SAM PRATT
interior design:Valerio Capo, Sam Prattfoto / photo:Daniel Stier
Negli ampi spazi di un’antica
palestra, Valerio Capo
e Sam Pratt, ritratti nella
pagina a destra da Daniel
Stier, hanno ubicato la loro
galleria di design e la loro
abitazione.
Valerio Capo and Sam
Pratt’s house and design
gallery located in the wide
spaces of an old gym.
Opposite page, a photo
of Capo and Pratt
by Daniel Stier.
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Nelle pagine precedenti:
gli ambienti conservano
le finiture d’epoca
e si arricchiscono
di importanti pezzi
d’arte e di design.
In primo piano divano
“Damier” progettato
da Francesco Binfaré
nel 2002.
In queste pagine: varie
vedute
dell’appartamento. Il
divano “Boa” è stato
disegnato da Fernando
e Humberto Campana
nel 2002.
On the previous pages:
the interiors preserve
the original finishings
with the addition
of important art
and design works.
In the foreground the
Damier sofa designed
by Francesco Binfaré
in 2002.
On these pages: various
views of the apartment.
The Boa sofa, designed
by Fernando and
Humberto Campana
in 2002.
Campana. E infine pezzi vintage, objets trou-
vés e opere d’arte. Naturalmente, scelti i giusti
ingredienti, è poi l’insieme, il modo “di cucinar-
li”, a fare la differenza.
conclude, vintage pieces, objets trouvés and art-
works. But of course, once you choose the
ingredients it’s how you “cook” them that makes
the difference.
154
La casa si affaccia, imprevedibilmente, sull’antico
cimitero di Highgate nella zona nord di Londra. Qui,
tra i molti, riposano per sempre Karl Marx e George
Eliot. Il padrone di casa ha scoperto, durante i lavori,
che anche il suo bis-bisnonno era sepolto proprio
qui. Insomma un ben strano inizio per una storia di
architettura e design, ma in realtà è impossibile
evitarlo: il progetto non rifugge la relazione con il
contesto, anzi la facciata in granito nero e vetro
entra volutamente in relazione con l’atmosfera
gotica del luogo. La casa è costruita su un pendio
e quindi ottimizza il rapporto di visibilità con i
dintorni. A tal fine Nick Eldridge, architetto tra i più
in vista della scena londinese, ha ubicato la zona
giorno e gli spazi destinati al proprietario al piano
più alto, dotato di una grande terrazza e persino di
una significativa porzione di tetto apribile sulla
cucina. I piani inferiori sono pensati per i molti ospiti
e amici e, al livello terreno, troviamo una sala per la
musica e un home-cinema! Forti le finiture scelte:
innanzitutto il cemento a vista per muri e soffitti, con
i segni violenti delle casseforme in legno, e quindi il
granito nero tagliato al laser per i pavimenti. Lungo
la scala, anch’essa in cemento a vista, un neon rosa.
Nel salone principale il camino, assolutamente
minimalista, dialoga con un divano “Flap” in pelle
nera di Francesco Binfaré e con una poltrona “Togo”
di Michel Ducaroy del 1973. Accomodati su di essi gli
ospiti possono spaziare con la vista, attraverso le
vetrate, sulle antiche tombe.
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LONDRA / LONDON
CASA UNIFAMILIARE A HIGHGATE / VILLA IN HIGHGATE
The house unpredictably overlooks the old
Highgate cemetery, in north London. Here, among
many others, rest Karl Marx and George Eliot. And
while the work on his house was being carried out,
the owner discovered that his great-great-grandfa-
ther was also buried there. A rather unusual begin-
ning for a story about design and architecture, yet
impossible to avoid: the project can’t escape the
relation with the context, and the glass and black
granite façade deliberately relate with the Gothic
atmosphere of the place. The house is built on a
slope, so it enjoys good visibility of the surround-
ings. This is why Nick Eldridge, one of the most
popular architect on the London scene, placed the
living area and other spaces the owner uses on the
top floor, which also features a large terrace and
even a quite large portion of openable roof in the
kitchen area. The lower floors are designed to
accommodate many guests and friends, and on the
ground floor are a music room and a home-cinema!
The finishings are bold: bare cement for walls and
ceilings, with the violent marks left by the wooden
formworks, and laser cut black granite for the floors.
A pink neon light along the staircase, also in
cement. In the main living room there is a minimal-
istic fireplace dialoguing with the black leather Flap
sofa designed by Francesco Binfaré, and with a
1973 Togoarmchair by Michel Ducaroy. From there
the guests can enjoy a wide and open view,
through the windows, onto the tombs.
NICK ELDRIDGE
progetto / design:
Nick Eldridge
foto / photo:
Richard Powers
Sopra: la casa progettata
da Nick Eldridge, ritratto
nella pagina a destra
da Lyndon Douglas.
Above: the house designed by
Nick Eldridge, photographed
by Lyndon Douglas on the
opposite page.
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Nelle pagine precedenti: il grande
living room, caratterizzato
da finiture volutamente intense,
si apre con una vetrata a tutta
altezza sull’antico parco
cimiteriale di Highgate. In pelle
nera il divano “Flap” di Francesco
Binfaré, 2000.
In questa pagina: viste esterne
e interne della costruzione
a quattro piani con, vedi pagina
a destra, il salone principale
posizionato al livello più alto.
On the previous pages:
the large living room, with its
deliberately intense, finishings
and full-length window looking
out onto the old Highgate
cemetery. A 2000 black leather
Flap sofa by Francesco Binfaré.
On this page: exterior and
interior views of the four-storey
building with the main living
room on the top floor (see
opposite page).
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Ci sono progettisti che rimangono legati a
certi luoghi. Bruno Reymond, per quanto
abbia ristrutturato e arredato case o alber-
ghi in molte parti del mondo, conserva un
legame fortissimo con Ibiza. Lì aveva fon-
dato il ristorante “L’Elephant” cui, nel 1996,
era seguita la “Maison de l’Elephant”, non
solo una boutique sofisticata di arreda-
mento, ma un luogo di incontro. Lì ha pro-
gettato le sue opere più conosciute, crean-
do in qualche modo lo “stile dell’isola”.
L’elefante, dal primo ristorante omonimo aperto
a Parigi ormai molti anni or sono, è diventato
l’animale simbolo di Bruno. Da allora una testa di
pachiderma connota i suoi lavori. Così come un
colore: il bianco. Probabilmente derivato dalle
murature accecanti dell’amata isola, il bianco
caratterizza i lavori di Bruno e ogni colore che
viene ad aggiungersi, sovente il nero, a volte un
rosso o un giallo, assume un’importanza assolu-
ta e una visibilità eccezionale.
“Las Salinas” è una residenza situata all’estre-
mità sud dell’isola di Ibiza, nei pressi delle
celebri spiagge che portano lo stesso nome.
Di fronte al mare, in un antico uliveto, i cubici
volumi a calce bianca, di chiara ispirazione
mediterranea, si innestano uno nell’altro, sor-
montati da terrazze raggiungibili con scale
esterne e sottolineate da lunghe travi. Il com-
plesso, progettato da Pablo Gil nel 2001, è stato
acquistato e ristrutturato da Bruno Reymond.PE
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IBIZA
LAS SALINAS
There are designers that remain tied to cer-
tain places. Bruno Reymond has renovated
and designed interiors of houses and
hotels all around the world, but yet a very
tight bond links him to Ibiza. This is where
he founded the restaurant L’Elephant, that
in 1996 was flanked by the Maison de
l’Elephant, not only a sophisticated interior
design boutique but also a meeting place.
In Ibiza he designed his best known works,
shaping in a way, the “style of the island”.
Since the first Elephant Restaurant opened
in Paris many years ago, this animal has
become Bruno’s signature; the head of this
gigantic animal has characterized his
works, and so has a colour: white. Probably
inspired by the blinding bright walls of his
beloved island, white pervades Bruno’s
works, and any colour that might be
added, often black, or sometimes red or
yellow, takes on an absolute value and an
extraordinary visibility.
Las Salinas is a residency situated at the
southern end of Ibiza, not far from the
famous beaches that go under the same
name. Overlooking the sea, in an ancient
olive tree grove, the whitewash cubic vol-
umes – a clear Mediterranean trait – cluster
together surmounted by terraces accessi-
ble by external stairs, underlined by long
wooden beams. The residencies, designed
BRUNO REYMOND
progetto architettonico / architectural design:
Pablo Gil
interior design: Bruno Reymond
foto / photo: Conrad White
Sopra: il complesso “Las
Salinas”, sull’isola di Ibiza,
ristrutturato da Bruno
Reymond (nella foto
della pagina di destra
ritratto da Conrad White).
Above: the “Las Salinas”
housing estate on the island
of Ibiza restored by Bruno
Reymond, in a photo by
Conrad White on the
opposite page.
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Sorvegliati da un’ enorme testa di elefante in
bronzo, gli interni vivono in bianco e nero (il
pavimento in pietra scurissima). Gli arredi
sono disegnati dallo stesso Bruno o scelti tra
le più particolari produzioni contemporanee
(non poteva mancare un candido divano
“Flap” di Francesco Binfaré) e si miscelano a
grandi sculture e persino a “objets trouvés”,
vedi la console con contorte radici lignee
tinte di nero che fa il paio con il groviglio
zoomorfo creato dal divano “Kaiman
Jakaré” di Fernando e Humberto Campana.
by Pablo Gil in 2001, were bought and ren-
ovated by Bruno Reymond.
Guarded by a huge bronze elephant head, the
interiors are in black and white (the floors are in
dark stone). The furnishings are designed by
Bruno himself or chosen from among the most
unique contemporary design products (that
necessarily had to include a pure white Flap
sofa designed by Francesco Binfaré). Design
mingles with great sculptures and even objets
trouvés, such as the console table with the black
twisted wooden roots, paired with the zoomor-
phic tangle created by the Kaiman Jakarè sofa
by Fernando and Humberto Campana.
Nelle pagine precedenti:
il grande salone con in centro
una seduta “Kaiman Jakaré”,
progettata da Fernando
e Humberto Campana
nel 2006, e, sulla sinistra una
chaise “Meditation Pod”
di Steven Blaess, 2001.
A destra: la sala da pranzo
con tavolo su disegno e sedie
“Jenette” dei Fratelli Campana,
2005. Nella pagina a destra,
un grande elefante di bronzo:
la sigla progettuale
di Bruno Reymond.
On the previous pages:
the large living room with
the central Kaiman Jakaré sofa
designed by Fernando and
Humberto Campana in 2006,
and on the left the 2001
Meditation Pod chaise by
Steven Blaess.
On the right: the dining room
with table on drawing and
Jenette chairs by the Campana
Brothers, 2005. Opposite page:
Bruno Reymond’s signature:
the large bronze elephant.
166
In mezzo a colline che stanno per farsi monta-
gne, nei pressi di un fiume dalle grandi anse, c’è
una piccola casa. Bianca, con le finestre rosse e
il tetto a falde. Un tempo era un casale conta-
dino, oggi il “buon ritiro” di un celebre designer
milanese. Tutto è stato cambiato affinché tutto,
nella sostanza, potesse rimanere uguale: il
forno sotto il portico per cuocere la pizza anzi-
ché il pane, la cucina con il grande tavolo cir-
condato da sedie impagliate, per i racconti, la
sera, non solo per il cibo. Un letto fatto di tron-
chi sbozzati, un camino di massi accostati. E
intorno curiose presenze: sono i lavori di Jacopo
Foggini, assolutamente personali, capaci di crea-
re una nuova dimensione per il design, più pros-
sima all’arte e che si concretizza quindi in poeti-
che installazioni. Ecco allora “fiori” sconosciuti
che sbocciano dai muri, crisalidi sospese a sfio-
rare il pavimento, “piante carnivore” che dialo-
gano con un pianoforte di Barnaba Fornasetti
e dischi immensi di fili luminescenti – gialli, rossi,
azzurri – a fare il paio con il divano “Boa” dei
Fratelli Campana.
Qui vive, a volte, Jacopo Foggini, alchimista
manipolatore di forme. Lontano da tutto per
poter cullare il suo mondo fantastico.
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SULLE COLLINE PIACENTINE / ON THE PIACENZA HILLS
CASA FOGGINI / FOGGINI HOUSE
Surrounded by hills that are almost mountains,
near a meandering river, there is a small house.
A white house, with red windows and a pitched
roof. Once a farmhouse, it has now become an
oasis of peace and inspiration for a famous
Milanese designer. Everything has been
changed for it to remain unaltered: the oven
under the porch cooks pizza instead of bread,
and the large kitchen table surrounded by
caned chairs is for evening storytelling as well as
eating. A bed made with rough-hewn trunks, a
fireplace made of rocks. Curious presences all
around: they are Jacopo Foggini’s works, so
personal and capable of creating a new dimen-
sion for design, more inclined to art, developing
into poetic installations. Unknown “flowers”
blossoming on the walls, suspended chrysalis
almost touching the ground, “carnivorous
plants” that dialogue with a Barnaba Fornasetti
piano, and immense discs of luminescent yel-
low, red, and light blue threads paired with the
Boa sofa by the Campana Brothers.
This is where Jacopo Foggini lives, sometimes.
A manipulator of shapes, who comes here to be
far away from everything, and indulge in his fan-
tasy world.
JACOPO FOGGINI
progetto / design:Jacopo Foggini, Alice Nardi, Roberto Bergonzifoto / photo: Mario Ciampi
Sulle colline piacentine,
l’antico casale ristrutturato
da Jacopo Foggini (nella
pagina a destra ritratto
da Hugh Findlater) con
tavolo “Capriccio”, 2009.
On the hills of Piacenza,
the old farmhouse restored
by Jacopo Foggini, in a
photo by Hugh Findlater
on the opposite page, with
Capriccio table, 2009.
Nelle pagine precedenti: al centro
della casa, il grande soggiorno con
molti pezzi progettati dallo stesso
Foggini e il divano “Boa” di Fernando
e Humberto Campana, 2002.
In questa pagina: l’esterno del casale
con il forno a legna, la piscina
e le poltroncine “Alice” disegnate
da Jacopo Foggini nel 2011.
Nella pagina a destra: viste degli interni
con il letto in tronchi e il pianoforte
di Fornasetti.
On the previous pages: at the centre
of the house, the large living room
with many pieces designed by Foggini
himself and Fernando and Humberto
Campana’s 2002 Boa sofa.
On this page: the exterior of the
farmhouse, with the wood-fired oven,
the pool and Alice armchairs
designed by Jacopo Foggini in 2011.
Opposite page: views of the interiors
with the tree trunk bed and the
Fornasetti piano.
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Architettura, paesaggio, interni, scultura, pittura:
discipline e arti ormai praticate distintamente,
ritrovano in questa grande casa unifamiliare di
Javier Peña Galiano una felice “coabitazione”.
Come era accaduto più volte nella storia del pro-
getto, ma ben raramente avviene nella nostra con-
temporaneità, non vi è alcun passaggio di conse-
gne al cambio di scala. L’architetto è un progetti-
sta “integrale” che immagina la sua opera in uno
specifico “terreno disegnato”, la definisce nella sua
materia, la distribuisce nei suoi spazi e colloca in
essa oggetti che disegna o sceglie, infine coordina
artisti che completino il lavoro con opere da con-
siderarsi privilegiati “punti di vista”, chiavi di lettura
su certe particolari situazioni.
Continua è, negli interni di questa grande casa, la
percezione dei tre livelli di cui l’edificio è compo-
sto, così come, in ogni parte, fortissimo è il rappor-
to con l’esterno. Per il visitatore che casualmente
si avvicinasse viceversa il volume risulterebbe
compatto e misterioso. Solo la piscina ci permet-
te di comprendere che si tratta di un’abitazione,
mentre l’asciutta modularità del rivestimento in
cotto potrebbe suggerire un’identità museale o
persino produttiva.
Gli arredi si compongono a costruire la scena abi-
tativa miscelandosi alle opere d’arte. I colori appa-
iono volutamente dissonanti: le quattro sedie
“Jenette”, attorno ad un asimmetrico tavolo da
pranzo bianco e nero, sono una gialla, una rossa,
una verde e una nera e, se le poltrone di EamesPE
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MURCIA
VILLA CON PISCINA / VILLA WITH POOL
Architecture, landscape, interiors, sculpture,
painting: all disciplines that nowadays are sepa-
rately carried out, but that in this large family
home designed by Javier Peña Galiano happily
“coexist”. In this house there is no break passing
from one scale to another – something that has
been quite common in architecture history, but
that rarely occurs today. The architect here acted
as a “complete” designer who envisioned his
work on a specific “drawn territory”, defining it
with a specific material, distributing it in specific
spaces and placing objects inside it that he him-
self designed or chose. Finally the architect was
also the coordinator of artists that completed his
project with works that could be read as privi-
leged “points of view”, specific interpretations of
specific situations.
The perception of the three levels of the house is
fluid, and the relation with the outside space is
extremely strong in every area. However, the
occasional visitor walking by perceives the vol-
ume as compact and mysterious; only the pool
signals that this is a house, while the dry modular-
ity of the terracotta covering might suggest the
idea that the building is a museum or a business
structure.
The furnishings are displayed with artworks to
compose a living scene. The colours clash inten-
tionally: the four Jenette chairs around an asym-
metrical black and white dining table, are each a
different colour: yellow, red, green and black; and
JAVIER PEÑA GALIANO
progetto / design:
Javier Peña Galiano (XPIRAL®)
foto / photo:
Juan de la Cruz Megías
Sopra: la grande casa
unifamiliare progettata
a Murcia dall’architetto Peña
Galiano (a destra nella foto
di Juan de la Cruz Megías).
Il rivestimento esterno è
in laterizio.
Above: the large single-family
house in Murcia designed
by architect Peña Galiano
(on the right in a photo by
Juan de la Cruz Megías). The
external surface is in large
formatted terracotta.
177
Nelle pagine precedenti, il
salone, visibile da tutti i livelli
dell’abitazione, con, in pelle
rossa, un divano “Flap” di
Francesco Binfaré, 2000
e poltrone di Charles
e Ray Eames.
In questa pagina, la sala da
pranzo con tavoli bianchi e
neri contrapposti e sedie
“Jenette” dei Fratelli
Campana, 2005.
On the previous pages, the
living room, visible from all
the levels of the house, with
a red leather “Flap” sofa
by Francesco Binfaré, 2000
and armchairs by Charles
and Ray Eames.
On this page, the dining
room with black and white
tables and “Jenette” chairs
designed by the Campana
Brothers in 2005.
if the Eames chairs are in black leather, then they must be
paired with a red Flapsofa designed by Francesco Binfaré.
Javier Peña Galiano performs an approach to architecture
that deliberately combines great pragmatism and a clear
refusal of established trends with an in-depth study of the
evolution of design processes in terms of sustainability and
analyses of the resources.
adottano la pelle nera, il divano “Flap” di Francesco Binfaré
sarà rosso.
Javier Peña Galiano dimostra un approccio all’architettu-
ra che volutamente congiunge grande concretezza e
deciso rifiuto delle tendenze consolidate con un intenso
studio delle linee evolutive della progettazione in termini
di sostenibilità e analisi delle risorse.
178
A Milano, in un palazzo del XVIII secolo nato come
convento con lo scopo specifico di accogliere i
pellegrini, e poi trasformato in residenza dalla fami-
glia Calzoni-Sforza, è situato oggi lo showroom di
Alberto Guardiani. L’aulica architettura d’origine fa
da contrappunto a una scelta radicale di pezzi di
design quasi a porre un metaforico riferimento ai
principi ispiratori del marchio di moda Guardiani
che si basa su un concetto di ricerca avanzata
unito però a un costante riferimento alla tradizio-
ne manifatturiera (dice Alberto Guardiani: “Volevo
uno spazio… che rappresentasse il ritratto di un
sentire fatto di tradizione, ricerca, innovazione… in
armonia con la propria dimensione emotiva e cul-
turale”). Anzi, in questo caso specifico possiamo
dire che sono proprio gli arredi a visualizzare
materialmente quei principi sinergici di creatività,
di trasgressione e di saper fare che risultano,
necessariamente, di meno immediata compren-
sione “nello spazio ridotto” di una scarpa. Così,
anche senza porre riferimenti precisi tra fashion
design e furniture design, possono essere riletti,
nella specifica occasione di questo spazio, il “com-
fort pop” del divano “Cipria”, “le pieghe a stampo”
della poltrona “Sponge”, la “fasciatura continua”
delle sedie “Mummy”.
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CORSO VENEZIA MILANO
SHOWROOM GUARDIANI
Alberto Guardiani’s showroom is located in
Milan, in an 18th century convent built for
pilgrims, later transformed into the resi-
dence of the Calzoni-Sforza family. The orig-
inal noble architecture is a counterpoint to a
radical selection of designer objects, almost
a metaphorical reference to the principles of
the Guardiani fashion brand, based on
advanced research combined with an ongo-
ing connection to manufacturing traditions
(Alberto Guardiani states: “I wanted a space
that […] portrayed a spirit of tradition,
research, innovation […] in harmony with its
own emotional and cultural dimension”). In
fact in this specific case we can say that the
furnishings materially visualize those syner-
gic principles of creativity, transgression and
know-how that do not appear immediately
understandable within “the limited space” of
a shoe. Therefore also without connecting
fashion and furniture design, we should
interpret in this way the “Pop comfort” of
the Cipria sofa, the printed creasing of the
Sponge armchair, and the “continuous
bandaging” of the Mummy chairs.
ALBERTO GUARDIANI
foto / photo:Emilio Tremolada
Sopra: l’ingresso allo
showroom Guardiani
in corso Venezia a Milano
(foto Ornella Sancassani).
Nella pagina a destra:
Alberto Guardiani
ritratto da Giovanni Gastel.
Above: the entrance to
the Guardiani showroom
in corso Venezia in Milan
(photo Ornella Sancassani).
Opposite page: Alberto
Guardiani in a photo
by Giovanni Gastel.
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Nelle pagine precedenti: al piano terreno
presentazione delle calzature maschili
del marchio Guardiani. Sedie “Jenette”, 2005,
design Fernando e Humberto Campana.
In questa pagina: nei diversi ambienti vengono
adottati arredi Edra: le poltrone “Favela”,
Campana 2003, “Leather Works”, Campana 2007,
“Vermelha”, Campana 1993/98, “Sponge”,
Peter Traag 2004.
On the previous pages: a presentation of men’s
footwear by Guardiani on the ground floor. Jenette
chairs designed by Fernando
and Humberto Campana in 2005.
On this page: Edra furniture in different interiors:
Favela armchairs, Campana 2003, Leather Works,
Campana 2007, Vermelha, Campana 1993/98,
Sponge, Peter Traag 2004.
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In basso: zona ufficio con sedie “Leather
Works”, Campana 2007. A destra: sedie
“Mummy”, Peter Traag 2005 e quindi poltrona
“Cipria”, Campana 2012 e divano “Sfatto”,
Francesco Binfaré 2011.
Below, office area with Leather Works chairs,
Campana 2007. On the right: Mummy chairs,
Peter Traag 2005, and Cipria armchair,
Campana 2012 and Sfatto sofa,
Francesco Binfaré 2011.
184
La lezione del Razionalismo architettonico non
è, per fortuna, completamente perduta. Appare,
a volte, in modo inaspettato, nei luoghi più
impensati. Così chi si trovasse a percorrere quel-
la particolare pianura che circonda la città di
Cuneo, mirando con lo sguardo alle alte monta-
gne che, quasi verticali, la racchiudono, potreb-
be stupirsi nell’incontrare questa bianca villa.
Volumi bassi, ulteriormente annullati, in specie
nei lunghi mesi invernali quando la piana è
coperta di neve, dall’intonaco bianco. E grandi
aperture vetrate rivolte appunto al paesaggio; in
sintesi l’idea di una serenità di insieme che deri-
va dal controllo progettuale, evitando qualsiasi
violenza auto-celebrativa. Una prassi questa che
si riscontra frequentemente nelle realizzazioni di
Duilio Damilano, anzi che ne costituisce la cifra.
Negli interni la “diversità” è data dal paesaggio
circostante, introiettato attraverso le bucature, e
dal suo mutare nelle diverse stagioni dell’anno,
ma, quasi come un contrappunto che ancor più
porti ad apprezzare la quiete dell’insieme, nel
rigore dell’alternanza di muri bianchi e legni
caldi a pavimento, si inseriscono alcune irriveren-
ti icone del design dalla poltrona “Sacco” di
Gatti-Paolini-Teodoro al divano “Tatlin” di
Cananzi e Semprini (curiosamente “abbassato”
per dedicarlo agli “abitanti bambini”), dall’appen-
diabiti “Cactus” di Drocco e Mello, alla “Rose
Chair” di Masanori Umeda.
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CAMPAGNA CUNEESE / COUNTRYSIDE NEAR CUNEO
CASA UNIFAMILIARE / DETACHED HOUSE
The lesson of Rationalist Architecture is not
completely forgotten, luckily. It sometimes
appears in the most unpredictable places. If
you were to cross that particular plain sur-
rounding the city of Cuneo, and gaze
towards the high mountains almost vertical-
ly encircling it, you might be surprised at the
sight of this white villa: low volumes, even
more reduced in the winter season by the
effect of its white plastered walls against the
snow covered plain, and large windows,
open onto the landscape.
In short, a concept of overall serenity deliv-
ered by control over the project, avoiding
any self-celebratory violence. Something
common in Duilio Damilano’s practice, his
cipher in fact. In the interiors “diversity” is
given by the surrounding landscape, intro-
jected through the openings, and by its ongo-
ing mutations throughout the seasons of the
year. But almost as a counterpoint enhancing
the overall serenity, in the rigorous alterna-
tion of white walls and warm wooden floors,
appear some irreverent design inserts: the
Sacco armchair by Gatti-Paolini-Teodoro, the
Tatlin divan by Cananzi and Semprini (curi-
ously “lowered” to adapt it for the “children
of the house”), the Cactus coat hanger by
Drocco and Mello, and Masanori Umeda’s
Rose Chair.
DUILIO DAMILANO
progetto / design:Duilio Damilano(DamilanostudioArchitects)foto / photo:
Andrea Martiradonna
Sopra: la villa razionalista
nelle campagne del Cuneese
progettata da Duilio
Damilano (ritratto nella
pagina a destra da Andrea
Martiradonna).
Above: Duilio Damilano’s
Rationalist villa in the
countryside near Cuneo.
On the opposite page,
Damilano in a photo by
Andrea Martiradonna.
Nelle pagine precedenti: il salone con arredi in bianco e rosso. In primo
piano “Rose Chair” di Masanori Umeda, 1990, e, sullo sfondo, il divano
“Tatlin” di Mario Cananzi e Roberto Semprini, 1989, appoggiato a terra
diviene uno straordinario gioco per i bambini di casa.
In questa pagina: viste in esterno e ancora il salone con divano e pouf
“Sofà”, progettatti da Francesco Binfaré nel 2008.
On the previous pages: the living room with red and white furnishings.
In the foreground Rose Chair by Masanori Umeda, 1990, and
in the background the Tatlin sofa by Mario Cananzi and Roberto Semprini,
1989, placed on the floor becomes an extraordinary game for the children.
On this page: external views and again the living room with the Sofà divan
and pouf designed by Francesco Binfaré in 2008.
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L’unica presenza femminile tra tutti i petits enfants
di Philippe Starck è Matali Crasset. Molti anni sono
ormai passati da quando sbarcò a Milano nel 1992
e poi nel 1998, sorprese il Salone Satellite con la sua
installazione. Molti anni, ma in fondo lo spirito è
rimasto quello: un misto di austerità e ironia, volu-
me e linea, innovazione e colore “piatto”. Icona
vivente del suo stile, Matali è senz’altro un perso-
naggio: lei assomiglia alle sue cose e le sue cose
assomigliano a lei. E anche le sue case. Questo
primo lavoro di architettura, risalente a dieci anni fa,
ma in fondo poco conosciuto, ce lo conferma. La
matrice razionalista e quella post-moderna conti-
nuamente si ibridano e si fecondano. E se apparen-
temente la struttura distributiva si richiama alla
prima categoria formale e quella arredativa alla
seconda, in realtà il gioco è meno schematico. Un
insieme di rigore e improvvisa decontestualizzazio-
ne, di riferimenti alla tradizione, ma con volumetrie
dilatate. Nascono così luoghi come “scene in inter-
ni”: un camino, asimmetrico e completamente rive-
stito di listelli di legno, propone uno “scambio” tra
contenitore e contenuto. Di fronte ad esso non le
bérgère di un tempo, ma un più libero divano
“Flap”. I contenitori office sono in realtà macro let-
tere “abitabili” che compongono la parola EAT.
L’“armadio a muro”, in una delle camere da letto,
allinea casette lignee contenenti i vestiti. In sintesi
una residenza di vacanza sul lago che non punta
unicamente al relax, ma, senza dogmatismi, pone
interrogativi sull’estetica contemporanea in interni.PE
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ALTA SAVOIA / HAUTE SAVOIE
LA MAISON DU LAC
Matali Crasset is the only female presence among all
Philippe Starck’s petits enfants. Many years have
passed since she first arrived in Milan in 1992, and
then in 1998, surprised the Salone Satellite with her
installation. Many years have gone by, but her spirit
has remained unchanged: a combination of austeri-
ty and irony, volume and line, innovation and “flat”
colour. The living icon of her style, Matali is definitely
a one of a kind character: she looks like her objects
and her objects look like her. And so do the houses
she designs. This first but scarcely known architec-
ture project of hers, dating back to ten years ago,
confirms it. The Rationalist and the Post-Modern fac-
tors are continuously hybridised impregnating one
another. And if at a first glance, the plan may recall a
Rationalist scheme, and the furnishings a Post-
Modern one, the play between the two natures does
not follow such a rigid scheme. An amalgam of
rigour and sudden decontextualization, of references
to tradition paired with expanded volumes. This is
how “interior settings” are shaped, an asymmetrical
fireplace, totally covered with wooden panels, sug-
gests an “exchange” between the container and its
content. Opposite to it, no old fashioned bérgères,
but a more relaxed Flap sofa. The office closets are
maxi storage alphabet letters, spelling out the word
EAT. The wall closet in one of the bedrooms, lines up
wooden houses for clothes. All in all, a holiday home
on the lake designed not only for relaxation but also
to question contemporary interior aesthetics, far
from any form of dogmatism.
MATALI CRASSET
progetto / design:
Matali Crasset
foto / photo:
Jean-François Jaussaud
© Matali Crasset, by SIAE 2013
Il passaggio coperto
che collega il fienile recuperato
con il corpo principale
della grande villa ristrutturata
e arredata da Matali Crasset
(nella pagina a destra ritratta
da Jean-François Jaussaud).
The covered passageway
connecting the restored barn
and the main building of the
large villa restored and
furnished by Matali Crasset
(in a photo by Jean-François
Jaussaud on the opposite
page).
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On the previous pages, opposite to
the wood panelled fireplace, a “Flap”
sofa designed by Francesco Binfaré
in 2000.
On the left page, the dining room with
the “Eat” storage system especially
desgined by Matali Crasset.
In the living room the large
asymmetrical fireplace especially
designed by Matali Crasset. Below,
in the old barn is now located the pool.
195
Nelle pagine precedenti: di fronte al
camino foderato in listellare di legno,
il divano “Flap” disegnato da
Francesco Binfaré nel 2000.
Nella pagina a sinistra: la sala da
pranzo con il mobile contenitore “Eat”
su disegno di Matali Crasset.
In basso: nel soggiorno, il grande
camino asimmetrico, su disegno
di Matali Crasset.
A destra, nell’antico fienile trova oggi
posto la piscina.
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MAXXI
Kaiman Jakaré, seduta / sofa, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2006,
in occasione della mostra / for the show
Re-cycle, Dicembre / December 2011, MAXXI,
Museo nazionale delle arti del XXI secolo,
progettato da / designed by Zaha Hadid,
Roma / Rome.
foto / photo: Sebastiano Luciano
(courtesy of Fondazione MAXXI).
Organicismo e decostruttivismo (alias Campana
versus Hadid): le forme provocatoriamente natura-
listiche di “Kaiman Jakaré” si adagiano nel grande
spazio frammentato del MAXXI di Roma.
Immediatamente utilizzate dal pubblico non solo
come “luogo di sosta”, ma come vero strumento di
percezione dell’architettura. Ad esempio verso
l’alto, distesi su “morbide code di coccodrillo”.
Organicism and Deconstructivism (i.e Campana
versus Hadid): the naturalistic provocative shapes
of Kaiman Jakaré rest in the large and fragment
space of the MAXXI in Rome. Immediately used by
the public as a “rest area” but also as a tool for
reading the architecture. Looking upwards, for
example, lying down on “soft crocodile tails”.
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ROGER VIVIER
Damier, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2002, nella boutique “Roger Vivier” a
Milano in via Sant’Andrea / in the Roger Vivier
boutique in Milan, via Sant’Andrea, progettata
da / designed by Vudafieri Saverino Partners
(Tiziano Vudafieri, Claudio Saverino, Lena
Pessoa con Simona Quadri e Davide Frattini);
lighting designer: Walter Amort.
foto / photo: Ornella Sancassani
In Milan, in the super-central via Sant’Andrea,
three floors of a 18th century palace are trans-
formed by a mysterious ensemble of antique fur-
niture and art works selected by Inès de la
Fressange. At a first glance it may appear only as
a cabinet de merveilles, but on a closer look the
presence of Roger Vivier’s famous shoes tells us
that we are in the showroom of the famous
French maison. The Vudafieri Saverino Partners
studio panelled the walls with a soft macro-bois-
erie in sand coloured fabric, supporting small
backlit plexiglass display cases. At the centre of
the space a white Damier sofa stands out against
the large gray oak floor boards.
A Milano, nella centralissima via Sant’Andrea, tre
livelli di un palazzo del XVIII secolo appaiono tras-
formati da un misterioso ensemble di oggetti di
antiquariato e di pezzi d’arte selezionati da Inès de
la Fressange. Di primo acchito quasi un cabinet de
merveilles, solo a un secondo sguardo la presenza
delle celebri scarpe di Roger Vivier ci fa capire di
essere nello showroom del noto marchio francese.
Lo studio Vudafieri Saverino Partners ha rivestito
le pareti con una morbida macro-boiserie di un
tessuto color sabbia in cui sono incastonate pic-
cole teche in plexiglas retroilluminato. Al centro
dello spazio un bianco divano “Damier” si stacca
sul pavimento in grandi assi di quercia grigia. PA
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LA CASA DEL RITRATTOTHE HOUSE OF PORTRAIT
Boa, divano / sofa, design Fernando
e / and Humberto Campana, 2002, in una
casa progettata da / in a house designed by
Elodie Sire (D-Mesure).
foto / photo: Richard Powers
In Paris, at the heart of the Latin Quarter, there is a
large four floor house with a secret garden: we are in
Saint-Germain the loveliest place in Paris! An assem-
bly of works of art, vintage and designer pieces that
may appear to be put there by chance, but are on
the contrary carefully displayed, creating an intimate
and sophisticated atmosphere: as if everything has
always been there.
A Parigi, nel cuore del Quartiere Latino, c’è una gran-
de casa su quattro livelli con un giardino segreto: pro-
prio a Saint-Germain che è il più bel posto di Parigi! Un
assemblaggio di opere d’arte, pezzi vintage e design
d’autore, apparentemente casuale in realtà perfetta-
mente calcolato, crea nell’appartamento un’atmosfe-
ra contemporaneamente intima e sofisticata: tutto
pare essere sempre stato lì.
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COME UNA VOLTAOLD TIMES
Angels, poltrona / armchair, design
Francesco Binfaré, 1996; On the Rocks,
divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2004; Sherazade, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2008.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
Non lontano da Milano, in un paesino ormai inglobato
nella città, resiste un’isola di serenità: una grande casa
d’epoca, circondata da un parco secolare che muta
colore al volgere delle stagioni. Negli interni, altissimi
soffitti affrescati e grandi stanze dotate di camini. Una
particolare armonia, grazie all’attenta scelta cromatica,
avvolge l’insieme che accoglie arredi quali i divani
“Sherazade” di Francesco Binfaré, adatti a ricevere
molte persone contemporaneamente o ad approfitta-
re, in solitudine, di uno speciale comfort per la lettura e
l’ascolto della musica. Ne risulta un progetto in qualche
modo dimostrativo: il design contemporaneo non
necessariamente vive di dissonanze e di situazioni urla-
te, ma può viceversa dare luogo ad atmosfere “come
una volta”.
Not far from Milan, in a town that has been incorpora-
ted into the city, resists an island of tranquillity: a large
historic house surrounded by a centuries-old park
which changes colour each season. The interiors fea-
ture high frescoed ceilings, and large rooms with fire-
places. A special harmony, obtained by means of a
careful chromatic range, envelops the house that con-
tains selected furniture such as Francesco Binfaré’s
Sherazadesofas; these can accommodate many peo-
ple at the same time, or even just one person for a soli-
tary moment of special comfort in the company of
music or a book. The result is somewhat demonstrati-
ve: contemporary design not necessarily lives on dis-
sonant and loud statements, but can on the contrary
give place to “old times” atmospheres.PA
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Nel centro storico di Galatina, un palazzo che
risale al 1780, esternamente celato in un deda-
lo di stradine, varcato il portone rivela il suo
superbo barocco. Il morbido modellato della
pietra leccese, le grandi corti interne, quasi a
proporre tipologie abitative nord-africane,
ovunque colori chiari, ma non abbaglianti. Le
strutture recuperate con passione sono state
completate e arredate con pochi pezzi atten-
tamente selezionati in modo da rispettare il
senso di vuoto dell’antica spazialità. Sulla
grande terrazza una importante collezione di
piante grasse!
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In the historical centre of Galatina, hidden in a
maze of narrow roads, there is a 1780 palace.
Once having stepped through its main door-
way its superb Baroque is revealed – the gen-
tle modellato of the Lecce stone, the large
courtyards, almost recalling North-African
housing solutions and light but not dazzling
colours everywhere. The lovingly recuperated
structures have been completed and fur-
nished with few selected pieces, in order to
preserve the sense of void of the ancient
spaces. On the large terrace, an important
collection of succulent plants!
SALENTO
Tatlin, divano / sofa, design Mario Cananzi e /
and Roberto Semprini, 1989; Boa, seduta /
sofa, design Fernando e / and Humberto
Campana, 2002, in una casa a Galatina
ristrutturata da / in a house in Galatina
restored by Massimo Famiglini, Franco Rao,
Debora Garra (studio Spaceplanners), Roma /
Rome.
foto / photo: Chiara Cadeddu
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VUOTOVOID
Vermelha, poltrona / armchair, design
Fernando e / and Humberto Campana,
1993/98; On the Rocks, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2004, nella Main Hall
dell’edificio / in the Main Hall of the Lolita
Guimarães a Belo Horizonte progettata da /
designed by Maria Cristina Oliveira Moura
Valle (Arquitetura Caparaó).
foto / photo: Jomar Bragança
Void is a difficult dimension, that often finds us
unprepared. The words the objects state are
thunderous in the void. Inside the void the con-
struction must be impeccable, any mistake would
immediately stand out. And each choice must be
definite. And that is why, in this large hall, mono-
chrome is rigorous, material is absolute. Only very
few design pieces can break the rule and present
themselves as iconic. They are in charge of meas-
uring the space.
Il vuoto è una dimensione difficile, rispetto alla
quale si è sovente impreparati. Nel vuoto le parole
pronunciate dagli oggetti sono assordanti. Nel
vuoto la costruzione deve essere perfetta, ogni
errore salterebbe immediatamente agli occhi. E
ogni scelta deve essere certa. Ecco perché, in
questa grande hall, la monocromia è rigorosa, la
materia assoluta. Solo pochissimi pezzi di design
possono rompere la regola e porsi come iconici:
la misurazione dello spazio è affidata a loro.PA
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Gli elefanti abitano le case arredate da Bruno
Reymond. Grandi teste a muro, sculture a terra: i
pachidermi riempiono lo spazio e sono di buon
augurio. In questa casa di Barcellona, rimasta disa-
bitata per più di venti anni, risiede, alcuni mesi
all’anno, lo stesso Bruno con la sua famiglia. Il bian-
co domina, accentuato dai vecchi pavimenti in
legno di quercia. Pochi pezzi fanno da contrappunto
all’atmosfera generale, tra cui, al piano terra, un divano
“Flap” lucidamente nero. Al primo piano è invece una
poltrona “Vermelha” a staccarsi su un decoro a quadri
optical. Ovunque grandi tele astratte e pezzi progettati
dallo stesso Bruno Reymond. All’ultimo livello, dalla
piscina, si contempla Barcellona.
Elephants inhabit the houses furnished by Bruno
Reymond. Large heads on the walls, sculptures in the
rooms: these huge beings fill the space and bring
good luck. In this house in Barcelona, uninhabited for
over twenty years, live Bruno and his family, for a few
months a year. White dominates, accentuated by the
old oak floor. Few pieces counterbalance the gener-
al atmosphere, including a black shiny Flap sofa on
the ground floor. On the first floor we find the
Vermelha armchair against a checked optical décor.
Everywhere large abstract paintings and pieces
designed by Bruno Reymond himself. On the top floor,
from the pool, you can admire Barcelona.
ELEFANTIELEPHANTS
Flap, divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2000; Vermelha, poltrona / armchair, design
Fernando e / and Humberto Campana,
1993/1998, in casa / in Reymond house,
Barcellona
progetto / design: Bruno Reymond.
foto / photo: Conrad White
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FAMIGLIA FAMILY
Damier, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2002, nel soggiorno di casa von
Borries a Berlino in the von Borries house
living room in Berlin progettata da / designed
by Anne e / and Friedrich von Borries.
foto / photo: Steffen Jänicke /
A&W/jalag - syndication
In Berlin in a one-family building designed in 1957
by Alois Giefer and Hermann Mäckler for Interbau,
now luckily lives Friedrich von Borries, architect
and professor of Design theories, with his large
young family. Nothing could be better for valuing
the aesthetic codes of this house: especially the flu-
idity of space and the privileged indoor-outdoor
relation. The grown-ups’ books, and the children’s
toys dominate the space and each piece of design
is intensely used, as one can see by looking at the
Damier sofa which accommodate all of the von
Borries family.
A Berlino, in un edificio unifamiliare progettato nel
1957 da Alois Giefer e Hermann Mäckler in occasione
di Interbau, va fortunatamente a vivere Friedrich von
Borries, architetto e professore di teoria della proget-
tazione, con la sua giovane e numerosa famiglia.
Niente di meglio per valorizzare i codici estetici della
casa: in particolare la fluidità degli spazi e il privile-
giato rapporto interno-esterno. Libri, degli adulti, e
giochi, dei bambini, dominano lo spazio e ogni pezzo
di design è intensamente vissuto, come ben si può
notare osservando il divano “Damier” destinato a
ospitare tutta la famiglia von Borries.PA
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“Essere collezionisti” è qualcosa che coinvolge in
modo significativo il tempo della propria vita, ma
soprattutto gli spazi della propria casa. I collezio-
nisti progettano diversamente, guardano alle
cose diversamente. Ove gli altri, “i normali”, rifug-
gono l’accumulo, per i collezionisti l’accumulo è
vita. Ecco perché la casa londinese di Kenny
Schachter, gallerista-intellettuale, sarà invidiata da
molti. Che si tratti di arte (Warhol, Basquiat, West,
Acconci, Koons) o di design (Newson, Campana,
Dixon, Levy, Hadid) Kenny seleziona con gusto
infallibile e miscela con rara sicurezza.
“Being a collector” is something that significantly
occupies one’s time, but especially one’s home.
Collectors design differently and look at things in a dif-
ferent way. Where the others, “the normal people”,
escape hoarding, for a collector the hoard is life. That’s
why many will envy gallery owner and intellectual
Kenny Schachter’s house. Be it art (Warhol, Basquiat,
West, Acconci, Koons) or design (Newson, Campana,
Dixon, Levy, Hadid), Kenny selects with perfect taste
and mixes with rare confidence.
ESSERE COLLEZIONISTIBEING A COLLECTOR
Verde sedia / chair, design Fernando e / and
Humberto Campana 1993/98; Azul, poltrona /
armchair, design Fernando e / and Humberto
Campana, 1993/98; Esse, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2000; Flap, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2000, in casa / house Schachter,
Londra / London.
Interior Design: Ab Rogers.
foto / photo: Luke White
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LA CASA DELLA SCRITTURATHE HOUSE OF WRITING
Mummy, sedia / chair, design Peter Traag, 2005,
nel living di una casa / in the living room of a
house; progetto / design Eva Almohacid
(Dsquadra); styling María San Juan.
foto / photo: Luis Hevia
Pensieri brevi affidati dagli ospiti a una parete di
ardesia, ma anche vecchie ricette spagnole “rico-
piate” sul vetro del tavolo. In questa casa “la scrit-
tura” ha lasciato una traccia che racconta la gioia
dello stare insieme. Un immenso pomodoro ci
accoglie in cucina e una mappa del mondo in sala
da pranzo dove le sedie “Mummy” di Peter Traag
e la lampada “Dear Ingo” di Ron Gilad giocano
all’unisono la carta dell’ironia e dello spiazzamento.
Brief thoughts left by guests on a slate wall, and
old Spanish recipes “copied” onto the glass
tables. The “writings” in this house leave traces
telling us about the joy of being together. A huge
tomato welcomes us in the kitchen, and in the
dining room there is a world map, paired with
Peter Traag’s Mummy chairs and the Dear Ingo
lamp by Ron Gilad simultaneously playing the
irony and déturnement card.
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To fragment a surface is a way of possessing it.
Creating incessant connections between structure,
decoration and furniture so that the eye is never
fulfilled. Placing at the centre of this scene a privi-
leged observational post, a white island of tranquilli-
ty, composed, no wonder, with the Sherazade sofas:
in this house there is no space for a definite and tra-
ditionally frontal sitting posture, but there must
always be the possibility of a complete rotation of
the body, to admire the chameleon mutations of the
architectural show.
Frammentare le superfici è un modo di possederle.
Creare continui rimandi tra struttura, decorazione e
arredo affinché l’occhio non sia mai pago di emozioni.
Riservando al centro di questa scena una postazione
privilegiata di osservazione, bianca isola di serenità,
composta non a caso con divani “Sherazade”: in questo
interno non è infatti possibile definire una posizione
unica di seduta, tradizionalmente frontale, ma deve
essere sempre praticabile una completa rotazione del
corpo per assistere alle camaleontiche mutazioni dello
spettacolo d’architettura.
FRAMMENTAREFRAGMENTS
Sherazade, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2008, nel soggiorno di una casa
progettata da / in the living room of a house
designed by Maurizio Lai (LAI STUDIO).
foto / photo: courtesy of Lai Studio
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NEL LEVANTE LIGUREIN EASTERN LIGURIA
Rose Chair, poltrona / armchair, design
Masanori Umeda, 1990; Vermelha, poltrona /
armchair, design Fernando e / and Humberto
Campana, 1993/1998; Damier, divano / sofa,
design Francesco Binfaré, 2002.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
This ancient tower house, overlooking the sea,
embraced by a rich vegetation, was built around a
mighty dark rock spur also visible in the interiors.
Such a naturalistic element, so discordant with the
lunette vaults and the precious decorated doors,
would suffice to determine the uniqueness of this
place. The interiors however are completed with
white upholstery divans, selected art pieces, silent
and shady coolness, in contrast to the bright light
coming from the sea, the summer heat and the
plunging terraces.
Quest’antica casa a torre, appesa sul mare, ma già
lambita dalla ricca vegetazione del monte, fu ai
tempi costruita attorno a un forte sperone di roc-
cia scura, visibile negli interni. Basterebbe un simi-
le elemento naturalistico, dissonante rispetto alle
volte unghiate o alle preziose porte decorate, a
determinare l’unicità di questo luogo. L’ambiente
si completa poi con i bianchi rivestimenti dei diva-
ni, le selezionate opere d’arte, il silenzio e la fre-
scura, a contrastare la luce intensa del mare, la
calura dell’estate e la vertigine delle terrazze.PA
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Lo sciatore che dovesse perdersi, scorgendo di lon-
tano la torretta anni 20 dello Stadio del ghiaccio di
St. Moritz, saprebbe di aver trovato una meta, ma
non potrebbe certo aspettarsi, all’interno, al posto
di acrobatici pattinatori, una residenza a metà tra
l’installazione d’arte e il rifugio di montagna. Legno
d’abete e feltro, severità e genio vi si intrecciano
senza sosta in una concezione spartana e condivi-
sibile del lusso. Da Rietveld a Eames, da Newson ai
Campana, allo stesso Rolf Sachs, padrone di casa:
sparpagliata qua e là vive una collezione di pezzi-
capolavoro degna di un museo del design.
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Any skier that gets lost, will know he has reached
a destination when he catches sight of the 1920s
tower of the St. Moritz stadium in the distance. But
he could not imagine that inside it there are no
longer acrobatic ice skaters but a residence half
way between art installation and mountain refuge.
Fir wood and felt, rigor and genius are incessantly
combined in a sober and appealing version of lux-
ury. From Rietveld to Eames, from Newson to the
Campana brothers, to the owner of the house
himself, Rolf Sachs: the house is scattered with a
collection of masterpieces worthy of a design
museum.
1928 OLYMPIASTADION ST. MORITZCorallo, poltrona / armchair, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2004, nel living di casa
Sachs a / in the living room of Sachs house in
Sankt Moritz, progettata da / designed by
Rolf Sachs.
foto / photo: Andreas von Einsiedel
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MANGUSTA 130
Sofà, divano, versione speciale / special size sofa,
design Francesco Binfaré, 2008, sullo / on the yacht
Mangusta 130 - cantieri nautici Overmarine di
Viareggio / Overmarine shipyard in Viareggio.
Progetto di / designed by Erna Corbetta.
Lighting design: Piero Castiglioni.
foto interni / interiors photo: 3C lab, Silvia Apice
(courtesy of Overmarine Group); foto esterni /
external photo: courtesy of Overmarine Group.
White, icy and dazzling, 130 feet long, this boat is a
significant novelty in the field of nautical design.
Inside the hard top hall there are two unexpected
vertical volumes: one covered in stone, and one in
stainless steel. Leather on the ceiling and on the
lower deck a leather Sofà by Francesco Binfaré,
here in a special angular edition. One single blue
step, going on towards the ship’s side, signals to
those who go down the stairs, the special zone con-
taining the sofa.
Bianco, algido e abbagliante, con i suoi 130 piedi, que-
sto scafo è una significativa novità nel campo della pro-
gettazione nautica. All’interno del salone hard top, sor-
prendentemente, troviamo due setti verticali: il primo
rivestito in pietra, il secondo in acciaio inox. A soffitto,
pelle e ancora pelle a rivestire, sul ponte inferiore, il diva-
no “Sofà” disegnato da Francesco Binfaré, qui in una
speciale edizione angolare. Un unico gradino blu, pro-
seguendo poi verso la murata, segnala a chi scende la
scala la particolare zona che accoglie il divano.PA
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Una finestra, nello studio, inquadra la profondità
della piscina, ma il mistero si rivela unicamente
quando un nuotatore inconsapevole appare di
fronte alla scrivania: solo allora si comprende cosa
sia realmente la massa azzurra che si percepisce
attraverso il vetro. Le invenzioni progettuali non si
esauriscono però qui: ad esempio pavimenti in
resina e viceversa soffitti a liste di legno propon-
gono uno strano “ribaltamento” delle immagini.
Così, di fronte a un divano “On the Rocks” vestito
di grigio, il camino arde al centro dell’ambiente e
“raso terra”.
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In the studio a window frames the depth of the
pool, but the mystery is revealed only when the
unaware swimmer appears in line with the desk:
only then is it clear what the light blue mass you
see through the glass really is. But there is more:
the resin floors and the wooden ceilings offer a
strange “inversion”. And in front of an On the Rocks
sofa, upholstered in gray fabric, the “floor-level” fire-
place is alight in the centre of the space.
SULLE PENDICI DELL’ETNAON THE SLOPES OF ETNA
On the Rocks, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2004, in una villa a /
in a villa in Catania progettata da / designed
by Salvatore Puleo.
foto / photo: Gianni Franchellucci
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Un’importante villa si crea attraverso l’attento innesto
di due volumi: quello a monte in cemento armato a
vista e, perpendicolarmente, quello a valle dotato di
vetrate e rivestito di pietra a spacco. Di notte il paesag-
gio che ne risulta è particolarmente suggestivo, con la
luce artificiale che campisce i volumi, valorizza buca-
ture e percorsi. Appaiono la grande piscina interna e,
attraverso le finestredella zona giorno, piante grasse in
vaso e poltroncine fatte a forma di fiore (Getsuen di
Masanori Umeda). All’interno i pezzi d’arredo sono
pochi, sapientemente illuminati, mentre lo spazio viene
disegnato unicamente dall’architettura, dal rapporto
tra i setti in cemento e quelli in pietra.PA
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An important villa unfolds from the careful connec-
tion of two volumes: bare reinforced concrete
behind and perpendicular volume with glass win-
dows and ashlars masonry below. At night the land-
scape it creates is very evocative, with the artificial
light defining the volumes, enhancing recesses and
paths. Through the windows in the living area
appear a large indoor pool, succulent plants and
flower shaped small armchairs (Getsuen by
Masanori Umeda). The interiors have little and skil-
fully illuminated furniture, while the space is sculp-
tured uniquely by architecture and the relation
between the cement and stone walls.
VERSO IL LAGO TOWARDS THE LAKE
Getsuen, poltrona / armchair, design
Masanori Umeda, 1990; Sofà, divano / sofa,
design Francesco Binfaré, 2008, in una casa
progettata da / in a house designed by Marco
Sangiorgio con gli interni di / interior design
by Angelo Pozzoli.
foto / photo: Giovanni Desandre
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Le cosiddette “case d’epoca” vivono di una speciale
atmosfera persino quando sono ancora vuote, disa-
bitate. Il loro decoro fatto di antichi parquet o di luci-
di pavimenti in seminato, di grandi porte interne con
cornici sagomate, di stucchi e rosoni a soffitto crea di
per sé un’atmosfera speciale, rarefatta e sofisticata.
Dilmos è partita, nell’arredare quest’importante
appartamento, da un simile presupposto: valorizzare
l’esistente e completarlo con alcune “mise en scène”
di importanti pezzi di design: ciascuna di esse è
costruita come un “tableau”. Vedi il tavolino in
marmo di Saarineen accolto nella curva ospitale del
divano “Flap” di Binfaré. Vedi le poltrone “Vermelha”
dei Fratelli Campana imprevedibilmente intrecciate
in argento o oro per citare la decorazione in gialli
marmi policromi a pavimento.
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The so called “historic houses” are imbued with a
special atmosphere even when they are still empty
and uninhabited. Their décor, with parquet or pol-
ished Venetian floors, the large interior doors with
inlaid frames, the stuccos and the ceiling roses per se
create a special atmosphere, rare and sophisticated.
Dilmos set out to furnish this important apartment
with a similar premise: their purpose was to enhance
the existent and complete it with a “mise en scene”
conceived as “tableaux” with a number of important
pieces of design. The Saarineen marble coffee table
embraced in the welcoming curve of Binfaré’s Flap
sofa, for example, or the Vermelha armchairs unex-
pectedly woven in silver or gold to recall the poly-
chrome yellow marble decoration on the floor.
CASE D’EPOCA HISTORIC HOUSES
Vermelha, poltrona / armchair, design
Fernando e / and Humberto Campana,
1993/1998; Flap, divano / sofa, design
Francesco Binfaré, 2000; Damier, divano /
sofa, design Francesco Binfaré, 2002.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
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Un androne spazialmente dilatato, un corpo scale
elicoidale, l’utilizzo del marmo e della radica: que-
sta palazzina di Piazzale delle Muse a Roma, pro-
gettata da Ugo Luccichenti, è la sicura testimo-
nianza di un metodo costruttivo sedimentato e di
uno stile oggi, superate certe censure ideologiche,
da ri-analizzare. Il grande appartamento ristruttu-
rato da Giorgia Dennerlein valorizza le caratteristi-
che costruttive dell’epoca (infissi, parquet, marmi)
e adotta una palette volutamente scura, intimista,
che va dal color fango al blu. Il concetto proget-
tuale unificante è il comfort, perfettamente esem-
plificato dal divano “Brenno”.PA
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An expanded hall, a helicoid staircase, the use of
marble and briarwood: this building in Piazzale
delle Muse in Rome, a project by Ugo Luccichenti,
is a clear example of a well grounded constructive
method and of a style that today needs to be re-
considered, putting aside certain ideological clo-
sures. The large apartment restructured by
Giorgia Dennerlein enhances the historical con-
structive features (fittings, parquet, marble) and
adopts a deliberately dark and intimate palette,
ranging from mud tones to blue. The key concept
behind the project is comfort, as perfectly exem-
plified by the Brenno sofa.
COMFORT
Mummy, sedia / chair, design Peter Traag, 2005;
Cabana, contenitore / cabinet, design Fernando
e Humberto Campana, 2010; Brenno, divano /
sofa, design Francesco Binfaré, 2011, in casa
Dennerlein / in Dennerlein house, Roma / Rome,
progettata da / designed by Giorgia Dennerlein.
foto / photo: Oliviero Santini
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Su un pavimento di marmo nero, venato di bianco
e posato a casellario, volutamente si staccano una
serie di opere (i veri abitanti della casa): opere d’ar-
te, scovate nelle gallerie in giro per il mondo abbi-
nando artisti emergenti a personaggi consolidati, e
opere di design, prodotte da Edra o editate da
Dilmos, tra i primi in Europa a promuovere il design
d’autore in serie limitata. A questi pezzi, cercati e
amati, fa da contrappunto non la produzione cor-
rente (le parti funzionali dell’abitare sono risolte in
modo volutamente asettico) quanto piuttosto il
paesaggio, la vista sull’esterno, verso il lago di
Lugano, chiamato a “partecipare” agli interni.
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On a black marble floor with white streaks and cus-
tomized set, a series of works (the real inhabitants
of this house) stand out: works of art found in gal-
leries around the world, in a combination of emerg-
ing and established artists, and design pieces, pro-
duced by Edra or curated by Dilmos, one of the
first in Europe to promote limited edition design
pieces. The counterpoint to these sought after and
much loved pieces is not contemporary produc-
tion (the functional parts of the house are in fact
deliberately aseptic), but rather landscape, the
view of Lake Lugano, invited to “participate“ in the
interiors.
UN LAGO DI MARMO NEROA BLACK MARBLE LAKE
Favela, poltrona / armchair, design Fernando
e / and Humberto Campana, 2003; On the
Rocks, divano / sofa, design Francesco
Binfaré, 2004; Mummy, sedia / chair, design
Peter Traag, 2005, a Lugano in un edificio
progettato da / in Lugano in a building
designed by Maurus Frei.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Helenio Barbetta.
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LAMIERA SERIGRAFATA SCREEN PRINT PLATE WALL
Sponge, poltrona / armchair, design Peter
Traag, 2004; in un loft progettato da /
in a loft designed by Roberto Bongiovanni
(Studio Xenos).
foto / photo: Adriano Bacchella
A disused tyre factory transformed into a con-
temporary loft (the name loft used appropriately
for once!). The colour palette indicatively includes
dusky tones, as you can see in the dark wood, the
worn out leather, and especially in the rusty
Corten iron. A plate wall, unexpectedly screen
printed with a damask pattern, reverberates the
light from the fireplace. Opposite the creased
Sponge armchairs stand out with all their expres-
sive force.
Una fabbrica dismessa di pneumatici diviene un loft
contemporaneo (e per una volta la parola loft viene
correttamente usata!). In modo sintomatico le cromie
scelte per il progetto recuperano certi toni bruni, nei
legni scuri, nei cuoi vissuti, ma soprattutto nell’acciaio
Corten arrugginito. Una parete di lamiera, imprevedi-
bilmente serigrafata con un motivo damascato, vibra
al riverbero del camino. Di fronte a esso le pieghe
delle poltrone “Sponge” emergono in tutta la loro
espressività. PA
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Uno chalet, abitato un tempo dal grande chansonnier fran-
cese Gilbert Bécaud, posizionato su un crinale che divide le
valli d’Anniviers e Hérens, verso sud, e la valle della Liène
verso ovest, in un luogo selvaggio e incontaminato. Il neces-
sario ampliamento è stato effettuato scavando sotto terra,
dialogando con le radici dei pini centenari e tingendo il
cemento di un caldo colore arancio. Il percorso di salita
verso i piani alti è una continua scoperta: di scorci verso il
paesaggio e di sorprese in interni, dalla scala illusionistica-
mente “raddoppiata”, grazie allo specchio, al rivestimento in
larice che si confronta però con vetrate gialle, rosa o aran-
cioni, dal salone a doppia altezza con un informe divano blu
su cui rotolano i cinque bambini che abitano la casa, fino alla
sala da pranzo dove le canne delle sedie “Jenette” paiono
dialogare con i rami esterni dei grandi pini.
A chalet, where once lived the famous French chansonnier
Gilbert Bécaud, resting on the crest dividing the d’Anniviers
and Hérens valleys to the South, and the Liène valley to the
West; a place still wild and untouched. The needed exten-
sion to the chalet was created by digging underground,
next to the roots of the centenary pine trees and by dying
the cement a warm orange colour. From here on to the
upper floors there are endless surprises: views and surpris-
es in the interiors, from the magically “doubled” mirror stair-
case, the all-over larch covering associated with the yellow,
pink and orange glass windows, the double living room with
a shapeless blue sofa where the five children of the house
play, to the dining room, where the stalks of the Jenette
chairs appear to dialogue with the branches of the big pine
trees outside.
VALAIS
Anemone, poltrona / armchair, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2001; Boa, divano / sofa, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2002; Favela,
poltrona / armchair, design Fernando e / and Humberto
Campana, 2003; Jenette, sedia / chair, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2005, in uno chalet nel Valais
ristrutturato da / in a Valais chalet restored by Bonnard
Woeffray (architects fas sia).
foto / photo: Kay von Losoncz
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MASSIMALISMO MAXIMALISM
Rose Chair, poltrona / armchair, design
Masanori Umeda, 1990.
Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
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Maximalism is a form of art. A specific art. What may
appear as a casual juxtaposition is really the result of
a careful and complex plan. The ice we walk on is
thin and the only discriminating element is a clear
expression of taste. In this D’Annunzio-style interior
the red and turquoise Rose Chair velvets, the large
Luigi Ontani bed, with the sun with God’s eye, the
amoeba-like carpet by George J. Sowden or the
virtuoso glasses by Borek Sipek must coexist.
Il Massimalismo è un’arte. Ben precisa. Quanto può
apparire dovuto ad accostamenti casuali è in realtà
frutto di una attenta e complessa orchestrazione. Ci
si muove sul filo del rasoio e la sicurezza del gusto
rimane l’unico elemento discriminante. In questo
interno dannunziano i velluti delle Rose Chair, viola e
turchese, il grande letto di Luigi Ontani, con il sole che
porta l’occhio di Dio, il tappeto ameboide di George
J. Sowden o i virtuosistici vetri di Borek Sipek convi-
vono in maniera “scientificamente” insostituibile.
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I grandi uffici soffrono sovente di un certo anoni-
mato, della ripetizione di criteri distributivi e codi-
ci materici ormai evidenti. Salvatore Puleo lavora in
questo spazio siciliano proprio per evitare una
simile sensazione e, al fine di raggiungere il suo
risultato, si affida alla luce che, attraverso tagli e
studiate presenze, caratterizza, e differenzia, gli
ambienti. All’ingresso un blocco di marmo bianco
di Carrara, scavato in modo tridimensionale, funge
da reception, mentre nella sala riunioni viene pro-
vocatoriamente adottato un tavolo-opera quale il
“Baghdad” di Ezri Tarazi. E, grazie appunto alla
luce radente, a terra si disegna, imprevedibilmen-
te, la pianta della città irachena.
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Large offices are often quite anonymous, for their
nowadays evident repetition of distribution criteria
and materials. Salvatore Puleo intervened in this
Sicilian space precisely to avoid a similar result
and, in order to reach his objective, he turned to
light, which through openings and well calibrated
presences personalizes and differentiates the
rooms. At the entrance, a carved block of white
Carrara marble becomes the reception desk, while
in the conference room there is a provocative
insertion of the Baghdad table/work of art by Ezri
Tarazi, with the slanting light unexpectedly draw-
ing the map of the Iraqi city on the floor.
DA CATANIA A BAGH DADFROM CATANIA TO BAGHDAD
Baghdad, tavolo / table, design Ezri Tarazi,
2005, uffici / offices COGIP, a / in Tremestieri
Etneo (Catania), progettati da / designed by
Salvatore Puleo.
foto / photo: Gianni Franchellucci
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Usualmente la musica si ascolta, ma c’è invece qual-
cuno che, in modo traslato, la colleziona. Ecco allora
che, diversamente seduti o distesi su un divano “Flap”,
si può guardare questo silenzioso esercito di strumenti
e immaginare il loro suono perfetto. Chiudere gli occhi
e ascoltare il grande Charlie Parker, “The Bird of
Paradise”, suonare ancora una volta il suo sax.PA
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Usually you listen to music, but some like to col-
lect it, so to speak. And so you can either sit or
lie down on a Flap sofa and admire this silent
battalion of musical instruments imagining their
perfect sound. With your eyes closed you can
almost hear the great Charlie Parker, “The Bird of
Paradise”, playing his saxophone one last time.
MUSICAMUSIC
Flap, divano / sofa, design Francesco Binfaré,
2000, in una casa progettata da / in a house
designed by Martino Ferrari e / and Lara
Di Mauro. Interior Design: Dilmos.
foto / photo: Molteni&Motta
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ANNI 70 SEVENTIES
Brasilia, tavolo / table, design Fernando e /
and Humberto Campana, 2006, in una casa
nei pressi di Lione / in a house near Lyon,
progettata nel 1973 da / designed in 1973 by
Georges Guillermont e ristrutturata da /
and restored by Christine Sandona-Marting
(Nesso).
foto / photo: Arnaud Rinuccini
Progettare “per frammenti” è un modo assai interes-
sante di procedere: anziché perseguire la continuità, si
privilegia la discontinuità. Un materiale si congiunge a
un altro, una linea si spezza contro un volume. Ed
ecco che, in questa casa anni 70 nella campagna vici-
no Lione, formelle ceramiche gialle e verdi di Roger
Capron si impostano su una superficie rivestita in
mosaico verde e nero, mentre i frammenti specchian-
ti del tavolo “Brasilia” riflettono un’étagère anni 80 di
Sottsass, la lampada “Mezzo Oracolo” di Gae Aulenti
del 1969, straordinarie sedute di Olivier Mourgue e
Geoffrey Harcourt. Una porta “da nave” introduce in
una grotta dove sono conservati i dischi in vinile! E,
all’esterno, la pietra a spacco sorregge, senza soluzio-
ne di continuità, il bianco intonaco, da cui emerge
un’altra discontinuità, quella della natura.
To design “via fragments” is a very interesting method:
instead of heading for continuity, you aim for discontinu-
ity. One material connects to another, a line breaks
against a volume. And so in this Seventies house in the
countryside near Lyon, green and yellow ceramic tiles
by Roger Capron are placed against a black and green
mosaic surface, while the reflecting fragments of the
Brasilia table mirror a 1980s étagère by Sottsass, Gae
Aulenti’s 1969 Mezzo Oracolo lamp, and Olivier
Mourgue and Geoffrey Harcourt’s extraordinary
designs. A small “ship” door introduces a cave where
the vinyl records are kept! And outside ashlars mason-
ry supports the white plaster with no interruption, from
which emerges another discontinuity, that of nature.
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We are in Bucharest, in far away Romania, in the
Capitalelor quarter to be precise. Here in a his-
toric palace there is Iconic, a very peculiar venue
with an elegant and ironic mix of local tradition
and Edra design. In an articulated space plan,
that includes a concept store, a café, a wine and
cigar club and a proper restaurant, there is an
alternation of “Cold War” atmospheres and
unpredictable glimpses of the future, in a very
sophisticated interpretation of globalization.
BUCAREST
Rose Chair, poltrona / armchair, design Masanori Umeda, 1990;
Neolitico, tavolo / table, design Massimo Morozzi, 1998;
Flap, divano / sofa, design Francesco Binfaré, 2000;
Mummy, sedia / chair, design Peter Traag, 2005;
Cabana, contenitore / cabinet, design Fernando e / and Humberto Campana, 2010;
Bois de Rose, contenitore / storage unit, design Massimo Morozzi, 2012,
nel ristorante / in the restaurant “Iconic Food Wine & Design”, Bucarest
progettato da / designed by Miruna Ardelean (ClassConcept).
foto / photo: Cosmin Dragomir (Igloo media), Andreea Macri
Siamo a Bucarest, nella remota Romania, per la pre-
cisione nel quartiere di Capitalelor. Qui, in un antico
palazzo, è nato “Iconic”, particolarissimo ritrovo che
mescola, con garbo e ironia, dettagli della tradizione
locale con arredi progettati dai designer Edra. In un
percorso spaziale articolato, che propone un con-
cept store, una caffetteria, un wine and cigar club e
il vero e proprio ristorante, si alternano affascinanti
atmosfere da “guerra fredda” con imprevedibili
scorci sul futuro, in un’interpretazione della globaliz-
zazione estremamente particolare.
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TRONCHI IN CORRIDOIO TREE TRUNKS IN THE CORRIDOR
Paesaggi Italiani - Tronco, sistema / storage
system, design Massimo Morozzi e / and
Francesco Binfaré, 1994-2011, in una casa
progettata da / in a house designed by
Eliana Masoero
foto / photo: Helenio Barbetta
House corridors are precious spaces (although a
current architectural trend postulates their elimina-
tion). An in-between space amongst the rooms,
the corridor is a place for meeting, arguing, escap-
ing and making up. It is where children eavesdrop,
where things accumulate. In an old house in Milan,
a long traditional corridor is unexpectedly covered
in tree trunks. Wood has a beauty in itself, in its
veins, in its grain, in its knots: large raw cut
mahogany panels, with the bark on the outer sides,
and an oil finish, offer a partial closure to the
Paesaggi Italiani: the result is a functional storage
system which is also a real interior “landscape”.
I corridoi, nelle case, sono luoghi preziosi (anche se
una recente prassi progettuale postula la loro elimi-
nazione). Spazio di cuscinetto tra le stanze della
casa, il corridoio è il posto degli incontri, dei litigi,
delle fughe e dei riavvicinamenti. Lì origliano i bam-
bini, lì si accumulano le cose. In una casa d’epoca
milanese, un lungo corridoio tradizionale, si riveste in
modo inaspettato di tronchi. Il legno ha una bellez-
za in sé, nelle sue vene, nella sua grana, nei suoi nodi:
grandi assi di massello di mogano, tagliate “a vivo”,
con la corteccia sui lati esterni, e finite a olio propon-
gono una parziale chiusura dei mobili “Paesaggi
Italiani”: ne deriva non solo un funzionale sistema di
contenimento, ma un vero e proprio “paesaggio” in
interni.
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CABANAS
Cabana, contenitore / cabinet, design
Fernando e / and Humberto Campana, 2010.
foto / photo: Thomas Dix (© Vitra Design
Museum); Sebastiano Luciano (courtesy of
Fondazione MAXXI); Fabio Marchesi
(courtesy of Triennale Design Museum)
Only Fernando and Humberto Campana could
have the courage to “soil” three illustrious muse-
ums! Rafia – a poor material, associated with car-
nival memories and so called “womanly” work –
in their hands becomes a cascade, tropical veg-
etation clinging and eroding the architectural
structure. The archistar interventions (Hadid in
Rome and Gehry in Weil-am-Rhein) or the noble
spaces of the Triennale in Milan, are thus taken
back to the provocative and seductive primi-
tivism of a hut, to the pureness of “the house of
Adam in Paradise”.
Ci volevano Fernando e Humberto Campana per
avere il coraggio di “sporcare” tre musei di spec-
chiata fama! La rafia, materiale povero, legato a
carnevalesche memorie o ai cosiddetti lavori
“donneschi”, nelle loro mani prende la forma di
cascata, vegetazione tropicale che si aggrappa e
smangia la struttura architettonica. Gli interventi
delle archistar (Hadid a Roma e Gehry a Weil-
am-Rhein) o gli aulici spazi interni della Triennale
di Milano sono così riportati alla provocatoria, e
seducente, primitività della capanna, alla purezza
della “casa d’Adamo in Paradiso”. PA
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TOMÁS ALÍA pp. 106-107
EVA ALMOHACID (Dsquadra) pp. 216-217
WALTER AMORT pp. 200-201
MIRUNA ARDERLEAN (Classconcept) pp. 248-249
ARRABITO NAVAL ARCHITECTS pp. 28-33
CARLO BAIO pp. 100-101
ROBERTO BERGONZI pp. 166-171
JAVIER BERNALTE (Bernalte León y Asociados) pp. 96-97
PATRICK BLANC pp. 40-45
ROBERTO BONGIOVANNI (Studio Xenos) pp. 236-237
BONNARD WOEFFRAY (architectes fas sia) pp. 238-239
LUCA BRAGUGLIA (lucabragugliastudio) pp. 114-115
SONIA CALVELLI (ARCH.DOC) pp. 124-125
FERNANDO E HUMBERTO CAMPANA pp. 52-59, 136-141, 252-253
ALBERTO CAMPO BAEZA pp. 22-27
VALERIO CAPO pp. 148-153
PIERO CASTIGLIONI pp. 224-225
MIGUEL CHEVALIER pp. 40-45
ERNA CORBETTA pp. 224-225
MATALI CRASSET pp. 190-195
ELENA D’ANGELO (lucabragugliastudio) pp. 114-115
DUILIO DAMILANO (Damilanostudio Architects) pp. 122-123, 184-189
ELISABETH DAURER (Wohnen by Hoflehner) pp. 104-105
ALEXANDRA DE PFYFFER (AdP-décoration) pp. 98-99
GIORGIA DENNERLEIN pp. 232-233
AGUSTÍN DÍAZ GINER pp. 110-111
LARA DI MAURO pp. 244-245
DILMOS pp. 94-95, 102-103, 120-121, 204-205, 220-221, 230-231, 234-235, 240-241, 244-245
NICK ELDRIDGE pp. 154-159
MANUELA ESPOSITO (lucabragugliastudio) pp. 114-115
ROBERTO FALCONI (Studio Associato Falconi) pp. 46-51
MASSIMO FAMIGLINI (Studio Spaceplanners) pp. 206-207
MARTINO FERRARI pp. 244-245
ROGER FERRIS & PARTNERS LLC pp. 34-39
JACOPO FOGGINI pp. 166-171
MAURUS FREI pp. 120-121, 234-235
DEBORA GARRA (Studio Spaceplanners) pp. 206-207
gP SERVICE pp. 28-33
PABLO GIL pp. 160-165
PIERO GILARDINO (Studio Map) pp. 94-95
FRANCESCO GUIDA (Guida Engineering+Design) pp. 118-119
GEORGES GUILLERMONT pp. 246-247
ZAHA HADID pp. 198-199
KLAUS HOFLEHNER (Wohnen by Hoflehner) pp. 104-105
ENRICO IASCONE (Studio Enrico Iascone Architetti) pp. 72-77
KÜHN & PARTNER pp. 126-127
MAURIZIO LAI (LAI STUDIO) pp. 218-219
MONICA LATTUADA (Studio Map) pp. 94-95
LAZZARINI PICKERING ARCHITETTI pp. 60-65, 92-93
JOSÉ LUIS LEÓN (Bernalte León y Asociados) pp. 96-97
ARIK LEVY pp. 40-45
MAURIZIO MANCINI pp. 86-87
CHUS MANZANARES pp. 110-111
ELIANA MASOERO pp. 250-251
CARLOTTA MENARINI (Studio Enrico Iascone Architetti) pp. 72-77
ALESSANDRO E FRANCESCO MENDINI (Atelier Mendini) pp. 78-83
PAOLA MORETTI pp. 46-51
ALICE NARDI pp. 166-171
IRMA ORENSTEIN pp. 112-113
ALEANDRO ORSINI (ARCH.DOC) pp. 124-125
NATHALIE PASQUA pp. 90-91
JAVIER PEÑA GALIANO (XPIRAL®) pp. 172-177
IVANA PORFIRI (Porfiristudio) pp. 28-33
CHRISTIAN POTTGIESSER (architecturesposibles) pp. 130-135
ANGELO POZZOLI pp. 228-229
SAM PRATT pp. 148-153
SALVATORE PULEO pp. 226-227, 242-243
MELANIE RADEMACHER (Mena Interiors) pp. 116-117
FRANCO RAO (Studio Spaceplanners) pp. 206-207
BRUNO REYMOND pp. 160-165, 210-211
AB ROGERS pp. 214-215
ITALO ROTA pp. 102-103
ROLF SACHS pp. 66-71, 222-223
CHRISTINE SANDONA-MARTING (Nesso) pp. 246-247
MARCO SANGIORGIO pp. 228-229
MARÍA SAN JUAN pp. 216-217
ÁLVARO SANS pp. 110-111
RENATA SAPEY pp. 40-45
ELODIE SIRE (D-Mesure) pp. 202-203
HADI TEHERANI pp. 142-147
MARIA CRISTINA OLIVEIRA MOURA VALLE (Arquitetura Caparaó) pp. 208-209
ANNE E FRIEDRICH VON BORRIES pp. 212-213
HENK VOS pp. 88-89
VUDAFIERI SAVERINO PARTNERS pp. 200-201
PROGETTISTI DESIGNERS
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FOTOGRAFIPHOTOGRAPHERS
RICCARDO AMBROSIO p. 47
GERON AMIT pp. 112-113
ILIAS ANAGNOSTOPOULOS p. 53
SILVIA APICE (3c lab courtesy of Overmarine Group) pp. 224-225
ADRIANO BACCHELLA pp. 236-237
ANTOINE BARALHÉ pp. 90-91
HELENIO BARBETTA pp. 120-121, 234-235, 250-251
LUK BOEGLY (courtesy of Kruisherenhotel Maastricht) pp. 88-89
SOPHIE BOEGLY (courtesy of Musée d’Orsay) pp. 136-141
JOMAR BRANGANÇA pp. 208-209
ADRIANO BRUSAFERRI (courtesy of Bravacasa) pp. 114-115
CHIARA CADEDDU pp. 206-207
JAVIER CALLEJAS pp. 22-27
BIBA CANELA p. 23
RENZO CHIESA pp. 40-45
MARIO CIAMPI pp. 166-171
GITTY DARUGAR (courtesy of Archivio Atelier Mendini) p. 79
THOMAS DIX (© Vitra Design Museum) p. 252
JUAN DE LA CRUZ MEGÍAS pp. 172-177
GIOVANNI DESANDRE pp. 228-229
HENRI DEL OLMO (courtesy of Byblos Art Hotel Villa Amistà) pp. 78-83
LYNDON DOUGLAS p. 155
COSMIN DRAGOMIR (Igloo media) pp. 248-249
GEORGE DUPIN pp. 130-135
ANDREA FERRARI pp. 28-33, 46-51
HUGH FINDLATER p. 167
GIANNI FRANCHELLUCCI pp. 226-227, 242-243
DARIO FUSARO pp. 86-87
GIOVANNI GASTEL p. 179
KARL GROSS p. 67
LUIS HEVIA pp. 216-217
STEFFEN JÄNICKE/A&W/jalag-syndication pp. 212-213
JEAN-FRANÇOIS JAUSSAUD pp. 190-195
CHRISTIAN KAIN pp. 142-147
DEAN KAUFMAN (Trunk Archive) pp. 22-27
FERNANDO LASZLO p. 137
FLORENCE LESUEUR (courtesy of Musée d’Orsay) pp. 136-141
SEBASTIANO LUCIANO (courtesy of Fondazione MAXXI) pp. 198-199, 252
ANDREEA MACRI pp. 248-249
GIOVANNI MALGARINI p. 29
EZIO MANCIUCCA pp. 100-101
ROGER MANDT p. 143
TOM MANNION pp. 116-117
FABIO MARCHESI (courtesy of Triennale Design Museum) p. 253
ANDREA MARTIRADONNA pp. 122-123, 184-189
MADS MOGENSEN pp. 96-97
MOLTENI&MOTTA pp. 94-95, 204-205, 220-221, 230-231, 240-241, 244-245
ANDRÉS OTERO pp. 52-59
PAOLO PANZERA p. 73
ANDREA PERONI p. 47
MATTEO PIAZZA pp. 61, 92-93, 108-109
GIOVANNA PIEMONTI pp. 60-65
PASCALE POTTGIESSER p. 131
RICHARD POWERS pp. 154-159, 202-203
ARNAUD RINUCCINI pp. 246-247
PAÚL RIVERA pp. 34-39
ROLF SACHS FUN C ‘TION p. 66
ORNELLA SANCASSANI pp. 178, 200-201
OLIVIERO SANTINI pp. 232-233
ANTOINE SCHENCK p. 41
JOHN SPINKS pp. 68-71
DANIEL STIER pp. 148-153
NICOLAS TOSI (courtesy of Elle Decoration/Scoop) pp. 98-99
EMILIO TREMOLADA pp. 8, 12, 20, 72-77, 102-103, 124-125, 180-183
ETIENNE VAN SLOUN (courtesy of Kruisherenhotel Maastricht) pp. 88-89
ANDREAS VON EINSIEDEL pp. 222-223
KAY VON LOSONCZ pp. 238-239
CONRAD WHITE pp. 160-165, 210-211
LUKE WHITE pp. 214-215
ERWIN WIMMER pp. 104-105
NADIA AMELIE WITTE p. 35
MANOLO YLLERA pp. 106-107
25
5
ARREDIFURNITURE
ANGELS
Francesco Binfaré
1996
pp. 108-109, 204
ASTER PAPPOSUS
Fernando e / and
Humberto Campana
2006
pp. 111, 140
BOA
Fernando e / and
Humberto Campana
2002
pp. 33, 51, 90-91, 112, 152, 168-
169, 171, 202-203, 206, 239
BRENNO
Francesco Binfaré
2010
p. 233
CIPRIA
Fernando e / and
Humberto Campana
2009
pp. 58, 102, 116-117, 132-133,
135, 183
CORBEILLE
Francesco Binfaré
2006
p. 125
DAMIER
Francesco Binfaré
2002
pp. 38-39, 120-121, 127, 150-
151, 201, 212-213, 221, 230
FLAP
Francesco Binfaré
2000
pp. 36-37, 39, 42-44, 48-50,
77, 94-95, 101, 125, 144-147,
156-157, 159, 174-177, 192-193,
211, 215, 231, 245, 248
KAIMAN JAKARÉ
Fernando e / and
Humberto Campana
2006
pp. 162-163, 198-199
ON THE ROCKS
Francesco Binfaré
2004
pp. 62-64, 86-87, 96-97, 112-
113, 134-135, 204-205, 208,
226-227, 234-235
SFATTO
Francesco Binfaré
2011
pp. 103, 183
SHERAZADE
Francesco Binfaré
2008
pp. 114-115, 204-205, 218-219
SOFÀ
Francesco Binfaré
2008
pp. 24-25, 61, 74-76, 92-93,
104-105, 114, 186-188, 224-225,
228
SOFÀ GRAN KHAN
Francesco Binfaré
2008
pp. 48-49, 51
TOPOLONE
Massimo Morozzi
1991
pp. 57, 100-101
TATLIN
Mario Cananzi e / and
Roberto Semprini
1989
pp. 80-82, 88-89, 110, 186-
189, 207
ALICE
Jacopo Foggini
2011
p. 170
ANEMONE
Fernando e / and
Humberto Campana
2001
p. 238
AZUL
Fernando e / and
Humberto Campana
1993-1998
p. 214
CORALLO
Fernando e / and
Humberto Campana
2004
pp. 40, 45, 106-107, 141, 223
FAVELA
Fernando e / and
Humberto Campana
2003
pp. 57, 68-69, 182, 234, 238
GETSUEN
Masanori Umeda
1990
pp. 111, 229
POLTRONE
DIVANI
25
6
CAPRICCIO
Jacopo Foggini
2009
p. 167
GRINZA
Fernando e / and
Humberto Campana
2011
pp. 57-58
SEDIE /
TAVOLI /
CONTENITORI /
ACCESSORI /
LEATHER WORKS
Fernando e / and
Humberto Campana
2007
pp. 54-55, 58, 99, 124, 182-
183
ROSE CHAIR
Masanori Umeda
1990
pp. 100, 111, 122-123, 186-188,
220, 241, 248
SPONGE
Peter Traag
2004
pp. 182, 236-237
VERMELHA
Fernando e / and
Humberto Campana
1993-1998
pp. 182, 208-210, 221, 230
CAMPANA
Fernando e / and
Humberto Campana
2010
pp. 57, 59, 138-139, 141
JENETTE
Fernando e / and
Humberto Campana
2005
pp. 102-103, 126, 164, 174-175,
177, 180-181, 238
BAGHDAD
Ezri Tarazi
2005
pp. 242-243
BRASILIA
Fernando e / and
Humberto Campana
2006
pp. 30-31, 33, 58, 246-247
COTTO
Fernando e / and
Humberto Campana
2010
p. 57
NEOLITICO
Massimo Morozzi
1998
p. 249
PENTA
Massimo Morozzi
1998
pp. 86-87
BOIS DE ROSE
Massimo Morozzi
2012
p. 248
CABANA
Fernando e / and
Humberto Campana
2010
pp. 232, 249, 253
SCRIGNO
Fernando e / and
Humberto Campana
2009
pp. 51, 119
PAESAGGI ITALIANI
Massimo Morozzi
1994
pp. 51, 250-251
E inoltre nelle pagine di Interiors with Edra volume 2 compaiono
alcuni prodotti storici Edra, ormai fuori produzione, ma che ci piace
ricordare / Interiors with Edra volume 2 also includes some historic
Edra designs that are now out of production, but that we like to
remember:
“CONE” p. 44
design Fernando e / and Humberto Campana, 1993-98
“ESSE” p. 214
design Francesco Binfaré, 2000
“H/F TANGERI” pp. 76, 94
design Francesco Binfaré, 1994
“MEDITATION POD” pp. 162-164
design Steven Blaess, 2001
“AU.” pp. 80-82
design Setsu e Shinobu Ito, 2003
25
7
VERDE
Fernando e / and
Humberto Campana -
1993-1998
p. 214
MUMMY
Peter Traag
2005
pp. 102, 124, 183, 217, 232,
235, 249
Silvana Editoriale
Progetto e realizzazione Arti Grafiche Amilcare Pizzi Spa
Direzione editoriale Dario Cimorelli
Art Director Giacomo Merli
Redazione lingua italiana e inglese
Lorena Ansani
Progetto graficoMichele Bazzoni, Giacomo Merli
Impaginazione Michele Bazzoni
TraduzioniKaren Tomatis per Scriptum, Roma
Coordinamento organizzativoMichela Bramati
Segreteria di redazione Emma Altomare
Ufficio iconograficoAlessandra Olivari, Silvia Sala
Ufficio stampa Lidia Masolini, [email protected]
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Finito di stamparenel mese di marzo 2013