ilari virgilio. il de armis romanis di alberico gentili. 2012

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    Defensio sociorDefensio sociorDefensio sociorDefensio sociorumumumumarcanum imperiiarcanum imperiiarcanum imperiiarcanum imperiidi Virgilio Ilari

    http://colnect.com/it/stamps/stamp/59047-Fight_scene-

    Two_thousand_years_of_the_birth_of_Titus_Livius-Italia

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    DEFENSIO SOCIORUM, ARCANUM IMPERII

    di Virgilio Ilari

    A Dio spiacente e alli inimici sui. Questo era il fascino che gli eretici

    italiani, perseguitati pure nei paesi protestanti in cui avevano cercato

    rifugio, esercitarono su Delio Cantimori (1904-66). L'empatia dello

    storico mazziniano, deluso prima dal fascismo e poi dal comunismo, si

    basava, secondo Adriano Prosperi (L'eresia del Libro grande. Storia di

    Giorgio Siculo e della sua setta, 2000), sul comune "nicodemismo",

    l'arte di dissimulare la vera fede sotto il velo dell'apparente ortodossia.

    Il nicodemismo una tipica strategia di angosciosa sopravvivenza cui

    ricorrono spesso gli inattuali e gli scomodi, pateticamente convinti che

    basti a beffare il Panopticon. Un'altra, pi intrepida e spiazzante, dicambiare l'acqua nel vaso in cui nuotano gli avversari, ossia fondare il

    proprio discorso su un nuovo metodo. Ma per farlo occorre la forza di un

    Galileo. O di Alberico Gentili (1552-1608), il giurista maceratese esule

    in Inghilterra per motivi religiosi, che fu amico di Giordano Bruno ma

    rivendic ai giuristi, contro philosophi e politici, la competenza a

    discettare di guerra giusta e neg legittimit alla guerra intrapresa pro

    religione.

    Stile e sottigliezza di Gentili sono ostici per una mente anglosassone

    (come confessa David Lupher, annoiato ma pur magistrale traduttore

    dell'opera di cui si parla in questo articolo), ma la sua prosa pullula didicta pastosi che restano facilmente impressi nella mente: il pi famoso

    Silete Theologi in munere alieno ("offel fa el to mest"). Carl Schmitt

    se ne delizi nel suoNomos der Erde, in cui interpretava il de iure belli

    (1598) gentiliano come la pietra angolare del concetto "non

    discriminatorio" di guerra e dello stesso jus publicum europaeum,

    sancito dalla pace di Westfalia (1648), minato dall'intervento americano

    nella grande guerra "europea" del 1914, sepolto dallo Statuto kelseniano

    delle Nazioni Unite e definitivamente ripudiato nel 2002 dalla Corte

    penale internazionale (ICC) permanente per i crimini di guerra.

    All'epoca delle guerre di religione perfino pensare poteva costare la

    pelle. Gentili poi, nella tollerante Inghilterra elisabettiana illuminata dai

    roghi dei martiri cattolici, pattinava proprio sul filo della scure, non solo

    perch sfruculiava i puritani e ammirava Machiavelli, ma per il solo fatto

    di essere italiano (gratta gratta l'italiano che ci spunta il Vaticano) e

    giurista (Juristen bse Christen, "giuristi cattivi cristiani", aveva detto

    Lutero). Con l'aggravante di aver pure condotto una difesa magistrale e

    di grande presa intellettuale del metodo dogmatico di interpretazione del

    Corpus Juris giustinianeo (metodo detto mos italicus perch tipico dei

    giuristi italiani) contro il metodo, ingenuamente "storicizzante" e

    umanistico, della c. d. "scuola culta" francese, o mos gallicus [il che non

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    impediva a Gentili di usare gli esempi storici e d'ispirarsi largamente a

    Bodin].

    E non si trattava solo di idee pericolose, ma di vivere pericolosamente in

    quegli affascinanti nidi di vipere che erano la corte inglese e l'universit

    di Oxford. Consultato nel 1584 in merito all'espulsione dell'ambasciatore

    spagnolo Bernardino de Mendoza (accusato di attentato alla vita di

    Elisabetta), dal 1587 al 1605 Gentili fu infatti ottavo regius professordi

    civil law a Oxford e infine, sotto Giacomo I, avvocato della legazione

    spagnola. La cattedra oxoniana di diritto civile (cio di diritto romano)

    era stata istituita nel 1540, assieme a quella gemella cantabrigense, da

    Enrico VIII per propagandare la lex regia come fondamento della

    translatio della sovranit dal popolo al principe.

    Il primo titolare era stato John Story, imprigionato sotto Edoardo VI per

    essersi opposto alle leggi anticattoliche, evaso e rifugiato una prima

    volta nei Paesi Bassi, riabilitato sotto Maria Tudor, di nuovo arrestato,evaso e fuggito nel 1559 per essersi opposto all'atto di supremazia di

    Elisabetta, infine rapito dagli antenati dell'MIFive in territorio spagnolo

    (extraordinary rendition), portato in Inghilterra, processato per alto

    tradimento, torturato e giustiziato nel 1571 nel modo (impiccagione con

    evirazione e squartamento) descritto da Anthony Burgess inA Dead man

    in Deptford(1993) a proposito dell'esecuzione (1586) di Babington e dei

    suoi complici che fece vomitare perfino Elisabetta. [Leone XIII beatific

    Story nel 1886, alla faccia dei mangiapreti che volevano erigere un

    monumento a Gentili, il quale, dimenticato per tre secoli dalla comune

    ignoranza delle opposte trombonerie, era stato riscoperto da uno studioso

    olandese, Wijbrand Adriaan Reiger (1846-1910), un cui saggio del 1867provoc, nel 1874, la costituzione di un comitato anglo-italo-olandese

    per le onoranze gentiliane].

    Salvata dopo la disgrazia di Story da Robert Weston, elisabettiano di

    ferro, la cattedra oxoniana vivacchi sul basso profilo e il conformismo

    fino a Gentili. Non gli fu facile ottenerla, perch la fazione puritana di

    Oxford, capeggiata da John Rainolds (o Reynolds, 1549-1607) tent

    ovviamente di ammazzarlo da piccolo, come aveva fatto con altri due

    rifugiati continentali, lo spagnolo Antonio del Corro (1527-91) e il

    fiorentino Francesco Pucci (1543-97). Lo sguardo conservato dal ritratto

    di Rainolds gela ancora il sangue nelle gaie vene del peccatore medioitaliano, e spiega sia una frase di Gentili ("Hallucinantur theologi...") sia

    il suo prudenziale viaggio in Germania nei mesi precedenti

    l'assegnazione della cattedra. Alla fine Rainolds fu messo a cuccia da

    Francis Walsingham (1532-90), il capo dei servizi segreti, pullulanti di

    sicari e a corto di cervelli fini come Gentili. Morto Walsingham, nel

    1593-94 Rainolds ci riprov, accusandolo di machiavellismo, ateismo e

    paganesimo, ma il nostro fu salvato da Robert Devereux, secondo conte

    di Essex, genero di Walsingham e ancora nelle grazie di Elisabetta. A lui

    Gentili dedic sia gli abbozzi (1588-90) che le versioni definitive (1598

    e 1599) dell'opera pi famosa (il de jure belli) e di una complementare

    sulla giustizia dell'impero romano (il de Armis Romanis). Il 24 settembre

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    del 1599 Devereux si gioc tutto salpando dall'Irlanda per Londra. Ma

    Gentili gli sopravvisse, e poi la cattedra a lui. Dur fino al 1661, cio

    sino alla restaurazione della monarchia e all'esecuzione postuma di

    Cromwell, ricoperta prima da John Budden (1566-1620) e poi dal grande

    Richard Zouch (1590-1661). Rinacque nel 1736 e l'attuale titolare ilquattordicesimo della nuova serie.

    L'interpretazione di Gentili controversa, come dimostra la mole degli

    studi a lui dedicati, tra cui spiccano quelli di Diego Panizza, suo

    massimo esegeta. Oso tuttavia esporre la mia impressione che l'opera di

    Gentili manifesti una coerente strategia: riabilitare il diritto romano sotto

    il profilo della correttezza politica elisabettiana, per poterlo cos brandire

    sia contro la Spagna sia contro l'estremismo religioso. La cifra era

    contrapporre la Roma buona alla Roma cattiva, la giurisprudenza alle

    leggi di Giustiniano, l'impero repubblicano dell'espansione e della virtus

    a quello monarchico della decadenza e della corruzione. Era l'originaletrasposizione sul piano giuridico della lettura della storia romana fatta

    sul piano politico da Machiavelli, che Gentili riabilitava in Inghilterra

    definendolo democratiae laudator (e difatti era contestato dai Tacitisti,

    che consideravano la Roma dei Cesari un progresso, e non un regresso,

    rispetto alla Roma senatoria). Ed era ancor pi geniale che a farlo fosse

    proprio il difensore del mos italicus; n c'era contraddizione, perch

    Gentili dava una lettura giuridica della storia, i culti, invece, una storica

    del diritto. Lui badando all'insieme e alla coerenza del sistema, gli altri ai

    particolari e alle incoerenze.

    Gentili contribuiva all'idea della riforma imperiale, che secondo Frances

    Yates (1899-1981) era "il tema dominante dell'et elisabettiana. Lariforma tudoriana della Chiesa, attuata dal monarca, permise ai suoi

    propagandisti di attingere alle tradizioni e al simbolismo del Sacro

    Romano Impero per glorificare la regina. La sua immagine come Astrea,

    la Giusta Vergine della riforma imperiale, fu costruita durante il regno di

    Elisabetta nel complesso simbolismo che le si riferiva e che assorb la

    leggenda della discendenza troiana dei Tudor nell'imperialismo

    religioso. Questa propaganda abitu il pubblico a pensare a una Chiesa e

    a un Impero purificati, sotto sembianze femminili. Il 'Ritratto del

    setaccio' della regina come vergine vestale ha esattamente lo stesso

    contenuto concettuale del verso di Shakespeare su una 'Vestale, in trono

    assisa, di occidua contrada".

    Il mito di discendere direttamente da gruppi di esuli troiani diversi da

    quello capeggiato da Enea fu coltivato sia dai Valois che dai Tudor, per

    sostenere il carattere originario del loro potere rispetto al Sacro Romano

    Impero. La formula medievale della sovranit (fatta consistere nel non

    riconoscere autorit superiori) fu superata affermando che le monarchie

    nazionali erano in realt esse stesse ordinamenti giuridici originari, cio

    respublicae. Gi prima di Gentili Thomas Smith, primo regius professor

    di diritto romano a Cambridge dal 1540 al 1551, aveva intitolato un

    saggio De republica Anglorum. A discourse on the Commonwealth of

    England(1565). Pochi anni dopo pure Bodin aveva usato quel termine,

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    fin dal titolo del suo trattato di politica, per designare le monarchie

    nazionali. L'apporto di Gentili fu di dare coerenza al principio

    repubblicano sia sul piano del diritto costituzionale (espungendo il

    principio incompatibile della lex regia) sia su quello delle relazioni tra

    stati, declassando la respublica romana da universale a particolare. Nonpi ordinamenti subordinati (regna) all'interno di un unico ordinamento

    universale (respublica): ma una pluralit di respublicae particolari, le cui

    oggettive regole di convivenza (ius extra rempublicam) non potevano

    essere tratte dal Justinianismus (cio dalle leggi imperiali) ma dedotte

    dal jus gentium, cio dai principi generali del diritto elaborati dalla

    giurisprudenza romana.

    Abbiamo accennato al de Armis Romanis. Nel 2010 e 2011 l'universit

    di Oxford ha pubblicato un'edizione critica con traduzione (The Wars of

    the Romans) e una raccolta di commenti (The Roman Foundations of the

    Law of Nations. Alberico Gentili and the Justice of Empire), curate datre studiosi americani, Benedict Kingsbury, Benjamin Strauman e David

    Lupher. Il commento principale per quello del nostro Panizza (pp. 53-

    84). La struttura quella dei disso lgoi (discorsi in contrasto), come i

    due di Carneade (nel 155 a C.) sulla giustizia e l'ingiustizia ripresi da

    Cicerone nel III libro de republica (Lupher, pp. 96-100). I due discorsi

    in contrasto sulla giustizia delle guerre e quindi dell'impero romano

    coprono rispettivamente i due libri del de Armis, il primo, quello in cui

    parla l'Accusator, pubblicato da solo gi nel 1590. La struttura la stessa

    per entrambi i libri, anche se il secondo, in cui parla ilDefensor, lungo

    circa il triplo del primo. Ciascuno su 13 capitoli, i primi 10 dedicati alle

    guerre dell'infantia, adulescentia e iuventus di Roma repubblicana, daRomolo a Mitridate; l'XI alla senectus identificata con la Roma dei

    Cesari; il XII al raffronto con l'impero di Alessandro; il XIII ai due

    opposti verdetti, di tyrannis e difortuna.

    Panizza nota che le tesi del de jure belli collimano quasi perfettamente

    con gli argomenti diDefensor, un romano seguace del mos gallicus che

    esalta Bruto e il tirannicidio. Eppure Gentili presta la propria carta

    d'identit adAccusator, un "gallo-piceno" di San Ginesio che condanna

    Bruto perch solo un tiranno pu tenere a freno i romani e cita a man

    salva le tirate degli spagnoli Floro e Orosio, del macedone Polieno e

    dell'alessandrino Appiano perch un provinciale come loro. Il chiasma

    intrigante ma un rompicapo. In ogni caso gli argomenti innovativi

    sono quelli di Defensor, da cui si ricava che l'impero non un male "a

    prescindere", che ci sono imperi buoni e cattivi, durevoli e precari.

    Roma, come oggi l'Inghilterra, era un Commonwealth inclusivo e

    multietnico, nato dall'unificazione di popoli fieri e gelosi della loro

    libert e regolato da virtus e ius: Spagna e Asia sono deboli perch

    accentrati, troppo estesi e formati da popoli indolenti. La qualit

    dell'impero si vede dal risultato: per l'Italia, la Britannia, la Libia fu un

    vantaggio essere unificati e pacificati. Tutti ora rimpiangono (suspirant)

    la pietas, liberalitas, fides, magnanimitas, pax, securitas, aequanimitas

    dell'impero romano. E' l'argomento "perch non possiamo non dirci

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    romani" (Roma communis patria), usato pure da Niall Ferguson a

    proposito degli imperi britannico e americano: comunque meglio (o

    meno peggio) di tutti gli altri.

    Sono tanti i temi e gli spunti del de Armis esumati da Lupher e Panizza.

    Ma forse il pi interessante e attuale quello che applica ai rapporti tra

    stati il principio di diritto privato circa l'irrilevanza giuridica dei motivi

    psicologici:sit iusta adquirendi caussa, voluntatem nemo vituperavit(se

    la pretesa palese giusta non ammesso il processo morale alle

    intenzioni, perch il giudizio non pu riguardare l'interior sensus animi,

    il vero motivo per cui si esercita un diritto). In quanto elemento

    psicologico, la libido imperi si sottrae perci alla valutazione giuridica.

    Se da un lato non costituisce, di per s, giusta causa di guerra, dall'altro

    non pu in alcun modo inficiare il diritto che, sia pure speciosamente,

    viene esercitato mediante l'uso della forza: perch una guerra sia giusta

    sufficiente che sia giusta la causa palese (aperta), anche se non quelloil vero motivo.

    Certo che difesa degli alleati (defensio sociorum) e liberazione dei

    popoli erano speciosi: addirittura, rincara Defensor, costituivano una

    tipica strategia di espansione (arcana imperii), consentendo all'impero di

    avanzare di alleato in alleato sino a strangolare chi resisteva. Nondimeno

    erano giuste cause di guerra, fondate sulla ratio humanitatis.

    Questi, poi, sono addirittura casi di defensio honesta. Ma lecita pure la

    defensio utilis, cio la guerra preventiva: e non solo per il timore di poter

    essere in seguito attaccati, ma pure per il timore di poter essere superati

    in potenza (timor potentiae). Puro elemento psicologico, l'invidiaimperii(che del resto tra Roma e Cartagine era reciproca) esula dalla valutazione

    giuridica. La Cina vicina! Lo sa bene la generazione del Sessantotto,

    quella che ora i cattivi li bombarda dallo Studio Ovale.

    Nel 2003, quando i bombardieri cominciarono la liberazione dell'Iraq,

    fui invitato per sbaglio a dire la mia in una serata speciale di Rai 2. Misi,

    al mio solito, il piede nel piatto, parlando di "controllo del prezzo del

    petrolio e dunque dello sviluppo cinese ed europeo" e citando il passo di

    Montesquieu sull'esprit de conservation et d'usage implicito nell'esprit

    de conqute per spiegare come mai le bombe fossero cos umanitarie da

    non distruggere le infrastrutture logistiche utili all'imminente liberatore.

    Fui perci giustamente radiato da tutti i palinsesti d'Italia. Non ho n

    cerco scuse, sir Francis. Ma qualora la Vergine Astrea volesse ancora

    rivolgere benignamente lo splendore dei suoi raggi sulla mia indegnit,

    deporrei ai suoi piedi il consiglio, se dovesse pesarle il generoso cuore

    nel triste dovere di premere il bottone ammazza-cattivi, di sfogliare,

    corroborandosi, ilDe Armis Romanis.

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    Alberico Gentili (Monumento di San Genesio, eretto nel 1908 tra le polemiche dellastampa clericale)

    Allegoria di Roma di Giambattista Tiepolo. Frontespizio del I volume degli Utriusquethesauri antiquitatum Romanorum Nova Supplementa raccolti da Giovanni Poleno,

    Venetiis, Typis J. B. Pasquali, 1737, in cui contenuta la terza edizione del De Armis

    Romanis. L'autore indicato con le sole iniziali, "A. G.", per eludere la censura

    ecclesiastica, essendo l'opera omnia di Gentili inserita nell'Indice dei Libri proibiti.

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    Elisabetta I, ritratto col setaccio (TheSieve Portrait, Q. Massys di Anversa, 1583). La

    sovrana ritratta come Tuccia, la Vestale che prov la sua castit portando con un

    setaccio l'acqua dal Tevere al Tempio di Vesta.

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    Il teologo protestante John Reynolds (1549-1607), persecutore di Alberico Gentili

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    Carneade di Cirene, il filosofo che nel 155 a. C., oratore a Roma per conto di Atene,

    pronunci due discorsi in contrasto, sostenendo prima la superiorit della giustizia e poi

    dell'ingiustizia

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    Diego Panizza (con la barba) e Benedict Kingsbury

    Anthony Burgess,A Dead Man in Deptford, sulla vita e l'omicidio di

    Christopher Marlowe (1564-1593)