insonnia febbraio 2016

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L’11 dicembre c’è stato un incon- tro tra i vertici ILVA e le Orga- nizzazioni Sindacali territoriali e R.S.U. dello stabilimento di Rac- conigi. Oggetto dell’incontro è stata la focalizzazione dello stato attuale dell’ILVA ed in particolare del Sito di Racconigi. Dall’incontro è emerso che lo Sta- bilimento di Racconigi al momen- to è l’unico che non è coinvolto da Cassa Integrazione o da Contratto di Solidarietà almeno fino a fine marzo 2016. Insonnia n° 79 Febbraio 2016 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Racconigi, Giovani, Cambia- mento. Cosa sta accedendo a livello locale e globale da imporre a Insonnia di mettere sotto la lente di ingrandimento queste tre parole? A livello nazionale è approdata al senato la legge di riforma del terzo settore che prevede delle grandi novità per i nostri gio- vani con l’introduzione del ser- vizio civile universale. Grazie a questa riforma i giovani che vorranno dedicare un periodo della loro vita per un servizio di volontariato lo potranno fare con più facilità e in modo più organizzato. A livello locale nuovamente i GIOVANI sono protagonisti di un evento importante. Al compimento dei 18 anni sono invitati dal sindaco ad una ce- rimonia che ufficializza la loro entrata nel mondo degli adulti. Questo momento un tempo era sancito dalla leva militare ob- bligatoria, ora le istituzioni, in- sieme alle associazioni presenti sul territorio hanno inventato questo singolare RITO per in- vitare i “ NUOVI ADULTI” a prendere coscienza di ciò che accade con la maggiore età e a pensare ad una sorta di “restitu- zione” di quanto avuto in que- sti anni di vita, impegnandosi a fare qualche cosa per gli altri. A questo scopo le associazioni sono invitate a creare degli spa- zi di impegno per accogliere le nuove risorse e le nuove idee. Sapranno le associazioni ri- spondere adeguatamente a que- sta proposta? Riusciranno i giovani a dare delle risposte significative a queste sollecitazioni? Perché non si tratta di aderire o meno all’ennesima iniziativa che arriva dopo la scuola, lo sport, il tempo libero. Si tratta di una sfida ben più grande! Es- sere protagonisti di un “Cam- biamento”. segue pag. 16 Il punto della situazione in fabbrica LE NEWS DALL’ILVA DI RACCONIGI Per ora si lavora a pieno ritmo... di Alessandro Tribaudino, sindacalista ILVA VINCENZO GAMNA: L’ULTIMA REGIA Ricordi... di Bruno Crippa Rifiuti pag. 4 BRETELLA OVEST pag. 4 Servizio Civile pag. 8 Opinione TONINO GAI pag. 10 segue pag. 3 segue pag. 7 GIORNO DELLA MEMORIA Cronaca sentimentale di una serata da ricordare di Giancarlo Meinardi Valige sfatte sparpagliate sul pa- vimento, oggetti e ricordi di vite spezzate, i binari corrono verso la minacciosa macchia rossa taglia- ta da una svastica. Così il salone d’Ercole ci accoglie. Il silenzio è rotto dallo sferragliare di un tre- no. Di colpo siamo proiettati nel buio di un tragico passato. Poi la voce narrante, che ricor- da gli ultimi giorni di cui quei luoghi sono stati testimoni. Fine aprile 1945: le truppe d’occupa- zione tedesche e i fascisti di Salò abbandonano affannosamente la città e il castello, portando via con sé quello che possono, portando sopra di sé la responsabilità spa- ventosa di un genocidio che non può essere perdonato e non deve essere dimenticato. di televisione, non ho voglia di dor- mire. Cerco tra i libri e lo trovo: “De Senectute” di Norberto Bobbio. Sì, caro Vincenzo, grazie a te fra le altre bellezze, hai fatto sì che io conoscessi e leggessi tale libro a me sconosciuto e difficile, dopo che tu hai messo in scena il teatro con anziani e giovani di Racconigi. 31 gennaio 2016 Ogni volto, ogni gesto, ogni parola, ogni più lontano canto ritrovati, che sembravano perduti per sempre, Ti aiutano a sopravvivere. -Norberto BobbioDomenica notte. Da poche ore mi sono staccato da te in quella semplice bara chiara di faggio. Non ho voglia segue pag. 14

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Page 1: INSONNIA Febbraio 2016

L’11 dicembre c’è stato un incon-tro tra i vertici ILVA e le Orga-nizzazioni Sindacali territoriali e R.S.U. dello stabilimento di Rac-conigi. Oggetto dell’incontro è stata la focalizzazione dello stato attuale dell’ILVA ed in particolare del Sito di Racconigi.Dall’incontro è emerso che lo Sta-bilimento di Racconigi al momen-to è l’unico che non è coinvolto da Cassa Integrazione o da Contratto di Solidarietà almeno fino a fine marzo 2016.

Insonnia n° 79 Febbraio 2016 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Racconigi, Giovani, Cambia-mento.Cosa sta accedendo a livello locale e globale da imporre a Insonnia di mettere sotto la lente di ingrandimento queste tre parole? A livello nazionale è approdata al senato la legge di riforma del terzo settore che prevede delle grandi novità per i nostri gio-vani con l’introduzione del ser-vizio civile universale. Grazie a questa riforma i giovani che vorranno dedicare un periodo della loro vita per un servizio di volontariato lo potranno fare con più facilità e in modo più organizzato.A livello locale nuovamente i GIOVANI sono protagonisti di un evento importante. Al compimento dei 18 anni sono invitati dal sindaco ad una ce-rimonia che ufficializza la loro entrata nel mondo degli adulti. Questo momento un tempo era sancito dalla leva militare ob-bligatoria, ora le istituzioni, in-sieme alle associazioni presenti sul territorio hanno inventato questo singolare RITO per in-vitare i “ NUOVI ADULTI” a prendere coscienza di ciò che accade con la maggiore età e a pensare ad una sorta di “restitu-zione” di quanto avuto in que-sti anni di vita, impegnandosi a fare qualche cosa per gli altri. A questo scopo le associazioni sono invitate a creare degli spa-zi di impegno per accogliere le nuove risorse e le nuove idee.Sapranno le associazioni ri-spondere adeguatamente a que-sta proposta? Riusciranno i giovani a dare delle risposte significative a queste sollecitazioni?Perché non si tratta di aderire o meno all’ennesima iniziativa che arriva dopo la scuola, lo sport, il tempo libero. Si tratta di una sfida ben più grande! Es-sere protagonisti di un “Cam-biamento”.

segue pag. 16

Il punto della situazionein fabbrica LE NEWS DALL’ILVA DI RACCONIGIPer ora si lavora a pieno ritmo...di Alessandro Tribaudino, sindacalista ILVA

VINCENZO GAMNA: L’ULTIMA REGIARicordi...di Bruno Crippa

Rifiutipag. 4

BRETELLAOVESTpag. 4

ServizioCivilepag. 8

OpinioneTONINO

GAIpag. 10

segue pag. 3

segue pag. 7

GIORNO DELLA MEMORIACronaca sentimentale di una serata da ricordaredi Giancarlo MeinardiValige sfatte sparpagliate sul pa-vimento, oggetti e ricordi di vite spezzate, i binari corrono verso la minacciosa macchia rossa taglia-

ta da una svastica. Così il salone d’Ercole ci accoglie. Il silenzio è rotto dallo sferragliare di un tre-no. Di colpo siamo proiettati nel buio di un tragico passato.Poi la voce narrante, che ricor-da gli ultimi giorni di cui quei luoghi sono stati testimoni. Fine aprile 1945: le truppe d’occupa-zione tedesche e i fascisti di Salò abbandonano affannosamente la città e il castello, portando via con sé quello che possono, portando sopra di sé la responsabilità spa-ventosa di un genocidio che non può essere perdonato e non deve essere dimenticato.

di televisione, non ho voglia di dor-mire. Cerco tra i libri e lo trovo: “De Senectute” di Norberto Bobbio. Sì, caro Vincenzo, grazie a te fra le altre bellezze, hai fatto sì che io conoscessi e leggessi tale libro a me sconosciuto e difficile, dopo che tu hai messo in scena il teatro con anziani e giovani di Racconigi.

31 gennaio 2016“Ogni volto, ogni gesto, ogni parola,ogni più lontano canto ritrovati,che sembravano perduti per sempre,Ti aiutano a sopravvivere.-Norberto Bobbio”

Domenica notte. Da poche ore mi sono staccato da te in quella semplice bara chiara di faggio. Non ho voglia segue pag. 14

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insonnia2 Febbraio 2016

Così vicini, così lontanidi Luciano Fico

Il freddo che filtrava da fuori lo svegliò, ma rimase ancora lunghi minuti nel tepore del giaciglio notturno, accanto alla sua donna.Era comunque tempo di an-dare, non si poteva indugiare oltre.Si alzò, facendo piano, e si af-facciò sulla pianura battuta dal vento freddo del mattino: la grotta alle sue spalle, con quel buio umido di respiri e caldo di fuoco, era un richiamo ancora forte, ma ormai l’eccitazione per la caccia gli scorreva già nelle vene.Altre figure come la sua, or-mai coperte dal pelo più folto dell’autunno, si stavano muo-vendo nello spazio aperto da-vanti al loro villaggio scavato nella roccia. Si controllavano le asce di pietra, le frecce e le lance, anche i bastoni erano molto utili durante una battuta ed erano robusti e ben torniti.Con poche grida il gruppo dei cacciatori si riunì e cominciò la corsa a passo lento, ma costan-te, verso il fiume.Dalle grotte si affacciarono si-lenziose le femmine. In loro si muovevano emozio-ni contrastanti: la speranza in un pasto ricco per loro e per i loro cuccioli, ma al contempo la sottile paura dell’abbando-no che tagliava come un lama dentro il petto. Deglutendo la loro malinconia, iniziarono la giornata, raccogliendo legna per alimentare il fuoco e pre-parando i recipienti per andare a prendere l’acqua: i cuccioli

Centro diurno AlambiccoSONO SOLO UN’AUTISTAdi Paola Callegari

stavano serenamente appesi alle loro madri.I maschi trovarono, come sem-pre, vicino all’acqua numerosi animali di media taglia: ne sa-rebbero bastati un paio, o forse tre, per sfamare tutto il villag-gio.In silenzio circondarono la pri-ma bestia per poi scattare ful-minei: l’animale ferito riuscì a fuggire, ma divenne preda dopo un paio d’ore di insegui-mento.Era quello il momento più esaltante della caccia: la preda veniva squartata ed il sangue caldo bevuto da tutti. Quel li-quido rosso e vivo scendeva in gola, lasciando un senso di ebrezza ai giovani maschi. In quello stesso momento l’istinto predatorio invadeva completa-mente i loro corpi e si faceva prepotente anche il desiderio sessuale. La caccia terminava sempre con la ricerca di nuove femmine, che venivano rapite per portarle al villaggio, o an-che solo copulate sul posto se fosse stato troppo pericoloso portarle via.Le grida di vittoria dei giovani maschi attraversano la savana, portate dal vento.Le femmine, al villaggio, erano raggiunte da un fremito di pau-ra e si stringevano più forti ai loro cuccioli o tra di loro.Molte cose sono cambiate da-gli albori della vita umana ad oggi: pochissimo a dire il vero nel rapporto fra uomini e don-ne.

Quando Marghe mi ha detto “vuoi scrivere un articolo per insonnia sul tuo lavoro?”, io ho pensato “io? cosa posso mai dire io, sono solo un’autista!”....e poi ho inizia-to a pensare.A pensare a questo semplice la-voro di autista, semplice perché chiunque abbia la patente può far-lo, devi solo guidare, non servono anni di studio, di specializzazioni, lauree ma ci sei tu sul tuo furgone, la strada da percorrere, lo stare ne-gli orari, ecco questo fa un’autista.Ma c’è qualcosa che non quadra. Ho detto tutto e niente. Perché an-che un semplice lavoro c’è modo e modo di farlo, dipende da chi sei.Intanto io faccio l’autista ma non mi sento tale, proprio come non sento “passeggeri” le persone che trasporto, sì perché loro sono i “miei ragazzi”. Sono gli utenti del Centro Diurno Alambicco, li vado

a prendere alle loro case la mattina e li riporto la sera.I miei ragazzi sono disabili gravi e ogni giorno viaggiamo insieme.Tre anni fa cercavo lavoro, ero di-soccupata dopo una maternità, e l’ultimo lavoro che avevo fatto era l’idrochinesiologa a Torino, attivi-tà in piscina di acqua calda con di-sabili, sul benessere della persona e le abilità relazionali. Quando sono entrata all’Alambic-co ero proprio contenta perché ero di nuovo con i miei ragazzi.Io ci sto proprio bene e vorrei por-tarvi con me per vedere. Spesso si viaggia in silenzio, si perché loro non parlano, cioè non fanno di-scorsi, ognuno dice qualcosa nel-la sua lingua, parlando con chi sa chi. Tra noi poche parole ma tanto al-tro, tanti sguardi di affetto, di do-mande ma sempre occhi diritti nei miei. I miei ragazzi sono sinceri, e quanti sorrisi che mi fanno, sem-pre, ogni giorno, pioggia o sole non importa, i sorrisi non si rispar-miano, e a volte basta poco, un gesto, un’intesa, una situazione ri-dicola e ci facciamo grosse risate.I miei ragazzi li adoro, non farei l’autista per nessun altro; un dot-tore mi aveva chiesto di essere la sua autista privata perchè viaggia-va spesso in Torino, ma ho rifiu-tato senza pensarci due volte, non avrebbe avuto senso per me.Io credo che anche il lavoro più semplice e umile abbia grande importanza se quello che muove e mette in movimento sta lì, dalle parti del cuore.

“Così disse il ferro alla calamita: Io ti odio al massimo, perché attrai e non sei abbastanza forte da tirare a te.”(Così parlò Zarathustra – F. Nietzsche)

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insonnia 3Febbraio 2016

Sostenibilità ambientaleUN ORTO SANO, SALUTARE, ECOSOSTENIBILESolare Collettivo Onlus lancia una propostadi Anna Maria Olivero

La febbre da “orto” si è imposses-sata di un’ampia fetta d’italiani. La scelta di fare un orto può esse-re dettata da diverse motivazioni: autoprodurre frutta e verdura (così so cosa mangio) e ridurre la spesa alimentare; fare vero movimento fisico: vangare, zappare, ...; tra-scorrere qualche tempo in pace e armonia; ecc. La scelta di “lan-ciarsi” a fare un orto, è però una cosa che spesso viene “di pancia”, emotiva, di passione... E come tutte le cose fatte con passione, se non adeguatamente supportata, può portare a qualche “inghippo” e a volte anche alla “resa”. E allo-ra quando i lumaconi ci mangiano i nostri sedani appena piantumati o i pidocchi fanno strage dei nostri fagiolini corriamo disperati a pro-curarci i peggiori veleni cercando di dimenticare che è vero che ab-biamo salvato la nostra produzio-ne ma che insieme ai sedani e ai fagiolini ci mangeremo anche un po’ d lumachina e altri veleni.Solare Collettivo Onlus ha scelto

quindi di organizzare un primo corso “ORTOLANDO” come opportunità, a disposizione di tut-ti gli appassionati dell’orto, per incontrarci e condividere dub-bi, conoscenze ed esperienze per scoprire tutti i segreti della colti-vazione biologica e permettere quindi di ottenere un orto eccel-lente, salutare e sostenibile senza l’utilizzo di pesticidi e concimi chimici, dannosi come ben sap-piamo per il pianeta e dannosi allo stesso tempo anche per la nostra stessa salute. Il corso, si terrà a Racconigi nei locali “LA CASA DI EUGENIO”, via Fiume 22, presso l’ex ospedale neuropsichiatrico. Interverranno: Davide Mondino di Cuneo, Dottore agronomo esperto in difesa e nutrizione delle colture; Patrizio Michelis di Ceva, tecnico agrario esperto di biodinamica e piante officinali; Lucio Martino, Dottore agronomo esperto di agri-coltura biologica e biodinamica.Sono previsti quattro incontri e

un’uscita sul territorio.1° INCONTRO - venerdì 4 Mar-zo 2016 - ore 20.30-22.30Uso sostenibile dei pesticidi: le al-ternative biologiche e naturali. 1° parte. Relatore: Dr. Agr. Davide Mondi-no2° INCONTRO - venerdì 11 Marzo 2016 - ore 20.30-22.30L’agricoltura biodinamica negli orti casalinghi. Relatore: Sig. Patrizio Michelis 3° INCONTRO - venerdì 18 Marzo 2016 - ore 20.30-22.30Uso sostenibile dei pesticidi: le al-ternative biologiche e naturali. 2° parte. Relatore: Dr. Agr. Davide Mondi-no4° INCONTRO – giovedì 7 Apri-le 2016 - ore 20.30-22.30Presentazione esperienza di agri-coltura biologica Relatore: Dr. Agr. Lucio MartinoUSCITA SUL TERRITORIO: nei mesi di Aprile/Maggio (quan-do la produzione comincerà ad es-

sere consistente) Lucio Martino e Paola Gradoni ci faranno conosce-re la loro azienda “Cascina Rosa” a Caraglio dove dal 1987 si pratica l’agricoltura biologica e dal 2013 l’agricoltura biodinamica.Ai partecipanti sarà richiesto un contributo di 10 euro al momento dell’iscrizione.Per informazioni potete telefonare ad Anna Maria (cell. 3482820151) oppure scrivete una e-mail a: [email protected]

Il Sito di Racconigi conta attualmente 160 dipendenti tra impiegati e operai e le previsioni prevedono un incremento del 25% della produzione per il 2016, il che comporta il ricorso allo straordi-nario già da alcuni mesi.Nell’incontro è emerso però, con gran-de stupore dei partecipanti, che è stato demandato ai Commissari Straordinari che reggono l’Ilva di elaborare un ban-do per la messa in vendita o in affitto del Gruppo entro il 30 giugno 2016.Questo bando, peraltro scritto mol-to rapidamente, non contiene nessun tipo di garanzia né da un punto di vista produttivo né occupazionale, cosa da non sottovalutare è che non prevede in maniera esplicita il divieto di uno spezzatino cioè la vendita separata di singoli Stabilimenti, cosa non gradita ai lavoratori e non solo. Poi si limita a imporre all’acquirente una generica continuità produttiva senza specificare i volumi oggetto di questa continuità e per ultimo, ma cosa più delicata di

tutte, parla di “adeguati livelli occupa-zionali”.Il bando concede alle imprese interes-sate 30 giorni per farsi avanti dal 10 gennaio 2016 fino alle ore 18:30 del 10 febbraio.Il susseguirsi degli eventi ha fatto sì che al momento il Gruppo Ilva sia senza un Direttore Generale: Massimo Rosini ha rassegnato volontariamente le dimissioni in quanto è cambiato, nel frattempo, lo scenario per il quale un anno fa era stato chiamato a lavorare; in seguito alla nomina di Marco Pucci, nominato dai Commissari Straordina-ri, lasciava l’incarico di Direttore Ge-nerale, preferendo aspettare l’esito del ricorso in Cassazione sul processo che lo ha visto condannato per il tragico in-cidente alla Thyssen di Torino.E come se non bastasse, ora dopo le dimissioni di Massimo Rosini e Marco Pucci sono arrivate anche le dimissioni del Direttore Commerciale Maurizio Munari.La sua permanenza all’ILVA è durata Quattro mesi.Munari che proveniva da F.C.A (Fiat Chrysler Automobiles) è un menager venuto all’ILVA per rilanciare l’azien-da, riportarla sul mercato e riacquista-re i clienti persi come F.C.A., Snam e Crown.Anche lui lascia perché sono cambiate le condizioni per le quali aveva accet-tato l’incarico.L’avvicendarsi così repentino dei ver-tici crea un ulteriore disagio nel qua-dro generale che provoca confusione,

LE NEWS DALL’ILVA DI RACCONIGIIl punto della situazione in fabbrica segue dalla prima

dubbi e preoccupazione sulla modalità e sulla gestione di questa fase.Legge di Stabilità 2016489. L’organo commissariale di ILVA S. p.a., al fine esclusivo dell’attua-zione e della realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell’impresa in amministrazione straordinaria e, nei limiti delle disponibilità residue, di in-terventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in ma-teria, è autorizzato a contrarre finan-ziamenti per un ammontare comples-sivo fino a 800 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato.La U.E. vuole valutare la legittimità del prestito, verificando che sia utiliz-zato per opere di risanamento e bonifi-che ambientali e non per altri motivi,

anche se la storia insegna che proprio la U.E. abbia permesso aiuti di Stato alle Imprese Siderurgiche Europee nel 60% dei casi.Per prime le Imprese Tedesche: su 34 casi di richieste di aiuti per Imprese si-derurgiche, 19 sono andati a buon fine.Gli aiuti sono stati accordati, princi-palmente ma non solo, per protezione ambientale (periodo 2002-2012). In base a questo studio si capisce che in Europa si usano due pesi e due misure.In conclusione, in tutta questa confu-sione ai lavoratori resta una sola cer-tezza, che chiunque vorrà avere a che fare con loro dovrà tenere presente che difenderanno con ogni mezzo il diritto al lavoro e alla dignità. Il 10 Febbraio è previsto uno sciopero di 8 ore con un corteo che partirà dallo stabilimento fino al comune dove una delegazione incontrerà il sindaco Brunetti.

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insonnia4 Febbraio 2016

Arrivato dopo vent’anni l’OK alla realizzazione della “bretella ovest”, questo l’annuncio dato dalla Stam-pa e dai giornali locali all’inizio di gennaio. L’operazione è diventata possibile grazie alla nuova legge fi-nanziaria che ha sbloccato le opere pubbliche già finanziate e permette alla Provincia (o quello che rimane della loro sbandierata eliminazio-ne) la sua costruzione. La “bretella ovest”, come ricorderete, è il “Rac-cordo della strada regionale 20 col-le di Tenda con la strada provinciale per Casalgrasso in Comune di Rac-conigi”, pensata nella seconda metà degli anni ’90 per spostare il traffico pesante dal Borgo Macra. Costo previsto per l’opera: 3,5 mi-lioni di euro finanziati per la mag-gior parte dalla Regione e per una piccola parte dalla Provincia e dal Comune. Ma i cittadini di Racconigi hanno motivo di esultare? Penso di no, per tanti motivi. Di acqua ne è passata sotto i ponti! Cavallerleone ha costruito un ponte e una strada (a sue spese) che hanno permesso di posizionare una segna-letica che devia il traffico pesante dal centro di Racconigi e quindi, di fatto, il problema del traffico pesante nel Borgo Macra che giustificava la “bretella ovest”è stato risolto, ma la nostra Amministrazione sembra non essersene accorta. Come racconi-gese che crede che l’attenzione alla salute e alla qualità della vita di tutti i cittadini e la sostenibilità dello svi-

luppo del territorio dovrebbero esse-re la priorità di ogni Amministrazio-ne, ritengo, oggi, ingiustificata la sua costruzione. Più volte ho espresso, su questo giornale le ragioni dell’i-nutilità di questa strada. Oggi ho una ragione in più. Oggi in-fatti è stata dimostrata la nocività per la salute umana della presenza delle “particelle sottili” nell’aria. Queste particelle hanno origine dai proces-si di combustione (gas di scarico di veicoli, processi industriali, ri-scaldamento domestico, ecc.), sono trasportate ovunque dal vento anche a lunga distanza, penetrano negli ambienti chiusi e si depositano nel suolo agricolo come sul manto stra-dale. Il traffico automobilistico oltre a generarle, concorre ad alzare que-ste polveri, che inalate dai passanti possono raggiungere le diverse parti dell’apparato respiratorio generando un aumento generale dei problemi di salute (soprattutto nei soggetti più deboli, come i bambini e gli anziani) e una maggiore incidenza di malattie cardiocircolatorie, patologie respira-torie e tumori.Negli ultimi mesi i mezzi di infor-mazione hanno dedicato grande spazio a questa emergenza e abbia-mo visto le varie Amministrazioni obbligate ad attivarsi con interventi ad hoc per ridurre/sospendere il traf-fico veicolare nei centri abitati con notevole disagio per la popolazione e sovente scarsi risultati. Più volte è stato ribadito che il problema non

BRETELLA OVESTMa i racconigesi esultano?di Anna Maria Olivero

può essere affrontato con interventi estemporanei, ma richiede un cam-biamento nelle politiche di gestione del territorio da parte delle Ammini-strazioni e di tutti gli Organi depu-tati a questo ruolo. E a Racconigi, cosa si fa per pianificare il territorio e affrontare il problema delle pol-veri sottili? Si costruisce una inutile bretella che sposta il traffico pesan-te (una delle cause della formazio-ne delle particelle sottili), al di qua della barriera naturale costituita dal Maira e dai suoi argini alberati, su una strada che corre parallela all’a-bitato. Il Borgo Macra non esulti, non sentiranno più il rumore e le vi-brazioni determinate dal passaggio dei camion e dei tir, ma le particelle sottili si spostano nell’aria e arrive-ranno anche a loro e ai loro figli!E’ vero alcuni mezzi pesanti, conti-nuano a passare nella piazza Castel-lo e nel Borgo Macra, ma non sarà la costruzione di una nuova tangen-ziale ad evitarne il passaggio, se non

una maggiore attenzione e presenza degli organi deputati a sanzionare i comportamenti inadeguati.La nostra Amministrazione, se dav-vero ci tiene alla salute dei racconi-gesi, dovrebbe rinunciare a questo inutile intervento e finalmente con-centrare attenzione e risorse alla costruzione dell’ultimo tratto di via Caduti Partigiani Racconigesi, la strada che collega la zona del “cam-po sportivo” al piazzale vicino al nostro ponte sul Maira. Tutto il traf-fico relativo al complesso costruito vicino al palazzetto e ai pullman che arrivano al centro sportivo e al Ca-stello potrebbe essere così deviato dal Borgo Macra. Sarebbe l’occa-sione per riqualificare tutta la via-bilità di quella zona con particolare attenzione ai bambini e agli anziani. E’ ora che la qualità della vita, la sa-lute dei racconigesi e la sostenibilità dello sviluppo di un territorio diven-tino una priorità per questa Ammi-nistrazione!!!

RifiutiMa allora è vero: si risparmia!!!Nuove risorse dal successo della differenziataa cura di Pino TebanoInteressanti i numeri di poco più di un anno della nuova raccolta diffe-renziata, voluta con determinazione dal delegato all’ambiente Luca Mei-nardi, con il supporto progettuale e la spinta della Consulta all’ambiente.Diciamo la verità all’inizio pochi si aspettavano un risultato così impor-tante, solo alcuni sostenevano che la spesa da mettere in bilancio sarebbe stato un investimento a breve termi-ne con ottimi ritorni economici per i conti del comune.Si tratta di un risparmio, al netto del-le spese di promozione e per i sac-chetti, che sfiora i 53000 euro.Questa cifra è strutturale rispetto al passato, il che vuol dire mediamente 50/60000 euro in più all’anno da uti-lizzare in bilancio per altre attività; ovviamente sarebbe opportuno che una parte venisse reinvestita in nuovi progetti.Se guardiamo i numeri, che ci sono stati forniti nel corso della confe-renza stampa del 2 febbraio, abbia-

mo risparmiato ben 103000 euro di conferimenti in discarica (meno 48% rispetto all’anno precedente) e abbiamo aumentato i contributi che riceviamo per plastica e carta di circa

15000 euro, ma la cosa importante è che c’è una leggera diminuzione complessiva (6,9%) della produzio-ne dei rifiuti pro-capite. Complessi-vamente ci attestiamo su una media annuale di differenziata del 72,4%,con questa base si aprono nuove op-portunità per l’inserimento di ulte-riori iniziative che potranno miglio-rare i conti e diminuire le spese. Su questo versante un intervento che deve essere affrontato è quello del-la diminuzione della frazione umi-da che viene conferita al servizio di raccolta, già perche l’umido si paga, anche se meno dell’RSU, e si può sensibilizzare maggiormente la cit-tadinanza ad una suo smaltimento in orti e giardini, cosa che in parte già avviene e chi lo fa ha già uno sconto sulla Tari.....e se lo si proponesse an-che per gli alloggi nei condomini??? I metodi ci sono e invito chi volesse approfondire a visitare i siti che se-gnalo in calce, ovviamente anche per questi cittadini sconto sulla Tari.

Sul versante dell’attenzione ai con-trolli abbiamo appreso che sono sta-te comminate multe per circa 4000 euro e hanno contribuito anche cit-tadini di Carmagnola, in trasferta a Racconigi, per i loro abbandoni di RSU “Firmata” sul nostro territorio. Per concludere è stato annunciato il posizionamento di una ventina di dispensatori di sacchetti per la popò dei nostri amati amici a 4 zampe, così non avremo più la scusa che non avevamo il sacchetto per racco-glierla.A questo proposito io lancerei un concorso fotografico per chi riesce a fare l’istantanea dell’atto e l’abban-dono sul suolo pubblico del “mal-loppo” con il nostro amico a 4 zam-pe che viene tirato via velocemente dal suo padrone.......gesto che merità di essere immortalato e chissà che qualcuno non riconosca l’autore.Ultima notizia il 5 marzo, nella chie-sa di Santa Croce, al pomeriggio proiezione del film “Meno 100 Chi-li” ricette per la dieta della nostra pattumiera.

www. Meno100Kg.itwww.compostiamocibene.it/compo-staggio-domestico/www.econote.it/www.youtube.com/watch?v=wZ-sn8Ifu91k

Page 5: INSONNIA Febbraio 2016

insonnia 5Febbraio 2016

Quando avete aperto?Il 5 settembre, un po’ prima della festa patronale!Come siete giunti all’idea di aprire il bar, tu Stefano cosa fa-cevi prima?Dopo il diploma all’Alberghiero e dopo il servizio militare …… perché di che anno sei?Sono del ’78, il servizio militare era ancora obbligatorio per la mia leva; dopo, come dicevo, sono andato a Londra dove ho lavorato come cameriere al bar dell’Hilton per due anni…Beh, una bella e grande espe-rienza?!Sì, senz’altro anche perché è un mestiere che mi è sempre piaciuto fare. Tornato in Italia, ho cono-sciuto Letizia e ho iniziato a lavo-rare nei trasporti con mio suoce-ro. Due anni fa, avendo interrotto l’avventura dei trasporti, Letizia ed io abbiamo iniziato a pensare a qualcosa di più vicino ai miei interessi e, ovviamente, ci siamo indirizzati verso questa attività.Avete fatto dei corsi?No, grazie al mio diploma avevo le credenziali per aprire subito… e devo dire che, poiché il bar caf-fetteria è stata da sempre la mia passione, ho sempre desiderato gestirne uno per mio conto!Già, su facebook vedo delle bel-lissime immagini di caffè con dei bei disegni…Sì, mi diverte fare i disegni sul-la schiuma del caffè e quando ho tempo mi piace fotografarli e pub-

blicarli su facebook.Quali rapporti avete con la con-correnza?Buoni, ognuno ha la sua pecu-liarità… noi ad esempio, oltre al servizio bar, visto che in questo

locale già precedentemente c’e-ra un’enoteca, abbiamo scelto di tenere i vini, aggiungendo la parte di somministrazione. Ho fatto un’accurata scelta dei vini e credo di aver raggiunto dei buoni risultati di qualità, considerata la grande richiesta di vini, da parte dei nostri clienti, anche come ape-ritivi.Abbiamo anche i vini sfusi, qui da noi si può venire a riempire una bottiglia di vino rosso, barbera e dolcetto, è un vino buono da pa-sto (proviene da una cantina di Pocopaglia che ha le vigne vici-no ad Alba), ma anche riempire una bottiglia di ugualmente buon vino bianco. Abbiamo inoltre dei Nuovi Franciacorta magnum di nebbiolo e barbera, o prosecco di

Valdobbiadene e Treviso doc…Vedo in mostra varie confettu-re, dolciumi, cioccolati…Di recente abbiamo aggiunto al-cuni prodotti del territorio come il miele, marmellate fatte in casa,

succhi bio Pian della Mussa, mais macinato a pietra, nocciole, sem-pre provenienti dalla Cascina del-le Grazie di Pralormo, cioccolato di Mandrile e Melis di Fossano prodotti con cui, insieme ai vini, abbiamo confezionato i cestini di Natale.Per quanto riguarda il servizio bar, offriamo cornetti freschi che io stesso, tutte le mattine, vado a prendere dai fornai di Racconigi. Siamo anche in grado di servire colazione per celiaci in quanto abbiamo prodotti senza glutine come la bevanda d’orzo bio e no OGM, cioccolata ugualmente senza glutine e no OGM, caffè ginseng senza glutine…Letizia è nuova a questo lavoro?Letizia, che oggi non c’è perché

Caffetteria Enoteca ScudieroSeduti al déhors con vista sul castello a cura di Anna Simonetti

L’Italia è una RepubblicaDemocratica, fondata sul

LAVORO(Art. 1 Costituzione)

IL LAVORO CHE C’È ... IL LAVORO CHE NON C’È

Inchiesta locale sul lavoro nell’ epoca della crisi globale

abbiamo la bambina con la feb-bre, sta imparando e poi lei ha avuto per molti anni la profume-ria, quindi ha esperienza di rap-porti con il pubblico… poi c’è Gaia, la nostra figlia, anche lei sta imparando e, ovviamente, ci è di grande… aiuto!Che programmi avete per il fu-turo?Beh, per ora vogliamo affermarci con questo bar Caffetteria Enote-ca, poi chissà, vedremo…Qual è il vostro pubblico?Molto vario, a secondo dell’ora: mamme e bimbi al mattino per la colazione, al primo pomerig-gio ragazzi sotto i 18 anni. All’o-ra dell’aperitivo sono persone di media età, il nostro è un ambiente tranquillo che ovviamente piace ad un certo tipo di persone.Fate pranzo?No, perché non ci hanno dato l’autorizzazione per cucinare, quindi forniamo panini, ma anche

taglieri di formaggi, di salumi, in-salate…Potreste dare dei primi precotti?Sì, ma abbiamo scelto di non te-nerli, di puntare su piatti freddi come i taglieri che hanno molto successo specialmente fra i turi-sti: seduti al déhors con vista sul castello, su una bella piazza… Giova avere una bella piazza?Oh, sì a noi piace molto la piaz-za e sicuramente anche ai turisti che volentieri si siedono e, mentre gustano formaggi e salumi, guar-dano e ammirano il castello....e il Bicerin dello Scudiero cosa è? E’ un caffè speciale, potrei de-scrivertelo… ma è meglio assag-giarlo e gustarlo seduti al tavoli-no…!

Come tutti i mesi consegno i giornali alla Caffetteria Enoteca Scudiero e mentre sono già sulla porta, Letizia che insieme al marito Stefano gestisce il bar, mi dice «… abbiamo letto l’intervista ad Irene per la “Piccola Cucina” di Migliabruna, hai voglia di farla anche a noi per il nostro bar?». Eccomi al lavoro!

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insonnia6 Febbraio 2016

a cura di Guido Piovano

rità, Onestà e maturità, Rispetto e umiltà, Doviziosità e attenzione, Impavidità e prontezza, Affidabi-lità e sobrietà.Le donne nella chiesaNella lavanda dei piedi del giovedì santo, i vescovi potranno lavare i piedi anche alle donne! Per alcuni “un piccolo gesto con un grande significato simbolico”. Una grande novità, una vera rivoluzione. Ma per favore…!A me sembra che il ritardo della chiesa nei confronti delle donne, non possa ritenersi superato con questo gesto. Ben altri cambia-menti sono doverosi. Le donne meritano di condividere nella chie-sa ministeri e responsabilità ben maggiori.Unioni civili Queste alcune delle parole del papa: “Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”, e ancora “la Chiesa può mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove del-la vita, e insieme proclamare l’ir-rinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio. Questo servizio è affidato primariamente al papa e ai vescovi”.E’ chiaro cosa intende sul tema Bergoglio: le coppie omosessuali vivono nel peccato, ma se si pen-tono incontreranno la grande mi-sericordia di Dio per tramite della sua chiesa! Trovo tutto ciò lontano mille miglia da quanto la scienza ha scoperto negli ultimi decenni sull’omosessualità. Si chiede il teologo Vito Mancu-so (Repubblica 23 gennaio): “Che cosa vuol dire che «il nome di Dio è misericordia» per chi nasce omo-sessuale?”.

Questi flash su papa Francesco di-mostrano come la genuina spinta del papa verso gli ultimi, i poveri, gli emarginati che ha portato una ventata di spirito evangelico nella chiesa, accolta dal popolo di Dio come segnale di inclusione, acco-glienza e misericordia venga meno non appena incontra la sessualità, il ruolo della donna, le regole in-crollabili della chiesa stessa. Su questi terreni purtroppo France-sco si rivela un conservatore e agi-sce per quello che è.

UNA SEGNALAZIONE

Elvio Fassone “Fine pena: ora” Sellerio editore, 2015, 210 p., € 14,00.Non è un romanzo, né un saggio sulle carceri, è invece una storia vera: 26 anni di corrispondenza tra un ergastolano e il suo giudice. Scrive l’Autore: «All’inizio della storia c’è qualcosa che l’ha mes-sa in moto, qualcuno che ha pro-nunciato la condanna di Salvatore all’ergastolo… Ebbene, l’uomo che ha segnato la sua vita e poi, in qualche misura, lo ha accompa-gnato per ventisei anni, sono io».Elvio Fassone, nato a Pinerolo nel 1938, magistrato di Cassazione, pretore in Pinerolo, giudice del tri-bunale di Torino, consigliere della Corte d’appello di Torino, presi-dente della Corte di Assise di To-rino, dal 1990 al 1994 membro del Consiglio Superiore della Magi-stratura e dal 1996 al 2006 Senato-re della Repubblica, ha diretto, tra gli altri, processi sulle grandi frodi petrolifere degli anni ottanta e il maxi-processo alla mafia catanese negli anni 1987-88.

Gli zanzarini sono in-setti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

La mattina inforco la bicicletta e imbocco la pista ciclabile che arriva al centro cicogne. Il sole è già alto, l’aria comincia a intie-pidire ed è piacevole pedalare, probabilmente non sono l’unico a pensarlo perché c’è altra gente sulla pista.Poi, in tarda mattinata torno in paese, devo fare un po’ di spesa. Nel piazzale di fronte alla coope-rativa del Gigante un’auto cerca

parcheggio. Sono tutti occupati, salvo quello riservato ai disabili. Rallenta, sembra esitare, poi passa oltre e va a cercare spazi liberi da qualche altra parte.Poi mi prende voglia di un caffè. Nell’area pedonale di piazza Vit-torio Emanuele, piazza Roma e piazza S. Giovanni alcune/i non-ne/i parlano tra loro lanciando ogni tanto un’occhiata ai nipotini che corrono liberi inseguendo i

piccioni che s’involano e si posa-no un pochino più in là. C’è gen-te in giro, a quest’ora. Gente che chiacchiera nelle piazze, seduta ai dehors dei bar, a passeggio sotto i portici, a piedi o con la bici per mano.Poi passo in via Priotti, tempora-neamente chiusa al traffico auto. Gruppi di giovani studenti escono da scuola e camminano o pedalano verso casa sotto lo sguardo protet-

CATTOLICI E LIBER-TA’ DI PENSIERO

Recentemente, una trentina di par-lamentari PD hanno espresso dis-senso, “in quanto cattolici”, nei confronti della maggioranza del partito sulla proposta di legge rela-tiva alle unioni civili. Legittimo, sia intervenire nel dibattito pubblico sia dissociarsi da una maggioranza, ma perché motivare questo dissen-so con l’essere “cattolici”, come se il mondo cattolico fosse un’entità omogenea che non pratica il plura-lismo?E’ finito il collateralismo tra fede e politica, il partito dei cattolici non esiste più, ma per qualcuno non è finito il tempo del pensiero unico cattolico.Scrive la Segreteria Nazionale delle Comunità Cristiane di Base: “Avremmo preferito che quei par-lamentari si definissero come liberi e responsabili cittadini, o semmai, come “alcuni cattolici”, senza er-gersi a titolari di un diritto di rap-presentanza dei credenti italiani, di-menticando che ci sono moltissimi cattolici che, anche in fatto di unioni civili, la pensano in modo radical-

mente diverso da loro. Dietro questa pretesa se ne cela un’altra, quella di poter e dover veicolare nel mondo politico le posizioni espresse dalla maggioranza della gerarchia catto-lica”. La responsabilità di ciascuno nella politica deve essere guidata dalla coscienza personale e non deve ne-cessariamente sottostare alle diret-tive dell’autorità ecclesiastica, né cercare di acquisire meriti di fronte ad essa. Nel calcio, si parlerebbe di “sudditanza psicologica”…

PAPA FRANCESCO

MisericordiaLa M.I.S.E.R.I.C.O.R.D.I.A. è al centro del ministero del Papa, alla misericordia Francesco ha dedicato, oltre al Giubileo, il libro “Il nome di Dio è Misericordia”. Prima di Natale, poi, il papa ha coniato un acrostico degno di Bar-tezzaghi, il più noto dei “parolai” italiani. Eccolo:Missionarietà e pastoralità, Ido-neità e sagacia, Spiritualità e umanità, Esemplarità e fedeltà, Razionalità e amabilità, Innocui-tà e determinazione, Carità e ve-

Cronache racconigesitivo dei nonni vigili. Alcuni (i ragazzini, non i nonni) sembra-no affamati, mangiano qualcosa e buttano le cartacce nei cestini. Sulla strada non ci sono cartacce, non ci sono cicche di sigarette, non ci sono cacche di cane.Poi … poi sento la suoneria dell’orologio e mi sveglio.

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insonnia 7Febbraio 2016

GIORNO DELLA MEMORIACronaca sentimentale di una serata da ricordaredi Giancarlo Meinardi

Poi la cappella reale, l’immagine della Principessa Mafalda sposa, il ricordo della storia tragica di questa donna di sangue reale che, per uno dei tanti paradossi del destino, paga per colpe non sue ma della famiglia da cui proviene, morendo in un la-ger.Al termine del breve ma intenso percorso la sala cinema ci accoglie a stento. Piena come un uovo, la gente che ascolta attenta la narra-zione che continua. Storie di donne, la cui vita si è intrecciata con quella

di Racconigi.Storie drammatiche, di donne ingo-iate dall’olocausto, persone comuni come chi questa sera si è ritrovata in questa sala, che mai avrebbero pen-sato che il male le potesse travolge-re. A chi la implorava di nasconder-si e fuggire Marietta rispondeva che non ce ne era bisogno, non veniva-no per lei, lei non aveva mai fatto male a nessuno; vennero a prendere lei e la figlia Mirella, scomparvero entrambe insieme a tanti altri nell’a-bominio dei lager nazisti.

Storie drammatiche, di donne salva-te, Ada e la figlia Adele, nascoste tra le mura di quel luogo di dolore che è stato il “manicomio”. Salvate dal coraggio di altre donne che non si sono voltate dall’altra parte facendo finta di niente. Ci voleva coraggio a proteggere gli ebrei, si rischiava il bene più prezioso, la vita. Molti l’hanno avuto, anche a Racconigi.Ho sentito parole intense quella sera, parole vere, da parte di tutti coloro che hanno parlato. In parti-colare quelle con cui suor Giuliana

chiude il suo intervento lanciando una sfida: trasformiamo il giorno della memoria nel giorno delle me-morie. Le memorie per i genocidi e le tragedie umane del passato, ma anche di questo tormentato presen-te. Un presente fatto di persone che fuggono le violenze e la minaccia per la loro vita, respinte alle fron-tiere oltre le quali sta la salvezza, bambini per mano, valige piene delle cose della vita di ogni giorno. Oggi come allora. Oggi come allora si può cercare di fare la propria par-te oppure voltarsi dall’altra parte.A sentire la gente che ha parteci-pato, una serata riuscita. Peccato che la sala cinema non ne potesse contenere di più. Ad essa è seguita, nei due giorni successivi, la parte-cipazione delle scuole racconigesi al percorso emozionale allestito in castello. Una serata da ricordare, grazie al fondamentale contributo di Proget-to Cantoregi che ha curato il sug-gestivo allestimento; alla collabo-razione della direzione del castello, che ha avuto il coraggio di portare per la prima volta dentro una reg-gia sabauda un tema spinoso per le responsabilità storiche della casa Savoia (leggi razziali, 8 settembre); alla partecipazione non solo forma-le dell’amministrazione comunale; al supporto dei giovani di Tocca a noi.E al lavoro del comitato Racconige-si per il castello. Per loro, un primo passo per ricostruire concretamente il legame storico tra castello e Rac-conigi.

EXODUS 2016di Anna Simonetti

Domenica 24 gennaio, pigramen-te sdraiata davanti alla tv, navi-gando da un programma all’altro, mi fermo, come al solito, su Rai storia, c’è la fiction Exodus, nar-ra la storia di Ada e Enzo Sereni, ma soprattutto l’impegno di Ada nel trasportare dall’Europa in Pa-lestina, tra il 1945 e il 1948, 25 mila ebrei scampati ai lager nazi-sti. Sono giovani, anziani e bam-bini che non vogliono più tornare a vivere nei paesi dove ha avuto inizio il loro calvario.Ada Sereni insieme ad una qua-rantina di ebrei, dalla Germania prima in treno, poi a piedi nella neve e nel freddo, finché non rie-sce a recuperare un camion, cerca di raggiungere dal versante sviz-zero il confine con l’Italia. Ma proprio lì, al confine, quando le peripezie sembrano ormai fini-te, vengono fermati dal presidio inglese: possono entrare solo gli italiani, quelli provenienti da altri

paesi non passeranno perché gli inglesi si sono impegnati a conte-nere l’esodo degli ebrei in Pale-stina di cui hanno il protettorato.Ecco, immagini di uomini, donne, bambini che vanno su per sentieri di montagna sotto la neve, fatica-no, qualcuno si ferma sotto un al-bero per aspettare finalmente una morte liberatrice, i bambini sono in braccio ai più forti, imbacuc-cati con coperte, sciarpe e berret-ti… ma queste immagini le ho già viste, proprio oggi, al telegiorna-le… c’era la neve, anzi nevicava, i bambini erano per mano ai ge-nitori, alcuni in braccio avvolti nella coperta, i genitori affannati e stravolti dalla fatica, vogliono raggiungere un paese in pace. Sono i profughi della guerra, ven-gono da paesi dove da anni vivo-no sotto i bombardamenti, hanno subito violenze, hanno sofferto la fame, visto morire i figli, i geni-tori per le bombe, per le violenze,

in mare… ma anche loro trovano filo spinato, muri, polizia che li ferma, che non li fa passare!Che dolore queste immagini, un bimbo morto sulla spiaggia qual-che mese fa ha commosso tutto il mondo… civile (?), mai più, mai più… nel 2015 sono morti anne-gati 185 bambini, alcuni di pochi mesi! a gennaio in un naufragio

ne sono morti 17! Dal 2010 ad oggi i morti o dispersi sono 3.811!Passeranno 10, poi 20, poi 30 anni e ci sarà chi ricordando questo ge-nocidio, condannerà che non si sia evitato… come si è fatto per quel-lo armeno, per il genocidio del Ruanda, della Bosnia Erzegovina, quello del Darfur, Sierra Leone, Libano ... mai più, mai più!?

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insonnia8 Febbraio 2016

Riforma del Terzo settore A livello nazionale la riforma del terzo settore è ferma al Senato ormai da diversi mesi mentre a livello locale si parla ai giovani di volontariato e servizio civiledi Giacomo Castagnotto

Era Aprile del 2014 quando Matteo Renzi annunciò al Festival del Vo-lontariato di Lucca una leggeDelega per la Riforma del Terzo set-tore, dell’impresa sociale e del ser-vizio civile. Un annuncio fatto con l’entusiasmo di chi da mesi e ben prima di diventare premier, diceva che “il Terzo settore in realtà è il primo”. Un annuncio fatto con que-ste parole: «Voi siete un pezzo della scommessa culturale ed educativa, voi siete un pezzo della risposta an-che occupazionale in questo Paese, per questo siamo attenti anche alla riforma dell’impresa sociale».In altre occasioni ha affermato di fronte alle associazioni di volonta-riato:«Questa Riforma non è un tributo o un omaggio al mondo dei buoni ma un pezzo di futuro dell’Italia. E nel futuro dell’Italia il Terzo settore ha un posto centrale».Ma oggi a che punto è il processo di approvazione di questa legge e di cosa parla esattamente?Il testo ebbe all’inizio un percorso interessante perché venne discussa in decine di assemblee e incontri, una vera e propria consultazione po-polare online alla quale parteciparo-no 1016 soggetti tra associazioni di volontariato e enti del terzo settore. Venne poi passato alla Camera il 22 agosto 2015 per approdare succes-sivamente al Senato in cui è tuttora bloccata, sommerso da emendamen-ti e lungaggini istituzionali. Un tem-po veramente troppo lungo.Un tempo sufficiente per disperdere ogni entusiasmo riformatore tra le

organizzazioni che hanno comincia-to a guardare al percorso parlamen-tare con molto scetticismo.Un vero peccato in quanto questa legge rappresenterebbe un grande riforma nel mondo del Terzo settore, dell’impresa sociale e del Servizio civile universale. Sono questi infatti i tre ambiti in cui opera questa riforma.In particolare sul servizio civile uni-versale la legge prevede tra gli altri i seguenti criteri direttivi: A) istituzione del servizio civile uni-versale finalizzato alla difesa non armata, attraverso modalità rivolte a promuovere attività di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza at-tiva, tutela e valorizzazione del pa-trimonio culturale, paesaggistico e ambientale della nazione e svilup-po della cultura dell’innovazione e della legalità nonché a realizzare un’effettiva cittadinanza europea e a favorire la pace tra i popoli.B) previsione di un meccanismo di programmazione, di norma trienna-le, dei contingenti di giovani di età compresa tra 18 e 28 anni che pos-sono essere ammessi al servizio civi-le universale e di procedure di sele-zione e avvio dei giovani improntate a princìpi di semplificazione, tra-sparenza e non discriminazione;C) riconoscimento e valorizzazione delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio civile universale in funzione del loro uti-lizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo.Questa riforma potrà dare un nuovo slancio al servizio civile che aveva

Cos’è il Servizio Civile NazionaleIl servizio civile nazionale è quell’esperienza giovanile di un anno di impegno, nel servizio e nella formazione, aderendo a progetto presso un ente, in Italia o all’estero, scelto nei campi dei servizi a persone in situazioni di disagio, dell’educazione, dell’ambiente, storico-artistico, culturale e della protezione civile.Il servizio civile nazionale è rivolto a tutti i giovani, uomini e donne, dai 18 ai 28 anni.Il servizio dura 12 mesi, con almeno 30 ore settimanali di impegno. Si accede tramite Bando nazionale, pubblicato (quasi) ogni anno dal Di-partimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale e dalle Re-gioni. Per i volontari è stabilito un compenso mensile di 433,80 euro (a cui vanno aggiunti altri 450 euro di indennità per l’estero); l’attività svolta però non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità. L’anno di servizio è inoltre riconosciuto ai fini del trattamento previdenziale figurativo (riscattabile), è prevista l’assi-stenza sanitaria gratuita, il riconoscimento di un punteggio nei concorsi pubblici, di crediti formativi da parte delle università convenzionate e di competenze certificate se previsto dal progetto. Ulteriori vantaggi sono previsti dalle legislazioni regionali. L’organismo istituzionale che gestisce e coordina il servizio civile na-zionale è il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, che ha il compito di amministrarlo e curarne l’organizzazione, approvare i progetti, emanare i bandi per i volontari, supervisionare gli enti.

…e cosa non è!Non è manodopera a basso prezzoNon è un parcheggio della vitaE i giovani che lo scelgono non sono né dipendenti, né collaboratori professionali: ma persone che si formano sperimentando un servizio secondo le regole proprie del servizio civile nazionale.

toccato il minimo storico nel 2013 quando i posti disponibili erano so-lamente 15 mila e si era paventato anche la chiusura di questa istituzio-neOra con il 2016 i numeri sono mi-gliorati: la base di partenza per quest’anno è di almeno 35mila po-sti. Secondo Francesca Bonomo, deputata Pd: “è lecito pensare che, con i bandi ulteriori, quest’anno si arriverà a quota 50mila. Proseguen-do nella strada di un servizio civile sempre più universale, che possa ambire all’obiettivo che ci siamo dati, ovvero 100mila giovani parten-ti nel 2017”.Mentre a livello nazionale si attende, a livello locale a Racconigi il Sin-daco ha invitato sabato 23 gennaio, per il secondo anno consecutivo, i giovani 18-enni per il riconoscimen-to del loro ingresso come cittadini maggiorenni nel pieno dei loro diritti e dei loro doveri.Come ha spiegato il sindaco, i nostri giovani sono invitati a rendersi con-to di quanto hanno ricevuto nel loro percorso di crescita dalla comunità cittadina che si sostiene anche grazie al prezioso ruolo delle associazioni che, in modo del tutto volontario, si fanno carico di molti impegni concreti in vari campi. Sono state invitate quindi le associazioni di vo-lontariato a presentare i loro ambiti operativi in modo da sollecitare nei

giovani l’impegno di “restituzione”, impegnandosi nei settori più vari che vanno dalla relazione di aiuto allo sport.In particolare, Livio Ferrara, rappre-sentante della Croce Rossa e dei Vi-gili del Fuoco, ha invitato i giovani a considerare l’opportunità di impe-gnarsi nel servizio civile. Un periodo significativo per mettersi in gioco e provare a cambiare la società par-tendo dal piccolo, con un contributo personale.Sapranno cogliere i nostri giovani queste grandi opportunità?

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insonnia 9Febbraio 2016

PdG. Pedagogia dei GenitoriUna metodologia rivoluzionaria per le scuole che vogliono diventare comunità educanti.di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Se ti chiedessi, caro lettore: “Rac-contami tuo figlio narrando solo le cose belle…”Oppure, se non hai figli: “Rac-contati come figlio, che cosa ti ha permesso di diventare quello che sei…” Pensaci un attimo, ma non troppo. Inizia a narrare…È questo che accade in un gruppo di METODOLOGIA PEDAGO-GIA DEI GENITORI (PdG). Il primo genitore coraggioso che inizia a parlare è sempre un po’ titubante; non è facile rompere il ghiaccio sapendo che nel gruppo non ci sono solo altri papà e mam-me, ma anche alcuni insegnan-ti, sebbene anch’essi si narrino allo stesso modo… Nessuno può in-terrompere, né fare domande. Si ascolta. Punto! E bastano poche frasi perché tutti sentano un’emo-zionante empatia e un inaspettato affetto per la persona che narra. La sua storia, così diversa o for-se così uguale alla mia, diventa pa-rola che mi aiuta a compren-

dere e a comprendermi ed è una riflessione per tutti. Accade così ogni volta in ogni gruppo di PdG.Gli “inventori” di questo metodo, che io chiamo affettuosamente “La scoperta dell’acqua calda”, sono due cari amici, Augusta e Riziero, professori d’Università, compagni di lavoro, di impegno e di vita. Qualcuno ha definito il loro metodo “UNA PEDAGO-GIA PER TEMPI DI CRISI”. Si tratta sostanzialmente di un modo di incontrarsi, bello e sem-plice, ma non affatto banale. Al con-trario, decisamente rivoluzio-nario, per la sua assoluta “norma-lità”. Oggi di “normalmente sem-plice” esiste davvero poco e quel supporto ordinario che le famiglie di 100 anni fa potevano trovare

nell’aia di una cascina, oggi ha un sapore dimenticato. Nel con-testo completamente globalizzato e frammentato di oggi, nel quale si creano comunità di pseudo-so-stegno su whatzapp che spesso si trasformano in bombe di pette-golezzo esplosivo, la Pedagogia dei Genitori ripropone in modo sem-plicissimo quel cerchio che si faceva nella stalla di una vol-ta, che esse sosteneva le capacità geni-toriali delle neo mamme e papà., con qualche indispensabile regolina in più e un supporto pe-dago-gico interessantissimo.

Genitori e insegnanti si ritrovano insieme, senza figli per una sera, due dolcetti e una tisana al centro del cerchio, a raccontarsi qualcosa che sta loro profondamente a cuo-re. Si raccontano timori e regole, gioiose scoperte o difficoltà, sen-za paura di essere giudicati, derisi, consigliati o fraintesi per-ché nes-suno riprende o ribatte il tuo rac-conto. Semplicemente lo ascolta, profondamente. Che in-credibile miracolo crea l’ascolto! Permette di rileggere i propri passi, di met-terli in ordine, di scoprirsi corag-giosi quando da soli si credeva di aver paura. La narrazione, potente strumento individuale, nel grup-po-classe diventa crescita colletti-va: via le cattedre che separano i prof da una parte e dall’altra i ge-

nitori. Nei gruppi di PdG si è tutti uguali, semplicemente figli, sem-plicemente genitori di creature in cammino di cui narriamo passi e scoperte. È così a poco a poco na-sce una vera Co-munità Educante! Come ci ricordano gli stessi au-tori, a partire dal 1750 alcuni importanti pedagogisti avevano già sot-tolineato l’importanza di ascoltare il punto di vista del ge-nitore come soggetto produttore di sapere, come fonte di cono-scenza e come esperto particola-re del proprio figlio. Pestalozzi, De-croly, Maria Montessori e poi Ferrière, dal 1750 al 1960 ave-vano compreso l’indispensabile intrec-cio che deve esistere tra il “sapere” dei genitori e quello dei professionisti che hanno studiato i fon-damenti pedagogici per ac-compagnare un ragazzo nel suo cammino di apprendimento.Come siamo lontani oggi da que-sta sinergia! Genitori da una parte che vivono in profonda solitudine la propria dimensione educativa, sbagliando tanto, senza render-sene neppure conto. E insegnanti dall’altra che, lamentandosi di tanta inettitudine, alzano le catte-dre per non voler averci più nulla a che fare.Ecco la grandezza rivoluzionaria della proposta PdG che cambia

completamente il paradigma e fa incontrare gli uni con gli altri su tutto un altro piano: un piano paritario, dove ci si racconta con quel pathos che solo le storie vere riescono a trasmettere e dove ci si scopre simili nei sogni, nei desi-de-ri, nelle emozioni e nelle dif-ficoltà. Quel racconto interiore di ogni partecipante che diventa dialogo con gli altri, permette di trasformare l’emozione in un sa-pere riflessivo che si arricchisce di altri saperi. È così che la famiglia piano piano prende coscienza del proprio sapere e gli insegnanti si arricchiscono e imparano da que-sto capitale sociale. Nasce così, insieme, una nuovaconsapevo-lezza: la genitorialità collettiva, fon-damento educativo per costruire una Scuola in cui i figli di tutti possano crescere davvero in serenità, coopera-zione e conoscenza.

Per approfondire: “La metodologia Pedagogia dei Genito-ri. Valorizzare il sapere dell’esperienza” di Augusta Moletto e Risiero Zucchi - Maggiori Editorehttp://www.pedagogiadeigenitori.info/http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/risorse/ifp/dwd/cesedi/2015-2016/SCHEDE/1-formazione-insegnan-ti/3-ed-scientifica/1-3-11-con-i-no-stri-occhi-rete-di-scuole.pdf

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insonnia10 Febbraio 2016

Ho accettato con il cuore di rispon-dere al vostro invito, sapendo che non è mai facile scrivere della re-altà che ami, perché la conosci, ti appartiene e il rischio che si corre è di tralasciare qualche aspetto, che poi riflettendo con più tempo a di-sposizione, verrà in mente. Perdo-natemi quindi se scrivo “di getto”, ma questo è, per chi mi conosce, da sempre il mio modo di essere.Per aprire una riflessione sul qua-dro attuale, è necessario fare un passo indietro. Credo che negli anni passati, puntare molto sul-la grande industria abbia portato grandi frutti, ma poi, nei momen-ti di difficoltà che sono arrivati, molte imprese hanno chiuso, sono state letteralmente soffocate dalla crisi, mentre dove si è investito su aziende di piccola e media dimen-sione, con un indirizzo più etero-geneo, come è successo in alcuni comuni vicini, quelle aree si sono rafforzate.Ora anche a Racconigi e nei din-torni stanno fiorendo nuove realtà economiche ed è il momento di fare tesoro delle esperienze e sce-gliere un approccio diverso, per salvaguardare e creare nuovi posti di lavoro.L’amarezza che ho è quella di cogliere in tanti segnali una cit-tà “bloccata” che non cresce dal punto di vista demografico e non sfrutta l’enorme potenzialità sul versante turistico, nonostante il prezioso apporto di tante realtà singole che, però, non possono so-

L’opinione di Tonino GaiQuadro - Sogni - Amarezze

stenere soltanto su base volontaria, un impegno così grande.Il sogno da realizzare è quello di vedere una Racconigi che, con la sua storia e la sua naturale voca-zione turistica, punti su queste ric-chezze con investimenti di qualità e diventi protagonista nei circuiti più grandi. Un altro tassello impor-tante, che a mio parere oggi non è sfruttato, è quello di collegare le bellezze architettoniche, in primis il Castello e quindi l’arte e la cul-tura, ad un percorso che valorizzi contemporaneamente l’agricoltura, partendo dalle peculiarità enoga-stronomiche. Alcune iniziative ci sono già e vanno premiate. I miei sono spunti, ma credo che lavora-re in questa direzione, porterà linfa vitale alle attività agricole, artigia-ne e commerciali, favorendo anche nuovi insediamenti.Un punto su cui focalizzare l’at-tenzione è che serve più coesio-

ne e collaborazione con i comuni limitrofi: se affrontiamo il tema della viabilità, la questione della circonvallazione Est può essere un valido esempio. Se nella sua pro-gettazione e realizzazione, fosse stato coinvolto il comune di Caval-lerleone, con una progettazione più ampia e lungimirante, adesso non ci troveremmo a dover progettare la circonvallazione Ovest, con un’ ulteriore spesa che graverà sulle casse pubbliche, e quindi su tut-ti noi. Inoltre, per quanto si porrà attenzione a questa problematica, comporterà l’utilizzo di terreno, che avremmo potuto risparmiare, a profitto dell’ambiente e delle atti-vità economiche. Un altro aspetto, sul quale punte-rei per migliorare la vita della co-munità è dare più attenzione alle attività sportive, legando lo sport alla scuola e incentivando anche le discipline cosiddette minori, per

permettere a tutti, ma in particolare ai ragazzi di avvicinarsi e scegliere il percorso che più loro aggrada: sport è amicizia, condivisione e in-tegrazione.Sotto quest’ultimo profilo, a mio parere, lo sguardo è positivo: la po-polazione proveniente dall’estero e residente nel Comune si è integrata bene e i progetti multietnici fiori-scono con iniziative di valore (vedi ad esempio la festa arcobaleno organizzata dalla scuola media, le iniziative dell’associazione Man-dacarù, la cittadinanza onoraria ai figli degli immigrati data dall’Am-ministrazione Comunale, ...).L’impegno dei concittadini è da valorizzare: mi riferisco a tutte le forme di volontariato, dalla prote-zione civile, alle associazioni cul-turali, è un patrimonio prezioso che ha un valore immenso ed è misu-rabile concretamente, guardando a quanto è stato fatto negli anni per migliorare il nostro Comune.Nell’esperienza fatta da ammini-stratore, so che destinare le risorse soprattutto quando sono poche è uno degli aspetti più difficili, ma tutto è possibile.Vorrei vedere lo stesso impegno che i miei concittadini mettono nel volontariato, anche nella partecipa-zione più attiva alla vita pubblica. Essere presenti, stimolare il dibat-tito e lo spirito critico è fondamen-tale per andare avanti meglio. Per questo, chiudo il mio intervento con un invito ai giovani, a sentir-si protagonisti, a sviluppare idee e progetti per la Comunità, a vive-re e interpretare la politica come un servizio e non come “una cosa inutile”: e a quei giovani, “di tutte le età”, che già lo fanno, un grazie perché portare le vostre idee e con-dividerle è il modo migliore per far crescere la nostra Racconigi.

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insonnia 11Febbraio 2016

LE “FERIE SOLIDALI” ANCHE IN ITALIAUna norma dello Jobs act promuove, la solidarietà all’interno del posto di lavorodi Anna Maria Olivero

A Evron in Francia, Sandrine ha 44 anni, è una operaia specializzata di Howmet Ciral, una fonderia di alluminio. La donna è vedova dal 2007 ed ha tre figli: due gemelli di 13 anni, Enzo e Léa, e Noah di nove. A Noah nel giugno scorso gli è stato diagnosticato un tumore al cervello. Dopo l’operazione deve seguire pesanti cure di radiotera-pia e chemioterapia. Sandrine ha lasciato il lavoro per stargli die-tro. Ha ottenuto 90 giorni come malattia, poi una quindicina come permesso per assisterlo a stipendio ridotto. Ormai non aveva più gior-ni a disposizione. I suoi colleghi: operai, impiegati ed il direttore si sono organizzati e hanno donato dei giorni di ferie a Sandrine. In tutto sono arrivati a quota 213 e le permetteranno di restare a casa e occuparsi di Noah, si spera, fino a guarigione.A San Giorgio a Cremano, Napoli, gli agenti del corpo di polizia mu-nicipale hanno regalato due giorni

di congedo per uno, per un totale di 82 giorni ad un collega di 41 anni con due figli piccoli affetti da un ritardo psicomotorio che non li rende autosufficienti. Per stare vi-cino a loro il collega aveva esau-rito tutte le vacanze ed i permessi possibili.Forse proprio seguendo l’esempio della legge francese, anche in Ita-lia è stata introdotta una norma che prevede la cessione delle ferie e ri-posi ai colleghi.A introdurre tale meccanismo di solidarietà tra dipendenti della stessa azienda è uno dei decreti del Jobs Act (Decreto Legislativo n. 151/2015- art. 24) in vigore dal 24 settembre 2015, “Cessione ferie e riposi ai colleghi” che introduce le ferie solidali, ossia la possibilità di cessione delle ferie e dei riposi ai colleghi in difficoltà che hanno un figlio minore che per particola-ri condizioni di salute necessita di cure costanti.

Cessione dei riposi e delle ferieDecreto Legislativo n. 151/2015- art. 24

Il testo dell’articolo intitolato “Cessione dei riposi e delle ferie” è il seguente: “Fermi restando i diritti di cui al de-creto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresenta-tive sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro”.Leggendo la relazione allegata al Decreto, l’articolo 24 prevede che i lavoratori possano cedere i riposi e le ferie, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, che svolgono mansioni di pari livello e categoria.Quali ferie e riposi posso cedere al collega? Bisogna fare attenzione al fatto che la norma inizia con una dicitura che richiama “i diritti di cui al Decreto Legislativo 8 apri-le 2003, n. 66, che è appunto il decreto riguardante l’ora-rio di lavoro. Ciò significa che in coordinamento con il D. Lgs. n. 66/2003, la cessione di ferie e riposi è consentita ma con esclusione del periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane e dei giorni minimi di ri-poso stabiliti dal Decreto Legislativo n. 66 del 2003 (ossia la normativa sul riposo giornaliero e settimanale).Di conseguenza, potranno essere ceduti solo i giorni di ferie e riposo in aggiunta al periodo minimo legale. In sostanza, un lavoratore che ha 26 giornate di ferie annue, potrà cedere solo le ferie eccedenti le 4 settimane di ferie obbligatoriamente da godere (generalmente 20 giorni di ferie per chi ha una settimana corta di 5 giorni lavorativi).E’ chiaro l’intento del legislatore di assicurare il diritto alle ferie ed ai riposi dei lavoratori, diritto costituzional-mente garantito e irrinunciabile, anche se siamo di fronte alla possibilità di cedere ferie e riposi per solidarietà verso un collega in difficoltà.

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insonnia12 Febbraio 2016

IL POZZO DELLA GRANDE RANAa cura del Centro Animazioni Consolata - Torino

Raccontami...

Alla periferia del paese c’era un pozzo profondo e scuro.In fondo al pozzo viveva una so-cietà di rane, governata da una certa “grande rana” molto astuta. Essa godeva la vita sfruttando il lavoro di tutte le altre rane. Il suo piatto con-teneva i migliori alimenti del pozzo Si dovevano trasportare pietre da un lato all’altro per rendere possibile la coltivazione dei cibi più graditi alla grande rana. Finché le lavora-trici non avevano riempito il cesto, non potevano presentarsi davanti

alla padrona. Un giorno il piccolo dell’allodola scese svolazzando e sbattendo contro le pareti del pozzo. Per fortuna non cadde nell’acqua e mamma allodola poté scendere per consolarlo e portargli cibo. Durante una di queste discese al pozzo, mamma allodola fece amici-zia con una ranetta curiosa che era uscita dal pelo dell’acqua per guar-dare il piccolo. - Chi sei tu? - Io sono l’allodola, la madre di questo piccolo. - E... da dove venite?

- Veniamo da un 1uogo dove ci sono sole, luna, fiori, cascate, alberi, uo-mini, donne, mandrie e montagne…- Non capisco proprio nulla!- E’ evidente che tu non capisca nul-la, perché sei chiusa in questo pozzo e non hai mai visto le cose che ti ho appena descritto. Perché tu e le tue compagne non uscite dal pozzo per contemplare tuttequeste cose?- Non possiamo uscire dal pozzo! Hai visto? La grande rana non ci permette di parlare né di pensare.- Perché non vi permette né di par-lare né di pensare?- Perché ci fa lavorare tutto il tem-po... Crede che sia pericoloso il conversare con coloro che vengono da fuori. Ha dato a ciascuna di noi un compito preciso, e dice che se lo compiamo bene e senza discutere saremo felici dopo la morte.- E non solo dopo la morte ma an-che ora può essere vostra questa fe-licità, a condizione che voi usciate dal pozzo. E’ una cosa difficile ma è possibile.

Fallo capire alle altre rane... e stu-diate bene il pozzo: troverete il modo di uscirne... vale la pena libe-rarsi dalla schiavitù. La grande rana molto furba prese 1’iniziativa prima della piccola rana curiosa e convocò un’assemblea di tutte le rane dicendo: - “Quando l’allodola ritornerà par-lerò io con lei. Voi assisterete al

nostro dialogo ma in silenzio”. Il giorno seguente, quando l’allodola ritornò nel pozzo, la grande rana riunì tutte le sue schiave e rivolgen-dosi all’allodola le disse: “Io sono

la grande rana e tutte queste rane sono mie impiegate. Io voglio che racconti a tutte loro... le stesse cose che ieri hai raccontato a questa rana curiosa”.- Con molto piacere. Lassù in alto ci sono sole, luna fiori... e cibo per tutti. - Tutte queste cose che tu racconti sono la ricompensa che meritano le mie impiegate se compionobene i loro doveri e muoiono fedeli al proprio lavoro. - E qual è il lavoro delle tue impie-gate?- E’ chiaro... scegliere per me gli

alimenti migliori, difendere le mie proprietà, tenere puliti imiei palazzi, difendere la mia per-sona, perché sono la padrona di questo pozzo.- Tu sei ingiusta con le tue impiega-te! Questo pozzo è dannoso a tutte loro basta che esse escano esi renderanno conto che tutte queste cose si possono godere già in questa

vita, non solo dopo la morte.- Adesso mi rendo conto che tu sei un uccello pazzo come tanti altri che sono caduti in questo pozzoe sono morti. Allontanati imme-diatamente e non mettere più piede nelle mie proprietà. Non dimentica-re che il pozzo è proprietà privata della grande rana.

- Tu ti irriti perché non ti piace ascoltare la verità. Tuttavia sappia-no tutte le rane che quello cheho detto corrisponde a verità.- In effetti io sono la grande rana e posseggo tutta la verità. Fuori di qui allodola pazza, uccelloimmondo!Il giorno dopo l’allodola tornò per portare cibo al suo piccolo. Una rana ribelle le si avvicinò raccon-tandole tutte le atrocità, le ingiu-stizie e le torture... imposte dalla grande rana.Mise in carcere le rane più ribelli e impose alle altre rane di non dare loro cibo.

Per garantire la sua sicurezza emi-se decreti speciali per impedire che le rane si riunissero e dialogassero tra loro. Ne torturò altre in mille modi... Da altre pretese un aumento

Il racconto che vi proponiamo in questo numero proviene dall’America Latina e più precisamente dal Colombia. E’ stato scritto da un gruppo di giovani e poi animato con un diapofilm per spiegare i principi e la prassi della cosiddetta Teologia della Liberazione. La Teologia della Liberazione si è diffusa in America Latina dagli anni 60 agli anni 80, un periodo storico in cui i regimi militari e repressivi dominavano l’intero continente latinoamericano. Nel 1968 alcuni vescovi latinoamericani presero posizione in favore delle popolazioni più diseredate e delle loro lotte, pronunciandosi per una chiesa popolare e socialmente attiva. Iniziarono ad avere notevole diffusione in tutti i paesi le comunità ec-clesiali di base (CEB), nuclei ecumenici impegnati a vivere e diffondere una fede attivamente partecipativa e attenta ai problemi della società. Nel “Pozzo della grande Rana” si ritrovano tutti i protagonisti di quella pratica di liberazione. Ne emerge un messaggio di forte attualità: proviamo per gioco a dare un nome ad ogni attore della storia, pensan-do alla nostra realtà odierna e proviamo a immedesimarci noi stessi in qualcuno dei personaggi. Dove ci collocheremmo?

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insonnia 13Febbraio 2016

di produzione.- La cosa più terribile è che la gran rana ieri notte dimostrò una capacità incredibile di essere crudele. Inco-minciò a serpeggiare tra le rane la

voce e la convinzione che la cosa peggiore che possa capitare ad una rana è quella di diventare “oppres-sore” delle altre rane. Si è pure fatta strada l’idea che la cosa migliore che possa capitare ad una rana è l’offrire la propria vita per la libertà delle altre rane.- E allora che cosa intendete fare?- Abbiamo già cominciato a riunir-ci in assemblea per programmare un piano. Chiudendo il deflusso dell’acqua, allagheremo il pozzo e usciremo dalla sua sommità.- Così va bene. Nessuno ornai riu-scirà ad impedire la vostra uscita dal pozzo.Dopo l’ultima assemblea, alcune

rane, che fino a quel momento era-no state indecise vedendo la crudel-tà con cui erano state trattate le loro amiche, si organizzarono, distrusse-ro le prigioni e decisero di allagare il pozzo a qualunque costo. Ognuna di esse accettò la propria parte in questa impresa. Tutte lavoravano con solidarietà e senza spaventarsi né per le minacce né per i castighi. Si creò una catena di responsabilità molto efficace. Dalla giunta orga-nizzatrice partì questo programma: essere leader significa permettere e

favorire che anche gli altri siano dei leaders. E cominciarono il lavoro.- Prendi! Prendi! - diceva una. - Aspetta! Aspetta! La voglio met-tere meglio. Per tappare i buchi tra una pietra e l’altra le rane portavano a spalla fa-sci di rami andando dietro a quelle che portavano pietre. Ma il lavoro continua: - Date una mano, date una mano a

spingere! – No, io non lo faccio: è troppo difficile! Io non credo che possiamo uscire dal pozzo! Serpeggia tra le rane una situazione di pessimismo.Tuttavia un‘altra grida: - Venite, venite altre ad aiutare a ti-rare la corda!- E’ inutile, è inutile non ce la fa-remo!- Aiuto, aiuto! – grida un’altra.E dimenticando le loro lamentele cominciano a gridare:- Arrivo, arrivo! Aspetta perché ar-rivo anch’io!- Facciamo forza con questa leva - dicono le rane ottimiste.Però una rana pessimista grida loro:

- Lasciate perdere perché da un momento all’altro la grande rana ci scopre e ci castigherà.- Con quest’unica pietra riuscire-mo a chiudere quasi tutto lo sbocco dell’acqua.- Oggi stesso l’avremo già chiuso.Quello che sta capitando è una cosa meravigliosa.Nel gruppo di rane che lavorano nessuno comanda. Tutte sono ani-matori, cioè corresponsabili, ognu-

na occupa il suo posto. La grande rana non è capace di affrontare que-sto tipo di organizzazione. Questa solidarietà comunitaria è 1‘unioa

via che permette di organizzare1‘uscita dal pozzo.- Brava allodoletta! Brava! Per spin-gere questa pietra ha rischiato la vita perché non sa nuotare. “Cra, cra” cantava la rana sott’ac-qua. La tristezza dello sfruttamento si è trasformata in allegria e entusia-smo per la libertà. “ Cra, cra” cantava la rana sott’ac-qua... L’organizzazione è perfetta. “Attenzione, attenzione! In questo momento sarà trasmesso un comu-nicato di emergenza dal palazzo della grande rana:- Cittadini del pozzo della grande rana: sebbene alcune rane pazze ab-

biano in mente il progetto assurdo di distruggere questo pozzo che ci è stato tramandato dai nostri ante-nati, sono certa che in virtù del no-stro spirito democratico, i cittadini sensati di questo pozzo non daranno loro ascolto. Sia chiaro che in que-sto pozzo abbiamo bisogno soltanto di rane tecniche e obbedienti e non di rane che pensano e criticano. E per la vostra serenità e tranquillità vi possiamo garantire che abbiamo forze sufficienti per imporre l’or-dine e mantenere la pace. Le rane ribelli pagheranno per il loro atteg-giamento. Ho detto!” Nonostante questo comunicato con lo sforzo unanime delle rane schia-

ve lo scolo del pozzo fu chiuso. L’acqua sale, sale e la luce aumenta gradualmente nell’oscurità del poz-zo.Un grido di angoscia si udì nel poz-zo:

- L’allodoletta è in pericolo! L’allo-doletta è in pericolo!- Dobbiamo aiutarla!- Presto, presto!- Lasciatela affogare! Doveva mori-re prima ancora di nascere! Perché non nascano più simili uccellioccorre imporre l’aborto. Le tre rane più forti si posero sotto l’allodoletta e la sostennero sul pelo dell’acqua.E tutte felici le rane gridavano dan-zando sull’acqua:- Viva! Viva! Viva! Viva! Viva!- Protesto! Protesto!» diceva la grande rana. Ma un grido più forte e più deciso si sovrapponeva:- Libertà! Libertà! Libertà!Tutte le madri del mondo sentono angoscia vedendo il proprio figlio in pericolo.L’allodola ha fatto nascere nuove idee nel pozzo; suo figlio esce libero dal pozzo trascinando liberecon sé coloro che vivevano in schia-vitù.Il giorno tanto desiderato è infine arrivato. E’ la libertà per tutti. L‘ac-qua riempiendo il pozzo uscìnella pianura. Iniziò un dialogo molto interessante.- Come ti chiami?- Io mi chiamo vermiciattolo.- E tu come ti chiami?- Mi chiamo farfalla della pianura! E tu come ti chiami? - chiese a sua volta la farfalla.- Io... mi chiamo ranocchio.Tuttavia una rana si trovava in dif-ficoltà e un’altra le venne in aiuto: - Esci anche tu con il tuo ranocchio perché la terra è bellissima ed è per tutti.- Questa è una maniera nuova di in-tender la vita: la tua solidarietà era una cosa totalmente sconosciuta. Grazie! - Io non ti dò la mano ma porgo la mia ala per poterti aiutare.- Grazie, che tuo figlio riempia il mondo di allegria e di libertà.- Come è tutto diverso! - Mamma, mamma, ma dove andia-mo?- Fuori: è cominciata la libertà!- Mamma, mamma, non riesco ad aprire gli occhi!- Sì, è perché c’è tanta luce. Che for-tuna figlio mio, ormai siamo usciti dal pozzo.- Tutto è nuovo, l‘allodola aveva ragione.

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insonnia14 Febbraio 2016

I principi dell’aikido nella vita di tutti i giorniALLA RICERCA DI UN CENTRO DI EQUILIBRIO DINAMICOdi Alessia Cerchia

In quest’ultimo mese ho avuto modo di riflettere, mio malgrado, su un morbo che colpisce chiunque as-suma su di sé, contemporaneamen-te, il ruolo di genitore, figlio, sorella o fratello, lavoratore, amico, confi-dente, utente, consumatore, sporti-vo, e chi più ne ha più ne metta.Mi riferisco a quella sottile, pene-trante e persistente sensazione di aver perso il proprio centro. E non soltanto quello fisico, ma anche e soprattutto il centro morale, psi-cologico, oserei dire esistenziale. Certo, il primo sintomo si manifesta

quasi sempre sull’equilibrio fisico: giovani esemplari umani, spesso donne, spesso affette da delirio di onnipotenza misto alla paura del “non essere all’altezza”, si prodiga-no in mille modi diversi per offri-re la versione migliore di sé come mamma moderna, professionista puntuale, consumatrice intelligente, sportiva (ci si prova…) … corren-do a velocità tali che il loro intero fisico sembra protendersi in avanti, schiacciato dai mille impegni quo-tidiani, fino ad assumere una forma più “aerodinamica” per l’attività da svolgere.Ma la società moderna non si ac-contenta di chiederci sforzi fisici sovraumani. No, no. Ci chiede ogni giorno di fare i conti con i nostri limiti morali, etici, valoriali, spo-stando il nostro centro sempre un po’ più in là, fino a portarci oltre i nostri limiti. Un caso che mi ha toccato perso-nalmente è avvenuto solo qualche giorno fa, quando in famiglia si è posta la scelta della scuola mater-na per Edoardo (due anni appena compiuti). Per chi non lo sapesse, le preiscrizioni vanno fatte a febbraio, per poter avere un posto a settem-bre! Ebbene. Dopo aver valutato le diverse scuole disponibili nella nostra zona si è posto, con tremen-da violenza, il dilemma tra scuola pubblica o privata o privata parifi-cata. Non voglio aprire una pole-

mica su questo tema, quindi vi dico solo che, con mio estremo orrore, sono stata portata dalle circostanze a dover prendere in considerazio-ne soluzioni che fino a pochi anni fa non avrei immaginato di poter nemmeno considerare come ipotesi residuale. In quell’attimo ho sentito chiara-mente il mio centro, quel centro di equilibrio che credevo di aver fa-ticosamente conquistato una volta per tutte, scricchiolare e infrangersi sotto la spinta di nuove circostanze, nuovi punti di vista da considerare, nuove priorità da difendere.Fortunatamente, posso dire di aver imparato, in anni di pratica di aiki-do, che la ricerca del proprio centro, il saperlo mantenere e salvaguarda-re in qualsiasi situazione è oggetto di un percorso di crescita che può e deve continuare tutta la vita. Ciò che la pratica assidua di quest’arte marziale rende chiaro è che la no-stra reazione istintiva ad un attacco improvviso o imprevisto ci porta, il più delle volte, ad abbandonare il nostro centro di equilibrio, fisi-co e mentale. A dimostrazione che l’istinto non sempre ci consente di agire nel migliore dei modi.La pratica assidua e la ripetizio-ne prolungata di tecniche, attacchi e difese, consente al praticante di aikido di sviluppare l’importantissi-ma capacità di conservare il proprio centro sotto qualsiasi tipo di attac-

co. Lo strumento, certamente con-trario a qualsiasi istinto, per ottenere questo risultato è spesso rappresen-tato dalla capacità del praticante di “entrare nell’attacco” e “diventarne parte”. Ciò che si impara nella pra-tica dell’aikido è coordinarsi con l’energia proiettata verso di noi da chi ci attacca, per comprenderla e riuscire a dirigerla altrove, per ren-derla innocua o sfruttarla a nostro vantaggio.Ma ciò che più conta, l’aikido inse-gna al praticante a non contare su un centro di equilibrio permanen-te. L’unico equilibrio in grado di sopravvivere agli “urti della vita” è quello dinamico, è un centro che vive, si muove, si modifica per adat-tarsi al flusso dell’esistente. E’ un equilibrio che vive e si sposta tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, in grado di condurre colui a cui appar-tiene attraverso incertezze e convin-zioni, vittorie e sconfitte, sicurezze e mutamenti, in un flusso continuo di forgiatura del proprio spirito.Applicare i principi dell’aikido nel-la vita di tutti i giorni permette spes-so di superare gli ostacoli sul cam-mino eseguendo un “irimi tenkan”: un bel respiro, un rapido sguardo intorno a sé, alla ricerca delle vie di fuga, poi giù, a testa bassa nel flusso della vita, per riemergere un po’ più in là, forse un po’ più maturi. Di si-curo con un equilibrio ogni volta un po’ diverso.

La vecchiaia, i vecchi, ma soprat-tutto i ricordi senza i quali non c’è vita. RICORDI: nitidi e fragorosi come onde del mare si accavallano nella mia mente.Sono trascorsi sedici anni da quel giorno uggioso di novembre in cui, con Koji, ci foste presentati da Gra-zia per iniziare un percorso teatrale con i pazienti del manicomio. Rac-contare, cosa mai fatta, la realtà manicomiale di Racconigi. Pochi incontri per capire dove ci avresti portato, gli occhi di Alessandro Mantelli, di Eugenio, di Bianca… e altri indicavano lassù: il paradi-so. E il paradiso lo toccarono con “Voci Erranti”, con “Barium”, con “Omnes Colores”. Piansi nel vedere il cartellone esposto fuori del Teatro Regio di Torino con le

foto di Eugenio dello spettacolo “Barium” che si sarebbe rappre-sentato quella sera.Se siamo arrivati alla 15^ edizione della “Fabbrica delle Idee” è gra-zie alla tua testardaggine per vole-re che quel luogo di sofferenza sia diventato luogo di gioia, di cultura, di bellezza in quel giardino del ma-nicomio.RICORDI: mi vedo girovagare con te nelle sale del Castello, nel Parco, alle Margarie dove Mirella Macera, dopo aver visto lo spetta-colo “Voci Erranti” al giardino del Manicomio, aveva dato incarico alla Cantoregi di far rivivere quelle sale e quei giardini con allestimenti artistici. Per dieci anni quei luoghi furono pieni di storie, luci, suoni e gente, tanta gente come non si era mai vista, sia d’estate che d’inver-

no.RICORDI: ore e ore trascorse con te che impartivi ordini, e noi a vol-te ‘impauriti’ dalle tue sfuriate se un drappo non era al posto giusto o se non si era recuperato l’ogget-to particolare che tu volevi, perché tutto doveva essere “vero”. Quan-te ore trascorse al freddo in quelle sale del terzo piano per l’allesti-mento di “Altre voci altre stanze”, e ancora, al piano inferiore per “Le stanze delle balie”.Quanta meticolosità nel vestire le comparse del “Le acque hanno volti”, con vestiti e abbigliamento da te raccolti e custoditi religiosa-mente dalla tua fidatissima guarda-robiera Rinuccia.RICORDI e ancora RICORDI: le serate trascorse in casa tua con Koji e Marco per “Il prete giusto”

tratto dal romanzo di Nuto Revelli e ancora con Giovanni Bonavia per “La Beata Caterina” e “Il Peso delle Stelle”, con Mario Monaste-rolo per gli spettacoli di comme-morazione del 25 Aprile, per quelli con gli studenti della Scuola Media e delle Superiori.RICORDI: alla prima di ogni spettacolo posavi un lumino acce-so fuori dalla porta della chiesa di St.Chiara, perché aiutasse a che tutto filasse liscio.Racconigi era il tuo paese anche se non vi eri nato e non vi abitavi, gli volevi bene, volevi elevarlo e valorizzarlo culturalmente perché i tuoi lavori si sono sempre distinti per il profondo impegno socia-le e civile senza mai rinunciare a un’attenzione particolare alla bel-lezza visiva.

VINCENZO GAMNA: L’ULTIMA REGIARicordi...segue dalla prima

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insonnia 15Febbraio 2016

CinCinema

LibLibri

CAROL di Cecilia Siccardi

Maurizio De Giovanni“Una domenica con il com-

missario Ricciardi”2015, pp. 165, € 19,50

Ed. Skira

L’acquisto non sarà che l’inizio di un’amicizia fra le due, destinata a sfociare in una storia d’amore pie-na di ostacoli, sia sociali che per-sonali. Carol sta infatti divorziando dal suo ex marito e lotta per l’affi-damento della figlia; inoltre, nella società americana degli anni Cin-quanta l’amore fra due donne viene considerato immorale.Diretto dal regista Todd Haynes, Carol è uscito nelle sale italiane il 5 gennaio 2016 e ha riscosso un grande successo di critica, se non di incassi. Suoi punti di forza sono indubbiamente fotografia e costumi e, soprattutto, la magi-strale interpretazione delle attrici principali: Rooney Mara convince nei panni della giovane Therese, e Cate Blanchett è una Carol magne-tica e affascinante. Entrambe sono infatti state candidate sia ai Golden

Globes, senza però vincere, che ai premi Oscar del prossimo 28 feb-braio. Sebbene molto curato dal punto di vista estetico, Carol non sfrutta appieno le sue potenzialità, complice una sceneggiatura a vol-te troppo scontata. Inoltre, il tema delle difficoltà di una relazione omosessuale negli anni Cinquanta viene ovviamente affrontato, ma non analizzato con la profondità che ci si aspetterebbe: il film ruota intorno alle sue due protagoniste, senza prestare molta attenzione ai personaggi secondari. Ad esem-pio, un maggiore sviluppo di figure come l’ex amante di Carol o il suo ex marito, o ancora il fidanzato di Therese, avrebbe senz’altro contri-buito a dare al film maggiore spes-sore. Insomma, Carol non può essere de-finito un brutto film, ma in alcuni

momenti e sotto qualche aspetto pecca di banalità.

“Una domenica con il commissario Ricciardi” di Maurizio De Giovanni proietta il lettore nella Napoli degli anni 30 in pieno periodo fascista e regala intense emozioni e commuo-ve con le sue storie di povertà ed emarginazione.Chi non ha mai conosciuto il prota-gonista ne vorrà cercare le origini,

andando a scoprire gli altri roman-zi che hanno preceduto il presente, per capire lo stato d’animo e i mi-steri che avvolgono il personaggio del commissario, strenuo difensore degli oppressi e votato al raggiungi-mento della giustizia.Personaggio enigmatico, parla con i morti per uno strano e crudele desti-no e a volte non riesce a distingue-re tra il mondo reale e il mondo del soprannaturale: questo segnerà la sua esistenza e gli impedirà sereni rapporti specialmente con il mondo femminile e perciò con l’amore.Negli otto racconti che compongono il libro De Giovanni rappresenta tutti i personaggi che sono i protagonisti dei suoi romanzi: il commissario, il medico suo amico, il fidato brigadie-re, la cara e rispettata balia ora de-funta, la nuova onesta e “pragmati-ca” governante, l’aristocratica dama che non ama e la giovane maestra amata di un amore corrisposto ma platonico.

a cura di Anastasia

E intorno, a fare da cornice, la Na-poli dei bassi, i bambini malnutriti e affamati, malati e non curati da fa-miglie allo stremo, povere e derelitte che il commissario Ricciardi predi-lige, in contrapposizione alla ricca borghesia connivente con il potere politico che invece rifugge.Questo romanzo non svela assassi-nii o misfatti, è la descrizione di una domenica trascorsa dal protagonista con il suo amico medico seduti nel famoso Bar Gambrinus dove soven-te i personaggi si danno appunta-mento e l’atmosfera che si respira leggendo riesce a calare il lettore in quel luogo magico e misterioso, me-ravigliosamente rappresentato dalle immagini d’epoca che accompagna-no e arricchiscono il racconto.Nel 2014 l’autore ha ricevuto il pre-mio “ Guido Dorso” che il Senato della Repubblica assegna a chi “si è distinto in ambito culturale per l’im-pegno a sostegno del Meridione”.

New York, 1952. Therese Belivet, giovane impiegata nel reparto gio-cattoli di un grande magazzino, viene avvicinata da Carol, una don-na elegante e raffinata alla ricerca di un regalo di Natale per la figlia.

RICORDI: quanta sofferenza il giorno che Mirella ci lasciò. Tra-spariva in te la perdita di una amica prima ancora che di una persona esperta, lungimirante, capace e in-tuitiva per valorizzare insieme la grande dimora. Iniziarono i giorni tristi per te e per il castello. Quei giardini dichiarati solo due anni prima come i giardini più belli d’Italia, vennero chiusi, la dimora reale non aveva più gente e la tua sofferenza aumentava. Soffrivi per la decadenza del Neuro, per un Castello sempre più spento, per il progetto SOMS che non decollava.RICORDI: intanto si continuava a far teatro a Torino, a Carignano, a Bagnolo Piemonte ma è Racco-nigi, è il Castello che tu vuoi. Hai dato tanto alla Citta, ed hai ancora in serbo una genialità: dopo anni, a fine di questo gennaio, ti si ria-prono le porte del Castello. E’ “Il giorno della memoria”. Il nuo-vo Direttore è affascinato dal tuo progetto per ricordare l’olocausto, un percorso emozionale con una

installazione nel salone d’Ercole. Ancora una volta al fianco di Mo-nasterolo per l’interpretazione del suo progetto e poi nel freddo del Salone d’Ercole a sistemare con meticolosità insieme ai tuoi colla-boratori l’allestimento scenico. Non lo so ancora, anche se dal tuo passo lento e un respiro faticoso potevo intuirlo… e torna nella mia mente quella sera alla Caval-lerizza di Torino. Le luci di Koji stanno sfumando sull’ultima scena del “De Senectute” e tu dopo aver sventolato il tuo fazzoletto bianco verso il palco in segno di giubilo corri ad abbracciare Tunin Piasco per la sua incredibile interpretazio-ne e per quella frase del copione ”a l’è ura ed sarè la baraca……” piuttosto che finire su una sedia a rotelle in una anonima casa di ripo-so. Era forse questa l’unica cosa a farti paura nella vita!

Poche ore fa ero lì accanto a te e ancora una volta mi hai affascina-

to con questa tua “ultima regia”; questa volta hai fatto tutto da solo: regia, attore, scenografia: c’è un castello, le porte si aprono dopo anni, l’attore entra in quel salone. E’ felice, dalle sue labbra esce un richiamo ”Mirella,Mirella, Mirel-la”, poi………. si addormenta per un sonno eterno. Ed è questo un gran bel finale, de-gno di un grande regista.Non mi manchi, non mi manche-rai caro Vincenzo perché di te sono pieno di ricordi e di Bellezza vi-siva.Ora lassù ti verrano incontro LORO, tutti quelli a cui hai do-nato Bellezza, ti verranno incontro Mantelli, Genio, Mirella, Tunin Piasco, saranno loro a sventolare “quel fazzoletto bianco” e da una nuvoletta più lontana spunterà an-che Lui per ringraziarti, quell’ar-chitetto Pietro Maria Cantoregi che progettò una sala teatro, commis-sionata dai Savoia nel XVIII se-colo, per la tua città natale ma che non vide mai la luce se non ora,

grazie anche alla tua determinata volontà. Buon viaggio Vincenzo!

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Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009Direttore responsabile Spessa AndreaRedazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Giancarlo Meinardi Mario Monasterolo Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Anna Simonetti, Pino Tebano, Luciano Fico, Pier Paolo DelboscoSede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti [email protected] Conto corrente postale n° 000003828255Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 2000 copie

Febbraio 2016

MusMusica

Che fare perché l’impegno di volontariato non sia semplice-mente “fare qualche cosa per gli altri” ma assuma i contorni di un processo di cambiamento socia-le? Qui sta il nodo della questio-ne e la difficoltà di declinare le 3 parole: Racconigi, giovani e cambiamento.Cosa manca ai giovani per but-tarsi in modo incisivo in questo mondo lasciandosi interpellare da sfide, ingiustizie e contrad-dizioni presenti in ogni angolo della società?Cosa manca a Racconigi per uscire dal torpore e far sì che le associazioni di volontariato per prime prendano coscienza del loro importante ruolo verso un cambiamento sociale? Esse ri-usciranno a lanciare ai giovani delle sfide allettanti? E i Giova-ni saranno capaci di entrare nel-le associazioni diventando essi stessi fautori di cambiamento e di novità? Tante domande che ci tengono svegli, ma in questo numero di Insonnia forse possiamo trovare delle sollecitazioni dal raccon-to/favola che pubblichiamo in 12-esima pagina: “Il pozzo della

TIRABASSI GIORGIO “ROMANTICA”di Giuseppe Cavaglieri“Romantica” è il primo album che vede il celebre attore Giorgio Tira-bassi in veste di musicista e inter-prete. Un viaggio nel tempo alla riscoperta di un patrimonio senza tempo, 14 brani più una bonus track per raccontare la tradizione popolare della canzone romana trasportati in un universo sonoro elegante e ricercato che spazia dal jazz, al manouche, passando per il tango, la bossanova e la milon-ga. L’album, prodotto da Giusep-pe Vadalà per l’etichetta Nuccia, vede la partecipazione straordi-naria di Carlotta Proietti e vanta

agli strumenti una formazione di assoluto rilievo nel mondo del jazz: Luca Chiaraluce (chitarra), Massi-mo Fedeli (fisarmonica), Daniele Ercoli (contrabasso, bombardino, flauto, voce) e Giovanni Lo Cascio (batteria). Romantica nasce dal de-siderio di Tirabassi - attualmente impegnato nelle riprese della se-conda serie di Squadra Mobile per Canale 5 - di portare alla luce una parte ancora nascosta del repertorio romanesco, che è ricco di serenate e drammi popolari di amore, di dolo-re e di malavita: “Fior de verbena, ar monno nun c’è rosa senza spina né core innamorato che nun pena” come recita uno degli stornelli. “La scelta di Giorgio Tirabassi osserva Marcello Teodonio, titolare della cattedra di letteratura romanesca all’Università di Roma Tor Vergata - è una selezione oculata e accurata di canzoni romane (con una scap-pata “fuori porta“, com’è d’obbligo nelle migliori tradizioni, in terra di Ciociaria, con Arziti bella) garbate, melodicamente accattivanti, cura-te nella modulazione della voce e nell’accompagnamento, classiche insomma perché al tempo stesso romantiche (e cioè drammatiche e liriche al tempo stesso) e antiche (giacché anche le poche che sceglie del repertorio moderno sono diven-tate dei classici), a combattere e

respingere lo stereotipo del romano attaccabrighe e vistoso, incline alla battutaccia sguaiata e alla parolac-cia. Giacché il romano invece, il romano di Tirabassi, sta tutto qui: “T’ho da parlà, pe ditte tante cose”. L’album è un primo punto di arrivo di un percorso che ha portato Tira-bassi negli anni precedenti, a suo-nare questo repertorio dal vivo in diversi club e locali della capitale. Prima che inizi la tourneè in giro per l’Italia, l’occasione per ascolta-re alcuni di questi brani – “Stornelli di malavita”, “Tango romano”, “Il castello” e “Le stelle…”, eseguiti però in trio – sarà il ritorno di Ti-rabassi a teatro con “Coatto Unico senza intervallo”. Lo spettacolo, che ha debuttato il 19 gennaio alla Sala Umberto di Roma, rimonta l’o-riginale di 16 anni fa, nato per dare voce ai personaggi di periferia, vera anima popolare della Città Eterna e messo in scena, negli anni, nei luoghi tipici della cultura di strada, dai centri sociali al carcere di Re-bibbia. La sua passione per la mu-sica nasce da giovanissimo, all’età di 15 anni, quando scopre Django Reinhardt e il piacere di suonare la chitarra. Una passione che non l’ha mai abbandonato, anzi, al contra-rio è cresciuta sempre di più, così come la sua straordinaria curiosi-tà che lo ha portato ad ascoltare i

musicisti più diversi, dagli Area a Sergio Bruni, dai Led Zeppelin a Claudio Villa. Ma il romanissimo Giorgio Tirabassi, allievo di Gigi Proietti e formatosi artisticamente negli anni d’oro di Gabriella Fer-ri e Luigi Magni, non poteva che approdare alla straordinario patri-monio della tradizione musicale romana. Ma, attenzione, non si tratta di cantare “tanto pe’ cantà“: Roma diventa sì il centro assolu-to ma non la Roma da cartolina, quella del folklore kitsch e degli stereotipi ma la Roma più verace con i suoi uomini e donne, le sue carceri, la malavita, le sue piazze e le sue strade uniche al mondo e Tirabassi, dopo una ricerca nata ai primi anni ’80 e che è ancora in corso, con “Romantica” inten-de restituire una fotografia di una città cha ha un repertorio ricchis-simo che si tramanda da secoli.

Grande Rana”. Un gruppo di rane vive una situazione di oppressione nell’acqua stagnante al fondo di un pozzo. Sono governate da una grande rana che opprime e sfrutta i suoi simili. Accadono delle cose per cui ad un certo punto non solo le rane prendono coscienza della loro situazione ma con un proces-so di “coscientizzazione” riesco-no a cambiare la realtà e ad uscire dal pozzo assaporando la libertà.Quindi è la coscientizzazione che dà la spinta. Non si tratta di sapere solo che le cose non vanno. Quel-lo lo sappiamo già, basta ascolta-re le conversazioni nei bar. Quello che serve è altro. Serve una spinta ulteriore che porti ad essere prota-gonisti del cambiamento. Paulo Freire, grande educatore brasiliano spiegava la coscientiz-zazione come un processo attra-verso il quale si ottiene: 1. Consapevolezza della realtà so-cioculturale condizionante la vita individuale. 2. Consapevolezza della capaci-tà di trasformazione della realtà agendo su di essa.Riusciranno i nostri giovani rac-conigesi in questa impresa?

entro dicembre 2016

2016

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