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19 Eucalipto I l termine Eucalyptus nasce dalla combinazione di due vocaboli greci: éu = bene e kalypto = nascondo. A questo genere appartengono circa seicento specie originarie della Tasmania, della Nuova Guinea, ma soprattutto dell'Australia. Nel Nuovissimo Continente gli eucalipti fanno parte delle formazioni forestali della savana alberata (pra- teria alberata pascolata da pecore), della foresta arida spontanea a sottobosco di acacie varie, delle foreste localizzate ai margini della zona desertica centrale ed, infine, delle foreste umide localizzate nelle zone montuose e caratterizzate da elevata piovosità e ridottissimi periodi di siccità. Da specie alte pochi metri si passa gradualmente a specie con esemplari giganteschi che possono superare i 100 metri di altezza. Delle numerose specie classificate solo una sessantina hanno anche interesse economico e pro- vengono tutte dalle zone costiere dell'Australia, zone caratterizzate da clima mite e da ricchezza di preci- pitazioni atmosferiche. Attualmente gli eucalipti sono diffusi in numerosi Paesi in ragione dell’adatta- bilità delle differenti specie a climi diversi, della rapi- da crescita e dei molteplici scopi per cui vengono coltivati. L'introduzione in Italia dei primi esemplari di eucalipto avvenne alla fine del '700, contempora- neamente a quanto avveniva nel resto d'Europa. Nonostante le numerose specie già costituite, la clas- sificazione dicotomica risulta spesso inadeguata ed alcune classificazioni sono ritenute artificiose. Il compito è reso difficile anche dai numerosi ibridi in coltivazione. Le specie maggiormente diffuse in Italia sono: Eucalyptus globulus Labill, pianta originaria della Tasmania,diffuso in Liguria,Sardegna e sulla costa tir- renica. Può raggiungere i 50-65 metri di altezza ed un diametro di 2 metri; in Italia non supera i 40 metri. Ha chioma largamente ovale o irregolarmente glo- bosa. Tronco diritto, cilindrico, con rami arcuati; la corteccia si desquama in placche nastriformi longi- tudinali o spiralate attorno al fusto, liberando zone lisce, chiare azzurrine, rosate. Il legno è di medio peso, duro e di colore giallo chiaro. Le foglie nelle piante adulte sono lanceolate falciformi, lunghe 10- 30 cm, ad apice acuto e margine liscio, inserite in modo alterno e di colore verde scuro e brillante, emettono un profumo aromatico caratteristico. I fiori sono generalmente solitari, costituiti da nume- rosissimi stami inseriti sull'ovario; questo è avvolto dal ricettacolo legnoso, da cui deriverà il frutto. Secondo alcuni autori la fioritura avviene da novem- bre a luglio, mentre secondo altri da maggio a luglio; probabilmente in relazione alle differenti zone d'Italia in cui questa specie è presente. I frutti sono capsule emisferiche con quattro costolature di colo- re grigio, di 2 cm di diametro. Eucalyptus camaldulensis Dehnh., in Australia è dif- fusa in tutto il territorio continentale, segnatamente lungo i corsi d'acqua e nei terreni soggetti ad inon- dazioni primaverili. E' la specie più diffusa in Italia. Può raggiungere i 50-60 metri di altezza e diametri di 2 metri. La corteccia è caduca e si stacca in placche arrotondate di colore rossastro. Il legno è pesante e EUCALIPTO (EUCALYPTUS SPP .) Eucalipto L’ INTERVISTA Andiamo a fare un giro notturno per vedere la dislocazione degli alveari in una postazione nuova e qui ci attende una sorpresa. La notte è chiara per una bellissima luna quasi piena ed in apiario c'è un forte ronzio di cui, con stupore, verifichiamo subito la causa. Avvicinandoci agli alveari restiamo colpiti dal via vai delle bottinatrici. Siamo in pieno raccol- to! Scherzi dell’Eucalyptus, della luna piena o, forse, delle tiepide notti calabresi…. L’Eucalyptus, con questa sua strana fioritura a fiocchi mai completamente omogenei senza dare mai l’impressione dell’abbondanza, dona invece ottime produzioni di miele. La secrezione del nettare si ha soprattutto nelle ore fresche della giornata (la mattina presto e al tramonto), per cui quando si visitano gli apiari l’impressione è di "api ferme” anche se abba- stanza vivaci nei confronti degli apicoltori.

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Page 1: EUCALIPTO L’INTERVISTA - mieliditalia.it · peso,duro e di colore giallo chiaro.Le foglie nelle piante adulte ... Il fusto è eretto e può superare i tre metri di altezza.La radice

19Eucalipto

Il termine Eucalyptus nasce dalla combinazionedi due vocaboli greci: éu = bene e kalypto =nascondo. A questo genere appartengono circa

seicento specie originarie della Tasmania, dellaNuova Guinea, ma soprattutto dell'Australia. NelNuovissimo Continente gli eucalipti fanno partedelle formazioni forestali della savana alberata (pra-teria alberata pascolata da pecore),della foresta aridaspontanea a sottobosco di acacie varie, delle forestelocalizzate ai margini della zona desertica centraleed, infine, delle foreste umide localizzate nelle zonemontuose e caratterizzate da elevata piovosità eridottissimi periodi di siccità. Da specie alte pochimetri si passa gradualmente a specie con esemplarigiganteschi che possono superare i 100 metri dialtezza. Delle numerose specie classificate solo unasessantina hanno anche interesse economico e pro-vengono tutte dalle zone costiere dell'Australia, zonecaratterizzate da clima mite e da ricchezza di preci-pitazioni atmosferiche. Attualmente gli eucaliptisono diffusi in numerosi Paesi in ragione dell’adatta-bilità delle differenti specie a climi diversi,della rapi-da crescita e dei molteplici scopi per cui vengonocoltivati. L'introduzione in Italia dei primi esemplaridi eucalipto avvenne alla fine del '700, contempora-neamente a quanto avveniva nel resto d'Europa.Nonostante le numerose specie già costituite, la clas-sificazione dicotomica risulta spesso inadeguata edalcune classificazioni sono ritenute artificiose. Ilcompito è reso difficile anche dai numerosi ibridi incoltivazione.

Le specie maggiormente diffuse in Italia sono:Eucalyptus globulus Labill, pianta originaria dellaTasmania,diffuso in Liguria,Sardegna e sulla costa tir-renica.Può raggiungere i 50-65 metri di altezza ed undiametro di 2 metri; in Italia non supera i 40 metri.Ha chioma largamente ovale o irregolarmente glo-bosa. Tronco diritto, cilindrico, con rami arcuati; lacorteccia si desquama in placche nastriformi longi-tudinali o spiralate attorno al fusto, liberando zonelisce, chiare azzurrine, rosate. Il legno è di mediopeso, duro e di colore giallo chiaro. Le foglie nellepiante adulte sono lanceolate falciformi, lunghe 10-30 cm, ad apice acuto e margine liscio, inserite inmodo alterno e di colore verde scuro e brillante,emettono un profumo aromatico caratteristico. Ifiori sono generalmente solitari, costituiti da nume-rosissimi stami inseriti sull'ovario; questo è avvoltodal ricettacolo legnoso, da cui deriverà il frutto.Secondo alcuni autori la fioritura avviene da novem-bre a luglio,mentre secondo altri da maggio a luglio;probabilmente in relazione alle differenti zoned'Italia in cui questa specie è presente. I frutti sonocapsule emisferiche con quattro costolature di colo-re grigio, di 2 cm di diametro.Eucalyptus camaldulensis Dehnh., in Australia è dif-fusa in tutto il territorio continentale, segnatamentelungo i corsi d'acqua e nei terreni soggetti ad inon-dazioni primaverili. E' la specie più diffusa in Italia.Può raggiungere i 50-60 metri di altezza e diametri di2 metri. La corteccia è caduca e si stacca in placchearrotondate di colore rossastro. Il legno è pesante e

EUCALIPTO (EUCALYPTUS SPP.)

Eucalipto

L ’ I N T E R V I S T AAndiamo a fare un giro notturno per vedere ladislocazione degli alveari in una postazionenuova e qui ci attende una sorpresa.La notte è chiara per una bellissima luna quasipiena ed in apiario c'è un forte ronzio di cui,con stupore, verifichiamo subito la causa.Avvicinandoci agli alveari restiamo colpiti dalvia vai delle bottinatrici. Siamo in pieno raccol-to! Scherzi dell’Eucalyptus, della luna piena o,forse, delle tiepide notti calabresi….L’Eucalyptus, con questa sua strana fioritura afiocchi mai completamente omogenei senzadare mai l’impressione dell’abbondanza, donainvece ottime produzioni di miele.La secrezione del nettare si ha soprattutto nelleore fresche della giornata (la mattina presto e altramonto), per cui quando si visitano gli apiaril’impressione è di "api ferme” anche se abba-stanza vivaci nei confronti degli apicoltori.

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duro, di colore bianco-giallognolo nell'alburno erosso-mogano nel durame.Le foglie delle piante adul-te e delle piante giovani differiscono di poco;sono didimensioni leggermente inferiori a quelle dell'E. glo-bulus. Le infiorescenze hanno forma di ombrelleascellari costituite da 5-10 fiori con peduncoli cilin-drici lunghi 10-15 cm.Gli opercoli dispongono di unrostro., da cui l'altro nome dato alla specie, E. rostra-ta. La fioritura avviene da giugno a novembre. Dato

che i rami e le foglie sono pendule e la luce le attra-versa facilmente, l'ombra prodotta da questa specieè limitata e consente coltivazioni sottostanti.Eucalyptus viminalis Labill.,definito eucalipto dellamanna, è originario dell'Australia sud orientale. InItalia è noto da tempo, ma è relativamente poco dif-fuso, tranne nell'Agro Pontino. Questa pianta rag-giunge i 30 metri di altezza; i rametti penduli dannoalla pianta un aspetto molto gradevole. I caratteridistintivi sono:corteccia liscia e biancastra,foglie gio-vanili opposte sessili e lanceolate, foglie adulte alter-ne picciolate allungate, infiorescenze a tre fiori conopercolo a forma conica.Eucalyptus amygdalina, l'albero più alto del gene-re, superando in Australia i 100 metri di altezza; inItalia raggiunge i 25-30 metri. I caratteri distintivisono: corteccia liscia, foglie adulte brevemente pic-ciolate ed a nervatura irregolare, infiorescenze inombrelle ascellari portate da peduncoli subcilindri-ci, opercoli emisferici appiattiti.Eucalyptus botryoides, specie diffusa nelle pianta-gioni forestali della Sardegna e della Pianura Pontinanella formazioni di barriere frangivento, adattabilealle più disparate condizioni pedoclimatiche.Eucalyptus gomphocephala, specie, originaria dizone caratterizzate da scarse precipitazioni atmosfe-riche,che ha dato buoni risultati in Sicilia e nell'AgroPontino.Il valore degli eucalipti è legato alla loro capacità divalorizzare terreni a reddito scarso, non altrimentiutilizzabili; è questa la ragione che ne ha garantito ladiffusione sulle dune sabbiose lungo le coste dellaToscana e del Lazio.Tuttavia circa un terzo delle specie di eucalipto con-tengono nelle foglie oli essenziali richiesti in diverseindustrie,profumeria ed in particolare in farmacia.Ladroga secca fornisce dall'1,5 al 3% di un olio il cuiprincipale costituente è l’eucaliptolo (o cineolo): daesso si ricavano prodotti che hanno funzioni cal-manti della tosse, antisettico, balsamico, antiparassi-tario.Diverse specie di eucalipto contengono, sia nellegno sia nella corteccia, tannino usato nell'industriaconciaria.Infine particolarmente alcune specie hanno un indi-scusso valore decorativo.

BOTANICAAl genere Eucalyptus appartengono specie in massi-ma parte arboree e facilmente di dimensioni ecce-zionali; le specie di aspetto arbustivo sono limitate.Due sono le caratteristiche peculiari del genere: ilEucalipto

Il miele di eucaliptoLa fioritura dell’eucalipto è lunga: in particolareE. globulus fiorisce tra inverno e primavera ed E.camaldulensis in estate. I fiori delle diverse spe-cie di eucalipto producono abbondante nettaredove prevale il fruttosio. In Italia gli eucaliptisono bottinati sia per il nettare sia per il polline;E. globulus ha scarsa importanza apistica siaper la sua scarsa diffusione sia per il periodo incui fiorisce, mentre E. camaldulensis nell'Italiacentro-meridionale garantisce la produzione dimieli uniflorali. Il polline è presente in misurasuperiore al 90%. La classe di rappresentativitàè la III. In Italia mieli uniflorali di eucalipto sonocomuni nelle regioni centro-meridionali, soprat-tutto nelle aree dove questi alberi sono statipiantati per favorire la bonifica dei terreni palu-dosi. Il miele di eucalipto ha sempre un'umidi-tà molto bassa (anche dell'ordine del 14%) erisulta per questo molto denso.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizza velocemente gene-ralmente con cristalli fini o medi.COLORE: ambrato, con la cristallizzazionediviene beige tendente al grigio.ODORE: è di tipo legnoso, ricorda i funghi sec-chi, il dado da brodo, oppure il curry, la liquiri-zia, l'elicriso.SAPORE: normalmente dolce, a volte legger-mente salato.AROMA: di caramella mou alla liquirizia.La descrizione fatta si riferisce essenzialmenteal miele di Eucalyptus camaldulensis, specie afioritura principalmente estiva (luglio). InCalabria, nel crotonese, in settembre si produ-ce un miele uniflorale anche da E. globulus.Questo miele ha tendenzialmente un colore piùscuro ed un aroma più forte rispetto al mieleestivo di E. camaldulensis e questo ne rende lacommercializzazione più difficile.

LA SCHEDA

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21Girasole

Il girasole è una delle più importanti piante olei-fere erbacee; la buona qualità dell'olio e lacapacità di adattamento a climi diversi ne

hanno garantita la diffusione rapida in ambitointernazionale.Originario del Centro America, sembra che si siadiffuso in epoche remote nei territori attualmentefacenti parte dell'Arizona e del Nuovo Messico,estendendosi poi verso le aree settentrionali degliattuali Stati Uniti e precedendo la domesticazionedel mais.In Italia la coltura è diffusa specialmente inToscana, Umbria, Marche, Puglia, Molise e Lazio.Fino ad ora gli usi degli oli vegetali in ambitoindustriale (saponi, vernici, smalti, lubrificanti,ecc.) sono stati limitati dai più alti costi rispettoai derivati dal petrolio. Ma le migliori caratteristi-che ed i progressi della chimica, della biologia edelle biotecnologie aprono interessanti prospet-tive all'uso degli oli vegetali, facendo prevedereun graduale passaggio dalla petrolchimica allabotanochimica.Ad un sempre più diffuso utilizzodegli oli vegetali spinge anche il problema delleeccedenze (particolarmente pesante propriorelativamente ai grassi vegetali) e la necessità diridurre la dipendenza energetica.Si fa sempre meno curioso e più realistico l'inte-

resse per l'uso degli oli vegetali quali carburantialternativi per i motori diesel; in una aziendaagricola moderna il 10% della superficie destina-ta a colture oleaginose garantirebbe l'autosuffi-cienza energetica. Le proposte di politica comu-nitaria prevedono anche la riconversione versoproduzioni non alimentari e non eccedentarie.

BOTANICAIl girasole è una pianta erbacea annuale. Il fustoè eretto e può superare i tre metri di altezza. Laradice è a fittone con numerose radici seconda-rie. Le foglie sono opposte in basso ed alterne inalto, cuoriformi, seghettate e con un lungo pic-ciolo. I fiori, detti flosculi, sono riuniti in grannumeri (anche oltre mille) in capolini moltograndi (fino a trenta centimetri di diametro),dette calatidi. Si suddividono in due gruppi: i fioriperiferici sterili, sono forniti di un vistoso petalogiallo; i fiori interni fertili, piccoli, si aprono insuccessione verso il centro. L'ovario (organoriproduttore femminile) si allunga in uno stiloche si suddivide in due stimmi. Gli stami (organiriproduttori maschili) sono cinque ed hanno leantere fuse in una sorta di tubo che racchiude lostilo.La fioritura avviene in modo tale da impedirel'autoimpollinazione: durante il primo giorno difioritura le antere si aprono e liberano i granuli dipolline; nel secondo giorno lo stilo si allunga fuo-riuscendo e aprendo gli stimmi (le parti recettivedel polline) al di sopra delle antere.La calatide, durante la fioritura, mediante movi-menti di rotazione tende a mantenersi costante-

GIRASOLE (HELIANTHUS ANNUUS L.)

dimorfísmo fogliare e l'opercolo fiorale.Nelle pianti-ne ancora in semenzaio le foglie sono orizzontali,opposte, sessili (senza peduncolo) e cordate (aforma di cuore, come quelle dell'edera);nelle pianteadulte le foglie assumono una posizione verticale,sono alterne e picciolate e la forma varia dal roton-dato al lanceolato-acuminato. I fiori sono comune-mente raggruppati in infiorescenze differenti e sicompongono di due parti saldate lungo una lineavisibile: la parte inferiore corrisponde al calice e lasuperiore,detta opercolo, alla corolla; con la matura-zione del fiore l'opercolo si stacca lasciando appari-re sia gli stami che il pistillo. L’opercolo differisce diforma da specie a specie ed ha valore diagnostico. Ifiori sono usualmente bianchi, con numerosistami dalle piccole antere ed uno stilo indiviso.Il frutto è una capsula legnosa racchiusa nel tubodel calice che contiene numerosi semi normal-mente piccoli e spigolosi.

Girasole

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mente perpendicolare con la direzione dei raggidel sole. Durante la notte, per un breve periodo,la calatide assume posizione orizzontale. L’epocadi fioritura va da Luglio a Ottobre.I frutti sono acheni di forma circa ovale, di colo-re variabile dal bianco al nero con striature econtengono il seme ricco di olio. I nettarii si tro-vano sul fondo dei fiori. Il polline è costituito dagranuli quasi tondi con spine ovunque e diame-tro variabile attorno ai 30 millesimi di millime-tro. Il colore varia dal giallo vivo all'arancione.Al genere Eucalyptus appartengono specie inmassima parte arboree e facilmente di dimensio-ni eccezionali; le specie di aspetto arbustivosono limitate. Due sono le caratteristiche pecu-liari del genere: il dimorfísmo fogliare e l'operco-lo fiorale.Nelle piantine ancora in semenzaio le foglie sono

Il miele di girasoleLa percentuale zuccherina del nettare è del35-50% e la produzione giornaliera per fiore èdi 0,2-0,5 milligrammi di zucchero.Il girasole è visitato da molti insetti, ma le apirappresentano oltre l’80% dell'entomofaunautile. Le api vi raccolgono anche discretequantità di polline. La raccolta del nettare, a causa della sua ele-vata concentrazione zuccherina, è favorita dauna elevata umidità atmosferica; in condizionidi siccità il raccolto può essere scarso. Acausa del meccanismo di fioritura primadescritto, ed a causa dell'autoincompatibilitàesistente tra la maggioranza delle cultivar digirasole, gli insetti pronubi ed, in particolare, leapi, sono assolutamente indispensabili ai finidi una buona fecondazione, in assenza diinsetti pronubi la produzione di semi è irrisoriae la concentrazione di olio irrilevante.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizzazione rapida conformazione di una massa compatta, general-mente con cristalli fini.COLORE: ambrato nel miele liquido, giallointenso con tonalità dorate quando cristallizza.ODORE: debole, vegetale.SAPORE: debolmente dolce, caratteristico.AROMA: poco persistente.

LA SCHEDA

GirasoleGirasole

L ’ I N T E R V I S T AMassimo Carpinteri: “Tutte le volte che scendoin Maremma controllo lo sviluppo delle piantee l'estensione dei campi. Il mare d'oro dovreb-be darci un buon raccolto. E' uno spettacolomeraviglioso vedere la pianura intera brillarecon i suoi fiori dorati che, a timida imitazio-ne del sole, lo seguono lungo il suo percorsosino a chinare il capo la sera, quando scom-pare.Ho indebolito le famiglie e preparato un buonnumero di sciami fatti in economia: un favodi covata ed uno di miele con le api, una cellae tre fogli cerei che verranno costruiti con lagenerosa produzione di nettare.E piano piano, con l'aprirsi dei primi fiori, lapianura si riempie di api. E' un raccolto abbondante e lungo per la sca-larità della fioritura, le famiglie produconofino a stremarsi, bloccano la covata e si ridu-cono al minimo, ma accumulano, in compen-so, tanto miele da superare bene l'estate sicci-tosa ed il mite inverno che le porta a consu-mare moltissimo. A fine raccolto gli sciami hanno costruito benela cera e riempito i favi di scorte preziose; lefamiglie davano, una volta, un prodottoabbondante ma di scarso valore commerciale;ci si ricorda, ancora, dei molti melari prodottiper alveare. Oggi medie produttive superiori ai20/25 Kg per alveare sono ben rare. Questomare quindi riempirà d'oro gli occhi e le spe-ranze degli apicoltori. Non certo le loro tasche”.

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23Lupinella

La lupinella assieme ad un centinaio di speciedello stesso genere, spontanee e coltivate,utili all’uomo, porta la denominazione gene-

rica di Onobrychis, un vocabolo utilizzato daDioscoride oltre due mila anni fa e successivamen-te da Plinio che nella sua etimologia sembra indi-care un foraggio gradito in particolare agli asini.Originarie della regione mediterranea, le speciedel genere Onobrychis si sono diffuse nell’Europacentrale e nell’Asia temperata. Alcune di esse cre-

scono spontanee anche in Italia e tra esse la lupi-nella, avendo un elevato valore alimentare, si è dif-fusa nella formazione di prati avvicendati di brevedurata sia in pianura che in montagna.

BOTANICAIn Italia sono presenti otto specie appartenenti algenere Onobrychis, do cui la principale èOnobrychis viciifolia Scop. (= sativa Lam.).Lupinella da foraggio.È pianta perenne cespitosa. Ha un apparato radica-le profondo con una lunga radice fittonante.Il fusto è legnoso, bruno-scuro, con rami ascen-denti o eretti, striati, subglabri in basso, pubescen-ti in alto,alti 40-60 cm e non di rado anche 100 cm.Le foglie sono composte ed imparipennate, forma-te da 13-25 foglioline, le inferiori ellittiche, le supe-riori strette. Sono inserite per paia e quindi oppo-ste sul rachide, ad eccezione della terminale e pre-sentano la pagina inferiore pubescente. I fiori sonoriuniti in infiorescenze portate da lunghi pedunco-li. Ogni fiore è composto da cinque sepali fusiinsieme e dotato di alcuni denti lunghi 3-4 mm; lacorolla,di un purpureo intenso,è composta da cin-que petali: il vessillo largo, due ali disposte lateral-mente e più brevi dei rispettivi denti calicini ecarena assai sviluppata, lunga quanto il vessillo eformata da due petali fusi tra loro a contenere gli

LUPINELLA (ONOBRYCHIS VICIIFOLIA SCOP.)

orizzontali, opposte, sessili (senza peduncolo) ecordate (a forma di cuore, come quelle dell'edera);nelle piante adulte le foglie assumono una posizio-ne verticale, sono alterne e picciolate e la formavaria dal rotondato al lanceolato-acuminato.I fiori sono comunemente raggruppati in infiore-scenze differenti e si compongono di due parti sal-date lungo una linea visibile: la parte inferiore cor-risponde al calice e la superiore, detta opercolo,alla corolla; con la maturazione del fiore l'operco-lo si stacca lasciando apparire sia gli stami che ilpistillo. L’opercolo differisce di forma da specie aspecie ed ha valore diagnostico. I fiori sono usual-mente bianchi, con numerosi stami dalle piccoleantere ed uno stilo indiviso.Il frutto è una capsula legnosa racchiusa nel tubodel calice che contiene numerosi semi normal-mente piccoli e spigolosi.

Lupinella

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organi riproduttivi. Gli stami sono 10, di cui noveuniti a formare un tubo in mezzo al quale c’è ilpistillo. Il nettario si trova in fondo al fiore, tra l’o-vario e la base degli stami,all’interno del tubo com-posto dagli stami. Il frutto è un legume compres-so, più o meno rotondo, con creste sul dorso, spes-so spinoso, con un solo seme reniforme.La lupinella fiorisce in maggio-giugno nelle zonecalde; in montagna la fioritura inizia in giugno eprosegue fino in agosto. Il polline della lupinella èraggiungibile dagli insetti per tutta la giornata. Dicolore marroncino chiaro, ha un alto contenuto diazoto (5%).

Il miele di lupinellaLa lupinella è bottinata dalle api sia per il net-tare sia per il polline; è forse la leguminosa piùricercata dalle api per il nettare concentrato(42-55% di zuccheri). Soprattutto nelle zoneappenniniche dell’Italia Centrale la lupinella èun importantissima fornitrice di polline.Se in passato i mieli uniflorali di lupinellaerano abbastanza comuni, in Italia come inaltri paesi d’Europa, oggi rappresentanoquasi una rarità. Questo è dovuto alla note-vole riduzione o addirittura all’abbandonodella coltura di questa foraggiera.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: tendenza a cristallizzare nellamedia.COLORE: colore molto chiaro, quasi bianco,una volta cristallizzato.ODORE: molto leggero.SAPORE: delicato, spesso leggermente frut-tato.AROMA: debole, non caratteristico.In Italia la produzione attuale è molto fram-mentata e limitata all’area appenninica diUmbria, Abruzzo e Molise. I testi di melisso-polinologia suggeriscono che una percentua-le del 35-40% di polline di questa specie siasufficiente per considerarne uniflorale il miele. Nei mieli italiani la lupinella è sempre asso-ciata ad altre leguminose, in particolare allasulla, che è tendenzialmente iperrappresen-tata: è probabile che in questo caso la per-centuale minima accettabile per definizionedi unifloralità possa essere leggermenteabbassata.

L ’ I N T E R V I S T ACi siamo indirizzati alla zona apistica pereccellenza dell’Abruzzo: a Tornareccio e din-torni, là, ove nel raggio di pochi chilometri sitrova un numero di aziende apistiche e dialveari superiore a quello di intere regioniItaliane.Nicola Tieri, giovane apicoltore professionale,gestisce, insieme ai familiari, un’azienda conun ragguardevole parco alveari ed in conti-nua evoluzione. Il raggio di azione dell’azien-da, come per svariati altri apicoltori dellazona, copre diverse regioni ed arriva sino allaCalabria.Ci dice Nicola: “Fino alla chiusura delle stallela lupinella veniva coltivata quale foraggieranella zona dell’alta collina e della montagnadagli 800 metri s.l.m. in su, limite estremodella Sulla.Negli ultimi decenni, cessando progressiva-mente la coltivazione, la si ritrova in quantitàsignificativa spontanea nei prati da sfalcio. Leproduzioni non sono quantitativamente enor-mi: negli anni migliori si aggira intorno ai20/25 Kg per arnia.Ovviamente a quella quota l’andamento cli-matico è determinante: un ritorno di freddo ose tira forte il vento caldo da sud est chiamatoGarbino si compromette la produzione.Gli apiari collocati su agrumi sovente sonodebilitati se non compromessi da avvelena-menti e fitofarmaci. Al ritorno dagli agrumi,la lupinella e le essenze di campo, anche senon riempiono i melari, consentono di supe-rare agevolmente la situazione di stress; conrisultati evidenti quando poi portiamo le apisu girasole ed eucalipto”.

LA SCHEDA

Lupinella Lupinella

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25Rododendro

Il termine rododendro deriva da due vocaboligreci, "rhodon", rosa e "dendron", albero, conevidente allusione alle numerose specie arbo-

ree dai caratteristici fiori color rosa.Le due specie tipiche delle Alpi, R. ferrugineumdiffuso nella zona del granito e della silice e R.hirsutum presente nelle zone calcaree, permise-ro a Linneo di fondare, nel 1753, il genereRhododendron, destinato a diventare con leesplorazioni fuori dall'Europa uno dei generi piùaffollati ed uno dei più importanti per il giardi-naggio.I rododendri occupano ogni possibile ambiente:il sottobosco forestale, le rive dei ruscelli, le radu-re, le catene montuose, le paludi, le macchie, iprati, i dirupi, le pietraie, la base e la cima dellemontagne e spesso gli alberi stessi come epifite.La classificazione del genere Rhododendron rap-presenta un incubo per i tassonomi: oltre ad esse-re uno dei più grandi nel regno vegetale, presen-ta specie strettamente affini al punto che sonopiù numerose le specie che si confondono tra diloro rispetto a quelle che chiaramente si distin-guono.In Italia, tre sono le specie spontanee diffuse:Rhododendron ferrugineum L.Cespuglio sempreverde con rami fragili, general-mente ascendenti. Foglie ellittiche, intere ed arro-tondate all'apice, glabre ed inferiormente ferrugi-nee per le dense squame ghiandolari. I fiori sonoriuniti in racemi brevi, con peduncoli lunghi 1-2cm, a calice brevissimo, corolla rosso-purpureacon tubo di 7-8 mm. Il profumo è resinoso edintenso. Questa specie è caratteristica della fasciasubalpina delle Alpi e cresce nelle brughiere susuolo acido. Sale oltre i 2.300 metri, di solito ste-rile, ed in Val d'Aosta raggiunge i 3.000 metri.Nella zona insubrica scende nei fondovalle (nelCanton Ticino fino a 230 metri). In queste posi-zioni è presente nei castagneti fitti e raggiunge lemassime dimensioni. Sull'Appennino è rarissima elimitata alle vette più alte dell'Appennino Tosco-Emiliano.Rhododendron hirsutum L.Simile alla specie precedente si distingue per lefoglie che hanno sul bordo lunghe ciglia e nellaparte inferiore sono verdi e con sparse ghiandole

RODODENDRO(RHODODENDRON SPP)

Rododendro

Il miele di rododendroI rododendri spontanei in Italia fioriscono ingiugno-luglio. Questa pianta offre abbondantenettare e polline alle api, ma i mieli unifloralisono piuttosto rari. Per questo i mieli definitiabitualmente di rododendro presentano unaroma più intenso rispetto a quello descritto,dovuto alla presenza di altre specie, quali illampone (aroma floreale fruttato) e il timo(odore pungente). Il polline, raccolto in pallot-toline bianchicce, è presente in percentualesuperiore al 20% (classe di rappresentatività: I)

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizza spontaneamentedopo alcuni mesi, formando cristalli da fini agrossi.COLORE: da incolore a giallo paglierino quan-do è liquido, bianco-beige il cristallizzato.ODORE: molto debole, vegetale, fruttatoSAPORE: normalmente dolceAROMA: molto debole e poco persistente.Esistono mieli dannosi. La letteratura, daSenofonte ai giorni nostri, ha riportato casi diavvelenamenti. Tra le specie botaniche citatecome produttrici di nettare tossico, e tutteappartenenti alla famiglia delle Ericacee, cin-que sono rododendri. Sono endemici inTurchia, in particolare R. ponticum e R. flavum,e popolano le foreste del Nord dell'Anatolia. R.ponticum si è diffuso in Inghilterra ed in altreregioni europee.

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puntiformi, inizialmente bianche e successiva-mente brune. Inoltre la corolla è roseo sbiadita equasi priva di odore.A differenza della preceden-te è abbondantissima sulle Alpi calcaree, ove sicomporta spesso da pianta pioniera ed è facil-mente rintracciabile su ghiaioni e macerati appe-na consolidati. Sale fino a 2.200 metri, raramentea 2.600,diffusa in arbusteti nani ed in boscaglie diPino mugo e Pino silvestre. Nella Valle dell'Adigescende fin quasi al piano, ma, a differenza dellaprecedente, sempre in zone soleggiate.Rhodothamnus chamaecistus (L.) Rchb.Secondo alcuni botanici questa specie è conside-rata un genere a parte, mentre per altri forma unasezione del genere. Comunque la si consideri sitratta di un suffrutice con fusti legnosi, prostratiod ascendenti. Le foglie sono ellittiche, sempre-verdi. I fiori sono all'apice dei rami, a corollarosea. La principale esigenza dei rododendri è unterreno umifero subacido (pH 6), terra d'erica odi castagno o di bosco, mescolata a torba. Il ter-reno deve anche essere leggero, aggiungendosabbia e stallatico ben consumato. Pochissimesono le specie che si adattano a terreni alcalini. Ilsistema radicale, fitto e piuttosto superficiale,non richiede un terreno profondo; 30-50 cmsono sufficienti. Importante il drenaggio e, per-tanto, il dissodamento del sottosuolo. A sud irododendri esigono luoghi ombreggiati, mentreoltre gli 800 metri l'esposizione soleggiata diven-ta una necessità. Generalmente sia le specie chegli ibridi resistono bene a - 6°C.I rododendri esotici (R. ponticum e R. luteum),introdotti in Europa nella seconda metà del1700, sono sfruttati in floricoltura. Un utilizzo

26RododendroRododendro

Solo una parte dei rododendri, quindi, produ-ce tossine. Gli ibridi di rododendro presenta-no gradi di tossicità in modo imprevedibile. Adesempio l'ibrido R. "redwing", non tossico, èstato ottenuto dall'incrocio di quattro specie,di cui tre tossiche. Il rododendro delle Alpi, R.ferrugineum, ha foglie tossiche per il bestia-me. Le tossine sono presenti nelle foglie, neifiori e nel loro nettare. L'intossicazione puòavvenire per ingestione dei fiori, delle foglie(tisane per curare l'artrite) e del miele conta-minato. I rischi di intossicazione si riducono seil miele viene riscaldato (ma questa notizianecessita di conferme), oppure se è miscelatocon altre partite di miele non tossico. Sono stati identificati nel miele tossico idro-carburi ciclici polidrossili (diterpenoidi) battez-zati grayanotosine o andromedotossine, oancora rodotossine.La letteratura mette a disposizione l'analisi di23 casi di tossicità sull’uomo, tra il 1963 e il1986, a Trabzon sul Mar Nero orientale e aInebolu sul Mar Nero centrale. La quantità dimiele ingerita dagli intossicati variava da duecucchiaini di caffè a cinque da minestra(media 50 grammi). In tutti i campioni analizza-ti vennero trovati pollini di rododendro. I sinto-mi comparvero da 30 minuti a due ore dopol'ingestione, in relazione alla dose assunta. Tragli effetti si segnalavano: ipersalivazione,respirazione difficoltosa, formicolio attornoalla bocca ed alle estremità degli arti, debo-lezza e convulsioni. Un prelievo di sanguemostrava un aumento di enzimi nel fegato.Fortunatamente il miglioramento avvenne tratrenta minuti e sei ore, e la guarigione com-pleta dopo uno o due giorni. La mortalità èrarissima per non dire nulla. La terapia consi-ste nella somministrazione di sostanze vaso-pressori e per il controllo degli eventuali dis-turbi cardiocircolatori. Nel 1959 un'epidemiada intossicazione distrusse gli alveari dell'isoladi Colonsay. I ricercatori dell'Università diGlasgow riprodussero i sintomi osservati for-nendo ad api sane nettare di rododendro.Queste diventarono letargiche, poi inerti, vola-rono per piccoli tratti, caddero al suolo posan-dosi sui fianchi o sul dorso, girarono in tondosbattendo le ali senza riuscire ad alzarsi. Unaprostrazione crescente precedette la morte.

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marginale è legato alle proprietà curative dellefoglie, che contengono arbutina, ericolina, acidorodotannico, altri acidi, cere ed un olio essenzia-le con una composizione ritenuta velenosa, e chein infuso o per estrazione a mezzo dell'olio, sonousate contro le malattie della pelle, le malattiedei reni ed i dolori reumatici. Inoltre le galle chesi formano sulle piante, se raccolte fra giugno edagosto, posseggono proprietà vulnerarie che per-mettono l'estrazione di un olio per uso esterno.Infine, nel cosiddetto "tè svizzero" entrano tra lealtre foglie anche quelle di R. ferrugineum, menovelenose di quelle dell'altra specie.

BOTANICAI rododendri sono arbusti eleganti, talvolta alberi.Le foglie sono alterne, spesso ravvicinate alla som-mità dei rami, intere, a ciclo annuale o biennale e,pertanto, le piante presentano fogliame persistente.I fiori sono di solito grandi, da bianchi a rossi a gial-li, riuniti in corimbi od in falsi grappoli terminali,raramente solitari. Il calice è variabile, generalmen-te con cinque sepali a coppa che formano altret-tanti denti. La corolla è irregolare, talvolta ad imbu-to altrimenti tubulosa, con un lembo più o menoobliquo che si manifesta in cinque lobi. Gli stamisono da otto a dieci, l'ovario presenta uno stilo sot-tile. L’adattamento a climi tanto differenti hannoselezionato forme e dimensioni disparate. Le foglievariano da pochi millimetri ad un metro di lun-ghezza, i fiori passano dalle enormi trombette pro-fumate e lunghe fino a 12 cm di R. nuttallii e daigrandi fiori composti di R. sinogrande, entrambinativi dell'Asia Sud Orientale, fino ai piccoli fiori dialcune specie d'alta montagna della sottosezioneLapponica. Dai rododendri striscianti si arriva airododendri arborei dell'Himalaya. Ricordiamo che irododendri appartengono alla famiglia delleEricacee e che le numerose specie vengono suddi-vise in due sottogeneri: Eurhododendron, a cuiappartengono le specie a foglie raramente cadu-che; Azalea, caratterizzato da specie le cui fogliesono caduche, raramente persistenti.

Èuna specie poliennale, originaria e diffusanell’area mediterranea. È diffusa principal-mente nel Sud Italia e trova la sua massima

diffusione nella regione Marche.Predilige terreni calcareo-argillosi, ma profondi.Non sopporta ristagni idrici ma piuttosto la sic-cità (coltura non irrigua).Fiorisce a maggio-giugno.

BOTANICASi tratta di una specie a radice fittonante. Glisteli, semplici o ramificati, sono vuoti e fistolo-si. Le foglie sono composte, alterne, imparipen-nate con 2-12 paia di foglioline. I fiori sonoriuniti in racemi ascellari e sono di colore rossoporpora.

SULLA (HEDYSARUM CORONARIUM L.)

SullaRododendro

L ’ I N T E R V I S T ACi dice Ezio Poletti, apicoltore professionistache gestisce una bella azienda nel Novarese:“Parlando di miele di rododendro possoaffermare che si tratta di una produzionenon costante, costosa e rischiosa, in quantoin alta quota le condizioni meteorologichesono molto instabili”. Le aree da me visitatesono rappresentate dai pendii del MonteRosa, Val Sesia e Val Formazza. Gli alveariche destino al trasporto a queste quote sonoi più popolosi poiché, vista la difficoltà dicollocamento, è un’inutile perdita di tempoportarvi quelli deboli.Il periodo consigliatova da metà giugno a fine luglio. Ho notatoche si ottengono raccolti migliori se durantel’inverno precedente ci sono state abbon-danti nevicate che hanno protetto i germo-gli dal gelo.Durante questa produzione gli alvearivanno incontro ad un notevole aumentodella deposizione e a volte la covata, se nonsi interviene con l’escludiregina, si spingefino al secondo melario. Quindi al rientrosarà necessario mettere a disposizione diquesti alveari nuovi raccolti per reintegrarele scorte. Altra caratteristica di questi alvea-ri è la tendenza a sciamare in quanto, acausa delle condizioni climatiche, le api sisentono quasi riportate in una specie diseconda primavera.Il miele ottenuto, almeno per quanto riguar-da la nostra zona, raramente è purissimoperché inquinato da altre fioriture di prato emolte volte da colpi di melata. Comunque, sel’annata è favorevole, si ottengono ottimiraccolti arrivando a 30 Kg per alveare”

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28Tarassaco

Secondo alcuni autori al genere Taraxacumappartengono 25 specie, secondo altri oltre60. Una tale discrepanza nasce dal fatto che

all’interno delle singole “specie” è possibiledistinguere numerose “stirpi”, caratterizzate dacaratteri costanti, per quanto localizzate territo-rialmente.La causa di questo fenomeno è l’apogamia, chesi manifesta sostanzialmente a causa dei proces-si di poliploidizzazione. Nelle nicchie ecologi-che fortemente compromesse dall’azione del-l’uomo l’apogamia si presenta con maggior fre-quenza che non negli ambienti naturali.In Italia l’unica specie presente diploide, connormale riproduzione sessuale, è T glaciale,pianta endemica solo sull’Appennino abruzzesee rarissima.Tutte le altre specie sono polipoidi.Per meglio precisare la complessità consideria-mo la specie più diffusa in Italia, T. officinale:non viene classificata in realtà come una specieunitaria, ma piuttosto come un aggregato com-prendente numerose stirpi apogame (agamospe-cie), non ancora completamente note.Il genere Taraxacum è diffusissimo; il centro diorigine è l’Asia Centrale ed Occidentale e attual-mente si trova in tutte le regioni temperate degliemisferi settentrionale e meridionale, fino al limite artico, dal livello del mare al piano mon-tano.In Italia il genere è diffuso ovunque, particolar-mente negli incolti e nei prati stabili e ben con-cimati. E’ una discreta foraggiera, ma è conside-rata infestante a causa della bassa resa alla fiena-gione.

BOTANICALe piante, perenni e rustiche, si adattano a con-dizioni ambientali variabili e ad ogni tipo di ter-reno.Dispongono di una grossa radice a fittone con-tenente abbondante latice amarognolo.Le foglie intere, dentate o sinuate e di differenteforma sono disposte a rosetta.I fiori, generalmente gialli, sono riuniti in infio-rescenze alla estremità di uno scapo cavo, privodi foglie.Il frutto è un achenio allungato che si prolunga

TARASSACO (TARAXACUM spp.)

Il miele di sullaUna volta dalla sulla si otteneva un miele uni-florale su tutto l’Appennino fino alla Sicilia.Oggi la produzione uniflorale è circoscritta allezone collinari di Abruzzo, Molise, Calabria eSicilia. Fuori dell’Italia, la sulla si produce soloin Nord Africa. Per questo motivo, insiemeall’alta presenza del polline (classe di raprre-sentatività II), si può utilizzare l’analisi melisso-palinologica per la determinazione della prove-nienza italiana di alcuni mieli.Il polline è di colore grigio

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizza spontaneamentedopo alcuni mesi, con formazione di cristallimedio-fini.COLORE: da quasi incolore a giallo paglierinose liquido, da bianco a beige con la cristalliz-zazione.ODORE: debole, di paglia.SAPORE: mediamente dolce.AROMA: vegetale, a volte con componentefruttata, comunque debole e poco persistente.All’analisi organolettica questo miele si pre-senta simile a quello di altre leguminose comela lupinella, i trifogli e il ginestrino. Per questomotivo raramente il miele di sulla viene com-mercializzato come uniflorale, più spessoinvece come millefiori o entra in miscele oancora viene utilizzato per la cristallizzazioneguidata, grazie alla formazione di cristalliabbastanza fini.

I frutti sono amenti costituiti da 5-7 articolicontenenti ognuno un seme subreniforme dicolore giallo o brunastro.

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Sulla

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in un rostro aperto superiormente in numerosesetole originanti la tipica infruttescenza.Il nettario (nel T. officinale) è posto sopra l’ova-rio, attorno alla base dello stilo. Il nettare pro-dotto è ricco di zuccheri (18-51%), e tra essi pre-vale il glucosio (45,4%).Le antere formano, saldate tra loro, una sorta ditubo attraverso il quale lo stilo allungandosisospinge il polline, rendendolo fruibile agliinsetti.

29TarassacoTarassaco

Il miele di tarassacoIl polline è presente in percentuale superiore al5% (classe di rappresentatività: II-III).Il polline di tarassaco, di colore arancionevivace, viene liberato prevalentemente nelleore del mattino. Il tarassaco è ricercato dalleapi sia per il nettare sia per il polline, è spessocompetitivo nei confronti dei fiori dei fruttiferie ne limita l’impollinazione. I fiori del tarassacosi chiudono alle prime ore del pomeriggio,riaprendosi solo la mattina successiva. Inannate favorevoli si possono ottenere discretiraccolti di miele di tarassaco.Indipendentemente dalla produzione di mielela fioritura di tarassaco rappresenta un impor-tante fattore per lo sviluppo primaverile dellefamiglie di api. Allo stato uniflorale il miele ditarassaco si produce molto raramente in Italia,limitatamente ad alcune regioni del Nord: relativamente più comuni sono i mieli misti di

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tarassaco, salice, crucifere e fruttiferi che siconsiderano uniflorali in quanto fortementecaratterizzati sia dal punto di vista organoletti-co che compositivo. Il nettare di tarassaco possiede, infatti, unforte odore ed è molto comune ritrovarnetraccia nei primi mieli primaverili e anche inquelli di smelatura più tardiva, dove spessocostituisce un difetto (per esempio nei mieliuniflorali di robinia).Una delle caratteristiche più evidenti è la rapi-da cristallizzazione, dovuta all’alto contenutoin glucosio. Come in altri mieli primaverili èfrequente un eccesso d’acqua e presentaquindi una elevata probabilità di fermentazio-ne: è uno dei mieli per i quali può essere con-sigliabile una deumidificazione con circolazio-ne di aria calda o con deumidificatore. Il fattoche la cristallizzazione avvenga in modo rapi-do porta quasi sempre a una consistenzapastosa/cremosa nei mieli che hanno circa il18 - 19 % d’acqua o compatta/dura nei mielideumidificati.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizzato, generalmente agrana grossa.COLORE: giallo limone quando puro, beigequando in miscela con crocifere, beige rosatoquando prevale il salice.ODORE: è molto forte, ammoniacale o vino-so/marsalato.SAPORE: non eccessivamente dolce.AROMA: percepito spesso come fresco, satu-rante, simile all’infuso di camomilla, persistente.Come tutti i mieli fortemente aromatici deveessere destinato a un pubblico di amatori, cheperaltro esistono. Meno facile il tentativo dimascherarne l’aroma miscelandolo con altrimieli.Il tarassaco è raccomandato per le virtù ecci-tanti epatobiliari ed anticolesterolo della suaradice e delle sue foglie. L’uso della decozione(bollitura per l’ottenimento di un decotto) dellaradice al 5% esercita azione colagoga (contra-zione della cistifellea e svuotamento della bile,in essa contenuta, nel duodeno) in grado dialleviare la cirrosi in fase iniziale; in tal sensose ne può bere una tazza poco prima dei pastianche per parecchio tempo. Lo stesso effetto,più blando, si ottiene con le foglie.

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Itigli sono distribuiti in tutte le regioni temperatedell'emisfero settentrionale e sono utilizzati ascopo ornamentale. Rappresentano in tutta

Europa un elemento fondamentale del paesaggiourbano in quanto oltre al loro indiscutibile valoreornamentale, risultano affetti da parassiti poco viru-lenti. Attualmente, specie nel Nord Europa, i tiglisono,però,facilmente colpiti dal marciume radicale,soprattutto nelle zone ad alto inquinamento atmo-sferico. Questo fatto è oltremodo preoccupante inquanto questi alberi si sono dimostrati ottimi con-trollori dell'inquinamento, trattenendo le polveri edaccumulando elevate quantità di piombo nellefoglie e nei fiori (fino a 250 ppm).Dai tigli si ottiene un legno ricercato;non è, tuttavia,particolarmente apprezzato dai forestali in quantoincapace di formare popolamenti puri.Altri svantag-gi dei tigli,nelle piantumazioni urbane,sono la note-vole capacità pollonifera, la presenza di afidi e,quin-di, di melata e fumaggini, e l'intenso profumo in fio-ritura che richiama numerosi insetti melliferi.

BOTANICALe piante che appartengono al genere Tilia presen-tano alcune caratteristiche comuni: altezza da 25 a40 metri; apparato radicale espanso e profondo;chioma largamente ovoidale, ramosa e folta; cortec-cia dapprima liscia, poi fessurata; foglie semplici,alterne, lungamente picciolate; fiori ermafroditi, di

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TIGLIO (TILIA SPP. L.)

TiglioTarassaco

L ’ I N T E R V I S T AChi punta alla massima produzione di mieledeve impostare per tempo la preparazione dellefamiglie, cominciando con l’invernamento(alveari con almeno 7-8 favi coperti di api),scegliendo la postazione ideale e, quindi, pre-vedendo in primavera la nutrizione stimolan-te. Non è difficile, in tale situazione, arrivare aporre il secondo e, spesso, il terzo melario. Aquesto punto quasi tutte le famiglie sciamanoo, comunque, entrano in febbre sciamatoria.In entrambe le situazioni il raccolto successivoè compromesso, perché per esso non risultanopronte spesso neppure la metà delle famigliedell’apiario; il raccolto principale risulterà poiessere il castagno o l’alta montagna.Attualmente va sempre più assottigliandosi ilnumero degli apicoltori che cercano questoindirizzo produttivo, perché l’acacia ha assun-to tale importanza commerciale da soppianta-re anche i più pregiati mieli di alta montagna. Il tarassaco si rivela, dunque, fondamentaleper la preparazione delle famiglie. Questo fattonon vuol dire che si rinunci a priori alla pro-duzione di miele, ma che essa passa in secon-do piano rispetto alla formazione/sviluppo dinuclei e famiglie. La situazione ottimale siverifica quando pressoché tutte le famiglie sonoin grado di immagazzinare miele nei melari,anche se la produzione si limita a 5-10 kg percassa. La posa di molti doppi o terzi melarispesso si accompagna ad una più difficilegestione della sciamatura. Il raccolto, infatti, molto ricco sia in nettareche in polline stimola la produzione di covatae anche le regine giovani possono entrare infebbre sciamatoria. Durante tutto il raccoltodel tarassaco è, quindi, essenziale l’interventodell’apicoltore che cerca di pareggiare le fami-glie e, con la covata e le api in esubero, produ-ce sciami artificiali. Anche le annate più sfor-tunate con piogge e nevicate sul raccolto, con-sentono comunque lo sviluppo ottimale dellefamiglie. Poche ore di sole permettono lariapertura dei fiori ed un improvviso abbon-dante raccolto.La gestione dell’apiario sul tarassaco è, quindi,molto delicata ed è il trampolino di lancio pertutta la stagione. Il raccolto successivo sullarobinia, provocando un più o meno parzialeblocco di covata, potrà semplificare il lavorodell’apicoltore”.

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31Tiglio

colore bianco giallastro, generalmente molto odoro-si, riuniti in cima alle estremità di un lungo pedun-colo aderente ad una brattea membranosa di coloremeno intenso di quello della foglia (ha dato il nomeal genere: dal greco ptilon = piuma, da cui il latinotilia); il frutto è una piccolo noce detta "carcerulo",completamente chiusa da un pericarpo molto spes-so e quasi impermeabile all'acqua; il seme contieneda due a cinque ovuli, uno solo dei quali si sviluppain un normale embrione.La fioritura è tardiva.Le sin-gole specie appartenenti al genere Tilia possonoincrociarsi facilmente tra di loro; la classificazionenon è semplice ed il numero variabile di specie clas-sificate (da 18 a 65) nasce dalla differente individua-zione degli ibridi come specie autonome oppure no.Le specie spontanee in Italia sono: Tilia cordataMill. (tiglio selvatico), diffuso in quasi tutta Europa,Tilia platyphyllos Scop. (tiglio nostrano), spontaneonell'Europa centrale e meridionale, l'ibrido Tiliaintermedia DC (T. europea L. x T. vulgaris Hayne),generalmente sterile e non diffuso spontaneamen-te, Tilia argentea DC, spontaneo in Grecia eTurchia, Tilia americana L., utilizzato nei parchi eTilia x euchlora C. Koch, o tiglio di Crimea, resi-stente agli afidi. In erboristeria si utilizzano le infio-rescenze ancora chiuse, raccolte assieme alle brat-tee al momento della fioritura in giugno-luglio.I fioridi tiglio hanno proprietà sedative, antispasmodiche,diuretiche, sudorifere ed anticatarrali.Sono indicati: contro insonnia, emicranie, vomitinervosi ed ogni altra manifestazione nervosa com-

presa ansia, isteria, ipocondria; indigestioni, spasmigastrici nervosi; arteriosclerosi; tossi spasmodicheed asma. La conservazione va attuata in luoghiasciutti, freschi e scuri, in cassette di latta o dilegno. La droga deve conservare il colore giallo ver-dastro, altrimenti va scartata.Tra le varietà di tigliosono da preferirsi quelle a fiore semplice come:Tilia platyphillos Scop, Tilia x vulgaris Hayne,Tilia cordata Mill.

L ’ I N T E R V I S T ACi siamo rivolti a Nino Scacchi, apicoltore pro-fessionale del novarese:“La sempre crescente richiesta di miele di tigliopromuove questo raccolto come estremamenteimportante, da molti preferito al miele di altamontagna. Le rese produttive sono abbondanti,nell’ordine anche di 30-35 Kg per alveare, inmedia solo di poco inferiori alle medie ottenibi-li sul castagno in questi areali particolarmentevocati. La variabilità produttiva dipende soprat-tutto dalla possibilità di ottenere miele in purez-za. La fioritura del tiglio è, come già visto, quasiconcomitante a quella del castagno e forse lieve-mente in ritardo rispetto ad essa (2-3 giorni). Leapi sembrano raccogliere prevalentemente net-tare, dirigendosi sul castagno per ottenere il pol-line. Le famiglie di api raggiungono il massimodello sviluppo ed appaiono abbastanza man-suete, senza il nervosismo tipico della fiorituradel castagno. Il raccolto è solitamente scalare e,quindi, sufficientemente lungo da concludersiquando anche la fioritura del castagno è ulti-mata.Al momento della smelatura si ha la soddisfa-zione più grande: un miele giallo come l’oro,con talora lievi riflessi verdastri, cola denso daifavi ed aromatizza ogni cosa con il suo frescoprofumo di mentolo. Il gusto è pieno, intenso,così marcato da poter essere identificato anchese presente solo in piccole quantità in unamiscela. Pertanto, meno del 10% del miele ditiglio può conferire ad un “tuttifiori”, o ad undelicato miele di montagna un senso di fre-schezza ed un lieve sapore mentolato, moltogradito al consumatore.In purezza, invece, il tiglio può avere un profu-mo sin troppo intenso per il consumatore nonavvezzo ai gusti più forti. Miscelato al castagno,poi, anche se meno qualificato dal punto divista commerciale, è l’ideale per gli amanti delgusto balsamico e dei profumi e sapori piùpieni”. Tiglio

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Timo è il nome italiano delle piante, circaventi, del genere Thymus, in particolaredel Thymus vulgaris, specie indigena dei

paesi del Mediterraneo che cresce su pendiciassolate, rocciose e luoghi aridi dal mare allazona montana e viene spesso coltivata negli orticome pianta aromatica.Le specie appartenenti al genere Thymus hannosolitamente portamento cespuglioso, fusto più o

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spesso rallentata e si attua allora con granulimolto grossi, tondeggianti, agglomerati e adisposizione irregolareCOLORE: chiaro, con tonalità giallo brillante,nei mieli più puri di nettare; via via più scuroquando è presente una quantità crescente dimelata. Colore crema quando cristallizza.ODORE: fresco, mentolato, balsamico; ricor-da il profumo dei fiori solo nei mieli più puri, oquello della sua tisana, l'odore "di farmacia”.SAPORE: normalmente dolce, leggermenteamaro quando inquinato da castagno.AROMA: molto persistente, ricorda quellodella menta, dei medicinali, oppure il saporedelle noci fresche.

TIMO (THYMUS SPP.)

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TimoTiglio

Il miele di tiglioI tigli sono intensamente visitati dalle api; inItalia sono diffusi irregolarmente e solo inPiemonte, Lombardia ed Emilia Romagna siproduce miele monoflora di tiglio; saltuaria-mente si raccoglie da essi una melata dallespiccate caratteristiche. Importanti produttorisono i Paesi dell'Europa centro-orientale.Il polline è presente in percentuale variabile,ma quasi sempre molto bassa, anche in rela-zione ai forti inquinamenti da polline diCastanea (classe di rappresentatività: I-II).Alcune varietà di tiglio coltivato non produco-no polline e, di conseguenza, alcuni mieli ditiglio di pianura non contengono, addirittura,polline della specie. L’analisi pollinica quindinon sempre dà indicazioni utili alla diagnosi diunifloralità. Ugualmente le caratteristiche fisi-co-chimiche non forniscono, in questo caso,informazioni probanti, in quanto i mieli di tiglionon costituiscono un gruppo strettamenteomogeneo. Ne consegue che spesso l'anali-sta chiamato a stabilire se per un certo cam-pione è lecita o meno la denominazione "ditiglio" deve decidere solo sulla base dell'ana-lisi organolettica.Il nettare è molto aromatico e marca forte-mente i mieli che ne contengono anche pic-cole percentuali. Per questo, mieli considera-ti uniflorali di tiglio spesso non lo sono e ciòcrea differenze ancora più marcate rispettoad altri mieli uniflorali di diversa provenienza.In Italia produzioni abbondanti di tiglio si pos-sono ottenere su tutto l'arco alpino: in moltelocalità però non è possibile tener separatoquesto raccolto da quello del castagno, otte-nendo così un prodotto scuro che rimaneliquido a lungo. Nella pianura padana siriescono a produrre mieli di tiglio dagli albericoltivati nei parchi e lungo i viali. In questocaso la flora di accompagnamento, più omeno abbondante (trifogli, erba medica, meli-loto e altre leguminose), non interferisce aro-maticamente, eccezion fatta per l’ailanto.Sono invece uniflorali puri, mieli di tiglio pro-venienti dall'Europa dell'est, dall'ex UnioneSovietica e dalla Cina.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizzazione variabile, ma

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33Timo Timo

meno lignificato.Del timo si utilizzano la pianta fiorita o le foglie.Il contenuto in essenza è massimo nelle primeore del pomeriggio e nelle piante al secondotaglio. L'essenza contiene dal 20% al 40% di feno-li, principalmente timolo il cui contenuto ne sta-bilisce il valore, poi da carvacrolo, linalolo, gera-niolo, ecc.Noto fin dall'antichità il timo deve la sua impor-tanza alla presenza dell'essenza e trova impiegocome stimolante, coleretico, balsamico, antica-tarrale, antispasmodico, antibatterico per viainterna. Inoltre Th. vulgaris e Th. serpyllumsono utilizzati per conferire gusto ai cibi.

BOTANICAIl genere Thymus è di difficilissima classificazio-ne: le 17 specie presenti in Italia risultano, ad unesame superficiale, quasi uguali. Le specie prin-cipalmente presenti in Italia sono:Th. vulgaris L. - Timo maggiore. Fusti general-mente eretti, ramosissimi, con corteccia bruna,alti da uno a tre decimetri. Foglie minute, diforma ovale, con margini ripiegati in sotto etomentose nella pagina inferiore, più larghe neirami fioriferi. I fiori minuscoli, di colore rosa pal-lido, sono riuniti in apicastri formati da diversiverticilli. Diffuso tipicamente nelle zone vicineal mare, su terreni aridi e rocce, prevalentemen-te in ambienti collinari, spesso coltivato.Gruppo di Th. serpyllum. A questo gruppoappartengono 13 specie fra di loro assai simili eche spesso vengono confuse. Tutte le speciehanno fusti legnosi alla base, più o meno pro-strati o striscianti e spesso radicanti in nodi, conapici fioriferi eretti. Foglie coriacee, da arroton-date a lineari. Infiorescenze dense, sferiche,ovali, più o meno allungate. Calice di 3-4 mm.Corolla purpurea o rosea. Diffusione nei pratiaridi steppici, pietraie e rupi soleggiate.Th. capitatus (L.) Hofmgg et Lk. - Timo arbusti-vo. Rami legnosi con corteccia biancastra, porta-mento a pulvino. Foglie molto fitte picchettatedi ghiandole puntiformi, carenate ed un po’revolute sui margini. Infiorescenze ovoidali.Corolla roseo purpurea. Piccolo arbusto diffusonelle aree più aride del Mediterraneo, con pre-valenza nella zona orientale. Costituisce cenosiestese, nelle quali predomina. Spesso associato apiante xerofile ed arbusti di piccole dimensioni(Mirto e Cisti).Th. Striatus Vahl - Timo bratteato. Fusti legnosi,

striscianti o radicanti ai nodi, con rami ascen-denti. Foglie lineari con fitte ghiandole puntifor-mi. Infiorescenze subsferiche. Corolla general-mente biancastra o rosea. Si tratta di un gruppopolimorfo: il timo bratteato descritto corrispon-de con la forma diffusa nel meridione d'Italia,dal Napoletano al Pollino; più a Nord, dal Lazioalla Romagna, prevale una forma a foglie più sot-tili; in Toscana ed Emilia esiste poi una terzaforma endemica delle rocce serpentinose.Th. spinulosus Ten. - Timo spinosetto. Fustilegnosi suberetti o striscianti. Foglie lineari olineari-spatolate. Infiorescenze subsferiche.Specie diffusa sui pendii aridi pietrosi dell'ItaliaMeridionale e Sicilia.Th. herba-barona Loisel - Timo erba-barona. Fustilegnosi suberetti o striscianti. Foglie linaeri-lan-ceolate. Infiorescenze ovoidali. Diffuso sui pendiiaridi ventosi della Sardegna e della Corsica.Th. richardii Pers. Timo di Marettimo. Fustilegnosi ascendenti pelosi tutt'attorno. Foglie lan-ceolate. Infiorescenze subsferiche. Corolla pur-purea. Diffuso sulle rupi calcaree dell'isola diMarettimo.Th. vulgaris ha fioritura precoce tra marzo egiugno, Th. serpyllum fiorisce in epoche diversein base all'altitudine, tra maggio e settembre,mentre Th. capitatus e Th. striatus fioriscononei mesi estivi.Il tessuto nettarifero si trova sotto l'ovario, dacui sporge un poco lateralmente.

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Il genere Trifolium appartiene alla famigliadella Papilionacee e ne rappresenta una delleunità più numerose e più caratteristiche a

causa dei fiori piccoli - a differenza di quelli dellealtre papilionacee vistosi e di maggiori dimensio-ni - riuniti in capolini o in corte spighe. I trifogli sipossono trovare ovunque, dal livello del mare finoa 3000 metri di altezza, nei luoghi boscosi e negliincolti, su terreni acidi ed alcalini.Trifolium si compone delle due radici latine, "tres"e "folium", per indicare la caratteristica più appa-riscente di queste piante, le cui foglie sono com-poste da "tre foglioline" in disposizione digitata.Il genere venne istituito da Linneo e ad esso,attualmente, si attribuiscono circa trecento speciedistribuite essenzialmente nelle regioni temperatee subtropicali dell'emisfero nord; poche specievivono spontanee sulle Ande e nell'Africa meri-dionale.La flora spontanea dell'Italia è ricca di specie diTrifolium. Il valore dei trifogli risiede nel loro dif-fuso utilizzo come piante foraggere in ogni partedel mondo.Le specie più diffuse in Italia sono:T. subterraneum L., specie annua a radice fittonan-te, stelo eretto, tomentoso e che tende ad indurirsialla fine della fioritura. Infiorescenza a capolino

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TRIFOGLIO (TRIFOLIUM SPP.)

TrifoglioTimo

Il miele di timoDelle diverse specie del genere Thymus soloalcune possono dare origine a raccolti uniflora-li. Di questi il più conosciuto in Italia è senz’altroquello di Thymus capitatus, specie diffusa nellezone più aride del mediterraneo orientale, all’o-rigine delle produzioni di miele di timo in Sicilia(sui monti Iblei) e in altre piccole zone delleestreme propaggini meridionali della penisola.Nell’antichità il miele ibleo godeva di grandefama, seconda solo a quella del miele delMonte Imetto (in Grecia): per entrambi questimieli l’origine botanica prevalente era la stessa:il timo.

Aspetti organoletticiSTATO FISICO: cristallizzazione lenta.COLORE: da ambrato chiaro ad ambrato.ODORE: intenso caratteristico, tra il floreale o lospeziato, che può ricordare i chiodi di garofano,il vin brulè, il legno aromatico, piuttosto pun-gente.SAPORE: discreta acidità.AROMA: intenso, con le stesse connotazionidescritte per l’odore, ma con una nota di tipo“olio essenziale” (timolo) più netta, che lo rendeun miele non adatto al gusto di tutti.Sia sulle Alpi che sugli Appennini sono comunimieli in cui la presenza di timo serpillo, seppurnon dominante a livello di origine, risulta carat-terizzante a livello aromatico. In questo casol’odore e l’aroma possono essere definiti comegeneralmente non graditi, in quanto le note ditipo “animale” sono prevalenti. L’odore, partico-larmente pungente, può ricordare quello diacido acetico, oppure, secondo i casi, la stallaovina. In Sardegna può essere prodotto unmiele uniflorale dal timo locale (Thimus herba-barona), le cui caratteristiche non sono suffi-cientemente conosciute per essere qui descrit-te. In Spagna i mieli di timo, da specie ancoradiverse da quelle sin qui nominate, sono relati-vamente comuni: si tratta di mieli con aromamolto forte, a connotazione “animale” o “chimi-ca”, e non incontrano molto, quindi, il gusto delconsumatore del resto d’Europa. Infine, il pro-dotto conosciuto come “miele di timo” inAbruzzo dovrebbe essere più correttamenteindicato “di santoreggia”, in quanto da questaspecie (Satureja montana) deriva.

LA SCHEDA

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35Trifoglio Trifoglio

composta da fiori sessili di colore bianco o legger-mente roseo o giallastro che tende a sgranare allamaturazione. Zone di produzione tipiche sono laToscana, il Lazio e la Puglia. Spontaneo si trova da 0a 1200 metri s.l.m. negli incolti aridi in tutta Italia.T. incarnatum L., specie annuale ad uno sfalcio,hainfiorescenza a capolino composta da fiorellinirosso purpurei, stelo pieno, morbido, foglie pelo-se, radice fittonante, non molto profonda. Si utiliz-za solitamente come componente del miscuglioLandsberg con loietto italico e veccia, e conavena, veccia ed altri trifogli.Viene coltivato anchein purezza, sebbene la diffusione dell'erbaio diincarnato si stia riducendo.Preferisce il clima tem-perato-fresco, ma vegeta bene anche in Italia meri-dionale. Spontaneo in Italia è diffuso negli incoltie nei campi in tutto il territorio.T. alexandrinum L., specie annuale con fusti eret-ti, ramificati e scarsamente pelosi; foglioline gran-di e bislunghe; capolini emisferici, composti dapiccoli fiori bianchi.Adatto ai ripetuti sfalci (2-5),predilige i terreni fertili, sia sciolti che argillosi eclima temperato-caldo. Sensibile ai cali di tempe-ratura, specialmente nei primi stadi di vegetazio-ne. Si trova spontaneo in Italia negli incolti, da 0 a800 metri s.l.m., nella provincia di Vercelli, nelTeramano, Brindisino ed in provincia di Palermo.T. pratense L., trifoglio pratense, o violetto, è unatra le più diffuse leguminose foraggere.É una pian-ta perenne, anche se di longevità limitata e la suadurata, in genere, non supera i due anni. La radiceè robusta, fittonante e può approfondirsi notevol-mente. Sia sulla radice principale che sulle bran-che laterali sono inseriti numerosi tubercoli (piùche nella medica) di forma cilindrica e della lun-ghezza di qualche millimetro dovuti alla presenzadel rizobio specifico (Rhizobium trifolii) in gradodi fissare l'azoto atmosferico (anche tutte le altrespecie di trifoglio dispongono dei tubercoli radi-cali per la fissazione dell'azoto atmosferico). Glisteli possono raggiungere i 70 cm. Le foglie sonocaratterizzate dal tipico disegno biancastro aforma di "V". I fiori, di colore rosato o viola palli-do, sono numerosi - da 50 a 250 - e riuniti in capo-lini globosi. In Italia è tipico delle regioni centro-settentrionali nelle quali può sostituirsi alla medi-ca in virtù della maggior tolleranza nei confrontidel pH e, grazie alla minore durata, può inserirsi inavvicendamenti brevi (tri o quadriennali). Resistemolto bene al freddo e preferisce terreni argillosi.Spesso entra nei prati artificiali in consociazionecon fleolo, erba mazzolina, loietto inglese ecc. Il

trifoglio violetto è un gruppo polimorfo, compo-sto da tre sottospecie: pratense, il tipo più comu-ne in tutto il territorio; nivale, presente nei pasco-li subalpini delle Alpi orientali; semipurpureum,diffusa nei pascoli subalpini sull'Appennino cen-tro-meridionale ed in Sicilia.T. fragiferum L., chiamato "trifoglio fragolino" èuna pianta prostrata, cespugliosa, con foglie diforma molto variabile. I capolini sono ascellari e lacorolla bianco-rosata. In Australia è oggetto di sele-zione per i prati falciabili. In Italia si trova sponta-neo in incolti e pascoli, per lo più umidi, presso-ché ovunque.T. hybridum L., specie perenne, a radice fittonan-te, glabra, alta da 20 a 50 cm, con stelo prostratonella parte inferiore, poi eretto, di colore verde orosso. Le foglie hanno la pagina inferiore di coloreverde-grigio. Fiori di colore rosa chiaro, lungamen-te peduncolati, riuniti in capolini inizialmente sfe-rici, poi appiattiti. In Italia si trova quasi esclusiva-mente nel Veneto, in aree di fondovalle o montanefresche. Si semina in monocoltura, o in consocia-zione con graminacee perenni per prati polifiti(fleolo, festuca pratense, loietti). Si trova sponta-neo in Italia sulle Alpi, gli Appennini e la PianuraPadana.T. repens L., conosciuto come trifoglio bianco,oppure ladino, è una specie bi-triennale in condi-zioni non umide, mentre è perenne nelle zone irri-gue-umide della Lombardia. La pianta ha fusti stri-scianti, per lo più stoloniferi, solo in alcuni casicespugliosi. Le foglioline sono denticolate sui mar-gini e spesso vagamente chiazzate di bianco.

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36Trifoglio

L'infiorescenza è a capolino,composta da fiori pedi-cellati di colore bianco-roseo. Viene seminato inmonocoltura,o in consociazione con loietto ingleseed italico, fleolo, festuca pratense,ecc.Tollera bene ifreddi e non sopporta le alte temperature estive.Nella flora italiana è alquanto comune, lo si ritrovalungo le strade campestri, nei prati, in qualsiasi tipodi terreno tranne in quelli troppo compatti o, all'op-posto, troppo sabbiosi. In montagna si spinge fino a2.000 metri. Nella specie T. repens si distinguono levarietà sylvestre, hollandicum, poco diffusa in Italiae giganteum (trifoglio ladino), varietà gigante sele-zionatasi nelle zone del Cremonese e del Lodigiano T. resupinatum L., specie annua, ramificata, a stelovuoto molto lungo, infiorescenza a capolino moltoprofumato,composta da fiori azzurro-roso-purpurei.Predilige il clima temperato-caldo,ma non arido, ter-reni ricchi sia leggermente sciolti che argillosi. Lapianta è di notevoli dimensioni, dà produzioni ele-vatissime, con ricacci non molto abbondanti. Allostato spontaneo si trova negli incolti erbosi umidi da0 a 1000 metri pressoché in tutta la Penisola.T.vesiculosum Savi,conosciuto come trifoglio Ruffodi Calabria è una specie annua, ramificata, cespu-gliosa a stelo semivuoto, infiorescenza a capolinocomposta da 15-20 fiori sessili di colore bianco-roseo tendenti al porporino verso la fine della fiori-tura.Spontaneo si rintraccia negli incolti erbosi da 0a 800 metri nella Penisola a partire dalla Toscana edin Sicilia.T. squarrosum L., specie annua, a stelo eretto,tomentoso e che tende ad indurirsi alla fine della fio-ritura. Infiorescenza a capolino composto da fiorisessili di colore bianco o leggermente roseo o gial-lastro.Preferisce i terreni di medio impasto e neutri;sopporta sia i terreni pesanti che sciolti,mentre nonsi adatta a quelli umidi.Vegeta bene nel clima medi-terraneo-caldo, non eccessivamente arido. Si coltivain alcuni comprensori dell'Italia centrale e meridio-nale. Spontaneo si incontra nei pascoli aridi dellaPenisola e delle isole.

BOTANICASi tratta di piante erbacee, annuali o perenni, afoglie composte da tre foglioline (raramente cin-que-sette).I fiori sono riuniti in infiorescenze a capolino, ospiga, raramente in ombrelle o solitari, sessili opeduncolati. Il calice è persistente, campanulato ogibboso. La corolla è a petali che avvizzisconosenza cadere. Il frutto è un legume di forma ovalee compressa.

Il miele di trifogioLe specie appartenenti al genere Trifoliumrappresentano un'ottima fonte sia di nettaresia di polline per le api. In alcune località il polline di trifoglio si puòraccogliere allo stato monoflora e nei mesi dimaggio giugno e luglio rappresenta l'unicafonte nettarifera. Inoltre il nettare dei trifoglifavorisce il prolungarsi dell'ovideposizione,predisponendo adeguatamente le api per lastagione fredda.Il polline è presente sui fiori per tutto il giorno,massimamente nelle ore centrali. Viene rac-colto in pallottole di colore marroncino.Nell'Italia centrale in estate è importante qualefonte di nettare e polline il trifoglio violetto ilcui miele può essere confuso con quello dellamedica.In realtà, potendo scegliere tra due appezza-menti contigui di medica e di trifoglio, le apiscelgono quasi esclusivamente il trifoglio.Sempre nell'Italia centrale e meridionale sipossono ottenere discrete quantità di miele ditrifoglio incarnato.Sul nostro territorio sono descritte più di 60specie di trifoglio ma solo tre danno originecon relativa frequenza a mieli uniflorali: il bian-co, l’incarnato e l’alessandrino. I mieli di trifoglio bianco erano in passatomolto comuni nella pianura padana, ma oggi,pur restando questa specie una delle princi-pali sorgenti di nettare di queste zone, trovaremieli uniflorali puri è decisamente raro.I mieli di trifoglio puri, all’analisi organolettica,non sono distinguibili l’uno dall’altro, né daimieli di altre leguminose (di sulla, per esem-pio, o anche di acacia, quando ancora liquidi).

Aspetto organoletticiSTATO FISICO: cristallizza spontaneamentedopo alcuni mesi, formando cristalli grossi.COLORE: chiaro, con la cristallizzazione èbeige chiaro, nocciola.ODORE: molto delicato, di erba.SAPORE: dolce, acido, astringente.AROMA: vegetale (di fieno), ma molto leg-gero.

LA SCHEDA

Trifoglio

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37Verga d’oro

Il genere Solidago venne fondato nel 1735 daLinneo, individuando la forma tipica inSolidago virgaurea, unica specie del genere

originaria dell'Europa e conosciuta fin dall'anti-chità per le sue proprietà curative. Il terminesolidago, infatti, deriva dal latino "rendere forte,rendere valido".Le numerose specie del genere, circa ottanta,sono originarie dell'America settentrionale;alcune di esse furono introdotte in Europa perscopi ornamentali, adattandosi ai diversi climi eterreni.Due di esse, Solidago canadensis L. e Solidagoserotina Ait. si sono diffuse spontaneamentelungo i fiumi, negli incolti, ai bordi delle strade enei pioppeti del Nord Italia e vengono facilmen-te confuse con l'autentica verga d'oro moltomeno diffusa.Solidago virgaurea possiede fondamentali virtùdiuretiche ed astringenti ed esercita una com-plessa azione sull'apparato escretore e sul fegato.Ridà limpidezza all'urina carica di sedimenti, dis-infetta ed allevia l'ipertrofia prostatica e facilital'eliminazione dell'acido urico.Le proprietà astringenti la indicano nella curadelle diarree in generale.

BOTANICASolidago è pianta erbacea perenne. Il fusto fiori-fero eretto misura da pochi centimetri ad oltreun metro. Prende origine da un fusto sotterraneoorizzontale e provvisto di numerose radici avven-tizie.Le foglie sono di forma ovale-lanceolata, sempli-ci, a disposizione alterna, a margini più o menodentati. Le foglie inferiori sono peduncolate,mentre le superiori sono sessili.I fiori, di colore giallo, sono riuniti, da 6 a 12, incapolini lunghi 7-10 cm e larghi 8-15 cm.All'interno di ciascun capolino, i fiori perifericisono femminili (dotati di pistillo), mentre i cen-trali sono ermafroditi. L'involucro dei capolini èformato da brattee lanceolate disposte in piùserie. I capolini formano un racemo (grappolo)composto e sono mescolati a foglie.La fioritura avviene da metà luglio ad ottobre.I nettarii si trovano attorno all'ovario. La produ-

zione di nettare è molto variabile.S. canadensis e S. serotina differiscono da S. vir-gaurea per le ridotte dimensioni dei capolini (5mm) e per la disposizione dei fiori in grappolimolto arcuati e formanti una pannocchia. In S.canadensis il fusto è coperto di peli, mentre in S.serotina i peli coprono il fusto nella parte supe-riore.

Il miele di solidagoI mieli cosiddetti di "verga d'oro" sono inveceda attribuirsi, dal punto di vista fiorale, alledue specie nord americane, in particolare a S.serotina, in quanto S. virgaurea è abbastanzarara. Le grandi estensioni incolte sono nor-malmente fittamente occupate da S. serotinae S. canadensis.Il miele di solidago è prodotto in estate nellezone adiacenti i fiumi della pianura padana.Il miele di solidago si trova allo stato uniflora-le in maniera occasionale, in quanto non sitratta di una produzione particolarmentericercata. Presenta una certa tendenza allafermentazione e viene utilizzato come mieleda taglio nei millefiori e nei mieli per l'indu-stria.

Aspetto organoletticiSTATO FISICO: cristallizza rapidamente spes-so con granuli abbastanza grossi.COLORE: giallo ambrato-giallo aranciato.ODORE, SAPORE E AROMA: piuttosto aro-matico, caratteristico, di tipo vegetale, non atutti gradito.

VERGA D’ORO (SOLIDAGO VIRGAUREA L.)

LA SCHEDA

Verga d’oro

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Le melate sono escreti di insetti fitomizi cheattaccano le pareti delle pianti da cui suggo-no il flusso floematico per trarne le sostanze

nutritive. Gli insetti che producono melata sonosoprattutto Rincoti.Le api traggono grande vantaggio da queste melateper la produzione di ingenti quantità di miele,spes-so ricercate dal mercato. La produzione è tuttaviacondizionata dalla dinamica di popolazione di que-sti insetti e si ha produzione solo quando la densi-tà di popolazione raggiunge valori molto elevati,

sempre che condizioni meteorologiche avversenon ne compromettano completamente la produ-zione. Le melate vengono definite col nome dellapianta su cui gli insetti si nutrono (abete, acero,larice, tiglio, ecc.).

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La Melata di metcalfa (Metcalfa pruinosa Say)

Il miele di melata di metcalfa è una produzionerelativamente nuova per l’Italia, poiché questoparassita, appartenente alla famiglia dei Flatidi,fu introdotto accidentalmente in Italia solo nel1979 per, poi, diffondersi rapidamente in tuttala penisola. La melata viene raccolta dalle api inun periodo che va da luglio a settembre. La lottacontro questo parassita, che ha creato danni sudiverse coltivazioni, sta portando alla sua scom-parsa in alcuni areali.

Aspetto organoletticiSTATO FISICO: allo stato puro si mantiene liqui-do a lungo.COLORE: da ambrato scuro a nero.ODORE: abbastanza intenso, di frutta cotta,passata di pomodoro.SAPORE: non molto dolce.AROMA: di media intensità, ricorda il saporedelle melasse e della frutta essiccata.Contrariamente ad altre melate, quella di met-calfa viene distinta per l’insetto che lo produceanziché per la pianta. Ciò è dovuto alla polifagiadi M. pruinosa.Per il suo gusto particolare, questo miele è par-ticolarmente gradito dai consumatori del cen-tro-europa, motivo per cui la maggior parte diquesto miele viene esportato in Germania.

Le melate

LA SCHEDA

La Melata di abeteLa melata di abete è considerata tra le miglioriesistenti in Europa. In Italia si produce preva-lentemente sull’Arco alpino e sull’Appenninotosco-emiliano.

Aspetto organoletticiSTATO FISICO: liquido e molto viscoso.COLORE: da ambrato scuro a quasi nero.ODORE: balsamico, di resina.SAPORE: non molto dolce.AROMA: di caramello, di malto. Abbastanzapersistente.Rispetto alla melata di metcalfa, quella di abeteè più aromatica e gradevole.La melata di abete, per le sue caratteristiche, èmolto apprezzata dal consumatore ed ha unelevato valore commerciale.

LA SCHEDA

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