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© Riproduzione riservata 1 Il rapporto di lavoro subordinato e il mandato gestorio Milano, 14 giugno 2017 Francesco Rotondi Founding Partner LABLAW Studio Legale LABLAW STUDIO LEGALE FAILLA ROTONDI & PARTNERS

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Il rapporto di lavoro subordinato

e il mandato gestorio

Milano, 14 giugno 2017

Francesco Rotondi

Founding Partner LABLAW Studio Legale

LABLAW STUDIO LEGALE FAILLA ROTONDI & PARTNERS

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RAPPORTO DI DIRIGENZA E RAPPORTO DI

AMMINISTRAZIONE

il dirigente è un prestatore di lavoro subordinato,

ai sensi dell’art. 2094 c.c. (soggezione

all’eterodirezione)

le sue mansioni attengono all’esecuzione

operativa (seppur con funzioni di direzione e

coordinamento) delle disposizioni generali

impartite dall’organo amministrativo

identificazione dell’amministratore con il soggetto

amministrato => immedesimazione organica

esercita funzioni e responsabilità attinenti alla

gestione dell’impresa; art. 2380-bis c.c.

(Amministrazione della società): «La gestione

dell’impresa spetta esclusivamente agli

amministratori, i quali compiono le operazioni

necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale»

Rapporto di

amministrazione

Rapporto di

dirigenza

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LA FIGURA DEL DIRIGENTE

Art. 2095 c.c.

I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri,

impiegati e operai.

La legge non delinea le caratteristiche che sono invece individuate dai contratti

collettivi e dalla giurisprudenza

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Art. 1 CCNL Dirigenti Industria: «Sono dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano

le condizioni di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c. e che ricoprono nell'azienda un

ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale

ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione

degli obiettivi dell'impresa»

Art. 1 CCNL Dirigenti imprese assicuratrici : «La qualifica di dirigente è attribuita con

lettera dall'impresa; essa spetta a quei prestatori di lavoro che, essendo preposti al

funzionamento dell'impresa o di notevole parte di essa, con effettivi poteri discrezionali e

d'iniziativa e con funzioni responsabili di rappresentanza, hanno l'incarico di provvedere

- nell'ambito delle loro competenze e nel rispetto delle esigenze di coordinamento con le

altre competenze e funzioni dell'azienda - al conseguimento degli obiettivi e dei fini

istituzionali dell'impresa». Art. 2 («Gradi dei dirigenti»): «La categoria dei dirigenti è

articolata in due gradi, in relazione al ruolo ricoperto»

DECLARATORIE E DIFFERENZIAZIONE (DI MATRICE COLLETTIVA)

TRA DIRIGENTI

Art. 2 CCNL Dirigenti Credito: «1. Ai fini del presente contratto sono dirigenti i

lavoratori/lavoratrici subordinati, ai sensi dell'art. 2094 cod. civ., come tali qualificati

dall'azienda in quanto ricoprano un ruolo caratterizzato da un elevato grado di

professionalità, di autonomia e potere decisionale ed esplichino le loro funzioni di

promozione, coordinamento e gestione generale al fine di realizzare gli obiettivi

dell'impresa. 2. Nell'ambito dello sviluppo professionale dei dirigenti l'impresa individua

funzioni manageriali correlate a diversi livelli di responsabilità, sia nelle attività espletabili

presso le strutture centrali che nella rete commerciale, con i connessi trattamenti

retributivi che possono anche comportare il superamento del trattamento tabellare fissato

in sede nazionale»

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Il rapporto di lavoro dirigenziale è, prima di tutto, un rapporto di

lavoro subordinato

Al dirigente si applica ogni effetto scaturente dalla fattispecie del lavoro

subordinato : procedura disciplinare ex art. 7 L. 300/1970, termini di

decadenza ex art. 6 L. 604/1966 (?), procedura di licenziamento

collettivo, art. 2103 cod. civ. …

… eccezion fatta per …

le «deroghe» previste dalla Legge art. 10 L. 604/1966: «Le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori

di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio […]»;

art. 1 D.Lgs. 23/2015: «Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o

quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla

data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento

illegittimo e' disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto»;

art. 17 D.Lgs. 66/2003 sull’esclusione dei dirigenti dall’applicazione della disciplina in

materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno e durata massima settimanale;

art. 29 D.Lgs. 81/2015 sull’esclusione dei dirigenti dall’applicazione della disciplina sul

contratto a tempo determinato

LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO DIRIGENZIALE

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“… L’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione

di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo

societario che, in considerazione dell’immedesimazione

organica che si verifica tra persona fisica ed ente e

dell’assenza del requisito della coordinazione, non è

compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 c.p.c. …”

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si tratta di un rapporto «di società», di immedesimazione

organica e rappresentanza: l’amministratore è «il vero

egemone dell’ente sociale. A lui spetta in via esclusiva la

gestione dell’impresa con il solo limite di quegli atti che

non rientrano nell’oggetto sociale (art. 2380 bis c.c.); il

suo potere di rappresentanza è generale e concerne anche

gli atti estranei all’oggetto sociale (art. 2384, comma 1,

c.c.)» Il rapporto di amministrazione è privo del requisito del

coordinamento di cui all’art. 409 c.p.c. n. 3 ->

l’art. 2380 bis c.c. attribuisce all’amministratore la

gestione dell’impresa in via esclusiva;

ai sensi dell’art. 2364 n. 5 c.c. l’assemblea ordinaria

delibera sulle autorizzazioni eventualmente richieste

dallo statuto per il compimento degli atti degli

amministratori: la competenza gestoria dell’assemblea è

dunque ben delimitata -> non è coordinamento Assenza di debolezza contrattuale

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L’AMMINISTRATORE DOPO CASS., SEZ. UN., N. 1545/2017

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LABLAW STUDIO LEGALE FAILLA ROTONDI & PARTNERS RAPPORTO «ORGANICO», MA PUR SEMPRE CONTRATTUALE…

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Principio per cui nessuno può ingerirsi nella sfera

giuridica patrimoniale altrui

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dalla nomina come amministratore discendono

Diritti e facoltà

Obblighi e doveri

RESPONSABILITA’

L’AMMINISTRATORE DEVE POTER RIFIUTARE LA NOMINA; ALLA NOMINA

FA DUNQUE SEMPRE SEGUITO L’ACCETTAZIONE (TACITA O ESPRESSA)

-> NATURA CONTRATTUALE DEL RAPPORTO DI AMMINISTRAZIONE!!!

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Riconducibilità del rapporto di amministratore ai "rapporti societari" di cui all'art. 3, comma 2, lett.

a) d. lgs. n. 168 del 2003 -> COMPETENZA GIUDIZIARIA DEL GIUDICE CIVILE (SEZIONI

SPECIALIZZATE)

I «MERITI» DELLA PRONUNCIA DELLE SEZIONI UNITE E I SUOI

RISVOLTI PRATICI / INTERPRETATIVI

rigetto della teoria che equiparava il rapporto di amministrazione al rapporto di collaborazione

parasubordinata: NO ALLA PIGNORABILITÀ NEI LIMITI DEL QUINTO DEGLI EMOLUMENTI

DELL’AMMINISTRATORE (art. 545 c.p.c.)

Esclusione dall’ambito di applicazione della DIS-COLL (cfr. Circolare INPS 23.5.2017 n. 89:

«Sono esclusi dal novero dei destinatari dell’art. 15 del richiamato D.Lgs. n. 22 del 2015, e quindi

dalla tutela di cui all’art. 3, comma 3octies del decreto mille proroghe 2017, gli amministratori, i

sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica»)

Trattamento fiscale => art. 50 TUIR (Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente) : «Sono

assimilati a quello di lavoro dipendente: […] c-bis ) le somme e i valori in genere, a qualunque

titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli

uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza

personalità giuridica […]»

Trattamento previdenziale => Ancora Gestione Separata INPS? Art. 2, comma 26, L. 335/1995 ;

Gestione residuale…

art. 2, co. 26, L. 335/1995

art. 2, co. 26, L. 335/1995

art. 2, co. 26, L. 335/1995

NO DISCIPLINA SULLE RINUNCE E LE TRANSAZIONI EX ART. 2113 C.C.

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Sempre le recenti Sezioni Unite…

“E’ indispensabile precisare che tutto quanto finora

affermato concerne la figura dell’amministratore societario

nelle sue funzioni tipiche di gestione e rappresentanza

dell’ente, ossia come soggetto che, immedesimandosi nella

società, le consente di agire e raggiungere i propri fini

imprenditoriali. Non è escluso, però, che s’instauri, tra la

società e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce,

un autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma,

secondo l’accertamento esclusivo del giudice del merito, le

caratteristiche di un rapporto subordinato,

parasubordinato o d’opera”

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Cass., 6 aprile 2016 n. 6699 “La qualità di amministratore di una società è compatibile con la

qualifica di lavoratore subordinato ove si accerti l’attribuzione di

mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita”

La Corte confermava l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato

tra la società e l’amministratrice della stessa svolgente anche

mansioni di commessa, attesa l’osservanza di un orario di

lavoro fisso che coincideva con quello di apertura al pubblico del

negozio e l’ottemperanza alle istruzioni del consiglio di

amministrazione.

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Cass., 25 settembre 2015, n. 19050 “L’incompatibilità con la condizione di lavoratore subordinato alle

dipendenze della società [è] ravvisabile nella sola qualifica di

amministratore unico di una società, non potendo ricorrere in tal

caso l’effettivo assoggettamento al potere direttivo, di controllo e

disciplinare di altri, che si configura come requisito tipico della

subordinazione”

Nel caso di specie, l’amministratore di una società per azioni svolgeva

nella medesima anche attività di lavoro subordinato; la Corte ha

rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che contestava la

deducibilità dal reddito della società dei costi sostenuti dalla stessa

per la retribuzione da lavoro dipendente prestato

dall’amministratore

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Cass., 19 maggio 2008 n. 12630

“La qualifica di amministratore di una società commerciale non è di

per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato

alle dipendenze della stessa società, ma, perché sia

configurabile tale rapporto di lavoro subordinato, è necessario

che colui che intenda farlo valere non sia amministratore unico

della società e provi in modo certo il requisito della

subordinazione, elemento tipico qualificante del rapporto”

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CUMULO DEL RAPPORTO DI LAVORO DIRIGENZIALE

E DEL RAPPORTO DI AMMINISTRAZIONE

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Alterità tra mansioni (e connessi poteri) da dirigente /

funzioni (connesse deleghe) da amministratore

Retribuzione da dirigente / compensi da amministratore

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GIUSTA CAUSA DI REVOCA ≠ GIUSTIFICATEZZA LICENZIAMENTO

Coordinamento tra i due rapporti deve partire dalla fase di

instaurazione dei medesimi (rilevanza del c.d. directorship

agreement)

Il driver deve sempre essere il rapporto di lavoro:

chiudere il rapporto di lavoro ha molti più vincoli e

difficoltà (e rischi) rispetto a chiudere il mandato

gestorio

Se esistono motivi disciplinari relativi al rapporto di

lavoro, è più semplice procedere alla chiusura di entrambi

i rapporti

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Spesso la nomina viene effettuata in relazione alla carica

che una persona abbia nel gruppo o in altre società (ad

esempio dirigenti che sono nominati amministratori delle

società del gruppo) -> in questi casi la nomina può essere

condizionata risolutivamente alla persistenza della carica

o del rapporto di lavoro con la capogruppo o altra società

del gruppo, in modo da evitare di dover revocare un

amministratore perché è venuta meno la carica in ragione

della quale l’amministratore era stato nominato (AGOSTONI)

COORDINAMENTO DEL MANDATO GESTORIO CON IL

RAPPORTO DI LAVORO SOLUZIONI LIMITE… (POCO UTILIZZATE NELLA PRASSI E POCO ESPLORATE

DALLA GIURISPRUDENZA)

Dimissioni in bianco -> sottrazione della facoltà di

revoca all’assemblea??

In ogni caso, una rinuncia preventiva, fatta al momento

dell’assunzione della carica, ad ogni risarcimento danni in caso di

revoca senza giusta causa (rinuncia ritenuta valida dalla

giurisprudenza) può far conseguire i medesimi effetti delle

dimissioni “in bianco”

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REVOCA PER GIUSTA CAUSA

In tema di revoca dell'amministratore di società, la giusta causa può essere sia

soggettiva che oggettiva, purché si tratti di circostanze o fatti sopravvenuti idonei ad

influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto.

La c.d. “giusta causa oggettiva” consiste in situazioni estranee alla persona

dell'amministratore, quindi non integranti un suo inadempimento e sempre che

ricorra un quid pluris, cioè l'esistenza di situazioni tali da elidere il citato

affidamento; ne consegue che le mere ragioni di convenienza economica addotte

dalla società, con il richiamo alle perdite subite ed al fine di giustificare la modificazione

dell'organo amministrativo da collegiale a monocratico invocando un risparmio di spesa,

non integrano la nozione di giusta causa, discendendone così il diritto al risarcimento

del danno ex art. 2383, comma 3, c.c. (Cass. n. 23557 del 12.9.2008; conforme Cass.

7425 del 14.5.2012 che aggiunge che la revoca assembleare per giusta causa

dell'amministratore di s.p.a., non costituisce una sanzione, e, pertanto, non richiede la

preventiva contestazione dei comportamenti legittimanti la revoca stessa )

POSSIBILE AZIONE DI RESPONSABILITA’

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RIFORMA DEL 2003 E PERIMETRO DELLA NUOVA

GIUSTA CAUSA SOGGETTIVA

La triplice articolazione del dovere di diligenza dopo la riforma del

2003

1. Dovere di agire con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico

(DILIGENZA SPECIFICA E NON GENERICA)

2. Dovere di agire utilizzando le proprie specifiche competenze (che

sono quelle per cui ciascun amministratore è stato scelto e nominato)

3. Dovere di agire informati Relazione alla legge di riforma del 2003: «La eliminazione […] dell’obbligo di vigilanza sul

generale andamento della gestione, sostituita da specifici obblighi ben individuati […] tende,

pur conservando la responsabilità solidale, ad evitare sue indebite estensioni che,

soprattutto nell’esperienza delle azioni esperite da procedure concorsuali, finiva per

trasformarla in una responsabilità sostanzialmente oggettiva»

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E’ CONSIDERATA GIUSTA CAUSA DI REVOCA

Sussistenza di una situazione di dannoso antagonismo con la società, anche a

prescindere dall’esistenza di un inadempimento dell’amministratore (ad

esempio in caso di controversia instaurata dall’amministratore licenziato da

dirigente)

Scioglimento anticipato della società

Lunga malattia dell’amministratore o sua impossibilità, anche incolpevole, di

rendere le sue prestazioni

NON E’ CONSIDERATA GIUSTA CAUSA DI REVOCA

La mera convenienza economica della società (es.: riduzione del numero degli

amministratori)

Riorganizzazione aziendale

Dissenso di un amministratore sulle decisioni o sui fatti relativi alla gestione

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IL DANNO RISARCIBILE A SEGUITO DI REVOCA

SENZA GIUSTA CAUSA

Responsabilità contrattuale

Lucro cessante: entità degli emolumenti perduti. Tra i compensi rientrano i

benefits ed i gettoni di presenza e se la retribuzione è legata a parametri

variabili è possibile la valutazione equitativa del danno.

Molto raro (anche se non può essere escluso a priori) in giurisprudenza il

risarcimento del danno non patrimoniale

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REVOCA DELLE DELEGHE

La durata della delega, se nulla è precisato nella nomina, è la stessa del

rapporto di amministrazione

Il Consiglio può sempre, anche senza giusta causa, revocare la delega e

modificarne limiti e modalità d’esercizio

Analogo risultato può essere conseguito anche dall’assemblea, attraverso la

eliminazione del consenso dei soci alla delega, oppure revocando dalla carica

di amministratore il membro del consiglio investito delle attribuzioni delegate

RISARCIMENTO DEI DANNI

SECONDO UNA PRIMA OPINIONE: la revoca senza giusta causa della

delega da parte del C.d.A. fa sorgere in capo al revocato il diritto al

risarcimento del danno (art. 1725 c.c.: “la revoca del mandato oneroso […]

obbliga il mandante a risarcire i danni […] salvo che ricorra una giusta causa”)

UNA SECONDA OPINIONE nega la sussistenza di un danno risarcibile

derivante dalla revoca delle deleghe, in quanto tale revoca sarebbe un “atto di

organizzazione insindacabile” (Trib. Napoli 9.1.2002)

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PERCHE’ E’ NECESSARIO DISCIPLINARE

I CASI DI BAD LEAVER E GOOD LEAVER Art. 2383, comma 3, c.c.

“Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione

dello statuto, e sono revocabili dall’assemblea in qualunque

tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il

diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza

giusta causa”.

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Il potere di revoca è inderogabile, anche se senza giusta

causa, e non può essere rinunciato o limitato da clausole

statutarie Il diritto dell’amministratore revocato al risarcimento

dei danni subìti è invece un diritto rinunciabile

dall’amministratore stesso

Tale rinuncia può anche essere preventiva ed essere fatta

al momento dell’assunzione della carica

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Le clausole di good leaver / bad leaver agiscono

sulla tipizzazione della giusta causa di revoca ma

soprattutto prevedono la rinuncia preventiva

dell’amministratore all’azione risarcitoria

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“Bad Leaver” :

• aver omesso di rassegnare le proprie dimissioni dalla carica a seguito

alla cessazione del contratto di lavoro per ragioni disciplinari;

• aver rassegnato le dimissioni dal rapporto di lavoro senza giusta causa

=> Cessazione immediata del mandato gestorio e rinuncia preventiva a

risarcimenti/indennità di sorta

“Good Leaver” :

• aver rassegnato le dimissioni dalla carica a seguito di licenziamento

quale dirigente per ragioni oggettive;

• aver rassegnato le dimissioni dal rapporto di lavoro per giusta causa

=> Risarcimento / (più frequentemente) clausola penale con espressa

esclusione del ristoro del maggior danno

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DIRECTORSHIP AGREEMENT:

TIPIZZAZIONE DEI CASI DI GOOD LEAVER E BAD

LEAVER

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GOLDEN PARACHUTE

Patto di prova e clausola di stabilità permettono

di “modulare” le modalità di ingresso in azienda

Il golden parachute (“paracadute dorato”)

disciplina invece la fase finale del rapporto di

lavoro

Particolarmente utilizzato nella

contrattualizzazione del rapporto di lavoro del

top management

per incentivare il dirigente ad accettare la

posizione offerta dalla società (Golden parachute

pro lavoratore)

per dissuadere il dirigente da possibili

rivendicazioni a seguito della risoluzione del

rapporto di lavoro (Golden parachute pro datore di

lavoro)

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PRINCIPALI DISPOSIZIONI

Tipizzazione delle fattispecie da cui scaturisce

l’applicazione del Golden Parachute (solo in caso

di Good Leaver?)

PRO DATORE DI LAVORO: Corresponsione dell’importo

sospensivamente condizionata alla sottoscrizione

di un verbale di conciliazione individuale ex art.

2113, ultimo comma, c.c. / 411 c.p.c.

Ai fini di una piena effettività del patto,

l’importo dovrà essere superiore al minimo della

supplementare

Resta inteso che in caso di mancata sottoscrizione

del verbale di conciliazione ex art. 2113 cod.

civ., (i) l’importo non verrà erogato al dirigente

e (ii) il dirigente sarà libero di impugnare la

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CASI PARTICOLARI

le clausole penali

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art. 1382 cod. civ.: «La clausola, con cui si conviene

che, in caso d’inadempimento, uno dei contraenti è tenuto

a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il

risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata

convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.

La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del

danno»

utilizzo «sapiente» delle penali nei directorship agreement;

forme di preliquidazione del danno e strumento (contrattuale) di

inversione degli oneri probatori;

le penali presuppongono sempre un inadempimento;

le penali possono far salvo il risarcimento del maggior danno;

le penali possono essere ridotte ad equità dal giudice

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GRAZIE!

Avv. Prof. Francesco Rotondi

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26 I NOSTRI UFFICI

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