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2 Principi fisici dei laser e sorgenti Riccardo Pratesi Ordinario di Struttura della Materia, Università degli Studi di Firenze Presidente della Società Italiana di Laser Chirurgia e Medicina, SILCM Principi fisici dei laser Livelli energetici Le leggi fisiche richiedono agli atomi (e molecole) di occupare stati di energia (livelli energetici) ben definiti, tra i quali possono effettuare transizioni con variazione (aumento o diminuzione) della propria energia. Un insieme di atomi all’equilibrio termico occupa i vari livelli energetici con una distribuzione di tipo esponenziale, ovvero il numero di atomi N i che occupa il livello di energia E i è dato da N i = N 0 exp (- E i /kT) dove k è una costante e T indica la temperatura assoluta a cui si trova il sistema di atomi. I livelli di energia più bassa sono, quindi, favoriti rispetto a quelli di energia più alta. Assorbimento, emissione e fotoni La transizione da uno stato di energia inferiore ad uno con energia superiore richiede l’assorbimento di una quantità equivalente di energia, mentre per la transizione inversa avremo una cessione di energia da parte dell’atomo (molecola) pari alla differenza delle energie dei due stati tra cui avviene la transizione. L’assorbimento e l’emissione di radiazione elettromagnetica sono i processi d’interesse per la realizzazione delle sorgenti laser. Descriveremo le interazioni con la radiazione elettromagnetica in termini di assorbimento e emissione di fotoni, che possiamo considerare come particelle di massa (di riposo) exp(E/kT) Numero di atomi Energia

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Page 1: exp(E/kT) · o diminuzione) della propria energia. Un insieme di atomi all’equilibrio termico occupa i vari livelli energetici con una distribuzione di tipo esponenziale, ovvero

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Principi fisici dei laser e sorgenti

Riccardo Pratesi

Ordinario di Struttura della Materia, Università degli Studi di Firenze

Presidente della Società Italiana di Laser Chirurgia e Medicina, SILCM

Principi fisici dei laser

Livelli energetici

Le leggi fisiche richiedono agli atomi (e molecole) di occupare stati di energia (livelli

energetici) ben definiti, tra i quali possono effettuare transizioni con variazione (aumento

o diminuzione) della propria energia. Un insieme di atomi all’equilibrio termico occupa i

vari livelli energetici con una distribuzione di tipo esponenziale, ovvero il numero di atomi

Ni che occupa il livello di energia Ei è dato da

Ni = N0 exp (- Ei/kT)

dove k è una costante e T indica la temperatura

assoluta a cui si trova il sistema di atomi. I livelli di

energia più bassa sono, quindi, favoriti rispetto a

quelli di energia più alta.

Assorbimento, emissione e fotoni

La transizione da uno stato di energia inferiore ad uno

con energia superiore richiede l’assorbimento di una

quantità equivalente di energia, mentre per la

transizione inversa avremo una cessione di energia da parte dell’atomo (molecola) pari

alla differenza delle energie dei due stati tra cui avviene la transizione. L’assorbimento e

l’emissione di radiazione elettromagnetica sono i processi d’interesse per la realizzazione

delle sorgenti laser.

Descriveremo le interazioni con la radiazione elettromagnetica in termini di assorbimento

e emissione di fotoni, che possiamo considerare come particelle di massa (di riposo)

exp(E/kT)

Numero di atomi

Energia

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nulla e dotate di energia, E, proporzionale alla frequenza, n, dell’onda elettromagnetica

corrispondente. Più precisamente abbiamo: E = hn, dove h rappresenta la costante di

Planck (6.62 10-27 erg secondo). Se un fotone incide su un atomo (o molecola) e la sua

energia coincide con la differenza di energia tra due livelli energetici c’è una certa

probabilità che l’atomo assorba il fotone e si porti nel livello ad energia superiore. Questo

assorbimento da parte dell’atomo è un processo stimolato dal campo elettromagnetico

incidente sull’atomo.

Figura : L’atomo nel livello inferiore

assorbe il fotone incidente e si porta

nel livello superiore, separato in

energia di DE.

Nel processo, l’energia del fotone hn

viene acquisita dall’atomo. Per la

conservazione dell’energia dev’essere:

hn = DE

Emissione spontanea

Un atomo in un livello eccitato (ovvero di energia maggiore di quello di energia minima,

detto stato fondamentale) ha una certa probabilità di diseccitarsi spontaneamente con

emissione di un fotone di energia pari alla differenza delle energie dei due livelli di

partenza e di arrivo. L’emissione del fotone avviene in tutte le direzioni e la frequenza è

compresa entro una certa banda di valori, detta riga di emissione.

Figura : L’atomo nel livello eccitato emette un

fotone e si porta nel livello inferiore.

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Figura : Il processo avviene spontaneamente.

La direzione del fotone è casuale e la sua

frequenza è distribuita in una riga spettrale di

larghezza dell’ordine di 100 MHz. La

distribuzione in frequenza dell’intensità I(n)

emessa è indicata in Figura.

Emissione stimolata

Esiste un processo inverso all’assorbimento, chiamato emissione stimolata, in cui un

fotone incidente sull’atomo ne stimola il decadimento verso un livello inferiore, con

emissione di un fotone. La probabilità dei due processi di assorbimento e di emissione

stimolata è uguale, e risulta proporzionale al numero di fotoni incidenti. Di estrema

importanza è il fatto che il fotone emesso per emissione stimolata è identico in frequenza

e direzione di propagazione del fotone incidente.

Figura : L’atomo nel livello

eccitato emette un fotone identico

al fotone incidente e si porta nel

livello inferiore.

Figura : Il processo è stimolato

dal fotone incidente. La direzione

e la frequenza del fotone emesso

sono identiche a quelle del fotone

incidente.

νννν0000

fotone incidente

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Assorbimento da parte di un sistema di atomi in equilibrio termico

In condizioni di equilibrio termico, gli atomi tendono ad occupare i livelli energetici di

energia più bassa: la distribuzione del numero di atomi nei vari livelli segue una legge

esponenziale, con il livello fondamentale fortemente popolato. Se indichiamo con N1 il

numero di atomi presenti nel livello 1 e con N2 il numero di atomi presenti nel livello 2,

avremo N2 < N1 (figura a): in questo caso, un fascio di fotoni che attraversa il sistema

atomico risulta attenuato, poiché il numero di transizioni verso l’alto è proporzionale a N1,

mentre il numero di transizioni verso il basso è proporzionale a N2. In formule

DN1 = Passorbimento N1 Dt

dove DN1 rappresenta il numero di

transizioni dal livello 1 al livello 2 nel

tempo Dt

DN2 = Pemis-stim N2 Dt

dove DN2 rappresenta il numero di

transizioni dal livello 2 al livello 1 nel

tempo Dt

Poiché all’equilibrio termico è N2 < N1 segue che DN1 > DN2 essendo le due probabilità

di assorbimento e di emissione stimolata uguali. Il numero degli assorbimenti sarà, quindi,

maggiore del numero delle emissioni stimolate: il risultato netto sarà perciò

l’attenuazione del fascio di fotoni.

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Amplificazione da parte di un sistema di atomi NON in equilibrio termico

Se il sistema di atomi NON è in equilibrio termico e siamo riusciti a mettere un numero di

atomi nel livello 2 maggiore di quello nel livello 1, allora il numero degli assorbimenti sarà

minore del numero delle emissioni stimolate. In formule

DN1 = Passorbimento N1 Dt

dove DN1 rappresenta il numero di

transizioni dal livello 1 al livello 2 nel

tempo Dt

DN2 = Pemis-stim N2 Dt

dove DN2 rappresenta il numero di

transizioni dal livello 2 al livello 1 nel

tempo Dt

Poiché è N2 > N1 segue che DN1< DN2. Il numero delle emissioni stimolate sarà,

quindi, maggiore del numero degli assorbimenti : il risultato netto sarà perciò

l’amplificazione del fascio di fotoni. Un fotone in ingresso da luogo all’emissione di altri

fotoni (identici), con amplificazione del fascio di fotoni. La situazione indicata in figura è

chiamata inversione di popolazione.

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Pompaggio e inversione di popolazione

Per ottenere la situazione di inversione di

popolazione tra due livelli è necessario

alterare la distribuzione di equilibrio termico

del sistema atomico, fornendo in maniera

opportuna energia al sistema. Nella figura

accanto è illustrato in via schematica il

processo del pompaggio per ottenere

l’inversione di popolazione. L’energia di

pompa (realizzata con un flash di fotoni

emesso da una potente lampada, o con

un’intensa scarica elettrica) eccita gli atomi

attivi del mezzo laser, che si portano dal

livello fondamentale (E0) ad un livello

eccitato (il livello E3 in figura); da qui

decadono rapidamente nel livello E2, e quindi

nel livello E1, da cui ritornano nello stato

fondamentale. Se il livello E2 ha un tempo di

permanenza medio (vita media) abbastanza

maggiore del livello E1 (ovvero, se gli atomi

hanno un tempo di permanenza nel livello 2

maggiore di quello nel livello 1), tra questi

due livelli si realizza l’inversione di

popolazione e la possibilità di amplificare

fotoni incidenti dall’esterno aventi energia uguale alla differenza E2 - E1. Per un

efficiente funzionamento del sistema è necessario che il tempo con cui si svuota il livello

inferiore della transizione laser sia molto piccolo, altrimenti l’inversione si riduce e

l’emissione laser si interrompe.

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Amplificatore ottico

Un mezzo in cui è presente un’inversione

di popolazione tra due livelli è possibile

avere l’amplificazione ottica. Nella figura è

illustrato un fascio di fotoni che entra in un

mezzo atomico invertito e che viene

amplificato nell’attraversamento del mezzo. Nel processo di amplificazione gli atomi che

si diseccitano per emissione stimolata emettono fotoni tutti in fase con quelli incidenti, e la

radiazione in uscita dall’amplificatore è detta coerente (ha elevate proprietà di

direzionalità e di monocromaticità).

Sovrapposto al fascio di fotoni coerenti,

collimati, è presente sempre una

componente spontanea

(incoerente) non collimata.

Oscillatore laser

Per ottenere un oscillatore laser è sufficiente racchiudere il materiale pompato tra due

specchi. I fotoni spontanei originati, ad esempio, all’estremità destra del materiale attivo

che si propagano verso sinistra lungo l’asse della cavità ottica formata dai due specchi

daranno luogo a un certo numero di emissioni stimolate, che cresceranno in numero via

via che i fotoni si propagano lungo il materiale. Giunti sullo specchio sinistro, questi fotoni

saranno riflessi e attraversando nuovamente il materiale subiranno un nuovo processo di

amplificazione; riflessi, poi, dallo specchio di destra, daranno luogo a altri fotoni stimolati,

e questo processo di amplificazione a catena porterà il sistema a una situazione di

regime in cui il numero di fotoni generati ad ogni attraversamento del materiale attivo sarà

uguale al numero di fotoni fuoriusciti dallo specchio (parzialmente trasmittente) di destra

Fasci

o di

Fascio

di uscita

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(oltre quelli perduti per altre cause). Dallo specchio semiriflettente uscirà quindi un fascio

laser estremamente collimato e monocromatico.

Schemi di funzionamento e caratteristiche di alcuni tipi di laser

Elementi essenziali del laser sono la cavità ottica, il materiale attivo, e il sistema di

pompaggio. Questi elementi cambiano, in genere, da un tipo di laser all'altro, dipendendo

dal mezzo attivo impiegato (e dal suo stato di aggregazione: solido, liquido, gassoso) e

dalle condizioni di funzionamento richieste per il laser (emissione continua, impulsata,

singolo modo longitudinale e trasversale, ecc.). Mostriamo, come esempio, alcuni schemi

realizzativi dei principali tipi di laser.

Laser a stato solido

Il materiale attivo è in forma di bacchetta cilindrica, con diametro molto minore della

lunghezza; il pompaggio è di tipo ottico ed è effettuato con una lampada flash di alta

potenza. La lampada e la bacchetta sono posizionate lungo le linee focali di riflettore

metallico di geometria ellittica, per un efficiente focheggiamento della radiazione di

pompa sul mezzo laser.

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Il laser a rubino

Il laser a rubino è un laser a 3 livelli, ovvero la transizione laser ha come livello terminale

quello fondamentale: l’inversione di popolazione richiede, quindi, che prima si eguaglino

le due popolazioni, con notevole dispendio di energia di pompaggio.

Banda di assorbimento

Livello laser superiore

1

2

3

Foto di un laser a rubino eccitato da una lampada flash elicoidale

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Il Laser a Neodimio (Nd:YAG)

Il laser a Nd:YAG è un laser a 4 livelli, ovvero la transizione laser ha come livello

terminale un livello eccitato, quindi scarsamente popolato.

L’inversione di popolazione richiede, quindi, un’energia di pompaggio molto minore di

quella del laser a 3 livelli.

Mezzo attivo

Il mezzo laser è costituito da un cristallo di granato di alluminio ed ittrio (YAG) drogato

con neodimio (Nd). La specie laser-attiva è lo ione Nd+3. L'inversione di popolazione si

presenta per alcune coppie di livelli del Nd+3 e l'emissione del laser può essere

selezionata sulla riga desiderata con una scelta opportuna della riflettività degli specchi. Il

cristallo laser è in forma di barretta cilindrica, 6-8 mm in diametro e 10 cm circa in

lunghezza.

Pompaggio

Lo ione Nd+3 presenta ampie bande di assorbimento nel visibile (rosso), che sono

utilizzate per eccitare otticamente gli ioni laser-attivi utilizzando lampade flash di alta

potenza. L'uso di un riflettore ellittico permette di focheggiare efficientemente la

radiazione della lampada sulla bacchetta laser.

Livello laser superiore

Livello

Livello laser inferiore 2

3

1

4 Banda di

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Caratteristiche

L'emissione principale avviene a 1064 nm. Il rendimento ha un valore intermedio tra

quello del laser a CO2 e quello del laser ad Ar, pari a circa 0.1% nei sistemi commerciali

per uso medico.

Sistema laser

La radiazione è trasportata sul bersaglio tramite fibra ottica. Il basso rendimento fa sì che

buona parte della potenza elettrica di pompaggio sia trasformata in calore: il sistema è

dotato quindi di un impianto di raffreddamento ad acqua. Le potenze laser disponibili nei

sistemi medicali sono di circa 100 W. Sono disponibili laser operanti anche a 1320 nm:

sebbene la potenza laser sia circa un terzo di quella del laser a 1064 nm, il maggior

assorbimento dell'acqua (circa un fattore 10) rende questo laser d'interesse medico per le

maggiori capacità di taglio.

Applicazioni mediche

In virtù del basso assorbimento dei pigmenti corporei e dell'acqua alla lunghezza d'onda

di emissione del laser a Nd:YAG, la radiazione laser penetra sensibilmente nei tessuti

corporei, ove è sottoposta ad un forte processo di scattering dovuto alle disomogeneità

del mezzo biologico. Lo scattering fa sì che un fascio laser collimato incidente sul tessuto

diventi rapidamente diffuso in tutte le direzioni dopo un breve percorso nel tessuto. Ciò

viene sfruttato nelle applicazioni mediche per irradiare volumi di tessuto ben maggiori di

quelli interessati dal fascio collimato.

L'elevata capacità penetrativa della radiazione a 1064 nm nei tessuti rende il laser a

Nd:YAG un cattivo strumento di taglio e un buon dispositivo per produrre necrosi

coagulative e/o per la vaporizzazione di ampie masse patologiche. L'ampia diffusione

presente in profondità nei tessuti richiede molta cautela per il controllo del riscaldamento

prodotto, e quindi dei danni termici associati.

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Laser a diodo semiconduttore (CLED)

Il principio di funzionamento del laser a diodo semiconduttore è sostanzialmente diverso

da quello degli altri laser di interesse medico. Esso è una lampada a stato solido

coerente, ovvero un LED (Light Emitting Diode) coerente, da cui anche l'acronimo CLED

(Coherent LED). Un diodo semiconduttore è realizzato drogando positivamente (p) e

negativamente (n) due parti di un cristallo semiconduttore. L'interfaccia tra zona p e zona

n si chiama giunzione p-n. Nella regione p vi è una carenza di elettroni (nella banda di

valenza), o, equivalentemente, un eccesso di lacune positive; nella regione n, invece, vi è

un eccesso di elettroni (nella banda di conduzione).

Applicando una tensione diretta (polo + della batteria connesso con la regione p) gli

elettroni fluiscono dalla regione n a quella p; nell'attraversamento della giunzione vi è

elevata probabilità che un elettrone decada nella banda di valenza, andando ad occupare

una delle lacune presenti in questa banda nella regione p. Nella ricombinazione

elettrone-lacuna, l'energia può essere emessa o in forma di calore o di radiazione.

Nei LED la ricombinazione avviene con l'emissione di fotoni, la cui energia risulta

necessariamente superiore all'energia che separa il livello inferiore della banda di

conduzione dal livello superiore della banda di valenza (gap). Per molti semiconduttori,

quali l'arseniuro di gallio (GaAs), la lunghezza d'onda della radiazione di ricombinazione

cade nel vicino infrarosso.

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Mezzo attivo

Il diodo laser è una struttura complessa

costituita da una zona laser-attiva nella

regione della giunzione p-n, immersa in

una struttura multistrato costituita da

vari semiconduttori con composizione,

concentrazione e drogaggio (p-n)

diversi. La zona attiva è costituita da un

sottilissimo (100-300 nm) strato di

materiale semiconduttore (in genere

GaAs) posto tra due strati di materiale

diverso (in genere AlGaAs).

Pompaggio

Il pompaggio è effettuato iniettando

una corrente elettrica nel diodo, a

polarizzazione diretta. La presenza

dei vari strati adiacenti allo strato

attivo permette il confinamento in

una stretta regione (5-100 mm), sia

della corrente elettrica iniettata nel

diodo, che del fascio laser, in

direzione parallela e perpendicolare

al piano della giunzione.

Caratteristiche

Il guadagno di un CLED è incredibilmente alto, sì da permettere rendimenti di

conversione di potenza elettrica in potenza ottica superiori al 50%. I CLED di maggior

potenza sono a GaAs, ed emettono tra 780 e 850 nm; altri materiali semiconduttori sono

stati sviluppati e allo studio per estendere lo spettro di emissione ulteriormente verso

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l’infrarosso e a tutto il visibile. Potenze laser di alcuni watt sono oggi disponibili alla

lunghezza d'onda tra 630 e 700 nm, e di varie decine di watt tra 800 e 1000 nm.

Sistema laser

La miniaturizzazione di questi laser e l'alto rendimento

consentono di realizzare sistemi estremamente compatti,

con efficiente accoppiamento alle fibre ottiche, mentre il

pompaggio per iniezione elettrica rende il sistema molto

affidabile.

Applicazioni mediche

I CLED hanno notevoli prospettive in medicina, per la sostituzione degli attuali laser ad

argon, a colorante organico e a Nd:YAG.

Laser a stato solido accordabili (vibronici)

Questa classe di laser è di particolare interesse per l'accordabilità in frequenza. I cristalli

oggi disponibili consentono azione laser nel rosso. L'accordabilità in frequenza in un laser

a stato solido è ottenibile quando i processi di rilassamento radiativi e non radiativi sono

fortemente accoppiati tra loro. Accade, quindi, che l'emissione di un fotone è

accompagnata dall'emissione di un fonone (il quanto delle oscillazioni reticolari del

cristallo). In questi materiali laser, detti vibronici, l'energia della transizione laser è fissata;

essa può, però, essere ripartita tra fotone e fonone con continuità, dando luogo ad un

ampio spettro di possibili frequenze laser.

Mezzo attivo

Nella maggior parte dei cristalli vibronici, lo ione attivo è il cromo. I cristalli di maggior

interesse sono: l'alessandrite (Cr+3:BeAlO); il titanio:zaffiro (Ti:AlO); lo smeraldo (silicato

di berillio e alluminio) drogato con cromo.

Pompaggio

Viene effettuato sia con lampada flash, che con laser ad argon.

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Laser a alessandride (Cr: BeAl 2O4)

Caratteristiche

Il laser ad alessandrite è un laser vibronico, con un intervallo di emissione che si estende

da 700 a 820 nm. Il Ti:zaffiro è uno dei materiali più efficienti per realizzare laser a stato

solido accordabili in frequenza, in quanto presenta uno dei più ampi intervalli di

accordabilità, 300 nm, con picco a 800 nm, ed elevato guadagno, circa il 50% del

guadagno del Nd:YAG.

Il cristallo di alessandrite è drogato con lo ione Cr3+ allo 0.01-0.1%. Lavora su una

transizione vibronica nel vicino infrarosso. C'è un picco di assorbimento a 590 nm, uno a

680 nm e uno a 640 nm, sfruttabili per pompaggio rispettivamente con lampade flash,

laser a semiconduttore e a diodi. L'intervallo di accordabilità a temperatura ambiente va

da 701 a 829 nm e si estende fino a 858 nm a 360°C. Hanno generalmente

funzionamento impulsato ad alta potenza.

Ti: Zaffiro (Ti: Al 2O3)

Il cristallo è drogato allo 0.1% con Titanio, il cui ione trivalente sostituisce quello dello

Alluminio. L'effetto laser è stato scoperto nel 1982 ma i primi dispositivi sono stati resi

commerciali solo nel 1988. Lavorano nel vicino infrarosso e tendono a sostituire i laser a

coloranti rispetto ai quali mostrano maggiore stabilità, inferiore rumore e ampiezza di riga

di circa 1kHz.

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Laser a stato gassoso

Laser a ioni

Nei laser a gas il mezzo laser è contenuto in un tubo di vetro o quarzo, a bassa

pressione. Gli specchi sono usualmente esterni al tubo, che è quindi terminato con due

finestre ottiche inclinate rispetto all'asse del tubo per minimizzare le perdite per riflessione

(angolo di Brewster). All’interno del tubo sono presenti due elettrodi per permettere

l’innesco di una scarica elettrica, necessaria per il pompaggio del gas. Nel caso dei laser

a argon, kripton, ecc. l’emissione laser avviene tra livelli degli ioni del gas, per cui la

corrente elettrica deve prima ionizzare il gas e quindi produrre l'inversione di popolazione.

Sono necessarie densità di corrente molto elevate, ottenute usando un alimentatore

potente, un tubo capillare, e un campo magnetico per confinare la corrente elettrica lungo

l’asse del tubo, evitandone il contatto con le pareti del capillare, che ne verrebbe eroso.

Laser ad argon (Ar)

Mezzo attivo

Il mezzo laser è costituito da argon a bassa pressione, contenuto in un tubo con finestre

di uscita in quarzo. La specie laser-attiva è l'atomo di argon ionizzato una volta.

L'inversione di popolazione si presenta per numerose coppie di livelli dell'Ar ionizzato e

l'emissione del laser ad Ar è solitamente multi-riga.

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Pompaggio

La formazione dell'inversione di popolazione nel laser ad Ar richiede una forte eccitazione

del gas in modo da formare una notevole densità di atomi ionizzati eccitati. Una corrente

elettrica di varie decine di ampere in un tubo capillare (diametro circa 2 mm) realizza

queste condizioni. Le caratteristiche tecnologiche del tubo devono, quindi, essere molto

sofisticate nei materiali usati, al fine di offrire la necessaria resistenza alle azioni termiche

ed erosive dovute alla corrente elettrica.

Caratteristiche

Le righe laser più intense sono la riga a 488 nm (blu) e la riga a 514 nm (verde). Il

guadagno è tra i più bassi, e il rendimento è circa 0.1% nei sistemi commerciali per uso

medico.

Sistema laser

La radiazione è trasportata sul bersaglio tramite fibra ottica. Per alcune applicazioni

mediche è necessario selezionare una sola riga laser, ciò che viene realizzato inserendo

nella cavità ottica un prisma, la cui rotazione porta in allineamento con gli specchi una

sola riga per volta. Il basso rendimento fa sì che la quasi totalità della potenza elettrica di

pompaggio sia trasformata in calore: il sistema è dotato quindi di un notevole impianto di

raffreddamento ad acqua, che per i modelli di minor potenza può essere sostituito da uno

ad aria. Le potenze laser disponibili nei sistemi medicali vanno tipicamente da 1 a 20 W.

Laser ad argon (dettagli)

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Laser ad anidride carbonica (CO 2)

Mezzo attivo

Il mezzo laser è costituito da una miscela gassosa di anidride carbonica, azoto ed elio; la

specie laser attiva è l'anidride carbonica. La miscela è contenuta all'interno di un tubo di

vetro, chiuso da due finestre ottiche inclinate all’angolo di Brewster.

Pompaggio

L'eccitazione del mezzo attivo è effettuata tramite scarica elettrica tra due elettrodi posti

nel tubo contenente la miscela laser. Gli elettroni della scarica elettrica instaurata nel tubo

eccitano le molecole laser-attive per mezzo di collisioni inelastiche. Nel processo di

decadimento dagli stati altamente eccitati della molecola si possono realizzare le

condizioni di inversione di popolazione tra una o più coppie di livelli, e quindi avere azione

laser.

La presenza dell'elio favorisce la stabilità della scarica elettrica; quella dell'azoto è

necessaria per avere un elevato guadagno, in quanto vi è un efficiente trasferimento di

energia tra le molecole di azoto eccitate dalla scarica a quelle di CO2, nello stato

fondamentale.

Caratteristiche

La lunghezza d'onda principale è 10.6 mm; il guadagno è tra i più elevati, circa 100 nei

sistemi commerciali per uso medico. Tra questi sistemi il gas viene fatto fluire

longitudinalmente nel tubo laser in modo da garantire il necessario ricambio della miscela

degradata dal processo di scarica. La potenza laser risulta circa proporzionale alla

lunghezza del tubo (40-80 W/m). Nei laser di minor potenza (1-30 W) il tubo laser è

Le due righe più intense sono la 488 nm (blue) e 514 nm (verde).

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spesso costituito da un capillare di diametro di circa 2 mm, che guida la radiazione laser,

producendo una migliore distribuzione spaziale del fascio laser.

Sistema laser

Per l'uso medico la sorgente laser è inserita in un sistema che consente il trasporto a

distanza del fascio laser tramite un braccio articolato contenente specchi per la riflessione

del fascio, e terminante con una lente di focale appropriata per il focheggiamento della

radiazione laser sul tessuto. Non vi è ancora disponibilità di fibre ottiche sufficientemente

flessibili e a basse perdite per questa lunghezza d'onda. Per interventi di microchirurgia il

sistema laser è accoppiato al microscopio operatore, con il posizionamento dello spot

focale effettuato tramite un preciso micromanipolatore. Il laser lavora usualmente in

regime di scarica pulsata: le potenze medie per uso medico vanno da 15 a 80 W (sul

bersaglio).

Laser ad alogenuri di gas nobile ( excimers)

Mezzo attivo

Il mezzo laser è una miscela gassosa di un alogeno e di un gas nobile, e di elio.

L'eccitazione della miscela con una scarica elettrica produce l'eccitazione del gas nobile e

la susseguente formazione di una molecola di alogenuro di gas nobile (excited dimer =

"excimer"), che risulta instabile: nella diseccitazione, radiativa, la molecola emette

radiazione UV, e si scinde nei componenti atomici di partenza. Il processo può ripetersi,

per cui è possibile ottenere emissione laser in regime impulsato. Le coppie alogeno-gas

nobile più note sono: KrF, XeCl, ArF, con emissione a 249, 308, 193 nm, rispettivamente.

Pompaggio

Il pompaggio è effettuato tramite scarica elettrica in una miscela gassosa a pressione

prossima a quella atmosferica. L'instaurarsi di una scarica omogenea tra gli elettrodi (in

modo da avere una efficiente azione laser in tutto il volume del gas) a pressione elevata

richiede un accurato schema di pre-ionizzazione del gas e di sagomatura degli elettrodi.

La scarica è impulsata, e il tempo di salita deve essere molto breve in modo da

accumulare nel livello laser superiore un numero elevato di molecole, senza che il

decadimento spontaneo riduca troppo questo valore. La scarica avviene, perciò,

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perpendicolarmente all'asse della cavità ottica del laser, in modo da ridurre la

separazione tra gli elettrodi ed il tempo di salita della scarica.

Caratteristiche

I laser a eccimeri hanno funzionamento impulsato e rendimento alquanto elevato (1-2%

nei sistemi commerciali). La vita media della miscela è limitata da varie cause di in-

quinamento del gas, e deve essere sostituita periodicamente. Per ottenere una potenza

media laser adeguata alle applicazioni, la frequenza di ripetizione della scarica deve

essere sufficientemente elevata: ciò richiede a sua volta un ricambio rapido della miscela

tra gli elettrodi affinché il riscaldamento della miscela prodotto dalla scarica non deformi il

cammino ottico in cavità, con riduzione conseguente dell'emissione laser. Tale

circolazione è realizzata con opportune ventole inserite all'interno della cella-laser stessa.

Sistema laser

I sistemi per applicazioni mediche sono dotati di dispositivi di trasporto della radiazione

laser a specchi o a fibra ottica. In quest'ultimo caso vi è un limite alla potenza

accoppiabile in fibra, in quanto il focheggiamento della radiazione laser sulla faccia di

ingresso della fibra può produrre densità di potenza così elevate da danneggiare la fibra

stessa. Per aumentare l'energia laser trasportabile in fibra sono stati sviluppati

accorgimenti speciali per allungare la durata dell'impulso laser.Le energie laser

tipicamente disponibili nei sistemi medicali commerciali sono di circa 100 mJ per impulso,

con durata di impulso di circa 50 ns.

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Schema di un tipico dispositivo laser ad eccimeri

Laser a vapori metallici

Mezzo attivo

Il mezzo laser è costituito da vapori metallici. Il vapore è prodotto mediante riscaldamento

(circa 1500 °C) del tubo laser ove è contenuta una dose opportuna di metallo. Un gas

tampone, quale l'elio, è presente nel tubo in modo da rendere possibile l'innesco della

scarica elettrica, che serve a eccitare e, in parte, a riscaldare il vapore.

Pompaggio

Il pompaggio è effettuato tramite scarica elettrica. Varie coppie di livelli atomici vengono

invertite, per cui l'azione laser avviene usualmente su varie lunghezze d'onda, che

possono essere selezionate, come nel caso dei laser a ioni, con elementi dispersivi in

cavità ottica.

Caratteristiche

L'emissione laser è di tipo pulsato, ad alta frequenza di ripetizione (1-10 kHz), e avviene

nel visibile. Il guadagno è alquanto elevato: nel caso del rame il rendimento complessivo

è di 0.5% circa. Rispetto ai laser a ioni, i laser a vapori metallici richiedono una tecnologia

meno sofisticata, e sistemi di raffreddamento assai più ridotti, dato che la potenza

dissipata nel pompaggio è utilizzata per mantenere elevata la temperatura del tubo laser.

elettrodo principale

Regione discarica del laser

Alimentazione ed elettroniche

di commutazione

Raggiolaser

Entrata dei gas

Gas esaurito alla

pompa a vuoto

specchio posteriorefiltro alogeni

serbatoio del gas

scambiatori di calore

ventilatore cilindrico

ottiche di uscitaacquaraffreddamento

modulo per la miscelazione del gas

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Sistemi laser

I sistemi laser a vapori metallici sono apparsi potenziali candidati per la sostituzione dei

più complessi laser a ioni (argon e kripton), ma presentano essi stessi attualmente

problemi di ingombro, di tempi lunghi per il riscaldamento del tubo, ecc., e la loro

diffusione è limitata.

Laser a stato liquido

Laser a colorante organico (dye laser)

Il pompaggio è ottico, in genere effettuato tramite un laser ad argon o a Nd:YAG duplicato

in frequenza. In questo caso il colorante viene fatto fuoriuscire ad alta velocità da un

ugello, in modo da formare una lamina liquida, sulla quale viene focheggiato il fascio laser

tramite un sistema lente e specchio. La cavità ottica del laser a colorante è costituita da

tre specchi, in modo da poter inserire in cavità anche l'elemento di selezione della

frequenza di emissione.

Alcuni schemi di laser a dye con pompaggio a laser

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Il pompaggio del colorante può

essere fatto anche tramite lampada

flash, come nel caso dei laser a

stato solido. La figura mostra un

riflettore ellittico con la lampada

flash in una linea focale e il tubicino

contenente il colorante nell’altra.

Cambiando il tipo di colorante è

possibile avere azione laser su

differenti lunghezze d’onda. La banda di emissione del colorante è molto ampia, per cui è

possibile sintonizzare con continuità l’emissione laser su tutta la banda.

La figura mostra gli spettri di emissione di vari tipi di dye.

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A cura di

Riccardo Pratesi

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ENDOUROLOGIA ALL’AUA 2003

B. Rocco , G. Musi Anche quest’anno, il congresso dell’American Urological Association, tenutosi a Chicago

dal 25 Aprile al primo Maggio 2003, è stato arricchito da numerosi contributi scientifici in

tema di endourologia. Come l’anno scorso, all’incirca il 10% dei circa 1900 lavori

presentati parlavano di laparoscopia o di tecniche mini-invasive.

Si conferma l’interesse per il trattamento laparo-endourologico della patologia renale che

è stato oggetto di più di 80 abstract; più di 30 sono stati i lavori sulla terapia endoscopica

dell’IPB, volti ad individuare tecniche alternative alla TURP, mentre sembra in lieve calo, il

numero di comunicazioni presentate sul trattamento laparoscopico del carcinoma

prostatico, rispetto all’anno scorso a Orlando. Abbiamo cercato di selezionare e

riassumere le comunicazioni a nostro avviso più significative riguardo a questi argomenti,

presentati a Chicago 2003.

Molto interesse per il trattamento della neoplasia renale è stato manifestato da grandi

scuole di laparoscopia, prima fra tutte la Cleveland Clinic che in questo incontro di

Chicago ha proposto numerosi lavori e video che ancora una volta dimostrano quanto

possano essere ampi i margini di applicazione della tecnica laparoscopica nel campo

dell’oncologia renale.

L’approccio laparoscopico per la nefrectomia radicale per tumore sta acquistando sempre

più credito e le scuole di maggiore esperienza propongono un costante ampliamento

delle indicazioni. Un’analisi di Steinberg sulle nefrectomia laparoscopica nei tumori con

dimensioni >dei 7 cm ha dimostrato lo stesso outcome chirurgico rispetto ai casi di

tumore di minori dimensioni, ma minori complicanze e giorni medi di degenza rispetto alla

chirurgia a cielo aperto, mentre Wille ha portato la sua esperienza positiva, dei primi 100

casi di nefrectomia radicale laparoscopica, nei tumori di dimensioni maggiori di 12 cm

con un follow-up oncologico a 30 mesi.

Ramani, oltre ad evidenziare in un suo lavoro come l’uso della 3d TC pre-operatoria e

della ecografia introperatoria associata al color-doppler offrono un fondamentale apporto

nella pianificazione e nella corretta esecuzione della nefrectomia parziale laparoscopica

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ha spinto le indicazioni alla nefrectomia radicale laparoscopica anche nei casi di

neoplasia renale con trombo nella vena renale di I livello. Meraney si è spinto oltre anche

se a livello sperimentale, descrivendo 6 casi di nefrectomia radicale laparoscopica su

cavia, con trombo nella vena renale di 3°-4° livell o e trombectomia atriale destra in

toracoscopia utilizzando l’arresto circolatorio in ipotermia.

Le tecniche organ-sparing sono state oggetto di numerosi studi; prima fra tutti un’analisi

comparativa retrospettiva di Gill, su 100 casi open vs. 100 casi laparo di nefrectomia

parziale per neoplasia renale di dimensioni inferiori o uguali a 7 cm. L’analisi evidenzia un

aumento statisticamente significativo delle complicanze intraoperatorie, (anche se non

viene specificato di quali complicazioni si tratta), della tecnica lap vs. open, a fronte dei

noti vantaggi in termini di ospedalizzazione e analgesia. In merito alle indicazioni relative

al trattamento chirurgico delle neoplasie renali, il gruppo di Vallanicen, rivalutando la

propria casistica, sostiene che il trattamento organ sparing laparoscopico possa essere

riservato ai pazienti con tumore di dimensioni inferiori a 5 cm, mentre un trattamento

radicale, sempre per via laparoscopica, sia l’approccio corretto per le malattie fino a 9

cm.; solo nei casi di maggiori dimensioni, viene consigliato un approccio open.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici dell’intervento, in particolare la prevenzione del

sanguinamento nella tecnica nephron sparing, molte sono state le soluzioni proposte che

permettessero di avere un buon controllo dell’emorragia e di minimizzare i danni

determinati dall’eventuale clampaggio dell’ilo.

Ramakrishna ha analizzato 31 casi di nefrectomia parziale con tecnica laparoscopica; il

70% delle lesioni esofitiche non hanno richiesto il clampaggio del peduncolo vascolare

Vanlangendonk, in un video propone la nefrectomia parziale laparoscopica senza il

clampaggio dell’ilo renale utilizzando un bisturi a radiofrequenza ( Tissue Link Floating

Ball-FB) allo scopo di evitare l’utilizzo di suture emostatiche intraparenchimali.

Dal gruppo di Gill, una valutazione sulla funzione renale effettuata su 175 casi di

nefrectomia parziale laparoscopica con ischemia renale calda, ha permesso di rilevare

che 1 solo paziente è stato sottoposto a emodialisi ( 54 min. di ischemia), e nessun rene

è stato asportato per i danni dell’ischemia. Secondo gli autori, il clampaggio del

peduncolo vascolare renale per un tempo maggiore di 30 min, in corso di nefrectomia

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parziale laparoscopica, determina un deterioramento della funzione renale solo

temporaneo.

Abreu e Christopher hanno descritto una tecnica di nefrectomia parziale laparoscopica

con ipotermia renale intracorporea da contatto, effettuata con ghiaccio secco posizionato

in endocatch bag per una decina di minuti e poi rimosso.

Nuove soluzioni per l’emostasi sul parenchima in corso di resezione parziale sono state

eseguite da Richter che ha valutato l’uso della gelatine matrix-thrombin tissue (

FLOSEAL) come mezzo emostatico nella chirurgia parziale del rene. Da Jacomides viene

proposto l’utilizzo del laser con collante di albumina trattata con 81-nm pulsazioni di diodo

laser: studio sperimentale eseguito su 5 maiali, offre sicuramente delle buone prospettive

per il futuro.

Oltre alla chirurgia tradizionali dati interessanti sono stati pubblicati sulla Crioablazione,

Shingleton ha descritto la sua tecnica percutanea di crioablazione dei tumori del rene di

piccole dimensioni con l’utilizzo di RMN e del Gali Medical Cryohit System. Sono stati

trattati 70 pz . 60 pazienti sono viventi senza evidenza radiografiche di recidiva, 9 pz

hanno richiesto un ri-trattamento, 5 pazienti sono morti per cause non correlate al

tumore, 1 solo caso ha richiesto emotrasfusione per ematoma perirenale. ( follow up

medio: 2 anni). Dati molto interessanti sono stati presentati anche da Harmon JD che ha

valutato l’outcome di 76 pazienti trattati con crioablazione per RCC ( 37 laparoscopica). Il

follow-up medio è stato di 17 mesi. La sopravvivenza complessiva è stata del 95% con

una sopravvivenza libera da malattia del 100%. Sono stati successivamente biopsiati 5

pazienti che presentavano evidenza radiografica di persistenza di tumore: 3 biopsie sono

risultate positive 1 pz è stato ritrattato.

L’utilizzo della radiofrequenza nell’ablazione dei tumori piccoli del rene mediante accesso

percutaneo e laparoscopico è stato presentato da Johnson con tecnica percutanea TAC

guidata o con tecnica laparoscopica. I pazienti sono stati trattati con RF generatore. Il

follow-up medio di 4 mesi (valutato in 38 pz) non ha evidenziato recidive locali o a

distanza. Un’altra valutazione dell’utilizzo delle radiofrequenze nel trattamento di tumori

renali di piccole dimensioni nei soggetti con ad alto rischio operatorio è stato eseguito da

Lisson , sono stati trattati 22 pz , con dati di follow up ancora incompleti.

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A proposito della tecnica laparoscopica per esecuzione di espianto di rene da vivente

per il trapianto Johnstone, Perry, Munver, sono concordi nell’affermare che l’utilizzo della

laparoscopia migliora la sopravvivenza, la quality of life e outcome dei pazienti anche se

Duchen ricorda la necessità che la manovra avvenga in centri altamente specializzati.

Il trattamento dell’ipertrofia prostatica è stato anch’esso oggetto di grande interesse

all’ultimo AUA. La TURP, che ancora è oggi è considerata il gold standard del trattamento

dell’ipertrofia prostatica è stata frequente oggetto di confronto con tecniche mini-invasive

innovative.

L’utilizzo dei laser ha consentito di ottenere buoni risultati in termini di efficacia, valutata

come Q. max e in termini di sanguinamento, anche nei casi di prostata di grande volume,

come nel lavoro presentato da Lingeman che ha effettuato uno studio con il laser ad

olmio su volumi prostatici maggiori di 75 g. La vaporizzazione laser fotoselettiva sembra

ottenere risultati eccellenti, sia in termini di outcome, anche a lungo termine ( flusso

massimo fino a 30 ml/sec a un anno) sia in termini di rapidità e semplicità di utilizzo e

bassa morbilità. Buoni risultati anche con il laser Indigo. L’impiego della termoterapia si

conferma una buona alternativa alle tecniche tradizionali; interessante il lavoro di Schelin

sull’utilizzo della mepivacaina e dell’adrenalina per ridurre la complicanza emorragica. Le

diverse tecniche di termoterapia, anche nelle versioni di ultima generazione, sembrano in

grado di fornire significativi miglioramenti in termini di parametri flussimetrici, anche se a

lungo termine la resezione endoscopica tradizionale è ancora nettamente superiore.

L’ablazione con etanolo ha consentito di ottenere risultati discreti in termini di incremento

del flusso e di miglioramento della qualità di vita ma con morbilità trascurabili.

Sull’elettrovaporizzazione bipolare sono stati condotti alcuni studi prospettici randomizzati

da Love, Tefekli e Kapasi che hanno dimostrato l’efficacia della metodica, con risultati

apprezzabili in termini di ridotta cateterizzazione post operatoria e dimissione rapida ma

con un alto rischio di ritenzione acuta di urina tale da richiedere cateterizzazione post-

operatoria ( fino al 30%)

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Per quanto riguarda, infine, il trattamento laparoscopico dell’adenocarcinoma prostatico i

dati più interessanti vengono, a nostro avviso, a proposito dell’utilizzo del Da Vinci. In

particolare il gruppo del Vattikuti Urology Institute, ha presentato alcuni lavori di confronto,

dai quali sembrano emergere notevoli vantaggi grazie all’utilizzo del Robot, sia in termini

oncologici, che in termini di analgesia e degenza. In particolare viene sottolineato come la

tecnica da loro proposta consenta la preservazione dei bundles in tutti i pazienti con

indicazioni all’intervento, pur senza aumentare in modo consistente, il rischio di margini

positivi.

Il gruppo francese di Abbou, riporta la loro esperienza di margini positivi nei T2 ( 18,9%)

dopo prostatectomia radicale laparoscopica, sottolineando l’importanza dell’escissione

dei legamenti pubo-prostatici e l’ampia resezione del collo della vescica per limitare

rispettivamente i margini apicali e i margini posteriori. Gli stessi autori, analizzano, inoltre,

l’outcome della tecnica laparoscopica sul risparmio della sessualità che si attesta, nel

caso di pazienti sottoposti a nerve sparing bilaterale, su valori prossimi al 90% a 1 anno

di distanza dall’intervento.

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A cura di

B. Rocco , G. Musi

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HIGHLITS FROM XX WCE

Salvatore Bartolotta Chi ha partecipato al XX congresso mondiale di endourologia, tenutosi a Genova nel

Settembre del 2002, si è reso conto, semmai qualcuno non se ne fosse ancora accorto,

che l’urologia è, tra tutte le specialità chirurgiche, quella che maggiormente si è evoluta

grazie alle innovazioni tecnologiche che negli ultimi anni hanno fatto compiere all’urologia

passi da gigante. In particolar modo l’endourologia ha permesso di raffinare le procedure

chirurgiche urologiche rendendole più sicure e certamente mininvasive.

Nella prima giornata dedicata ai simposi e durante le giornate congressuali, sono stati

presentati studi su tecniche laparoscopiche, per ampliarne le indicazioni e rendere più

sicura la procedura: “Laparoscopic ileocystoplasty and continent ileovesicostomy in

porcine model” Paterson Ryan e coll. “Estimation of acute blood loss in the

anticoagulated rabbit model using radiofrequency energy ablation” Adam J Ball e coll.

Tenendo conto che la laparoscopia prevede una considerevole curva d’apprendimento,

molti autori (Perry Kent, Andrei Nadu etc.) hanno proposto modelli di simulatori, sia

meccanici che virtuali, per testare la pazienza del novello laparoscopista e per

perfezionarne la manualità.

Sembra che la crioablazione laparoscopica abbia trovato nell’esperienza di diversi autori

la giusta collocazione, mentre la ricerca di sistemi di coagulazione sempre più efficaci ed

affidabili non si sia ancora conclusa.

L’intervento eseguito per via laparoscopica è sicuramente più scomodo rispetto alla via

tradizionale laparotomica, si cerca così di limitare i disagi che la laparoscopia stessa

presenta, a tal fine, ed al fine di evitare feroci litigi tra l’operatore ed il povero

“cameraman”, è conveniente utilizzare i robot che diligentemente, e senz’altro, con

“mano” più ferma, sostituiscono il malcapitato di turno deputato alla visione. Su questo

argomento sono state numerose le esperienze presentate, laddove poi non si badi a

spese la laparoscopia porge il fianco alla telemedicina ed anche qui qualcuno ha

comunicato la propria costosissima esperienza sui vari sistemi meccanizzati applicabili

alla pratica laparoscopica.

Un altro dilemma comune agli urologi laparoscopisti si è puntualmente presentato durante

tale incontro tra esperti mondiali: è meglio procedere per via trans od extra peritoneale?

E la conclusione comunque pare essere sempre la stessa: visto che i risultati sono

sovrapponibili in termini di efficacia, è meglio fare quello che si è abituati a fare!

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La stessa conclusione vale sul dubbio che ha diviso gli urologi contemporanei, ossia: la

prostatectomia radicale conviene farla per via laparoscopica o laparotomica?

Dall’esperienza di Genova 2002 infatti si deduce ancora una volta che non vi è alcuna

differenza tra le due tecniche, sia in termini di incontinenza che di impotenza post

intervento, attenderei un maggior follow up prima di esprimere giudizi sulla radicalità

oncologica della prostatectomia radicale eseguita per via laparoscopica! Comunque tra i

“radicalizzatori laparoscopisti” si è discusso sull’opportunità di suturare la vescica con

l’uretra con due semisuture continue o con punti staccati, il brasiliano Travassos risolve

comunicando che lui non esegue l’anastomosi vescico-uretrale ponendo in trazione il

catetere per 48 ore.

Ancora una volta gli italiani si sono messi in evidenza con Cestari che esegue per via

laparoscopica la moderna tecnica di “nerve grafting” per aumentare le possibilità di

preservare la potenza sessuale dopo prostatectomia radicale.

Sulle tecniche hand assisted, nonostante il considerevole numero di presentazioni viste

sotto varie forme (poster, comunicazioni e video), preferisco un laconico no comment,

personalmente ritengo che il, seppur piccolo, taglietto che si esegue per infilare la mano,

vada contro ogni principio laparoscopico vanificando l’intervento stesso.

Per concludere il capitolo laparoscopia, credo siamo tutti concordi nell’affermare che, per

rispondere a chi disse: “l’urologo non ha ancora trovato la sua colecisti”;

laparoscopicamente parlando ribattiamo che: l’urologo ha individuato la sua colecisti nel

surrene.

La povera prostata dopo averla congelata, cucinata in vari modi (laser, microonde, alta

frequenza & co.) comunque maltrattata, adesso la stiamo ubriacando: Gutierrez ha

analizzato le modificazioni istologiche del tessuto prostatico dopo ablazione transuretrale

con etanolo. W la TURP!

Schulman ha standardizzato i tempi di trattamento della TUNA per prevenirne le lesioni

uretrali e mentre tutti attendiamo gli stent ureterali biodegradabili, il finlandese Talja ha

proposto un modello sperimentale di stent uretrale biodegradabile.

Nel rispetto della mininvasività, Russell della Mayo Clinic, ha presentato una esperienza

preliminare sulla cistoscopia ed ureteroscopia virtuale, seguita da studi, di altri autori,

sulle applicazioni della realtà virtuale nella dignostica urologica.

Il laser, pur senza trascurare le varie fonti di energia utilizzate per la litotrissia

endoscopica, sembra essere il più efficace ma resta comunque il più costoso, laddove lo

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si impieghi però anche per l’adenomectomia prostatica transuretrale l’ampliamento delle

indicazioni giustifica senza ombra di dubbio l’impegno economico dell’acquisto dello

stesso.

E con un pizzico d’orgoglio campanilistico permettetemi di segnalare i lavori di Ivano

Vavassori sulla enucleazione prostatica trans uretrale con laser ad olmio.

Trattando di calcolosi, si cerca di rendere sempre più sicura la ESWL, analizzando, nelle

varie esperienze, i fattori responsabili dei danni sul parenchima renale cercando il modo

di ridurne gli effetti iatrogeni.

La percutanea attualmente vive meritatamente un periodo di grande successo e sembra

che ormai, grazie ai sempre più moderni device, non ci siano più limiti all’aggressione del

calcolo; si tratta la calcolosi in reni a ferro di cavallo così come i più complessi calcoli a

stampo che Salvatore Micali propone in procedura two steps. Una volta eseguito il tramite

gli urologi si sbizzarriscono sull’uso delle varie fonti di trissia; nelle numerose esperienze

presentate si descrivono pregi e difetti di ogni singola procedura puntualizzandone le

indicazioni e le metodiche di utilizzo.

Una piccola parentesi è stata aperta a Genova sulla brachiterapia per il trattamento del

CaP: si sono analizzati, oltre l’indiscutibile efficacia, gli effetti indesiderati, in particolare

l’impotenza e i disturbi sullo svuotamento vescicale, ma Nava e Losa concordano con gli

altri colleghi sul fatto che tali sintomi scompaiono nel tempo. Come trattamento

mininvasivo del CaP è stato proposto l’HIFU (trattamento ad alta frequenza) per la termo

ablazione dell’adenocarcinoma prostatico, il maggior numero di casi (300 pz) l’ha

presentato Christian Chaussy, impiegando la tecnica sia in combinazione con la TURP

sia come singolo trattamento.

Se mi è permessa una riflessione conclusiva, riprendo il concetto iniziale secondo cui

l’urologia è senz’altro la branca chirurgica che più si è evoluta negli ultimi anni, le

applicazioni tecnologiche hanno aperto nuovi orizzonti agli urologi, permettendo in

assoluta sicurezza manovre che fino a poco tempo addietro potevano essere definite

miracoli; i nostri pazienti ci richiedono con crescente insistenza procedure mininvasive

che ci impegnano in faticose curve di apprendimento. Questo vuol dire crescere, ma

attenzione, è facile trasformare un lavoro scientifico in un banale “consigli per gli acquisti”,

i congressi non sono carrozzoni da fiera bensì occasioni di scambi culturali ed esperienze

personali che se lealmente confrontate migliorano la crescita professionale.

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A cura di

Salvatore Bartolotta

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Highlights dal 3° Congresso Nazionale

della Società Italiana di Endourologia

(7-9 Aprile 2003, Bari)

Si è tenuto quest’anno a Bari il 3° Congresso della Società Italiana di Endourologia

(IEA), organizzato con grande cura ed attenzione dal Prof. A. Pagliarulo, coordinatore del

Comitato Scientifico della stessa IEA.

Dopo gli appuntamenti di Milano e di Torino, si è confermato, in questa edizione, il

crescente interesse del mondo urologico italiano, e non solo, per questa giovane ma

promettente Società, grazie ai numerosi ed interessanti argomenti trattati nei tre giorni di

Congresso, con la partecipazione dei massimi opinion leaders nazionali nel campo della

chirurgia urologica mini-invasiva e di alcuni prestigiosi Ospiti stranieri.

Nella giornata inaugurale i partecipanti hanno potuto assistere ad una sessione di

live-surgery durante la quale sono stati eseguiti due interventi di prostatectomia radicale

laparoscopica con ausilio di robot, una del sistema AESOP, da parte del Prof. V. Di

Santo, l’altra con ausilio del sistema Da Vinci, da parte del Prof. R. Gaston. La sessione

si è poi completata con una dimostrazione di telechirurgia mediante l’esecuzione di

un’intervento di surrenectomia laparoscopica da parte del Prof. G. Bianchi, assistito dal

Prof. F. Porpiglia.

Nella seconda giornata l’attenzione è stata rivolta alle diverse possibili applicazioni

delle tecniche mininvasive nel trattamento di patologie quali l’incontinenza urinaria da

stress, l’IPB, la litiasi urinaria, la giuntopatia, le neoplasie dell’alta via escretrice. Diversi

sono stati gli interventi eseguiti da alcuni tra gli Operatori con riconosciuta esperienza nei

rispettivi campi. Si è in questo modo potuto focalizzare l’attenzione sulle tecniche e

strategie chirurgiche attualmente più in voga, con l’obiettivo di analizzarne i diversi aspetti

e confrontare le diverse esperienze maturate.

Oltre alla coinvolgente sessione di live-surgery, il Congresso ha potuto offrire

diversi altri momenti interessanti.

Le Letture Magistrali hanno rappresentato uno spunto di riflessione sugli standard

più attuali:

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G. Preminger ha offerto una ampia ed esauriente panoramica delle opzioni di

trattamento, alle soglie del nuovo millennio, della litiasi urinaria, con uno sguardo

intelligente al mercato sempre più ricco di offerte e una analisi di alcuni punti chiave.

A. Tubaro ha egregiamente rappresentato la European Society of Urotechnology

(ESUT) con una lettura sulle possibilità della moderna didattica endourologica.

Il presidente del Congresso A. Pagliarulo ha descritto lo Stato dell’Arte nel

trattamento della Stenosi del Giunto pieloureterale, mettendo in luce gli aspetti negativi e

positivi di ciascuna delle metodiche a dispozione dell’urologo.

Nell’ultima giornata congressuale, infine, G. Breda ha fatto il punto sulle indicazioni

attuali ed eventualmente future della laparoscopia urologica, tenendo ben presente la

necessità di analisi dei dati esistenti e quella di definizione di nuovi opportuni standard

terapeutici.

In tre diverse Tavole Rotonde ci si è confrontati in maniera esauriente su

argomenti quali:

• le nuove tecniche di Imaging in Urologia, grazie al confronto serrato tra radiologi

da una parte (G. Angelelli, A. Stabile, G. Gandini, A. Ragazzino, A. Rotondo), che

hanno dato una dimostrazione affascinante delle possibilità offerte oggi dalla

diagnostica strumentale e urologi dall’altra (T. Lotti, G. Carmignani), attenti

all’evoluzione di tali tecniche ma anche alla necessità di definirne il ruolo nella

pratica clinica

• la Chirurgia retrograda intrarenale ed ureterale, durante la quale sono state

innanzitutto definite le diverse indicazioni (P. Cortellini) ed illustrati gli strumenti e

gli accessori a disposizione dell’operatore (E. Montanari), con una successiva

analisi di alcuni punti maggiormente dibattuti, quali il diverticolo caliciali (A. Saita),

l’endopielotomia retrograda (G. Preminger), il trattamento conservativo del

carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice (R. M. Scarpa).

• l’Endourologia nel ventennio 1980-2000, nel corso della quale si è fatto un

interessante excursus sull’evoluzione delle tecniche endourologiche che hanno di

fatto rivoluzionato l’Urologia, dagli esordi di alcuni pionieri alla sempre maggiore

evoluzione ed applicazione di tali tecniche, quali l’ESWL (F. Rocco), la Chirurgia

percutanea (G. Bianchi), l’Ureteroscopia (M. D’Armiento), le alternative alla TURP

(A. Tubaro) alla oncotecnologia (A. Traficante).

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Un appuntamento ormai “classico” del Congresso è stato rappresentato dai Corsi

Didattici, realizzati con il fondamentale contributo delle Aziende specializzate nel settore.

Essi sono stati un momento realmente formativo per i partecipanti, che hanno potuto

provare da vicino alcune novità del mercato e mettere a confronto le proprie esperienze

con quelle dei maggiori esperti del settore, impegnati nel ruolo di “docenti”.

Oltre alle tradizionali Sessioni di Comunicazioni, ricche di contributi di ottimo livello,

a testimonianza della crescita e della affermazione dell’endourologia in sempre più

numerosi Centri urologici italiani, interessanti sono state le Sessioni Video, divise per

argomenti trattati:

• Laparoscopia: tra gli altri, F. Gaboardi et al hanno presentato la tecnica di

confezionamento di neovescica MILaN, il gruppo del San Raffaele ha illustrato la

tecnica di innesto del nervo surale in corso di prostatectomia radicale

laparoscopica, il gruppo torinese di F. Porpiglia e R. Scarpa ha invece presentato

la tecnica di TURP e successiva diverticulectomia laparoscopica

• Neoplasie uroteliali/stenosi: sono state illustrate le possibilità offerte dalle nuove

fonti laser nel trattamento delle neoplasie vescicali (Moretti M et al), del ca.

uroteliale pielico o delle stenosi ureteroileali (Scoffone C et al). Altri gruppi hanno

presentato la loro esperienza nella risoluzione endoscopica delle stenosi

ureteroileali (Cormio L et al, Cagnazzi E et al, Bianchi G et al, Rippa A et al).

• Chirurgia percutanea intrarenale: Rippa A et al hanno proposto i risultati ottenuti

con l’approccio combinato URS-PCN nel trattamento della calcolosi renoureterale

multipla affrontando anche il problema della posizione del paziente; il trattamento

per cutaneo del GPU è stato invece affrontato da Usai P et al e da Carluccio G et

al; il gruppo di Modena (Spagni M et al) e quello di Parma (Salsi P et al) hanno

mostrato l’esperienza avuta con l’impiego del nuovo litotritore a doppia energia

(ultrasuoni e balistica); Montanari E et al hanno presentato la loro iniziale

esperienza con tecnica miniperc.

Per finire, un augurio che la IEA cresca positivamente, in modo da avere lo spazio

e l’interesse meritati nel panorama urologico italiano. Arrivederci, quindi, al 4° Congresso

della Società, che si terrà il prossimo anno a Sorrento (NA), organizzato dal Prof. M.

D’Armiento.

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A cura di

Andrea Oliva e Riccardo Autorino