il caffé - numero 4

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Il Caffé Milano Anno: I Numero: IV Direttore: Alessio Mazzucco Gianmario Pisanu Heri dicebamus… Evitando di sco- modare il solito alieno verde, planato d’incanto sulla nostra peni- sola e attonito al cospetto di tanto macchiettistico stravizio, mi verrebbe da riesumare (concedetemelo) niente meno che Ennio Flaiano, colui che, con uno dei suoi aforismi al curaro, immortalò la scena politica italiana, defi- nendola “grave, ma non seria”. Nella sua spietata lucidità, questa sen- tenza suona sinistramente attuale e addirittura indulgente, se raffronta- ta alla cagnara cui assistiamo di questi tempi. Accuse, controaccuse, stracci che volano qua e là, minacce di secessione e quant’altro hanno condito un’Estate che così arroventata non la si ricordava da un pezzo. Come la guerra di Troia ebbe il suo concepimento durante un banchet- to, e la causa scatenante nella bella e reproba Elena, anche il subbuglio in cui è piombata la classe dirigente del nostro paese pare avere un’origine scabrosa. Pomo della discordia, manco a dirlo, un’avvenente biondina campana(e molte, molte altre…). Ma la realtà è quasi sempre più prosaica di come la si dà in pasto alla gente, e an- che stavolta , al di là di ogni congettura, c’è quello che Kissinger defi- “il migliore afrodisiaco”: il potere (altro che Noemi!). Dopo la “vittoria mutilata” alle europee, di cui si paventava un esito bulgaro pro Premier, l’alleato/rivale di sempre, la Lega Nord, non ha esitato a sfruttare i primi segnali di debolezza tra le falangi berlusco- niane, battendo cassa a più riprese. Se Bossi berciava di dialetti e gab- bie salariali, il fine ultimo era sempre il medesimo: tirare al rialzo in vista delle regionali del 2010, profittando delle torbide vicende eroti- che che han ridotto il Premier alla stregua di un’anatra zoppa. Questi, dal canto suo, non ha esitato a schierare il suo imponente plotone me- diatico contro i detrattori di turno, che fossero gli intellettuali trinari- ciuti di Repubblica o le anime pie di Avvenire, macchiatisi indistinta- mente di lesa maestà. Accecato dall’ira e sitibondo di vendetta, ha dapprima gettato il guanto di sfida alla Cei, mettendone a nudo le di- vergenze con la Segreteria vaticana tramite l’affaire Boffo. Quindi, in un crescendo rossiniano, ha denunciato alcune testate giornalistiche, inveito contro l’Unione Europea e redarguito il Presidente della Ca- mera, invitandolo , per voce del suo fido sicario Feltri, a “rientrare nei ranghi”. Poiché chi semina vento spesso raccoglie tempesta, il Premier è uscito assai malconcio da tutto il ginepraio che egli stesso, in buona parte, ha contribuito a fomentare. Già si levano i primi mugugni dalle fila cattoliche e qualche inguaribile nostalgico vaticina un Grande Centro prossimo a venire. (Continua a pag. 3) AMBIENTE: TUTTO INTORNO A NOI Alessio Mazzucco Dovremo scegliere un giorno tra il benessere sfrenato di cui godiamo e la Terra. Non è una frase apparsa in sogno, ma la conclusione lapidaria e soffer- ta del video-documentario di Al Gore, “Una scomoda veri- tà”. Il nostro benessere economico è garantito da un ciclo conti- nuo di produzione, consumo, investimento, nuova produzio- ne e così via. E’ semplice (almeno nella teoria), circola- re e garante della nostra ric- chezza. A parte qualche scivo- lata come l’attuale crisi eco- nomica, è con questo sistema che i Paesi Occidentali posso- no vantare una qualità di vita così elevata. C’è un però, un dubbio, un “ma”. Cosa produ- ce l’intero sistema oltre a beni e servizi? Gas, sprechi e mate- riali inquinanti. Qualcuno potrebbe pensare che adesso inizierò con la solita storia della CO2. E in effetti sarà proprio così. Al Gore dimo- stra infatti, con dati scientifici alla mano, come l’effetto serra non sia né una fantasia, una paura, una menzogna (come molti per altro affermano), ma una delle sfide più grandi che il nostro mondo dovrà vince- re. La correlazione molto stretta tra produzione e emis- sione di gas serra è conosciuta e riconosciuta da chiunque: è ovvia, lampante. (Continua a pag. 2) L’ARTE DEL DESINARE Tommaso Giommoni “A tavola perdonerei chiun- que, anche i miei parenti” Così Oscar Wilde si espri- meva sul desinare. Un’attività piacevolissima, a tal punto da potersi annove- rar tra quei passatempi che ti mutano d’umore; ti rabboni- scono fino a farti perdonare i tuoi più acerrimi nemici. Cosa dire dunque dell’arte del mangiare? La nostra epoca così deca- dente ci ha privato di speran- ze, ideali, sogni, tuttavia come ogni declino opulento che si rispetti, ci ha regalato distrazioni terrene, gingilli materiali con cui, da perfetti epuloni, sollazzarsi in una lenta e (semi)cosciente per- dita di sensi. Fermo restando queste sofi- sticherie, l’arte del mangiare è uno dei più soddisfacenti passatempi oggi a nostra disposizione. Cosa dire poi del cucinare…Un ritorno al gioco, una comunione di odori, sapori e colori. (A pag. 10) PARTECIPA A “IL CAFFE’” VISITA IL SITO WWW.GIORNALEI LCAFFE.IT CRONACA DI UN’ESTATE ITALIANA (OVVERO QUANDO LA POLITICA VA IN VACANZA) UNA DOMANDA UNA AL COORDINAMENTO PDL DI SAVONA Diego Zunino Purtroppo faccio fatica, per mia ignoranza, a comporre articoli sui grandi temi che si affacciano sul panorama nazionale decido dunque di volgere lo sguardo verso il mio cortile. Non sono capa- ce di formulare dieci doman- de ma ne vorrei porre una in merito a questa curiosa vi- cenda. (A pag. 5)

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Il Caffé Quarto Numero

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Page 1: Il Caffé - Numero 4

Il Caffé Milano

Anno: I

Numero: IV

Direttore: Alessio Mazzucco

Gianmario Pisanu

Heri dicebamus… Evitando di sco-modare il solito alieno verde, planato d’incanto sulla nostra peni-sola e attonito al

cospetto di tanto macchiettistico stravizio, mi verrebbe da riesumare (concedetemelo) niente meno che Ennio Flaiano, colui che, con uno dei suoi aforismi al curaro, immortalò la scena politica italiana, defi-nendola “grave, ma non seria”. Nella sua spietata lucidità, questa sen-tenza suona sinistramente attuale e addirittura indulgente, se raffronta-ta alla cagnara cui assistiamo di questi tempi. Accuse, controaccuse, stracci che volano qua e là, minacce di secessione e quant’altro hanno condito un’Estate che così arroventata non la si ricordava da un pezzo. Come la guerra di Troia ebbe il suo concepimento durante un banchet-to, e la causa scatenante nella bella e reproba Elena, anche il subbuglio in cui è piombata la classe dirigente del nostro paese pare avere un’origine scabrosa. Pomo della discordia, manco a dirlo, un’avvenente biondina campana(e molte, molte altre…). Ma la realtà è quasi sempre più prosaica di come la si dà in pasto alla gente, e an-che stavolta , al di là di ogni congettura, c’è quello che Kissinger defi-nì “il migliore afrodisiaco”: il potere (altro che Noemi!). Dopo la “vittoria mutilata” alle europee, di cui si paventava un esito bulgaro pro Premier, l’alleato/rivale di sempre, la Lega Nord, non ha esitato a sfruttare i primi segnali di debolezza tra le falangi berlusco-niane, battendo cassa a più riprese. Se Bossi berciava di dialetti e gab-bie salariali, il fine ultimo era sempre il medesimo: tirare al rialzo in vista delle regionali del 2010, profittando delle torbide vicende eroti-che che han ridotto il Premier alla stregua di un’anatra zoppa. Questi, dal canto suo, non ha esitato a schierare il suo imponente plotone me-diatico contro i detrattori di turno, che fossero gli intellettuali trinari-ciuti di Repubblica o le anime pie di Avvenire, macchiatisi indistinta-mente di lesa maestà. Accecato dall’ira e sitibondo di vendetta, ha dapprima gettato il guanto di sfida alla Cei, mettendone a nudo le di-vergenze con la Segreteria vaticana tramite l’affaire Boffo. Quindi, in un crescendo rossiniano, ha denunciato alcune testate giornalistiche, inveito contro l’Unione Europea e redarguito il Presidente della Ca-mera, invitandolo , per voce del suo fido sicario Feltri, a “rientrare nei ranghi”. Poiché chi semina vento spesso raccoglie tempesta, il Premier è uscito assai malconcio da tutto il ginepraio che egli stesso, in buona parte, ha contribuito a fomentare. Già si levano i primi mugugni dalle fila cattoliche e qualche inguaribile nostalgico vaticina un Grande Centro prossimo a venire.

(Continua a pag. 3)

AMBIENTE: TUTTO INTORNO A NOI

Alessio Mazzucco

Dovremo scegliere un giorno tra il benessere sfrenato di cui godiamo e la Terra. Non è una frase apparsa in sogno, ma la conclusione lapidaria e soffer-ta del video-documentario di Al Gore, “Una scomoda veri-tà”. Il nostro benessere economico è garantito da un ciclo conti-nuo di produzione, consumo, investimento, nuova produzio-ne e così via. E’ semplice (almeno nella teoria), circola-re e garante della nostra ric-chezza. A parte qualche scivo-lata come l’attuale crisi eco-nomica, è con questo sistema che i Paesi Occidentali posso-no vantare una qualità di vita così elevata. C’è un però, un dubbio, un “ma”. Cosa produ-ce l’intero sistema oltre a beni e servizi? Gas, sprechi e mate-riali inquinanti. Qualcuno potrebbe pensare che adesso inizierò con la solita storia della CO2. E in effetti sarà proprio così. Al Gore dimo-stra infatti, con dati scientifici alla mano, come l’effetto serra non sia né una fantasia, una paura, una menzogna (come molti per altro affermano), ma una delle sfide più grandi che il nostro mondo dovrà vince-re. La correlazione molto stretta tra produzione e emis-sione di gas serra è conosciuta e riconosciuta da chiunque: è ovvia, lampante.

(Continua a pag. 2)

L’ARTE DEL DESINARE Tommaso Giommoni

“A tavola perdonerei chiun-que, anche i miei parenti” Così Oscar Wilde si espri-m e v a s u l d e s i n a r e . Un’attività piacevolissima, a tal punto da potersi annove-rar tra quei passatempi che ti mutano d’umore; ti rabboni-scono fino a farti perdonare i tuoi più acerrimi nemici. Cosa dire dunque dell’arte del mangiare? La nostra epoca così deca-dente ci ha privato di speran-ze, ideali, sogni, tuttavia come ogni declino opulento che si rispetti, ci ha regalato distrazioni terrene, gingilli materiali con cui, da perfetti epuloni, sollazzarsi in una lenta e (semi)cosciente per-dita di sensi. Fermo restando queste sofi-sticherie, l’arte del mangiare è uno dei più soddisfacenti passatempi oggi a nostra disposizione. Cosa dire poi del cucinare…Un ritorno al gioco, una comunione di odori, sapori e colori.

(A pag. 10)

PARTECIPA A “IL CAFFE’”

VISITA IL SITO WWW.GIORNALEI

LCAFFE.IT

CRONACA DI UN’ESTATE ITALIANA (OVVERO QUANDO LA POLITICA VA IN VACANZA)

UNA DOMANDA UNA AL COORDINAMENTO PDL DI

SAVONA Diego Zunino

Purtroppo faccio fatica, per mia ignoranza, a comporre articoli sui grandi temi che si affacciano sul panorama nazionale decido dunque di volgere lo sguardo verso il mio cortile. Non sono capa-ce di formulare dieci doman-de ma ne vorrei porre una in merito a questa curiosa vi-cenda.

(A pag. 5)

Page 2: Il Caffé - Numero 4

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Il Caffé

(Segue dalla prima)

Ma la correlazione tra questi gas e i fenome-ni naturali a cui abbiamo assistito ultima-mente si fa sottile, difficile da trovare.

Dunque i fatti. L’effetto serra provoca un surriscaldamento globale (ben superiore alle ondate di calore che si sono registrate, ad esempio, nel Medioevo). Un aumento della temperatura all’equatore provoca un aumen-to più che proporzionale ai poli. Ciò signifi-ca accrescimento del fenomeno dello scio-glimento dei ghiacci, mancanza dell’effetto di riflesso che i poli hanno nei confronti dei raggi solari (e conseguente ulteriori sbalzi di temperatura), innalzamento del livello delle acque, possibile desalinizzazione degli ocea-ni e modifica (se non distruzione) delle cor-renti cicliche che mantengono equilibrato il clima nel mondo. Al Gore ha dato vita, in effetti, ad un documentario apocalittico. Ma la scienza supporta quanto detto prima.

Il problema dell’ambiente non coinvolge solo il clima (che ne rappresenta comunque una buona fetta), ma la distruzione del ver-de, il consumo sfrenato di risorse, il sovra sfruttamento del territorio, ecc.. Tutte cause della possibile distruzione del nostro mondo. Alcuni però se ne sono accorti.

L’Europa ha deciso di tagliare le emissioni di gas serra per il 20% entro il 2020, seguo-no gli USA con il 17%. Li batte entrambi la Svezia, sola, che promette il taglio del 40% in diversi settori, indipendenza dai combu-stibili fossili per i trasporti entro il 2030 e indipendenza dagli stessi per tutta

l’economia svedese entro il 2050. Io credo agli svedesi, loro si impegnano. Tanto che per la presidenza europea di turno hanno scelto come logo una triplice spirale blu, verde e gialla che simboleggia “apertura, dialogo, clima”. Insomma: accettano la sfida per il clima e l’ambiente. Per chi volesse verificare o approfondire sulla questione, l’articolo è tratto da Il Corriere della Sera, 30/06/2009, “Sfida verde della Svezia alla UE…” di Offeddu Luigi.

Il problema clima e ambiente è una questio-ne politica. Sono le riforme, le leggi, gli indirizzi verso una società a minore impatto ambientale che possono invertire la rotta dei giorni nostri. Perché le idee ambientaliste, quindi, non sono favorevolmente accolte nella maggior parte degli ambienti governa-tivi e rappresentativi? Al Gore intitola il suo documentario “Una scomoda verità”. Sco-moda per chi? Per tutti coloro che devono rendere conto di un voto. Le questioni am-bientaliste, infatti, non fanno voti. Promette-re alle persone di rinunciare al loro standard di vita non è certo una strategia vincente per le elezioni. Obama si è incamminato sull’arduo sentiero dell’economia eco-compatibile, ma ha dovuto aspettare una crisi per poter immaginare di cambiare il nostro sistema di produzione e consumo.

La domanda che più volte mi pongo è: pos-siamo agire per conto nostro, aiutare il clima e l’ambiente dal piccolo senza dover aspet-tare il sistema politico? Ovviamente sì. Le svolte si possono fare, pochi alla volta, poi sempre più, inseguendo l’obiettivo dell’eco-compatibilità. Mi vengono in aiuto due arti-

IN PRIMA PAGINA

coli tratti da Il Corriere della Sera (devo dire che sto diventando monotono con le citazioni): il primo è di Giovanni de Paola, datato 29/06 anno corrente, che guarda con interesse all’”impresa” di un uomo che vive ad impatto ambientale zero; il secondo è di ieri, su un programma nato in Inghilterra per diminuire i consumi nella società civile. L’uomo “eco-compatibile” vive in Belgio, non è un eremita, né rinuncia a molte delle moderne comodità (PC ed Internet in pri-mis). Il suo calcolo è semplice: sul pianeta siamo sei miliardi e settecentomila abitanti; dividendo la superficie della terra per gli abitanti ognuno può consumarne 1,6 ettari, noi oggi ne consumiamo 5,1. E’ dunque necessario tagliare. “Meno dieci” è il nome della campagna inglese per l’ambiente: di-minuire del 10% i propri consumi nel 2010. E il risparmio e l’eco-compatibilità va dal consumo intelligente di acqua, elettricità, energia per il riscaldamento e il raffredda-mento delle case, minore uso dell’auto, mangiare più verdura e meno carne, …. Insomma: sono necessari i sacrifici. In tan-tissimi aspetti della nostra vita. E questa può essere una svolta “idealista” per l’ambiente. Se i dati, infatti, si confer-meranno in natura, se la scienza perseguirà il vizio di dire il vero e prevedere le cata-strofi, se Al Gore e migliaia di altri scienzia-ti, naturalisti, volontari di Green-Peace non si saranno sognati tutto, allora non ci sarà più bisogno di sacrifici volontari, perché saremo tutti costretti alle rinunce, più di quanto noi potremo mai immaginare.

Alessio Mazzucco

AMBIENTE: TUTTO INTORNO

A NOI

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3

Il Caffé

(Segue dalla prima)

Non bastasse, i quotidiani esteri e l’opposizione hanno avuto gioco facile a gridare alla dittatura, benché i paragoni con Putin o Chàvez ap-paiano oltremodo fuorvianti e non plausibili. Reagendo d’istinto, il leader del centro-destra è dunque incappato nell’errore che un politico di razza (non osiamo dire “statista”) non do-vrebbe mai commettere. Ma proprio qui sta il punto. Sin dalla sua famosa discesa in cam-po, Berlusconi si è sempre professa-to quale homo novus della vita pub-blica italiana, ostile ai cosiddetti “politici di professione” ( democri-stiano, nel berlusconese, è alla me-glio sinonimo di faccendiere ) e re-frattario a ogni sorta di dialettica in seno al suo partito. Questa strategia, che a distanza di 15 anni permane fruttuosa sul fronte elettorale, si ri-vela in realtà un boomerang quando dalla piazza ci si sposta nelle stanze dei bottoni e le crisi vanno affronta-te con gli strumenti che la politica ti concede. Solo la Politica con la “p”maiuscola, infatti, può emendare se stessa correggendo le proprie storture, e solo politicamente ci si dovrebbe tirare d’impaccio da scan-dali che afferiscono alla sfera priva-ta, tirando dritti fin quando possibile e attuando politiche d’ampio respi-ro , senza sceneggiate napoletane e

crisi isteriche. Ma questa fantomati-ca Seconda Repubblica, nata sull’onda di un’Anti Politica visce-rale , non riesce a scrollarsi di dosso gli stereotipi di cui è figlia, languen-do nel limbo dell’indeterminatezza, incapace di secernere propria linfa, condannata a vivere di luce riflessa nell’eterna contrapposizione a un passato ripudiato e a un nemico mai realmente avversato. E’ il Non Esse-re che prevarica sull’Essere,il trion-fo di un relativismo politico che s’accinge a colmare i presìdi lasciati incustoditi dalla scomparsa delle ideologie. La morte della Politica implica, pa-rafrasando Dostoevskij, che d’ora in poi tutto viene concesso. Sicchè non passa giorno senza che qualcuno metta in dubbio l’unità nazionale minando alla base la nostra stessa identità (salvo poi ritrattare manco si trattasse di bagattelle da quattro soldi) ; così, una giovane modella ammette candidamente che, qualora non riuscisse a sfondare nel mondo dello spettacolo, le piacerebbe en-trare in politica, assurta al nobile rango d’ufficio di collocamento per trombati dello show business. Fino al colmo dell’imbarbarimento, quando, anziché avversarsi nelle aule parlamentari con proposte con-crete e istanze politiche, ci si com-batte a suon di spazzatura, facendo a gara a chi rimesta meglio i mucchi di

IN PRIMA PAGINA

di letame. Voglio concludere con una chiosa che sa tanto di speranza. Negli ultimi tempi, di mezzo a tante sconcezze e colpi bassi, s’è assistito tuttavia a qualcosa che somiglia va-gamente a un sano dibattito, colonna portante di ogni democrazia. Appare encomiabile da questo punto di vi-sta, a prescindere dal merito delle questioni poste in essere, la posizio-ne del Presidente della Camera Fini, tipico esempio di vox clamans, che, scontrandosi apertamente con alcu-ne scelte del proprio leader , ha po-sto l’accento sulla necessità di un ritorno immediato alla Politica dei partiti, tralasciando velleità di cesa-rismo e gossip mediatico. Dall’altra parte, il dibattito intestino al Pd, seppure fino ad ora assai carente d’idee, condurrà non di meno a una leadership attorno alla quale, ci si augura, sarà possibile organizzare finalmente un’opposizione forte e credibile. Tutto ciò è più che mai necessario, giacché l’autunno si an-nuncia denso d’incognite economi-che e foriero di nuove tensioni so-ciali. La morte della Politica, in un quadro così instabile, sarebbe “il più grande assassinio di tutti i tempi”. E non possiamo permettere che lo si perpetri.

Gianmario Pisanu

CRONACA DI

UN’ESTATE

ITALIANA

Page 4: Il Caffé - Numero 4

4

Il Caffé

“La sovranità dell’Iraq appartiene all’Iraq ed è per questo che ho ordinato il rientro delle unità da combattimento entro agosto”,con queste parole il Presi-dente degli Stati Uniti Barack Obama con-fermava, nel suo di-scorso ad Al Azhar, la decisione di ritirare le truppe di stanza in Iraq. Ed in effetti così è stato. Il 6 agosto iniziava il ritiro dai villaggi e dalle città iraqeni in accordo con il Sofa (Status of Forcement Agreement) siglato l’anno scorso. Fino ad allora le forze americane ed il neo-esercito iraqeno, insieme ai membri dei vari “consigli del risveglio” stipen-diati dagli americani, avevano affronta-to congiuntamente le “ripercussioni del tragico errore dell’invasione”, rappre-sentate dagli affiliati iraqeni ad Al-Qaida e gli ex baathisti. Dal 6 agosto è stato “veramente uno show iraqeno”. Proviamo a vedere come si presentava il palco all’apertura del sipario. Già dall’estate 2007 si era manifestato un notevole decremento delle vittime civi-li, con il termine delle violenze seguite alla distruzione della moschea sciita di Al Askari l’anno precedente. Come si può ben vedere nel grafico il numero delle vittime civili è diminuito in modo estremamente rilevante e si è mantenuto relativamente stabile da quel momento in poi (se si escludono le operazioni a Basrah e Sadr City nel marzo del 2008). Contemporaneamente le rilevazioni sulla percezione della sicurezza da parte dell’esercito americano mostrano una crescente fiducia della popolazione.

Questo si riscontra soprattutto per quan-to riguarda le opinioni espresse sulla sicurezza nella “propria zona”, mentre

rimane molto più basso il numero di coloro che riten-gono di poter viaggiare rela-tivamente sicuri. Questo fenomeno potrebbe essere causato da diversi fattori: potrebbe, infatti, sia di una forma di assuefazione o di minimizzazione delle dimi-nuite violenze locali (si ri-

cordi che il paese è in una situazione di quasi guerra civile da quasi cinque anni), sia da una sostanziale scarsità di informa-zioni sulle altre pro-vince. Come faceva-no notare Jason Cam-p b e l l , M i c h a e l O’Hanlon, Jeremy Saphiro e Amy Uni-kewicz in un articolo pubblicato sul New York Times il 17 giugno “a conti fatti la situazione è mol-to migliorata ma fortemente instabi-le,soprattutto dal momento che le ridu-zioni più consistenti di truppe america-ne devono ancora avvenire”. Ora queste riduzioni sono avvenute e le conseguen-ze non hanno tardato a verificarsi. Il 19 agosto un attacco coordinato di alcune autobombe ha colpito lo stesso ministe-ro degli Esteri causando almeno 95 morti e più di 500 feriti. Il numero di vittime di civili ha iniziato a crescere nuovamente. E proprio mentre mi ap-presto a postare questo articolo appren-do da un editoriale del Washington Post che nell’ultimo mese è stato registrato il numero più alto di vittime civili nel

POLITICA E ATTUALITÀ

LA "GUERRA DIMENTICATA": LA SOLITUDINE DEI CITTADINI IRAQENI

L’esercito iraqeno è come un gruppo di “ragazzi con una macchina di grossa cilindrata nuova di zecca, lì fuori che bruciano la strada … ti fa quasi paura” dichiarava un ufficiale americano(5). Speriamo solo che imparino a guidare in fretta … ammesso che ci riescano. Non solo, infatti, non hanno la stessa esperienza dei loro mentori ma sono privi anche della tecnologia americana, essenziale, per esempio, per individuare le bombe e gli IED (Improvised Explo-sives Devices) che hanno causato molte perdite nella fase finale del-

l’occupazione. Il Generale Ray Odierno, co-mandante delle forze americane in Iraq, dichiara-va “ci sono an-cora civili che vengono uccisi in Iraq. Ci sono

persone che tentano di attaccare il nuo-vo ordine iraqeno ed il movimento ver-so la democrazia ed un’economia aper-ta. Così abbiamo ancora del lavoro da fare”. Secondo altri non c’è più nulla che gli Stati Uniti possano fare e la sta-bilità in Iraq è ormai una causa persa o che la presenza delle truppe americane potrebbe solo aumentare l’instabilità del paese. Ma i giochi ormai sono fatti e mentre sentimenti di disperazione pal-pabile si diffondono tra la popolazione iraqena di fronte agli ultimi attentati speriamo che i civili iraqeni, dopo aver affrontato gli “immensi benefici dell’invasione americana”, non debbano affrontare anche quelli di una prematura ritirata.

Vincenzo Scrutinio

“Tutto nasce dal fatto che si compiono cose a metà. Si è buoni solo a metà. Ecco perché il mondo si trova nei pasticci. Fate le cose in modo completo. Il chiodo deve essere battuto fino in fondo. Dio odia dieci volte di più un mezzo diavolo che un arcidiavolo!”

Nikos Kazantzakis

Page 5: Il Caffé - Numero 4

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Il Caffé

In data 11 settembre apprendo dal

s e g u e n t e s i t o h t t p : / /

www.primocanale . i t /news.php?

id=54731 la nomina a “Coordinatore

Provinciale” dell’ Avv. Roberta Ga-

sco. Ora non è che mi competa entra-

re nel merito di un partito in cui non

mi riconosco, ma mi permetto di fare

una considerazione di squisito buon

senso: L’avvocato Gasco nel maggio

2009, i l 18 maggio (http://

www.ivg.it/2009/05/18/regione-

ludeur-esce-dalla-maggioranza-in-

consiglio/), rifiuta di entrare nel Pdl,

sostiene, perché intende “mantenere

viva l’identità del suo partito”.

C’è da dire che in questi sei mesi

l’Udeur è divenuta forte come non

mai, soprattutto nel savonese! Un ro-

t o n d o 0 , 9 2 % ( h t t p : / /

a m m i n i s t r a t i v e . i n t e r n o . i t /

a m m i n i s t r a t i v e / a m m 0 9 0 6 2 1 /

P074.htm) che pone l’Udeur al di so-

pra di forze come i pensionati, i cri-

stiani uniti, i pensionati-bis, la lista

civica “per il bene comune” e la lista

civica cristiana!!! Però l’identità si è

rafforzata molto…

Non è t ra scurab i le tu t tav ia

l’esperienza che l’Avvocato Gasco ha

riportato in campagna elettorale euro-

pea nel 2004″Le elezioni sono state

un successo inaspettato…come voti

sono stata la seconda del partito (il

quale ha catalogato un succoso 0,3%

con 0 eletti, ndr) nel collegio nord

ovest!” (peraltro con il centro sinistra)

sostiene nel suo sito personale (http://

www.robertagasco.it/chisono.php)

pur riscontrando un risultato diverso

nei dati riportati sui media italiani

( h t t p : / / w w w . r e p u b b l i c a . i t /

speciale/2004/elezioni/europee/

no.html) dove figura sesta con 1.104

preferenze.

L’anno seguente è però l’anno della

svolta: “Ed eccoci al 2005. Mastella

riesce ad ottenere per la Liguria un

posto nel listino del Presidente Bur-

lando. Ma la persona da inserire dove-

va essere una donna e della provincia

di Savona… La scelta è ricaduta su di

me con lo stupore di tutti (…) Burlan-

do vince le elezioni e nell’aprile 2005

vengo eletta consigliera regionale, la

più giovane d’Italia.” (http://

www.robertagasco.it/chisono.php)

Ritorniamo al 2009, con un mandato

regionale agli sgoccioli e un salto car-

piato che vedrà il consigliere regiona-

IN PRIMA PAGINA

UNA DOMANDA UNA AL COORDINAMENTO PDL

DI SAVONA

le, la più giovane d’Italia.” (http://

www.robertagasco.it/chisono.php)

Ritorniamo al 2009, con un mandato

regionale agli sgoccioli e un salto car-

piato che vedrà il consigliere regiona-

le più giovane d’Italia segretario di un

partito e coordinatore di un altro fare

per giunta campagna contro il Presi-

dente grazie a cui è riuscita a strappa-

re questo primato lusinghiero. Non

conoscendo l’Avv. Gasco non mi re-

sta che farle i migliori auguri per una

buona riuscita della campagna eletto-

rale e per tutti i successi nella vita.

Mi rivolgo ora a chi ha compiuto que-

sta scelta, augurandomi che sia se non

proprio meritocratica almeno demo-

cratica: per nulla togliere al nuovo

coordinatore provinciale, ma forse

non sarebbe stata “migliore” -non

dico a livello di opportunità ma di

coerenza ed immagine- una scelta su

chi ha creduto nei valori e nelle idee

fondanti del primo partito della pro-

vincia di Savona?

Diego Zunino

Page 6: Il Caffé - Numero 4

6

Il Caffé

Fedeli al vecchio adagio statunitense “The show must go on”, neppure di fronte ai nostri connazionali periti in Afghanistan il grand cirque du soleil della politica ha accennato ad arrestarsi. Così, mentre le bare ammantate dai tricolori facevano ritorno in Italia, tra la costernazione degli intimi e il doglio nazionale, alcuni esponenti di spicco della scena pubblica profittavano dell’occasione per ridare fiato alle vec-chie trombe, afone ormai da tempo per la pochezza delle idee in circolazione. Da consumati decani dell’accattonaggio politico, il padre padrone dell’IdV, Di Pietro, e quello della Lega Nord, Bossi, han cavalcato l’onda della commozione popolare per poi provare surrettizia-mente a mutarla in indignazione. Il pri-mo, ormai spoglio delle grezze tare lucane e impratichitosi nel politichese, ha sollecitato un’”attenta riflessione” del Parlamento in materia; il secondo, vellicando gli istinti materni della casa-linga di Gallarate, tribolata dalla dipar-tita del figlio in terra afghana, ha invo-cato con fare paternalistico un rapido rientro a casa dei “nostri ragazzi”. Al di là delle dispute ideologiche sulla legittimità o meno della guerra come strumento dirimente le controversie internazionali e di quelle geo-politiche sulla sua opportunità contingente( se ne potrebbe discorrere all’infinito, prefe-riamo rimandare ad kalendas graecas), la cadenza più che mai improvvida( e sospetta) delegittima le richieste oppo-ste dai due leader, fino a circonfonderle di un’aura di pelosa demagogia. Non si comprende d’altronde a cosa alluda l’ex P m i mp e t r a n d o l a b e n n o t a

“riflessione”: termine bizantino, la cui essenza vacua e gattopardesca( “cambiare tutto per non cambiare nul-la”) potrebbe essere ben compresa da chi è aduso al gergo parlamentare. In-terpretandola alla lettera e senza alcuna malizia, si potrebbe pensare a un’ennesima conferenza internazionale in cui, per l’ennesima volta, il Presiden-te Obama dovrebbe ribadire con “rinnovato vigore” i suoi accorati appel-li volti al mantenimento delle truppe in terra afghana, rimarcandone(sempre per l’ennesima volta) l’”importanza strate-gica” per l’intero Occidente e non solo. Il che apparirebbe oltremodo tautologi-co, oltreché inutile. In seconda istanza, potremmo scorgervi un invito alla ridi-scussione delle regole d’ingaggio dei nostri soldati, o un’insofferenza cre-scente ad un rifinanziamento della mis-sione. Ambo le conclusioni, va da sé, non sarebbero lusinghiere per il leader dell’IdV. E’infatti opinione condivisibi-le che, in un mondo strettamente inter-connesso e caratterizzato da un multila-teralismo sino ad ora sconosciuto, per-dere la fiducia dei partners internazio-nali rappresenterebbe uno scotto troppo elevato; e ciò ineluttabilmente acca-drebbe se, fomentati dalla morte dei sei parà e in balìa degli istinti più viscerali, decidessimo di ritirare le nostre truppe, scompaginando gli equilibri esistenti nella regione. Insinuare inoltre il tarlo del dubbio prima ancora che il colpo inferto sia stato assorbito e la ferita ri-marginata, mette a repentaglio l’incolumità dei soldati ancora dispiega-ti e ringalluzzisce gli attentatori, i tale-bani, consci di aver aperto una falla tra

POLITICA E ATTUALITÀ

IL BURQA

le fila avverse e pronti a battere il ferro sinché è caldo. “Sangue e lacrime”promise Churchill agli inglesi, stremati dalla più logorante delle battaglie e timorosi del proprio avvenire . Parole d’ordine che, in tempo di guerra, possono cementificare un intero popolo attorno a un ideale, ma che, in epoca di non belligeranza, risul-tano cacofoniche e ai più assai sgradite. Specie se il nemico da estirpare viene percepito come entità metafisica , anni-datasi in lande remote, non in grado di contaminare le nostre vite quotidiane nel loro placido divenire. E’ dunque in un humus d’indifferenza e d’inedia , se non di malmostosa acredi-ne (le voci levantesi contro i funerali di stato ne sono un fulgido esempio) che s’inscrivono le esternazioni dei due tribuni. Tutto fa brodo, i voti “non puzzano”, si dirà. Ma, nonostante anni e anni di lotte fratricide tra fazioni avverse ci abbiano assuefatto al più becero cinismo, sicché s’è fatto il callo a tutto, risulta tuttavia arduo liquidare queste sortite come semplici “boutades”, mantra spesso adoperato per esorcizzare realtà fasti-diose senza doverci fare i conti. Stavol-ta, infatti, s’è valicato quel confine che separa la politica, dimensione prosaica della vita per antonomasia, dalla sfera del dolore. E mentre il momento richie-deva un minuto di raccoglimento, qual-cuno strepitava, infrangendo la più ele-mentare regola di buon senso: il rispetto per chi non c’è più.

Gianmario Pisanu

DELL’IPOCRISIA

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Il Caffé

L’11 gennaio alle ore 14 e 30, in una soleg-giata giornata d’inverno milanese sostengo l’esame orale di diritto costituzionale: lo zelante assistente esige che mi ricordi l’articolo 16, e per fortuna sono riuscito a spararla giusta nella giungla di diritti e liber-tà che affollano quella sezione della nostra beneamata “Carta”: Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può esse-re determinata da ragioni politiche [cfr. art. 120 c. 2, XIII c. 2]. Mi chiedevo dell’utilità di questa norma costituzionale, mi sembrava una cosa ovvia, sciocca quasi pleonastica, tuttavia non sape-vo quello che stava per accadere dai miei pressi di lì a poco dopo. Il prode Sen. Fran-co Orsi, parlamentare del Popolo delle Li-bertà e rappresentante della nutrita lobby dei cacciatori, sbaragliata la poca resistenza sinistroide presente nella cittadina di Albiso-la Superiore diviene il Borgomastro mentre nella vicina Albissola Marina è il viceversa che prende atto: il Pd capitanato dal ben moderato Nicolò Vicenzi assume la carica di Primo Cittadino lasciando a becco asciutto la lista civica di centro destra data per vin-cente tra le cui file veniva annoverato il sottoscritto. Le campagne elettorali che hanno caratteriz-zato i due vincitori sono state molto diffe-renti: più spettacolare la prima, con ospiti di spicco e un’immagine dinamica ma soprat-tutto volenterosa di cambiare; meno vistosa ma ben supportata dai gruppi giusti (Società Cattolica Operaia “S. Cecilia” e Curia) più rassicurante e mirata a volere garantire la sicurezza nel piccolo borgo marinaro asse-dia to da ques t i local i t roppo “deregolarizzati”. Mentre il nostro primo cittadino si impegna-va ad affrontare la “movida” (termine quan-to mai abusato in questi ultimi mesi) con azioni spot di polizia municipale e un tavolo di negoziazioni dal sapore quasi keynesiano, il Borgomastro albisolese ha deciso di ta-

gliare la testa al toro emettendo una meravi-gliosa ordinanza motu proprio egli infatti

O R D I N A che a far data dal giorno 14 agosto 2009 e

fino al giorno 13 settembre 2009, nelle notti tra venerdì e sabato e tra sabato e domenica,

dalle ORE 03.15 alle ORE 06.00

E’ VIETATO: l’accesso pubblico e lo stazionamento di

persone nel centro storico di Albisola Capo nelle vie:

via Colombo via IV novembre via Don N. Leone via Giulia Gavotti. piazza del talian

per le sole aree ricomprese nella zona ZTL

Negli orari e nei giorni di cui sopra alla panetteria Garbarini, ubicata in Via Colom-

bo, 41 con locali di produzione e vendita anche nel retro di via Don Natale Leone,

non è consentito l’esercizio della vendita al pubblico. Onde evitare il richiamo di perso-ne all’interno della zona in cui non è con-

sentito l’accesso, la predetta panetteria non potrà tenere aperti i locali finalizzati alla

vendita al pubblico che dovranno, inequivocabilmente, apparire dall’esterno

come chiusi.

Bene a questo punto mi viene da supporre, alla luce del suddetto articolo costituzionale richiestomi, che od il centro storico della ridente città cugina è affetto da influenza suina notturna o lì dalle ore 3,15 alle ore 6,00 sussiste un teatro di sommossa che danneggi l’ordine pubblico. Beh, mi doman-do e dico ma l’ordinanza sindacale, atto monocratico amministrativo, può scorrazza-re così liberamente come un cinghiale tra le vigne del nostro diritto fino a profanare persino le preziose viti della Costituzione? L’umile Wikipedia descrive così i limiti e le proprietà della bolla albisolese: Si tratta di atti monocratici che creano dove-ri positivi (di fare o dare) o negativi (di non

POLITICA E ATTUALITÀ

IL COPRIFUOCO RIVIERASCO

VISTO DA 200 METRI DI DISTANZA

fare). In certi casi possono essere emanati in deroga all’ordinamento giuridico vigente (ma non ai suoi principi generali né a norme costituzionali): sono le cosiddette ordinanze libere, di cui sono esempi i bandi militari e le ordinanze contingibili e urgenti; quando questi atti contengono norme generali ed astratte sono considerati atti normativi e, q u i n d i , f o n t i d e l d i r i t t o . Dunque dal basso dei miei voti in diritto e dalla mia (in)esperienza di politicante loca-le: tu mi deroghi l’articolo 16 della costitu-zione per 600 elettori che possono beata-mente dormire dalle 03:15 alle 06:00 ma soprattutto mi deroghi anche un altro artico-lo, il 41 il quale recita così : L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Dunque il panettiere Garbarini va in contra-sto con l’utilità sociale? reca danno alla sicurezza? alla libertà? alla dignità umana? Il Senatore-Sindaco ha dato prova di leadership presidiando un piccolo esercito formato da carabinieri, polizia municipale, protezione civile (?!) prendendosi in carico persino l’onere di affrontare le contestazioni sicuramente “comuniste e facinorose” che venivano eseguite egli ha così risposto a chi sollevava eccezioni di carattere costituziona-le: “Sono stato eletto per prendere delle decisioni, magari impopolari, ma che vanno rispettate. Si transita liberamente sul lungo-mare e si può accedere alla via Aurelia da altre vie senza transitare nel centro storico, non mi sembra così grave.” Fedele al man-dato e al suo operato monocratico che tanto piace all’esecutivo di stanza a Roma egli ha persino sfidato i suoi oppositori affermando: “Fate ricorso, vedremo chi vince” Non scomodiamo costituzionalisti o avvoca-ti, non aggraviamo il lavoro della elefante-sca magistratura, mettiamola sul ridere, dopotutto… UNA FOCACCIA CI SEPPELLIRA’!

Diego Zunino

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Il Caffé

E se entravo titubante dagli alti portali di Palazzo Reale nella scapigliatissima mostra che Milano è lieta di offrire, colpevole sì di lacune sull’ ottocentesco movimento artistico quanto della man-canza mia peculiare d’intendere le sfu-mature e i particolari più piccoli, ne sono uscito sorridente e pensoso dei mille spunti di riflessione che il percor-so artistico mi ha donato. Dunque la Scapigliatura: inquadramen-to storico. Sviluppatosi tra gli anni Ses-santa e Novanta del XIX secolo, tra gli idilliaci luoghi lombardi delle campa-gne e dei laghi, mete tutt’ora agognate dal cittadino milanese, e la scuola arti-stica di Brera, il movimento è battezza-to da Cletto Arrighi con il libro La Sca-pigliatura ed il 6 febbraio. Definire un uomo, un giovane, uno scapigliato era definirlo bohemién, figlio di quella tra-dizione tutta parigina degli outsider, gli emarginati sociali. Ribellione, disgusto e rivolta ad una società borghese e ipocrita, dimentica già di quei valori e ideali che fino a pochi anni prima avevano infiammato il cuore di patrioti e martiri. Siamo in una nuova Italia, anzi, nell’unica vera Italia, unita dopo lotte decennali, ansiosa d’affacciarsi nel mondo come potenza politica ed economica. E di fronte alle novità politiche, ecco emergere le novi-

tà sociali della borghesia, il positivismo,

l’amore per la scienza e il progresso. Il

Risorgimento è superato, perduto forse

nell’amalgama silente in cui gli ideali

furono destinati a morire.

Gli Scapigliati non ci stanno. E con

pennellate irrazionali, contorni vaghi,

figure sfumate, a volte immerse nella

luce e nella natura a confondere i tratti,

ecco che i nuovi artisti di Brera cercano

una loro personale soluzione alla visio-

ne nel mondo. Si abbandonano le pose

classiche nei ritratti per far spazio a

indagini psicologiche, nessuna rigidità,

ma movimento dato dal pennello, alle-

g r i a da ta da l l a l uce , g r az i a

dall’ambiente in cui l’uomo si ritrova

come soggetto cardine del quadro. Si

lascia spazio ai sentimenti umani: la

passione, l’amore fraterno o passionale,

la dolce culla della lettura, del silenzio,

dell’attesa e dell’ammirazione per la

bellezza che d’intorno ci circonda,

l’innocenza infantile.

Forse perché passando di stanza in stan-

za si viene letteralmente “assaliti” dalle

foghe giovanili degli artisti, forse per-

ché semplicemente l’animo mio già si

posava sulle domande più diverse, ma

uscire da quella mostra senza un pensie-

ARTE E CULTURA

SCAPIGLIAMOCI! ro, una riflessione, è stato pressoché

impossibile. Su cosa? Dall’amore alla

natura, dalla gioia di momenti estatici

alle figure ritratte. Forse anche all’Italia

dei giorni nostri, a quell’Italia che a 150

anni dall’Unità già non si sente più una

ma plurima, per cantare poi gli inni

nazionali a soli due minuti prima del

calcio d’inizio. Forse alla nostra società,

deturpata dalla cultura dei media e dei

messaggi pubblicitari, degli slogan e dei

luoghi comuni. Meno di 150 anni fa un

gruppo di artisti lottava contro la

“borghesizzazione” del nostro Paese;

ora siamo giunti allo stadio successivo,

alla classe omogeneizzata di una società

assalita da nuovi, oscuri e, purtroppo,

silenti nemici. Scapigliato, al giorno

d’oggi, credo non significhi solo essere

bohemién, “alternativo” al pensiero

borghese, ma reputo meriti qualcosa di

più. Io lo definirei pensiero autonomo,

slegato dalle influenze delle mode del

momento e degli ambienti, lo definirei

lotta all’omogeneità, ricerca della diver-

sità, volontà di esprimere ancora i senti-

menti più semplici e le gioie più comuni

per elevarsi, poi, ai pensieri più alti.

Chissà: magari un po’ di Scapigliatura,

al giorno d’oggi, gioverebbe un po’.

Alessio Mazzucco

La Piccola Fioraia - Carcano

Edera - Tranquillo Cremona

Giovinetta Inglese - Daniele Ranzoni

Bagno Pompe-iano - Giuseppe

Barbaglia

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Il Caffé

L a musica commerciale è dovuta principalmente a mancanze da parte dell’audience: si ritiene

sempre necessario che l’artista che ci ha maggiormente colpito con un album deb-ba sempre ripetersi con un nuovo disco, con nuove canzoni che piacciano allo stesso modo, che ci colpiscano allo stesso modo. In sostanza, ricerchiamo, fonda-mentalmente, la ripetizione del-l’intuizione artistica, dell’ispirazione arti-stica sottoponendo quindi l’artista ad un suo sostanziale appiattimento a livello di idee. La cosa divertente è che poi, conte-stiamo l’artista per essere, alla fine ripeti-tivo e di non innovarsi mai. È questo il punto: vogliamo l’innovazione sempre vecchia. Vogliamo essere presi in giro. Quindi, vogliamo vedere che Mick Jagger e Keith Richards si scazzottino e saltino sul palco come ai vecchi tempi, anche se hanno la veneranda età di quasi settant’anni e siano quasi plastificati. Mi domando allora: cosa fareste voi se vede-ste i vostri nonni saltellare a ritmo di mu-siche chiaramente fuori luogo per la loro età? Dubito che pensereste bene di loro. Non si può prescindere dalla propria età e c’è l’età giusta per fare le giuste cose. Questa premessa si pone necessaria per descrivere non tanto l’artista, ma il per-corso intrapreso con gli ultimi due album da colui che voglio recensire: Mark Kno-pfler. Breve ricostruzione storica: Mark Kno-pfler è stato il fondatore, la voce, ma so-prattutto la chitarra (nelle fattezze della Fender Stratocaster e, per coloro che l’hanno visto in qualche concerto anni ’80, la Dobro, la chitarra resofonica di Romeo and Juliet) dei Dire Straits, gruppo di non facile descrizione musicale in

quanto sfuggente e allo stesso tempo me-scolatore di molti generi musicali, ma comunque facenti capo ad un particolare tipo di rock country-folk-pop blues (di stampo J.J. Cale, come ammesso dallo stesso Knopfler). Con l’uscita di Kill to Get Crimsom prima (2007) e Get Lucky (2009), poi Knopfler ha intrapreso un percorso musi-cale che si discosta molto dal genere tipi-co dei Dire Straits e che tante critiche riceve dai suoi fan: è passato a suoni quasi celtici, molto distanti dalle atmosfere rarefatte e un po’ polverose dei primi Dire Straits. Bene. Descriviamo i due album. Il primo è Kill to Get Crimsom ed è uscito a seguito della collaborazione con la can-tante country americana Emmylou Harris (collaborazione per la verità della quale non sentivamo granché la necessità e grandemente criticata da più parti special-mente per la resa concertistica). L’album è finalmente, il punto di rottura di Kno-pfler con le vecchie radici straitsiane: valzer, polche, melodie medievaleggianti caratterizzano il susseguirsi dei brani sino ai due pezzi conclusivi, a mio parere, i migliori. Madame Geneva e In the Sky. Il primo s’inserisce all’interno della scia già tracciata dallo stesso Knopfler con lavori precedenti, somigliando molto, a livello di ispirazione e di resa musicale, a pezzi come Sailing to Philadelphia e Back to Tupelo. La seconda, invece, rappresenta il definitivo distacco dell’artista dal suo passato così ingombrante: una ballata epica, sognante che culla l’ascoltatore lungo i sette minuti che la caratterizzano. Perché segna il suo definitivo distacco: assomiglia per certi versi, alle cavalcate straitsiane degli anni Ottanta, ma se ne discosta in quanto le atmosfere sono quasi

TEATRO, CINEMA E MUSICA

minimaliste, i tocchi di chitarra sono più controllati e sembrano voler incide-re più per bellezza che per quantità. Non più 3-4 minuti di assoli, ma un minuto per far scoprire all’ascoltatore che si può andare oltre con il pensiero e che si può ascoltare qualcosa di nuovo, da un artista anche vecchiotto (sessant’anni compiuti il 12 agosto), ma che porta con sé una grande carica d’ispirazione artistica, quella stessa carica che sembra persa nella maggior parte degli artisti, o presunti tali, che il mondo mediatico ci concede di giudica-re. In realtà, però, l’album è insufficiente. La critica verte principalmente sulla resa musicale delle idee knopfleriane: canzoni poco incisive, prive di morden-te e di quel quid che ti fa dire “Ora la riascolto”. Così, l’album scivola via e si perde tra i troppi “ma” che affollano la mente dell’ascoltatore. Un ottimo sotto-fondo alla propria esistenza. Una fanta-stica colonna sonora e due pezzi finali che valgono da soli l’acquisto del cd (e anche qui potremmo aprire innumere-voli altre parentesi), ma forse un po’ poco per un artista dello spessore stori-co-musicale come Mark Knopfler. Ma per lo meno ha posto le basi per l’album successivo, simile per ispirazione ma decisamente migliore dal solito punto di vista della resa musicale. Ma di questo, ve ne parlo la prossima volta.

Matteo Scarcia

EMANCIPAZIONE KNOPFLERIANA:

KILL TO GET CRIMSON OVVERO L’INIZIO DEL DISTACCO

(PARTE PRIMA)

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Di Tommaso Giommoni L’Arte Del DesinareL’Arte Del DesinareL’Arte Del Desinare

Il Caffé

“ A tavola perdonerei chiunque, anche i miei parenti” Così Oscar Wilde si esprimeva sul desinare. Un’attività

piacevolissima, a tal punto da potersi annoverar tra quei passatempi che ti mutano d’umore; ti rabboniscono

fino a farti perdonare i tuoi più acerrimi nemici.

Cosa dire dunque dell’arte del mangiare?

La nostra epoca così decadente ci ha privato di speranze, ideali, sogni, tuttavia come ogni declino opulento che si

rispetti, ci ha regalato distrazioni terrene, gingilli materiali con cui, da perfetti epuloni, sollazzarsi in una lenta e

(semi)cosciente perdita di sensi.

Fermo restando queste sofisticherie, l’arte del mangiare è uno dei più soddisfacenti passatempi oggi a nostra dispo-

sizione. Cosa dire poi del cucinare…Un ritorno al gioco, una comunione di odori, sapori e colori.

L’arte del cucinare infatti, ancor più di quella dell’abbuffarsi, è un’attività divertente, ludica, e, visti i risultati, molto

soddisfacente. Invero quella della preparazione dei cibi, oltre ad esser un processo artistico, è un’attività complessa

ed a tratti velata di sfumature magiche: come spiegare la magia di un trito sottile di cipolla che d’un tratto si fa do-

rato.

Infine perchè non considerare la ritualità del pasto; pratica antropologica millenaria, densa di significati e dunque

attività socialmente e culturalmente formativa (proprio il banchetto era il luogo dove saggi cantori greci pigliavano

la lira ed intonavano il “Cantami o diva…”).

Forse ho divagato un po’ troppo, comunque, cucinare (e mangiare) ci piace. E’ per questo motivo che, con

un’allegra brigata, abbiamo deciso di fondare la “RUBRICA DI CUCINA”: un foro di ricette, un’agorà di sapori, un

luogo di scambio per chi ama cucinare e mangiare.

Da cuochi alle prime armi quali siamo, ci impegniamo a provare le ricette che qui condivideremo (è una questione di

coerenza!) e con ciò vi garantiamo la loro facilità di preparazione.

Che dunque Trimalcione (o Trimalchione che dir si voglia) ci guidi benevolo nei meandri dell’arte del desinare.

PACCHERI RADICCHIO E PANCETTA CON CREMA AL LATTE Hecce Ricetta. L’opera prima in cui ci cimentiamo è una ricetta molto gustosa che, a dispetto del nome ridondante, non presenta particolari difficoltà di preparazione se non alcuni piccoli accorgi-menti. L’idea di base è quella di un piatto intenso (non parliamo di “Novelle cousine”) sapido, ma al tempo stesso delicato.

Gli ingredienti necessari per due persone (abbastanza mangio-ne): - 200 grammi di paccheri; - 100 grammi di pancetta (affumicata per un gusto più potente, dolce per un gusto più delicato) - 1 radicchio; - 1 patata; - ½ cipolla; - latte; - vino bianco fermo; - farina; - parmigiano; - rosmarino & pepe; - sale, olio.

Preparazione: Prologo: Per la preparazione della ricetta è necessaria, oltre alla cottura della pasta, la preparazione contemporanea del sugo e dalla crema. Sugo: Preparare un trito sottile di cipolla e metterlo in padella con olio (fuoco vivo). Aggiungere la pancetta, a cipolla ormai dorata, e sfumare dopo qualche minuto con il vino bianco. Tagliare a questo punto il radicchio in pezzi non troppo piccoli e far sbollentare in acqua per un minuto; aggiungerlo poi al sugo. Spengere la fiamma e coprire. Crema: Sbucciare la patata e, dopo averla tagliata a dadini molto piccoli, metterla in un pentolino con dell’acqua e farla bollire. Una volta pronta, scolarla e aggiungere nel pentolino latte, parmigiano grattugiato e farina. Lasciar lavorare a fuoco basso, girare spesso onde evitare che si attacchi e schiacciare le patate in modo tale da formare una crema. Aggiungere infine il sale ed il rosmarino. Una volta scolata la pasta aggiungerla in padella insieme al sugo, far lavorare a fuoco vivo e, dopo un minuto aggiungervi la crema. Mescolare bene e servire con una foglia di radicchio crudo ed una “spruzzata” di pepe. Il sugo conferirà “importanza” e la crema servirà a stemperare i sapori; I paccheri infine, con la loro forma raccoglieranno al loro interno il sugo, rendendo ancora più piacevole mangiarli.

di Tommaso Giommoni e Antonio Rigano