il bollettino domenicani n. 2, 2009

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domenicani - marzo-aprile 2009 - n. 2 45 PREDICAZIONE fede e promozione umana. LAICI Consacrati anche noi. DOMENICANI DOMENICANI Anno XLIII - n. 2 - marzo - aprile 2009 - sped. A.P. comma 20/C - art 2 - Legge 662/96 - Cagliari. Anno XLIII - n. 2 - marzo - aprile 2009 - sped. A.P. comma 20/C - art 2 - Legge 662/96 - Cagliari. PREDICAZIONE fede e promozione umana. LAICI Consacrati anche noi.

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DOMENICANIbimestrale d’informazionedella Provincia Romana di S.Caterina da Siena

Anno XLIII – n. 2marzo - aprile 2009

c/c postale n. 41482894int. Convento S. Domenico

Padri Domenicani 09127 Cagliari – Italia

Autorizzazione delTribunale di Firenze del4 gennaio 1967 - n. 1800

DirettoreP. Eugenio Zabatta o.p.

Responsabile P. Fausto Sbaffoni o.p.

Direzione e Redazione: piazza S. Domenico, n. 5

09127 CAGLIARI

Tel. 070 65 42 98 cell. 339 18 22 685

e.mail [email protected]

CON APPROVAZIONE ECCLES. E DELL’ORDINE

SPED. A. P. Comma 20c Art. 2 – Legge 662/96 - CA

cop.: LIZZANO (PT), Chiesa di S. M. Assunta, Fr PAOLINO

Madonna e Santi, a, 1525 (part).

A. XLIII - marzo-aprile - 2009 - n. 2

Editoriale.p. eugenio zabatta op.

la fede che preferisco.Tore Scoepi.

Verso il giubileo della fondazione.P. Carlos A. Costa op.

Lettera dalla Congregazione dei ReligiosiCard. F. Rodé.

Evangelizzazione e promozione umana.p. eugenio zabatta op.

La verità è aprirsi a Dio.M. Martinelli.

Consacrati anche noi laici.Tore Scoepi.

P. Gaspare della Croce, domenicano.NN.

Due uomini esemplari.P. M. Raimondo Sorgia op.

Pellegrinaggi e Canonizzazioni.Notizie: Capitolo provinciale; La forma-zione permanente; Congresso espaces; In-contro della FD toscana (Sr Nicoletta Sot-tana op.); Commemorazione di P. Thierry Haenny; Fld Sedilo (M. Pasqua Sardara); La FD romana (Sr Paola Montisci op.).In memoria di P. Fabio Giardini.

P. Carlo Longo op.Nuove Pubblicazioni. •••

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Sacra conversazione con i Santi: Pietro Martire, Giro-lamo, Domenico, Vincenzo Ferrer, Maddalena, Cateri-na. Il piccolo volto aggra-ziato della Vergine che in-treccia le sue membra con quelle del figlio in atto di dolce intimità e le pieghe del vestito di santa Cateri-na, non possono pensarsi senza Fr Paolino di Pistoia (1488-1550) e, tramite lui, Fra Bartolomeo della Porta.

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Sommario

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editoriale

Alcune volte, come questa, le pagi-ne della nostra rivista diventano poche rispetto a quanto vorremmo pubblica-re, pur mantenendoci strettamente fe-deli alla finalità che “Domenicani” si propone.

Finalità che, come vale la pena ri-cordare, consiste nel farsi portavoce dei principali avvenimenti e problemi di tutti i rami della Famiglia Domeni-cana; nell’essere strumento atto a coin-volgere gli stessi rami in un comune apostolato; nel ricordarci e farci sentire di “essere famiglia”.

Anche il movimento particolare, in preparazione al prossimo Capitolo Pro-vinciale elettivo, che ci coinvolge tutti, contribuisce, con la spinta a valutazioni e a nuove progettazioni, ad accrescere la necessità di “dire di più” e di avere semplicemente “più spazio”.

In questo numero, comunque, in continuità agli articoli dei precedenti fascicoli, già offerti sul carisma della predicazione e sulla vita comunitaria, si propone, alla luce della “Evangelii Nuntiandi”, l’ulteriore chiarimento fat-to sul rapporto predicazione e promo-zione umana. A quale livello, poi, quel rapporto va inteso, per una più efficace evangelizzazione, siano esplicative le pagine che seguono su S. Caterina.

La particolare attenzione che vie-ne data, in questo numero, alla nostra Provincia, per lo speciale periodo che vive, non distoglie da quella data al-l’Ordine e alla Chiesa. All’Ordine, che

è in cammino verso l’anno giubilare di fondazione, con il richiamo alla nostra consacrazione e al carisma della pre-dicazione; alla Chiesa che, avendo ce-lebrato recentemente il Sinodo dei ve-scovi proprio su “La Parola di Dio nel-la vita e nella missione della Chiesa”, contribuisce ulteriormente a stimolare la nostra sensibilità domenicana.

Le pur scarne notizie che seguono, su raduni e convegni già fatti o in pro-gramma; notizie di iniziative e pub-blicazioni varie, esprimono concordi, anche se si tratta di “piccole cose”, la chiara volontà di pieno impegno da parte di tutti accompagnato dal reale desiderio di condivisione nelle attività intraprese, e così impegnative.

Impegno e desiderio che, mentre ci portano ad una più piena coesione in-terna di famiglia, segno di vigore saluta-re, ci aprono, all’esterno, anche ad una testimonianza evangelica più schietta e fruttuosa “perché appaia chiaramente che le nostre opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21).

“Sull’esempio di s. Domenico, che fu pieno di sollecitudine per la salvez-za di tutti gli uomini e di tutti i popoli, sappiano i frati che sono inviati a tutti gli uomini, di ogni categoria e nazio-nalità, credenti e non credenti, e spe-cialmente ai poveri, affinché volgano il loro animo a evangelizzare e a impian-tare la Chiesa fra le genti, e a illuminare e confermare nella fede il popolo cri-stiano (LCO, 98).

p. eugenio zabatta op. • • •

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In realtà fede e speranza pur essen-do due virtù distinte per il loro oggetto ( verità – felicità) e per il loro soggetto (intelligenza – volontà), si intrecciano però talmente che è difficile, nell’espe-rienza vissuta, tracciare tra loro dei confini precisi.

Anche il Papa Benedetto XVI, in Spe Salvi (n. 2) dice: “Speranza, di fatto, è una parola centrale della fede biblica, al punto che in diversi passi le parole “fede” e “speranza” sembrano inter-scambiabili.

Così la Lettera agli Ebrei lega stretta-mente alla “pienezza della fede (10,22) la “immutabile professione della spe-ranza (10,23)…”.

Nella Resurrezione di Gesù, tutte e due queste virtù - fede e speranza - tro-vano una profonda verifica.

Gesù risorgendo conferma insieme la fede e la speranza: la fede, perché la Risurrezione – profetizzata prima e poi realizzata – è la firma di garanzia, messa da Dio, alla più “scandalosa” affermazione che possa risuonare sulla

bocca di un uomo: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv).

È da questa “parola” che nasce la fede: noi crediamo a Gesù perché è Dio.

Nello stesso tempo, e come conse-guenza, la Risurrezione fonda la nostra speranza, perché illumina la nostra morte.

In un’antica simpatica vignetta, un angioletto chiede ad un altro: “L’Estre-ma Unzione è per la fine?”. “No! – ri-sponde l’altro - È per l’inizio”.

Oggi, forse, tra le verità che il mate-rialismo è riuscito più ad oscurare sono la spiritualità e l’immortalità dell’uomo (e i Testimoni di Geova ne fanno un lo-ro dogma!). Su che cosa si fonda allo-ra la speranza, se l’uomo è fatto per la morte?

Gesù, risorgendo, illumina il desti-no dell’uomo: la morte non è la distru-zione dell’uomo; è solo una violenta divisione delle sue componenti: ani-ma-corpo.

Risorgere, perciò, non significa “ri-

nella pasqua di risurrezione nella pasqua di risurrezione nella pasqua di risurrezione

LA FEDE CHE PREFERISCO È LA SPERANZA

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49creare dal nulla” l’uomo distrutto, ma ricomporre l’unità spezzata. Unità che rimane come esigenza profonda nel-l’anima divisa, separata dal corpo.

Alla domanda: “Come nell’uomo l’anima e il corpo formano un’unità?”, il Compendio del Catechismo del-la Chiesa cattolica, al n. 69 risponde: “La persona umana è un essere insie-me corporeo e spirituale. Nell’uomo lo spirito e la materia formano un’unica natura. Questa unità è così profonda che, grazie al principio spirituale che è l’anima, il corpo, che è materiale, diventa un corpo umano e vivente, e partecipa alla dignità di immagine di Dio”. (Cf. GS, 14).

L’anima di Gesù, che “scende agli inferi”, non era stata distrutta dalla morte, perché l’anima umana è spiri-

tuale. Essa “il terzo giorno” – per opera della divinità – ricompose l’unità con il corpo che era stata spezzata dalla vio-lenza della morte in croce.

Iniziò così la nuova vita “eterna” per l’umanità di Gesù, resa gloriosa dalla Risurrezione.

Per questo Gesù divenne “primizia” anticipando il nostro stesso meraviglio-so destino.

Era stato Gesù stesso a promettere nell’Ultima Cena: “Vado a prepararvi un posto, affinché dove sono Io siate anche voi” (Lc. 22,29).

Quanto è avvenuto nel Capo, av-verrà anche in ogni membro del Corpo mistico.

La Risurrezione della carne an-che per noi non sarà nuova creazione – perché l’anima non muore – ma sarà ricomposizione dell’unità della nostra persona.

L’orrore per la morte deriva da que-sta separazione violenta delle due componenti essenziali della persona umana.

Sarebbe potuto venire il dubbio: “Una volta dissoltosi nella corruzione il corpo, potrà essere vinta questa se-parazione? Potrebbe dirsi ugualmente completa la nostra natura senza il cor-po per l’eternità?

Gesù risorgendo ha dissolto l’atroce dubbio, anticipando in Sé la nostra Ri-surrezione.

E, se non bastasse, ha voluto aggiun-gervi la riprova: ciò che è avvenuto in Gesù è già avvenuto anche in Maria, che è una creatura umana come noi.

Fede e speranza, due virtù che si il-luminano nella Risurrezione.

Tore Scoepi. • • •

Resurrezione (G.A. Bazzi).

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L’Ottavo Centenario dell’Ordine

dei Predicatori

Nel secondo dei nove anni che sono stati consacrati al rinnova-mento della vita e della nostra missione di predicatori.

Tema del 2009:

“In principio era il Verbo”: San Domenico,

Predicatore della Grazia.

Quando, per la prima volta, Dome-nico di Caleruega attraversò la Lingua-doca nel 1203, egli ricevette come una ferita profonda nel cuore: a migliaia le anime erano distolte dalla limpida Veri-tà del Vangelo.

Domenico comprese che, dall’ora in poi, tutta la sua vita doveva essere con-sacrata alla predicazione, per la difesa e per la diffusione della Verità piena.

L’Ordine dei Frati Predicatori, nato la notte in cui san Domenico, ancora semplice canonico d’Osma, convertì a Tolosa il suo oste che era eretico, si af-fermò presto e si slanciò alla conquista del mondo. •••

ROMA, S. Sabina. S. Domenico in preghiera.

San Domenico è nato a Calerue-ga in Spagna nel 1172 da Felice di Guzman e da Giovanna D’Aza, ed è morto a Bologna il 6 agosto 1221. Fu canonizzato a Rieti, da Papa Gregorio IX, il 3 luglio1234.Umile ministro della predicazione, prese l’ufficio del Verbo.

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“… È importante che ogni credente ed ogni comunità entri in una crescen-te intimità con la Parola di Dio. Nutrirsi della Parola di Dio è per la Chiesa il pri-mo e fondamentale dovere” (Benedetto XVI al Sinodo dei vescovi, 2008).

Di conseguenza, nel nostro pelle-grinaggio giubilare domenicano che ha avuto inizio con la celebrazione dell’800.mo anniversario della fonda-zione della comunità di Prouilhe, l’in-tera famiglia domenicana è invitata a concentrarsi sul tema: “In principio era il Verbo: Domenico, predicatore della Grazia”. Con questo tema, ci impe-gniamo a sederci accanto a Domenico ai piedi di Cristo e, con lui, a “nutrirci della Parola di Dio”.

È questa eredità di Grazia che noi tutti condividiamo: frati, claustrali, suo-re di vita attiva, laici, giovani e vecchi, ricchi e poveri.

E sappiamo che, una volta alimen-tati dalla Parola, si dovrà accogliere l’altra grande sfida che dovette affron-tare san Paolo, e che si trova in qualche maniera riassunto nel suo grido aposto-lico: “Guai a me, se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor. 9,16).

Così seguendo l’esempio di Dome-nico, e facendo nostro il grido di san Paolo, noi lo adottiamo come filo con-duttore per tutta la durata di questi anni

di pellegrinaggio fino alla celebrazione del Giubileo del 2016.

Per fare questo, riconosciamo, co-me ha detto il Papa nel suo messaggio di apertura del Sinodo, “un grido che per ogni cristiano diventa un insistente invito a mettersi al servizio di Cristo”.

Anche noi prendiamo a cuore que-ste parole, riconoscendo in esse il Van-gelo stesso che ha sollecitato la missio-ne della predicazione del nostro san-to Padre Domenico; portando con sé dappertutto nei suoi viaggi il Vangelo di san Matteo e le lettere di san Paolo, Domenico è diventato veramente “pre-dicatore della grazia”.

Ogni volta che cantiamo “O Lu-men…”, noi invochiamo Domenico con questo titolo: Praedicator Gratiae, perché è lui, il predicatore, il discepolo della Parola, che promette di cammi-nare accanto a noi e di rigenerare in noi l’abbondanza gratuita del Verbo, che era certamente presente quando i primi semi della Santa predicazione furono seminati nel terreno fertile del sud Europa.

Possa Domenico riunirci e radunar-ci come famiglia intorno alla Parola e donarci un cuore contemplativo, obbe-diente, determinato a rispondere con libertà alle sfide attuali del Vangelo.

(…). Fratelli e sorelle, camminiamo

Dal Messaggio del Maestro dell’Ordine.

VERSO IL GIUBILEO DELLA FONDAZIONE

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Lettera del prefetto della Congregazione per gli Istituti

di Vita Consacrataal Padre Maestro dell’Ordine.

Città del Vaticano, 24 febbraio 2009.

Reverendo Padre,

abbiamo ricevuto la relazione sulla situazione dell’Ordine, preparata per il Capitolo Generale dei definitori (Cra-covia, 28 luglio – 17 agosto 2004), e quella preparata per il Capitolo Gene-rale dei priori provinciali (Bogotà, 18 luglio – 8 agosto 2007) e le statistiche dell’Ordine.

Abbiamo letto con vivo interesse tutta la ricca documentazione, e ci sia-mo soffermati, in particolare, sulla se-conda relazione, la più recente, quella che maggiormente manifesta la visione del suo Istituto. Ella ha inteso presen-tare “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce della Vita e della Missione dell’Ordine dei Predicatori”. Nella vita di un Istituto, come nella vita di ogni uomo, vi sono momenti di luce come di oscurità, ma l’esperienza gioiosa del Cristo Risorto illumina.

Come pochi Istituti Religiosi, l’Or-dine dei Predicatori – alla vigilia della celebrazione degli 800 anni della con-ferma dell’Ordine 1216-2016 – “non ha solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi” (VC 110).

Siamo certi che questa celebrazione

Riportiamo i singoli temi previsti nei prossimi anni prima del giubileo:

2010 –“E come lo annunzieranno sen-za essere prima inviati?(Rom 10,15):La missione della Predicazione.

2011 – “Abbiamo intenzione di an-nunziare nella nostra lingua le meravi-glie di Dio” (At 2,11): Predicazione e Cultura. Predicazione comunitaria.

2012 – “Va’ dai miei fratelli e dì loro (Gv 20,17): I domenicani e la predica-zione.

2013 – “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38): Maria: contemplazio-ne e predicazione della Parola.

2014 –“Io effonderò il mio spirito so-pra ogni persona; i vostri figli e le vo-stre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faran-no sogni”(Gl 3,1-5; At 2,17): Laici Do-menicani e Predicazione.

2015 – “Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi fa-rà liberi” (Gv 8,31-32); “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1): Domenico: Governo, Spiritualità e Libertà.

2016 – “Guai a me se non predicas-si il Vangelo (1 Cor 9,16): L’Ordine dei predicatori Ieri, Oggi e Domani.

insieme in questo pellegrinaggio della fede, come famiglia, incoraggiandoci a vicenda nel cammino. Ci aiuti lo Spiri-to Santo a camminare nella speranza, e san Domenico ci benedica e ci consigli per essere fedeli alla meravigliosa ere-dità che ci ha lasciato.

Vostro fratello in san Domenico, predicatore della grazia.

Fr Carlos Azpiroz Costa, MO

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darà un impulso ancora maggiore alla vitalità dell’Istituto e all’impegno nella vita e nella missione della Chiesa.

Ella giustamente insiste sul valore della missione (nn. 12-69): la vostra vocazione è la missione, siete comu-nità per la missione. Mentre gran par-te dell’umanità non conosce ancora il nome di Cristo e rimane necessaria ed urgente la missio ad gentes, la Chiesa avverte nel contempo la medesima ur-genza della nuova evangelizzazione per un mondo che sembra aver perduto il senso del sacro e rischia di perdersi nelle nebbie della secolarizzazione.

Per farlo, è necessario che l’Ordine dei Predicatori “si lasci continuamente interpellare dalla Parola rivelata e dai

segni dei tempi” (VC 81). Memori del Padre San Domenico, che o parlava con Dio o parlava di Dio, i Frati Predicatori devono essere persone amorosamente dedite al Signore e al suo Vangelo. La nuova evangelizzazione sarà così effi-cace nella misura in cui “saprà procla-mare dai tetti quanto ha prima vissuto nell’intimità con il Signore” (ib).

Seguiamo con attenzione e affetto il vostro cammino e facciamo voti che tutta la Famiglia Domenicana, prenden-do nuovo impulso e slancio dalla ce-lebrazione dei suoi 800 anni di storia e di santità, sappia incamminarsi nei percorsi di autentica sequela Christi e di rinnovato impegno carismatico. In-vochiamo su di voi tutti i doni dello

Spirito di Dio, che rafforzino la fede e illuminino la ragione, perché la predicazione diventi la comunicazione della realtà contemplata: lo splendore del Cristo Risorto che comunica a tutti gli uomini pace e salvez-za.

Vi accompagniamo con la nostra preghiera nella novena di anni, che si concluderà nel 2016, al compimento degli 800 anni della conferma dell’Ordi-ne da parte di Papa Onorio III.

Rimanendo in unione di preghiera, profitto volentieri dell’occasione per porgere a Lei e a tutti i Religiosi cordia-li saluti, che accompagno con una speciale benedizione.

Franc card. Rodé, CM, pre-fetto.

(da IDI, aprile 2009 p. 96).

ROMA. Basilica di S. Sabina.(int, sec. v).

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Il segno dell’unità tra cristiani è via e strumento di evangelizzazione. L’appello, che si legge in Evangelii Nuntiandi, all’unità dei cristiani, le cui divisioni e liti impoveriscono l’evangelizzazione e scandalizzano gli uomini, è accorato e ci deve far riflettere.

Da questo appello anche noi domenicani dobbiamo sentirci inco-raggiati a unificare le forze e organizzarci per una predicazione dottri-nale – in conformità al nostro carisma – con l’intervento dei vari rami, con i loro propri ruoli: frati, monache, suore, laici delle fraternite.

Cristo Risorto si mostra a Tommaso.

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L’evangelizzazione non si esaurisce nella predicazione o nell’insegnamen-to di una dottrina. Essa deve raggiunge-re la vita”1.

Cosa contenga e come va intesa questa affermazione lo si può capi-re rileggendo l’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI che la riporta.

Altri documenti hanno esplicita-mente dato continuità all’insegnamen-to ivi contenuto, come l’Enciclica “Re-demptoris Missio” (1990) di Giovanni Paolo II e, più vicino a noi, la “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’Evange-lizzazione” della Congregazione per la dottrina della fede (3.XII.2007).

Questi documenti ne hanno attua-lizzato i contenuti di fronte alle nuove situazioni che l’evangelizzazione ha dovuto affrontare nei decenni succes-sivi.

Anche l’ultimo Sinodo dei vescovi (5-26 ottobre 2008) incentrato sul te-ma: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” ne ha come pro-seguito il discorso.

L’evangelizzazione è compito pe-renne della Chiesa che si identifica con la sua missione, ma essendo un compi-to che svolge in epoche diverse tra loro, con esigenze diverse, e in Continenti con necessità e sensibilità differenti, essa, la Chiesa, come nota la Evangelii Nuntiandi, ha un compito senza fine.

Di fronte all’immutabile messaggio del Signore, la Chiesa ha, infatti, un compito ininterrotto di ricerca di un linguaggio che sia comprensibile agli stessi destinatari del messaggio rivela-to, per poterlo trasmettere loro.

Ci è gradito notare come l’Ordine domenicano, il cui carisma della pre-dicazione s’identifica con il motivo della sua istituzione nella Chiesa, a sua volta, ha provato un “assillo” per la predicazione, parallelo a quello della Chiesa.

Forse, in quest’anno dedicato al-l’Apostolo delle Genti, si è partico-larmente sentito in seno all’Ordine il “guai a me se non evangelizzassi” (1 Cor 9,16). >

Riunire le nostre forze per eseguire il mandato di Cristo.

EVANGELIZZAZIONE E PROMOZIONE UMANA

l’evangelizzazione non si identifica con la promozione umana, ma non la esclude.

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È interessante notare come negli Atti dell’ultimo Capitolo generale, a Bogotà (2007), sia emergente un movimento di ricerca di coordinamento di forze, con il richiamo ad una maggiore unità di azione tra i vari rami, ordinato alla predicazione.

Movimento già iniziato in modo chiaro nel Capitolo di Bologna (1998) con il documento “Liberi per la mis-sione” e poi proseguito a Providence (2001) e a Cracovia (2004)2.

Facilmente, proprio per questa par-ticolare attenzione alla predicazione e Vita apostolica, da parte di tutta la Famiglia domenicana, nel Capitolo di Bogotà (2007) si è evidenziato che il carisma della predicazione comporta la condivisione, all’atto, tra i vari rami: frati, suore e laici domenicani.

Ci sembra di poter affermare che proprio a questo maggiore impulso per la predicazione si deve le rinate: Com-missione Internazionale per il Dialogo interreligioso e le Journées Romaines

Dominicaines (12.II.2004); la promo-zione di Giustizia e Pace, ambito pro-prio della predicazione domenicana; il nuovo spazio dato al Volontariato do-menicano; l’insistenza sul Movimento giovanile domenicano e altro.

Il tutto ordinato ad una inter-colla-borazione che può assicurare la vita e la missione dell’Ordine3.

Il Papa Paolo VI collocava l’Esorta-zione Evangelii Nuntiandi nella scia del Concilio Vaticano II, della cui chiusura ricorreva il decimo anniversario e il cui scopo era di “rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annuncia-re il Vangelo all’umanità del XX secolo” (EN, 2).

Il documento, non subito compreso, doveva manifestarsi come uno dei più vivi e più duraturi nel tempo del ponti-ficato di Paolo VI: un documento attua-le anche oggi.

Esso compone il dibattito, irrisolto nel Sinodo dei vescovi del 1974, in ter-

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mini di annessione della promozione umana, come oggetto secondario, al-l’evangelizzazione, come oggetto pri-mario.

In altre parole, di fronte a coloro che ritenevano che “l’azione per la giustizia e la partecipazione alla trasformazione del mondo sono da ritenere chiaramen-te come la ragione costitutiva dell’evan-gelizzazione, cioè della missione della Chiesa per la Redenzione del genere umano e la liberazione da ogni stato di oppressione”4, Paolo VI, in Evangelii Nuntiandi, rispondeva con “un duplice rifiuto: il rifiuto a ‘ridurre’ l’evangeliz-zazione alla promozione umana; e il rifiuto a escludere la promozione uma-na dall’evangelizzazione”5.

Egli affermava l’appartenenza della promozione umana all’evangelizzazio-ne, ma distingueva le due realtà senza separarle. Purtroppo il suo insegna-mento non sembra che sia stato del tut-to recepito. Non sono pochi a nutrire, anche ai nostri giorni, grande interesse per la Chiesa, in quanto dispensatrice di servizi sociali e assistenziali, o come difensore dei valori etici, ma riducono la sua missione ad un progetto sempli-cemente temporale e limitano la sua attività a iniziative di ordine politico o sociale.

“La Chiesa collega, ma non identi-fica giammai liberazione umana e sal-vezza in Gesù Cristo” (EN, 35).

Il punto di partenza di una teologia dell’evangelizzazione non può essere il contrasto ricorrente tra dottrina e vita (o esperienza), ma solo il fatto del man-dato di Cristo.

La Chiesa reputa importante e ur-gente edificare strutture più umane e più giuste, ma sa che le migliori struttu-re diventano presto inumane se il cuore dell’uomo non viene risanato6.

A noi, a cui incombe il dovere del-la predicazione, non può sfuggire che, così riflettendo, il problema affrontato va finalmente al di là del metodo di evangelizzazione, al di là di un suo ag-giornamento che tiene conto di cam-biamenti culturali e sociali del nostro tempo, ma tocca lo stesso contenuto dell’evangelizzazione.

Ed è sulla base di queste conside-razioni che anche noi domenicani, per essere al passo, dobbiamo domandarci quali metodi occorre seguire nel pro-clamare il Vangelo perché la sua poten-za raggiunga l’effetto.

Certamente la prima forma di an-nuncio è quello fatto con la testimo-nianza, fattore importante in ogni tem-po, ma soprattutto nel nostro, in cui siamo sommersi dalle parole e dalle immagini.

E proprio Paolo VI, in EN, ci ripete una delle sue frasi più famose: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i

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testimoni che i maestri (…) o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimo-ni”7.E con la testimonianza, tutti già di fatto evangelizzano.

Rimane necessario, però, che la te-stimonianza sia accompagnata da un annunzio chiaro ed esplicito.

Testimonianza, ma anche con la predicazione, come già ricordava San Paolo8, tenendo presente, però, che l’uomo d’oggi è saturo di parole e vive già nell’epoca dell’immagine.

Tuttavia la parola resterà sempre at-tuale e la via più comune, accessibile e naturale di comunicazione: ma quante forme, dettate dallo zelo, la stessa pa-rola può assumere!

Passando in rassegna i vari modi di predicazione, la EN indica: la cateche-si, i mass media, il dialogo da persona a persona e vi si trova anche un invito ad essere uniti nell’annuncio.

L’evangelizzazione, infatti, è sempre atto della Chiesa e non è mai un gesto individuale o isolato anche quando è compiuto in luogo remoto da un pre-dicatore.

Il segno dell’unità tra cristiani è via e strumento di evangelizzazione. L’ap-pello, che si legge in EN, all’unità dei cristiani, le cui divisioni e liti impoveri-scono l’evangelizzazione e scandaliz-zano gli uomini, è accorato e ci deve far riflettere.

Da questo appello anche noi dome-nicani dobbiamo sentirci incoraggiati a unificare le forze e organizzarci per una predicazione dottrinale – in conformità al nostro carisma – con l’intervento dei vari rami, con i loro propri ruoli.

Non camminiamo mai da soli, nep-pure nell’evangelizzazione, che è sem-pre compito e gesto di tutta la Chiesa, anche se, ripeto, agiamo apparente-mente nella solitudine.

Chi è stato evangelizzato, a sua vol-ta evangelizza, ed è impensabile che questo non avvenga: come la Chiesa, è missionario ogni credente.

Tra le disposizioni interiori degli evangelizzatori ci si attende viva fede nella verità che annunciano.

Gli “insofferenti” nel confronti della religione, che in realtà paradossalmen-te cercano Dio e ne sentono dolorosa-mente il bisogno, vedendo il modo di vivere degli evangelizzatori, compren-dono in qualche nodo chi Dio è.

Ai credenti, con l’evangelizzazione, che non attenta alla coscienza altrui, ma fa omaggio alla loro libertà, tocca aiutare gli altri a saper guardare con fi-ducia il futuro.

L’inno alla gioia, che deve accom-pagnare l’evangelizzatore e che chiude il documento EN, ci assicura che pos-siamo conservarla, quella gioia, anche quando si semina nelle lacrime, perché è gioia che proviene da Cristo.

p. eugenio zabatta op.

1. Esortazione apostolica Evangelii nun-tiandi (EN) dell’8 dicembre 1975, n. 47. È uno dei documenti più significativi e più validi del pontificato di Paolo VI.

2. Cf. ACG 1998 Bologna, Ap. V.3. Cf. IDI, 453, giugno 2007.4. Sinodo dei vescovi del 1971.5. PAOLO VI, L’evangelizzazione. Discor-

si e interventi, Brescia – Roma Ist. Paolo VI – Studium, 1955, in pref. di G. Colombo.

6. Cf per tutto il dibattito G. CAPRILE, Il Sinodo dei vescovi 1974. Terza Assemblea Generale, Roma, La Civiltà Catt., 1975.

7. EN, n. 41 - PAOLO VI, Discorso ai membri del “Consilium de Laicis”, 2 ott. 1974, in AAS 66 (1974) 568.

8. Cf Rom, 10,14.17. •••

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FARE LA VERITÀ

L’aspetto che più immediatamente emerge per chi si avvicina alla spiritua-lità di Santa Caterina è il primato della verità.

Dal suo pensiero si deduce che l’in-telletto è la più nobile facoltà umana.

Siamo stati creati per conoscere Dio prima di tutto e, in Lui, ogni verità e poi per trarre da questa conoscen-za la forza di amarlo, la possibilità di servirlo. “L’umana fame” è il desiderio di possesso spirituale e questo è cono-scenza.

Non c’è sofferenza più grande del desiderio insoddisfatto di conoscere. Non c’è gioia più grande del possesso della verità.

Dio è la “prima, dolce Verità” che con la sua luce attira l’anima a Sé co-me la forza magnetica attira l’ago della bussola.

In forza della conoscenza, noi che nasciamo poveri diventiamo continua-mente più ricchi e possediamo in noi tutto; in qualche modo, pur nei nostri limiti, possediamo anche Dio.

Donna di dialogo, insegna agli uomini di oggi come dialogare con Dio e con i fratelli di ogni stato di vita.

LA VERITÀ È APRIRSI A DIOSanta Caterina da Siena

SIENA: Palazzo pubblico, S. Caterina del Vecchietta (1428-1480).

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L’anima che cerca la verità come il povero che ha fame, quando la trova la tiene ben stretta, in quanto la riconosce come cosa vera e le dice il suo sì.

Questa accettazione volenterosa è l’amore. Di verità in verità, l’anima giunge alla fonte del vero, alla “prima dolce Verità”. Con la forza della fede arriva al possesso soprannaturale di Dio per cui Dio abita nell’anima e que-sta pregusta le gioie del Paradiso.

La volontà che ha detto il suo sì alla Verità divina, la vuole totalmente nella propria vita e in quella degli altri: fa la verità. Di qui nascono le scelte mora-li, i progetti di vita, gli impegni per il bene.

Santa Caterina entra così nel cuore del carisma domenicano, sulla scia di san Domenico che “prese l’officio del Verbo e nel mondo pareva un aposto-lo, con tanta verità e lume seminava la parola, levando le tenebre e donando la luce”.

Non ci fu incarnazione più perfet-ta di vita domenicana di quella che ci presenta santa Caterina.

LA CARITÀ DELLA VERITÀ, NEL NOSTRO OGGI.

Non c’è chi non veda l’attualità di questo aspetto – amore alla verità - del-la spiritualità cateriniana e la neces-sità di affermarlo oggi. Siamo, infatti, in un’età di offuscamento accentuato della verità, di affievolimento di valori, nel tempo del “nì”, che sta tra il sì e il no, equidistante, il tempo delle mezze verità, meglio delle ambiguità… degli errori non combattuti.

Il domenicano in questo contesto storico ha una funzione importantis-sima da svolgere: “levare le tenebre

e donare la luce”, come faceva il suo fondatore, Domenico.

Un’intensa vita spirituale, nella luce del primato della verità, aiuterà l’uomo d’oggi ad individuare gli angoli tene-brosi dell’esistenza per illuminarli del-la luce vera.

Essere domenicano vorrà dire, for-se, nella maggior parte delle situazioni odierne, andare controcorrente.

Santa Caterina fece proprio questo, in un mondo non diversamente corrot-to dal nostro. E sappiamo con quanta efficacia, con quali risultati.

Il modo cateriniano di rapportarsi a Dio e ai fratelli è il metodo dialogico, che tanto spazio ha assunto nel pensie-ro odierno, ecclesiastico e laico.

Quanto questo sia vero lo dimostra-no le sue molte opere.

Anzitutto “Il Dialogo”, in cui lo stesso titolo dice tale atteggiamento. In esso santa Caterina è in ascolto della Parola del Padre, come seduta ai piedi del Maestro, al modo di Maria Mad-

ROMA, Via della Conciliazione.Basilica S. Pietro e Monumento a S. Caterina da Siena (Messina).

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Santa Caterina “Madre e maestra”.

“Madre e maestra” è la Chiesa! Lo è Maria, “Sede della Sapienza”. Da noi domenicani è invocata “madre e mae-stra” anche santa Caterina da Siena, dal momento che la Chiesa dal 1970 l’ha dichiarata Dottore della Chiesa, a motivo del suo alto insegnamento di fe-de, e nel 2000 anche Patrona d’Europa, per la sua opera di pacificatrice.

Precedentemente il titolo per Cateri-na era solo quello di “mamma”, come appunto spontaneamente, con affetto, l’avevano chiamata, lei poco più che ventenne, i componenti della sua “Bella Brigata”, cioè giovani e anziani, uomini e donne, religiosi e laici, professionisti e gente comune che erano da lei guidati nella vita spirituale.

Ora noi possiamo invocarla: “ma-dre, maestra e patrona”, ma “madre” rimane più facile e più familiare.

Santa Caterina, in certo senso, assol-ve nella Famiglia Domenicana, la figura di una madre, che non può mancare in una bella famiglia: con il suo esem-pio trascina e sprona all’apostolato del-la predicazione, proprio del carisma domenicano. Con le parole e con gli scritti, oltre che con la vita breve ma in-tensissima, ella “predica” a papi e car-dinali, a capi di Stato e a nemici della Chiesa, senza timore.

È interessante e significativo il de-siderio di pregare Caterina, usando al femminile le stesse parole che usiamo per il santo Padre Domenico. Abbiamo un chiaro esempio di questo nel volume del “Dialogo della divina Provvidenza” custodito nella biblioteca Trivulziana presso il castello di Milano. “Prega per noi, beata Madre Caterina!”. •••

dalena, e talora interviene con ardenti preghiere, quasi riconoscente risposta a quanto le viene rivelato.

Ci sono poi “Le Orazioni”. Dopo aver ascoltato gli insegnamenti che il Padre Eterno stesso le ha impartito, fa di essi motivo di lode, gloria, ringrazia-mento. Paolo VI, nell’enciclica “Eccle-siam suam” dice: “La religione è di na-tura sua un rapporto tra Dio e l’uomo. La preghiera esprime a forma di dialo-go tale rapporto”.

Con la mente illuminata da Dio, con il cuore riscaldato da un amore ardente, Caterina si rivolge ai fratelli di ieri e di oggi con le “Lettere” che testimoniano i mirabili eventi della fede, i “magnalia Dei”, per indurli a mettersi anche loro con fervore in un deciso cammino di bene sulle tracce di Gesù “via, verità e vita”.

Donna di dialogo, insegna agli uo-mini di oggi come dialogare con Dio e con i fratelli, in qualsiasi stato di vita.

(M. Martinelli).

ROMA, Via della Conciliazione.Basilica S. Pietro e Monumento a S. Caterina da Siena (Messina).

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IDI, il Bollettino di “Informazioni Domenicane Internazionali” pubblica-va 25 anni fa, in occasione del Con-gresso Nazionale dei Laici, a Bologna (6-9 sett. 1984), un numero speciale sul Laicato Domenicano, che prepara-va al Congresso Internazionale dell’an-no dopo (1985).

Bologna era una tappa al Congres-so internazionale, molto importante in quegli anni perché dava la definizio-ne del volto più autentico del Laicato Domenicano, scaturita dal consenso raggiunto su alcuni punti fondamenta-li della Regola delle Fraternite Laiche Domenicane (Fld).

Preferiamo prendere dagli “Appunti” pubblicati a quel Convegno di Bologna per quanto, a distanza di 25 anni, vo-gliamo ricordare, non solo per valutare il cammino da allora fatto nella novità dettata dal Concilio, che spingeva al ritorno alle fonti originarie, ma anche per ricordare quanto allora, a nostro avviso, fu sapientemente affermato e merita di essere ogni tanto richiamato alla memoria e non dimenticato.

Quali sono gli “elementi” particolari che possano “attirare” un laico cristiano ad entrare in una Fraternita domenicana? La riflessione che riportiamo dà una sua

LOURDES. Via Crucis.Crocifisso in pietra con i misteri

del S. Rosario anche dietro.

CONSACRATI ANCHE NOI

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In particolare ci riferiamo allo studio dell’ex-Maestro dell’Ordine, P. Vincen-zo De Couenongle e alla proposta del-le quattro Provincie degli Stati Uniti.

L’Ordine domenicano è un micro-cosmo della Chiesa totale. Si parte da questo concetto. Come la Chiesa an-che l’Ordine ingloba sacerdoti, religio-si e laici, uomini e donne. Le Fraternite laicali perciò non sono affatto un ac-cessorio estetico, ma un elemento del-la struttura architettonica dell’Ordine (P. Chenu).

Le FLD sono “dentro”, non un’ap-pendice esterna del microcosmo.

Di conseguenza le FLD devono vi-vere con gli altri rami dell’Ordine:

1. la stessa spiritualità. 2. Lo stesso impegno apostolico.

1. La stessa spiritualità.La spiritualità per un domenicano è

caratterizzata dalla “consacrazione a Dio attraverso i consigli evangelici: po-vertà, castità, obbedienza”. Senza que-sta consacrazione non ha senso essere in un Ordine e San Domenico volle i suoi figli “consacrati” a Dio.

Il laico, per essere domenicano, deve e vuole sentirsi un “consacrato”, perciò fa “professione”.

I consigli evangelici possono viversi a diversi livelli, a secondo della diversi-tà degli stati di vita (religioso o laicale). Gesù li ha proposti come “segni effica-ci del Regno”.

Del resto i consigli evangelici non servono a “risanare” le tre “concupi-scenze” che provocano l’abuso dei beni materiali, l’abuso della sessualità, l’abuso della libertà?

Se è così, davvero ne hanno bisogno solo i frati e le suore, o ne hanno biso-gno tutti?

Certo sarà diverso il “modo” di vive-re i consigli evangelici ed è interessante la formulazione di questo “modo per i laici” nell’esposizione dei delegati de-gli Stati Uniti che riportiamo alla lettera con questo sottotitolo: “I consigli evan-gelici li viviamo da laici”.

a. “L’obbedienza è ascolto della Pa-rola di Dio nella nostra vita. “Beati co-loro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc. 2,28).

Perciò noi laici ascoltiamo la Parola di Dio nella Scrittura, negli avvenimen-ti ordinari della nostra vita e nelle deci-sioni della Chiesa e dell’Ordine.

b. Noi laici pratichiamo la castità nell’ambiente di lavoro della nostra vita. L’unione matrimoniale riflette l’amore di Cristo alla sua Chiesa. La vi-ta celibe riflette la dedizione di Cristo al Padre.

Lo sposato e il celibe riconoscono ugualmente che la castità cristiana è un elemento integrante della persona, che noi mettiamo al servizio di Dio.

c. Ispirati dalla chiamata del Signo-re e invitati a “cercare prima di tutto il Regno di Dio” (Mt. 6,33) e per la ori-

risposta. La pubblicazione del nuovo Direttorio (01.XI.2008) delle Fraterni-te Laiche Domenicane ha riproposto al vivo questa “antica” domanda.

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ginaria povertà apostolica dell’Ordine, intendiamo vivere la povertà con sem-plicità e generosità”.

È sciocco timore, in parte oggi dis-sipato, quello di alcuni frati che, sicco-me nelle FLD si parla di voti, di regola e si conservano termini più caratteristi-ci dei frati, quali confratello, consiglio e altro1, pensano di formare e avere dei “mezzi frati o delle mezze suore”. Mezzi frati e mezze suore sarebbero, purtroppo, coloro che, frati o suore, vi-vessero nel compromesso, con un pie-de in convento e l’altro nel mondo, non i laici che: restano tali anche vivendo i consigli evangelici o facendo una par-ticolare consacrazione di vita che essi stessi rivendicano, come è avvenuto, per riferirci a quel periodo, al Capitolo delle Fld, a Bologna, nel 1983.

1. L’attenzione a cambiare i termini che indicano i vari incarichi nelle Fld è ancora vivo: nel nuovo Direttorio, ad es., il termine “priore” è mutato in “presidente”.

Che senso avrebbe, del resto, essere in un Ordine religioso se non si par-tecipasse a questa “consacrazione”? Si sarebbe piuttosto dei simpatizzanti sul piano dell’azione apostolica domeni-cana e non su quello dell’essere dome-nicani. Ma si può agire senza essere? Si può “condividere la medesima vo-cazione e lo stesso ideale di vita”, con i confratelli frati, tanto per citare un numero del Direttorio delle Fld, senza partecipare alla loro medesima consa-crazione? (Art. 22,IV).

2. Lo stesso impegno apostolico.Non c’è bisogno di insistere molto su

questo secondo elemento, certamente non contestato, ma raccomandato. Es-so è così bello e ha una tale forza di attrazione su tanti cuori generosi che possiamo vedervi la discriminante che orienta la loro scelta per l’Ordine.

Portare la Parola di Dio, che sola li-bera e salva l’uomo, fu l’ansia dei primi laici, entusiasti dei primi “frati predica-

sopra. Rappresentanze delle FLD di Siena, Arezzo e Pratovecchio.pag. 65 - POPOLI. La priora con alcune consorelle.

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tori”; e resta l’ansia dei giovani del nostro tempo.

Giustamente, perciò, il Pa-dre Vicaire nota che i Laici domenicani non sono membri di un movimento di pietà pu-ramente spirituale, di un’asso-ciazione di preghiera e basta. La vocazione domenicana è essenzialmente apostolica. Fin dagli inizi dell’Ordine “non si parla più di opere di carità, di ospitalità, di opere di misericor-dia temporali. Si parla di opere di misericordia spirituale anche per i Laici – la Carità della Ve-rità – che li fa entrare così nella definizione apostolica dell’Or-dine dei Predicatori”.

È significativo notare come, ad esempio, nei numeri 11 e 12 della Regola delle Fld si legga: “Scopo della formazione dome-nicana è preparare… ad annun-ciare la parola di Dio”; “Ogni domenicano deve rendersi ca-pace di predicare la parola di Dio”.

Questo “essere”, questo “operare” da domenicani dovranno essere soste-nuti nei Laici dagli stessi mezzi essen-ziali ai quali, per sostenersi a loro volta, ricorrono coloro che appartengono agli altri rami della famiglia domenicana: frati, monache e suore.

Infatti – continua il testo dei confra-telli delle Provincia USA – “noi seguia-mo l’esempio di san Domenico, che era uomo di preghiera. Per noi, come per lui, la preghiera è insieme liturgica e privata. Nella orazione liturgica pri-vilegiamo l’Eucaristia e la liturgia delle Ore. La preghiera liturgica, a sua volta, alimenta la contemplazione. Il Rosario

e la preghiera per i defunti sono tradi-zionali nell’Ordine” e perciò – come a dire – sono anche nostri.

Ci sia gradito ricordare anche quan-to il Papa Giovanni Paolo II disse allo-ra, rivolgendosi ai Laici: “Ovunque voi vivete, come cattolici credenti confer-mati nel Battesimo e nella Cresima, lì siete gli autentici messaggeri della fe-de, con il compito di liberare gli uomi-ni per mezzo della verità”. Parole che, certo, valgono per tutti i laici cristiani, ma specificamente sono volte a quelli della Famiglia domenicana, i quali si riferiscono alla “verità” come al loro carisma e impegno di professione.

Tore Scoepi. •••

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La Cina, una repubblica sostanzial-mente atea e indifferente verso qualsia-si anelito morale e religioso delle perso-ne.

Nonostante tante difficoltà, i cat-tolici cinesi restano saldi nella fede e devoti al culto di Maria e alla pratica del Rosario. Importante il Santuario di “Nostra Signora della Cina” a Sheshan a 35 Km da Shanghai.

Il lavoro dei sacerdoti locali e mis-sionari, presenti soprattutto nelle re-gioni di Hong Kong e Macao, incontra molte difficoltà, tuttavia questo rima-

ne il tempo migliore per l’evangeliz-zazione.

Benedetto XVI, scrivendo ai Catto-lici cinesi (30 giugno 2007) affermava che la quasi totalità dei cattolici “pa-triottici” (sotto il controllo delle autori-tà civili) sono ormai in comunione con la Santa Sede che può contare su una novantina di vescovi. Secondo l’An-nuario pontificio la Cina è suddivisa in 20 provincie ecclesiastiche con 150 tra diocesi, prefetture e arcidiocesi, uffi-cialmente vacanti salvo quelle di Hong Kong e Macao. • • •

L’Osservatore Romano, 22 marzo 2008, p.5.

“Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giu-dei, stoltezza per i pagani; ma per co-loro che sono chia-mati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.

(ICor. 1, 23-24).

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Chi è stato il primo missionario in Cina? La ricerca potrebbe essere inter-pretata come una forma di campanili-smo tra Ordini religiosi, che rivendica-no un primato; ma può essere anche segno d’amore non solo per il proprio Istituto, ma anche per l’Evangelizzazio-ne e per il Paese evangelizzato.

Non intendiamo presentare uno stu-dio storico, ma solo “divulgare” le no-tizie contenute nella famosa collazio-ne di “Année Dominicaine”, secondo la quale, appunto, il primo missionario della Cina - dopo Tommaso Apostolo - fu il venerabile P. Gaspard de la Croix, morto nel 1569.

Nel fare tale rivendicazione Année stessa esclude i “concorrenti” e ne dà varie motivazioni.

San Francesco Saverio, infatti, morì nel 1552 nell’isola di Sancian, in vista della Cina, ma senza potervi mettere piede “come toccò a Mosè per la Terra promessa”.

Anche il famoso P. Matteo Ricci e il P. Michele Ruggeri, gesuiti, “tentarono generosamente di seguire il disegno” del Saverio; ma questo fu realizzato so-lo nel 1584.

Ventotto anni prima vi era già entra-to e vi aveva annunziato il Vangelo il Padre Gaspare della Croce.

Année cerca anche il motivo per cui

i Gesuiti dicono che il Padre Matteo e Padre Michele furono i primi: “intendo-no dire i primi della loro Società, non degli altri Ordini religiosi”.

Quale documento decisivo, per so-stenere la tesi domenicana, si cita lo storico Cardoso, il quale assicura di aver consultato a suo tempo una rela-zione autentica – “su quel che ha visto e fatto in Cina” – dello stesso P. Ga-spard della Croce, stampata postuma ad Evora, in Portogallo, e dedicata al re don Sebastiano, nel 1570 e cioè già quattordici anni prima che i Gesuiti en-trassero in Cina.

Essere i primi ad aver annunziato il Vangelo ad una così grande nazione è certo motivo di santa fierezza per un Ordine, che conferma così la sua fedel-tà al comando di Gesù: “Andate, por-tate il Vangelo ad ogni creatura, fino ai confini del mondo”.

La Cina è tornata oggi in primo pia-no nell’ansia di evangelizzazione della Chiesa dopo gli anni bui della persecu-zione, che il nuovo corso sembra voler progressivamente allentare.

Si deve essere contenti che altri va-dano, ma sarebbe triste se l’Ordine, che è stato il primo, non partecipasse a questa meravigliosa nuova avventura cristiana. >

P. Gaspare della Croce domenicano

PRIMO MISSIONARIO IN CINA

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Chi era allora il P. Gaspare della Croce?

Era nato in Portogallo, ad Evora, do-ve aveva compiuto gli studi.

Era entrato nell’Ordine domenicano ad Azeitao e in breve aveva fatto così felici progressi nella virtù e nella pre-dicazione che fu scelto per essere del numero di quattordici religiosi, che passarono nelle Indie orientali come missionari.

Arrivato a Goa, fu inviato a predi-care e a fondare un Convento in Cam-bogia.

I prìncipi locali ostacolarono vio-lentemente quella missione; ma i quat-tordici domenicani non si lasciarono scoraggiare e penetrarono nelle foreste, convertendo molti.

Fu allora che, spinti dallo zelo, concepirono un “disegno tanto ardito quanto difficile”: portare il Vangelo nel grande impero della Cina.

In questo tentativo il P. Gaspard si espose più volte a gravi pericoli. Una volta che, entrato in un tempio, aveva parlato del vero Dio e di Gesù, fu tale la reazione dei presenti che stavano per massacrarlo; ma egli riuscì a calmarli con la sua ardente parola.

Ma il demonio, che prevedeva du-re sconfitte, - nota lo storico – riuscì a scatenare contro di lui e dei confratel-li una dura persecuzione da parte dei funzionari dello Stato, ai quali pareva umiliante che stranieri, venuti da lonta-no, avessero qualcosa da “insegnare al più civile popolo del mondo”, sovver-tendone le idee religiose e sociali.

Banditi dalla Cina, il Padre Gaspard si fermò ad Ormus, dove molte conver-sioni lo consolarono dell’espulsione.

La sua salute però ne risentì grave-mente; così fu costretto a ritornare in Portogallo, a Lisbona. Là si dedicò “al-la contemplazione e agli esercizi della vita interiore”. Ma la carità lo spinse ad uscire di nuovo dalla pace del Conven-to. Era scoppiata una tremenda peste. Egli “lasciò allora l’occupazione di Ma-ria per abbracciare quella di Marta”.

Confessò, diede il Viatico e l’Olio degli infermi, assistette e seppellì mi-gliaia di appestati. Tutti erano ammirati della sua piena dedizione. Il re voleva proporlo come vescovo.

Dio, però, gli propose “una ricom-pensa più gloriosa”: permise cioè che fosse contagiato dalla peste, che egli aveva molto prima profetizzata; ma aveva allora anche aggiunto: “Io ne sa-rò l’ultima vittima”.

Anche per questo si rallegrava mo-rendo: era lui l’ultima vittima. Infatti con la sua morte anche la peste cessò subito.

La carità ha i suoi martiri come la fe-de. Per lui Gesù aveva preferito il “mar-tirio della carità”.

Il suo corpo fu portato al suo Con-vento di Azeitao, in Portogallo, con straordinaria solennità e diversi autori ne narrano la vita. NN.

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Il lettore ricorderà che, con un cer-to stupore, scoprimmo una “Vita di S.Vincenzo Ferrer” scritta in versi dal-l’insospettabile commediografo Gol-doni, mentre il Carducci esaltò in una delle sue opere la figura del nostro Sa-vonarola.

Oggi, avendo ripreso in mano il me-moriale di Silvio Pellico, “Le mie pri-gioni”, restiamo affascinati dalla perso-nalità cristiana dello stesso Pellico e da quella di Piero Maroncelli.

Non si tratta di gente elencata nel calendario cattolico, eppure la vita e le opere di entrambi si ispirano non solo a una bontà naturale ma agli insegna-menti del Vangelo.

In breve, vi sono descritte le vicen-de che portarono Silvio Pellico a pati-re quasi vent’anni di carcere duro, dai famigerati “Piombi” di Venezia, alla prigione detta di “Santa Margherita” di Milano, e a quella ricavata dalla fortez-za dello Spielberg, presso la cittadina di Brno in Moravia.

Aderendo agli ideali della nascente Carboneria (che nulla aveva a che fare con la Massoneria moderna), fu arre-stato verso la fine del 1820.

Nell’introduzione biografica prepa-rata dal Maroncelli, leggiamo che gran

parte delle virtù di Silvio provenivano da un ininterrotto esempio di carità evangelica verso il prossimo (“e il pros-simo non era il solo cristiano ma ogni uomo, e soprattutto ogni infelice”) della mamma. “Ecco a quale scuola l’anima di Silvio poté formarsi; e l’animo di lui quando parla di sua madre è un inno incarnato e vivente di adorazione verso Dio nelle sue creature”.

Dopo un’infanzia in cui passò da un’infermità all’altra, ecco proseguire gli studi a Torino dove suo padre era stato chiamato a fungere da segretario del marchese Caprara di Bologna.

Arrestato il 13 ottobre del 1820, fu condotto al commissariato di polizia e gli vennero tolti i libri della ricca bi-blioteca, lasciandogli solo la “Bibbia” e la “Divina Commedia”.

I secondini lo risvegliavano intorno alla mezzanotte, per le periodiche vi-site di controllo. Egli riempiva le gior-nate con assidue letture. Ecco lo stesso Pellico: “Un giorno avendo letto che bisogna pregare incessantemente e che il vero pregare non è borbottare molte parole a guisa dei pagani, ma adorar Dio con semplicità facendo sempre in tutto il suo santo volere, mi proposi di cominciare davvero quest’incessante

IMPARANDO DALLA STORIA.

DUE UOMINI ESEMPLARI

da “LE MIE PRIGIONI”

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preghiera: cioè di non permettermi più neppure un pensiero che non fosse ani-mato dal desiderio di conformarmi ai decreti di Dio”.

Basterebbe il proposito di pregare vivendo e di vivere pregando per appar-tenere “ad honorem” alla grande Fami-glia ideata da Domenico di Guzmàn, che si riassume nel “contemplari et contemplata aliis tradere”.

Fece amicizia con il figlioletto di uno dei secondini, un fanciullo sordo-muto, che si sedeva davanti alla fine-stra della sua cella e faceva colazione con qualche pezzo di pane che Silvio gli gettava. Il ragazzetto faceva salti di gioia “esprimendo la sua gratitudine col sorriso de’ suoi begli occhi”.

E prosegue lo scrittore: “Una vol-ta un secondino permise al fanciullo d’entrare nella mia prigione: questi, appena entrato, corse ad abbracciarmi le gambe emettendo un grido di gioia. Lo presi tra le braccia, ed è indicibile il trasporto con cui mi colmava di carez-ze. Quanto amore in quella cara ani-metta! Non ho mai saputo il suo nome. Egli stesso non sapeva d’averne uno. Era sempre lieto e non l’ho mai veduto piangere, se non una volta che fu battu-to, non so perché, dal carceriere”.

Poi il Pellico fu cambiato di cella, ed egli non poté più conversare col mutoli-no. “Durante il tragitto, egli mi vide, mi corse incontro e io, sudicetto com’era, lo baciai e ribaciai con tenerezza, e mi staccai da lui - debbo dirlo? - con gli occhi grondanti di lacrime!”.

Sfogliando “Le mie prigioni” sco-priamo il suo amore per gli animali (“vedendo alcune formiche che veni-vano sulla mia finestra, le cibai abbon-dantemente; quelle andarono a chia-mare un esercito di compagne, e pre-sto la finestra fu piena di simili animali.

Diedi ancora retta a un bel ragno che tappezzava una delle mie pareti. Lo ci-bai con moscerini, e quegli mi divenne amico sino a venirmi presso il letto e fin sulla mano, a prendere le prede dal-le mie dita”.

Con l’arrivo dell’estate veneziana però si presentarono le zanzare “in tale moltitudine che, per quanto io m’agi-tassi, ne era coperto il letto, il tavolino, la sedia, il suolo, le pareti, la volta, tut-to n’era coperto, e l’ambiente ne conte-neva infinite, sempre andanti e venien-ti attraverso la finestra, e facevano un ronzio infernale”.

Le punture di quegli animali sono dolorose, e quando se ne riceve da mattina a sera e da sera a mattina, […] “si soffre veramente assai e di corpo e di spirito”. Però pensava che il loro fastidio lo avrebbe potuto preparare a supplizi e patimenti maggiori che po-tevan sempre provenire dagli uomini. E allora, sempre appellandosi alla pro-pria formazione spirituale, Egli diceva a sé stesso: “Soffri, indegno! Se gli uo-mini e le zanzare ti uccidessero anche per solo furore e senza un vero diritto, riconoscili come strumenti della giusti-zia divina, e taci!”.

Tra le altre pene, una volta che ven-ne trasferito allo Spielberg, lo privaro-no degli occhiali e dei pochi libri da cui traeva conforto.

Gli tolsero perfino una forchettina di legno, il che lo costrinse a cibarsi diret-tamente con le dita. Ma, pur soffrendo ancor più di prima, si consolava con pensieri come questi che trascriviamo: “Dio è l’autore del tutto, tutto è in Lui e nulla fuori di Lui. Da Lui procede tutto. Umanità, individuo, creato sono mani-festazione di Lui, immagine di Lui. […] Dio è Bene, è Vero, è Poesia”.

Nella sua ammirevole sincerità, il

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Pellico confessa pure d’aver talvolta pensato al suicidio. “Ma il suicidio mi sarebbe sembrato un piacere sciocco, una inutilità. La fune, il laccio, il pen-dere mi cagionarono sempre un ribrez-zo invincibile”. E la sua fede radicatis-sima ebbe di nuovo il sopravvento.

Ma c’è nelle “Mie prigioni” una pa-gina ancor più indimenticabile, e ri-guarda l’altro protagonista, Piero Ma-roncelli.

Un tumore che aveva al ginocchio sinistro peggiorò tanto che si dovette procedere all’amputazione della gam-ba. Senza alcuna anestesia, “il malato fu fatto sedere sulla sponda del letto, e al di sopra del ginocchio fu stretto un legaccio, segno del giro che doveva fa-re il coltello.

Il vecchio chirurgo tagliò, tutto in-torno, la profondità d’un dito. […] Il sangue fluiva a torrenti dalle arterie, ma queste vennero tosto legate con un filo di seta. Per ultimo si segò l’osso.

Maroncelli non emise un grido.Quando vide che gli portavan via la

gamba amputata, le diede un’occhiata di compassione, poi, voltosi al chirurgo operatore, gli disse: ‘Ella m’ha liberato da un nemico, e non ho modo di re-munerarla’.

V’era, in un bicchiere sopra la fi-nestra, una rosa. “Ti prego di portarmi quella rosa”, mi disse. Gliela portai. Ed

egli l’offerse al vecchio chirurgo, di-cendogli: “Non ho altro da presentarle a testimonianza della mia gratitudine”.

Quegli prese la rosa e pianse. Solo dopo due ore, portato in tutta

fretta dalla città, arrivò del ghiaccio, che fu deposto presso il taglio da cui era stato reciso l’arto.

Quali grandi anime, queste che pri-meggiano ne “Le mie prigioni”! Acco-munati da numerosi tormenti, anelava-no alla pace, sempre confidando nella bontà di Dio e aspirando di ritrovarsi per sempre - come si esprime Silvio Pellico - “in un luogo dove tutte le ire degli uomini cessano”, là dove “alla fine venissero accolti un giorno, final-mente placati, anche coloro che non ci avevano amato”.

In conclusione, questo libro di mo-desta mole è da raccomandare a tutti perché lo leggano. Ricchissimo di con-siderazioni morali e spirituali, dalle sue pagine si effonde “un grande amore per la giustizia, una grande tolleranza, una grande fiducia nella virtù umana e negli aiuti della Provvidenza, un sen-timento vivissimo del bello in tutte le arti, una fantasia ricca di poesia, tutte le più amabili doti di mente e di cuo-re”, che inutilmente cercheremo, forse, in tanti altri volumi.

P. Raimondo Marco Sorgia op.

Silvio Pellico, è stato detto, “è l’uomo di un solo libro, Le mie prigioni, nel quale, attraverso la narrazione commovente per sincerità e candore, appare il suo grande cuore di cristiano che, tra le sofferenze più atroci, trova in se stesso la forza di rassegnarsi e di perdonare” (G. A. Pellegrinetti, Le Pleiadi”).

Silvio Pellico nacque a Saluzzo nel 1789. Nel 1809 si stabilì a Milano come segretario del conte Porro Lampertenghi. Nel 1820 fu arrestato dal governo austriaco, processato e condannato a morte: dopo 8 anni allo Spielberg fu gra-ziato. Morì a Torino nel 1854.

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Il PELLEGRINAGGIO DEL ROSARIO A

LOURDESguidato dai Frati Domenicani Italiani - dal 5 all’ 11 di luglio

ha come tema“ IL CAMMINO DI BERNARDETTA”

Coloro che desiderano partecipare si rivolgano al più presto al nostro indirizzo.La quota: € 610 più viaggio aereo fino a Roma. Si prosegue poi in treno con cuccetta.

Per informazioni dettagliate e iscrizioni:E.mail: [email protected] - Centro del Rosario dei Padri Domenicani,piazza S. Domenico, 5 - 09127 Cagliari. • • •

PELLEGRINAGGI

Terra SantaLourdes

Monte delle BeatitudiniSantuario di Lourdes

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Il 6 dicembre 2008 il Papa, Benedetto XVI, ricevendo l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione dei decreti relativi a sei nuovi santi: due spagnoli, due italiani, un polacco e una francese, vissuti tra il 1800 e il 1900.

Di questi, due sono della nostra Famiglia domenicana: il beato Francesco Coll Guitar, sacerdote spagnolo nato a Gombrèn nel 1812 e fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane dell’Annunciazione della B.V. Maria, che promosse il rinnovamento della vita religiosa secondo una radicale fedeltà al Vangelo e poi la beata Maria della Croce Jugan, francese nata nel 1792 a Cancale: domestica in un castello, fondò la Congregazione delle Piccole Suore dei Poveri (1856), dedicate all’aiuto degli anziani poveri.

La data fissata per la canonizzazione di questi due nostri beati è domenica 11 ottobre 2009. Intanto il 9 marzo si è aperto il processo di canonizzazione di Assunta Viscardi (1890-1947) terziaria domenicana. • • •

PROPOSTA PER UN VIAGGIO IN

TERRASANTA

17 - 25 agosto 2009

La Comunità dei Padri Domenicani di Cagliari organizza

il PELLEGRINAGGIO ai luoghi della nostra Salvezza.

Contemplare la pianura di Esdrelon dalla cima del Tabor; sperimentare il fa-scino del lago di Gesù, lo splendore di Gerusalemme al tramonto; passare la not-te nell’Orto degli Ulivi; toccare con le nostre mani il luogo dove Gesù è morto ed è risorto, è quanto faremo.

Un viaggio che va preparato accuratamente. Questa preparazione comincerà in maggio nella biblioteca del nostro Convento. Per la vostra adesione rivolgete-vi a: Convento San Domenico, 5 - 09127 Cagliari - tel. 070/654298.

Oppure: alberto fazzini <[email protected]>. Con la preparazione potete decidere di venire e allora darete un anticipo di €

500,00 da versare alla ERAPOLIS TRAVEL, viale Marconi, 81, scala C - Ca-gliari - Supplemento camera singola: € 300,00 - Costo del viaggio intero da Cagliari a Cagliari € 1.635.

Vi aspettiamo per questa condivisione: La Comunità dei Domenicani.

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CANONIZZAZIONI domenicanepe

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N O T I Z I E

In vista del prossimo Capitolo pro-vinciale, nel precedente fascicolo, ab-biamo già portato a conoscenza:

1. la lettera del Padre Provinciale con la quale invitava tutti ad “aprirsi alla fiducia e alla speranza” per le po-tenzialità concrete che abbiamo a di-sposizione…

2. e la lettera di Convocazione del Capitolo con chiarimenti, avvertenze e utili raccomandazioni, in data 2 feb-braio 2009, festa della Presentazione del Signore.

Oltre l’indicazione dei membri del-le tre Commissioni preparatorie, che a questo momento hanno già inviato le loro relazioni, in quella lettera veniva-no annunciate:

a. la presenza al Capitolo di una monaca di clausura, due suore e due laici delle Fraternite Laiche;

b. la decisione, da parte del Provin-ciale e del suo Consiglio, di fare l’As-semblea generale, il 27 maggio a S. Maria Novella di Firenze, con l’auspi-cio che siano molti i partecipanti.

VERSO IL CAPITOLO PROVINCIALE6 luglio 2009Casa san Silvestro a Montecompatri-Roma.

Nel frattempo sono stati resi noti i nominativi degli eletti dei delegati al Capitolo da parte dei membri dei tre collegi: fr Alfredo Scarciglia (Siena), fr Eugenio Zabatta (Cagliari), fr Francesco D’Amore (Perugia).

A norma del n.39 §III dello Statuto restano da eleggere tre religiosi a suf-fragio generale entro il dieci di maggio p.v.

La raccomandazione che giusta-mente ci viene ripetuta dal P. Provin-ciale in questa seconda comunica-zione, è quella della preghiera, con il riferimento all’intercessione di S. Cate-rina: “si facciano preghiere per il buon andamento del Capitolo”. Raccoman-dazione già estesa ai Monasteri e alle Fraternite dei laici.

Il Capitolo inizia la sera del 6 luglio prossimo, a Montecompatri (Roma) in via san Silvestro, 72.

La segreteria di Provincia provvede-rà a far pervenire ai singoli partecipanti al Capitolo, le relazioni previste e i do-cumenti necessari. • • •

provincia romana di santa caterina da siena

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Ogni Fraternita, come ogni Conven-to di frati o di suore, come ogni mo-nastero, dev’essere “una Comunità che studia, che prega, che evangelizza”.

È interessante notare che nel proces-so di canonizzazione di san Domeni-co, due suoi frati (fra Paolo di Venezia e fra Rodolfo di Faenza) abbiano testi-moniato che il Fondatore voleva i suoi sempre intenti allo studio, alla preghie-ra parlando con Dio o alla predicazio-ne parlando di Dio”.

Si potrebbe osservare: “Non era più giusto dire prima: “alla preghiera” e poi “allo studio”?

Certamente i due testimoni erano convinti che Domenico stimava di più la preghiera che lo studio come valori in sé. La preghiera, infatti, è al vertice del nostro rapporto con Dio.

Ma proprio per rendere più valide ed efficaci la preghiera e la predicazio-ne Domenico volle – come mezzo al fine – lo studio. Per questo è al primo posto.

Forse è questa l’intuizione più speci-fica di san Domenico che egli trasmise ai suoi e che è di urgente attualità.

Quello che infatti riscopre con insi-stenza la Chiesa anche oggi è la priori-tà dell’evangelizzazione o rievangeliz-zazione per rendere efficace la stessa preghiera liturgica: la Messa, i Sacra-menti, l’Ufficio divino. Per pregare be-

ne, per predicare bene, bisogna prima “studiare”.

Ogni Fraternita, come ogni Conven-to, dev’essere quindi “Comunità che studia”.

In realtà lo è sempre stata. Le adu-nanze mensili delle Fl o conventuali, per buona parte, sono uno “studio” del-la Verità divina. Oggi, però, le esigenze di questo studio sono ben più profon-de sia per il livello generalizzato della cultura più elevato, sia per la perdita di tanti valori cristiani, che ha svuotato la visione cristiana della vita.

Ecco perché tutti – frati, suore, laici – per fedeltà al nostro carisma, siamo richiamati con più insistenza allo stu-dio, che ci porti ad una preghiera e ad un apostolato più intensi.

Sprone ed esempio per questo con-tinuo impegno – da sviluppare poi nel-le sedi locali – sono certamente gli in-contri, che nella nostra Provincia sono stati sempre curati riunendo insieme frati suore e laici a san Domenico di Pistoia, per “studiare insieme”.

Anche l’invito al prossimo Convegno di settembre, il cui intenso programma riportiamo nella pagina appresso, pos-siamo vederlo sotto questo aspetto di studio o formazione permanente.

La redazione. • • •

LA FORMAZIONE PERMANENTEnella famiglia domenicana: perché?

come mezzo al fine lo studio assiduo

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IL PROGRAMMA

Martedì 15 settembre 2009Mattina: “L’immagine di Dio nella

storia: memoria e presente” - François Boespflug op (FR)

“Narrare visibilmente Dio invisibile: per una spiritualità della bellezza nel XXI secolo” - Crispino Valenziano.

Pomeriggio: Visita guidata alla villa di Celle (arte ambientale contemporanea)

Mercoledì 16 settembreArte e teologia tra passato e presente

- Firenze.Mattino, a Firenze, Cenacolo di

sant’Apollonia. Relazione di Cristina Acidini, soprintendente ai Beni culturali (EN) - discussione

Pomeriggio, a san Marco: beato Angelico, bellezza e predicazione. Re-

lazione di Magnolia Scudieri, direttrice del Museo di san Marco (FR).

Serata: visita a santa Maria Novella.

Giovedì 17 settembre Arte, evangelizzazione, religioni.Mattina: Immagini e comunicazione

della fede oggi – esperienze.Gruppi di studio con interventi intro-

duttivi dei coordinatori:- Michel van Aerde (fr) - Alessandro

Cortesi (it) - Antoine Lion (en) - Therèse Boillat (fr)

- Jaroslaw Glodek (en) - Vincenzo Caprara (it).

Pomeriggio: Tavola rotonda: Tra immagini e silenzio: arte e religioni in dialogo. Eliana Princi (Venezia) percorsi del contemporaneo; Claudio Monge (Istanbul) immagine e tradizione isla-mica; Stefano Bindi (Pistoia) una lettura dal punto di vista ebraico. >

Certamente il Congresso Espaces organizzato a Pistoia, nel prossimo settem-bre, fa parte di quella Formazione Permanente che tutti sapientemente dobbiamo saper fare. Volentieri riportiamo, per coloro che sono interessati a partecipare, il programma e relatori:

promosso da Espaces Europa e organizzato a cura del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’

Congresso Espaces settembre 2009

- Sede: Pistoia - Convento san Domenicoda lunedì 14 settembre 2009 sera

a venerdì 18 settembre 2009 mattina.Tema: I colori di Dio: tra rappresentazione e silenzio.

Percorsi dell’immagine artistica, spiritualità e comunicazione della fede oggi.

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visita al battistero di Firenze (mons. Timothy Verdon (EN).

Venerdì 18 settembre, Mattina:Tra rappresentabilità e non rappre-

sentabilità di Dio - Ulrich Engel op (EN). Artisti contemporanei ed esperienza di fede: incontro possibile? - Alain Arnould op (EN); Immagine e comunicazione in un mondo globalizzato: tra icone e idoli - Gabriel Nissim op (FR). - Con-clusioni.

Iscrizioni

Per iscriversi al Congresso è sufficien-te inviare una e-mail all’indirizzo [email protected]

Per informazioni:Segreteria Centro Espaces ‘Giorgio

La Pira’ - Pistoia0039.0573.50.93.82 (martedì e gio-

vedì pomeriggio)0039.0573.30.77.70e-mail: [email protected]

CONVENTO SAN DOMENICO - PISTOIA -

SABATI DI PRIMAVERAARTE E SPIRITUALITÀAPRILE - GIUGNO 2009

Il convento sarà aperto per visite accompagnate alla Chiesa,

ai Chiostri e ad alcuni locali interni nei pomeriggi del sabato

da aprile a giugno

18 e 25 APRILE2 - 9 - 16 - 23 - 30 MAGGIO

4 e 11 GIUGNO

I frati domenicani di Pistoia sono lieti di invitare alla visita del convento.

Il ritrovo è davanti alla Chiesa in p.zza san Domenico alle ore 16. La visita

durerà circa un’ora e mezzaPer informazioni:

tel. ore 9-12: 0573-28158

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iePISTOIA.

San Domenico. Chiostro Grande.

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Il 13 aprile alle ore 9,00 la collina di S. Domenico di Fiesole, avvolta nel silenzio proprio del lunedì di Pasqua, si è animata e popolata di un folto grup-po di Suore Domenicane provenienti da tutte le comunità di Toscana. Il Pro-vinciale Padre Daniele Cara da qualche anno ci convoca per un incontro frater-no, occasione per ritrovarsi e rivedersi, appuntamento ormai da tutte noi atte-so.

Nella riflessione della giornata ci ha guidate Sr. M. Amelia Grilli, domenica-na di S. Caterina da Siena. Come San Paolo, ci ha ricordato Sr. Amelia, il Si-

gnore ci ha chiamate a proclamare il suo Vangelo, potenza e giustizia di Dio e alla Sua iniziativa deve corrispondere la nostra fede in Gesù Cristo, il Messia, il Crocifisso e Risorto.

Il Vangelo, con il suo annuncio di salvezza, rivela l’azione salvifica di Dio nei confronti dell’uomo, il quale viene messo a contatto con essa e da essa viene interpellato e invitato ad ac-cettarla personalmente mediante la fe-de. L’annuncio della salvezza instaura una relazione di reciprocità che coin-volge totalmente Dio e l’uomo il quale, a sua volta, accettando il messaggio di

INCONTRO DELLA FAMIGLIA DOMENICANA TOSCANA

Il lunedì dell’Angelo

sulle colline di S. Domenico di Fiesole

FIESOLE (FI) - Partecipanti all’incontro di famiglia domenicana toscana.

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salvezza, è messo in grado di parteci-pare e di possedere il dono della vita di Dio. Fede è accettare valido e vero per me, così come sono, quell’inegua-gliabile e fecondissimo atto personale e storico di Gesù, Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me. È accogliere Dio Padre in Cristo che me-diante lo Spirito ci libera e ci giustifica. E Dio giustifica, cioè ci riammette alla comunione con sé togliendo l’uomo dalla colpa e restituendo a ciascuno la propria autenticità. La giustizia di Dio di cui parla Paolo è misericordia, grazia, salvezza, fedeltà, è rinascita. La grazia trasforma ciò che tocca, ci fa risorgere, una risurrezione dalla morte alla vita che viene qualificata da Pao-lo come un passaggio dall’età minorile all’età adulta cioè come il pieno con-seguimento della condizione di figli, di figli adottivi.

L’annuncio della Pasqua appena vis-suto nelle celebrazioni liturgiche e la bellezza e profondità della dottrina di Paolo, che Sr. Amelia ci ha fatto assapo-

rare, ci ha coinvolte e fatto esclamare “Gesù è veramente Risorto!” Non pos-siamo nascondere questa gioia, siamo chiamate a portare ovunque il Vangelo di Cristo.

Le Suore Domenicane di Jolo hanno guidato e animato la liturgia del gior-no facendoci gustare il tono solenne e gioioso del clima pasquale mentre la presenza di Padre Angelo Belloni e di Padre Alberto Viganò ci ha accompa-gnato tutto il giorno con una squisita accoglienza e con le belle spiegazioni delle opere del Beato Angelico e della “grande” storia del convento di S. Do-menico di Fiesole.

Dopo la pausa del pranzo, riunite in assemblea abbiamo eletta una no-stra rappresentante che parteciperà al-la fase iniziale del prossimo capitolo provinciale della Provincia Romana di Santa Caterina. Subito dopo P. Alberto in qualità di responsabile della Fami-glia domenicana, ha concluso la gior-nata richiamandoci al valore della fe-

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FIESOLE (FI). - 13. IV 2009.L’incontro delle consorelle di varie Congregazioni Domenicane.

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BIBBIENA (AR). SANTA MARIA DEL SASSO.

L’affettuosacommemorazionedi P. Thierry Haenni

Sabato 21 febbraio, a Santa Maria del Sasso di Bibbiena, si è tenuta una mezza giornata di riflessione e di pre-ghiera per il Padre Thierry Haenni, nel quarto anniversario della sua morte.

Questo incontro presso il Conven-to-Santuario è divenuto ormai un ap-puntamento annuale irrinunciabile per tutti gli amici di Bibbiena, del Casen-tino, di Roma e di Perugia che hanno avuto l’opportunità di averlo conosciu-to e di averne apprezzato le alte quali-tà umane e religiose, frutto, per lui, di un lungo e non facile cammino che lo aveva portato, giovane protestante di origine svizzera, attraverso preziosi in-contri con personalità di grande fede e di altissima cultura, alla fede cattolica, prima, ed alla consacrazione religiosa nell’Ordine domenicano, poi.

Sono soprattutto gli amici e disce-poli di Perugia che continuano con particolare premura ed affetto ad ani-mare questi appuntamenti ormai tradi-zionali. Così, sabato pomeriggio, nella splendida sala Cordovani, accompa-gnato da immagini e filmati gelosa-mente conservati dagli amici perugini e che hanno fatto ripercorrere momenti significativi della vita e dell’attività di Padre Thierry, il fratello laico domeni-Thierry, il fratello laico domeni-, il fratello laico domeni-cano della fraternita di S. Maria del Sasso, Mario Rivi, ha ricordato con ac-cenni a tratti commossi il grande amico e la preziosa guida spirituale. >

de. La conoscenza porta all’amore, ci ha detto il padre, e come domenicane siamo impegnate a cercare la luce per conoscere la verità, siamo chiamate ad accrescere la nostra fede. La fede è tut-tavia “notte oscura” anche se è la sola virtù che ci aiuta a cogliere le profon-dità della Verità. Senza paura abbando-niamoci all’Amore.

Aver trascorso una giornata nel con-vento di S. Domenico di Fiesole è stato bello, abbiamo gustato e vissuto la fra-ternità propriamente domenicana che ci lega e goduto la festa e la gioia del lunedì dell’Angelo. La storia del con-vento, le sue preziose opere d’arte, la presenza dei frati malati e anziani ci hanno permesso di incontrare il Signo-re e di celebrare il mistero pasquale nella consapevolezza che anche nelle situazioni più difficili Dio è presente attraverso i suoi figli e le sue figlie.

Grazie, a Padre Daniele, grazie a tutti e a tutte per i tanti stimoli di ri-flessione, grazie per la bella fraternità, grazie soprattutto al Signore per averci volute “domenicane”.

Sr. Nicoletta Sottana

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Davanti ad un folto pubblico - la pur ampia sala Cordovani era presso-ché completa – Mario Rivi ha messo in risalto i tratti personali di una figura fortemente umana e insieme di alto e nobile livello culturale soprattutto nel legame mai affievolito con le più alte autorità della cultura prima filosofico - teologica di S. Tommaso e poi di quella a lui contemporanea e da lui profon-damente assorbita dell’umanesimo in-tegrale di Maritain.

Una serie molto interessante di fil-mati relativi a programmi televisivi di P. Thierry, diffusi dalla emittente televi-siva “Umbria TV”, ha concluso la pri-ma parte della serata. Questo ultimo momento ancora una volta ci ha dato l’occasione di constatare quanto bel-la ed efficace - anche se così rara e poco valorizzata – sarebbe la presenza domenicana nei mass-media: come è successo con il P. Thierry, anche con le altre presenze in radio-tv.

Si sono avuti efficacissimi e straor-dinari riscontri: basti ricordare, in par-ticolare, i vari P. Reginaldo Santilli, il

Padre Gabriele Sinaldi e - sulla emit-tente Telesandomenico - dello stesso P. Thierry. Senza parlare del P. Mongillo nelle sue purtroppo rare apparizioni su Rai e Mediaset.

Inevitabile il dispiacere che dall’uni-ca emittente televisiva domenicana si sia definitivamente allontanata proprio la cofondatrice Provincia Romana dei domenicani.

La giornata si è conclusa con la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal P. Alberto Viganò, pro-motore del laicato domenicano, appo-sitamente venuto da Perugia. Lo stesso P. Viganò ha tenuto l’omelia durante la quale ha potuto mettere in particolare rilievo la devozione ed il grande zelo di P. Thierry per la Madonna.

La santa Messa, partecipata da una grande folla di fedeli, è risultata parti-colarmente dignitosa e solenne per il prezioso servizio liturgico e musicale del coro di S. Maria del Sasso, diretto dallo stesso Rettore del Santuario, il P. Giuseppe Serrotti.

P. Giovanni Serrotti op. • • •

P. Thierry Haenni, domenicano.

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ROMA. Angelicum. LA FAMIGLIA DOMENICANA A CONVEGNO.

Domenica 15 marzo u.s., la Fami-glia Domenicana, presente a Roma, si è riunita presso l’Angelicum per vivere insieme una giornata di preghiera, stu-dio, riflessione, condivisione e proget-tazione.

L’incontro anche quest’anno è stato promosso da sr. Laetitia Youchtchenko e sr. Paola Montisci. La tematica scel-Paola Montisci. La tematica scel-ta è stata chiaramente paolina: “Guai a me se non annunzio il Vangelo” (1Cor.9,12), con una sottolineatura tut-ta domenicana riguardo alla predica-zione della Parola.

Come luogo d’incontro abbiamo scelto l’Angelicum perché è particolar-mente significativo per l’Ordine, dato l’impegno nello studio che vi si per-segue, ma anche perché, ubicato nel centro, è più facilmente raggiungibile.

Il gruppo dei convenuti era forma-to da una cinquantina di persone in prevalenza Laici domenicani, alcuni

SEDILO (SS). Fraternita Laica Domenicana. Nuove Vestizioni.

Nella parrocchia di S. Giovanni Bat-tista, della diocesi di Alghero, a Sedi-lo, la fraternita guidata dalla priora Pa-squalina Salaris ha accolto ben cinque novizie: M. Giuseppa Chessa (sr Simo-na Francesca), Antonietta Manca (sr M. Pietruccia), Raffaela Pilitta (sr Giusep-pina), Domenica Pes, (sr Francesca), Giovannina Piccone (sr M. Raffaela).

Il parroco e Assistente della Fld, don Agostino Carboni, su incarico del Pro-motore, P. Alberto Viganò, ha dato lo Scapolare e la Regola alle novizie, tra la commozione e l’entusiasmo di tanti parrocchiani presenti che dopo la ce-rimonia hanno partecipato, nel salone della parrocchia, anche ad un incontro con rinfresco.

Il presidente provinciale, Pier Gior-gio Imbrighi, ha formulato tanti auguri e complimenti a tutta la Fraternita.

M. Pasqua Sardara, v. priora. • • •

SEDILO. Fraternita domenicana nel giorno dell’accoglienza.

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ex-alunni dell’Angelicum, delle suore e anche una rappresentanza di laici associati alle suore domenicane di S. Caterina da Siena.

La riflessione sulle lettere di s. Pao-lo è stata guidata, durante tutta la mat-tinata da padre Josè Viejo. Nel pome-riggio, per l’approfondimento perso-nale, abbiamo formato cinque gruppi di studio che hanno lavorato con una griglia. Ogni gruppo aveva il compito di individuare le nuove frontiere nelle quali la Famiglia Domenicana è chia-mata ad essere presente e a predicare il Vangelo.

Nell’assemblea conclusiva ogni gruppo (nel quale era stato scelto un moderatore della discussione e una se-gretaria) ha poi condiviso la riflessione fatta dai suoi membri.

Cosa è emerso. Innanzitutto la co-scienza sempre più chiara che il com-pito di predicare, proprio dell’Ordine, appartiene in eguale misura a laici suore e frati. Anche se con ruoli propri questo compito va svolto da tutti insie-me come Famiglia. La “comunione” è una delle sfide più grandi alla quale,

come famiglia domenicana, non pos-siamo non rispondere che con una col-laborazione effettiva fatta di stima, di affetto vicendevole e con il mettere in comune i diversi doni ricevuti.

Tra le proposte pratiche, infatti, si è evidenziata soprattutto la necessità di aumentare gli incontri di famiglia e i progetti per lavorare insieme. Con la complementarietà dei ruoli si possono ottenere maggiori frutti.

Si è notato poi l’utilità di “evan-gelizzare” maggiormente nelle par-rocchie, nei luoghi in cui si vive e di cercare di adeguarsi ai nuovi linguaggi dei giovani utilizzando le tecnologie moderne quali internet.

San Domenico e santa Caterina ri-sveglino in noi la passione per Dio e per l’uomo e le parole di san Paolo ci spingano a impegnarci nella missione. “Annunciare il Vangelo per me è una necessità che mi si impone, un incarico che mi è stato dato. Guai a me se non predicassi il Vangelo”! Diventi realtà per tutti noi!

Sr Paola Montisci op. • • •

Tutti insieme per predicare…”Guai a me

se non predicassi il Vangelo!”(I Cor. 9,16).

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ROMA. - Pont. Univ. Angelicum.Partecipanti all’incontro.Sotto le organizzatrici:sr. Letizia, sr. Paola.

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Nel pomeriggio dell’otto febbraio 2009, domenica, a Firenze ha rag-giunto la luce eterna fr Fabio Giardini, domenicano noto in tutti gli ambienti, ecclesiastici e non, e stimato per le sue doti umane e per la carica di spirito cri-stiano che sapeva trasmettere.

Era nato a Forte dei Marmi, in Versi-lia, il 7 agosto 1929, e aveva frequen-tato le scuole elementari e medie nel paese natale e il primo anno di liceo a Viareggio.

Sedicenne indossò l’abito domeni-cano nel Convento di S. Marco a Firen-ze e trascorse l’anno di noviziato nel convento napoletano di Barra, emet-tendo la professione religiosa il 30 no-vembre 1946.

Dopo alcuni anni di studio trascor-si nella sua provincia di S. Marco, nel 1950 fu inviato per le sue spiccate qua-lità a studiare a Roma, all’Angelicum, dove avrebbe trascorso quasi tutto il resto della sua vita. Infatti vi frequen-tò i corsi di filosofia e teologia e il 26 ottobre 1955 vi conseguì il dottorato in teologia, discutendo in latino la te-si “Dal bene trascendentale all’amore come ritorno a Dio in San Tommaso d’Aquino”.

Contemporaneamente aveva ricevu-to tutti gli ordini sacri ed era stato ordi-nato prete il 21 febbraio 1954.

Dall’anno accademico 1956/57 diede inizio ai suoi corsi all’Angeli-cum, subito dopo dichiarato pontificia università San Tommaso, e mantenne questo impegno per cinquant’anni: un record! Insegnò teologia morale e teo-logia spirituale, fu decano della facoltà di teologia dal 1977 al 1980, preside dell’Istituto di spiritualità dal 1970 al 1976 e dal 1993 al 1999 e vice rettore dell’università dal 1985 al 1993. Con tono suadente, denso, tranquillo sape-va trasmettere dottrina e umanità. Ed era stimato ed invitato anche all’ester-no e non si sottraeva a nessun impegno in cui potesse comunicare da buon do-menicano i suoi valori: convegni, ritiri spirituali, conferenze, cicli di lezione, animazione di gruppi, come il vicino gruppo giovanile di San Bernardino, di-retto da don Roberto Amendolagine.

Conosceva e parlava bene diverse lingue e durante l’estate non disdegna-va di andare a sostituire il parroco di un villaggio svizzero. Inoltre andò “in giro in tutto il mondo a dare lezioni di teologia ai giovani sacerdoti sparsi nel globo terraqueo”, nelle Filippine, ne-gli Stati Uniti, in Corea, dove si recò a valutare la situazione locale nella pro-spettiva di fondarvi un convento dome-nicano. Negli anni ’70, recandosi dalla Danimarca alla Svezia per un Congres-

In memoria

P. Fabio Giardini o.p. (1929 - 2009)

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so “fece naufragio su una nave. Un’av-ventura tremenda in mezzo all’oceano. Si salvò per miracolo, com’era giusto che fosse detto”.

I suoi interessi culturali avevano co-me oggetto tutti gli aspetti del rapporto degli uomini con il trascendente, dal-la spiritualità dei padri del deserto alla preghiera, dall’escatologia alla morale politica, dall’affettività e la morale ses-suale alla direzione spirituale. Per i suoi meriti scientifici nel 1987 fu nominato maestro in teologia.

Pubblicò molte opere, libri e artico-li, soprattutto in italiano e in inglese, ultima delle quali un’arricchente rifles-sione sulla morte e l’aldilà: Il desiderio del paradiso nella vita cristiana, Roma 2003. Lasciò anche molti scritti inediti, soprattutto una voluminosa pila di qua-derni costituenti il suo diario. Quando me li consegnò, prima di lasciare l’An-gelicum nell’estate del 2007 per trasfe-rirsi in Toscana, mi disse: “Fanne quello che vuoi”. Io gli feci notare che perché scritti personali potessero essere messi a disposizione di lettori e studiosi era

necessario che fosse trascorso un cer-to lasso di tempo dalla loro stesura. Al che ribatté: “Non ho scritto nulla di scandaloso e non ho mai parlato male di nessuno!”. Li sigillai, senza nean-che sfogliarli, in una grande scatola e li depositai nell’archivio. A suo tempo leggendoli ed eventualmente pubbli-candoli si potrà conoscere appieno la sua grande anima, la ben temprata per-sonalità di chi non aveva mai parlato male di nessuno.

Per questo “era un grande. Per an-ni ho sperato che lo facessero papa. E avevo ragione… Negli ultimi tempi, stanco, non era più lui. Aveva perso la vernice luminosa e serena che l’ave-va sempre contraddistinto. Credo che sia morto contento di morire. Riposerà certamente in pace”. È quanto ha scrit-to nel suo diario in linea un suo ami-co, conterraneo e coetaneo giornalista, Giorgio Giannelli, comunicando ai versiliesi la sua scomparsa. Dal diario di questi abbiamo anche tratto quanto riportato nel testo tra virgolette.

Fr Carlo Longo op.

Qual è la condizione dei nostri cari defunti?

La Chiesa, nel documento conciliare “Lumen Gentium” (n. 49) risponde così: dei discepoli di Cristo Signore “alcuni sono pellegrini sulla terra, altri, passati di questa vita, stanno purificandosi, e altri godono della gloria con-templando “chiaramente Dio uno e trino, qual’è”; tutti però, sebbene in gra-do e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Tutti, infatti, quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui”.

I nostri cari defunti “non cessano di intercedere per noi presso il Padre” … così anche noi coltiviamo “con grande pietà la memoria dei defunti, poiché santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti e offrire per loro anche dei suffragi” soprattutto con la celebrazione della S. Messa. • • •

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NUOVE PUBBLICAZIONIdella famiglia domenicana

A. CORTESI, E.GIACONI, Arte e sto-ria nel convento San Domenico di Pi-stoia, ed. Nerbini (FI), 2008 (pp. 192).

La pubblicazione riguarda la storia del complesso conventuale (chiesa, chiostri e orto-giardino) e il patrimonio artistico ivi presente (pitture, affreschi, oggetti d’arte e paramenti liturgici).

“I frati Predicatori hanno sempre in-tessuto con la società pistoiese (…) una pluralità di attività e di iniziative”.

Questo primo studio ne ha inteso “dare testimonianza, con le ricerche ef-fettuate e i documenti prodotti, di una parte pur minima ma assai significativa della storia del convento S. Domenico”, mirando a portare ad una conoscenza “più completa di quella attuale dell’in-tero complesso conventuale” (intr.).

Per ordinazioni del volume: tel. 0573-28158, oppure: [email protected],

AV., “Prospettive domenicane per l’Eu-ropa”, n. 5, a cura del Centro Espaces “Giorgio La Pira”, Pistoia.

È uscito il numero 5 della rivista “Prospettive domenicane per l’Europa” numero annuale della rivista che rac-coglie vari contributi di domenicani impegnati nel progetto “Espaces”.

Anche quest’anno nei centri del progetto Espaces (Bruxelles, Strasbur-go, Berlino, Varsavia, Valencia, Pistoia, Istanbul) è stata condotta una riflessio-ne in vista delle prossime elezioni eu-ropee che si terranno all’inizio di giu-gno 2009.

Vari contributi compongono que-sto numero, dedicato all’Europa in co-struzione, espressione di diverse voci e diversi contesti: sono considerati gli aspetti di difficoltà e le contraddizioni del presente ma accanto ad essi la ri-levanza del progetto europeo - sempre ‘in costruzione’ - per una convivenza dei popoli nella democrazia, nel rispet-to dei diritti umani e nella pace, in par-ticolare oggi nella situazione della crisi economica globale.

La rivista è pubblicata contempora-neamente in quattro versioni: italiano, tedesco, inglese e francese.

Si tratta di un importante frutto di collaborazione intellettuale tra i do-menicani in Europa, è un esempio di tentativo di lettura teologica dei segni

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A. SCARCIGLIA, Il profumo del nar-do, poesie di Pasqua, ed. Feria, Comu-nità di San Leolino (FI), 2008, pp. 80.

È l’esposizione di un itinerario di spiritualizzazione della parola che rag-giunge il suo punto culminante in un silenzio, estatico e al contempo molto concreto, che è la musica di Dio quale si afferma nel mistero della Settimana santa.

Convento Padri Domenicani, via Camporegio, 2 - 53100 Siena. F. SBAFFONI, Trappole e gabbie,

Racconti stellari, Ed. Nerbini (FI) 2008, pp. 152. “… la lettura del testo fu la mia sola occupazione, al di fuori degli orari scolastici. Trovai i racconti deliziosi e scritti in uno stile godibile. Ero avvin-to da quelle storie, da quelle situazio-ni così distanti dalle nostre, così poco probabili da noi sul nostro vecchio, ma adorabile pianeta!

Convento S. Marco, via Cavour, 56 - 50129 Firenze. [email protected]

del nostro tempo e può essere un utile strumento per l’aggiornamento, per la formazione permanente e per il dibatti-to sia nelle comunità sia nei vari luoghi di apostolato.

Alessandro Cortesi op.

Chi desidera ricevere una o più copie può scrivere un e-mail con la richiesta all’indirizzo: [email protected] euro 8 comprese spese di spedizione. “Caterina da Siena a Roma”, Nuovo

quaderno a cura del Centro Internazio-nale Studi Cateriniani di Roma.

Il 630° anniversario dell’arrivo di Caterina a Roma (1378-2008) è stato l’argomento dei Mercoledì cateriniani 2008 che ogni anno il Centro di Studi cateriniani organizza. Il quaderno, n. 15, riporta gli interventi dei relatori di grande prestigio.

Centro Studi Cateriniani, p.za Santa Chiara, n. 14 - 00186 Roma.

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“DOMENICANI” n. 2 / 09marzo-aprile 2009

PROVINCIA ROMANA DI S. CATERINA DA SIENApiazza S. Domenico, n. 5 - 09127 CagliariTel. 070-65 42 98 - cell. 339 18 22 685

fax 070-662837 - ccp. 41 48 28 94e.mail: [email protected]

Verso il Giubileo della fondazione dell’ordine dei Predicatori.

… In primo luogo, celebriamo e rendiamo grazie per il recente Sinodo sulla Parola di Dio, il cui svolgimento ha avuto luogo in un altro contesto di grazia e di verità: l’anno paolino, dedicato al grande apostolo delle Genti, san Paolo.

Questi due eventi, poi, coincidono con il proseguimento del nostro pellegrinaggio giubilare domenicano, che culminerà nel 2016 con le celebrazioni dell’ottavo centenario della conferma dell’Ordine da parte del Papa Onorio III.

Anche per Domenico la Parola di Dio era presente “all’inizio” del miracolo che ha dato alla luce l’Ordine dei Predicatori. Tutta la sua vita, vissuta in intima unione con la Parola, ci invita ad un ascolto contemplativo profondo della Parola e ad un impegno coraggioso per predicarla al modo d’oggi.

Nel Dialogo della nostra sorella Caterina da Siena, si legge: “Domenico apparve al mondo soprattutto come un apostolo, tanto erano potenti la verità e la luminosità con cui seminò la mia parola, dissipò le tenebre e diffuse la luce” (n. 158).

Questa Parola, il Verbo fatto carne, che brucia nel cuore di Domenico, era la stessa che ha predicato con zelo così ardente, infiammando il mondo con l’amore e la tenera misericordia di Cristo”.

(dal Messaggio del MO, fr Carlos Azpiroz Costa).

S. Caterina da Siena