in balia delle onde

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la Grave Cerebrolesione Acquisita raccontata dai pazienti e dalle loro famigliea cura di Micol Bronzini

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TERRITORIO E RICERCA 5

Questo volume stato nanziato con i fondi del Progetto Prin 2005, Salute e diseguaglianze sociali in Italia. Progetto di costruzione di una rete integrata di osservatori regionali

la Grave Cerebrolesione Acquisita raccontata dai pazienti e dalle loro famiglie

in balia delle onde

Micol Bronzini

a cura di

Copyright 2009 by affinit elettive vicolo Stelluto 3 - 60121 Ancona tel. e fax 071 2800514 www.affinita-elettive.it e-mail: [email protected]

Tutti i diritti riservati

Limmagine di copertina stata realizzata da Piergiorgio Bruno

affinit elettive

Indice

Prefazioni 1. Unepidemia silenziosa, M. Bronzini, G. Cotichelli, R. Fusaro, C. Ridol, M. Vallasciani 1. Premessa 2. La vita violata: i meccanismi difensivi 2.1 Il paziente 2.2 La famiglia 3. Il quadro attuale dei servizi 3.1 I Medici di Medicina Generale 3.2 LUmea 4. Il disegno della ricerca 4.1 Lindagine quantitativa 4.2 Lindagine qualitativa 2. Nella trama narrativa, M. Bronzini 1. La struttura della narrazione 1.1 La competenza 1.2 La performanza 1.3 Aiutanti ed opponenti 1.4 Generi narrativi 2. La struttura stilistica 2.1 Singolare plurale 2.2 Dal caso personale alla rivendicazione collettiva 2.3 Metafore, ripetizioni, antropomorsmi 3. Racconti di naufraghi, M. Bronzini 1. Il naufragio 1.1 Lestraneit alla(della) malattia 1.2 Lantefatto 1.3 Levento 2. Alla deriva 2.1 Il primo impatto 2.2 La rinascita 2.3 Il rientro a casa

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3. Le bussole emotive 3.1 Rotture e transizioni biograche 3.2 La reazione del care giver 3.3 La reazione degli altri familiari 4. LOdissea dei servizi 4.1 Lanello mancante: la presa in carico da parte dei servizi sociali e sanitari territoriali 4.2 La dicolt nellottenere le cose 4.3 Il contrasto tra la specicit delle singole situazioni e la standardizzazione delle risposte 4.4 La relazione con gli operatori sanitari 5. Sulla terraferma: strategie di normalizzazione e nuove rotte 5.1 Il corpo 5.2 Il tempo bloccato, il vivere alla giornata e la speranza 5.3 Lassenza di supporti 5.4 Limportanza del lavoro 4. Sommersi e salvati: le diseguaglianze sociali di fronte alla malattia, M.Bronzini 1. La riorganizzazione del nucleo familiare e limportanza di reti di sostegno 2. Il tessuto amicale 3. La condivisione con chi ha vissuto lo stesso trauma 4. Limportanza dei legami deboli nella ricerca delle informazioni 5. Conclusioni 5. Le reti dellassistenza, G. Cotichelli 1. La qualit assistenziale percepita 1.1 La fase acuta 1.2 La fase post-acuzie 1.3 La fase domiciliare 2. Servizi ed interventi assistenziali integrati 2.1 Il ruolo svolto dai Medici di Medicina Generale 2.2 Il supporto psicologico 2.3 Le prestazioni sociali 3. To care: prendersi cura 4. Conclusioni 6. Verso nuovi orizzonti del welfare, G. Vicarelli 1. Per una nuova epistemologia della cura 2. Corsi e ricorsi del welfare capitalism italiano 3. Guardando al futuro

Prefazioni

Il vissuto di chi ha subito un evento traumatico ha bisogno di essere raccontato. Le barriere della non conoscenza, dellindierenza e della scarsa sensibilit verso un fenomeno che sembra non doverci toccare mai, devono essere abbattute. La comunicazione oggettiva di chi metaforicamente stato viandante, gura tremendamente vera, umana, vissuta per un lasso di tempo imprecisato della sua esistenza, vuole, o almeno spera, di toccare i sensi, in particolare ludito e gli occhi, di chi nella vita ancora spettatore e artece del suo destino. La Grave Cerebrolesione Acquisita in un istante spezza unesistenza trasferendo la persona in una dimensione fatta di sperdimento, soerenza, isolamento, in cui il futuro esiste ma solo in funzione di una quotidiana costruzione del presente. Per dar loro voce stato necessario cercarli uno ad uno nel territorio. Li abbiamo contattati e abbiamo chiesto loro la possibilit di intervistarli. Dei giovani ricercatori sono entrati nelle loro case, si sono messi in ascolto, lasciandoli liberi di raccontarsi senza racchiudere le parole entro i conni di domande rigide. Come per incanto ne emerso un coro di racconti e di esperienze, ognuna a suo modo unica, ma tutte legate da forti vissuti emotivi e da comuni problematiche quotidiane. Ognuno ha espresso, nella sua modalit, il disagio profondo di chi, gi schiacciato da un enorme peso, spesso non trova l dove dovrebbe il sostegno di cui ha bisogno. LAssociazione traumatizzati cranici Andrea spera che questo libro sia unopportunit per condividere queste storie, e cos, sentendoci molti, riuscire a diventare visibili, ad avere voce, a chiedere di essere concretamente sostenuti. Siamo certi che gli elementi di conoscenza oerti dalla ricerca daranno lo spunto alle Istituzioni, ai Medici e a chi fornisce le pre7

stazioni sociali nel territorio marchigiano, per costruire gradualmente una rete di servizi in grado di prendersi realmente carico, in modo coordinato e continuativo, di chi subisce una grave Cerebrolesione. LAssociazione Andrea ringrazia la prof.ssa Maria Giovanna Vicarelli che ha saputo cogliere al meglio il senso da dare alla ricerca, impostandola e dirigendola con la competenza e la passione per il sociale che la contraddistinguono. Un grazie a Micol e agli altri giovani ricercatori che hanno saputo entrare con discrezione ed empatia in un universo cos lontano dalla loro esperienza quotidiana. Inne grazie allIstituto S.Stefano che ha accolto la nostra proposta aancandoci con lesperienza, le risorse economiche e logistiche che hanno reso possibile realizzare un progetto, forse, allinizio, troppo ambizioso per una piccola Associazione come la nostra. LAssociazione traumatizzati cranici Andrea

Io non ho raccontato che quello che ho visto e mi ha maggiormente colpito. Non alla fantasia ho fatto appello, ma alla mia memoria; e i miei compagni darme, anche attraverso qualche nome trasformato, riconosceranno facilmente uomini e fatti (Emilio Lussu, 1937. Prefazione alla prima edizione di Un anno sullaltipiano, Parigi, 1938)

Nel leggere le tante pagine scaturite dalle interviste fatte ad un gruppo di persone con lesioni cerebrali gravi e alle loro famiglie emerso prepotente laccostamento con quello che da molti considerato il pi bel libro mai scritto sulla prima guerra mondiale. Il senso di questo accostamento tutto nella citazione tratta dalla prefazione dellautore alla prima edizione: si tratta di ricordi, di quello che nella memoria rimasto ssato di un periodo pi o meno lungo e che emerge e sfugge ad una ricostruzione rigorosamente cronologica ma non pu essere posto fuori dal tempo e dalla realt perch si tratta di ricordi di vita vissuta, di persone travolte da eventi enormi, trascinate da forze troppo soverchianti e alla ne approdate, naufraghe, ad una vita nuova, diversa, migliore o peggiore, ma ineluttabilmente conseguente a quegli eventi. Di persone e di vite, si racconta, dellambiente in cui le loro vicende sono scorse e tuttora si sviluppano, ambiente che non solo scenograa, fondale, sfondo, ma il mondo fatto di altre persone e di luoghi, di organizzazioni, di relazioni, tutte cose che nei racconti assumono inevitabilmente il ruolo di co-protagonisti in quanto decisivi nella realizzazione degli eventi cos come sono stati e come sono. Variabili indipendenti, le deniremmo se dovessimo analizzarle secondo i metodi della statistica. Ma non questo che cercavamo; non volevamo, se non in parte minore, dei numeri da analizzare. Cercavamo quello che in gran parte non riusciamo a vedere e a capire, pur nella nostra buona fede di terapeuti consapevoli dei nostri doveri etici e deontologici, sostenuti costantemente (almeno no a prova contraria) dalla nostra personale sensibilit e spinta individuale allaiuto e alla comprensione degli altri in condizione di dicolt.9

Cercavamo un altro punto di vista, quello che dovremmo sempre considerare il punto di vista imprescindibile, ovvero quello di chi agli eventi non pu sfuggire perch ne vittima. In un passo di Un anno sullaltipiano Emilio Lussu scrive: Di tutti i momenti della guerra quello che precede lassalto era il pi terribileChi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra. La conosciamo noi, la guerra? Perch di guerra si tratta, lo dicono loro stessi, pazienti e famiglie, una lunga guerra fatta di scontri e battaglie, che prevede alleati e nemici, vittorie e scontte, perdite e conquiste, allontanamenti e riavvicinamenti, sulla linea di un fronte che un giorno si apre, imprevisto e imprevedibile, e a volte non si chiude pi. Cercavamo il racconto di quello che non possiamo vivere, non per voujerismo ma per provare a capire cosa serve veramente per fare in modo che le singole vite e le singole persone non spariscano dentro le categorie (cliniche, sociologiche, economiche) in base alle quali organizziamo il nostro operato di professionisti e le nostre azioni di uomini e donne. stato un bagno di umilt. Deve essere solo un punto di partenza. Massimo Vallasciani Direttore Medico Scientico Istituto di Riabilitazione S.Stefano

di M. Bronzini, G. Cotichelli, R. Fusaro, C. Ridol, M. Vallasciani*

Unepidemia silenziosa

1. Premessa Secondo le pi recenti stime ogni anno in Italia un numero oscillante tra le 6 e le 12 persone ogni 100.000 abitanti riporta menomazioni permanenti, pi o meno gravi in conseguenza di una Grave Cerebrolesione Acquisita. Si tratta di persone che per eetto di una malattia, pi spesso unemorragia cerebrale, o un trauma cranico, nella maggior parte dei casi a causa di un incidente stradale, sono state in coma per almeno 24 ore. Questi eventi patologici solo in un numero minimo di casi si risolvono con il ritorno in breve tempo ad una condizione di vita identica o molto simile a quella precedente, per tutti gli altri rappresentano linizio di un lungo periodo di cure, prima in ospedale e poi in diverse strutture di riabilitazione, il preludio ad una vita intera in condizioni di disabilit pi o meno grave che coinvolgono, per gli eetti economici e psicologici, lintero nucleo familiare e sconvolgono la rete delle relazioni sociali e lo stesso status sociale della persona con disabilit. Mano a mano che ci si allontana dal momento della lesione cerebrale i bisogni sanitari ed assistenziali necessitano di risposte progressivamente meno standardizzate, la cui adeguatezza, sia per molteplicit dei quadri clinici e sociali, sia per la dispersione sul territorio, diviene sempre pi complesso valutare, in un paese, lItalia, che solo negli ultimi anni inizia a colmare una cronica carenza di dati epidemiologici sulla fase acuta e su quella della riabilitazione. Dopo la dimissione dalle strutture ospedaliere, salvo rare eccezioni, sulle persone con Gca e sulle condizioni di vita loro e delle loro famiglie cala un pesante silenzio rotto solo dal clamore mediatico di alcune vicende legate per lo pi a persone con una compromissione grave e permanente dello stato di coscienza (Stato Vegetativo o Stato di Coscienza Minimale). Appoggiando una precisa volont dellAssociazione Marchigiana dei Traumatizzati Cranici Andrea, lIstituto di Riabilitazione S.Stefano ha11

aderito con grande interesse al progetto di ricerca che stato realizzato in collaborazione con il CRISS (Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla Integrazione Socio-Sanitaria) dellUniversit Politecnica delle Marche. Linteresse duplice. Da un lato, per la prima volta, stata realizzata sul territorio regionale una ricognizione sullo stato di salute delle persone con Gca in fase di stato, quella in cui si possono considerare stabilizzate le menomazioni conseguenti al danno cerebrale, dallaltro stato raccolto direttamente dagli utenti il racconto della loro storia clinica e umana acquisendo cos un giudizio sullintero percorso di cura e sui sistemi di sostegno socio sanitario. Giudizio che, nelle intenzioni dei ricercatori e dei promotori della ricerca, costituisce una verica delladeguatezza dellesistente e potenziale agenda per i miglioramenti futuri. Accanto a questo obiettivo principale si voluto raccogliere e pubblicare le storie di malattia perch possano essere una testimonianza corale del disagio e delle dicolt che pazienti e familiari incontrano nel faticoso tentativo di riaprire il dialogo interrotto con la realt circostante, ma anche del coraggio e delle risorse impensabili che famiglie normali riescono a mobilitare quando vengono travolte dal dramma di una malattia che talvolta sembra paralizzante. Molte indicazioni sono emerse dalla ricerca e questa pubblicazione ne una prima riorganizzazione secondo criteri talora originali e non usuali sia per la ricerca epidemiologica che per quella sanitaria. Prima di entrare con maggiore dettaglio nel disegno della ricerca, opportuno, tuttavia, soermarsi su alcune considerazioni di carattere pi generale in merito sia ai signicati sociali che la malattia assume e ai meccanismi di difesa attivati dai pazienti e dai familiari, sia allattuale sistema dei servizi sanitari e sociali che saranno poi facilmente riconoscibili nelle storie raccolte.

grado di inuenzare il decorso della malattia, laccettazione o meno della terapia, i rapporti con il medico, con i familiari, con il mondo sociale e la vita di relazione. Il linguaggio attraverso cui si esprimono la salute e la malattia non solo un linguaggio del corpo, ma anche espressione del rapporto dellindividuo con la societ. 2.1 Il paziente La manifestazione di una malattia, qualunque sia la diagnosi e la prognosi, richiede un continuo sforzo di adattamento ed un profondo cambiamento degli equilibri precedenti alla situazione di crisi. Il primo cambiamento riguarda senzaltro lacquisizione dello status di paziente, ossia il passaggio dallessere una persona sana al diventare malato, e come tale costretto ad adattarsi ad una condizione nuova; ci comporta, da un lato, ovvie reazioni psicologiche allidentit di persona malata, dallaltro, modicazioni inevitabili a carico delle abitudini di vita e di lavoro. La persona che diventa paziente costretta a rivedere profondamente il rapporto con il proprio corpo che inizia ad essere osservato, scrutato e controllato come mai prima. Si passa da un Io disattento alle funzioni psico-biologiche del proprio corpo ad un Io che rinveste su un corpo che richiede attenzioni. In particolare, nel caso della Grave Cerebrolesione Acquisita, il paziente si trova a dover riassestare la propria identit personale che minata dallintegrit sica e dal mutato ruolo psicosociale. Non certo possibile parlare di caratteristiche universali di adattamento, tuttavia possono essere rintracciate delle strategie che ricorrono con regolarit, tanto da permettere di delineare schemi generali utili alla comprensione della realt della malattia dal punto di vista del soggetto malato. La ristrutturazione della propria identit coinvolge alcuni aspetti consapevoli, ma anche e soprattutto dinamiche inconsapevoli meglio note come meccanismi di difesa. Questi permettono di continuare a vivere contenendo lansia, la depressione o la rabbia, che derivano necessariamente dalla consapevolezza della malattia e consentono un po di respiro durante il periodo di adattamento alla nuova situazione. Ogni persona attiva il meccanismo di difesa che pi le si addice a seconda della sua struttura di personalit e del contesto sociale di appartenenza, ma pu anche ricorrere a pi meccanismi contemporaneamente nelle diverse fasi del periodo di adattamento. Lutilizzo delle difese dipende13

2. La vita violata: i meccanismi difensivi La malattia presenta sempre un profondo signicato sociale, occupa un posto, per quanto sgradito e temuto, nella vita delle persone, impone limiti e sde alla comune aspettativa di salute. Non possibile scindere la malattia somatica dalla reazione psicologica, che diviene in12

anche dallet e dallintensit degli stimoli nocivi, dolorosi e angoscianti che il paziente deve ltrare o contrastare. Non bisogna pensare che i meccanismi di difesa siano una strategia che aumenta necessariamente le dicolt di adattamento alla realt, al contrario il fatto che si tenti di difendere la propria identit salutare, purch ovviamente tali meccanismi siano adeguati al contesto in cui lindividuo si trova a lottare. Lo stile difensivo la variabile principale che inuenza le modalit di adattamento del paziente alla malattia cronica. Una strategia frequente nei pazienti adulti lintellettualizzazione: un investimento massiccio nella ricerca di aspetti legati alla razionalit e allo studio delle cause obiettive che hanno portato alla malattia. Di solito i pazienti che ricorrono a questa modalit difensiva leggono moltissimo circa la loro aezione, conoscono controindicazioni e caratteristiche dei farmaci che devono assumere, cercano di aggiornarsi sulle tecniche terapeutiche e sulla dislocazione dei migliori centri ospedalieri sul territorio. possibile ritenere che chiunque si appoggi a questo comportamento viva nella inconsapevole illusione che la conoscenza approfondita della malattia ora maggiore sicurezza e, quindi, maggior controllo e maggiori possibilit di successo sul piano terapeutico. Questo meccanismo pu presentare degli aspetti adattivi: il medico e il personale sanitario possono contare su una buona collaborazione da parte del paziente; mentre il rischio maggiore rintracciabile nelloccupazione impropria di spazi gestionali della malattia (cambiamento del piano farmacologico prescritto o adozione di comportamenti non congrui al proprio stato di salute) giusticati dal paziente con argomentazioni di tipo razionale. Unaltra strategia che rende possibile la fase di riadattamento alla vita, che segue il manifestarsi e lo stabilirsi della malattia la negazione. Questa consiste nel negare che laezione possa avere, per il paziente, conseguenze dicili da accettare su un piano di conservazione della propria autonomia e dellimmagine di s rispetto al sistema di valori e di aspettative strutturate nel tempo. Si manifesta soprattutto nelle prime fasi della malattia e pu spiegare tutta una serie di atteggiamenti del malato, dalla resistenza agli esami clinici no alla negazione dellevidenza. Il paziente scotomizza la realt dolorosa (non vuol vedere, non vuol udire, non vuol sapere); fugge il pi possibile il contatto realistico con la sua condizione. Evitare il contatto con tutte quelle realt che sospetta dolorose un modo per annullarne lesistenza. Questa difesa pu anche avere un valore adattivo, in quanto14

pu permettere di minimizzare la funzione dellansia. Il valore disadattivo si verica, invece, quando la persona non riesce a cogliere il senso soggettivo ed oggettivo della limitazione. Si pu arrivare al caso estremo in cui il paziente riuta le cure necessarie al suo stato, o si sottrae attivamente ai trattamenti periodici di cui pu necessitare. La negazione resta comunque una difesa immatura e nella maggior parte dei casi debole, incapace di reggere lurto dellevolversi della malattia. Altra strategia ricorrente, che rappresenta anchessa una modalit adattiva alla minaccia della propria salute, la regressione. Questa pu manifestarsi con vari atteggiamenti: passivit, dipendenza, restrizione del campo degli interessi. Si difende regredendo chi si fa fare tutto senza reagire, chi dorme tutto il giorno e riversa sui medici e sui familiari ogni responsabilit della malattia e del suo iter. La storia personale del malato varia con il variare dellesperienza maturata prima della comparsa della malattia e con i condizionamenti dopo il suo esordio. In questo senso nella storia di ogni malattia ha molta importanza stabilire in che fase di vita essa si manifestata. In una fase della vita in cui la costruzione della struttura di personalit non ancora completata, il paziente, sia pure a fatica, pu integrare lesperienza di essere malato nella propria auto percezione; quando invece la maturazione gi completa la possibilit di reazione varia maggiormente a seconda della personalit e, come si visto, delle modalit di risposta dei meccanismi difensivi. Possiamo costruire un itinerario tipico: a) In una prima fase il soggetto avverte la percezione di un disagio e della persistenza/comparsa del sintomo in maniera determinata. A questo punto il soggetto acquisisce il suo status di malato: un preciso ruolo sociale che nella nostra cultura determina il dovere di curarsi; b) La seconda fase determinata dalla verica dellecacia della cura intrapresa: essa pu avere un buon esito, soggettivamente rilevabile con un miglioramento dei sintomi, oppure, come accade spesso nella Gca, questi possono restare immutati, migliorare in maniera non signicativa, o addirittura peggiorare. in questa situazione che si ricerca una conferma o una correzione delloperato medico; c) Con il cronicizzarsi della malattia il paziente entra in un processo che impone la progressiva ristrutturazione della propria identit personale ed attiva intense strategie difensive. in questa fase che compare pi spesso una strategia depressiva, interpretabile con una sospen15

sione della propria spinta vitale in attesa che venga reinvestita verso il lavoro di ristrutturazione. Molto rare sono le strategie difensive reattive di carattere aggressivo che portano il paziente a compensare la minaccia alla sua salute e alla sua integrit personale, con comportamenti in cui egli diventa aggressore: bisogno di imprecare, di noticare agli operatori sanitari le mancanze di premura o di attenzione dei familiari; denunciare senza fondamento lorganizzazione sanitaria e presunte carenze di professionalit soprattutto dei medici a cui sono stati adati; d) Inne, con la conferma della diagnosi e la formulazione di una prognosi accurata, il paziente si adatta, o non si adatta, alla propria realt con una o pi strategie combinate. Il successo o linsuccesso sar anche legato alla capacit che avranno coloro che circondano il paziente di incoraggiare e rinforzare i meccanismi difensivi pi maturi, le strategie pi complesse e soddisfacenti, le modalit maggiormente compatibili con un buon livello di vita. Laiuto che viene dallesterno pu essere fondamentale al malato ed in primo luogo dovrebbe evitare quello che invece nella nostra cultura assistenziale prevalente: la cura e lattenzione esclusive al corpo dellindividuo. 2.2 La famiglia. Imparare ed essere di aiuto ad un proprio caro che sta male un compito complesso che richiede tempo, amore, conoscenze, risorse umane e materiali, nonch un profondo cambiamento della propria vita. La gura che accetta di assumere su di s la responsabilit di un cambiamento cos profondo nasce spesso, per gemmazione spontanea, allinterno del nucleo familiare. Se il malato lobiettivo degli sforzi, la famiglia il mezzo attraverso cui si concretizza lintervento di assistenza (soprattutto se domiciliare). necessario rendersi conto che gli operatori sanitari non prendono in carico solo il malato, ma tutto il contesto familiare con tutti i suoi bisogni e le sue ansie. Non sempre il malato ad aver maggior bisogno di sostegno e aiuto psicologico. La dicolt della famiglia di gestire un malato nascono dallimpatto con la straordinariet della situazione, che impone aspetti nuovi da capire e da risolvere e uno sconvolgimento della routine quotidiana.16

Oltre che un fenomeno in s, la risposta della famiglia alla malattia importante sia perch indica come prevedibilmente aronter il percorso di malattia, sia perch inuenza il percorso del paziente. Ammalandosi lindividuo attiva, intorno al suo gruppo familiare di riferimento, una serie di dinamiche dierenti a seconda dellatteggiamento che assume per primo lui stesso, legato alla funzione che ricopre e determinato dallinterazione con i familiari. Schematizzando si pu ritenere che due siano gli ordini di conseguenze che pi spesso si manifestano: a) Conseguenze legate allinsorgenza della malattia e alle sue fasi iniziali, che possono aver determinato un grosso impegno psicologico da parte dei membri; b) Conseguenze legate ai problemi economici o di gestione ordinaria della vita familiare. Naturalmente questi ordini di conseguenze non si escludono a vicenda ma, anzi, si integrano reciprocamente attivando una riorganizzazione complessiva della famiglia che inizia a pensarsi cambiata, cercando necessariamente di comprendere la realt del familiare malato. Non dobbiamo dimenticare che la malattia un evento che inevitabilmente apre una crisi nel sistema familiare alterando le normali dinamiche e le relazioni parentali. Il modo in cui una famiglia reagisce e si confronta con questa esperienza limite dipende in parte dalle precedenti dinamiche familiari, in parte dalla capacit dei servizi di fornire un reale sostegno e contenimento dei sentimenti evocati e messi a nudo, sia dalla malattia che dallassistenza continua. Alcune modalit di reazione sono piuttosto comuni tanto che si possono riconoscere quattro tipologie di risposte diverse tra loro. Le prime sono di ordine depressivo, con intensi vissuti di perdita e rivisitazioni nostalgiche della realt precedente alla comparsa della malattia stessa. Allinterno di questa dinamica il paziente spesso subisce il contagio espressivo della famiglia che gli viene comunicato, direttamente o indirettamente, oppure, pu diventare il ricettacolo proiettivo dei sensi di colpa e di inadeguatezza familiare. La famiglia pu inoltre esprimere unaggressivit latente verso se stessa, con vissuti di inadeguatezza nei confronti delle esigenze del familiare malato o verso il paziente stesso, che ha avuto la responsabilit di aver attentato alla coesione e alla felicit del gruppo familiare. Molto frequenti sono le espressioni di contrasto che la famiglia esprime17

nei confronti del personale medico ed infermieristico. La conseguenza di questo atteggiamento la creazione di una scarsa e dicile collaborazione, in quanto questi ultimi possono venir vissuti come incompetenti od inutili, rispetto al loro compito di guarire il paziente. Si vericano, quindi, quei comportamenti che si ripetono spesso nelle storie di queste famiglie: la ricerca incessante di nuovi clinici, centri specializzati, con frequenti abbandoni e ritorni, che rendono molto dicile la gestione del caso. Di tuttaltro ordine sono le reazioni delle famiglie che accettano come ineluttabile, e quindi in maniera passiva, tutte le direttive impartite dagli operatori sanitari. Indubbiamente questatteggiamento presenta degli aspetti che favoriscono la completa dipendenza dal medico e dagli operatori, che trovano unalleanza indiscussa nei familiari. Il rischio latente di queste strategie responsive riguarda il ruolo attivo del familiare malato; molto spesso vengono tralasciate le ricerche di strategie che attivino le risorse interne del paziente e del suo nucleo familiare e amicale, trascurando il suo spazio di promozione allinterno della societ, che potrebbe essere compatibile con laezione che lo ha colpito. Unaltra forma possibile di risposta del gruppo-famiglia rientra nella pi generale strategia negatoria che, come si detto, spesso presente anche nel paziente. Questo controllo emozionale, si traduce in un incremento del reciproco senso di solitudine che aumenta, piuttosto che ridurre, la distanza emotiva allinterno della famiglia. In questo caso si assegna, implicitamente, un ruolo centrale alla malattia, che puntualmente si tende a stimare non tanto grave quanto il personale sanitario vuol far credere. Il forte desiderio di normalizzazione pu portare allabbandono delle prescrizioni mediche, dei controlli periodici e questi comportamenti sono spesso rinforzati dalla famiglia che ignora la condizione del proprio congiunto. Tutte queste risposte tendono a chiudere, allinterno della problematica familiare, lelaborazione di strategie adattive. Una reazione che invece ammetta lingresso delloperatore consente una buona collaborazione tra i membri e unimmagine realistica della malattia stessa. Si pu perci cercare di vedere oltre il conne dei limiti eettivi dellaezione e individuare un campo perseguibile di obiettivi dierenti. importante che il paziente avverta intorno a s un clima orientato alla promozione della migliore qualit di vita possibile. Il rapporto con i suoi familiari ha perci un ruolo decisivo, cos come la previsione di un collegamento prolungato, e a volte frequente, tra il personale sanitario e la famiglia. Gli obiettivi e le18

modalit per raggiungerli sono certamente molti e dierenti e il loro grado di condivisione porta necessariamente a delle condizioni diverse. Capita che si crei unalleanza tra la famiglia e il personale ospedaliero, che spinge il paziente nella direzione desiderata. La buona intenzione, che sottende questo comportamento, pu tuttavia trascurare gli aspetti psicologici del paziente che fungono da resistenze e che, a lungo termine, possono giocare un ruolo decisivo nei confronti delladattamento. Abulia, tristezza, sensazione di non essere compreso, dicolt nel ricostruire unimmagine di s modicata dallevento patologico, rappresentano alcuni degli ostacoli pi comuni. La famiglia e il personale clinico spesso incorrono nellerrore di accusare il paziente di scarsa motivazione, di poca iniziativa personale, di pigrizia; osservazioni che possono considerarsi anche fondate, ma che non raccolgono la reale problematica del familiare in dicolt e che portano ad una personale difesa del paziente nei confronti dellalleanza. Non meno frequente la possibilit che la famiglia e il paziente siano in qualche modo uniti contro gli operatori di cui non hanno ducia o simpatia. Questa situazione ha come ovvia conseguenza lallontanamento dalloperatore e la sostituzione con un altro di gran lunga migliore. Pu capitare tuttavia, che questa alleanza riconosca sempre, al di fuori della famiglia, i limiti causati dalla malattia e di conseguenza, rimanga imprigionata in un giro di operatori sanitari di cui sempre perennemente scontenta. Molto pi rare sono le possibilit di accordo esclusivo tra paziente e loperatore. Le radici di questa scelta possono essere fatte risalire ad un disturbo di relazione pre esistente tra il paziente e la sua famiglia, che la malattia non ha fatto altro che slatentizzare. La frequenza e limportanza dei sentimenti di colpa e di angoscia dei familiari, merita qui una riessione ulteriore. Loperatore sanitario spesso considera il familiare un postulante pedante perch pretende continuamente spiegazioni a volte su sottigliezze poco signicative. Vive continuamente nella necessit di parlare con i medici e gli infermieri, come se le spiegazioni non bastassero mai. In realt la richiesta di comunicazione sui fatti, quando diventa ossessiva, nasconde unaltra istanza: quale atteggiamento sia pi giusto, per liberarsi dallangoscia di colpa che molto frequente. Se, per una ragione qualsiasi, il parente si sente in colpa nei confronti del congiunto che si ritrova ad essere malato, per sfuggire allangoscia conseguente, cercher di negare la colpa, ma senza conoscere latteggiamento da assumere in tale sostituzione. La ricerca di una via di uscita si19

esprime appunto nel continuo parlare a tutti, soprattutto a chi occupa il ruolo di guaritore, nella speranza che qualcuno lo discolpi. Chi incolpa se stesso per la malattia di una persona amata pu sempre trovare qualche colpa reale. Chi invece, ha bisogno di incolpare gli altri, trover sempre un infermiere negligente o un medico incompetente e disonesto che possono essere scelti come capri espiatori. Quando un paziente viene dimesso dallospedale, tutto lonere dellassistenza ricade normalmente sui familiari. Tutta una serie di compiti importanti, gestiti in ospedale da tecnici professionisti, si trasferisce alla famiglia. In pi, a dierenza dei dipendenti dellospedale, che fanno turni ed hanno ferie e giorni di riposo, i familiari sono a disposizione 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Quando il paziente debilitato al punto da dipendere da altri per la cura personale, in genere emerge nella famiglia, la gura di un assistente principale: una gura di riferimento che nel prosieguo chiameremo care giver. Il care giver si assume le maggiori responsabilit dellassistenza e della cura sica del paziente. La malattia cronica o fortemente invalidante trascina, inoltre, con s mutamenti di ruolo forzati e non graditi. Un marito potrebbe assumere per la prima volta il compito di cucinare, fare la spesa, pulire, lavare e prendersi cura dei gli. Una moglie pensare alle riparazioni della casa, alle nanze, alle questioni legali o a gestire unazienda familiare. Se alcuni pazienti cedono con relativa facilit i vecchi ruoli, altri lottano per conservarli. I familiari, a loro volta, possono avere maggiore o minore capacit di assumere ruoli inediti dal momento che le nuove responsabilit possono spaventare. Alcuni ruoli non trovano soggetto, generando nella famiglia notevoli scompensi, altri possono essere ricoperti prematuramente lasciando sentire il paziente estraneo ed escluso. Per molti familiari normale, in caso di necessit, assumere oneri gravosi; altri possono essere motivati da sensazioni di obbligo verso il malato o dal desiderio di risanare un rapporto, oppure dal desiderio di esprimere gratitudine e aetto. Le esigenze di unassistenza complessa possono interferire con la capacit della famiglia di rilassarsi, di ritagliarsi momenti di piacere, di distacco, di indipendenza o di fornirsi reciproco sostegno. I care giver hanno sempre meno tempo per il lavoro, il riposo, la vita sociale, ossia per tutti quegli aspetti che contribuiscono a procurare sollievo e benessere. Le responsabilit dicili e continuative, lisolamento e la mancanza di reali momenti di graticazione, portano spesso ad un sovraccarico20

sopportabile solo per un periodo limitato di tempo. In questo contesto anche la visita di un conoscente, per quanto ben intenzionato, pu aumentare lonere della famiglia. Esacerbati dalle dicolt, i familiari possono percepire i visitatori come insensibili, inadeguatamente allegri o fastidiosamente tristi; possono risentirsi perch il visitatore pu andare e venire a piacimento, mentre loro sono costretti a sostenere il ritmo costante e pressante dei molteplici impegni.

3. Il quadro attuale dei servizi Prendere in esame linsieme delle strutture, dei servizi e delle gure professionali che vengono chiamate in causa nel quadro clinico, assistenziale e riabilitativo delle Gca, implica entrare nellottica dellintegrazione socio-sanitaria, dove strutture sanitarie e sociali vengono coinvolte in vario modo e a diverso titolo. Ogni storia di vita e di malattia dei un soggetti colpiti da Gca presenta tali e tante variabili che lintegrazione socio-sanitaria si impone sin dalla comparsa della patologia, delineando quello che possiamo denire un vero e proprio percorso integrato dellassistenza. Il quadro clinico-assistenziale delle Gca pu essere schematizzato in tre fasi: acuta, post-acuta e degli esiti. La comparsa dellevento patologico attiva la rete dellemergenza (118, Pronto Soccorso, Punti di Primo intervento), cui segue lospedalizzazione in area critica (Rianimazione e Neurochirurgia). In successione si apre poi la fase della degenza o lungodegenza post-acuzie e della riabilitazione iniziale, per poi arrivare, non sempre, alla fase della residenzialit o del domiciliarit che coincide con una stabilizzazione del quadro clinico, la denizione di un percorso riabilitativo e di integrazione familiare e sociale, scolastica o lavorativa, quando ci si rende possibile. In questo ampio scenario entrano in gioco anche fattori importanti legati al territorio, alle condizioni socio-economiche, alloerta dei servizi e alla complessit della domanda. Nel caso specico della Regione Marche, il Piano Sanitario Regionale per il 2007-2009 evidenzia il bisogno di Unit ad alta specialit riabilitativa (Unit spinale, Unit risveglio) da inserire nel contesto della rete dei servizi, nellottica gi presente dellhub and spoke1, di un centro altamente specializzato, rappresentato dallA.O.U. di Torrette, cui sono21

collegati i vari Pronto Soccorso e reparti di Rianimazione della regione. Sono questi che sono coinvolti nella fase dellacuzie, insieme alle funzioni svolte sul territorio, nel momento dellidenticazione precoce della sintomatologia delle Gca, dagli stessi MMG e dalla Guardia medica che rappresentano in sostanza il primo servizio attivato dagli utenti stessi. Il secondo livello interessa sostanzialmente la fase post-acuzie e la riabilitazione in ambiente protetto. Queste sono garantite nella regione da una rete privata convenzionata che fa capo allIstituto Santo Stefano. Nella terza fase, quella legata al ritorno a casa e ai servizi sul territorio, vengono coinvolte professionalit del territorio, quale il Medico di Medicina Generale o lAssistente Sociale del Comune che si confrontano con altre gure e servizi, relativamente nuovi, come nel caso degli infermieri dellADI, o dellequipe multidisciplinare dellUMEA. Rappresentano quelloerta socio-sanitaria territoriale che stata introdotta da meno di due decenni nel nostro paese, con un bagaglio esperienziale ancora tutto da sviluppare e da strutturare lungo il dicile percorso del lavoro e della progettualit multidisciplinare e multiprofessionale, ove vengono messe in gioco proprio la capacit professionale di mettersi in rete e di fare rete assistenziale. Tutto ci si rapporta a sua volta con il vasto e composito universo della residenzialit che costituito da strutture private e pubbliche, dalle RSA ai centri diurni comunali a varie Case Albergo. Il risultato quello di avere un quadro generale di servizi che in certi casi si sovrappongono lun laltro nelloerta lasciando in altri campi diversi vuoti assistenziali, specie in relazione al bisogno centrale di reinserimento sociale, scolastico e lavorativo proprio delle Gca. Si registra una notevole dicolt di attivare nei fatti un sistema integrato a rete in una regione come le Marche caratterizzate da una bassa popolazione (1,5 mln. di abitanti circa) dispersa su di un territorio ampio dove le comunicazioni fra piccole e grandi citt non possono seguire sempre la logica regionale dellhub and spoke, che risulta pi facilmente riproducibile a livello territoriale lungo le strutturazioni orograche consentite dalla struttura a pettine della regione stessa (dorsale appenninica e collinare che si interseca con larea costiera e delle vallate). Nella sostanza i servizi e le prestazioni coinvolti alla terza fase delle Gca sono quelli che appaiono come la parte pi debole di tutto il percorso assistenziale, dove si intensicano le testimonianze relative alle criticit presenti sia al livello organizzativo generale, sia, volta per volta, al singo22

lo servizio o al singolo operatore. Ecco cos che larea dei servizi relativi alla domiciliarit assume una valenza importante, sia perch chiamata a rispondere ai bisogni dei soggetti colpiti da Gca, teoricamente per tutto il restante arco di vita (e non solo per il ristretto tempo dellospedalizzazione o della fase riabilitativa) sia perch deve rappresentare un punto di forza, di riferimento, di coordinamento e di intervento integrato riuscendo a riprodurre sul territorio quellhub and spoke gi esistenti per lospedale e la riabilitazione. In tutto ci la gura del MMG, dellassistente sociale, loerta residenziale e i servizi ADI ed UMEA assumono una centralit evidente. Medici di Medicina Generale ed Umea in particolare dovrebbero rappresentare il punto di forza per unoerta integrata sul territorio. 3.1 I Medici di medicina generale Nella schematizzazione precedentemente relativa alle fasi cliniche della Gca, la gura del MMG compare sia nel momento acuto che in quello di presa in carico a livello domiciliare. Questi rappresenta lassistenza medica primaria sul territorio con un ruolo sanitario chiave, ora eerente (invio verso altri servizi) ora aerente (presa in carico da parte di altri servizi). Del resto la funzione che da sempre il medico di base ha svolto storicamente nel nostro paese (e in tutti gli altri pi in generale), dal riconoscimento giuridico delle condotte mediche, con la L. 5849 del 1888 no ai giorni nostri. Una funzione ben descritta dallo stesso Accordo collettivo nazionale del 20052: 1. Le funzioni ed i compiti individuali del medico di assistenza primaria sono cos individuati: a. servizi essenziali: gestione delle patologie acute e croniche secondo la miglior pratica e in accordo con il malato, inclusi gli interventi appropriati e le azioni rilevanti di promozione della salute ; b. gestione dei malati nellambito dellAssistenza domiciliare programmata e integrata: assistenza programmata al domicilio dellassistito, anche in forma integrata con lassistenza specialistica, infermieristica e riabilitativa, in collegamento se necessario con lassistenza sociale[]; c. assistenza programmata nelle residenze protette e nelle collettivit, sulla base degli accordi regionali previsti dallart. 53, comma 1, lett. c).

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Il MMG quindi, per il suo stesso mandato, un servizio vero proprio, il primo in ordine di importanza sul territorio con tutta una serie di compiti e funzioni articolati e compositi che costituiscono la prima risposta ai bisogni globali della salute della popolazione. Non a caso la sua presenza a livello nazionale di circa 47.022 unit, che signica 8,02 medici ogni 10.000 abitanti per una media di assistiti di circa 1080 per ogni medico di base3. Dai dati Istat si rileva che le Marche non si discostano dai valori nazionali con una presenza di 1.241 MMG, cio 8,14 ogni 10.000 abitanti ed una media di 1.076 assistiti. A ci vanno aggiunte le funzioni esplicate dai PLS (Pediatri di libera scelta), relativi alla popolazione no a 14 anni di et, e quelle delle varie Guardie Mediche sparse sul territorio a copertura delle fasce orarie notturne (dalle 20 alle 8) e dei giorni festivi e prefestivi. In denitiva i numeri suggeriscono la presenza di una buona copertura assistenziale a livello territoriale, documentando per il nostro paese la media pi alta al mondo4 di un medico ogni 165 abitanti. Quanto detto risulta utile, invece, per poter aermare che mandato istituzionale, ruolo professionale, compiti del servizio e diusione sul territorio del MMG attestano il ruolo centrale nellassistenza medica primaria. Nello specico delle Gca, come gi stato detto, la diagnosi precoce e la fase domiciliare diventano i punti cruciali del percorso assistenziale, e in ci la gura del medico assume una valenza centrale, sia per i soggetti malati che per le loro famiglie. 3.2 LUmea Laltro servizio che riveste una rilevanza centrale sul territorio, e lungo il percorso assistenziale integrato, lUMEA5 (Unit Multidisciplinare dellEt Adulta). Questa stata istituita con la Legge Regionale n.18/96 al ne di permettere la promozione e il coordinamento delle politiche di intervento in relazione allarea della disabilit. una unit operativa dotata di autonomia gestionale e tecnico professionale costituita a livello distrettuale o interdistrettuale presso le Zone Territoriali (ex-ASL) dellASUR delle Marche. Presso ogni singola Zona territoriale sono state costituite in merito le commissioni apposite per laccertamento del handicap, come previsto dallart. 4 della legge 104/92 (legge che in buona parte regola lo svolgimento del servizio in questione), che demanda alle varie Unit Multidisciplinari la presa in carico dei soggetti con disabilit.24

Le funzioni svolte dallUMEA sono: - informazione e prevenzione; - consulenza e sostegno della famiglia; - collaborazione con enti ed istituzioni; - accertamento del handicap e compilazione della diagnosi funzionale; - interventi per la cura e riabilitazione precoce della persona handicappata; - elaborazione del prolo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato; - verica del progetto educativo ai ni dellinserimento sociale e lavorativo; - periodici controlli sullandamento del soggetto nelle fasi evolutive dal punto di vista clinico, relazionale, delle capacit residue e delle potenzialit di apprendimento. Nello svolgimento dei compiti suddetti lUMEA collabora e si confronta continuamente con altri servizi ed istituzioni, in particolare con le amministrazioni locali, le associazioni di volontariato ed i centri per limpiego e lavviamento professionale. Inoltre le UMEA: elaborano ed attuano percorsi dintegrazione e raccordo con i dipartimenti e/o servizi di neurologia e riabilitazione, il dipartimento di salute mentale, i medici di medicina generale, il servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI), le residenze socio-sanitarie e con altri servizi, anche residenziali, comunque interessati6. Laggettivo che accompagna la denominazione del servizio non a caso multidisciplinare in quanto diverse gure professionali vengono coinvolte: - un neurologo; - uno psicologo; - un assistente sociale; - educatore professionale; - sociologo; - un siatra - tre tecnici della riabilitazione (un logopedista, un psicomotricit, e un sioterapista); - vari consulenti sanitari specici a seconda del tipo di handicap presentato.

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Quanto riportato in merito al ruolo dellUMEA risulta funzionale come strumento di raronto per lanalisi dei dati emersi dalle interviste che verranno presentate nelle pagine successive, ove si nota una forte criticit delle funzioni svolte da tali servizi a sostegno delle famiglie e dei pazienti colpiti da Gca. Un quadro del resto gi noto e riportato nello stesso Piano Sanitario Regionale 2007 2009 della Regione Marche7, dove viene sottolineato8 che: Lutenza seguita nellanno 2004, pur in assenza di criteri univoci per denire la presa in carico, pari a n. 10.971 soggetti, suddivisi come segue: UMEE: n. 6.127 con unincidenza di 1.816 nuovi utenti nellanno 2004; UMEA: n. 4.844 con unincidenza di 479 nuovi utenti nellanno 2004. Comparando i dati complessivi (10.971) dei soggetti seguiti dalle Unit Multidisciplinari con il numero dei beneciari degli interventi di cui alla LR 18/96 nellanno 2004 (6.971), appare evidente uno scarto dicilmente giusticabile se non per carenze nel processo di valutazione, presa in carico e progettualit.

4. Il disegno della ricerca Alla luce della complessit dello scenario evidenziato nelle pagine precedenti, si ritenuto opportuno strutturare lindagine empirica in due fasi, una prima fase di carattere quantitativo ed una seconda di natura pi qualitativa. 4.1. Lindagine quantitativa Nella prima fase si proceduto ad una ricostruzione quantitativa del fenomeno, attraverso la raccolta di dati che consentissero di fotografare lentit dello stesso - seppure in modo parziale e con riferimento alla sola realt marchigiana - e le caratteristiche socio-demograche della popolazione interessata. A tal ne, a partire dal database fornito dalla principale struttura di riabilitazione della Regione, lIstituto S.Stefano, relativo ai pazienti dimessi dallUri (Unit di risveglio) dall1/1/2000 al 30/06/2005, sono stati individuati 205 pazienti da contattare. Sebbene la Gca di origine traumatica dierisca da quella non traumatica sia per prognosi che per et dei soggetti colpiti, si scelto di26

considerarle entrambe in maniera unitaria dal momento che i bisogni assistenziali nella fase degli esiti risultano in larga parte analoghi. Per lindagine quantitativa si fatto ricorso ad interviste telefoniche, attraverso la somministrazione di un questionario strutturato, nalizzato a rilevare alcune caratteristiche relative alla composizione del nucleo familiare, alle risorse sociali mobilitabili, ai servizi attivati e allentit del trauma subito. Sono state realizzate complessivamente 91 interviste telefoniche9. I dati raccolti sono stati elaborati con una duplice nalit: descrivere pi nel dettaglio la situazione dei soggetti colpiti da Gca in fase post acuzie per quanto concerne sia i contatti con i servizi, pubblici e privati, che le risorse familiari mobilitate; individuare dierenti tipologie di pazienti, a partire dalle quali selezionare i nuclei familiari da coinvolgere nella seconda fase dellindagine. Dalle interviste telefoniche possibile ricavare numerose informazioni in merito alla struttura familiare e alla rete sociale, allevento traumatico subito, ai servizi utilizzati, alle attivit quotidiane del soggetto traumatizzato ed alle restrizioni della partecipazione sociale. Solo in un terzo dei casi lintervista telefonica stata condotta personalmente con il paziente, mentre nel 46% dei casi stato il care giver principale a fornire le risposte al questionario, nella maggioranza dei casi il partner (40%), un genitore (31,3%) o un glio (25%). Questo non sempre riconducibile ad una impossibilit del primo di comunicare adeguatamente; piuttosto si riscontrato frequentemente un atteggiamento iperprotettivo dei familiari che tendono a sostituirsi al paziente, evitandogli in questo modo di rievocare momenti dolorosi. Da ci traspare come, in alcuni casi, anche a distanza di anni, levento traumatico10 abbia lasciato un segno indelebile nei rapporti e nei ruoli allinterno della famiglia, in particolare fra il care giver e la persona che ha subito il trauma: permane sovente, infatti, la tendenza a preoccuparsi dellaltro, a proteggerlo anche quando viene meno realmente il bisogno di farlo. Se ci, da una parte, evita alla persona traumatizzata ulteriori soerenze, come quelle connesse al fatto stesso di raccontarsi, allo stesso tempo la sottrae dalla consapevolezza di s, per esempio rispetto a ci che ora, invece, in grado di fare. Quanto alle caratteristiche socio-demograche dei soggetti con Gca coinvolti nello studio, due terzi sono di sesso maschile e solo un terzo di sesso femminile; si tratta per lo pi di adulti dai 41 ai 60 anni (33%), seguiti dagli over 60 (25%), dai giovani in una fascia det dai 31 ai 40 anni27

(24%) ed in ultimo dai giovanissimi (18%). La provenienza geograca risulta distribuita in modo abbastanza uniforme tra le province marchigiane: il 31% risiede nella provincia di Ascoli Piceno, il 30% in quella di Ancona ed un altro 30% nel maceratese. Larea di Pesaro-Urbino risulta, invece, sottorappresentata (9%), tanto da far ipotizzare che gli utenti l residenti si rivolgano a strutture a loro pi vicine approttando delle regioni connanti. Rilevante anche la zona di residenza, dal momento che questa inuisce sulla disponibilit di servizi, oltre che sul tessuto sociale mobilitabile. Il 42% dei soggetti vive in una zona periferica, solo il 29% in unarea centrale, il 14% in un luogo isolato e un ulteriore 14% in una frazione. Let degli intervistati si riette sul loro stato civile: prevalgono, infatti, le persone coniugate o conviventi (il 61,5%), mentre i celibi/nubili sono in numero considerevolmente inferiore, il 34%, e ancor pi marginale la presenza di vedovi/e (il 3%). Pi di un terzo dei soggetti (35,2%) in possesso del diploma di scuola media superiore; il 30,8% ha conseguito il diploma di scuola media inferiore; il 18,7% ha la licenza elementare e solo il 9,9% una laurea. Da questo punto di vista occorre considerare, per, che se levento che ha portato alla Grave Cerebrolesione Acquisita occorso in giovane et, ci pu avere compromesso la possibilit di proseguire gli studi. Il 24% degli intervistati non lavorava11 gi prima dellinsorgere della Gca, gli altri erano in prevalenza operai ed impiegati (rispettivamente il 29% ed il 15%), artigiani e commercianti (14%), ma anche libero professionisti ed imprenditori (4%). In seguito allevento, come era da attendersi, la quota di occupati scende, invece, a poco pi del 15%: il 9% operai, il 2% impiegati e il 3% si divide equamente fra imprenditori, artigiani ed insegnanti. Un 2% rientra nella categoria dei cosiddetti inserimenti protetti, una delle modalit previste dal collocamento mirato stabilito dallart. 2 della legge n. 68 del 199912. La maggioranza dei soggetti, l85%, continua a vivere in famiglia ed il restante 15% si distribuisce tra RSA, Unit per stati vegetativi e case di riposo. Quanto alla numerosit del nucleo familiare, escludendo dallanalisi i soggetti istituzionalizzati prevalgono famiglie di 3 o 4 componenti (in entrambi i casi il 29%), ma non mancano nuclei composti da due sole persone (21%) o da 5 o pi (21%). Nel caso delle famiglie di tre persone si tratta quasi esclusivamente di coppie con un glio/a e per lo pi la persona con Gca uno dei coniugi (60%).28

Il 70% dei soggetti ha almeno uno dei due genitori ancora in vita e nella maggior parte dei casi abita nello stesso quartiere dei loro gli (56%). Nove persone su dieci hanno, inoltre, un fratello od una sorella, che per abitano, per lo pi, in altri comuni (44%).

Domicilio genitori Stesso quartiere Stesso comune Altro comune 56,5 21,0 22,6

Domicilio fratelli/ sorelle 25,9 29,6 44,4

Per quanto concerne lorganizzazione del nucleo familiare, nel 58% dei casi, in seguito allevento traumatico, sono intervenuti dei cambiamenti rilevanti allinterno del nucleo familiare. Questi possono essere di vario tipo e riferirsi allattivit lavorativa, come labbandono del lavoro da parte di un familiare per assistere il soggetto, allabitazione (nel 17% dei casi in seguito allevento la persona, o il nucleo familiare, ha cambiato abitazione) , al ricovero del soggetto presso una struttura, o alla composizione del nucleo familiare (non infrequente lingresso di un nuovo componente per assistere il soggetto, ad esempio uno zio od una zia, o di una badante). Leziologia della Gca si distribuisce equamente tra gli intervistati tra traumatica e non traumatica; nello specico, in un caso su due la Cerebrolesione dovuta a ictus, ischemie, tumori ed altre patologie, seguono gli incidenti stradali (41%), gli infortuni sul lavoro (8%) e solo in misura residuale (appena l1%) gli incidenti domestici. Quanto agli esiti della stessa, il questionario prevedeva tre domande aperte sulle attuali dicolt nello svolgimento delle attivit quotidiane, la capacit di interazione e lorganizzazione della giornata. Il 46% dei soggetti intervistati non assolutamente in grado di svolgere le attivit quotidiane, il 26% presenta alcune dicolt ed il restante 27% si dichiara, invece, del tutto autonomo. Uno su due ha recuperato una piena capacit di interazione, il 19% non in grado di interagire adeguatamente con lambiente, il 13% solo in parte, il 18% con dicolt. Dalla domanda aperta sulle attivit quotidiane possibile ricavare quanti vivono unicamente tra le mura domestiche e quanti, invece, escono seppure con29

una diversa regolarit. Occorre premettere che non tutti hanno risposto alla suddetta domanda, ma tra i rispondenti il 49% esce in modo pi o meno abituale, il 26% non esce mai ed il restante 26% poco. Limitando lanalisi a coloro che presentano dicolt nello svolgimento delle attivit quotidiane, nella quasi totalit dei casi a prendersi cura principalmente del soggetto13 un familiare (92%), o un altro parente (24%). Tuttavia, nel 18% dei casi stata menzionata anche la badante e nel 12% un operatore socio-sanitario o un assistente domiciliare. Quanto allaiuto nello svolgimento delle attivit quotidiane, nel 35% dei casi gli intervistati dichiarano di non essere aiutati da nessuno in particolare; per i restanti si conferma limportanza dei familiari (32%), mentre amici, conoscenti e vicini di casa vengono indicati in via del tutto residuale (6%), e sono sopravanzati dagli operatori soci-sanitari (9%). Uno degli aspetti che interessava maggiormente approfondire il ricorso ai servizi da parte delle famiglie, con particolare riferimento a quelli presenti nel territorio. Sotto questo prolo, stato chiesto ai soggetti se avessero usufruito, negli ultimi sei mesi, dei seguenti servizi: sioterapia, assistenza domiciliare, assistenza domiciliare integrata, consultorio, assistenza psicologica, gruppi di auto mutuo aiuto, associazioni di volontariato o altro. Anche in questo caso, vale la pena limitare lanalisi ai quei soggetti che hanno dichiarato dicolt nelle attivit quotidiane, escludendo quindi coloro che hanno avuto una ripresa pressoch completa. In merito, emerso che negli ultimi 6 mesi, nonostante tali dicolt, il 36% dei rispondenti non ha usufruito della sioterapia e solo in meno della met dei casi perch non ne ha avuto bisogno.Fisioterapia Assistenza domiciliare 63,6 9,7 16,7 62,9 4,5 15,2 6,5 1,6 19,430

Adi 9,5 63,5 1,6 4,8 20,6

S Non ne ha avuto bisogno Non ne aveva i requisiti Non ne era a conoscenza Altro

Assistenza Volontariato psicologica 14,3 6,6 58,7 63,9 3,2 6,3 17,5 9,8 19,7 6,6

Ancora minore stato il ricorso allassistenza psicologica, allassistenza domiciliare o allAdi ed al volontariato, ma in proposito gli intervistati hanno dichiarato per lo pi di non averne avuto bisogno. Contrariamente alle attese questo dato non sembra inuenzato dal luogo di residenza, fatta eccezione per coloro che vivono in una zona isolata che non hanno fatto ricorso ad alcun servizio, se non la sioterapia, e anchessa in misura minore rispetto agli altri. Qualche considerazione ulteriore merita il dato relativo al sostegno psicologico, soprattutto alla luce di quanto emerso dalle interviste qualitative, nelle quali in diversi casi si lamentata la mancanza di un simile supporto. In proposito va precisato che nella voce altro sono compresi anche coloro che non hanno usufruito dei servizi di assistenza psicologica del territorio perch vi hanno fatto ricorso privatamente. Tuttavia, non si pu trascurare quel 59% dei casi che dichiara di non averne avuto bisogno: gli eetti alquanto invalidanti di una Grave Cerebrolesione, il medio-lungo percorso di riabilitazione e la solitudine, dopo la dimissione dallospedale, che tutte le persone intervistate hanno espressamente sottolineato sembrano tradire questo non bisogno. Pertanto viene da chiedersi se ci non sia dovuto in realt ad una scarsa conoscenza dei servizi e al peso di una mentalit/cultura che tende a far da s e ad occuparsi privatamente, quasi in silenzio, delle proprie sventure. Daltra parte, per, il fatto stesso che il 73% delle persone contattate per lintervista telefonica abbia dato la propria disponibilit a partecipare anche alla seconda parte della ricerca potrebbe rivelare non solo lesigenza della maggior parte delle famiglie di raccontarsi, seppur ripercorrendo con dolore un momento drammatico della loro esistenza, ma anche la necessit di farsi ascoltare, di far sentire la propria voce e forse anche la speranza di riuscire ad ottenere in questo modo un aiuto concreto. Prima di entrare nel dettaglio, nei capitoli seguenti, di quanto emerso dalla seconda parte dellindagine, vale la pena accennare alle caratteristiche di coloro che si sono detti disponibili alle interviste in profondit. In un terzo dei casi la persona intervistata telefonicamente il paziente stesso, nel 44% il care giver principale e nell11% il care giver saltuario. Nel 59% dei casi lintervistato convive con la persona traumatizzata e si tratta per lo pi del partner (41%), di un genitore (28%), o di un glio/a (28%). Tra coloro che hanno dato la propria disponibilit alla seconda parte prevalgono le fasce det centrali mentre risultano sottorappresen31

tati i giovani e gli over 60. Ma, soprattutto, andando ad incrociare il dato relativo alla disponibilit alla seconda parte della ricerca e al mantenimento di contatti con lAssociazione Traumatizzati con quello relativo alla presenza di eventuali dicolt nello svolgimento delle attivit quotidiane, che costituisce in un certo senso unindicazione della gravit delle condizioni di salute, si nota il prevalere di un interesse per la ricerca e per le iniziative dellassociazione tra le famiglie con dicolt maggiori.

- 3 casi di persone che hanno recuperato in modo pressoch totale le funzionalit precedenti, e che presentano unicamente leggeri disturbi sul piano sico (ad esempio, una maggiore facilit a stancarsi) o cognitivo (ad esempio una maggiore dicolt nel ricordarsi le cose o nella concentrazione). 4.2.1 La medicina narrativa Nello specico, per questa seconda fase, si fatto riferimento alla medicina narrativa (Kleinman 1980; Good 1999; Charon 2001). Da pi versanti si sta riscoprendo limportanza delle narrazioni di malattia, sul presupposto che il racconto della propria storia di malattia contribuisca a restituire un senso e a ricomporre una biograa spezzata dallinsorgere della stessa. La malattia, infatti, pervade i vissuti soggettivi, che a loro volta si riorganizzano attorno ad essa, e diventa il lo conduttore di una trama pi ampia allinterno della quale i conni tra salute e malattia tendono continuamente a sfumare. In questottica la narrazione diventa al tempo stesso un modo per (ri)costruire lesperienza ed il signicato attribuito alla propria malattia e per comunicarlo. Sotto il prolo sociologico, le storie di malattia consentono di proiettare una nuova luce sui signicati sociali della malattia, sul rapporto tra il corpo malato, il S e la societ. La medicina narrativa presuppone, quindi, che il paziente, o i suoi familiari, raccontino liberamente il proprio vissuto di malattia. chiaro che il racconto della illness ossia dellesperienza soggettiva della malattia (Kleinman 1980) da parte del paziente e da parte dei familiari sono due cose molto diverse: solo il primo, infatti, pu raccontare il suo personale vissuto della propria esperienza di malattia, mentre i secondi hanno accesso unicamente al loro vissuto del fare esperienza della malattia di unaltra persona. Da questo punto di vista, se si chiedesse di raccontare il vissuto di malattia al solo paziente, ai soli familiari e a tutto il nucleo riunito, molto probabilmente ne risulterebbero tre diverse narrazioni. Consapevoli di questa dierenza sostanziale, nella messa a punto del disegno della ricerca si discusso in merito allopportunit di svolgere le interviste in profondit in due momenti distinti, prevedendo un incontro con il solo paziente, ed uno successivo con i familiari, al ne di raccogliere in maniera separata la narrazione di entrambi. Si ritenuto, per, che ci potesse rappresentare una richiesta eccessiva nei confronti di famiglie gi seriamente gravate da molteplici dicolt quotidiane, senza contare che in33

Dicolt nello svolgimento delle attivit quotidiane S No Totale

Disponibilit alla seconda parte 77% 64% 73%

Disponibilit a mantenere i contatti con lassociazione 72% 52% 66%

4.2 Lindagine qualitativa Nella seconda fase si scelto di privilegiare un approccio qualitativo, in quanto la patologia in esame, proprio per la sua complessit e variet fenomenologica, presenta un potenziale euristico che a nostro avviso una metodologia qualitativa permette di valorizzare meglio. Tra le 65 famiglie che hanno espresso la loro disponibilit a partecipare a questa seconda fase della ricerca, ne sono state selezionate 41 con le quali si voluto approfondire, attraverso interviste in profondit di tipo qualitativo, il vissuto di malattia a partire dallevento traumatico (et al momento del trauma, presenza o meno del coma, assistenza ricevuta, eventuali ospedalizzazioni successive, ecc.) per arrivare alla attuale (ri)organizzazione familiare e alle prospettive future. Sotto il prolo della gravit degli esiti, i 41 casi si distribuiscono come segue: - 2 casi di persone in stato di ridotta o assente responsivit; - 17 casi di persone con grave disabilit che necessitano di assistenza continuativa per la presenza di decit motori, cognitivi o comportamentali; - 19 casi di persone con moderata o lieve disabilit che necessitano di assistenza ma in modo non continuativo per il permanere di decit motori, cognitivi o comportamentali;32

molti casi potevano sussistere delle dicolt oggettive legate ai problemi di memoria e di parola del paziente. Pertanto, si preferito sacricare, in parte, linteresse scientico dando la possibilit alle famiglie di scegliere, di volta in volta, in che modo condurre la narrazione, senza forzare le persone a ripercorrere un vissuto particolarmente doloroso. Da questo punto di vista, si constatato anche che alcune volte il paziente, sebbene nelle condizioni di raccontare in prima persona, ha scelto di lasciare la parola ai propri familiari o, addirittura, di non essere presente. In questo modo si sono perse delle testimonianze importanti, per, pi che in altre circostanze, in questo caso la famiglia nel suo complesso a trovarsi coinvolta nella malattia del proprio caro, per cui il racconto corale che ne deriva non certo meno importante. Anzi, come sottolineato in alcune interviste, a volte lapproccio medico incentrato unicamente sul paziente nisce con il trascurare il carico che i familiari portano sulle proprie spalle. Dal momento che si scelto di non vincolare la narrazione al solo paziente, spesso si assistito, quindi, ad una sorta di espropriazione della malattia dal malato. O meglio, ad una espropriazione dellesclusivit della malattia che non appartiene pi a un individuo, bens a una famiglia (Good, 244) allinterno della quale emerge, in genere, un narratore principale, autorizzato e deputato a raccontare quella che diventer La storia uciale di malattia. importante, per, che al momento dellanalisi si distingua tra esperienza diretta, mediata e rappresentazione della malattia per valutare ladabilit e la fedelt del portato di esperienza. Si tratta, quindi, di avere ben presenti le diverse prospettive sulla malattia quando si leggono le storie raccolte e distinguere, ad esempio, a seconda che il care giver racconti la propria esperienza diretta di vita con il malato, lesperienza mediata, ossia lesperienza del malato come questultimo lha descritta, o lesperienza rappresentata, ossia lesperienza del malato quale egli si immagina che sia. La stessa distinzione si riproduce anche nel caso in cui sia il paziente a parlare e a raccontare come i suoi familiari gli descrivono la loro esperienza o quale si immagina che sia la loro esperienza di vita con lui. 4.2.2 Il prolo degli intervistatori e la conduzione delle interviste Unaltra precisazione necessaria concerne la conduzione delle interviste che si discostata, in parte, da quanto previsto nelle narrazioni di malattia in merito alla non direttivit del racconto. Pur condividen34

do, infatti, limportanza di una libera esplorazione del vissuto di malattia, data la necessit di trarre alcune informazioni sulla soddisfazione nei confronti dei servizi e sulle criticit riscontrate, stata prevista una traccia comune per le interviste, al ne di approfondire: - la dinamica dellevento e del percorso riabilitativo; - il vissuto empatico sia del soggetto colpito, che del caregiver e della famiglia (collaborante, di riuto, passivo); - la riorganizzazione familiare in seguito allevento; - il rapporto con i servizi e con gli operatori: ruolo, interazioni, facilitazioni, ecc. Se, dunque, in una intervista non direttiva i problemi, lordine della narrazione e gli atteggiamenti sono selezionati liberamente da chi narra, in questo caso, invece, alcuni temi di riessione sono stati proposti dagli intervistatori. Sotto il prolo temporale la narrazione ha abbracciato tutte e tre le fasi della Gca: acuta, post-acuta (riabilitativa) e degli esiti. In particolare, per quanto concerne levento invalidante ed il ricovero ospedaliero, si prestata attenzione alla narrazione dellaccaduto, allimpatto emotivo sul paziente e sui familiari, al percorso nei servizi, al coinvolgimento dei familiari durante la fase riabilitativa, al supporto ricevuto da parenti, amici e vicini in questo frangente e al ruolo del MMG. I racconti si sono sviluppati, poi, con riferimento alle dimissioni, con particolare riguardo alle informazioni ricevute in merito agli aspetti sanitari-assistenziali, alla rete dei servizi e alle procedure necessarie per attivarla, alle aspettative ed ai timori nutriti, al coinvolgimento del paziente e dei familiari nel programma riabilitativo. Inne ci si focalizzati sul rientro a casa, con particolare attenzione allevoluzione della patologia, alla gestione quotidiana dellassistenza, al ricorso ai servizi e al rapporto con gli stessi, ai cambiamenti nellambiente domestico, al grado di autonomia del paziente nella ripresa della vita quotidiana, alle modiche nella vita familiare, al supporto delle reti sociali e comunitarie. Ad ogni incontro si sono presentati due intervistatori precedentemente formati, uno con il ruolo di conduttore dellintervista, laltro di osservatore dei contenuti non verbali. Data la delicatezza del tema la preparazione degli intervistatori costituisce un aspetto di estrema rilevanza, pertanto si prestata attenzione sia alla scelta dei soggetti da coinvolgere che alla loro formazione. In tal senso sono stati individuate persone che, a vario titolo, avessero gi maturato una certa sensibilit per questi temi: due assistenti sociali, una psicologa ed un infermiere professionale. In due35

casi si trattato di soggetti con una precedente esperienza lavorativa presso lIstituto S. Stefano, che quindi avevano una conoscenza diretta delle problematiche in oggetto. Per coloro che non erano entrati in contatto con questa realt in precedenza stato previsto, invece, un primo momento formativo con una terapista della riabilitazione, che dopo aver presentato i principali aspetti della Gca li ha introdotti in reparto, anch potessero fare esperienza de visu del contesto e delle situazioni in esame. Si deciso, inoltre, di coinvolgere a tutti gli eetti gli intervistatori nelle riunioni del gruppo di ricerca nella quali stata elaborata la traccia da seguire nella conduzione delle interviste e si sono discusse alcune delle problematiche che sarebbero potute emergere nel corso delle stesse. Una volta che ciascuna coppia di intervistatori ha completato le prime due interviste stato previsto un secondo incontro per vericare le eventuali dicolt e condividere le prime impressioni. Lo stesso avvenuto al completamento della rilevazione. A tal proposito utile riportare alcune delle osservazioni emerse: in particolare, stata valutata positivamente la scelta di svolgere le interviste in coppia. A detta degli intervistatori, infatti, sebbene la rigida separazione delle due funzioni di conduttore e di osservatore sia gradualmente venuta meno si vericata una naturale evoluzione nella coppia con lemergere spontaneo di una complementariet nei ruoli. Inoltre, se da un lato la presenza di un solo intervistatore probabilmente avrebbe lasciato maggiore spazio per i silenzi, dallaltro proprio lintervento di una seconda voce fuori campo ha consentito in diverse circostanze di interrompere alcuni silenzi altrimenti dicili da gestire, allentando la tensione di certi passaggi del vissuto di malattia. Le narrazioni sono state registrate e successivamente trascritte14. Seguendo Cardano (2007) le storie di malattia raccolte sono state poi analizzate sia sotto il prolo della struttura delle narrazione che dei contenuti. Prima di dare spazio alle storie di malattia, occorre per ricordare anche quel non parlato, fatto di pause, silenzi, gesti, posture - alzare le spalle, sfregarsi nervosamente le mani no a contorcerle ma soprattutto sguardi. Un dato che accomuna pressoch tutti gli involontari protagonisti di questo dramma corale il guardare intensamente negli occhi il proprio interlocutore, perch sostenere uno sguardo carico di angoscia e di sconforto il minimo che si possa chiedere a chi domanda di essere in qualche modo legittimato a entrare nella nostra vita, seppure solo attraverso la sua narrazione.

* Sebbene il capitolo sia frutto di un lavoro condiviso, il paragrafo 1 stato scritto da M. Vallasciani, il paragrafo 2 da C. Ridol, il paragrafo 3 da G. Cotichelli, il paragrafo 4.1 da R. Fusaro e il paragrafo 4.2 da M. Bronzini. 1 Hub and spoke: letteralmente mozzo e raggi, immagine utilizzata per delineare lorganizzazione dei servizi, dove quelli ad alta specializzazione vengono centralizzati in una struttura specica, di primo livello, strettamente collegata con servizi complementari di secondo o terzo livello sparsi sul territorio. 2 Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, capo secondo, Assistenza primaria, articolo 45, comma 1. 3 Dati Istat relativi allanno 2005. 4 AA.VV. (2006) The economist: Il Mondo in cifre, 2006, Roma ed. Internazionale. 5 Cui si aanca nei riguardi assistenziali dei minori lUMEE (Unit Multidisciplinare Et Evolutiva) 6 Legge Regionale delle Marche n.18/1996 7 Nel capitolo relativo allarea della disabilit, viene scritto quanto segue: Da unindagine conoscitiva, realizzata nel 2005 dallASUR, sulle modalit organizzative e di funzionamento delle UMEE e UMEA nelle diverse Zone Territoriali si evidenziano, accanto a punti di forza e singole buone pratiche, le seguenti criticit e disomogeneit sul versante organizzativo, metodologico, formativo: a) organico sottodimensionato rispetto alla popolazione potenziale; b) carenza, precariet o inadeguatezza del personale, soprattutto delle gure professionali quali neuropsichiatra infantile e psicologo; c) inadeguatezza della collocazione strutturale e logistica; d) insuciente investimento sulla formazione e sulle metodologie di lavoro multi- interprofessionale; e) scarsa integrazione istituzionale con gli altri soggetti e servizi territoriali. 8 Op. citata pag. 118. 9 La notevole restrizione rispetto ai 205 pazienti originariamente individuati dovuta ad impossibilit nel reperire alcuni nominativi, numerosi decessi intervenuti nel frattempo, riuti a sostenere lintervista telefonica e compilazioni parziali o interrotte. 10 Nel prosieguo si utilizzer questa espressione sia per le Gca di origine traumatica che per quelle di origine non traumatica. 11 Ricomprendendo i disoccupati, i pensionati ed i soggetti con altra condizione non lavorativa. 12 Secondo la normativa, per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilit nelle loro capacit lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione. 13 Il quesito prevedeva la possibilit di risposte multiple, per cui le risposte fornite sono superiori al numero dei casi. 14 Solo in un caso la persona non ha consentito la registrazione dellintervista, per cui le operatrici si sono limitate ad appuntarsi i passaggi principali del racconto.

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Nella trama narrativadi Micol Bronzini

1. La struttura della narrazione Le narrazioni di malattia raccolte possono essere analizzate in molti modi. Il livello di analisi pi immediato chiaramente quello dei contenuti; le storie hanno qualcosa da dire: un messaggio, o pi messaggi, da comunicare, sui quali ci si soermer a lungo nei capitoli seguenti. Accanto allanalisi dei contenuti, vale la pena, per, proporre alcune osservazioni preliminari sulla struttura narrativa, ossia sulle forme con cui tali contenuti vengono espressi. Sotto questo prolo le testimonianze raccolte mostrano notevoli analogie con narrazioni di malattia relative a patologie molto diverse, come quelle sul male mentale (Cardano 2007). Anche nel caso della Gca, possibile rintracciare un compito centrale adato ai protagonisti, la conquista del cosiddetto oggetto di valore (Greimas 1983), che pu consistere in un miglioramento nelle condizioni di salute o, nei casi peggiori, nella strenua difesa di quelle attuali contro il rischio di un ulteriore deterioramento. Una volta denito quale sia il compito centrale, per i protagonisti si apre la ricerca e lacquisizione delle risorse e delle competenze necessarie a portarlo a termine (fase della competenza). Questo processo include sia il graduale conseguimento di una serie di cognizioni sulla patologia, sia lanamento di skills operative su come gestire la situazione, sia, inne, la ricerca delle terapie pi efcaci o degli specialisti migliori. Le risorse e le competenze cos acquisite devono poi tradursi nellesecuzione materiale di una serie di attivit per lo svolgimento del proprio compito (fase della performanza). Sia nella fase della competenza che in quella delle performanza i protagonisti possono essere sostenuti da aiutanti e ostacolati da gure opponenti. Rispetto, poi, al grado con cui loggetto di valore viene raggiunto possibile distinguere narrazioni progressive, regressive e di stabilit. Su queste basi nei prossimi paragra verranno rianalizzate brevemente alcune delle storie raccolte.39

1.1 La competenza In molti racconti la conquista delloggetto di valore si associa al pellegrinaggio verso un luogo cui si attribuiscono qualit particolari, o vere e proprie virt magiche, un luogo dicile da raggiungere, tanto che il viaggio reale nisce con il diventare una metafora di quello ideale. Allo stesso modo, nelle parole degli intervistati colpisce come n dalle primissime fasi lOspedale Regionale venga rappresentato come il punto di riferimento e di speranza. Difatti, nei momenti immediatamente successivi al trauma o allevento patogeno, quando ancora i familiari ignorano il percorso che li attende, tutto sembra giocarsi attorno alla possibilit di raggiungere in tempi rapidi questa meta. Nei passaggi seguenti luso metonimico e personicato della citt dove ha sede lOspedale Regionale per indicare questultimo non fa che raorzare enfaticamente laspettativa nutrita.Marito: e niente subito dalla TAC si visto che cera un versamento a destra, non era cos importante, tant che contattata Ancona, e Ancona disse che non cera un posto, niente, per dato il quadro clinico, Ancona disse Monitoratela, fate una TAC fra quattro o tre ore, non ricordo, poi vediamo. Lei non ha mai, mai perso conoscenza. Per alla ne per problemi ortopedici e questi altri problemi, per cercare di trovare la soluzione migliore fu pensato di trovare la possibilit di fare un ricovero in Ancona in Ortopedia, almeno ha la Neurochirurgia l. E questa stata la fortuna non so se chiamarla fortuna o sfortuna per lei (452) Moglie: allora solo pochi dottori facevano quel tipo di intervento e grazie a Dio uno stava l ad Ancona. Bastava un attimo in pi, un giorno in pi chemagari scoppiava tutto! Dobbiamo ringraziare Ancona per questo (516) Madre: cera l il dottore e gli ho detto: Dottore guardi, a me non me la porti n a **, n a *** Dice il medico: Dove la vuole portare? dico: Ad Ancona perch mi sento un po pi sicura. (529) Sorella: perch se io non cho la fortuna di passare per Torrette1, e vado direttamente a ***, passano anche 2 o 3 mesi. Perch il calendario delle prenotazioni lunghissimo. (427)

dierenti. In genere la ricerca di un luogo, di un medico o di una terapia miracolosa non pu dirsi mai del tutto conclusa, a meno di un pieno recupero, dal momento che basta la notizia di una guarigione, di una nuova struttura o di una nuova tecnica riabilitativa per rimettere in moto la speranza. Come si vedr, in numerose interviste si richiama in proposito limportanza dei canali mediatici. I passaggi seguenti testimoniano queste odissee che contraddistinguono la fase della competenza.Madre: noi siamo stati anche allestero. Siamo stati distanti dalla zona mesi, mesi, mesi, e mesi (407) Sorella: poi una volta io ho parlato con un neurochirurgo di Roma perch comunque quando un familiare sta male(427) Moglie: abbiamo sentito anche altri dottori: un dottore di **, poi un altro dottore di ***. Io dico, per, a volte uno sente due o tre dottori per le sciocchezze e per le cose cos graviuno ha diritto di vedere anche 50 dottori! [] Dopo qualche tempo siamo andati ad Ancona per fare la broncoscopia e vedere se era possibile togliere la tracheo. Quando hanno tolto la tracheo si sono subito accorti che le pareti della trachea non erano pi elastiche, come se si fossero allentate e quindi hanno dovuto rimetterla. Il Dottor ****, della pneumologia, ci ha consigliato di fare lintervento per sistemare la trachea. Siamo andati a ***** dal professor ******. Lui un professore che fa anche i trapianti di polmoni. Questo era Marzo 2005. Siamo stati un mese preciso. Alla ne di Marzo siamo tornati a casa e il 15 Aprile niva gli anni. Abbiamo festeggiato il compleanno e poi siamo subito partiti per lAustria. Siamo stati 6 mesi, siamo tornati ad Ottobre. Poi siamo tornati di nuovo in Austria per tre mesi da Luglio ad Ottobre del 2006. [] Poi c un altro problema: il piede sinistro lussato. Mi hanno detto che c un dottore bravo a *******, forse andremo l a fare una visita. (441) Marito: perch logicamente uno non perde mai la speranza di poter migliorare. Soprattutto in questo caso che per me Lei mi peggiora e se qualcuno ha trovato qualche persona che ha risolto qualche problema e per forza loccasione di poter provare, di vedere. Io adesso condo molto su questo ricovero che ho fatto di un mese a *** in modo di poter valutare Ci ho messo un anno e mezzo per prendere appuntamento per la visita, ho aspettato altri tre mesi per il ricovero e ho fatto adesso va beh! Quella era comunque una cosa da fare per valutare (452) Moglie: Una volta lo abbiamo portato su a **** da un neurologo che l famoso. (455)41

In realt, proprio come accade nei racconti, lOspedale Regionale si rivela ben presto solo la prima tappa di un lungo percorso di malattia: da qui, infatti, che le vicende dei personaggi si snodano lungo traiettorie40

Padre: Lo abbiamo portato su a ***** dopo 3 anni per la parte sica. Lo abbiamo portato dal sioterapista della squadra del ***, quindi abbiamo cercato sempre Lo abbiamo portato su e l a risolto, servito. Tutto quello che abbiamo fatto servito, anche se non ha raggiunto il 100%...questo un altro discorso, per (531) Marito: poi andando avanti abbiamo fatto delle ricerche perch poi uno non si da mai pace, no? Nel senso che uno si chiede se sta facendo tutto il possibile percio uno si chiede tutte ste domande, perch uno sembra che va a Milano e tutti sono scienziati. Uno non si da pace nch non testa tutto. Sul televisore avevano fatto vedere a *** una clinica, allora siamo andatiop, completamente, perch portata fuori dal suo ambiente familiare, si trovata l e si riutata di far tutto. Siamo stati su quattro mesi ed stato un incubo, incubo proprio. Si riutava di fare tutto e invece lei bisogna metterla nelle condizioni di lavorare, se no si riuta e fa i capricci come i bambini. Dopo abbiamo fatto delle ricerche a ***** per tutto quello che riguardala cosa cognitiva. (533) Moglie: da Ancona siamo andati a ***, un mese siamo andati a *** Me lo avevano consigliato a me perch mi avevano detto che erano molto bravi. (549) Madre: abbiamo provato a sentire altri Istituti, anche attraverso la televisione, ogni tanto ci sono questi casi del risveglio dal comaun attimo ci pensi, provi a contattarli [] Due o tre anni fa abbiamo provato a contattare un centro di ***, che una fondazione da 0-18 anni. Siamo andati l facendo un controllo periodico una volta lanno. Lultima volta labbiamo fatto a gennaio dellanno scorso. Per stai l venti giorni fai il dosaggio, fai lEEG, i soliti esami di routine che alla ne chiamando la Croce Verde e andando allospedale qui riesco a fare anche qui, evitando spostamenti (559) Madre: labbiamo portato da tante parti perch ci siamo voluti levare la soddisfazione (557) Marito: quando le successo il fatto, non sono riusciti ad embolizzare questo groviglio di vene che si era formato, e non sono riusciti ad embolizzarlo chirurgicamente. Abbiamo trovato un sistema con un intervento di radiochirurgia a *** che un attrezzo che hanno acquistato, nuovo nuovo. Siamo andati lass e abbiamo fatto lintervento per fare questa chiusura, poi siamo ritornati al Santo Stefano, ma per poco tempo perch abbiamo deciso di ritornare a casa. (495)42

La fase della competenza abbraccia anche lacquisizione delle tecniche e delle abilit per accudire il paziente, per dargli da mangiare, per sollevarlo, cambiarlo, ecc. ma anche le astuzie apprese o scoperte per arontare alcune dicolt pratiche: Marito: tagliarle le unghie sembra una stupidaggine ma io le settimane non gliele taglio le unghie; allora, adesso tanto tanto, adesso ho scoperto, per esempio, che lei non deve vedere mentre gliele taglio, cio non posso tagliarle le unghie con la mano davanti, la devo nascondere, in modo che lei non veda, la faccio distrarre, lei non vede allora se le fa tagliare altrimenti non vuole (404) Moglie: un po pigro anche perch capisco che gli dar fastidio, gli far male per carit adesso ce lha con me perch sono quella che lo forza che lo fa bere, perch lui beve poco allora per forza l quando faccio il brodo cerco di farglielo bere ma sempre una guerra perch non lo vuole, perch glielo devo dare io con il cucchiaio. Alla mattina il latte glielo do io perch lui prende o le fette o i biscotti, quello che c, mangia il solido e il liquido me lo lascia l, allora la mattina glielo do io per mezzora una guerra e si gratta e siperch non cha voglia di prenderlo, le trova tutte. Perch lui aveva dicolt con il liquido, gli davo lacqua solida e dopo invece piano pianose io gli do lacqua semplice fatica un po di pi, io per farlo bere gli preparo la macedonia, faccio laranciata, ci metto dentro la banana o una pera o una cosa e cos con quel pezzettino dentro me la manda gi meglio [] ha prurito dietro la schiena gli da fastidio, normale, io lo metto di anco lo giro, dopo un po faccio fatica perch a tirare su, sai adesso si ingrassato, per tirarlo su adesso si fa fatica. Ci metto il cuscino per farlo sollevare dalla parte sinistra per poco. Avete visto dove stiamo? Qui c la discesa portarlo su con la carrozzina, io non ce la faccio e poi si ingrassato ho dovuto comprare a spese mie la carrozzina elettrica perch con il difetto che lui non si gira a sinistra non ce lhanno passata.. (589) Moglie: tutti hanno cercato di aiutarmi, di darmi dei consigli, poi anche a livello pratico, diciamo le cose diciamo proprio elementari per accudirlo, come fare la medicazione della PEG, il modo migliore per cambiarlo, per vestirlo, quali erano le manovre questo lo hanno fatto gli infermieri, come tirarlo gi dal letto, metterlo in carrozzina, o viceversa con laiuto delle terapiste, ti fanno vedere, provare quindi Io diciamo per quanto riguarda questo discorso mi sono trovata molto bene, molto bene. [...] lo faccio leggere, gli do da leggere, perch lui riesce a leggere, riesce a scrivere, cercare di fargli ricordare le cose, perch la memoria a breve termine molto, molto quasi ecco insomma cose cos, per siccome adesso ho visto un leggero miglioramento, allora volevo sentire unaltra persona competente per sapere se gli potevo far fare qualcosa, insomma un po di pi. Lui poter esempio sa fare delle piccole operazioni ma43

tematiche. Prima non sapeva, non riusciva a leggere lorologio adesso s, mi chiede che ora , sa che ora . (555) Marito: non stato possibile rifare il bagno perci per farle la doccia mi sono attrezzato, ho costruito io un letto, con un materassino dove raccolgo lacqua, come al Santo Stefano. Lo faccio qui in corridoio, tanto ho la casa grande (495)

ho ripreso indirettamente la logica totale della vita. Sar che ora ho ripreso anche la Logica Tecnica di fare le cose, di conseguenza indirettamente sto anche pi tranquillo io. Signica saper usare, per me, il computer. Semplice. Riuscire a fare cose complicatissime come quelle che facevo prima, piano piano, per ci riesco. No, no, si incomincia piano. Andare con la macchina mi ha aiutato molto, mi ha dato molta sicurezza, il fatto che da solo potessi fare le cose mi ha dato tranquillit, indipendenzache fondamentale. (455)

1.2 La performanza La fase della performanza ricomprende le diverse strategie che il paziente e gli altri protagonisti mettono in atto per recuperare il pi possibile il bene salute perduto o, nel caso in cui miglioramenti non siano possibili, le diverse strategie di normalizzazione. In questo processo assumono rilievo, per gli intervistati, la disciplina del corpo, lallenamento quotidiano, la convinzione personale, lapplicarsi in maniera costante per vincere la malattia, o se non altro per aggirarla e contenerla.Paziente: anche perch la testa mia, la testa mia si spegne, se io non riesco a tenerla attiva io mi sforzo, faccio un po dinglese, leggo Io responsabile del settore acquisti di unazienda. E quindi ero sempre dinamico. Le istituzioni aspettano che Io me ne vado. Me ne vado nel senso che Io muoio, almeno si sono levati un peso, perch in questo modo Io sto sempre da solo, mi si spegne tutto, cos il cervello muore, Io muoio e cos loro hanno risparmiato. Lei capisce no? Non sa lazione che hanno fatto in ***, Io avevo recuperato il sessanta per cento, ero morto. Lo hanno detto loro, e quindi perch buttare via il 60%, perch? Me lo fanno buttare via. (416) Paziente: a parte la fase iniziale, con grossi problemi di memoria e di logica, ero un pochino spaesato perch io facevo il programmatore di computer. Ho perso il posto di lavoro e questo mi ha dato un esaurimento mentale innito. Non mi potevo difendere da questa cosa. Mancanza di logica, pochissima memoria etc. impossibile fare il programmatore di computer. Ho perso il posto di lavoro. Poi piano piano la memoria tornata e mi sono ricordato di una trasmissione alla TV, che parlava proprio di questi casi qua. Diceva che se uno riprende un pochino a fare quello che faceva prima, riacquista un po la memoria. Cos ho iniziato a rimettermi davanti al computer, ora mi dicono anche che son ssato. Penso che magari channo anche ragione a dirlo ma io lo faccio anche come un fatto di cura, un fatto medico. Riprendendo quindi a fare quello che ho fatto per quindici anni,44

In entrambe le interviste il riferimento alloccupazione precedente linsorgere della Gca sta a sottolineare che quello il punto di partenza perduto che si intende riconquistare. Si nota, inoltre, una certa analogia t