epistolario vol.1

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G. C. L. SISMONDI

EPISTOLARIOR A C C O L T O , CON IN T R O D U Z IO N E E N O TE

A CURA DI

C A R L O PELLEGRINI

V o lu m e P rim o

1799-1814

“ LA NUOVA ITALIA „ EDITRICEF I R E N Z E

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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

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P R E F A Z I O N E

Crediamo necessario avvertire i lettori dei criteri che ab­biamo seguito nel pubblicare questa raccolta.

Quando si tratta di lettere che vengono pubblicate ora per la prima volta, abbiamo messo in fine di ciascuna / ' in­dicazione del luogo dove si trovano : quando c’è solo questa, perciò, si deve intendere senz’altro che le lettere sono inedite.

Quando, invece, sono già state pubblicate, alla prima indicazione (dato che, tutte le volte che ci è stato possibile, cioè nella grande maggioranza dei casi, siamo ricorsi agli autografi) abbiamo fatto anche seguire quella della pubbli­cazione; solo quando abbiamo dovuto valerci del testo stam­pato, ci siamo limitati a citare questo.

Riguardo all’ortografia, abbiamo ammodernato più che fosse possibile, non conservando certe particolarità ortografi­che senza interesse ('-ens per -ents o -ems per -emps in fine di parola, oi per ai, e così via), e mettendo, naturalmente, la punteggiatura, che nell’autografo spesso non esiste affatto. Però, quando non si trattava di semplici arcaismi, o di singolarità ortografiche senza importanza, o di errori evi­dentemente materiali, abbiamo dovuto rispettare il testo ori­ginale, anche quando ci sono forme o costrutti errati. E que­sto non solo per quanto riguarda le lettere scritte nella nostra lingua, che il Sismondi non arrivò mai a usare cor-

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VI 0 . C. L . SISMONDI

rentemente, ma anche quelle scritte in francese, nella lingua, cioè, in cui lo storico ha dettato tutte le sue opere: basti osservare il modo come egli fa gli accordi. Spesso questo deve attribuirsi alla fretta nello scrivere, specie quando i corrispondenti sono molto familiari all'autore; altre volte a trascuratezza, trattandosi di scritti di carattere assolata- mente confidenziale, non destinati alla pubblicità. Da un lato, quindi, quest'aspetto può conferire a dar ad esse il carattere proprio di documento intimo. Basti aver avvertito una volta per sempre i lettori di questo fatto, senza che caso per caso richiamiamo in modo particolare la loro attenzione, costellando di « sic » e di punti interrogativi il testo : oltre che inutile, ci sembrerebbe anche poco reverente verso l’autore, trattandosi non di scritti originariamente destinati alla pub­blicazione, ma di documenti dì carattere assolutamente privato.

Non di rado è successo che, quando le lettere furono aperte, il sigillo portasse con sè anche qualche parola dello scritto : i puntini, che ogni tanto interrompono il testo, stanno appunto a indicare queste forzate interruzioni.

Abbiamo sempre dato integralmente il testo delle lettere da noi raccolte: ci siamo limitati a sacrificare qualche let­terina d’affari, o comunque che non poteva avere alcun inte­resse da nessun punto di vista, largheggiando però nel pub­blicare anche lettere a editori, che ad ogni modo possono sempre esser utili per la storia delle opere dello scrittore e della loro pubblicazione. Abbiamo dovuto contenere le note nei limiti dello stretto necessario, per non appesantire la mole, già considerevole, della raccolta.

Disposto tutto il carteggio in ordine cronologico, ab­biamo riservato all’Appendice, che si trova in fine all’ ul­timo volume, quelle lettere non datate delle quali non si può stabilire con una certa sicurezza quando furono scritte.

Pur avendo messo tutto il nostro impegno a fa r sì che questa raccolta fosse più. completa che è possibile, cono­scendo le difficoltà di lavori di questo genere siamo ben

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PREFAZIONE VI

lungi dall’ illuderci d’esser riusciti nello scopo: ci auguriamo perciò che la pubblicazione di questo primo volarne possa indurre chi è a conoscenza di lettere del Sismondi, da noi non pubblicate, a segnalarcele, in modo che nell’ interesse degli stadi possano esser accolte nell’Appendice suddetta.

Per quello che riguarda il lavoro di rintracciare, trascri­vere, collazionare lettere, dovemmo spesso ricorrere alla cor­tesia altrui: ci sia consentito di ringraziare pubblicamente almeno quelli verso i quali i nostri debiti sono maggiori, e cioè F. Aubert, L. F. Benedetto, A. Codignola, A. Cret- ton, Contfi J. de Pange, J.-R. de Salis, A. Gambaro, C. Ma­gnani, M. Praz, L. Pescetti, F. L. Pleadwell, P. Rebora,F. Rilliet, H. Vaughan.

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INTRODUZIONE

L’opera del Sismondi, che godè di una larga fama euro­pea durante la sua vita, fu successivamente lasciata nell’oblio piuttosto a lungo, oppure fu studiata da punti di vista troppo particolari, che portavano a dare della sua figura molto complessa giudizi unilaterali. Nella seconda metà del secolo scorso la pubblicazione del volume frammentario Journal et Correspondance, e poi di qualche altro gruppo di lettere, in Francia e in Italia, dette occasione ad alcuni critici di prendere a esaminare la sua figura, — ma in genere questi si indugiarono più a tracciare un ritratto dell’uomo, in base agli scarsi documenti conosciuti, che a tentare di ri­costruirne la personalità, a studiare la formazione del suo pensiero e lo svolgersi della sua attività. Lo stesso si dica, anche in tempi più recenti, di certi studi sul Sismondi eco­nomista, uomo politico, ecc. : studi utili, a volte anche pre­gevoli, ma che in genere hanno il torto di staccare la de­terminata attività presa a studiare dal resto delPopera dello scrittore, e dal ricco e vario movimento culturale nel quale la sua mente si venne formando. Per lungo tempo in Italia si è ricordato il Sismondi quasi esclusivamente perchè offrì occasione al Manzoni di scrivere la Morale Cattolica, e di questo episodio si è esagerato l’importanza, cercando quasi di drammatizzarlo, mentre i due scrittori, anche parlando con altri del loro contrasto ideale, lo fecero sempre con grande serenità e stima e rispetto l’uno per l’altro. Solo

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X G. C. L . SISMONDI

in questi ultimi anni alcuni studiosi hanno rivolto la loro attenzione allo storico delle nostre repubbliche movendo da un’esigenza più complessa e più umana! Recentemente, poi, uno studioso svizzero, J.-R. De Salis *) ha pubblicato sul Sismondi un ampio volume, largamente documentato: lavoro senza dubbio meritorio, anche colle riserve che dobbiamo fare per certi rispetti '■), al quale dovrà sempre ricorrere chi si occupi di questo scrittore, giacché il critico ha raccolto molte notizie, ha fatto rivivere la figura del Si­smondi in un mondo Cosmopolita straordinariamente vario, e ci ifa offerto, pazientemente raccolti in volume, tanti ele­menti così diversi.

** *

Lo studioso più recente del Sismondi lo definisce « un cosmopolite philosophe ». Ed è giusto, ma purché ci si intenda sul valore di questo cosmopolitismo, che ha una sua fisonomia tutta particolare. Non siamo di fronte a uno scrittore — come potrebbe farci credere il fatto che si tratta di un settecentista, figlio intellettuale di Rousseau — che nel sogno di uno spirito cosmopolita perde il senso delle proprie origini e delle proprie tradizioni nazionali, come vediamo succedere anche oggi più d’una volta a studiosi che — pur movendo da un giusto senso di reazione a certo troppo chiuso e gretto provincialismo — nella ricerca di uno spirito europeo perdono il senso della propria tra­dizione nazionale e culturale, dando l’impressione di anime disorientate e sperdute. Per il Sismondi giova subito notare che questa aspirazione a sentir la cultura con spirito lar­gamente umano, parte dalla convinzione che questa supe­riore armonia non può risultare che dal coesistere delle singole tradizioni nazionali, per la cui indipendenza egli lottò tutta la sua vita.

') Jean-R. D eSalis, Sismondi (1773-1842). La vie et l'œuvre d’un cosmopolite philosophe, Paris, Champion, 1932, pp. IV-481.

’) Si veda una nostra rassegna di quest’opera nel Giornale Storico della Letteratura italiana, Cì (1933), fase. 1.

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INTRODUZIONE XI

Una vita molto semplice e raccolta, in un ambiente in­tellettuale in cui le correnti più diverse s’intrecciano con­tinuamente. Nato nella patria di Calvino, di famiglia pro­testante, il futuro storico sorge in un ambiente in cui prevalgono e si alternano specialmente queste due attività: la ricerca scientifica — mossa, però, più da preoccupazioni utilitarie che sentita in sè e per sè, — e l’azione politica. La famiglia dalla quale discendeva (fosse o no d’origine pisana, come lo storico amava credere, — e comunque questa convinzione influì in qualche modo sul far conver­gere P interesse del futuro storico sulle nostre repubbliche marinare del medioevo) aveva conosciuto da epoche remate { l’esilio per ragioni religiose: di qui quel sentito bisogno di una larga tolleranza religiosa a cui si ispira il Sismondi in tutta la sua opera. Dopo una breve esperienza commerciale a Lione, donde viene cacciato dai moti rivoluzionari, rien­tra in patria, ma anche qui ben poco resta: alla fine del 1792 un cambiamento, in senso democratico, nel governo di Ginevra lo costringe a rifugiarsi in Inghilterra. Questo soggiorno durò circa un anno e mezzo, e fu impiegato dal Sismondi principalmente nello studiare la costituzione in­glese, Tornato in patria verso la metà del 1794, non fece in tempo a riprendere contatto col suo paese, chè lo sca­tenarsi del Terrore a Ginevra, colle persecuzioni contro tutti i nemici e i pretesi nemici del partito rivoluzionario, obbligò i Sismondi — considerati come aristocratici — a fuggire di nuovo. E questa volta la meta degli esuli non fu l’Inghilterra, ma il nostro paese.

Acquistata la villa di Vaichiusa, presso Pescia, nella ras­serenante campagna della Valdinievole il Sismondi trovò per qualche tempo quel raccoglimento di cui la sua anima aveva bisogno; e mentre attendeva a far produrre il ter­reno acquistato, si interessava vivamente ai problemi del­l’agricoltura toscana. Ma la tranquillità degli studi doveva durar ben poco: nonostante che a Ginevra il Sismondi fosse stato vittima della rivoluzione, a Pescia fu preso per giacobino, e nel 1796 imprigionato per parecchi mesi. Nè questa fu la sola persecuzione che dovè subire, chè nel 1799

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veniva di nuovo arrestato e minacciato d’esilio, e solo il cambiamento delle condizioni politiche della Toscana do­veva permettergli di riprendere la sua libera attività.

Nonostante queste disavventure, questo soggiorno in Toscana fu fecondo per il Sismondi: quel Tableau de l'agriculture toscane che pubblicò dopo alcuni mesi dal suo ritorno a Ginevra, — nell'autunno del 1800 —, è frutto di questa prima dimora nel nostro paese. Sul frontespizio, sotto il nome dell’autore, questa aveva aggiunto a titolo d’onore: « membre correspondant de l’Académie Royale des Georgofiles de Florence ».

Nell’ambiente ginevrino nel quale era tornato a vivere, il Sismondi trovò incitamento anche all’altra sua opera di questo primo periodo della sua attività, il libro De la Ri­chesse commerciale, ispirato in gran parte alle idee di

\ Adamo Smith, seppure.con una tutta sua preoccupazione *■ etica. Ma soprattutto in questo periodo cominciò quella

sua frequenza del cenacolo di Coppet, che per parecchi anni doveva avere un’ influenza così grande sul suo spirito : prima di tutto Mme de Staël, e poi lo storico della Sviz­zera Giovanni Müller, e B. Constant, A. G. Schlegel, Bon- stetten, P. H. Mallet, É. Dumont, e tanti altri fra gli spiriti più rappresentativi della cultura europea del principio del* l’Ottocento, che fecero definire a Stendhal le riunioni di

fCoppet corpe gli stati generali dell’opinione europea. 11 De Salis insiste con una certa ampiezza sull’ influenza di Cop­pet sullo spirito del Sismondi, ed ha ragione. Per il Si­smondi frequentare la società cosmopolita di Coppet fu come tuffarsi in pieno nella più ricca cultura europea, tanto che in un primo tempo rimase come stordito, come ce lo rappresenta in una delle sue lettere Bonstetten, mentre as­siste a una discussione fra A. G. Schlegel, il Müller, il Mallet e il Bonstetten stesso, nella quale si pone in dub­bio l’esistenza di Mosè, di Omero e di Ossian *). Il fascino maggiore era esercitato sul suo spirito dalla Staël, per la quale provò subito un’ammirazione senza limiti, e un attac-

*) B o n s t e t t e n ’s Briefe, Frankfurt a. M ., 1829, I, 220.

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INTRODUZIONE X III

camento che non doveva aver fine che colla morte della scrittrice, nel 1817. Li univa l’amore al comune maestro Rousseau, e l'ideale di libertà da entrambi vagheggiato: l’avversione stessa per Napoleone — più forte nella Staël per le note vicende dei suoi rapporti con Bonaparte — li unì, nè il contrasto d’idee durante i Cento giorni, quando il Sismondi si avvicinò all’Impero, fu poi così grande fra i due scrittori come potrebbe sembrare a prima vista. La Staël avviò il Sismondi alla conoscenza del mondo roman* f f tico, rese più largo e più vivo il suo interesse per la let- foratura, gli fece sentire, più forte l’esigenza di una cultura viva e varia. Nel circolo della Staël il Sismondi conobbe gli altri scrittori a cui abbiamo accennato. Giovanni Mül- ler lo consigliò e lo aiutò nel suo primo orientarsi negli V ^ studi storici, per quanto poi il Sismondi venisse attenuando la sua ammirazione per il « Tacito svizzero », nè sapremmo fargli un torto per il fatto che, come scrive il De Salis,« le charme pittoresque, l’émotion inhérente au style de Müller ne l’atteignent guère » *). È anzi un suo merito di non essersi lasciato prender dal gusto romantico del colore locale, sacrificando alla preoccupazione di apparire scrittore colorito quella sobrietà e semplicità d’espressione che sono così connaturate alla sua serietà di studioso. Benjamin Con­stant, col suo interesse così vivo e chiaroveggente per la vita politica, giovò a orientarlo nel determinarsi delle sue idee politiche, mentre Mallet e specialmente Bonstetten — ricchi di un’esperienza tutt’altro che comune allora: quella delle letterature del nord dell’ Europa — fecero sorgere in lui nuovi bisogni culturali, tanto che per un momento pensò . _ i anche di scrivere un corso sulle letterature dell’ Europa set- C. tentrionale.

Dagli studi economici e politici sorse nel Sismondi l’ in­teresse per la storia, dalle indagini fatte sulla costituzione delle repubbliche italiane il bisogno di conoscerne compiu­tamente le vicende e poi il desiderio di narrarle. V Histoire des Républiques italiennes au moyen âge fu il lavoro di circa

t

*) Op. cit., p. 101.

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XIV O. C. L . SISM0ND1

un ventennio, e se la consuetudine colia Staël e col gruppo di Coppet giovò al Sismondi anche per quest'opera, ci sembra eccessivo quanto afferma il De Salis a questo pro­posito: « .... sans Mme de Staël. Constant n’aurait pas écrit Adolphe, ni Sismondi les Républiques Italiennes » (p. 337). A parte altre considerazioni, come si concilierebbe questo con quanto ci dice il Sismondi stesso in un frammento autobiografico (cit. dal De Salis stesso, pagina 69) : « Mes recherches sur les constitutions des républiques italiennes m’obligèrent à étudier leur histoire, et c’est de cette épo­que, l’an 1798, que datent mes efforts de la posséder, et ensuite ma résolution de l’écrire », dal momento che il Sismondi non conobbe la Staël che qualche anno dopo?

Per quel che riguarda il viaggio in Italia del Sismondi colla Staël e lo Schlegel, troviamo nello studioso recente nuovi particolari. Nel visitare Roma e la campagna romana il Sismondi si interessa alle condizioni economiche del paese, alla sua agricoltura, ecc., e il suo biografo nota che « l’émotion qu ii éprouve en apercevant pour la première fois les ” tristes plaines ” de Rome, est due à un sentiment de pitié bien plus qu’à une sensation esthétique » (p. 139). E ricollega quest’osservazione a quanto il Vallette ebbe a dire dei viaggiatori svizzeri che hanno visitato Roma, che cioè è una loro caratteristica « d’être assez peu sensibles à

[l’émotion artistique pure, qui tient moins de place dans 'leurs oeuvres que l’histoire, la philosophie, l’économie poli­tique, voire même l’agronomie et la philanthropie ». Ùsser- vazioni delle quali non mettiamo in dubbio la fondamen­tale giustezza, purché non sieno fatte coll’intenzione di ri­scontrare nel Sismondi una deficienza: il suo interesse non è certo quello dell’artista, ma non è detto che Roma e la campagna romana non possano esser guardate che con occhio d’artista. Se il Sismondi fosse stato questa figura di scrittore, non avrebbe lasciato le opere storiche che ha scritto. E d’altra parte anche troppe pagine abbiamo, specie nella letteratura del periodo romantico, sulla poesia delle rovine di Roma, sul senso di morte che dava la visione della sua campagna ai viaggiatori stranieri, e ci sono molti

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INTRODUZIONE XV

motivi divenuti convenzionali, che si ripetono sino alla sa­zietà. Siamo invece grati al Sismondi di essersi così inte- ressato alle condizioni del nostro paese, con un senso della realtà e con una sincera passione tutt’altro che comuni negii scrittori stranieri all’alba dell’Ottocento.

Per mezzo della Staël il Sismondi entrò in relazione colla Contessa d’Albany, colla quale doveva poi intrattenere una lunga corrispondenza, ricevendo spesso da lei notizie di comuni conoscenti in giro per l’Europa, come Ugo Foscolo, conosciuto dallo storico, ma dal quale rimase sempre se­parato dalle vicende della vita. E sempre per mezzo della Staël il Sismondi conobbe il Monti, il Cicognara ed altri scrittori nostri. D’altra parte, guidando la scrittrice attra­verso l’Italia, l’aiutò senza dubbio a intendere il nostro paese, sia col farle conoscere il passato, sia anche coll’in­teressarla alle condizioni della nostra patria anelante a un risorgimento. Nel 1808, poi, il Sismondi fece un altro viag­gio colla Staël, ma questa volta in Germania. E certo la futura autrice dell’Allemagne giovò a sua volta allo storico nell'orientarsi nel mondo germanico, tanto più che ia Staël— attirando intorno a sè quello che di meglio offriva la Germania intellettuale — permetteva al giovane storico di conoscere i principali aspetti deU’anima tedesca in un mo­mento particolarmente interessante.

Dopo il viaggio in Germania, l’atteggiamento della po­lizia napoleonica a proposito della Staël divenne sempre più sospettoso, e le persecuzioni contro la scrittrice aumen­tarono. Il Sismondi per questo non rallentò la sua amici­zia con lei; vide con dolore avvicinarsi il momento in cui la Staël avrebbe dovuto allontanarsi anche dalla Svizzera, e quando apprese la notizia della sua fuga attraverso l’Europa, ebbe l’impressione che qualche cosa di vivo e di profondo venisse a mancare nella sua vita. In realtà il corso sulla letteratura dei popoli meridionali dell’Europa, che il Sismondi tenne a Ginevra nell’inverno 1811-2, è l’opera che più si ricollega al pensiero della Staël, al mo­vimento romantico e al gruppo di Coppet in particolare. Recatosi a Parigi nel 1813, per la pubblicazione del suo

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XVI G. C. L. SISMONDI

corso, il Sismondi entrò in relazione col Guizot e col Fauriel, e soprattutto si interessò alla vita politica, augurandosi in cuor suo il trionfo degli alleati contro Napoleone. Ritornato nella solitudine di Pescia, dove rimase fino al maggio del ’14, seguiva di là con ansia i grandi avvenimenti che si svolgevano. Ma quando le truppe austriache invadono la sua Svizzera, l’avversione del Sismondi per Napoleone comincia a diminuire, ed è d’accordo col Foscolo nel ri­tenere più dannosa di tutte la dominazione degli austriaci, soprattutto per ■? la police défiante, l’aversion pour les lumières, les entraves qu’ils mettent à la circulation des livres et des idées ». La caduta di Napoleone lo colpisce profondamente, e in una lettera alla Contessa d’Albany ha a questo proposito un atteggiamento che potremmo dire anticipatamente manzoniano : « Quant à l’homme qui tombe aujourd’ hui, j’ai publié quatorze volumes sous son règne, presque tous avec le but de combattre son système et sa politique, et sans avoir à me reprocher une flatterie, ni même un mot de louange bien que conforme à la vérité ; mais au moment d’une chute si effrayante, d’un malheur sans exemple dans l’univers, je ne puis être frappé que de ses grandes qualités ». Una breve esperienza di vita politica a Ginevra, durante la restaurazione della sua indipendenza politica, .mentre non dette al Sismondi quelle soddisfazioni che si aspettava, gli fece sentire più forte il bisogno di esplicare una sua attività in un ambiente politico più vasto. Al principio del 1815 si reca a Parigi: il momento è quan- t’altri mai interessante. Tutto il mondo di Coppet, perse­guitato da Napoleone, ora trionfa: nella capitale il Sismondi ritrova la Staël, la Récamier !), o conosce nuovi personaggi della vita politica: Wellington, il Duca di Broglio — futuro genero della Staël — ~e altri. Lo storico studia con inte­resse il nuovo aspetto della Francia sotto la Restaurazione, ma ne è tutt’altro che entusiasta. La debolezza del Re e la

') Su questo periodo della vita del Sismondi a Parigi, si veda una pagina interessante del V i l l e m a i n , Souvenirs contem­porains d’histoire et de littérature, Paris, 1885 II, 10.

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INTRODUZIONE XVII

sua inettitudine lo rendono pensoso dei futuri destini del paese; quanto agli uomini che lo circondano osserva che « il est impossible de voir un gouvernement plus papier mâché que celui-ci », mentre è indignato della politica a cut si ispira il Congresso di Vienna. Quand’ecco la notizia dello sbarco di Napoleone, e poi della sua marcia trionfale verso Parigi. Oli amici di Coppet lasciano la capitale, come i realisti ; il Sismondi rimane, interessandosi allo spettacolo della capitale, e notando nelle lettere alla madre — inte­ressantissime — le sue osservazioni sui grandi fatti a cui assiste. La facilità e la rapidità colla quale Napoleone ri­conquista la Francia fanno un grande effetto sul suo animo, tant’è vero che scrive: « La révolution est accomplie, etr l’on peut bien dire que c’est la plus étonnante dont l'hi-l stoire du monde conserve le souvenir ». Il Sismondi si av­vicina gradatamente al nuovo Impero. Questo cambiamento, che suscitò molte critiche da parte dei contemporanei, è stato variamente interpretato dagli studiosi : occorre soprat­tutto ricollegare costantemente quest’attività dello storico alla sua particolare condizione di cittadino di Ginevra. Le ragioni principali di questo cambiamento politico, oltre nelle circostanze a cui abbiamo già fatto cenno, crediamo che si debbano ricercare da un lato nel risveglio del sentimento patrio nel Sismondi, di fronte all'invasione straniera; dal­l’altro nella sfiducia nei Borboni, « princes fugitifs et men­diants, qui seuls dans l’Europe n’ont jamais tiré l’épée pour leur propre cause » ; e, infine, nella convinzione che una Francia forte potesse, controbilanciando la potenza del­l’Austria, favorire il movimento nazionale anche in Italia. I primi atti del nuovo governo napoleonico (l’abolizione della censura; la proibizione della tratta dei negri, contro la quale il Sismondi aveva ripetutamente scritto, ecc.) lo con­vinsero che Napoleone avrebbe potuto realizzare le aspira­zioni dei liberali, ai quali sembrò andar incontro chiamando il principale esponente dell’opposizione a redigere la nuova Carta costituzionale: Benjamin Constant, l’amico del Si­smondi. E indubbiamente anche questi — come appare chiaro dalle lettere del Constant al Sismondi recentemente

tò-J-

il.

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XVIII G. C. L. SISMONDI

pubblicate — contribuì anche direttamente ad orientare verso il nuovo Impero lo storico: gli articoli che questi scrisse per difendere e sostenere la nuova costituzione son dovuti in gran parte ai suoi legami con Constant. Ma la sua condotta durante i Cento giorni fu costantemente gui­data da motivi ideali, tanto che potè colla stessa serenità esporre il suo pensiero a Napoleone quando ebbe con lui il famoso colloquio, e restare indisturbato a Parigi al ri­torno di Luigi XVIII ; — per quanto avesse poi a soffrire dei giudizi che, specie i suoi concittadini, dettero sul suo rapido cambiamento.

Queste delusioni di carattere politico furono in fondo benefiche per il Sismondi, nel senso che lo richiamarono maggiormente agli studi. Nel 1816 si trovava di nuovo a

I Pisa colla Staël, per il matrimonio della figlia della scrit- > trice col Duca di Broglio, stringendo sempre più relazione con quest’ uomo politico destinato ad avere una parte no­tevole nella vita del suo paese, e intanto continuava a la­vorare alle Républiques a Pescia presso la madre, « une véritable matrone d’une République fondée par Calvin », come la definì il Duca di Broglio. Nel 1817 finalmente l’opera era compiuta, ma nello stesso anno moriva Mrae de Staël : si può dire quindi che quest’anno segni veramente una svolta nell’esistenza del Sismondi.

L’ultimo periodo della vita dello storico è più calmo e raccolto, ma anche assai meno interessante per noi: non

{ più il mondo cosmopolita di Coppet e di Parigi, non più ' i grandi avvenimenti politici. Un’esistenza pacata, all’ombra

di una fama larga e solida. La grande opera di quest’ul­timo periodo sarà l'Histoire, des Français, di cui i ventinove volumi si succedono regolarmente fino a poco prima della

1 morte. A Ginevra gli amici di questi ultimi anni sono so­prattutto Pellegrino Rossi e Etienne Dumont; ma anche se in quest’ ultimo periodo ben poco dimora nel nostro paese, non meno forti restano i suoi vincoli coll’Italia, e mentre la sua casa di Ginevra è aperta agli esuli e ai viaggiatori italiani — il Santarosa, il Collegno, il Porro, il Ricasoli, il Confalonieri, il Cavour — continua attivi i suoi rapporti

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INTRODUZIONE XIX

con nostri scrittori e uomini politici: Barbieri, Brofferio, Capponi, Foscolo, Giusti, Lambruschini, Manzoni, Maz­zini, Niccolini, Ugoni. E per quanto, col trascorrer de­gli anni, venisse inevitabilmente allontanandosi dalla vita dèi tempo suo, e le nuove generazioni lo sentissero ormai lontano da loro, sinché visse si interessò alla politica della sua Ginevra: pochi mesi prima di morire, alla fine del marzo 1842, ormai stremato da una malattia che da tempo10 minava, si recò come deputato all’Assemblea costituente di Ginevra per difendere un’ultima volta — per quanto gli mancassero le forze persino per portar a termine il suo discorso — quelle idee al cui servizio aveva consacrato la sua vita operosa.

** *

La grande varietà dei suoi interessi e della sua produ­zione rende particolarmente difficile allo studioso rendersi| conto dell’opera del Sismondi in tutta la sua complessità. Unicamente per comodità di studio possiamo riunire que­sti numerosi scritti in tre gruppi principali : storico, eco- nomico-politico. letterario, per quanto le opere di que­st’ ultimo gruppo rappresentino piuttosto un momento particolare dello spirito del Sismondi (il periodo che po­tremo dire di Coppet) che non una preoccupazione domi­nante di tutta la sua vita, come gli altri due. E per quanto11 Fueter abbia giustamente messo in rilievo come ben poco — se non addirittura nulla, come dice lo studioso tedesco — il Sismondi si valse nello scriver la storia della sua preparazione economica, certo il trapasso dall’economia e dalla politica alla storia, e viceversa, è in lui continuo.

Abbiamo già detto come allo studiar la storia delle no­stre repubbliche medievali il Sismondi giungesse attraverso i suoi studi sulla loro costituzione, ma bisogna tener pre­sente anche un altro motivo che permane poi costante in lui: quello nostalgico. Il cittadino di Ginevra, il figlio della « Pieve di Calvino », com’egli la chiamava, il discepolo ideale di Rousseau per cui il problema dominante è quello

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della libertà, il politico convinto che la forma di governo che dà maggior garanzia di libertà e di prosperità è quella federativa, sentiva in modo particolare il fascino di quei « siècles de grandeur et de gioire » — che il Foscolo avrebbe poi chiamato i « secoli di ferro » — facendo la storia dei quali lo scrittore poteva mettere in rilievo dei grandi ca­ratteri, che contrastavano singolarmente cogli uomini mo­derni, coi quali — in ogni sua esperienza politica — l’ideo­logo Sismondi doveva trovarsi inevitabilmente in contrasto. Già il Miiller aveva definito il medioevo l'epoca del merito sconosciuto, é la Staël aveva insistito sull’ idea che non si doveva considerare l’epoca di mezzo come un periodo di decadenza: ma in realtà lo storico della Svizzera si com­piaceva più che altro di scriver pagine colorite, e nella Staël quell’affermazione era una genialejntuizione, più che frutto di convincimento derivante da diretta conoscenza, — a meno che non l’avesse afferrata (come spesso le accadeva) nell'aria, risalendo essa a quell’affermazione herderiana che vi erano nella storia grandi epoche calunniate a torto, come appunto il medioevo. Il Sismondi studiava quei secoli per ritrovarvi le origini della civiltà moderna, con un interesse intensamente vissuto e sentito, colla fiducia di richiamare a nuova vita una nazione abbattuta da una lungc servitù facendo la storia della sua passata grandezza, fermamente convinto come egli era che « l’histoire n’a de valeur que par le jour qu’elle jette sur les moyens de rendre les hom­mes heureux et vertueux ». Nella storia di quelle repubbli­che, nel loro fiorire e nel loro decadere, causa di asservi­mento, egli saggiava la bontà di quei princìpi a cui in fondo doveva restar fedele, e che avrebbe poi riassunto in queste parole ; « Je suis libéral et, mieux encore, républicain, mais jamais démocrate.... Mon idéal en fait de gouvernement c’est F union et l’accord des éléments monarchiques, ari­stocratiques et démocratiques, c’est la république romaine enfin dans ses beaux jours de vertu et de force, et non les principes modernes, que je ne reconnaissais nullement pour des principes ». Di qui quel suo particolare pathos che appare specialmente in certi passi delle Républiques:

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INTRODUZIONE XXI

un pathos sui generis, contenuto e pacato, com’è naturale di uno scrittore che vive con tanta immedesimazione la propria opera, ed ha il disdegno d’ogni forma di retorica e di letteratura nel peggior senso della parola, per una reazione di carattere morale più che estetico. Nostalgia e desiderio di libertà, dunque, tant’è vero che scrivendo alla Contessa d’Albany, a proposito della Littérature du Midi, esclama: « Vous m’y trouverez tel que j’ai toujours été, t protestant et républicain, et montrant partout dans 1’ histoire I de l ’esprit humain la pernicieuse influence du despotisme f civil et religieux, ou les bienfaits des deux libertés

Ma, anche, libertà in opposizione a democrazia. Egli infatti venne convincendosi che le masse, spesso ignoranti, divengono facilmente tiranniche: onde il bisogno di formar uii’opinione media, più illuminata che è possibile. Convinto che il numero di per se stesso non dà diritto al potere, onde occorre reagire alla teoria della sovranità popolare, e che quindi un partito non ha diritto al governo solo per- > chè ha la maggioranza dei suffragi, pensò più volte che si dovesse sostituire alla votazione solita una forma nuova, per classi sociali, nella quale si dovesse tener conto del diverso valore dei votanti e della differente importanza del loro voto, in modo da aver un parlamento in cui fossero rappresentati i vari interessi sociali, ma con preponderanza J 3^ dei borghesi e degli intellettuali.

Una volta ammesso, come afferma nell’introduzione alle Républiques, che: « Les vertus et les vices des nations, leur énergie ou leur mollesse, leurs talents, leurs lumières ou leur ignorance ne sont presque jamais les effets du climat, les attributions d’une race particulière, mais l’ou­vrage des lois », e che queste hanno bisogno della libertà, far la storia di un popolo vorrà dire in fondo far la storia del sorgere, del fiorire, del decadere della sua libertà. Per­chè l’Italia, così largamente favorita dalla natura, era tanto decaduta dal suo antico splendore? Perchè le leggi, la re-1 ligione, l'educazione ne avevano completamente asservito >lo spirito. La religione, non più intimamente vissuta come regola di vita, era ridotta solo a pratiche esteriori. L’edu-

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cazione, completamente in mano dei Gesuiti, non più dava agli uomini l’abitudine del ragionamento e della discussione, ma li preparava a ubbidir ciecamente ai loro superiori, venuto meno ogni senso d’indipendenza, di fierezza e di energia. Trascurata completamente l’educazione della donna, invece di alimentare in lei fin da piccola il senso dell’onore e della dignità, si affidava solo alla riservatezza la difesa della sua onestà. Ora, pensava lo storico, invece di tra­scurare o disprezzare un popolo così decaduto, era un do­vere di aiutarlo a riconquistare il sentimento della propria indipendenza. Troppo grande era l’affetto del Sismondi per il nostro paese perchè anche certe sue parole non fossero in lui dettate da simpatia profonda, con uno scopo emi­nentemente benefico: non per nulla il Conte di Cavour, poco più che ventenne, dopo essersi recato a visitare lo storico a Ginevra, notava nel suo Diario: « Bon Sismondi! Comme son coeur sympathise vivement avec les malheu- reux Italiens! La pitié est la dernière dignité d’une puis- sance déchue » .4) Ma perchè questa pietà non restasse vana e infeconda, in quale modo si poteva contribuire seria­mente a risollevare questo popolo, giovando — col suo esempio — all’umanità intera? Non c’era che farla storia del periodo del suo maggiore splendore, quando nelle li­bere istituzioni gli italiani erano educati a sentire forte­mente la religione, la libertà, l’indipendenza, tanto che avevano avuto una grande civiltà prima ancor dei popoli che oggi li opprimevano. Se per l’epoca di mezzo il Si­smondi provava un grande interesse e una grande nostal­gia, questa non restava vana effusione di un sentimento, ma si concretava in un’opera di ampio respiro, frutto di un ventennio di lavoro indefesso, da poter efficacemente giovare per formare una nuova coscienza. O pera dunque con scopo eminentemente educativo, nel miglior senso della parola, al centro della quale si trova in primo piano il popolo : i governi stessi vengono giudicati in quanto hanno saputo o no dare il benessere al popolo stesso. E dal po-

*) Diario inedito a c u r a di D . B e r t i , Roma, 1888, p . 10 .

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INTRODUZIONE XXIII

polo si elevano figure di santi e di guerrieri, d’artisti e di umanisti, alle quali l’autore si compiace di dare un forte rilievo.

Per la prima volta la storia delle repubbliche italiane vehiva studiata nel suo complesso,. pel- un periodo di vari secoli, con larghezza di preparazione, con conoscenza di­retta delle fonti, da uno studioso straniero di larga espe­rienza culturale, formato in quell’ambiente intellettuale così ricco a cui abbiamo accennato, e congiunto al nostro paese da vincoli così tenaci. E tutta l’opera era pervasa da un così vivo sentimento di libertà, di dignità morale, d’indi­pendenza, da animare anche le epoche più remote e le fi­gure meno interessanti; la passione contenuta che la per­vadeva, la fede nei destini del nostro paese che ogni tanto traspariva da quelle pagine così fitte e così documentate, avevano un tono così alto e così severo da dare al lettore un senso di commosso e grato rispetto. Non per nulla la polizia dei vari stati italiani — specie in Lombardia e in * Toscana — sorvegliava con tanto sospetto il diffondersi di ' quest’opera. La quale, sia per i sentimenti a cui si ispirava, sia per l’argomento che trattava — coincidendo la sua pub­blicazione col diffondersi in Italia delle idee romantiche, ( che portavano con sè un particolare interesse per il me­dioevo, non solo idealizzato letterariamente, ma sentito come l’età eroica alla quale si doveva ricollegare la nuova civiltà italiana *) — veniva proprio incontro a un bisogno largamente sentito per cui, se in Francia e in Germania ebbe un largo successo di ammirazione, in Italia fu letta coll’ interesse vivo con cui si segue un’opera che parli dei problemi più appassionanti del momento in cui viviamo. Nel 1829 il Berchet, nella dedica delle Fantasie « Agli amici miei d 'Italia», affermava di non credere che nel nostro paese ci potessero essere ancora persone che non fossero scosse « neppure dal gran rumore fatto pel lungo e pel traverso dell’Europa dalla bell’opera del signor Sismondi

’) Si veda in proposito l’articolo del Borsieri, Notizie sullo storico Giovanni Mailer, nel n. 73 del Conciliatore.

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sulle repubbliche italiane ». E quest’opera rimase — nono­stante i difetti, dovuti alla difficoltà stessa dell’ impresa — lo scritto migliore del Sismondi, la più vissuta e la più sentita, quella a cui l’autore aveva consacrato i suoi anni migliori.

L’altra vasta opera storica, Yffistoire des Français, co­minciata a pubblicare nel 1821, é~contÌnuafa~af uscire re­golarmente sino alla morte dell’autore, parte anch’essa dalla convinzione che si deve ricercare nella storia di Francia soprattutto l’effetto delle istituzioni sociali che l’hanno retta attraverso i secoli. Non solo lo storico viene a reagire all’indirizzo spesso retorico o agiografico dei suoi prede­cessori, ma consegue un altro scopo : che mentre quelli si erano prima di tutto preoccupati di dimostrare il continuo svolgersi del regime monarchico, il Sismondi vede la storia di Francia scossa di tanto in tanto da profondi rivolgi- menti, dai quali gli sembra uscire ogni volta — col cambiar delle istituzioni e dei costumi — sempre nuova. Egli, cioè, riesce prima di tutto a questo: a veder le svolgersi della storia francese come qualche cosa di più vivo, di più com­plesso, di più movimentato, che non avessero fatto i suoi predecessori, — dividendo la storia francese in nove pe- riodi, dall’epoca merovingia alla rivoluzione, secondo le nuove tendenze che in ognuno di quelli gli sembravano rivelarsi. Lo storico delle nostre repubbliche riappare qua e là, sia nell’importanza che dà al nostro paese in rapporto alla Francia, sia nel veder sorgere anche nel ' medioevo francese qualche tendenza federativa. Per quanto lo storico considerasse la Francia un po’ come la sua patria, e pro­vasse per il suo passato un vivo interesse, non si può dire — salvo qualche caso: per esempio la storia della Riforma — che il Sismondi ne sentisse il fascino come per l’Italia medievale. Forse anche la vastità dell’impresa, forse il declinare stesso delle forze dell’autore, e una certa stan­chezza derivante dal lungo periodo che quest’opera occupò

IH nella sua vita — dal 1818 al 1842 — spiegano una certa ! freddezza, una certa lungaggine, un tono più da annalista ' che da storico. Anche questo — oltre il fatto che nuovi

bisogni, ai quali quest'opera non poteva più soddisfare,

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iNTRODUZIONE XXV

sorgevano nell’anima francese — spiega come, mentre i primi volumi segnarono un grande avvenimento nel 1821, gli ultimi uscirono quasi senza che nessuno se ne accor­gesse, e l’autore stesso nel pubblicarli aveva più T impres­sione di dar compimento a un’opera di altri tempi che di rivolgersi ancora al suo pubblico, di " suscitar discussioni come per il passato. Opera dunque molto più ricca di fatti che d’idee, frutto di lunghe, pazienti, oneste ricerchesùTle fonti, esposte con ordine e con chiarezza, ma spesso anche senza calore e senza rilievo: si capisce come un Thierry fo un Michelet, per quanto lontani dal Sismondi, avessero per lui tanta stima, in quanto egli possedeva queste solide qualità, sulle quali si poteva riposare con sicurezza. Non più quella fede che illumina di sè parecchie pagine delle Républiques, ma piuttosto un tono moraleggiante, che spesso stanca il lettore. Ad ogni modo rimane un’opera fonda- mentale : sforzo grandioso di dominare nel suo complesso la storia di un popolo come la Francia, senza che l’autore si appaghi di esporre i risultati raggiunti dai suoi prede­cessori, ma tutto cercando di ridurre a unità, di interpre- t tare, di chiarire. Se poi, anche vivente l’autore, gli altri \ storici seppero meglio appagare le esigenze del pubblico, bisogna convenire che il Sismondi ancora una volta aveva risposto ai bisogni del suo tempo, giacché coi primi volumi della sua Histoire era venuto incontro a quel desiderio di conoscenze storiche che è caratteristico della Restaurazione.

Histoire des Français, più che nelle Républiques, il Sismondi mise a profitto le sue vaste conoscenze eco­nomiche. Certo il problema economico lo interessò a lungo, si può dire per tutta la vita, cominciando da quando aveva pubblicato il Tableau de l’agriculture toscane. li De Salis £) dedica alcune pagine allo studio di questo libro: non cre­diamo però che il punto di vista dal quale egli si colloca— e che è quello letterario tradizionale, del Mignet e del Sainte-Beuve — sia il più adatto per intendere quest’ope­retta così significativa. Egli ricollega il Tableau de l’agri-

‘) Op. cit., pag. 63 sgg.

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cattare toscane alla « littérature naturiste », tipo Bernardin de Saint-Pierre. Ora, in realtà, quest’opera è nata dal sog­giorno che il Sismondi fece nella Valdinievole, com’egli ci dice (p. XVI), « en agriculteur », è frutto di osservazioni dirette e di esperienza da lui vissuta, ed ha uno scopo prima di tutto pratico: quello dì giovare, oltre che alia Svizzera, alla Francia che da poco ha conquistato l’Egitto, paese di clima mite, al cui sfruttamento può esser utile la conoscenza dell’agricoltura osservata nella campagna to­scana. L’Italia ha varie ragioni per interessare lo studioso straniero: « les Italiens formés, il y a plusieurs siècles, à l’école de la liberté, nous ont précédés dans la route des beaux-arts, des sciences, de l’industrie et des richesses: leur pays vient d’être à deux reprises le théâtre des victoi­res du premier des héros de la France; il a des titres pour nous intéresser; l’état actuel de son industrie, de ses ri­chesses, de ses ressources, l’influence qu’ont eu sur elles ses divers gouvernements, sont donc des questions impor­tantes pour des Français » (p. XI). Affiora qua e là la fiducia che queste osservazioni di uno straniero possano riuscir utili anche alla sua patria d’elezione, tant’è vero che alla fine dell’opera scrive: « Puisse ce petit ouvrage être éga­lement utile à ce pays que j’ai habité longtemps.... un peu­ple que j’aime, et auquel je dois de la reconnaissance; je ne regretterai pas cependant d’avoir quelquefois blessé ses préjugés, ou condamné ses usages, s’il peut recueillir quelqu’avantage de mes observations ». Non che manchino le parti descrittive, ispirategli dalla bellezza dei luoghi nei quali lo scrittore ha trovato la pace negatagli nella città nativa, ma queste descrizioni hanno un’importanza secon­darissima di fronte alle osservazioni veramente notevoli su problemi particolari, anche se insufficientemente svolte: i vantaggi che portano all’economia generale le piccole col­tivazioni; il sistema della mezzadria, come è esercitato in Toscana, e l’utilità e i danni dei livelli; se lo Staito deve proteggere e favorire certe industrie, che non portano ric­chezza; l’influenza che il sistema agricolo ha sui costumi della popolazione; quali industrie ricevono alimento dal­

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INTRODUZIONE XXVII

l’agricoltura, e così via. Se qualche volta si indugia a de­scrivere la bellezza della Val di Nievole. è una breve pa­rentesi, che il suo interesse è altrove rivolto: quando parla r degli olivi che rivestono con tanta dolcezza i colli toscani, accenna appena alla bellezza della vista, mentre si indugia a lungo a studiare qual’è il clima che conviene all’olivo, il modo di piantarlo e di potarlo, il raccolto delle olive, la fabbricazione dell'olio, ecc. E così si dica delle altre coltivazioni: del gelso, della vite, del grano, dei frutteti, dei pascoli, ecc. Opera dunque che ha un notevole signi- ficato, ma non dal punto di vista letterario : da un lato in questa sono enunciate alcune delle idee che troveranno il loro svolgimento nell’ ulteriore attività economica e storica del Sismondi, e dall’altro essa va ricollegata a quell’inte­resse per questi problemi che si rivelerà negli scritti pub- . blicati nell 'Antologia e nel Giornale Agrario, e che avrà l i suoi sostenitori nel Capponi, nel Ridolfi e nel Lambru- ' schini.

A un certo momento, verso il 1819, nel pensiero eco­nomico del Sismondi avvenne un cambiamento. Staccandosi dalla scuola classica, sulle orme della quale aveva iniziato la sua attività in questo campo, si venne a trovare rispetto ai suoi contemporanei in una condizione singolare : mentre nella storia politica e letteraria rimase presto isolato, per­chè sorpassato dai giovani che lo consideravano troppo schiavo ancora delle ideologie del secolo precedente, in f materia economico-sociale rimase isolato per la ragione < opposta: di aver precorso idee che solo in tempi recenti avranno un loro svolgimento. Giacché, comunque gli eco­nomisti giudichino l’opera del Sismondi — e si nota nei vari giudizi una certa dubbiezza, tanto che alcuni lo ve­dono addirittura fra i precursori del socialismo, mentre ad altri appare quasi un reazionario — nelle opere economiche della sua maturità, e specialmente nei Nouveaux Principes, varie idee sue colpiscono anche il lettore moderno, fon­date come esse sono da un lato su vaste conoscenze sto­riche. dall’altro suH’esperienza. Tutta la teoria esposta in quest’opera poggia sulla convinzione che produzione e con-

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XXVIII O. C. L . SISMONDI

Isumo debbono bilanciarsi, non dovendosi aumentar la pro­duzione se non quando si possa convenientemente esten­dere il mercato. È un grave errore, secondo lui, che la produzione non sia proporzionata alla richiesta, ma al ca­pitale da impiegare: di qui le crisi di sovraproduzione, con grandi sofferenze sopratutto per l’elemento operaio. Con­trario alla libera concorrenza, invoca l’intervento dello Stato sopratutto in difesa della classe operaia: lo Stato deve ob­bligare il padrone a garantire la vita e la salute dei suoi dipendenti. Anche nell’industria l’operaio dovrebbe essere in qualche modo cointeressato, come — ed ecco sorgere il ricordo della mezzadria toscana, studiata nella prima opera — è possibile nell’agricoltura. Qualunque sia il va­lore di queste idee, e di molte altre alle quali neppure ac­cenniamo, bisogna riconoscere che il Sismondi è stato in primissima linea ad affermare la necessità di una vera e pro­pria legislazione del lavoro, rendendosi conto dei profondi rivolgimenti portati nell’economia moderna daH’introdu- zione delle macchine. E questo spiega non solo che i suoi scritti economicre sociali furono largamente discussi dagli economisti, ma anche come il suo nome ricorra, sia pure anche trattandosi di combatterne le idee — che è già un riconoscimento significativo — negli scritti di alcuni dei maggiori rivoluzionari moderni: da Marx e Engels, che nel famoso Manifesto chiamarono reazionarie e utopistiche le idee del Sismondi (senza rendersi conto che qualche cosa a lui pure dovevano) a Lenin, che in un suo libro si pro­pose di confutare la teoria dello scrittore svizzero e dei seguaci che aveva avuto anche in Russia, considerandolo come il fondatore del romanticismo „economico, ma rico­noscendo il valore della sua critica al sistema capitalistico. Questi impliciti riconoscimenti dell’opera economica del Sismondi sono dovuti più che altro all’importanza che egli dava al problema operaio nelle circostanze economiche profondamente cambiate.

L’altro gruppo di scritti del Sismondi a cui abbiamo accennato, quelli di critica letteraria — e prima di tutto l’opera De la Littératare du Midi de l’Europe che è il più

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INTRODUZIONE XXIX

importante di questi — è forse meno originale dei prece­denti, ma per un complesso di ragioni ebbe un’influenza anche maggiore. Uno dei primi scritti del Sismondi (1807) riguarda la vita e l’opera di P. H. Mallet, che aveva a lungo soggiornato in Danimarca come professore all’uni­versità di Copenhagen, aveva tradotto YEjida, e con vari scritti aveva fatto per primo conoscere la cultura del nord delUEuropa, intorno a cui nulla di preciso si sapeva. È già un indizio dell’interesse che il Sismondi dal campo della storia veniva allargando a quello delle letterature. Ma que­sto venne crescendo e determinandosi meglio in lui dal frequentare i vari scrittori che ebbe modo di avvicinare a Coppet, nei viaggi che fece in Italia, in Francia e in Ger­mania. Certo vi influì anche la convinzione che allargando le sue indagini sul passato dal campo politico-economico a quello letterario, la sua visione avrebbe potuto esser più compiuta. L’influsso della Staèl è evidente persino nel titolo dell’opera, nel quale è richiamata la distinzione netta fatta dalla scrittrice fra letteratura europea dei popoli nordici e dei popoli meridionali. Nè si può dimenticare la Staél nel £ vedere come costantemente l’autore ricollega le opere degli scrittori alle condizioni politiche e sociali in mezzo alle quali essi vivono.

Per poter abbracciare nell'opera sua una produzione così vasta come quella di tutte le letterature neolatine mo­derne, il Sismondi dovè anche ricorrere a opere di eruditi e di critici precedenti. E così per la civiltà araba si valse dell’opera dell’Andres, per la letteratura provenzale del b Millot, per quella italiana del Tiraboschi, del Bouterweck f dello Schlegel e del Dieze per le letterature iberiche. E di queste opere si servì spesso senza scrupoli per quello che riguarda notizie e dati di fatto. Ma non di questo ci preme occuparci: il Sismondi non volle fàre opera di erudito, e non da questo punto di vista dobbiamo considerare i suoi scritti di critica. Anzi, questa ha segnato un progresso proprio in quanto ha cercato di rispondere ad altre esi­genze che gli eruditi settecenteschi non potevano appagare. Intanto, il Sismondi considerava le varie letterature nazio-

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nali in un vasto quadro d’insieme, venendo così a sodi­sfare a quel bisogno di allargare i vari interessi culturali che al principio del secolo scorso cominciava a farsi sen­tire, anche in Francia e in Italia. Per questo il Sismondi deve esser considerato come uno dei principali premotori e fautori di quella curiosità per il mondo straniero che doveva poi diffondersi per mezzo del romanticismo. Quando la Staël, nel 1816, pubblicò nella Biblioteca Italiana quello scritto che doveva sollevare tanto rumore Sulla maniera e la utilità delle traduzioni, sostenendo la necessità per la cultura italiana di rinnovarsi a contatto delle grandi cor- renti intellettuali europee — « c’est demeurer dans un état

ffde démT-connaissance que de s’arrêter à l’étude de notreI /littérature seule » — veniva ad affermare cosa molto vicina

a quello che il Sismondi aveva scritto nell’opera sua, colla quale egli aveva fornito un mezzo utilissimo di prima in­formazione e di orientamento. Questo, invero, non era molto deciso nè privo di gravi contradizioni, ma appunto al suo tono conciliativo, all’aria guardinga che lo storico mostrava d’avere, si deve in gran parte la sua fortuna, spe­cialmente in Italia.

Il critico lascia apparire più d’una volta la convinzione di non esser un romantico, mentre combatte apertamente alcune delle idee più care ai classicisti: credendo di tenersi al disopra della mischia egli era certo nella più perfetta buona fede. Ma in realtà era assai più vicino al romanti- cismo, si potrebbe anzi dire che era una specie di romantico involontario. Non ammetteva che la mitologia classica, ormai lontana dal nostro spirito, potesse ancora esser sorgente

r di poesia: «Apollon, les Faunes, les Nymphes, les Satyres ne paraissent jamais dans une poésie moderne sans répan­dre autour un froid glacial; leur nom seul nous fait penser à comparer et à juger, et cette disposition est la plus con­traire de toutes à l’entraînement, à la sensibilité et à l’en­thousiasme » ; ammirò fra tutte le epoche in modo parti-

' colare il medioevo, anche perchè le opere scritte in questo periodo avevano una loro maggiore ingenuità; trattando del teatro, se non in tutto, nelle idee principali aderì alle

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INTRODUZIONE XXXI

teorie romantiche, e considerò sempre la letteratura secondo il concetto, caro ai romantici, dello svolgimento. Dopo [n p r0,‘- aver trattato, sia pure abbastanza brevemente, della lette­ratura provenzale e di quella francese medievale, si occupò con molta ampiezza della nostra. Fra le sue pagine più notevoli sono quelle su Dante. l’Ariosto, il Tasso, PAlfieri: autori intorno ai quali ha scritto le osservazioni più per- sonali, anche per il fatto che erano a lui più familiari. Ma anche quando riprendeva e svolgeva idee di altri critici stranieri, l’opera sua presentava già ai lettori il frutto di un’esperienza nuova, costringendoli a rivedere certi giudizi tradizionali che appunto perchè tali sembravano aver acqui-

, stato valore di verità assiomatiche, abituandoli — grazie al metodo comparativo, del quale l’autore faceva largo uso — ad un maggior senso di relatività. La parte, poi, che riguardava le letteratufè iberiche — quasi del tutto t-vu ignorate allora — permetteva di conoscere scrittori che per il loro carattere attraevano in particolar modo, l’inte­resse dei lèttori ai quali il Sismondi si rivolgeva, in quanto avevano lavorato su quel fondo immaginoso e avventuroso « auquel on a donné, de nos jours, le nom de romanti- j que ». Ma su Cervantes, considerato non solo come lo scrittore che ha rappresentato satiricamente il mondo ca­valleresco, ma come un poeta la cui opera è tutta venata d’una tristezza profonda ; su Camoèns, poeta « nazionale » per eccellenza, su autori minori lo scrittore faceva osser-/ vazioni a volte acute, e sempre discuteva, criticava, gui-| dando discretamente il lettore, incitandolo a prender con­tatto direttamente con queste « Muses étrangères.... toujours reconnaissantes du culte que nous leur rendons ». Mentre gli eruditi del vecchio stampo si indugiavano soprattutto a dar notizie biografiche, il Sismondi concentrava la sua attenzione sulle opere, illustrandole e interpretandole con viva simpatia, mettendo in rilievo quello che ogni scrittore sembrava offrire di più personale, sempre con un grande rispetto per l’arte anche quando si trovava di fronte a scrit­tori troppo lontani dal suo modo di sentire. La sua uma­nità così complessa, la varietà dei suoi interessi, la ricchezza

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XXXII G. C. L. SISMONDI

f della sua cultura, davano sempre una singolare vastità allaI sua visione, facevano sentire nuovi problemi, sorgere cu- ' riosità nuove. E così si spiega come quest’opera, vivace­

mente discussa in Francia — dove molto contribuì anche a far meglio conoscere la nostra letteratura — tradotta nelle principali lingue europee, fosse accolta con particolare interesse in Italia, e amata soprattutto dai redattori del Con­ciliatore, che considerarono sino dal principio il Sismondi come uno dei loro, tanto che alla morte del Di Breme lo scrittore svizzero — commemorandolo nella Revue Encyclo­pédique (1820) — trovò accenti vibranti d’insolito calore e di viva commozione per l’amico caduto « au moment où l’aurore d’un jour glorieux allait commencer à luire pour l’Italie », e che « en attendant qu’ il pût attaquer d’autres dominations non moins absolues.... faisait la guerre à l’or­thodoxie pédantesque de quelques poétiques ». Per questa lotta, secondo quanto il Di Breme stesso dice nel Grand Commentaire sur un petit article, egli si era ispirato prima di tutto alla Littérature du Midi de l'Europe. Si deve effet­tivamente a questa sintesi se più d’una delle idee del ro­manticismo tedesco si diffuse nel mondo latino.

** *Oltre queste opere principali, il Sismondi scrisse una

lunga serie di opuscoli, articoli, recensioni, nella Revue Encyclopédique, nella Bibliothèque Universelle, nella Revue mensuelle d’économie politique, nel Conciliatore, nel Moni­teur universel, ecc. Collaborò anche a lungo alla Biographie Universelle del Michaud. In tutti questi scritti si interessò vivamente a p roblemi politici, economici, culturali del tempo suo, impegnandosi in essi più a fondo di quello che l’ap­parente freddezza e compostezza delle sue opere potrebbe far credere. In politica domina sugli altri problemi so­pratutto quanto riguarda la costituzione della Svizzera e il risorgimento dell’ Italia. Se il prima lo appassionò per tutta la vita, e cerco Hi mettere a servizio della sua patria — an­che se con scarso successo, sempre con molta nobiltà d’in­tenzioni — la sua preparazione e la sua esperienza, l’opera

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INTRODUZIONE XXXIII

che egli svolse per il nostro paese è tale da spiegarci be­nissimo l’interesse profondo che^suscitò in uomini come, il Berchet e il Pellico, il Foscolo e Tl Gioberti, il Mazzini e il Manzoni, il De Sanctis e il Carducci. Egli ebbe sempre una grande fede nel nostro risorgimento, tanto che, nel 1832, pubblicando l'Histoire de la renaissance de la liberté en Italie, volle concluder l’opera con queste parole commosse, ponendo il problema italiano al centro del problema euro­peo: « L’Italie est écrasée, mais elle est encore palpitante d’amour pour la liberté, la vertu et la gloire; elle est en­chaînée et ensanglantée, mais elle connaît encore ses forces et ses destinées futures; elle est insultée par ceux à qui elle a ouvert la carrière de tous les progrès, mais elle sent qu’elle est faite pour les devancer de nouveau, et l’Europe n’aura de repos que quand la nation, qui a allumé au moyen âge le flambeau de la civilisation avec celui de la liberté, pourra jouir elle-même de la lumière qu’elle a créée ». E per quanto straniero, sentì e condivise talmente il travaglio dei nostri uomini migliori del ’21 e del ’31, collaborò così efficacemente alla formazione d’una nuova co_scienza italiana, partecipò così fraternamente alle ansie e alle speranze del nostro popolo, che non ci stupisce che più d’uno degli italiani contemporanei lo considerasse dei nostri. Basti pensare che nel 1818 il Giordani, scrivendo al Monti, riteneva che per dar « coraggio e consiglio » a Carlo Alberto fosse opportuno fargli leggere Y Histoire des Républiques Italiennes « per conoscer bene l’Italia, e amarla e compassionarla, e volerla soccorrere, e confidarsi di po- j terne egli essere il glorioso restauratore », mentre d’altra parte il Mazzini — nonostante il contrasto avuto col Si- smondi a proposito della Savoia — poco prima di morire \ volle rileggere alcune pagine delle Républiques. Ma se per noi italiani l’opera di questo storico ha un interesse par­ticolarissimo, se la Storia delle Repubbliche « è una di quelle opere alle quali spetta l’onore di entrare nella let­teratura patriottica del Risorgimento » 1), essa è degna della

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XXXIV G. C. L. SISM0ND1

maggiore attenzione anche da un punto di vista più ge­nerale. Se una critica solo intenta a vedere i difetti degli scrittori o a non cercare in questi se non esempi di bello scrivere, ha potuto lasciare troppo nell’ombra l’opera di questo autore che non ebbe mai la pretesa d’essere un artista, che con tanta austerità sentì i vari problemi che occuparono il suo spirito, oggi che si è arrivati a consi­derare l’opera degli scrittori con spirito più largo, più umano e più comprensivo, è giusto che si ritorni con amore alle pagine gravi e meditate del Sismondi.

** *

Come abbiamo già avuto occasione di accennare, alcune lettere del Sismondi cominciarono ad esser pubblicate non molti anni dopo la sua morte nel volume Journal et Cor- respondance, che uscì a Ginevra nel 1857 *). Insieme con alcuni frammenti di un giornale intimo dello storico, e di lettere alla madre, videro la luce in questo volume nume­rose lettere indirizzate in vari periodi di tempo a Bianca Mi­lesi Mojon, al pastore americano William Channing e a una giovane ammiratrice dello scrittore, Eulalie de Saint-Aulaire, figlia delFAmbasciatore di Francia a Vienna. Le lettere erano state trascritte dalla Milesi stessa, sulla quale l’influenza del Sismondi fu molto notevole, specialmente dal punto di vista religioso; e le precedeva uno studio biografico di A. de Montgolfier, che ha un notevole valore di testimonianza, ricco com’è di notizie esatte, alle quali a lungo hanno attinto, quasi esclusivamente, coloro che si sono occupati del Si­smondi. Questa pubblicazione, oggi introvabile, era fatta però — a così breve distanza dalla morte dello scrittore* e da parte di persone legate a lui da vincoli d’affettuose devozione — più che col proposito di offrire documenti di interesse storico, o nuovi elementi per conoscere il Si­smondi (giacché, affermavano a torto gli editori, le lettere

') J. C . L . d e S i s m o n d i , Fragments de son Journal et Cor­respondance, Genève, J o ë l Cherbuliez, 1857.

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ÎNTRODUZIONE XXXV

« n’ajoutent rien à sa réputation d’historien, de savant, de publiciste, de littérateur ») colla speranza di « faire mieux connaître encore l’homme excellent, dont toutes les pensées tendaient à l’amélioration et au bonheur de ses semblables.... la bonté de son coeur, l’élévation de son âme » (p. Ili), e

’ via di seguito: si spiega così come quanto non sembrasse agli editori utile al raggiungimento di questo scopo, fosse senz’altro trascurato. E si spiega anche come il libro, a giu­dizio dei contemporanei, passasse quasi inosservato.

Alcuni anni dopo, nel 1863, uscì invece, a Parigi, un numeroso gruppo di lettere del Sismondi, pubblicate da Saint-René Taillandier, con un saggio introduttivo che l’anno prima aveva visto la luce nella Revae des Deux Mon­des: tutte quante erano indirizzate alla Contessa d’Albany )*. E questa volta le pagine del Sismondi trovarono dei lettori. Sainte-Beuve, con quel suo interesse così vivo per la bio­grafia, con quella sua curiosità sempre intenta a scrutare, dietro gli scritti, i lineamenti della figura umana dello scrit­tore per cercar di ricomporli in armonia, dedicò alla rac­colta due dei suoi « lundis » 8), richiamando l’attenzione anche sul vocine ginevrino. Parlando delle lettere, il Sainte- Beuve faceva alcune osservazioni acute sul Sismondi: sulla sua « riche nature morale, sympathique, communicative, qui se teint des milieux où elle vit, qui emprunte et qui rend aussitôt » ; su certa sua « disposition naïve » nel ve­der le cose, « italienne ou allemande, comme on voudra l’appeler, mais à coup sûr peu française »; sul bisogno che in qualunque relazione, come colla Contessa d’Albany, lo storico sentiva di giungere presto a una specie di amicizia, di confidenza rassicurante e fiduciosa. Ma il critico, che ben conosceva l’opera di Madme de Staël, avvertiva anche l’in terest storico che quelle lettere avevano, per quanto dicevano specialmente del gruppo di Coppet. II libro fu

J) Lettres inédites de J. C. L. de Sismondi, de M. de Bon- stetten, de M m‘ de Staël et de Mme de Souza, par M. S a i n t -

R e n é T a i l l a n d i e r , Paris, L é v y , 1863.a) Pubbl. il 14 e 23 sett. 1863, e poi in Nouveaux Lundis,

VI, 24 sgg.

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x x x v i 0 . C. L. SISMONDI

letto con un certo senso di meraviglia, per più d 'uno fu quasi una scoperta dello scrittore. Un altro critico illustre, Edmond Schérer, notò che, mentre si poteva non ammirare molto le opere, non si poteva non seguire con interesse le sue lettere, dalle quali il Sismondi guadagnava « comrne une seconde et meilleure célébrité » *). Invano Barbey d’Aurevilly volle dare ancora una prova di essere « le vir­tuose de l’éreintement », scagliando contro il volume di Lettres inédites, e più ancora contro Saint-René Taillandier che le aveva pubblicate, uno dei suoi articoli più violenti

ff e paradossali, negando ogni importanza alle lettere di que­ll sto « esprit lourd » ginevrino 2) : il libro è rimasto sino ad

oggi la raccolta epistolare più nota dello scrittore, fors’an- che perchè al nome dello storico era unito l’altro, per certi rispetti più noto a un largo pubblico, della Contessa d’Al- bany. Certe testimonianze sono state e sono spesso invo­cate. Se non che il valore di questa pubblicazione era da questo punto di vista infirmato proprio dai criteri ai quali Saint-René Taillandier ammette nell’introduzione stessa di essersi ispirato. Partendo da quest’affermazione: « les plus belles correspondances, les plus nobles journaux intimes qu’ait vu publier notre siècle, sont ceux qui nous font assister aux “ élévations „ de quelque grande âme », voile togliere dalla pubblicazione tutto ciò che sembrasse con­trastare con questo principio, anche se potesse avere un interesse storico. Non solo, ma un’altra preoccupazione gl’impedì di pubblicare integralmente le lettere della Con­tessa: « en les rassemblant dans ce volume, nous avons considéré comme un devoir de retrancher certains passages

Î qui mettent en scène d’une manière inutile ou fâcheuse des personnes justement honorées.... Ce ne sont pas seu­lement de hautes convenances sociales qui nous ont imposé ces suppressions; l’intérêt de l’auteur nfous à touché autant et plus encore que la dignité pieusement jalouse de telle ou telle famille, dont l’illustration fait partie de la gloire natio-

1) Nouvelles Études sur la Littérature Contemporaine, Pa­ris, 1865, p. 146.

2) Littérature êpistolaire, Paris, 1892, p. 181.

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INTRODUZIONE XXXVII

naie. Les propos de salon que Sismondi lui-même appelle des « commérages » ne pouvaient trouver place dans un recueil où brillent la noblesse, la loyauté, l’austère candeur, toutes les qualités bien connues de l’historien moraliste ». Ma intanto, per lasciar da parte questi che a Saint-René Taillandier sembravano semplici « commérages », fu spesso soppresso in queste lettere ciò che aveva per noi un mag­gior interesse, o addirittura un’importanza documentaria, come fu da altri notato proprio per quanto riguarda Constant1). Si è a lungo discusso — e si continua ancora — quale delle donne più amate abbia avuto presente Constant nel creare il personaggio di Ellénore nel suo romanzo auto- biografico, che ad ogni pagina è un originalissimo docu­mento di un’esperienza dolorosamente vissuta. A questo proposito si ricorre spesso a quanto dice nelle sue -lettere il Sismondi, data la sua intima amicizia coll’autore di Adolphe. Ora, Saint-René Taillandier credè suo dovere di sopprimere proprio uno di questi passi per le allusioni che vi sono a due donne amate da Constant: Mme Taima, la moglie del celebre attore, e Mme de Lindsay*). Questo è uno degli esempi più caratteristici, ma altri se ne potreb­bero addurre a dimostrare come — a parte quei piccoli errori formali, o sviste, in cui può facilmente cadere chiun­que pubblichi specialmente delle lettere — questa edizione del ’63 per gli stessi criteri discutibili, e ad ogni modo oggi inaccettabili, con cui era stata condotta, aveva bisogno di esser rivista ed integrata 3).

') L -Q. PÉLissiER, Saint-René Taillandier, éditeur de Si­smondi, et l’* Adolphe » de Benjamin Constant, in Revue d'Hi- stoire Littéraire de la France, 1908, p. 491 sgg.

2) Cfr. per questo le lettere inedite di Julie Talma a Con­stant pubblicate in Revue des Deux Mondes, 1 agosto 1931 sgg., e F. B a l d e n s p e r q e r , Dans V intim ité d ’Ellénore, in Revue de Littérature comparée, 1926.

3) Per la collazione di questi autografi del Sismondi, che si trovano a Montpellier, ci fu preziosa la dimora cofà di un valente studioso francese, l’amico Pierre Jourda, che pubblica­mente ringraziamo.

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x x x v m 0 . C. L. SISMONDI

Anche in Italia s'incominciò, oltre mezzo secolo fa, a pubblicare gruppi di lettere dello storico. Nel '11, Pasquale Villari, insieme con G. Monod, diede alla luce nella Revue historiqae le Lettres.... écrites pendant les Cent-Jours, l’im­portanza delle quali — affermava giustamente il nostro stu­dioso nella breve presentazione — « sauté aux yeux à la première lecture », in quanto esse sono « comme une pho- tographie de l’état de la France telle que Sismondi la vit et la jugea pendant les Cent-Jours, et une photographie non moins exacte de ses sentiments personnels ». Si trat­tava d’una specie di giornale scritto quotidianamente, in forma di lettere alla madre, che venivano spedite dallo scrittore ogni otto giorni: di tanto in tanto erano infra- mezzate da altre più brevi, mandate nell’intervallo. Per questo il Villari riteneva di dover pubblicare queste lettere « intégralement », a parte « quelques répétitions inutiles, quelques détails trop personnels ou certains passages peu importants ». Avendo riscontrato queste trentanove lettere pubblicate dal Villari sugli autografi, che ora sono alla Biblioteca Comunale di Pescia, abbiamo visto che in realtà quasi non c’è lettera di cui non sia omessa qualche parte, spesso anche lunga. Evidentemente il Villari si preoccupava di far conoscere soprattutto quanto a lui sembrava che potesse avere un interesse per la storia politica di quel periodo, e quanto non giovava a questo scopo era da lui trascurato senza scrupolo, mentre anche nelle parti trala­sciate non mancano notizie e apprezzamenti importanti sotto altri rispetti, e che sono una prova di più per con­vincerci — se ce ne fosse ancora bisogno — che per giu­dicare dell’ importanza di un documento non si è mai abba­stanza larghi, in quanto che ciò che sembra a noi poco significativo per l'argomento che soprattutto ci occupa, può avere importanza per altri, a cui interessano altri pro­blemi, molto lontani e molto diversi dai nostri. E altret­tanto, e più ancora, si può affermare della pubblicazione che A. Frènes fece alcuni anni dopo, nel 1888, nella Revue internationale di Roma, di numerose lettere del Sismondi. Come il titolo stesso della pubblicazione ci dice — Jean-

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INTRODUZIONE XXXIX

Pierre Vieusseux d’après sa correspondance avec Sismondi — A. Frènes soprattutto si proponeva di studiare la figura del fondatore At\YAntologia, e pubblicò perciò delle lettere del Sismondi quanto poteva giovare al suo assunto.

Oltre queste piccole sillogi di lettere del Sismondi, ed altre che si trovano via via ricordate nei volumi di questa raccolta, varie altre lettere furono, in tempi diversi, sparsa­mente pubblicate in riviste, giornali, opuscoli, atti accade­mici, monografie, epistolari di altri scrittori, ecc.: pubbli­cazioni quasi sempre rare, spesso addirittura introvabili. Anche per queste, più o meno integralmente pubblicate, una raccolta cronologicamente ordinata era dunque desi­derabile. Ma, poi, molte delle lettere dello storico erano inedite, in biblioteche pubbliche e private, in archivi, — spe­cie in Isvizzera, in Francia e in Italia — in collezioni pri­vate, in mano di discendenti di coloro a cui erano indiriz­zate o di possessori d’autografi. A cominciare dal primo volume la grande maggioranza delle lettere in esso conte­nute è inedita, come tali erano sin qui tutte quelle indiriz­zate a Mme de Staël che si trovano nel Castello di Coppet, e che la liberalità dell’attuale proprietaria della storica di­mora, la Contessa Le Marois d’Haussonville, ci ha consen­tito di pubblicare.

L’avere ora raccolte in alcuni volumi queste lettere che abbracciano tutto il primo quarantennio deU’Ottocento, e che riguardano più o meno tutti i grandi eventi e le figure più rappresentative del mondo europeo in quel periodo così ricco, ci sembra che possa costituire un’opera interes­sante di per sè, e come strumento di lavoro. Il Sismondi, com’è noto, non ebbe qualità artistiche vere e proprie: non si cerchino, quindi, nel suo Epistolario le belle pagine che troviamo in altri dell’Ottocento. Però, a parte qualche caso in cui la fratta, o altra preoccupazione, turba lo scrittore, bisogna din: che il Sismondi nelle lettere ci dà qualche volta pagine notevoli anche da un punto di vista letterario, talvolta superiori a quelle delle opere destinate alla pubbli­cazione sin dal loro nascere. Quella certa timidezza di fronte

f,gi Mtori di cui non si liberò mai del tutto,

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XL G. C. L . SISMONDI

quel bisogno di effondersi con persone nelle quali avesse | piena fiducia, di ricevere e scambiare impressioni, facevano

sì che spesso nell’intimità della corrispondenza si abbando­nasse completamente, come di rado gli accadeva, al proprio sentire, liberamente giudicando uomini e cose, rivelando

f anche certi aspetti della sua anima che mal si indovinano attraverso le pagine delle sue opere storiche. Si pensi poi che, specie durante il periodo napoleonico, egli ha vissuto in tempi in cui uno scrittore che avesse, come il Sismondi, un vivo interesse politico, non poteva manifestare schietta­mente il suo pensiero senza correre gravi rischi; e allora si capirà come nelle lettere private egli si abbandonasse spesso a giudicare di gravi argomenti con una sicurezza di linguaggio che contrasta col tono guardingo e pensoso dei

^ suoi scritti. Le sue parole allora acquistano vivacità e co­lore, il suo periodare si scioglie, diviene agile ed efficace, qualche volta persino elegante, conservando l’immediatezza e la freschezza della vita vissuta. Ora si pensi, non solo alla ricchezza e varietà dei suoi interessi, agli argomenti così diversi di cui si è occupato — dalla storia d’Italia a quella di Francia, dalle letterature nordiche a quelle meridio­nali, dall’agricoltura toscana al sistema monetario austriaco, dalla costituzione della Francia a quella della natia Ginevra, dall’economia politica alla tratta dei negri, appassionandosi ai problemi politici più vivi della Svizzera, dell’Italia e della Francia — ma alle persone colle quali è stato in corrispon­denza, e si comprenderà quale interesse storico può avere la raccolta delle sue lettere. Per la lunga consuetudine avuta con Mme de Staël e colle persone d’ogni paese che intorno a lei si raccoglievano, dovunque ella si trovasse; poi per i suoi contatti col governo napoleonico durante i Cento Giorni; in Italia per la partecipazione al travaglio che prepara il risorgimento, e per i rapporti avuti con gran parte dei nostri maggiori scrittori e uomini d’azione; ovun­que, per aver collaborato ai principali periodici che si pub­blicavano, si può dire che il Sismondi sia stato in rapporto con quello che di meglio offriva l’Europa del suo tempo. Uno sguardo all’indice di questi volumi basterà a con­

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INTRODUZIONE XLI

vincercene. Vediamo fra i corrispondenti Mme 'de Staël, J.-P. Vieusseux, la Contessa d’Albany, G. Müller, E. Du- mont, Federica Brun, Ch. Constant, U. Foscolo, G. Mazzini, S. di Santarosa, C. e F. Ugoni, J. Michelet, R. Lambruschini,G. Giusti, G. Capponi, B. Milesi Mojon, G. B. Niccolini, V. de Broglie, Bettina Brentano, V. Monti, la Teotochi AI- brizzi, ed altri molti. Ora crediamo che la storia della cul- tura, come quella politica, specialmente nella prima metà dei secolo passato, non si possano fare su basi ben sicure sincne 1 principali epistolari non sieno raccolti e pubblicati.Il loro valore documentario, specie in certi periodi, può essere, grande, sempre è prezioso: molte opinioni fatte sono desïïnate ad esser corrette e modificate, molti avvenimenti e molte opere possono esser conosciute nelle loro vere ori­gini, seguite nel loro formarsi.

Uno dei movimenti che oggi sentiamo maggiormente, anche nel nostro paese, per un più vivo interesse per la cultura straniera direttamente conosciuta, è quello che si diffonde al principio dell’Ottocento, soprattutto dalla Sviz­zera, di quegli spiriti che si dicono europei, ed aspirano effettivamente ad esserlo nel senso migliore della parola. È un bisogno di allargare più che è possibile i limiti della propria cultura, viaggiando, leggendo, stringendo relazioni internazionali; di interessarsi alle condizioni, ai principali problemi degli altri popoli, con uno spirito di partecipazione largamente umano, con uno sforzo di comprensione spesso ammirevole, con quel senso di tolleranza che le larghe esperienze portano sempre con sè, quando sieno sincera­mente vissute. Anche quando nelle loro lettere, come in quelle del Sistnondi, si parla di piccole cose, magari di questioni personali, c’è sempre quel certo spirito volente- roso di spiegare e di capire, che è una delle caratteristiche di 'questi temperamenti. Il Sjgjnondi, per la natura ernìnen- tementë^Tcëftivâ^êd~assimilamce del suo ingegno, per l’ine- sauribile curiosità del suo spirito, per quel suo partecipata, come svizzero, delle tre culture rappresentate nella sua patria, mentre i ricordi dell’esilio giovanile in Inghilterra ei vincoli familiari con quel paese lo tennero spesso in rap­

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XLII G. C. L . SISMONDI

porto col mondo britannico, era particolarmente indicato a questa parte di intermediario fra le varie culture. E di­fatti in queste pagine si riflettono i contrasti ideali che hanno agitato il mondo europeo nel periodo in cui visse il Sismondi, le maggiori opere dell’arte e della cultura sono segnalate e seguite nei loro primi effetti sulla pubblica opinione, i grandi avvenimenti politici sono avvertiti nel loro delinearsi e nelle prime impressioni che suscitano, i retroscena di molti eventi discretamente svelati. Ma interes­sante è soprattutto la psicologia dello scrittore nel giudicare uomini e cose, tutto avvolgendo di quella luce raccolta di cui ama circondare ciò di cui parla, rifuggendo in genere dalle affermazioni troppo recise o dai giudizi troppo ta­glienti. La natura sua piuttosto schiva, quella sensibilità che dà l’impressione d’essere stata tanto a lungo rattenuta e costretta da esitare poi sempre a manifestarsi pienamente,

f l’abito dello storico di veder le cose sempre un po’ da lon- ( tano e dall’alto, a prima vista forse possono indurre il let­

tore a un’impressione di freddezza, quasi direi d’indifferenza di fronte a molti dei grandi eventi che si riflettono in queste lettere. Ma è un’impressione destinata a scomparire ben presto: tutto sta ad abituarsi a quel tono raccolto, a quel­l’espressione misurata, a quel modo di sottolineare più che di mettere in rilievo che gli è proprio. Ma quando il Si­smondi riesce a vincere completamente quel certo ritegno a cui accennavamo, e senza alcuna preoccupazione rivela intero il suo sentire, come nelle lettere alla madre o in quelle alla Staël, allora ci si rivela uno spirito spesso di­verso da quello che abitualmente conosciamo : uno spirito più complesso e più tormentato, un’anima scossa da inquie­tudini profonde, con quella frequente insoddisfazione di sè che è propria delle anime assetate d’altezza. Indipendente­mente dalle sue particolari convinzioni religiose, politiche, morali, certo queste pagine in cui lo scrittore si manifesta più apertamente, danno subito l’impressione di uno spirito non solo singolarmente ricco e versatile, ma alto e nobile, che si sforza di esser aperto a tutte le voci della vita con­temporanea. Per il fatto di essersi raccolto in opere di

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INTRODUZIONE X U I I

lunga lena per interi periodi della sua esistenza, non si apparta mai dal suo tempo, non si ritira nella torre d’avo­rio: proprio mentre lavora l’intera giornata alle Républiqueso all’ Histoire des Français nella quiete di Pescia, sente la nostalgia delle conversazioni e delle discussioni di Coppet, f dell’incrociarsi delle idee, dell’apprender rapidamente le <■ notizie dei grandi eventi che si vengono maturando, ed allora Io prende spesso jl timore di restar fuori della vita contemporanea, di essere un sorpassato. Ma per quanto sentisse, colla tristezza dell’età, il distacco inevitabile fra il suo modo di sentire e di pensare e quello delle giovani generazioni che sorgevano, non perse mai fede nel suo lavoro e nella sua battaglia: è un’altra delle ragioni per cui l'interesse per queste lettere rimane in noi vivo sino alla fine.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Una bibliografia ampia sulla vita e l’opera del Sismondi si può vedere nel cit. vol. del De Salis, e nel volumetto comple­mentare: Lettres et documents inédits, suivis d ’une liste des sources et d’une bibliographie, p. 69 sgg. Ci limitiamo qui a indicare i lavori principali.^ Per la biografia, oltre l’introduzione già citata della Mont-

golfier al Journal, A. v o n R e u m o n t , S. d. S., Livorno, 1842; M i o n e t , Portraits et notices historiques et littéraires, Paris, 1852, II , p. 45 sgg.; A. Ju b i n a l , Napoléon et M. de Sismondi en 1815, Paris, 1865; V ic t o r d e B r o g l i e , Souvenirs, Paris, 1886-7, I, pp. 343-6; P. K o h l e r , Mme de Staël et la Suisse, Genève, 1916, p. 588 sgg.; F. B a r i o l a , Un amico dell’Italia e degli Italiani, Pavia, 1921; B . C o n s t a n t , Journal intime, a cura di P. R iv a l , Paris, 1928, passim.

Per l’attività critica rimandiamo al nostro volume It S i­smondi e la storia delle letterature dell’Europa meridionale, Genève, 1926, è ai lavori in esso ricordati; si veda anche, per quanto di non molto valore, L . Z a n e t t i C a v a l i e r i , Il Sismondi e gli scrittori italiani del suo tempo, Firenze, 1919.

Sulle idee economiche molto si è scritto: rimandiamo so­prattutto ai seg. studi: A . A f t a l i o n , L'œuvre économique de S. d. S., Paris, 1899; F e s t y , Sismondi e lla condition des ouvriers français de son temps, Revue d’économie politique, 1918; R . J e a n d e a u , S . précurseur de la législation sociale contempo­raine, Bordeaux, 1913.

Per le opere storiclréf oltre il lavoro generale del Fueter, si veda: sull ’Histoire des Républiques, gli art. del B o r s ie r i , Con­ciliatore, n° 14; del D a u n o u , nel Journal des Savants, 1817-8; di ^ a l l a m in Edinburgh Rev., X X X V ; suWffistoire des Fran­çais, D a u n o u , Journal des Savants, a. 1821-33; e F . F o r t i nella Nuova Antologia, II, III e X X V .

I n f in e , p e r i l r o m a n z o Julia Sévéra, L . M a i o r o n , Le roman historique à l’époque romantique, P a r is , 1898, p . 240.

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AL SENATO FIORENTINO •)

[7 ottobre 17991-

Il supplicante Giovan Carlo Leonardo Simonde, gine­vrino e possidente toscano, ha ricevuto ieri domenica sera 6 del corrente il seguente viglietto, in conseguenza del quale si porta immediatamente ai piedi di Voss. Clar.:

') Nel 1776 il Sismondi, sospetto di giacobinismo, era stato messo in prigione e vi aveva passato tutta l’estate. Rimesso in libertà, e ripresa la sua attività, nel 1799 — all’avvicinarsi degli Austro-Russi — fu di nuovo arrestato e minacciato d’esilio dal Granducato. In una lettera del 9 ott. 1799 diretta al Presidente del Buon Governo, G. B. Guadagni, presentandogli la madredel Sismondi, narrava appunto che: * A l’entrée des Aretins_M. Charles Simonde a été malheureusement dans le nombre immense des arrêtés par ces soldats très arbitraires, et depuis ce temps — là il a été retenu en prison, avec un seul examen ; et ensuite l’on a émané l’exil du dit Charles à perpétuité de toute la Toscane dans trois jours, sans vouloir lui donner la moindre connaissance des motifs de ce procédé ». (Questa let­tera è unita a quella del Sj^mondi, nella stessa pratica). Per questo lo scrittore si rivolse al Senato Fiorentino, protestando contro tal modo di procedere, e dopo qualche tempo — in se­guito alle mutate condizioni politiche — veniva rimesso in libertà. Cfr. F. B a r i o l a , Op. cit., pp. 5-7.

1. — Sism ondi, E pisto lario . I.

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2 G. C. L. SISMONDI

« L’111. Sig. Vicario per Sua A. R. fa notificare al Sig.re retroscritto come in esecuzione di lettera del 2 otto­bre 1799, della Deputazione sopra gli affari di polizia, re­sta condannato all’esilio in perpetuo dal Granducato, con la comminazione di un anno di carcere e della reincidenza in caso di inosservanza. Perciò gli resta assegnato il ter­mine di giorni tre ad essersi portato all’osservanza della sua pena, ecc. ».

Questo breve viglietto contiene molte clausole dure e rovinose per il querelante, e degne dell’attenzione di Voss. Clar. Egli si restringerà ne’ termini più brevi che comporterà quel soggetto, e nonostante sente già che do­vrà implorare indulgenza per sua lunghezza.

Tre soli giorni vengono accordati al detenuto per escire dal luogo di detenzione, e tutto insieme dallo Stato, a un uomo che una detenzione di sessantanove giorni ha disa­strato in tutti i suoi interessi, a un possidente coltivatore, arrestato nel tempo delle prime raccolte, e detenuto fin dopo le ultime, a un capo di famiglia solo in grado di terminare [i] suoi propri affari e quelli della casa sua ; a un uomo che di qui al prossimo mese di marzo deve ritirare nella provincia di Valdinievole ventidue crediti diversi, at­tore in due liti, e imbrogliato in altri affari personali egual­mente delicati.1)

{Nel R. Archivio di Stato di Firenze, Negozi di Polizia, a. 1799, Forestieri N° 1077, 284].

') A q u a n t o s e m b r a la le t t e r a n o n è t e r m in a ta .

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Riproduzione di una pagina della lettera n°. 2, a Madame de Staël.

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EPISTOLARIO 3

2.

A MADAME DE STAËL

P a r ig i.

Genève, 21 janvier 1801.

Peut-il m’être permis de me faire un titre de l’intérêt et souvent de l'admiration que m’ont inspiré la lecture de vos ouvrages pour m’adresser à vous, et pour vous indi­quer quelques citations d’un voyage récent dans les mon­tagnes de l’Écosse? Elles sont propres à rétablir l’existence de cet Ossian qu’un critique *) a plaisamment voulu anéan­

') L’opera della Staël De la Littérature (1800), in cui Ossian era considerato come l’Omero del Nord e posto come chiave di volta d’una nuova teoria letteraria, fu largamente discussa da Fontanes nel Mercure (messidoro e termidoro dell’an. Vili): fra l’altro egli notava che tutti ormai sapevano che « les poèmes attribués au barde Ossian n’ont été découverts que dans ces derniers temps par l’anglais Macpherson ». La Staël rispose nella seconda edizione della Littérature, e allora entrò nella polemica Chateaubriand stesso, con una Lettre au citoyen Fon­tanes sur la seconde édition de l'ouvrage de M.me de Staël, pubblicata nel Mercure del 22 dicembre 1800 (riprodotta oggi in Correspondance générale de Chateaubriand a cura di L. T h o ­m a s , Paris, 1912, I, p. 23 segg.). In questa lettera, firmata « L’auteur du Génie du Christianisme », discutendo largamente le idee della Staël, a proposito di Ossian affermava (p. 34):* Il n’y a plus que les étrangers qui soient encore dupes d’Ossian. ' Toute l’Angleterre est convaincue que les poèmes qui portent ce nom sont l’ouvrage de M. Macpherson lui-même ». 11 Si- smondi in questa lettera alla Staël cerca di offrire alla scrittrice nuovi argomenti per rispondere vittoriosamente a Chateaubriand, ma non pare che essa se ne servisse, giacché dopo l’opera De la Littérature' non si occupò più di Ossian. Cfr. P . V a n

T ie o h e m , Ossian en France, Paris, 1917, p. 643 sgg.; e C. P e l ­l e g r i n i , Les idées littéraires de M.me ¿e Staël et le romantisme français, Ferrara, 1929, p. 11 sgg.

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tir au moment même où l’on annonçait à Londres une superbe édition de son texte gaélique: vous les trouverez ci-incluses.1) Au reste, lorsque ce critique affirme que l’im­posture de Macpherson a été si universellement reconnue, il paraît avoir confondu son histoire avec celle de Chatter­ton, qui donna ses ouvrages pour ceux de Rowley2) :

’) 11 Sismondi univa alla lettera questi appunti: « Some fragments from the Letters on a tour through various parts o f Scotland in the year 1792, by Jo h n L e t t i ç e , B. D., London, 1794.

Letter XVII, p. 302: *1 was not displeased to hear my Landlord assure us, that his fireside on a long winter’s evening is often cheared by the ancient Clan songs, and that he belie­ved he had frequently heard from the benighted traveller, strains of their older bards, and thinks he had heard some of them attributed to Ossian ; the names of Fingal, Cuchullin and others of Ossian’s heroes were familiar to him. He had heard of the publications of M. Macpherson, but had not seen them ».

Plus bas: «W ithin their extensive circuit is Loch-Ete, or Eta, an arm of the sea, on the bank of which Unroth and his three sons, Nathos, Althos, and Ardan, nephews of the celebra­ted Cuchullin were born ; their traditionary story, as related in the Poem of Darthula, is still current among these mountains ».

Lett. XVIII, p. 328: « M. Macdonald... talked with much feeling about Morvern the country of Fingal, a mountanous district of no great extent which we then were reluctantly leaving unvisited behind us. It is nearly of triangular form, bounded on the south west by the sound of the Mull on the South East by the Loch Linnhe, and on the North by the lake of Sunart, except where the narrow passage of Achnatoa on the North East... to the subject of the ancient Poems, some of which M. Macdonald... he had heard recited there, as he had done in other parts of the highlands ».

Dans le même ouvrage il est question des chants nationaux de l’Écosse, lett. XV, p. 258; lett. XVI, p. 267; et lett. XVII, p. 292. Mais l’auteur qui se proposait d’écrire une dissertation sur l’époque précise d’Ossian, omet à dessein la plupart des informations qu’il a recueillies à son égard.

s) Il poeta inglese Thomas Chatterton (1752-1770) inventé un personaggio immaginario, il monaco quattrocentesco Tho-

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EPISTOLARIO 5

l’anecdote des manuscrits trouvés dans une vieille caisse ne convient qu’à ces derniers. Les poèmes d’Ossian qui n’ont jamais été écrits et que savaient jadis par cœur ces bardes qui même aujourd’hui font partie du train des Lairds d’Écosse, n’ont jamais été perdus, et encore moins retrouvés. A mesure que l’usage de l’écriture s’introdui­sant dans les montagnes la mémoire a été moins exercée, elle est devenue chaque jour plus inhabile à supporter le fardeau dont on la chargeait autrefois; il a fallu que Macpherson réunît les fragments, retenus par des indivi­dus dispersés au loin, pour en faire l’ouvrage qu’il a pu­blié: s’il avait tardé cinquante ans à l’entreprendre, les chants d’Ossian se seraient perdus pour toujours; le nombre des bardes a beaucoup diminué en Écosse et ne tardera pas à s’éteindre, la langue gaélique elle-même, per­sécutée par les lois de Georges II, ainsi que tout ce qui tenait aux clans et aux usages des highlands, finira par s’anéantir.

Revenons à Chatterton et Rowley, auxquels il faut ap­pliquer tout ce que le critique affirme si positivement d’Ossian. Le premier prétendit avoir découvert plusieurs fragments de poésie antique, non point gaélique cependant, mais anglaise, il les attribua à Rowley, poète antérieur au règne d’Elisabeth, et dont on ne connaissait guère que le nom. Les grâces du vieux langage et le génie poétique qui brillait au milieu d’elles leur donnèrent beaucoup de vo­gue, mais l’authenticité de ces poésies fut bientôt contestée, et la controverse qu’elles excitèrent s’échauffa vivement parmi les lettrés. Chatterton mourût fort jeune, à ce qu’on croit, du chagrin qu’on lui occasionna; l’opinion générale

mas Rowley, al quale attribuì parecchi versi suoi (cir. la più recente ediz. dei Rowley Poems, Oxford, 1911), ma in realtà egli era stato preceduto dal Macpherson, del quale in parte subì l’influsso.

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paraît l’avoir flétri comme un imposteur. Cependant s’il est ' l’auteur des fragments qu’il a publiés, ses talents auraient pu

lui mériter quelque gloire, sans doute sa destinée ne devait pas encourager à tenter de nouveau une fraude semblable.

/ Chatterton n’avait que peu de difficultés à vaincre pour vieillir son langage de trois siècles, et pour ne pas choquer dans ses images ou ses allusions les mœurs d’un temps que tous les historiens, que toutes les traditions faisaient connaître. Macpherson en aurait rencontré d’insurmontables s’il avait voulu faire paraître, en même temps que sa traduction, plusieurs milliers de vers dans une langue qui n’a pas le moindre rapport avec l’anglais, les répandre d’un bout à l’autre des highlands, les faire adopter comme

,f leur appartenant en propre par le peuple de l’univers le plus tenace de ses anciens usages, par un peuple qui a

Constamment regardé sa musique comme une partie de sa religion; enfin, et c’était encore la plus grande difficulté, quand il aurait fait usage du génie le plus philosophique, pour étudier l’état progressif de la société humaine, jamais il n’aurait réussi à peindre, comme l’a fait Ossian, l’état social, non seulement avant l’invention de l’agriculture, mais même avant l'introduction de la vie pastorale, à re­présenter l’homme dans ce dénuement absolu qu’un mo­derne ne peut pas même comprendre, à se replacer de quatorze ou quinze siècles en arrière, sans que « Un petit bout d’oreille échappé par hasard » ne décelât des temps postérieurs et des connaissances plus étendues. L'auteur immortel à’Anacharsis *) laisse percer à tout moment le

*) Allude evidentemente all’opera di Jean-Jacques Barthé­lémy (1716-1795), Voyage du jeune Anarcharsis en Grèce vers le milieu du quatrième siècle avant Jésus-Christ che quando fu pubblicata, nel 1788, ottenne un grande successo. In essa l’autore, ricorrendo alia finzione di un viaggio di uno scita attraverso il mondo greco, tentava una rievocazione comples­siva della civiltà ellenica.

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EPISTOLARIO 7

philosophe du dixhuitième siècle sous l’habit du jeune scythe. Votre antagoniste, madame, croit découvrir ce bout d’oreille dans cet apostrophe au soleil : et toi aussi ne tom­beras-tu point un jour!1) J’avoue que j’ai beau l’examiner, je ne puis pas même concevoir par quelle filiation d’idéesil veut la sortir de la poétique sauvage à laquelle elle pa­raît appartenir si bien, et où eSe est si naturelle. C’est surtout par cette analyse des moeurs que Blair se convain- quit de l’authenticité des poésies d’Ossian 2), analyse que ce littérateur compatriote et ami d’Adam Smith était si en état de faire, et à laquelle le critique se dispense de répon­dre un seul mot.

Il avait, il faut en convenir, plus beau jeu lorsqu’ il de­mandait quelle sorte d’influence pouvait avoir eue sur le nord de l’Europe un poète qui n’était connu que depuis trente ans. La langue des Celtes, qui fut une fois celle de tout l’Occident, était confinée au siècle d’Ossian dans les mêmes montagnes où elle s’est retirée aujourd’hui; il ne chantait que pour les seuls Calédoniens, et les Bretons assujettés aux Romains se regardaient comme absolument étrangers à ces peuples barbares. Cependant il est proba­ble qu’ après la retraite des Romains, tous les Celtes d’ori­gine retournèrent à la langue de leurs pères, c’ëit celle que les Bretons, chassés de leurs foyers par les Saxons, portè­

') Chateaubriand: « Et, pour dire la vérité, il est même incroyable qu’on ait pu se tromper sur l’auteur des poèmes d’Ossian. L’homme du dixhuitième siècle y perce de toutes parts. Je n’en veux pour exemple que l’apostrophe du barde au soleil », etc. Op. cit., pp. 35-6.

2) Ugo Blair, il rinomato autore del Corso d i Retorica e Belle Lettere, pubblicò nel 1763 un’ampia Dissertazione critica sui poemi d’Ossian, che fu poi più volte ristampata. Partendo dalla convinzione dell’esistenza di vere e proprie epopee nazio­nali scozzesi, il Blair indicava in Fingai un autentico poema regolare, facendo un parallelo tra Omero e Ossian, a tutto vantaggio di quest’ultimo.

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rent au Heu du latin sur les rochers du pays de Galles et de Cornouaille, où ils se réfugièrent. Dans cette période d’ardeur militaire, où la chevalerie place son Arthur, et où l’histoire, toute obscure qu’elle est, nous laisse entrevoir l’enthousiasme d’un peuple généreux qui défend ses foyers, n’est-il pas probable que les poésies d’Ossian. écrites dans la langue même de ce peuple, si bien adaptées à ses moeurs et à ses circonstances, si propres à exciter son courage, furent chantées d’un bout à l’autre de l’Angleterre, pour ranimer la valeur de ses héros? Nous savons que les Bre­tons eurent aussi leurs bardes, qu’ Edouard, lorsqu’ il soumit le pays de Galles, les envisageait comme les apôtres de la liberté, les instigateurs de tout ce que des héros pouvaient faire de noble et de courageux, et que de la crainte qu’ ils lui inspiraient émana l’ordre sanguinaire de les massa­crer tous.

Au reste il n’est point nécessaire de soutenir que les poésies d’Ossian aient été une fois répandues dans toute l’Angleterre, et il serait difficile de le prouver. Vous les considérez, madame, comme un échantillon brillant de la poésie du Nord, avant qu’elle fût altérée par aucun mélange, et non comme son modèle. Permettez-moi de généraliser davantage encore vos idées : cette poésie, ce me semble, est moins celle du climat que celle de la privation, du besoin ; tandis que la Muse des Grecs et des Romains peut s’ap­peler la Muse de la jouissance. De là vient que la première a souvent des rapports si frappants avec la poésie arabe ou hébraïque. Les Bédouins errants au milieu de leurs sa­bles, sous un soleil brûlant, témoins chaque jour de scè­nes de désolation ou de malheur, ne luttent pas contre une nature moins marâtre que les Écossais, toutes leurs images sont différentes, mais les sentiments qu’elles excitent sont les mêmes, c’est l'opposition d’une âme forte au choc de l’infortune, c’est l’isolement, l’abandon, et le courage. Voilà où le critique ami de Fontanes aurait dû chercher l’origine

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EPISTOLARIO 9

des rapports entre Ossian et les livres sacrés, non dans une imitation qui se serait fait sentir d’une manière bien plus marquée L).

Je n’ai point remarqué dans le grec d’Homère la teinte de mélancolie qu’il croit y découvrir, mais je ne serais point étonné qu’elle s’y trouvât, je la regarderais même comme une confirmation du système que vous avez si in­génieusement développé. Lès Grecs du temps d’Homère étaient dans un état de civilisation peu avancée, ils tou­chaient encore au siècle des privations, et ils pouvaient

■ bien en avoir gardé l’esprit. Mais dans les climats tempé­rés, les privations tiennent aux vices de la société et sont momentanées; ptus près du Pôle ou de l’Équateur elles tiennent au climat, et impriment au caractère national une teinte ineffaçable. Les Anglais, les Allemands, les Suédois auront toujours sous les yeux partie de ces scènes lugubres qui ont déterminé le mode musical de la lyre d’Ossian. Les Grecs ne connurent bientôt plus ni les sombres forêts au milieu desquelles erraient les Pelasges, ni la nourriture frugale dont ils se contentaient, ni les inondations qu’ils surent prévenir, ni les révolutions effrayantes de la terre et des mers dont les secousses étaient finies ; la teinte mé­lancolique qu’on pouvait trouver dans leur poésie, s’efface avec leur souvenir. Il est probable que si nous connais­sions mieux celle des Grecs modernes nous y retrouve- ; rions des nuances sombres que l’oppression du despotisme, et la désolation de la Grèce doivent y avoir ramenées, mais nous n’y verrions pas cette force d’âme qui caractérise les

‘) Chateaubriand: « Plusieurs morceaux d’Ossian sont visi­blement imités de la Bible, et d’autres traduits d’Homère.... J’observerai qu’ Homère a une teinte mélancolique dans le grec que toutes les traductions on fait disparaître. Je ne crois pas, comme Madame de Staël, qu’il y ait un âge particulier de la mélancolie; mais je crois que tous les grands génies ont été mélancoliques ». Op. cit., pp. 38-9.

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héros d’Ossian, ceux d’Homère et ceux de l’Arabie, et qui n’est propre qu’aux siècles de liberté.

Sans doute les premiers poètes anglais, qui dès le règne d’Henri de Lancastre composèrent d’anciennes ballades qu’on chante encore, ne connaissaient point Ossian dont la langue leur était absolument étrangère, cependant la ressemblance du pays et des moeurs en établit une très frappante dans les idées et les sentiments, quoiqu'on re­connaisse à chaque vers chez les derniers le poinçon d’un siècle postérieur. The Children in the wood et Chevy Chace sont les deux meilleures : l’on peut donner la dernière pour un modèle en petit du poème épique. L’une et l’autre por­tent éminemment ce caractère de tristesse, il y est même plus sensible que dans aucun ouvrage postérieur. Les héros de presque toutes les autres ballades sont des outlaws, ou bannis, que leur auteur sait rendre intéressants, et qui dans leur état de guerre avec toute la société déployent souvent autant de hardiesse et de générosité que les héros d’Ossian.

Si je n’avais pas honte d’avoir si fort prolongé cette lettre, je voudrais relever sur presque tous les points le critique qui vous a attaquée avec tant d’acrimonie. Je lui en veux surtout pour ses ironies sur le système de la per­fectibilité qu’il n’a pas seulement compris. Il prend acte de la décadence à laquelle toutes les sociétés humaines sont sujettes pour le combattre ; il me semble voir un homme qui pour attaquer le système de quelques physiciens sur l’exhaussement successif des mers se contenterait d’obser­ver qu’elles ont constamment leur reflux, et ne saurait pas comprendre que ce n’est ni le mouvement qui fait couler le flot, ni celui par lequel il se retire qu’ il faut mesurer, mais le plus haut point auquel il parvienne qu’ il s’agit de comparer. Chaque société humaine a en effet son jeune âge, sa virilité et sa vieillesse ; le„s progrès de l’aisançe, du luxe, et de la corruption qui sont attachés à ceux de la

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EPISTOLARIO 11

prospérité nationale la veulent ainsi ; il s’agit seulement de savoir si à leur maturité les dernières venues ne sont pas / toujours supérieures à celles qui les ont précédées, et non pas si dans leur jeunesse leurs passions n’ont point été plus bouillantes et plus désordonnées, ni si dans leur vieil­lesse leur radotage n’a point été plus avilissant.

Vous avez, madame, supérieurement analysé la préémi- I nence de notre âge; prenons-erraependant encore un exem­ple, et pour complaire à votre critique, que ce soit celui de la morale et de la religion 4). 11 ne me contestera pas, je pense, que dans le siècle qui vient de finir on a mieux écrit, on a mieux parlé sur l’une et sur l’autre que dans celui d’Auguste, ou celui d’Alexandre, mais dira-t-il avec raison: nous devons cette différence à la Religion Chré­tienne? D’où vient cependant la supériorité des orateurs chrétiens de ce dernier siècle, sur ceux qui soutinrent l’Église dans son enfance, si ce n’est de ce que nous avons accumulé toutes les lumières du Christianisme, toutes cel- j les des temps qui l’ont précédé, toutes celles des siècles qui l’ont suivi? Peut-on par exemple comparer à Bossuet saint Jean Chrysostome, le plus éloquent des pères de l’Église? C’est pour n’offenser personne que je ne nom­merai point d’autre de ces Pères dont on vous reproche d’avoir négligé la bibliothèque, et dont vous auriez pu en effet faire mieux ressortir les édifiantes disputes sur l’union des deux natures, sur la procession du Saint Esprit, sur la Conception immaculée et sur des questions également utiles

*) Chateaubriand: « Vous n’ignorez pas que ma folie est de voir Jésus-Christ partout, comme Madame de Staël la per­fectibilité.... Ce que je vais donc vous dire dans cette lettre sera tiré en partie de mon livre futur sur le Génie du Chris­tianisme ou les Beautés poétiques et morales de la religion chrétienne. Il sera divertissant pour nous de voir comment deux esprits partant de deux points opposés sont quelquefois arri­vés aux mêmes résultats ». Op. cit., pp. 24-5.

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au genre humain, à l’occasion desquelles ces saints hommes \ « dealed damnation round the land ». Sur ce fatras enfin

qui aurait déshonoré la religion à laquelle on l’unissait, si cette religion toute divine pouvait être souillée par quelque chose d'humain, combien auprès de leur esprit de haine, d’intolérance, de flammes éternelles, qui semble tout ras-

< semblé dans le symbole de Saint Athanase, est belle la | morale de M. Necker ! Cette morale moins « poétique » sans doute (c’est la phrase de votre antagoniste) puisqu’on a toujours regardé la fiction comme essentielle à la poésie ; moins poétique encore parce qu’elle ne parle qu’au cœur et à la raison, et néglige de frapper sur l’imagination à coups redoublés, de lui présenter tous ces prestiges ef­frayants, tous ces moyens de terreur, tous ces bouleverse­ments bizarres de nos idées primitives, qui désorganisent un cerveau faible, et le transportent dans un monde de féerie, où il est prêt à tout croire, à céder à tous les en­thousiasmes, parce qu’il ne se reconnaît plus nulle part, parce qu’ il ne découvre plus un seul objet inaltérable, d’après lequel il puisse distinguer la réalité d’avec l’illu­sion. Mais qui en revanche n’outrage plus l’Être Suprême, en lui prêtant les passions haineuses les plus opposées à ses perfections, qui ne conduit plus l’homme au désespoir en le peignant entouré de précipices, et glissant sur le bord

l des abîmes de l'enfer, qui ne combat plus les institutions , sociales, en inspirant aux citoyens tout ensemble et le mé­

pris pour les intérêts de la vie et la terreur de la mort. : C’est acheter trop cher la poétique d’une religion que de

la payer à ce prix-là.Je rougis, madame, d’avoir écrit une si longue lettre,

mais j’avais été tellement entraîné par la lecture de votre 1| [ livre, je retrouvais mes propres idées si bien éclaircies, si1,1 bien développées dans les vôtres, que lorsque le Mercure

du premier nivôse me tomba l’autre jour entre les mains, je me crus personnellement attaqué, et je cédai au besoin

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EPISTOLARIO 13

que je ressentais de vous entretenir de l’impression qu’il avait fait sur moi.

J’ai l’honneur d’être, avec les sentiments du respect le plus vrai, de l’admiration la mieux sentie, ecc.

[N ell’ Arcbivlo del Castello di Coppet].

3.« H T

A MARCO AUGUSTO PICTET ‘)

G in e v r a .

Genève, 16 février 1801.

Je prends la liberté de vous adresser le petit ouvrage2) dont j’ai déjà eu l’honneur de vous entretenir pour que vous vouliez bien en faire hommage en mon nom à la Société des Arts. Vous savez, Monsieur, que c’est l’émula- tion qu’elle inspire à tout ce qui l’entoure qui s’étendit jusqu’à moi, et me mit en Toscane la plume entre les mains : le principal objet de mes désirs était d’obtenir l’approbation

') Professore di filosofia all’Accademia di Ginevra, presi­dente della Société des Arts, esercitò una notevole influenza nell'ambiente intellettuale della città dove, nei 1796, insieme col fratello Carlo aveva fondato quella rivista intitolata Reme Britannique che, con altro nome — Bibliothèque Universelle et Revue de Genève — doveva vivere sino ai nostri giorni. M. A. Pictet fu uno dei primi professori del Sismondi.

3) Si tratta del Tableau de VAgriculture toscane, pubblicato appunto nel 1801 dall’editore Paschoud di Ginevra, che fece conoscere il Sismondi nell’ambiente ginevrino come studioso di problemi agricoli, tanto che fu nominato segretario prima del Consiglio del Commercio, delle Arti e dell’Agricoltura del di­partimento del Lemano, poi della Camera di Commercio.

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d’une Assemblée qui mérite à tant d’égards la reconnais­sance des Genevois. Veuillez, Monsieur, lui faire agréer les sentiments qui m’attachent à elle, et les voeux que je ne cesse de former pour ses succès; ils seront bien glorieux s’ils sont proportionnés aux vertus qui l’animent et au bien qu’ elle a déjà fait. Si j’ai besoin d’un avocat auprès d’elle pour réclamer en ma faveur l’indulgence si néces­saire au succès de mon livre, j’ose espérer que mon ancien Professeur voudra bien me considérer encore comme son élève, et ne dédaignera pas cet office. II a déjà tant de ti-

■ très à ma reconnaissance et à mon amour que je le crois disposé à y ajouter encore celui-là.

Je suis avec la plus haute considération et le respect le plus sincère, ecc.

[Biblioteca Universitaria di Ginevra, Collection d’Auto graphes].

4.

A PIERRE PREVOST J)

G inevra .

Genève, 2 mars 1801.

Comment exprimer assez vivement la reconnaissance qu’excite en moi votre charmante lettre? Oui, c’est bien l’ami de mon père et de ma mère, celui qui, je l’espère,

') Insieme con M. A. Pictet, di cui alla lettera precedente, fu uno dei primi maestri del Sismondi a Ginevra. Pierre Prevost fu uomo di vivace ingegno e di vasta cultura, tanto che passò dall’insegnamento delle lettere a quello della fisica generale. Aveva a lungo viaggiato attraverso l’Europa, ed era stato in re­lazione con alcuni degli uomini maggiori del suo tempo, da

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EPISTOLARIO 15

sera un jour le mien, que je reconnais et dans la complai­sance qu' il a eu de me lire, et dans l’approbation dont il m’honore, et dans les conseils qu’il me donne. Je ferai tout mon possible, Monsieur, pour profiter de ces conseils, et j’en sens bien l’importance; mais l’on a dit qu’il était difficile de bien écrire en français sans avoir vécu à Paris. Hélas! loin d’y avoir séjourné j’ai été oublier ma propre langue en Angleterre et en Italie, et je sens que ce n’est qu’avec peu de succès que je travaille depuis mon retour à la rapprendre. Les critiques que m'attirera ce premier ouvrage, les conseils et les corrections^que des amis vou­draient bien me suggérer d’avance pour le second, servi­ront plus à me perfectionner que tout le travail que je puis faire seul.

A la réserve d’une ou deux fautes qui appartiennent uni­quement à l’imprimeur et qu’ il a faites depuis la correction des épreuves, je reconnais la justice des remarques que vous avez eu la bonté de m’envoyer, j ’ai souvent eu le tort de ne pas développer assez ma pensée ; c’est ce qui a oc­casionné entr’autres votre observation sur la page 191 *). En comparant le commerce à l’agriculture je n’ai pas voulu dire que ce fut de la même cause que provint la diminu­tion des profits de l’un et de l’autre, notamment de la moindre étendue des entreprises. J’ai voulu seulement prévenir les lecteurs par cet exemple qu’un grand profit

Rousseau a Federico II. Traduttore di Euripide e nello stesso tempo di Malthus, contribuì a divulgare le idee di Adamo Smith, dedicando poi gli ultimi anni della sua vita a studi di carattere esclusivamente naturalistico. Mori nel 1839, restando sino alla fine a Ginevra uno dei più caratteristici rappresentanti dello spi­rito del sec. XVIII.

*) Si parla ancora del Tableau de l’Agricolture toscane-, a pp. 190-2 il Sismondi fa un interessante parallelo fra la grande e la piccola coltivazione.

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pouvait fort bien ne pas être un grand bonheur pour l’État, ni le signe d’une grande prospérité. J’ai compté trouver parmi eux beaucoup plus de gens qui ne sau­raient pas séparer l’idée d’un grand gain d’avec celui d 'un grand avantage public, que de ceux qui comme vous, Monsieur, verraient dans ces profits un signe de décadence, et diraient qu’ils sont inversement proportion­nels à l’accroissement de la richesse nationale *. Permettez- moi même de croire que vous allez trop loin dans votre prévention contr’eux. Ne devrait-on pas dire plutôt que c’est la proportion existante entre le capital national et les emplois qui lui sont ouverts qui détermine le taux de l’intérêt et du profit mercantile? Moins il y a de capi­taux pour mettre en activité un commerce donné, plus la concurrence entre les différents moyens de les faire valoir leur assure des profits considérables. Mais cette disproportion n’est point nécessairement liée avec l’ac­croissement de la fortune publique, ou avec son déclin. La tyrannie peut envahir les capitaux à mesure qu’ils se forment et les enlever à l’ industrie. Dans ce cas les profits que rendront ceux qui resteront en activité s’accroîtront avec la misère publique. En revanche un gouvernement sage peut ouvrir de nouveaux canaux à l’industrie des ci­toyens; les capitaux nationaux, quoique restés intacts, se­ront alors également disproportionnés à l’industrie natio­nale, et les profits qu’ils rendront s’accroîtront avec la prospérité générale. C’est ainsi que le commerce qui va s’ouvrir avec l’Egypte, en détournant les fonds qui étaient appliqués à d’autres usages, élevera probablement le taux

*) « Ce passage.... nous permet de saisir en quelque sorte à son état embryonnaire la doctrine économique de Sismondi. Déjà, il oppose l’intérêt de la communauté à l’intérêt du par­ticulier. L’économie privée semble tenue de se régler sur l’éco­nomie de l’État ». J.-R. De Salis, Op. cit., p. 67.

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EPISTOLARIO 17

de l’intérêt et celui du profit mercantile en France sans nuire à la prospérité de l’État, ou plutôt sans que cet évé­nement soit un signe de son déclin.

Agréez, Monsieur, l’expression de ma vive reconnais­sance, de mon attachement et de mon respect.

[BIblioteca di Qlnevra, Ms. Stippl. 1052, f . 106 r° e v°|.

AL SEGRETARIO

DELL’ACCADEMIA DEI GEORGOFILI

F ire n ze .

Ginevra, 14 aprile 1801.

Io la prego a voler umiliare a miò nome all’Accademia dei Georgofili l’annesso libro *), unendovi le espressioni del rispettoso ossequio d ’un suo membro, in cui la distanza non fa che accrescere la reverenza e l’amore. Nel fare il Quadro dell’agricoltura toscana ho presentato alla Francia il grande esempio dell’ industria dei suoi nazionali, e fatto vedere le bellezze della sua patria.

Bramo che ella, e specialmente l’illustre assemblea di cui mi onoro di esser membro, gradisca la mia riconoscenza, e ritrovi nella mia opera qualche utile anche per il paese di cui ho fatto la pittura.

So che l’Accademia dei Georgofili rimase per un tempo paralizzata nelle passate crudeli vicende. In quel tempo io le indirizzai una memoria sulle Manifatture della Val di Nievole, che non potette esser letta. Non sono in conse­

x) II Tableau de l’agriculture toscane, di cui alla lettera precedente.

2. — SIS MONDI, E pisto lario . I,

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guenza colpevole d’un troppo lungo silenzio. Se ella ha ripreso adesso la sua attività, mi crederò fortunato qualora V. S. Stimatissima mi voglia a suo nome onorare del suo carteggio, perchè non riesca affatto vano il titolo che mi concedette di suo membro corrispondente. L’onore che mi ha conferito la Società d’Agricoltura di Ginevra ammetten­domi nel suo seno, mi metterebbe forse in grado di pre­sentare talvolta ai Georgofili delle comunicazioni interes­santi.

Intanto V. S. Stimatissima si degni ricevere, in suo pro­prio nome come in quello dell’Accademia, le assicurazioni del rispetto e della stima, ecc.

[Pubblicata negli Atti della R. Accademia del Georgofili, IV, 1801, p. 21].

6.A MADAME DE STAËL

Qenève, 30 mai [1803],

J ’ai passé huit jours sans vous voir, madame, fuyant également la rencontre de tous ceux qui prenaient quelque intérêt à moi. Avant de m’être accoutumé à cet isolement il me semblait que j’y avais gagné quelque chose. Je me figurais presque machinalement que puisque je ne rencon­trais plus des gens qui me plaignissent je n’étais sans doute plus à plaindre. Comme pendant cette semaine Lu- cile l) a eu plusieurs jours de mieux, j ’ai réussi passable­

J) Si tratta di una giovine ginevrina amata dal Sismondi, per quanto i parenti cercassero di distoglierlo dal proposito di sposarla, sia perchè la consideravano di condizione sociale inferiore alla propria, sia per le condizioni molto delicate della sua salute. Difatti, come appare dalle lettere seguenti, dopo poco

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EPISTOLARIO 19

ment à faire croire à sa mère, à elle et à moi-même, qu’elle entrait en convalescence. Pendant que ce rêve durait je n’aurais pas voulu que personne me réveillât; mais elle a été plus mal aujourd’hui, et c’est aujourd’hui que j’ai senti combien j’avais besoin de votre bienveillance, de votre sen­sibilité, que je me suis reproché d’avoir été assez insensé pour vous dire que je craignais votre compassion. Elle m’aurait fait du bien, j ’en suis sûr. Je vous ai entrevue chez le Préfet, vous ne m’avez dit qu’un mot et il m’a donné de l’émotion; aussitôt que j’ai eu terminé l’affaire qui m’amenait auprès de lui, j’ai couru chez vous pour vous voir encore, pour entendre de nouveau cette douce voix de consolation: il était trop tard, vous étiez partie. On ne sait point me dire quand vous reviendrez à la ville, mais on me fait espérer que ce sera dans la semaine pro­chaine. Seriez-vous assez bonne pour me faire avertir quand vous serez ici ? Je devrais rougir de mon inconséquence. Mais non, je suis sûr que vous fermez les yeux sur les dé­fauts de ceux que vous aimez et que vous plaignez, que vous n’aurez point été offensée de ce que je vous ai fui pendant que je pouvais vous voir, et de ce que je vous désire aujourd’hui que vous êtes loin de moi. Oh! madame, combien il fallait que je fusse changé pour cesser un mo­ment de sentir que la chose la plus douce, la plus conso­lante au monde était de se rapprocher de vous!

Veuillez présenter mes hommages à monsieur votre père, et recevoir vous-même l’assurance de mon profond respect et de mon tendre et entier dévouement.

[N ell’Archlvlo del Castello di Coppet].

tempo morì. La Staël consigliò e sostenne il Sisijiondi in questa circostanza dolorosa della sua vita giovanile, come appare anche dal cit. Journal et Correspondance, pp. 68-9.

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20 G. C. L . SISMONDI

7.

A MADAME DE STAËL

Genève, mercredi [1803].

Ma Lucile, madame, a eu une mauvaise journée hier, sa nuit a été médiocre, en sorte que j’étais réellement bien peu en état de dîner chez vous. Il faut, s’il est possible, que je montre à elle et à sa mère un visage riant, il faut pour dissimuler mes craintes que je parvienne à les étouffer, et à me tenir dans un état d’aveuglement et de stupeur conti­nuels. Les consolations de l’amitié m’en font sortir, tout ce que j’entends dire d’elle, tout ce que j ’en dis moi-même me force à ouvrir les yeux: je voudrais les tenir fermés pour toute autre chose que les illusions dont j’aime encore à me repaître. Permettez-moi donc de ne pas accepter non plus pour demain votre obligeante invitation. Je crains la compassion de monsieur Necker, je crains la vôtre, j ’ai besoin à présent de solitude. Ah! comme il me serait doux ensuite de me rapprocher de vous, madame, pour recevoir vos félicitations!

Je vous renvoie la jolie et longue lettre de M. Villers, je l’ai lue avec beaucoup de plaisir, mais quoique je n’aie pas prétendu soutenir que Delphine fût un ouvrage parfait, je n’en ai pas entendu faire une seule fois une critique, quelque douce et modérée qu’elle fût, que je ne me sois écrié: celle-là n’est pas juste. C’est ainsi que je suis fort loin de partager son opinion (de M. Villers), que l’époque de la révolution est mal choisie, puisque le choc des préjugés contre les idées libérales est une des actions principales de votre roman. C’etait bien, ce me semble, le moment où ces deux ressorts étaient les plus tendus, et où ils agissaient

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EPISTOLARIO 21

avec plus de force l’un sur l’autre qu’ il fallait choisir pour les mettre en jeu. Si ma tête est une fois libre, je désire­rais fort vous reparler du contenu de cette lettre, qui est bien en effet celle d’un homme d’esprit, et dont les objec­tions donnent à penser, lors même qu’on ne les adopte pas. Agréez l’assurance de mon profond respect et de ma re­connaissance.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet],

8.

A MADAME DE STAËL

Lo sa n n a .

Mardi, 7 juin 1803.

Ma Lucile, madame, approche du terme de ses maux et de sa vie, peut-être sa pénible existence se prolongera-t-elle encore pendant un mois, mais c’est, à ce que croit M. Bu- tini, le temps le plus éloigné auquel elle puisse atteindre; ses souffrances, ses angoisses, ses insomnies et sa faiblesse vont en augmentant. Je ne saurais lui désirer une continua­tion de vie à ce prix. Que Dieu veuille abréger ses souf­frances, et prolonger seulement jusqu’à la fin les illusions dont elle se repaît encore. J ’ai peine à comprendre com­ment elle et sa mère peuvent s’y livrer, mais dès l’instant que l’angoisse cesse, qu’elle éprouve un soulagement mo­mentané, elle croit, et elle s’efforce de persuader à sa mère qu’elle va se guérir : elle s’empare alors de l’avenir, elle y forme des projets d’amour et de bonheur domestique qui me déchirent le coeur, et lorsque se retournant vers moi avec un sourire qui cache à peine les traces de sa dou­

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leur, elle me demande si nous ne serons pas bien heureux, alors je voudrais que la terre s’abîmât sous mes pieds pour me dispenser de lui répondre. Oh! madame, la vie n’est pas un si grand bien, que je ne puisse m’accoutumer à l'idée de voir mourir ceux qui me sont les plus chers, mais ceux qui l’aiment et qui la regrettent, ceux qui lui atta­chent un prix qu’elle n’a pas, ceux qui croient au bonheur et qui se figurent pouvoir l’atteindre il est affreux de les voir mourir! Et cependant une sage Providence leur pré­pare dans ces illusions une compensation ou un soula­gement à tous leurs maux. Une plaie s’est formée sous son bras, et augmente sa fièvre et ses insomnies, mais elle la regarde comme un vessicatoire naturel qui détourne l’hu­meur, et dans cette persuasion elle souffre avec joie. M. Butini la fatigue d’un remède désagréable qu’elle doit prendre toutes les cinq minutes ; supplice inutile qu’ il aurait dû lui épargner, mais elle s’y soumet parce que c’est à ses yeux un moyen de guérir et d’appartenir à son cher Si- monde. Sa sensibilité s’est augmentée encore par sa fai­blesse, et toutes les marques d’affection qu’elle reçoit de­viennent pour elle des jouissances exquises; une rose qu’on lui apporte lui cause des transports de joie, et chaque soir elle répète que ses plaisirs l’emportent sur ses peines, qu’ il lui reste encore bien des sources de bonheur. Ah! il n’y en a dans cette vie que pour ceux qui s’aveuglent ! Le mal­heur, le malheur constant et insupportable est réservé à ceux qui voient trop clair.

Combien j ’abuse, madame, de la bonté que vous avez pour moi! Y a-t-il un autre homme au monde qui en s’adressant à vous pût ne vous parler que de soi et de ses chagrins? Ah! c’est qu’il n’y a aucun homme peut-être qui sache, qui sente comme moi tout ce qu’il y a dans votre coeur de sensibilité, de générosité, d ’oubli de soi- même, et de tendre bienveillance pour les malheureux. Je me repose sur ces vertus de la vraie Delphine, et quand

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EPISTOLARIO 2 3

elle reviendra à Genève, j’irai chercher du soulagement auprès d'elle.

J’ai reçu de M.me de Montolieu, que vous verrez sans doute à Lausanne, la lettre la plus aimable. Dès que j’en aurai la force je lui répondrai, mais j’en ai bien peu de force. Monod vous remercie de votre souvenir. Il vit à pré sent dans une maison de deuil. Son parent, le capitaine Lecointe, vient de mourir, et laisse sa sœur à la fois dans le désespoir pour sa perte, et dans la misère. Monod, que son cœur attire toujours vers les malheureux, se consacre à la consoler et à régler ses affaires. Ce M. Lecointe était aussi mon parent éloigné, mais j ’ai eu dans ma famille un coup plus rapproché et plus cruel. Le neveu de M. Chau- vet, qui avait épousé ma cousine Vernes, un homme qui surpassait son oncle pour les vertus, qui l’aurait égalé peut-être pour les talents, et qui ne lui était inférieur que pour l’instruction, il vient de mourir subitement, et l’on craint que sa femme et sa sœur, dont il faisait le bonheur, et dont la santé est très.... puissent résister à ce coup af­freux. — Vous savez la dangereuse.... de M. Rigaud : on ne voit que familles désolées, — et peut-on regretter [la vie?]. Ah! elle n’a pas assez de prix pour que nous la pleurions !

Recevez, madame, l’assurance de mon profond respect, de mon dévouement et de ma reconnaissance.

[N ell’Archivio dei Castello di Coppet].

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2 4 G. C. L . SISMONDI

9.

A MADAME DE STAËL

COPPET.

[Juin 1803].

Elle est morte, madame ; elle est morte comme elle avait vécu. Ses dernières paroles ont été des expressions de ten­dresse pour tout ce qui l’entourait. « Vous m’aimez, n’est-il pas vrai? » — disait-elle à l’amie qui la veillait; — « si vous saviez comme je vous aime, comme je suis heureuse de vous voir! Embrassez-moi, pressez-vous contre mon cœur ». — J’étais à sa porte pendant cette nuit qui fut sa dernière (du mercredi au jeudi), mais je n’entrai point; elle ne soupçonnait pas même que la main de la mort s’appesantissait sur elle, et ma vue a une heure si étrange le lui aurait fait comprendre. J’entendis cependant jusqu’aux derniers mots que prononça sa douce voix; j’en­tendis ensuite sa respiration gênée et pénible pendant le sommeil qui suivit et dont elle ne se réveilla point. J’entrai comme elle venait de respirer pour la dernière fois, et je remerciai Dieu avec ses amies de ce que sa souffrance était finie. Pendant quatre heures encore elle conserva toute sa chaleur, sa tête était appuyée sur mon bras, le sourire, le plus doux sourire animait son visage glacé, il n’était plus mêlé d’une expression de douleur comme celui avec lequel elle m’accueillait toujours pendant sa vie, il était pur comme elle. Ce fut sur ce cadavre glacé que je pris le premier baiser que devait me donner mon épouse. — Ne croyez point que je souffre d’une manière intolérable, non; tous mes sou­venirs sont doux, toutes mes craintes sont passées, toutes les souffrances que j’endurais avec elle sont finies. Il ne me

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EPISTOLARIO 2 5

reste plus que le désir et la ferme espérance de la rejoindre bientôt. le suis fort inutile sur la terre, mes liens avec mav-- J _famille se sont relâchés, je ne suis le meilleur ami de per­sonne, tous ceux qui m’aiment peuvent fort bien se passer de moi, mes principes sont étrangers à mon siècle. Si jamais je les mets en action, ils feront mon malheur et peut-être celui des autres, je n’ai point d’intérêt dans la vie, point de but à me proposer: l’object de mes affections n’y est plus pour les recevoir, et je sens que mon coeur est trop flétri pour en jamais admettre d’autres. Cette affection même n’était pas de l’amour: ce n’était qu’une amitié exaltée, elle était dégagée de tout désir. Pendant tout le temps qu’a duré cette cour si cruellement traversée, j’aurais désiré que ma relation pût être changée de celle d’époux en celle d’ami, mais le moindre refroidissement de ma part aurait déchiré le tendre cœur de Lucile. Elle est morte, je lui ai juré de ne pas hâter le cours de la nature; ne l’eussé-je pas juré, je le devrais à ma mère tant qu’elle vit; mais combien ne dois-je pas désirer d’être rappelé auprès de celle qui m’aime et qui m’attend? J’ai contracté envers sa mère et sa sœur, qui sont dans le dernier désespoir, et dans un état de santé très alarmant, des devoirs de parenté à remplir, je le ferai religieusement, mais ces derniers sont mêlés d’amertume, une fois que celle qui faisait notre lien n’existe plus.

Je me suis plaint de n’être pas aimé : combien ne mon- tré-je pas cependant que je compte sur votre amitié en en abusant ? Je vous accable de ma douleur, mais je vous connais si bien, je sais si bien comme vous êtes tendre et sensible, que sans me faire illusion, sans me dissimuler que vous avez peut-être trente amis que vous me préférez, je vous reporte tout ce qui me reste de tendresse, et je vous parle comme si j’avais le droit de vous faire souffrir de mon affliction. Il n’y a que vous au .nonde qui sache si bien inspirer la confiance; excusez ce que la mienne a de trop

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hardi, et conservez-moi dans votre amitié la place dont j’ai tant besoin. Mes respects à M. Necker: lui aussi connaît la douleur, et a compassion de moi.

IN elI’Archivlo del Cas tel lo d! Coppet].

10.

A MADAME DE STAËL

Jeudi 30 juin 1803.

Oui, madame, ma tendre, ma sensible amie, je désire ardemment de vous voir et d’aller passer quelques heures chez vous. Dès que je serai assuré de votre retour à Cop­pet, je m’arrangerai pour y aller: vos deux excellentes lettres m’ont fait sentir, plus vivement encore, combien je pouvais attendre de consolation d’une amie comme vous, combien je devais remercier la Providence de me l’avoir donnée. Je suis, ce me semble, plus abattu et plus souffrant que le premier jour. Je n’ai plus si présente à la mémoire l’image de ses angoisses, et je ne puis plus regarder comme un soulagement la perte de toutes mes espérances de bonheur. Je fais de grands efforts pour ne pas me laisser abattre, je me suis remis au travail, mais j’aurais besoin aussi d’avoir quelqu’un avec qui je pusse me plaindre. Avec sa mère et sa sœur je m’occupe de leur douleur à elles; je n’ai point assez d’intimité avec aucun de mes amis pour pleurer avec lui sans contrainte; et à la maison, quoique mes parents

' m’accueillent avec tendresse, je vois qu’ils s’étonnent que je ne commence pas déjà à me consoler, et cette seule idée,

, ainsi que les distractions qu’ ils me proposent, me blessent et m’irritent. C’est de vous, madame, c’est de votre sensible cœur que j’ai besoin, je languis d’aller lui demander du soulagement.

[N ell’Archiylo del Castello di Coppet],

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EPISTOLARIO 27

II.

A MADAME DE STAËL

COPPET.

Genève, 3 septembre 1803.

Je n ’ai point pu vous atteindre jeudi passé, madame, et je partirai sans vous voir. Je ne vous retrouverai point ici à mon retour, je ne sais quand ou comment je pourrai vous rencontrer de nouveau. Oh! comme ces idées sont pénibles! Comme j ’en suis tourmenté en partant! Si vous pouviez vous faire une idée de la douceur qu’ il y a pour moi à vous voir, à vous entendre, si vous saviez combien mon attachement qui s’accroît chaque jour est indépendant de votre gloire, presque de votre esprit; combien c’est vous que j’aime, bien plus encore que l’admirable auteur de Del­phine, vous auriez pitié d ’un homme qui en vous quittant, le coeur froissé par une autre peine, doit encore se dire que peut-être il ne vous reverra jamais. Je désirais si ar­demment de vous revoir encore, de vous dire adieu, que j’ai assiégé votre porte. Je m’y présentai au moins quatre fois jeudi, deux fois hier, mais tout était fermé. En vous quittant mardi je me faisais de vifs reproches, il me semble que je ne témoignai presque point la reconnaissance que je sentai pour la flatteuse confiance de M. Necker, pour la faveur signalée qu’ il voulait bien me faire en me donnant sa nouvelle à imprimer, que je n’exprimai presque pas combien je trouvais admirable cette fleur de sensibilité qu’il a conservée, et que j’aurais cru ne devoir appartenir qu’à votre âge et à votre sexe. J’ai lu avec trop d’avidité et trop rapidement l’histoire de ses deux malheureux époux: les détails me frappèrent comme charmants, comme pleins de

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2 8 G. C. L . SISMONDI

grâces, mais ils ne sont pas restés dans ma mémoire et je voudrais recommencer immédiatement la lecture. Mais per­mettez-moi de revenir à la charge sur l’observation que je vous iis mardi, et que vous n ’accueillites pas. Ne mettez dans l’avertissement rien qui fasse allusion à la gloire de

s monsieur votre père. Cedez pour les petites choses aux critiques de vos ennemis: vous savez comme ils triomphent de chaque compliment que vous vous faites mutuellement. Nos petits critiques de salon ne manquent jamais d’en faire un grief contre vous, et ils se bouffissent de gloire lorsqu’ils voient que des génies immortels comme les Fontanes, les Fiévée*) en prennent occasion de vous dire des injures. Quel inconvénient peut-il y avoir à éviter cette querelle ? Le si­lence qu’on garde sur soi ne saurait compromettre, c’est un langage différent selon la dignité des personnes, et toujours il est convenable. De ma part il serait modeste, de la vôtre il est noble et fier. Je suis bien hardi, je le suis cent fois trop de vouloir donner des conseils à mes maîtres, mais je les aime si tendrement, les critiques dirigées contr’eux me causent tant d’irritation et de chagrin que je ne puis m’empêcher de les vouloir prévenir. Assurez M. Necker que cette affection égale mon respect et mon admiration pour lui. Aimez-moi aussi un peu, madame ; je sens si vi­vement le besoin d’être aimé de vous! Et daignez m’écrire ou à Milan chez Claude Labaume, où je serai le 15, ou chez moi à Pescia en Toscane.

Agréez l’assurance de mon respect.

[Nell’Arcbivio de! Castelfo dl Coppet],

*) Per Fiévée cfr. H. Avenel, Histoire de la presse fran­çaise depuis 1789 jusqu’à nos jours, Paris, 1900, p. 180 sgg.

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EPISTOLARIO 2 9

12.A MADAME DE STAËL

Pescia, 25 septembre 1803.

J’avais espéré comme vous, madame, que ce beau ciel d’Italie, que cette vie toute physique qu’on est forcé de mener en voyage, et qui se trouve être celle des habitants de ce pays-ci, m’apporteraient quelque distraction et quel­que soulagement, et cependant je devais me rappeler que la seule chose qui m’eût fait un bien durable c’était le séjour que j’avais fait à Coppet, c’étaient les consola­tions que me donnait cette précieuse amie dont la sensi­bilité égale l’esprit, c’etait à mon âme souffrante que vous donniez des remèdes, mais en voyage, mais ici, cette âme loin de trouver des consolations éprouve chaque jour quel­que déchirement nouveau. A chaque moment les plaisan­teries maladroites de ceux qui ne savent pas mon histoire viennent me blesser à l’endroit sensible. Pour me défendre contr’elles il faut répéter sans cesse: « je suis malheureux, respectez ma douleur », et m’exposer aux questions indi­scrètes, souvent cruelles de gens qui ne connaissent pas même de nom la délicatesse et la sensibilité. Combien n’ai-je pas souffert aussi en rentrant ici dans des habitudes inter­rompues depuis trois ans! J’y retrouve et les personnes et les objects inanimés que j’aimais, dans l’état où je les avais laissés, je crois être au lendemain d ’un jour écoulé depuis plusieurs années et je rentre en quelque sorte dans le temps passé, mais je sens vivement en même temps qu’il y en a un de passé dans lequel je ne puis rentrer, et que cette parenthèse de ma vie qui semble s ’effacer à mes yeux renferme un événement qui change pour jamais mon existence.

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3 0 0 . C. L. SISMONDI

Voire excellente lettre (11 septembre) est la seule que j ’aie encore reçue de Genève. Elle n’avait pas besoin de cette distinction pour être lue avec la plus vive reconnais­sance, mais comme je crains que quelques lettres qui m’étaient adressées ne se soient perdues, il sera bien peut- être qu’en vrai négociant je vous avertisse que je vous ai déjà écrit deux fois, de Genève la veille de mon départ, et de Milan le 15 septembre. Dans la première je parlais longuement du petit roman de M. Necker. Vous ne m’en dites rien, et je suis inquiet du parti qu’il aura pris, et plus encore du jugement qu’ il aura porté de ma hardiesse. Vous allez donc à Paris, je ne suis pas tranquille sur ce voyage, mais je sens mieux chaque jour que c’est le seul pays qui vous convienne. Certainement je ne vous presse-

' ) rai plus à présent de venir en Italie, ce peuple n’est pas digne de vous: pour la littérature, le goût, le sentiment, il est de deux ou trois siècles en arrière du reste de l’Europe. Le premier libraire de Modène, un ami de Spallanzani, de Vallisnieri, etc., ne connaissait pas même l’existence de Delphine dont je lui parlais. Au reste ce libraire me dit que s’apercevant que ses compatriotes avaient beaucoup plus

! de goût pour la nourriture du corps que pour celle de l’âme, il avait ouvert deux boutiques de charcutier dans différents quartiers de la ville, et y faisait passer ses fonds à mesure qu’ il les retirait de la librairie, en sorte que quand il avait le bonheur de vendre une encyclopédie, il se hâ­tait d’acheter un cochon bien gras à la place. — Ici ceux qui ont lu Delphine disent « che è peccato mortale di gua­starsi il capo con tanta malinconia ». Au rexte en Italie les femmes et les gens du monde ne sont pas assez instruits pour aimer à lire même des romans, et quant aux hom-

■ mes de lettres ils sont trop fiers de leur petit savoir pour « s’abaisser » jusqu’à une pareille lecture. C’est un roman, et ce mot suffit pour qu’ils ne veuillent pas l’ouvrir, ils ne savent pas voir qu’une femme leur a présenté sous cette

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EPISTOLARIO 31

forme une étude plus approfondie du coeur humain, plus de philosophie, d’idées nobles grandes et généreuses que leur cerveau étroit n’en pourra jamais concevoir. Je relis à pré­sent Delphine avec ma soeur (c’est la troisième fois que je fais cette lecture) et c’est presque pour moi une jouissance d’amour-propre que d’avoir quelqu’un qui m'entende, qui comprenne et qui partage mon admiration. Il me semble que parce que j ’aime l’auteur de toute mon âme, j ’ai quel­que droit à me glorifier de la beauté de son ouvrage. Elle a été extrêmement frappée de la parfaite vérité du por­trait de M. de Serbellane (lett. VIII), elle trouve que vous avez fait en cet homme seul le portrait de toute la nation italienne, du moins de tout ce qu’elle contient de di­stingué : elle croyait y reconnaître les gens qu’elle aime le plus ici.

Dans une lettre de Milan je vous parlais, madame, de ce que j ’avais pu observer sur l’esprit public en Lombardie, mais ici, dans une ville de province, il n’y a rien du tout à observer. On y fait sur la politique les coqs-à-l’âne les plus absurdes, on croit comme il ne passe plus de fran­çais qu’il n’en restera bientôt plus au monde. On ne doute pas de voir revenir bientôt les armées impériales, et en attendant on craint tout le monde. Aussi se garderait-on bien de dire du bien de Bonaparte de peur des Allemands, ou du mal, de peur de lui-même. La censure des livres est d’une extrême sévérité, l’espionnage est à ce qu’on assure assez actif, mais il reste sans suite, et les vexations sont rares. Il n’y a pour le Gouvernement actuel ni affection ni haine, aussi n’en parle-t-on, et les deux partis se rappro­chent-ils parce que tous deux sont également.... Avec plus de faste, plus de défense, beaucoup moins d’ordre et de suite, le Gouvernement Royal.... les traces du Gouverne­ment Ducal qui l’a précédé, et l’on ne s’aperçoit guère du changement qu’à l’augmentation des impôts; d’autre part les bonnes récoltes de cette année, dans un pays éminemment

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3 2 G. C. L . SISMONDI

agricole comme celui-ci, ont répandu de l’aisance et calmé

les mécontentements.

Vous verrez ce pauvre Christin à Paris, mon inquiétude

pour lui augmente, et je languis de savoir de ses nouvel­

les. Vous y verrez aussi Constanti) ; j'ai répondu la lettre

du monde la plus plate à une lettre charmante que j'avais

reçue de lui, et je crains qu’ il ne m’écrive plus; dites-lui

que j’ai le coeur trop oppressé, la tête trop vide pour sa­

voir écrire à présent, mais que je n’en sais pas moins l’ai­

mer. Que cette excuse me serve aussi auprès de vous, ma­

dame. Vous du moins vous savez combien je vous suis,

combien je vous serai toujours attaché.

[NelI’ArchlvIo del Castello dl Coppet].

13.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

V e n e z ia

Vérone, 15 décembre 1803.

Je suis déjà bien loin de vous, madame, et je m’en

éloigne chaque jour davantage, chaque jour je mets entre

nous une nouvelle distance, d’autres fleuves, d’autres mon­

tagnes, et surtout du temps, de ce temps qui commence à

nous séparer, et dont je ne sais pas voir la fin. Cependant

je crois, j’ai besoin de croire que je vous reverrai: ce serait

commencer à mourir que de se séparer pour toujours des

gens qu’on aime. La mort ne me présente que cette idée

d’effrayant: la séparation pour toujours d’avec tous les

objets de notre affection. Peut-être suis-je bien hardi d’oser

') Sui rapport! del Sismondi con Benjamin Constant si veda C . P e l l e g r i n i , Lettere inedite di Benjamin Constant al Si­smondi, in Pègaso, dicembre 1932.

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EPISTOLARIO 3 3

vous considérer comme une amie, et vous donner ce titre, mais vous n'avez pas pu vous tromper, madame, sur les sentiments que vous m’inspiriez; sans doute vous avez vu que celui qui dominait sur le plaisir de vous voir et de vous entendre, sur l’admiration, sur l’enthousiasme, c’était le plus tendre attachement. C’est une chose bien nouvelle pour moi, je vous assure, que d’aimer comme je vous aime une connaissance de dix jours, et l’ensemble de qualités et de vertus qui rend une personne si parfaitement aima­ble est un mérite bien rare et bien précieux.

Depuis que j’ai quitté Venise je trouve mon voyage beaucoup moins agréable. La campagne est à présent abso­lument dépouillée de feuilles, le givre, un peu de neige, et les brouillards ont succédé aux teintes de l’automne qu’elle conservait encore quand j’arrivai à Venise, et sa robe d’hiver dans ce pays-ci ne me paraît guère moins laide que dans le mien. Mon plus grand plaisir en voyage, après celui de voir la terre, c’est de connaître ceux qui l’habi­tent, mais je ne m’en donne pas le temps; je ne vois et ne puis voir dans les villes que je traverse que des libraires, et vraiment je fais bien de ne pas rechercher la société; j’ai été tellement gâté par celle que j’ai eu le bonheur de voir à Venise, que désormais je ne serais pas facile à con­tenter. Si j’analysais bien le sentiment qui me domine à présent, je reconnaîtrais, j’en suis sûr, que sa seule cause c’est de m’être éloigné d’une société ¿qui me plaisait tant. Mon voyage ne m’a cependant pas été tout à fait inutile sous le rapport de l’instruction : je compte toujours beau­coup sur les compagnons de voyage que le hasard me fait rencontrer dans les voitures publiques. Condamné comme on l’est dans un tête à tête éternel, à épuiser tous les sujets de conversation, il est rare qu’on ne tire pas de son com­pagnon de voyage tout le profit qu’il est possible d’en tirer. J’ai eu avec moi pendant une partie de la route un marchand turc de Scutari, et pendant une autre un fabri-

3. — Sism ondi, Episto lario . I.

Page 82: Epistolario Vol.1

3 4 G. C. L . SISM0ND1

quant de draps de Schio. Sans doute ils n’étaient sémil­lants ni l’un ni l’autre, mais j’ai appris d’eux bien des cho­ses que j’aurais vainement cherchées dans les livres ou dans la conversation des gens de lettres.

Monsieur le chevalier Zacco m’a promis de faire parve­nir incessamment mon livre 4) à monsieur votre époux. Je n’aurais osé lui diré que c’était à vous, madame, que je le destinais. Avoir l’air de croire que vous vous donneriez la peine de lire quelque chose de si abstrait, de si fati­guant et de si froid, c’était montrer trop de présomption, et j’en aurais rougi devant lui. Cependant je l’ai cette présomption, j’aime à croire qu’en vous aidant de la table qui précède l’ouvrage vous choisirez les morceaux d’un in­térêt plus général, et que pour l’amour de moi vous vou­drez vous former une idée de ce que j’ai écrit. 11 Signor Giuseppe m’a promis qu’il se donnerait la peine de le lire, et pour lui, je me flatte qu’il y trouvera quelque plaisir. Ayez la bonté, madame, de lui témoigner combien je suis reconnaissant de l’accueil qu’il m’a fait et des marques d’affection qu’il m’a données, dites-lui combien je fais de voeux pour le parfait rétablissement de sa santé, présentez aussi mes hommages à votre excellent père, au chevalier Pindemonte, à tous ceux qui daigneront se souvenir de moi, et vous, madame, à qui je dois tout ce que j’ai goûté de plaisir à Venise, je vous en supplie, ne m’oubliez pas, écrivez-moi quelquefois à Genève, et laissez-moi resserrer entre nous, autant que le permet la distance, un lien qui m’a été si doux.

Je suis avec respect, ecc.

[ P u b b lic a ta d a T e r e s a L o d i in Civiltà Moderna, 1 9 3 2 , fa s e . 4 (Il Sismondi e la Staël veneziana) d a l l ’a u t o g r a f o c h e è n e l la B ib lio teca N azionale d i F irenze].

') N o n p u ò e s s e r e c h e l’o p e r a De la Richesse Commer­ciale ou Principes d'Economie Politique appliqués à la Légi­slation du Commerce, p u b b l ic a t a a p p u n to n e l 1 8 0 3 .

Page 83: Epistolario Vol.1

EPISTOLARIO 3 5

14.

A MADAME DE STAËL

Cremone, 18 décembre 1803.

J’apprends dans ce moment, madame, que mes crain­tes se sont vérifiées: vous n’êtes plus à Fjris et l'on me dit que vous ne pouvez pas revenir à Genève. Oh! com­bien je souffre pour vous et avec vous ci’un acte de de­spotisme qui doit révolter votre âme fière, combien je re­grette d’être si éloigné de vous, si mal au fait de tout ce qui vous intéresse, si incapable de vous prouver mon en­tier dévouement, mon désir ardent de vous servir! Je ne sais où ma lettre ira vous chercher; j’ai passé un mois sans avoir des lettres de Genève, et celle que je reçois aujour­d’hui est fort ancienne, et ne m’apprend point vos déter­minations ; mais il me semble qu’ il n’y a qu’un seul pays digne de vous, une seule réunion d’hommes distingués qui puisse satisfaire votre esprit, une seule nation assez géné­reuse, assez libre pour plaire à votre coeur. Cependant si les mêmes considérations qui vous avaient déjà retenue vous empêchent de passer en Angleterre, je voudrais vous savoir à Venise, et je me sentirais alors plus près de vous. Dans une des lettres que je vous ai ¿dressées d’Italie, et qui peut-être se sera perdue, je vous écrivais que ce pays n’était pas digne de vous. Je ne connaissais pas alors Ve­nise; pendant les quinze jours que j ’y ai passés, je me suis dit souvent que son séjour pourrait vous convenir: la so­ciété distinguée que j’y ai vu répondait à l’idée que je me suis formée chez vous et d’après vous de la bonne société de Paris. Pour l’union de la gaîté et de la légéreté à l’in­struction, et de l’esprit aux grâces, Venise me paraît s’éle­

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ver au-dessus de toutes les grandes villes d’Italie. Vous y trouverez assez de mouvement, assez de variété pour vous fournir sans cesse cette nourriture d’esprit dont vous ne pouvez vous passer, et qui vous manquait si cruellement à Genève ; et quant à cet autre besoin de votre coeur, qui devient peut-être plus impérieux encore depuis que vous éprouvez une oppression personnelle, celui de rencontrer des âmes dignes de vous, qui vous entendent et qui vous répondent, il sera aussi satisfait de Venise. 11 est vrai que les opinions politiques de ce pays-là ne sont pas à l’unis­son avec les vôtres, mais l’amour de vieux républicains pour leur patrie et pour leur liberté, leur aversion pronon­cée pour les formes monarchiques, leur opposition décla­rée au Gouvernement auquel ils sont soumis malgré eux, la liberté des discours que leur unanimité leur garantit, ont quelque chose de noble et de généreux qui doit plaire aux âmes libérales, et qui se rallie à leur sentiments, bien que la République qu’ ils idolâtrent ne soit point la même

que celle que vous aimez. C’est d’ailleurs la ville du con- i tinent où les Anglais sont en plus grand nombre et où ils > se trouvent le mieux chez eux.

Dans un mois environ je serai à Genève; je ne vous y trouverai plus, vous dont la sensibilité a tant contribué à soulager mes peines, dont l’esprit m’a procuré tant de jouissances, dont la bonté m’élevait presque jusqu’à vous en me permettant de vous aimer avec tout ce qu’ il me reste de sensibilité. Je n’y trouverai plus les tristes restes de la fa­mille de ma bien-aimée: M.me Patron et sa fille sont par­ties pour le midi de la France, et leur santé est si déla­brée que j’ai lieu de craindre qu’elles n’y reviennent jamais.

f Je n’y trouverai plus une amie précieuse qui me restait, M.me Lavit: elle est allée s’établir à Paris. J’y serai seul, bien seul, de cette solitude du coeur qui est si fort à charge à la tristesse. Je suis seul aussi en voyage, depuis un mois que, séparé de ma mère, je parcours le nord de l’Italie. Je

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EPISTOLARIO 3 7

m’agite entre des gens qui ne se soucient point de moi et dont je ne me soucie point: chaque jour j’en rencontre de nouveaux, et je n’ai pas aujourd’hui auprès de moi un seul homme qui m’ait vu hier. le vis avec mes souvenirs, je n’ai d’autre livre avec moi que Delphine que je lis pour la cin­quième fois, et lorsque je suis fatigué de lire je repasse dans ma tête leë vers que j’ai fait pour ma Lucile et sur mes malheurs : mon imagination ne me sépare donc jamais ou de l’amie que la mort m’a si cruellement arrachée, ou de l’amie (permettez-moi de vous donner aussi ce titre) de la noble amie que le despotisme arrache à ma patrie.

J’ai vu à présent un grand nombre d’italiens qui ont lu Delphine, cependant les livres ne font leur chemin que lentement chez eux; la Nouvelle Héloïse n’a pas encore perdu ici les charmes de la nouveauté, et ce n’est que dans vingt ans d’ici qu’ils placeront Delphine à côté d’elle. Au reste il faut bien dire aussi qu’un défaut de la nation ita­lienne doit l’empêcher de goûter ce roman. Elle est on ne peut pas moins susceptible de cet entraînement, de ce sa­crifice de soi-même et de ses convenances aux mouve­ments du coeur, qui forment le caractère de votre héroïne, et qui sont cause de ses imprudences et de ses malheurs. Aux yeux de la plupart des italiens la conduite de Del­phine est non pas immorale (ils lui pardonneraient volon­tiers des fautes bien plus graves) mais d’une imprudence inconcevable et qui passe toute vraisemblance. Peut-être aussi la rencontre de Thérèse et Serbellane, et la visite à M. de Vallorbe, sont-elles plus contraires à leurs moeurs qu’aux moeurs françaises. Mais s’ils ne trouvent pas dans leur coeur ces nobles mouvements qiîi mènent au sacrifice de ses intérêts à ceux des autres, vous direz avec raison que ce n’est pas pour eux que vous avez écrit.

Je ne sais comment je me permets d’écrire une si lon­gue lettre, lorsque je ne puis point prévoir quelle sera la disposition de votre âme en la recevant, mais j’avais un si

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grand besoin de me rapprocher de vous, de vous parler de mon affection! Oh! comme je souffrirai de ne pas vous trouver à Genève ! Du moins je me flatte d’y trouver une lettre de vous; vous m’avez promis de ne pas m’oublier, et vous savez, je l’espère, que ce n’est pas seulement avec le plus profond respect, mais avec l’attachement le plus ten­dre, le plus vif, le plus sincère, que je suis, ecc.

[N ell’Archivlo del Castello di Coppet],

15.A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

Venezia

Genève, 6 mars 1804.

Votre charmante lettre du 25 février me fait un plaisir si vif, je trouve si aimable à vous de vous souvenir d’un voyageur qui n’a passé que peu de jours auprès de vous, et qui n’a d’autre titre à votre souvenir que la vive affection que vous lui avez inspiré, je suis si flatté, si enchanté de l’amitié que vous voulez bien me témoigner, et des choses obli­geantes que contient votre lettre, que je ne saurais différer d’un moment à vous écrire et à vous en témoigner ma re­connaissance. Permettez-moi, madame, permettez-moi de grâce de prolonger cette correspondance, de la soutenir, de m’attacher fortement à ce dernier lien qui m’unit encore à vous, je ne saurais consentir à ce que vous m’oubliez, mon coeur en suffrirait trop, j’ai un besoin trop vif d’être aimé de ceux que j'aime.

J’ai eu le plaisir de voir ici quelqu’ un qui vous appar­tient, quoique par une relation un peu indirecte; c’est le frère de madame votre belle-soeur, le comte Zenobio.

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EPISTOLARIO 3 9

Il a passé près de quinze jours à Genève, où il comptait d ’abord n’en séjourner que huit, et j ’ai eu l’honneur de le présenter à M. Necker, à la plupart de nos gens de lettres et dans nos meilleures sociétés. Il a vécu si long­temps hors de sa patrie, et vous étiez si jeune quand il a quitté Venise, que peut-être vous ne vous rappelez de lui autre chose que son grand nez et sa petite taille. Cependant je parie, d’après le tact si délicat que l’on remarque en vous, que vous l’avez jugé et que vous comprenez mon embarras en le présentant. Lorsqu' il avait adressé aux gens quelqu* une des questions bizarres qu’ il fait souvent, qu* il avait demandé par exemple à nos gens de lettres s’ils par­laient le sanscrit ou le chinois, à nos jolies femmes si elles avaient jadis été à Constantinople, à la femme de Genève qui a le plus d’esprit si les perles de la Reine d’Angleterre ne sont pas les plus grosses du monde; questions par les­quelles il commençait la conversation avec des gens qu’il ne connaissait pas, on s’approchait de moi et on me de­mandait tout-bas : — Qui est le comte Zenobio ? — C’est le beau-frère de la femme au monde qui réunit le plus d’esprit à la plus charmante figure. — Fort bien, mais lui- même qui est-il? — La femme à laquelle il est allié fait l’honneur de la Grèce où elle est née, de l’Italie où elle habite, tous les poètes l’ont célébrée, tous les gens de let­tres en sont enthousiastes, tous ceux qui l’ont vue l’ado­rent. — Ce n’est point là répondre à notre question; qu’est-ce que le comte Zenobio? — C’est le neveu du Grand Amiral Emo, c'est un homme dont les ancêtres, dont tous les parents ont occupé les premières places de Venise. — Ne parlons pas de sa famille, lui-même? — Je le crois fort riche. — Ce n’est pas non plus sa fortune dont il s’agit. — Pour sa personne vous le voyez, et pour son esprit il vous en fera juger lui-même.

Le comte Zenobio n’est cependant pas un sot, il sait beaucoup de choses, il y a vingt ans qu’il voyage, et il

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l’a fait quelquefois avec fruit. S’il parlait de son fonds au lieu de questionner, il aurait, je crois, souvent des choses intéressantes à dire; il a vu presque tous les personnages de l’Europe qui jouissent de quelque réputation, mais il manque, à ce qu’il semble, essentiellement de cette qua­lité que les Français appellent tact, et qui consiste surtout à pressentir ce qui peut plaire aux gens à qui il s’adresse; ses principes en politique heurtaient presque toujours la manière de penser des Genevois, ils ne s’accordaient point non plus avec ceux qu’on aurait attendus de sa naissance. Il est parti il y a environ huit jours pour le Brisgau, et il pense ensuite à se rendre en Amérique; au reste, comme rien ne l’appelle dans un lieu plutôt que dans un autre, il pourrait bien changer de nouveau de résolution.

Je ne vous parlerai pas de notre politique, nous som­mes loin ici du centre des événements, peut-être même si nous étions près ne pourrions-nous ni les comprendre

5 ni les juger. La circonspection des Parisiens, qui ne disent pas un mot dans leurs lettres des événements qu’ils ont sous les yeux, est une leçon dont nous devons profiter. Il n’y a pas non plus de nouvelles littéraires qui méritent de vous intéresser; nous attendons deux poèmes de l’abbé Delisle qui vont bientôt paraître, mais ce ne sont que des traductions, l’une de YEnéide et l’autre du Paradis perdu. Les Français paraissent avoir perdu le génie créateur, leur poésie n’est plus que d’imitation.

A propos de ces imitations, un M. Mustoxidi de Corfou, qui est étudiant à Pavie, m’a promis d’écrire dans sa patrie pour me procurer un recueil de chansons en grec moderne, tant patriotiques que d’amour, et je me suis engagé de mon côté à les traduire et à les faire [connaître] en France. Il m’a donné la version italienne d’une chanson des Mai- nottes, et [vous] connaissez peut-être l’original que je dé­sirerais fort avoir. Il serait bien aimable à vous, madame, de recueillir pour moi les morceaux de poésie grecque mo­

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EPISTOLARIO 41

derne que vous croiriez dignes d’être connus deo Occiden­taux, et de me les envoyer avec une version italienne. J’in­sère dans cette lettre mon imitation du chant des Mainottes: à qui mieux qu’à vous, madame, pourrais-je en faire hommage ?

Veuillez présenter mes respects et l’assurance de ma reconnaissance et de mon attachement au chevalier Pinde- monte, à monsieur votre époux, à monsieur votre père, par­lez quelquefois de moi à ceux qui ne m’ont pas tout à fait oublié: je serais flatté que votre compatriote M. Bedotti fût de ce nombre. Surtout, madame, daignez m’écrire, et conserver quelque attachement pour un homme dont le cœur vous est entièrement acquis.

Je suis avec le plus profond respect, ecc.

[P u b b lic a ta d a T . L o d i , Art. cit., d a l l ’a u t o g r a f o d é l ia Na- zionale di P lrenze].

16.

A MADAME DE STAËL

G e n è v e , 2 0 m a r s 18 0 4 .

Je sens bien qu’on est indiscret lorsqu’on persiste à écrire à ceux qui ne répondent pas, qu’on a l’air de vou­loir les forcer dans leurs retranchements, de disposer arbitrairement de leur temps. Je le sens, et cependant quoique cette lettre soit la troisième ou la quatrième de­puis que je n’en ai point reçu de vous, je ne puis m’empê­cher, madame; de vous écrire encore, je ne puis me soumettre à ce que vous m’oubliiez absolument. Occupée comme vous l’êtes, fatiguée peut-être par les hommages de tout ce que l’Allemagne a de plus brillant, ce n’est pas une lettre que je vous demande, c’est un seul petit

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mot adressé à monsieur votre père, pour m’assurer que je n’ai pas tout à fait perdu votre amitié.

Pour excuser une lettre indiscrète, je voudrais qu’elle contînt quelque chose d’intéressant, mais je ne voyage plus, je ne suis plus témoin de rien de remarquable, je ne saurais enfin vous parler que de moi, ce qui serait plus indiscret encore, ou du monde de Genève, dont vous avez beaucoup plus de nouvelles peut-être que vous n’aurez de curiosité pour les lire. 11 y a un grand sujet de nos pensées, à vous, madame, et à moi, qui est tout à fait interdit à notre plume; pour notre sûreté, pour notre

' bonheur, il faut que l’ imagination et la mémoire nous sortent du temps présent, que nous nous rendions étrangers à notre siècle, que nous vivions dans le passé et dans l’ave-

f nir. Je m’efforce tout au moins de remplir la première partie de cette tâche, j’ai reporté toutes mes études vers un siècle qui possédait plus de vertus et d’énergie que le nôtre, j’ai repris avec ardeur mes recherches sur les Ré­publiques italiennes du moyen âge ; mais pour m’emparer aussi de l’avenir, pour me nourrir d’attente, il faudrait que je ne fusse pas de ceux qui doivent se dire:

La douceur d’espérer m’est pour jamais ravie,Et suivant du tombeau le lugubre chemin Je sais (tel est mon sort, tel est le sort humain),Que chacun des jours de ma vie Vaudra mieux que son lendemain.

Vous, madame, qui vivez à présent au milieu de gens pour qui la philosophie est en honneur et qui ne mépri­sent pas tout ce que nous avons appris à admirer, vous espérez mieux peut-être de l’esprit humain que quand vous quittâtes Genève; mais ne vous y trompez pas: cette

j admiration, cette adoration, que vous rencontrez partout ien Allemagne, c’est à vous qu’on l’offre bien plus qu’à vos principes. Oh! puissiez-vous cependant espérer encore!

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EPISTOLARIO 43

M. Constant est avec vous, et ne compte pas cepen­dant vous accompagner jusqu’à Berlin: combien je dési­rerais qu’ il se déterminât à venir vous attendre à Genève ! Combien j’aurais de plaisir à le revoir! Veuillez lui dire que je lui suis tendrement attaché, ne m’oubliez pas, que j’aie le bonheur de vous revoir encore, et croyez que même dans toute l’Allemagne il n’y a personne qui vous admire, personne qui vous aime comme moi. Je suis avec respect, ecc.

[Neil’Archivîo del Castello di Coppet],

17.

A MADAME DE STAËL

W eim ar .

Genève, 15 mai [?] 1804.

Oh! ma bonne, ma sensible amie, est-ce donc mon tour de vous offrir ces consolations que vous me prodi­guiez avec tant de bonté dans mes malheurs? Est-ce déjà à moi à venir pleurer sur vos peines, quand il y a si peu de jours que vous pleuriez avec moi sur les miennes? Mais pourquoi dis-je les vôtres? J’ai perdu dans M. Necker *) tout ce que j’avais de plus précieux dans Genève: c’était un sentiment si doux pour moi que celui d’être attaché par des liens d’amour au plus grand homme de son siècle ! Celui que la France a chéri, celui que l’avenir admirera, et dont le nom ira croissant d’âge en âge, moi je l’aime, me disais-je, je l’aime de tout mon coeur, et il me sait gré de mon attachement! Oh! comme je jouissais de ses sou-

<') Necker morì il 10 aprile, mentre la figlia si trovava a Ber­

lino.

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rires, ou d’un mot approbateur de sa part, comme ses conseils m’étaient précieux, avec quelle attention scrupu­leuse je me suis conformé à tous ceux que j’ai reçus de lui, comme je sentais bien que c’était à lui, à sa protection bienveillante que je devais la place que je commençais à occuper dans le monde! Je ne le verrai plus! Mon coeur aurait besoin de rencontrer le vôtre. Oh! comme je re­grette d’avoir été jugé inutile auprès de vous! Vous le sa­vez peut-être: j’étais parti, j’avais déjà fait vingt cinq lieues pour aller vous rencontrer à Weimar, c’est par discrétion, et pour m’épargner un voyage douloureux que M. Con­stant m’a renvoyé. Peut-être ai-je eu tort de céder, il me semble quelquefois que mon affliction même m’aurait fourni des paroles de consolation qui auraient fait impres­sion sur vous. N’y a-t-il pas en effet toute une série d’idées que Constant n'abordera pas et qui m’auraient appartenues, de ces idées grandes et douces qui ont fait la gloire et le bonheur de M. Necker? C’est ainsi que dans sa dernière journée il répondit à M. Picot avec cette chaleur et cette sérénité qui ne l’ont jamais abandonné: « J’aime Dieu, je me confie en lui, et je l’implore pour moi et .pour ma fille ». Ce calme d’une grande âme dans ses derniers moments qu'elle mesure elle-même, cette no­ble fin d’une noble vie, couvre, adoucit tout ce qu’ il y a d’effroyable dans l’idée de la mort; pendant ces tristes jours que j’ai passés à sa porte, il ne s’est occupé que de son Dieu ou de sa fille, tous ses propos se rapportaient ou à l’objet de son adoration, ou à celui de son amour. Oh! comme il conjurait tout le monde de vous bien dire que vous ne deviez avoir aucun remords de votre absence, qu’il l’avait désirée, qu’il l’avait voulue, que c’était au coeur seul d’un père à juger de vos devoirs envers lui, et que ce coeur vous justifiait pleinement! Auriez-vous eu assez d’empire sur vous-même pour supprimer les éclats de votre désespoir? Oh! mon amie, si vous n’en

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EPISTOLARIO 4 5

avez pas la certitude, pensez que c’est une bénédiction de la Providence qui lui a épargné votre trouble et vos sanglots.

Je ne sais point quand je vous reverrai, j’avais par lui chaque jour de vos nouvelles, à présent je vous ai perdue avec lui, et cependant je ne pense qu’à vous, je languis de vous voir, je languis de savoir comment vous suppor­tez cette horrible affliction. Retrouvez un peu pour vous- même de ce courage, de cette philosophie que vous m’inspiriez, ne m’oubliez pas, et disposez de moi comme d’un homme qui vous est, qui vous sera toujours entiè­rement dévoué.

[Neil’ArchivIo del Castello dl Coppet].

18.A PIERRE PREVOST

2 juin 1804.

J’ai délibéré avec mon associé *) sur la proposition que vous avez eu la bonté de me faire; il est à présent telle­ment découragé par les désastres des libraires français, qu’il n’ose vous faire aucune offre pour votre notice de M. Le Sage, mais si vous n’êtes pas content de celles que vous feront d’autres libraires, peut-être dans quelques mois aurons-nous repris un peu plus de confiance : alors un ma­nuscrit de vous, Monsieur, sera toujours au nombre de ceux qui nous tenteront de plus. Agréez l’assurance de mon entier dévouement et de mon respect.

[Biblloteca dl Ginerra, Ms. Suppl. 1052, f . 108 r 0].

') Si tratta délia Casa Paschoud di Ginevra, délia quale per qualche tempo il Sismondi fece parte. Si veda per questo la let- tera seguente del 13 gea. 1805.

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4 6 G. C. L . SISMONDI

19.

A MADAME DE STAËL

L io n e .

Mardi 11 décembre 1804.

11 n’y a que huit jours que vous êtes partie, je ne puis le comprendre, comme ils m’ont paru mortellement longs ! Comme votre absence change toute ma vie! Je n’ai cessé de défendre devant vous la société de Genève, mais elle me tue quand vous n'y êtes pas, elle me fait passer à tout moment de l’indignation à l'ennui, ou de l’ennui à l’indi­gnation. Par votre présence vous compreniez les pensées illibérales, et à cause de vous je me figurais que tous ceux que je voyais sentaient et pensaient presque comme moi, mais depuis que vous n’êtes plus là pour leur en impo­ser, ils reproduisent avec triomphe leurs maximes favorites, ils semblent se glorifier de ce que, bien qu’ils cachassent leurs opinions devant vous, ils n’ont jamais abandonné le goût de tout ce qui est absurde en religion, de tout ce qui est servile en politique. Je me sens plus isolé ici que je ne l’aie jamais été, je n’avais pas besoin de ce senti­ment pour désirer vous rejoindre, mais il redouble encore mon impatience, j’attends votre lettre qui en décidera, et qui peut-être détruira tous mes chateaux en Espagne. Car si vous avez été très fatiguée de votre première traversée des montagnes, si vous vous trouvez bien à Lyon, si Con­stant promet d’y revenir, adieu le voyage, et peut-être aurez-vous raison d’y renoncer, puisque vous vous en faites si peu de plaisir. Je languis de savoir comment vous l’aurez passé ce Jura, c’est un essai de vos forces pour les Alpes, mais c’est un essai qui n’est guère moins fatiguant que le voyage lui-même.

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EPISTOLARIO 4 7

Quoique vous lisiez avec régularité les journaux, je vous recommande d’y voir deux choses qui vous auront peut- être échappé: l’une est un nouvel extrait de La famille du Jura, intitulé « Consultation sur le droit de la 4e D. », droit qui n’est point un mandat du peuple, mais une propriété de la nature de toutes les autres. L’autre n’a peut-être d’intérêt que pour moi: c’est un article de Fiévée dans le Mercure, où à l’occasion d’un livre d’économie po­litique d’un sous-inspecteur des Douanes, il attaque le mien avec assez d’aigreur, et nous apprend que dans tout ce qui regarde le gouvernement des hommes, il n’appartient qu’à ceux qui sont en autorité, ne fût-ce que comme sous- commis aux fermes, d’avoir une opinion à eux et de la dire: tous les autres doivent obéir et se taire.

Je n’espère pas avoir de lettre de Constant aussi long­temps qu’il est avec vous: dites-lui cependant que malgré mon voyage d’Italie, je le tiens pour lié par sa promesse de m’écrire, que je l’aime trop, que ses lettres me feront trop de plaisir pour que je veuille y renoncer, et que mes lettres ne lui seront pas non plus à lui tout à fait inuti­les, car je lui donnerai sur vous, sur l’état de votre santé, sur l’impression que vous recevrez des objets nouveaux tous les détails que je suis sûr que vous oublierez vous- même.

Nous avons ici une petite anecdote scandaleuse sur notre curé qui a essayé de séduire une jeune fille à qui il faisait répéter son catéchisme. Le peu de gens qui la savent veulent la cacher, moi excepté, qui par zèle pour le Clergé désirerais que toutes ses actions fussent connues, persuadé qu’elles tourneront toujours à la plus grande gloire de Dieu et de ses saints. L’on parle encore beaucoup de la crotte qu’a bravé notre Maire pour se rendre au couronnement, du dîner et des cajoleries de Portalis au chef de -notre consistoire, de l’espèce de l’enthousiasme qui régnait à la fête et que l’on connaît bien mieux par les témoins déjà

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4 8 Q. C. L . SISMONDI

de retour que par les lettres. Us disent qu’il y a eu un très beau mouvement de la part du peuple : c’est lorsqu’on lui a abandonné les piles de cocagne, il a rompu pour la première fois le silence qu’il s’était imposé par respect durant toute la cérémonie et il s’est jetté.... et les saucis­sons avec un ardeur qui manifestait bien trop de zèle pour la nouvelle dynastie. Au reste vous êtes plus à la source des nouvelles que moi: souvenez-vous que j’attends votre lettre avec la plus vive impatience. Dites-moi un mot de ce qui vous entoure, de vos enfants, assurez M. Schle- gel de mon attachement et croyez que je vous aime plus que je ne l’ai jamais dit, que je ne vous le dirai jamais. Adieu.

[N ell’Arcbivlo del Castelio di Coppet].

20.

A MADAME DE STAËL

T o r in o

Genève, 13 décembre 1804.

Js viens de la recevoir cette charmante petite lettre. Combien elle m’a fait de bien et de plaisir! Et cependant elle est d’une excessive tristesse, mais vous vous sépariez de Benjamin, mais vous quittiez cette France que vous aimez tant! Puisse-t-il être vrai que mon arrivée auprès de vous contribue, en partie à vous dédommager de tant de séparations, que vous trouviez quelque plaisir à avoir sans cesse auprès de vous au milieu des étrangers un homme qui vous aime de tout son coeur, et depuis bien longtemps. Je n’ai différé de répondre à votre lettre qu’autant de temps qu’il en a fallu pour me procurer un passeport, et arrêter

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EPISTOLARIO 4 9

ma place à la diligence; tout cela est fait, et comme je vous l’avais annoncé je partirai dimanche 23, le lendemain du jour que vous avez fixé pour partir de Turin; j’arriverai dans cette dernière ville jeudi soir 27 décembre. Il serait bien bon à vous d’envoyer chez MM. Bonafous, Directeurs des Diligences, un petit billet, un mot seulement, qu’ils me remettraient lorsque je descendrais de carosse, et qui m’apprendrait si vous êtes encore à Turin ou si vous êtes repartie; un simple retard de chevaux ou un accident de voiture peuvent dans cette saison me faire arriver deux heures plus tard que de coutume. Alors MM. Negri au­raient fermé leur maison, et comme il faut repartir le len­demain à quatre heures du matin pour arriver le samedi 23 à midi à Milan, je n’aurais aucun moyen de savoir si vous y êtes encore. — Je vous avais écrit une longue lettre à Lyon adressée chez M. Couderc: je pense qu’ils vous la feront parvenir puisqu’elle est arrivée trop tard. M. de Bon- stetten a.été plus heureux, je lui annoncerai votre réponse, je suis glorieux de votre lettre, je me fais honneur de vous comme si ce n’était pas pour vous seule que je vous aime. Oh! quelle douce chose que d’être toujours à portée de vous, de pouvoir vous voir et vous entendre à toute heure ! Combien ce bonheur est plus grand pour moi après une séparation, pendant laquelle j’ai rêvé bien des fois que vous partiez pour Paris, pour l’Allemagne, l’Angleterre, et que je ne vous reverrais pas de six mois!

J’entendais hier votre demoiselle Amélie Fabbri *) entre­prendre la justification de Bonaparte : c’est la première fois que je suis sa conversation, et voilà ce que j’ai recueilli. Non, je n’apprendrai point à aimer ce que vous appelez la pre­mière société de Genève, et qui n’est point une société gene­voise; vous ne trouveriez pas dans tout le reste de la ville un pareil rassemblement de coeurs froids et de sentiments

‘) P. K oh ler, M.me de Staël et la Suisse, p. 535.

4. — Sis.viondi, E pisto lario . I.

Page 98: Epistolario Vol.1

50 0 . C. L. SISMONDÎ

serviles. Combien la coterie de votre cousine est supérieure à cela, et combien votre cousine est supérieure à tout le reste! Je passai avant-hier deux heures avec elle presque toujours à parler de vous, et je compris mieux que jamais pourquoi et à quel juste titre vous l’aimez. J’espère ne plys devoir écrire, dans peu de jours je serai auprès de vous. Rien qu’une maladie ne pourrait me retarder à présent et m’obliger à vous avertir de ce retard. Présentez à M. Schle- gel l’assurance de mon attachement.

[N ell’ArchlvIo del Castello di Coppet].

21.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

V enezia

Milan, 12 janvier 1805.

Je ne rencontre jamais un vénitien sans lui parler dè vous avec cet enthousiasme que vous savez si bien inspi­rer et que l’on conserve pour vous toute sa vie quand on a eu le bonheur de vous connaître, et lorsque je trouve des gens qui vous ont connue, qui ont su vous apprécier, il me semble qu’à l’instant même nous devenons amis. Madame Tron doit vous voir dans trois ou quatre jours: depuis qu’elle me l’a dit, et qu’elle a eu la bonté de m’of­frir de vous porter une lettre, j’ai pris pour elle un atta­chement qui Pétonnerait fort peut-être elle-même. Au reste, je lui dois aussi de la reconnaissance pour une bonne nouvelle: j’ai appris d'elle que les bains de Vicence avaient rétabli votre santé sur laquelle votre dernière lettre m’avait alarmé.

Page 99: Epistolario Vol.1

EPISTOLARIO 51

Je vous avais écrit, madame, que je prendrais la liberté de vous adresser la célèbre M.me de Staël: je ferai plus, je vous la présenterai moi-même ; elle a eu la bonté de m’ inviter à l’accompagner, et je vais faire avec elle le tour de l’Italie. Depuis quinze jours nous sommes ensemble à Milan, et j ’y ai déjà rencontré quelquesuns de vos amis: M. Petritin, M. Benzonî. Après-demain nous partons pour Rome et pour Naples; et nous reservons Venise pour no­tre retour au commencement de mai. Cependant nous sa­vons bien peu et tout le monde peut difficilement prévoir quafre mois d’avance ce qu’il conviendra de faire: les évé­nements politiques peuvent changer toutes les détermina­tions particulières. On va donner un roi à la République Italienne, probablement Joseph, peut-être Napoléon ; peut-on savoir d’avance si vous n’en prendrez pas de l’humeur, si la guerre ne se rallumera pas sur le continent? Et alors, comment visiter Venise, comment même rester ici? Nous nous éloignons de Milan au moment où les nouvelles acquièrent le plus d’importance, et où cependant elles sont encore toutes confuses et douteuses.

Agréez, madame, et daignez agréer à votre époux, l’expression de mon vif attachement et de mon profond respect. Rappelez-moi au souvenir des hommes distingués que j'ai eu l'avantage de connaître chez vous, au cavalier Ippolito, à monsignor Zacco. Je serais bien heureux si vous aviez la bonté de me donner quelques nouvelles d’eux, et surtout de vous-même; mon adresse est à Rome, chez M. Marin Torlogne, banquier.

Je suis avec respect, ecc.

fPubblicato da T. Lodi, A rt cit., dall’autograto délia Nazio- nale di Fireozel.

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5 2 0 . C. L. SISMONDI

22.

A J. J. PASCHOUD

G in e v r a .

Milan, 13 janvier 1805.

Nous sommes encore ici, où nous nous sommes arrêtés trois fois plus que nous n’avions compté, mais enfin nous partons demain, et comme notre voyage a été si fo.t re­tardé je ne doute pas que je ne trouve à Bologne votre catalogue . . . . avec les corrections que vous jugerez con­venables. Je l’attends ainsi que vos lettres pour essayer de presser vos affaires, car jusqu’alors je n’ose rien essayer. J’en ai cependant envoyé un au Biblioth. Rolla à Pavie, en lui promettant le rabais du tiers. J’ai reçu six louis de Son- zogno, et la lettre de change ci — incluse payable à tout février, acceptée, qui fait le solde de ce qu’il doit à l’ar­gent sauf la dernière partie. Je vous l’envoie au lieu de la donner à Soresi, parce que vous êtes peut-être pressé d’argent. — N’oubliez pas, je vous prie, ses quatre asso­ciations à la Bibliothèque Britannique, non plus que le com­plément de l’année passée qui lui revient, et les 26 fr. des Manuscrits de M. Necker *) qu’ il a commis.

Mad.n,e de Staël2) exige que sans tarder davantage vous

') Nel 1804 la Staël aveva pubblicato a Ginevra, presso Pa- schoud, l’opera paterna : Manuscrits de M. Necker publiés par sa fille , preceduta dal suo scritto Du caractère de M. Necker et de sa vie privée.

2) Alla fine del 1804 il Sistnondi era partito per l’Italia insieme con M.™* de Staël, i suoi tre figli e il loro precettore, Augusto Guglielmo Schlegel. La comitiva fece appunto una sosta a Mi­lano, dove la scrittrice svizzera fu molto bene accolta, e conobbe il Monti, il Cicognara, ed altri.

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EPISTOLARIO 53

passiez vos expéditions pour Paris de cet ouvrage : je l’ai assurée que ce serait la première chose que vous auriez faite à votre arrivée. J’espère qu’il en ait ainsi, et qu’à l’heure où cette lettre vous parviendra vous l’aurez aussi mis en vente à Genève, c'est à dire quinze jours après le départ du ballot. N’oubliez pas non plus, s’ il vous plaît, les exemplaires qu’elle donne, ni ceux que vous avez pro­mis à Eugène.

N’oubliez pas non plus, je vous prie, de faire deman­der à M. Jules Henri Pott s’ils pourraient fournir, n’im­porte à quel prix, le tome 37^ de l’édition complète des oeuvres de Voltaire faite par lui à Lausanne en 1780. C’est un service à rendre à Sonzogno.

J’ai retiré, d’envoi du courrier de Pavie, quelques livres en petit nombre qu’il a laissés pour notre compte. J’en ai pris note sur mon carnet: le plus fort c’est quatre Richesses commerciales*) que je prends avec moi.

J’ai conclu, mais pour mon compte, un échange avec Salvi d’ici, l’un des meilleurs libraires bouquinistes. Il me cède les deux belles collections Scriptores Rerutn Italica- ram, 27 vol. fol., et Scriptores Historiae Byzantinae, 23 vol. fol., le tout relié et bien conditionné contre 1.000 lires à choisir en livres sur notre catalogue ou son supplément; il vous en enverra la note. Je crois le marché fort avan­tageux: il doit sans retard vous en faire l’expédition. De part ni d’autre on ne passera pas en compte l’emballage.

Par un heureux hasard j’ai trouvé chez Soreri la lettre que mon père m’écrivait à Ancone: remerciez-le de ma part et dites-lui, je vous prie, que je lui écrirai de Bologne. Cette lettre contenait bien de tristes nouvelles.

*) N e l 1 8 0 3 il S is m o n d i a v e v a p u b b l ic a t o d a l lo s t e s s o P a -

s c h o u d d i G in e v r a l ’o p e r a c it . De la Richesse commerciale ou Principes d'Économie politique, appliqués à la Législation du Commerce.

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5 4 0 . C. L . SISMONDI

M.,le Garnier est arrivée avant-hier chez sa mère après le voyage le plus heureux, et en très bonne santé. Le temps me manque pour finir: je vous salue affectueuse­ment. Adieu.

Par le retour du courrier vous pouvez encore m’écrire à Bologne chez Luigi Mariscotti; écrivez ensuite à Rome chez Marin Torlogne.

[Biblioteca di Ginevra, Dossier ouvert d’autographes}.

23.

A CARLO VITTORIO DE BONSTETTEN >)

G in e v r a .

Rome, 20 mars 1805.

Je commence ma lettre, Monsieur et cher ami, dans un profond découragement. Je n’ai pas laissé passer un cour­rier sans écrire à Genève à une personne ou à une autre,

') C. V. De Bonstetten (1745-1832) fu uno dei più intimi amici svizzeri del Sismondi, da quando si conobbero nel salotto di Necker, nel 1804, fino alla morte. È una delle figure più singolari del mondo di Coppet. Si ridusse a vivere nella Svizzera dopo aver viaggiato in largo ed in lungo l’Europa, dalla Dani­marca all’Italia, cercando di conciliare nel suo spirito di cosmo­polita la simpatia per if mondo latino col fascino che su lui esercitava il mondo germanico. Difatti, mentre in Neue-Schriften (Copenaghen, 1799-1801) si era occupato di lingue germaniche, nel 1804 pubblicava a Ginevra, in francese, un originale Voyagé sur la scène des six derniers livres de F Enéide suivi de remar­ques sur le Latium moderne, e pochi anni dopo (proprio men­tre il Sismondi studiava le letterature del mezzogiorno del­l’Europa), si accingeva a studiare l’ influenza del clima sul carattere umano, pubblicando poi l’opera L'homme du M idi et Vhomtne du Nord. Sul Bonstetten si veda la monografia di M arie-L. H e r k i n g , C. V. De Bonstetten, Lausanne, 1921,

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EPISTOLARIO 55

et loin de recevoir des réponses, il me revient de toutes parts que l’on se plaint et que l’on s’inquiète de mon si­lence. Toutes mes lettres se perdent-elles donc? Celle-ci vous parviendra-t-elle, ou bien tous les épanchements de l’affection vont-ils se perdre inutilement dans un bureau de poste, et tandis que du fond du coeur j’aurai exprimé ce que je pense tous les jours, combien je vous aime et combien je vous regrette, vous plaindrez-vous de ma négligence et de mon oubli comme font les autres? Mais ces plaintes m’affligent sans m’inquiéter; à mon retour à Genève je me justifierai facilement sans doute et surtout auprès de vous: le langage de l’amitié ne laisse jamais de doute sur sa sincérité.

M,me de Staël*) est plus heureuse que moi, elle reçoit souvent de vos lettres, hier encore elle en eut une char­mante dont elle me laissa lire une partie. Mais avant de me la passer, elle s’écria à plusieurs reprises qu’on n’écri­vait pas d’une manière plus agréable que vous. Au reste elle ne fait là que répéter le jugement du public qui apprécie votre Voyage au Latium comme elle vos lettres. Nous y sommes nous-mêmes à présent au milieu de ce pays que vous avez si bien décrit, et en me retrouvant au milieu des mêmes objets, j’ai bien plus à vous parler de l’im­pression que me font vos tableaux que du jugement de cette ville. Avant notre arrivée ici, il n’y en avait pas un seul exemplaire, il y en a deux à présent: celui de Gmellin et le mien. Mais Gmellin a été, je crois, toujours malade, et nous ne l’avons pas entrevu; le mien n’a été jusqu’à présent qu’entre les mains d’une seule personne qui le

') Dopo brevi soste a Parma ,e a Bologna, la Staël, lo Schle­gel e il Sistnondi erano arrivati il 3 febbraio a Roma, dove ri­masero per qualche tempo, e dove la Staël ebbe grandi acco­glienze nella società romama e straniera. Si veda in proposito una lettera della Staël al Bonstetten, riprodotta da L a d y B l e n -

NERHASSET, M™e de Staël et son temps, Paris, 1890, I. p. 143.

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5 6 0 . C. L. SISMONDI

garde plus que je ne voudrais. Personne, excepté vous qui connaissez le pays, ne saurait comprendre l’indifférence absolue qu’on y a pour toute espèce de littérature et le peu de sensation qu’y font les choses les plus propres à en faire. Vous vouloir du mal pour votre livre! Les pauvres gens, ils en sont à cent lieues, ils prennent avec la plus grande douceur toutes les critiques, toutes les leçons qu’on leur adresse, mais les coups de fouet ne les secouent pas seulement, et c’est ce qui désespère car rien ne leur pro­fite. La seule personne du jugement de laquelle je puisse vous parler, vous reproche cependant une seule chose : c’est d’avoir confondu une famine accidentelle causée par les

? suites de la guerre, avec l’état habituel du pays. Je, vous avais déjà fait la même observation à Genève, et elle est

i confirmée ici par tout ce que je vois, la misère actuelle des campagnes ne va point jusqu’à occasionner ni famine ni mortalité croissante. Du reste les couleurs dont vous peignez ces tristes plaines sont si vraies que je les confonds sans cesse avec mes propres souvenirs.

Vous demandez à connaître avec quelles lunettes nous voyons le pays, mais elles sont beaucoup moins originales

\ que vous ne paraissez vous y attendre. Mme de Staël, comme vous savez, se fatigue de toute attention dirigée vers les choses comme si elle la distrairait des pensées. De plus elle est en voyage beaucoup plus française et beaucoup plus femme que partout ailleurs, en ces deux qualités elle juge avec trop de sévérité et les usages divers des peuples et les inconvénients des routes : aussi ne s’est-elle point familiarisée avec l’ Italie. Elle y a connu quelques person­nes d’un esprit brillant, et qui ont peur de sortir de leur sphère pour entrer dans la sienne, mais elle est rarement

9 entrée sur leur terrain, parce qu’aux choses physiques elle a presque constamment opposé du dégoût, et aux choses morales du mépris en raison de ce qu’elles s’éloignaient davantage des mœurs françaises, en sorte qu’eüe reviendra,

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EPISTOLARIO 5 7

à ce qu’ il me semble, avec des préventions plus fortes contre l'Italie qu'elle n'en avait lorsqu’elle partit. Une seule ‘ chose la rattache aux Italiens: c’est le succès prodigieux qu’elle a parmi eux. Deux qualités favorables aux gens d’une grande distinction leur appartiennent éminemment, l’une est une grande mobilité, en sorte qu’un mot spirituel ou poétique est toujours vivement senti, l’autre est une absence de jalousie qui leur fait prodiguer l’applaudisse­ment à ceux dont le mérite les frappe; encouragée par cette souplesse de l’instrument sur lequel elle jouait, M me de Staël a été quelquefois aussi brillante au milieu d’eux, malgré la différence de la langue et des usages, que nous l’avons vue dans la société choisie de Coppet.

Ce qu’il y a d’extraordinaire c’est que M. Schlegel est à présent le matérialiste de notrè société, c’est lui qui donne le plus d’attention aux objets extérieurs : les tableaux, les statues, les morceaux d’architecture antique l’attirent vivement, et il en revient quelquefois dans l’enthousiasme quand il les a visités seul. Cette admiration ne trouble pas d’ordinaire la paix du ménage, mais quand nous faisons nos courses tous ensemble, il est rare que ses transports ne nous coûtent pas une dispute. Mme de Staël prend à la fin de l’impatience de ce que l’on peut voir le plus haut perfectionnement de l’esprit humain dans un torse mutilé de statue, de ce que l’on reconnaît dans un lion de por­phyre au pied du Capitole. l’idéal des perfections divines, la bonté toute puissante et le repos au sein de la force. De ce qu’enfin un Anubis à tête de chien rappelle cette profonde philosophie des prêtres égyptiens qui employé-f rent d’une manière si heureuse la superstition pour épaissir: les ténèbres de l’ ignorance, et l’ignorance pour le bonheur1 des hommes. On est devenu ’beaucoup’ plus sévère envers le pauvre Schlegel: on lui alloue tout au plus quatre pa­radoxes par jour et quand il vient au cinquième l’orage gronde sur lui, en sorte que pour éviter d’en dire il prend

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5 8 G . C . L . S IS M O N D I

. souvent le parti de se taire. Nous sommes ensemble sur y un bon pied de paix, mais sans amitié: il e stimpossible

que celle-ci naisse, quand même on vit toujours ensemble, lorsqu’il y a opposition complète dans toutes les idées et tous les sentiments, et que pour la couvrir on ne fait aucun effort sur sôi-même, aucune avance vers les autres ')•

Vous demandez enfin comment moi-même je vois Rome, mais depuis la . . . que j’ai éprouvée mon imagination s’est prodigieusement éteinte, il n’y a plus qu'un [petit?] nombre d'objets qui la frappe vivement. J’ai pleuré d’émo- tion en traversant pour la première fois les campagnes dé­sertes de Rome et en montant pour la première fois au

/ Capitole. J’ai senti tout l’enthousiasme de l’architecture de­vant S.* Pierre et devant le Colysée. (Vous voyez que dans l’un et l’autre cas mon goût est plus colossal-qu’il n’est pur). Mais souvent aussi je suis resté froid quand j’atten­dais une émotion vive. Je n’ai pas la mémoire fraîche et dans tous ses détails de l’histoire romaine, je suis trop plein de celle du moyen âge pour cela, et les souvenirs ne se présentent en foule que pour des choses qui ne sont pas pour les autres d’un intérêt général, et qui ne tien­nent point un rang distingué parmi les monuments. 11 me semble que mon histoire gagnera à ce voyage, mais elle y gagnerait bien davantage si je pouvais avoir cette vive imagination qui vous aide à tracer des tableaux si vrais et que je vous envie.

Dans moins de trois mois je serai auprès de vous et je repasserai avec vous ces impressions que votre conversa­tion rendra plus vives-encore. Mais auparavant écrivez- moi, je vous prie, à Pescia, où je serai dans un mois.

') Q uesto con trasto collo Schlegel rim ase sem pre nei rap- po rti fra i due scrittori, nonostan te che po i il Sismondi subisse

% p iù d ’una volta l’influenza del critico rom antico tedesco ; ma esso derivava più che da insanabile antitesi d i idee, da opposi­z ione v io len ta di caratteri.

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EPiSTOLARIO 5 9

M.me de Staël ne vous écrit pas aujourd’hui, mais elle me charge, après vous avoir remercié de votre lettre, de vous dire qu’elle a reçu de Paris les meilleures nouvelles quant au succès de son livre et que pour les Genevois ils avaient répondu à son attente, qu’apparemment ils l’adop­taient pour compatriote, et pour confirmer cette adoption lui appliquaient aussi à elle le proverbe que nul n’est pro­phète dans son pays, mais qu’elle s’en consolait en se vo­yant prophète dans le reste de l’Europe, je vous rends sa commission telle quelle, je suis trop genevois moi-même pour y mettre du mien. Adieu, monsieur et cher ami, croyez à ma tendre affection et à mon parfait respect.

Ayez la bonté de dire à mon père que dans ce moment je reçois sa lettre du 7 mars et que j’ y repondrai par le courrier de Milan. On ne saurait se figurer comme les po­stes sont mal servies. Rappelez-moi, je vous en prie, au souvenir des personnes que nous aimons en commun: M.me Necker, M.me Rilliet, M.me Aubert Sarrain etc. Adieu de nouveau.

[Siblioteca Reale dl Copenaghen, F. Brun Autographen T. I,f. 91. Q uesta lettera è stata in parte pubblicata da J.-R. D e Salis, Op. cit., pp. 136-8].

24.

A MADAME DE STAËL

Sienne, d im anche m atin [1805].

Vous étiez disposée, madame, à plaisanter sur mes regrets de vous quitter, vous ne saviez pas combien ils étaient profonds et sincères, mais peut-être moi-même ne le savais-je pas encore autànt que je le sais aujoud’hui, peut-être ne m’étais-je point autant aperçu combien vous

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6 0 G. C. L . SISMONDI

étiez le centre de toute mon existence, combien je rappor­tais à vous tout ce que je voyais, tout ce que j'entendais, tout ce que je sentais. A présent tout ce qui se présente à moi dans ce court voyage est sans intérêt dès que je ne puis plus vous en faire part, il ne me semble pas que ma peine ou mon plaisir aient quelque importance, dès qu’ ils ne seront plus à préjugé des vôtres. De ces deux sensa­tions, depuis que je me suis séparé de vous, c’est seule­ment la peine que j’ai connu. J’ai éprouvé entr’autres une

? émotion tout à fait désagréable lorsqu’ il a fallu passer le cordon et entrer dans cette vaste prison où je suis à pré­sent. Lorsque je me suis dit: dès ce moment-ci je deviens inutile aux amis que j’ai laissé derrière moi : lorsqu’ un cour­rier de M.rae de Staël arriverait à l’heure même pour me dire qu’elle a de moi le besoin le plus pressant, qu’elle court un danger d’aucune espèce, je ne pourrais plus re­tourner en arrière et voler auprès d’elle. La nuit, le vent glacé qui soufflait, la longueur de la . . . du courrier à ceux qui me disaient : « nous sommes les pestiférés, n’appro­chez pas de nous jusqu’au moment où vous ne voudriez plus retourner », les précautions exagérées qu’on prenait contr’eux, les gardes et les officiers de santé qui servaient d’intermédiaires à toute communication, pendant une heure et demie que nous avons passé au milieu du grand chemin, dans un pays désert et affreux, qui pendant l’été est bien autrement pestilentiel que le lazareth même de Livourne au milieu de la fièvre jaune, toutes ces circonstances frappaient l’imagination de la manière la plus pénible, c’était le la- sciate ogni speranza o voi ch’entrate. Tant qu’il y aura quarantaine, fût-elle reduite à trois jours, gardez-vous d’entrer en Toscane, votre imagination est bien plus mobile que la mienne, et la vue du lazareth vous serait insuppor­table.

Sous les rapports purement physiques mon voyage ne m’a pas été agréable non plus: peut-être suis-je devenu

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EPISTOLARIO 61

sybarite dans votre maison, peut-être aussi serait-ii fatigant pour tout le monde ; je souffrais du rhume et du mal de dent; il faisait pendant les deux nuits que j’ai couru la poste un froid d’enfer, et le vent qui entrait de tous les côtés dans notre petit cabriolet me glaçait jusqu’aux os. Les courriers prennent l’engagement de vous nourrir, ils devraient plutôt dire de vous faire jeûner à leur frais. De­puis que je vous ai quitté je n’ai encore mangé qu’un morceau de pain et du saucisson crud que je déteste. Si je n’y avais pas mis une insistance que peut-être vous trou­verez trop sensuelle, je ne me mettrais pas à table non plus d’ici à Florence où je n’arrive que ce soir. Joignez à cela une roue qui s’est cassée à la voiture, un pays presque toujours vilain à traverser, et vous trouverez peut-être qu’il n’y a pas grand mérite à regretter votre maison.

— Florence, dimanche, huit heures du soir. — J’arrive dans ce moment-ci même, au lieu de 36 heures j’en ai mis 44 à faire ces 180 milles: que le ciel vous les épargne, madame, à moins que vous ne partiez beaucoup plus tard, la campagne est tellement retardée cette année que les sites les plus beaux dans tout autre saison, le lac de Bol. sena et ses grands bois, les belles forêts de l’état de Sien­ne sont justement ce qui déplaît le plus aux yeux en rap­pelant l’hiver tout entier. Je ne puis après avoir vu la nature aussi morte regretter Tivoli, qu’il ne faudrait pas visiter encore dans quinze jours. Ah! ce ne sont pas les objets inanimés que je regrette, mais cette société si chérie dont j’ai joui dans la plus grande intimité trois mois et demi. Ce plaisir continuel de l’esprit, ce développement de toutes les facultés humaines les plus nobles, les plus admi­rables, auquel j’assistai comme a un spectacle, qui me le rendra dans le monde ? Et coniment pourrai-je trouver autre chose supportable après vous? Ce sera bien pire encore lorsque j’aurai réellement vécu sans vous, car jusqu’à pré­sent vous m’avez tenu compagnie : je repassais dans un

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voyage solitaire les conversations auxquelles j’ai assisté, et la mémoire empêchait l’absence d’être complète.

On m’a beaucoup demandé des nouvelles du cordon, et celles que j’apportais de Rome étaient écoutées avide­ment. On comprit généralement qu’ il serait livré le 28 pour le passage du Pape, cependant à Centino (la frontière) on disait au contraire que le Pape lui-même irait faire quaran­taine dans son château de Perugia. J’espère plus établi d’avoir des nouvelles et meilleures et plus certaines; en attendant, votre projet de commencer par Venise est cer­tainement le meilleur. Je partirai demain matin pour Pescia, d’où je vous écrirai pour le prochain courrier. Distribuez, je vous prie, quelques compliments de ma part autour de vous : des tendresses surtout à vos enfants. Je prie Auguste de soigner mon cachet que j’ai oublié de nouveau dans le tiroir de ma table. Mille choses à M. Schlegeî. Je suis acca­blé de fatigue et de sommeil. Adieu.

[N ell’Archlvio del Castello dl Coppet].

25.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 20 avril 1805.

Je n’ose plus, madame, vous inviter à venir en Toscane, je n’ose plus vous dire que Florence est de toutes les vil­les d’Italie celle qui mérite le plus d’être vue, tout me pa­raît triste, fade, décoloré, et quoique ce soit peut-être par la seule raison que je suis séparé de vous, peut-être aussi ne vois-je rien en effet qui eût pu mériter votre attention. Je n’avais pas calculé sur toute la platitude des conversa­tions italiennes, sur tout l’ennui que je trouve auprès de mes bons pesciatins, je n'avais pas besoin d’un pareil contraste

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EPISTOLARIO 6 3

pour vous désirer, pour vous regretter, même l’amour ne pouvait me distraire de votre pensée, il ne pouvait calmer l’impatience que je ressentais toujours de vous revoir. Pen­sez donc avec quelle ardeur je désire vous rejoindre, avec quelle vivacité je vous regrette au milieu de l’ennui d’une conversation italienne, ou des sujets de tristesse que je trouve dans ma famille. J’ai été reçu par ma mère et par ma soeur avec une extrême tendresse, mais j ’ai le coeur serré pour l’une et pour l’autre, elles sont bien loin d’être heu­reuses, et c’est surtout cette infame religion catholique qui les menace des chagrins les plus cruels *). La bigoterie fait ici des progrès effrayants, elle en fait surtout auprès de ceux que j ’aurais le plus désiré d’en voir préservés, et cependant elles sont enchaînées à ce pays, à ces gens-là même. Il y a là du chagrin en réserve pour une vie entière.

Il n’y a jusqu’à présent rien de positif sur les quarantai­nes, cependant tout le monde se flatte ici qu’elles ne tar­deront pas à être levées, les mesures sont tous les jours moins rigoureuses pour les marchandises, qui cependant pourraient communiquer la contagion bien plus facilement que les hommes; on croit que jusqu’à présent la Cisalpine n’a maintenu ses cordons que pour complaire à l’Autriche, et comme on a lieu de craindre une brouillerie ouverte avec cette dernière, comme à ce qu’on assure on ne permet plus à personne de passer l’Adige, de pareils ménagements sont désormais devenus superflus. D’après les bruits qui courent je ne sais si vous serez tentée d’aller à Venise, si même cela vous sera possible, cependant dans une circonstance presque semblable vous avez hasardé d’aller à Naples, et vous vous en êtes fort bien trouvée; les inconvénients et

Q uesto g iudizio poco sereno dèi Sisrnondi, di solito tanto equanim e e rispettoso , si sp iega con certi con trasti — dovuti specialm ente alla differenza d i re lig ione — che la sua fam ìglia trovò nella p iccola c ittà di p rov incia nella quale si e ra sta­bilita.

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6 4 G . C . L . S IS M O N D I

les dangers sont bien moindres dans cette occasion-ci, et malgré les démonstrations les plus hostiles, je crois la guerre tout aussi éloignée qu’alors. En revenant de Rome la Toscane vous aurait paru très remarquable par la beauté des campagnes et l’air d’aisance des paysans, mais je crois que le contraste serait beaucoup moins frappant si vous aviez visité auparavant l’État Vénitien qui jouit à peu près des mêmes avantages. Au reste l’un et l’autre courent risque de les perdre bientôt, un mauvais gouvernement détruit rapidement l’agriculture, et ici l’on se plaint si universel­lement et avec tant d’amertume de celui de la R[eine] qu’il faut bien en effet qu’il soit ruineux. Il paraît qu’il a les mêmes défauts que celui du Pape : insouciant, imprévoyant, prodigue et avare par boutades, accordant tout à la faveur et à l’intrigue, mais on ne l’accuse ni de persécutions ni d’espionnage ni de dureté; c’est une administration faible et ignorante qui ne fait le mal qu’en le prenant pour le bien. Cependant la France a encore cet avantage qu’elle doit aussi à sa politique: c’est que tous les souverains de l’Italie ou sont détestés ou n’inspirent du moins aucune affection, en sorte que lorsqu’elle voudra les renverser aucun de leurs sujets ne s’armera pour les défendre. On regarde ici les événements à venir avec une parfaite indifférence, on parle d’Eugène B[eaurnhais] pour Florence, du P. Bor- ghese pour Lucques, et dans un temps rapproché de la réunion de ces États au Royaume d’Italie sans émotion et sans inquiétude ; en attendant on prépare la fête de Pescia, tout le monde orne ses maisons de lampions comme s’il y avait de grands sujets de joie pour motiver une illumi­nation, et la Reine a annoncé qu’elle viendrait nous faire une visite pour en jouir. Jusqu’à présent il n’est point que­stion de son voyage à Milan, au contraire on sait qu’elle se prépare à faire au Pape les honneurs de Florence, et qu’elle compte l’y retenir plus qu’à son premier passage; l’arrivée de ce dernier ici est à ce qu’on assure retardée

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EPISTOLARIO 6 5

jusqu’au 8 mai. A cette époque vous serez déjà à Venise et vous ne le croiserez pas sur la route.

Comment vous exprimer avec quelle impatience j’attends les lettres de Rome! Elles mettent six jours à me parvenir, en sorte que si vous ne m’écrivez en effet qu’après avoir reçu celle-ci je doute que ma réponse puisse vous atteindre à Bologne. Si cette lettre après laquelle je soupire, pouvait me dire que vous me regrettez et que j’ai laissé un vide dans votre maison, elle me soulagerait d’un grand poids, car je suis tourmenté par le sentiment que je vous ai été complètement inutile, et que la manière généreuse dont vous m’avez fait partager les plaisirs de votre voyage n’en a produit aucun pour vous. Jouissez du moins, je vous supplie, de ceux que vous m’avez procuré à moi-même. Ces quatre mois de ma vie si différents de tout ce qui les avait précédés, ont été si doux, si heureux, que je ne puis plus comprendre pour moi une existence lorsque je suis séparé de vous. Si vous saviez comme je porte envie non pas seulement à Benjamin ou à Schlegel, qui ne vous quit­tent jamais, mais au malheureux Blacons parce qu’ il a été plçuré de vous et que vous sentiez le désir de vous l’atta­cher! Adieu. Je ne veux pas me laisser aller davantage, vous prendriez tout cela pour une déclaration d’amour, d’où vous concluriez que vous devez en rire. Ne riez pas, je vous supplie, de mon attachement : c'est le sentiment le plus sérieux de ma vie. Mes compliments ou mes respects à ceux qui autour de vous veulent bien songer encore à moi, des tendresses au Chevalier Hermite qui ne m’en a jamais rendu aucune. J’ai oublié ou perdu l’adresse de Benjamin: ayez la bonté de me le renvoyer.

[N ell’Archlvlo de! Castello di Coppetj.

5. — Sïsm ondi, E pisto lario . I,

Page 114: Epistolario Vol.1

6 6 G. C. L. SISMONDI

26.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 28 avril 1805.

C'est bien votre admirable bonté, madame, que je re* trouve dans vos lettres telle que je l’ai connue pendant que j’ai eu le bonheur de vivre auprès de vous. Votre billet du 19 contient tout ce qui de votre part pouvait me faire plus de plaisir. Vous me dites que mon absence laisse un grand vide dans votre vie: je serais si heureux s’il n’entrait point de compliment dans cette phrase ! Vous me dites qu’Isoard m’a pris longtemps pour Benjamin ; que ne pardonnerais- je pas à l’Auditeur en faveur d’une erreur semblable? Serait-il possible, serait il vrai qu’il y eût dans vos ma­nières avec moi quelque chose qui pût justifier cette mé­prise? Vous me parlez aussi de la Comtesse, et toujours avec un dessein consolateur. Je suis en effet fort triste ici, mais cette séparation n’en est encore que la moindre cause : comment ne savez-vous pas que je vous aime cent fois plus qu’elle? Je vous l’ai dit dans le moment où là pas­sion et l’illusion étaient dans toute leur force, dans le mo­ment où je me croyais aimé d’amour *), et vraiment je suis

*) C om e appare da questa lettera , nell’am m irazione del Sism ondi per la Staël entrava dapprim a anche un a ltro e lem ento , sin qui ign o to ai b iog ra fi dei due sc ritto ri: l’am ore. E la m a­nifestazione di questo suo sen tim ento , alla quale il Sism ondi allude, dovrebbe essere avvenuta nel prim o periodo del v iag­gio in Italia. Però , a quan to sem bra anche dalle lettere della Staël al Sism ondi che abbiam o — non tu tte , però , a quan to ci sem bra, sono state conservate dallo storico — la scrittrice non inco ragg iò in questo il g iovane Sism ondi, riu scendo a con te­nere i rap p o rti loro nei limiti d’ una cordiale am icizia.

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EPISTOLARIO 67

si peu flatteur, je l’ai toujours été si peu avec vous, que vous devriez compter de ma part sur bien plus d’affection comme d’admiration que je n’ai jamais su en exprimer. Je souffre, il est vrai, et beaucoup de penser que je suis séparé d'elle, et probablement pour toujours; mais sup­porterais-je cette idée s ’il s’agissait de vous? C’est plus que je ne puis faire que de m’accoutumer à l’idée d’être éloigné de vous six mois ou une année lorsque vous irez en Angleterre.

Vous aurez su avant moi que le ccrdon était levé, puisque c’est le Gouvernement de Rome qu’en a donné l’exemple; celui du Royaume d’Italie ne tardera pas à être supprimé aussi, en sorte que la Toscane vous est ouverte, et comme la santé est parfaite à Livourne, je crois que vous pourriez y venir en toute confiance. Mais s’il faut choisir entre Venise et Florence, c’est toujours à Venise que je donnerais la préférence. Cependant les pluies qui n’ont pas cessé depuis que je vous ai quitté ont enfin dé­veloppé la campagne, elle est déjà belle, et sera délicieuse avec les premiers jours de soleil. Ces mêmes pluies auront peut-être rendu presqu’impraticable la route de Bologne à Padoue; un délai de quinze jours dans cette saison suf­fira pour la rétablir, et vous pourriez, puisque vous vous trouvez au pied des Apennins, profiter de ce délai pour visiter Florence. Si vous vous y déterminez n’ayez aucun regret à n’avoir pas suivi la route de Viterbo et de Sienne, elle est si fatigante et si peu agréable, que plutôt que de la faire il valait mieux visiter deux fois la Romagne. Si vous preniez ce parti vous m’écririez, j’espère, tout de suite afin que j’allasse vous joindre.

Je vis ici dans une complète ignorance des nouvelles, et sans aucun moyen de les mieux savoir. On ne reçoit dans la ville que la Gazette de Toscane qui est toujours fort vide, et cependant personne ne soupçonne qu’il puisse y avoir d’autre source d’information que celle-là. S’il m’ar­

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6 8 0 , C . L . S I S M 0 N 0 I

rive de demander à quelqu’un des nouvelles, on me parle des lettres reçues il y a quinze jours des frontières de PÉtat de Gènes comme de quelque chose d’aussi authentique qu’ intéressant. Je m’efforce donc pendant le' peu de temps que j’y dois passer d’oublier le présent pour tout ce qui est étranger à ma famille. Je vis dans le passé à Rome, et je travaille à mon histoire avec assez d’assiduité. J’ai en- suite de longues conversations avec ma mère, qui ne se lasse jamais de me questionner sur vous, sur votre famille, et de me redemander les restes de votre esprit et de vos discours. Souvent à présent que je suis loin de vous je me pare de vos dépouilles, et l’on s’étonne de me trouver bril­lant lorsqu’en effet je n’ai eu que de la mémoire. Ma mère a lu avec délice les Manuscrits, et aussi avec une espèce de culte, car elle avait pour M. Necker un sentiment reli­gieux d’admiration qui ressemble au vôtre. Des trois par­ties dont se compose cet ouvrage ce sont les mélanges qui l’ont le plus charmée, le vademecum, les fragments sur les usages de la société, les larmes *). Je ne sais si vous en trouverez des exemplaires à Bologne pour porter à Venise, mais en tout cas vous pourriez vous en faire adresser par J. B. Sonzogno de Milan, qui en a sûrement. La rigueur de la censure pourrait bien avoir empêché jusqu’à présent qu’il en arrivât aucun dans les États Vénitiens.

Je compte partir d’ici dans la première semaine de juin, et prendre le courrier de Florence à Milan pour aller nuit et jour et gagner du temps, en sorte que je serai à Mi­lan au plus tard le 10 de juin. Il me paraît probable que vous y serez encore, car je ne doute pas que vous ne sur­montiez cette difficulté d’appartements dont vous me par­lez, et qui cependant m’étonne. Comment Monti, qui doit y mettre un grand intérêt, n’a-t-il pas mieux réussi?

') P e r quest’opera di N ecker cfr. D. G. L a ro , M .m* de Staël. La seconde vie, Paris, 1928, pp. 237-8.

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E P IS T O L A R IO 6 9

Dites-moi si Schlegel profite du tête à tête pour vous dominer tout à fait, si vous ne gagnez pas à mon absence de vous coucher de meilleure heure, puisque la querelle quotidienne peut commencer avec le souper, et qu'on n’at­tendra plus que je sois parti. Dites-moi aussi comment est Constant, si M. Talma vit encore, et quelles lettres vous avez de lui. Je n’en ai reçu aucune ici de ceux qui vous intéressent. Ma mère me charge de vous présenter ses re­spects et les témoignages d’une bien vive reconnaissance pour tout le bonheur dont vous m’avez fait jouir auprès de vous. Elle a raison de l’appeler bonheur, il n’y avait rien eu dans ma vie qui ressemblât à cette jouissance con­tinuelle et de l’esprit et du coeur que j’ai goûtée pendant quatre mois. Et vous êtes reconnaissante de ce que l’on vous aime comme si l’on n'avait pas besoin d’un effort continuel pour ne pas vous aimer trop? C’était ma tâche constante, je parlais d’amour à tout le monde excepté à vous, et je m’applaudissais fort quelquefois de ma victoire. Je crains bien cependant de n’avoir pas eu grande chose de quoi m’applaudir.

Mes respects à M. Schlegel. Dites à Auguste que je l’aime beaucoup. Adieu, madame.

[Neli’Archivio del Castello di Coppet],

27.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 6 mai [1805].

Si je fais bien mon compte, madame, vous dûtes arri­ver hier à Bologne ou vous y arrivez aujourd’hui. Je ne cesse de le faire, ce compte, pour pouvoir vous suivre con­stamment, et voyager s’il m’est possible encore avec vous.

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7 0 0 . C. L. SISMOND1

Mais ils manquent des bases à mon calcul comme je n’ai point reçu la lettre que vous me faisiez espérer de Rome pour m’annoncer avec certitude votre départ.

Nous avons eu ici notre illumination il y a trois jours. J’ai regretté que vous ne la vissiez point. Les façades du couvent illuminées sur le sommet des montagnes, et qui semblaient ne former qu’une seule flamme, avaient quel­ques rapports avec le fleuve de feu que depuis Naples nous voyions couler du Vésuve. L’obscurité de la nuit, et la couleur enflammée des nuages plus rapprochés qui réflé­chissaient la lumière augmentaient cette ressemblance. A cela près cette fête fut assez monotone, elle fut interrom­pue par la pluie: les incrédules, qui sont ici en bien petit nombre, prirent occasion d’en rire, parce que le crucifix que l'on fêtait a par dessus toute autre la prérogative mi­raculeuse de ramener le beau temps toutes les fois qu’on le découvre. Un chevalier d’ici me disait avec une foi par­faite qu’aucune ville, aucune vallée n’était plus heureuse que celle-ci puisqu’elle avait deux crucifix: l’un à Pescia qui avait la vertu d’arrêter toujours la pluie, l’autre au Ca- stellare qui mettait toujours un terme à la sécheresse, en sorte que seule d’entre toutes les vallées de Toscane fcelle-ci n’était jamais exposée ni aux pluies inondantes ni aux sécheresses qui dévorent tout. Cependant avant-hier le cru­cifix séchant s’est laissé mouiller, et la foi du peuple n’en est pas du tout ébranlée, tant il lui est difficile de ne pas croire aux miracles.

Si vous êtes encore à Bologne voudriez-vous avoir la bonté d’envoyer un de vos domestiques chez le libraire Antonio Marcheselli sotto le scuole, lui demander pour­quoi il ne me répond pas, et le presser surtout de me payer? H a laissé protester une lettre de change que j ’avais sur lui, et sur laquelle je comptais pour mon voyage. Mais j’ai peine à croire que vous vous arrêtiez plusieurs jours à Bologne: c’est la ville d’Italie à laquelle vous,vous

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EPISTOLARIO 71

êtes le moins attachée. Plutôt j’aurais quelque espérance que vous profiterez de ce que vous avez réellement du temps de reste pour venir depuis là passer quelques jours à Florence. Je le désirerais bien ardemment car il me sem­ble qu’il y a déjà bien longtemps que je ne vous ai vu, mais je crains que le Pape, dont le voyage est arrangé de manière à vous croiser partout, ne vous barre le chemin en prenant tous les chevaux. Gn parle beaucoup ici du voyage de B[onaparte]: on prétend qu’après le couronne­ment il ira à Bologne, à Florence, à Rome, que peut-êtreil se fera donner par le Pape l’investiture de Naples, mille choses enfin qui contrarieront votre rencontre avec lui. On est en général trop mal instruit ici pour que je donne à ces nouvelles une foi implicite, mais elles suffisent pour m’inquiéter, et redoubler l’impatience avec laquelle j’at­tends vos lettres et vos déterminations. Il me semble que vous devez à présent avoir perdu l’effroi des étés d’Italie, vous craigniez une fois de ne pouvoir supporter la cha­leur des mois d’avril et de mai, et tout ce que je pou­vais dire pour vous rassurer était absolument inutile. A présent j’espère vous conviendrez cependant qu’elle est tout au moins tolérable, et vous serez rassurée d’avance sur celle du mois de juin.

Ayez la bonté à Venise de me rappeler aux amis que j’y ai laissés et que vous verrez tous sans dou,^: la Sig.ra Isabella Albrizzi, Sig.r Benzoni, Pindemonte, et à Pa- doue le respectable Cesarotti et le professeur de métaphy­sique Baldinotti, avec qui je ne sais trop comment M. Schle­gel pourra s’accorder, car par orthodoxie catholique il mettait un très grand intérêt à ce que l’Église condamnât les erreurs de Kant, comme elle doit l’avoir fait. La géné­rosité de l’école qui se bat pour ceux qui la damnent me divertit toujours. J’ai su que la Duchesse de Cumberland était arrivée heureusement à Venise, mais que sa compa­gne y avait pris la fièvre: c’est une indiscrétion toute sem­

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7 2 G. C. L . SISMONDI

blable, j’en ai peur, à celle de Lady Catherine dont elle a eu déjà tant à souffrir. Prémunissez-vous, cependant, con­tre les fièvres de printemps de Venise, et n’y faites pas un trop long séjour. Ce serait encore une bonne raison, si vous êtes toujours à Bologne, pour venir faire une course rapide en Toscane avant d’entrer dans les Lagunes. Ma mère me charge de vous présenter son hommage et de vous parler de sa reconnaissance. Nous faisons les diman­ches notre culte domestique en lisant le cours de morale : c’est en effet un ouvrage d’une admirable beauté, et celui, je crois, que je mets au dessus de tous les autres. Quel discours que celui sur le meurtre!

[N ell’Archlvlo de! C astello dl Coppet].

28.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 23 mai 1805.

J’attends avec une impatience extrême, madame, une let­tre de vous qui m’apprenne votre détermination, ou plutôt celle que vous auront dictée les circonstances. Je désire fort que vous ayez pu passer à Venise, cependant je viens de recevoir une lettre de Bonstetten qui voudrait vous avoir à Milan, et qui me sollicite de vous déterminer à vous y rendre au plus tôt. Je comprends que c’est pour aujourd’hui même qu’il aurait cru convenable que vous y fussiez et je suis loin d’être de son avis. Il a été complètement ébloui à Chambéry, « pénétré — dit-il — à la fois d’admiration et de terreur» 11 ajoute: «Je le crois susceptible de bonté, je crois qu’il aime la justice » 1), et c’est pour cela « qu’il

’) Per il Sentimento di ammirazione che Bonstetten aveva per Bonaparte — al quale qui si allude — si veda il cit. vol. délia H e r k i n g , p . 2 0 0 .

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EPISTOLARIO 7 3

voudrait vous voir aller avec confiance à Milan ». Je lui tiens compte de la chaleur avec laquelle il s’y intéresse, car sa lettre est pour vous toute d’admiration et de ten­dresse, mais.... Je n’en ai point reçu d’autre de Genève, et celle-là m’a laissé une impression très douloureuse car j’aime Bonstetten de tout mon coeur. Je crois au reste comme lui, que si vous pouvez réussir quelque part c’est à Milan, et que s’il peut y avoir un moment favorable c’est celui où toutes les fêtes seront finies. Dès l’instant qu’il a mis des obstacles en général à la délivrance des passeports, il n’a plus droit d’avoir de l’humeur si l’on ne s’y est pas rendu pendant qu’elles duraient encore.

Je me réjouis de l’impression que vous recevrez de Ve­nise: il me semble que vous n'y portez point de préven­tions contre cette noble République dont la naissance est liée au plus grand événement de l’antiquité, le renverse­ment de l’Empire de Rome, et dont la chute est l’effet du plus grand événement des temps modernes, la révolution. C’était le seul État au monde qui liât les deux âges de la civilisation de l’Univers, et au milieu des abus de l’oligar­chie, sous laquelle la République était tombée depuis deux siècles, elle conservait encore de nobles marques de son antique vertu et de sa longue énergie. Laissez voir aux Vé­nitiens que vous partagez leurs regrets pour la perte de leur indépendance, et ils vous toucheront, ils vous feront aimer ce Gouvernement qu’ils n’ont plus. On vous fer, voir dans le palais de Saint Marc les salles redoutées des Dix et des Inquisiteurs d’État, on vous montrera aussi dans celle du Grand Conseil une suite de tableaux relative aux évé­nements qui amenèrent la trêve de Venise entre la Ligue Lombarde et Frédéric Barberousse. Malheureusement les peintres ont suivi, quant à l'humiliation de PEmpereur, un roman démenti par l’histoire. Il y a cependant quelque chose d’assez beau dans ce choix: présenter à toute la noblesse Vénitienne toutes les fois qu’elle est réunie en assemblée

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7 4 G. C. L. SISMONDI

souveraine, le plus grand des monarques humilié devant le pouvoir des villes, et forcé de céder à l’enthousiasme de la liberté qui animait les italiens. Si vous ne craignez pas trop le bateau, allez voir les « muracci », cette digue admirable qui enchaîne la violence de la mer et conserve le calme aux Lagunes. Elle porte pour seule inscription labore ro­mano, corde veneto. J’ai peine à croire que vous ne passiez que quatre ou cinq jours à Venise, on vous y aimera trop pour vous laisser aller. Je me flatte toujours cependant de vous trouver à Milan vers le dix de juin; moins de vingt jours et je vous reverrai, j’ai ainsi en perspective une consolation pour une séparation bien cruelle, que je ne vois s’approcher à présent qu’avec effroi. II faut chasser cette pensée pour ne pas emprisonner le peu de jours que je puis donner encore à ma mère.

Adieu, madame, adieu, charmante amie, adieu, femme adorable. Constant a bien raison de vous appeler « petit vous», il n’y a aucun mot qui puisse rendre ce que vous êtes et l’impression que vous faîtes; vous êtes «vous»: c’est plus que toutes les épithètes de la langue ne peuvent exprimer.

P. S. Le bruit se répand ici de nouveau que B[ona- partej vient à Florence, et passera de là à Rome: on dit que des préparatifs pour le recevoir sont déjà ordonnés. D’autre part à ce que dit Bonstetten M. Pictet tient de Denon que l’Empereur passera à Genève en juin. Si vous le manquiez à Milan, vous pourriez peut-être le voir à Ge­nève. Rome aurait valu mieux encore.

[Nell’Archlvio del Castillo di Coppet],

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EPISTOLARIO 75

29.

A AUGUSTO DE STAËL

Bo l o g n a .

Pescia, 27 mai 1805.

Je viens de recevoir, mon cher Auguste, votre jolie lettre et je vous remercie de tout le plaisir qu’elle me fait. J’attendais avec impatience d’avoir de vos nouvelles, mais je ne me flattais pas de les recevoir de sitôt. Je ne sais vraiment pourquoi ce serait vous qui deviez vous faire des reproches et non pas moi de ce que nous ne prîmes pas congé l’un de l’autre à Florence. Je ne fis point at­tention au moment où vous sortîtes de la chambre, mais quand on est près de votre mère, comment pourrait-on écouter, comment pourrait-on voir autre chose qu’elle? C'est tout au plus si l’on peut en distraire quelquefois sa pensée quand on est absent. Ne parlez donc pas d’ infâme grossièreté, de long repentir: je mets plus de prix à ce que vous me dites que vous avez pris de l’attachement pour moi; je le désirais, je le recherchais cet attachement parce que je vous aime tendrement et que je vous aime pour vous, indépendamment de l’affection que j’aurai toujours pour tout ce qui approche de votre mère ou qui lui appartient. Vous me dites que vous partez demain de Bologne, ce qui n’est pas très clair lorsqu’une lettre n’est pas datée! Il m’est donc impossible de suivre votre mar­che et de savoir quand vous arriverez à Venise, mais je ne puis me persuader que vous quittez sitôt cette ville étonnante, et tous les amis, tous les admirateurs que vous y trouveriez *).

‘) Dopo sei mesi di soggiorno in Italia, M.me de Staël si

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Il me paraît impossible que vous soyez à Milan avant le 10 juin: c’est le jour que j’ai fixé moi-même pour par­tir d’ici. Comme les amis que j’attendais de Genève ne viendront point au devant de moi à Milan, j’ai retrouvé un peu de liberté, et j’ai donné huit jours de plus à ma mère. Je vous trouverai sûrement encore à Milan du 14 au 20, et si vous étiez à cette époque proche de votre départ j’en serais charmé ; je désirerais fort passer les Alpes avec vous et je n’aurais pour cela nullement besoin d’une place dans votre voiture; c’est une route qu’il faut faire partie à cheval, partie à pied. Adieu, dites à votre mère que je l’aime par dessus toutes choses, présentez mes respects à M. Schlegel et rappelez-moi au souvenir de votre frère et de votre soeur. Tout à vous.

[N e ll’A rch lvio dl B rog lle; parzialmente p u b b l . d a l D e S a l i s ,

Op. cit., pp. 112 e 143].

30.

A MADAME DE STAËL

Aux erre .

Genève, 21 mai 1806.

Je suis bien reconnaissant, ma bonne amie, de la let­tre que vous m’avez écrit pour détruire la triste impres­sion qu’avait fait sur moi la précédente. Vous aurez vu par ma dernière lettre que j’avais été bien réellement troublé de la tristesse de votre situation, et que je la sentais plus

accingeva a rientrare in Svizzera, insieme coi figli e con Schlegel, fermandosi a Venezia, mentre il Sismondi si tratteneva ancora alcuni giorni colla madre a Pescia, proponendosi di riunirsi agli amici a Milano, per far insieme ritorno a Coppet.

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EP'STOLARIO 7 7

vivement que je ne me souciais de le dire. Je me réjouis d’avoir été aussi injuste dans mon jugement suf P[rosper]. Je n’en dis pas moins: j’aime mieux l’autre, mais il fallait assez de fermeté pour ne pas se laisser arrêter par la dé­sapprobation de son père et la vigilance de ses supérieurs. Il aura promis, je pense, d’autres visites, et vous resterez à Auxerre. Benjamin de son côté m’écrit qu’il croit votre séjour à Auxerre plus convenable, pourvu que vous n’y fassiez pas des tentatives nouvelles, et je renonce à mon avis. D’après vos deux dernières lettres je ne songeais plus au voyage de Paris. Vous m’y invitez de nouveau, et j’irai, et je croirai même y aller pour mes affaires. J’ai un si grand désir de m’approcher de vous, que tous mes projets s’arrangent toujours sur vos démarches, et qu’en vous sui­vant je crois non seulement faire ce qui m’est le plus agréa­ble, mais aussi ce qu’il est plus convenable que je fasse. Cependant il me serait tellement impossible de travailler ou à Auxerre ou à Paris loin de mes livres, que je ne compte pas même de porter avec moi mes manuscrits. Il faut donc que je travaille encore un mois avant de m’en séparer, pour pouvoir commencer l’ impression dès le mo­ment de mon retour. Pour arranger mon voyage je désire savoir d’une manière un peu plus précise combien de temps vous comptez rester où vous êtes, car sur toute chose je veux me retrouver ici en même temps que vous.

J’arrive en ce moment de Celigny, où j’ai établi M.me Brun en passant quatre jours avec elle. Je retrouve deux lettres de Benjamin qu’il faut que je fasse partir par ce courrier, et la poste me presse, mais je reprendrai la plume incessamment pour écrire plus à mon aise. Adieu.

[N ell’Archlvio del Caatello dl Coppetj.

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31.

A MADAME DE STAËL

Celigny, 2 août 1806.

Je suis toujours sans lettres de vous, ma bonne amie, mais je reçois de vous indirectement des nouvelles qui me font la peine la plus vive. Vous avez une si forte répugnance pourCoppetet pour nous tous, qu'au lieu de vous rapprocher le 15 de ce mois comme je l’avais espéré, vous allez vous éloigner davantage encore. Peut-être y a-t il en effet quel­que sagesse à vouloir chercher dans le mouvement, et au milieu d’un monde plus vivant d’autres images et d’autres souvenirs, afin de ne pas rapporter ceux d’Auxerre dans la solitude de Coppet. Mais tout est si triste dans toute l’Europe, les endroits où se rassemblaient les étrangers sont si déserts que je doute que vous réussissiez à trouver à Spa de la distraction. Le projet ultérieur auquel celui-là est peut-être lié me donne aussi une vive inquiétude. II ne me semble pas que vous puissiez aller en Angleterre sans avoir auparavant passé six mois à Coppet pour y prendre des arrangements pour un long avenir. Quand j’écrivais, il y a quatre jours, à Benjamin je lui disais encore que la paix était trop absurde pour être possible. Mais il règne un tel esprit de vertige en Europe, nous avons vu faire tant de sottises, que nous devons peut-être nous attendre aussi à celle-là. Cependant la paix aura beau être faite, je regretterai non pas pour moi seulement que votre voyage rendra extrêmement malheureux, mais pour vous-même, de vous voir vous hâter. Quelque résolution que vous preniez d’avance, vous ne serez pas longtemps là-bas sans y pren­dre une contenance hostile, et dans une guerre de vous à

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EPISTOLARIO 7 9

lui, il est encore le maître de vous faire bien ou mal. Une autre considération encore. Je croyais l’Angleterre hors de tout danger pendant la guerre, mais si elle fait la paix, une trahison ne tardera pas à la livrer aux derniers mal­heurs. Passer en Angleterre au moment où elle pose les armes, c’est monter sur un vaisseau où l’on vient volontai­rement s’ouvrir une voie d’eau. Une pareille sottise de la part du Gouvernement en détruisant ma confiance, change aussi tous mes projets, et ce me semble aussi tous les cal­culs de la prudence. On ne dit jamais par lettre le quart de sa pensée, mais je sens un besoin extrême de parler avec vous sur tout cela, et j ’ai à présent un bien vif regret de n’avoir pas été à Auxerre. Alors je me déterminais sur la connaissance de vos plans, et sur la certitude de vous voir ici dans peu de jours. Je ne m’attendais pas que tout changeât en un instant.

[N ell’ArchlvIo del Castello dl Coppet].

32.

A GIOVANNI MÜLLER ')

Genève, 6 août 1806.

Vous parûtes vous intéresser à mon histoire des Répu­bliques Italiennes du moyen âge lorsque j’eus l’avantage de vous être présenté à Coppet et que je vous en parlai; |

*) li Sismondi aveva conosciuto lo storico della Svizzera nel 1804 a Coppet, e questo scrittore — che M.me de Staël nz\VAl­lemagne (P. II, cap. XXIX) definí poi « le véritable historien classique de l’Allemagne » — esercitò un notevole influsso sul Sismondi, sia nel rivolgere il suo interesse soprattutto al me­dioevo, sia per risalire al Rousseau, maestro di entrambi. Il Si-

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s o 0 . C. L . SISMONDI

vous m’encourageâtes dans cette grande entreprise, et vous me donnâtes d’utiles conseils. Aujourd’hui Madame Brun 4) et M. de Bonstetten m’enhardissent à vous en parler de nouveau, à vous demander des conseils d’un autre genre, et de bons offices que j’ose espérer en partie de leur recommandation.

La moitié de cette histoire est achevée, c’est à dire quatre volumes que je crois convenable de faire paraître avant de terminer le reste. Pour faire juger du sujet que j’embrasse, j’ai fait imprimer ici les vingt premières pages et je prends la liberté de vous les envoyer avec cette let­tre. J'ai eu le dessein aussi de faire servir cette feuille et demi d’impression, comme d’échantillon pour traiter avec des libraires. Il me semble absolument nécéssaire qu’un ouvrage plein de citations, et où les fautes typographiques auraient de fâcheuses conséquences soit imprimé sous mes yeux. J’ai donc proposé à quelques libraires de Pa­ris, de faire imprimer cette histoire ici pour leur compte; et comme le papier et la main d’œuvre sont meilleur marché à Genève qu’à Paris, ou qu’en Allemagne, cette proposi­tion ne devait pas être désavantageuse pour eux. Je n’ai obtenu jusqu’à présent ni un refus précis, ni une accepta­tion. Le découragement universel, la décadence de la li-

smondi, anche per l’ammirazione che avevano per il « Tacito svizzero » i romantici tedeschi, considerava il Miiller come il più grande storico del tempo suo; per il giudizio che danno di lui gli studiosi moderni, si veda E. F u e t e r , Histoire de VHistoriographie moderne, trad. J e a n m a i r e , Paris, 1914, p. 512.

*) Frederikke Brun (1765-1835), poetessa in lingua tedesca, autrice di poesie sentimentali che ebbero molto successo, viveva abitualmente in Danimarca, ma ogni tanto faceva un viaggio nel mezzogiorno d’Europa, fermandosi a Coppet. Il Sismondi la co­nobbe nel 1805 a Coppet, per mezzo di Bonstetten, al quale la Brun era legata da intima amicizia (Cfr. H e RKINO, Op. cit., p. 211 sgg.).

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EPISTOLARIO 81

brairie et peut-être aussi la hardiesse de mon ouvrage les ont empêchés de conclure.

Ce dernier motif m’a fait penser à traiter avec un li- / braire allemand, puisque dans les États de Prusse du moins on jouit encore de la liberté de la presse. J’aurais été charmé de retirer quelque bénéfice de mon manuscrit, tout au moins des billets à long terme ou des livres, mais une impatience d’auteur de publier mon ouvrage, et la difficulté du temps où nous vivons ne me permettent pas d'insister, et pourvu que l’on m’assure le remboursement de mes avances pour l’impression de chaque volume à mesure que le volume, étant achevé, je l’expédierai au libraire acquéreur, et que celui-ci me remette cent exem­plaires pour faire des présents, je renoncerai, s’il le faut, à tout bénéfice. Le papier que fournirait mon impri­meur, serait un peu meilleur que celui de l’épreuve. Je ré­pondrais qu'il ne détournerait pas un seul exemplaire. Pour chaque feuille d’impression tirée à 1000 exemplaires cet imprimeur demande cinquante francs de France comptant.Il demande 36 fr. par feuille, si on voulait faire l’édi­tion de 500 exemplaires seulement. Comme mon ouvrage formera de 100 à 110 feuilles, il s’agit pour le libraire qui en ferait l’entreprise d’une somme de six mille francs de France, à payer en plusieurs termes, s’il le veut d’ici à la fin de janvier prochain; car il faut que l’impression soit terminée à cette époque, pour que le livre puisse être vendu à Leipzig à la foire de Pâques ; il faut encore, parce que je suis obligé moi-même de partir pour l’Italie avant le milieu de l’hiver.

Voilà, Monsieur, une longue et ennuyeuse histoire de mes désirs et de mes soucis. Il faut que je compte bien et sur la bonté que vous m’avez témoignée il y a deux j ans, et sur la recommandation de mes amis, pour oser vous conter toutes mes misères, et vous demander des conseils, ou même quelque tentative, quelque démarche

6. — SISMONDI, E pisto lario . I.

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8 2 0 . C. L. SISMONDI

auprès de votre libraire; mais je sais avec quelle bonté parfaite vous avez toujours assisté, toujours encouragé les commençants, je sais que vous-même vous avez lutté avec des difficultés du même genre lorsque vous entrâtes dans la carrière que vous avez si glorieusement parcourue, et avec la mémoire de ce que vous souffrîtes, alors, vous pouvez comprendre aussi l’angoisse qu’éprouve de plus que vous, celui qui n’a point comme vous la conscience du génie, et la certitude d’avoir mérité des succès. II n’est donc pas nécessaire de vous dire, Monsieur, avec quelle joie je m’en remettrais à vous de toutes les conditions, si vous déterminiez un libraire à se charger de mon manuscrit;

. mais une autre joie qui ne serait pas moins vive, ce se- || rait de voir le premier homme de l’Allemagne s’ intéres­

ser à mon Italie. Son approbation seule serait pour moi le plus flatteur des succès.

Je suis avec respect, ecc.

[B lb lioteca di S c ia ffu sa , Msc. Müller, 236; p u b b l . in p a r te d a l

D e S a l i s , Op. cit., p p . 9 6 - 7 ] .

33.

A MADAME DE STAËL

G e n è v e , 15 a o û t 1 8 0 6 .

J’ai passé pour la première fois trois ou quatre jours sans répondre à une de vos lettres, ma bonne amie; j’étais déjà fort triste en la recevant. Et elle redouble trop ma tristesse pour que j’eusse le courage de vous parler. Nous voilà donc probablement séparés indéfiniment, Spa n’est pour vous qu’un acheminement. Après la paix vous vous éloignerez davantage: moi dans six mois j’irai en Italie, et j’y resterai longtemps. Comment me passerai-je de vous, mon amie? Cet été m’a déjà paru si cruellement long, et

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EPISTOLARIO 8 3

ce n’était encore qu’un commencement de peine. Si vous allez en Angleterre peut-être faudra-t-il que je vous re­garde comme perdue pour jamais pour moi, peut-être même faudra-t-il que je le désire. Car je ne puis pas ne pas souhaiter que vous soyez bien, que vous soyez fixe, et que vous ne souffriez plus de cet éxil et de ces longues incer­titudes qui vous ont si fort tourmentée. Ce sera moi à mon tour qui me sentirai exilé. Il y a tant de distance de vous à tout le reste de ce qui est au monde, qu’en vous aimant je me suis toujours plus séparé de toùs les autres, je vis presque seul et je ne suis plus propre à aucune autre so­ciété, justement parce que j ’ai joui de la meilleure de tou­tes. je deviendrai plus sauvage encore pendant le séjour que je ferai dans ma solitude de Vaucluse. Combien je serai malheureux de ne vous plus voir, combien je le suis de ne pas vous avoir vu cet été!

Parmi les sujets de tristesse qui m’accablaient il y a huit jours, il y en a un au moins de dissipé. J’ai reçu hier une lettre de Prosper qui me dit avoir trouvé des libraires qui se chargeraient d ’imprimer mon histoire, pourvu que ce fût à Paris et que je leur envoyasse mon manuscrit. J’ac­cepte de grand coeur cette proposition, et tout ce que je demande à Prosper en lui répondant aujourd'hui, c’est qu’il termine au plus tôt cette affaire et qu’il engage le libraire à commencer immédiatement l’impression. Je crains toujours que quelque nouvelle rigueur sur la presse ne rende impossible la publication d’un ouvrage qui ira sûrement jusqu’aux dernières limites de ce qui est permis. Vous avez donc approuvé mon introduction 4), c’est un bon augure, mais j’avais compté que vous verriez tout l’ouvrage, j’avais même espéré profiter de la critique de tout le Sénat de Coppet. Il faut encore y renoncer, et mon Italie ne souf­frira pas moins que moi de votre voyage. A d’autres égards

’) L’introduzione alle Républiques italiennes.

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8 4 0 . C. L . SISMONDI

peut-être est-il bien que cela aille ainsi, mon ouvrage pour­rait bien donner de l’humeur, et en donner une plus forte si on le voyait partir de votre société et d’auprès de vous. L’isolement où je retombe fera du moins c|ue personne n’en souffrira que moi. On ne peut pas m’atteindre directe­ment sans une grande injustice, je n’occupe aucune place, je ne demande aucune faveur, je vis obscurément dans une [ville éloignée, je vais même me rendre volontairement dans un lieu d’exil aussi solitaire qu’aucun de ceux qu’on peut m’assigner dans un mouvement de colère. 11 ne me paraît pas que pour avoir fait l’histoire et l’éloge des Républiques, qui ont fini d’exister il y a trois cent ans, on puisse me mettre en prison ou saisir mes biens; quant à la défaveur j’y suis fort indifférent, mais il n’en serait pas de même si l’on punissait d’autres à ma place, et comme vous avez des faveurs à demander, vous pourriez souffrir si vos commen­saux et vos sujets écrivaient d’une manière qui pût déplaire.

J’ai passé trois semaines de suite à Celigny, vous y êtes tendrement aimée, non pas seulement par la mère et par M. de Bonstetten, mais par les deux demoiselles qui m’ont chargé encore aujourd’hui de vous dire qu’elles n’ont jamais aimé personne comme vous. Il est temps que je retourne à Genève. Là je verrai M. Rilliet et M.me Necker, que je n’ai vus ni l’un ni l’autre depuis six semaines, et je leur dirai que vous vous plaignez de leur silence. Benjamin va donc vous quitter. Ah ! mon Dieu, sans doute que c’est tri­ste! Ce n’est qu’en lui que j’ai confiance lorsque je vous vois errer ainsi loin de votre demeure. M.me Brun prétend que les eaux de Spa sont extrêmement irritants pour les nerfs et peuvent vous faire un mal infini. Tenez-vous sur vos gardes et ne vous fiez pas uniquement aux conseils des amis d’Auxerre. Adieu. Vous dirai-je encore que je vous aime avec passion? Vous devez le savoir.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet],

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EPISTOLARIO 8 5

34.

A MADAME DE STAËL

A uxerre.

Qenève, 20 août 1806.

Au nom du ciel revenez à Coppet chercher un air sain pour votre malade et pour vous-même, ne campez pas toujours comme sous une tente: c'est là ce qui décuple tous les petits désagréments de la vie. Que serait-ce une fièvre, tierce pour Schlegel si vous étiez chez vous? Il ne vaudrait pas la peine d’en parler: un mal sans danger, sans suite, et dont le remède est certain. Mais dans une auberge, à Spa aussi bien qu’à Auxerre, toute souffrance est augmentée, tout soin est pénible, toute assistance est difficile. Si j’avais espéré de vous déterminer, ou si je me croyais assuré de vous trouver encore à Auxerre, je par­tirais sur l’heure même pour vous aller chercher et vous rassurer; et je partirai en effet en recevant votre réponse, si cela vous convient, mais je ne puis aller qu’à Auxerre et revenir. Mes affaires se compliquent ici, le temps passe rapidement, et j’ai peine à comprendre comment j’arrive­rai à les terminer d’ici au 1er février que je pars pour l’Italie. Au nom du ciel réfléchissez de nouveau que les eaux de Spa, loin de vous être avantageuses sont extrême­ment contraires à des nerfs aussi tendus que les vôtres, que la saison passe, et que vous n’y trouverez bientôt plus personne, que les négociations de paix paraissent arrêtées, mais que quand on les reprendrait, vous seriez aussi à portée de vous mettre en route de Coppet que de Spa, et que l’inconvénient du détour est plus que compensé par l’avantage de mettre en ordre vos affaires. La fièvre

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86 0 . C. L. SISMONDI

n’est pas un obstacle au voyage, niais au contraire une raison de plus: l’air d’Auxerre l’a donnée, le changement d’air en est le plus sûr remède. Si les accès de Schlegel sont très longs et très forts, il faut à la vérité se résigner à ne courir la poste que de deux jours l’un, et le laisser se reposer le mauvais jour. J’ai vu [des] gens partir avec de semblables fièvres pour passer les Alpes, ce qui est bien autrement difficile. J’ai vu toujours aussi que dès le pre­mier jour de voyage la fièvre diminuait. Spa n’est sur la route que d’un seul pays, mais si la place ne se fait pas, il vaut mieux être à Coppet pour aller de là dans le midi. Vous avez à choisir entre l’Italie et l’Espagne: si Prosper avait une mission durable! Mais je pense qu’il reviendra aussi vite qu’il est allé.

Une chance persécutrice poursuit et accable mon malheu­reux ouvrage. Au moment où Prosper avait presque ter­miné sa négociation, il part et c’est tout à recommencer,

f Benjamin s’était offert, je lui écrivis avant-hier pour le ' supplier de terminer à quelque condition que ce so it4),

pourvu qu’on commence tout de suite l’impression, et probablement à présent que vous le retiendrez auprès de vous, et qu’il ne recevra pa* même la lettre que je lui ai adressée à Paris; il n’est pas facile de dire jusqu’à quel point cette suite de désappointements dans une affaire qui est devenue de si fort la plus importante de ma vie me décourage et m’abat. Et en même temps que les difficul­tés à la publication semblent se multiplier, j’ai plus que jamais la conscience du succès lorsque l’ouvrage serait

1 publié. Depuis que vous êtes partie, je n’ai pas laissé f passer un jour sans y travailler sept ou huit heures ; et

tout cela pour ne pas pouvoir réussir à le faire accepter

') Per queste trattative di Constant per la pubblicazione di scritti del Sismondi a Parigi, si vedano le citate Lettere inedite di Benjamin Constant al Sismondi in Pègaso, dicembre 1932.

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EPISTOLARIO 8 7

même gratis. Il serait difficile d’imaginer un sort plus mortifiant et plus triste. Il ne me reste pas six mois de­vant moi, et l’impression naturellement doit en durer près de quatre. C’est une des causes qui font que mon temps m’est devenu si précieux et que j’en suis si peu maître; je ne puis travailler qu’au milieu de ma bibliothèque. Je vous ai écrit il y a quatre jours, à l’adresse de M. Ba- rin etc. La lettre vous parviendra-t-elle ? Au nom de Dieu revenez, et disposez de moi si je puis vous être bon pour vous reconduire, et si vous craignez de vous charger seule du malade en voyage. Mais à l’heure qu’ il est il doit être guéri, je pense, à moins que l’air d’Auxerre ne soit déci­dément fiévreux. J’espère bien fort vous voir dans quinze jours, ou à Auxerre ou ici.

[N ell’Archivio del Casfello di Coppet],

35.

A MADAME DE STAËL

Auxerre.

Qenève, 26 août 1806.

Je vous écris encore à Auxerre, mon excellente amie, mais j’espère cependant que vous n’y êtes plus, et qu’on fera suivre ma lettre pour qu’elle vous trouve je ne sais où. J’ai perdu l’espérance de vous voir arriver ici. Peut- être si on vous avait pressé vivement dans le moment où vous écriviez une lettre si noire, vous seriez-vous déter­minée, mais la mienne d’il y a six jours ne peut qu’être arrivée trop tard. L’espèce d’abattement dans lequel vous avait jetté la fièvre de Schlegel et celle de M. Mfontmo- rency?] ne doit plus durer, une fièvre est un si petit mal,

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88 0 . C. L. SISMONDI

on est si sûr de la guérison que vous ne vous seriez pas troublée au point où vous l’étiez si ce n’était pas malheu­reusement la dernière goutte qui fait déborder le vase. En attendant je suppose qu’on vous a fait comprendre qu’il fallait se mettre en route, et que c’était le moyen le plus assuré pour guérir votre ami. L’autre cependant est déjà arrivé sans doute à sa destination, peut-être il est déjà reparti pour se rapprocher de vous. Si vous étiez encore dans les dispositions du printemps passé ce voyage serait une chose heureuse pour vous, car c’est je crois le pronostic le plus assuré d’une mission plus durable, d’une mission qui aurait rendu facile un rapprochement. Pour vous aurait importé, je crois, le choix entre l’Espagne et l’Italie, et d’ici à six mois il sera, je pense, établi dans l’un ou l’autre pays. Mais je vois bien aujourd’hui que vos projets ne tendent à rien de semblable, et malgré la douleur du moment, douleur que ce départ imprévu a re­nouvelée, j’en suis bien aise pour la suite. Vous auriez fini par perdre Benjamin, et je vois par sa dernière lettre au contraire que désormais tous ses projets se règlent sur les vôtres, et qu’ il voj*s suivra partout.

Les journaux sont pleins de votre société: Prosper, Suard, Morellet, Lacretelle tour à tour attaqués par Geof­froy *), et tour à tour le repoussant d’un coup de pied dans la boue. Je n’ai pas tout suivi, et je n’ai pas vu entr’autres ce que le premier avait écrit : le voilà cependant engagé du bon côté. Il me semble qu’il a conservé de la dignité dans sa colère, quelque vive qu’elle fût. Mais avant- hier en ouvrant la Revue j’y vois la préface de Müller: on avait si longtemps différé que je croyais qu’elle ne pa­raîtrait jamais. C’est vraiment un superbe morceau: je

*) Sull’atteggiamento di Geoffroy di fronte alla critica della Staël e dei suoi amici, si veda il nostro cit. studio su Les idées littéraires de M.me de Staël, pp. 10-11.

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EPISTOLARIO 8 0

l’avais lue il y a quelques jours en allemand, j’ai relu de nouveau cette traduction avec un extrême plaisir. Pas- sera-t-elle unnoticed? Croyez-vous qu’on y ait vu autre chose qu’un échantillon d’un auteur allemand? J’aurais voulu qu’on eût retrouvé quelques phrases qui suivaient de trop près la syntaxe allemande, il en résultait bien un plus grand rapport avec l’original, mais aussi une, certaine obscurité et une certaine dureté que vous auriez fait pas­ser en la revoyant après "avoir fermé le livre allemand. Mais dites-moi, si vous le savez, comment ce morceau a été reçu à Paris, et si l’on a su sentir que depuis long­temps personne n’avait parlé à un peuple avec tant d’élo­quence J).

Je viens de recevoir une lettre de M.me de Recke, et des poésies d’elle et de Tiedge. Elle me dit: « rappelez-moi au souvenir de M.me de Staël. Dites-lui que je suis fièjre qu’elle appartienne à mon sexe, j’admire son esprit, j’aime son coeur, et je voudrais qu’elle fût aussi heureuse qu’elle est aimable et bonne ». Elle est a présent près S.‘ Gall où elle prend les eaux, mais a Zurich elle a proposé au libraire Gessner mon ouvrage, et si Constant ne réussit point, j’ai qûelque espérance de pouvoir me tourner de ce côté. Il y aurait bien des avantages pour moi à imprimer hors de Paris. J’ai toujours peur à Paris que mon ouvrage ne me soit.... par la censure, ou qu’on ne suspende tout à coup l’impression sans que je puisse plus avancer ou reculer. Mais l’espérance de traiter avec Gessner est encore si va­gue, que je ne voudrais pas pour courir après cette ombre laisser aller quelque chose de plus solide. Je suis accablé d’affaires desagréables, je ne puis rien terminer pour ce livre qui me tient si fort à coeur. Ma Bible va mal, elle me

x) Sui rapporti fra la Staël e Qiovanni Müller cfr. F. B a l - d e n s p e r g e r , M ”>e de Staël et Jean de Müller d ’après des lettres inédites, in Bibliothèque Universelle, feb. 1912.

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9 0 Q. C. L . SISMONDI

ruine, et me donne en même temps beaucoup d’occupa- tïons. Je suis aussi chargé ici de toutes les affaires de mon père, et elles me tourmentent; mais surtout je suis loin de vous et je ne sais quand je vous reverrai. Je souffre de toutes vos peines, comme si j’étais sans cesse avec vous, et je n’ai jamais pour dédommagement le bonheur de vous voir et de vous entendre.

[Nell’Archirlo del Castello di Coppet],

36.

A MADAME DE STAËL

P a r ig i .

Genève, 7 septembre 1806.

Votre dernière lettre à M. de Bonstetten nous avait donné une assez vive espérance de vous voir bientôt, vous paraissiez avoir besoin de prendre congé de nous si vous deviez vous éloigner pour longtemps, et nous, nous dési­rions ardemment que vous vous reposiez ici quelque temps, que vous cherchassiez à y calmer cette agitation, cette fièvre nerveuse qui vous mine, avant que de recommencer de nouveaux voyages. Mais mon Dieu! Vous n’avez point donné d’ordres à Coppet pour vous recevoir, vous n’avez point répondu à la lettre où je vous proposais de vous aller chercher, et je crains bien que vos projets n’aient changé de nouveau, ou plutôt que vous ne soyez retombée dans cette incertitude, dans cette attente vague et sans bornes qui est pour vous le pire de tous les états. J’ai peut- être une confiance bien vaine dans les effets de l’affection, mais il me semble que si je pouvais vous retenir ici quel­que temps à force de vous aimer, de vous le direfet de

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EPISTOLARIO gì

vous le montrer de mille manières, nous réussirions à cal­mer cette angoisse qui est devenue à présent en grande partie nerveuse et que nous vous.... à ne souffrir que comme nous des malheurs que nous partageons tous avec vous, et qui pèsent à présent sur toute l’humanité; car si vous y regardez bien, tout ce que vous souffrez vient d’une seule grande cause qui s’accommode à chaque individualité pour lui procurer les souffrances qui sont pour elle plus poignantes. Pour vous cet éloignement de ceux que vous aimez, illusion détruite sur ceux que vous avez aimé, c’est un poids qui arrête l’essor du talent, une barrière qui vous empêche de communiquer vos sentiments ou votre enthousiasme pour d’autres, c’est la ruine, la persécution, la prison, pour tous c’est l’incertitude de l’avenir, le décou­ragement surtout, et l’ isolement dans la vie. Un grand moteur du mal est cause de toutes ces souffrances privées, et nous devons tous comprendre les plaintes les uns des autres et partager leur ressentiment comme leur peine.

Les deux dernières lettres que je vous ai écrites, je les ai adressées à Auxerre, où je vous croyais encore retenue par la maladie de Schlegel. J’espère qu’on les aura fait suivre; j’en ai aussi écrit deux à Benjamin, dont je n’ai point de réponse. Dans la dernière je le priais de ne plus faire aucune démarche pour mon livre. J’ai enfin trouvé à le faire imprimer à Zurich, en allemand et en français; on me paye même quelque chose pour le manuscrit, non pas en argent, il est vrai, mais en livres, et mon premier vo­lume est déjà entre les mains du libraire. J’ai appris par votre lettre à Bonstetten avec quelle bonté vous aviez agi auprès des libraires de Paris, j’y ai vu aussi combien gé­néreusement vous entriez dans un projet que Bonstetten avait formé à mon insu pour déterminer Paschoud par une espèce de souscription. J’en suis vivement reconnaissant, mais je n’y aurais jamais consenti. Si des sacrifices de ce genre étaient nécessaires, c’était à moi à ies faire. Je re­

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9 2 Q. C. t. S1SM0ND1

courrai à mes amis avec confiance et sans scrupule si je suis jamais ruiné, et Dieu sait si je n’en suis pas menacé de plus d’une manière, mais tant qu’ il me reste du bien, je ne dois pas permettre que d’autres fassent pour moi des pertes d’argent qui ne regardent que moi. Ne vous en offensez pas, bonne excellente amie; je ne fais que diffé­rer les obligations que je n’aurai point honte de vous avoir plus tard, car j’ai en moi le pressentiment que je serai un jour proscrit et privé de tout.

Nous avons ici M me Cottin, et je l’ai vue deux fois; elle me parla de vous d’une manière convenable, elle ne marchanda point à dire qu’elle vous regarde comme le pre­mier talent de France. Elle parle de politique, de liberté, de roman d’une manière libérale, et quoique elle ne m’ait pas également satisfait sur la religion, du moins s’est-elle défendue avec chaleur d’avoir couru au secours du vain- queur, car je lui en fis le reproche bluntty dès le second jour. Savez-vous qu’elle est protestante? qu’elle se dit zélée pour cette religion dans laquelle elle est née, et qu’elle n’a employé le catholicisme que comme plus poéti­que parce qu’il est plus passionné?

Mes compliments à Schlegel, M.me Uruger a reçu le portrait. Chère amie, je ne saurai jamais vous dire combien je suis malheureux depuis que je ne vous vois plus.

[Nell’Archirlo del Castello dl Coppet],

37.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

Oenève, 15 septembre 1806.

J'ai déjà eu l’avantage de vous faire connaître M,mede Staël; je prends aussi la liberté de vous adresser M,rae Cot­tin. 11 faut des noms aussi illustres pour excuser mon in­

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EPISTOLARIO 9 3

discrétion, mais je connais assez, madame, votre goût et votre sensibilité, pour m’assurer que l’auteur de Claire d’Albe, de Malvina, de Mathilde, vous inspirera le plus vif intérêt. J’ai aussi l’avantage de connaître assez M.me Cot- tin, et l’aimable amie qui voyage avec elle, M.rae de Mar- sis, pour m’assurer que lorsque vous les aurez vues, à la curiosité qu’éveille un nom célèbre succédera le plaisir d’y trouver réunies tant de grâces, d’amabilité et de modestie.

Il y a bien longtemps, madame, que je n’ai eu de vos nouvelles : la dernière fois que vous eûtes la bonté de m’en donner, votre santé était dérangée, et celle de M. Albrizzi l’était davantage encore; je n’ose pas prétendre à une cor­respondance régulière, mais je voudrais bien n’être pas tout à fait oublié, et n’avoir du moins pas d’inquiétude sur vous.

M.rae Cottin a la bonté de se charger de vous remettre l’ introduction de l’histoire à laquelle je travaille, et dont je vous avais parlé quelquefois. J’espère que les deux pre­miers volumes tout au moins paraîtront au mois d’avril; à cette époque je serai en Italie, et j’aurai soin de vous les faire parvenir. J’espère, à cause de l’ancienne amitié que vous m’aviez témoignée, que vous voudrez bien prendre quelque intérêt à mon ouvrage. J’espère que le chevalier Pindemonte en prendra un plus direct, et comme italien et comme patriote, dans le sens toujours noble de ce mot dont on a tant abusé. Conservez-moi son souvenir, je vous prie, conservez-moi le vôtre, et laissez-moi espérer que lorsque je retournerai à Venise, je retrouverai chez vous la même bonté que vous m’aviez témoignée.

Je suis avec respect, ecc.

[Pubblicata da T. Lodi, Art. cit., dall’autografo délia Na- zionale dl Flrenze].

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9 4 a . C. L . S1SM0NDI

38.

A VINCENZO MONTI

Ginevra, 15 settembre 1806.

Prendo la libertà d’indirizzarvi Madame Cottin, autore di vari romanzi celebri, Malvina, Mathilde, etc. Credo po- tervela raccomandare anche a nome di Madame de Staël, giacché quelle due donne, benché diverse nei sentimenti, hanno una dell’altra un’alta idea, e giacché più d’una volta ho sentito Madame de Staël assicurare che nè Madame de Genlis *) nè alcuna altra donna a lei conosciuta, non po­teva stare a fronte di questa. Scommetterei che, malgrado la sua reputazione, non avete mai letto nessuno dei suoi libri, ma lei stessa merita d’esser ricercata almeno altret­tanto quanto le sue opere, e parimente la sua amabile compagna Madame de Marsis; non mi credo reo d’indi­scretezza nel procurarvi due così amabili conoscenze, e loro non bramano meno di vedere il primo poeta d’Italia.

Esse vi consegneranno l’introduzione della mia storia: l’ho fatta stampare affin di dare un’idea del mio disegno; di qui a sei mesi la prima parte, che si stampa in Ger­mania, uscirà alla luce, e mi affretterò di recarvela io stesso poiché a quell’epoca comincerò un nuovo giro d’Italia. Di grazia datemi delle nuove della povera signora Cicognara2.

*) Nell’opera De la littérature la Staël aveva mostrato molta ammirazione per i romanzi di M .me de Genlis, ma in seguito a una pubblicazione di quest’ultima fatta nel 1811, i loro rapporti cambiarono profondamente, come vedremo più oltre dalle let­tere del Sismondi alla Contessa d’Albany. Si veda anche M a r ia O r t iz , M."‘e de Staël in una novella d i Madame de Genlis, nella Cultura, 1932, p. 463 sgg.

2) Massimiliana Cislago Cicognara, moglie del letterato fer-

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EPISTOLARIO 95

Suo marito mi scrisse una lettera quasi disperata, dandomi certe incombenze; risposi subito, ma lei non ha scritto più. Povera donna! sarà morta, e non credo che l’Italia ne possa perdere un’altra che gli somigli. Se il suo con­sorte è di ritorno, ditegli come sinceramente prendo parte al suo dolore, ditegli ancora che faccio di tutto per il suo figliuolo, purché io sappia quali sono le sue intenzioni. — Madame de Staël è sempre in Francia, non credo che la vediamo quest’inverno. Addio. Rammentatevi di me, e credetemi di cuore, amandovi quanto gli altri v’ammirano, vostro ecc.

[L’autografo è nella Raccolta m ontlaaa del Dott. Carlo Pian- castelli d i Fusignano; pubbl. in C. P e l l e q r i n i , II Sismondi cit., pp. 24-5, e poi in Epistolario di V. Monti, a cura di A. B e r ­t o l d i , III, p. 578].

39.

A MADAME DE STAËL

Genève, 20 septembre 1806.

Voici enfin une lettre de vous, excellente amie, elle n’a pas été attendue sans impatience ou lue sans émotion. Vous êtes donc enfin déterminée; puisse cette résolution vous être agréable, et la ville que vous choisirez vous plaire plus que Genève: vous pouvez comprendre cepen­

rarese Leopoldo Cicognara, — autore della Storia della Scul­tura — fu donna d’intelligenza superiore,stimata dai principali letterati del tempo (Cfr. Lettere inedite di M. Cesarotti, M.me de Staël, l. Pindemonte, U. Foscolo e C. Rosmini a Massimiliana C. Cicognara, a cura di V. M a l a m a n i , Venezia, 1888). Pochi mesi dopo questa lettera, nel gennaio seguente, la Cicognara morì a Pisa.

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% G. C. L . SISMONDI

dant combien j’en souffre. Mes deux lettres que vous avez trouvées retardées à Auxerre, et une troisième qui doit vous être revenue de Paris, vous auront appris comme je suis enchaîné ici, et combien il m’est impossible de vous aller joindre. J’ai encore pour six mois d’ennuis, de fati­gues et de dégoûts à éprouver à l’occasion de ma malheu­reuse Bible; au bout de ce terme je resterai seul proprié­taire d’une masse de papier qui m’aura coûté 36 fr., et dont j’ignore encore quel parti je pourrai tirer. Je ne suis point assez riche pour qu’une perte semblable ne me dé­range fort. Dans le même temps je suis chargé de gérer les affaires de mon père, et jusqu’à ce qu’il revienne ici ses maisons, ses vignes et ses intérêts de tout genre me donnent assez de peine et d’ennui, puisque j’en reste seul gérant, et que c’est mon affaire de lui faire passer en To­scane l’argent dont il a besoin. Enfin l’impression de mon histoire qui se fait à Zurich achève de m’enchaîner, puisque j’ai déjà commencé à recevoir des épreuves, et que je dois en recevoir d’autres tous le courriers. Vous devez savoir à présent comment je me suis arrangé avec Gessner de Zurich, et combien j’ai lieu d’en être content. Je ferai moins d’effet à Paris peut-être, mais j’en ferai davantage en Allemagne, et c’est ce que je prise le plus. J’ai dit et je pense trop de mal des français pour pouvoir espérer qu’ils me traitent favorablement. J’espère cependant que vous recommenderez mon livre à MM. Stuard, Morellet, etc., et je sens bien que je vaux mieux de loin que de près: ma conversation détromperait sur mon compte, et surtout pour des français il y a plus d’avantage à ce qu’on me juge sans me connaître. Quant à la censure je ne m’en crois point en France si à l’abri que vous dites, et Benja­min pense comme mot. On me désespérerait si on me de-

■ mandait des contours pour dire le contraire de ce que je pense, et il y a dix chapitres que s’ils tombaient sous les yeux du censeur, m’exposeraient à ce qu’on suspendit

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EPISTOLARIO 97

l’impression. Je m’étonne que par une loi générale on ne \ défende pas l’étude de toutes les histoires. Rappelez-vous * que l’on n’a pas permis que Philippe le Bel fût un tyran. Pour moi, lorsque j’ai eu à peindre celui que le Dante appelle il mal di Francia — corne la vita sua viziata e i lorda, je n’ai pas demandé s’il était permis de le peindre tel qu’il était.

C’est un bien grand malheur pour moi cependant que vous ne soyez point revenue à Coppet, et que je n’aie point pu vous soumettre les épreuves de même qu’à Benja- [ min. L’ouvrage y aurait prodigieusement gagné, mais il n’était pas moins nécessaires que je restasse auprès de mes livres. De tous les ouvrages historiques, je crois que le mien | est celui qui requiert la plus vaste érudition. Il faut plus ! de recherches pour mon histoire que pour celle même de : Gibbon, et l’on ne m'épargnerait pas s’il y a quelque 1 chose que j’aie négligé de savoir, quand même il serait facile de prouver que la vie humaine ne suffit pas pour lire tout ce qui appartient à mon sujet.

M. Kinloch a écrit à M. Turretin 1 et Vill. de Newport Klw. d’Irlande le 13 juillet, en le chargeant de vous re­commander de bien vous garder de vendre les titres que vous avez en Amérique; il dit que la population se porte de nouveau de ce côté, que les émigrés y arrivent par flots, et que les terres y augmentent et y augmenteront encore de valeur avec une extrême rapidité. — Voici aussi une lettre de Mme Apris que le Duc de Roches a apportée de Londres, avec un livre qu’il a laissé pour vous à Coppet.

Il semble que vos petits voyages ont fait égarer quel­ques lettres. Vous voyez que les deux miennes étaient res­tées à Auxerre, je suis parfaitement assuré que Mrae Brun a répondu à la vôtru avec M. de Bonstetten. Votre cousine

1) Ch. Q. Turrettini, che aveva sposato la figlia maggiore di M“ « Necker de Saussure.

7. — SismoNDI, E pisto la r io „ I.

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98 G. C. L. SISMONDI----------------------------------------------4

s’est alarmée sans raison, ce me semble, à l’occasion de ce que M. de Bonstetten lui disait à elle-même. Elle m’en parla en vous écrivant, et je jugeai qu’elle avait tort. Mme Brun ne parle jamais de vous qu’avec le sentiment le plus vif de tendresse aussi bien que d’admiration, elle s’est affligée de la triste vie que vous avez menée cet été, mais cela n’est sûrement pas un secret: tous les Genevois qui vous ont vue à Auxerre ont parlé de l’activité décevante de votre ennui, plus fortement que ne pouvaient faire vos lettres. Je sais bien que Mme Brun n’est point discrète, et qu’il n’y a peu de confidents à qui elle ouvre son cœur plus volontiers qu’au public, mais quand elle imprime et non dans sa conversation où il n’y a jamais de commé­rage. Avez-vous vu dans Les Archives littéraires comme elle a repoussé l’inculpation d’avoir imprimé les lettres de Müîler? Ce n’était pas seulement avec son consentement, mais à la suite d’une longue négociation entr’eux dont elle a toutes les pièces, et en supprimant sur sa demande certains passages ou en en corrigeant d’autres, enfin pour le compte de Müller qui en donnait le produit aux orphe­lins des petits Cantons.

Mme Rilliet se plaint fort de n'avoir point eu de lettre de vous. La sienne serait-elle aussi perdue? — Votre lettre me donne l’idée que vous êtes beaucoup mieux, quoique vous disiez que votre vie va mal. Mon Dieu, c’est

, la mienne qui va mal lorsque je suis loin de vous ! Mille tendresses à ce pauvre Schlegel: je voudrais bien pouvoir le soigner. Je voudrais bien causer avec vous plus qu’on ne fait dans de malheureuses lettres. Adieu. Seulement Toi qui sais toute chose tu sais comme je t’aime!

[Nell’ArchlvIa del Castello dl Coppet].

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EPISTOLARIO 99

40.

A MADAME DE STAËL

Genève, 6 octobre 1806.

Voici une bonne, une vraiment bonne lettre de vous, mon excellente amie, je vous vois en effet remontée et trouvant des jouissances intérieures: je me réjouis surtout de vous voir parler au passé de sentiments que je croyais n’être que trop présents. Ils ont entraîné après eux de bien longues amertumes ensuite d’une courte jouissance. Tout dans votre lettre me fait plaisir, et j’en ai besoin dans ce moment-ci pour me remonter ou me distraire de la plus cruelle et de la plus angoissante inquiétude. J’attends ici les demoiselles Brun qui doivent arriver dans deux heures, parce qu’Ida est tombée malade et même gravement ma­lade. Il paraît d’après ce qu’a dit Odier qu’il attend une fièvre maligne, il la fait rentrer à la ville immédiatement parce qu’ il assure que demain il ne serait plus temps. Dans une telle maladie il y a peut-être autant de chances de mort que de vie. Avec la jeunesse d’Ida on devrait peut- être avoir de la confiance dans la force de l’âge, mais d’autre part c’est son talent et sa distinction qui m’inspi­rent le plus d’effroi, elle semble un de ces êtres que le ciel ne fait que montrer au monde et que toutes les chan ces menacent bien plus que les êtres ordinaires. Depuis deux ou trois jours elle paraissait indisposée seulement, et l’alarme de sa mère et surtout de Bonstetten étaient déjà au comble. Que doivent-ils souffrir depuis que le danger est reconnu! Lui aime plus cette jeune fille qu’aucune per­sonne au monde: elle, que le moindre chagrin rend toujours malade, je ne sais comment elle supportera la maladie de

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sa fille, quand encore Dieu nous sauverait d’un plus grand malheur. J’ai reçu cette lettre comme leur domestique m’ap­portait cette nouvelle, et je vous réponds parce qu’il n’y a que vous à qui je puisse penser en dehors de l’angoisse où je suis. Je ne fermerai pas ma lettre sans vous donner des nouvelles de leur arrivée.

Je n’ai rien entendu dire qui pût nuire au crédit de Hentsch, ou de M. Dillens et Wamberch. Le premier pa­raît content de ses affaires, il s’est retiré presque absolu­ment du vrai commerce pour n’être plus que le banquier des étrangers, c’est un métier qui a bien quelques rapports avec celui d’un valet de place, mais qui est plus sûr qu’aucun autrè, de plus je le crois très fin et très précautionneux, ensuite que je serais bien étonné qu’ il lui arrivât malheur. M. Wamberch est de retour d’Italie, où il a été de nou­veau solliciter une place sans pouvoir l’obtenir. Son beau- père me dit l’autre jour que l’obstacle à son avancement qu’il rencontrait c’était d’avoir été trop bien avec Bona­parte?] et ses entours; on n’aurait honte de lui offrir une place inférieure, et quoiqu’on paraisse toujours intimement lié avec lui, on ne prend plus assez d’intérêt à lui, pour lui en procurer une de premier ordre. Je ne crois pas qu’ il soit riche, mais je n’ai rien vu dans leur maison, ou dans leurs manières qui indiquât des inquiétudes ou un chan­gement de situation.

J’accepte avec joie l’espérance de vous revoir ou dans six semaines ici, ou dans trois mois à dix lieues de Paris. Mon Dieu, d’ici là je tremble de ce qui peut arriver ici! Si elle se rétablit, je lui conseillerai de partir pour Hières ou Nice, afin d’y passer le temps de sa convalescence dans un climat plus convenable. Mon voyage en Italie reste toujours fixé au 1er avril, et j’aurai en effet après l’impres­sion de mon livre le temps de vous aller faire une visite si vous obtenez ce que vous désirez. Sans doute il le faut car nous partirons alors peut-être l’un pour le Nord l’autre

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pour le Midi, et qui sait quand et où nous nous reverrons. Ah! comme je vous aime et comme le temps est cruelle­ment long loin de vous ! Benjamin est donc auprès de vous : je lui écrirai incessamment, car j’ai reçu une excellente let­tre de lui, et je ne savais où lui répondre. Sans doute qu’il pense comme vous sur la guerre, et moi aussi peut-être dans le fond, cependant quand je trouve des gens qui le disent, comme hier Boissier le Professeur, j’en éprouve toujours du dépit. Ce n’est pas peut-être commun de pen­ser ainsi r comme on y lit beaucoup plus les gazettes alle­mandes et les lettres du nord que les françaises, on y croit à l’enthousiasme pour la cause germanique dont el­les parlent. On voit que les Prussiens ne désirent que ba­taille, qu’ils s’attendent à affronter seuls les premiers coups, mais que s’ ils remportent une victoire ils se croient assu­rés alors de ne plus manquer d’alliés ; que toutes les puis­sances du nord regardent la guerre comme tellement pa­triotique, que même le Danemark se croit obligé d’y prendre part. La lutte recommence donc avec des forces au moins égales à celles qu’on avait l’année passée, mais cela n’em­pêche pas qu’elle ne puisse avoir le même sort. On a aussi ici assez souvent des lettres d’officiers français et suisses faits prisonniers dans les environs de Naples, parce qu’on appelle les Calabrais qui ne se tiennent pas enfermés dans la Calabre. M. de Branle, frère de celui de M.me de Mon- tolieu, a été pris par eux. Malgré ses succès dans quelques batailles l’armée française se fond dans ce pays, où toutes les affaires de postes lui sont contraires, et où les maladies la détruisent.

[N ell’Archivio dei Castello di Coppet],

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41.

A MADAME DE STAËL

Ro u en .

Genève, 24 octobre 1806.

J’ai eu bien tort en effet, ma bonne amie, de laisser passer toute la première semaine sans vous redonner des nouvelles d’Ida, je partageais alors tellement l’agitation de toute cette famille que j’en oubliais les jours de poste et le passage du temps. Dieu merci elle est à présent en pleine convalescence, mais les médecins se sont réunis enfin pour lui ordonner un meilleur climat, et elle va partir pour Pise. Ils ont fixé le 12 novembre pour leur départ: comme M. de Bonstetten a la bonté de les accompagner malgré la pu­blication de son ouvrage, elles retardent de quelques jours à cause de lui. Elles passeront par Milan, Bologne et Flo­rence, et M.me Brun nous demande instamment quelques recommandations pour la route qui lui serviront à s’en pro­curer d’autres pour Pise. Un de ses amis de Danemark est intimement lié avec de M. de Melzi, mais comme elle n’est pas à temps de faire venir de Copenhague des recomman­dations, elle désirerait une recommandation pour celui-ci. Elle est assez malade aujourd’hui, à mesure que sa fille guérit elle s’affaiblit. Dès qu’il ne lui est plus nécessaire de se bien porter pour soigner Ida, l’ébranlement et l’an­goisse des jours passés commencent à opérer sur elle.

Je désire à présent tout à fait que ce soit à votre cam­pagne que je vous écrive; le départ de M.me Brun et de Bonstetten me semblent laisser tout à fait déserte Genève où déjà il ne restait pas grand chose. Je suis pour le moins aussi triste que vous, et je ne saurais où y chercher, où y

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trouver des consolations. Mais je serai auprès de vous dans le temps de l’impression de Corinne. Dieu soit loué, vous vous êtes donc remise au travail, en même temps que c'était la chose la plus désirable pour tous les autres: c’est encore ce qui vous convenait le mieux à vous même. Nous vous l’avons tous dit que Corinne était supérieure à tout ! ce que vous avez écrit jusqu’à présent, mais le public vous le dira plus fortement encore que nous, et je crois même qu’indépendamment du mérite de l’ouvrage, il mettra plus de faveur dans son jugement. Je ne crois point le moment mauvais pour écrire dans le sens que vous faites. Certains critiques ont perdu toute la considération qui leur restait encore, ils n’osent plus attaquer avec grossièreté, et comme tout ce qu’ ils disent est prévu, ils n’excitent plus même de curiosité. Le public semble attendre un écrivain supérieur à tant de sottises et se désoler de n’en point voir paraître. Est-il fort distrait par la guerre?... à peine, et cependant quelle guerre! Avant que nous ayons eu aucune confirma­tion de cette première bataille qui doit avoir coûté la vie au prince Louis, et que plusieurs lettres, disait-on, démen­taient encore ce matin, une autre estafette de Lyon apporte une nouvelle tout aussi vague d’une seconde bataille, de 100 canons gagnés, de 25.000 prisonniers. L’année passée on nous a accoutumés à ce que tous ces bruits vagues se confirmassent. Si cette dernière est vraie cependant, si les Prussiens se rendent comme les Autrichiens, comme il n’y a aucun talent militaire qui puisse forcer une armée à se rendre le huitième jour de la guerre, la nation allemande se­rait couverte d’une honte qui ne s’effacera pas de longtemps.

Je n’ai vu ni le préfet depuis son retour, ni Maurice, ni vraiment personne depuis bien longtemps; je passe chez Mme Brun une moitié de ma journée et l’autre à travailler.Je me prépare de l’ouvrage pour mon séjour en Italie; en attendant, mon impression avance tout doucement; de cette manière, j’oublie un peu ce triste monde et je ne suis plus

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qu’un homme du moyen âge, mais dès que je sortirai, et ce sera bientôt, je penserai à recueillir de ceux que vous connaissez ici ce qui peut vous intéresser. Je me félicite de ce que vous avez de bonnes nouvelles de D. Pedro : il pa­raît que sa cour après avoir hésité longtemps s’est déter­minée à.... sottise. Adieu. Je vous écrirai de nouveau dans peu de jours.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet].

42.

A MADAME DE STAËL ')

J’ai vu hier le père de P[rosperJ. Il n’y a pas d’homme dont la conversation me fasse plus souffrir que la sienne, car non seulement tout ce qu'il me dit m’est désagréable, mais tout ce que je lui réponds l'est davantage encore pour moi. Je me fais avec lui une violence continuelle, je m’abaisse presque jusqu’à la dissimulation, et il y a cepen­dant entre nous un si prodigieux éloignement, que tandis que pour me rapprocher de lui je ne dis ni ce que je pense ni ce que je sens, lui est toujours étonné et presque blessé de ma hardiesse à le contredire. Au reste dans une con­versation assez longue il ne m’apprit rien qui puisse vous intéresser. 11 a des lettres de son fils tous les courriers, mais il n’a point par lui de vos nouvelles, en sorte que après celles que vous lui aviez données vous-même à vo­tre arrivée à Rouen, il n’en avait point eu jusqu’à celles que je lui ai données. Au reste il ne doutait pas que vous n’obtinssiez la permission de vous établir dans une terre à vous près de Paris. Je n’en doute pas non plus. Cepen-

4) Per quanto questa lettera non sia datata, da quanto in essa è detto si comprende che è degli ultimi di ottobre del 1806

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dant si vous vous déterminiez à venir ici, pourvu que vous m’avertissiez quinze jours d’avance, je me crois assuré de vous procurer un logement décent, seulement il faudrait placer les hommes de votre société hors de la maison, dans des chambres garnies. Ce n’est chez moi; ceux qui occu­pent l’appartement dont j’avais parlé à M * Necker, ont refusé le dédommagement que je leur offrais pour me ren- ‘ dre l’appartement au 1er novembre. Ce sera cependant par moi, car je compte prêter ma campagne à ceux qui vous loueront leur appartement de la ville, pour les engager à le quitter.

Nous avons ici très rapidement les nouvelles de l’ar­mée par les estafettes qui vont chaque jour du quartier général à Naples. Mais en même temps qu’elles nous ap­prennent les succès surprenants des armées françaises, elles ne nous donnent jamais aucun détail sur la manière. Déjà elles parlent d’une troisième victoire, et les gazettes alle­mandes ne nous ont pas encore annoncé la première. Ce­pendant les voyageurs arrivés de Leipzig parlent aussi du désordre où est l’armée prussienne, et de ses corps qui marchent à l’aventure sans savoir où sont les Français. Ils ont fait une espèce de chassé-croisé, moyennant lequel chaque armée coupe les derrières de l’autre; dans cette position égale pour tous deux, ce sont ceux qui manquent de cœur qui se crojent coupés plutôt que les autres, et qui se rendent plutôt que d’avancer. Au reste il est juste de dire aussi que, d’après les lettres d’Allemagne, ces victoires auraient été achetées par les batailles les plus sanglantes, que les Prussiens auraient repoussé sept fois les Français avant d’être informés, que Lefèvre aurait été tué, Auge- reau blessé, et d’autres généraux encore. Une gazette alle­mande parle d’un cheval tué sous l’Empereur: on recon­naîtrait bien là sa fortune et la nôtre, cependant tous ces bruits sont encore fort vagues, et peut-être seront-ils dé­mentis.

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Madme Brun se prépare toujours à partir le 12 pour Pise, cependant la convalescence d’Ida n’avance point. Voici bien des jours qu’elle n’a plus de fièvre, et elle est toujours au même point, avec du dégoût pour la nourriture, une faiblesse extrême, des maux de cœur et de tête continuels, et des accès nerveux qui m’inquiètent de toute manière. Je commence à croire que Jurine avait raison, et je languis de les voir partir malgré le vide extrême qu’elles me fe­ront, car je passe ma vie avec elles. Mais il y a toujours ce passage des montagnes qui pourrait empêcher leur voyage justement quand elles auraient le plus de besoin de le faire. Rappelez à Schlegel qu’il m’a promis de m’acheter à Pa­ris un Camoëns, dites-lui que quand même je n’entends non plus parler de lui que s’il était mort, je lui suis toujours très attaché, et que je ne prends jamais un livre allemand sans penser que je lui dois de le comprendre.

Aimable amie, vous m’aviez électrisé pendant que je vi­vais près de vous, et vous m’aviez rendu digne d’être des vôtres; à présent je perds chaque jour du peu du mouve­ment que j’avais dans l’esprit, et de tout ce qui pouvait vous plaire, sauf vous aimer: cela je ne le perdrai jamais. Je crois qu’il ne vaut point la peine pour vous qu’un homme si découragé que je le suis, si abattu par le malheur du temps, vienne de si loin vous chercher. Mais il en vaut la peine pour moi. J ’aurai un extrême besoin de vous revoir encore avant de partir pour mon exil; aussi je sollicite mon imprimeur d’aller plus vite, c’est de lui que je dé­pends, et dès qu’il aura achevé, ce qui ne peut pas être avant le 1er de février, je désire toujours, je compte toujours d’aller auprès de vous. Mille choses à Benjamin Adieu.

(N ell’ Archivio del Castello di Coppet].

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43.

A MADAME DE STAËL

Oenève, 3 novembre 1806.

Dieu vous garde d’avoir jamais plus à consulter les mé­decins sur quelqu’un qui vous intéresse vivement ; mais si cela doit vous arriver encore, gardez-vous vous-même, bonne amie, d’en consulter jamais deux à la fois. On ne saurait exprimer combien une contradiction entr’eux, même légère, donne d’angoisse. Il faut nous efforcer d’accorder la plus aveugle confiance à des gens que nous ne pouvons pas contrôler, dans une science que nous ne pouvons entendre, mais leur discussion ne sert qu’à nous faire sentir combien même pour eux cette science est conjecturale. H semble cependant d’après l’expérience que lorsqu’un mé­decin intelligent a adopté un système sur l’art de guérir, lors même que ce système serait faux, il réussit par l’ordinaire parce qu’il donne de la régularité à la cure, et en rapporte toutes les parties à un certain but, toujours présent à la pensée du médecin. Si cela n’était pas, l’expé­rience aurait depuis longtemps décidé entre les systèmes diamétralement opposés des Browniens, ou des Anti-Brow­niens: les uns tueraient leurs malades, les autres les gué­riraient, mais au contraire ils guérissent ou ils échouent à peu près dans les mêmes proportions, mais lorsque deux médecins ou se contredisent, ou se modifient l’un autre, ils sortent tous deux de la marche qu’ ils s’étaient prescrite, ils ne cheminent vers aucun but, et ils contrarient la na­ture sans lui ouvrir une voie nouvelle. M.me Brun, qui s’est entichée de Jurine, l’oppose sans cesse à Odier; il en re­suite que la cure d’Ida va plus mal, et que nous sommes

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dans une perplexité continuelle. Le premier qui veut être médecin sans l’être en effet, cherche à inspirer la confiance dans un moyen qui réussit toujours, c’est d’alarmer. Il a commencé par dire à M.me Brun qu’il ne répondait plus de la vie d’Ida, si elle passait l’hiver ici, et cependant, comme il y a eu une rechute de fièvre, probablement dou­ble quarte, il commence à devenir très douteux qu’elle puisse partir. A présent il fait naître des alarmes sur des prétendues obstructions dans le bas ventre, et quoique tout ce qu’il dit d’alarmant soit toujours contredit par Odier, même par Mounoir, il est toujours sûr, lorsqu’il fait peur, de se faire écouter de préférence. Observez tout cela pour vous servir de règle à vous-même, ma bonne amie, car je sais que vous feriez précisément comme M.me Brun. Pendant que vous êtes seulement spectateur jugez donc avec moi que ces consultations sont le plus mauvais de tous les partis à prendre. Je ne sais si je suis inquiet d’Ida, je ne le serais pas sans Jurine, car une re­chute dans les fièvres intermittentes est un événement fort ordinaire, et il n’y a eu dans celle-ci aucun accident ou rien qui compliquât la maladie. Il n’y a qu’une chose qui pût faire craindre pour sa poitrine, c’est que pour parler à sa mère elle est obligée d’élever la voix, et que tout effort peut être dangereux pour une personne affaiblie, mais il n’y a pas moyen de leur faire entendre raison à l’une ou à l’autre là-dessus, ou de les engager à prendre entr’elles deux un interprète. M. Odier croit cependant qu’ il ne peut être question de partir avant la fin du mois où nous sommes entrés, et alors nous serons tout à fait dans l’hiver.

Vous voyez, bonne amie, que je ne pense qu’à cette famille, que je ne parle que d’elle; et en effet une douleur m’a distrait assez puissamment d’une autre douleur. Dans des circonstances presque semblables vous aviez trouvé l’année passée pour vous-même, pour vos amis, une di­

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EPISTOLARIO 109

straction bien plus douce, mais non plus efficace. Je ne vois personne, j'ai lu assez de gazettes pour n’avoir pas besoin d’en lire davantage, et quand je sors de chez mes malades c’est pour rentrer dans mon quatorzième siècle qui me paraît être à présent la vie réelle, tellement en en lisant tous les historiens j’en connais tous les événements et tous les personnages, bien mieux que je ne sais ce qu’il se passe aujourd’hui. Quelle différence pour l’intérêt histo­rique entre les temps passés et les temps présents! C’est la perséverance, c’est la longueur des efforts et de la ré­sistance qui aggrandit les petites choses, parce qu’alors beaucoup de passions humaines se déploient, à chacune desquelles nous nous asservions; tandis que la rapidité et la régularité appetissent les grandes choses parce que l’homme ne se présente plus à nous que comme un être abstrait, et que l’homme abstrait est un terme moyen entre les hommes, un être ou médiocre ou petit. Qui écrirait l’histoire de Prusse quand il finirait par représenter cette Monarchie détruite en dix jours de guerre, rappetisserait d’un seul coup tous les événements qui auraient précédé. H n’aggrandirait pas les vainqueurs, car il n’aurait à mon­trer qu’un homme seul, puis une redoutable infanterie, toute semblable à elle-même; une redoutable artillerie par­lerait de même à l’imagination: de tels hommes ou des canons, c’est presque la même chose pour l’histoire.

Je n’ai pas vu Maurice le fils, mais je sais qu’il ne sa­vait rien, qu’il ne disait rien de vous. Adieu, excellente amie, croyez que je vous aime de tout mon coeur, que je vous aime comme ce qu’il y a de plus étranger à ce pré­sent siècle mauvais.

[N ell’Archivio del Castello di CoppetJ.

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44.

A MADAME DE STAËL

Genève, 12 novembre 1806.

Votre charmante lettre du 5 redouble mon envie de vous aller joindre, et elle me fait trouver aussi à moi le terme du 1er février, que j’avais fixé, prodigieusement éloi­gné. Mais à présent le libraire Gessner me tient à la chaîne ; quoique tous les courriers je le presse d’aller plus vite, il n’avance pas d’une manière qui me tranquillise. Il n’y a que sa lenteur dont j’aie à me plaindre; il m’a envoyé sa traduction allemande, il la fait lui-même, et j’en suis très content. Je joindrai aussi à cette lettre son annonce

iqu’il me fit passer avant-hier. Dès qu’il aura fini je par­lerai pour aller vous voir et corriger les épreuves de Co­rinne. Que vous êtes bonne de m’admettre au petit conseil qui délibérera sur ces épreuves, et combien je me fais de plaisir de revoir Corinne, mais surtout le modèje de Co- rinne l, celle qui rayonne autour d’elle la poésie et l’en­thousiasme pour tout ce qui est noble et grand!

Je revis hier le père de P[rosper] non point par choix, mais pour une affaire. Si on tirait cet homme comme des

*) Più d’una volta — dall’autrice del saggio che precede la prima edizione completa delle opere della Staël, del 1820, M.me Necker de Saussure, sino alla recente Histoire du Roman­tisme del S o u r i a u , Paris, 1927, T. I, P. l a, pp. 274-5 — si è discusso se nella protagonista del romanzo della Staël, Corinne, sia da ravvisare l’autrice stessa. Questa testimonianza del Si- smondi, in una lettera indirizzata alla Staël stessa, è di impor­tanza decisiva. Cfr. anche la lettera alla Contessa d’Albany del 31 otttobre 1813, e le nostre Note sismondiane, Ferrara, 1930, pp. 23-4.

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EPISTOLARIO 111

feuilles d’or sous le cylindre pour l’allonger et l’amincir, on en ferait, je crois, des feuilles de Moniteur. Ce n’est pas lui au moins qui m’a raconté qu’en Allemagne on croyait que B[onaparte] avait fait un pacte avec le diable, et qu’en preuve on racontait que dans la campagne de l’année passée, comme il entrait en Autriche, il s’était fait servir dans l’auberge d’une petite ville une table à deux couverts dans une chambre où il s’était enfermé seul. L’hôte, dont la curiosité était excitée, avait regardé par le trou de la serrure et avait vu B[onaparte] à table vis à vis d’un gros chien noir. B[onaparte] disait à ce chien : « Est-il donc bien assuré que j ’entrerai à Vienne? » « Cela est aussi sûr — avait répondu le chien diable — qu’il est sûr que l’aubergiste écoute à présent à la porte ». Et l’aubergiste dans un indicible effroi s’était enfui à toutes jambes.

Ida est enfin entrée, je crois, en convalescence, et dans dix ou douze jours j’espère que ces dames pourront par­tir. Il est vrai qu’ il faut aussi que l’ouvrage de Bonstetten soit fini, et il y manque encore une dizaine de feuilles. Je crois que cet ouvrage vous paraîtra fort supérieur à l’autre. Il est d’abord à mon avis beaucoup mieux écrit, ensuite il y a des morceaux charmants pour les idées, pour la grâce, pour tout enfin, je voudrais que quelque ami fît insérer dans les journaux quelques-uns de ces fragments choisis. Cela vaudrait mieux pour l’auteur qu’aucun extrait que l’on pourrait faire. Vous y trouverez de temps en temps des morceaux hardis, et partout l’on voit un homme qui souffre de vivre dans le temps où nous vivons, et qui ne s’adresse à la philosophie que pour y chercher des conso­lations de la perte de la liberté. Je vous avais demandé pour eux une recommandation pour M. de Melzi, parce que le beau-frère de M me Brun, M. Eggers, est intimément lié avec lui. Au reste M. de Bonstetten connaît aussi M. de Melzi, et lui-même pourra les introduire l’un à l’autre. Il ne sera point question pour elles d’aller dans le midi de

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l’Italie, il est toujours dans un état de bouleversement qui rendrait ce voyage tout à fait imprudent. On ne peut guère sortir de Rome ni de Naples sans courir le risque d’être as­sassiné. Cependant la femme et la belle-sœur de M. de Braule, qui avaient de vingt à vingt-cinq ans, et qui fu­rent prises à Itry par un parti d’insurgés, assurent qu’elles s’en sont fort bien trouvées, mais toutes les femmes pour­raient n’avoir pas le même bonheur ou le même goût. En attendant, ceux qui reviennent de Naples disent qu’on y est excessivement mécontent du Roi, qu’il ne s’occupe abso­lument que de ses plaisirs, et que l’administration abandon­née en entier à Salicette est la plus vénale et la plus cor­rompue de l’Italie. Je suppose que Joseph se sera trouvé les mains liées et qu’ il aura préféré s’éloigner tout à fait du gouvernement plutôt que de contribuer à faire du mal.

On eut hier une lettre de Mme de Sartoris de Berlin : elle est bien la plus malheureuse des femmes. On savait déjà que son oncle, le général Schmittau, que îe protecteur de ses enfants, le Prince Louis, étaient morts, que le duc de Brunswick, dont ils étaient ministres à Berlin, était plus malheureux encore; mais hier on apprit que le fils de Mme Sartoris, qui faisait sa première campagne sous le Prince Louis avait disparu, que son père avait été le chercher parmi les morts sur le champ de bataille sans le trouver, et qu’on ne savait point cependant non plus qu’il fût prisonnier.

Rappelez-moi au souvenir de M. de Sabran, nous avons en commun l’amour et la haine, c’est bien assez pour s’in­téresser l’un à l’autre. J’aurais bien voulu savoir ce que vous avez acheté ; j’espère que ce n’est pas une terre con­sidérable: il me paraissait aussi sage d’en acheter une pe­tite pour avoir un droit près de Paris qu’ il serait dange­reux de se lier pour une trop grande partie de sa fortune.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet],

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EPISTOLARIO 113

45.

A MADAME DE STAËL

Genève, 21 novembre 1806.

(_ / j 'a ih ^ ts , chère amie, avec ia plus extrême impatience / la lettre qui m’annoncera que vous pouvez aller habiter votre

( terre. J’y compte cependant avec certitude : quelque chose que notre Pfréfet] vient de me raconter augmente à cet égard ma confiance. Comme l’Empereur lui donnait son audience de congé, l’Empereur lui demanda si vous étiez toujours à Spa. Le Préfet un peu étonné répondit que vous n’y aviez jamais été, que la maladie d’un ami qui vous accompagne vous avait retenue, qu’ensuite vous aviez été à Rouen, où vous étiez encore. « C’est fort bien — re­prit-il — j’aime tout autant Rouen que tout autre endroit; il ne m’importe point où qu’elle soit, pourvu qu’elle ne soit pas à Paris ». Je sais que M. Wamberch vous a écrit une longue lettre pour vous déconseiller d’acheter; il en a bien du regret à présent. Les raisons qu’il me dit vous donner seraient bonnes s’il s’agissait d’une amplette très consi­dérable, qui vous ôterait la disposition de votre propre fortune, et vous retiendrait prisonnière lorsqu’ il vous pren­drait envie de vous éloigner, mais l’autre raison qu’il donne, qu’il ne faut pas faire des dépenses lorsqu’on redemande de l’argent, parce que c’est montrer qu’on n’en a pas be­soin, me paraît absurde, quand on ne demande ni une faveur, ni une récompense mais une dette. Tous ceux qui vous aiment se réjouissent au contraire ici du parti que vous avez pris, comme étant le plus sage, dans les cir­constances où vous vous trouviez. Seulement nous voudrions savoir le nom de la terre, où elle est, ce qu’elle coûte, com-

8. — SlSMONDI, E pista larto . I.

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1 1 4 G. C. L . S1SM0NDI

ment vous y serez logée, enfin tout ce qui intéresse dans le choix de la demeure des gens que l’on aime. M. de Bon- stetten a reçu hier une lettre de vous et je pense qu’il vous répondra par le même courrier. M.me Brun a eu trop d’agi­tation pour écrire. Après avoir fait tous ses préparatifs pour aller à Pise, elle partira mardi avec lui pour Hières ; comme elle ne reçoit point le consentement de son mari dont elle n’a pas de nouvelles, elle n’ose prendre la route de l’Italie; et peut-être pour Ida, dans l’état où elle est, vaut mieux prendre le chemin du midi de la France, et traverser en­suite par mer à Livourne, que d’avoir à passer les monts. Mais ce n’est pas sans la plus extrême inquiétude que je la vois partir atteinte de deux maladies qui peuvent être mortelles, pour se rendre dans un endroit où il n’y a point de médecin, et un empoisonneur pour apothicaire. Ce qui augmente mon inquiétude c’est que Bonstetten paraît avoir la fantaisie de les y retenir. Cependant Ida n’est point en convalescence, elle a le soir une petite fièvre d’une opi­niâtreté extrême, et qui ne ressemble que trop à ce qu’on appelle fièvre lente. Elle a ensuite une obstruction consi­dérable à la rate, et il paraît que c’est là ce qui lui donne des nausées et une souffrance au coeur continuelles. J’ai souffert pour elles de grandes angoisses, et je me trou­verai dans une odieuse solitude quand elles seront parties. Je désire ardemment la quitter, cette solitude, et aller me joindre à cette armée littéraire qui a si fort étonné la bonne ville de Rouen par son invasion. Mais il faut pour cela que j’obtienne de mon père qu’il renonce à un projet qu’il vient de m’annoncer, c’est de revenir ici pour passer une partie de l’hiver avec moi, au lieu de m’attendre en Toscane. Je lui ai déjà écrit deux lettres pour l’en dissuader. Et je lui donnerai tant de raisons pour demeurer à Pescia, que j’espère qu’enfin je réussirai. En attendant, mes épreuves qui m’arrivent deux fois par semaine me tiennent à la chaîne, et quelque effort que je fasse, je ne crois guère

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EPISTOLARIO 115

être libre avant le 1er février. Il faut s’interdire de parler de malheurs publics, mais jamais tant de malheurs parti­culiers n’ y ont été attachés d’un bout de la terre à l’autre. Ce respectable vieillard, M. Mallet, vient de perdre quatre pensions, qui faisaient presque la totalité de son revenu, en un mois. A la fin de sa vie il peut se trouver réduit à la misère. Les Gallatin de Brunswick, les Sartoris dont on n’a plus aucune nouvelle, et tant d’autres encore que nous connaissons, que nous aimons, perdent leur existence toute entière. Et combien d’autres douleurs, d’horribles douleurs qu’on ne peut pas écrire! Oh! nous aurions besoin d’être ensemble, de pleurer ensemble, sur tant de prospérité dé­truite, sur tant de sentiments nobles et libéraux qui n’ont point sauvé ce pays!

Adieu. Je vous aime par dessus tout.[Nell’Archivio del Ccttello di Coppetl.

46.

A MADAME DE STAËL

Genève, 9 décembre 1806.

Vous êtes bien ma noble, ma généreuse amie, c’est une gloire de vous connaître et de vous aimer, c’est un bonheur de savoir ce que vous faites ou ce que vous pensez: au milieu de tous nos malheurs il y a toujours de par vous ou de la consolation ou de la joie. Le secours que vous avez envoyé à M. Mallet ne pouvait pas arriver dans un moment où il eût plus besoin d’être soulagé. Ce malheu­reux vieillard, après avoir perdu ses autres pensions en avait une encore en Angleterre, et le payement était sur le point d’échoir lorsqu’avant-hier arriva le décret du blocus qui nous prive de toute communication avec l’Angleterre, et qui semblait lui ôter sa dernière ressource, et hier votre

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bienfaisante lettre est arrivée. Je la lui portai immédiate­ment, il était à table et je ne le vis point, mais son coeur avait besoin d’exprimer sa reconnaissance, et à cinq heures je le vis arriver chez moi: il me dit ce que vous faisiez pour lui, et il me remerciait comme si j’y avais quelque part. Comme il était touché de ce que vous pensiez à lui, vieillard, de ce que vous étiez tout près là, comme la Pro­vidence, pour réparer l’oeuvre du génie du mal! Si vous saviez comme je vous aime pour cette prévenante sollici­tude ! Et pourtant ce n’est pas plus que hier, plus qu’avant- hier que je vous aime! Il y a longtemps qu’il n’y a plus moyen d’ajouter rien à la vivacité de ce sentiment.

Je pense que vous avez reçu de Prosper des lettres de Brautnberg ou de Thorn. Même de l’aveu de son père, on croit qu’il n’est pas très content de sa mission; et cepen­dant il vaut cent fois mieux être à Danzig, ville mécontente de sa précédente réunion, que dans aucune ville de la vraie Prusse. Maurice de son côté est envoyé en Pologne, je ne sais où, organiser des insurrections. Vous pouvez juger comme cette mission est réjouissante, et comme sa famille est tranquille. Au reste personne n’a droit de se plaindre : quand on est entré dans cette carrière, on s’est résigné à tout ce qui pourrait s’en suivre. Obéissance! Vous verrez comment à la bataille de Cassano Ezzelino s’aperçut qu’on ne lui obéissait plus, l’effroi qu’il ressentit lorsque sa voix pour donner des ordres ne retentissait que comme la voix d’un autre homme, et le sentiment profond que sa puis­sance si péniblement élevée s'écroulait dans ce même in­stant par un exemple de désobéissance impunie. Ahi ho! J’ai écrit cela comme j’ai pu, mais je voudrais bien l’avoir vu pour le mieux décrire. J’avance dans cette histoire, je prépare de l’ouvrage pour faire en Italie, et je travaille d’autant plus assidûment que je n’ai plus à présent aucune distraction. Vous savez que M.Ues Brun sont parties, je n’en ai eu de nouvelles que de Chambéry. Jusque là elles

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E P IS T O L A R IO 117

faisaient assez bien leur route, quoique Ida fût d’une fai­blesse qui rendait le voyage bien difficile: à l’heure qu'il est elles devraient être à Avignon. Il faut leur écrire ou à Marseille chez MM. J. A. Bazin et compagnie, ou à Hières( poste restante. Je désire fort qu’elles ne s’arrêtent pas à Hières, où il n’y a point de médecin, et qu’elles se ren­dent au plus vite en Toscane, où ma mère les attend. Je compte les y retrouver au 1er avril. Il n’est pas encore bien sûr que je puisse vous revoir auparavant, malgré l’envie extrême que j’en ai. Mon libraire est d’une extrême len­teur, je ne suis encore qu’à la quinzième feuille de mon premier volume. De plus les désastres de l’Europ^ attei­gnent de toutes parts notre fortune. J’attendais dans l’hi­ver 150 louis de rentrée dont je n’aurai pas un sou. Les frais du voyage sont, il est vrai, fort peu de chose, mais c’est mon absence d’ici, avant le retour de mon père, qui est une perte, car plus il y a de misère dans la ville (elle est extrême) plus il faut une surveillance continuelle pour tirer parti de ce qui nous reste, louer nos appartements, notre campagne, vendre nos denrées, et presser nos dé­biteurs de payer. Je ne renonce point encore cependant à un voyage qui fait toute mon espérance, car tout m’est insupportable ici, et je donnerais toute la ville pour une heure à passer près de vous, mais si les convenances de mes parents me forcent à abandonner ce projet, permet­tez-moi de compter qu’à mon retour d’Italie j’irai m’éta­blir chez vous à demeure, non pas pour trois semaines, comme cet hiver, mais pour une saison toute entière; que je passerai encore six mois près de vous sans vous quit­ter, et sans cesser de vous dire que je vous aime. En vé­rité, à présent que vous n’êtes pas là pour en rire et pour me déconcerter, je crois que ce n’est pas d’amitié que je vous aime. Toujours est-il sûr que je n’ai jamais aimé personne comme vous.

L’impression de Corinne est-elle commencée? Et Benja-

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min a-t-il abandonné ses autres ouvrages pour son roman ? Il y aura un beau talent dans tout ce qu’il entreprendra, mais le talent est inutile quand on n’achève pas. Je suis fâché contre lui de ce qu’il n’est pas encore prêt; ses deux ouvrages étaient presque terminés: qu’il en fasse donc paraître un avant d’en commencer un nouveau! Dites-lui mille choses de ma part, ainsi qu’à Schlegel.

J’espère, chère amie, que vous pouvez continuer à être pleinement tranquille sur le compte de M. Gentsch. J’ai été appelé à le voir tous les jours depuis ce decret, et à son occasion j’ai beaucoup vu aussi son associé Picot. Il en souffrait assez pour se plaindre très haut, mais point assez pour avoir envie de cacher leur inquiétude, point assez non plus pour troubler leur repos ou le train ordi­naire de leurs amusements. L’interdiction de communiquer avec l’Angleterre fait plus de mal aux ger^ qui s c ^ h o rs des affaires qu’aux négociants: ceux-ci trouveront toujours bien moyen de l’éluder, mais ce qui cfiuse un mal inoui c’est la saisie des marchandises d’origine anglaise, à qui qu’elles appartiennent, qui s’est faite dans le nord. Aujour­d’hui on a eu la liste de onze maisons de Hambourg à qui l’on a fait ainsi faire banqueroute. Jusqu’à présent il n’y en a aucune qui fasse perdre à des Genevois; mais l’on craint les contrecoups que ces premières faillites occasion­neront. On ne peut savoir encore ici quelles pertes ces faillites auront occasionnées à Lyon, et qui sont ceux qui souffrent. M. Rilliet cependant répond pour la maison Reine, dans laquelle il est commanditaire, et qui est très prospérante. La maison Couderc passe pour une des meil­leures maisons de Lyon; il ne sait absolument rien sur les affaires de la maison Quirin Casenove: au reste M.me Rilliet, qui vous écrit de son côté aujourd’hui même, vous donnera à cet égard toutes les informations qu’on peut avoir de son mari. La ville de Lyon paraît bien être la ville de France qui souffre le plus cruellement des sai­

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sies faites en Allemagne et des contributions exigées mili­tairement. Elle a jeté les hauts cris dans une pétition adressée à l’Empereur à ce sujet. Nous venons de suivre son exemple, et je viens d'achever une adresse de la Cham­bre de Commerce pour lui représenter le mal affreux qu’il fait ainsi aux Français. J’ai la satisfaction d’avoir fait dire de temps en temps à cette Chambre de Commerce des choses assez hardies.

J’ai été chez Binet avec qui j’ai eu une assez longue discussion, et qui m’a montré tous ses comptes. Charles vous a assez mal représenté ses transactions avec lui, lors- qu’il vous a dit qu’il offrait de rendre tout ce qu’il avait acheté, au contraire il en a soustrait tout ce1" qui a une va­leur réelle, et il n’a offert de lui rendre que des orne­ments de cuivre doré dont toute la valeur est dans la façon. Sur ce compte de 2700 fr., il y avait 550 fr. pour uue épingle de diamants qu'il lui avait déjà revendue à lui-même; 360 fr. pour un assortiment de boucles d’or qui ont été revendues par Charles à un autre, environ 5000 fr. pour une chaîne d’or, un cachet d’or, une clé d’or, etc., que le Bed. a emportés avec lui. Il y avait en­core pour 300 fr. environ d’autres objets qui avaient une valeur intrinsèque, et qui n’ont point été représentés à Bi­net, sans qu’il sache ce qu’ils sont devenus; on lui a donc bien offert de lui rendre des objets qu’il avait passés en compte pour 1000 fr. environ, mais c’était seulement ceux qui étaient complètement de fantaisie; des étoiles de cui­vre doré, des soleils, des choses enfin dont tout le prix tenait à la façon, et dont il ne pourrait tirer aucun parti. Il est prêt, dit-il, à reprendre tous les effets d’or ou d’ar­gent qu’il a fournis en assez grand nombre, et sous un rabais modique, mais il ne peut prendre en payement ce que Charles n’a laissé que parce qu’il ne trouvait pas son compte à l’emporter ou à le vendre. H serait bien triste que ce compte fût soldé avec votre argent dont vous sa­

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vez faire un si bel usage. Mais la conduite de Charles, non plus que celle de son père, n’est pas délicate, et Binet me paraît peu disposé à prendre plus longtemps patience.

Toute la ville retentit de la reconnaissance de M. Mal- let et vraiment la partage: chacun vient à son tour de­mander à voir votre lettre, et dans un pays, comme vous savez qu’est le nôtre, votre générosité fait plus d’impres­sion que tous vos talents et votre génie. Quoique séparée de lui par l’âge et par la distance, vous avez été la pre­mière, la seule qui soit accourue à son aide; et cependant il avait près de lui des amis aussi riches que vous, de son âge, et qu’il voit tous les jours. Mais une femme dont vous faites cas a fait aussi pour lui presque en même temps un honorable sacrifice: c’est Mlle Rath. M. Mallet avait un désir extrême que son portrait fût gravé, il avait voulu s’arranger avec son libraire pour qu’il parût en tête de son dernier ouvrage *), et le libraire s’y est refaiséNjyi. Mal­let s’en tourmentait, il s’en plaignait souv^n/à MI 'S|ath, elle n’a pas voulu laisser souffrir plus longtemps cette va­nité d’un vieillard respectable et, quoiqu’elle soit bien pauvre, et qu’il y ait bien peu d’apparence que par la vente du portrait elle recouvre ses dépenses, elle en a fait à ses frais l’entreprise. On le grave à présent à Paris.

Vous aurez reçu sans doute le livre envoyé par M. Aprice: il y a plus de dix jours qu’il est parti. Je l’ai lu avant de l’envoyer.

[Neli’Àrcblvlo del Castello di Coppetj.

') VHistoire de la Ligue hanséatique, pubblicata nel 1805.

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47.

A MADAME DE STAËL

Oenève, 28 décembre 1806.

Jamais, chère amie, je ne vous exprimerai aussi vive­ment que je le sens quelle douleur profonde ce sera pour moi que de partir pour F Italie avant de vous avoir revue. Passer quelques semaines, peut-être quelques mois dans vo­tre maison, vous voir plusieurs heures par jour, me nourrir de vos pensées, vous répéter que je vous aime comme je n’ai jamais aimé femme, et me voir toujours traité en ami, en tendre ami, était le plus doux projet de mon cœur, un projet formé dix fois, différé dix fois depuis une année, mais jamais abandonné. II semble que les obstacles vont en augmentant chaque jour: mes parents, dont je tiens à présent la bourse, m’ont témoigné une vive inquiétude quand je le leur ai communiqué, et si vous voyiez quelles lettres m’écrit ma mère, comme elle compte les jours, comme tous les projets, toutes les espérances n’ont d’autre but que notre réunion, vous verriez qu’il m’est impossible de différer mon voyage au-delà du moment fixé. Une longue année à mettre entre nous, c’est une pensée qui m’oppresse le coeur. Et qui sait ensuite où nous serons l’un et l’autre, qui sait où sera le monde? Peut-être sera- t-il renversé une autre fois.

J’ai eu de Mme de Recke, il y a quatre jours, une lettre fort intéressante : la pauvre femme, partant de Suisse pour retourner joindre sa soeur en Courlande, a eu le malheur d’arriver à Weimar justement le 9 octobre, à Jena le 10, à Halle le 14. Les chevaux de poste manquaient partout et en prodiguant l’or elle ne pouvait faire qu’une poste par jour. A Halle elle fut enfin forcée de s’arrêter en chemin. Déjà elle voyait brûler des châteaux et des villages qu’elle

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connaissait, et où elle venait de passer. Le combat se livra aux portes de Halle et dans la ville le 17. La maison fut atteinte par plusieurs boulets, mais éprouva peu de dom­mage. Ensuite commença le pillage. Elle-même, en se pré­sentant à la poste, offrant aux soldats couverts de sang du vin et de la nourriture, et en pansant elle-même quelques blessés, sauva sa maison du pillage. Bientôt cependant elle s’y trouva sans argent, et la misère est si grande que le Prince de Dessau n’avait pas 500 livres à lui prêter. Le Duc de Gotha l’a établie dans son château d’Altenbourg, proche de Leipzig : elle y passera l’hiver. Je l’ai invitée for­tement à revenir en Italie; l'Allemagne doit être horrible à habiter. Réellement je crois que je réussirai à fonder à Pescia une colonie allemande. Je pourrais fort bien y réunir cet été elle et Mrae Brun. Dans un temps où i! n’y a que des choses cruelles à apprendre, et où le mouvement du monde est une souffrance, on est heureux encore quand on peut faire son lot avec du soleil, de la musique, des orangers et de la paix.

Le père de Prosper a reçu une fois de lui quatre let­tres ensemble et puis, après un long intervalle, une ou deux à la fois: la dernière était de décembre, du 8, toujours de Posen, mais à la veille de partir pour Varso­vie. A cette distance, avec les chemins qu’il fait et la guerre, il faut croire, il faut être assuré qu’il se perd beaucoup de lettres. Le père me dit avoir eu une lettre de vous. Je ne puis pas me figurer qu’il eût défendu à son fils d’écrire, mais moins encore que son fils lui eût obéi. J'aimerais mieux (Dieu m’en garde cependant) croire que le fils n’a plus d’amitié, qu’il est amoureux en Pologne, que de le croire capable d’une aussi lâche faiblesse. J’ai un profond respect pour l’autorité paternelle, mais elle ne s’étend point jusqu’à ordonner une bassesse, et l’abandon de ses amis par esprit de calcul en est une.

Votre lettre a plus de mélancolie qu’aucune des pré-

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cedentes, et M. de B[onstetten] m’a dit lui aussi que vous n’étiez guère contente de votre acquisition, et aussi votre cousine, qui même parlait d’une possibilité de vous voir ici cet hiver. Vo'^s pourriez y avoir l’appartement des da­mes Brun, m m , hélas ! quelle compagnie ! La ville est d’une tristesse mor{elre, tous nos coeurs sont tristes et cependant on ne dit rieni Vpus souvenez-vous que Rabelais raconte comme les parole! dégelèrent quelques semaines après une grande bataille dans le nord? Depuis deux jours nous éprouvons ici comme le pressentiment de quelque chose de tout semblable, on parle aussi d'une grande bataille, de pertes immenses, de famine, de mortalité, mais ce sont des bruits vagues et les paroles ne dégèlent point encore. Combien il y en a de gelées en effet, et si l'on pouvait, comme il le raconte, jeter des poignées de ces bonnes vieilles paroles du temps de Benjamin au milieu du Sénat ou du Tribunat, et qu’elles y dégelassent, quel effet étrange que elles y feraient!

Que faites-vous du second Schlegel?1) Peut-il sortir assez des paradoxes pour sentir en allemand ce qui regarde l’Allemagne? En général les savants allemands se sont bien mal conduits. Adieu, chère, admirable amie.

[NelI’ArchlvIo de) Caste Mo dl Coppet].

48.

A MADAME DE STAËL

Nous aurons probablement, chère amie, bientôt à pleu­rer M. Mallet; ce respectable vieillard n’a, je crois, plus que des jours à vivre. On vous aura déjà écrit peut-être

') Federico Schlegel si era recato in Svizzera a trovare il fratello Guglielmo.

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qu’il eut il y a huit jours une forte attaque de paralysie: tout son côté droit est sans mouvement, et la mâchoire étant également affectée, ce n’est qu’avec une peine extrême qu’il peut ou parler ou manger ou boire. Je le vis hier dans ce triste état, sa respiration genée encore par un catharre. Cependant il fit des efforts pour me demander de vos nou­velles, et pour me charger de vous témoigner son atta­chement et sa reconnaissance. Il est le plus souvent, as­soupi, ou du moins hors d’état d'apercevoir ce qui est extérieur à lui, mais quand il s'éveille, après des pensées pour ceux qu’il aime, il s’occupe encore avec un vif inté­rêt de la politique. Toujours fidèle aux principes libéraux et à la bonne cause, on pourrait rendre sa mort plus douce, si on le trompait sur les événements et si on lui faisait des bulletins comme il les désire. Quelquefois cette voix inarticulée et qui fait attendre une sillabe après l’autre, dit encore des choses fines et piquantes. Il confirme ainsi en partie la supposition que vous faisiez, que les gens d’un esprit supérieur n’étaient jamais dégradés par la ma­ladie, et que leur esprit semblait se dégager de la matière dans les circonstances où des esprits d’une autre trempe seraient dominés par elle. Cependant c’est une chose pro­fondément humiliante pour la nature humaine que l’état de dépendance, d’impossibilité de communication, peut- être d’impossibilité de pensée où il est réduit la plus grande partie de la journée, et nous devons remercier la providence d’avoir sauvé au premier homme de cette même génération une maladie dont l’habitude de son corps semblait le menacer plus qu’aucun autre, une ma­ladie qui l’aurait rendu tellement différent de lui-même, et qui aurait tant fait souffrir et lui et ceux qui l’aimaient.

Nous avons aussi perdu, il y a peu de jours, Mad.me Bon­net: c’était encore un de ces monuments d’un temps meil­leur. Elle était animée et de son propre esprit et de celui

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de son frère1) qu’elle enseignait à révérer. Ainsi nous voyons disparaître l’un après l’autre tous ceux qui faisaient notre gloire, l’ancienne Genève s’éteint comme l'Europe toute entière s’éteint peut-être, car pour remplacer tous ces flambeaux qui brillaient autrefois on n’en voit point paraître de^^îuveaux, et il ne me semble pas que dans cette année qui s’est écoulée depuis que nous nous som­mes sépapqsAil ait paru dans aucune langue un seul livre qui soit dèai&é à la postérité, un livre dont on se sou­vienne dans fhîis ans d’ici. L’allemand, quoiqu’il ait com­mencé plus tard, semble déjà arrive au même point de décadence que nous. Schiller n’aura pas de successeurs, Müller et Goethe me paraissent toucher à présent au di­scours d’eux-mêmes. Müller, s’il revient à Paris, s’il suit le conseil de l’Empereur et s’il écrit l’histoire désormais sans y mêler de politique, sera déchu en une heure de tout ce que j’attendais de lui. Il est vrai que sur les audien­ces de B|onaparte] et sur la conduite des hommes célè­bres, nous ne devons pas croire implicitement tout ce que nous disent les gazettes.

11 me semble que vous avez le sentiment de la déca­dence de Paris, non moins fortement que j’ai le sentiment de la décadence de Genève ; vous en êtes à présent assez près pour avoir jugé ce qu’il était devenu, et je crois que vous avez beaucoup perdu du désir qui vous a si long­temps tourmenté d’y rentrer. Paris vous a dû paraître mort comme tout le reste, et plus que le reste incapable d’enthousiasme ou d’aucun sentiment fort. A présent je ne rencontre plus que rarement des français, mais jamais je ne les vois sans qu’ils augmentent la répugnance et la haine que j’ai pour toute la nation. Leur opposition en épigrammes, leur indépendance de salon, me blessent au­

*) Charles Bonnet, una delle figure più rappresentative del mondo intellettuale ginevrino nella seconda metà del Settecento.

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tant que leur obéissance, le mépris qu’ils affectent pour ce à quoi ils se soumettent, me donne la mesure de celui qu’ils méritent à leur tour. Ce n’est pas de mépris qu’il faut s’armer contre l’oppression, c’est d’une haine vigou­reuse.

Bon Dieu, comme j’aurais besoin de rencontrer de nou­veau ceux qui sentent comme moi, de vivre avec eux, et de ne plus entendre qu’eux! Je vous fis dire l’autre jour par M.me Rilliet que le Préfet avait une lettre de son fils du 12 janvier. Il est toujours à Varsovie, et il croyait que l’Empereür y passerait l’hiver. Lui-même était menacé de devoir dans un mois prendre la route ou de Danzig ou de l’armée qu’on en croit former le siège. Il s’en faisait de la peine se trouvant bien à la cour, et aimant beaucoup mieux y vivre. Adieu, chère amie; écrivez-moi, je vous prie.Il y a bien longtemps que je suis sans nouvelles.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet],

49.

A MADAME DE STAËL

Genève, 10 février 1807.

Je suis chargé, chère amie, de vous annoncer la mort de M. Mallet: il expira dimanche 8 à trois heures, après des angoisses assez longues. L’avant veille de sa mort il avait encore parlé avec attendrissement à Mad.me Dupan (sa femme dévorcée) de votre procédé généreux, et il avait d’autant plus lieu de le sentir qu’ il a vécu sur cette somme jusqu’à son dernier jour, et que toute autre ressource lui avait manqué en effet, comme il avait eu lieu de le crain­dre. Mad.me Dupan m’a chargé de vous en témoigner aussi en son nom sa vive reconnaissance, et de vous dire combien

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d’inquiétudes et de chagrins vous aviez sauvé par votre bienfait à cet homme respectable. Le jour même de sa mort cependant on reçut la nouvelle que B[onaparte] avait donné l’ordre que ses pensions d’Allemagne lui fussent payées. On lui communiqua cette nouvelle: comme il n’é t^ x lé jà plus en état de parler, il sourit de l’inutilité de fatte grâce. On a vivement senti cette perte à Genève : c’étàjt\\le dernier de la génération des fils des Dieux, et

• \ Kon le fitci*pnai8sait.Je viens de recevoir un volume des oeuvres de M.me Brun

qui paraît à présent ^ : il y en a un exemplaire qui vous est destiné, et que je vous enverrai avec l’ouvrage de Bon- stetten 2) ou avec mon premier volume, dès que je pourrai avoir ou l’un ou l’autre. M.™6 Brun a consacré quatre let­tres et soixante pages environ à parler de Genève, des moeurs, de l’esprit, de la société, et selon la méthode alle­mande elle a nommé chacun en toutes lettres. Après vous qui, comme de raison, tenez dans ses lettres comme ailleurs la première place, les Pictet, votre cousine, M.me Huber, M.me Rilliet sont les plus distingués: il y a partout beau­coup de bienveillance, et seulement trop de prévention en notre faveur. Les observations générales sur le caractère, sur la tournure d’esprit, sont fines et spirituelles, et vous plairont plus que les portraits. Ici les portraits frappent davantage, et quoiqu'ils soient tous avantageux, la malice y trouve à redire.

Je n’ai pas touché jusqu’à présent au reste de l’ouvrage, son allemand est assez difficile à comprendre, et je suis rebutté par les éternelles descriptions. Pendant ce temps

') È il primo volume, pubblicato nel 1806 a Zurigo, dell’opera in tre volumi: Episoden aus Reisen dtirch das siidliche Deut- schland, die westliche Schweiz, O enf und Italien in den Jahren 1801, 1802, 1803, 1805 u. 1807.

2) Recherches sur la nature et les lois de V imagination,Genève, 1807.

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ils sont retenus par les vents contraires dans le plus mauvais de tous les gites à Oneille: j’ai reçu hier de Bon- stetten la lettre la plus lamentable sur leur situation dans cette ville trois fois pillée, où il n’existe pas une seule cou­verture, un seul matelas et une seule fenêtre, et où il n’ont point une seule cheminée dans leurs chambres. Leur fe­louque y fut poussée par le vent, et ils se sont vus obligés d’y passer huit jours. Dieu sait quand ils en sortiront, et quand ils recevront les lettres qui les attendent à Gènes ou à Pise. Dieu sait aussi ce que dira le pauvre Bonstet- ten quand il verra que dans ces lettres je critique impi­toyablement son introduction, et que je lui demande d’en faire une nouvelle, tandis que lui suppose que celle qu’il m’avait envoyée et que votre cousine Pictet et moi avons condamnée, est déjà imprimée. Tout cela me donne un extrême chagrin pour lui. Chère amie, j'espère que vous le consolerez de ces contretemps en obtenant sur son ouvrage quelque bon article dans les journaux, en en écri­vant peut-être un vous-même. Ce sera un ouvrage dont il serait agréable de rendre compte. 11 y aurait mille char­mants morceaux à citer, il ne s’agit que de les faire sortir de leur enveloppe.

Ici nous sommes tous ébahis de la création par les Rus­ses de trois nouveaux rois de Dacie, de Serbie et de Ma­cédoine. Voilà aussi encore un de nos généraux fait pri­sonnier: il faut convenir que ces Russes abusent cruellement de leurs défaites.

Que fait Benjamin? Son livre est-il enfin prêt à paraître? Mais tous, que faites-vous? 11 y a un temps infini que je n’ai point de vos nouvelles. Que je vous rappelle encore que vous m’avièz promis de me procurer de Paris les oeuvres de Camoëns. Adieu.

[Nell’ArcbivIo del Caitello di Coppetj.

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50.

A MADAME DE STAËL

. v i Oenève, 23 février 1807.

J’ai e(j h ne seconde lettre de vous, chère amie, du 13 fé­vrier, et Wj\us me querellez encore, et peut-être avez-vous toujours rzfcsyn. Mes dernières lettres, dites vous, sont toutes sèches, mais il y avait bien longtemps que je n’avais aucune réponse de vous, et je ne savais plus où vous prendre ni où étaient vos pensées habituelles. Je me sens aussi gêné par un sentiment de honte, et c’est sur la chose même que vous me reprochez, en vous aimant si fort, de faire si peu de chose pour me rapprocher de vous. Je ne mets aucune comparaison entre le bonheur d’être auprès de vous et tout autre prix auquel je pourrais l’acheter, sauf celui d’affliger ma mère et d’avoir à ses yeux l’air de ressentir peu d’empressement de la revoir. A une sensibilité exquise elle joint une imagination tellement tournée vers ce qu’il y a de triste et de décourageant dans la vie, qu’une pe­tite négligence de ma part pourrait lui causer le plus pro­fond chagrin. Elle ne se mettra point en rivalité avec des affaires d’argent, si celles-ci me retardent, parce qu’elle sait bien que mon coeur n’y a rien à faire, mais si, lorsqu’elle compte les jours depuis deux ans, ne soupirant qu’après notre réunion, elle me voyait différer pour quel­qu’un qu’elle croirait que j’aime mieux qu’elle, elle ne s’en consolerait pas. Je suis cependant retenu ici jusqu’au 1er juin, elle y est préparée, c’est une affaire convenue pour elle. Amie! chère amie, n’est-il donc pas possible que je vous voie auparavant? Hélas! j’ai honte d’oser vous demander de vous déplacer, tandis que moi je ne fais point d’avance, mais j’en aurais un désir si ardent, ce serait un

9. — SISMONDI, E p iito la r io . I.

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bonheur si complet pour moi que de vivre encore auprès de vous quelques semaines avant d’aller m’enfermer dans ma solitude, que je ne sais pas pourquoi je n’oserais pas vous en supplier. Paschoud doit vous avoir écrit pour vous offrir son imprimerie, il désirerait infiniment que vous le préférassiez. Pour revoir plusieurs épreuves, pour faire beaucoup de changements, je voudrais vous persuader que vous êtes trop loin de Paris à Meulan. Je sais que l’envoi de vos épreuves de Zurich, quoique je n’en visse jamais qu’une, a mis beaucoup de difficulté et de lenteur dans mon impression. Oh! si vous saviez comme nous nous efforcerions de rendre votre séjour ici agréable, peut-être vous laisseriez vous tenter! Déjà vous en avez eu la pensée, et je ne sais pas pourquoi Coppet vaudrait mieux pour vous au milieu de l’été qu’au printemps.

Vous ne m’avez jamais dit ni quelle sorte de terre vous aviez achetée, ni quel prix vous l’aviez payée, en sorte que tout ce que j ’ai pu vous en dire n’avait rapport qu’au changement de ce qui paraissait arrêté ! Si le marché était mauvais, je vous félicite d’en être dehors, je vous félicite plus encore de ce que l’on vous permet un nouveau pas; au reste, justement parce que je crois voir que vous avez moins d’ardeur à présent, je suis persuadé aussi que vous éprouverez moins de résistance, et je ne doute pas que vous ne passiez l’hiver prochain dans la ville même, ou du moins avec la permission d’y aller au spectacle et chez vos amis. Cet hiver-là je le passerai loin, très loin de vous et de tout le monde, mais l’année d'après, quoique je ne sache point quel sort m’est reservé, je me tiens pour assuré que je le passerai près de vous, parce que je le désire si ardemment que cela doit vaincre tous les obstacles.

Je ne vous ai plus parlé de mon histoire, parce que * vraiment il n’y a plus rien à en dire. L'impression

n’avance qu’avec la plus désespérante lenteur: je reçois aujourd’hui seulement la 8‘! feuille du second volume, et

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pour finir une fois je suis obligé à renoncer à voir le reste des épreuves de ce volume. Je demande depuis longtemps le premier afin de pouvoir vous l’envoyer, et je n’ai pas encore pu l’obtenir. Que je serais heureux si vous m’écriviez de ne point l’envoyer, mais que vous vien­driez vous-mêi/«£*le prendre! J'ai cependant travaillé en av^nt avec beaucoup d’activité tout l’hiver, et hier j’ai fini l’ébauche dil quarantième chapitre, qui terminera le sixième volume: c’esreu travail que je me prépare pour mon année de réclusion èn\Toscane. Autant que je puis en juger P intérêt va en croissant comme les temps avancent, et la période de Cola di Rienzo celle de la guerre de la ligue de la liberté contre PÉglise, et celle de la conjuration des Ciompi égalent tout ce qu’il y a de plus attachant dans aucune période de l’histoire du monde. Que je voudrais vous avoir pour juge de mon manuscrit, que vous me di­siez comment je m’en suis tiré!

Remerciez M. de Montmorency de son extrême bonté: je suis bien glorieux d’avoir aussi des obligations à un homme pour qui j’ai déjà tant de respect. Recevez-en aussi pour vous-même, chère amie, mes remerciements; ce n’est que par votre canal qu’ il pourrait m’être agréable d’être recommandé à des gens qui ne sont pas bien avec vous. Dès que je dois les connaître, je veux aussi qu'ils sachent que je vous aime plus que tout au monde. Chère amie, je ne vous vois jamais qu’au travers d’un nuage, je ne sais rien de ce qui vous entoure. Auguste est-il avec vous ou à l’école polytechnique? Comment vivent les deux Schlegel? L’aîné travaille-t-il et a-t-il moins d’humeur? Qu'avez-vous fait du cadet? Est-ce que leur ligue a fait la conquête de Meulan et en a chassé toute autre philo­sophie? Comment s’arrangent-ils avec les Français qui vous visitent ? Ils seront bien en colère contre Bonstetten pour une note contre les Kantiens qu'i! a mise dans son livre. Je languis de vous l’envoyer ce livre, mais je ne puis pas

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plus l’obtenir que le mien même. Adieu, chère amie; dites de ma part les choses les plus tendres à Benjamin.

Je suis assez inquiet de nos Brun et Bonstetten. Ils s’étaient embarqués à Nice pour Oênes. Le vent et les vagues les ont forcés de relâcher à Oneille, où ils se sont trouvés dans la plus pitoyable situation du monde. La ville, plusieurs fois bombardée et pillée, n’a que d’affreux logements et point de meubles. Dans toute la ville, dit-il, il n’y a ni couvertures, ni matelas, ni fenêtres de verre. Après y avoir passé cependant six ou sept jours, ils devaient se rembar­quer, non plus sur une felouque — ils craignaient trop les coups de vent qu’ils avaient éprouvés — mais sur un grand vaisseau ponté, qui devait voguer à travers la haute mer, au risque d’être pris. Ils parlent fort gaîment de ce danger-là, et disent qu’après tout les Anglais les conduiront sans doute en Sicile ou à Malte. Mais cette aventure est beaucoup meilleure pour un roman que pour la vie réelle, et je suis bien impatient de les savoir enfin arrivés à Li- vourne. Voici bien quinze jours que je n’ai de leurs nou­velles.

Le préfet à prononcé à la Société des Arts un éloge historique de M. Micheli le syndic, que je l’ai engagé à vous envoyer, puisqu’ il l’a fait imprimer. J'en ai été beau­coup plus content que je n’espérais, soit quant à une affection pour Genève et un respect pour nos anciens sentiments, que je n’attendais pas de lui, soit pour des idées libérales fort différentes de celles que je lui suppo­sais. II craignait sous ce rapport de vous l’envoyer, comme n’en ayant pas dit assez. Je l’ai assuré au contraire que c’était là que je l’avais reconnu pour être des nôtres. Il a eu des nouvelles de Prosper *) jusqu’à son arrivée à Breslau

*) Si tratta dello storico ed uomo politico Prospero de Ba­rante, indicato frequentemente in queste lettere col solo nome dati i suoi stretti rapporti colla Staèl.

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EPISTOLARIO 1 3 3

et pas au delà. Il me semble qu’il me dit que sa lettre était du 29. Prosper associé avec son meilleur ami Mon- nier, est très content de sa nouvelle situation, et la préfère beaucoup à celle de Danzig où il se serait trouvé tout seul, et même à celle de Varsovie, où, n’ayant pas d’occupation fixe, il était tour à tour accablé d’affaires ou dans l’oisi- vité. Il est vrai, comme vous l’avez remarqué, que Prosper, soit pour ne pas affliger son père, soit pour ne pas l’inquiéter sur des peines qui pourraient nuire à son avan­cement, se représente toujours à lui comme plus heureux qu’il n’est. Mais je ne crois point qu’ il soit très malheu­reux, il est beaucoup plus français que vous, et vous beau­coup plus que moi, et je ne crois point qu’à la réserve de sa séparation d’avec ceux qu’il aime, il ait ni chagrin ni poids sur le coeur. Pour les idées générales il se con­tente de leur donner un sentiment tout philosophique, et encore les systèmes qu’il s’est fait l’empêchent de s'affliger jamais pour aucune suite de faits, parce qu’il s’est per­suadé que tout est enchaîné, que tout est nécessaire et que tout est égal. C’est peut-être l’homme de sa génération qui a le plus d’esprit, et c’est aussi l’un des caractères les plus aimables, mais je regrette toujours l’emploi qu’il fait de ses facultés : il ne les a pas mises au service de la bonne cause, la noblesse de son âme le ramène souvent à sentir avec vous, chère amie, mais tout le travail de son esprit, tout son échafaudage de philosophie l’en éloigne. Je voudrais bien pour lui que vous le reprissiez, car vous lui faisiez un bien infini et il était bien plus susceptible que l’autre homme à système *) de s’enrichir de vos pensées, mais pour lui seulement.

[N e ll’ A rchivio del Castello dl Coppet].

‘) Quest’allusione sembra riferirsi ad A. G. Schlegel.

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134 G. C. L. SISMONDI

51.

A MADAME DE STAËL

Oenève, 8 mars 1807.

Vous avez enfin obtenu, chère amie, ce que vous avez désiré le plus ardemment, car je ne mets plus aucune dif férence entre vivre à Paris et en vivre à trois lieues. Vous y trouverez tout ce que Paris peut donner encore, ce sera beaucoup moins sans doute que vous n’aviez attendu, beau­coup moins que ce n’était autrefois, mais encore est-ce tout ce qu’on peut trouver aujourd’hui sur le continent. Il me semble que Paris est à présent ce qu’était autrefois P Elysée au milieu de l’empire des morts d’Homère, au milieu du silence universel et d’un anéantissement absolu. Là du moins les ombres des héros se rassemblent encore, et elles se distraient encore par des ombres d’actions et par des souvenirs de la réalité. Je ne vois aucune apparence que vous sortiez de là de tout l’été, vous différez déjà l’époque que vous aviez annoncée, et vous la retarderez sans doute davantage encore. D’autre part M.me Lullin m’a tenu la promesse à laquelle je croyais qu’elle voulait man­quer. Je suis à présent entouré de charpentiers et de ma­çons que je fais travailler, et dès que j’aurai fini j'irai vers

|m a mère. Celle-ci m’écrit avec un ton de découragement Isur sa santé, sur le peu de vie que lui reste, ton qui me ¡perce le coeur, quoique j’espère que ses pressentiments soient sans fondement. Nous allons donc être séparés en­core une année: chère amie, elle sera bien longue pour moi, bien plus que pour vous, mais il me semble q u ê ta i acquis'à présent la certitude qu’au bout de cette année je pourrai vivre auprès de vous. Tant que vous n’aviez point réussi je pouvais craindre que vous n’allassiez chercher

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ailleurs une vie plus heureuse, je pouvais même vous le conseiller. A présent je ne doute pas que vous ne restiez où vous êtes, et je commence même à croire qu’il vous arrivera comme à l’homme de la fable, qui au lieu de cou­rir après la fortune l’attendait dans son lit. Les temps com­mencent à prendre une autre apparence, et toutes les chan­ces semblent menacer en sens contraire de ce qu’elles ont fait jusqu’ici.

J’ai reçu la lettre de M. de Brezé que vous avez eu la bonté de m’envoyer, et j’en ai une vive reconnaissance pour vous d’abord et avant tout, pour M. de Montmorency et pour M. de B[onstettenl. Ayez la bonté, chère amie, de faire à tous deux mes remerciements. Presque en même temps que cette lettre vous recevrez par la diligence un petit paquet adressé à MM. Bazin et Comp.ie contenant le livre de M.me Brun, celui de Bonstetten et mon premier volume. Celui-ci ne paraîtra point séparé du second, que je n’attend guère avant six semaines ou deux mois, mais, quoique comparé à ce qui doit suivre il soit sec et en­nuyeux, peut-être, comme tous les commentements d’hi­stoire, je languis bien d’en savoir vôtre pensée, et j’espère qu’à cause de moi vous le lirez d’un bout à l’autre, car une histoire ne peut être jugée que de cette manière. Mais si vous êtes obligée de suspendre ou de différer votre lecture, je voudrais attirer d’abord votre attention sur les deux morceaux qui commencent p. 33 et p. 427. Partout ailleurs, quoique je sois toujours resté fidèle à mes principes, comme toute application est plus éloignée, je ne crois pas même à la possibilité du danger. En général la lâcheté des écri- vains de nos jours est d’autanf p îü S inexcusable qu’il y a, je crois, très peu de péril à dire la vérité. Je ne parle pas des journaux, je m’attends à leur tempête et je m’en réjouis. Mais je voudrais n’avoir pas trop scandalisé ceux dont je respecte davantage la religion, comme le bon M. de Me- sclin. Si vous vous rappelez mon introduction vous verrez

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1 3 6 G. C. L. SISM 0ND1

j que mon chapitre sur la religion est entièrement changé.* Je ne crois pas qu’ il y ait gagné, mais je voulais du moins

ne me faire qu’une seule classe d’ennemis, et mes idées ? particulières sur des questions qui ne sont point histori-l ques je ne suis pas obligé de les dire, pourvu que je ne

parle pas non plus contre ma pensée. J’espère au sujet de ce livre avoir d’abord l’opinion de Benjamin et celle de Schlegel, plus tard je les mettrai à contribution pour quel­que chose de plus qu’une opinion confidentielle: je leur demanderai à tous deux quelques mots dans les journaux.

J’ai reçu enfin il y a trois jours des nouvelles des Brun et Bonstetten arrivés a Livourne, après avoir éprouvé en mer l’orage du 10 février qui a causé tant de naufrages. Ce n’est pas tout: ils furent encore chassés par un corsaire qu’ ils crurent barbaresque, ils se préparèrent pour se bat­tre, et ils ne pouvaient éviter d’être pris, lorsqu’enfin il se trouva que ce corsaire était français et les laissa passer. Ida n’a plus de fièvre, mais son obstruction ne diminue point. M.me Brun n’est pas bien. Sa lettre est fort triste, et Bonstetten, dont j’avais condamné et supprimé la préface comme détestable, appelle de ma condamnation. A moins cependant que dans trois jours il ne prenne une résolution son livre paraîtra tel que je vous l'ai envoyé. Adieu, excel­lente amie: vous savez comme je vous aime.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet].

52.

A MADAME DE STAËL

Genève, 23 mars 1807.

Je ne partirai pas, chère amie, avant le 1er detuin si vous venez à Coppet. Je partirai le 1er de mai si vous changez de détermination, mais, je vous en supplie, considérez ce

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E P IS T O L A R IO 1 3 7

terme comme invariable, il me sera impossible de le retar­der de nouveau même d’un jour. Outre les ménagements dûs à ma mère que je vous ai expliqués, et qui sont pour moi la raison décisive, mon voyage est lié à toutes sortes d'arrangements que je ne puis bouleverser. Mon père m’at­tend à Pescia, et il doit passer quelque temps avec moi, avant de revenir ici où des affaires l’appellent à un terme fixe. Bonstetten m’attend aussi pour me consigner M.n,e Brun, et la remettre sous ma garde. Il s'impatiente de quitter l’Italie, et il tourmente, je crois, démésurement ces pauvres femmes par son inquiétude. Rien ne lui pèse comme un amour qu’ il n’a plus. Il craint la médisance, il se trémousse de ce qu’on pourrait soupçonner, et vraiment je crois qu’on ne soupçonne rien, et qu’on ne fait plus aucune attention à une liaison à laquelle on est accoutumé. Ses lettres sur cette pauvre Ida me la représentent tour à tour comme mourant ou comme guérie. J’ai une pitié profonde de ces femmes à qui il fait, je crois, bien plus de mal que de bien. Ah! si Dieu pouvait vous inspirer tout de bon la pensée de venir passer l’hiver prochain en Italie, et de profiter d’elles, qui sont une vraie ressource, et du climat! Souve­nez-vous, chère amie, que ce voyage a été pour vous un temps de vraie, de continuelle jouissance, quoique vous fussiez éloignée de ceux que vous aimez le plus. Il est plus facile de retrouver cet hiver-là que celui de Genève: nous tous qui vous aimons sommes dispersés d’un bout à l’autre de !a terre, mais le soleil, les orangers, la musique, et sur­tout l’imagination du midi sont toujours là. Vous y trou­verez aussi, et même à un plus haut degré, l’admiration et la reconnaissance. L’enthousiasme des Italiens est bien autrement durable que celui de Paris, si tant est que Paris sente jamais de l’enthousiasme. Corinne y fera un effet prodigieux, et c’est après sa publication, après cette justice éclatante rendue aux Italiens, que Rome vous adoptera à plus juste titre et vous couronnera au Capitole. C’est dans

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ce pays des ombres qu’il vous convient de vivre à présent, il est plus loin du siècle de fer, et il ne faut pas que vous ayez la même capitale que l’autre.

Je crois encore que ce voyage vous conviendrait assez politiquement. Je suis froissé jusqu’au fond du coeur du contretemps que vous éprouvez, mais il me semble qu’il ne faut point en parler. 11 faut tout arranger à Cernay pour que votre domicile y soit prêt à vous recevoir, mais il ne convient pas de vous déplacer pour le peu de temps que vous avez encore à passer près de Paris: dès que Corinne est imprimée vous devez partir pour la Suisse et ensuite pour l’Italie, au retour seulement de ces deux voyages vous devez aller habiter votre maison, tout le monde s’arrangera pour le croire, et quand vous reviendrez en effet cela ne souffrira point de difficulté. J’ai vu Benjamin agir de cette manière et réussir; il ne s’agissait, il est vrai, ^qüe d’un passeport, mais le principe était le même. Chère amie, faites en sorte que cette impression soit terminée en effet au terme que vous annoncez, que si vous venez nous ayons tout le mois de mai pour être ensemble : ce n’est pas trop pour le besoin que j’en ai, Que je suis ému de penser que vous aussi avez « besoin » de me voir! Il y a tant de choses sur notre coeur que nous n’avons pas pu nous dire depuis 18 mois! Benjamin penche peut-être aujourd’hui vers l’opi­nion qu’il faut se sauver de tant de souffrance et de honte dans l’oubli de toute chose, dans une vie toute physique: je lui ai vu déjà ce sentiment tout parisien, il en reviendra avec nous. Mais Schlegel? Depuis un temps infini vous ne

* m’en parlez plus. Se serait-il resigné? Je crains que te plus distingué de ses compatriotes ne le soit. Müller dans une lettre extrêmement flatteuse sur mon ouvrage écrit là-des­sus et sur ses déterminations futures d’une manière très^ ambiguë. C’est une chose qui vous intéresse, en sorte que je copie l’article de sa lettre: « Ich schreibe den 5 Teil tneiner schweizer Geschichte, mit manichfaltigen Unterbre-

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chungen. Das Zuvorkommende wahrhaft edle Benehmen der französ. Regierung für mich, kann ich nicht genug rühmen. Indess ist sehr ungewiss, was aus Berlin werden, ob man da einen Geschichts Schreiber des grossen Friederichs fer­ner wird haben wollen, ob gut seyn wird da zu bleiben. Vielleicht kämmen wir viel näher, das wird mich für vieles entschädigen». Toutes les lettres d’Allemagne sont, il est vrai, écrites avec des ménagements dont nous n’avons point d’idée. J’attends Corinne avec une inexprimable impatience: Dieu donne que vous me l’apportiez vous-même et le pre­mier de mai. N’oubliez pas aussi, je vous en prie, que vous m’avez promis un Camöens: ce n’est que de Paris qu’on peut se le procurer.

[N ell’Archivio del Castello dl Coppet].

53.

A ELISA DE RECKE >)

Alten b u r q .

Genève, 10 avril 1807.

Vous n’avez point répondu à ma dernière lettre, chère amie, et je craignais que vous ne l’eussiez point reçue, et peut-être que vous n’eussiez changé de demeure. Je n’ai donc pas écrit de nouveau seulement dans la crainte que toutes mes lettres ne se perdissent également. Mais on vient de m’apprendre que vous êtes toujours à Altenburg avec notre bon Tiedge.2) Chère amie, je crains bien que vous n’ y

*) Dama dell’aristocrazia tedesca, autrice di versi e di libri di viaggio, che il Sismondi aveva conosciuto in Italia durante il suo giro nel nostro paese colla Staëi.

s) È il poeta tedesco C. A. Tiedge (1752-1841), autore di

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1 40 G. C. L. SISMONDI

soyez guère agréablement. Si près du théâtre de la guerre, témoin de toutes les souffrances de votre patrie, il y a de quoi déchirer un coeur allemand. C’est tout au plus si on supporte ce spectacle quand on est entouré de tous ceux qu’on aime, et qu’on est ligué en quelque sorte avec eux contre la douleur. Mais quoique vous soyez rapprochée du terme de votre voyage, vous n’y êtes point arrivée. Je me désole de vous savoir séparée et de votre soeur et de vos amis de Berlin, et éloignée en même temps de notre Italie dont le climat vous convenait mieux qu’aucun autre. Dites- moi, chère amie, ce que vous avez dessein de faire: re­sterez-vous longtemps encore où vous êtes? Ne me donnez- vous aucune espérance qiie vous réaliserez une fois le projet pour lequel je vous pressais si fort dans ma der­nière lettre, venir attendre dans un pays où il n’y a ni armée, ni réquisitions, ni hôpitaux militaires la/fin de cette guerre désastreuse? Il faut, il est vrai, faire assez de dépenses pour s’y rendre, mais on y vit sans doute ensuite bien plus économiquement que dans les pays où l’on fait la guerre. — Je vais y retourner moi-même, et je désire fort, chère amie, que vous me donniez encore une fois ici de vos nouvelles avant mon départ. J’avais compté être déjà parti à l’heure qu’ il est, mais quelques affaires m’ont forcé de renvoyer jusque vers le milieu de juin. Avant cette époque j’espère passer encore un mois ici avec M.me de Staël, qui revient pour quelque temps à sa terre de Cop- pet, et qui y sera, j’espère, au milieu de mai. Dans ce mo- ment-Ià même elle publiera un nouvel ouvrage qui sera sans doute d’un grand intérêt pour vous: c’est sa Corinne. Sous le cadre d’un roman elle y a placé toutes ses obser-

Urania, di epistole poetiche ed elegie di un sentimentalismo lan­guido, ma che ebbero molta accoglienza da parte dei contempo­ranei. Legato da un’amicizia intima alla Baronessa de Recke fece con lei molti viaggi, e poi convissero per parecchi anni, sino alla morte della Baronessa nel 1833

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vations sur l’Italie, elle-même a le sentiment que ce nouvel ouvrage vaudra beaucoup mieux que sa Delphine. Je l’at­tends avec une extrême impatience.

J’espère que vous ne tarderez pas à recevoir le mien. Gessner est chargé de vous faire parvenir, au moment où son impression sera achevée, les deux premiers volumes des français et le premier volume de la traduction allemande à Tiedge1). C’est à vous uniquement, chère amie, que je dois d'avoir trouve un libraire qui voulût s’en charger, et ce libraire est le plus aimable et le plus galant homme qui ait jamais fait ce métier, il a mis un zèle prodigieux à le répandre et à procurer des annonces favorables, et il aura fait la moitié du succès du livre. Tous nos amis publient leurs ouvrages en même temps, on écrit de rage quand on ne peut plus agir, il semble qu’on veuille protester ainsi contre la génération au milieu de laquelle on se trouve, et prouver à ceux qui viendront après nous, que nous, du moins, nous ne nous sommes pas vautrés dans la fange avec les autres, et que nous avons eu le sentiment de la dégénération de notre siècle. Bonstetten publie dans ce moment en deux volumes des Recherches sur la notare et tes lois de V imagination, où il y a en effet prodigieuse-* ment d’imagination et d’esprit. Mad,me Brun a écrit un nouveau volume de voyages, dans lequel elle parle de Ge­nève surtout avec beaucoup d’esprit et une partialité extrê­mement flatteuse. Dans l’un et l’autre de ces livres, il y a aussi du courage : il est plus facile peut-être d’en avoir en imprimant qu’en écrivant des lettres familières. Le senti­ment qu’il ne faut rien dire qui puisse.... retient sans cesse ma plume, je vous écris, chère amie, sans abandon, quoique j ’eusse mille choses à vous dire, et c’est encore pourquoi

') Contemporaneamente all’edizione francese dell’Histoire des Républiques, usciva a Zurigo la traduzione tedesca di que­st’opera, col titolo Geschichte der italienischen Freistaaten in Mittelalter.

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je fais des voeux si ardents pour que vous reveniez en Italie, et que nous puissions recommencer à nous parler à cœur ouvert. Dites à M. Tiedge les choses les plus ten­dres de ma part. Mlle Henriette est-elle toujours avec vous ? Rappelez-moi aussi à son souvenir. Adieu. Comptez, je vous prie, sur la plus tendre affection et le plus inaltérable dé­vouement.

En Italie, mon adresse sera à Pescia en Toscane.

{Nel BrltUh Muséum di Londra, Sez. A is s .] .

54.

A MADAME DE STAËL

Genève, 14 avril 1807.

J’ai fait partir votre lettre à Bonstetten, chère amie, mais je doute qu’elle le. trouve encore à Pise. Toute cette fa­mille me donne une inquiétude extrême. Tout leur esprit ne leur donne pas un brin du jugement qu’il faut pour se conduire, et l’on a sans cesse le sentiment qu’ ils font des sottises dont ils vont souffrir. Ils ont écrit à Kohlrausch (le médecin de M. d’Humboldt) pour le consulter sur Ida, et celui-ci, sur ce qu’ ils lui ont indiqué de la maladie, l’a jugée tout différemment que les médecins et d’ici et de Pise : il a désapprouvé les bains pour lesquels elle a été en Toscane, et les a engagés à aller à Rome. Ils ont pensé à lui donner rendez-vous à Sienne, ce qui était assez inutile, car ils iront eux-mêmes sans doute à Rome, et ensuite Bonstetten, qui s’ennuie, les quittera et reviendra qu ici ou à Paris, et ces pauvres femmes se trouveront loin de tout le monde, n’ayant pour ressource et pour soutien que les Humboldt qui ne sont pas aimants.

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EPISTOLARIO 14 3

Vous allez donc me revenir, excellente amie; combien j’en suis reconnaissant, combien je suis touché de ce que vous avez un peu besoin de moi, comme j’ai tant besoin de vous! Votre annonce que vous mettrez dix-huit ou vingt jours en voyage me fait trembler. Vous faites appa­remment des visites en passant à quelques amis; au nom de Dieu ne vous laissez pas retenir au delà du temps que vous annoncez, ne me trompez pas par des fausses espé­rances, pour me laisser partir ensuite sans vous voir, ou après ne vous avoir vue que deux jours. Je désire, il est vrai, que vous soyez encore à Meulan quand mon livre arrivera, car rien au monde ne remplacerait le secours que vous lui donnerez, mais je désire plus encore vous voir, et dût mon livre ne se tirer jamais d’affaire tout seul, je préféré gagner une semaine avec vous, que de la perdre à cause de lui. J’ai donc votre promesse, chère amie, que vous allez m’en faire un extrait. Je vous ai déjà répondu à tout ce que vous demandiez à. cet égard. Il ne sera en vente qu’avec le 2e volume, mais tous deux doivent vous être expédiés dans cette semaine de Zurich par la diligence et à la même époque ils sont mis en vente. Pour ne pas être retardée par cette attente, faites, je vous prie, quelque chose pour le premier volume seul, en annonçant que dans un second article vous parleriez de l'autre. 11 va être an­noncé dans plusieurs journaux allemands, et je reçois de ce côté-là des lettres extrêmement flatteuses, mais j’ai bien peur qu’à Paris on n’y fasse pas seulement attention. Cela est d’autant plus probable que les choses sont si mal calculées qu’il y paraîtra presque en même temps que Co­rinne, et quand notre improvisatrice aura commencé à se faire entendre il n’y aura plus d’oreilles pour personne que pour elle. Vous voyez bien, chère amie, qu’en justice vous me devez une petite caresse dans les journaux, en dédom­magement de tout le mal que vous me ferez. Mais songez aussi, je vous en prie, à notre ami, il en a, s’il est possi­

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ble, plus besoin encore que moi, parce que son livre est fait pour avoir un succès de société auquel je ne puis jamais prétendre. Si vous n’avertissez pas qu’ il y a de l’esprit là- dedans, qu’il faut surmonter les premières pages, et ne pas s’effrayer d’un peu d’obscurité, personne ne s’avisera d’aller l’y chercher. Faites-en un joli extrait, je vous £n prie, et puis ne vous contentez pas de cela, engagez Ho­chet *) qui sûrement est souvent embarrassé pour remplir son feuilleton, à en prendre de temps en temps quelquesuns des plus jolis fragments, et à les donner sans notes ni commentaire. En lisant votre extrait le public doutera en­core si l'esprit n’est pas tout à vous plutôt que de moitié avec l’auteur. 11 faut qu’on entende aussi celui-ci parler tout seul, qu’il se montre un peu lui-même. M. de Ba- rante, qui avait d’abord beaucoup de prévention contre ce livre de Bonstetten, m’a paru le trouver ensuite très agréa­ble. C’est à dire, c’est à dire avec les défauts que nous lui connaissons tous. Vous savez qu’il est à présent tranquille sur son fils, et que Prosper s’est conduit envers son frère avec tout le zèle et toute la tendresse d’un père. A l’instant où il a appris sa blessure, il est parti pour aller le cher­cher dans les hôpitaux à 75 lieues de distance, et avant de l’avoir atteint à Culm, où il doit être, il en avait eu de bonnes nouvelles. Pauvre Prosper! Il est toujours dans l’ennui et dans ta tristesse. Il semble que d’abord il ne laissait pas voir à son père cette disposition de son âme, mais à présent il ne peut pas y tenir, et toutes ses lettres sont noires. Remerciez tendrement Schlegel de sa bonté, dites-lui combien son suffrage est flatteur pour tjioi, et combien je serai reconnaissant s’il veut bien donner un extrait de mon livre dans une gazette allemande.

Vous ne parlez plus à présent de votre acquisition, et

’) Uomo di lettere francese, amico dell* Stael e ospite di Coppet.

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il ne vaut en effet plus guère la peine de se parler de tant de choses intimes qui sont exclues de la correspondance, et sur lesquelles cependant la pensée s’arrête sans cesse. Ce sera à Coppet, ce sera quand j’aurai le bonheur de vous voir que j’apprendrai en même temps quels sont vos plans pour l’avenir.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet].

55.

A VINCENZO MONTI

Torino, 8 giugno 1807.

Benché privo da gran tempo di vostre lettere m’affretto nel punto della pubblicazione dei due primi tomi della mia storia ‘) di farveli recapitare; un mio nazionale con cui ho fatto viaggio da Ginevra fino a Torino ne ha preso incarico: in quanto a me seguito la mia strada per Pescia in Toscana, dove avrò gusto di ricevere le vostre nuove. Avete il cuore italiano, e io non l’ho forse meno di voi, onde mi vado lusingando che questo monumento ch’io mi sforzo di drizzare alla gloria dei nostri antenati lom­bardi e toscani vi recherà qualche piacere. Nell’¡stesso tempo [la] nostra comune amica si è sforzata nella sua Co­rinne di destare l’affetto per l’Italia anche nello suo stato presente. Ella vi ha già mandato questa bell’opera, e non dubito che non abbia già preso qualche compenso per farla conoscere anche agli Italiani2), e destar per lei quella

') 1 due primi volumi dell 'Histoire des Républiques Italien­nes erano usciti da poco presso l’editore Oessner di Zurigo.

2) Il Sismondi allude al proposito della Staët di far tradurre Corinne in italiano: la storia delle trattative per questa tradu-

10. — Sism ondi, E pisto lario . I.

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146 0 . C. L . SISMONDI

gratitudine che gli è, per quanto mi pare, ben dovuta. Mi fareste nonostante un gran piacere di scrivermi eguali sono i fogli pubblici letterari dove si possa inserire una notizia di Corinne e anche della mia storia, con maggior speranza di farla conoscere, e sapere ancora se taluno ne volesse intraprendere la traduzione in italiano. Datemi di grazia delle nuove del signor Cicognara: in che paese si trova egli? E a qual indirizzo se gli può scrivere? Dove resta parimente Benincasa?1) Voi stesso come state, cosa fate? Avete finalmente intrapreso qualche opera straniera alle presenti occorrenze, e indirizzata soltanto a quegli Che questo tempo chiameranno antico?

Sapete che le nostre idee sul tempo presente non si somigliano: ne troverete molti segni nella mia storia, ma a fronte de’ posteri tutti dobbiamo pensare ad un modo. Addio, ricordatevi di me e crediatemi con vero affetto vostro ecc.

[Nella cit. Raccolta Plancastelll ; pubbl. da C. PELLEGRINI, Il Sismondi cit., pp. 25-6 ; riprodotta anche in Epistolario di V. Monti a cura di A . B e r t o l d i , III , pp. 166-7].

56.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

Turin, 9 juin 1807.

Je me hâte de vous envoyer, au moment où ils parais­sent, les deux premiers volumes de mon histoire. Je désire avet ardeur que vous en soyez satisfaite; puisque je suis

zione è fatta nelle lettere che seguono all’editore fiorentino Gu­glielmo Piatti.

*) Cfr. B l e n n e r h a s s e t t , Op. cit., Ili, 138.

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f EPISTOLARIO 1 4 7

condamné à'passer un temps si long sans vous revoir, c’est du moins quelque consolation que vous lisiez un ouvrage de moi, qui, je l’espère, ne vous permettra pas de m’ou­blier tout à fait. Vous y trouverez mes sentiments, mes pen­sées habituelles, le grand intérêt de ma vie, et soit que je vous considère comme une Grecque ou comme une Ita­lienne, je me tiens assuré que le sujet de mon histoire est digne à vos yeux de quelque intérêt.

M. de Saussure, un gentilhomme du pays de Vaud, pa­rent du fameux naturaliste genevois du même nom, a bien voulu se charger de vous remettre cet exemplaire. Permet- tez-moi, madame, de vous le recommander. C’est un des hommes les plus aimables de son pays, aussi bien qu'il en est un des plus distingués par sa naissance et les emplois qu’il a occupés. 11 a déjà deux fois voyagé en Italie, mais il y retourne à présent avec sa femme et deux demoiselles ses parentes pour faire connaître aussi à ces dames votre beau pays qu’il admire et qu’il aime. J’ai quelque plaisir à penser qu’il arrivera bientôt auprès de vous quelqu’un qui vous parlera de moi, et qu’il me reste du moins ce moyen de renouveler l’affection que vous avez eu la bonté de me témoigner, et que je désire ardemment conserver toute ma vie.

C’est de Turin que je vous écris, madame. Je suis parti il y a quelques jours de Genève pour retourner à Pescia en Toscane dans ma famille. Je compte y passer une an­née, et je me flatte encore que je ne repasserai pas les monts, comme j’ai fait dans mon précédent voyage, sans aller vous faire une visite à Venise. Auparavant ayez la bonté de m’écrire si vous êtes contente de mon histoire, et comment elle sera accueillie par le chevalier Ippolito Pindemonte.

Parlez-moi aussi de Corinne de M.me de Staël. Elle m’a dit que son libraire avait l’ordre de vous Penvoyer de Pa­ris, et je pense que vous l’avez déjà reçue. II me semble

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que les Italiens, si calomniés par presque tous les voya­geurs français, doivent être reconnaissants de la manière dont elle les a traités : elle a fait leur apologie avec autant d’imagination que d’éloquence. Je voudrais que les jour­naux littéraires d’Italie en rendissent compte: dites-moi s’il y en a quelqu’un où je pusse insérer quelque extrait ou quelque traduction qui servît à la faire généralement con­naître.

M me Cottin m’a témoigné autant de regret de ne vous avoir pas trouvée à Venise, que vous avez paru en avoir de ne l’avoir point connue. J’espère que les dérangements de santé qui vous avaient forcée à vivre à la campagne, n’ont pas eu de suite, et que M. et M me de Saussure auront plus de bonheur qu’elle. Je leur ai fait une grande fête du plaisir de vous voir, je me suis glorifié de ce que je les adressais à la plus aimable femme d’Italie: mais quand ils reviendront, je n’en doute pas, ils enchériront encore sur tout ce que je leur en ai dit.

Agréez, madame, l’assurance du profond respect et du tendre et constant attachement avec lesquels j’ai l’honneur d’être, ecc.

[Pubblicata da T. LODi, Art. cit., dall'autografo délia Nizlo- nale di Flrenze].

57.

A MADAME DE STAËL

COPPET

Oênes, vendredi 12 juin 1807.

Je suis arrivé jusqu’ici, chère amie, sans avoir pu encore calmer entièrement l’émotion que m’avait causé notre der­nier entretien, et toutes les douleurs que vous me laissâtes

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EPISTOLARIO 1 4 9

alors voir dans votre coeur! Je ne cesse de penser à la détermination que prendra Benjamin, en même temps qu’il me paraît probable qu’il reviendra comme vous le désirez. J’explique encore de cent manières innocentes comment il pourrait ne pas revenir, et je frémis de penser que vous jouez tout votre repos, toute votre existence sur une chance. L’imagination passionnée est vraiment un jeu de hasard continuel, et c’est le plus gros jeu de tous. Je languis d’avoir les nouvelles que vous m’en donnerez et sa réponse à une lettre; je suis impatient aussi de savoir quelque chose de plus sur ses yeux, dont je suis plus inquiet que de sa volonté.

J’arrive ici, et je n’ai rien encore à vous en dire. J’ai fait mon voyage toujours avec la même compagnie: un né­gociant genevois assez commun jusqu’à Turin, une tante et sa nièce, lyonnaises, et qui prétendaient être de condi­tion. Elles avaient une certaine éducation, et m’ont paru d’abord des compagnes agréables de voyage. La nièce jolie, âgée de vingt et un ans, allait rejoindre un époux qu’elle aimait depuis longtemps, et qu' il lui était enfin permis de prendre. Elle était atteinte d’une maladie de poitrine, et à plusieurs symptômes je ne crois pas qu’elle ait pour bien longtemps à vivre. La voix qui résonnait dans le poumon, sa toux, ses gestes, qui me révélaient tout le danger qu’elle courait, me causaient une émotion continuelle. Elle me rap­pelait d’anciens et douloureux souvenirs, elle me rappelait encore et M. Bathiany et Ida. Et comme en vous quittant j’avais besoin de dépenser de quelque manière tous ces sentiments si vifs que j’avais dans le coeur, je l’ai ménagée; soignée, servie, avec une affection fraternelle, comme j’aurais pu faire pour l’épouse de mon frère, ou pour la fille de la personne que j’aime le plus. Je n’avais aucune espèce de prétention, et je ne demandais aucune espèce de retour, mais j’ai cependant été étonné et blessé de voir combien tout ce que j’ai fait m’attirait peu de reconnaissances. Les

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Français dans les égards mutuels ne comprennent jamais que les formes: celui qui en a davantage leur paraît peut-être mieux élevé, mais ils ne soupçonnent jamais ce qui vient du coeur.

Je n’ai point trouvé ici la lettre de M. de Barante pour le Préfet sur laquelle je comptais, et comme il se présente une felouque qui part demain soir il est très probable que j’en profiterai et que je partirai d’ici sans l’avoir reçue.

J’en étais ici de cette lettre quand j’ai reçu celle de M. de Barante, qui est tout ce qu’il est possible d’écrire de plus obligeant et de plus aimable. Je vous prie de vou­loir bien l’en remercier vivement en mon nom. J’ai été im­médiatement chercher le Préfet pour la lui remettre, mais il était en tournée, et les grâces de sa femme à qui je l’ai présentée ne sont pas telles qu’elles donnent envie d’atten­dre avec elle cinq ou six jours, ou beaucoup moins encore. Je partirai donc décidément demain soir. Aujourd’hui je dîne chez M.me Moiando, qui est comme nous l’avons lais­sée, toute prévenante, bonne, aimable, parlant de vous avec tendresse, d’elle-même avec une extrême modestie, des choses que nous aimons, que nous détestons ou que nous méprisons, comme nous. Elle attendait Corinne avec une grande impatience, les journaux lui donnaient ainsi qu’à sa société une extrême envie de la lire, mais aucun libraire ne l’avait encore reçue. Je me suis informé aussi chez les libraires de Turin et d’Alexandrie, qui ne l’avaient point non plus. C’est bien autant la faute des libraires de Paris que la leur. Mais cependant il en était parvenu à Turin quelques exemplaires entre les mains des particuliers, et entr’autres à la famille Aubert à qui j’étais recommandé; et le livre excitait d’autant plus la curiosité et l’attention qu’il était plus rare. C’est un succès d’un genre tout par­ticulier que cette attente universelle, et cette soif d’un livre qu’on ne peut atteindre. J’ai écrit et à Monti et à M.rae Al- brizzi, pour savoir s’il y a de leur côté quelques journaux

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littéraires italiens qui soient répandus. J’ai vu successive­ment trois feuilles publiques de Turin, de Milan et de Gè­nes, toutes plus misérables l’une que l’autre. On les Ht à peine parce qu’elles ne contiennent que de plates traductions des journaux français. Ce serait une prostitution que d’y mettre un extrait de Corinne. Les De Saussure de Morges voyagent à présent en Italie en portant ce livre avec eux pour leur servir de guide. Corinne, comme vous voyez, ne s’en est pas tenue à faire le Cicerone à Lord Melvil. Les sentiments du peuple sont tels que vous pouvez penser. En montant à la Préfecture, qui est établie dans l’ancien palais de la Seigneurie, j’ai rencontré un vieillard de plus de 80 ans qui traversait cette même cour. On m’a dit: ce vieillard il y a vingt ans était le Doge. Ils étaient annuels, en sorte qu'il en reste peut-être plusieurs de vivants. Toute espèce de commerce a cessé, le port est désert, la population diminue rapidement. Tout est plein cependant d’employés français, qui ne se donnent pas la peine d'ap­prendre l’italien, forçant le peuple à apprendre leur langue. On a poussé la violence jusqu’à forcer les avocats à plai­der en français devant les Tribunaux. Ils avaient autrefois une réputation d’éloquence. Jugez combien ils en sont désolés.

Dites à Schlegel et à Auguste les choses les plus ten­dres de ma part. Mon petit ange d’AIbertine resta avec moi jusqu’au moment de mon départ, avec une amitié, une sensibilité dont je lui serai toujours reconnaissant. Adieu. Je vous écrirai encore dès que je serai arrivé.

[Nell’Arcbivlo del Castello di Coppe!].

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58.

ALLA CONTESSA D’ALBANY ])

Pescia, 18 juin 1807.

Permettez-moi de chercher à me rappeler à votre sou­venir, en vous envoyant les deux premiers volumes de mon Histoire. Si votre noble a m i a v a i t vécu, c’est à lui que j’aurais voulu les présenter, c’est son suffrage que j’aurais ambitionné d’obtenir par-dessus tous les autres. Son âme, généreuse et fière, appartenait à ces siècles de grandeur et de gloire, que j’ai cherché à faire connaître. Né comme par miracle hors de son siècle, il appartenait tout entier à des temps qui ne sont plus3), et il avait été donné à l’Italie comme un monument de ce qu’avaient été ses enfants, comme un gage de ce qu’ils pouvaient être encore. H me semble que l’amie d’Alfieri, celle qui consacre désormais sa vie à rendre un culte à la mémoire de ce grand homme, sera prévenue en faveur d’un ouvrage d’un de ses plus zélés admirateurs, d 'un ouvrage où elle retrouvera plu­sieurs des pensées et des sentiments qu’Alfieri a dévelop­pés avec tant d’âme et d’éloquence. Avant la fin de l’été, je compte aller à Florence vous rendre mes devoirs et en­tendre de votre bouche, madame, votre jugement sur mes Républiques.

*) Il Sismondi era stato presentato alla Contessa d’Albany dalla Staël durante il soggiorno che questa fece a Firenze nel 1805.

3) Lo storico ebbe sempre una grande ammirazione anche per 1’* uomo » Alfieri, per cui si veda il nostro voi. il Sismondi cit., p. 88 e sgg.

3) Un’idea simile era già stata espressa in Corinne (VII, 2) : dalla Staël: « Alfieri, par un hasard singulier, était, pour ainsi dire, transplanté de l’antiquité dans les temps modernes ».

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Il y a quinze jours que j’ai quitté madame de Staël à Cop- pet; elle avait chargé son libraire de vous faire parvenir sa Corinne, et elle se flattait que vous l’aviez reçue ; si ce­pendant elle ne vous est pas parvenue encore, je pourrai vous en envoyer un exemplaire; je serai sûr, en le faisant, de l’obliger, car elle désirait sur toute chose que cet ou­vrage fût de bonne heure entre vos mains et qu’il obtînt votre approbation. Je me flatte qu’elle sera entière, et que si la France a été juste pour elle, l’Italie sera reconnais­sante.

Vous aurez su, madame, que notre amie a éprouvé de nouveaux désagréments; vous en aurez su même davantage, car la malignité publique s’est plue à exagérer les rapports. On lui avait laissé acheter une campagne dans la vallée de Montmorency, en lui donnant des espérances trompeuses, et, au lieu de lui permettre ensuite de l’habiter, on avait confirmé l’exil à trente lieues; c’est alors qu’elle est reve­nue à Coppet, où j’ai passé un mois auprès d’elle. *) Aujour­d’hui, je m’éloigne d’elle de nouveau et pour une année entière. Mais j’espère voir bientôt ici un autre de nos amis communs, M. de Bonstetten, qui doit avoir eu, il y a peu de mois, l’avantage de vous voir, et qui m’annonce, par sa dernière lettre, son retour prochain à Rome. Peut-être vous l’arrêterez quelque temps à Florence, et nous nous le disputerons.

Agréez, madame, l’assurance du profond respect avec le­quel j’ai l’honneur d’être votre très humble ob. serviteur, ecc.

[Avvertiamo una volta per sempre che gli autografi delle let- tere del Sismondi alla Contessa d’Albany si trovano tutti nel fondo Fabre-Albany délia Biblioteca di Montpellier. Esse furono pub- blicate da Saint-René Taillandier nel modo che è detto nell’In-

*) Per questo periodo della vita della Staël, e per le vicende a cui allude il Sismondi, cfr. J o s e p h T u r q u a n , Madame de Staël, Paris, 1926, p. 235 e sgg.

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troduzione, alla quale rimandiamo. Per il fondo Fabre-Albany c fr . L. G . P é l is s ie r , Le fonds Fabre-Albany, in Centralblatt fiir Bibliothekwesen, 1900.

Questa lettera è a p. 67 delle cit. Lettres inédites a cura di Saint-René Taillandier].

59.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 25 juin 1807.

Je me hâte de vous envoyer Corinne-, c’était à vous que l’auteur voulait que son livre parvînt avant tout autre en Italie. Madame de Staël n’avait point attendu le voyage long et incertain de M. de Sabran ') : elle avait donné or­dre à son libraire de vous expédier cet ouvrage au moment où il paraîtrait. Si cet exemplaire qui vous était destiné vous parvient enfin, je prendrai la liberté de vous le de­mander pour le faire passer à Naples, à la place de celui-ci. Sans doute, madame, moi aussi j’aurais ardemment désiré que madame de Staël eût assez de fermeté dans le cara­ctère pour renoncer complètement à Paris, et ne faire plus aucune démarche pour s’en approcher; mais elle était at­tirée vers cette ville, qui est sa patrie, par des liens bien plus forts que ceux de la société. Ses amis, quelques per­sonnes chères à son cœur, et qui seules peuvent l’entendre tout entier, y sont irrévocablement fixées. Il ne lui reste que peu d’attachements intimes sur la terre, et, hors de Paris, elle se trouve exilée de ce qui remplace pour elle sa famille aussi bien que son pays. C’est beaucoup, sen­sible comme elle l’est, passionnée pour ce qui lui est refusé, faible et craintive comme elle s’est montrée souvent, que

') 11 conte Elzéar de Sabran, uno degli amici di Coppet.

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EPISTOLARIO 1 5 5

d’avoir conservé un courage négatif qui ne s’est jamais démenti. Elle a consenti à se taire, à attendre, à souffrir pour retourner au milieu de tout ce qui lui est cher, mais elle a refusé toute action, toute parole qui fût un hommage à la puissance. Encore à présent, comme on la renvoyait loin de Paris et de la terre qu’elle avait achetée, le mini­stre de la police lui fit dire que si elle voulait insérer dans Corinne un éloge, une flatterie, tous les obstacles seraient aplanis et tous ses désirs seraient satisfaits. Elle répondit qu’elle était prête à ôter tout ce qui pourrait donner of­fense, mais qu’elle n’ajouterait rien à son livre pour faire sa cour. Vous le verrez, madame : il est pur de flatterie, et, dans nos temps de honte et de bassesse, c’est un mérite bien rare.

Nous allons donc bientôt voir ceux où l’âme antique de votre ami s’exprime avec toute sa fierté, toute son énergie. Je n’en doute pas, madame, vous réussirez à ob­tenir une libre publication, puisque vous avez déjà été si avant. Ce succès ne pouvait être obtenu que par vous seule au monde; il fallait lès efforts, le courage, la persévérance d’une affection que la mort a rendue plus sacrée et qu’elle a presque transformée en culte.

Parmi ces hommes qui comprennent si mal les hautes pensées et les sentiments généreux, il reste cependant en­core une secrète admiration pour des vertus et un dévoue­ment dont ils sont incapables. Vous les avez dominés, vous les dominerez encore par cette profonde vérité de votre caractère et de vos affections; ils céderont, ils obéiront au grand nom d’Alfieri, parce que vous, en sentant toute la hauteur de son génie, toute la noblesse de son caractère, vous les forcez à le reconnaître.

J’ai eu, aujourd’hui-même, des nouvelles de Bonstetten, et je ne sais cependant pas mieux que vous, madame, pas mieux que lui, s’il restera à Rome, s'il reviendra à Florence, si nous le verrons. 11 est vrai qu’il est étrangement jeune

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encore. Il retrouve toutes les émotions douces et tendres avec un cœur de vingt ans, et pour les chagrins, il n'y est pas accessible. Je souffre à présent plus pour lui qu’il ne souffre peut-être lui-même. Je vous en parlerai, madame, quand j’aurai l’avantage de vous voir. C’est une fête ¡que je me réserve, et elle est devenue plus désirable encore après la charmante lettre que vous avez eu la bonté de m’adresser. Recevez-en mes remerciements, madame, et croyez-moi, avec le plus profond respect, votre très hum­ble et très obéissant serviteur, ecc.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 69].

60.

A MADAME DE STAËL

COPPET

Pescia, 25 juin 1807.

J’ai reçu de vous, chère amie, la plus affectueuse, la plus aimable lettre du monde. Elle est arrivée un peu tard, parce que vous l’avez fait partir par le courrier de France qu’en faisant payer quatre fois plus cher que le courrier de Suisse, retarde cependant de trois jours sur celui de Coppet. Vous regrettez les progrès que j’ai fait dans votre coeur, et que je vous sois devenu nécessaire. Chère amie, si vous saviez combien cette découverte me rend heureux vous ne vous en affligeriez pas! Il faudrait en moi trop de désintéresse­ment pour que je regrettasse le chagrin que vous a causé mon départ. J’en avais besoin pour que nous nous trou­vassions un peu à l’unisson, pour que vous compreniez tout ce que je sens moi-même, car on ne sait combien on

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est aimé que quand on aime soi-même. Mon départ vous a fait souffrir, chère amie, mais notre amitié croissante nous promet plus de biens que de maux : nous nous réunirons, et plus nous nous aimerons plus nous serons assurés de ne pas vivre longtemps séparés. J’ai la conscience que des séparations de courte durée sont le seul chagrin que je vous causerai jamais. Je vous aime d’une tendresse toute dévouée, toute soumise et sans prétention ; j’ambitionne de partager et d’adoucir tous vos chagrins, d’être le confi­dent de tous vos sentiments. Je mets mon cœur tout en­tier en vous, mais je ne vous demande point ni de vous en occuper, ni de le ménager: il est assez récompensé par votre confiance, par cette communion de pensée qui fait que vous ne vous tenez plus en arrière de moi.

Je suis fâché de la lettre de Bonstetten qui de bien des manières doit vous avoir fait de la peine, l’écris à M. de Humboldt pour lui envoyer mon livre: c’est à lui-même que je parlerai de fa lettre de Joseph, peut-être trouverai-je moyen de voir'dans sa lettre s’il a le sentiment que Bons­tetten lui suppose; peut-être sans paraître les soupçonner réussirai-je à les dissiper d’avance, j ’en serais moins surpris de lui que d'un autre, il „est très politique et n’a pas beaucoup de caractère. Plus tard je pourrai vous informer des dispositions de l'Italie pour Corinne et pour vous. Je les devine toutes favorables sans avoir encore aucun moyen de les juger. Cette solitude-ci est telle que rien absolu­ment n’y parvient, aucun chalet dans les montagnes de Suisse n’est plus séparé du monde. J’ai voulu avoir les journaux français de Lucques, mais excepté la cour, per­sonne absolument ne les y reçoit, je les ai demandés en­suite à Florence mais je suis encore sans réponse, et je crains bien de ne pas mieux réussir, peut-être serai-je forcé de m’abonner à Paris, ce qui serait bien cher pour ma petite bourse. Excepté M me Morando, dont je vous ai parlé, je n’ai vu encore personne. J’ai envoyé un morceau

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pour la gazette de Gênes, et j’ai demandé qu’on vous l’envoyât si on l’insérait. En Italie personne encore n’a reçu Corinne. J’ai eu aujourd’hui une lettre, du reste fort aima­ble, de la Comtesse d’Albany, qui me dit qu’elle ne lui est point parvenue. Je lui en envoye un exemplaire, qu’elle me rendra, si le sien lui arrive, pour faire passer plus loin. J’en ai envoyé à Mme Morando à Gènes, à Mme Lambertini à Bologne, et à Mme T. Fabbroni à Florence, mais je n’ai point encore pu avoir de réponses d’elles. J’avais destiné le quatrième exemplaire à l’Archevêque de Tarente> mais je l’envoye à M. de Humboldt en le priant, s’il n’y a en­core que son seul exemplaire à Rome, de donner celui-là à celui de vos amis italiens qui pourra le mieux le faire connaître; s’il y en a d’autres, de le faire passer à sa des­tination. Ma mère, qui le lit à présent, en est dans le ravissement, elle trouve que vous avez une manière si en­chanteresse de révéler tous les plus intimes sentiments du cœur, tant de sagacité pour saisir toutes les nuances du caractère national, que jamais on n’a mieux fait connaître et l’homme de tous les pays et le peuple que vous vouliei peindre. t

On n’aime guère ici notre frère et notre sœur. Le pre­mier, que vous m’avez toujours représenté comme un hon­nête homme, ayant abandonné à un homme odieux tous les soins de sa place, laisse faire des maux inouis en son nom pendant qu’il se divertit. La Dame ma voisine exerce une tyrannie de détail qui passe toute idée; elle s’emporte, elle menace, elle fait mettre au cachot les premiers de l’État, pour avoir eu au jeu une dispute avec un corse qui jouait en grec. Elle a défendu.... fait mettre à l’amende ceux à qui on en donne de vive voix ou par écrit; elle fait abattre.... centre de la ville beaucoup de maisons pour former une grande place et réduit leurs habitants à la mendicité. L’an­cien Gouvernement se renouvelait chaque mois; elle en a conservé quelque chose pro memoria: c’est de faire payer

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chaque mois les impôts qu'on paye en France année par année. Tout cela a aigri les habitants à un point dont on ne se forme pas d’idée, le moindre revers exciterait un soulèvement qui ferait couler bien de sang.

J’ai eu aujourd’hui une lettre de M.me Brun, qui me fait arguer qu’ Ida se rétablit; elle me donne beaucoup de dé­tails sur son état, qui tous indiquent les heureux progrès de la cure, mais elle sera longue, et il ne faudrait pas son­ger à changer de place cet hiver. Oh! si vous pouviez y venir vous-même! Adieu, chère, excellente amie.

N’oubliez pas mon histoire, et donnez-m’en des nou­velles.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet],

61.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir e n z e

Pescia, 5 luglio 1807.

Mi ha rincresciuto assai che ella non mi abbia potuto associare ai due giornali che io chiedevo, come io gli bra­mavo assai (anzi mi sono determinato a farmegli spedire da Parigi addirittura) più per le nuove letterarie che per le politiche : li due altri che ella m’accenna non fanno per me. Domanderei piuttosto che lei mi potesse associare alla Revue Philosophique, quel giornale letterario che prima chia- mavasi Décade, e a quali patti.

Madame de Staël mi aveva incaricato di recare in dono quattro o cinque copie della sua Corinne in Italia, ma queste mi feci un dovere di spedirle subito al loro destino, onde con mio grave rincrescimento non son più in grado di

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servirla. La mia copia istessa l’ho dovuta prestare, non a uno ma a diversi che l’aspettavano con avidità. Non du­bito che quel libro non abbia un grandissimo incontro in Italia. Mi creda con tutto l’ossequio, ecc.

[L’originale è nell’Autografoteca Bastogi di Livorno; pubblicata in parte da C. P e l l e g r i n i , ' / / Sismondi cit., p. 28].

62.A MADAME DE STAËL

COPPET

Pescia, 9 juillet 1807.

J’attends, chère amie, avec bien de l’impatience une lettre de vous, et j’espère que vous en avez déjà reçu trois que je vous ai successivement adressées, une de Qènes, et deux d’ici. Aujourd’hui je vous envoye, non point l’ar­ticle que j’avais écrit pour un journal italien, mais l’extrait qu’on en a fait *), car on l’a écourté, aminci, applati de ma­

*) L’articolo del quale il Sismondi parla, e che fu pubbli­cato nella Gazzetta d i Genova del 4 luglio 1807, n. 53, pp. 213-4, è il seguente: « L’opera di Madama di Staël intitolata: Corinna ou l’Italie che porta per epigrafe,

Udrallo il bel paeseCh’Appennin parte e ’1 mar circonda e l’Alpe,

è un romanzo e in alcuni luoghi un poema, che una delle donne più celebri del secolo ha consacrato alle lodi dell’Italia. Men­tre che due viaggiatori moderni, Creuzé Delesser e Kotzebue, o per leggerezza o per prevenzione hanno nelle loro relazioni menzognere impiegato l’ironia ed il motteggio per togliere il suo vanto alla bella Italia, e ridurla al livello delle più mono­tone contrade, Madama di Staël nella sua Corinna ne rileva pregi particolari in un modo altrettanto nuovo che ingegnoso.

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nière à le faire entrer dans une page tandis qu’ il en aurait occupé trois ou quatre, et de manière aussi à ce qu’il passe par la filière des idées communes, car tout ce qu'il y avait de plus relevé a été retranché. Dans un premier mouve­ment de dépit, je voulais avec cet article vous envoyer mon manuscrit afin que vous compariez, mais ma mère m’a fait sentir combien ce dessein était ridicule. Vous savez bien

V' .comme je sents vos ouvrages et comme je vous aime, mais si je n’ai pas pu réussir à publier ce que je voulais dire de vous, il est fort inutile de vous produire ce que j’en écrivais dans mon cabinet. J’avais voulu rappeler à l’attention

L’Eroina del romanzo, superba della sua patria, dopo essersi sottoposta ai più gravosi sacrifizi per noti restarne esiliata, de­scrive coi colori i più vivaci le infinite bellezze del clima e della situazione di Roma, di Napoli, di Venezia e di Firenze; risveglia le memorie gloriose abitatrici di tanti monumenti che inalzarono quei grandi antichi alunni dell'Ausonia; fa pompeg­giare i prodigi delle Belle Arti, figlie predilette dell’Italia, la pittura, scultura, musica ed architettura, ivi portate alla maggior perfezione; fa spiccare l’immaginazione vivace e poetica del popolo italiano moderno, comune ai grandi ed alla plebe ; di­mostra gli italiani suscettibili delle più forti passioni, come delle più disinteressate, dotati di carattere capace anche d’energia, benché latente e sopita per le circostanze politiche; presenta il paragone della letteratura italiana colla Francese e l’ inglese, e quel che è più piccante, pone in confronto i diversi caratteri delle tre nazioni, e senza cessare di avere l’interesse di un ro­manzo, il quale diventa nel fine commovente al maggior segno, è in realtà una descrizione poetica e nuova di una contrada tante volte celebrata. Corinna come romanzo rischia d’incon­trare nel pregiudizio antiromanzesco generale in Italia, pregiu­dizio che Ha privato la sua letteratura, altronde sì feconda, di un ramo attualmente sì sparso e gradito generalmente, e che gli scrittori più celebri delle altre nazioni non hanno disdegnato per uno dei titoli della loro gloria, e che esige come nei più sublimi componimenti, una cognizione profonda del cuore umano, di cui l’illustre figlia di Necker si mostra egregia maestra >.

11. — Sism ondi, E pisto lario . I.

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le comte Raimond, j’avais voulu faire ressortir le mérite particulier de cet ouvrage," représenter des nations entières avec deux ou trois portraits. J’avais dit non point ana delle donne pià celebri, mais la donna la pià célébré. Pazienza! Tout trouqué qu’est le morceau, je suis encore bien aise qu’il existe, je n’ai point appris qu’aucun autre journal italien ait encore parlé de Corinne, et celui-là est encore un des plus répandus: c’est par exemple le seul journal étranger à la Toscane qu’on reçoive à Pescia. La prompti­tude avec laquelle il donne les nouvelles de Toscane, la brièveté de la gazette, car il n’y a que deux petites feuilles par semaine, et le bon marché qui en est une suite la re­commande aux Italiens. Ce n’est point par mauv^'se volonté que le rédacteur n’a pas mis tout mon morceau, mais dans une feuille tellement serrée, où il ne met ordinairement point de littérature, il ne pouvait faire entrer un morceau de quatre pages. Pour faire place à Corinne il a même re­tranché de sa gazette le bulletin de cette terrible bataille du 14.

En même temps que cette gazette j’ai reçu ce matin une lettre de la marquise Morando, qui me parle de votre ouvrage avec beaucoup d’esprit et de goût: réellement cette femme est si belle que personne ne veu t lui croire la moitié de l’esprit qu’elle a. Mais ce qui m’a assez surpris c’est qu’ il me paraît qu’elle-même et sa société ne trouvent pas que l’Italie soit encore assez favorablement traitée, ils trou- vent la lettre de Corinne à Osvald trop faible, et comme les accusations banales qu’on a fait aux Italiens n’ont jiunlïS 'faft~OTr eux-mêmes aucune impression, ils trouvent que leur répondant Corinne leur accorde encore trop de solidité. On n’entre jamais complètement dans l’amour pro- pre des autres, et lors même qu’on croit leùr ' avôïr"eîé favorable, on est le plus souvent resté fort au-dessous dû jugement qu’ ils portaient sur eux-mêmes. Ma mère serait bien loin de vous faire la même critique: le seul reproche

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qu’elle fasse à Corinne c’est trop de partialité pour les Italiens. Elle est persuadée que vous leur avez prêté habi­tuellement votre imagination, votre sensibilité, votrejesprit, et que vous avez pris votre image qui se réfléchissait en eux pour des observations que vous faisiez sur eux. M.me Morando me reproche aussi à moi ma partialité contre les Papes, que souvent il me semblait avoir ménagés. Ce sera probablement le jugement général en Italie, et je n’espère pas y obtenir un grand succès. Je n’ai eu jusqu’à présent aucune réponse ni de Monti, ni de M.me Albrizzi, ni d’aucun de ceux à qui j’ai envoyé votre livre, si ce n’est avant qu’ils l'aient lu. Je n’ai point non plus de nouvelles de Brun et Bonstetten depuis plus de quinze jours. Je suis toujours plus séparé de toute nouvelle, de toute commu­nication avec des êtres pensants. La stupidité et la vulgarité sont portées à Pescia à un point qui est vraiment inexpri­mable. Je m’y ennuie de tout mon coeur; je n’avais pas besoin de ce sentiment pour vous regretter. Je viens d’écrire à Paris pour qu’on m’envoyât le Publiciste: il a été impos­sible de me procurer un journal français d’aucune des villes voisines. Je ne sais pas si je réussis à acquérir ailleurs quelque réputation, mais il faudrait qu’ il s’écoulât bien des années avant que cette réputation parvînt jusqu’à l’endroit où je suis. Rappelez-vous, chère amie, que je vous ai de­mandé de me faire connaître les critiques des journaux français sur mon ouvrage, elles ne pourront me parvenir que de vous : ne m’épargTrez point les plus amères s’il y en a, je suis armé d’airain contre les jugements partiaux, et très résolu à profiter des critiques justes tant des ennemis que des amis. Ce que je redouterais le plus serait un silence universel, et jusqu’à présent je ne sais pas s’ il a été rompu. Dites-moi si vous avez reçu des réponses de ceux à qui vous avez envoyé des exemplaires, et si quelqu’un paraît se disposer à écrire pour un autre journal que le Publi­ciste. Parlez-moi de Benjamin, dites-moi s’il est enfin arrivé,

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si vous êtes contente; il y a tout près d' un mois que vous ne m'avez écrit, et quand je calcule ce long espace de temps, je tremble que vous ne l'ayez employé à faire le voyage auquel vous aviez songé. Faites à Schlegel beau­coup d’amitiés de ma part, dites aussi à Auguste que je lui suis sincèrement et tendrement attaché et que je lui écrirai incessamment.

M. Giovanni Fabbroni, que vous avez connu à Florence, m’a chargé de vous instruire du malheur qu’ il a éprouvé. C’est lui qui par 33 ans de travail constant avait créé en quelque sorte le magnifique musée d’histoire naturelle de Florence: toutes ses pensées, toute sa vie se rapportaient à cet établissement dont il a été directeur. La cour Vient de le lui enlever pour en gratifier un homme sans mérite et sans talents. On a conservé, il est vrai, à Fabbroni sa paie, mais rien ne le dédommage de la perte d’une occupation, à laquelle sa vie était consacrée. Quand une intrigue de cour atteint un malheureux savant dans son cabinet, elle lui fait bien un autre mal qu’aux hommes accoutumés au jeu de la vie.

Nous sommes au milieu des plus fortes chaleurs/ Au milieu du jour elles sont quelquefois accablantes: alors on n’entend que les cigales qui crient avec d’autant plus de violence que le soleil est plus ardent, mais le soir la fraî­cheur est délicieuse, l’air est embaumé, la campagne a un air de fête. Le pays est réellement délicieux, le peuple en­core, surtout dans les campagnes est toujours digne et d’observation et d’estime, mais quel excès de sottise dans les villes ! Il est réellement impossible d’en donner une idée à ceux qui n’ont pas entendu nos conversazioni.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet].

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63.

A AUQUSTO DE STAËL

COPPET

Florence, 23 juillet 1807.

Je commence à m’inquiéter, mon cher Auguste, de ce que je n’ai point de lettre de votre maman hormis celle qu’elle eut la bonté de m’écrire le lendemain de mon dé­part: celle-là était si amicale, si affectueuse que je ne puis comprendre qu’elle laisse passer quarante jours ensuite sans penser du tout à moi. J’espère que dans cet espace de temps elle a reçu quatre de mes lettres, et je m’étais un peu flatté, que si elle était trop occupée pour me donner de ses nouvelles, vous, cher Auguste, vous me tiendriez votre promesse et que vous m’ecririez. En attendant j’ai reçu de sa part le Publiciste et l’article qu’elle y a inséré, où il y a en même temps tant de bienveillance pour moi et tant de.... pour faire excuser aux autres cette extrême par­tialité pour moi. Je l’avais déjà lu en manuscrit avec une vive reconnaissance, j’en ai éprouvé une plus vive encore, je crois, quand je l’ai vu imprimé. Mes parents en pleu­raient d’attendrissement. — Mais à cela près je ne sais plus rien de mon livre: aucune nouvelle ni des trois per­sonnes à qui elle a eu la bonté de le distribuer à Paris, ni des autres journaux. Par hasard n’auraient-elles point écrit par la poste de Suisse sans affranchir, et alors toutes les lettres seraient demeurées au bureau de Coppet?

J’ai reçu hier une lettre charmante de M.me Albrizzi de Venise. Dites-le à M.me votre mère: elle avait vu entre les mains de M.me de Saussure de Morges le 3me volume de Corinne. Seulement aucun exemplaire complet n’en était

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parvenu à Venise, aucun n’était encore en vente à Milan, aucun n’est parvenu non plus à Florence (excepté le mien et celui que l’ambassadeur a reçu de Paris) ni à Bologne, ni ailleurs. Il semble que le libraire qu’elle a chargé de cette édition a bien négligé les pays étrangers, et a gardé pour lui tous les exemplaires qu’elle avait destinés à l’Italie. M.me d’Albany m’ayant rendu celui que je lui avais prêté, je le fais partir cette semaine pour Venise. M.me Albrizzi m’écrivait au reste qu’elle avait lu ce troisième volume avec le plus vif entraînement. « Tout ce qu’elle dit de Ve­nise, — dit-elle — est parfaitement juste et vu d ’une manière aussi spirituelle qu’agréable ».

Je ne suis arrivé à Florence que d’hier au soir. Je con fie y passer dix jours pour apprendre un peu ce qui se fait dans le monde, car à Pescia il n’y a ni pensée ni sentiment, ni conversation, ni rien de ce qui appartient au monde. C’est le pays des morts; seulement ce ne sont pas les morts d’Homère, car ceux d’ici ne prennent plus aucun intérêt à ce qui se fait sur la terre des vivants. J’y ai vu cependant quelques grecs, sept insalaires: vous savez comme j’aime cette nation et comme j’en recherche les individus, je ne trouve chez aucun autre autant d’enthou­siasme de liberté joint avec autant de sagesse, aiVtant d’amour de la patrie avec une manière si libérale de con­sidérer les autres nations. L’un d’eux m’a promis une hi­stoire des Souliotes écrite en grec moderne. Vous savez que les Souliotes sont un petit peuple de 8 ou 10 mille individus, qui a maintenu sa liberté et son indépendance contre les Turcs par une suite de combats où il a montré non moins de valeur et non moins de vertu que les Spar­tiates. Vous devriez traduire ce livre-là en l’accompagnant de quelques notes. Je suis enthousiaste de ces grecs. Si l’on m’offrait une chaire de Professeur à Corfou je l’accepterais sans hésiter, je crois!

En attendant, cher Auguste, je suis toujours plus dési­

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reux d’être votre professeur à vous. Je me tiendrais pour bien heureux si vous veniez, selon le projet que vous en aviez fait, passer quelques mois dans notre ermitage de Pe- scia. Je vous renseignerais [sur] tout ce qui je sais que pourra profiter en Amérique: mais le silence de votre mère, ce­lui de Benjamin, qui ne m’a point répondu non plus, m’empêche de m’arrêter sur aucun projet.

11 m’est revenu de Genève, et par une voie fort indi­recte, que votre maman avait parlé de la lettre de Bons- tetten à moi qu’elle avait vue. Cela me fait beaucoup de peine à cause de Bonstetten à qui cela reviendra sans doute aussi. Mais j’en suis bien fâché aussi pour votre maman. Pourquoi dit-elle des choses qui lui sont désagréables à ceux qui ne sont pas ses amis? Ne sait-elle pas qu’ils sont sans cesse à veiller une occasion de faire des contes à ses dépens et de se venger ainsi de sa supériorité?

P. S.Dites à votre maman que je me suis fait présenter à

d’Aubusson comme l’ami de M.me de Staël. C’est mon titre le plus glorieux, si ce n’est pas un moyen de parvenir près de lui.

Adieu, cher Auguste, répondez-moi, je vous prie, par- lez-moi avec détail de votre mère. Dites de ma part des choses très tendres à votre soeur et croyez-moi, avec une affection inaltérable, tout à vous, ecc.

[Nell’Archivio di Broglie].

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64.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

V enezia

Florence, 24 juillet 1807.

Je ne saurais assez dire combien j’ai été touché de la charmante lettre que vous avez eu la bonté de m’écrire. Après plus de quatre ans d’absence, j’y retrouve encore toute la bienveillance de l’aimable amie que j’ai eu le bon­heur d’acquérir. Il y a peu de juges dont je respectasse autant les sentiments et les lumières, peu de suffrages qui me fussent aussi précieux que le vôtre. II est vrai que dans l’approbation que vous accordez à mes Républiques Ita­liennes, il entre peut-être un peu de partialité pour l’au­teur, mais je n’en suis pas moins glorieux, et votre amitié est une distinction plus flatteuse encore que votre appro­bation littéraire.

J’apprends avec surprise que vous n’avez point encore reçu Corinne: Mme de Staël a été bien mal servie p^r le libraire qu’elle a employé. 11 semble qu’il a confisqué à son profit tous les présents qu’elle avait destinés à ses amis. Je suis heureusement encore en état de réparer sa faute. Il me reste un exemplaire de Corinne que je vous en­voyé par le courrier. J’espère qu’il vous parviendra en même temps que cette lettre.

Sans doute le silence de Corinne fait extrêmement souf­frir, et quoiqu’il soit, je crois, assez bien justifié par les circonstances, et préparé par le caractère de Corinne, c’est encore la partie du roman auquel on peut le mieux faire le reproche d’invraisemblance, et cependant ce point-là même fait le nœud du roman. Si Corinne parlait, sans

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doute tout était fini. L’espèce d’invraisemblance qu’on par­donne le moins est celle qui entre ainsi dans le nœud de l'intrigue, parce que le lecteur a un désir si ardent que tout s’éclaircisse, que tout s’accommode, qu’il n’admet point de demi-motif pour une détermination si importante. Il ne veut rien de fortuit dans ce qui doit avoir de si longues suites, et cependant la moitié des déterminations de notre vie réelle ont quelque chose de fortuit.

Mmede Staël dans ses deux romans n’a pas donné le j plus beau rôle aux hommes, et il s’en faut de beaucoup; j il semble qu’elle a jugé les deux sexes et d’après son cœur et d’après son expérience. On dirait que les hommes de­vraient se plaindre et qu’ ils devraient dire comme le lion de La Fontaine:

Avec plus de raison nous aurions le dessusSi mes confrères savaient peindre.

Mais je vois cependant que ce ne sont point eux qui se plaignent, ils se rendent justice; les femmes se plaignent plutôt pour eux, elles trouvent que les portraits qu’a fait M me de Staël sont fort inférieurs à l’ image qu’elles-mê- mes se font de leur héros, et elles s’affligent de trouver tant de faiblesse, de froideur ou d’ inconstance, dans des caractères qui paraissaient passionnés, comme d’une illu­sion détruite. Elles valent bien mieux que nous.

Je vais profiter de l’offre infiniment obligeante que vous me faites, et essayer d’écrire un extrait de Corinne. Je le ferai en français, puisque vous avez la bonté de le faire traduire, car quoique j’écrive aussi en italien, je me sens tellement gêné par le choix des mots et les liens de la lan­gue, que je n’arrive jamais à exprimer la moitié de ma pensée dans une langue qui n’est pas la mienne. Je serais bien heureux si quelqu’un me rendait le même service pour mes Républiques Italiennes. Je ne demande point des

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éloges, mais un morceau de critique, même sévère, pourvu qu’ il attirât l’attention des Italiens sur un ouvrage qui appar­tient essentiellement à l’Italie. Je vois mes Républiques an­noncées depuis longtemps dans les journaux d’Allemagne et dans ceux de Paris. Je crains cependant que les jour­naux d’Italie laissent passer bien longtemps encore avant d’en rien dire.

j ’ai trouvé à Florence, où je suis venu passer quatre ou cinq jours, quelques-uns de vos compatriotes, et entr’au- tres un comte Bulgari, de Corfou, qui me paraît un homme fort intéressant. Je ne saurais dire combien j’aime les Grecs, et combien tout mon enthousiasme pour l’ancienne Grèce se réveille quand je les entends parler de leur patrie. Je ne mourrai pas content si je ne fais auparavant un voyage dans les Sept Iles. Si l’on fondait une université à Corfou, je crois que je me mettrais sur les rangs pour y être pro­fesseur. C’est le seul pays où je vois renaître une nation, tandis que partout ailleurs celles qui ont existé tombent dans la fange. Mais qui sait quel sort est réservé aux Grecs et à cette nation renaissante dans le prochain traité de paix?

Adieu, madame. Recevez l’assurance de mon tendre et inaltérable attachement, et de tout mon respect.

[Pubblicata da T. Lodi, Art. cit., dall'autografo della Nuîo- nale di Firenze]. ' V

65.

A GUGLIELMO PIATTI

F irenze

Pescia, 27 luglio 1807.

Eccogli il primo tomo di Corinna: nella ventura setti­mana io gli manderò anche il secondo. La prego ram­mentarsi che ella mi ha promesso di non serbarlo troppo

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lungamente, giacché per mandarglielo Io levo a mia so­rella, che non lo ha ancora letto.

In quel primo tomo non v’è che un pezzo solo a met­tere in versi ed è da p. 54 a 64 '). Ve ne sono due nel tomo seguente. Abbia la bontà di segnarlo alla Sig.na Maz- zei, presentandogli i miei complimenti. Mi ha promesso V. S. di mandarmi la traduzione in prosa, di questo la prego a rammentarsi. Ella mi può mandare i fogli di bozza: vi sono tre procacci per Pescia alla settimana, che partono il mercoledì, venerdì e sabato. Io avrei cura di rimandarglieli senza ritardo. Mi creda, ecc.

[Pubblicata da C. P e l l e g r i n i , Il Sismondi cit., p. 28; l’ori­ginale è nella cit. Autografoteca B&stogi di Livorno].

66.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 30 juillet 1807.

Je trouve bien long, bien cruellement long, chère amie, le temps que je passe privé de vos nouvelles. Voici deux mois que je vous ai quittée et je n’ai eu d’autre marque de votre souvenir qu’une lettre, toute bonne, toute tendre, il est vrai, mais enfin écrite deux jours après mon départ. En laissant de côté mon impatience d’auteur de savoir un

') L’improvvisazione poetica di Corinne doveva esser tra­dotta dal Monti, dall’Alborghetti o dal di Breme, ma nessuno di questi scrittori, per diverse ragioni, potè mantenere l’impegno. Probabilmente questa fu fatta da quella impróvvisatrice fioren­tina Mazzei, di cui il Sismondi parla con lode nella sua Litté­rature du M idi de l’Europe: si veda in proposito, più oltre, la lettera a Madame de Staël del 30 luglio 1807.

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peu ce que devenait mon livre, et d’avoir par vous quelque signe de vie de ces seize personnes à qui vous avez eu la bonté de le distribuer, et qui me paraissent l’avoir pris in santa pace sans regarder au delà de la couverture, il y a mille choses que je désirais savoir de vous et qui tien­nent de bien plus près à mon coeur que ma vanité d’écri­vain. Je vous ai quittée au moment où vous attendiez avec angoisse la détermination de Benjamin sur un voyage qui devait être très prochain. De mon côté je lui avais écrit aussi pour le presser d’arriver auprès de vous, et de vous tirer d’une solitude où je ne vous voyais pas entrer sans anxiété. Je n’ai pas plus de réponse de lui que de vous, je ne sais ce que sont devenus ces maux d'yeux, qui me donnaient une égale inquiétude, soit qu’ils fussent très réels soit qu’ils fussent exagérés. Je ne sais où vous en êtes au milieu d’une forêt d’épines dont il me semble vous voir entourée, mais je souffre en vous et pour vous. Le silence absolu de tous mes correspondants à Genève, si­lence qui tient peut-être un peu à ma faute, redouble mes inquiétudes, parce qu’il pourrait être survenu des choses très fâcheuses sans que j’en susse rien. Enfin un mot que m’a dit M.rae d’Albany a porté au comble mon anxiété. On lui écrit de Paris, dit-elle, que Benjamin épouse M.me de Harden- berg 1), une femme deux fois divorcée. J’ai beau me dire que les bruits se propagent lentement à une si grande di­stance, qu’ ils se rapportent souvent à des événements fort antérieurs, et qu’en même temps elle me disait aussi votre mariage avec M. de Sabran. Il y a pourtant dans ce conte une ressemblance avec ce que vous avez craint qui me fait frémir. Mais se pourrait-il que, malheureuse comme vous le seriez, vous ne m’écriviez point, vous ne me fis­siez point écrire par Auguste ou Schlegel ! Votre silence

*) Si veda più oltre la nota alla lettera del 22 gennaio 1810 alla Contessa d’Albany.

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t-

même comme il donne lieu à mes inquiétudes sert aussi en partie à les calmer.

Dans cette incertitude absolue sur vous, je ne sais plus si ce que je puis vous dire vous intéresse. Piatti, le libraire de Florence, commence à faire traduire Corinne par un abbé dont il m’a montré quelques autres traductions, de Florian et de Bernardin de Saint-Pierre, qui m’ont paru bonnes 1). De plus il m’enverra ici les épreuves pour les comparer au texte. C’est mon dernier exemplaire que je lui ai prêté pour cela, et je ferai tout ce qui dépendra de moi pour que cette traduction soit fidèle et élégante. J’aurais demandé à Monti de traduire en vers les morceaux d’improvisation s’il avait répondu à ma lettre et à l’envoi de mon livre, mais je n’ai eu de lui aucune nouvelle. Je vois par les journaux qu’il est à Rome, mais je ne me soucie pas de m’adresser de nouveau à lui, d’autant plus qu’une nouvelle perte de temps nous exposerait à être devancés. J’ai donc demandé et obtenu de la Sig.a Mazzei née Landi, celle que nous avons entendu improviser d’une manière si distinguée et si supérieure à fous les autres, de se charger de cette traduction. Je trouvais même assez heureux que les improvisations de Corinne fussent tra­duites par une improvisatrice et par la plus distinguée de l’Italie. S’il se présente à vous quelque occasion de me faire parvenir un autre exemplaire, vous me ferez bien plaisir, car le mien s’en ira en lambeaux dans cette opé­ration.

[N ell’Archivio dei Castello di CoppetJ.

') 11 Piatti pubblicò una traduzione di Bernardin de Saint- Pierre col nome di A. Bruner, e una di Florian anonima, ma il traduttore di Corinne fu l’abate C. Mengoni.

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67.

A CARLO PICTET DE ROCHEMONT 1)

Pescia, 30 juillet 1807.

J’avais attendu d’avoir vu Mad.me de Mérode pour écrire à l’aimable famille de Lancy. Mais ma mère m’a retenu auprès d’elle pendant tout le premier mois que j’ai passé en Toscane et quand, il y a huit jours, j’ai été à Florence, on m’a dit que M.me de Mérode en était partie depuis longtemps, que vous aviez dû la revoir à Genève, et qu’à présent elle était sans doute retournée dans son pays. J’en ai eu un vif regret ; j’avais compté trouver en elle une personne à qui j’aurais dit combien je vous aime, et qui l’aurait compris, parce qu'elle sait combien il faut vous aimer. Patience! je le dirai à d’autres, je l’ai appris à ma mère et je ne perdrai pas plus l’habitude de l’exprimer que de le sentir.

Je voudrais avoir appris de vous l’art de vivre parfai­tement heureux dans une retraite absolue à la campagne; je ne le suis pas, peut-être le serais-je davantage si je savais faire le voeu d’y passer de longues années, mais toutes mes affections, toutes mes habitudes m’appellent en dehors du cercle infiniment étroit où je suis enfermé ici. Je n’ y ai d’autre objet d’affection que ma mère, toute société hors de la maison m’y est à charge, soit que les habitants du pays soient devenus plus stupides, ou que vous m’ayez gâté à Genève par trop de bonté. La comparaison me rend la société d’ici odieuse. Je vous ai souvent entendu vous plaindre du vide des propos de société, ce sont des choses cependant qui n’ont encore aucun rapport. Jamais nous

*) Agronomo e poi diplomatico, fratello di Marco Augusto.

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n’avions vu à Genève les gens comme il faut se raconter mutuellement ce qu’ils avaient mangé à dîner, et ne con­naître d’autre objet d’un intérêt commun que le détail de ce qui s’était trouvé la veille en vente au marché. On ne lit rien, on n’apprend rien, on ne pense à rien, et les gen­tilshommes, dont l’éducation n’a différé en rien de celle des paysans, leur sont infiniment inférieurs pour l’esprit, parce qu’ils ne mènent pas comme eux une vie occupée et qu’ils n’ont ni but à leurs actions, ni nourriture pour leur pensée. Les gens qui sont encore en état d’observer ces ruines, quoiqu’eux-mêmes en fassent partie, assurent qu’ il y a une différence prodigieuse dans le pays depuis la révolution. Le règne de Pierre-Léopold avait donné une certaine activité à l’esprit, un certain besoin de pensée, qui faisait qu’on recherchait alors dans le monde une instruction qu’on n’avait point acquise dans sa jeunesse. A présent, tout désir est éteint, tout est mort, et il y a quelque chose d’effrayant à voir le monde continuer ainsi à exister après que la pensée s’en est retirée. Cela ressemble à un cada vre auquel le galvanisme rend des mouvements. Il faudrait vivre seul, absolument seul, mais quand on n’est pas maître du temps, qu’on n’étend pas ses projets au travers de plu­sieurs années, et qu’on ne se donne pas les coudées franches dans l’avenir, la solitude paraît une prison infiniment plus étroite. Il faut être deux qui avancent et regardent vers l’avenir; ceux qui sont ainsi tendrement et pour toute leur vie associés ou à Lancy1) ou aux postes du paradis ter­restre, n’ont rien à craindre de la solitude.

IThey hand in hand with wandering steps and slow ïThrough Eden take their solitary way.

Cette mort universelle s’étend aussi à l’agriculture, et je crois que le moment est peu favorable pour faire ici des

') Appunto a Lancy Pictet de Rochemont aveva un podere modello.

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établissements de mérinos; cependant j’ai vu le Proposto Lastri qui m’a dit avoir déjà eu une première visite de votre voyageur, et l'attendre à son retour de la foire de Siniga- glia, avec l’espérance de lui donner une commission. On avait déjà placé dans le pays l’année passée une cinquan­taine de bêtes à laine des troupeaux de Piémont et quoique les frais de voyage eussent été assez considérables, les de mandes avaient surpassé le nombre des bêtes à vendre. Ce premier essai est toujours le plus difficile et il semble que la vente de l’année passée en doit promettre une meilleure pour cette année.

J’ai reçu dernièrement plusieurs lettres de nos amis Brun et Bonstetten. Ida1) paraît être infiniment mieux; elle a recouvré, dit Bonstetten, des forces et de la gaîté, elle est souvent comme un petit cheval échappé, et il paraît que la châleur excessive que nous éprouvons cet été, et que tous les autres supportent avec tant de peine, est pour elle un moyen de guérison. Mais de temps en temps et d’une manière inattendue, elle est en proie à des crampes et à des convulsions; je crois qu’en fin de compte elle aura une santé toute semblable à celle de sa mère. Il faut se con­tenter de ce lot après ce que nous avons craint pour elle.

Je n’ai absolument aucune nouvelle de mon livre, je serais bien curieux de savoir comment il fait son chemin tout seul dans le monde, mais si par hasard il est entiè­rement tombé, je ne pouvais pas être mieux placé que je ne suis pour ne pas m’en apercevoir.

Je n’ai dans le fait de nouvelles de personne, aucune de M.me de Staël, quoique je les attende avec une grande impatience et une extrême anxiété, aucune de mes amis, pas même de journaux; je végète déjà comme les arbres et les hommes de ce pays.

N’attendez donc pas de moi des lettres qui aient quel-

‘) Figlia della scrittrice Brun.

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qu’intérêt ou quelque nouveauté. Tout ce que je puis vous dire, c’est que je vous aime tendrement et que je vous aimerai toujours. Comme Mad.me Brun, je vous appelle les Anges de Lancy, et je ne vous sépare point.

Écrivez à Pescia en Toscane. Tout à vous, ecc.

[Archivio Cantonale di Ginevra, Mss. Pictet de Rockemont, 3, f . 89].

68.A GUGLIELMO PIATTI

F ire n ze .

Pescia, 3 agosto 1807.

Io gli rimando ii primo foglio deila traduzione, dove mi sono permesso di fare varie correzioni. Impegni l’ano­nimo traduttore a scusare il mio ardire coll’osservazione che dalla mia intrinseca amicizia coll’autore, io conosco forse meglio di nessuno con qual spirito ella abbia scritto quel libro *). Bisogna un po’ di tempo forse per impos­sessarsi di quello spirito e internarsi nei caratteri che ella ha voluto dipingere. Converrebbe che il traduttore, che mi pare uomo di talento, leggesse tutta l’opera, affine d’uni­formarsi meglio al carattere che ciascheduno spiegherà. Le mie correzioni infatti hanno avuto specialmente per og­getto i ritratti. Del resto sono persuaso che non vi sia nella lingua francese libro di cui la traduzione sia più dif­ficile a motivo dell’aggiustatezza delle espressioni, del

') Affermazione molto notevole per quel che riguarda la parte avuta dal Sismondi nell’orientare Mad.me de Staël mentre essa si preparava a scrivere Corinne.

12. — SISMONDI, Ep isto lario . I.

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nuancé dello stile, e della forza della eloquenza di diversi passi. Non si scoraggisca il traduttore, credo che pochi avrebbero incontrato così bene come egli, e che come si avvezzerà allo stile di Madame de Staël le difficoltà sce­meranno.

lo gli mando intanto il secondo tomo e lo prego di passarlo a Mad.a Mazzei. I pezzi di poesia sono a p. 107-16 e p. 496-500.

Ho due favori da domandargli. L’uno di procurarmi il Giornale Italiano in cui vi è stato per quanto sento una critica assai amara di Corinna *) : avrei intenzione di ri­spondervi. L’altro di dirmi quanto si paghi di porto per i fogli francesi. Ieri ricevei per la prima volta i pubblicisti, ma ciascun plico era tassato un paolo. Se seguitasse così amerei meglio non ritirargli.

Mi renderebbe un gran servizio di passare al burò della Posta per ottenere che mi fosse abbonato il porto, comeIo è sempre quando si tratta di gazzette.

Mi creda con i sentimenti più distinti di stima e con­siderazione, ecc.

[Pubblicata da C. P e l l e g r i n i , Il Sismondi cit., p. 29, di sull’autografo che è nella cit. Auiografoteca Bastogi].

69.

A MADAME DE STAËL

COPPET.

Jeudi, 6 août 1807.

Je me suis creusé la tête, chère amie, pour retrouver ce que j’avais pu dire de Bonstetten et de M.me Brun que

') L’art, uscì nel numero del 9 luglio 1807, ed era del fran­cese Aimé Guillon. {Si veda in proposito A. M a r t i n e t t i , Delle guerre letterarie contro U. Foscolo, Torino, 1881, p. 7).

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vous vous soyez appliqué, et qui vous ait si fort mécon­tenté: il m’est impossible de démêler rien dans ma mé­moire; mais je trouve ce que vous me dites à ce sujet bien dur et bien injuste. Vous me dites que vous m’ôteriez toute votre amitié et votre confiance si vous rencontriez dans mes lettres un seul mot qui ne fû t pas en entier dans votre sens. Vous me feriez trembler en vous écrivant, s’il était vrai que vous fussiez toujours sur le point de juger de nouveau si je suis digne ou non de votre amitié, si après m’avoir adopté pour m’avoir bien connu, et m’avoir vu dç bien près, vous demandiez encore à mes lettres quel est mon caractère ou mes sentiments, comme si vous ne les connaissiez pas. Ne savez-vous pas, chère amie, com­bien une lettre mérite moins de foi que la parole, combien elle part moins immédiatement du coeur, combien celui qui offense par une lettre mérite plus de pardon que ce­lui qui offense par la parole, parce qu’ il n’a pas vu l’effet qu’il faisait, parce qu’il est innocent de toutes les circon­stances accidentelles qu’il ne connaissait pas, et qui cepen­dant peut-être ont armé seules ses paroles de poignards? Quand il m’est arrivé de dire une chose qui vous déplut? Car j’ai eu quelquefois ce malheur. Vous l’avez relevée immé­diatement avec une vivacité proportionnée à la peine que je vous faisais, vous m’avez fait faire pénitence et vous m’avez ainsi ouvert le chemin pour rentrer en grâce. Si vous me traitiez ainsi lorsque j’étais près de vous, je le mérite plus encore quand je suis loin. Car outre que l’intention est moins positive, il y a encore la chance des malentendus. Il me semble, par exemple, que c’en doit toujours être un lorsque vous cherchez à tirer des inductions de mes paroles. Vous m’avez permis plus de franchise, vous m’avez admis à vous dire sans détour ce que j’ai sur le coeur, et lorsque j’ai eu à vous parler de vous ou de Benjamin, je vous ai nommés vous et Benjamin, et je ne me suis point enveloppé sous des noms empruntés.

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180 Q . C . L . S IS M O N D T

Mais toute dure qu’était cette phrasç dans votre lettre, cette lettre m’a cependant tiré d’une grande angoisse. Je ne croyais point ce que m’avait dit M.me d’Albany, mais les mauvaises nouvelles ont le pouvoir d’ébranler et de tenir dans une anxiété toujours croissante, lors même qu’on leur refuse toute espèce de foi. Elles sont un présage fu­neste, et l’on sent comme si sous un mensonge elles ca­chaient toujours une douleur vraie. Dieu merci cette fois le présage était aussi mensonger que l’événement. Benja­min est auprès de vous, et il n’y aura pas vécu quinze jours qu’ il aura secoué tout ce qu’ il avait acquis de français pendant son séjour à Paris. Si vous l’amenez ici, si vous lui faites voir autre chose que ce Paris où il y a tant d’amertume, il fera encore votre bonheur et le sien. Je lui écrivis, mais pourquoi ne m’a-t-il point répondu? Ma lettre lui avait-elle aussi fait de la peine? Chers amis, au nom du ciel quand vous êtes mécontents querellez-moi, mais ne cessez pas d’écrire!

Avec votre lettre j ’en ai reçu une qui m’a causé une bien grande douleur: elle m’annonçait que M. Lavit, le mari de mon amie, venait de faire faillite, après avoir dissipé par les spéculations les plus imprudentes une for­tune de demi-million au moins qu’il avait hérité de son père. Mon amie avait du bien par elle-même, et j’espère que dans ce désastre sa fortune est à couvert, cependant outre qu'elle passera sûrement elle-même à une situation beaucoup plus étroite, elle éprouvera une très vive douleur pour son mari, qui paraît être l’objet du blâme universel, et à qui elle était très tendrement attachée. J’attends avec bien de l’impatience et de l’inquiétude une lettre d’elle.

Je me suis chargé de revoir la traduction de Corinne, et on m’en a déjà fait passer la première feuille: ce n’est vraiment pas une chose facile. Je doute que la langue ita­lienne ait assez de nuances, assez de finesse pour rendre ce que vous avez dit, ou du moins, si ces nuances existent,

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il faudrait un talent égal au vôtre pour les trouver. Entre le traducteur et moi nous ferons cependant, j’espère, quel­que chose de moins mauvais qu’on ne l’aura fait ailleurs. Je ne suis pas mécontent de ce que j’ai vu de son com­mencement, il faut seulement que lui aussi ne soit pas mécontent de mes corrections. Seulement c’est d’une tra­duction seulement qu’ il faut attendre une grande publicité en Italie. Personne n’y lit les journaux italiens, et ils ne valent en effet pas la peine d’être lus. Les communications sont encore à présent si difficiles et si.... les libraires n'ont point le courage de faire venir les livres qui leur sont le plus....

J’ai reçu ie n.° du Pabliciste que vous m’avez envoyé, et il a excité de nouveau une bien vive reconnaissance; 41 y a tant d’esprit dans cet article, il est écrit d’une ma­nière si distinguée, qu’il me semble fait pour attirer for­cément l’attention sur le livre dont vous faites un si grand éloge. Mes parents en ont été touchés ici jusqu’aux larmes. Mais je suis bien impatient de voir ce que diront ceux qui ne sont pas les amis, et j’attends les articles du Journal de l'Empire et du Mercure avec une impatience dont je ne suis pas maître. Les autres journaux qui vous sont dé­voués n’ont-ils encore rien dit de Corinne? Comment ont été les articles de la Revue et des Archives littéraires? Je les ai demandés en vain à Florence : personne ne les y reçoit.

Avez-vous eu la bonté de dire à M. de Barante com­bien j’avais été touché de sa lettre et de sa recommanda­tion? C’est par discrétion que je ne lui ai pas écrit de nouveau, mais je voudrais bien recevoir des nouvelles de Prosper. Je pense qu’il va enfin quitter la Silésie. Dites aussi des choses affectueuses de ma part à M me Rilliet. Personne, absolument personne ne m’a écrit à l’occasion de l’envoi de mon livre à Genève, et je me trouve moi- même à présent embarrassé pour écrire le premier. J’attends cependant le départ de mon père pour le charger d'une

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lettre pour M me Rilliet. Depuis deux mois je n’ai point de nouvelles de Gessner: enfin je me trouve dans un iso­lement qui me cause quelquefois une extrême tristesse.

Ne me laissez pas, chère amie, dans une solitude si profonde, pensez à moi avec bonté, écrivez-moi et ména­gez-moi l’espérance et le bonheur de vous revoir bientôt. Dites à Schlegel combien sincèrement je lui suis attaché. J’attends avec beaucoup d’impatience sa critique sur Phèdre.

[NelI’Archlvio del Castello di Coppet],

70.

A 1SABELLA TEOTOCHI ALBR1ZZI

Pescia, 27 août 1807.

La solitude dans laquelle je vis ici, mon aimable amie, détruit tellement en moi tout mouvement, toute inspiration, qu'il ne me reste pas seulement assez d’esprit pour écrire un article pour les journaux; je me suis essayé à plusieurs reprises à faire un extrait de Corinne, mais j’ai trouvé chaque fois ce que j’avais écrit si froid, si ennuyeux, si indigne du sujet, que je l'ai toujours déchiré l). J’y renonce à présent, d’autant plus qu’il me semble que le moment est passé, à présent le livre doit être jugé par lui-même et non plus d’après les journaux.

Cependant on en prépare une traduction italienne chez Guglielmo Piatti à Florence ; lorsqu'elle paraîtra, peut-être conviendra-t-il de nouveau d'en occuper le public. Pour me consoler ou me faire illusion sur ma stupidité actuelle

') Quest’affermazione contrasta con quanto abbiamo visto a pp. 160-1 : evidentemente lo scrittore, non avendogli la Gaz­zetta di Genova pubblicato l’articolo nel testo integrale, pre­feriva che fosse ignorato, tanto più che era anonimo.

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je me dis qu’on peut faire des livres avec la pknsée que l’on trouve toute entière en soi-même, mais que la litté­rature légère est fille de l’esprit, et que ce dernier ne s’éveille que par la conversation, n’a de la vie que dans une société aimable, et s’il m’était possible de vous pein­dre ce que c’est que la société toute entière qu’on trouve ici, ma mère seule exceptée, vous ne me blâmeriez pas, mais vous auriez de moi une profonde pitié.

Je ne sais si je serai bientôt tout à fait mort, comme tous ces êtres qui se disent vivants, au milieu desquels je me trouve. Du moins je sens que quelquesunes de mes facultés ne sont encore nullement éteintes, et avant tout ma tendresse pour ceux que j’aime, ensuite ma curiosité et mon impatience: vous avez, madame, éveillé ces deux dernières en me promettant un petit ouvrage de vous, dont vous ne me dites ni la nature ni le sujet. Je l’attends avec le plus vif désir de le connaître, mais pour de l’in­dulgence à vous, aimable amie, non, je ne vous en pro­mets point: il faut la réserver pour ceux qui en ont besoin et qui pourraient s’en passer mieux que vous!

Je pense que la Cornera qui doit vous avoir porté Co­rinne reporte également à Florence et à peu de frais les petits paquets, en sorte que vous pourriez me l’adresser ici par ce moyen le plus simple de tous. Cependant si vous en envoyez par quelqu’autre route que vous croyiez plus sûre à Mad.me Therèse Fabbroni, ou à la Comtesse d’Al- bany, qui toutes deux, je crois, sont nos amies communes à Florence, vous pourriez y joindre l’exemplaire que vous avez la bonté de me destiner.

Vous me dites, aimable amie, sur mon livre les choses les plus obligeantes et les plus flatteuses. Je suis bien heu­reux s’il a eu l’approbation de vous et de vos amis; ce sont sans doute les meilleurs juges que je puisse trouver en Italie, mais, je l’avoue, je désirerais dans ce pays, dont je fais l’histoire, un succès un peu plus universel.

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Mon libraire se plaignait, il y a quelque temps, que de toute l’Italie on ne lui en avait pas encore demandé un seul exemplaire, et tandis que d ’un bout à l’autre de l’Al­lemagne, malgré la guerre, on le trouverait chez tous les libraires, ce pays-ci, qui semble devoir y prendre plus d’in­térêt, est le seul où il ne s'en soit point vendu.

Je ne sais si je dois attribuer ce manque de succès à la hardiesse de quelquesunes de mes opinions qui peuvent avoir blessé, ou seulement à ce que les libraires sont sans activité et toutes les communications très difficiles. De tou­tes manières je désirerais fort que quelques journaux ré­veillassent l’attention des Italiens sur un livre consacré à la gloire de leurs ancêtres: quand même ces journaux devraient le critiquer amèrement, je préférerais leur condamnation à leur silence.

Au reste, quoique mon libraire (un fils du fameux Ges- sner) se plaigne de l’Italie, comme la France et surtout l’Allemagne lui ont donné bien plus d’encouragement, il ne renonce point à son entreprise et il me promet pour le 1er janvier, au plus tard, le 3e et 4° volumes. Je m’em­presserai, mon aimable amie, de vous les faire parvenir dès que je les aurai moi-même, et je désire bien qu’ils puissent ne pas rester au-dessous de la bonne opinion que vous avez daigné former des premiers.

Je réponds à votre ami du Friuli sur une feuille séparée; agréez cependant l’assurance de mon tendre attachement et de mon inaltérable respect.

[Pubblicata d a Ja c o p o C o m i n , Lettere inedite per Nozze Calcagno-S. Marzano, Napoli, 1874, pp. 25-8, e da T. L o d i , Art. cit., dall’autografo délia Nazlonale di Flrenze],

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71.

A GUGLIELMO PIATTI

F iren ze .

Pescia, 17 settembre 1807.

Sono ormai più di sei settimane che sono privo d’ogni sua nuova: ella mi aveva annunziato che mi trasmetterebbe i quinterni della traduzione di Corinne, ma dopo il primo non he ho più veduto nessuno. Nonostante ella sì ram­menterà che mi aveva promesso d’usare gran diligenza, tanto più che mi ero disfatto della mia unica copia, quando ne avevo tuttavia bisogno, levandola a mia sorella, che non l’ha ancora letta. In questo frattempo lei deve aver ricevuto quelle copie che aspettava da Parigi, onde la prego rimandarmi la mia, e nell’istesso tempo farmi sa­pere come procede la traduzione, affinchè io ne possa ragguagliare l’autore. Intanto mi creda, ecc.

[Nella cit. Autografateci Bastogl; fu già pubbl. da C. P e l l e ­g r i n i , // Sismondi cit., p. 30].

72.

A MADAME DE STAËL

COPPET.

Pescia, 24 septembre 1807.

J’ai laissé passer, chère amie, tout près d’un mois sans vous écrire: non pas que j ’aie, il s’en faut bien, la ridicule prétention de compter avec vous et d’attendre vos répon­ses pour répliquer, mais parce que dans ma solitude, dans

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mon exil loin de toute espèce de monde et de société, les jours passent sans m’apporter jamais rien de nouveau, ni idée ni sentiment. Il me semble que je suis toujours au même point, au même instant. De cette fatigante monotonie il ne peut résulter que du sommeil pour moi-même, qu’un ennui mortel pour mes amis. Il semble même que les lettres et les courriers vont pour moi plusjlentement, comme le sang se rallentit dans sa circulation aux approches du dernier engourdissement. Je n’ai point de réponse de M.me Maz- zei-Landi, à qui j’ai envoyé votre lettre, je n’en ai point du libraire à qui j’ai écrit à plusieurs reprises pour avoir des nouvelles de sa traduction de Corinne: elle devrait déjà paraître, il l’avait annoncée comme sous presse dans la Gazette toscane, et son silence actuel me fait craindre qu’il n’ait perdu courage après avoir essayé, peut-être vainement, de traduire et d’imiter un style dont rien ne saurait approcher. Ni Auguste, ni Benjamin ne m’ont point répondu, Schlegel ne m’a point envoyé sa brochure, en sorte que je n’ai de nouvelles de ce qui vous entoure que par vous-même. S’il y a aujourd’hui quelque grand inté­rêt en France, s’il y a quelque nouvelle ou politique ou littéraire dont tout le monde s’occupe, j’en ignore abso­lument l’existence. Je suis hors de la vie : que dirais-je à mes amis? Que je les aime; c’est un sentiment qui ne peut jamais changer, et sur lequel il n’y aura jamais rien de nouveau, mais mes pensées ne peuvent plus être les leurs: il y aurait à cette réflexion de quoi me faire deve­nir fou. Les seules nouvelles que j’aie avec régularité sont celles de M.me Brun, parce que là il y a beaucoup de malheur et de souffrance. Son inquiétude et son tourment pour sa patrie est à présent au point qu’ Ida n’est plus pour elle qu’un intérêt secondaire, son fils a pris les armes, ses amis en lui écrivant lui ont communiqué leur énergie et leur enthousiasme. Tous ils étaient attachés de coeur à l’Angleterre, à la cause de la liberté de l’Europe, et leur

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indignation pour cette attaque perfide, qui ruinera une nation amie et fidèle à tous ses devoirs, est égale à l’injure. Cette action odieuse m’a fait à moi aussi plus de mal que toutes les calamités dont nous avons été témoins. J’étais accoutumé à penser que pendant que d’autres trouvaient toutes les voies bonnes et licites pour arriver à leurs fins,il restait une nation sur la terre fidèle aux grands princi­pes de l’honneur et de la morale, qui n’admettait pas la possibilité d’arriver à un grand avantage par une grande injustice, qui jugeant elle-même tous les plans, toutes les actions de son gouvernement ne lui permettrait pas de compenser les crimes par des victoires. Ils m’ont tiré de cette confiance, ils m’ont appris à mépriser tous mes con­temporains, ils m’ont désintéressé de ma propre cause. A présent je fais des vœux pour que le Danemark ne suc­combe pas, mais j’en fais surtout de bien sincères pour que Channing et tout le ministère soient impeached dans le prochain parlement, pour qu’on leur demande compte de l’honneur national et pour que par une punition écla­tante on lave un crime dont la nation ne doit pas rester chargée. Comme votre père avait raison quand il disait que la morale était la meilleure régie de politique ! Ils s’en sont écartés pour commettre une action non moins imprudente, non moins désastreuse pour eux qu’elle est honteuse. S’ils réussissent, et leur armée et leur flotte peuvent devenir la proie des Français dès que l’hiver fermera la Baltique, et combien la non-réussite est plus probable, combien de mal ceriain sans apparence de bien !

Pouvez-vous me dire, chère amie, pourquoi pas un seul journal français n’a dit un mot de mon histoire, à la réserve de ParticÎe que vous aviez écrit avec tant de bonté ?Il me semble que l’ouvrage était bien assez important par son sujet, par les principes qu’il exposait, pour être tout au moins critiqué avec amertume, car j’aurais mieux aimé ce sort que d’être passé ainsi absolument sous silence. Quand

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je vois les journaux donner jusqu’à trois ou quatre extraits des Remarques sur le Dictionnaire de l'Académie et se taire sur moi, il me semble qu’ils me mettent bien bas. J’en ^suis mortifié, et cependant heureusement la réputation parmi les contemporains n’était pas le but que je me pro­posais en écrivant: j^en appelle à un autre siècle où l’on s’étonnera peut-être qu’il soit resté un homme libre dans celui-ci. J’en appelle à une autre nation que la française, et si mon livre est tombé absolument chez celle-ci, je crois encore qu’ il pourra se relever chez d’autres. Jusqu’à ce du moins qu’il en vienne un autre qui remplisse mieux que moi ce période si important et si inconnu de l’histoire, qu’on n’avait point encore traité. Malgré cette mortification, je suis relevé dans mes espérances en voyant mes deux autres ouvrages, que j’avais moi-même oubliés, continuer leur chemin sans que je m’en mêle et me faire nommer en quinze jours à deux Académies dont je ne savais pas même l’existence. L’une est à Cagliari *). Je ne supposais pas que des livres français arrivassent à une journée de distance de Carthage.

Adieu, chère amie, assurez-vous que malgré mon engour­dissement, enterré vivant comme je suis, je vous aime encore de toute mon âme. Je ne querelle pas Benjamin qui peut-être a mal aux yeux, mais Auguste aurait pu me répondre et me donner mille détails sur vous que je ne saurai jamais de vous-même. Adieu. Beaucoup d’amitiés à Schîegel.

[Nell’Archlrio del Castello di Coppet].

*) Si tratta dell’Accademia agraria cagliaritana, della quale il Sismondi era stato chiamato a far parte nel maggio 1806.

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73.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 4 octobre 1807.

Vous me présentez, chère amie, une espérance à me faire tourner la tête de joie, lorsque vous m’invitez à vous aller joindre à Vienne, pour vous accompagner ensuite au travers d’une partie de l’Allemagne. J’ai toujours compté pour le plus grand bonheur de ma vie celui de vous con­naître, et pour le temps où j’en ai le mieux joui, celui où j’ai voyagé avec vous. Voyager encore avec vous, fût-ce dans le pays le plus monotone et le plus insipide, me pa­raissait désormais un bonheur au delà de mes espérances, voyager en Allemagne était aussi un de mes châteaux en Espagne favoris, mais je ne savais quand ni comment je le réaliserais. Malgré que ce projet comparé à celui de votre voyage à Rome éloigne pour moi le moment où je vous verrai, il me satisfait bien davantage. Il aurait fallu dans l’autre quitter ma mère au commencement de l’hiver, saison où elle a le plus besoin de société, où sa position est la plus triste et où elle est le plus facilement atteinte de vapeurs. Il aurait fallu la quitter malheureuse pour aller jouir» pour aller être auprès de vous aussi heureux que je puisse l’être: ce contraste avait quelque chose de cruel pour moi. Si vous ne verrez pas en Italie je ne quitterai point ma mère de tout l’hiver, je ne lui ôterai rien du temps que je lui ai promis, et vous m’en dédommagerez ensuite, car après l’Allemagne vous me faites espérer le reste de l’été à Coppet. C’est aussi là un changement dans vos projets, qui me fait entrevoir qu’au milieu de la vie tumultueuse que vous y avez menée cet été, vous y avez moins souffert que les autres années. Vous avez le coeur

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triste au milieu de ce tourbillon, me dites vous. Hélas!Il y a de quoi avoir le coeur triste seulement aux événe­ments qui vous atteignent tous, mais ce n’est pas comme cela que vous me parliez d’Auxerre ou de Rome, votre coeur n’y était pas triste mais déchiré: je dois conclure de cette différence que si celui que vous n’aimez pas ne vous traite pas mieux qu’à l’ordinaire, ceux que vous aimez vous ménagent davantage. J’attends avec impatience et anxiété quelque lueur sur vos relations avec Benjamin. Mais je n’ose plus en parler, je suis trop éloigné et de lieu et de temps. Une fois séparés, vous ne m’avez plus écrit sur ce dont vous me parliez à coeur ouvert, je suis donc resté sur les impressions que vous receviez vous-même au mo­ment où je vous quittai ; peut-être, et je le crois, je l’espère, tout est-il changé dès lors. Ce doit être cependant une chose bien extraordinaire que votre château, avec votre belle amie, et la cour qu’on lui fait, et le Prince son adorateurJ). Je voudrais voir cette lanterne magique quelquefois, mais

{ ce que je regrette ce n’est pas ce tourbillon, ce sont nos ‘ déjeuners dans votre chambre, avec la famille seulement S Benjamin et Schlegel et votre cousine: c’est là qu’est mon icoeur, le souvenir m’en revient souvent comme ces rives qu’on dit des avant-goûts du Paradis, et j’ai peine à croire alors que j’aie pu être assez heureux pour vivre dans cette autre sphère, dans ce monde qui ne ressemble point à celui-ci. Le chuchotage autour d’une belle femme aura rem­placé ces conversations qui n’avaient point eu d’égales. Je ne suis pas seul à croire que votre château était plus agréa­ble, plus unique au monde quand vous y étiez seule sou­veraine.

Depuis longtemps vous ne m’avez dit un seul mot de Prosper: est-il à Bresmire? A-t-il passé par Genève avant

') Allusione a Madame Récamier e al Principe Augusto di Prussia, ambedue ospiti della Staël.

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de se rendre à sa triste sous-préfecture? Son père est-il content, n’attendait-t-il pas davantage? Maurice et lui, entrés en même temps au rang des auditeurs, en sortent d’une manière bien différente, et cependant il avait fait une vie bien plus pénible que Maurice.

Je m’étais abonné au Pabliciste, de manière que, par lui du moins, je savais encore quelque chose de ce qui se passait sur la terre des vivants, mais je ne sais pourquoi MM. les Directeurs m’en ont suspendu l’envoi depuis envi­ron quinze jours. Peut-être y a-t-il de la négligence de Oessner mon libraire que j’avais chargé de les payer, ce­pendant par cette suspension je suis tombé dans une nuit plus profonde encore que celle dont je me suis plaint si souvent. Mais votre charmante lettre m’a rendu un peu de vie; tant que cette provision dure je continue à battre des ailes comme ces oiseaux automates dont on a remonté les rouages. Je resterai ensuite Cvjtnme eux immobile, lorsque la dernière pensée qu’a éveillé en moi cette lettre s'envo­lera loin de moi. Je voudrais ne pas fermer cette-ci sans vous donner quelque nouvelle de la traduction. J’attends par le courrier d’aujourd’hui une réponse de Piatti, à qui j’ai écrit encore une fois, mais il est négligent comme tous les libraires. Il y a un temps infini qu’il ne me répond plus; je n’attendrais rien non plus aujourd’hui si je n’avais pas par ma dernière lettre réveillé une idée vague que je pourrais lui faire quelque avantage. Je croirais assez pro­bable qu’il faudra lui offrir quelqu’argent, si, comme je le soupçonne, son traducteur effrayé de la difficulté a de­mandé un e paie plus considérable que lui ait refusée. Je négocierai cette affaire au meilleur prix possible, me sou­venant que vous m’avez autorisé à aller jusqu’à vingt cinq louis. J’espère rester au dessous, et il me semble que le plus simple sera que je tire sur MM. Hentsch une lettre de change pour ce que j’aurai à lui payer.

Faites un peu parler de Weg. sur le caractère, l’esprit,

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les dispositions et la fortune de cette demoiselle Prev. Il a eu beaucoup de part à son éducation, et doit bien la con­naître: il me semble me souvenir qu’elle a sur la figure quelque chose de pert and saacy qui me déplairait singu­lièrement s’il était aussi dans le caractère.

Lundi 5 octobre. — J’ai reçu une lettre de Piatti: la traduction était suspendue par l’absence de ce libraire, et par la maladie du traducteur, mais elle va recommencer avec activité, et Mad.me Mazzei a achevé celle des morceaux de poésie. II n’y a donc point de marché positif avec le libraire, je lui ai seulement dit et écrit ensuite que je pourrais l’ai­der, ou lever les obstacles s’ils s’en présentent. Voyez en conséquence si vous voudriez lui faire un petit présent, ou le faire au traducteur (qui cependant est déjà payé, tandis que le libraire seul prend sur lui les chances), ou enfin souscrire seulement pour un certain nombre d’exemplaires, ce qu’il regardera également comme une gratification, et qui cependant vous donnerait la facilité d’en répandre en Italie. J'attendrai là-dessus vos ordres. J’ai reçu en même temps la lettre de Benjamin, une excellente lettre et d’un vrai ami: je lui répondrai incessamment. Je me réjouis ce­pendant de vous voir tous entreprendre des tragédies : c’est au milieu de vos représentations que vous devez avoir le plus de talent pour écrire dans ce genre, et je comprends comment c’est la gloire littéraire qu’on peut encore ambi­tionner le plus. C’est le genre d’écrits où il faut mêler l’esprit étranger avec le plus de modération, parce que la multitude doit voir et juger les tragédies: les lecteurs des autres ouvrages appartiennent moins essentiellement à la nation. Vous avez l’un et l’autre par vous-mêmes assez de l’esprit étranger, dans ce cas-ci, et dans celui-ci seule­ment, n’empruntez point de celui de Schlegel qui est fort bon à prendre dans tout autre. Quels transports de joie pour moi, si je puis l’année prochaine vous revoir jouer ces tragédies! Ne permettez pas à Benjamin de se décou­

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rager: qu’il aille jusqu’au bout, la gloire qui l’attend est très proche, qu’ il la saisisse enfin. Adieu, excellente amie, je vous aime plus éperdument que jamais. Bonstetten se plaint beaucoup de vous, et discours et silence, lis ne sa­vent point encore la prise de Copenhague.

[N ell’Arcblvio del Castello di Coppet].

7 4 .

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

V e n e z ia .

P e s c ia , 2 2 o c t o b r e 1 8 0 7 .

En recevant il y a quatre jours, mon aimable amie, vo­tre lettre longtemps retardée du 14 septembre, et le joli présent qui l’accompagne, j écrivis à la direction des pos­tes à Florence pour découvrir d’où venait le retard de vo­tre exemplaire de Corinne. Le Directeur me répond ce matin que ce paquet est parti pour Venise dès le 28 juil­let dernier par le conducteur Pagani. Tous les paquets portés par ces conducteurs, ajoute-t-il, sont déposés à la Douane, et celui-ci dès son arrivée aura été déposé à la « Dogana di Consumo » à Venise, où je vous prie de vou­loir bien le faire demander, le conducteur ayant apparem­ment oublié de vous faire avertir de son arrivée. C’est un paquet couvert de papier' blanc et cacheté, à votre adresse»

Que je vous remercie cependant mille et mille fois, aimable amie, des charmar.ts portraits que vous m’avez envoyés. Je les ai lus avec un plaisir bien vif, même lorsque je ne connaissais pas les originaux j’étais entraîné par la vérité de la peinture. II y a quelque chose de si complet

13. — SISMONDI, E plsto lario . I.

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dans les caractères que vous avez saisi avec tant de finesse et de justesse, tous les rapports de l’esprit et du coeur, tous les aspects sous lesquels le même individu peut être représenté, que lors même que cet individu a des bizarre­ries, et qu’on ne le connaît pas, on demeure convaincu que son portrait doit être frappant de ressemblance. Mais tous vos portraits ne me représentent pas des inconnus, entre seize il y en a sept dont j’ai vu tout au moins les originaux, et celui qui m’a le plus frappé, celui qui excite le plus vif et le plus tendre intérêt, celui de M. Albrizzi, répond bien entièrement au souvenir que j ’avais gardé de lui. Je l’ai trop peu connu sans doute, et le portrait que vous en faites donnerait le désir de le connaître davantage à ceux-mêmes qui auraient vécu le plus longtemps près de lui. Mais ce portrait, et d’autres encore, m’ont fait sentir avec joie que vous êtes heureuse, que vous avez dû l’être, entourée comme vous l’avez été d’êtres aussi distingués que votre mari, votre père, et le plus précieux de vos amis. Quelquesuns de ceux-là ne nous ont été prêtés que pour un temps, mais c’est un bonheur qui s’étend sur toute la vie que d’avoir passé quelques années avec de semblables amis. Les portraits de Cesarotti et d’Alfieri parmi les hom­mes que j’ai connus, ceux de d’Hancarville et de Cervoni parmi les hommes que je ne connais pas, m’ont fait sentir le plus vivement cette finesse d’aperçus, cette justesse de critique, ce mélange de bonne plaisanterie dans un style élevé, et au milieu de pensées profondes, qui donnent un charme indicible à ce petit ouvrage. Quant aux anonymes, probablement je n’en ai connu aucun, mais ils excitent bien vivement ma curiosité, et surtout le 5e, dont je vou­drais savoir le nom.

J’ai lu quelquesuns de ces portraits avec un homme qui a été il y a neuf ans votre médecin aux bains de Pise, et qui désire être rappelé à votre souvenir, le docteur Tor- rigiani. 11 m’a dit que dans ce temps-là vous lui aviez fait

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lire d’autres portraits, des gens que vous aviez connus dans vos voyages, et il en avait conservé le plus agréable sou­venir. Mais je voudrais que vous ne vous limitassiez pas à écrire des portraits détachés, j’espère que vous travaillez à quelque plus long ouvrage, à quelque ouvrage où vous vous peindrez davantage vous-même. Je voudrais un roman de vous; c’est un genre qui manque à l’Italie, et où les femmes réussissent, je crois, mieux que les hommes; je voudrais que, par votre exemple, vous fissiez revenir vos compatriotes adoptifs des injustes préjugés qu’ils conser­vent contre une partie de la littérature qui a plus d’influence qu’on ne pense sur l’ instruction et la culture nationale. A propos de compatriotes, dites-moi, je vous prie, comment la République Septinsulaire s’accommode de la nouvelle ré­volution qu’elle vient d’éprouver, et jusqu’à quel point on y a souffert du changement de protecteurs ; dites-moi sur­tout ce qu’ils augurent pour leur avenir, je m’intéresse aux Sept lies comme à une seconde patrie, parce qu’ il me semble y voir le berceau d’une nouvelle liberté et d’une nation renaissante.

Mon livre est en effet demeuré absolument inconnu en \ Italie ; mon libraire l’a vainement offert à ses correspondants, \on ne lui en a demandé aucun. Je voudrais que quelque ami me rendit le service de l’annoncer dans les journaux; en attendant, dès que j’en aurai reçu quelques exemplaires qui depuis un temps infini sont en voyage, j’en enverrai un au Prof. Cesarotti. Il y a longtemps que je le lui aurais envoyé si les diligences, les postes, et tous les moyens de communication en Italie n’étaie/it pas indignement négligés.

Recevez, aimable amie, l’assurance de mon inaltérable attachement, de ma reconnaissance et de mon respect.

[Pubblicata da T. Lodi, Art. cit., dall’autografo délia Natio­nale di Firenze],

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1 9 6 G. C. L, SISMONDI

75.

A MADAME DE STAËL

COPPET.

Pescia, 2 novembre 1807.

Depuis votre excellente lettre, aimable amie, j’ai eu plu­sieurs fois encore indirectement de vos nouvelles: on m’écrit dé Genève que vous êtes toujours dans le même tourbillon de fêtes et de cour brillante, qu’il dépend de vous d’attirer partout où vous vous fixerez, mais qui étonne toujours les spectateurs, et d’autre part Bonstetten me ré­pète que vous avez écrit a M.me Brun que vous seriez peut-être à Rome au moment où nous vous y attendrions le moins. Le beau soleil d’automne doit être favorable aux projets que l’on place en Italie. Jamais on n'attache plus de prix au climat, que lorsque l’on jouit tant des beaux

;, jours, et qu’on se sent si près de les voir finir. C’est d’à■ > présent seulement que je redeviens sensible aux avantages

î de ce pays sur le nôtre; j’oublie en me chauffant au soleil■ la monotonie de la ville, et la sottise de la société qu’elle

contient. J’aimerais vous la faire voir cette petite ville pour huit jours: c’est une chose curieuse à observer, comme une suite de cette mort qui descend d’en haut sur les peuples, comme l’écrasement sous le double poids du gouverne­ment et de la religion. Il y a ici une jolie femme dont l’amitié pour ma soeur se serait facilement étendue jusqu’à moi, et qui un peu plus éclairée que les autres montre de l’avidité d’en savoir davantage. J’aurais voulu lui conseiller quelques lectures, la mettre sur la voie de quelques idées qui pussent nourrir sa conversation d’autre chose que ses habits ou ses amourettes; elle le désirait aussi, et c’est alors que j’ai senti comme tous les efforts de l’esprit allaient

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EPiSTOLARIO 197

se briser contre la barrière des livres prohibés : elle entoure toutes les pensées, elle comprend tout ce qui vaut la peine de fixer un moment l’attention. Et si quelques livres sont encore permis, l’interdiction de tous les autres rend ceux-là ' même inutiles, car on n’est point en état de les compren­dre. Nous ne pensons guère aux études préparatoires qu’il faut faire pour lire un roman, et cependant un roman n’est réellement pas à leur portée. Je ne parle point de ceux où vous seule savez faire entrer la plus sublime phi­losophie et l’étude du cœur humain dans toutes ses pro­fondeurs; je parle de ces romans à l’eau claire, comme j ceux d’Auguste Lafontaine, dont il semble que tous les yeux pourraient voir le fond. Ni les hommes ni les femmes j n’ont ici la plus légère idée des mœurs étrangères dans I lesquelles il faudrait se transporter, ils ne comprennent ni délicatesse ni convenance, aucun portrait d’après nature ne peut ressembler à leurs yeux; et s’ils lisent cependant quel­ques romans, entraînés par l’intérêt de l’intrigue, tout ce qui en constitue le mérite leur échappe. Aussi dans chaque maison a-t-on le plus souvent pour bibliothèque un bon livre : s’il arrive jamais qu’on le finisse, on le recommence, et quelques-uns s’étonnent après de ce qu’ils n’aiment point la lecture et n’y trouvent pas de plaisir. Après les Avver- timenti per una donna civile, ou le Cortigiano istruito, qui \ suffisent bien pour former la bibliothèque de la plupart l des gentilshommes du pays, on voit cependant quelquefois Ariosto, le Tasse et Métastase, ou les poètes héroï-comi- j ques du genre « bernesco » dont l’Italie a produit un si grand nombre. Quoique ceux-ci ¿oient le plus souvent très graveleux, l’Église a fermé les yeux ou ne les défend que faiblement. La poésie est la lecture la plus permise, j ‘

comme elle est aussi la plus dans le goût de la nation; comme elle transporte dans im monde imaginaire, il n’y a pas besoin de rien connaître à celui que nous habitons pour la goûter. On peut lire l’Arioste, ou le Morgant Mag-

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1 9 8 0 . C. L . SISMONDI

giore sans s’être formé aucune idée ou du cœur de l’homme ou de la société; on peut achever cette lecture sans qu’elle ait éveillé en vous une seule réflexion applicable, et par conséquent dangereuse. Mais l’histoire, les voyages, les

« romans, la morale de société, Dioguardif II vaudrait autant lire des livres de philosophie ou de politique. Aussi est-ce une chose divertissante que la fortune qu’on peut faire

i avec des lieux communs ? Mon père par paresse ou mau­vaise habitude se laisse aller assez souvent à répéter de ces phrases banales, qui ne sont pas devenues des proverbes seulement parce que l’application en serait trop fréquente. Ces sentences dorées lui ont gagné la réputation de grand philosophe, et je suis souvent confondu d’entendre répéter avec emphase comme un mot heureux de mon père, ce qui serait un mot de tout le monde, si tout le monde ne s’en était déjà lassé. A propos de lui, vous avez eu la bonté

, de l’inviter au spectacle û’Andromaqae *), et il en est revenu■ enchanté; il nous en parle dans ses lettres comme de la

plus belle chose qu’il ait vue, et de la prévenance avec laquelle vous l’avez accueilli comme d’une nouvelle preuve de votre bonté à laquelle il a été vivement sensible. J’espère qu’on m’écrira bientôt aussi l’effet que fera Geneviève de Bra.ba.nt3) ....de celle-ci sera plus durable, puisque vous ne

4) In questo tempo la Staël, per distrarsi durante il forzato soggiorno in Svizzera, organizzò una serie di rappresentazioni drammatiche: ntWAndromaque raciniana le parti principali furono sostenute da lei stessa (Hermione), da M me Récamier (Androma- que) e da B. Constant (Pyrrhus).

2) Un frequentatore di Coppet, François Oaudot, scrive in questo stesso periodo di tempo (2 ott.) da Ginevra: « Ma pre­mière lettre vous parlera sans doute comédie de Coppet. Je verrai demain M me de Staël ici. Elle fait un drame de Gene­viève de Brabant, en faveur de ses enfants ; M. Constant traduit en vers français la tragédie allemande de Wallenstein, M. de Sabran travaille à une comédie dont le titre sera Le Grand

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la partagez avec personne, et que.... n’aurait point été admis dans la galerie de Coppet, pourront du moins lire la pièce. La première fois que j’entrerai à la Bibliothèque du Couvent de nos capucins, je chercherai dans le grand recueil de la vie des saints la vie de cette Geneviève pour en savoir quelque chose, car à vrai dire je ne sais pas du tout ni qui elle est ni ce qui lui est arrivé, et je serais cu­rieux d’apprendre où vous-même avez pris son histoire.

Schlegel, qui ne trouve aucune révolution complète s’il y manque une comète, sait-il que celle de 1769 parut huit jours avant la naissance de Bfonaparte], et que nous en avons une autre à présent? Quelle belle occasion si nous avions seulement une petite circonstance de plus d’appliquer votre vers favori de Properce: — viximus insignes inter utramque facem !

On assure à Livourne comme un fait constant que le Roi du Portugal est parti pour le Brésil avec toute sa cour, et que par une proclamation laissée à son départ, il a menacé d’envahir les Colonies Espagnoles si l’on attaquait ses états d’Europe. Les journaux n’en parlent point encore, et j’en doute, parce que ce serait la première chose rai­sonnable qui se fût faite depuis dix ans. Mais vous aurez peut-être des nouvelles de D. Pedro. J’attends avec vive impatience une lettre de vous qui me fasse connaître vos déterminations. J’ai reçu celle d’Auguste, et je vous prie de vouloir bien l’en remercier de ma part avec effusion. Adieu, excellente amie. Je suis toujours tenté de vous dire comme S.‘ Jean: — Seigneur qui sais toute chose, tu sais si je t’aime. — Mille choses à Benjamin, qui aura, je l’espère, reçu ma lettre. Je n’ai depuis bien longtemps vu personne qui vous intéresse, ni entendu dire rien qui vaille la peine de vous être répété. Nous ne savons encore du voyage de

Monde. La première pièce du répertoire est Phèdre. . . . . . Pub­blicata dal K o h l e r , Op. cit., p. 473.

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2 0 0 0 . C. L. SISMONDI

l’Empereur que les préparatifs immenses qui se font à Venise pour le recevoir. Notre Reine partait pour aller au devant de lui, mais dans le doute sur sa venue, elle a su­spendu son voyage.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet],

76.

A GUGLIELMO PIATTI

F i r e n z e .

Pescia, 9 novembre 1807.

Io vi ho scritto più d'una volta per pregarvi di darmi delle nuove di vostra traduzione di Corinna, soggiungendo che io ero autorizzato dall’autore a togliere molte difficoltà, quando anche queste fossero pecuniarie, ed infatti vengo autorizzato con sua ultima lettera a soscrivere per un nu- meio rispettabile di copie di quella traduzione. Vi prego dunque a questa volta rispondermi con dettaglio, e spie­garmi perchè non è ancora annunziata, perchè non è escita fuora, giacché ha avuto tre o quattro volte il tempo ne­cessario per tradurla, perchè non mi avete più mandato nessuna prova, a che foglio siete, quando comparirà, quanto costerà. Ché in risposta a quest’ultima domanda vi dirò il numero che ne piglierò per l’autore e vi darò una cam- bialina in pagamento

Intanto crediatemi con stima e considerazione, ecc.

[Nell’Autografateci Bastogi; pubbl. de C. P e l l e g r i n i , il Si- sniondi cit., pp. 30-1].

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EPISTOLARIO 20 1

77.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir e n z e .

Pescia, 16 novembre 1807.

M’ero lusingato di dover ricevere una pronta risposta alla mia lettera del dì otto, colla quale gli annunziavo l’in­tenzione di fare un sacrifizio pecuniario per affrettare la traduzione e pubblicazione di Corinna, e gli domandavo in conseguenza d’avvisarmi dello stato di quella traduzione, del momento in cui si metterebbe alla luce, del prezzo, di tutto quel finalmente che la concerne. Abbia la bontà di rispondermi senza ritardo, giacché aspetto quella risposta per scrivere all’autore.

Intanto mi creda con vera stima, ecc.

[NeU’Autografoteca Bastogi; p u b b l. d a C. P e l l e g r i n i , I l Si- smondi c i t . , p . 3 1 ].

78.

A MADAME DE STAËL

L o s a n n a .

Pescia, 16 novembre 1 8 0 7 .

Si vous avez persisté, chère amie, dans l’ intention que m’annonçait votre lettre du 31 octobre, vous partiriez aujourd’hui, ou vous seriez' partie. J’aime mieux qu’il n'en soit rien : il fait un temps si épouvantable que je le trou­verais de mauvais augure pour commencer un voyage.

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2 0 2 0 . C. L . SISMONDI

Obscur au point, que je ne vois pas pour écrire, au milieu de la matinée; le tonnerre ne cesse pas de gronder et la pluie tombe avec une telle violence que les rivières rom­pent leurs digues, et que tout le bas de cette vallée va se trouver de nouveau inondé. Encore qu’il ne soit point certain que ces orages s’étendent si loin, j’aime mieux vous croire auprès d’un beau feu, dans les bonnes chambres de votre château, que de vous supposer en voyage, et de re­garder après vous au travers d’un ciel si troublé. J’aime mieux encore un délai, parce qu’autant vous différez d'aller, autant vous différerez sans doute de revenir, et ce seront des semaines gagnées pour ma mère. Je suis encore ému d’avoir dû annoncer notre projet de Vienne à ma mère; et quoiqu’elle sente, presque comme moi, combien vous êtes bonne, et combien je suis heureux de pouvoir faire encore ce voyage avec vous, elle en a éprouvé une vive douleur parce que cela fixe aussi le moment de mon dé­part, qu’elle se plaisait jusqu’alors à tenir incertain, et qu’elle espérait sans doute différer. Je ne puis pas vous en parler, chère amie: si je vous disais combien je souffre pour ma mère, combien je suis effrayé de l’isolement où je la laisserai, combien j’ai même de remords de la quit­ter et de ne pas me dévouer à passer ici le reste de sa vie, vous trouveriez que je ne sens point assez le bonheur de vous revoir, et la bonté, la générosité de l’offre que vous m’avez faite.

En recevant votre lettre j’écrivis immédiatement au libraire Piatti, espérant qu’une offre d’argent que je lui faisais serait pour lui un coup d’aiguillon, et que cette fois il répondrait tout de suite et me donnerait des nouvelles plus précises de la Corinne italienne, mais le courrier est revenu sans rien me rapporter de lui; lui sans doute ou son traducteur sont en villeggiatura, et c’est un temps comme le carnaval, où aucune considération ni de devoir ni même d’intérêt ne fait renoncer au plaisir. Nous en

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EPISTOLARIO 2 0 3

avons eu ici un odieux exemple: un homme du pays vient de perdre sa mère, et le soir même il est retourné dans la villa de ses amis, où l’on vivait dans le jeu ét les fêtes, afin de profiter de ce reste de divertissements, et il se réserve de commencer à mener le deuil et à sentir la dou­leur, lorsque l’Avent viendra, et qu’il n’y aura plus moyen de faire autre chose. Quant à Piatti, je lui écris de nouveau aujourd’hui, et j ’espère pourtant que l’appât de l’argent le mettra enfin en mouvement. Je réussirai, quoiqu’il s’agisse de faire agir et mouvoir des morts: ces ombres ne sont pas avides de sang comme celles de Y Odyssée, mais d’argent, et lorsqu’on leur laisse boire celui du sacrifice, on leur rend, du moins pour quelques moments, l’action et une apparence de vie. Avertissez M. Hentsch, pour qu’ il fasse honneur à ma traite, ordre de Guglielmo Piatti, quand je la livrerai. J’écrirai en même temps à Hentsch pour l’en prévenir et lui annoncer la somme et l’échéance.

Je viens de recevoir une lettre de M me Brun ; elle est toujours dans la profonde douleur et l’irritation pour les affaires de Copenhague: la maison de son père, le jardin qu’elle habitait dans son enfance et dont tous les souvenirs lui étaient chers, le cimetière où ses parents avaient été déposés, tout a été saccagé par les bombes, tout est détruit ou souillé. Elle est aussi humiliée autant qu’affligée de la perte de leur flotte. Les Humboldt, dit-elle, sont désespérés de l’état de leur patrie: sans doute il y a des vexations et des souffrances que nous ne connaissons pas, ils sont de plus menacés de perdre leur plus jeune garçon. M me Brun le regarde comme mort, mais eux se flattent encore. Enfin Angélique Kaufmann est morte, et le vieux d’Agincourt en est, dit-elle, incon­solable. D’autre part Ida paraît en grand train de guérison, elle a recommencé à cultiver et le chant et la danse, et toute la famille avec des douleurs éloignées me paraît vivre assez heureusement dans son intérieur.

Avez-vous eu la bonté de remettre à mon père ce qui

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vous restait d’exemplaires de mon ouvrage, de ce ballot qui vous arriva après que vous aviez déjà fait partir ceux que vous envoyiez à Paris? J’attends avec anxiété des nouvelles des deux tomes suivants, qui devraient être impri­més, mais mon libraire avec une négligence désespérante ne m’a écrit qu’une seule fois depuis que je suis ici, et ne m’a envoyé ni épreuves ni bonnes feuilles comme il y était obligé. Dans ces deux volumes il devrait y avoir plus d’in­térêt que dans les deux premiers, plus même que dans la

J suite à laquelle je travaille ici avec ardeur; mais je suis ‘ arrivé au temps de corruption, où l’enthousiasme de l’écri- j,vain s’éteint avec celui de ses peuples. En écrivant le meurtre t d’André par Jeanne l ère de Naples, il me semblait que cela ¡¡pourraitfournir un beau sujet de tragédie, non française, mais allemande, à la manière de Wallenstein ou du Comte d’Egmont; mais ce qui me frappait surtout était le rôle que vous pourriez y faire faire à Nicolas des Acciaioli, grand sénéchal du Royaume et ministre des finances. C’est un Florentin attaché à la cour, un républicain par sa nais­sance comme par ses sentiments, un homme vertueux au milieu d’une corruption universelle, qui défend des Princes dont il connaît et dont il condamne les vices, qui sauve une Reine coupable des mains d’un peuple furieux. On pourrait sous le nom d’Acciaioli mettre sur la scène un bien plus grand caractère, et ce serait à vous à le peindre dans toute sa beauté.

Je n’ai trouvé dans les vies des saints de Surio qu’une Geneviève qu’on célèbre le 3 janvier: est-ce la vôtre? Un de ses miracles, c’est d’avoir sauvé une vierge dans une situa­tion critique, en rendant impuissant l’homme dangereux pour elle. C’est un fort beau et bon miracle pour une jeune sainte, mais je soupçonne que ce n’est pas celui du mélo­drame. Dites-moi des nouvelles de ce mélodrame et de la lettre de Schlegel sur Racine. Adieu, excellente amie: je serai de nouveau bien heureux quand je vivrai auprès de

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vous. Mille choses à Benjamin qui aura, j’espère, reçu ma lettre.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet].

79.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir e n z e .

Pescia, 27 novembre 1807.

Ho ricevuto con molto piacere la sua lettera e il ma­noscritto annesso. Mi sono occupato senza dimora in que­sti due giorni a rivederlo, e paragonarlo con l’originale. Il traduttore ha sicuramente una maniera elegante di scri­vere e possiede bene le due lingue, ma nell’espressione delle mezze tinte, per così dire, abbisogna forse una mag­gior cognizione della lingua della conversazione in Francia, e per questo spero che la mia revisione non gli sarà inutile. La prego in conseguenza di seguitare a farmi passare il manoscritto. a misura che verrà disteso : io adoprerò sempre la maggior diligenza per non ritardarlo.

Madame de Staël mi aveva autorizzato a contribuire fino a venti luigi (lire 480 di Francia) a quella traduzione, ottenendo in contraccambio di quella somma delle copie che ella si propone di distribuire in regalo, e che servi­ranno a farla tanto più conoscere. Ma veramente quel sa­crifizio lo voleva fare affinchè la traduzione comparisse presto, il ritardo già provato l’avrà forse un poco disgu­stata, e io non m’impegno oramai per quella somma che sotto l’espressa condizione che la stampa e la pubblica­zione si facciano oramai con tutta la possibile celerità. Io ho scritto ieri per procurarmi un ritratto di Madame de

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Staël che è stato inciso a Berlino, e ho domandato che vi fosse indirizzato per la posta, nonostante non ci pos­siamo contare ancora sicuramente sopra.

È per tratto di modestia che la sign. Mazzei crede la sua traduzione poco felice. C’è forse nell’originale troppo di quello che i francesi chiamano esprit, troppa analisi e pensieri troppo staccati per la poesia, e questo ha costretto la sign. Mazzei a resecarne una parte; ma forse anche questo nella traduzione in prosa dovrebbe perdere una parte del suo sale. Di più fra voi e me siamo nell’impegno, non si può ricusare il suo lavoro senza fare un tratto assai incivile, e comunque fosse, non può far torto nè al­l’autore nè al traduttore in prosa nè tampoco all’edizione. Anche a me i versi mi paiono talvolta oscuri e talvolta ca­richi di epiteti parassiti. Ma su questo silenzio!

Una balla di libri contenente fra gli altri venti copie delle mie Repubbliche Italiane si è persa per strada, onde non ho mai potuto farle recapitare quelle poche copie che una volta mi domandò.

P. S. — Suppongo che il traduttore non conosca le mie revisioni e non sa forse neppure la mia esistenza, ma in caso che gli debba vedere, presentategli a un tratto le mie scuse e i miei ben sinceri complimenti sull’eleganza e l’accuratezza della sua traduzione. In qualunque altra oc­casione non mi azzarderei sinceramente a correggerla, ma avendo in una maniera veduto nascere questa opera, sono certo di conoscere meglio di nessuno il senso intimo del­l’autore. Riceva i miei sinceri complimenti, ecc.

[Autografoteca B astogi; p u b b l . d a C . P e l l e g r i n i , Il S ism ondi c it . , p p . 3 1 - 2 ] ,

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80.

A MADAME DE STAËL

M on a co di Baviera .

Pescia, 17 décembre 1807.

J’aurais bien désiré, chère amie, voir le M. Middleton que vous m’adressez. Mais il m’a annoncé son arrivée à Florence par une lettre du 14 que je ne reçois qu’aujourd’hui, et il me dit qu’il ne peut y rester plus de trois jours, ainsi c’est aujourd’hui même qu’il repart pour Rome, et je ne suis plus à temps de l'atteindre. J’avais un ar­dent désir de voir quelqu’un qui me parlât de Coppet, et qui me racontât toute votre vie: quand Benjamin m’avait dit qu’un d’entre vous partait pour Rome j’avais supposé que c’était M. de Sabran, et j’avais projeté d’aller l’arrêter au passage. J’ai soif, chère amie, des nouvelles qui vous regardent, j’en voudrais beaucoup plus que tout ce que vos lettres contiennent, mais je sens très bien com­ment on ne parle pas de soi quand on est triste. J’éprouve moi-même, dans la disposition d’esprit où je suis depuis six mois, le désir de ne faire entrer dans mes lettres rien de ce qui est moi, de tourner mon attention, ma pensée, mes sentiments en dehors, parce qu’au dedans il font trop souvent mal.

Vous êtes donc partie, chère amie, mais vous êtes par­tie fort tard, en sorte que vous me donnerez sans doute un nouveau délai avant de m’inviter à vous aller joindre à Vienne. Tous mes désirs, toutes mes espérances sont attachées à ce voyage. Ce ne seraient que des malheurs graves qui m’y feraient renoncer, mais je suis si triste et si découragé, que je fais entrer des malheurs graves dans

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mes calculs comme probables, et que je n'ose pas compter sur un bonheur que je désire trop.

La traduction de Corinne avance, et de nouveau je me flatte qu’elle fera connaître votre ouvrage en Italie, et qu’elle ne restera pas sans influence sur les moeurs mêmes et sur l’esprit du peuple. J’ai promis vingt louis à Piatti pour le moment où elle serait achevée, et en retour il me remettra des exemplaires à distribuer en présents, dont nous n’avons point encore fixé le nombre. Que Schlegel n’oublie point cependant la gravure de votre portrait que je lui demande, je' serais chaimé qu’il pût paraître à la tête de l’ouvrage, quoique j’aimasse mieux encore y voir la Sibylle de M.1!e Brun, qu’on dit si ressemblante et d’une si grande beauté. Je n’étais pas au commencement sans inquiétude sur cette traduction. La langue italienne, quoi

) que vous en puissiez dire, deshabituée de servir la bonne compagnie manque à présent de finesse et de nuances, elle ne rend presque point l’esprit français pôur lequel elle n’a pas de nom. Les premiers cahiers avaient confirmé cette inquiétude, j’avais eu à corriger bien des fautes que vous auraient fait sauter sur votre chaise de dépit. Cette affection pour les idées communes dont je vous ai parlé faisait que le traducteur se saisissait comme un vautour de ce qui lui paraissait pouvoir en devenir une. Il vous faisait dire à propos du Comte d’Erfeuil, p. 18, que l’esprit méditatif en impose à la légèreté spirituelle, ne doutant pas que ce ne fût une faute d’impression qui vous faisait dire le contraire. Il italianisait encore vos caractères, et prêtait au Prince de Castelforte molta circospezione au lieu de beaucoup de mesure. Je voulais noter plusieurs de ces corrections qui peignent la nation bien plus que l’homme, mais je les ai oubliées, ou pour mieux dire il me les fait oublier, en traduisant à présent très bien, avec beaucoup d’esprit et de goût, et en entrant bien dans le sens de l’auteur. Un cahier contenant un livre environ m’arrive

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par la poste chaque semaine, et je le renvoye au bout de trois jours après l’avoir corrigé. A l’occasion des vers de Goethe j’ai vu que le traducteur savait aussi l’allemand, ce que j’ai regardé comme de bon augure, et élargissant l’horizon pour lui.

Vous savez qu’on a ôté à la Toscane sa Reine comme un domestique inutile. N’était l’incertitude sur l’avenir on ne la regretterait pas, car le gouvernement allait si mal et si fort en déclinant qu’elle aurait bientôt achevé d’ôter à ce pays le peu de vie que lui reste. Elle suspendait à tous les moments le cours de la justice par des grâces particulières, et deux jours avant de partir elle a accordé encore au Marquis Ferroni le privilège de ne pouvoir être traduit en justice ni molesté d’aucune manière par ses créanciers. Cependant comme en la renvoyant on ne nous a point dit encore à qui l’on nous destinait, et que nous craignons d’être taillés en petits morceaux pour faire des apannages, au lieu de rester comme un état indépendant, l’attente est extrêmement pénible. Ce n’est pas que la Gazette Toscane n’annonce cet événement comme la féli­cité parfaite, puisqu’ il nous fait passer sous la domination dell’eroe onnipotente folgoreggiante, pari al sommo Giove qui, soit qu’il nous garde soit qu’il nous donne, il ne pourra jamais le faire que pour notre bien. La Toscane, ajoute la Gazette, a toujours été heureuse: « felice Repub­blica, felice Principato de’ Medici, [più] felice regno dei Borboni, e felicissima sotto l’ali protettrici etc. »: ça res­semble au sempre bene de l’avocat de Venise. Cependant nous commençons à croire que Lucien sera notre Roi, et c’est bien celui que je préférerais. S’il vient en effet je cher­cherai à me faire présenter à lui; je pourrai peut-être aussi être utile à mon beau-frère, qui par la suppression des fidéi— commis, ou substitutions perpetuelles, craint de perdre un éritage considérable qui lui était substitué. Auprès de lui le bonheur que j’ai d’être votre ami ne me serait pas....

14. — SIS MONDI, E pisto lario . I,

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un titre d’exclusion. Il me revient que le Ministre de France ici n’en a pas jugé de même.

J’espère que Schlegel aura reçu ma lettre et mes remer­ciements. J’ai reçu de Benjamin une lettre très aimable, mais il ne me dit point où il va en quittant Coppet, en sorte que je ne sais comment lui répondre. Je vous en prie, donnez-moi son adresse. Vous ai-je dit combien je vous aime? C’est ma pensée de tous les moments, mais je ne sais plus trouver de mots pour l’exprimer. Dites-moi comment vous voyagez, avec qui vous êtes; dites-moi que vous êtes un peu heureuse, et que vous m’aimez. Adieu.

[N eli’Archivio del Castello di Coppet],

81.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

Genève, 30 décembre 1807.

C’est à de longs intervalles, madame, que j’ose encore me rappeler à votre souvenir, mais je vous retrouvai la même il y a dix huit mois que je vous avais connue autre­fois, toujours aussi bonne qu’aimable, et j’ose encore compter assez sur l’amitié que vous m’accordâtes pour vous prier de l’étendre à mes amis. Deux de mes com­patriotes, MM. Naville et Chenevière, qui quoique fort jeunes se sont déjà distingués dans la carrière qu’ils ont embrassée (l’éloquence de la chaire dans notre clergé pro­testant), entreprennent le voyage d’Italie pour connaître les merveilles du pays des grands souvenirs; ils sont faits pour apprécier et les monuments et les hommes, et j’ose vous prier de vouloir bien leur faire connaître la bonne société

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EPISTOLARIO 211

de Venise. Ce serait ajouter encore à vos bontés et à ma reconnaissance que de leur donner des recommandations, quand il continueront leur voyage, pour quelquesuns de vos amis.

Je compte que mes deux compatriotes pourront vous porter quatre nouveaux volumes de mon histoire, qui vien­nent de paraître. Hélas, j'en destinais aussi la suite à notre respectable Cesarotti, et j'aurais regardé son approbation

^ comme une récompense ; mais il est mort, avec tant d’autres que nous avons vu faire la gloire de l’Italie, avec tant d’autres qui faisaient la gloire de l’Altemagne et de la France, et je ne vois personne s’avancer dans la carrière qui soit digne de remplacer ces grands hommes.

J’ai vu il y a quelques mois ici M. Mustoxidi, et je l’ai présenté à M.me de Staël. II est resté trop peu de temps à Genève pour que j’aie pu profiter de sa société autant que je l’aurais voulu, mais j’ai été très frappé de ses con­naissances, et des gens plus en état que moi d’apprécier les bons hellénistes m’en ont parlé avec une haute estime. Est-il retourné en Grèce, ou l’avez-vous encore auprès de vous? J’ai eu beaucoup de plaisir à parler de vous avec lui; mais pourquoi ne me vient-il jamais personne qui me donne plus directement de vos nouvelles? Je m’estimerais fort heureux de pouvoir faire pour quelqu'un que vous connaîtriez quelque chose qui pût vous être agréable.

M.me de Staël est encore ici pour peu de temps; elle compte passer quelques mois en France pour voir ceux de ses amis qui habitent Paris, elle partira ensuite pour l’Amérique, où elle a de vastes terres et la plus grande partie de sa fortune. Sa société m'est devenue tellement nécessaire que je ne prévois pas comment je pourrai exi­ster quand elle sera partie. Peut-être voyagerai-je de nou­veau, et alors j’aurai encore une fois l’avantage de vous revoir.

Quoiqu’il arrive de moi, comptez du moins sur l’atta­

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212 0 . C. L . SISMONDI

chement inaltérable que je vous ai voué, comme sur le profond respect avec lequel je suis, ecc.

[Pubblicata da T. L o d i , Art. cit., dall’autografo della Nazio­nale di Firenze].

82.A GUGLIELMO PIATTI

F iren ze .

Pescia, 31 dicembre 1807.

Non ho ricevuto i Journaux de l'Empire, e di nuovo vi prego a dirmi quanto mi costeranno. Se avete i Mémoires de Qrammont, ou Le Recueil des oeuvres du Chev. Hamil­ton, fatene un involto e mandatelo per il corriere di Roma al sig. De Bonstetten, dal Sarto inglese, Piazza di Spagna a Roma, facendo seguire il rimborso del prezzo. Se non li avete, fatemi il piacere di cercarli in Firenze. Quel si­gnore li ha smarriti a chi glieli aveva prestati, e gli preme molto ritrovarne un’altra copia.

Se avete Les Oeuvres di Beaumarchais e specialmente Les plaidoyers, mandatemene il prezzo, che volentieri li farei pigliare.

Mad.me de Staël m’impegna ad affrettare la traduzione di Corinna. Debbo al principio di marzo andarla a rag­giungere a Vienna. Spero che sarà finita prima di quel tempo, affinchè io possa fare in Italia la distribuzione delle copie che gli toccheranno. Vi prego di tenerci la mano. Avrei piacere di vedere qualche foglio stampato di quella vostra edizione, per conoscere il sesto ed il carattere.

Caramente salutandovi sono, ecc.

[Nell’Autografoteca Bastogi di Livorno].

Page 261: Epistolario Vol.1

EPISTOLARIO 213

83.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir en z e .

Pescia, 11 gennaio 1808.

Aspettavo con impazienza nuovi quinterni della tradu­zione di Corinna, il ritardo mi teneva inquieto giacché i tre quarti dell’opera rimangono da tradursi e che il tempo fugge via. Di nuovo la prego d’adoprare la massima possibile celerità. Oggi gli rimando questo quinterno e preferirei che in avvenire gli affidasse a Bertocchino e non a Brodino, giacché quest’ultimo, venendo a piedi, mi fa pagare porto doppio.

Come potrei scordarmene alla revisione, la prego avvi­sare il signor traduttore che nel tomo 2° la ^iota 7, che corri­sponde a pag. 248, lin. 26, deve terminarsi colla parola Vesprìt observateur, anzi la prego a scancellare nel suo originale la parola et satirique, che vien dopo, e che avendo fatto dispiacere a queirinsigne letterato 4), deve restar sop­pressa.

Ho ricevuto molto regolarmente il Journal de l'Empire e l’accetto volentieri al prezzo fissato da lei, ma per tre mesi e non per sei, giacché non ne devo stare più di tre in Toscana, e che l’appalto a Parigi stesso si può rinno­vare ogni trimestre. Sono dunque trentacinque paoli che gli devo, e che sono pronti al suo primo cenno. È molto probabile che quelli a cui presto poi quel giornale segui­teranno a pigliarlo dopo la mia partenza, ma non ci voglio entrare.

’) L’ « insigne letterato » era Gherardo de Rossi, che la Staël aveva conosciuto durante il suo soggiorno a Roma.

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2 1 4 0 . C. L. S1SM0NDI

La ringrazio d’avermi trovato Les Mémoires del Gram- mont, e con perfetta stima mi dichiaro, ecc.

[Nell’Autografoteca Bastogl; p u b b l . in parte d a C. P e l l e g r i n i , Il Sismondi cit., p . 3 2 ] .

84.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir e n z e .

Pescia, 24 gennaio 1808.

Eccogli il quinterno di traduzione che ho letto con pia­cere, ma sempre più mi disturba il vedere quanto ci avanza di fare, e l’impossibilità di venirne a capo in due mesi. Di nuovo la prego a mandarmi qualche foglio di quanto è finora stampato, per giudicarne.

Il Journal de l’Empire non mi è venuto oggi per Bro­dino; quelli degli ultimi di dicembre e 1° gennaio non mi sono mai [stait] recapitati.

Ricevo finalmente le nuove di mia balla di libri, e con uno dei primi procacci sarò in grado di mandargli dieci copie della mia Histoire des Répabliques Italiennes, T. I e II, per mettere in vendita. C’intenderemo sulle condizioni. Ma bramo che si tosto ricevuti li faccia annunziare sulla Gazzetta.

Intanto mi creda, ecc.

[N ell’Autografoteca Bastogi di LìvornoJ.

Page 263: Epistolario Vol.1

EPISTOLARIO 2 1 5

85.

A MADAME DE STAËL

VlENNA.

[Janvier 1808].

Pendant les cinq jours que j’ai passés à Florence, j’ai fait connaissance avec le traducteur de Corinne, l’abbé Carlo Mengoni : c’est un homme qui a quelque réputation par ses écrits et par la part qu’il a eue pendant le règne de P. Léopold à la réformation janséniste que ce grand-duc avait tenté dans le clergé. L ’abbé Mengoni était secrétaire de l’évêque de Pistoia, que Léopold employait pour com­battre les superstitions dominantes et la corruption du clergé. Mais les réformes du souverain Excitèrent une ré­volte, Léopold céda, il sacrifia l’évêque son ami, auquel il donna un successeur, et le secretaire votre traducteur se trouva exposé à la haine du clergé et de la populace ; il a été persécuté par les gouvernements qui ont succédé à Léopold. Je le crois pauvre, car ce doit être un mauvais métier que de vivre de la paie que les libraires peuvent donner dans un pays tel que la Toscane. Il travaille avec beaucoup de zèle à votre traduction, et il ne s’en faudra guère qu’elle ne soit finie au moment de mon départ s’il demeure fixé à la fin de mars. Vous savez que de vos vingt-cinq louis, je n’en donne que vingt à Piatti: voyez si vous ne voulez pas donner les cinq louis restant à ce pauvre hère.

J’aurais bien voulu recevoir vos observations sur mes 3e et 4e volumes. J’y ai ordonné deux cartons seulement, tous deux dans le S": l’un à la p. 401, 1. 10, pour refaire ce paragraphe, l’autre p. 493, pour supprimer la note qui

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2 16 0 . C . L . S IS M O N D I

termine le volume; à cela près il me paraît qu’ils peuvent demeurer intacts, et le censeur de Zurich n’y fait point d’objections. J’espère cependant que vous ne trouverez pas qu’ils démentent mes sentiments. M. d’Aub. a menacé de tout son courroux un homme qu’ il a soupçonné de m’avoir fait visite; mais on ne peut pas être plus sot que cette Excellence, et plus ridicule qu’il ne l’était devenu ici. Il s’était brouillé avec Artaud, son secrétaire général que nous avons connu à Rome, et après une scène violente avec lui, il avait trouvé moyen de le faire mettre aux arrêts à Parme. Je crois cependant qu’ Artaud est à présent délivré de sa captivité. Adieu, chère, excellente amie; voilà une lettre qui ne finit point, pleine de choses qui vous sont étrangères, mais comment parler de ce qui vous intéresse,

\ quand vous ne me répondez pas? Dites à Schlegel com- \ bien je lui suis attaché. Je prête son petit ouvrage à

M me d’Albany. Adieu; répondez-moi, je vous en prie, sans retard, et mettez-moi bien au fait de vos projets et du temps qui me reste. Quand même chaque jour on vous dit sous des formes nouvelles qu’on vous aime et qu’on vous admire, assurez-vous qu’ il n’y a personne qui vous aime et vous admire comme moi.

J’ai reçu une lettre de M me de Recke qui est toujours à Altenburg, près de Dresde, et sur votre chemin, si vous n’avez pas changé vos plans.

[N e ll’Archlvio del Caste) io dl Coppet],

86.A ELISA DE RECKE

Pescia, 1er février 1808.Votre toute bonne et tout aimable lettre du 21 février

[janvier?] m’est parvenue, mon excellente amie, au fond d’une retraite où j ’ai déjà passé huit mois. C’est une pe-

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EPISTOLARIO 2 1 7

tite ville de Toscane où j’avais déjà habité précédemment bien des années, où nous possédons une maison de cam­pagne, et où ma sœur est mariée et mère déjà d’une nombreuse famille. Dans le temps des doux projets et des espérances, j’avais pensé qu’il pourrait vous convenir d’y passer un hiver rapprochée de nous, je vous l'avais même proposé et vous paraissiez ne pas repousser cette pensée. La terrible guerre d’Allemagne a fait évanouir ce rêve comme bien d’autres, et vous ne parlez plus de l’Italie que comme de cette terre de promission à.... de laquelle on sou­pire sans pouvoir y entrer. Chère amie, c’est pourtant une dure chose que d’avoir besoin pour sa santé de ce soleil vivifiant qui a embelli ici tout notre mois de janvier, et d’être enchaînée sous les frimas et les glaces. Nous exa­minerons encore, quand j’aurai le plaisir de vous voir, s’il faut en effet renoncer pour jamais à mon doux projet, et si je ne pourrais pas attirer à Pescia une petite colonie allemande afin d'y réunir le double avantage des jouissan­ces du climat et des délices de l’amitié.

— Quand je vous verrai? — ai-je dit; en effet j’ai cette espérance pour l’été prochain. Dans deux mois je compte aller rejoindre M me de Staël à Vienne, ensemble nous par­courrons une partie de l’Allemagne, nous visiterons Wei- mar et Leipzig, et, je l’espère, nous trouverons Altenburg sur notre chemin, ou bien nous l’y ferons entrer. Sans doute c’est une triste conjoncture pour visiter l’Allemagne après tant de désastres. Mais quelque malheureux qu’ils aient été, les Allemands sont encore ce peuple brave et loyal vers lequel le cœur est vivement attiré, ce peuple qui inspire la confiance et qui ne la dément pas.

Vous aviez donc la pensée de me marier, chère amie. C’est le désir ardent de mes parents, et ma mère m’en parle presque chaque jour: je regarde moi-même une vie céli­bataire comme une vie mârîqüéë, et tout bonheur incom­plet, s’il n’est pas fondé sur la vie domestique, et cepen­

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218 G . C. h. S IS M O N D I

dant il est probable que je ne me marierai jamais. La for­tune de mes parents n’est pas considérable, je n’ai jamais vu l'augmenter ; au contraire, par une entreprise imprudente, pour publier une traduction de la Bible, j’ai compromis tout ce qui était à moi. Incapable comme je suis d’augmen­ter mon revenu, et trop fier pour vouloir descendre à un autre état que le mien, il faut que je trouve une femme au moins mon égale en richesse et en naissance, et comme en recherchant des accessoires je ne veux point renon­cer aux qualités plus essentielles du cœur et de l’esprit, que sais-je? pas même, peut-être, à celles de l’âge et de la figure, je limite mon choix à une classe où je suis presque sûr de n’être pas choisi, je demande ce que je n’offre point, et j’élève mes prétentions au-dessus de mes droits. Ce n’est pas un des petits sacrifices que l’on fait aux lettres, que de renoncer tout à fait pour elles à la carrière de la fortune, car les étroites considérations d’argent reviennent presque toujours ensuite barrer les sentiments du cœur.

Gessner est d’une paresse et d’une négligence sans égale et ne m’a jamais parlé des élégies de M. Tiedge que cet excellent ami avait la bonté de m’envoyer pendant ces neuf mois. En réponse à plus de dix lettres que je lui ai écrites, je n’ai jamais pu tirer que deux billets de lui, chacun de cinq ou six lignes. A mon retour à Genève je retrouverai, je l’espère, et ces élégies et YUrania, et j’espère bientôt après avoir aussi les nouvelles poésies, que M. Tie­dge a fait dans votre solitude. Gessner a terminé l’impres­sion de mes 3e et 4e volumes *); il peut désormais les mettre en vente et il a l’expresse commission de vous les faire parvenir aussitôt, mais avec sa négligence, Dieu sait sur quoi je puis compter. 11 me semble qu’il y a plus d’in­térêt que dans les deux premiers volumes. J’en ai trois autres presque prêts qui doivent faire suite à ceux-là.

') Della Histoire des Républiques.

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EPISTOLARIO 2 1 9

Dites-lui à notre bon M. Tiedge combien tendrement je lui suis attaché, combien je l'aime et le respecte. Pré­sentez aussi à Mad.rae de Oriesheim, l’aimable et douce Henriette, mes félicitations sur son mariage et mes voeux pour son bonheur. Sans doute elle est faite pour rendre heureux celui à qui elle est unie, ce n’est pas une connais­sance superficielle que celle qu’on fait dans un voyage où on est toujours ensemble, et les trois jours de notre course à Chamounix suffisaient amplement pour mettre en évi­dence en elle le plus excellent, le plus délicieux caractère. Dites-moi quelque chose de plus sur son mari, sur son sort à venir, sur le lieu de sa résidence. — Si vous me répondiez immédiatement, ce que je n’ose demander, votre lettre me trouverait encore à Pescia, mais pour peu que vous tardiez, il vaut mieux me l’adresser chez Mad.me de Staël de Holstein, recommandée à MM. Franck et Comp., Banquiers à Vienne. — Ne croyez point que celle-ci pense à M. de Sabran: c’est une vieille fable, qui pour s’être répandue d’ un bout à l’autre de l’Europe, n’en est pas plus vraie. Si son coeur n’a pas beaucoup changé elle ne se remariera point.

Pardonnez-moi si je vous écris sans enveloppe et si je vous prie d’en faire autant. A la distance où nous sommes, et d’après le prix excessif des postes, c’est un luxe de po­litesse, auquel il me semble qu’on doit renoncer. — Si, comme je l’espère, nous passons à Altenburg, je verrai l’aimable Sidonie dont vous me parlez avec tant de ten­dresse, et le voeu que vous formiez de la rapprocher de Mad.me de Staël sera accompli. Que vous êtes heureux en Allemagne de trouver dans chaque ville des ressources pour le coeur et pour l’esprit! Ici je vis comme dans un désert, et hors de ma famille je ne trouve personne qui puisse étendre ses idées au delà du cercle étroit des mon­tagnes de Pescia.

J’ai une vraie joie de ce que vous avez revu Mad.me

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220 G . C . L . S IS M O N D I

votre soeur, et de ce que vous passez cet hiver à peu de distance l’une de l’autre. Je ne sais si nous-mêmes irons jusqu’à Berlin, et si j’ aurai l’occasion de lui présenter de nouveau mes hommages. Vous du moins agréez, chère et aimable amie, l’assurance du plus sincère et du plus con­stant attachement, comme du plus inaltérable et du plus profond respect.

[Bibliotech di G inevra, D o s s ie r o u v e rt d ’a u to g ra p h es ].

87.

A MADAME DE STAËL

VlENNA

Pescia, 14 février 1808.

Il y a, chère amie, un temps infini que vous ne m’avez écrit: il y a en tout au moins deux ou trois royaumes ou souverainetés de renversés depuis votre dernière lettre. Je ne suis pas inquiet de vous, parce que les journaux ne manqueraient pas de me donner de vos nouvelles si vous éprouviez quelqu’accident en voyage, quelque maladie. J’ai même appris la semaine passée de M.me d’Albany des dé­tails sur la vie que vous meniez à Vienne, sur l’enthou­siasme que vous excitiez, et les fêtes dont vous étiez entou­rée; cependant, chère amie, je languis après vos lettres: tout ce mouvement extérieur ne m’indique point encore la disposition de votre âme ; vous m’avez écrit en partant, je suis horriblement triste; peut-être l’êtes-vous toujours au milieu des fêtes et des triomphes auxquels désormais vous êtes accoutumée, peut-être l’êtes-vous pour des causes que je ne supçonne même pas, car notre séparation a complè­tement interrompu pour moi l’histoire de vos sentiments,

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EPISTOLARIO 221

et je ne sais plus que d’une manière confuse ce que vous désirez et ce que vous craignez. J’attends aussi vos lettres avec impatience pour régler ma marche. Vous m’avez in­vité à vous aller joindre avant que vous-même vous fussiez à Vienne, peut-être vos projets ont-ils subi quelque chan­gement, peut-être ne laissez-vous point votre fils au collège militaire,J) et occupera-t-il au retour la place que vous m’offriez dans votre voiture; peut-être, enfin, comme M. Middleton l’a dit à M.me d’Albany, votre route n’est- elle pas arrêtée, et traverserez-vous l’Italie et non l’Alle­magne pour revenir de Vienne à Genève. Chère amie, ne vous imposez pas la plus légère gêne à cause de moi. Je suis prêt pour le voyage, et je regarderai comme un grand bonheur dans .ma vie que de faire encore celui-là avec vous, mais s’il cesse de vous convenir, je me résignerai à l’instant, car je ne quitte pas ma mère sans remords, ce n’est pas sans remords que je lui ôte trois mois sur l’année que je lui avais solennellement promis de lui consacrer, et pourvu que je sois assuré que vous revenez à Coppet cet été, que je vous y retrouverai, que j’y vivrai avec vous, je croirai encore que tout ce que vous déterminerez sera pour le mieux. J’ai écrit depuis que je n’ai point de vos nouvel­les une lettre à Schlegel, une à vous à Munich et une à Vienne: avez-vous reçu tout cela?

M.me Brun m’écrit de Rome le 3 au moment de l’entrée des troupes, elle en est dans la désolation et fait une élé­gie sur' Rome, comme si c’était la dernière chute de cette ville royale. Bonstetten quatre jours après m’écrit que ni le peuple ni le gouvernement ne s’aperçoivent presque plus de cet événement, comme il est.... en carnaval il n’est pas probable qu’il ait pu interrompre les fêtes. Il me dit: les vieilles nations sont des cadavres, on leur peut passer une

') M.me de Staël a Vienna aveva messo il figlio minore, Al­berto, in un collegio militare.

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armée au travers du corps sans qu’elles le sentent ou qu’il y paraisse. En effet je n’ai pas de sensibilité de reste; je ne saurais m’affliger pour les Romains qui ne s’affligent pas, et cet événement ne me fait aucune peine; il troublera un peu une bonne harmonie, qui a été jusqu’à présent un puissant moyen de gouvernement, et quand il causerait bien un petit schisme dans PÉglise, et que ceux qui ont été si longtemps bons valets seraient enfin renvoyés du service, je n’en éprouverais pas plus de chagrin. Vous sa­vez que dans ce pays je sens plus le despotisme religieux que le politique, et que j’ai plus de motifs personnels pour le redouter ou le haïr. C’est peut-être d’après ces intérêts de famille que je juge des événements.

On assure que la France demanderait au Pape de dé­clarer la guerre à l’Angleterre, de reconnaître Joseph pour Roi des Deux Siciles, de donner aux Français le tiers des chapeaux du Sacré Collège, de permettre les divorces selon le code, de retrancher les jeûnes et vigiles poui que les poissons de mer ne fussent plus une nourriture nécessaire au peuple, de nommer un Patriarche pour la France et un pour l’Allemagne, enfin de consentir à ce que diverses pro­vinces de I’État de l’Église fussent réunies au Royaume d’Italie. On assure qu’il a répondu qu’il n’était point puis­sance militaire, que ses côtes et ses places fortes étaient occupées par les Français, et qu’une déclaration de guerre, inutile de sa part, ne convenait point à son caractère. Qu’il était prêt à reconnaître Joseph pour Roi de Naples, mais qu’il ne voulait point s’instituer juge du droit des souve­rains, et que celui-là seul qui était en possession de ia Sicile était à ses yeux Roi de Sicile; que la France avait déjà dans sa dépendance un si grand nombre de Cardinaux que les nouveaux chapeaux qu’elle demandait la rendraient maîtresse du Sacré Collège, qu’enfin les autres demandes outrepassaient ses pouvoirs. Il fit afficher le 2 février une proclamation très noble, pour annoncer au peuple que ne

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EPISTOLARIO 2 2 3

pouvant comme chef des chrétiens ou comme souverain accorder ce que la France lui demandait, il se voyait dans la nécessité de succomber, mais qu’il protestait cependant x°n faveur de ses successeurs, pour l'intégrité des droits de »Église, qu’il remettait sa cause à l’Être Suprême, et qu’il recommandait cependant à ses peuples de se souvenir que ces Français, qui allaient entrer dans la ville, étaient les mêmes qui l’avaient reçu avec respect et avec amour deux ans auparavant. H paraît cependant qu’ensuite il a voulu renover la négociation; toutes les proclamations ont été arrachées du coin des rues, une heure après avoir été affi­chées, et un courrier a été envoyé à Paris avec de nouvelles propositions, tandis que Miollis prenait possession de Rome.On a pendant quelques jours arrêté les lettres de Rome pour qu’efïes ne causassent pas de mouvement parmi le peuple, mais c’était mal le connaître: il ne songe à pré- , sent qu’au divertissement; on m’écrit de Livourne que ! jamais on n’y avait vu tant de fêtes, de bals et de pas­sions pour les plaisirs, quoique le commerce y soit dans. un état de détresse et de ruine dont on ne saurait se for­mer d'idée. A Florence, où je viens de passer six jours, les sept théâtres sont pleins chaque soir, pendant le jour toute , la ville est en masque, et l’on entend des violons au coin de toutes les rues. Cependant tout le corps de la noblesse, entraîné par la cour dans le luxe et la dissipation, est en S faillite, toutes les maisons les plus illustres ont présenté leur bilan à leurs créanciers, et l’ancien palais des Médias I devra être vendu par le Marquis Riccardi avec tout son pa- < trimoine. En même temps la révolution actuelle, sur laquelle | rien n’est encore connu, met l’existence entière de tous les citoyens dans l’incertitude. Quatre mille employés en To­scane, des pensionnés pour trois millions doivent s’attendre à de grandes réformes, tous les biens ecclésiastiques peu­vent changer de destination, enfin l’adoption prochaine du code Napoléon, en changeant l’ordre des successeurs et en

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rompant les substitutions perpétuelles, bouleverse toutes les fortunes. On le fait, on s’attend à la conscription dans un pays qui n’a plus une étincelle d’esprit militaire, on sait encore que deux presses travaillent constamment au pa­lais à imprimer les statuts organiques qu’a préparé le nouvel administrateur d’Auchy. Le silence le plus profond, le my­stère le plus impénétrable entoure la confection de ce code nouveau, auquel dans moins d’un mois ce pays doit être sou­mis. Ras un écrit n’a paru pour former l’opinion publique ou pour la faire connaître, pas un homme n’a tenté d’exposer au législateur étranger les intérêts de son pays, les droits ou les prétentions de sa classe, pas une pensée n’a été mise en dehors, mais on danse, on va au spectacle et l’on se masque. Dieu ait pitié de tels corps sans âmes! Mais cette nation est tombée si bas que la révolution qui s’opère à présent, en lui départant le peu qui nous reste de liberté, doit lui faire plus de bien que de mal. Elle gagnera en liberté religieuse, en liberté d’écrire et de penser, en liberté judiciaire, car le système des tribunaux était le comble de l’absurdité, enfin en esprit militaire.

[N e l l ’Arctalvio det Cagtello di Coppet],

88.A MADAME DE STAËL

VlENNA.

Pescia, 25 février 1808.

Je ne me plaignais pas, chère amie, du retard de votre lettre, et cependant il me jettait dans un extrême embar­ras. Je comprenais du reste qu’au milieu des fêtes et des objets de curiosité, lorsque vous n’étiez plus maîtresse de

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EPISTOLARIO 2 2 5

votre temps, et que les présentations et les devoirs des cours remplissaient vos heures, vous n’auriez guère de loisir pour écrire et moins encore pour lire mon livre, je savais, par mon expérience, que lorsqu’on est ainsi pressé il y a beaucoup de lettres à des gens indifférents qu’on est encore obligé d’écrire avant celles de ses amis. Et cependant j’étais trop incertain sur vos projets, et sur les changements que votre séjour à Vienne pouvait y avoir apporté, pour partir et vous aller joindre sans être mieux informé. Je me serais trouvé dans un si cruel embarras, si j’étais arrivé à Vienne après votre départ, que je ne voulais pas m’y exposer, et j’avais déjà fixé un terme qui n’était pas éloigné, auquel si je n’avais point reçu de lettre je renoncerais à un voyage dont je m’étais fait si long­temps une si grande fête. Jugez donc avec quels transports de joie votre lettre du 1er février a été reçue, puisqu’elle fixe toutes mes incertitudes, et qu’en même temps elle me fait encore entendre ce langage d’amitié et de confiance qui me fait tant de bien et dont le souvenir seul est pour moi une si vive jouissance. Vous partirez donc, nous par­tirons de Vienne le vingt cinq avril, et, bien chère amie, je partirai d’ici le premier avril pour aller vous joindre.Je ne crois pas de mettre plus de quinze jours en route, mais quand j ’en mettrais bien vingt, cinq ou six jours me suf­firont pour voir Vienne, ma curiosité n’en demande pas davantage, ce que vous m’en dites ne l’a pas vivement éveillée; si j’ai toujours été peu propre au salons et au grand monde, combien moins dois-je l’être à présent après l’éducation que j’ai reçue à Pescia depuis que je vous aiquittée! On assure ici que pendant les derniers mois je \

t

me suis un peu formé, qu’on est plus content de moi, et i que je commence à parler et à penser comme les autres; I il est du moins certain qu’après une longue et pénible épreuve de l’impossibilité où j ’étais de me faire entendre, j’ai enfin pris l’habitude de réprimer mes sentiments et

15. — SISMONDI, F.pistotario. I.

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2 2 6 G . C . L . S IS M O N D I

mes pensées, et souvent aussi celle de ne plus penser et de ne plus sentir ; c’est cet heureux changement survenu en moi qui me vaut mes succès, ou plutôt moins de dé­faveur à Pescia; je crains qu’il n’obtienne pas tout aussi sûrement votre approbation. 11 semble que nous éprouvons un sort assez semblable, mais dans la proportion de l’acti­vité de notre esprit, de nos besoins et de nos moyens de société. Ce que Paris était pour vous, Genève l’était pour moi, et vous ressentez, dites-vous, l’influence delà mo­notonie et de la langueur à Genève ou même à Vienne, comme moi à Pescia, mais quoique la proportion soit assez juste, la souffrance n’égale pas. Vous pouvez dans une grande ville, dans une grande cour, renoncer pour quel­que temps à la pensée, et vous contenter des formes, des apparences, parce qu’elles sont élégantes et agréables. Pour moi je n’éprouve guère moins de répugnance à me prêter aux usages et au ton de cette petite ville qu’à me péné­trer de son esprit, la vulgarité imprime son calcul sur tout ce qui se voit, comme sur tout ce qui s’entend, et il me semble que je ne fais pas un mouvement comme je ne dis pas un mot qui, s’il se ressent de mes nouvelles habi­tudes, ne m’inspire à moi-même de la répugnance.

Les Romains ne savent rien encore sur leur sort, après le coup de tonnerre un long calme et un long silence suc­cèdent, pour laisser à chacun le temps de s’accoutumer à ses craintes et de se familiariser avec ses conjectures. Vous verrez que le Pape cédera sur tout ce qu’on lui avait de­mandé quant aux points de discipline, qu’on joindra ses États au Royaume d’Italie, et qu’encore qu’on ait tout pris, tout le monde sera encore content et étonné de tant de modération. En attendant, six mille hommes sont en gar­nison à Rome aux frais de la ville, et l’on croit que quatre mille autres viendront les joindre. Le gouvernement garde aussi toujours un profond secret sur le sort futur de la Toscane. Depuis l’arrivée des Français il n’a pas encore

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EPISTOLARIO 2 2 7

paru un seul édit ou un seul règlement, tous les bureaux travaillent avec une grande activité pour donner des ren­seignements de tout genre au gouverneur général, mais ses projets de détails ne sont pas mieux connus que ceux de l’ensemble, les gazettes de Toscane ne donnent . . . nouvelle que les bals de la société des Coreophiles, et les mascarades qu’on a vues sur les quais, et comme en effet nous sommes à présent dans la dernière semaine du car­naval, chacun se persuaderait presque commettre un délit religieux en se permettant une pensée plus sérieuse.

Adieu, excellente amie: j’aurais le temps de recevoir votre lettre si vous m’écriviez encore, et elle me ferait un plaisir bien vif, mais à moins que je n’en reçoive une de vous qui me force à changer mes résolutions, je partirai le premier avril, et dans moins de deux mois j’aurai le bonheur d’être auprès de vous.

P. S.Connaissez-vous M. Eschasseriaux, le ministre de France

à Lucques? H parle très bien de vous, mais mieux encore de lui-même. Il dit qu’il a écrit un petit ouvrage sur les moeurs des Valaisans, dans le genre de celui de Tacite sur les moeurs des Germains.

[N e ll’Archivio del Castello di Coppet].

89.

A ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZ1

V e n e z i a .

Pescia, 8 mars 1808.

Je passerai à Venise le sept ou le huit avril, et je ne pourrai m’y arrêter plus de deux jours. Dites-moi si j’y trouverai mon aimable, mon excellente amie, ou si j’aurais

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le malheur que justement à cette époque vous fussiez à la campagne. Si je n’avais pas l’espérance de vous y voir, ou je ne passerais point à Venise, ou je ne m’y arrêterais point. Je vais à Vienne pour y rejoindre M.me de Staël, et j’ai été .forcé de mesurer mon temps avec l’épargne la plus scrupuleuse, parce que M.me de Staël doit repartir le 25 avril de Vienne et que je ne puis me mettre en route d’ici que le premier du même mois. Je ne me promets en route qu’un seul plaisir, celui de vous revoir, mais il sera bien vif et il a été bien longtemps et ardemment désiré. Ecrivez-moi, je vous prie, si je puis y compter avec certi­tude, et croyez au tendre attachement et au respect inalté­rable avec lequel je suis 1), ecc.

[Pubblicata da T. Lodi, Art. cit., dall’autografo délia Na- zionale di Firenze],

"■ 'V ,90.

A AUGUSTO DUVAU2)

Ren n es .

Pescia, 20 mars 1808.

Le lieu d’où je date cette lettre, cher ami, aura sans doute déjà à moitié excusé un silence qui auparavant de­vait vous blesser. Il y a dix mois que j’ai quitté Genève où j’apprends que vous m’avez adressé deux lettres. J’a­vais destiné une année à ma mère, avant de l’avoir ac-

') L’Albrizzi rispose a questa lettera in data 16 marzo, assi­curando il Sismondi che si sarebbe trovata a Venezia al suo passaggio (Pubbl. da T. Lodi, Art. cit.).

a) Naturalista e letterato francese (1771-1831), che visse a lungo anche in Germania; tradusse in francese Wieland, e col- ìabdrò alla Biographie Universelle del Michaud.

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EPISTOLARIO 2 2 9

complie je vais repartir et entreprendre le tour de l’Alle­magne. Je serai à Vienne avant la fin d’avril et à Weimar avec M.me de Staël au milieu de mai. Si j’avais su où vous prendre alors, si j’avais reçu vos lettres dans leur temps, je vous aurais demandé sans scrupule des recommanda­tions pour un lieu où vous avez tant d’amis. Je les cher­cherai du moins ces amis à Weimar, et votre nom tout seul ne m’y sera pas inutile. Vous m’aviez écrit, dites-vous, le 16 août. Dans ce temps aucun de nous n’était à Genève, et la lettre ne m’a pas été envoyée, mais je crois que je l’y trouverai à mon retour. La lettre suivante du 9 dé­cembre m’a été envoyée par mon père, mais par un mal­heur singulier elle a fait, je crois, le tour de la moitié de l’Europe avant de me parvenir, et je ne l’ai reçue que par le dernier courrier. Dieu sait ce que vous aurez pensé de mon silence si quelque Genevois ne vous a point appris que j’ étais en voyage. Cher ami, peut-être l’aurez-vous deviné; on est paresseux une première fois; des occupa­tions forcées, du découragement, de la tristesse, font per­dre le moment de répondre à une première lettre, et on ne sait pas le retrouver, mais on ne mérite pas d’être aimé quand on est également paresseux pour une seconde, surtout quand on y trouve l’appel d’un ami à votre cœur, quand il vous parle de ses souffrances, et qu’ il se confie en vos consolations. Vous m’écriviez cette dernière lettre comme vous veniez de perdre Mme votre belle-mère. Le temps a sans doute déjà apaisé doucement cette douleur. Mais, cher ami, comme nous sommes séparés, je ne sais ni quelles sont vos peines, ni quelles sont vos consolations. Je suis étranger à vos habitudes et à vos projets. Le temps et l’espace sont entre nous, et je ressens avec une espèce d’effroi que mon amitié ne peut point vous aider contre la peine, que je ne puis point invoquer la vôtre contre la douleur.

Je vous avais destiné un exemplaire de mes deux pre­

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miers volumes. Je suis parti au moment de la publica­tion, et toutes mes expéditions s’en sont ressenties, je ne sais si votre exemplaire s'est perdu, ou s’il se retrouvera à Oenève à mon arrivée, tout au moins comptez sur

| les 3e et 4e volumes qui vont paraître. La réussite de cet ouvrage en France n’est pas flatteuse: un seul journal en a parlé, encore c’était un article d’ami. Dans le compte­rendu par l’institut, il n’en est pas dit un mot parmi les travaux historiques. Cependant on pourrait tout au moins, ce me semble, parler de l’immense travail de rassembler des matériaux pour un ouvrage de cette étendue. Je ne perds point cependant absolument courage. J’ai employé ces dix mois passés en Italie comme un forçat à la même tâche. J’ai dépensé beaucoup d’argent en achat de livres aussi bien qu’en voyages, et je poursuis consciencieusement mon plan de tout connaître, de tout examiner, de tout lire, comme si quelqu’un en France devait me savoir gré de la peine que je prends.

Je ne puis vous donner presqu’aucune nouvelle de Ge­nève; ruiné que je suis par le tarif exorbitant des postes, j’ai conservé fort peu de correspondances. M me Lavit est abattue et découragée, elle m’écrit fort peu, quoiqu’elle n’ait conservé, je crois, d’autre correspondance que la mienne. Je suis souffrant aussi. Je ne puis prendre mon

j parti de laisser ma mère ici dans la solitude et le . . . . ! et cependant il m’est impossible d’y vivre. Une montagne pèse sur . . . . la circonspection, le soupçon, la réserve

■ ■ du pays que l’on me prêche à moi-même sans cesse, sont pour moi comme des murs de prison, j’y périrais, je crois, bientôt pour manque d’air, et ce serait en répétant à mon dernier soupir comme Gôtz von Berlichingen ; Luft, Luft! Freiheit, Freiheit!

Adieu, cher ami. Agréez l’assurance de mon inaltérable attachement et dites à madame votre femme que les amis de son mari réclament des droits à son affection, que non

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seulement ils se permettent de l'aimer, mais qu’ils veulent encore qu’elle le leur rende. Adieu encore.

[Biblioteca di G inevra, D o s s ie r o u ve rt d ’a u togra p h es ].

91.

A GUGLIELMO PIATTI

F i r e n z e .

Pescia, 21 marzo 1808.

Ho ricevuto in buona condizione i libri a me mandati, e glie ne do credito ; al mio passaggio a Firenze sceglierò qualche cosa fra le novità, e specialmente un itinerario, per fare il saldo. Oli avrei mandato oggi la mia copia di Corinna, se non mi fosse necessaria per confrontare col pezzo di traduzione che mi giunse ieri. La porterò meco venerdì primo d’aprile, e gliela lascerò; se potessi prima di quel giorno ricevere un altro quinterno ancora mi fa­rebbe molto piacere. II traduttore sa bene la lingua ed è capacissimo, lo ha dimostrato anche nell’ ultimo quinterno, ma io temo un poco di precipitazione. Bramerei che lei mi preparasse una copia broché di quanto è già stampato di Corinna per portarla a Mad.me de Staël. — Finalmente gli domanderò un servizio: arriverò a Firenze venerdì primo d’aprile, e bramerei molto ripartire il sabato 2 dopo pranzo, e anche la mattina per Bologna. Avrebbe ella la bontà di far domandare o alla Vigna o dai Pollastri se vi sono vetturini per Bologna, e fissare, se si trova, un posto per me al prezzo corrente? Avrò un cento di libbre d’equi­paggio fra cassetta e valigia. Gli sarei veramente tenuto di quel favore. Intanto mi creda con perfetta stima, ecc.

[N e il’Autografoteca Bastogi di L ivorno],

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92.

A MADAME DE STAËL

VlENNA.

Pescia, 21 mars 1808.

Je pars pour aller auprès de vous, chère amie, le pre­mier d’avril, et autant que je puis calculer ma route avec exactitude, j’arriverai à Vienne du 18 au 20. Une fois en chemin je ferai toute la diligence qui dépendra de moi pour arriver promptement: je voudrais anéantir le temps et l’espace entre le moment où je quitterai ma mère et celui où j’arriverai près de vous. Mais je voudrais bien trouver en route un mot de vous qui m’assurât que vous m’attendez toujours, que vous me recevrez toujours avec plaisir. A me­sure que le temps s’écoule depuis que je n’ai reçu de vos let­tres, je recommence à douter si quelque événement n’est point survenu qui change vos arrangements, si quelque lettre de vous, qui devait m’en instruire, ne s’est point perdue, si mon arrivée ne sera point ou inattendue ou indiscrète. Écrivez- moi donc, je vous en supplie, au moins un mot par le retour du courrier, ou si le temps vous manque, faites-le écrire par Schlegel, par votre fils, par votre secrétaire, et adres­sez-moi votre lettre chez M. Seb.no Guglielmo Heinzel- mann à Venise. Je compte en partir le 9 ou le dix: ce sont vingt jours, et par conséquent je dois avoir le temps d’y recevoir votre réponse.

On garde ici le plus inconcevable silence sur notre sort futur; le décret même sur le gouvernement de la Toscane, qui a été publié dans toutes les gazettes de France et de l’étranger, n’a jamais été ni proclamé ici, ni inséré dans notre gazette. Il n’est pas facile de dire l’effet de ce silence et de cette attente, tandis que la destinée entière de plu­

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sieurs milliers d’individus dépend de la décision. Les moi­nes et les religieuses qui s’étaient étrangement multipliés pendant le règne de la Reine, les évêques et les prêtres, les simples bénéficiés, l’ordre religieux et militaire de St. Étienne, voyaient prendre successivement l’inventaire de tous leurs biens sans qu’on leur ait encore dit une seule parole sur leur sort avenir. Tous les juges et tous les employés, qui forment ici un corps extrêmement nombreux, qui tous, d’après le système toscan, sont et doivent être étrangers à la ville où ils exercent leurs fonctions, qui tous sont mariés, et ne vivent avec leur famille que de leur paie, savent que tous leurs pouvoirs et leur salaire cesseront dans quarante jours, sans qu’on leur ait encore donné aucune assurance de les faire entrer dans la nouvelle or­ganisation. Tous les avocats et procureurs voient anéantir le fruit de toutes leurs études passées, il vont être soumis à un nouveau système de lois qu’ils n’ont point étudié, et que la plupart d’entr’eux ne sont point capables de com­prendre; même les médecins, qui tous reçoivent une paie de leur commune, s’attendent à la voir suspendre. Pour le commerce il est détruit comme partout. Telle est notre situation, telle est sans doute celle de l’État de Rome sur lequel on garde un silence plus obstiné encore. Et cepen­dant les abus qui seront détruits par le nouvel ordre de choses étaient si ruineux et si criants, et l’espérance de rendre quelque caractère à la nation par une éducation absolument différente, par des institutions militaires et des réformes religieuses est si supérieure à la crainte des maux actuels, qu’il faut encore se réjouir des événements. Ils doi­vent faire des Italiens un peuple, et le mettre un jour en état de se défendre ou de venger leurs offenses.

De tout l’orage qu’a excité Schlegel avec sa brochure *)

*) Si tratta del famoso opuscolo: Comparaison entre la Phèdre de Racine et celle d ’Euripide, pubblicato a Parigi nel 1807.

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je n’ai vu que le Journal des Débats. Je serais bien con­tent si on avait donné la moitié autant d’attention à mon gros livre qu’à ce petit ouvrage; il n’avait pas écrit sans malice, il se plaisait à braver la critique à laquelle il s’at­tendait bien', et il doit, je pense, être content. Car sans doute il ne supposait pas que les Français renonçassent à ce à quoi ils attachent leur gloire pour reconnaître avec lui leur .... ce sont des factums pour un procès, et sa partie adverse l’a traité.... ménagements. J'ai vu aussi avec plai­sir la manière dont ce journal parlait de vous: ce n’était pas là le ton qu’il prenait il y a quelques années; le temps viendra, je crois, où lui-même il confessera franchement son admiration.

J’ai corrigé la traduction de Corinne jusqu’à la fin, à peu près, du livre: le reste s’achevera pendant notre voyage, et nous recevrons à Genève vers la fin de juin la nouvelle de la publication. Ce travail, qui m’a fait sentir le prix de chaque phrase et de chaque mot, a augmenté mon admi­ration pour ce bel ouvrage. Je ne sais cependant si je n’en tirerais pas une conclusion défavorable aux romans-cadres de pensées. L’entraînement de l’intérêt fait négliger la moi­tié des trésors qu’on y pourrait trouver.

Adieu, chère amie: de grâce, une lettre à Venise.

[N ell'A rch lv lo del Castello di Coppel].

93.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 26 mars 1808.

Je ne pouvais pas mieux servir M. Schlegel qu’en vous procurant la lecture de sa brochure. Un auteur est trop heureux quand il trouve des lecteurs qui veulent bien se

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EPISTOLARIO 2 3 5

préparer à le suivre, en étudiant d’abord la matière qu’il a traitée, et en refaisant en quelque sorte son ouvrage avec lui. Vous avez été, madame, d’autant plus indulgente pour Schlegel, que vous entendiez mieux son sujet. On ne l’a pas ménagé à Paris, mais ceux qui l’ont le plus mal­traité ne s’étaient pas si bien mis en état de le juger. Au reste, comme les critiques français s’en sont très bien aperçu, cette brochure était bien moins une comparaison impartiale de deux tragédies qu’une attaque secrète contre le théâtre français, contre ce que la nation regarde comme la gloire de sa littérature. La brochure pétille d’esprit, mais du factum d’un avocat; l’on sent à chaque ligne un but hostile que l’auteur ne perd pas de vue, quoiqu’ il semble ne jamais vouloir marcher vers lui.

Sans doute il est avantageux pour l’art, que d’habiles gens comparent ainsi les théâtres des langues différentes ; mais il est impossible de prononcer un jugement ensuite de ces comparaisons. Chaque nation a une poétique es­sentiellement différente pour son théâtre; elle s’est propo­sée un autre but, elle s’est soumise à une législation dis­tincte. Les mœurs dans la tragédie doivent même être comme un terme moyen entre la nation représentée et celle pour qui on représente. Les spectateurs rencontrent les héros sur une terre neutre, car on n’a pu exiger que le peuple connût l’antiquité comme un Saumaise, pour être ému des spectacles qui lui représentent l’antiquité. Chacun s’est tiré de cette difficulté d’une manière diffé­rente. Les Français ont mêlé quelque chose de parisien à tous leurs héros ; Métastase et les anciens Italiens leur ont donné à tous les mœurs de convention de la poésie ita­lienne, le romanesque pastoral; les Allemands, plus fidèles dans leurs tableaux, pour conserver la vérité historique, ont mis la vie entière avec tous ses détails sur la scène, afin que ce monde nouveau, dans lequel ils vous transpor­tent, se fît comprendre par son ensemble même. Shakespeare

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a évité cette difficulté, en ne peignant le plus souvent que sa propre nation ou celles qui lui ressemblaient par les mœurs. Enfin votre illustre ami a placé sur la scène l’homme seul, l'homme avec ses pensées et ses passions, en retranchant tous les accessoires, tout ce qui pourrait faire de ses héros des Grecs, des Romains, des Écossais, des Goths, plutôt que des Italiens. Il n’a laissé dans ses tragédies de sentiments et de souvenirs nationaux que ce qui était absolument nécessaire pour fixer la scène; mais il a, en général, attiré à soi, avec une puissance surpre­nante, et son sujet et ses spectateurs, plutôt que de trans­porter les Grecs sur le théâtre de Florence ou de faire rêver aux Florentins la Grèce. Sans doute qu'il a trouvé ses compatriotes trop corrompus pour vouloir emprunter rien de leurs mœurs, et trop ignorants pour qu’il pût les intéresser à des mœurs étrangères.

j ’aurai, vendredi, l’honneur de vous rendre mes devoirs, et de prendre*)... pour madame de Staël, pour Venise où je m’arrêterai peu de jours, et pour l’Allemagne. Si je puis, je ne m'arrêterai qu’une demi-journée à Florence, et je continuerai immédiatement ma route. Mais je me flatte que vous résisterez aux instances de vos amis de Paris, qu’à mon retour en Toscane je vous y retrouverai encore, et que vous m’aurez conservé la bienveillance que vous m’avez témoigné. Auriez-vous la bonté de vous informer à qui a été remise la brochure? Je ne l’ai point reçue.

P. S. — Je viens de la recevoir de retour de Lucques.Je suis, avec le plus profond respect, madame, votre

très humble et obéissant serviteur, ecc.

[Biblioteca di M ontpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres ine'd p. 71].

*) Uno strappo nell’autografo impedisce la lettura. Forse è da leggersi « vos ordres », come congettura Saint-René Taillan­dier (Op. cit., p. 73).

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94.

A ELISA DE RECKE

Vienne, 30 avril 1808.

II me semble, mon excellente amie, que je puis à pré­sent me regarder comme assuré de vous voir. Nous pas­sons par Toeplitz pour nous rendre en Saxe, et comme notre départ d’ici est renvoyé à peu près jusqu’au milieu du mois prochain, je ne doute pas que vous n’y soyez arrivée pour commencer vos bains. Seulement je redoute fort que JVIad.me de Staël ne consacre que fort peu de temps à voir ce pays pittoresque : vous savez qu’elle est beaucoup moins sensible aux charmes de la nature que à ceux de l’esprit. Elle recherche en voyage bien moins ce qu’elle peut voir que ce qu’elle peut entendre, et puis com­me elle aura donné à Vienne bien plus de temps qu’elle ne comptait, comme elle est attendue à Coppet par ses amis avant la fin de juin, et qu’elle a promis cependant de passer au moins quinze jours à Weimar, je crains que tout le reste de son voyage se passe avec précipitation. Je l’ai retrouvée toujours aussi brillante1. Elle me rend le séjour de Vienne délicieux, elle me fait partager la considération dont elle y jouit, et quand je n’aurais point tous ces plai­sirs extérieurs qu’elle me fait partager, la fête seule de son esprit, à laquelle je suis invité chaque jour, serait pour moi un bonheur sans égal. Mais j’ai trouvé, depuis que je l’avais quittée, que Schlegel avait pris un singulier ascendant sur son esprit et sur ses opinions2). (Il est vrai qu’en revanche

*) Ai primi d’aprile del 1808 il Sismondi aveva raggiuntola Staël a Vienna.

3) In questo tempo Schlegel teneva a Vienna, con grande successo, il suo celebre corso sulla letteratura drammatica, del

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2 3 8 G. C. L. SISMONDI

1 elle n’a pas eu moins d’influence sur le caractère de ! Schlegel, qu’elle a adouci, et désarmé de toutes ses pointes).

Mais je ne saurais dire combien ses nouvelles opinions me font de peine. En littérature même, sujet où il n’y a point d’hérésie, et où il est permis de penser comme on veut, je m’afflige de la voir entrer dans un système qui n’est pas fait, je crois, pour avoir des succès, et je redoute tou­jours que son beau talent ne soit mal employé pour l’avoir voulu soumettre à des règles fausses. Mais les opinions

' religieuses de Schlegel, ses opinions sur toutes les sciences humaines sont quelque chose de si bizarre, et je crois en même temps de si faux, que je regrette amèrement de les voir embrassées par un défenseur bien plus habile que lui.

Vous aurez peut-être mes 3® et 4e volumes avant moi; faites-les demander à C. G. Schmidt libraire à Leipzig, le correspondant de Gessner, qui doit être chargé par lui de vous les remettre. Je suis fort impatient de savoir comment ils seront reçus du public. Pour vous, chère amie, pour M. Tiedge, vous avez tant de bonté et d’indulgence pour moi que je me sens par trop assuré de votre approbation et qu’elle ne me tranquillise pas.

J’ai présenté vos compliments au Prince de Ligne et à sa fille l). Il y a eu cette nuit un événement dans leur famille. la Comtesse Clary, femme de son petit fils, a accouché ce matin le plus heureusement du monde du troisième enfant, une fille. On a bien de la peine à se représenter le Prince de Ligne avec son jeune esprit comme un bisaïeul.

Adieu, chère amie; je ne sais point écrire aux gens que j’espère de voir; il me semble que tout ce qui vient du coeur doit se réserver pour la conversation. Dites les choses

quale la Staël parlò poi con molta ammirazione nell’Allemagne (P. II, Cap. 31).

') 11 Sismondi conobbe a Vienna il Principe di Ligne per mezzo della Staël, che ne pubblicò i Mélanges.

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EPISTOLARIO 2 3 9

les plus affectueuses pour moi à M. Tiedge, et a M. de Griesheim. Conservez-moi votre attachement, et croyez-moi tout à vous pour la vie.

[Biblioteca di Ginevra, Dossier ouvert d'autographes. Pubbli­cata da P i e r r e K o h l e r , M.me de Staël et la Suisse, pp. 514-5).

95.

AL CONTE DI ZINZENDORF *)

Francfort, 25 juin 1808.

Le Libraire C. G. S c h m i d t de Leipzig a adressé de ma part à V. E. les volumes 3 et 4 de mon Histoire des Ré­publiques Italiennes: ils doivent vous être remis par le li­braire Carnesina de Vienne. S’ils avaient été arrêtés par la Censure ayez la bonté de les y faire demander, et de faire délivrer de même par votre crédit trois exemplaires qui sont adressés au même libraire pour le Comtes de Se- ckingen, de Rottenham, et Jean O ’ Donnell.

Les gazettes m’apprennent que V. E. vient d’être réta­blie dans le Ministère auquel les voeux de l’Autriche l’ap­pelaient depuis longtemps. Ce n’est point vous, Monsieur, que j’en dois feliciter, c’est l’Empereur qui a remis à sa vraie place le seul homme en état de tenir le gouvernail dans des temps aussi difficiles, c’est l’État qui va profiter encore une fois de la justesse de votre esprit et de l’im­mense étendue de vos connaissances, c’est l’Europe toute entière, dont l’équilibre, si l’on en peut encore espérer un pour elle, est attaché au sort de l’Autriche. Les circonstan-

') Da poco era stato nominato Ministro in Austria, ed il Si- smondi sperava che il governo austriaco potesse mettersi sulla via delle riforme.

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2 4 0 0 . C. L. SISMONDI

ces sont plus critiques peut-être que je ne le supposais la dernière fois que j’ai eu l’honneur de vous voir, mais la Monarchie dirigée désormais par un vrai homme d’état retrouvera des ressources et une vigueur qu’on avait long­temps cru perdues. Je m’associe par tous mes voeux, par toutes mes espérances à une Administration qui pour la première fois, peut-être, sera reglée sur les vrais principes, et si mon ignorance de la langue allemande ne me faisait pas craindre de ne pouvoir vous être utile, j’aurais de­mandé comme un honneur signalé à V. E. de m’employer de quelque manière sous ses ordres, et de me faire ainsi concourir au bien qu’elle va faire. Recevez au moins l’as­surance de l’entier dévouement, de la haute considéra­tion, ecc.

Mon adresse sera cet été chez Madame de Staël à Coppet.

[Nella Biblioteca Estense di Modena; pubblicata da C. P e l l e ­

g r i n i , Note Sismondiane, Ferrara, 1930, p. 21].

96.

A BETTINA BRENTANO *)

Fra n c o fo r te sul M e n o .

Bàie, 1er juillet 1808.

J’avais besoin de prendre congé de vous d’une manière «t plus expressive et plus tendre que je ne pouvais le faire dans votre loge; permettez-moi donc de vous écrire pui­sque je n’ai pu vous parler à mon aise. Je ne veux pas

') Il Sismondi aveva conosciuto la piccola amica di Goethe — che fece sul suo animo una profonda impressione — pochi giorni prima, passando colla Staél da Francoforte.

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EPISTOLARIO 241

m’éloigner de vous sans vous dire quelle impression vous avez faite sur moi, par un mélange inconcevable de naïveté, de grâce, d’esprit, même de malice, et, si j’ose le dire, d 'étourderie: vous jouiez sur mon âme comme un habile musicien sur un clavecin. Toutes les idées que vous faisiez naître étaient imprévues, vous les changiez aussitôt, et elles m’échappaient déjà avant que j’eusse eu le temps de les considérer. Je riais, puis i’etais touché, étonné, puis je riais encore. Je ne savais bien dans quel monde j’étais, ni ce que je devais croire de vous; je ne le sais pas mieux à présent, et la seule chose qui me soit prouvée c’est que vous êtes fort aimable. Peut-être cette émotion que vous excitiez en paraissant la ressentir, n’était-elle qu’un jeu de votre esprit, peut-être vous êtes-vous moquée de moi, je ne sais.... mais quand il serait vrai, vous l’avez fait avec tant de grâces que, même cela, je vous le pardonne. Ce­pendant, s’il y a quelque vérité, comme je m’en flatte, dans les sentiments que vous m’avez laissé voir, ils ne doivent pas ne durer que trois jours, vous vous êtes appelée mon amie, vous devez l’être encore après que j’aie quitté Franc­fort. Je vous écris sans vous en avoir demandé la permis­sion, et cependant je me flatte que vous me répondrez: rien n’est plus innocent qu’une correspondance à la di­stance où je serai de vous, et puis nous ne nous connais­sons pas assez, et il faut bien que vos lettres nous révè­lent un peu plus l’un à l’autre.

Il faut que j’aie en moi une disposition à la jalousie que je ne connaissais point. J’avais d’abord beaucoup de curiosité de voir M. d’Arnim *), comme un homme à qui je pourrais parler de vous; tout au contraire, nous avons senti l’un pour l’autre, à ce qu’il paraît, un repoussement mutuel; il a été à peine honnête pour moi, et de mon côté

f) Il poeta Gioacchino d’Arnim era fidanzato di Bettina Brentano.

16. — SlSMONDI, Epistolario. I.

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2 4 2 0 . C. L . SISMONDI

je le regardais avec un secret dépit, comme un homme1 que vous aimiez plus que tous les autres. Je ne vo liais pas

seulement convenir qu’ il ait une jolie figure, et cependant il paraît que c’est l’avis universel. Au reste nous avons à peine échangé quatre paroles ensemble, et je lui ai dit que vous étiez une charmante personne, plutôt pour satisfaire

f le besoin que j’avais de parler de vous, que pour m’entre­tenir avec lui.

Je quitte aujourd’hui M.me de Staël, et je vais faire un tour à cheval dans la Suisse orientale, que je ne connais point encore: je vais à Zurich par Schaffhausen, et j’en reviendrai par Soleure et Berne. De la société la plus animée, je passerai pendant ces huit jours à la plus absolue soli­tude. Je n’aurai que plus de temps pour penser à vous, et repasser dans ma mémoire ces conversations si animées, si variées que nous avons eues ensemble.

Elles m’étonnent, ces conversations, par la relation étrange qu’elles ont établi entre nous ; il me semble que désormais je connais fort bien et votre esprit et votre coeur, il me semble que vous devez avoir acquis sur moi le même genre de connaissances; à tout autre égard nous sommes demeurés complètement étrangers, je ne connais ni vos études, ni vos projets, ni vos liaisons, ni votre famille, enfin votre vie toute entière m’est demeurée étrangère. Si vous avez lu quelque chose de ce que j’ai écrit, vous êtes,il est vrai, un peu plus avancée à mon égard, cependant, nous n’avons jamais dit un mot sur tout ce qui y a rapport lorsque nous avons causé ensemble, et les idées qui m’ont le plus occupé sont peut-être celles auxquelles vous atta­chez le moins d’intérêt. N’importe : par un point au moins, nous avons senti que nous nous rencontrions^ il m’en re­stera un long et précieux souvenir, et j’espère que le mien ne s’éteindra point non plus chez vous. Adieu, mademoi­selle, recevez de nouveau l’assurance de mon tendre et re­spectueux attachement.

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EPISTOLARIO 2 4 3

Mon adresse sera cet été chez M.me de Staél a Coppet, Canton de Vaud, en Suisse.

[Edita da J.-R. De Salis, Op. cit., pp. 160-1. L’autografo è a Berlino, Preugsische Staatsbibllothek, Collez. Varnhagen voti Ensé\.

97.

A GUGLIELMO PIATTIF ir en ze .

Ginevra, 8 agosto 1808.

Mi lusingavo da qualche tempo di ricevere la nuova che la traduzione della Corinna fosse terminata e messa in vendita, epoca aspettata da Mad.me de Staél per pagarle venti luigi, contro un dato numero di copie. Mi avverta dunque in risposta di quanto ha fatto, e non perdiamo più tempo.

Io gli ho spedito il dì 25 luglio [in] una balla segnata G. P. n° 34 libri del peso di 80 libbre, i quali gli spedizio­nieri si sono impegnati a farli recapitare in 35 giorni al più, sotto pena di perdere il terzo della loro vettura fissata a fr. 35 per cento libbre.

Questa balla contiene:26 copie Histoire des Républiques Italiennes, T. 3 et 4,

con più molti libri legati, i quali sono tutti destinati a mia madre a Pescia.

Di queste 26 copie lei ne piglierà dieci, per completare le 10 copie che gli ho già consegnato dei due primi tomi, onde mi sarà debitore come l’altra volta di lire 70 di Francia.

A conto di pagamento lei pagherà il porto della balla di cui manderà poi il contenuto a mia madre a Pescia, e

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2 4 4 Ci. C. L. SISMONDl

farà legare broché le 16 copie che restano per conto mio, le quali sono destinate a diversi regali. In quanto al resto del pagamento etc., ci intenderemo in seguito. Delle sud­dette 16 copie lei ne consegnerà:

1 alla Contessa d’Albany,1 al sig. Giovanni Fabbroni,1 al Marchese Filippo Guadagni,1 al Proposto Marco Lastri,2 al sig. M. A. Bartolini, Segr. dell’Accademia italiana,

Livorno,3 spedisca per prima occasione al sig. Alessandro Hum­

boldt, Ambasciatore di Prussia a Roma,1 alla Contessa de’ Bianchi a Bologna,2 alla Contessa Isabella AIbrizzi a Venezia,4 a mia madre a Pescia.16 copie.Mi approfitto della sua ben cognita compiacenza per

addossargli tutte le suddette commissioni, sperando, in contraccambio, trovare occasione di giovargli, e aspettando la sua risposta relativa alla Corinna.

Intanto mi creda con perfetta stima, ecc.[Nell’Autografoteca Baitogi di Livorno].

98.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Qenève, 12 août 1803.

J’ai envoyé au libraire Piatti un exemplaire de mes 38 et 4e volumes pour vous. Il doit le recevoir dans une balle de livres vers le 25 de ce mois. Ayez la bonté de le lui faire demander. Je serai bien heureux si cet ouvrage peut obtenir votre approbation. H me semble que la préférence que vous donnez à l’Italie sur la France ou l’Allemagne

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doit rendre son histoire intéressante pour vous. Blessés que nous sommes des vices de nos contemporains, nous cherchons avec empressement dans nos souvenirs un temps où les hommes aient été plus dignes de notre estime *).

A mon retour d’Allemagne, j’ai trouvé ici M. de Bon- stetten, qui a eu l’avantage de vous voir à son passage à Florence. U avait trouvé tant de plaisir dans votre société, qu’il voulait absolument me procurer l’avantage d’en jouir, et solliciter pour moi une place à Florence, afin de m’y renvoyer, je l’ai arrêté comme il commençait à se donner du mouvement pour moi; il ne faut servir que ceux qu’on aime, ou du moins, il ne faut jamais mettre en opposition ses sentiments avec les devoirs qu’on s’impose. J’espère bien avoir l’avantage de vous voir de nouveau à Florence ; mais ce sera toujours comme citoyen, non comme fonction­naire public s). J’aurais, il est vrai, une autre ambition pour mon beau-frère, M. Forti3), que j’ai eu l’honneur de vous présenter; comme il n’a pas beaucoup de vivacité dans ses affections de parti, il peut très consciencieusement se permettre ce que je dois m’interdire; de plus, la grande considération dont il jouit dans sa province, et les talents

') Questo, ed altri passi di questa corrispondenza, documen­tano quanta parte avesse l’elemento nostalgico nell’ interesse che il Sismondi portava nello studio del passato.

2) Difatti il 13 giugno il Bonstetten aveva scritto alla Con­tessa: « Dans ce moment mon ambition est de voir placer M. de Sismondi à Florence; on a écrit à M. de Gérando; c’est un homme aussi éclairé qu’intègre, qui connaît bien la Toscane, et qui réunit des données très rares dans ces circonstances, et qui, j’ espère, n’échapperont pas à M. de Gérando ». Lettres inédites cit., p. 32Q. De Gérando faceva parte della giunta in­caricata di organizzare l’amministrazione francese in Toscana. Ma, data l’opposizione del Sismondi, il proposito dell’amico Bon­stetten non ebbe più seguito.

3) La sorella dello storico aveva sposato a Pescia Anton Cosimo Forti.

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qu’il a développés, le rendraient sans doute utile à ses concitoyens, s’il y occupait quelque emploi. Je l’ai fait re­commander au général Menou, à M. de Gérando et à M. Déjean, mais je serais fort reconnaissant si vous vouliez bien seconder mes recommandations, si l’occasion s’en présente.

Sans doute vous aurez été frappé de l’amabilité infinie de M. de Bonstetten, que vous aviez perdu de vue depuis plusieurs années ; plus je le compare à tout ce que je con­nais, et plus la grâce et le mouvement toujours nouveau de son esprit me frappent et me confondent. Ce n’est pas la génération présente ni l’éducation de nos jours qui donneront un homme semblable. Nous passons la plus grande partie de cet été ensemble à Coppet, avec madame de Staël, M. Constant et M. Schlegel. Nous y avons sou­vent des visites dignes d’une telle société, et nous y ou­blions doucement le beau ciel de l’Italie. Cependant et les uns et les autres nous comptons y retourner un jour, et tous ceux qui vous ont connue, madame, mettent au pre­mier rang parmi leurs motifs pour revoir Florence le dé­sir de vous y retrouver. J’espère que, quand j’aurai ce plaisir, vous m’honorerez encore de la même bienveillance que vous m’aviez accordée, et que vous comptez toujours sur mon inaltérable attachement et ma reconnaissance.

Je suis, avec respect, madame, votre très humble et obéissant serviteur, ecc.

[Biblloteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 74].

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EPISTOLARIO 2 4 7

99.

A ELISA BACIOCCHI

Genève, 12 août 1808.

J’ai déjà eu l’honneur de faire hommage à Votre Altesse Impériale et Royale des deux premiers volumes de mon Histoire des Républiques Italiennes au moyen âge, et Votre Altesse a daigné à cette occasion permettre que les Ar- chives de Lucques me fussent ouvertes et que les histo­riens manuscrits, qu’une jalousie sans rçiotifs avait tenu cachés sous le précédent gouvernement, me fussent com­muniqués. Permettez-moi, Madame, de témoigner ma re­connaissance de cette faveur en mettant aux pieds de V. A. I. et R. les tomes troisième et quatrième du même ouvrage. Ce ne sont point encore ceux pour lesquels j’ai profité des lumières que votre bonté m’a procurées. Dans le cinquième tome seulement je ferai l’histoire du règne glorieux de Castruccio, duc de Lucques, aussi bien que des calamités qui suivirent sa mort. C’est dans le XIVe siècle seulement que les peuples que V. A. I. gouverne jouèrent un rôle brillant dans l’histoire, mais alors même ils éveillèrent l’at­tention de leurs contemporains bien autant par leurs souf­frances que par leurs exploits. Puissent-ils aujourd’hui trou­ver plus de bonheur dans le repos que V. A. I. leur ménage. La gloire des armes est désormais interdite aux petits peuples, mais la carrière des lettres et des arts leur demeure ouverte. Dans cette même Italie où vous regnez, les maisons d’Este, de Gonzague, de Malatesta ont montré avant vous, Madame, quels développements une protection puissante pouvait, dans un état semblable au Vôtre, donner à l’esprit humain. On vit les philosophes, les poètes, les savants, les artistes qui illustrèrent le XVIe siècle se rassembler dans

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ces cours, qui demeureront à jamais célèbres. La ville de Weimar, bien inférieure à Lucques et en population et en richesse, a mérité le nom d’Athènes de l’Allemagne depuis que l’illustre chef de la branche, Ernestine de Saxe, y a rassemblé les fondateurs de la littérature teutonique. V. A. I. et R., digne d’imiter tous les exemples généreux, se pro­pose le même genre de gloire. Vous avez pris sous votre protection l’Académie italienne fondée à Livourne, vous attirez les hommes distingués de l’Italie dans votre ca­pitale, et, si vous refusez d’échanger votre principauté contre un nouveau royaume, si les temps qui ont produit l’Arioste et le Tasse peuvent jamais renaître, ce sera Luc­ques et non plus Ferrare qui sera l’asile du génie.

La poste ayant refusé de se charger de mes deux vo­lumes, ce sera mon beau-frère, M. Ant. C. Forti de Pe- scia, qui aura l’honneur de les mettre aux pieds de Vo­tre Altesse.

Le très humble, très obéissant et très respectueux ser­viteur, ecc.

[Pubbl. d e E . R o d o c a n a c h i , Elisa Napoléon en Italie, Pa­ris, 1900. pp. 69-70].

100.A GIOVANNI MÜLLER

Genève, 4 novembre 1808.

Je viens, monsieur, de recevoir la lettre que vous avez eu la bonté de remettre pour moi a M. le Baron de Biel. Je l’ai ouverte avec émotion, et sa lecture m’a causé une profonde tristesse.

Vous souffrez de la situation où vous vous trouvez et nous souffrons tous avec vous. Quelle proportion y a-t-il

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entre le bien présent, et de courte durée, que vous pouvez faire a ceux qui vous entourent par vos pénibles efforts, et le culte que vous rendiez au passé, la leçon que vous donniez à l’avenir, la lumière que vous répandiez sur l’Univers entier par votre immortel ouvrage? Dans les emplois publics, au milieu des torrents de malheur qui ac­cablent notre génération, on ne réussit presque jamais à opérer un bien positif, on écarte seulement quelque cause de souffrance, on suspend quelque calamité, et le senti­ment de notre impuissance pour lutter avec la désor­ganisation universelle, empoisonne tous les fruits de vos travaux. Peut-être nous serions-nous consolés de voir suspendre l’histoire des Suisses et retarder la publication de l’histoire universelle, si nous avions pu vous croire heureux dans votre nouvelle carrière '). Mais vous ne l’êtes pas, votre lettre le prouve. A quoi donc sacrifiez-vous ce qu’il y a de plus grand sur la terre, le génie? Ce n’est pas même à la fortune; une petite pension avec le pro­duit de vos ouvrages vous rendrait plus riche, que ne peut le faire votre traitement dans une place qui remplit tout votre temps. Combien je serais heureux d’apprendre que vous avez renoncé à une carrière où vous avez déjà tant souffert, pour retourner à celle de la gloire et du bonheur !

J’étais à Coppet quand j’ai reçu votre lettre; j’ y étais entouré de gens qui vous aiment, Mad.me de Staël (à qui j’ai présenté M. de Biel), M. de Bonstetten, Constant, Schle- gel, M. Werner le poète tragique, tous ont demandé de vos nouvelles avec le plus vif intérêt. Je leur ai montré votre lettre; elle était assez glorieuse pour moi, pour que je voulusse en tirer vanité. Vous m’y dites les choses les plus flatteuses sur mon histoire, et un éloge de votre bou­che est d’un bien autre prix sur ce sujet que tous les

') Giovanni Müller era divenuto l’anno prima ministro di Girolamo Napoleone nel regno di Vestfalia.

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autres suffrages ensemble. — On va faire à Paris une se­conde édition de mes 4 premiers volumes, en même temps qu’on imprimera les 5 et 6 l), qui vont jusqu’à l’année 1398. J’ai profité avec le soin le plus scrupuleux des corrections que vous aviez indiquées pour le l .er volume dans le jour­nal de lena 2). Je regrettais de n’en avoir pas la suite, mais, puisque vous avez fait des notes en lisant, ayez la bonté de me les envoyer afin que j’en tire parti.

j ’ai fort regretté de n’avoir point vu la fête d ’Unter- seen, je n’y étais point, quoique tous les journaux m’y aient envoyé je ne sais pourquoi. Pour l’ordinaire ils ne s’occupent guère de moi; depuis que je vous ai vu j’ai fait deux fois le tour de l’Italie, et une fois celui de l’Al­lemagne depuis Klagenfurth et Vienne, à Dresde, Weimar, et Francfort, sans que personne l’ait remarqué. — J’ai laissé M.me Brun en Italie, elle est à Rome à présent avec ses deux filles. Ses lettres sont d’une extrême tristesse; cependant elle est entourée de gens qui l’aiment, et ses filles sont en bonne santé. M. d’Hum boldts) de Rome que vous connaissez, ce me semble, doit arriver ici, il est attendu de jour en jour. Bonstetten est bien et travaille avec zèle à la métaphysique.

Mad.me de Staël passera l’hiver ici, et elle réussira sans doute à rassembler dans sa maison une société agréable. J’espère que M. de Biel en profitera, je ferai tout ce qui

') L’editore Nicolle di Parigi aveva acquistato dal Oessner di Zurigo i primi quattro volumi delle Républiques, e li fece uscire, insieme coi quattro seguenti, nel 1809 -in quella che è considerata come la prima edizione (essendo integrale) dell’opera.

3) Questa recensione del Müller alle Républiques Italiennes, uscita dapprima in una rivista letteraria di Iena, fu ristampata in Sämtliche Werke, XI, p. 330 sgg.

3) Guglielmo di Humboldt, ministro di Prussia presso la Santa Sede, che il Sismondi aveva conosciuto a Roma durante il viaggio colla Staël.

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dépendra de moi pour lui être agréable, mais il me sem­ble qu’il lui reste déjà peu de choses à désirer.

Recevez pies remerciements sincères de m’avoir fait faire sa connaissance, je lui en dois à lui de bien plus vifs, puisqu’il m’a prouvé un témoignage de votre intérêt et de votre amitié.

Croyez que j’en sens tout le prix, et que je ne ces­serai jamais de travailler à m’en rendre digne.

[Biblioteca di Sciaffusa, Msc. Müller 247 ; pubblicata dal De S a lis , Op. cit., pp. 98-9].

101.

A MARCO AUGUSTO PICTET

Coppet, 6 novembre 1808.

Je vous envole, monsieur, trois lettres pour la Toscane ‘), j’en ai écrite une quatrième à ma mere pour lui demander de vous préparer tous les renseignements qui pourraient vous être utiles. Elle se fera sans doute une grande fête de vous voir, et puisque nous avons des écoles secondaires à Pescia, aussi bien qu’à Prato et à Pistoia, je me flatte que vous prendrez votre route par ces trois villes pour aller à Pise, et que vous donnerez quelque temps à ma famille, à votre passage.

Au moment où. le gouvernement de la Reine d’Étrurie fut renversé, je considerai comme une compensation de^ maux qui commençaient, l’espérance d’une réforme dans l’éducation des Toscans. J’étais loin de prévoir cependant

*) Sugli scopi di questo progettato viaggio di Pictet in Italia, che poi non avvenne, si veda la lettera del Sismondi alla Con­tessa d’Albany dell’8 dicembre 1808.

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que mon professeur, celui dont j’ai suivi les cours avec le plus de plaisir, deviendrait l’instituteur de la nation. Je crains, dans mon aversion pour les choses nouvelles, de vous avoir parlé trop avantageusement de ce qui existait auparavant, ou plutôt de n'avoir pas dit clairement que l’ancienne éducation en Toscane était détestable. Ce ne sont pas les Universités qui sont mauvaises ; vous y trou­verez des professeurs assez habiles, et je crois assez de zèle et d’intelligence chez les écoliers: c’est l’éducation prépa­ratoire, celle des Collèges, et des Séminaires. Elle est en général confiée à des religieux, qui n’ont aucune idée de la vie active, et qui mettent obstacle à tous les dévelop­pements du corps et du caractère. Les premiers divertis­sements de l’enfant toscan sont de faire Valtarino (le petit autel), de brûler des cierges devant, de faire des proces­sions tout autour en contrefaisant dans les chants la messe ou les litanies. Jamais on ne les voit ni courir, ni sauter, ni se battre, ni faire aucun exercice qui puisse développer l’adresse ou la force du corps. Si nous avons en France l’excès de la vie militaire, en Italie, depuis la naissance jusqu’à la mort, on ne présente pas à l’homme une seule fois une seule idée chevaleresque, on évite de lui donner une notion du courage, ou d’en prononcer le nom devant lui; loin d’attacher une . . . . à la lâcheté, on le punit de tout acte de vigueur parce qu’on croit y voir une oc­casion de danger. Dès l’instant que l’enfant est envoyé au Collège ou au Séminaire, les moines en. le surveillant éteignent sa vivacité naturelle. Comme on se défie toujours des écoliers, on ne les perd presque jamais de vue, et l’on s’étudie surtout à empêcher leurs communications entr’eux. C’est une règle que les jeunes gens ne doivent pas former d’amitiés dans leur Collège, car une amitié entre deux jeunes paraît tout de suite une conspiration. Cette vigilance ne suffit point à conserver les moeurs, parce que les maîtres sont quelquefois eux-mêmes très corrompus, mais elle donne

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l’habitude de la dissimulation, et elle détruit toute ouver­ture de coeur. Le seul exercice qui soit permis est la pro­menade: les jeunes hommes vêtus de longues soutanes vont, à une certaine heure, en longue file deux à deux comme dans nos enterrements, avec leur régent en tête, jusqu’à l'extremité du chemin, et ils reviennent. Rien de plus triste, de plus sale et de plus décourageant que ces processions d’écoliers que je rencontrais chaque jour à Pescia. Ce serait déjà un grand pas vers leur régénération que de substituer un habit militaire à l’habit de moine qu’ils portent. Ce qui manque sur toute chose à la Toscane c’est l’éducation de notre cours du Collège. C’est une voix pu­blique qui parle de bonne heure aux écoliers d’honneur, de courage, une lutte qui leur donne le besoin d’avoir des amis, une vie active qui les prépare au monde et non pas au Couvent. Quant aux études proprement dites, vous en jugerez vous-même en peu de jours, et je crois que com­parativement aux provinces de France vous ne serez pas mécontent. Le plus renommé des Collèges, ou écoles se­condaires, est celui de Volterra, celui de Pistoia vient après. A Pescia notre Séminaire est dans un tel état de décadence qu’on n’ y voit plus guère que des fils de paysans qui veu­lent se faire prêtres. II y en a une soixantaine de quinze à vingt ans. II y a cependant et des bâtiments, et des fon­dations pieuses, et même des professeurs capables de rendre cette école beaucoup plus importante, et la ville est très avantageusement située pour avoir une école florissante. A Pise la caravane des Chevaliers de S.* Étienne devrait être considérée comme un commencement d’école militaire, il serait d’une haute importance à la Toscane d’en avoir une bonne, et il entre, ce me semble, dans vos vues de con­servation de donner à cette belle fondation une utilité gé­nérale. — Parlez d’éducation à ma soeur, quand vous serez à Pescia: elle a beaucoup examiné celle qu’on donne en Toscane à l’occasion de ses enfants, et je crois qu’elle

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pourra vous mettre sur la voie d’observations curieuses. Demandez-lui aussi de vous faire connaître à Pescia un M. Falleri, qui est à présent réduit à une misérable place de greffier. C’est un homme d’un rare mérite; il avait très bien fait ses études, et il a beaucoup réfléchi depuis sur les défauts de l’enseignement actuel et sur les changements à y apporter. Je vous le recommande chaudement, pour que vous lui procuriez quelque place digne de ses talents, et des emplois qu’il a longtemps occupés. En général je vous recommande tous ceux qù’on vous désignera comme Jansénistes. Défiez-vous de ceux qui se donnent pour Spre- giudicati, ce sont de mauvais singes de nos esprits forts, qui pour la plupart ne connaissent pas eux-mêmes leurs tristes systèmes, qui avec des connaissances très superfi­cielles, un esprit faux et un coeur corrompu, ont choisi la doctrine de Voltaire comme la plus commode pour le vice. Vous ne vous accommoderiez pas beaucoup mieux des bigots: leur esprit est devenu si étroit, leurs préjugés et leurs habitudes ont tellement pris pour eux la place de la pensée et du devoir, qu’ il est fort difficile de faire entrer une idée dans leur tête ou de substituer une action à une pratique. Mais les Jansénistes (secte assez nombreuse en Toscane) vous représenteront encore l’image des vertus et des talents de Port-Royal. Ils ont une âme religieuse,“ëTun esprit accoutumé à Inobservation et à la réflexion. Ils ont le sentiment des abus, IaT persécution le leur a fait con­naître, mais ils aiment le fond et désirent le conserver. Ils vous rechercheront comme genevois, car quoique très ca­tholiques, ils ont un penchant pour la Réforme.

Monseigneur Puccinelli, pour qui je vous donne une lettre, passe pour un homme d’un mérite distingué, il a certainement beaucoup d’adresse dans l'esprit, peut-être de souplesse. Il était jésuite. La Reine l’avait élevé au premier poste dans la Direction des Études du Royaume. C’est un homme d’un âge avancé et qui l’année passée m’a paru

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s’être fort appesanti ; ses connaissances ne sont point dans un genre dont je sois juge. H est de Pescia. et je suis lié avec sa famille plus qu’avec lui. On l’appelle Monseigneur comme grand Prieur de l’ordre de S.* Étienne, car il n’est point Évêque. — Vous connaîtrez, de nom Palloni, un mé­decin célèbre de Livourne. Il est secrétaire d’une Académie Italienne nouvellement instituée, qui n’a de siège nulle part, et qui est destinée à réunir tous les hommes célèbres dans les sciences, les arts et les lettres de toute l’Italie. Ayez la bonté de me dire si vous avez reçu votre brevet, et si vous partez bientôt peut-être vous chargerai — je encore de quelque chose pour nia mère. Vous voyez que je n’ai guère su répondre à vos questions, réfléchissez en­core s’il y aurait par hasard quelqu’autre chose à quoi je pusse vous être utile, et disposez de moi comme d’un homme qui est entièrement à vous.

[Lettera posseduta dal Dott. Federico Rilliet, di Ginevra].

102.

A GUGLIELMO PIATTI

F ir e n z e .

Ginevra, 10 novembre 1808.

Non mi so figurare donde viene che ella non abbia mai risposto a una lettera che io gli scrissi tre mesi fa nel man­dargli una balla di libri che ella ha ricevuto : molto meno capisco perchè ella non mette mai in vendita la Corinna italiana, e non domanda mai a me o a Madame de Staël i venti luigi che io gli ho promessi in contraccambio di un certo numero di copie. Questa traduzione ha languito ab­bastanza, e più del dovere : finiamola ormai e si pubblichi»

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— o io mi dichiaro sciolto dal mio impegno, tanto più che fu sempre una condizione : che l’edizione se ne facesse sollecitamente.

11 sig. Gioiti, il poeta, si era preso l’impegno di tra­durre la mia Istoria delle Repubbliche Italiane; sa ella se quella impresa va avanti, e se qualche libraio si è incari­cato di stamparla? Una seconda edizione se ne prepara a Parigi, e mi viene pagata intorno di quattrocento luigi. Onde credo che riuscirebbe anche in Italia.

Mi risponda di grazia e mi creda, ecc.

[Nell’Autografoteca Bastogl; in parte pubbl. d a C. PELLEGRINI,

Il Sismondi cit., p. 33].

103.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Qenève, 8 décembre 1808.

Il y a tout juste un mois, madame, que je vous ai écrit une longue lettre que vous n’avez point reçue et que vous ne recevrez point, puisqu’on vient de me la rendre à l’heure même. M. de Gérando avait demandé que mon aimable et célèbre compatriote, le professeur Pictet, lui fût envoyé pour organiser les études en Toscane. J’avais pris la liberté de vous le recommander, et c’est la lettre que je lui avais donnée qu’ il m’a rendue ; car il ne part point. On a trouvé qu’un fils de Calvin ne devait pas être envoyé dans un pays si orthodoxe. J’en ai du regret pour la Toscane, pour M. de Gérando, et j’ose dire même pour vous; je suis sûr que mon ami aurait trouvé l’art de vous plaire.

J’ai reçu de madame Brun deux lettres de Florence: elle y parle de vous, madame, avec un enchantement, avec un enthousiasme qui m’ont fait un sensible plaisir. Vous

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avez réellement trouvé moyen de faire pour elle un paradis de Florence; elle y parle de ceux qu’elle a vus chez vous et par vous comme d’hommes extraordinaires, d’hommes supérieurs. Quelquefois, je doutais si c’était bien à Florence qu’elle avait trouvé tout cela, ou si elle n’y avait point vécu dans le quinzième siècle plutôt qu’aujourd’hui. Après tout, je soupçonne que vous êtes deux magiciennes, et que tout ce monde si distingué était de votre création ou de la sienne. Encore votre manière de créer est-elle fort dif­férente; vous regardez toujours le monde du haut en bas en le jugeant, elle le place dans les nuages que le soleil colore et dont elle arrête les formes dans son imagination. Vous avez fait valoir les gens que vous lui présentiez, parce que vous aviez démêlé leurs qualités que vous mettiez au grand jour; mais c’était toujours eux. Elle les a rêvés dans sa tête, et celui-là serait bien habile qui reconnaîtrait les portraits qu’elle en fait.

Je suis fort impatient que vous voyiez la pièce de Be­njamin Constant *) : elle est enfin imprimée, mais on ne la mettra en vente que dans trois semaines, parce que le li­braire attend qu’elle soit arrivée à Paris. Dès que je pourrai m’en procurer un exemplaire, je prendrai la liberté de vous l’envoyer sous bande et par la poste. Vous savez que la théorie allemande du théâtre et celle d’Alfieri sont absolu­ment les deux extrêmes. Les premiers ont voulu peindre le lieu, le temps et tous les accessoires, le second a toujours dépouillé son sujet de tous les accidents, pour le réduire à la plus haute simplicité. Le lieu de la scène est, pour Alfieri, dans le cœur humain, et il le prend en quelque sorte hors du lieu et du temps. Benjamin, en imitant une pièce allemande, a dû prendre de la théorie allemande tout ce qui peut se concilier avec la sévérité française, tout ce qui ne répugne pas trop à nos habitudes et nos mœurs théâtra-

') 11 Walstein. riduzione dell’omonima opera schilleriana.

17. — SISMONDI, Episto lario . I.

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les. II faut donc le juger d’après les lois qu’il a suivies, non d’après celles que votre illustre ami vous a accoutumé à

l respecter. Dans un sujet complètement historique, et d’une histoire qui cependant est peu connue, il faut plus de dé­tails pour mettre entièrement au fait le spectateur. Il en faut plus encore parce que Schiller avait choisi un sujet double en lui-même. L’intérêt, chez lui, se partage entre Max Piccolomini et Walstein. Vous verrez jusqu’à quel point Benjamin a évité ce défaut, comment il a su faire marcher sa pièce avec une rapidité croissante et un intérêt toujours plus vif. Les trois pièces de Schiller forment ensemble en­viron neuf mille vers; il n’y en a que 2800 dans celle-ci, et tout y est cependant.

Nous avons eu à Coppet M. Werner ‘), le poète tragique, auteur de Luther, de Wanda, à'Attila, l’un des hommes enfin les plus distingués de l’Allemagne. J’aurais beaucoup désiré vous le faire connaître, et si, comme il en a l’in­tention, il va dans une année en Italie, je ne manquerai pas de vous l’adresser. C’est une chose si digne d’obser­vation que la poésie mystique, qui a pris complètement le dessus en Allemagne, et qui tient désormais toute cette nation dans un sonnambulisme perpétuel, qu’on est heu­reux de pouvoir le juger dans son principal prophète. Werner est un homme de beaucoup d'esprit, de beau­coup de grâce, de finesse et de gaîté dans l’esprit, ce à quoi il joint la sensibilité et la profondeur, et cependant il se considère comme chargé d’aller prêcher l’amour par le monde. Il est, à votre choix, apôtre ou professeur d’amour. Ses tragédies n’ont d’autre but que de répandre la religion

’) Su Zacharias Werner a Coppet, e sui suoi rapporti colla Staël che gli dedicò un capitolo dell ’Allemagne, cfr. P. K o h l e r , M.m‘ de Staël et la Suisse, p. 488 sgg., e le lettere della Siaël a Werner pubblicate da F. Baldensperger nella Revue de Lit­térature Comparée, 1923, p. 112 sgg.

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du très saint amour; et elles doivent réussir, car c’est la plus admirable versification qu’on ait encore vue en Alle­magne, et une imagination si riche et si neuve, qu’en dépit de sa bizarrerie elle commande l’admiration. L’autre jour, je l’entendais qui dogmatisait avec un allemand très raison­nable, homme d’âge mûr, que M. de Oérando connaît fort, le baron de V oght1). « Vous savez ce que l’on aime dans sa maîtresse? » dit Werner; Voght hésitait et ne savait pas trop ce qu’il devait nommer. « C’est Dieu! » poursuit le poète. « Ah! sans doute », reprend Voght avec un air con­vaincu.

Pour achever mes nouvelles de théâtre, je pourrais vous parler d’un opéra que M. de Sabran vient de faire donner au théâtre de Genève: mais il y a peu lieu à s’en vanter. Tout son esprit (il me semble que vous le connaissez) est de celui de finesse et de rédaction, qui ne fait jamais rire que du bout des lèvres, mais ce rire-là ne se communique point; il n’est bon que dans un salon, où chacun est pour soi; au théâtre, tout est perdu si les impressions ne sont pas populaires et si chacun ne sent pas qu’ il fait partie de la masse. Ah! que j’aimerais mieux vous parler des com­bats de bêtes féroces du Midi! Mais je n’ose. Ici, nous croyons encore aux succès des toréadors.

[Blblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 76].

0 Ricco negoziante e filantropo danese, amante della cul­tura, che fu introdotto nel mondo di Coppet dalla Récamier, della quale era amico. Cfr. B l e n n e r h a s s e t t , Op. cit., Ili, p. 329 sgg.

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104.

A ELISA DE RECKE

Lipsia .

Genève, 25 décembre 1808, Noël.

J’ai reçu, chère amie, votre aimable lettre du 16 no­vembre, et j’avais eu précédemment un billet de vous par M. Katter de Hambourg. J’ai eu beaucoup de plaisir à re­cevoir par lui des détails sur la vie que vous aviez menée à Eyre, et sur les dispositions de votre esprit. C’est un bon homme, qui ne manque point d’un certain esprit d’ori­ginalité, et qui a surtout la qualité aimable d’être bon al­lemand et de tout son coeur. Je le présentai à M.me de Staël, et il a dîné deux fois chez elle. Je m’ennuiai mor­tellement pendant le peu d’heures que j’avais passé à Leip­zig; j’avais pris la ville en guignon, parce que je n’y avais réussi à rien de ce que j’avais entrepris, j’y étais assez mal reçu par ceux à qui j’étais recommandé, et je n’eus plus grande hâte que de la quitter. J’avais oublié le nom de M. Loehr, en sorte que je n’allai point le voir. Mais vous, je comprends que vous y êtes entourée de vrais amis, et que le séjour peut vous en être fort agréable. Le pays du moins est riant, et les jardins plantés dans vos fortifica­tions sont une des jolies choses que je connaisse. Je me tiendrais pour bien heureux si vous conserviez L’envie d’échanger ce séjour contre celui de Genève. Mais je l’avoue, je n’ose pas influer sur cette détermination, la vie me paraît fort chère ici, et je craindrais qu’avec la géné­rosité à laquelle vous êtes accoutumée, vous ne vous trou­vassiez à l’étroit. J’estime qu'en vivant comme je vous ai vu vivre à Toeplitz, votre table devait vous coûter 30 louis

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par mois, votre voiture cent louis par année, et votre lo­gement aussi cent louis, total 560 louis, ou 3360 écus de Prusse par an. Vous voyez que je ne comprends dans cette somme ni les gages des domestiques, ni les habille­ments, ni le médecin qui, je crois, chez vous est un article important, ni toutes les dépenses de poche, et cependant pour se renfermer dans ces limites avec une famille aussi nombreuse que la vôtre, il faut assez d’économie. Vous savez que je désirais bien plus ardemment, et pour vous et pour moi, que vous choisissiez un autre séjour, celui de Pescia en Toscane, où ma famille est établie, et où je pas­serai par conséquent la moitié de ma vie. Le climat, et l’air pur sans être vif comme ici, vous conviendraient bien davantage. La vie y est tout au moins de moitié meilleur marché qu’ici. Vous pourriez visiter tour à tour pendant l’été les bains de Montecatini, de Pise et de Lucques, qui sont à peu de distance, vous pourriez pendant l’hiver passer deux mois à Florence pour faire voir à vos demoiselles le Carnaval, et la société du grand monde, et leur donner une idée des beaux arts. Tous ces voyages vous coûteraient moins que le simple séjour à Genève, et à votre retour à Pescia vous y seriez reçue comme un ange de consolation par ma mère, ma soeur, mon père ou moi, car nous se­rions parfaitement heureux dans ce pays, si nous y avions la société d’une seule famille qui partageai nos sentiments et qui pensât comme nous. Quant à une société secondaire le pays la fournirait, car il y a plusieurs hommes assez aimables, plusieurs femmes qui pourraient se développer et qui nous montrent de l’attachement. Mais vous savez qu’il n’y a jamais d’union entière lorsque les coeurs et les esprits ne sont pas à l’unisson. Les opinions religieuses, l’éducation du nord, la vie du sentiment et de l’enthou­siasme séparent les hommes en espèces aussi différentes que les animaux le sont entr’eux. J’ai toujours senti entre tous les habitants de Pescia et moi ce mur de division, qui,

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vous le savez, chère amie, n’ a jamais existé entre nous. Plus ma mère en a souffert, plus elle s’empresserait de se ser­rer à vous, plus vous trouveriez, je crois, des charmes dans son amitié, car soyez assurée, chère amie, que sous tous les rapports ma mère vaut infiniment mieux que moi.

Un libraire de Paris s’est chargé de la continuation de mon histoire: quatre volumes sont prêts pour l’impression, mais elle n’est pas encore commencée, et je ne sais [sûre]- ment quand je pourrai les avoir et vous les envoyer. Je crains bien que cela ne traîne encore une année. Aupara­vant je compte vous envoyer le mémoire sur le papier monnaie d’Autriche, dont je vous ai parlé cet été: je viens de le donner à un libraire d’Allemagne pour l’imprimer. Je vous le donnerai non pour que vous le lisiez, car il vous ennuierait fort, mais pour qu’il ne paraisse rien de moi que vous n’ayez reçu. J’ai même envie de joindre à cette lettre une traduction que je viens de faire de la ro­mance du pêcheur de Goethe *). Elle est sur la même me­sure que l’allemand, pour se chanter sur la même musique.— M.me de Staël me charge de vous assurer, ainsi que M. Tiedge, de son attachement, M. Schlegel présente ses compliments. Constant est parti pour Paris. Dites aussi de ma part au bon Tiedge combien je l’aime, et combien je serais heureux de le revoir. Mes respects à vos deux Co­lombes, et surtout à la Blanche que je connais déjà.

[Blblioteca dl Oiaevra, Dossier ouvert d ’autographes]. .

') Questa traduzione è stata pubblicata da J.-R. De S a lis , Sismondi, Lettres et Documents inédits, Paris, 1932, pp. 40-1.

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EPISTOLARIO 2 6 3

105.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Oenève, 9 janvier 1809.

Je remets à M. Degen, Américain, qui va à Livourne, deux exemplaires de Walstein, qu’ il promet de laisser chez vous à son passage. II sera, je pense, à Florence presque aussi tôt que ma lettre. Ayez la bonté d’envoyer le second exemplaire à ma mère, à Pescia. On trouve le procaccia de Pescia in via de’ Palchetti n° 2, proche de la Vigna. Il est très possible que madame de Staël joigne à mon pa­quet deux exemplaires aussi, pour faire passer à Rome à Madame Brun et à madame d’Humboldt. J’ai osé répondre de votre complaisance pour les leur faire parvenir. Je vous ai déjà si souvent parlé de cet ouvrage que je n’ose pas y revenir; mais je suis bien impatient de savoir votre ju­gement et celui de la société française que vous avez as­semblé autour de vous.

11 y a dans cette société un homme dont j’ai fort à me plaindre. Je croyais être connu de M. de Gérando à peu près autant que je le connais, et pouvoir me passer de recommandations auprès de lui; j’en ai cependant demandé pour une affaire de mon beau-frère que je croyais dépen­dre de lui, et, comme nous avons un très grand nombre d’amis communs, je lui ai été recommandé par tous ceux qu’il aime et qu’il estime le plus. M. de Gérando a, je crois, reconrtu l’injustice qu’éprouve mon beau-frère. Une fausse interprétation de la loi des fidêicommis lui enlève un héritage considérable, auquel il aurait été appelé ab in­testat, et que le testateur a voulu lui assurer d’une manière plus formelle. M. de Gérando dit que ses pouvoirs ne s’étendent point à cette affaire. Je le crois, et ce n’est point

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là-dessus que porte ma plainte, mais je suis blessé de la légèreté et de la négligence avec laquelle il traite celui qu'il vient de ruiner; je suis blessé de l’oubli des rangs et des convenances sociales envers un gentilhomme qui lui était recommandé par MM. de Montmorency, Camille Jordan, Bonstetten, Pictet et bien d’autres encore. M. de Gérando, pour compenser, en faveur de mon beau-frère, la perte d’une partie de sa fortune, lui a promis de lui conserver un emploi assez mesquin qu’il occupait alors (un camar- lingato) ; cependant il l’a donné à un autre en même temps qu’il écrit à mes amis qu’il venait de le placer. Honteux de ces contradictions, il a écrit au maire de Pescia pour lui recommander M. Forti pour une place de greffier de la com­mune. Une lettre assez vive du maire, qui indique qu’une telle proposition serait prise pour une insulte, ne sert point à lui faire ouvrir les yeux, et il croit, aujourd’hui encore, avoir dignement employé un homme qui tient peut-être le premier rang dans sa province.

J'ai regret que mon beau-frère n’ait pas, dès l’abord, déclaré qu’il ne rechercherait ni n'accepterait aucune place: il aurait évité cette protection humiliante et cette grâce ri­dicule. Je ne blâme point, quoique je n’imite pas ceux qui, dans des temps de calamité, entrent dans le gouvernement. Mais, puisqu’ils sont sans cesse obligés de porter la dé­solation dans les provinces et les familles, puisque, ma­niés comme des instruments par une main plus puissante, ils frappent et renversent d’après des vues qui ne sont point à eux, ils doivent amplement compenser le mal qu’ils sont forcés de faire par le bien qu’ils font volontairement; ils doivent consoler les pères auxquels ils enlèvent leurs enfants, les enfants qu’ils privent de l’héritage de leurs pères, autrement on leur demandera compte du sang et des trésors qu’ils coûtent au pays, et on leur dira qu’un honnête homme ne doit pas concourir à faire des malheu­reux, lorsqu’ il n’a pas la certitude que, loin de l’aggraver,

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EPISTOLARIO 2 6 5

il a adouci leur misère. Nous avons le bonheur d’avoir, à Genève, un beau modèle dans ce genre: M. de Barante, notre préfet, sait se faire aimer dans l’exécution même de la conscription et de la levée des impôts. Nous sentons que sa probité, sa douceur, sa justice, l’ordre parfait qu’ il a établi dans tout ce qui dépend de lui, nous sauvent cha­que jour de milliers de vexations, et que nous n’éprou­vons d’autres maux que ceux qui sont inévitables ‘).

Avez-vous reçu un livre de son fils qui vient de paraître :De la littérature française dans le dix-huitième siècle? 2).C’est un ouvrage où l’on trouve un esprit bien distingué et une bien grande étendue de connaissances pour un jeune homme. Son but (s’il y en a un, ce qu’on peut révoquer en doute) est de prouver qu’on accuse à tort la philosophie f * du dix-huitième siècle d’avoir fait la Révolution, que cette ' philosophie, qu’il juge avec une... était l’effet nécessaire de la ( corruption de la nation, que le siècle a fait la philosophie et non la philosophie le siècle, que les temps sont nécessaire- ^ ment enchaînés, et que les nations passent, par une révolution inévitable, de la barbarie à la civilisation, à la corruption, et de nouveau à la barbarie, en sorte que tous les efforts sont vains et que chaque chose est parce qu’elle doit être.C’est un système d’une profonde tristesse et non moins dangereux peut-être que triste; mais enfin, il est développé avec esprit et, quelque jugement qu’on porte sur l’ouvrage, on ne niera pas le talent distingué de l’auteur.

Vous avez, j’espère, reçu une longue lettre que je vous

') C. I. de Barante fu prefetto del Lemano dal 1803 al 1811, e cercò d’attenuare nei riguardi della Staél — della quale fre­quentava la casa — i rigori della polizia napoleonica, scontando poi colla destituzione i riguardi usati alla scrittrice.

3) Prospero de Barante dava in quest’opera l’applicazione ? ^ del concetto affermato dal De Bonald, che la letteratura è espres- [ ^*'*0 si.one della società; e il Sismondi iinì coll’accettarlo, svolgeiìcTolo poì'nella'stia opera di storico delle letterature.

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ai écrite il y a un mois; n’oubliez pas que vous m’avez promis de m’écrire quelquefois. Adieu, madame. Croyez à tout mon respect et tout mon attachement.

[BIblEoteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 79].

106.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Coppet, 22 mai 1809.

J'ai reçu successivement, madame, les tomes divers des œuvres posthumes d’Alfieri que vous avez eu la bonté de m’envoyer, et aujourd’hui, je pense, les derniers. Je ne sau­rais vous dire combien cette succession d’envois a ajouté à ma reconnaissance. Je comptais bien assez sur votre bonté pour vous demander ce présent, mais je n’attendais point cette attention soutenue qui vous a fait vous occuper de moi pendant un mois de suite, pour faire partir chaque semaine un nouveau paquet. J’ai été aussi on ne peut plus touché de voir toujours l’adresse écrite de votre propre main, et cette correspondance silencieuse me donnait une certaine émotion propre au temps où nous vivons: car comme des choses qu’on pense, il y en a les trois quarts qu’on ne peut pas dire, les lettres les plus pleines et les plus détaillées ne sont guère moins loin d’être l’expression du cœur que ces simples adresses. Il y a plus d’intimité, plus de correspondance de l’âme dans ce qu’une lettre fait penser que dans ce qu’elle dit. J’ai le sentiment que vous souffrez et que je souffre, que vos vœux et vos pensées sont tournés aujourd’hui vers le même pays que moi, que les mêmes gazettes vous font les mêmes impressions, que les mêmes malheurs, les mêmes boucheries vous glacent du même effroi. Nous sommes d’accord, la parole elle-

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EPISTOLARIO 2 6 7

même y ajouterait peu de chose, l’écriture n’oserait en ap­procher. Mais il y a à présent un tel point de douleur et de souffrance pour chaque individu, que la pensée sous cette oppression ne peut plus garder de liberté.

Quand j’aurai écarté ces nuages noirs, si j’y réussis, je vous parlerai des ouvrages de votre illustre ami, et surtout de ses satires, puisque c'est, je crois, après la tragédie, le genre d’écrits dans lequel il a montré le plus de talents. Il avait ce degré d’amertume que donne une indignation vertueuse, et cette poignance d’expression, cette brièveté dans la force qui rendent la satire d’autant plus brillante que ce mérite est plus rare dans la langue italienne. — Vous avez lu sans doute Les Martyrs 4) : c’est la chute la plus brillante dont nous ayons été témoins. Mais elle est complète, les aiEis mêmes n’osent pas la dissimuler, et quoiqu’on sache que le gouvernement voit avec plaisir ce déchaînement, la défaveur du maître n’a rien diminué de celle du public. La situation de Chateaubriand est extrêmement doulou­reuse ; il voit qu’ il a survécu à sa réputation, il est accablé comme amour-propre, il l’est aussi comme fortune, car il n’a rien, il ne tient aucun compte de l’argent, et il a dé­pensé sanâ mesure ce qu’il comptait de gagner par cet ouvrage qui, au contraire, achève de le ruiner. J’en ai une pitié profonde, c’est un si beau talent mal employé, c’est même un beau caractère qui, à quelques égards, s’est démenti. Comme il n’est rien qu’avec effort, comme il veut toujours paraître au lieu d’être lui-même, ses défauts sont tâchés comme ses qualités, et une vérité profonde, une vérité sur laquelle on se repose avec assurance, n’anime pas tous ses écrits. Ainsi on assure qu’il est très indépendant de cara­ctère, qu'il parle avec une grande liberté et un grand courage, cependant il y a dans Les Martyrs des passages indignes de

’) Sull’atteggiamento del Sismondi di fronte all’opera di Cha­teaubriand si veda D e Salis, Op. cit., p. 50 sgg.

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ces principes, il y en a où il semble avoir cherché des allu­sions pour flatter. 11 a pris la servilité pour caractère de la religion, parce qu’il a appris cette religion au lieu de la sentir.

Nous sommes à présent réunis à Coppet. Madame de Staël a auprès d’elle tous ses enfants, mais l'aîné est sur le point de partir pour l’Amérique; il va reconnaître les terres qu’ils y possèdent, et prendre des arrangements pour le voyage de sa mère elle-même, car celle-ci veut dans une année chercher la paix et la liberté au delà de l’Atlantique. Il m’est impossible de dire tout ce que je souf­fre de cette perspective, et combien je suis abîmé de dou­leur en pensant à la solitude où je me trouverai. Depuis huit ou neuf ans que je la connais, vivant presque toujours auprès d’elle, m’attachant à elle chaque jour davantage, je me suis fait de cette société une partie nécessaire de mon existence: l’ennui, la tristesse, le découragement m’ac­cablent dès que je suis loin d’elle. Une amitié si vive estbien a u -d e s s u s ..................................car il m’est arrivéplus d’une fois d’en ressentir pour d’autres femmes depuis............................. attaché, sans que les deux sentimentsméritassent seulement d’être comparés l’un à l’autre. Nous avons encore ici Benjamin, M. de Sabran et M. Schlegel; M. de Bonstetten y reviendra bientôt aussi: il est à pré­sent à Berne, où il n’avait, je crois, pas fait de voyage depuis la Révolution. On nous annonce pour l’été la plus brillante compagnie de Paris: à la bonne heure! Je ne suis curieux de rien, et je ne voudrais pas ajouter au cercle que nous avons déjà. Je porte envie à votre calme, je porte envie à votre retraite dans les livres et la pensée. Mais vous aussi avez connu les orages du cœur, et vous ne vou­driez pas n’avoir pas eu cette intuition complète de la vie.

Je différais de fermer ma lettre, espérant pouvoir vous dire quelque nouvelle, puisque la Suisse est le seul pays qui soit en même temps en communication avec les Autri­

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EPISTOLARIO 269

chiens et les Français. Cependant aucune nouvelle ne nous parvient du côté de ceux-ci, et nous sommes dans une cruelle anxiété sur les personnes que nous avons connues à Vienne, dont plusieurs peut-être sont ruinées et plusieurs mortes. Que de désastres et de douleurs! Heureux ceux qui ont vécu quelques siècles avant nous, et qui n'ont vu ni tant de bassesses et de crimes, ni leur juste puni­tion !

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 83].

107.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Coppet, 28 mai 1809.

Je viens de recevoir votre aimable lettre du 17 mai, madame. Je suis confondu de la nouvelle qu’elle m’apporte. Je voudrais que la joie de vous revoir ne fût pas troublée par la pensée que ce voyage n’est pas volontaire. Mais vous paraissez le faire avec tant de calme, que je ne veux y voir que l’avantage qu’il a pour moi. Ce n’est pas, en effet, un malheur que d’aller à Paris, et si c’en était un, je suppose qu’il ne se prolongera qu’autant que vous le voudrez bien. L’auberge que vous m’indiquez, et où vous logerez près de Genève, est celle de Déjean à Sécheron. Ayez la bonté, dès que vous y serez arrivée, de me le faire dire sans retard, pour que je perde le moins possible du temps que vous passerez parmi nous. Je serai à la maison de campagne de mon père, à Chênes, si, comme je le crains, madame de Staël n’est pas encore de retour de Lyon à votre arrivée à Genève. Elle y va dans quatre jours, accompagnant son fils aîné jusque-là, et elle y re­

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stera aussi longtemps que Taima1) jouera la tragédie à Lyon. Cette ville est aussi sur votre route, et elle demande avec instance que vous lui rendiez, à Lyon, l’occasion de vous voir qu’elle risque de perdre ici.

Hélas! elle va chercher à Lyon de la distraction ou de Pétourdissement, avec peu d’espérance d’en profiter. Son fils part pour l’Amérique. Une partie considérable de leur fortune est au delà de l’Atlantique, et, dans ce moment où tout ce vieux monde corrompu tombe en dissolution, il est plus important que jamais de se conserver une retraite, un moyen d’indépendance, une garantie de sa liberté, par delà l’enceinte soumise aux révolutions européennes. Mais quelque sage, quelque convenable que soit un pareil vo­yage, il faut un grand courage pour l’entreprendre, et elle ne s'y détermine pas sans de cruels déchirements. Voilà pour les souffrances particulières; vous savez quel est le poids des souffrances publiques, et combien chaque cour­rier annonce de désastres pour des amis auxquels nous sommes attachés, pour des hôtes auxquels nous avons de l’obligation, pour des villes entières qui sont iuinées ou incendiées! Vous pouvez juger quelle est notre tristesse habituelle. Aucun de nous n’a plus le courage de travailler. 11 prend un dégoût de la littérature, de l’étude, de la pen­sée, lorsque la vie est si pesante! Il prend un sentiment de mort universelle, et je voudrais dormir toujours, pour

*) È il grande attore tragico, che la Staël ammirava molto (Cfr. la Correspondance avec M.me de Staël, Paris, 1928). Ma in realtà la Staël si recava a Lione per sottrarsi alla sorveglianza della polizia, divenuta più rigorosa dopo il suo ritorno da Vienna, e per distrarsi. In questo suo viaggio la accompagnava la sua piccola corte: A. O. Schlegel, E. de Sabran, B. Constant, M.m® Ré- camier, ecc. Ma non appena giunti a Lione, la sorveglianza della polizia napoleonica riprese più che mai, e Ta Ima, che la Staël aveva invitato a recarsi a Coppet, si sottrasse all’invito con un pretesto, ma in realtà perchè distoltone dalla polizia.

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EPISTOLARIO 271

m’ôter à la fois et aux nouvelles des événements du jour, et aux retours sur soi-même, qu’une philosophie impuis­sante nous fait faire sans résultat.

Je vous ai écrit, il y a huit jours, à Florence, pour vous remercier de nouveau de tous les ouvrages posthumes qui me sont parvenus successivement. Je ne sais si ma lettre vous y trouvera encore. Je vous adresse celle-ci chez l’abbé de Caluso, en faisant des vœux pour que vous perdiez du temps en voyage, afin que mon amie puisse être de retour ici à votre arrivée. Je suppose qu’elle reviendra du 15 au 20 de juin. M. de Bonstetten est dans ce moment à Berne, mais il reviendra sans aucun doute pour vous attendre ici. Il avait tellement oublié sa patrie, qu’il l’observe à présent comme une ville étrangère, tout étonné de ce qu’il y trouve. Les Bernois, de leur côté, commencent à lui pardonner d’avoir plus d’esprit qu’eux tous, et d’être plus jeune en­core et d’esprit, et de corps, et d’espérance qu’eux et que leurs enfants. N’oubliez point que vous m’avez promis une lettre de Turin, pour m’apprendre plus exactement le mo­ment de votre arrivée, et comptez, je vous prie, sur mon dévouement et mon attachement, comme si la bienveillance que vous m'avez accordée était de plus ancienne date. Re­cevez-en de nouveau l’assurance et celle de mon profond respect.

[Biblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 86],

108.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Lyon, 16 juin 1809.

On m’a renvoyé ici, madame, votre aimable lettre du2 juin, comme j’allais repartir pour Genève, afin d’être sûr de vous y rencontrer. Je perds donc le plaisir de vous.

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voir cette année, sur lequel j’avais compté, mais je ne laisse pas que de me réjouir de ce que cette persécution a cessé, et de ce que vous demeurerez tranquille et res­pectée, dans un lieu qui vous est cher par tant de souve­nirs, avec cet entourage, ce petit nombre d’amis, ces livres, ce climat, qui rendent la vie douce, ou du moins qui en déguisent l’amertume. Je perds l’avantage de vous revoir quelques jours cette année, mais je conserve l’espérance de vous retrouver à Florence, et d’y jouir beaucoup plus longtemps de votre société. Quand madame de Staël par­tira, j’irai tout de suite en Italie, pour tâcher de m’étour­dir sur cette perte immense, et pour chercher quelque distraction dans le changement de lieu et d’habitudes. Je suis ici avec elle; je vous avais écrit à Turin, chez l’abbé de Caluso, une lettre que vous deviez trouver à votre pas­sage, et qu’il vous renverra sans doute. Je vous disais qu’elle était venue ici pour voir Taima, je l’y ai suivie sans en avoir le projet, moins pour voir le roi de la scène fran­çaise, que pour ne pas me séparer d’elle dans l’état de tristesse et même de maladie où elle est. Je retourne ce­pendant à Genève après-demain, et elle n’y reviendra que quinze jours plus tard. Madame de Staël avait désiré long­temps et avec ardeur de voir Taima, elle parlait souvent de cette privation comme d’un des grands malheurs de son exil; aujourd’hui sa tête n’était guère libre pour pro­fiter de ce spectacle qu’elle avait si ardemment souhaité. Cependant, comme elle réunit elle-même le talent tragique à celui de la déclamation, c’est encore de toutes les cho­ses étrangères au cœur celle qui pouvait la prendre le plus fortement. C’est un admirable talent que celui de Taima, et je ne pouvais en le voyant m’empêcher de regretter qu’un homme comme lui n’eût pas montré à leur avan­tage les tragédies de votre ami. Il était justement fait pour les sentir et en développer toutes les beautés, car son mé- Tite à lui-même est dans la profondeur et la passion con-

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EPISTOLARIO 2 7 3

tenue; il aurait su mieux que personne mettri. en jeu cequ’Alfieri savait peindre mieux que personne.

M. de Bonstetten est revenu à Genève, il y a quinze jours, le jour même que j’en suis parti; il savait la persé­cution que vous éprouviez, et il vous attendait avec im­patience, se flattant de profiter de tous les instants que vous passeriez à Genève. Je ne sais par quel accident il est revenu boiteux de Berne. Je ne le vois pas sans crainte subir la plus légère incommodité. Il est si jeune qu’on croirait toujours que c’est par un enchantement qu’il a trompé le temps au passage, et je crains que le moindre accident ne rompe le charme. Il vous est extrêmement at­taché, et vous ne devez point juger sur la légèreté de ses manières de la profondeur de ses affections. Je lui ai fait dire que vous ne veniez plus, et certainement il en a le même sentiment de regret pour lui-même, et de joie pour vous, et non plus que moi il ne se croit pas obligé à une profonde reconnaissance pour une faveur qui n’est que la cessation d’une injustice.

ous n’êtes pas si sévère que moi pour Chateaubriand, u me semble que le carartère servile qu’il donne à la re- ligion chrétienne est tellement exagéré, qu’on ne peut s’em- pecher d’y voir une intention de plaire au pouvoir. La soumission aux puissances peut avoir été la morale de 1’ Évangile, mais le zèle qu’il suppose aux soldats chré­tiens, combattant pour toutes les causes, obéissant sans hésiter aux volontés les plus criminelles des empereurs les plus odieux, est une fiction de sa part dont je l’aurais dispensé. Il y a bien quelques légendes qui parlent de soldats chrétiens, mais il n’est pas probable qu’ils fussent jamais en grand nombre dans les armées. Et si l’on veut chercher une beauté idéale dans la religion, ce n’est pas celle-là dont je serai touché, mais la pratique des quakers, qui, déterminés à ne jamais concourir a une œuvre cri­minelle, souffriront tous les genres de peine et de suppli-

1S. — SlSMONDi, Epistolario. I.

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2 7 4 0 . C. L . SISMONDI

ces plutôt que de combattre^qui se refusent également à payer aucune contribution destinée immédiatement à la guerre, et qui, chaque année, attendent que le régisseur fasse une saisie chez eux, avec tous les frais qui s’ensui- vent, plutôt que de porter eux-mêmes leur argent au bu­reau des contributions. Je suis scandalisé de ce qu’Eudore avait.... le spectacle de son supplice au peuple romain et à l’empereur: je suis scandalisé de ce qu’il a des remords d’avoir voulu remettre sur le trône un empereur légitime, en opposition à Galerius, dont il déclare le pouvoir sacré et inviolable dès l’instant qu’ il occupe actuellement le trône.

Vous savez quel succès extravagant ont eu les Mélan­ges du prince de Ligne 1), publiés par madame de Staël. Il serait difficile de trouver dans toute cette crème fouettée un motif pour une faveur aussi immodérée: l’ouvrage en est déjà à sa troisième édition. Et toute cette gloire a un peu consolé ce vieux général des malheurs de sa patrie. Le palais de sa fille, la comtesse Palfy, est un de ceux qui ont été brûlés à Vienne dans le bombardement. Sa femme est restée dans la ville, mais lui-même a suivi l’empereur. Les comtes O’Donnel (une Stuart doit s’intéresser à cette illustre famille) ont aussi tous deux suivi leur monarque. Ni l’un ni l’autre n’avait été blessé dans aucun des com­bats qui ont précédé la prise de Vienne. En général, nous n’avons pas appris qu’aucun de nos amis, qui probable­ment sont aussi les vôtres, y eût péri. Dans l’autre armée, au contraire, il y a peu de familles qui n'aient à regretter quelqu’un de ses membres tués au combat d’Ebersdorf. Notre préfet de Genève vient de perdre son second fils, et il est fort inquiet pour le troisième, qui est aussi à l’armée, et qui probablement n’en reviendra pas plus que ses deux aînés.

!) Lettres et pensées du maréchal prince de Ligne, publiées par M.me la baronne de Staël-Holstein, Paris-Oenève, 1809.

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Madame de Staël me charge de vous témoigner, ma­dame, toute sa reconnaissance pour votre aimable souve­nir; elle avait pris la plus vive part aux inquiétudes que vous éprouviez, quoiqu'elle eût bien voulu échanger d’exil avec vous et qu’elle désirât justement ce que vous crai­gniez. Elle vous supplie de ne point démentir l’espérance que vous lui donnez de la voir encore. Recevez de nou­veau l’assurance de tout mon respect.

[Biblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 89].

109.

, A GUGLIELMO PIATTIF iren ze .

Ginevra, 17 luglio 1809.

Ricevei assai tardi la grata sua 28 maggio, e le due copie di Corinna1) unitevi, e un altro ritardo fu necessario prima di presentarne una a Mad.rae dp Staël, la quale era allora a Lione. Questa signora gli risponderà in breve, e mi ha confermato che gli manderebbe nell’ ¡stesso tempo gli venti luigi (ossia L. 480 di Francia), i quali gli promisi in contraccambio d’un giusto numero di copie di quella Corinna. In seguito ella gli dirà la disposinone delle altre copie, ma si compiaccia mandarne intanto una diecina a mia madre a Pescia.

Vedrei con molto piacere che ella facesse tradurre e stampare la mia Istoria delle Repabbliche Italiane. Pochis­sime sono le correzioni materiali fatte in questa seconda

*) La Corinna | ossia j l’Italia | della Signora | di Staël Hol­stein | Prima edizione italiana ] Firenze | presso Guglielmo Piatti | MDCCCVI1I.

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27 6 0 . C. L . SISMONDI

edizione, benché ve ne sia diverse di stile. Se io ne tro­vassi l’occasione gliene manderei una copia dacché sarà terminata, ma le comunicazioni sono tuttora assai difficili, finché si sia stabilita una diligenza a Firenze come nelle altre città di Francia. Oltre ai quattro tomi ristampati, se ne stampano altri quattro di nuovi, i quali prolungano la storia fino al 1430. Su questa ed altre copie dei primi tomi potrà intendersela col Sig. G. Nicolle, libraio in Parigi (Rue des Petits Augustins N. 15). Mio padre, il quale fra non molto si porta in Toscana, avrà il vantag- gio di vederlo e regolerà i nostri conti.

Intanto mi creda, ecc.

[N e l l ’Autografoteca Bastogi di Livorno],

110.ALLA CONTESSA D’ALBANY

Qenève, 24 juillet 1809.

Vous êtes d’une bonté pour moi, madame, dont je serai toujours profondément reconnaissant. Chacune de vos lettres est plus flatteuse que la précédente, plus ami­cale aussi, permettez-moi cette expression que le senti­ment bien autant que la vanité me suggère. J’ai besoin d’obtenir de l’affection de vous, j’ai besoin d’arriver à l’amitié, et je veille avec avidité, comme avec reconnais­sance, tout ce qu’il y a de bienveillant pour moi dans vos lettres, [e vois qu’enfin vous lisez tout de bon mon His­toire, et j’en ai beaucoup de plaisir. Il faut un assez grand courage pour traverser le premier volume, auquel je n’ai point su donner un intérêt qui ne se trouvait guère dans le sujet, mais je crois qu’une fois cette première difficulté surmontée, le reste doit se faire lire; autrement il fau­

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EPISTOLARIO 2 7 7

drait que j’eusse fait un tort prodigieux à un beau sujet, car je ne connais dans l’univers, après l’histoire de la Grèce, rien qui fût susceptible d’un plus beau développe­ment du caractère des hommes. Les gouvernements, les mœurs, les opinions, les passions, tout y ressemblait à la Grèce ; il n’y manque que ce vernis d’antiquité qui fait que nous respectons à Athènes et Sparte la grandeur de l’homme dans de petits peuples. Dans ce qui est plus rap­proché de nous, nous demandons de plus grands effets, de plus grandes masses : des guerres où les armées ne passent pas deux mille soldats, où les conquêtes ne s’éten­dent pas à dix lieues de terrain, nous paraissent aujour­d’hui des jeux d’enfant; et, en effet, accoutumés à pré­sent à voir renverser des empires de plusieurs milliers de lieues 'carrées, et à voir condamner des millions d’hommes à la misère et à la souffrance ou la mort pour une fantaisie de quelques mois, nous devons~trouver bien mesquins les résultats de cette politique ancienne, où la vie et le bon­heur des hommes étaient encore comptés pour quelque chose. Cependant il n’y a jamais de vraie grandeur que dans l'individu; lorsque l’on considère les hommes par millions, leurs passions se neutralisent, leurs qualités bonnes et mauvaises se compensent, pour former l’être abstrait, échantillon de la nature humaine. Il faut se représenter l’homme vicieux, parce que les méchants sont plus nombreux que Tes bons; il faut le prendre faible, égoïste, médiocre enfin pour l’esprit et les sentiments; mais lorsqu’un peuple n’est composé que de quelques milliers d’hommes, chacun compte pour soi, et le grand nombre a beau être corrompu, on voit cependant entrer sur la scène un assez grand choix d’individus énergiques pour prendre une idée plus digne de l’ensemble. — On imprime dans ce moment-ci à Paris une seconde édition de mes quatre premiers volumes, et les quatre suivants, de 5 jusqu’à 8. Dès qu’ils paraîtront, j’aurai soin de vous les faire parvenir.

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2 7 8 G. C. L. SISMONDI

Je n’avais point attribué les lettres sur les manuscrits retrouvés à Ginguené, mais à M. d’Eymar, son successeur, que j’avais assez connu, et qui avait le même genre de vanité et d’importance; c’était aussi un littérateur révolu­tionnaire, qui veillait toutes les occasions de se produire comme le protecteur des lettres. Je comprends que Gin­guené, qui croyait avoir fait une superbe chose, ait été assez piqué du ton dont votre ami parlait de lui 1). Sa va­nité est très irritable, et l’a rendu plus d’une fois ridicule. Vous savez que, dans cette même ambassade, il insista pour que sa femme fût présentée à la cour, dans ce qu’il appelait Yhabit républicain, et que, l’ayant obtenu à cause de la peur qu’on avait de la France, il expédia un cour­rier extraordinaire à Talleyrand, pour lui annoncer que la citoyenne ambassadrice avait été présentée à la reine en pierrot. Talleyrand le pria de lui épargner désormais des courriers semblables, puisque la République n’avait point encore reconnu de citoyennes ambassadrices. — Je viens, au reste, de voir les deux lettres que Ginguené a publiées sur ce passage des Mémoires. Il y a des expres­sions très violentes de colère et de ressentiment contre Alfieri, mais il ne parle de vous que d’une manière res­pectueuse, et je crois tout à fait convenable de ne rien répliquer.

J’ai vu l’autre jour ici madame d’Aguesseau, qui m’a beaucoup parlé de vous. Elle avait l'avantage de vous con­naître avant la Révolution à Paris; aujourd’hui elle voyage avec sa fille, madame de Ségur, la même dont le mari a disparu d’une manière si inattendue et si muette, après avoir éprouvé au moins pendant deux ans le supplice de l’attente et de l’inquiétude. M.me de Ségur me paraît se con-

() Si tratta delle lettere scambiate fra l’Alfieri e il Ginguené, a proposito dei libri confiscati nel 1792, a Parigi, allo scrittore italiano. Si veda la Vita dell’Alfieri, Ep. IV, Cap. 26.

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EPISTOLARIO 2 7 9

soler, et je crois qu'un jeune Anglais, M. Seymund (?), qui voyage avec elle, contribue à lui faire oublieç.ûn absent qui l’a traitée bien cruellement.

Nous aurons bientôt à Coppet, je crois, MM. Mathieu et Adrien de Montmorency, M. de la Rochefoucault, que sais-je? tout le faubourg Saint-Germain. Mais nous n’y avons point vu de Gérando, qui, bravant l’excommunica­tion, a passé ici pour se rendre à Rome. Ses amis ne croyaient pas qu’il eût accepté cette commission, mais ils n’avaient pas la mesure de son courage. Madame de Staël me charge de vous remercier de tout ce que vous dites d'obligeant pour elle, elle en est singulièrement flattée, et elle met le plus grand prix à ce que vous teniez votre p/omesse de la voir encore avant son départ. Elle est af­fermie plus que jamais dans sa résolution, et le sort de l’Europe est bien fait pour l’y confirmer, mais qui sait comment on pourra surmonter toutes les difficultés d’exé­cution? Mon père, dans cinq ou six semaines, doit par­tir pour la Toscane. Je prendrai la liberté de vous l'adres­ser, madame, et de le recommander à votre bienveillance. Il retourne à Pescia pour vivre auprès de ma mère. J’irai à mon tour leur faire une visite, mais Dieu sait quand.

Daignez, madame, agréer l’assurance de mon profond respect comme de mon dévouement.

[Biblloteca dl Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites. p. 93],

111.. A MARCO AUGUSTO PICTET

Genève, 24 juillet 1809.

Il m’était impossible, monsieur, de recevoir une nou­velle plus flatteuse que celle que vous avez eu la bonté de me communiquer. C’est un honneur signalé que d’ap­

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2 8 0 0 . C. L. S1SM0NDI

partenir à l’Académie de Genève *), quand on y a pour collègues des hommes comme vous, et cet honneur acquiert plus de prix encore, quand c’est à l’amitié de ces mêmes hommes que l’on doit son élection. Je croyais la chaire d’histoire, dont on m’avait parlé d’abord, supprimée ou de­stinée à quelqu’autre, en sorte que je n’y songeais plus, et la surprise que m’a causé votre lettre en a été d’autant plus agréable. Jamais je n’aurais pensé à demander de pro­fesser la philosophie morale, dont je ne sais pas les pre­miers principes, et j’aurais bien pu m’écrier: belle occasion pour Vapprendre! Mais M. Boissier 2) assure que je pour­rai donner aux écoliers de l’histoire, de l’économie politi­que, que sais-je, moi ? tout ce que je sais ou crois savoir, sous le nom de philosophie, et qu’il en sera tout aussi content, et qu'eux aussi ne me chicaneront jamais sur le titre de la science. Je m’en tirerai comme je pourrai, mais du moins je n’oublierai pas que je ne dois négliger aucun effort pour me rendre digne, autant qu’il dépend de moi, de l’honneur que vous m’avez procuré.

Recevez-en de nouveau mes remerciements les plus sincères, et daignez agréer, monsieur et cher collègue, l'assurance de ma haute considération comme de ma vive reconnaissance.

[Biblioteca di ûinevra, Collection d'autographes].

') Il Sismondi era stato nominato da poco Professore di Filo­sofia morale nell’Accademia, non avendogli questa potuto affi­dare la cattedra di storia antica per la quale era stato proposto da Pictet. Ad ogni modo egli non doveva mai professare, e quindi questa nomina rimase per lui un titolo puramente acca­demico. Più tardi, poi, nel 1820, fu nominato professore di storia ad honorem.

a) Rettore dell’Accademia di Ginevra.

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EPISTOLARIO 281

112.

A GIUSEPPE MICHAUD

Oenève, 1 août 1809.

J’ai reçu ma lettre de monsieur La Borie qui m’invite d ’une manière fort obligeante à faire 600 articles pour son dictionnaire historique *), et qui me demande de vous faire passer auparavant la note, la plus complète qu’il me sera possible, des hommes d’Italie dans le moyen âge qui méritent un article, pour que nous les réduisions de con­cert au nombre de 600. Je vous envoie ci-joint cette note, qui est d’environ 800 articles, mais que je ne puis point me vanter d’avoir rendu complète: c’est une chose prodigieusement difficile à faire, quand on n’a aucune base précise d’où l’on puisse partir.

Je désire à présent que monsieur le Directeur de cette entreprise ajoute d’une part à ma note les noms que je puis avoir omis dans cette même catégorie, et qu’ ils dési­reraient y trouver. D’autre part qu’il.... les articles dont ils peuvent déjà avoir chargé quelqu’autre, et particulière­ment tous ceux des historiens qui paraîtront à M. Gin- guené 2) entrer assez dans la classe des littératures pour qu’il désire les traiter. Qu’ils me renvoient ensuite une liste avec ces corrections et additions, et qu’ils s’en fient à moi pour la porter ou la réduire au nombre de 600 articles. Je ne pouvais pas donner mon secours pour choi­sir ou exclure des noms, mais j’en ai toujours eu un, et

') Si tratta della Biographie Universelle, alla quale il Si- smondi era stato invitato a collaborare dopo la pubblicazione dei primi otto volumi delle Républiques.

2) A Qinguené era affidata la letteratura italiana.

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2 8 2 G. C. L . SISMONDI

je me suis si longtemps et si exclusivement occupé de cette partie de l’histoire, que je crois avoir acquis plus de faci­lité qu’un autre pour désigner les hommes auxquels tous les événements du moyen âge peuvent se rapporter.

J’avais connu d’abord ce travail comme devant être beau­coup plus vaste et beaucoup plus complet. M. La Borie, en le limitant à neuf mois, m’indique suffisamment quelles bornes je dois y mettre. J’accepte en conséquence sa pro­position à le faire pour 3600 francs, ou plutôt chaque tiers pour 1200 francs. Mais puisque je ne puis le commencer qu’après avoir reçu votre réponse, et qu'il me restera alors à peine sept semaines jusqu’au premier octobre, il faut bien que je prenne tout au moins jusqu’au premier novembre, avant de vous livrer les trois premières lettrés. Je tiendrai religieusement les engagements que j’aurai pris pour l’épo­que où je dois être prêt. Mais je désirerais que vous me donnassiez d’avance autant de latitude qu’il vous sera possi­ble, d’autant plus que pour une seule lettre je serai peut- être obligé de parcourir toute l’histoire d’Italie.

Je n’ai mis aucun Pape sur ma liste, et quant au petit nombre d’écclésiastiques que j’y ai fait entrer, ce sont des hommes dont la carrière a été toute politique. Je m’im­poserai d’ailleurs une scrupuleuse impartialité en matière de religion. Présentez à M. La Borie mes remerciements bien sincères pour tout ce qu’il me dit d’obligeant et de flatteur. Je suis on ne peut pas plus sensible et à son ap­probation, et au témoignage qu’il m’en donne.

Agréez l’assurance de la parfaite considération avec laquelle j’ai l’honneur d’être, ecc.

[Biblioteca di G lnevra, Collection Eytiard (Cor res p. gênêr.)\.

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EPISTOLARIO 2 8 3

113.

A GUGLIELMO PIATTIF ire n ze .

G in e v r a , 8 a g o s t o 18 0 9 .

Mad.me de Staël m’incarica di ringraziarlo di sua lettera, e di dirgli che lei potrà prevalersi di lire 480 di Francia, facendone una tratta sopra G. Gentsch &. Comp. Ban­chieri a Ginevra, valuta al conto di Mad.me de Staël, la quale verrà pagata regolarmente. Si approfitti della prima occasione per spedire 24 copie della Corinna italiana a M.me de Staël a Coppet presso Ginevra, e per il resto aspetti le sue disposizioni.

Ho dato ordine a G. Gessner di Zurigo di spedirgli 24 copie dei miei primi quattro tomi Istoria delle Repub­bliche Italiane, con cui viene a terminarsi la prima edi­zione ; io la prego riceverli e cercare d’esitarli o per conto mio, e valuta a quattrini, o per conto suo, valuta da pi­gliarsi in cambio. Esso mi scrive averli spediti il dì 5 ago­sto in una balla G. P. n° 486, per indirizzo del Sig. Welz e Comp. di Milano, presso cui potrà farne ricerca, in caso di ritardo. Intanto mi creda dispostissimo a servirlo, ecc.

[N e l l ’Autografoteca Bastogi c it.] .

114.

ALLA CONTESSA D’ALBANYCoppet, 6 septembre 1809.

J’ai un très vif chagrin, madame, de votre passage près de nous, sans que nous vous ayons vue, et j’en garderai une longue rancune à M. de Gérando, car je ne puis pas

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2 8 4 0 . C. L . SISM0ND1

méconnaître son ouvrage1): quelles que fussent ses rela­tions avec madame de Staël et celles de tous ses amis, il n’osa pas lui faire visite, en passant à Genève, pour ne pas aventurer quelque chose d’un crédit dont il s’efforce à tirer parti. Mais à présent, il voudrait que son action devint tout ordinaire, il voudrait pouvoir citer en sa faveur des exemples illustres, et aucun ne pouvait avoir pour lui plus de prix que le vôtre. Comme il abandonne son amie, il voudrait faire croire à tout le monde qu’elle est pesti­férée; il vous a trompée, madame, et je vous assure que rien ne compromet moins que de venir à Coppet; nous y voyons arriver successivement tous les gens qui ont besoin de plus de ménagement, les uns parce qu’ils crai­gnent, les autres parce qu’ils espèrent. Je n’ai jamais aperçu qu'aucun de ceux que j’y rencontre ait éprouvé le plus léger désagrément ensuite de ses relations avec notre amie. Mais, mon Dieu ! dans mon chagrin de ne vous avoir pas vue, et mon humeur contre de Gérando, je ne dis pas un mot de ce voyage forcé, qui vous est si désagréable, et auquel vous deviez si peu vous attendre. Vous êtes déjà arrivée à présent, vous aurez retrouvé à Paris ces hom­mages, cet esprit, ce bon ton, qu’on rencontre tous les jours moins en province et tout est devenu province: vous êtes peut-être toute réconciliée à la nécessité, et vous ne demanderez que bien mollement un retour que je désire vivement. Je n’ai jamais vu Paris, mais je le déteste par avance, et je le crains au par dessus car je ne voudrais pas qu’un peu de plaisir, que j’y trouverais peut-être, di­minuât mon aversion pour la ville, et ses habitants, et la

() Nell’andare da Firenze a Parigi la Contessa d’Albany aveva evitato di passare da Ginevra e da Coppet per suggerimento del de Gérando, che le aveva rappresentato come compromet­tente ia relazione colla Staël. Siamo all’ inizio della campagna per isolare M.me de Staël, ed il Sismondi resta indignato del modo di contenersi di amici anche di vecchia data.

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nation dont c’est la capitale. Il faudra bien qu’une fois j’y fasse un voyage, mais c’est une fâcheuse nécessité que je repousse autant que je puis. Je n’ai pas la moitié autant de plaisir à penser que je vous y trouverai, que j’en au­rais eu à vous revoir à Florence. Vous étiez la reine de Florence, et la seule reine, à présent qu'on en a retiré l’autre. A Paris, vous êtes trop près de celui qui fait et défait les rois, et qui surtout n’enseigne pas à les aimer. J’espère pourtant, puisque c’est là qu’il faut désormais que je vous cherche, que je vous y trouverai toujours bonne et amicale pour moi, et mon attachement sera plus cor­dial et plus sincère que celui de toute votre nouvelle cour.

Mon père part ce matin même pour la Toscane. J’ai un regret mortel qu’il ne doive plus vous y trouver : cette séparation, qui m’afflige et m’inquiète, me laisse très peu maître de mes pensées. Ne vous attendez donc pas que cette lettre ait le sens commun; elle doit vous dire que je vous suis attaché pour la vie, mais la manière dont je l’exprime doit se ressentir de l’agitation de toutes mes pensées. C’est une chose bien solennelle qu’un voyage qui n’est point lié à l’idée prochaine d’un retour, et je m’étonne que nous le supportions si légèrement. Rien ne ressemble plus, après tout, au grand voyage, à la grande séparation. Quelques moments, et tous les rapports sont finis, toutes les communications sont impossibles, et quand la personne qui vous quitte est parvenue à un âge avancé, les plus tristes idées s’associent à nos adieux. Mais tout me donne une même tristesse, la politique me cause un chagrin inexprimable. Je m’en occupe le moins possible, mais on ne peut pas tellement éviter ces pensées qu’il n’en reste de quoi empoisonner l’avenir. Les relations dans lesquelles je vis sont toutes devenues douloureuses; mon amie, toujours plus déterminée à son grand voyage, le considère avec effroi, et cependant elle y semble poussée par une fatalité irrésistible. J’ai d’autres gens malheureux

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auprès de moi; il y en a que je plains davantage parce qu’ils ne voient pas encore le malheur qui les menace. De ce nombre est M. de Bonstetten. Son second fils est ma­lade de manière.... qu’il reste peu d’espérance de le sauver. Tour à tour menacé d'une maladie inflammatoire et d’un marasme, on ne sait s’il finira par des douleurs violentes ou des angoisses. Mais les médecins ne peuvent croire à sa vie, et le père n’a pas encore envisagé la crainte de sa mort. — Vous voyez à ma tristesse universelle pourquoi j’ai tant tardé à vous écrire; j’aurais mieux fait peut-être de tarder davantage puisque je n’ai à vous entretenir que de douleurs et d’ennuis. Cette lettre partira cependant, ne fut-ce que pour vous dire combien profondément je vous suis attaché, dans quelque disposition d’âme que je me trouve.

[Biblloteca di M ontpellier, F ond a F a b re -A lb a n y ; L e ttre s iné­d ites , p . 96].

115.

A FEDERICA BRUNRom a .

Genève, 11 septembre 1809.

Je n’ai point reçu de lettre de vous depuis bien long­temps, chère amie: je ne vous le Teproche pas. Quand on est triste on a besoin d’avoir quelqu’ un qui soit plus com­plètement à la suite de vos pensées, et notre longue sépa­ration met entre nous je ne sais quelle difficulté de com­munication sans qu’ il y ait aucun refroidissement. Je ne tiens pas complètement le fil de vos sentiments, et la |nécessité où vous seriez de m’instruire arrête les épanchements dont votre cœur aurait besoin. Je sais seulement par Bonstetten

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que vous êtes fort triste et fort malheureuse, et que vous voudriez vous éloigner de Rome, dont le séjour ne vous convient plus. Il dit que vous penchez pour Naples, et moi je recommence à vous supplier de songer plutôt à Genève. Votre situation est devenue peut-être plus difficile depuis que nous nous sommes quittés, et votre embarras est plus grand. C'est un mauvais, un détestable pays pour les jeunes personnes que l’Italie: vous n’avez plus cependant Auguste auprès de vous qui, confidente naturelle de sa soeur, lui aurait servi en même temps de Mentor, vous ne pouvez point suivre la conversation de la société où elle vit, ni juger du ton de tout ce qui l’entoure. A Rome du moins vous vous étiez formé une société étrangère, vous y aviez des amis et des appuis qui vous secondaient, mais com­bien il serait triste d’aller recommencer un établissement dans une ville nouvelle, dans une ville où tout ce qui vous entourera devra exciter votre défiance, tandis qu’ici vous avez des amis qui vous sont dévoués, une société sûre et choisie, une existence qui vous convient.

D’ailleurs ce n’est plus pour vous seule que je désire à présent votre retour: je vous le demande au nom de l’amitié. Nous ne pouvons plus nous dissimuler que notre ami est menacé d’un fort grand malheur. Edouard *) est perdu sans espérance. Son père n’a pas encore une con­naissance claire de tout ce qu’il doit craindre. L’événement qui le menace lui apparaît de temps en temps comme un spectre qui trouble sa raison, mais ensuite il s’en distrait, et il parle de nouveau de la convalescence et de la guérison de son fils comme d’événements sur lesquels il peut compter. M. O dier2) n’ose point lui parler du fond du coeur, et il a raison. Pourquoi lui donner d’avance une douleur qui arrivera assez tôt, et qui peut-être le boulever­

*) 11 figlio di Bonstetten. s) 11 medico curante.

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serait tellement qu’il ne pourrait ni le dissimuler au ma­lade, ni continuer à le soigner? Mais je tremble du moment où lui-même il perdra l’espérance. C’est un homme qui a tellement peur de la douleur qu’il n’a jamais osé l’envi- sager de face, il fuit devant elle, et jusqu’à présent il a réussi assez bien à l’éviter; comment luttera-t-il avec elie si elle l’atteint une fois? II me semble qu’il a beaucoup changé depuis quelques jours. Peut-être tout à coup le verrons- nous vieillir de vingt ans. Comme l’orage nous frappe c’est le moment de nous serrer les uns contre les autres, pour lui résister mieux par nos forces réunies. Que sommes-nous seuls contre la douleur? Hélas! que sommes-nous aussi rassemblés? Il n’y a point de résistance contre elle.

M. Odier doit vous avoir écrit pour vous recommander son parent M. Lecointe Randall. M. de Bonstetten doit avoir ensuite secondé cette recommandation, et j’arrive en troisième pour lui donner tout le poids qui peut dépendre de moi. Il a épousé la cause de ma meilleure amie, et je mets l’intérêt le plus vif, le plus ardent à sa réussite. A la vérité je ne crois guère pouvoir lui être utile par mes dé­sirs les plus ardents. Je demande avec M. Odier que vous le recommandiez au Général Miollis avec qui vous êtes liée, et à M. de Gérando, mais pour cela il faut que vous soyez encore à Rome. Il sollicite la place de Receveur Gé­néral à Rome, et on lui a donné de fortes espérances qu’il obtiendrait ou cette place ou quelqu’autre d’égale impor­tance, et il demande seulement que quand on en viendra parler au Général ou aux membres de la Junte, ce . . . bien disposés pour lui. M. Odier vous a sans doute expli­qué, avec plus de détails que je ne saurais le faire, ce qu’ il demande et quelle sorte de secours il espère de vous, mais j’ai osé compter que vous seriez plus disposée à l’obliger si vous saviez en même temps quelle haute importance je mets à la réussite de son parent.

J’espère, dans un mois environ, que mes quatre nouveaux

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volumes paraîtront, mais il en faudra au moins trois avant qu'ils puissent parvenir en Italie. J’aimerais bien, chère amie, qu’avant ce temps nous vous eussions déjà auprès de nous, et vraiment je crois pouvoir m’en flatter. Mais il ne faut pas que le désir extrême que j’aurais de vous re­voir me fasse illusion. Près ou loin de vous, assurez-vous du moins que je vous aimerai toujours avec le même dé­vouement. Adieu.

[Blblioieca Reale di Copenaghen, F. Brun Autographen, II, p. 136; un frammento è stato pubblicato dal De Salis, Op. cit., pp. 126-7].

116.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Coppet, 15 septembre 1809 (?).

J’ai été bien sensible, madame, à l’obligeance avec la­quelle vous m’avez écrit avant d’avoir reçu les livres que je vous annonçais; mai j’espère qu’ils ne se seront pas longtemps fait attendre; on m’écrit que mon beau-frère les avait reçus le I" septembre et comptait avoir l’honneur de vous les présenter lui-même. Je vous dois aussi des remer­ciements pour lui, l'accueil que vous voulez bien lui faire lui donnera occasion de voir chez vous les nouveaux gou­vernants auxquels il a été recommandé, et de se faire con­naître d’eux. Il a besoin de défendre sa fortune contre les bouleversements qu’occasionnent les lois qu’on introduit, l’avoue cependant que je commence à me tranquilliser sur des règlements qui ne doivent recevoir leur effet que dans quelques années. Dans la crise où nous vivons, ce serait grande folie que de s’inquiéter de l’avenir; qui peut savoir à qui il appartiendra? Rien de ce qui nous entoure ne

Î CJ. — Sïsm onm , Epi&tolario. I,

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2 9 0 O. C. L . SISMONDI

porte un caractère de durée. Nous sommes arrivés aux extrêmes de tout. Ce n’est qu’à présent qu’on commence à sentir les effets de la Révolution, parce qu’à présent seu­lement ceux qui sont nés pendant ses premières années entrent dans l’âge de la force et des combats; un vide énorme se présente dans la population; le nombre des mariages est réduit d’une manière effrayante; les ouvriers manquent à l’agriculture; les denrées ne trouvant plus d’acheteurs, les fermiers sont obligés de résilier leurs baux et d’abandonner le travail des campagnes; le commerce et les manufactures sont depuis longtemps en ruine; tout s’épuise, tout finit, et cependant, avec cette misère et cette dépopulation, la guerre va recommencer du nord au midi. Nous serons bientôt réduits à l’état où nous voyons la Va- lachie et la Bulgarie. Avons-nous des titres pour y échap­per? L’Europe était la patrie naturelle des loups et des ours; pourquoi la leur a-t-on enlevée? 11 me paraît que les bêtes féroces se vengent.

J’ai parlé à mon amie et mon hôtesse de votre obli­geant souvenir; elle en est extrêmement reconnaissante et m’a chargé de vous en remercier. Elle travaille à présent à des lettres sur l’Allemagne *) où elle compte examiner l'esprit, les mœurs et la littérature de ce pays. Jusqu’à pré­sent elle n’a fait qu’un peu plus du quart de l’ouvrage, mais ce qui est écrit me paraît supérieur à tout ce que nous avons encore vu d’elle. Ce n’est point, comme dans Corinne, le cadre d’un roman où elle place ses observa­tions nationales : elle va droit à son sujet et l’embrasse avec une force qu’on n’attend point d’une femme. Il y a une profondeur vraiment admirable dans le jugement du ca-

d) La Staël stava lavorando all’opera De l’Allemagne. Sulla preparazione di questo libro s i veda il voi. della Contessa Je a n

d e P a n q e , M.me de Staël et la découverte de l’Allemagne, P a ­ris, 1929.

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EPISTOLARIO 291

ractère national, dans la peinture de son genre d’esprit et dans son opposition avec celui de tous les peuples. Rien encore de si nouveau, de si impartial et de si pénétrant n’a été écrit, je crois, sur le caractère d’aucune nation. Je suppose que cet ouvrage sera publié dans le courant de l’été prochain. Vous serez, madame, sans aucun doute, des premières à l’avoir. Auparavant, vous verrez une tragédie de Benjamin Constant qu’il va faire imprimer cet automne : c’est Wallenstein, de Schiller, transporté sur la scène fran- ' çaise. Je vous en avais parlé avant de l’avoir vu ; il a beau­coup surpassé mon attente. La versification est admirable et peut aller de pair avec celle de nos grands maîtres, l’observation des règles de la scène française est scrupu­leuse, et cependant la nationalité, le caractère des temps et des lieux sont imprimés sur tous les personnages avec une force et une vérité que j’avais crues jusqu’ici réservées aux Allemands. La pièce est d’un grand intérêt et fait verser beaucoup de larmes. Il est bien fâcheux qu’elle soit trop longue pour la représentation. Elle a 2800 vers, en sorte qu’on ne peut pas essayer de la mettre au théâtre.

Vous avez bien raison, M. de Bonstetten porte la vie légèrement. Il semble que la douleur ne puisse pas l’at­teindre, quoiqu’il la connaisse et qu’il la peigne quelquefois admirablement. Il est singulier qu’un homme comme lui soit né à Berne, il a tout le caractère d’un homme du Midi; l’imagination est le fond de son être, c’est par elle qu’il est sensible et par elle qu’il est consolé. Ces hommes du Midi, gardons-nous désormais d’en dire et d’en pen­ser du mal. L’imagination! Quand elle exalte pour eux le sentiment de l’honneur ou de la honte, quand elle leur fait tout sacrifier pour une patrie dont nous soupçonnions à peine l’existence, elle les relève au-dessus de notre siècle, et elle venge par eux la nature humaine, dégradée dans tout ce qui nous entoure.

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292 0 . C. L . SISMONDI

Adieu, madame, croyez à la sincérité de motf attache­ment et à mon profond respect.

[BIblioteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 99].

117.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Genève, 18 octobre 1809.

J’étais tout à fait inquiet de votre silence, madame: vo­tre bonté m’a tellement accoutumé à compter sur vos let­tres, qu’il ne me semblait pas que sans un accident je pusse en être privé, et cependant je ne savais trop où vous écrire, croyant déjà que ma précédente lettre ne vous avait pas atteint. Mais me voilà amplement dédommagé de cette in­quiétude, par la lettre charmante que vous venez de m’écrire. Je m’en suis fait honneur auprès de ma châtelaine; com­bien je voudrais pouvoir lui donner votre manière de voir Paris! Mais on ne se laisse jamais détromper par d’autres des choses ou des personnes que l’on chérit. Il nous faut à tous l’expérience pour cesser d’aimer. Remercions-en Dieu ; si quelquefois cette fixité nous expose à être dupes, combien souvent n’est-elle pas pour nous une garantie de la durée de nos affections ! Celle de mon amie est fondée sur les souvenirs les plus tendres ; ce sont d’abord cinq ou six personnes qu’elle aime en première ligne et dont elle voudrait à tout prix se rapprocher; ce sont ensuite les émotions dont elle a besoin pour calmer des douleurs plus vives. C’est un terrible poids que le chagrin solitaire, et il faut qu’il lui soit cruellement à charge, puisqu’elle est résolue à faire ce grand voyage qui nous paraît à tous si redoutable pour elle. Sans doute, l’Amérique est d’une

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tristesse mortelle, elle l’est même bien plus pour mon amie que pour personne, aujourd’hui qu’elle a pris goût à la poésie et à la philosophie allemande. Rien n’est en effet plus opposé: tout est rêveur, vague et sans but, en Alle­magne; tout est utile et appliqué en Amérique. De tous les pays du monde, c'est celui où l’on demande le plus: à quoi cela sert-il? Et rien ne sert comme l’argent; aussi c’est leur première pensée. J’ai vu un journal américain dans lequel son arrivée était déjà annoncée. « C’est une femme fort riche, y disait-on, et qui vit d’une manière fort noble dans son château. Elle a aussi écrit plusieurs livres, qui, étant beaucoup lus en Europe, lui rapportent assez d’argent ». Et c’est parmi ces misérables calculateurs qu’elle va passer quelques années! Oh! combien il y a de douleur et pour celle qui part et pour ceux qui la voient partir! Auparavant elle compte, dans six semaines ou deux mois, se rapprocher de Paris, mais toujours à la distance respec­tueuse qui lui est fixée ; il serait bien possible qu’à la même époque j’allasse vous rendre mes devoirs. Il est ri­dicule presque, d’avoir fait le tour de l’Europe et de n’avoir jamais vu Paris. Mais auparavant encore, j’espère que Ni- colle pourra vous remettre les quatre volumes suivants de mon Histoire. Ils sont achevés d’imprimer, et j’attends pres­que de jour en jour leur publication. Vous voyez que je ne vous laisse pas un moment de repos; à peine avez-vous fini la longue tâche des quatre premiers, qu’il s’en présente une autre tout aussi longue. Prenez haleine cependant, le dé­faut de cette histoire est de n’être jamais assez liée pour qu’on désire en voir la suite. Les événements sont assez curieux, mais ils sont indépendants, et il n’y a pas une fin de chapitre où l’on ne pût s’arrêter, comme si l’ouvrage était fini. Au reste, j’en parle avec une apparente légèreté, et j’en suis, dans le fait, très inquiet. Les autres volumes avaient paru en Allemagne, cela se passait sans bruit, sans critique ni gloire. Ici, il faut paraître à un tribunal qui

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n’est nullement bienveillant, et qui, probablement, me jugera sans se donner la peine de me lire.

Il y avait pour moi un grand avantage à ce que vous fussiez à Florence; j’étais alors plus près que vous de la terre des vivants, et je pouvais vous en donner des nou­velles. Aujourd’hui, c’est tout le contraire; vous êtes au centre et moi à la circonférence, et encore dans l’état ac­tuel du monde, ni centre ni circonférence n’ont plus aucun mouvement. Les gens du pays vous intéressent peu, excepté M. de Bonstetten, dont le fils donne quelque espérance de guérison. Il va partir pour le midi de la France. M. de Saint-Priest est toujours ici, mais ses deux fils sont retour­nés en Russie. Nous mettons notre espoir dans les exilés, avec le temps nous pourrions avoir bonne compagnie. De Toscane, je n’ai aucune nouvelle qui pût vous intéresser; dans la province qu’habitent mes parents, le pays est tel­lement infesté de brigands, que ma sœur n’a pas osé pas­ser l’automne à sa campagne, qui n’est pas cependant à vingt minutes de la ville. Vous voyez que j’ai beau tour­ner mon sac de tous les côtés, je n’y trouve rien, absolu­ment rien ; il ne me resterait qu’à parler de moi même; mais encore après avoir dit que je suis triste, et que je vous suis tendrement attaché, je ne vois pas ce que je pourrais ajouter. Cette tristesse et cette stérilité pourraient bien tourner à l’ennui. Dieu nous en garde, on le pardonne beaucoup moins. Présentez à M. Fabre mes remerciements de ce qu’il veut bien se souvenir de moi, et mes homma­ges empressés. Je suis nourri ici dans la critique contre l’école française de peinture. A-t-il trouvé à Paris quelque chose qui lui ait paru digne d’être loué?

Recevez de nouveau l’assurance de mon respect, et mes remerciements, et surtout ne m’oubliez pas.

[BiMioteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 102].

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EPISTOLARIO 2 9 5

118.

ALLA CONTESSA D ’ALBAÜY

Genève, 17 janvier 1810.

Vous m’avez tout à fait abandonné, madame, et je le comprends. Vous êtes au centre de tout mouvement, de tout esprit, de toute conversation, et je ne suis plus qu’à l’extrémité d’un rayon éloigné; en vous écrivant, j’ai un sentiment provincial de découragement. Je n’ai pas la pré­somption de compter que j’intéresserai par moi-même, et je ne me trouve plus entouré de choses qui vaillent la peine d’être envoyées si loin. Et cependant, je souffre et je souf­frirai beaucoup si, en renonçant à vous amuser, je dois renoncer aussi à ce que vous pensiez quelquefois à moi. Je suis à présent dans un état de vanité souffrante. C’est peu de chose auprès des vrais chagrins, mais c’est pour­tant un mal; je le supporte avec autant de philosophie que je peux: est-ce un signe que j’y suis accoutumé? Vous sa­vez que la suite de mon livre a paru, car il y a deux mois environ que le libraire Nicolle a l’ordre de vous le remettre de ma part, et je sais qu’il a fait mes commissions. Mais dans ces deux mois, le libraire ne m’a plus écrit jamais; on m’assure qu’on a défendu aux journaux, non pas seu­lement de faire des extraits, mais même d’annoncer mon ouvrage ; pas un de ceux à qui je l’ai donné ne m’a écrit à cette occasion, et le livre est absolument pour moi, pour le public aussi, je pense, comme non avenu. Il n’y a rien que je sache moins supporter que l’attente, et cependant j’y suis presque toujours condamné; quand un malheur est bien arrivé, bien positif, qu’il n’y a plus rien à y chan­ger, je m’y soumets et de quelque manière je cherche à l’oublier ou à m’y accoutumer. Mais c’est une chose sin­

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gulièrement pénible que de penser chaque matin: « le courrier de Paris ou celui d’Allemagne m’apportera quelque lettre d’ami ou quelque journal qui me parleront, ou de mon Histoire ou d’un livre sur les finances, que j’ai publié à Weimar » 4), et de voir chaque jour passer l’heure du courrier sans que rien arrive. Si mon Histoire est tombée, si on la trouve inférieure à ce qui précède, ennuyeuse, fa­tigante, embrouillée, dites-le-moi de bonne foi, je m’y rési­gnerai peut-être plus facilement que si je devais apprendre que personne ne l’a lue et que personne n’en a entendu parler.

Je viens d’avoir, par une lecture, la jouissance la plus vive que livre puisse jamais procurer. M. Prosper de Ba­rante m’a communiqué les Mémoires de madame de l’Es- cure, à présent La Roche Jacquelin. Elle les a faits pendant la première guerre de la Vendée, à côté de son mari qu’elle suivait dans les combats, qu’elle aimait avec idolâtrie, et dont elle ne partageait pas le courage. Ces Mémoires ont été retouchés, refaits plutôt par Prosper, qui, lui-même, préfet de la Vendée, a étudié ce pays avec le coup d’œil le plus perçant. Tout se trouve dans ce livre: la magie d’un style toujours harmonieux, toujours juste, toujours adapté à la chose; l’art pittoresque, le Darstellang des Allemands, qui met toujours et la scène et les personnages devant les lieux; l’intérêt le plus vif, le plus enthousiaste, le plus ver­tueux qu’aucune période de l’histoire moderne ait jamais présenté, un intérêt qui s’attache aux personnes, et qui ne se perd jamais dans les masses et les nombres abstraits, comme il arrive trop souvent dans les misérables événe­ments des guerres de nos jours, où tout est anonyme,

') Du papier-monnaie dans les États autrichiens, et des moyens de le supprimer, Weimar, 1810. Questo scritto era stato suggerito al Sismondi, durante il suo soggiorno a Vienna, dalla grave crisi monetaria che affliggeva l’Austria. Cfr. Journal et Correspondance, pp. 25-6.

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excepté la bassesse et la crainte; le point de vue le plus heureux pour grouper les objets ; une femme guerrière, le poli de la cour, la finesse de la société transportée dans les camps et les villages de paysans. Je ne sais si ce livre se publiera; je n’y vois rien certainement qui puisse cho­quer ceux qui ont du pouvoir, mais peut-être n’y trouve­ront-ils pas tout ce qu’ils demandent pour leur plaire. Peut-être madame de La Roche Jacquelein voudra-t-elie at­tendre pour assurer mieux encore la gloire de ceux qu’elle a perdus, en différant jusqu’à ce que toutes les passions soient calmées ; du moins, comme Prosper de Barante doit retourner à Paris dans quinze jours; qu’il est probable qu’il lira quelque part ce bel ouvrage; qu’il est facile que vous le rencontriez, je vous demande de ne pas laisser échapper l’occasion d’entendre une des choses qui peuvent vous plaire le plus. — Dans trois mois environ, je serai absolument isolé; mon amie sera partie, et elle emmenera avec elle presque tous ceux qui me sont chers. Peut-être alors irai-je pour quelques mois à Paris, puis l’hiver pro­chain à Florence. Vous y retrouverai-je ? Que faites-vous ? Que désirez-vous? Oh! madame, comme vous m’avez laissé ignorant de tout ce qui vous regarde!

[Biblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 105].

119.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Genève, 22 janvier 1810.

Nos lettres se sont croisées, madame, mais je ne veux pas tarder un moment à vous remercier de la vôtre, qui est si pleine de bonté et si flatteuse pour moi, et à vous

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envoyer un ordre pour Nicolle, puisqu’il paraît que celui-ci a négligé ma commission. Il est bien aimable à vous de me le rappeler quand je paraissais coupable de tant de négligence, et d’emprunter mon livre quand vous pouviez être piquée de ne l’avoir pas reçu de moi. J’ai quelque espérance que l’inégalité de style, qu’on m’a reprochée avec beaucoup de raison dans les premiers volumes, sera un peu moins sensible dans ceux-ci. A force d’écrire, et surtout de vivre chez madame de Staël, dans une société tout à fait française, je dois avoir gagné quelque chose pour la manière de m’exprimer. Mais en revanche, je crains qu’il n’y ait moins d’intérêt encore, parce que la balance politique qui a existé en Italie, longtemps avant qu’elle fût connue dans le reste de l’Europe, était de telle nature qu’elle empêchait toujours les révolutions et les conquêtes. Des efforts gigantesques ne produisaient que des résultats de pygmée, et l’on est sans cesse étonné de voir se sou­lever toutes les passions humaines pour se rasseoir ensuite tranquillement à leur place. La critique cependant qu’on en a fait devant vous chez M. de la Place, ne me paraît pas juste. L’Italie était, dans le temps dont j’ai écrit l’hi­stoire, le point le plus lumineux de l’Europe, le centre des richesses et des lumières, et celui de touteà les négociations. On ne connaîtra jamais le moyen âge si l’on n’étudie pas avant tout l’histoire d'Italie, si même on ne se place, en quelque sorte, dans ce point d’observation pour regarder le reste. L’impuissance des souverains, une heureuse im­puissance, est également le caractère de toutes les histoires du moyen âge. Faudrait-il en conclure que nous ne devons pas les étudier, quand nos mœurs, nos lois, notre religion, nos passions, nos préjugés, tout notre être enfin, nous est venu de cette époque?

J’ai lu votre lettre à madame de Staël. Elle a été infi­niment flattée de tout ce que vous dites pour elle d’obli­geant. Elle m’a chargé de vous exprimer sa reconnaissance,

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son attachement, le plaisir extrême que lui a fait votre lettre, le sentiment de la justesse, de la finesse de vos observations sur Paris, tout enfin ce que je saurais dire, et beaucoup plus et beaucoup mieux que je ne saurais le dire. Il est vrai que M. Constant a fait un choix bien étrange ‘). Les hommes se figurent souvent que l’orage qui est dans leur cœur est excité par l’objet de leurs affections et qu’ils se calmeront s’ils s’attachent à un être apathique. C’est une manière de se fuir eux-mêmes que de fuir ce qui leur ressemble; mais cette manière ne peut leur réussir long­temps. Leur âme, dans une semblable association, perd tout son essor sans perdre la conscience d’être elle-même; ils n’osent penser ou sentir pour ne pas être choqués du contraste, comme on renoncerait à jouer d’un instrument à cause d’une corde fausse qui y serait jointe, et qui cou­vrirait tous les autres sons par une fatale dissonance. A des souffrances vives, mais entremêlées de vifs plaisirs, doit suc­céder le dégoût de la vie, et celui qui a commis un pre­mier suicide en tuant son esprit par l’union avec un être dégradé, me paraît presque sur la voie d’en commettre un second. Je voudrais me tromper sur Bfenjamin] C[onstant] ; mais je crains qu’ il n’ait fait tout ce qu' il fallait pour se rendre souverainement malheureux. Au reste, je me creuse vainement la tête pour trouver quel est l’autre ami qui a épousé la bêtise. Ah! j’y suis: c’est un évêque 2).

J’ai vu le dernier ouvrage de madame de Genlis: il ne me paraît pas que ça puisse se lire. Son frère, le marquis

*) Constant aveva sposato Carlotta von Hardenberg nel 1808, ma, temendo le ire della Staél, alla quale era unito da una lunga e burrascosa relazione intima, tenne a lungo segreto il suo ma­trimonio. Colle parole che seguono il Sismondi allude eviden­temente ai rapporti di Constant colta Stäel, e allo sforzo fatto dall’amico per troncare la sua relazione colla scrittrice.

2) Allusione a Talleyrand, che nel 1789 era stato fatto ve­scovo di Autun.

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Ducrest, nous a fort occupés et amusés ici par des expé­riences ridicules sur la navigation, qui ne devaient tendre à rien moins qu’à anéantir la marine de l’Angleterre et à bouleverser le système du monde. C'est un homme qui a beaucoup de connaissances et un certain esprit, avec un mélange de bassesse très bizarre dans un homme de cour. A propos de réputations démenties, avez-vous lu le dernier roman de Gœthe, Die Wahl-Verwandschaften? Comment devinerait-on l’auteur de Werther dans un livre si ennuyeux ?— Encore une fois recevez mes vifs remerciements, et l’as­surance d’un attachement qui égale mon respect.

[Blblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 108].

120.AI FRATELLI MICHAUD

P a r ig i .

Genève, 24 janvier 1810.

Je suis bien sensible, messieurs, à tout ce qu’il y a de flatteur pour moi dans votre lettre du 16. Remerciez aussi en mon nom M. Beauchamp et dites-lui que je sais com­bien il me fait plus d’honneur que je ne mérite; je relirai avec grand plaisir ses articles puisque le bien de l’ouvrage et la liaison de l’histoire exigent que des collaborateurs s’entendent dans leur travail, mais je suis bien loin d’avoir la présomption de corriger de mon chef, et je lui soumet­trai avec déférence les remarques que je pourrai avoir à faire; il en sera de même de M. Des Portes. Une phrase de votre lettre semblerait indiquer que M. Beauchamp veut s’arrêter à la lettre C dans l’histoire de la maison de Savoie. Representez-lui combien il serait fâcheux qu’une

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EPISTOLARIO 301

même maison ne fût pas traitée par une seule personne, et combien il lui est plus facile de terminer ce qu’il a commencé qu’à tout autre d’y mettre la main.

L’histoire d’Italie se partage pour moi en deux parties en 1430, là où finit mon 8e volume: tout ce qui précède je le sais passablement, et je puis faire tous les articles qu’on me demandera avec très peu de nouvelles recherches. Il n’en est pas de même de ce qui suit, il y a à peine deux ans que j'ai commencé à l’étudier, et beaucoup de parties me sont encore absolument inconnues; je ne me suis pas non plus procuré à beaucoup près tous les livres dont j’aurais besoin pour ce travail, je suis particulièrement très mal informé de l’histoire de Savoie, et quant à l’hi­stoire générale du dixhuitième siècle, j’en suis réellement si mal instruit qu’il serait fort à désirer pour le bien de l’ouvrage que tout autre en fût chargé plutôt que moi. A la vérité ce sont-là des choses que je veux et que je dois apprendre, mais il n’est pas clair que j ’en aie le temps avant l’époque où vous aurez besoin de mes articles. Je vois avec plaisir que vous pouvez m’accorder de nouveaux délais, je les consacrerai uniquement à votre ouvrage, et je comprends fort bien qu’il doit en résulter aussi un délai pareil dans le payement des nouvelles traites. J ’attendrai comme juste un moment plus rapproché de celui de vos rentrées. Je compte sur le payement de celle au 1er avril, et je vous en remercie.

Mais je vous prie de considérer aussi, messieurs, que je vois s’augmenter chaque jour et d’une manière très considérable la tâche que j’avais prise d’abord. Tout à coup il m’est arrivé trois siècles de plus à écrire, c’est à dire de 150 à 200 articles; ensuite toute l’histoire de Na- ples et de Sicile, ce qui en fait à peu près autant; ensuite la Sardaigne et la Corse et la maison de Montferrat, enfin un travail sur la corrélation des articles de l’histoire des Papes et de celle de la maison de Savoie. Je vous laisse

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juges et seuls juges de cette augmentation de mon travail et de la compensation qu’elle me paraît mériter. Vous l’ap­précierez vous-mêmes lorsque nous irons en avant, et que vous pourrez mieux juger du temps que j’y aurai consacré, et du nombre d’articles que j’aurai fourni.

Je n’ai en effet trouvé jusqu’à présent qu’un seul ar­ticle dans Chaudon et Laudine qui me parût assez bien fait pour être tenté de le conserver tel quel. J’en changerai la rédaction de la manière que vous indiquez. Je me con­formerai de même aux autres règles que vous me pre­scrivez.

J’ai une occasion au commencement de février pour vous envoyer les articles supplémentaires que j’ai ajouté aux trois premières lettres: il y en a vingt seulement. S’il vous paraît qu'il manque quelque nom, écrivez-le moi tout de suite, et je me mettrai à l’instant à l’ouvrage pour un nouveau supplément. En général ce qui me paraît le plus difficile à faire est une liste exacte: je retrouve tous les jours quelque nom que j’avais étourdiment oublié dans ma première distribution.

Recevez l’assurance de la parfaite considération avec la­quelle je suis, ecc.

[Blbltoteca di Glnevra, Dossier ouvert d ’autographes].

121.

A FEDERICA BRUN

Rom a .

Genève, 28 février 1810.

Je vous avais déjà écrit, chère amie, pour vous recom­mander mon parent M. Lecointe, lorsqu’il sollicitait par lettres une place à Rome. Je reviens à la charge aujour-

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EPISTOLARIO 3 0 3

d’hui, et avec bien plus de chaleur, puisqu’il doit lui-même vous remettre une lettre. Je pouvais douter de votre crédit dans la distribution des emplois d’un Gouvernement étran­ger, mais je ne doute pas du bien que vous ferez à un homme intéressant et malheureux si à cause de moi vous lui témoignez de l’amitié, si vous l’invitez chez vous, et si vous lui donnez occasion d’y rencontrer la société distin­guée que vous y rassemblez.

Il peut surtout espérer beaucoup de la protection de l’Archevêque de Tarente: il a pour lui une lettre de Ma­dame de Staël, mais si vous lui donnez occasion de ren­contrer ce ministre et de causer avec lui, il aura de bien meilleures chances d’obtenir de lui ce qu’il désire. D’ail­leurs M. Lecointe est fait pour se recommander lui-même dès qu’il sera mis à l’épreuve. Une très grande dextérité et beaucoup d’expérience dans les affaires de finance et de comptabilité; une diligence infatigable, et une scrupuleuse probité, sont des qualités qu’on trouve rarement réunies, et qui sont précieuses à rencontrer dans un pays où l’on trouve tant de choses à organiser. De nouveau, chère amie, je vous demande avec instance de chercher à rendre ser­vice à M. Lecointe. 11 est mon parent, il est le beau-frère de la personne que j’aime le plus, d’une amie qui me sera toujours infiniment chère ‘), il est le mari d’une femme belle intéressante et souffrante, qui l’aime passionnément et qui le voit partir avec une extrême douleur ; elle compte aller le rejoindre dès qu’il aura obtenu une place, et peut- être la conduirai-je moi-même cet automne en Italie. Si vous étiez encore à Naples à cette époque, si vous vou­liez de moi, il serait possible qu’au lieu de m’arrêter à

') Miss Fanny Randall, una inglese che entrò in casa di M."1« de Staël dapprima come istitutrice, poi si affezionò alla scrittrice e alla sua famiglia in modo che non li abbandonò più fino alla morte.

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Pescia, je profitasse de cette occasion pour aller vous voir, l’en ai tout à fait besoin, chère amie; il y a trop longtemps à présent que nous sommes séparés, nous sommes presque devenus étrangers l’un à l’autre, vous ne répondez plus à mes lettres, je ne sais plus ce que vous êtes, ce que vous faites, quels sont vos projets. M. de Bonstetten lui- même m’en met tout à fait mal au fait. Il me dit quand il a reçu une lettre, mais il la lit bas devant moi, et com­me ces malheureuses lettres sont toujours écrites en ca­ractères allemands et pis qu’allemands, il m’est impossible d'en rien attraper. — J’espère que vous ne tarderez pas à recevoir mes quatre nouveaux volumes d’histoire, mon père est chargé de vous en envoyer de Pescia deux exemplaires : l'un est pour le Cardinal auquel vous aviez donné les pre- miers. Il me semble que c'est Albani, mais peut-être si vous envoyez à mon père son adresse, il trouverait moyen de faire parvenir ces livres plus facilement à Rome qu’à Naples. J’en ai aussi envoyé un exemplaire à PArchevêque de Tarente par deux jeunes ministres genevois, qui vous ont été recommandés. Je ne sais lequel arrivera le premier. J’ai eu l’autre jour une lettre de Paris, de M.me d’Albany: on lui promet de la laisser retourner au mois de mai en Italie, elle le désire, mais elle n’y compte qu’à demi. Au reste elle représente Paris comme tout à fait changé et devenu fort ennuyeux. Je voudrais que nous pussions com­muniquer cette manière de voir à notre amie qui soupire toujours après le moment où il lui sera permis d’y retour­ner. Les projets d’Amérique paraissent plus arrêtés que jamais, et cependant jusqu’à ce qu’ils s’exécutent j’espère toujours que quelque événement heureux lui fera changer d’envie: il est encore possible que le mariage de la nou­velle Impératrice fût cet événement-là. Tous vos autres amis sont bien. M. Pictet de Rochemont reçoit les nou­velles les plus encourageantes de sa colonie; ce petit royaume qu'il s’est fondé doit lui procurer un jour une

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brillante fortune. M.lle Rath est toujours à Paris, il semble qu’elle s’y est perfectionnée ; d’ailleurs son père, le Général, qui est arrivé de Russie avec une très grande fortune, doit contribuer à la mettre à la mode. Présentez mes hommages à M.'le Ida. Je porte bien envie à M. Lecointe qui va bien­tôt la voir dans tout l’éclat de sa beauté; écrivez-moi, et conservez-moi la place qui m’est si précieuse dans votre amitié. Tout à vous.

[Biblloteca Reale di Copenhagen, F. Brun Autographen, II, f. 149].

122.ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Genève, 12 mars 1810.

Vous m’avez écrit, madame, la plus charmante lettre du monde. Il ne faut pas croire que j’aie si peu de vanité que de ne m’en être pas fait honneur; je l’ai montrée sur­tout à madame de Staël, afin d’être félicité par elle sur votre extrême bonté pour moi et sur le charme de votre corre­spondance: elle dit qu’elle ne peut pas vous croire sur l’ennui de Paris, lorsqu’elle vous voit écrire de là des let­tres si spirituelles, et qu’elle s’abonnerait volontiers à en­tendre rabâcher tout le jour, si tel est Téchantillon du rabâchage. Elle va bientôt s’approcher de vous; avant de faire son grand voyage, elle veut traverser lentement la France et séjourner quelques semaines à une distance con­stitutionnelle de Paris, pour prendre congé de tous ses amis et leur donner occasion de venir la voir au passage. Dieu veuille qu’elle y trouve des gens assez aimables ou assez dévoués pour lui faire regretter plus vivement tout ce qu’elle va quitter, et l’ébranler sur sa grande détermina-

20. — SISMONDI, E pisto lario . I.

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3 0 6 0 . C. L. SISMONDI

tion! Pour moi je n’y peux plus rien, mais je m’en désole. L’ennui de ce nouveau continent nie paraît gigantesque, comme ses forêts, ses lacs et ses rivières. Je me fais une idée de la conversation tonte mercantile des Américains sur leurs papiers-uonvelles, où quinze colonnes sont cou sacrées à des intérêts pécuniaires ei domestiques, et la sei­zième, tout au plus, à ce qui peut faire penser. Sans doute il y a de la fierté dans une pareille détermination, triais, il ne faut être fier qu’à proportion de ses forces, et ne pas s’engager dans une épreuve où l’on doit succomber. Que vous avez bien raison sur la fierté! Que vous l’appelez avec justice une vertu et non un vice, tandis que la vanité, qui entraine presque toujours à des bassesses, est déjà basse en elle-même! » '.’était, en effet, un caractère distin­ctif dans Alfieri, et un caractère qui rue l'a fait aimer autant que sou talent. Il y a une conscience de soi-même dans ce sentiment qui doil inspirer de la confiance aux autres, tandis que la vanité, toujours empressée de recueillir des suffrages étrangers, toujours blessée de ceux qu’on lui refuse, est un aveu tacite que l’individu prétend être ce qu’il n’est pas. je suivrai son exemple et votre conseil, en ne répondant point à aucune critique, mais, dans le vrai, je n’ai aucun mérite à le faire, car je ne me suis pas senti blessé; j’ai lu les Lettres troycnnes, où il y a quelques traits de mauvaise foi, mais il ne in’a pas semblé que, telles qu’elles sont, elles doivent me faire du tort; je n’ai point vu, et je ne suis plus à temps pour retrouver un article de la Gazette de France qu’on dit assez violent: j’en suis tout consolé. Il me semble bien difficile qu’on attaque un homme sur ses écrits d’une manière qui atteigne son âme; je suis confondu de toutes les passions qui ont dicté à M. de Chateaubriand son examen des Martyrs, que je viens de lire dans l’édition nouvelle; il me semblait qu’en général on l’avait attaqué avec assez de ménagements, et qu’il avait même recueilli une moisson d’éloges supé­

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EPISTOLARIO 3 0 7

rieure à l’impression que son livre a faite sur le public.11 y a dans tout cet écrit une amertume de sentiment et une affectation de modestie qui fait un contraste tout à fait bizarre. 11 y a encore une orthodoxie littéraire que je ne m’attendais pas à trouver eu lui; ou le voit, Aristote à la main, justifier livre par livre toute la contexture de son ouvrage, et il indique par là une servilité de conception qui ne s’accorde pas du tout avec la hardiesse souvent étrange de son style. C’est, au reste, par ce travail même qu’il fait mieux encore comprendre pourquoi son livre est ennuyeux. Il est étrange qu’il n’ait pas conçu que, s’il voulait taire un poèrne chrétien, il fallait aussi se faire une poé­tique chrétienne toute différente de celle d'Aristote. Quant aux romans nouveaux, excepté celui de ü<ethe, qui me parait misérable, je n’en ai lu aucun; mais j'ai lu hier, avec l'intérêt d’un roman, un ouvrage qui paraît à présent même chez Paschoud (rue des Petits-Augustins). C’est une vie de Zwingli, le réformateur de la Suisse '. Il est vrai que, très protestant moi-même, je suis peut-être partial; mais je n’ai jamais vu le portrait d’un homme fait pour exciter un intérêt plus vif. Il y a dans toute sa conduite une sagesse, une douceur, une modération, un désintéressement et un courage qui contrastent étrangement avec le caractère im­pétueux et irascible de Luther ou l’opiniâtreté de Calvin. La mort du héros qui périt sur le champ de bataille, exhor­tant les soldats, ses compagnons, à défendre la liberté de sa patrie et la tolérance pour toutes les opinions, est en­core un trait caractéristique qui ne ressemble à rien de ce qu’on a vu. L’auteur semble avoir lui-même la modération et la douceur de son héros; il y a un vrai talent dans la manière de distribuer son sujet et un esprit très juste et souvent très fin dans ses réflexions.

Si vous n’avez pas persuadé madame de Staël sur Paris,

') Di J. Q. Hess, Paris, 1810.

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3 0 8 G. C. L. SISMONDI

moi, du moins, je suis tout converti; je ne saurais désirer ces grandes cohues, ni cet esprit d’épigrammes tel qu’il nous revient dans les lettres de plusieurs de nos amis, ces bons mots contre le pouvoir, avec lesquels on croit se di­spenser d’avoir de la noblesse dans les sentiments ou la conduite, ce mélange dégoûtant d’empressement pour servir et de moquerie contre ce qu’on sert. J’ajourne encore, pour une année tout au moins, mes projets de voyage à Paris. Si vous retournez jouir de notre beau soleil d’Italie, de son harmonieux langage et de tous ses souvenirs, je vous verrai, j’espère, ici, à votre passage au mois de mai, et je vous reverrai de nouveau et plus à loisir cet hiver à Flo­rence. Si on ne vous tient pas parole, et si vous devez attendre, il faudra bien, à la fin, que j’aille vous voir où vous serez. Remerciez de ma part M. Fabre de son obli­geant souvenir et des bonnes nouvelles qu’il a recueillies pour moi chez Nicolle. M. de Bonstetten est à Genève et dans ma maison. Je n’ose jamais lui lire vos compliments, parce que vous les adressez au jeune Bonstetten, et je crains, je tremble que la jeunesse ne commence à lui échapper. Il a quelquefois de l’inquiétude sur sa santé, il secoue les soucis, et ne peut cependant pas s’en débar­rasser ; il y a un fond de tristesse sous cette gaîté et cette légèreté retenues malgré les années; il vaut mieux encore marcher avec le temps que d’être laissé en arrière par lui. Encore une fois, mille et mille remerciements de vos char­mantes lettres; ne soyez pas avare du plaisir si vif qu’il dépend de vous de me faire, et croyez à mon dévouement comme à mon respect.

[Biblioteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 111].

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123.

AI FRATELLI MICHAUD

P a rig i.

Genève, 26 avril 1810.

J’avais vivement désiré, messieurs, recevoir vos articles A e B sur les Papes et la maison de Savoie à temps pour les revoir: un événement malheureux me le rendra impos­sible selon toute apparence: une maladie grave de mon père m’oblige de partir sous quinze jours pour l’Italie. Ne m’envoyez donc plus ces articles-ci ; je vous écrirai de Florence s’il m’est possible de reprendre ce travail, et vous verrez de votre côté s’il vous convient de m’envoyer si loin un manuscrit précieux; encore cela ne pourrait-il se faire que pour les lettres suivantes.

J’ai de nouveau les lettres D E F O H I de prêts; il n’y a rien sur le K en Italie. J’avais compté ne vous les envoyer que dans un ou deux mois, mais ce voyage inat­tendu, comme aussi le désordre qu’il jette dans mes finan­ces, me force à vous presser. Je ferai donc partir ces six lettres faisant 211 articles, et de plus cinq ou six articles pour les trois premières, d’ici au 1er de mai. D’autre part, je voudrais tirer sur vous à cette époque cinquante louis; afin cependant de ne pas vous harceler, je ferai cette lettre de change à quatre mois et non à trois. La première a dû être payée le 1er avril, la seconde le sera seulement le 1er septembre.

J’ai déjà commencé mon travail sur les lettres suivantes, en sorte que, malgré ce voyage et les malheurs qui m’at­tendent, je ne causerai point de retard à votre entreprise. Je vous demanderai ensuite de m’écrire en Toscane, où je vous donnerai mon adresse, mais à présent il est pour

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3 1 0 G. C. L . SISMONDI

moi de la plus haute importance que vous me répondiez à lettre vue à Genève: j’attends cette réponse pour envoyer mes nouveaux articles.

Je ne puis m’empêcher de craindre que la division du travail entre gens qui ne se connaissent pas, n’ait laissé de grandes lacunes dans votre dictionnaire: il y a plusieurs articles essentiels que je n’ai point écrits les croyant faits par d’autres, ces autres se fient peut-être de même sur moi. Je crois tout à fait essentiel pour le succès de l’ouvrage, de faire imprimer d’avance une liste alphabétique des noms contenus dans chaque tome, avant de commencer l’impres­sion du tome, et d’envoyer cette liste à chacun des colla­borateurs et à d’autres hommes de lettres pour qu’on vous avertisse des omissions que chacun y trouve.

De nouveau je vous supplie de me répondre à lettre vue. Croyez-moi avec la plus entière considération, ecc.

[Blbllotecs dl Ginerra, Dossier ouvert de manuscrits],

124.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Qenève, 1er mai 1810.

Je repars pour la Toscane, madame; un malheur m’y appelle: mon père, qui y retourna l’année passée, vient d’être frappé d'un coup d’apoplexie; il en est resté avec tout le côté gauche perclus; il est au lit, peut-être con­damné à ne jamais recouvrer l’usage de ses membres; ma mère est dans l’affliction et quoique, d’après le rapport des médecins, il n’y ait aucun danger immédiat ni aucune apparence prochaine de rechute, j’ai perdu toute sécurité à son égard, et je ressens la plus vive impatience de me

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EPISTOLARIO 31 1

retrouver auprès de lui. j ’avais plusieurs affaires ici qu’il ne m'a pas été possible de quitter à l’instant même. Je me mettrai en route le 12 et je crois être à Pescia le 22; c’est là que j’attends de votre bonté que vous voudrez bien m’écrire encore, et puis vous me préviendrez du moment de votre arrivée à Florence, et, si la santé de mon père le permet, j’irai à l’instant même pour vous y recevoir. J’y serai quand vous élèverez un monument au plus grand homme que l'Italie ait produit dans notre siècle, et je vou­drais pouvoir, de quelque manière, m’associer au culte que vous lui rendrez.

Ainsi, le malheur vient en un instant bouleverser les espérances les plus chères. Je devais incessamment aller à Blois pour y revoir une amie je devais passer par Paris et j’espérais vous y trouver encore. Je voulais m’appuyer de tout ce que votre raison, tout ce que votre connaissance du monde vous ont donné lieu d'observer pour combattre sa fatale résolution, et j’avais l’espérance d’obtenir plus d’empire sur elle, plus de faveur pour Genève et Coppet, après qu’elle aurait vu les petites villes de France et qu’elle y aurait souffert de nouveau de l’ennui, de la solitude et de la tristesse, qu’elle retrouvera à un bien plus haut degré au delà des mers; elle juge des Américains par les Anglais, et de ces derniers par ce qu’une imagination toute poéti­que lui en a fait connaître. Ma douleur serait inexprimable si elle devait quitter l’Europe sans que je la revisse. Je crois qu’elle demeurera jusqu’au mois d’août à Chaumont, près de Blois. Ensuite tout dépendra du moment; la réso­lution est si grande et si difficile à prendre, que, si quelque obstacle l’arrête, si quelqu’un la retient, j’espère encore

') Qui, come spesso in queste lettere alla Contessa d’Albany, chiama la Staël semplicemente «une amie », senza nominarla, dato il momento molto difficile che essa attraversa nei suoi rap­porti col governo napoleonico.

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qu’elle pourra rester, mais la moindre chose aussi la déci­dera à partir. Je suis, de tous les côtés, accablé de tristesse, et pour moi-même et pour les autres. Madame Brun, qui ne peut vivre qu’en Italie, est rappelée par son mari impé­rieusement en Danemark; elle se met en route la mort dans le cœur, et, à ce qu’il semble, ou plutôt à ce qu’elle croit, dangereusement malade. Nous nous étions fait fête de nous rencontrer ici; M. de Bonstetten l’y attendait, elle devait reprendre courage parmi nous avant de continuer son pénible voyage; je partirai avant son arrivée, et je ne la reverrai peut-être jamais. Il y a abondance de douleurs dans ce monde, et chacun encore en a par-devers soi beau­coup de cachées; souvent, ne pouvant se retenir de jeter les hauts cris, il en accuse un de ses maux extérieurs, tandis que c’est une blessure plus secrète qui a pénétré jusqu’à l’âme. Pardonnez-moi si je ne vous écris qu’une toute petite lettre, et qui n’a pas, je crois, le sens commun; mais je suis troublé et par le chagrin et par les affaires dont je me trouve accablé pendant ce peu de jours qui me restent encore. Je saurai mieux ce que je dis à Florence, j’espère; nous causerons, comme vous avez la bonté de me le pro­mettre; nous causerons, et j’en aurai besoin.

Je suis confondu de ce que vous me dites du prix of­fert à M. de Chateaubriand. J’ai une grande admiration pour son talent, mais il me semble qu’il n’en est aucun moins propre à écrire l’histoire: il a de l’érudition, il est vrai, mais sans critique, et je dirais presque sans bonne foi; il n’a ni méthode dans l’esprit, ni justesse dans la pensée, ni simplicité dans le style: son histoire de France sera le plus bizarre roman du monde, ce sera une multi­plicité d’images qui éblouiront les yeux ; la richesse du co­loris fait souvent papilloter les objets, et je me repré­sente son style appliqué aux choses sérieuses comme le clavecin du père Castel, qui faisait paraître des couleurs au lieu de sons.

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EPISTOLARIO 3 1 3

Nous avons ici ce Feinaigle, le donneur de mémoire, et nous avons tous eu la sottise d’être un moment ses dupes. Jamais on ne vit sot plus effronté. Vous disiez l’esprit utile en France: voici un homme qui a mis à profit la bê­tise et qui en fait un argent inouï; après avoir vendu, pendant trois ans, ses absurdités à Paris, il fait aussi une récolte en province, qui, à en juger par Genève, sera très abondante. Je remercie M. Fabre de son obligeant souvenir. Conservez-moi, madame, ma part dans vos affections, et croyez à mon inviolable attachement et à mon profond re­spect.

[BibIioteca dt Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 115].

125.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 30 juin 1810.

11 y a près de quinze jours, madame, que j’ai reçu votre aimable lettre du 20 mai. Mais il m’a fallu quelque temps pour me remettre du chagrin qui m’attendait ici à mon ar­rivée. Je n’y ai plus trouvé mon père: la paralysie, qui paraissait d’abord n’être qu’une attaque légère, avait fait des progrès rapides, d’autres maux s’y étaient joints encore, et il était mort quinze jours avant mon arrivée. J’appris cette funeste nouvelle une demi-heure avant d ’arriver; je trouvai ma mère et ma sœur ensemble, épuisées, abattues, ne m’attendant point encore, et cependant ayant un bien grand besoin de moi. Là où la mort a frappé on sent un indicible besoin de serrer les rangs, de se tenir de toutes parts, de ne plus se perdre de vue. Nous nous sommes fait du bien mutuellement, ma mère et moi, mais je vou­

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drais désormais ne plus la quitter, et, si je peux l’y déter­miner, je la reconduirai avec moi à Genève cet automne. Cependant elle est faible, et je redoute pour elle la fatigue du voyage, je redoute le changement de ses habitudes, et, comme des affaires d’intérêt m’obligent absolument à re­partir d’ici en automne, il m’est impossible de faire un projet qui me contente et d’arrêter sans douleur mon avenir, soit que je l’emmène, soit que je la laisse ici. Mais vous, madame, quelle tristesse profonde est cachée dans les con­solations que vous cherchez pour vous-même, et dans le plan que vous formez d’éviter que personne ne vous soit nécessaire, d’éviter de prendre à personne un intérêt très vif! Sans doute, à présent je souffre par toutes mes affec­tions, mais je ne voudrais pas ne pas les avoir eues, j ’ai perdu ma patrie, je viens de perdre mon père, je dois prévoir une séparation prochaine d’avec ma mère, qui me sera plus douloureuse que toutes les autres, parce que nous sommes l’un pour l’autre le premier objet de nos affections, et qu’elle m’a appris à connaître un degré de tendresse que rien n’égale. L'amitié même me donne à pré­sent plus de peines que de plaisir. J’avais deux amies de choix, madame de Staël et mademoiselle Randall, je vais les perdre toutes deux, elles vont toutes deux passer en­semble en Amérique; et, ce qui ajoute à mon chagrin en les perdant, c’est que je sens que toutes deux font une extrême imprudence, dont elles se repentiront vainement quand elles ne pourront plus la réparer, et que tous mes efforts ont été vains pour les arrêter ou changer leur dé­termination. Mais, quelque douleur que je puisse éprouver par tous ceux que j’aime, elle n’égalerait pas celle que j’éprouverais en n’aimant pas; ce n’est que par ces affec­tions que j’évite d’être ennuyé de moi-même, et encore Dieu sait si je l’évite entièrement: il me semble que je tiens si peu de place, que j’ai si peu de motifs de vivre, qu’il faut me dire ou me faire croire sans cesse que je

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EPISTOLARIO 315

suis nécessaire à un autre pour que je sois nécessaire à moi-même, le découragement est sans cesse à la porte, et je n’ai plus assez de vie intérieure pour me passer un ins­tant de celle que les autres me prêtent. Mais vous, ma­dame, qui parlez du système d’indifférence que vous vous êtes fait, j’en suis sûr, vous ne pouvez pas le suivre. Seu­lement vous avez été douée d’une sensibilité bien plus exquise que la mienne, vous avez, en conséquence, plus souffert encore que moi, et vous avez un désir plus ar­dent du repos du cœur; mais une partie de votre vie est encore remplie par le culte des souvenirs; vous avez aimé ce qu’il y a eu de plus grand et de plus noble dans votre génération, et ce sentiment vous suffit encore. C’est le repos sur un sentiment passé et non sur l’ insensibilité qui fait pour vous le charme de l’âge qui s’avance.

.... madame, de la vivacité des sentiments d’attachement et de reconnaissance qui s’unissent au respect profond que je vous ai voué. Seulement je languis bien, je vous assure, d’en répéter l’expression de vive voix.

[Biblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 118].

126.ALLA CONTESSA D’ALBANY

Florence, 14 août '1810.

C’est de Florence, madame, que je réponds à votre aimable lettre du 12 juillet; il m’est impossible d’exprimer à quel point cette ville me paraît triste et déserte quand vous n”y êtes pas. Les Florentins ne savent ce que c’est que la société; ils avaient besoin de l’attrait puissant qui les réunissait chez vous pour les tirer de ce demi-sommeil

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qui préside à leurs conversazioni; ils avaient besoin de l’impulsion étrangère qu’ils y recevaient pour mettre en dehors ce qu’ils ont d’esprit, et ils avaient aussi besoin d’être tenus en respect par le double éclat de royauté, du rang et du génie, qui vous entourait, pour ne pas se mettre trop à leur aise, car leur familiarité est aussi insupportable que leur réserve. Je suis arrivé hier seulement à Florence, et je voudrais en repartir dès aujourd’hui. Il est vrai que tout m’y réussit mal. J’y venais pour rencontrer madame Brun qui, cédant enfin aux sollicitations de son mari, est partie de Rome pour reconduire sa fille en Danemark; mais elle n’arrive point et on m’annonce, je ne sais sur quelle autorité, qu’elle tardera encore plusieurs jours. J’étais impatient de connaître M. Sfrozzi, auquel vous avez eu la bonté de me recommander. Mais il est à la campagne, et j’apprends de plus que la maladie d’une proche parente l’ôte, pour à présent, à la société. Enfin je ressentais une vive curiosité de voir le magnifique monument que vous élevez à votre illustre ami. Mais je n’ai vu, ce matin, à Sainte-Croix, que les échafaudages et les toiles dont il est soigneusement couvert. On assure que Canova est très jaloux de le dérober à tous les yeux jusqu’à ce qu’il soit complètement achevé et qu’il ne le découvrira que dans quinze jours environ, lorsque je serai déjà retourné à Pescia. Je repasserai, il est vrai, à Florence dans deux mois, lors­que je me mettrai en route pour Genève; mais j’aurais été jaloux de vous donner des premiers des nouvelles de l’effet de ce tombeau, auquel vous attachez un sentiment de devoir si solennel, et dont vous regardez la construc­tion comme la dernière borne de votre activité. C’est un sentiment trop profond en vous, madame, et peut-être trop religieux pour qu’il puisse être discuté dans une lettre; mais quand j’aurai l’honneur de vous revoir, et ce sera bientôt, j’espère, je vous supplierai encore de ne pas mettre de bornes à l’activité de votre esprit et à la chaleur de

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EPISTOLARIO 3 1 7

votre cœur, en vous répétant sans cesse que tout est fini pour vous, que tout est accompli, tandis qu’il vous reste encore peut-être des sources abondantes et d’espérance et de bonheur dans les affections que vous conservez dans votre cœur, dans celles qui peuvent y trouver encore place. Vous n’avez point été insensible à l’attachement que vous ont témoigné vos amis de Paris, et la partie de votre fa­mille que vous y avez retrouvée; les Florentins croient même que vous vous trouvez si bien en France, que vous ne songez point à revenir, et que vous ne demanderez pas vos passe-ports plus au mois d’octobre qu’au mois de mai passé. Je désire qu’ils devinent en partie, du moins de ma­nière à ce que nous ne nous croisions pas en route, et à ce que je ne perde pas encore une fois l’avantage de vous voir. Je compte partir d’ici le 15 octobre, et, comme je voyagerai avec une mère dont la santé demande des mé­nagements, je ne compte pas être à Genève avant le 1er novembre. Il y aurait bien du malheur pour moi, si c’était justement aussi l’époque de votre voyage, et si je ne pouvais vous rencontrer ni dans la Pieve di Calvino ni sur les bords de votre Arno.

Je ne vois ici que le Journal de l’Empire, en sorte que je n’entends qu’un seul parti dans la querelle qu’ont excitée les prix décennaux. Il y a, en effet, de quoi faire un beau tapage et mettre en mouvement toutes les prétentions de tous ceux qui, depuis dix ans, se sont distingués dans tous les genres; pour ma part, je suis très content, je me sens flatté par la mention honorable fort au delà de mes espé­rances *). Je ne croyais pas, à la vérité, que Rulhière, mort depuis dix-sept ans, pût concourir pour un prix donné aux ouvrages des dix dernières années; mais dès

') Si veda a questo proposito il volume Rapports et discus­sions de toutes les classes de V Institut de France sur les ouvra­ges admis au concours pour les prix, décennaux, Paris, 1810.

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3 1 8 n . C. V.. S1SM0NDI

l’instant qu'on prend l’époque de la publication, non celle de la composition, personne, ce me semble, ne pouvait lui disputer le premier succès1). Peut-être y a-t-il trop d’esprit dans son histoire et plus qu'il n’appartient au genre. Peut- être sou introduction, trop longue avant que l’intérêt com­mence, ne met-elle point cependant encore suffisamment au fait; peut-être y a-t-il quelque chose de maladroit aussi bien que d'injuste dans son excessive partialité, car l’on est frappé de la passion qui le domine longtemps avant qu’il l’ait justifiée, et l’on se tient en garde contre un sen­timent qu’il aurait pu vous faire plutôt partager. Mais la force du talent, ou plutôt du génie, de l’auteur vous entraîne enfin malgré vous; l’intérêt de roman, l’intérêt le plus vif que la fiction puisse exciter, et qui se trouve ici confondu avec l’intérêt historique, s’empare de vous dans le second et le troisième volume, et ne vous permet plus de poser le livre. L’amertume de caractère et d'esprit qui donne de la vivacité à toutes les couleurs et du mordant à toutes les expressions, fait un effet d’autant plus profond, qu’en général cette qualité, propre aux gens secs et moqueurs, détruit l’enthousiasme à sa source, tandis que l'Histoire de Pologne est tellement chevaleresque, la nation et ses chefs sont présentés avec un caractère si héroïque, que le cœur est sans cesse remué par les sentiments les plus nobles. Rulhière a eu le propre du génie, il a réuni les qualités qui, en général, s’excluent l’une de l’autre, celles d’un esprit sec et celles d’un cœur chaud.

Je vois que les journaux accusent le jury d’avoir cou­ronné ceux qui ont gagné ses suffrages par une cour as­sidue. Du moins ce n’est pas ainsi qu’il s’est conduit pour l’histoire. Il a couronné un mort; il a donné ensuite la

‘) Claudio Rulhière (1735-1791) era stato premiato, dopo parecchi anni dalla sua morte, per VHistoire de ¡’anarchie de Pologne, pubblicata a Parigi nel 1807.

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EPISTOLARIO 319

première place à un absent inconnu à tous ses membres. Je n’avais pas même accompagné d'une lettre l’envoi de mon livre. Il leur est arrivé sous bande, sans que pas un d'eux sût de quelle nation j'étais ou dans quel lieu je de­meurais, e! parmi ceux qui ont été nommés ensuite, deux au moins, par leurs relations et par le ran qu’ils occupent;, pouvaient s’attendre à rencontrer plus de faveur. J'ai un véritable chagrin que ce jury, auquel je dois tant de recon­naissance, ait donné prise contre lui à de si amers persi­flages en couronnant l’ouvrage de Saint-Lambert.

Vous vous plaignez du froid à Paris: ce n'est rien, nous nous en plaignons même en Toscane. Il est difficile île corn prendre où tes fruits du Midi prendront assez de cha­leur pour mûrir. Cet été si étrange sera-t-il suivi d’un automne orageux? Alors comment fera madame dt* Staël, qui a attendu l’équinoxe, et qui parle cependant dans toutes ses lettres de sou départ pour l'Amérique comme d’une résolution irrévocable? Je l'ai impatientée par ma suppli­cation de renoncer à ce projet; mais elle est déterminée à fermer les yeux sur ce qu’elle trouvera là-bas, elle ne veut penser qu’à ce qu’elle est décidée à quitter. C'est pour moi un si grand malheur que son départ, qu’elle ne voit dans mes conseils que le retour que je fais sur moi-même; et moi, dans la douleur que j’en ressens, il me semble, au contraire, avoir oublié tout ce qui nrest personnel. Adieu, madame, c’est avec un chagrin bien vrai que, tout près de votre maison, je me trouve aujourd’hui si loin de vous, et si incertain sur le temps et le lieu où j’aurai l’avantage de vous revoir encore.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 120],

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3 2 0 O. C. L. SISMONDI

127.

A PIERRE PICOT

Pescia, 29 septembre 1810.

Votre lettre, monsieur et cher collègue, ne pouvait

jamais arriver plus à propos et faire plus de plaisir à ma

mère et à moi que le jour où elle est venue. Nous avions

besoin de nous entendre dire que nous trouverions encore

des amis à Genève, car le même courrier nous apportait

une lettre de Mad.me Alject, qui nous avait profondément

affligés en nous apprenant le départ de Mad.me Vieusseux

et de sa famille. C’était l’amie d’enfance de ma mère,

c’était celle qu’elle désirait le plus ardemment revoir, c’était

encore le centre autour duquel se réunissait toute la coterie

qui lui était chère. Chez elle plus que nulle part ailleurs

elle comptait vous voir, et voir tous ses anciens amis pour

qui elle conserve un invincible attachement. C’est être

poursuivi par une bien cruelle fatalité que d’apprendre que

son amie s’éloigne quinze jours avant celui où l’on comp­

tait se mettre en route pour aller la chercher. Ma mère en

apprenant ce fatal voyage a hésité quelque temps si elle

ne renoncerait pas à tous ses projets; mes prières l’ont

vaincue, et j’espère toujours que nous partirons à l’épo­

que que nous avions fixée; dans un peu plus d’un mois

nous serons à Genève; je devrai remplacer seul tout ce

qu’elle y a perdu, tout ce qu’elle laisse ici, tant de sou­

venirs douloureux nous y attendent, tant de privations de­

viendront plus sensibles par le contraste avec le passé, par

les objets animés qui nous rappelleront une vie bien dif­

férente, que je voudrais dans ces pénibles moments entourer

ma mère de tous les secours de l’amitié. J’ai osé compter

sur vous, monsieur, et votre lettre confirme ma confiance.

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EPISTOLARIO 321

Je vous vois si plein encore du passé, conserver des idées si présentes, des images si vives de ces jours de jeunesse qui vous avaient rapproché de mes parents, que sans doute votre ancienne amitié ne s’est pas plus effacée que leur souvenir. Ces différentes époques de la vie de mon père que vous m’avez rappelées me causent un singulier genre d’émotions; peut-être est-ce la suite des orages au milieu desquels j’ai été élevé, mais je me rappelle mieux la jeu­nesse de mes parents que la mienne, et je m’ y reporte plus volontiers en imagination. Je ne pense jamais à ce

' jjourg, où je n’ai cependant jamais vécu, sans attendrisse­ment; sans m’en rendre compte j’ai le sentiment que dès | au sortir de ce lieu une grande injustice, et des contra- i rietés funestes ont troublé une vie à laquelle la mienne \ était attachée.

Votre fils Albert a été pour moi d’une bonté, d’une complaisance parfaite, il y avait tant de cordialité dans ses offres de service, qu’ il ne m’est pas même resté le sen­timent de commettre une indiscrétion en les acceptant; ses lettres ne m’ont pas seulement fait le plaisir de l’amitié, elles m’ont toujours vivement intéressé d’une autre ma­nière, elles sont très agréablement écrites, et l’on sent bien moins en lui le banquier que le fils et le frère de profes­seurs. Ayez, je vous en prie, la bonté pour aujourd’hui de le remercier en mon nom ; je ne me sents plus le cou­rage d’écrire lorsque je dois suivre de si près ma lettre, et j’aime bien mieux réserver tout ce que j’aurais à lui dire pour les bonnes et longues causeries que je me pro­mets d’avance dans son salon.

Je vois avec admiration qu’il vous reste encore de la chaleur pour l’Académie, du zèle, un sentiment d’orgueil que vous placez en elle; hélas! je n’ai rien de tout cela; je ferai ce qu’il faudra faire, mais je n’y trouve point de plaisir. Ce n’est pas au reste uniquement la faute des cir­constances, c’est aussi un défaut que je me connais; j’ai

21. — SISMONDI, Ep isto lario . I,

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3 2 2 0 . C. L. SISMONDI

en moi le contraire de l’esprit de corps. Mais dans ces réunions j'aurai l’avantage de vous voir, et, croyez-moi, je ne serai jamais insensible à ce plaisir. Daignez en recevoir l’assurance, comme de la haute considération avec laquelle j’ai l’honneur d’être, ecc.

[Blblioteca di Oinevra, Ms. Suppl. 363, f. 228].

128.ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Genève, 19 novembre 1810.

J’avais regardé, madame, avec une curiosité inquiète toutes les voitures que je rencontrais en route, dans l’espé­rance de vous y voir; ici je faisais de vaines recherches pour m’assurer si vous n’y aviez point déjà passé, lors- qu’enfin j’ai reçu hier l’aimable lettre que vous m’aviez adressée à Pescia pour m’annoncer votre retard, et qui m’a été renvoyée ici. Je ne sais si ma lettre vous trouvera en­core à Paris, mais je l’y adresse à tout hasard, impatient que je suis de vous remercier de la bonté que vous avez eue de m’écrire deux fois de suite. Sans doute il est trop tard désormais pour passer par le Simplon, et par consé­quent par Genève; nous traversâmes la montagne il y a trois semaines avec les premières neiges, déjà elles nous forcèrent à mettre huit chevaux à une voiture qui n’en avait que deux, aujourd’hui elles doivent s’être élevées à une hauteur effrayante. D’ailleurs l’invasion du Valais par les troupes françaises ajouterait beaucoup encore aux dif­ficultés de la route. Cependant j’ai un vif regret de vous voir renoncer au voyage de Genève; je m’étais flatté de vous voir presque avec certitude, et je ne sais me résigner

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EPISTOLARIO 3 2 3

à perdre cette espérante. Vous auriez trouvé à Genève une personne que j’espérais bien peu ÿ revoir. U me serait dif­ficile de dire quelle fut ma joie lorsque j’appris à deux lieues d’ici que j’allais la revoir; son retour a changé toute mon existence; je n’attendais à Genève que tristesse et so­litude, j’y ai trouvé la personne que j’aime avec le plus d’ar­deur, et une personne qui, quand on ne l’aimerait pas, ré­pandrait encore du bonheur sur tout ce qui l’approche, par son charme inexprimable. La saison ne permettait déjà plus qu’elle s’embarquât pour son long voyage, l’ impression de son livre *) l’avait fait traîner fort au-delà de l’époque qu’elle s’était fixée, et, quoiqu’elle ne se l’avouât point, déjà elle voyait bien qu’elle ne pourrait partir qu’au prin­temps. Sa résolution, pour être retardée, n’en est que plus affermie, et vraiment je ne saurais plus la combattre; la suppression de son admirable ouvrage est un ordre de re­noncer à écrire, car jamais les hautes questions de la mo­rale, de la religion, du sentiment, qu’elle avait traitées avec tant de profondeur et de noblesse, n’avaient été plus loya­lement séparées de tout ce qui pourrait déplaire à tous ceux qui veulent être ménagés; jamais, en exprimant une noble pensée, on ne s’était plus tenu en garde pour n’en point faire une arme offensive. Mon amie avait eu la bonté de me communiquer cet ouvrage dès son premier jet, et de me le montrer de nouveau sous toutes les formes. 11 vous sera aisé de comprendre combien sa destruction m’afflige profondément pour elle, mais elle m’afflige aussi pour les progrès de l’esprit humain. De grandes vérités m’y parais­saient établies de manière à ne plus pouvoir admettre un

') La stampa AzW Allemagne, che venne poi distrutta per ordine della polizia imperiale: solo pochissime copie furono sot­tratte alla distruzione. Di questa rarissima edizione si può ve­dere una riproduzione fotografica del frontespizio nel nostro studio Les idées littéraires de M me de Staël et le romantisme français, cit., p. 17.

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3 2 4 G. C. L . SISMOND!

doute ; des erreurs funestes y étaient combattues avec tant de supériorité que je ne croyais plur qu’elles pussent se relever. Rarement j’entendais répéter un sophisme dange­reux sans pouvoir me dire qu’ il était réfuté si victorieuse­ment dans cet ouvrage, que bientôt on aurait honte de le redire. Mon amie s’est armée de fierté pour résister à un coup si terrible, et elle l’a supporté avec une force que je n’aurais point eue. Il est vrai qu’ un ouvrage de faits comme le mien aurait été détruit sans retour par la suppression du manuscrit, tandis que celui qui est fondé sur le déve­loppement de la pensée subsiste d’une manière indestruc­tible dans la tête qui l’a conçu.

On vous occupera sans doute, madame, à votre arrivée à Florence, de celui de Micali ; vous êtes liée avec l’auteur ; d’ailleurs sa constance dans un si grand travail ’), la noblesse des sentiments qui y sont répandus et le mérite de l’exé­cution intéresseraient pour lui quand on ne le connaîtrait pas. Cependant, je l’avoue, cet ouvrage ne donne point à la lecture une satisfaction entière, il vous promène sans cesse autour de Rome sans vous y faire entrer; on sent plus que jamais, en lisant ce livre, que le centre de toute l’histoire d’Italie, c’est Rome, et ce centre reste en dehors de l’ouvrage. Ses héros sont tellement inconnus, quelques efforts qu’il fasse, il réussit à rassembler si peu de traits de leur image, qu’on ne saurait s’intéresser à eux. Il a cherché à y suppléer en mettant la haine des Romains à la place de l’amour des Italiens, mais ce n’est point la même chose. On sent la partialité à chaque page et on dément sans cesse ses assertions d’après ses propres sou­venirs, ou même bien souvent d’après les raisonnements sur lesquels lui-même les appuie. D'ailleurs je ne vois jamais avec plaisir qu’on attaque ces vieilles et grandes ré­putations des Grecs et des Romains, qu’ il ne ménage pas

') L’Italia avanti il dominio dei Romani, Firenze, 1810.

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EPISTOLARIO 3 2 5

plus l’une que l’autre; pour l’honneur de la nature humaine, nous avons besoin de laisser quelque chose à admirer au- dessus de nous; et, si nous réussissions à rabaisser ces colosses à notre commune mesure, nous n’aurions plus aucun motif pour chercher à nous élever au-dessus du point où nous sommes.

En traversant Florence la dernière fois, j’ai vu et j’ai admiré le magnifique monument que vous y avez fait éle­ver. je suis bien mauvais juge des beaux-arts, la faiblesse de ma vue a empêché tout à fait que je pusse me former le goût, à supposer encore qu’il se forme. Mais il me semble que tout se trouve dans l’ouvrage de Canova, une grandeur et une simplicité imposantes; la figure de l’Italie est de la plus rare beauté, touchante et noble; c’est une reine en deuil. Je regrette, mais peut-être ai-je tort, une certaine symétrie dans les ouvrages de sculpture, surtout lorsqu’ ils appartiennent à un tombeau. La figure colossale qui en couvre un côté me paraît presque demander un pendant; ainsi, dans les tombeaux des Médicis, les statues de Michel-Ange se correspondent et occupent les coins du monument. Elles en font partie, il est vrai, tandis que celle-ci est en dehors comme spectatrice, et appartient à la foule qui pleure le grand homme, plutôt qu’au tombeau.

J’ai vu M. Strozzi à Florence cet été, trop peu pour connaître tout son mérite, mais assez pour trouver un grand charme dans ses manières et sa conversation. J’espère le revoir encore au printemps prochain, et le voir avec vous, madame. Au printemps, je reconduirai ma mère en Toscane, et je reviendrai ici presque aussitôt. De nouveau mon voyage se rencontrera presque avec l’épo­que du vôtre; mais j’espère bien que cette fois nous ne nous croiserons pas sans nous rencontrer. Il y a trop long­temps que je désire vous revoir, et d’une manière ou d’une autre je compte sur ce plaisir pour une époque prochaine. A Florence, à Genève ou à Paris, j’aurai, je l’espère, cet

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avantage avant que l’année finisse. J’ai une certaine honte de n’avoir jamais vu Paris, mais sans doute je ne placerai pas mon voyage dans cette grande Babylone, comme vous l’appelez, avant de vous y savoir de retour. Je comprends aisément le goût qui vous y attache: tous les souvenirs locaux sont désenchantés, tous les pays divers ont perdu leur physionomie propre, et la société doit désormais tenir lieu ou consoler de tout: or, la société n'est que là. Après tout, la société est partout auprès de vous, madame, c’est là que je désire la retrouver. J’espère que vous ne doutez point de la sincérité de ce désir, non plus que du profond respect et de l’attachement inviolable que je vous ai voués.

[Biblloteca di Montpellier, Fotido Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 125].

129.

Al FRATELLI MICHAUD

P a r io i.

Oenève, 25 janvier 1811.

Voici, messieurs, l’article d’Andfi que je rétablis à peu près comme je l’avais fait. Je ne puis concevoir quel scru­pule ou quelle crainte vous avait fait supprimer tout ce qui caractérisait ce jeune sauvage, tout ce qui donnait une couleur à mon article. N’est-il pas permis de dire que les Hongrois étaient barbares dans le quatorzième siècle? Pour­quoi encore ajouter ce mot imprudemment qui dénature si fort le sens? Voulais-je dire que prudemment Andri aurait dû méditer tous ces supplices dans son coeur, mais n’en parler qu’en les exécutant? Je reçois avec plaisir toutes les additions de fait. L’article â’Alfonse était plus qu’à moitié

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EPISTOLARIO 3 2 7

d’une autre main, et n’en valait que mieux, mais quand on change un article il faut toujours avoir un motif, sur­tout il ne faut pas faire entrer dans un article signé des sentiments très loins de la pensée de l’auteur *).

Recevez de nouveau l’assurance de mon entier dévo­uement.

[Biblioteca di Ginevra, Dossier ouvert d ’autographes].

130.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Genève, 11 février 1811.

J’ai laissé passer, madame, un temps infini sans vous répondre, et votre extrême bonté ne sert qu’à me faire rougir davantage de mon apparente négligence. Je me suis engagé dans un travail qui m’accable; ce sont des articles pour un dictionnaire historique, dont j’ai promis de faire plus de huit cents; chacun est une petite biographie, un petit traité complet, qui demande à être fini comme un ouvrage, et qui cependant est nécessairement superficiel. Je suis excédé de la nécessité de recommencer sans cesse, de rompre partout la liaison et le fil des idées, d’écrire la valeur de trois ou quatre gros volumes, sans qu’il y ait nulle part vingt pages qui aillent ensemble. II y a plus de dix-huit mois que je me suis mis à l’attache; au commen­cement, une première impulsion me soutenait, je trouvais même quelque agrément à cette manière désultoire de tra­vailler. Aujourd’hui j’en ai pardessus les yeux, je sens que

') Q uesta le ttera si riferisce alla collaborazione del Sistnondi alla Biographie Universelle.

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je deviens tout à fait imbécile, je n’ose plus parler, je n’ose plus écrire pour ne pas accabler les autres de la sottise dont je me suis nourri si longtemps. Depuis quelques mois, je Vois devant moi le bout de ma tâche; quant je n’ai plus eu qu’un quart de l’ouvrage à faire, je me suis cru au terme, et j’ai redoublé d’efforts pour me débarras­ser d’une aussi désagréable besogne. Chaque heure que j’ôtais à mes petits hommes me semblait retranchée sur l’espoir de ma délivrance, je n’ai plus écrit une lettre, je n’ai plus fait une lecture qui pût me détourner de cet im­mense travail. Enfin je perds haleine; il faut absolument que j’interrompe à moins d’y périr, et le premier répit que je prends est pour vous écrire.

Je ne sais quel changement aura pu produire dans vos projets un séjour de quelques mois à Florence. Je com­prendrais fort bien comment en sortant de Paris on vou­drait y retourner, et comment, après avoir passé quelques mois dehors, dans son ancienne demeure, avec ses fleurs, ses livres, ses habitudes, on ne voudrait plus faire de voyage. Vous êtes trop bien faite pour la société pour ne pas la chercher, pour ne pas en sentir le besoin ; mais tous ceux que je vois revenir de Paris assurent qu’elle y est chaque jour moins aimàble, et pour vous, madame, je suis sûr que vous aurez réussi, à Florence comme à Paris, à vous en créer une autour de vous. Je suis impartial dans le choix que vous ferez entre ces deux séjours; j’ai dans l’un et dans l’autre le ferme espoir de vous revoir. 11 est vrai que, si c’est à Paris que vous vous fixez, ce sera, je l’espère, plus tôt que je vous rendrai mon hommage; à votre retour au travers des montagnes, j’espère que je ne serai pas si malheureux que je l’ai été l’année passée, et vous nous ferez à Genève une courte visite. Nous y avons vécu cette année dans un plus grand tourbillon de fêtes et de divertissements qu’il n’y en ait peut-être en aucune ville de ce triste continent. On ne parle que de bals et de

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comédies de société. Madame de Staël en joue une ce soir qui est de sa composition; dans huit jours elle en jouera une autre qu’elle a fait aussi elle-même, et, ce qu’il y a de singulier, d’après son imagination mélancolique et la tristesse extrême de sa situation, toutes deux sont d’une extrême gaîté *). Elle a pris désormais son parti, elle ne songe plus à Paris, elle a oublié son livre, et n’en a point d’autre dans la tête; elle vit dans le présent, sans faire de projets, sans renoncer à ceux qu’elle a faits, car ce serait presque disposer de l’avenir que d’en effacer ce qu’elle y avait mis précédemment. Elle me confond tous les jours davantage; je n’aurais jamais espéré ce repos d’esprit qu’elle a trouvé, je n’aurais su quel conseil lui donner pour l’at­teindre, et il m’étonne si fort, que je ne sais comment compter sur sa durée. Toute la ville paraît aussi très dis­posée à s’amuser: malgré tous nos malheurs, c’est encore à Genève, je crois, qu’on trouve le plus d’esprit chez tout le monde, et comme marchandise commune; mais ce qui est plus étrange, c’est aussi peut-être à Genève qu’on trouve le plus d’argent. Ce n’est pas que toutes les causes de ruine ne soient tombées sur nous coup sur coup, ce n’est pas que le commerce ne soit dans un état effrayant, que chaque courrier n’annonce la nouvelle de quelque fail­lite, que les plus riches marchands ne s’occupent depuis longtemps qu’à renoncer à toutes les affaires, et que tous les capitalistes n’aient éprouvé des pertes sévères; mais il y a une certaine proportion établie par l’esprit genevois entre le luxe et les revenus dont on ne s’est point encore départi; il n’y a ici aucun faste inutile, aussi reste-t-il à chacun beaucoup plus d’argent pour les jouissances. Cette aisance presque universelle a contribué aux plaisirs de la

') Sono quelle, in titolate Le Capitaine Kermadec e Le M an ­nequin, raccolte po i in Oeuvres, III, 458 sgg. e p. 478 sgg.

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société, et sans doute elle a des charmes, puisque nous avons ici beaucoup d’étrangers qui paraissent s’y plaire.

Le monde littéraire a été ici surtout occupé des lettres de Müller, l’historien, à notre ami Bonstetten. Ces lettres avaient été publiées en allemand par madame Brun il y a près de vingt ans '), et elles avaient eu déjà un succès pro­digieux. Une dame vient de les traduire en français en en faisant un choix, et il serait difficile de trouver une lecture plus délicieuse. Il y a une chaleur de coeur, une vivacité d’amitié, un zèle pour tout ce qu’ il y a de beau, de noble, de grand, dont nous sommes désaccoutumés dès longtemps, mais qui, pendant qu’on le lit, élève l’âme de nouveau, et la met en harmonie avec un grand homme. Car les admi­rables talents de Müller, et la réputation à laquelle il est parvenu depuis, comme le premier historien de notre siècle, ajoutent beaucoup au charme de cette lecture. On voit d’où il est parti, on mesure ses forces en pensant où il est arrivé, et l’on se plaît à trouver si aimable, si attachant un homme qui dans la suite de sajvie a mérité et obtenu tant d’admiration. Ne manquez point de vous faire envôÿirces lettres; votre amitié pour Bonstetten à l’époque même où Müller lui écrivait en doublera le prix à vos yeux. 11 est à présent assez bien, cet aimable ami; le chagrin qu’il avait éprouvé au commencement de l’hiver avait altéré sa santé; il avait souffert de palpitations de cœur qui pouvaient tout à coup être très dangereuses. Mais et son corps et son âme semblent guéris, et avoir recouvré leur première jeunesse. Nous logeons sous le même toit, et nous nous voyons tous les jours avec un extrême plaisir. Il a reçu il n’y a

*) B r ie fe eines ju n g e n G e le h rte n an seinen F re u n d (1774- 1779), pubbl. da Federico Brun in E g g e rs M a g a z in ; 2a ediz. T ub inga, 1802. La traduzione francese di cui qui si pa rla è di M.me S teck: L e ttre s de M i l l ie r à B ons te tten e t à G le im , Z u ­rich , 1810.

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pas longtemps une lettre de vous, madame, dont il a été fort touché; votre amitié lui semblait d’autant plus pré­cieuse que dans le même temps il relisait ses propres let­tres à Müller, qui lui ont été renvoyées après la mort de son ami, et qu’ il y retrouvait sans cesse l’expression de son attachement pour vous. Il lui était doux de trouver ses an­ciens souvenirs si bien d’accord avec ses sentiments.

J'ai prêté ici le livre de M. Micali à nos érudits les plus fameux; ils y trouvent beaucoup de bonnes choses, niais ils en désireraient davantage encore. Comme érudition, il ne fait le plus souvent arriver qu’au doute, et non à une connaissance positive; comme sentiment, on y trouve plus d’esprit de parti que de vraie chaleur; c’est un sujet ingrat qui l’a séduit. H n’y a point d’histoire des peuples qu’on ne connaît pas. C’est un champ bien assez vaste que de peindre tous les peuples qui peuvent vivre et agir dans les tableaux qu’on ferait d’eux. Faites-lui, je vous prie, mes compliments empressés. Ayez aussi la bonté de me rappeler à M. Strozzi, et de lui exprimer toute ma reconnaissance de l’accueil qu’il me fit l’été dernier. Et vous-même, ma­dame, daignez croire à l’attachement inviolable comme au respect profond avec lequel j’ai l’honneur d’être, ecc.

[Blblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-A lbany; Lettres iné­dites , p. 130].

131.

A MADAME DE STAËL

G enève, 14 maj 1811.

Je ne sais comment vous écrire, chère amie, car je n’ai qu’une seule pensée qui n’avance point, qui ne change point, qui n’est point faite pour être mise en commun

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avec les autres. Je ne vois plus depuis longtemps devant moi que le prochain départ de ma mère, mon inquiétude loin d’elle et mon isolement. Je me sens tout à fait inca­pable de soutenir aucune conversation, je suis distrait quand on me parle, je suis distrait en parlant moi-même, je ne mets assez d’intérêt à rien pour qu’il vaille la peine qu’on en mette à moi. Il me semble que je suis bien aise que vous ne soyez pas ici pour que je ne vous fatigue pas de ma tristesse silencieuse. Je sais bien que vous prenez part au chagrin de vos amis, mais pour le mettre en commun il faut qu’il ait quelque sorte de mouvement, il faut qu’il s’exprime par des paroles, le mien ressemble tellement à de la stupidité que je m’y trompe moi-même.

Ce sera, je pense, lundi 27 que ma mère partira: je l’accompagnerai toute la première, et peut-être toute la se­conde journée, en sorte que je ne reviendrai moi-même qu’après deux autres jours; je me trouverai alors au plus fort des tâches pénibles et ennuyeuses des professeurs: il y a trois semaines à passer en examens des élèves de l’Aca- démie, jugements des thèmes de prix du collège, promo­tion, etc. Ce sera la première fois que je me trouverai à ce travail, et certainement je m’y sens moins disposé que jamais. Le jour du départ de ma mère était celui que vous aviez fixé pour votre retour, mais je crois peu que soyez fidèle à votre projet, si les douches réussissent à votre fils. Cependant M. de Lapzeff, que je viens de voir, m’a dit que vous vous ennuyez beaucoup à Aix, et il ajoute que vous l’avez très bien accueilli, et il faut qu’en effet vous vous trouvassiez bien sans ressource puis qu’ il vous a paru en être une. La solitude ne me paraît tolérable que chez soi : jamais elle n’est plus douloureuse qu’en voyage. Dans un temps où j’avais un profond chagrin et où je me plaisais à le nourrir et à l’augmenter, je voyageai seul, et je sentis qu’en effet l’abandon et l’isolement et la retraite la plus éloignée du monde n’est rien auprès de la solitude du

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EPISTOLARIO 3 3 3

voyage. Tout est proportionné : ce qui serait de la société pour moi est solitude pour vous; si vous sentez que le chagrin vous prenne, gardez-vous de demeurer dans celle où vous êtes à présent, revenez à nous, nous ne suffisons pas, mais nous valons mieux que rien. Ah! j’aurais bien besoin aussi de me tirer de la mienne, elle m’accable plus que je ne puis dire. Je retombe dans mon premier sujet, ou plu­tôt je n’en suis pas sorti. Les vapeurs, c’est la monotonie de la douleur, vous ne pouvez y être exposée, vos dou­leurs sont toujours variées par l’imagination et par la pas­sion; les miennes sont une peine uniforme jamais très vive, jamais ralentie, qui enchaîne toutes mes pensées, qui sem­ble paralyser l’âme, et qui souvent même par cette cessa­tion absolue de tout mouvement en moi me fait tomber dans l’assoupissement; un degré de plus et ce serait la maladie de mes compatriotes.

Ma sœur est allée passer quelques jours en Suisse, ma mère est avec moi: elle me charge de vous expri­mer son admiration, son attachement et son regret de ne pas vous revoir. Elle ne perd pas cependant l’espérance de vous voir cet automne à Florence ou aux bains de Mon- tecatini : je l’y encourage, persuadé qu’une explication amè­nera un adoucissement. Que vous écrit-on de Paris à cet égard? Comment aussi s’est terminée l’affaire de Nicolle? Je languis après votre retour plus que je ne puis dire. Présentez mes compliments empressés à tous vos com­pagnons de voyage et croyez à mon inaltérable et respec­tueux attachement.

[Nell’Archlvio del Castello di Coppet].

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132.

A CARLO PICTET DE ROCHEMONT

L a n c y .

20 juin 1811.

Je suis venu ce matin de Coppet pour deux heures seulement à la ville, et j’y ai trouvé dans la jointure de ma porte votre aimable billet. Combien j’aurais eu de re­gret si un hasard me l’avait fait perdre ! Mon bureau d’adresse est chez les Bratschi au rez-de-chaussée; je ne voudrais pas courir le même danger une autre fois. Je languis plus que je ne saurais dire de vous revoir, monsieur, de revoir toute votre aimable famille; mais je suis établi à Coppet; Mme de Staël a la bonté de croire à présent que je lui suis nécessaire, surtout depuis que Schlegel est parti pour faire à Vienne une visite à son frère qui est malade; elle est triste et isolée, je suis aussi triste et isolé; mais son isolement est pour moi une société nombreuse et animée. Je sens bien plus l’avantage que j’en retire que celui que je puis y apporter. Cependant je profiterai du premier jour qu’elle passera à la ville, ou hors de Coppet, pour aller vous voir et vous remercier de votre amitié. J’ai eu avant-hier et aujourd’hui de bonnes nouvelles de ma mère : elle est arrivée sans accident et presque sans fatigue ; mais comment supportera-t-elle sa solitude? Combien vous êtes heureux de vivre toujours entouré des premiers objets de vos affections!

[Pubblicata da J. B. G a l i f f e , D ’ un siècle à l'autre, corres­pondances inédites entre gens connus et inconnus du X V I 11* et du X IX « siècle, G enève, 1878, II, p. 276].

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133.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Q enève, 14 ju ille t 1811.

Il faut, madame, que je triomphe d’une douloureuse superstition pour vous écrire; j’ai eu la faiblesse de me priver de ce plaisir pendant plus de trois mois, pour ne pas savoir vaincre une secrète répugnance qui me faisait différer de courrier en courrier. Vous vous souviendrez que je vous écrivis, il y a près de deux ans, le départ de mon père pour la Toscane; que dans ma lettre je témoignais et ma douleur de cette séparation, et les inquiétudes qu’exci­tent des adieux à cette période avancée de la vie; depuis que j’ai eu le cœur uniquement rempli du prochain départ de ma mère pour le même pays; depuis surtout qu’elle e # partie, il m’a été impossible de reprendre la plume pour répondre à votre aimable lettre. Il me semblait que je ne pouvais pas ne pas vous dire les mêmes choses que je vous avais déjà dites, et qui étaient devenues un si funeste pré­sage. Grâce à Dieu, ma mère a fait son voyage très heu­reusement, j’en ai de Pescia les meilleures nouvelles. Mais nous éprouvons l’un et l’autre un vide et une tristesse que l’absence de mon père ne m’avait point fait connaître. Aucune relation, je crois, n’est plus intime que celle d’unie mère et d’un fils, quand ils sont faits l’un pour l'autre, quand un même esprit, un même sentiment, un même goût les identifient, quand ils sont accoutumés à se tout confier comme les amis les plus tendres, ou qu’une affection élective, un goût qui les aurait faits se choisir entre mille, se joint à la protection maternelle, au respect filial. Son retour à Pescia déterminera aussi le mien dans un temps qui n’est pas très éloigné, en sorte que c’est à Florence, au

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3 3 6 0 . C. L . SISMONDI

printemps prochain, que j’espère vous faire cette visite si souvent promise alternativement à Florence, à Genève et à Paris, et qu’un bizarre concours de circonstances a différé si longtemps. Je viens d’y donner rendez-vous, et chez vous, madame, si vous daignez le permettre, à une femme aima­ble que je me ferai honneur de vous présenter: madame de Custine, belle-fille du général, fille de madame de Boufflers, sœur de M. de Sabran; mais comme je lui don­nerai une lettre pour vous, qu’elle ne vous présentera guère qu’au mois de mai prochain à son retour de Rome, c’est dans cette lettre que je vous parlerai d’elle et de sa compagnie. Mon amie, chez qui je suis à présent, et chez qui je compte passer l’été, aurait bien désiré être aussi du voyage. Sans renoncer à son projet d’aller en Amérique auquel elle tient par une noble fierté, et pour lequel elle fait toujours des préparatifs, elle est retenue par mille obstacles qui effrayent son imagination, par mille habitudes qui sont devenues partie de sa vie, par mille affections qui l’attachent encore à cette contrée de boue qui était autre­fois la brillante Europe. Elle aurait voulu gagner encore un an ou deux, et faire un second voyage dans cette belle Italie, dont elle conserve de si riches souvenirs: mais elle a demandé, trop tôt peut-être après les chagrins qu’elle avait éprouvés, un passe-port qu’on lui a refusé, on a rac­courci sa longe ; excepté Genève, elle ne peut plus voyager en France ou dans les pays soumis à l’empire; on lui a même fait éprouver un chagrin plus sensible, on l’a forcée à éloigner d’elle M. Schlegel1), qui certainement ne devait pas s’attendre à exciter l’animadversion d’aucune autorité, et qui, perdu dans des travaux purement littéraires, étran­ger à toute politique même spéculative, n’a pu que par une

() Oli fu dato ordine di allontanarsi da Coppet e da Gine­vra, ma nell’ottobre dello stesso anno potè tornare, per quanto gli restasse vietato l’accesso al territorio francese.

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EPiSTOLARIO 3 3 7

erreur bien étrange devenir un moment suspect. Mon amie a supporté ces différentes peines avec un courage que j’ad­mire et que je ne comprends pas; elle a renoncé aux oc­cupations littéraires depuis qu’elle sait qu’elle ne pourra rien imprimer, elle chasse avec soin de sa pensée et de sa conversation toute allusion aux circonstances présentes auxquelles elle désire rester absolument étrangère, et tout en se privant ainsi des deux ordres de pensées qui avaient autrefois tenu le plus de place dans sa vie, elle garde une liberté d’esprit, une gaîté, un feu dans la conversation, qui fait le charme de tous ceux qui la voient. Parmi ceux-ci nous venons de voir des compagnes d’exil qui viennent de faire un voyage en Italie, mais qui ne s’y sont point avan­cées assez pour vous faire une visite: madame de Luynes et mademoiselle de Chevreuse. Ni l’une ni l’autre n’a point appris encore à supporter si bien ce malheur, mais il s’en faut qu’elles eussent les mêmes ressources en elles-mêmes. C’est une chose bizarre que d’entendre le jugement que portent sur l’Italie des femmes si complètement parisiennes et si incapables de sentir toute autre beauté, tout autre bon goût, toute autre grâce que celles des salons de Paris. Sans doute ce n’est point comme elles que vous appréciez l’un et l’autre pays: je ne sais plus lequel à vos yeux obtient la préférence: peut-être les charmes de la société que vous avez retrouvée, et que vous êtes si bien faite pour appré­cier, ont refroidi à présent l’affection que vous portiez à Florence. Peut-être, au contraire, d’anciennes et douces habitudes que vous y avez retrouvées, des souvenirs clters à votre cœur au milieu desquels vous vivez, vous ont-ils rattachée à vos pénates. Je le désire et je l’espère: je trou­vai Florence désolée, lorsque l’été passé j’y allai sans vous y trouver; vous y feriez un vide immense, et cette pauvre ville n’est pas faite à pouvoir en supporter aucun. On vous écrira sans doute ce qu’on me dit aussi tous les jours, que Paris est devenu bien moins agréable à habiter; qu’il n’y

22. — SlSMONDJ, E pisto lario . L

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a plus d’abandon dans la société, plus de gaîté, presque plus d’esprit. Les prérogatives de l’Italie ne sont pas de celles que les hommes peuvent lui enlever, et tous les jours il me semble qu’on doit moins les mettre en balance contre les jouissances fugitives d’une société que la faveur cor­rompt, ou que la malveillance accable. Madame Fabbroni vous est-elle restée à Florence, ou y est-elle revenue après avoir été à Paris? Elle pourrait bien avoir été tout à fait séduite par les plaisirs de la capitale. Je n’ai plus entendu parler d’elle, ni de M. Micali, tous deux cependant devaient passer à Genève cet hiver. M. de Bonstetten est à présent aux bains de Loeoh, j’espère qu’ils achèveront de le réta­blir, mais déjà il est beaucoup mieux. Nous avons ici une aimable princesse Lubomirska, dont la mère, princesse Czartoryiska, a passé l’hiver à Florence, et doit avoir eu souvent l’avantage de vous voir. Cependant la société étran­gère diminue ici comme dans toute l’Europe; chacun se dit ruiné et ne voyage plus.

Adieu, madame; conservez-moi une place, qui m'est bien précieuse, dans votre souvenir, et croyez à mon profond respect, comme à mon vif et sincère attachement.

[BIblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 135].

134.

A MADAME DE STAËL

[Coppet], 6 août 1811.

Pendant que nous avons ici une compagnie à laquelle vous faites un extrême besoin (M.me Gauthier et M.me Lan- gallerie) et qui serait assurée de vous plaire, moi qui suis considéré comme très profane je puis sans scrupule me retirer du salon, et vous dire combien je languis de vous

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revoir, combien il est triste de vivre dans votre maison quand vous n’y êtes pas. La créature la plus admirable causerait de l’effroi lorsque la vie en serait séparée, et n’êtes-vous pas la vie de votre maison, de votre famille, de votre société? Ah! vous êtes la vie de bien d’autres choses, d'autres gens encore, et ce sentiment que j’éprouve dans ces murs vides, combien souvent je l’éprouverais ailleurs si jamais vous partiez tout à fait ! Nous avons été ce matin à la ville comme vous nous l’avez demandé: tous ceux qjfie j’ai vus m’ont demandé de vos nouvelles, comme si je vous avais quittée le matin même: M. de Saint-Priest lui-même le croyait: on avait répandu le bruit de l’arrivée de Mme Récamier avec M. Micheli de Ch.a, en sorte que ceux-mêmes qui avaient su votre projet le croyaient renvoyé pour la recevoir. Mme Récamier, il est vrai, a trouvé des gens plus instruits, le Prince lui a dit savoir par Déjean que vous étiez à Orbe. De la Rive m’a dit qu’on avait su par le Préfet que le premier mouvement des dénonciations contre M. Schlegel avait été donné par ce Martin de Blois qui avait auparavant dénoncé M. Cor- bigny, et qui lui a causé le chagrin dont il est mort. Ce Martin, dit-il, avait dénoncé M. Schlegel à la police, et en même temps il avait écrit au Préfet ici, qui n’aurait pas manqué d’agir de son côté d’après cette impulsion donnée, si on lui en avait laissé le temps. Ce Martin au reste fait son chemin par ce noble métier; il occupe à présent à Brest une place importante.

Chez Mme de Saint-Victor, j’ai appris que M. de Septeuil * vient de mourir dans les bras de son père, qui était allé

au-devant de lui jusqu’à Bayonne. Une autre nouvelle encore, mais bien mince, c’est qu’on a fait partir hier en toute hâte M. Fabry de Gex, qui n’avait pas bien achevé d’être malade, pour Aix, et l’on suppose que c’est pour annoncer à la Reine de Hollande qu’ il est temps de com­mencer à s’affliger de la mort de son époux. Voilà tout

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3 4 0 G. C. L. SISMONDI

ce que j’ai su apprendre pendant un séjour de 4 h. à Ge­nève; je laisse à Mlle Randall, qui a bien une autre acti­vité et bien une autre finesse que moi, à vous rendre compte de ce qu’elle aura fait. Hier la commission toute aimable que vous lui aviez donnée pour moi me glaça d’effroi. Elle frappa à ma porte et me dit qu'elle venait m’embrasser; je me pris à rire, mais lorsqu’elle entra gra­vement et qu’elle passa ses bras autour de mon cou, je n’eus pas de doute que ce ne fût le signal d’une sépara­tion, je ne sus quel malheur était survenu, le chaos tout entier fut un moment dans ma tête, mais l'idée qui do­minait fut qu’elle s’était empoisonnée. Il me fallut quelque temps pour comprendre ce qu’elle me dit, qu’elle ne fai­sait qu’exécuter un des vos ordres. Je suis encore troublé quand je pense à tout le trouble de cet instant.

Nous vivons ici dans une paix sainte et fraternelle, et avec beaucoup de soumission pour Albertine, qui fait ses honneurs de maîtresse de maison avec bien autant de di­gnité que de grâce. Elle règle la conversation; occupant votre place à table, elle est le centre vers lequel tout doit se diriger. Aujourd’hui, il est vrai, que nous avons été surpris en même temps pas M. Langallerie, M. Gauthier, son fils et Ch. Rocca, la société composée d’éléments dis­cordants était beaucoup plus difficile à conduire: encore s’en est-elle tirée cent fois mieux que je n’aurais fait à sa place. Mais quelque bien qu’elle fasse son office, ne croyez pas qu’on ne vous regrette pas à toutes les heures. Reve­nez, revenez bien vite, si vous ne voulez pas nous trouver ici tous changés en saules pleureurs!

[Nell’ArchivIo del Caste!lo dl Coppet],

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EPISTOLARIO 341

135.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY.

Oenève, 16 août 1811.

Je suis/bien touché, madame, de l’extrême bonté avec laquelle vous pardonnez mon long silence et vous répon­dez à lettre vue à mes apologies. J’ai besoin d’être encou­ragé de cette manière, puisqu’ il faut l’avouer, c’est toujours pour moi une souffrance que d’écrire. Je supporte assez bien en général les peines de la vie, je m’étourdis peut-être plus que je n’use de philosophie, je tends mon esprit sur autre chose, et je suis le plus souvent en dehors de moi; mais écrire une lettre, c’est nécessairement rentrer en soi-même, faire le compte de ses pensées, regarder son avenir, son passé, et je ne saurais dire comme tout cela est triste. Aussi je reste ridiculement à muser sur mon papier, toutes les fois que je commence une lettre. Il en est peu qui ne me coûte une ou deux heures, quoique ma main aille très vite sur le papier, et qui ne m’ait coûté, ce qui n’est pas moins pénible, et ce qui souvent n’a pas le moindre rap­port avec ce que j'écris, une confession intérieure de tous mes torts et de tous mes défauts, qui me laisse fort mé­content de moi-même. Peut-être tout cela est-il la consé­quence du nombre prodigieux de lettres que j’ai écrites dans ma vie à mes parents, en leur rendant compte de ma con­duite. En revanche, les lettres que je reçois de vous, ma­dame, me font toujours passer une journée agréable, elles excitent ma reconnaissance, elles satisfont un attachement bien sincère, elles flattent ma vanité, elles me donnent presque toujours un exemple de philosophie et de force

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3 4 2 G. C. L . SISMONDI

d’âme, que je me propose souvent vainement d’imiter. Cette dernière, au milieu de beaucoup de choses agréables, m’a fait cependant assez de peine pour Bonstetten: je l’aime très tendrement, et je suis honteux de ses sottises, comme si j’en étais responsable; il a au moins vingt-cinq ans de plus que moi, cependant je le regarde toujours comme un jeune homme qui me serait recommandé; il est d’une étourderie de vingt ans, d’une inconsidération qui doit empêcher de donner plus de suite à ses paroles qu’il n’en donne lui-même ; mais il a si fort toutes les qualités comme tous les défauts de la jeunesse, qu’il est impossible de ne lui pas pardonner les uns en faveur des autres. Il peut vous avoir paru égoiste dans ses rapports avec ma­dame Brun, parce que l’exagération du sentiment et de la poésie donne quelquefois une impatience contre tout ce qui est affecté qui ramène au réel de la vie, cependant il n’est point égoïste: je lui ai vu montrer dans beaucoup d’occasions une grande générosité de caractère, il est inca­pable de rancune, incapable d’amertume, plein de zèle et d’enthousiasme pour tout ce qui est beau, grand et noble, avec cela parfaitement bon et facile à vivre. Nous avons souvent passé des mois, presque des étés entiers ensemble, dans la même maison, et je ne lui ai pas vu un moment d’humeur. Il n’a jamais abandonné un ami, il est vrai qu’il les oublie à tous les moments du jour. Il est tellement dominé par l’imagination, cette faculté l’emporte tellement en lui sur toutes les autres, qu’on peut en quelque sorte expliquer par là toutes ses qualités et ses défauts. Je ne sais ce que je ne donnerais pas pour que ma mère pût avoir une telle compagnie dans sa petite ville, je dirais même, je crois, dans sa maison, si chacun y pouvait con­server une pleine indépendance; mais de tout cela au ma­riage 4) il y a l’univers de distance, et je me sens tout

*) Bonstetten aveva chiesto di sposare la madre del Sismondi.

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EPISTOLARIO 3 4 3

confus de sa bizzârre proposition. J’aime infiniment les bains de Lucques, d’où votre lettre était datée; il faut en effet beaucoup monter et descendre, mais quel beau pays! Quelles Alpes transportées dans le cœur de l’Italie ! Quelle richesse de végétation! et même quelles charmantes pro­menades dans les bois de châtaigners et le long du ruis­seau! Vous étiez là très près de Pescia, et le chemin pour y aller de Florence était bien de passer par notre petite ville. J’ai un regret extrême que vous n’ayez pas vu ma mère, c’eit la personne que j’aime le mieux au monde, et je ne sais pas pourquoi j’en ferais le fier : c’est à mes yeux la personne la plus aimable que j’ai connue. Ma­dame de Staël l’emporte pour le génie, l’emporte pour le brillant de l’esprit, mais ma mère ne le cède en rien ni pour la délicatesse, ni pour la sensibilité, ni pour l’ima­gination; elle l’emporte de beaucoup pour la justesse et pour une sûreté de principes, pour une pureté d’âme qui a un charme infini dans un âge avancé. Je compte bien positivement passer l’été prochain auprès d’elle, et j’espère encore vous retrouver au retour de votre voyage de Naples, peut-être avoir le bonheur d’être très rappro­ché de vous, si vous veniez de nouveau aux eaux de Lucques. Hélas ! je n’aurai point à regretter de quitter mon amie en allant voir ma mère, quoiqu’elle ne puisse encore arrêter ses projets, du moins est-il certain qu’alors elle ne sera plus ici. Elle souffre tout ce qu’on peut souffrir à prendre une détermination qu’elle annonce depuis si longtemps. Vous savez tout ce qu’on vous a dit à vous- même de l’Amérique, tout cela lui a été dit aussi de cent manières, elle en connaît tous les inconvénients, elle trem­ble, elle sent vivement ce qu’elle perd ici, et cette prison de Coppet que son imagination s’est faite lui inspire tour à tour et de l’effroi et des regrets; elle y tient par mille souvenirs heureux, elle y tient aussi par un tombeau. Mais sa situation s’est fort aggravée depuis que nous n’avons

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3 4 4 0 . C. L . SISMONDI

plus M. de Barante L); l’obligation de renvoyer son ami lui a été horriblement douloureuse. Le gouvernement lui offre toujours l’Amérique, et plusieurs de ses amis français, qui croient peut-être se compromettre en lui témoignant de l’affection, la poussent de ce côté-là. Ses intérêts de fortune rendent absolument nécessaire que quelqu’un de sa famille y aille, et cette lutte entre des sentiments contradictoires ne peut plus se prolonger bien longtemps. J’en aurai le cœur déchiré, mais de quel côté ne voit-on pas des pei­nes? 11 n’y a que vous, madame, qui ayez la force d’âme de vous élever au-dessus et de regarder d’un front serein tous les orages de la vie.

Esménard,2) qui s’est tué à Fondi, est bien en effet et le poète, et le censeur, et celui des fausses lettres de change, et celui qui a fait supprimer l’ouvrage de madame de Staël, parce que le libraire s’est refusé à le gagner à prix d’argent. Il est étrange de voir tant de bassesse réunie avec le ta­lent de faire de si beaux vers; mais laissons en paix les morts. J’ai comme vous été fort content de ce que j’ai lu jusqu’ici de Ginguené. Adieu, madame, recevez de nouveau l’assurance de l’attachement le plus vif et le plus sincère, comme de mon extrême reconnaissance.

[BIblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 139].

*) Alla fine del 1810 il prefetto De Barante era stato desti­tuito, giacché si ¡imitava a trasmettere alla Staél gli ordini del ministro di Polizia, Savary, ma non la perseguitava come avrebbe desiderato il Duca di Rovigo.

2) L’accademico Esménard era difatti un agente segreto della polizia imperiale, alla quale più d’una volta ebbe a dare infor­mazioni anche sullo stesso Sismondi.

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EPISTOLARIO 345

136.

ALLA MADRE.

Coppet, 30 août 1811.

Ici, notre société est des plus brillantes, rien moins que deux Montmorency et M.me Récamier; J) mais c’est pour peu de tpmps, eux repartent demain et elle après-demain. Elle n’a fait ici qu’ une apparition. Elle est pleine de bonté et de grâces pour M.me de Staël2) ; elle n’est pas moins jolie qu’il y a deux ans, et cependant j’aime qu’elle reparte; partout où elle se trouve, elle est la destruction de la vraie conversation. Elle entraîne toujours son voisin dans un tête à tête à voix basse; elle a de petites minauderies qui me fatiguent, et son esprit, car elle en a, ne profite jamais au public.

[Questa, e parecchie altre lettere del Sismondi alla madre (come anche a Eulalie Saint’Aulaire, William Channing e Bianca Milesi-Mojon) furono pubblicate da quest’ultima di sugli auto­grafi — purtroppo spesso in modo troppo frammentario — nel vol. J. C. L. De Sismondi, Fragments de son Journal et Cor­respondance, Oenève, 1857. Altre lettere alla madre non pote-

') Adrien e Mathieu de Montmorency. Quest’ ultimo — uno dei più intimi e fedeli amici della Staël — e la Récamier stessa ricevettero, appena arrivati, l’ordine dalla polizia di allontanarsi da Coppet. Cfr. P. K o h l e r , Op. cit., p. 591.

2) A proposito di questa troviamo nel Journal et Correspon­dance (p. 72) questo giudizio tolto da una lettera in data 7 set­tembre 1811: « Il n’arrive jamais à M.me de Staël de se mettre à la place des autres, et tout son esprit ne lui suffit pas pour comprendre ce qui n’est pas elle; et puis, si l’on voulait bien entendre les riches, il n’y aurait de malheur que pour eux. C’est une étrange manière que de faire des accaparements de tout, même d’infortune ».

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3 4 6 Q. C. L. S1SM0NDI

rono esser pubblicate per opposizione dell’esecutore testamen­tario del Sismondi, il quale pare che bruciasse parecchie di queste lettere familiari dello storico (Cfr. D f Salis, Op. cit., p. 377). Per quelle pubblicate nel citato volume del 1857, non trovan­dosi gli autografi, siamo costretti a ricorrere al testo dato dalla Milesi-Mojon.

La lett. che precede è a pag. 71].

137.

ALLA MADRE

Coppet, 11 octobre 1811.

Je comprends très bien l’inquiétude qui te fait désirer que je prenne des leçons de déclamation et je la sents à l’égal de toi ; mais je ne crois pas qu’à mon âge on puisse apprendre avec un maître en six mois de leçons, et ap­porter quelque changement dans ce qui est enraciné dans tout votre être. Je lis mal par uñe disposition morale, et non par un défaut des organes ou par ignorance. Je me trouble, je me défie de ce que je vais lire, j’en suis en­nuyé le premier, et alors je précipite, je balbutie et je de­viens insupportable à moi tout comme aux autres: mais cela n’empêche pas que j’aie au fond du coeur une théorie sur la lecture ou la déclamation toute aussi bonne que celle de MM. Le Comte ou Rival, ou tout au moins une que je crois meilleure, et mon esprit n’a plus assez de sou­plesse et de docilité pour que je prenne leurs précepts en place de ma propre réflexion. La seule chose qui puisse m’amener à bien lire, c’est d’y beaucoup réfléchir moi-même, de me beaucoup étudier, de me donner enfin à moi des leçons. Avec tout cela, je ne refuse pas positivement, et quand je serai à la ville, je verrai si Rival peut me don­ner des conseils utiles.

[Journal et Correspondance, p. 72].

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EPISTOLARIO 3 4 7

138.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY.

Genève, 11 octobre 1811.

Serez-vous encore à Florence, madame, ou ma lettre ira-t-elle vous suivre dans le royaume de Naples? J’espère que celles/qui vous sont adressées ne s’égarent point, et je désire fort partout où vous allez pouvoir me rappeler à votre souvenir. L’intérêt que vous voulez bien accorder à notre colonie de Coppet m’a fait différer de courrier en courrier de répondre à votre aimable lettre, parce que je voulais vous donner des nouvelles de mon amie, et que depuis longtemps je la crois à la veille de prendre une grande résolution. Mais le temps passe, les événements s’accumulent, les circonstances se compliquent, et il est plus difficile que jamais de prendre un parti. Depuis longtemps sa situation me paraît si embarrassée, que je m’interdis absolument de lui donner un conseil, puisqu’à tous je vois la plus grande responsabilité attachée: je l’affermis dans celui qu’elle embrasse, je tâche de lui donner du courage, mais, lorsqu’elle l’abandonne d’elle-même pour un autre, je ne lutte point, de peur d’augmenter son irrésolution. Ce­pendant cet état de doute est moins pénible pour elle qu’ il ne serait pour bien d’autres: hier encore elle disait avec joie: « Eh bien, Dieu merci, j’ai encore trois semaines avant de devoir prendre un parti ». Elle a demandé un passage sur la frégate qui a apporté le dernier ambassa­deur d’Amérique, et qui doit probablement repartir dans un mois ou six semaines ; le ministre de la police y a con­senti, l’ambassadeur aussi, mais il faut attendre l’assentiment du capitaine, peut-être aussi celui de l'empereur. Et puis il faut voir sur quelle saison on tombera, et si ce ne sera

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3 4 8 0 . C. L . SISMONDI

pas la plus mauvaise de toutes. On vous aura écrit, sans doute, que deux de ses amis ont été exilés pour lui avoir fait une visite: nous l’avons cru pendant quelque temps, et nous avons été violemment alarmés pour deux autres qu’on nommait comme ayant encouru la même disgrâce, c’était là pour elle le motif qui pressait le plus son voyage; il ne pouvait y avoir de malheur plus affreux pour elle, que d’être la cause du malheur de ceux qu’elle aimait. Mais depuis, le ministre de police à Paris, et le préfet ici, ont déclaré de la manière la plus expresse qu’elle n’était pour rien dans les deux exils prononcés dernièrement. On croit en effet entrevoir d’autres causes, et les deux autres dont on nous avait menacés paraissent avoir été inventées dans les salons de Paris. Vous le voyez, madame, les peines du cœur entrent pour beaucoup dans le malheur de sa position : on ne peut s’étonner qu’elle en soit troublée, qu’elle perde, dans son inquiétude pour ce qui l’entoure, cette force d’esprit, cette liberté de pensée, qui peut seule élever au-dessus du temps présent, et mettre un auteur en rapport avec la posté­rité. Que doit-on penser de la bassesse d’âme d’une femme capable d’attaquer sans provocation une autre femme dans une situation aussi malheureuse? Le dernier ouvrage de ma­dame de Genlis£) contenait les choses les plus perfides contre mon amie, et c’est peut-être surtout l’indignation qu’a exci­té cette lâcheté qui a élevé contre elle l’orage dont tous les journaux retentissent. Je crois qu’à son tour elle est à présent assez malheureuse, car elle a été attaquée avec une amertume à laquelle elle était peu accoutumée, mais sa position est en même temps triste et ridicule. Comment une femme peut-elle aller provoquant à droite et à gauche presque tous les hommes qui ont de la réputation, faisant

£) De l’influence des femmes sur la littérature française, ou Précis de l’histoire des femmes françaises les plus célèbres, Paris, 1811.

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EPISTOLARIO 3 4 9

le coup de lance avec tout le monde, et occupant sans cesse le public de ses jugements et de sa partialité? Je n’ai pas encore vu sa critique du dictionnaire £); qui peut douter que dans une si grande entreprise, il n’y ait beaucoup de négligences et beaucoup d’erreurs ? Mais si nous refusons quelquefois notre confiance à une société de quatre-vingts hommes distingués, qui chacun ont choisi la partie qui avait été l’objet de leurs plus longues études, comment l’accorderons-nous à une femme qui prétend les atteindre toutes pt qui, après avoir écrit des romans toute sa vie, veut s’ériger en juge de l’histoire de l’univers?

Je compte aller au printemps en Italie et passer l’été avec ma mère; auparavant, et pour cet hiver, j’ai un projet qui m’a beaucoup occupé cette année. Je veux donner un cours à Genève de littérature étrangère et, si j’en crois ce que tout le monde m’annonce, j’aurai peut-être deux cents auditeurs. Pour comprendre toute la littérature moderne, selon mon projet, il me faudrait deux ans; mais mon cours pour la première année, en quarante leçons, comprend déjà toutes les langues romanes, le provençal, le roman wallon, l’italien, l’espagnol et le portugais. Pour une par­tie, je me trouve sur le même terrain que Ginguené; il s’en faut bien que je puisse traiter la littérature italienne avec autant de profondeur que lui; le sujet de ses trois gros volumes sera renfermé pour moi en quatre leçons; mais, d’autre part, la comparaison de plusieurs langues différen­tes, la connaissance surtout des critiques allemands, me permettent de considérer mon sujet sous des rapports plus nouveaux. Il y a huit ou neuf mois que je travaille à ce cours, j’ai encore trois mois devant moi avant de commen­cer à le réciter, et je vous assure que je n’ai pas perdu mon temps. A peine sera-t-il achevé que je partirai pour

') È un altro scritto di M” e de Genlis, Examen critique de l’ouvrage intitulé ; Biographie universelle, etc., Paris, 1811-1812.

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3 5 0 O. C. L . SISMONDI

l’Italie. C’est là, madame, que j’espère de vous voir. Je ne crois point qu’on vous tourmente pour vous faire revenir à Paris, et plus vous êtes résignée à tout, moins je crains qu’on ne mette votre résignation à l’épreuve. Mais en tous lieux, en tout temps, je vous demande avec instance de me conserver votre amitié. Croyez, madame, que je la mé­rite par le plus vif, comme le plus respectueux attachement.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 144],

139.

A ISABELLA TEOTOCH1 ALBRIZZI

Genève, 13 novembre 1811.

Je saisis avec empressement, madame, toutes les occa­sions de me rappeler à votre souvenir, dussé-je en le fai­sant augmenter sans cesse les obligations que je vous ai déjà: ainsi je me flatte que les deux gentilshommes français qui vous remettront cette lettre, en vous faisant penser à moi, contribueront à" entretenir une amitié â laquelle j’atta­che tant de prix.

MM. de Calvière et de Loménie, qui vont faire le tour de l’Italie, désirent y voir non seulement les chefs-d’œuvre des temps passés, mais les hommes du nôtre. Je ne pou­vais, pour leur faire connaître la société italienne, les adresser mieux qu’à vous: c’est par la femme la plus aima­ble de Venise, par celle chez qui se réunissent tous les hommes les plus distingués que je désire qu’ils commen­cent à connaître votre nation. Tous deux appartiennent aux premières familles de la monarchie française: M. de Calvière est gendre de M. de Saint-Priest, l’un des plus sages et des plus vertueux ministres de Louis XVI; M. de Loménie est neveu du cardinal de Loménie, qui fut aussi ministre de

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EPISTOLARIO 351

ce Monarque infortuné. Tous deux ont dans l’esprit et dans le caractère de quoi suppléer aux avantages d’une illustre naissance s’ils leur avaient manqué. J’ose me pro­mettre qu’en vous les faisant connaître j’aurai fait une chose également agréable à eux et à vous.

Rappelez-moi, madame, au souvenir du comte Albrizzi et du chevalier Pindemonte; dites à celui-ci qu’appelé à passer en revue cette année toute la littérature italienne, je n’ai rien trouvé qui égalât le charme et la sensibilité de quelquesur/es de ses poésies: il y a dans son petit poème sur la manie des voyages des vers dont je ne perdrai jamais le souvenir.

O felice chi mai non pose il piede fuori della natia sua dolce terra.Egli il cuor non lasciò fitto in oggetto che di più riveder non ha speranza.

Je n'ai pourtant point perdu moi-même cette espérance, celle de revoir Venise m’est précieuse, et sans savoir encore à quel temps je dois l'ajourner, je soupire après le mo­ment où je vous y reverrai. Daignez me conserver cette bienveillance qui m’est si douce, et croyez à l’attachement inaltérable comme au profond respect avec lesquels j’ai l’honneur d’être, ecc.

[Pubblicata da T. Lodi, Art. cit., dall’autografo della Nazio­nale di Firenze].

140.

A GIUSEPPE MICHAUD

P a r ig i.Oenève, 30 décembre 1811.

Je suis fort embarrassé pour faire l’histoire du Mar­quis Botta, elle appartient toute entière à celui qui, chargé des articles de la maison d’Autriche, aura fait celui de Ma­

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352 0 . C. L . SISMONDI

rie Thérèse, et par une étude complète de ce règne con­naîtra bien les divers généraux que cette Reine employa. La carrière du Marquis Botta fut probablement toute entière en Allemagne, et j’en connais fort mal l’histoire. Je ne sais sur lui que la manière dont il opprimait Oênes, et la révolte des Génois en 1746 aussi glorieuse pour les Gé­nois que honteuse pour lui. — Je vois bien dans les diction­naires un Jacques Brakelli qui a laissé des fragments sur l’histoire de Gênes, et par conséquent de la province de M. Ginguené; et je ne sais qui est Buonfiglio. Sans doute il appartiendra aussi à l’histoire littéraire. Pardon si je vous renvoie ainsi à d’autres pour tout ce que vous me deman­dez. Je verrai avec beaucoup de plaisir vos articles Boni- face. Il me semble qu’il est convenu que pour ceux qui ne sont pas de moi, je ne vous envoie les épreuves qu’autant que j’ai quelque correction à proposer. Vous aviez déjà eu la bonté de m’envoyer par la poste votre mémoire contre Prud’ homme. Il me semble que ce ridicule procès n’a pas pu vous donner un instant d’inquiétude. M. Paschoud, à qui j’ai demandé les exemplaires que vous m’annoncez, et qui a depuis longtemps mis en vente votre seconde livrai­son, n’avait rien reçu pour moi, et n’avait pas même encore de sa maison de Paris l’avis qu’on lui envoyât rien. J’espère qu’ils viendront cependant et je remettrai l’un des deux exemplaires à M.me de Staël, mais je regrette que vous ayez oublié que j’avais demandé un second exemplaire des qua­tre volumes pour l’avoir à mon domicile à Pescia, et que vous me l’aviez promis: j’aimerais fort le recevoir avant le printemps, pour l’y porter moi-même. Ayez la bonté de le remettre à la maison de M. Paschoud, en vous informant de ce qui lui a fait oublier le premier.

Je ferai tout mon possible pour obtenir de M.me de Staël quelqu’autre article pour votre dictionnaire; elle est loin à présent de l’entrain et de la disposition d’âme qui porte à écrire, cependant vous pouvez compter que je ne me re­

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EPISTOLARIO 3 5 3

butterai pas facilement. En attendant voici l’article de sa mère, qu’elle a jugé convenable de faire signer par un homme de lettres de ses amis.

J’ai l’honneur d’être bien sincèrement, ecc.P. S. M.me de Staël vient de me promettre un autre

article pour votre prochaine livraison : elle offre le Catnôens. Répondez-moi tout de suite s’il vous convient, pour pro­fiter de sa bonne disposition avant que le découragement vienne.

Kllblioteca di OJnevra, Dossier ouvert d ’autographes}.

141.

ALLA MADRE

1 6 ja n v ie r 18 1 2 .

Genève est devenue chaque année plus triste et plus dé­serte pour M.me de Staël; elle en a de l’humeur, elle juge avec une extrême sévérité, et elle ne met presque rien de son cru pour réparer tout cela : il m’arrive très souvent de m’ennuyer chez elle, et cela arrivait aussi l’année passée, et cependant elle parle de l’ennui des autres d’une manière qui me met souvent en hostilité avec elle. Et puis, la va­nité qui la blessait me blesse aussi ; elle répète avec com­plaisance les mots flatteurs qu’on a dits sur elle, comme si elle ne devait pas être blasée là-dessus, et lorsque l’on parle de la réputation d’un autre, elle a toujours soin de ramener la sienne avec un empressement tout à fait mala­droit. J’ai infiniment plus de joussances de société parmi les Genevois. Hier, j’ai passé une moitié de la soirée chez M. Pictet, avec M.me Vernet et M.me Prévost, une autre moitié chez M.me Eynard avec les deux dames Beaumont et Lullin, et chez toutes deux je m’amusai parfaitement.

23. — SISMONDI, Epistolarlo. I.

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3 5 4 0 . C. L . SISMONDI

J’avais une part beaucoup plus active dans la conversation que je n’ai chez M.me de Staël; j’animais les autres, je les faisais parler, et sentant qu’on était content de moi, je l’étais aussi.

Cela ne doit pas nous empêcher de faire des plans sur l’avenir et de nous conduire d’après toutes les règles de la prudence humaine; mais quand ces projets échouent, ils ne doivent point laisser de regrets. On doit au contraire prendre ces obstacles pour une indication de la Providence qui nous soigne mieux que nous n’aurions su le faire nous-mêmes.

Mon compagnon de voyage, le Major de Besançon, était un fort bon homme, mais de peu d’éducation.... A la ba­taille de Wagram il fut renversé d’un coup de sabre, et pendant les six heures qu’ il passa sur le champ de bataille il fut foulé aux pieds des chevaux et sa tête mise en com­pote. Je lui ai demandé s’il avait beaucoup souffert ; il m’a dit que oui, dans le pensement, mais au moment même point du tout. Le coup de sabre qui le renversa l’étourdit, en sorte qu’il le sentit à peine; if perdit ensuite connais­sance, et ne s’aperçut point que les chevaux marchaient sur sa tête ; il ne s’aperçut pas davantage des quatre heu­res qu’il demeura encore parmi les morts après que la ba­taille fut finie; il ne commença à souffrir que lorsqu’il se trouva sous la tente dans les mains des chirurgiens, quand l’espérance et l’amour de la vie lui faisaient prendre ses maux en patience. Il lui en est resté des douleurs dans la tête aux changements de temps, mais du reste, quoiqu'il ait 31 ans de service, il est aussi fort que moi, et après avoir fait, hier, cinq grandes lieues à pied, il n’etait nul­lement fatigué. Tu le vois, chère maman, ces douleurs inouïes, auxquels tu rêves souvent, n’existent pas dans la nature. La Providence a préparé la défaillance pour remède à toutes les atroces douleurs: toutes les blessures graves font perdre connaissance, et l’on ne souffre guère d’une

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EPISTOLARIO 355

manière violente, que lorsqu’on a le courage de souffrir, c’est-à-dire, lorsque la guérison commence et que l’on fait effort sur soi-même pour se conserver en vie.

[Journal et Correspondance, p. 72].

142.

A PIERRE PICOT

/ Genève, 14 mars 1812.

J’ai déjà eu, monsieur, l’honneur de vous annoncer il y a une année le legs que mon père avait fait de Bibles à di­stribuer aux familles pauvres et pieuses *). Je désire fort qu’on ne tarde pas davantage à exécuter ses intentions, d’ailleurs je suis pressé de remettre ces Bibles, puisque je dois partir incessamment pour l’Italie. Je prends donc la liberté de vous envoyer ma lettre à la Société des ca- thécumènes dont vous êtes, je crois, un des Directeurs, et je vous prie en même temps de vouloir bien faire re­tirer aussi le quart qui doit être distribué par les deux plus anciens pasteurs.

Il se compose de:

2 Bibles gr. in fol. 36 fr. L. 728 Bibles in fol. de 24 fr. » 192

30 Bibles in 8° 3 vol. de 12 fr. » 360 en feuilles valant, au prix marchand,

arg. de France, L. 624

L’intention de mon père n’était point de donner ces Bi­bles comme une aumône aux pauvres, mais de les faire di­stribuer, soit comme prix dans les circles, soit comme marque de faveur et d’encouragement aux familles que les

') Il Sismondi era figlio di un pastore protestante.

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356 G. C. L . SISMONDI

pasteurs distingueraient pour leur pitié. Ses intentions sans doute seront bien remplies, puisque le principal distribu­teur se trouve être son ami, l’ami de toute sa famille, l’un des hommes enfin qu’il estimait et reputait le plus. Re­cevez aussi l’assurance d’un égal respect, d’une affection non moins tendre de la part de, ecc.

[Biblioteca dl Glnevra, Ms. 263, f. 230 r.°],

144.

A CRAPELET *)

19 mars 1812.

Je vous remercie, monsieur, de la complaisance que vous avez eu de me donner des renseignements sur la marche actuelle de l’impression. Au reste je ne perdais point patience, et je connaissais fort bien les retards né­cessaires dans un commencement. Je suis plutôt inquiet de ce que vous me dites que vous ne mettez qu’un seul compositeur sur les notes. Je ne vois pas où est la diffi­culté d’en mettre deux, et comme ces notes sont et en grand nombre, et lentes à composer par la difficulté du langage, je crains fort qu’elles ne retardent l’ouvrage. C’est bien parce que je sens que mon ouvrage n’est pas une matière courante que je proposais de commencer deux vo­lumes à la fois, puisque ce qui cause le retard est moins la composition que la correction et la mise en page.

Quant aux corrections, tous les auteurs en font beau­coup, je crois même être parmi les moins inconstants; surtout je m’étudie à éviter les remaniements, et mes plus fortes corrections retombent presque toujours en ligne.

') Tipografo parigino, al quale sono dirette numerose let­tere dello storico.

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Riproduzione di una pagina della lettera n°. 87, a Madame de Staël.

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EPISTOLARIO 35 7

II n’y aura pas de table alphabétique, mais des tables ana­lytiques à la fin de chaque volume, comme celles qu’on trouve dans mon Histoire des Républiques Italiennes. Je les commence à mesure et je vous les donnerai toujours au moment où le volume sera fini, pour ne pas retarder la composition. Vous voyez que je ne retarde pas non plus la correction. Secondez-moi, monsieur, de tout votre pou­voir, puisque nous nous trouvons si serrés par le temps. Au 1er juin tout le monde est parti pour la campagne et un ouvrage ne fait plus aucun effet dans la société. Dans le cours de l’été, d’autres ouvrages peuvent paraître (et il sont déjà à l’impression) qui partageraient la curiosité du public; ce n’est donc point manie, ou impatience d’auteur: ce sont des raisons très fortes et très solides qui me font vous presser si fort.

je continue à relire mon 2e volume pour qu’il soit aux ordres de votre poste. Je serai bien aise d’avoir le 3e et le 4% qui sont plus en désordre que le second, et qui de­manderont un peu plus de temps pour être rangés avec clarté.

Recevez l’assurance de toute ma considération.

[Biblioteca di Oinevra, Ms. Suppl. 139, f . 169\

144.A MADAME DE STAËL

Pescia, 18 avril 1812.

J’avais compté vous écrire de Parme, chère amie, mais je ne m’y suis arrêté qu’une demi-journée: je l’ai passée toute entière à la bibliothèque et, au moment où on la fermait, j’en suis parti pour continuer ma route. D’ailleurs MIle Randall vous aura communiqué ma lettre de Milan,

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3 5 8 Q. C. L . SISMONDI

et elle contenait bien autant de choses pour vous que pour elle. Je suis arrivé hier ici, huit ou dix jours avant d ’y être attendu, et cependant heureux de prévenir ainsi des inquiétudes vaporeuses auxquelles ma mère commen­çait à se livrer. Depuis quelque temps les courriers ne cheminent plus avec régularité, beaucoup de mes lettres s’étaient retardées, la dernière s’est perdue, et ma mère, que toute espèce d’inquiétude dévore, ne pouvait pas sup­porter cette attente. Elle a eu tant de joie de me revoir, elle est si contente à présent, que j’espère avoir complè­tement dissipé cette disposition à la tristesse; cependant l’idée seule me fait trembler, puisque ce genre de douleur se dérobe à toute espèce de consolation: ce nuage trouble mon bonheur de me retrouver auprès d’elle. Il était déjà tempéré par le regret de tout ce que je laisse à Genève, par mon inquiétude sur votre santé, sur vos projets, sur votre avenir. Vous avez dû commencer des remèdes plus efficaces justement au moment où je suis parti, mais je tremble toujours que vous n’ayez pas eu la constance de supporter les incommodités qu’ils entraînent avec eux. Souvenez-vous, je vous en conjure, que la maladie est aussi un esclavage et qu’elle rive toutes les autres chaî­nes. II faut user de toute sa force de volonté pour se gué­rir, quelque répugnance que causent les remèdes, puisque ce n’est qu’avec la santé qu’on se retrouve soi-même tout entier dans l’occasion. Je me suis fort peu arrêté à Mi­lan. Je n'y ai vu personne qui me fît plaisir, excepté Salvi le libraire qui est un homme d’esprit et d’une grande érudition bibliographique. C’est lui, ou plutôt son associé Sonzogno, qui vous enverra Ylliade de Monti. L’un a la librairie moderne italienne, l’autre tous les livres rares et d’érudition. Vous pourriez sans doute vous procurer par lui des ouvrages sur les croisades que vous ne trouveriez nulle part ailleurs. Monti était à Ferrare, où il marie sa fille, je ne cherchai pas Mercati; je fus assez peu content

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¿■PISTOLARIO 3 5 9

de Fortis, je ne trouvai pas à la grande bibliothèque de Brera le quart des livres espagnols que possède M. Schle­gel, et je n’avais pas passé 24 h. à Milan que je languis­sais d’en sortir. Dimanche je vais coucher à Plaisance, et lundi à Parme, poursuivi toujours par une bise et un froid rigoureux qui ne me paraissait point égaler celui de notre hiver à Genève. A Parme de nouveau je ne trouvais pas à beaucoup près dans la bibliothèque les nouveautés que j’y avais attendues. Je ressentais une impatience ex­trême d’arriver ici, j’étais ennuyé de la Lombardie et de cette plaine monotone que j’ai traversée tant de fois, et qui ne me présente jamais ni instruction ni plaisir. Je pris le parti mardi après dîner de tenter un chemin tout nouveau, de traverser les Alpes Apuanes et de me rendre de Parme à Pontremoli, au nord du Golfe de La Spezia. Je pris un cabriolet qui devait me conduire là où finit le grand chemin, à Fornovo. On m’avait assuré que le maître de poste de ce village louait des mulets pour traverser la montagne, mais quand j’arrivai à l’auberge j’appris qu’ils étaient tous partis. Un paysan vint à passer par là avec deux chevaux, je lui proposai de me prendre, nous fîmes prix ensemble et je m'abandonnai tout à fait à sa con­duite. 11 me dit qu’il fallait aller coucher ce soir même dans la montagne si je voulais arriver le lendemain à Pon­tremoli. 11 me fit prendre un chemin détourné et, à la nuit, il m’amena sur le bord d’un torrent, au milieu de montagnes pelées, devant une maison basse, sale et com­plètement isolée. — C’est là l’auberge, me dit-il, mais il faut que je dise un mot à l’hôte afin qu’il veuille vous recevoir. — Il le prit à part, et après un colloque que je ne pouvais entendre, l’hôte vint à moi et me dit qu’il me donnerait à coucher. Cet hôte était un vieillard en habits de paysan, mais fort misérable; il n’avait avec lui que sa vieille femme; l’auberge ne contenait qu’une chambre et une cuisine, telles pour la misère qu’on n’en a jamais vu

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de semblables en Suisse. Une lampe où brûlait de l’huile de pétrole éclairait ce triste appartement. Mon muletier était ressorti pour chercher, disait-il, une selle, à quelque distance de là. Il vint successivement dans la soirée quel­ques voisins aussi déguenillés que mon hôte, qui me re­gardèrent un peu, ainsi que ma malle, qui disaient quel­ques mots à mon hôte, dans leur patois parmesan que je ne pouvais entendre, et qui s’en allaient. Tout cela n’au­rait pas mal ressemblé à Yauberge de minuit, et la scène ne pouvait être mieux placée que dans ces montagnes en­tre Oênes et Parme, où le fameux Fra Diavolo avait armé tant de bandits parmi les paysans. Il n’y manquait que la jeune fille. Je me mis à causer avec mon vieil hôte, et avec des efforts mutuels nous nous entendîmes. Il me ra­conta qu’il avait vu dans sa jeunesse une autre guerre au milieu de ces mêmes montagnes, celle où les Génois chas­sèrent en 1747 les Autrichiens de leur ville; qu’alors les armées lui avaient mangé une vache, deux chèvres et un cochon ; qu’il avait vu tous les souverains de Parme de la maison de Bourbon, qu’il avait aussi vécu sous les Fran­çais, mais qu’il ne les avait pas vus. Il me parla encore des puits à trois milles de distance, d’où l’on tire l’huile de pétrole, qui servait à les éclairer. Il mit à mon lit des draps très blancs, mais tissés de cordelettes, et je dormis tant bien que mal au milieu de cette famille inconnue. Le lendemain, nous commençâmes à traverser les montagnes, les plus affreuses que j’aie vues en ma vie; beaucoup moins élevées que les Alpes, elles n’avaient déjà plus de neige, mais on n’y voyait non plus aucun signe de végétation: ni forêts, ni gazon, ni culture, pas même de grandes et belles roches. Les plus élevées, éclatées par les glaces, avaient couvert de leurs débris toute la pente des monta­gnes, et au milieu de ces lits éternels de pierres anguleu­ses on aurait cru traverser les ruines de l’univers. La journée fut longue et fatigante, j ’étais parti à 5 h. du ma­

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EPISTOLARIO 361

tin, et je n’arrivai qu’à 9 h. le soir à Pontremoli. Encore avais-je fait les six dernières heures de ma route au travers d ’un épais brouillard qui se fondait sur moi en une pluie glacée. J’en fus récompensé à Pontremoli: en m’y éveillant le lendemain matin, je m’y trouvai dans le climat des oli­viers, des grenadiers et des myrthes. J’avais encore une journée à faire à cheval jusqu’à Sarzana, dans un chemin en corniche le long du fleuve Magra, mais quoique le temps fût assez mauvais, c’était pour moi une jouissance conti­nuelle de me trouver au milieu de cette végétation odo­rante, de respirer cette atmosphère aromatique qui carac­térise si exclusivement les climats du midi. Plus le passage avait été rapide, et plus je sentais vivement ce charme in­définissable attaché à la vraie Italie et qui, une fois qu’on le ressent, vous frappe une seconde et une troisième fois avec la même.... vivante que les souvenirs de la patrie. Mais cette Italie que tous les sens reconnaissent ne com­mence qu’après qu’on a passé les Apennins. Combien je voudrais pouvoir vous transporter dans une de ses plus belles provinces! Je le voudrais même au prix de ne pou­voir vous y atteindre! Il me semble que le soleil et les orangers vous rendraient bien vite cette brillante santé que vous avez trop peu ménagée.

Je traversai dans cette même journée les fiefs de Mala- spina: c’étaient de petites souverainetés qui dans l’échelle des monarchies répondent à Urseren, Gersau et San Ma- rino dans celle des Républiques. Sur un espace de sept ou huit lieues, ou quasi, étaient placées douze ou quinze petites souverainetés: Fosdinovo, Terrarossa, Autla, Mu- lazzo,1 etc., qui appartenaient toutes à des branches diffé­rentes de la famille Malaspina, toutes feudataires immédia­tes de l’Empire, dont le chef si éloigné d’elles les oubliait absolument. Un seul village de trois ou quatre cents habitants, un vieux château abandonné et un palais mo­derne, avec quelques centainès d’arpents d’oliviers et de

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vignes et, au-dessus, une forêt de châtaigniers formaient la principauté, à laquelle on ne pouvait parvenir que par un chemin escarpé au travers des précipices, et praticables seulement pour des piétons et des mulets. Les Malaspina abusaient étrangement de leur pouvoir, ils vendaient la justice, ils enlevaient de force les femmes qui leur plai­saient, mais peu de situations m’auraient paru plus envia­bles que la leur, s’ils avaient su s’en rendre dignes.

Ma mère et ma sœur me chargent de vous exprimer leur tendre et respectueux attachement et toute leur recon­naissance. Rappelez-moi à tout ce qui vous entoure: tout ce qui est chez vous faisait aussi pour moi partie de vous. Mais dites surtout pour moi les choses les plus tendres à Mlle Randall, à Mlle Albertine et à Auguste; mille ami­tiés à M. Schlegel et M. Chamisso, et mes compliments les plus empressés à M. Rocca.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet].

145.

A MADAME DE STAËL

G inevra .

Pescia, 5 mai 1812.

J’ai passé, chère amie, une cruelle semaine depuis la lettre que j’écrivis à Mlle Randall le 28 avril, mais Dieu merci mes inquiétudes sont dissipées et ma mèire est à présent en pleine convalescence. Elle a eu une fièvre bi­lieuse, qui Dieu merci a été singulièrement courte, mais qui avait commencé d’une manière assez violente pour donner l’idée du plus grand danger. La fièvre a fini sa­medi après avoir duré six jours; dès lors ma mère a com­

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EPISTOLARtO 3 6 3

mencé à reprendre de l’appétit et des forces ; chaque jour elle fait des progrès, elle a fait entr’autres celui de s’ennuyer, car elle est trop faible pour soutenir l’occupation, et trop forte pour ne pas lier ses idées et s’apercevoir de la lon­gueur du temps. Pendant que la violence du mal dure, les malades n’ont jamais ce sentiment d’ennui, et c’est encore un des bienfaits de la Providence; ils sont telle­ment dominés par le moment présent qu’ils ne l’enchaî­nent point dans leur tête à celui qui précède ou à celui qui suivra, ils souffrent et supportent avec plus ou moins de courage, mais ils se souviennent peu du mal de la veille, et songent moins encore au mal du lendemain. J’ai vu ma mère dans cet état au moins pendant quatre jouré, elle n’était pas à beaucoup près toujours assoupie, mais toutes ses facultés étaient rassemblées pour supporter la souf­france, — ce qu’elle faisait avec un admirable courage, — et pour exprimer sa tendresse à ce qui l’entourait : il n’en restait point pour examiner son mal. Mais c’est un bonheur signalé, et dont je ne puis assez remercier Dieu, que je n’aie pas retardé de huit jours mon départ, ou perdu huit jours en voyage, ou que la maladie ne soit pas venue huit jours plus tôt. Je ne puis songer sans frémir à l’état où aurait été ma pauvre mère, seule ici, dans une maison isolée, sa fille à peine relevée de couche et n’étant point encore sortie de sa chambre, et autour d’elle personne en qui elle pût avoir confiance, pas même des domestiques affidés. On dirait qu’un pressentiment, dont je ne me ren­dais point compte, me faisait partir avec tant de sollicitude, malgré vos invitations et celles de mes amis, et me faisait n’employer en voyage que la moitié du temps que j’y avais destiné. Il y eut hier quatre semaines que je partis de Oenève, et voici aussi la quatrième lettre que j’écris à Coppet. Je languis avec une extrême impatience d’en avoir à mon tour des nouvelles. Mlle Randall eut la bonté de m’écrire le jour après mon départ, mais c’est jusqu’ici la

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seule lettre que j’aie eue de Genève. Je ne sais rien de vous, excepté les premières angoisses que vous a causé cette digitale, et le spectacle de la maladie, le trouble que j’ai ressenti toute cette semaine, décuple mon inquiétude sur la santé de ceux que j'aime. Après avoir vu comment en trois heures on peut passer sans aucune cause appa­rente, aucune qu’on puisse deviner, de la plus pleine santé au danger le plus imminent, je.... redoubler l’inquiétude que porte avec elle l’absence, et je m’aperçois mieux encore comme dans trois semaines, qui se sont passées sans que j’en aie de nouvelles, il a pu survenir dix événements fâcheux.

Mardi soir. — Voilà les lettres qui m’arrivent de la poste, et je n’en ai point de Coppet; je ne sais trop si je devais en avoir une, mais je l’attendais et je l’espérais. 11 me semblait [que] vous n’attendriez pas d’avoir une lettre pour m’écrire de votre côté, c’était mettre trop de.... puis­que j ’allais vite~en m’éloignant, et qu’avec quelque régu­larité que j’aie écrit, mes lettres n’ont dû arriver que fort tard, j ’ai cependant aujourd’hui une lettre de M. Favre, et ...il ne vous nomme pas, quoiqu’il me dise qu’il sort à peine de la grange. Si vous étiez.... si vous vous détermi­niez à prendre les bains dont vous m’avez parlé, il me semble que je l’aurais su par lui. Ces bains, je n’ose pas en parler, parce que je ne veux point influer sur une dé­termination aussi importante, mais ils ne sortent pas de ma pensée. Tour à tour je désire ardemment que vous vous soumettiez à un remède qui, s’il réussit, vous guéri­rait radicalement, puis je me trouble de la pensée qu’un remède qui éprouve aussi violemment, demande un courage et une force de constitution qui doivent vous manquer. Du reste je dois rester sur les opinions, sur les sentiments que j’avais en parlant, rien au monde pendant tout le temps que je passerai ici ne peut renouveler mes idées, ni y rien ajouter: c’est un pays où l’on n’a jamais l’espé­

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EPISTOLARIO 3 6 5

rance d’apprendre rien des autres, où toute conversation est impossible. Il s'entend de soi-même que la littérature, les sciences, la philosophie, aucune espèce de nouvelles littéraires n’ont jamais un seul instant occupé la pensée d’un seul des habitants de ce pays, mais un intérêt plus immédiat, qui nous embrasse de partout à tous les instants, leur est également étranger, ils ne songent jamais au sort de leur pays, ils n’ont aucune curiosité pour aucune espèce de nouvelles, et quand je reviendrai à Genève j’appren­drai en un jour ce qui se sera passé . . . dans tout l’Univers. Même le Pape, dans un pays très catholique n’excite aucun intérêt . . . est survenu au commence-' ment de carême, parce qu’on a redouté de n’avoir pas les dispenses pour manger gras cinq jours de la semaine. Les dispenses sont venues, on n’a point examiné d’où elles étaient parties, et à l’instant toute curiosité a fini. Du reste on montre universellement une grande avidité pour les emplois, le Gouvernement trouvera en France des sujets plus intelligents et plus actifs, mais il n’en trou­vera point qui soient disposés à exécuter plus aveuglement tous ses ordres, même les plus sévères. Les emplois les plus vils ne sont moins recherchés que les autres, que lorsqu’ils sont moins payés tant de gentilshommes ont sollicité les places subalternes des employés aux droits réunis, ceux que le peuple nomme rats de cave, qu’on aurait pu ne les accorder qu’à ceux qui pourraient pro­curer quatre quartiers. Adieu, chère amie: je suis encore triste, et ébranlé, j’ai besoin de vos lettres, j’ai besoin des nouvelles de tout Coppet, j’ai besoin de savoir qu’on m’y aime encore. Adieu de nouveau. 1

[Nell’Archivio del Castello di Coppet].

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146.

A MADAME DE STAËL

Pescia, 3 juin 1812.

Chère amie, je me suis efforcé de vous donner du courage, et je n’en ai point, le moment décisif approche, et je tremble, et je retourne en arrière, et je voudrais me dédire de tout ce que j’ai dit. Cependant le plus grand des maux c’est l’incertitude, elle prolonge les douleurs physiques, et étend sur une vie entière les tourments d’une opération. Prenez dans les circonstances fortifies une dé­cision que ni la raison ni le courage ne peuvent donner par elles-mêmes. Une différence de saison peut rendre fa­tale pour votre santé la chose même que vous tenteriez pour votre guérison. Il faut une juste température pour l’opération, et en faut une juste pour prendre les eaux. Si vous vous faites opérer après le 15 juin, dites-vous, bien que tout s’exécutant hors de saison tout peut mal tourner. Si les circonstances, si vos propres combats inté­rieurs vous ont fait tarder jusqu’à cette époque, prenez ce retard même pour une décision de la providence, qui veut que vous preniez votre mal en patience, et qui ajourne d’une année entière toutes vos résolutions. Si la chose est faite, hélas! peut-être tout est exécuté à l’heure même où j’écris; regardez l’avenir avec courage: il peut encore tenir en réserve pour vous de glorieuses jouissan­ces. Vous n’avez pu choisir qu’entre des privations et des souffrances; aucun parti n’est sans douleur et sans déchirements; courage, chère amie: dans celui que vous aurez pris, n'oubliez jamais ceux qui sont attachés à l’autre. Ne portez point vos regrets sur ce que vous per­dez, puisqu’il était impossible de tout concilier; mais

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EPISTOLARIO 36 7

confiez-vous dans l’avenir, il est plus riche de consolations que nous ne pouvons jamais le croire au moment de la souffrance. Il n’y a point de séparation durable et réelle pour ceux qui s’aiment: l’affection et la résolution aidées de la patience triomphent toujours de toutes les distances. Je ne prévois point, je ne puis point débrouiller la suite de ma vie, mais je me confie dans ma volonté; je suis bien loin de vous, mais si je vis, je suis sûr de vous re­voir. Vous avez répandu de la consolation autour de vous au moment où vous en aviez tant besoin vous-même; vous avez été bonne et tendre pour M.lle Randall, et tous ceux qui vous entourent, tous ceux sur qui par votre coeur vous exercez de l’influence ont redoublé pour elle d’affec­tion. Pauvre fille, elle en avait un extrême besoin! S’abandon­nant à un seul sentiment, à une seule affection, le reste du monde devient un désert pour elle. Je suis tourmenté pour elle, et cependant je l’ai fort maltraitée dans ma der­nière lettre. Je voulais, s’il était possible, la faire renoncer pour jamais à un langage, peut-être à des projets qui me revoltent; mais je crains d’y avoir été trop rudement. J’ai voulu répondre à vous et à Albertine par le retour du courrier, qui laisse à peine ici une heure et demi. Il me semble par tout le contenu de la vôtre que je n’avais pas de temps à perdre; mais voilà que je n’ai pas le temps de finir ce billet, moins encore d ’en ajouter un pour elle. Je lui écrirai par l’autre. Ne mettez pas vos lettres à la poste à Coppet, mais à Genève, car on les envoie égale­ment à Genève, et elles retardent de quatre jours. Je ne sais plus ce que je dis parce qu’on m’attend, mais je dis les choses les plus tendres à tout ce qui vous entoure, et vous, chère amie, je vous aime plus qu’il n’est possible d’aimer.

[Nell’Archivio del Castello di Coppet].

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3 6 8 G. C. L. SISMONDÎ

147.

A ALBERTINA DE STAËL

[Pescia], 3 juin 1812.

Que votre lettre est jolie, chère Albertine! Comme elle me flatte, comme elle me touche! Je ne m’enorgueillis pas seulement de votre amitié, dont les témoignages sont ce­pendant si précieux: tous les développements de votre esprit, tous ceux de votre coeur dans ce qui n’a point rapport à moi me charment. Je vous ai vu croître, je vous ai vu former avec un si tendre intérêt, qu’ une illusion que je ne cherche point à détruire me fait toujours vous confondre avec ce qui est mon ouvrage; je m'enorgueillis des éloges que vous recevez, de ceux que vous méritez, et après les avoir écoutés avec reconnaissance j’ajoute pourtant en moi-même: — voilà ce que peuvent voir les profanes, mais moi qui la connais bien mieux, je sais com­bien elle est encore au-dessus de tout ce qu’ils peuvent dire! — Ma mère est une moitié de ma famille, mais Cop- pet est l’autre: ce sont des affections si intimes, si pro­fondes, liées par tant de souvenirs à toute ma vie, confir­mées par tant d’habitudes, de tous les instants, que rien ne leur est comparable, que rien ne pourrait les remplacer. Je vous remercie d’aimer les objets de mon affection, qui ne sont pas vous ou les vôtres, et d’avoir été troublée des affreuses inquiétudes, du tourment que j’ai éprouvé il y a à présent un mois. Dieu merci nos alarmes se sont dis­sipés: la maladie de ma mère a été courte mais violente, sa convalescence a été lente, enfin elle est dehors même de celle-là, elle est rentrée dans son état naturel et elle a recouvré à peu près ses forces; il est vrai que ces for­ces sont bien peu de chose, et cette maladie me fait sentir

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EPISTOLARIO 3 6 9

doublement combien ce devrait être ici ma place, et dans la souffrance et dans la santé. Au moment où mon âme s ’est un peu calmée sur les maux que j’avais éprouvés ici, mon agitation et mon trouble ont recommencé pour ce qui se passe à Coppet. L’éloignement où je suis, l’incer­titude du moment de mon retour, me laissent faire abstrac­tion presqu’absolument de moi dans les idées qui m’agi­tent sans cesse pour vous, mais en oubliant les intérêts de mon cœur, je n’en suis pas plus ferme et plus résolu. Je me suis fait la loi, d’après les vœux de Mme votre mère, de ne plus parler que dans le sens du courage et de la résolution, mais je vois bien que pour elle, que pour vous le sacrifice est plus grand qu’ il ne lui paraissait à distance ; je vois bien que la maladie lui a appris à connaître un des éléments du bonheur qu’on ignore dans la première jeunesse, et qui peut-être même alors paraît une souf­france: c’est le repos et l’empire des habitudes, et tout en cherchant à soutenir son courage j’en ai quelquefois des remords comme d’une mauvaise action. Je ne suis pas moins tourmenté par Mtle Randall, et depuis trois jours cette inquiétude est encore mêlée de reproches intérieurs. Elle m’a écrit avec un profond sentiment de malheur, et son sort en effet devait faire pitié, mais elle avait entre­mêlé sa lettre, comme vous savez qu’elle fait trop souvent, de menaces de suicide. C’est un langage qui me révolte toujours et qui étouffe à l’instant ma pitié, en sorte qu’au lieu de lui répondre une lettre de consolation, je suis parti d’un long sermon, je l’ai querellée, je l’ai maltraitée, peut-être assez durement, et en le faisant je croyais encore m’acquitter d’un devoir, puisque je savais qu’elle s’appuyait de mes opinions particulières sur ce sujet, en les mettant en opposition avec celles des autres, tandis que rien n’est plus éloigné de ma pensée que le système qu’elle me prêtait; mais tandis qu’elle faisait une parade effrayante de la liberté qu’elle croyait recouvrer par l’indifférence

24. — SISMONDI, E pisto lario . I.

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pour elle de tous les objets de son affection, je crains de l’avoir trop malmenée pour lui montrer combien peu elle était libre. Heureusement elle a obtenu un vif retour d’af­fection de celle qu’elle aime par dessus toutes choses, et lorsque son âme est remplie de ce sentiment, il ne dépend point des autres de lui faire ou du bien ou du mal. C’est cependant pour commencer à faire ma paix avec elle que je vous réponds par le retour même du courrier, ce qui ici laisse fort peu de temps. Je voudrais ajouter deux autres billets à celui-ci, et je doute fort de pouvoir le faire. Adieu, chère Albertine : vous savez bien que je ne dis pas, que je ne puis pas dire tout ce que j’ai dans l’âme, mais vous savez bien aussi qu’un de mes premiers sentiments c’est un ardent désir de vous revoir. Adieu encore.

[N ell’Archivio del Castello di Coppet].

148.

A GUGLIELMO PIATTIF i r e n z e .

Pescia, 22 giugno 1812.

Nel ricercar meglio fra [i] miei libri, ho trovato che mi restavano due copie dell’edizione di Gessner, corrispon­denti alle due copie dei 4 ultimi tomi di mie Republiche, ricevuti da Parigi, onde non potrò approfittarmi della gen­tilissima sua esibizione di farne un cambio. Gli passo in­tanto la nota dei poeti di cui bramerei fare acquisto sia dell’edizione di Masi, sia di quella del Parnaso Italiano di Zatta, sia dì qualche edizione antica:Trissino, Italia liberata e Sofonisba Pulci, Morgante Maggiore Chiabrera, Poesie Lippi, Malmantile Sannazaro, Arcadia

si trovano nella col­lezione di Masi.

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EPISTOLARIO 371

Teatro antico ) .„ . . > dellistessa edizioneSatirici (Poliziano, Giostra ài Giuliano, e Orfeo Innocenzio Frugoni, Poesie.

Bramo parimente un’edizione del Dante con note. E se gli capitano nelle mani qualche libri di poesie o spagnoleo portoghesi, la prego avvisarmene.

Intanto mi creda, ecc.

[N ell’Autografoteca Bastogi cit.].

149.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 23 juin 1812.

J’ai différé de vous écrire, madame, pour que ma lettre pût vous porter quelque nouvelle d’une voyageuse pour qui je ressens les plus vives angoisses, et à qui vous vous intéressez aussi. J’ai attendu courrier après courrier: en voilà déjà trois d’arrivés depuis que j’ai eu l’avantage de vous voir, et ils ne m’apportent absolument rien; il y a au moins dix personnes de qui j’attends des lettres de Ge­nève ou de la route, et aucune ne m’écrit, ou plutôt aucune de leurs lettres ne me parvient, car je crois fer­mement qu’elles ont été interceptées. Je ne saurais vous dire jusqu’à quel point cette impatience croissante, cette impossibilité de franchir une seule idée qui se présente toujours à la même place et qui ne reçoit aucune modi­fication, me tourmente. C’est le 22 mai que mon amie s’était mise en route, mais ses mesures étaient si bien pri ses que la nouvelle de son départ s’est répandue dans la ville seulement le 2 juin au soir. C’est par une lettre à

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ma sœur que je l’ai appris; une autre à ma mère, du 6 juin, arrivée aujourd’hui, n’en dit pas un mot. Tout au moins suis-je assuré que jusqu’à cette date il ne lui était rien arrivé de funeste que l’on pût savoir à Genève; et dix jours de route environ sont une bien grande avance: mais dans un intérêt aussi vif, la triste ressource que les conjectures Vagues et le calcul des chances possibles!

J’ai rapporté à ma mère la tête et le cœur pleins de ce que j’avais vu, de ce que j’avais entendu, de ce que j’avais senti à Florence: j’ai plus vécu, j’ai plus pensé pen­dant ces trois jours que je ne saurais faire en trois semai­nes à Pescia; vous me donniez, madame, cette vie nouvelle, ce mouvement qui, je vous assure, ne m’est point habituel. Quelquefois je me reproche d’avoir tant causé, il me sem­ble alors que vous devez m’accuser de bavardage, mais c’était vous qui me fournissiez ce que j’avais à dire, c’était vous qui m’animiez en me faisant éprouver, dans une com­munication entière, un plaisir dont j’étais privé depuis longtemps, et je ne veux pas croire, après tout, que vous me blâmiez d’une faute dont vous étiez la première cause. Au contraire, je voudrais être à même de recommencer; je désire et j’espère passer encore auprès de vous d’autres heures aussi doucement que celles où vous avez bien voulu me recevoir, et je tâche ici de me nourrir avec les restes de votre conversation que je repasse dans ma tête. Le mo­ment s’approche aussi où M. Fabre doit passer ici pour aller à Lucques, je me flatte qu’il ne me privera pas du plaisir de le voir, et je vous reverrai un peu en lui. Ne pourrai-je pas voir encore une autre personne de par vous? Je suppose que madame de Custine ne passera pas les chaleurs de l’été dans le midi de l’Italie, et que vous ne tarderez guère à la revoir à Florence: si elle y arrive en effet, dites-lui, je vous prie, de ma part, que ce serait con­naître imparfaitement l’Italie que n’avoir pas vu cette belle province, et que j’ai l’espérance d’être son guide dans nos

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montagnes; comme je connais son courage dans les mau­vais chemins et sa patience dans les mauvais gîtes, je ne craindrais point de lui proposer des courses qui rebute­raient les autres femmes, mais où j’ai toujours trouvé ma fatigue compensée par les plus vives jouissances. Nous sommes ici, je le crois, au centre des plus belles vues de la Toscane; si les auberges étaient plus tolérables, ce se­rait un digne objet de la curiosité des voyageurs.

Voilà les deux volumes de mademoiselle de Lespinasse. C’est une lecture singulière: quelquefois je me sens rebuté par la monotonie de la passion, souvent blessé du man­que de délicatesse d’une femme qui, au moment où M. de Mora meurt pour elle, partage son cœur entre lui et M. de Guibert, et qui fait ensuite toutes les avances à un homme qui ne l’aime pas; souvent ce reproche d’indéli­catesse s’étend sur toute la société, et M. de Guibert, qui garde copie des lettres qu'on lui redemande et qu’il vend, et sa veuve qui publie ensuite ces copies. Mais, malgré mille ¡défauts, c’est une lecture attachante, et une singulière étude du cœur humain. J’ai vu de près, j’ai suivi dans toutes ses crises une passion presque semblable, non moins emportée, non moins malheureuse; l’amante de la même manière s’obstinait à se tromper après avoir été mille fois détrompée; elle parlait sans cesse de mourir et ne mou­rait point; elle menaçait chaque jour de se tuer, et elle vit encore 1). Un rapprochement que je faisais à chaque page augmentait pour moi l’intérêt de cette correspondance, mais c’est en m’inspirant une grande aversion pour les pas­sions, lorsqu'elles arrivent à un certain degré d’impétuo­sité, et une grande pitié pour ceux qui se croient des hé-

4) In queste parole il Sainte-Beuve vede un accenno « hors dè doute > alla relazione fra la Staël e il Constant (Nouveaux Lundis, VI, pp. 52-4), e nulla, anche secondo noi, è più pro­babile. Cfr. anche SchéRER, Nouvelles études sur la littérature contemporaine, pp. 168-70.

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roS'd’amour, parce qu’ils exaltent sans cesse leurs senti­ments au lieu de chercher à les dominer. Le procaccia qui vous remettra ce petit paquet, et par qui je vous prie de vouloir bien le renvoyer, se nomme Michele Papini; son bu­reau d’adresse est in via de’ Palchetti presso alla Vigna, et il part de Florence, lui ou son frère, les mercredis et ven­dredis.

Dès que j’aurai des nouvelles un peu signifiantes, je me hâterai de vous les mander; il me semble qu’il y a déjà des siècles que je vis dans la même perplexité.

Daignez agréer l’hommage de mon profond respect, de ma reconnaissance et de mon inaltérable attachement.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 148].

150.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, 11 juillet 1812.

Je vous suppose à présent à Livourne, madame, et j’espère que ma lettre pourra vous y trouver, quoique vous ne me donniez pas d’adresse. Vous aviez la bonté de vous intéresser au voyage et aux inquiétudes de mon amie, et je ne voulais pas différer de vous communiquer les nouvelles que j’en ai reçues, les unes directement, d’autres par Genève. Les dernières étaient de Vienne, le 17 juin. Elle y était arrivée en bonne santé, elle y était fort ac­cueillie, et elle s’y reposait en attendant qu’elle pût conti­nuer son voyage. Il lui fallait pour cela des passeports de Pétersbourg, M. de Stackelberg, ambassadeur à Vienne, n’étant pas bastant pour en donner. Mais il avait envoyé un courrier exprès pour elle; il lui fallait trois semaines

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pour en avoir la réponse, et il se faisait garant du succès. Il paraît qu’elle les a demandés pour Stockholm; si elle les obtient, elle renoncera au long voyage dont je vous ai parlé ; sinon elle se rabattra sur Odessa. Les nouvelles de paix ou de guerre peuvent avoir une grande influence sur sa détermination; on m’écrivait en date du 30, de Genève, que la paix avec la Russie était signée ; on m’écrivait aussi sur elle que la police avait déclaré ne vouloir ni la pour­suivre ni la redemander, puisqu’elle laissait son fils aîné dans le pays comme un gage de sa bonne conduite. Ce fils est à Coppet ; il s’y tient enfermé et il évite d’entrer en France. Les choses semblent donc prendre une bonne tournure pour elle, mais il faut encore tout près de deux mois pour qu’elle soit en sûreté, et encore appellerait-elle sûreté la mer et une terre étrangère, où elle vivra séparée de tous ses amis, loin de toutes ses habitudes, hors de sa langue, et perdant ainsi les jouissances que son éloquence et son esprit de société lui donnaient chaque jour. Quand on réunit tous ces dangers et toutes ces privations, qu’on pense que c’est une femme qui s’y est exposée, une femme qui se laisse troubler par le danger, qui depuis longtemps était affaiblie par la maladie, et qui aurait pu éviter toutes ces douleurs par une soumission à laquelle tant d’hom­mes se sont pliés; quand on pense que sa détermination, loin d’être un bouillon subit de colère, est un projet ar­rêté et mûri depuis dix-huit mois, et qu’elle n’exécute que huit ou dix mois après les dernières vexations qu’elle a éprouvées, il me semble qu’on ne peut lui refuser l’admi­ration qu’on doit à l’héroïsme, et que toutes les âmes éle­vées l’accompagneront de leurs vœux.

Je n’avais point entendu parler du projet de Biographie italienne, et je suis étonné, en effet, qu’on veuille refaire des articles qui me paraissent en général bien faits dans la Biographie universelle. Ceux de Ginguené, qui a pris toute la littérature italienne, me paraissent très remarqua­

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bles par la vaste érudition, l’exactitude et le goût; ils me font rougir pour les miens, qui sont en général beaucoup moins finis; cependant même les miens (l’Histoire politique italienne) ne se feraient pas en Italie, parce que jamais on n’y a traité l’histoire dans notre siècle avec aucune indé­pendance d’esprit. Tandis que la plus grande partie des écrivains seront serviles, quelques autres seront exagérés dans le sens du républicanisme, et fatigants déclamateurs. En général, l’impartialité est ce qui manque le plus com­plètement aux Italiens. C’est à cause de cela qu’ils n’ont aucune espèce de critique. Je suis sûr que, s’ils font leur Biographie, tous leurs articles de littérature seront des pa­négyriques outrés, et que le but avoué de l’entreprise et de chacun des collaborateurs sera de prouver que, dans tous les genres, leurs écrivains ont été supérieurs à ceux de toutes les autres nations. Il n’y a rien de pire pour fausser l’esprit qu’une vanité souffrante; les efforts qu’on fait pour paraître détruisent toujours ce qu’on est. On le sent dans la littérature comme dans la vie sociale, dans la politique comme dans l’économie du ménage.

Je n’aurai garde d’aller à Florence pendant que vous n’y serez pas; au contraire, j’ai aussi à faire une course à Livourne, et je serais bien heureux de la combiner de ma­nière à vous y rencontrer encore; ayez donc la bonté de me dire vos projets, et si vous viendrez ensuite aux bains de Lucques comme l’année passée. C’est là que je ne man­querais pas d’aller vous voir; la course à Livourne dans le gros des chaleurs m’effraye un peu et j’avais compté l’ajourner jusqu’au mois de septembre. J’ai regretté bien vivement que M. Fabre n’ait pas pu s’arrêter ici; présen­tez-lui, je vous prie, mes compliments empressés, et dai­gnez recevoir vous-même, madame, l’assurance de mon respectueux et inaltérable dévouement.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 151].

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151.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescià, 5 septembre 1812.

J'ai eu il y a déjà longtemps une tout aimable lettre de vous de Livourne, madame ; elle m’apprenait quand vous seriez de retour à Florence, et depuis que vous êtes ren­trée chez vous, je ne vous ai point écrit. Il me semble que l’uniformité constante de la vie que je mène ici, que le manque d’intérêt de tout ce que j’y vois, de tout ce que j’y fais pour tout autre que pour moi, m’imposent la loi d’écrire rarement à mes amis pour ne pas les fatiguer de cette monotonie; les entretenir de mon sentiment pour eux, qui est inaltérable, ce serait eftcore retomber dans ce que j’ai dit mille fois. Je voulais pour vous écrire, madame, avoir quelque chose à vous annoncer de mon amie, mais les nouvelles m’en parviennent d’une manière si lente et si irrégulière, que je doute si elles peuvent intéresser les autres comme elles m’intéressent toujours; les dernières lettres qu’on ait eues d’elle sont des 16 et 18 juillet, de Radziwillow, a quelques lieues de Brodi, et après qu’elle avait déjà passé la frontière de la (JUlieie pour entrer en Russie. De là elle se dirigeait sur Moscoü, où elle doit être arrivée le 1er août, et le 10 août à Pétersbourg; les dan­gers pour elle étaient finis ; elle ne devait plus rencontrer sur sa route ni armée ni corps insurgés, et sa détermina­tion était bien précise de ne point s’arrêter en Russie, mais de se rendre immédiatement à Stockholm, où j’espère qu’elle est à présent. En même temps, elle paraissait résolue à passer au moins tout l’hiver prochain en Suède, à y faire entrer au service le fils qu’elle conduit avec elle, et à y profiter de tous les droits qu’elle a pour trouver non seu­

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lement un asile, mais une patrie dans la patrie de son mari et de ses enfants. Elle chargeait en même temps ses amis de déclarer d’une manière positive qu’elle n’irait point en Angleterre. Il faut voir cependant comment elle s’y trou­vera et quel effet un climat si rude fera sur sa santé et sur celle de sa fille. Toutes les lettres que je reçois des pays qu’elle a quittés me parlent de la tristesse profonde, de la mort de cette société qu’elle rendait si animée et si brillante. Je suis effrayé moi-même du changement que j’y trouverai à mon retour et, selon toute apparence, je m’éloi­gnerai bientôt de nouveau d’un lieu si plein de tristes souvenirs. Je serai de retour de Genève au commence­ment de décembre, et au commencement de janvier j’en par­tirai pour Paris, afin d’y passer trois mois. C’est alors que je m’occuperai sérieusement de publier l’ouvrage sur la lit­térature du midi de l’Europe auquel je travaille depuis quelques années *). J’espère que vous serez satisfaite de la partie qui vous intéresse plus directement. Sur quarante leçons, Alfieri seul en occupe deux, et mon admiration pour ce grand homme est exprimée avec toute la chaleur dont je suis capable. Je l’ai cependant entremêlée de criti­ques, mais telles que je les aurais présentées à lui-même si j’avais eu le bonheur de le connaître, et l’impression générale sera, je n’en doute pas, pour tous les lecteurs, celle de sentir combien votre ami s’est élevé au-dessus de son siècle et de sa nation; combien les succès, même de ceux qui ont parcouru après lui la carrière qu’il a ouverte lui sont dus, et combien ils ajoutent encore à sa gloire. Parmi les hommes formés à son exemple et qui ont conçu d’après lui la tragédie antique, il me semble que l’auteur de Polyxène, Niccolini, doit occuper un rang bien distin-

*) Prima di pubblicare quest’opera, il Sismondi aveva fatto su quest’argomento un corso all’Accademia di Ginevra, nell’in­verno 1811-12.

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| gué. J’ai lu avec un extrême plaisir cette tragédie; et je ne { m’attendais pas à voir rien de si beau depuis que nous . avons perdu le créateur du théâtre italien. Est-il parmi vos

amis? le voyez-vous souvent? Il me semble qu’il doit un | culte à tout ce qui reste de celui qui l’a fait ce qu’il est. f J’avais compté depuis quelque temps vous envoyer, ma- j„dame, quelque chose qui aurait valu beaucoup mieux qu’une È: lettre. C’est un de mes amis de Genève, et le plus aima­i t ble, le plus spirituel de beaucoup de tous les fig li délia

Pieve di Calvino; je me faisais une fête de vous le faire ■' connaître, et je me croyais assuré de vous faire un plaisir f, égal au sien. Mais, depuis dix jours, je l’attends à toute f heure et ne le vois point venir, et je commence à croire i qu’il a renoncé à la route de Pontremoli, Sarzane et Luc-i ques, par laquelle il m’avait annoncé de Parme sa venue; I/ peut-être est-il déjà arrivé à Florence, peut-être l’avez-vous | vu avant moi. Mais je m’aperçois que je ne l’ai point

nommé: c’est M. de Chateauvieux, dont le père, colonel d’un régiment de son nom, fut ensuite fait maréchal. Comme

| il est grand agriculteur, il est chargé de je ne sais quelle | inspection sur les races de moutons des départements au-

delà des Alpes. Il se fera, j’en suis assuré, présenter chez vous, et s’il y vient d’ailleurs que de Pescia, dites-lui^ }ë vous prie, madame, quelle pénible inquiétude mV causé cette longue attente, lorsque je me croyais sûr de sa venue à jour fixe.

Présentez, je vous prie, à M. Fabre mes compliments empressés, et croyez à un attachement, à un dévouement qui égalent mon profond respect.

[Blblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albatiy; Lettres iné­dites, p. 154].

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152.

A MADAME DE STAËL

Livourne, 12 septembre 1812.

Mes lettres peuvent-elles vous atteindre encore, chère amie? Mon Dieu, que j’en ai besoin! Que j’ai trouvé long l'espace de temps pendant lequel je ne pouvais plus vous écrire, et celui bien plus long encore, et qui ne finit point, où je suis privé de vos nouvelles! Auguste m’offre de faire passer ma lettre. Je l’espère, il vous aura dit auparavant combien je songe à vous, combien je languis après tout ce qui vient de vous, combien vos souvenirs font ma vie. Je vous crois à présent dans une de vos patries, dans celle de vos enfants, et je me réjouis de voir que vous vous êtes arrêtée à Velerix. Il me semble qu’on ne doit point y respirer cet air épais et pesant qui faisait tant de mal à vos poumons, il me semble que ceux qui vous possè­dent aujourd’ hui doivent s’enorgueillir de vous, et que ce sentiment et la manière dont ils l’expriment doivent sup­pléer à ce qui manque pour les affections du cœur, et étouffer les regrets. Je ne veux pas les étouffer tous, nous en méritons par notre amour, par notre douleur. Mais je les demande pour les personnes, non pour les résolutions. Ne tournez point vos regards en arrière sur le parti con­traire que vous auriez pu prendre. Vous vous êtes conduite comme il convenait à la noblesse et à la générosité de votre âme, votre résolution a été digne de tout ce qu’il y a de plus grand, digne de vous, et par la grandeur des dangers et par l’immensité des sacrifices; elle ne contri­buera pas moins à votre gloire que vos ouvrages, car le caractère aussi bien que le génie a pour héritage l’immor­talité. Affrontez donc à présent avec courage les inconvé­

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nients que présente un pays nouveau, des habitudes diffé­rentes, des liens brisés à renouveler ; tous ces inconvénients sont multipliés par les regrets, et disparaissent devant la résolution. Laissez-moi vous exciter au courage pendant que j ’en ai moi-même. Ici vous ne me manquez pas. Je n’étais point accoutumé à vous y voir, tous les objets ne m’ y disent point l’absence de ma vie. Quand je serai de retour à Genève peut-être ne trouverai-je plus de force pour supporter un si cruel isolement, mais vous, alors même, vous serez bien, je l’espère; de nouvelles habitudes seront prises, et les objets nouveaux ne vous frapperont plus douloureusement. Je n’ai garde de vous donner des conseils: je suis trop loin, je connais trop peu ce qui vous entoure, et mille circonstances et politiques et physiques, mille convenances de vous et d’Albertine doivent détermi­ner votre marche à venir. Mais du moins pour ce que nous voyons de loin, et sous notre point de vue, votre séjour dans votre patrie est noble et digne en même temps que sûr, il convient à ceux que vous avez laissés en arrière, il convient à vos enfants, il aura la tacite appro­bation de tous ceux qui jugeront de loin, par conséquent de îa postérité, à qui vous avez le privilège et la gêne d’être toujours comptable de tout. Voyez les choses cepen­dant en voyageuse. Ce qui pique la curiosité quand on passe effraye l’imagination quand on y attache le sentiment de la durée; et comme. Dieu merci, désormais vous êtes libre, satisfaites pour une fois l’envie de voir la majesté des hivers dans toute leur pompe: si le spectacle ne vaut pas la peine d’être vu deux fois, vous serez maître de ne pas assister à la seconde représentation.

Je suis arrivé hier au soir à Livourne, ou plutôt sur la colline de Montenero au bord de la mer, chez des amis genevois qui ont la bonté de m’y inviter pour quel­ques jours. J’ai sous ma fenêtre le spectacle de la vaste mer, de cette mer qui va jusqu’à vous, et qui serait un

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lien, un chemin ouvert dans d’autres temps. On voit la Corse, l'île d’Elbe, Pianosa, la Meloria, et souvent dans le canal qui nous en sépare passent des vaisseaux anglais. Cette patrie flottante d’une nation si étrangère à nous, s’étend jusqu’à portée de mes yeux, et cependant un abyme infranchissable nous sépare. Je puis voir leurs pavillons, entendre leurs signaux, mais il faudrait faire le tour de l'Europe entière avant d’arriver à communiquer. Je me trompe: un chemin plus court est assez souvent pratiqué par les gens de ce pays. Je suis arrivé hier à Livourne avec un marchand qui revenait de Tunis. Il s’y était rendu de Marseille en 55 heures, il en était revenu à Gênes en quatre jours, et dans cette ville, qui semble si près de notre Europe, les consuls anglais et français, allemand, espagnol, et les négociants de toutes les langues d’Europe vivent ensemble, trop heureux de faire cause commune contre le mépris et les avances des Musulmans. Je ne saurais dire comme je lui enviais son voyage, sa visite aux ruines de Carthage; et si j’étais libre, si je ne faisais pas besoin à ma mère, je n’hésiterais pas à profiter de ce que je suis au bord de la mer. Les vaisseaux ne peuvent s’y rendre qu’avec licence, mais alors il ne paraît pas qu’on éprouve de difficulté pour les passeports. Quand j’ambrasse des yeux cette Méditerranée, je pense sans cesse que vous avez voulu une fois chercher un asile dans quelqu’ une de ces îles; et alors il me semble que vous n’auriez pas été si loin de moi, et cependant toute communication aurait été plus difficile encore, et puis comme dignité, comme convenance, le parti que vous avez pris est bien préférable.

J’ai eu à Pescia il y a quatre jours la visite de Frédé­ric de Chateauvieux *) : il vous avait vue la veille même

’) Frédéric Lullin de Chateauvieux, agronomo ed economi­sta ginevrino, autore, fra l’altro, dell’opera Lettres écrites d ’ Ita­lie en 1812 et 1813 à M. Charles P ictet, Paris-Genève, 1816, era uno degli assidui di Coppet.

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de votre départ; il en savait toutes les circonstances, mille détails qu’on ne m’avait point écrits, et dont j’avais soif, me sont parvenus ainsi; pensez vous-même avec quelle avidité je l’ai questionné, avec quelle émotion je l’ai entendu ! 11 m’a fait vivre de nouveau avec vous, et vivre dans ces jours de terreur et d’angoisse. Dieu soit loué: Il vous en a tiré par delà toutes nos espérances: jamais je n’avais osé me flatter que tout vous réussît si bien. Votre cou­rage, votre prudence dans ces derniers moments relèvent encore mon admiration pour vous. Chère amie, quand pourrai-je l’exprimer à vos pieds? Quand me donnerez- vous encore cette chère main à baiser? Ah! que tout est douloureusement changé pour moi, et que mes espérances sont vagues et confuses!

J’ai eu coup sur coup deux lettres de Mme de Schardt: l’une, il est vrai, extrêmement retardée; elle me croyait toujours à Genève et la D[nchesse] de W[eimar?] la chargeait de vous faire parvenir l’expression de l’intérêt le plus vif, de l’anxiété la plus tendre dans la résolution que vous avez prise; elle, voulait effacer à tout prix l’impres­sion défavorable qu’elle croyait que vous aviez conservé de son refus d’écrire en R. Elle répétait, elle voulait que je vous répétasse combien la chose était impossible dans sa situation. Elle voulait savoir si vous aviez reçu la lettre qu’elle vous a écrite (la D[uchesse] de W[eimar]) au mois de mai, si on l’a envoyée après vous: enfin elfe témoi­gnait un intérêt, une inquiétude sur votre opinion qui m’a touché, partant d’une classe de gens en qui la sensibilité est toujours à demi miraculeuse. Je n’écrirai point aujourd’hui à Albertine: j’espère qu’avec le temps elle aura reçu tou­tes mes lettres, que celles que je vous écrivis à Vienne vous seront aussi parvenues à Moscou. Mais j’ai su com­bien elle avait été toute pleine de soins, d’attentions, de délicatesse pendant tout votre voyage, combien elle avait su répandre de bonheur sur ces jours d’angoisse, de fa­

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tigue et de crainte. Ne l’ai—je pas dit toujours? C’est l'ange consolateur! Oh! puisse-t-elle n’être unie qu’à un homme digne d’elle! Et cet homme existe-t-il au monde? Ma mère qui, quand je l’ai quittée, savait que je voulais vous écrire, m’a chargé de vous exprimer tous ces senti­ments dont vous devez être si sûre chez ceux qui vous ont vue et qui sont dignes de vous apprécier. Elle est assez bien à présent, mais dans deux mois il faudra la quitter, et combien cette seconde séparation sera doulou­reuse! Quel désert après l’avoir quittée sans vous retrou­ver! Adieu, adieu.

[ N e l l ’Archivio del Castello di Coppet],

153.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, septembre 1812.

Il est impossible, madame, d’écrire une lettre plus aima­ble, plus obligeante, et qui m’inspire une plus vive recon­naissance. Une introduction auprès de madame de Souza 4) me sera infiniment précieuse, mais elle le sera surtout ve­nant de vous. Quelle recommandation pourrais-je porter qui fût plus flatteuse pour moi, qui me promit un meilleur accueil? J’ai vu quelquefois, en effet, chez madame de Staël,

‘) Madame de Souza, romanziera nota specialmente per il libro Adèle de Sénange; vedova del conte de Flahaut (dal quale aveva avuto un figlio divenuto poi aiutante di campo di Napo­leone), aveva sposato in seconde nozze il diplomatico portoghese José de Souza-Botelho, che curò una monumentale edizione dei Lusiadi, della quale si servì anche il Sismondi per la sua Lit­térature du M idi.

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son ami, M. Gallois L), qui est un homme d’un esprit bien fin et bien agréable; je désirais la connaître elle-même, mais, sans vous, je ne sais trop par quel chemin j ’y serais arrivé. En effet, je ne crois point que la grande Babylone me convienne pour longtemps; vous en dites seulement les motifs qui me sont avantageux; j'en trouverai proba­blement plusieurs autres qui seront moins flatteurs pour mon amour-propre; cependant il était, je crois, convenable de connaître une fois un si grand objet de curiosité. J’y trouverai beaucoup de choses à apprendre et beaucoup de moyens d’étude. Comme j’ai beaucoup vécu dans la solitude, peut-être un peu plus de frottement extérieur m’est-il nécessaire. Je compte y chercher une nourriture pour l’esprit; Dieu merci, je n’ai plus besoin d’en trouver une pour le cœur, il est suffisamment rempli de sentiments doux et réciproques; et, après quelques mois passés dans

, ce tourbillon, je me trouverai tout heureux de retourner auprès de mes amis, de m’éloigner de gens qui ne savent ni aimer ni se souvenir, qui se précipitent après leurs plaisirs ou leurs affaires, et en qui l’activité de la vie a détruit son but.

Je comprends que vous devez être charmée des lettres de Müller: quel homme! et que le contrastequ’on trouve en lui fait faire un triste retour sur la nature humaine! 11 est impossible de sentir un enthousiasme plus pur, plus vrai pour la vertu, pour la grandeur d’âme, pour la liberté, pour la beauté, pour le génie: cette ardeur de travail qui l’entraîne n’était point une ambition personnelle, c’était en lui le culte de toutes les plus nobles facultés de l’esprit humain, l’amour de ce qu’ il y a eu de plus grand dans

') Membro del Tribunato, che poi tradusse in francese la Scienza della legislazione del Filangeri (Les Oeuvres de Q. Fi- langçri, traduites par Gallois, accompagnées d’ un commentaire de B. Constant, Paris, 1822-4).

25. — SIS A! ONDI, Ep isto lario , i.

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les temps passés, le besoin de le reproduire, et, à côté de cette flamme si brillante, ce même homme s’est abandonné sans rougir à une vie crapuleuse; il a tellement affaibli son âme par l’habitude du vice, qu’au lieu d’imiter les héros dont il sentait si bieïTïiTcaractère, il a manqué gros­sièrement aux devoirs que la reconnaissance et la loyauté lui dictaient envers le roi de Prusse; il a paru quelques moments enrichi des dépouilles de son bienfaiteur, mais, accablé de cette nouvelle chaîne, il est mort bien plus de douleur et de regrets que par l’effet de l’âge et de l’infir­mité. Son enthousiasme pour Bonstetten ressemble, au re­ste, à ses autres enthousiasmes. J’ai vu des lettres manu­scrites de lui fort postérieures à cette époque, dans lesquel­les on le voyait formant de nouvelles connaissances et se persuadant à chaque fois qu’ il avait trouvé un être parfait, un être supérieur à l’humanité. Bientôt ensuite il était dé­trompé: il l’a été sans doute aussi sur Bonstetten, et ce pendant leur amitié a duré autant que la vie.

B[onstetten] avait été doué d’éminentes facultés, mais non pas du don de les mettre en œuvre. Son imagination était singulièrement brillante, son style en allemand harmo­nieux et pittoresque; dans sa jeunesse, il travaillait avec ardeur, il frappait à toutes les portes, et saisissait avec une extrême facilité. Son esprit, qui pénétrait quelquefois par des rayons de lumière dans les profondeurs des scien­ces, semblait promettre qu’il les posséderait une fois. Cette vivacité pétulante semblait alors un feu que l’âge calmerait en le concentrant.

Tout cela a été perdu; sa conversation, §es écrits, sa correspondance, tout est sautillant, même sa conduite. Sa réputation se dissipe devant lui, et ne peut pas s'en créer une nouvelle; au lieu d’avancer comme on devait s’y atten dre, il s’épuise en efforts inutiles, pour se retrouver ce qu’il a été. Je l’aime tendrement, car il a précisément la bonté et la vérité de caractère qui attachent le plus, mais

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EPISTOLARIO 3S7

je suis navré de ce qu’il reste si au-dessous de ce qu’on pouvait attendre de lui, et je suis de plus impatienté plus qu’on ne peut dire de l’inconséquence opiniâtre avec la­quelle il compromet ses amis les plus chers. Aucun ennemi n’est si redoutable qu’ il l’est lui-même à ceux qu’ il aime. Pour revenir à Müller, je doute que vous puissiez dévorer son Histoire de Suisse. Pour un homme d’un si beau ta ­lent, il a commis une grande erreur: c’est de confondre le travail d’un antiquaire avec celui d’un historien. Après avoir fouillé toutes les archives, il ne nous a épargné rien de ce qu’il en avait tiré; il a voulu tout rapporter, tout éclaircir, et il s’est rendu quelquefois mortellement ennuyeux.

Dans quelques morceaux de considérations générales, dans les préfaces surtout de ses cinq volumes, il s’est élevé à la plus sublime éloquence ; quelques descriptions de ba­taille sont encore remarquables par cet art de mettre sous les yeux, ce Darstellung, mais c’est en allemand qu’il faut le lire. Un ouvrage infiniment plus agréable à lire, plus plein de pensées, de considérations générales et d’applica­tions, c’est son cours d’histoire universelle en trois volumes. / Il a paru en allemand il y a deux ans, et on le traduit aujourd’hui à Genève. Je ne puis malheureusement rien vous offrir de lui, j’ai tout laissé à Genève. Hélas! c’est déjà dans deux mois que je me mettrai en route pour y retourner. Je n’aurai plus, d’ici là, le courage de quitter ma mère, mais, afin d’avoir l’avantage de vous revoir, je passerai par Florence à mon départ. C’est la seule occasion où je ne puisse point dire, madame, que je me réjouis de vous voir. Ce seront de tristes jours et une séparation douloureuse qui précéderont le plaisir bien court que j’aurai à Florence. Alors même cependant, comme toujours, je me sentirai heureux de vous revoir et de vous assurer encore d’un attachement inaltérable et qui égale mon pro­fond respect.

Werner est donc toujours à Florence, je croyais qu’il

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ne faisait qu’y passer; c’est un homme d’un fort grand talent et aussi un très bon homme; c’est dommage qu’il soit absolument fou. S’il a appris quelqu’autre langue que la sienne, il doit vous amuser par son originalité. L’amer­tume outrageante avec laquelle Chateaubriand est traité dans le J[oarnal\ de l’Emp[ire] est d’autant plus dure à supporter, qu’en le plaignant on ne peut s’empêcher aussi de le blâmer. L’attaque contre un mort qu’il était appelé à louer n’était pas en effet généreuse; il est moins géné­reux encore d’attaquer aujourd’hui un homme qui vit di­sgracié. — Présentez, je vous prie, mes hommages empres­sés à M. Fabre et conservez-moi votre bienveillance.

(Blblioteca di Montpellier, Fonda F abre-A lbany; Lettres iné­dites, p. 154].

1 5 4 .

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

P e s c i a , 14 o c t o b r e 1 8 1 2 ' .

Vous me comblez de vos bontés, madame: la lettre que vous me promettez pour M. de La Borde me sera infini­ment précieuse: j’ai tiré parti de son voyage dans la partie de mon cours qui traite de la littérature espagnole '-), et sans être toujours de son avis, j’y ai trouvé du moins un grand fonds d’instruction. Mais surtout je serai heureux de retrouver à Paris des gens qui me parlent de vous, qui

*)Sotto la data c’è questa nota del Sismondi: « Notre courrier passe en effet toujours par Pontedera, non par la route qui sem­blerait naturelle de Pistoia et de Prato ».

L>) Itinéraire descrip tif de l’Espagne, par M. le comte A. de la Borde, Paris, 1809.

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EPISTOLARIO 3 8 9

vous aiment; je crois, comme vous le dites, que c’est un pays où l’on est vite oublié, mais ce danger ne peut s’éten­dre à vous, et c’est un plaisir de plus de trouver quelques sentiments solides au milieu de tant d’impressions fugitives. Vous n’êtes point seule à comparer tristement le Paris d’aujourd’hui à celui des temps passés; ceux mêmes qui tiennent le plus à la vie qu’ils y mènent, qui peuvent le moins s’en passer, m’ont souvent assuré qu’ils ne s’y re­connaissaient plus; une réunion aussi brillante que celle que vous formiez chez vous donnerait aujourd’hui de l’inquié­tude au gouvernement.] On assure qu’il prend de la dé­fiance de tout salon où la conversation est animée et spi­rituelle, et sait que l’esprit n’est jamais développé que par la liberté, et il ne veut pas nous gâter en nous accoutu­mant même à celle-là. Mais ce Paris, qui a tant perdu de son brillant, de son amabilité, n’a rien perdu de sa méchan­ceté. Je vois qu’on vous a écrit les bruits odieux qu’on s’est plu à faire circuler sur mon amie, bruits au reste qui sont partis de l’autorité, et que la malignité publique n’a fait que répéter: le même P[réfetJ qui était si mal servi par ses espions qu’il n’a su que neuf jours après l’évasion de M.me de Staël, a prétendu être informé par eux d’évé­nements scandaleux qu’elle aurait réussi à dérober à tous ses amis, à ses domestiques, à ceux au milieu desquels elle vivait; il en a fait, ou quelque officieux subalterne en a fait pour lui, un petit roman circonstancié qu’ il a envoyé à Paris et que l’Empfereur] a répété. La maladie dont M.rae de Staël était atteinte depuis près d’une année et qui causait à ses amis les plus vives inquiétudes, ne se prêtait que trop par ses apparences extérieures à cette odieuse explication. Malheureusement mon amie, dont l’indépen­dance passe toute imagination, s’y exposait davantage en­core, tantôt en blessant dans son amour propre de la ma­nière la plus piquante un homme qui pouvait lui faire tant de mal, tantôt en affichant une liaison qui n’était plus

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guère de son âge ‘), enfin en permettant que le jeune homme qui s’est épris pour elle de cette belle passion, l’accompagnât dans un voyage si hasardeux. Elle s’est lais­sée entraîner à cette dernière imprudence par des' motifs du moins plausibles : quand elle partit, elle ignorait si elle obtiendrait des passe-ports de Russie; elle savait qu’elle ne pourrait ni revenir en arrière, ni rester en Autriche. Sa seule issue pouvait donc être la Turquie, et comment se hasarder à faire un voyage avec sa fille dans un si terrible pays, à se mettre sous la garde de janissaires inconnus sans avoir avec elle des amis dévoués, accoutumés au dan­ger et à la décision, et qui servissent à ces deux femmes d ’escorte contre leur escorte? M. Schlegel n’est rien moins que cet homme-là. Son fils cadet, qui l’accompagnait, loin de la rassurer, augmentait son danger par sa mauvaise tête. Peu de gens, même parmi les subalternes, consentent à se hasarder à un voyage semblable, qui devait pour jamais les ôter à leur famille, et, de plus, elle ne pouvait choisir que parmi ceux qui savaient déjà son sort, qu’il était si important de ne pas compromettre. Elle accepta les offres de Rfocca], ou plutôt lorsqu’il partit 24 heures après elle pour l’aller joindre, malgré une résolution contraire, elle ne le renvoya point. J’espère que dans le nouveau pays où elle arrivera ces bruits injurieux ne seront pris que pour ce qu’ils valent. Elle est devenue tout autrement responsa­ble de sa conduite depuis qu’elle a une fille d’un âge et d’une figure à inspirer des passions, et de qui elle doit

■) La Staël nel 1810 aveva incontrato John Rocca, col quale aveva stretto una relazione intima: da questa il 7 aprile 1812 era nato un figlio, che venne affidato a una famiglia che lo allevò. La nascita fu tenuta segreta, e poi la Staël partì per il lungo viaggio. Ben presto però si cominciò a parlare della cosa, e il Sismondi allude appunto a queste voci, alle quali egli per lungo tempo non prestò fede. La Staël e il Rocca si sposarono poi segretamente nel 1812.

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écarter même les mauvaises pensées; elle le sait, elle le sent, et je n’ai pas de doute que ce dernier trait de l’ani- mosité de ses ennemis n’ait fait dans son cœur une pro­fonde blessure. — Sans doute Werner lui devait à plusieurs titres de la reconnaissance, je suis bien aise qu’il la sente, qu’il l’exprime, encore qu’il lui ait fort manqué en ne lui écrivant pas une fois. Je comprends que vous ne vous sou­ciez pas de le voir trop souvent, l’extravagance des gens d’esprit n’est pas à la longue moins fatigante que celle des sots; il n’y a rien de durable pour la curiosité, pour la conversation, pour le sentiment, sans un mélange de raison. Mais s’il vous retombe une fois sur les bras, faites parler ce grand convertisseur de son système par­ticulier de théologie et de son culte d’amour. Dieu, dit-il, est le grand hermaphrodite des mondes. La religion, c’est de l’aimer; mais si l’on ne peut s’élever si haut, c’est du moins d’aimer quelqu’un ou quelqu’une, car, et je me souviens de vous l’avoir déjà conté, ce qu’on aime dans sa maîtresse, c’est Dieu, et tout ce que l’amour nous fait faire auprès de notre maîtresse, tout se fait pour la gloire de Dieù et la plus grande édification de nos âmes. C’est là le système qu’ il s’est efforcé de faire entrer, tantôt clai­rement, tantôt sous des expressions mystiques, dans ses tragédies; son confesseur est bien indulgent s’il lui passe tout cela comme article de foi. Pour moi, je ne l’aime ni ne i’estime; j’aime mieux ne pas le revoir; mais de tous les tragiques allemands, il n’y en a aucun dans lequel j’ai trouvé des scènes plus sublimes, un plus hpit talent poé­tique. Quel dommage que l’extravagance la plus enracinée corrompe tout cela!

J’ai vu, il y a bien huit ou dix ans, M. Foscolo 4) : il

') Si dovevano esser conosciuti verso il 1802. Per quanto il Sismondi ammirasse molto il carattere del Foscolo, non ne com­prese mai la vera grandezza; non lo ricorda nelle due prime

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était alors très jeune; il avait une superbe figure mélanco. Iique et passionnée, tout à fait semblable à celle qu’on aurait supposée à son héros Jacopo Ortis; il avait en même temps une vivacité, une abondance, une impétuosité dans la conversation qui le rendaient très agréable à rencontrer. 11 ne lui manquait ni l’imagination inflammable d'un poète, ni un certain mélange d’extravagance. M.me Albrizzi en a fait un portrait qui donnait lieu d’attendre de lui les plus gran­des choses: mais qu’est-il donc devenu pendant dix an­nées? 11 ne me semble pas qu’il ait ni écrit ni agi d’une manière qui ait été remarqué, qui répondit le moins du monde à l’attente qu’il avait excitée. Ses lettres, il est vrai, n’étaient qu’une copie de Werther, mais on y trouvait des sentiments à lui, un vrai patriotisme italien. Est-ce l’ambi­tion, est-ce les plaisirs qui l’ont détourné du sentier de la gloire, où il semblait devoir entrer? Je n’ose espérer que ce ne soit ni l’un ni l’autre, et que ses sentiments soient demeurés au milieu des ruines de l’univers aussi purs qu’ ils l’étaient alors. J’ai eu ici la visite d’un autre homme d’esprit que j’avais connu vers le même temps, et qui m’a beau­coup parlé de vous : c’est M. Cicognara, qui a eu la bonté de me lire le discours préliminaire de l’ouvrage auquel il travaille sur l’histoire de la sculpture. Sa conversation, ses sentiments me paraissaient comme autrefois; mais dans ce qu’ il écrit, on reconnaît aisément l’époque où nous vivons.— M. de Chateauvieux n’a passé ici que 24 heures, mais je l’attends incessamment de retour de Rome; je lui ai donné une lettre pour vous qu’ il m’a demandée, et que je suppose qu’ il ne manquera point de vous rendre. Il est digne de toute manière de vous être présenté, et j’espère qu’il vous plaira. Adieu, madame, recevez encore une fois

edizioni della Littérature ; ,solo nella terza (1829), lo definì « homme d’un grand talent », (1, 246).

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EPISTOLARIO 393

mes vifs remerciements et l’assurance d’un attachement non moins vif qu’il est respectueux.

[Blblioteca dl M ontpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 162].

155.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, 4 novembre 1812.

J’avais espéré, madame, en tardant quelques jours à vous répondre, pouvoir vous donner des nouvelles des aimables voyageurs que vous m’annonciez, et que j’aurais eu grand plaisir à revoir, mais je suppose qu’ils auront pris un autre chemin; j’ai peine à croire qu’ils eussent mis plus de quinze jours à faire leur tournée de Toscane. Je comprends aisément comment l’amabilité de madame de Custine aura réveillé en vous quelques regrets pour une société qui peut vous entendre, qui peut vous répondre, une société pour laquelle vous êtes si bien faite et dont vous êtes si séparée. C’est en vous un beau courage, et un courage qui m’étonne toujours, que de renoncer au mou­vement, au langage qui vous est propre, à un instrument qui est à vous, et dont vous savez tirer de si doux sons, mais pour lequel les Florentins n’ont point d’oreilles; et tout cela, non pour un bien présent, mais pour le culte des souvenirs. J’admire cette force que vous avez en vous- même et qui vous fait «rous contenter si pleinement de la lecture au lieu de société. Sans doute, comme vous dites, les livres ont toujours plus d’esprit que les hommes qu’on rencontre, et l’on s’enrichit plus de pensées par eux; mais il y a dans la pensée même, il y a dans la nature et le cours de la vie quelque chose de triste, une mélancolie

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intérieure qui venait d’elle-même et qu’on ne chasse guère que par l’action et la dissipation. Ce n’est guère de la pensée qu’on demande aux hommes vivants, c’est une com­munauté d’impressions et de sentiments, c’est une ligue pour résister en commun aux maux présents et à venir, et il faut une noble et rare force d’âme pour se suffire à soi-même. Je ne suis que trop ramené à ces pensées en voyant ap­procher une séparation d’avec ma mère, en pensant à la solitude profonde où je la laisse, à sa disposition mélan­colique, aux inquiétudes dont elle se laisse dévorer, et, en vous admirant, je vous porte envie pour elle. Ce n’était point comme elle et moins encore comme vous, madame, qu’était faite cette dame du Deffand dont je lis à présent pour la première fois les lettres avec ma mère. Quelle dé­vorante activité l’ennui avait en elle ! Quel besoin des autres, et quel mépris pour eux cependant! Quel manque absolu d’intérêt pour la lecture, toutes les fois que cette lecture ne se rapportait pas à la société ! En lisant ces lettres, per­mettez-moi de vous le dire, nous pensions souvent à vous; le parfait naturel de son style, la vivacité de toutes ses impressions, l’originalité de son esprit nous faisaient com­parer; mais ce qui lui manquait surtout, c’était le caractère. Elle pouvait s’intéresser à tel ou tel homme, telle ou telle société, jamais aux sentiments généreux, au bien des hom­mes, au progrès des lumières, à aucune idée générale; et c’est pourquoi toute lecture, qui ne pouvait pas servir en­suite à causer, était sans attrait pour elle.

J’aime votre vivacité sur Schlegel; c’est, en effet, un pédant présomptueux, et sa manière de porter ses juge­ments est presque toujours d’une extrême insolence *). Au reste, je suis pleinement assuré qu’il n’a pas eu la plus lointaine pensée de faire allusion à vous ou à votre cour.

*) Si riferisce alla critica che Schlegel nel suo Corso aveva fatto del teatro dell’Alfieri.

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EPISTOLARIO 3 9 5

Je crois même que la remarque qui vous a frappée était faite à l’avantage du comte Alfieri. Son aversion pour une vaine étiquette, pour tout ce qui pouvait paraître servile dans les hommes rapprochés des grands, était assez con­nue par ses premiers écrits; elle l’a été davantage encore par les mémoires de sa vie, et quand sa manière de con­cevoir l’art du théâtre ne lui aurait pas inspiré de l'aver­sion pour les confidents, on peut croire que la fierté seule de son caractère lui aurait fait écarter de ses pièces ces lâches complaisants qu’on voit figurer dans les tragédies françaises, sans avoir jamais ni caractère, ni sentiments, ni physionomie en propre. Mais Schlegel a une manière si âpre et si dédaigneuse en même temps de parler et d’écrire, que bien souvent il blesse alors même qu’il voudrait louer.

Je n’ai plus que peu de temps à passer avant d’avoir l’avantage de vous voir: ce sera probablement le 19 ou le 20 de ce mois. Hélas! je ne saurais dire que je m’en fasse une fête; je ne puis quitter ma mère qu’avec déchi­rement; en vous voyant, madame, je vous quitterai aussi. Car à Pescia même, sans vous voir, je jouissais de votre voisinage; mais à présent je m’éloignerai de la Toscane probablement pour dix-huit mois; je dois même désirer que ce soit pour aussi longtemps, car je n’y pourrais être rappelé plus tôt que par une maladie de ma mère. J’irai auprès de vous prendre des leçons de courage et de force d’âme. J’irai vous dire combien je vous suis dévoué, per­mettez-moi plutôt de dire combien je vous aime, et vous demander avec instance de me conserver votre souvenir et votre bienveillance. #

[Bibltoteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albctny ; Lettres iné­dites, p. 166],

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156.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Genève, 15 décembre 1812.

Presqu’en arrivant, madame, je reçois une lettre infini­ment aimable de vous : laissez-moi m’empresser de vous en témoigner ma reconnaissance. La bonté que vous avez eue, de réparer immédiatement le quiproquo des lettres, m’évite une situation très embarrassante où j’allais me trou­ver. J’avais bien remarqué que l’une était sans adresse, mais j'avais supposé que quelque raison de prudence vous avait engagé à ne point mettre de nom dessus. Vous m’aviez dit qu’il y en avait une pour madame de Souza, et je n’aurais pas hésité un instant à lui porter celle-là. Je ris de la sotte figure que j’aurais faite lorsqu’elle n’aufait trouvé dedans ni votre écriture, ni rien qui lui allât à elle, mais je n’en ris que parce que j’oublie que ç’aurait été moi. Au reste, j’ai mis sur la lettre en blanc l’adresse que vous me donnez, et elle est partie; dans un mois environ j’espère présenter les deux autres. Ai-je assez su vous dire combien je suis reconnaissant, combien je suis flatté d’en être por­teur? Je suis arrivé avant-hier au soir, excédé de fatigue de la longueur extrême de mon voyage En général j’aime assez les voituriers, et, en été du moins, je m’arrange toujours avec eux pour qu’ils ne me fassent pas perdre beaucoup de temps; mais, dans cette saison, avec des jours si courts, des chemins si rompus et si boueux, tant de voleurs sur la route entre Plaisance et Turin, j’étais toujours obligé de partir tard et d’arriver de bonne heure, et je ne pouvais pas me consoler de tant de temps que j’avais ôté à ma mère pour ne le donner ni au travail ni à l’amitié. Ce n’est pas que, dans ces changements continuels de com­

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EPISTOLARIO 3 9 7

pagnie, je n’en aie rencontré quelquefois de piquante ou d’intéressante. Dans la route .de Bologne à Modène je me suis trouvé au milieu d’un dénouement de roman. Une jeune demoiselle, d’une charmante figure et d’un esprit agréable et assez orné, qui revenait avec sa mère dans sa patrie, apprit tout à coup, dans la voiture, que l’homme qu’elle aimait, qu’elle croyait épouser, était marié, et ne lui avait fait la cour la plus assidue que pour la tromper et la séduire. Vous n’avez jamais éprouvé l’espèce de liaison qui se forme en voiture, lorsque, passant douze heures vis-à-vis l’un de l’autre, on est obligé de tout mettre en commun: cette liaison se forme plus facilement encore lorsque l’attrait d’une figure ravissante a fait faire les premières avances. Je me sens encore ému de la douleur, du trouble, de l’indignation de cette jolie personne que je n’avais jamais vue, que je ne reverrai jamais, lorsque le quatrième voya­geur que nous avions dans la voiture raconta, sans songer à mal, sans en prévoir les conséquences, le mariage de cet amant, dont il avait fait pour elle un mystère. Mais, de telles aubaines ne se présentent pas souvent dans un long voyage, et la Lombardie est un pays bien monotone, bien triste à parcourir, lorsqu’on porte encore tant de tristesse dans le cœur, et qu’on aurait besoin de distractions puis­santes au lieu de ronger son propre frein. — J’ai appris à Turin et ici le voyage qu’on vous annonce de M. de Mont­morency et du prince de Léon. Mais il paraît qu’au lieu de M. Mathieu que vous attendiez, c’est le fils du baron de Montmorency. Je crois aussi que c’est M. de Rohan Cha­bot, le fils, dont la santé est délabrée, et qui a besoin de l’air du Midi. Seraient-ifs aussi dévots comme MM. Mathieu et Eugène? et s’ils le sont, seront-ils contents en Italie? En vérité, je ne le crois pas; quelque illusion qu’on cher­che à se faire, la religion catholique est tout autre en Italie que les Français ne se la figurent, et plus ils sont zélés, plus, ce me semble, ils devraient être scandalisés. D’ailleurs,

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c’est une chose divertissante, et à laquelle je ne saurais m’accoutumer, que ce zèle convertisseur des gens du beau monde et ce mélange des formes élégantes, des pensées superficielles avec ces décisions dogmatiques et ce ton d’in­spirés qu’ils prennent sur des sujets pour lesquels de bien autres lumières que les leurs sont insuffisantes.

J’ai trouvé ici des lettres de Stockholm et de la mère et de la fille 1), pleines de tendresse et d’expressions de regret pour leurs amis, mais en même temps du sentiment qu’elles sont désormais à leur place, qu’elles sont rentrées dans leur dignité, dans leur liberté, que l’accueil flatteur qu’on leur fait, que l’intérêt vif qu’on leur témoigne doit remplacer pour elles ce qu’elles'ont perdu. Ici j’ai trouvé le fils 2) abattu et découragé, sa situation est entièrement changée. Il a passé de ce mouvement continuel, de ce fe­stin somptueux de l’esprit à la plus triste solitude. Que le monde est triste! qu’il y a de douleurs pour tout le monde! qu’il y en a dans les choses qu’on peut dire! qu’il y en a dans celles sur lesquelles il faut se taire! J’en ai une qui décolore tous les objets dans le malheur d’être séparé de ma mère, centre de toutes mes affections. Sa maladie de l’été passé, son âge troublent mon imagination. Tout l’accueil qu’on me fait, tous les amis que je retrouve ici ne peuvent me dédommager de ce que je laisse en Toscane; je ne serai tranquille que quand j’y serai retourné. Que je serai heureux, dans le même pays où un lien si fort me ramènera toujours, de retrouver aussi une illustre amie, qui remplace à elle seule, quand je la vois à Florence, toute la société qui, en un jour, m’en donne la jouissance pour plusieurs mois! Si vous la connaissez, dites-lui que mon attachement égale mon respect et ma reconnais­

() M.me de Staël e la figlia Albertina.3) Il figlio maggiore della Staël, Augusto, durante il viaggio

della madre attraverso l’Europa era rimasto a Coppet.

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sance, dites-lui que je sens tous les jours davantage toute sa supériorité, et que ses lettres sont un des plus grands plaisirs que je puisse attendre. Dites aussi aux deux mes­sieurs Fabre combien je suis sensible à leur souvenir.

[Biblioteca di M ontpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 169].

157.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Paris, 26 janvier 1813.

J’espère, madame, que vous avez déjà reçu, depuis quel­que temps, ma lettre du 16 décembre. Sans doute, depuis, M. l’abbé de Caluso vous aura aussi annoncé l’envoi des deux volumes de Dichtung und Wahrheit et des six volu­mes du Cours de Littérature de Bouterweck. Je me trouverais heureux si des commissions de vous me donnaient souvent occasion de me rappeler à votre souvenir; ordonnez donc, pendant que je suis à Paris, ordonnez partout, toute com­mission de votre part me semblera une preuve nouvelle de votre amitié. Les deux recommandations que vous m’avez données en sont une bien précieuse. Je ne saurais assez dire combien elles m’ont été utiles, surtout celle à madame de Souza, car la belle, l’aimable, la sensible madame de la Borde, asservie par des devoirs de cour, n’est presque jamais chez elle; je n’ai» réussi à la voir qu’une fois, mais cette fois seule me donnait une extrême envie de la revoir encore. Madame de Souza a bien complètement ce que je devais m’attendre à trouver dans votre amie : une simplicité parfaite unie à la finesse de l’esprit et à la justesse du goût. Cette simplicité, qui appartient si exclusivement au

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vrai mérite, qui donne seule le sentiment du vrai, qui vous ramène aux impressions des sons justes après que l’oreille a souvent été fatiguée par une musique discordante, cette simplicité me paraît aussi rare à Paris que dans les petites villes; et même dans la société la plus brillante, j’ai déjà été rebuté à plus d ’une reprise par une affectation de sen­timents ou d’esprit bien étrangers à ceux qui les montraient. Ce n’est presque que sous le rapport social que j’ai vu Paris; j’ai recherché, pendant ces quinze jours, la société de préférence à tous les spectacles, à toute la pompe des arts ; les amis de ma grande amie ont eu la bonté de m’y accueillir avec une prévenance dont je suis infiniment flatté. Paris ne se présente point à mçi sous le point de vue sous lequel il frappe communément, d’indifférence, d’égoisme, \ de dégoût de tout intérêt public; au contraire, si j’en croyais mes oreilles, j’aurais recommencé à vivre au milieu des Romains ou des Grecs. La politique, qu’on avait longtemps si complètement abandonnée, est devenue de nouveau l’in­térêt unique, le seul mobile de toutes les conversations, mais aussi quelle époque que celle-ci! Quels événements par delà toute croyance! Quel avenir inexplicable! Ne croyez pas cependant tous les faux bruits qu’on fait circuler pour alarmer les provinces. Il est certain que l’armée d’Al­lemagne, malgré les désastres du froid, n’est point réduite comme on l’a dit; il lui reste encore de 40 à 45.000 hommes. Son quartier général doit être à présent à Magdebourg, il n’y aurait que la défection de l’Allemagne qui pût la dé­terminer à se replier sur le Rhin. D’ailleurs on lui envoie de toutes parts des renforts, et, malgré la mutinerie de quelques cohortes, soit à Paris, il y a deux jours, soit en Poitou, les hommes marchent vers leur dépôt. On ne s’est guère moins occupé ici de la négociation de l’Empfereur] et du pape, pour laquelle le premier est allé à Fontaine­bleau; il n’en est point encore revenu, les lettres de con­vocation pour le couronnement de l’lmp[ératrice] et du roi

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de Rome, quoique annoncées, ne sont point encore parties, et l’on est dans l’obscurité sur l’issue de ces conférences.

Je ne sais si le froid s’étend jusqu’à vous; celui qui a été si funeste en Pologne est ici plutôt agréable; les rues sont sèches, Paris se mdntre dans toute sa beauté. Depuis plus de huit jours nous avons un brillant soleil avec un froid seulement de quatre ou cinq degrés. Il semble que, par un temps semblable, les courriers devraient voler avec rapidité, et cependant je n’ai point de lettres de ma mère. Je comprends que mon voyage les a retardées, mais je ne puis pas en être privé sans ressentir de l’inquiétude. J’en éprouve davantage encore lorsque je me figure que les miennes retardent peut-être aussi pour elle, et je crains que son inquiétude n’aille ^ l’extrême. Peut-être aussi craindra-t-etle que je ne me trouve compromis dans la faillite d’une fameuse maison de commerce que je crois très prochaine; il est vrai qu’il y a trois ou quatre mois je croyais encore ses affaires très bonnes et je différais en cela d’opinion et de vous-même, madame, et de ma mère. Mais, quelque lucratives que je crusse ses spéculations, je ne lui aurais jamais confié mon argent. Un honnête homme ne doit concourir par aucun des moyens qui sont en lui aux opérations qu’il désapprouve, et l’agiotage de M. N..., ses folles spéculations en chevaux, quand encore elles n’auraient pas amené sa ruine, devaient toujours perdre son honneur. On attend la catastrophe, qui ne peut guère aller au delà de six mois; cependant il faut que quelque chose la détermine, et la remonte générale qui se fait aujourd’hui, sans en être la cause, pourrait bien en devenir l’occasion. — Daignez présenter mes compliments empres­sés à M. Fabre, et agréez l’hommage de mes sentiments respectueux, de mon vif, de mon inaltérable attachement.

P. S. Jeudi, 28. — L’arrangement avec le pape est si­gné, la réconciliation est complète, et elle étonne tout Pa­ris. On a déjà remis en liberté ceux qui avaient été arrêtés

28. — Sism ondi, F.pistolario. I.

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4 0 2 0 . C. L. SISMONDI

à son occasion. On lui donne la souveraineté d’Avignon et du Comtat Venaissin, sans troupes cependant et seule­ment avec une garde; on lui assure un revenu de deux millions, dont une partie sera prise sur les biens patrimo­niaux de l’Église à Rome; on ôte l’archevêché de Paris au cardinal Maury, et on lui donne à la place celui de Milan. On laisse au pape la pleine nomination de tous les évê­chés des pays nouvellement réunis, tandis que tous ceux de l’ancienne France sont réservés à l’empereur; et si le pape, pour ceux-ci, ne donne pas les bulles dans les quatre mois qui suivront la nomination, le métropolitain est auto­risé à le faire. A ces conditions le pape sacrera l’impéra­trice et le roi de Rome.

Ne serait-il pas permis de demander quel a pu être le motif de sa longue résistance, lorsque, d’après ses con­ditions, on voit qu’il ne disputait que sur un peu plus ou un peu moins d’argent ou de pompe? On l’a longtemps considéré comme une victime; il me semble que l’intérêt tourne aujourd'hui sur les cardinaux et les prêtres, qui, pendant plusieurs années, se sont dévoués pour lui et d’après ses ordres à la prison et la misère, d’autant plus qu’il semble vraiment qu’il n’y avait pas de quoi motiver tant de souffrances.

[Blblioteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 172].

158.ALLA MADRE

Paris, 26 janvier 1813.

Ce matin, j ’ai fait une visite à M. et M.me G uizot4), qui gagnent beaucoup à être connus. M. Quizot m’attendait

') Quizot era allora professore di storia moderna alla Sor-

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EPISTOLARIO 4 0 3

pour me conduire chez Fauriel qui est un ami de Benja­min. Fauriel travaille depuis trois ans à une histoire des troubadours et de leur influence sur le renouvellement des littératures du Midi. II fait son travail en conscience, avec beaucoup de savoir, et en rassemblant d’immenses maté­riaux. Son livre pourrait être meilleur que le mien, mais il a un défaut, c’est qu’il ne le fera pas; il n’a jamais rien pu­blié et il est incapable d’amener rien à terme. Le nombre de jeifnes gens qui. ont été ainsi doués par la fée Guignon est considérable; ils ont de tout, invention, esprit, travail, mais ils ne savent pas circonscrire leurs forces : ils veulent faire entrer l’univers entier dans chacune de ses parties, N et meurent à la peine. Benjamin est de ce nombre: il ne fera jamais rien qui soit digne de son esprit.

Je t’en supplie en grâce, ne refuse point les invitations; va dans le monde pour toi, et non pas seulement pour accompagner ma soeur; vas-y comme par devoir, lors même que cela te ferait peu de plaisir; vas-y pour con­server pour toi, pour moi, pour ma soeur, la bienveillance du public.

[Journal et Correspondance, p. 741.

15,9.

ALLA MADREt

25 février 1813.

Que je voudrais que nous pussions persuader ma soeur de jouer le jeu qu’elle a, d’en tirer tout le parti qu’il y a moyen d’en tirer! Elle se fait toujours illusion sur la per-

bona, e la moglie, Pauline de Meulan, aveva tradotto la Storia Romana del Oibbon: da allora cominciò la relazione fra i due storici che avevano in comune l’origine protestante e liberale. Cfr. De Salis, Op. cit., p. 213.

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4 0 4 0 . C. L . SISMONDI

fection d’un autre monde: c’est à Paris même, et au cen­tre de sa meilleure société, que je répète que la distance entre toutes les sociétés n’est point incommensurable.

C’est de tous les hommes que j’ai vus à Paris (Ger­main Garnier, le sénateur) celui qui professe les maximes les plus serviles. Quand je parle de liberté, je m’entends parfaitement avec tout le faubourg Saint-Germain, les Montmorency, les Chatillon, les Chaton, les Duras. Il y a là du moins le vieux sentiment de l’honneur qui reposait sur l’indépendance; c’est aussi de la liberté. Mais ces vi­lains parvenus, qui avec de la mutinerie se sont élevés de la fange pour se faire sénateurs, il ne leur reste pas un seul sentiment généreux dans le coeur.

[Journal et Correspondance, p. '75].

160.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Paris, 1er mars 1813.

J’ai reçu, madame, à peu de distance l’une de l’autre, vos deux aimables lettres, dont l’une m’est revenue assez lentement de Genève; l’autre m’est arrivée très rapidement ici. Combien je suis touché de votre aimable souvenir! Combien je suis reconnaissant de ce que vous montrez quelque désir de me revoir en Toscane! Au milieu de ce monde si brillant, au milieu de cette société qu’on regarde comme la plus aimable de l’univers, j’en forme chaque jour le désir; j’ai besoin d’aller me reposer auprès de ma mère d’un mouvement qui est trop rapide pour moi, j’ai besoin d’aller rapprendre de vous à repasser sur mes im­pressions, à méditer sur ce que je vois et ce que je sens,

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EPISTOLARIO 4 0 5

à tirer enfin par la réflexion quelque parti de la vie. C’est une opération que je néglige ici d’une manière qui m’étonne et m’humilie ensuite. On me demande souvent quelle im­pression me fait Paris, et je ne sais que répondre, car je ne généralise point mes idées et je ne me demande pres­que jamais compte de mes impressions. Après tout, elles n’ont pas été bien vives; je ne trouve pas une bien grande diff^-ence de ce que je vois ici à ce que je vois partout. CeNqui est précisément chose à voir est ce dont je me soucie le moins. J’ai visité quelques monuments, quelques cabinets pour l’acquit de ma conscience plus que pour mon plaisir, et j ’en suis toujours revenu avec une fatigue qui passait de beaucoup la jouissance. J’ai peu vu jusqu’à présent le théâtre; l’heure des dîners et des soirées rend presque impossible d’en profiter, mais les spectacles que j’ai vus ne m’ont pas donné des jouissances si vives que de me faire faire beaucoup d’efforts ptyir en voir davantage. C’est donc dans la société presque uniquement que j ’ai trouvé le charme de Paris, et ce charme va croissant à mesure qu’on remonte à des soqétés plus âgées; je suis confondu du nombre d’hommes et de femmes qui appro­chent de quatre-vingts ans, dont l’amabilité est infiniment supérieure à celle des jeunes gens. Madame de Boufflers (mère de M. de Sabran) est loin encore de cet âge. Sa vi­vacité, cependant, sa mobilité, son piquant sont du bon ancien temps, et n’ont rien à faire avec les mœurs du jour. C’est elle qui devait me mener chez madame de Coaslin; nous y avons été en effet une fois ensemble, mais nous avions mal pris notre jour, et nous ne la trouvâmes pas. Avec elle encore, j ’ai vu madame de Saint-Julien, qui, à 86 ans, a une vivacité de la première jeunesse; madame de Groslier, qui passe au moins 70 ans, et qui fait le cen­tre de la société de Chateaubriand. Je suis encore en rela­tion avec madame de Tessè, la plus aimable et la plus éclairée des vieilles que j'ai trouvées ici, aveç M* MoreHet>

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qui passe 86 ans, avec M. Dupont, qui en a bien 75, et dont la vivacité, la chaleur, l’éloquence ne trouvent point de rivaux dans la génération actuelle, avec les deux Suard, que je ne mets pas au même rang, quoique l’esprit de l’un, tout au moins, soit fort aimable. Après avoir considéré ces monuments d’une civilisation qui se détruit, on est tout étonné, lorsqu’on passe à une autre génération, de la dif­férence de ton, d’amabilité, de manières. Les femmes sont toujours gracieuses :t prévenantes, cela tient à leur essence; mais dans les hommes, on voit diminuer avec les années l’instruction comme la politesse: leur intérêt est tout tourné sur eux-mêmes; avancer, faire son chemin est tellement le premier mobile de leur vie, qu’on ne peut douter qu’ils n’y sacrifient tout développement de leur âme comme tout sentiment plus libéral. Dans votre précédente lettre, vous appelez ceci la cloaca massima. L’image n’est d’abord que trop juste au physique; comme je me suis trouvé ici en hiver dans le temps des boues, et que je vais beaucoup à pié, je ne saurais exprimer quel profond dégoût m’in­spirait la saleté universelle. L’image des rues me poursui­vait dans les maisons et me gâtait toutes les choses phy­siques; rien ne me paraissait pouvoir être propre dans une ville si indignement abandonnée à la souillure. Au moral, je ne trouve point qu’on ait ici le sentiment d’un méchant peuple, les vices ne me semblent point s’y mon­trer fort à découvert, et l’opinion publique, en général, est protectrice de la morale. Mais il y a un genre de cri­mes, tout au moins, qu’on dit très commun dans toutes les classes, parce qu’il est puissamment encouragé, et qui fait trembler: c’est l’espionnage. Des soupçons épouvantables tombent tour à tour sur les gens même les plus marquants de la société. Vous seriez confondue d’entendre nommer ceux qu’on accuse, ceux contre qui on rapporte des faits, qui, je l’espère encore, n’ont aucun fondement. Ou de tel­les gens abusent de la confiance de l’hospitalité, pour com­

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EPISTOLARIO 407

promettre la liberté et la vie de ceux mêmes qui se croient leurs amis, ou le public est assez léger, assez corrompu pour soupçonner gratuitement un aussi odieux forfait, lors même que la naissance, le rang, les agréments de l’esprit devraient mettre à couvert de sa méfiance: dans l’une ou l’autre supposition, le mal est horrible, et ce soupçon une fois éveillé est un coup dans le cœur. Je rétracte bien mes conjectures sur la faillite dont je vous avais parlé; les

f affaires de cette maison se sont prodigieusement remon­tées. On ne pouvait pas s’attendre à ce que ses créan­ciers tardassent tant à lui faire rendre ses comptes; mais dès l’instant qu’on lui a accordé du temps, elle a su en faire usage, et malgré les pertes énormes qu’elle a faites et qu’elle peut faire encore, je la crois de nouveau bien solide.

J’espère que vous aurez enfin reçu les livres allemands expédiés de Genève. Vous me direz si vous voulez que je vous fasse expédier d’ici, par la poste, ceux que vous me demanderez encore: c’est sans doute la manière la plus prompte et peut-être la plus économique. Refaites votre liste et envoyez-la-moi, j’en parlerai à Treuttel et Wurtz, qui sont les libraires auxquels j’ai i^mis mon manuscrit, et qui, ayant une maison à Strasbourg, doivent avoir plus de facilité que tous les autres pour se procurer des livres allemands. Ce manuscrit est actuellement entre les mains des censeurs, mais une partie doit m’être rendue la se­maine prochaine pour commencer l’impression. Après tout, je les ai trouvé^ de beaucoup meilleures gens qu’on ne me l’avait annoncé. Leur manière de traiter avec les auteurs est assez libérale. Celle de leur chef, M. Pommereuil, se­rait facile, si l’on n’était pas révolté de son égoïsme. Il y a trois ou quatre jours que je n’ai vu madame de Souza, et plus longtemps encore que je n’ai pu atteindre madame de la Borde. Celle-ci, comme dame d’honneur, a tout son temps pris par un service de cour, et est fort difficile à

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4 0 8 G. C. L. SISM ONDt

rencontrer. D’ailleurs, je ne puis la voir que chez elle; elle n’est point dans le monde beaucoup moins officiel avec qui je suis lié. Je ne l’ai pas même vue chez madame de la Briche, madame Pastoret ou madame Octave de Ségur, qui sont aussi du côté du gouvernement. J’ai vu son frère à son retour de Suède. C’est un jeune homme fort agréa­ble. J’ai cherché son oncle, mais je n’ai pas pu encore l’at­teindre.

Il me semble que je ne sais rien dire de Paris qui doive intéresser à distance. Croyez, madame, que j’aimerais bien mieux en causer avec vous; c’est un désir qui me suit sans cesse, et quoique je n e . puisse fixer l’époqée d’un voyage en Toscane, je sens bien que je ne le différerai pas longtemps. Recevez l’expression du tendre et respec­tueux attachement que je vous ai voué pour la vie.

P. S. Votre archevêque est arrivé ici depuis trois jours, mandé à Fontainebleau. Je ne l’ai pas encore vu, quoique je sois fort lié dans la maison de son frère.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 175].

161.

ALLA MADRE

14 mars 1813.

Chateaubriand considère l’islamisme comme une bran­che de la religion chrétienne, dans laquelle cette secte est née, et en effet il a raison. Il observait la décadence uni­verselle des religions, tant en Europe qu’en Asie, et il com­parait ces systèmes de dissolution à ceux du polythéisme au temps de Julien. Le rapprochement est frappant en effet; mais je n’aurais pas osé le faire devant lui, pour ne pas

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EPISTOLARIO 4 0 9

le scandaliser. II en concluait la chute absolue des nations de l’Europe, avec celle des religions qu’elles professent. J’ai été assez étonné de lui trouver l’esprit si libre, et il m’a paru plus spirituel que je ne le croyais,

fJournal et Correspondance, p. 75].

162.

ALLA MADRE

Paris, 25 mars 1813.

Chateaubriand a parlé de religion chez M.me Duras, il la ramène sans cesse, et ce qu’il y a d’assez étrange, c’est le point de vue sous lequel il la considère; il en croit une, nécessaire au soutien de l’État, il aime les souvenirs, et il s’attache à celle qui a existé autrefois dans son pays, mais il sent fort bien que les restes auxquels il veut s’atta­cher sont réduits en poudre; il croit nécessaire aux autres et à lui-même de croire; il s’en fait une loi, et il n’obéit pas. Il y a dans tout cela beaucoup d’inconséquence et beaucoup moins de mauvaise foi que je ne l’aurais supposé.

Sa raison n’est nullement d’accord avec son sentiment, et il écoute les deux; mais il suit bien plus la première lorsqu’il parle, et le second lorsqu’il écrit.

[Journal et Correspondance, p. 76].

163.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Paris, 4 avril 1813.

Vous êtes bien aimable, madame, de penser à moi, et de m’en donner la preuve par une aussi bonne lettre. Paris ne me fait point oublier les douces conversations de Flo­

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rence, et ne calme point mon désir de les recommencer. Si des traverses ne viennent pas arrêter mes projets actuels, je pourrais même bien vous revoir plus tôt que je n’avais compté d’abord. Plus j’avance, et plus une longue sépara­tion d’avec ma mère devient pour moi douloureuse et in­quiétante. Je l’avais quittée en prenant congé d’elle pour dix-huit mois; aujourd’hui, je serais bien tenté de retour­ner la joindre au mois d’octobre. Ce n’est pas que mon séjour à Paris ne se prolonge par delà mes projets; je m’y amuse, je m’y attache tous les jours davantage, et quand je le quitterai au commencement de juin, ce sera aussi avec des projets de prochain retour. C’est donc à la pieve di Calvino que je prendrai le temps qui me rappro­chera de vous. Nous parlerons de cette pieve ensemble. Il y a eu là de belles et grandes choses. Cette effervescence de l’esprit humain, que vous comparez à la maladie de nos jours, a peut-être fait répandre autant de sang, mais combien l’effet est différent! et quels beaux résultats pour l’étendue de l’esprit, pour la profondeur de la pensée, se sont liés à des idées quelquefois fausses ou exagérées! Je serai bien heureux de parler aussi avec vous de Paris. Vous vous en êtes séparée sans regrets, parce qu’à présent vous préférez à tout le repos et le calme; mais vous avez toujours cette vivacité de curiosité, apanage nécessaire d’un esprit actif et étendu. Je vous rendrai compte le mieux que je saurai des gens de lettres. A présent, il n’y en a plus aucun, de ceux qui peuvent inspirer une curiosité vive, que je ne connaisse, au moins légèrement. Mais, je crois vous l’avoir dit, aucune société d’hommes n’est égale pour moi à la société des femmes; c’est celle-là que je recherche avec ardeur et qui me fait trouver Paris si agréable. Ce mélange parfait du meilleur ton, de la plus pure élégance dans les manières avec une instruction variée, la vivacité des impressions, la délicatesse des sentiments, n’appartient qu’à votre sexe et ne se trouve au suprême degré que dans

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EPISTOLARIO 411

la meilleure société de France. Tout excite l’intérêt, tout éveille la curiosité, la conversation est toujours variée, et cependant ces égards constants qu’inspire la différence des sexes empêchent le choc des amours-propres opposés, con­tiennent les prétentions déplacées, et donnent un liant, une douceur à ces idées neuves et profondes qu’on est étonné de voir manier avec tant de facilité. J’avais commencé par être introduit ici dans le faubourg Saint-Honoré, et j’avais déjà trouvé beaucoup d’agrément dans la société de mes­dames Pastoret, Rémusat, Ventimiglie et Jaucourt; mais, depuis, je me suis lié davantage dans le faubourg Saint- Germain ; on a la bonté de m’admettre dans la coterie tout à fait intime de mesdames de Duras, de Lévi, de Béren- ger (Châtillon), de la Tour du Pin et Adrienne de Mont­morency, et c’est là surtout que j’ai appris tout le charme de l’amabilité française, lorsqu’elle n’était plus du tout empêtrée par l’étalage des salons. Dans le même monde, mais dans un âge un peu plus jeune, je vois aussi souvent madame de Chabot, la femme de celui que vous avez vu il y a trois mois, et qui est à présent à Rome. Elle est bien reconnue aujourd’hui pour la femme la plus aimable, la plus spirituelle et la plus sage en même temps de sa gé­nération. Son amie, madame de Maillé, est encore une femme fort distinguée. Je ne finirais pas si je voulais nom­mer toutes celles dont la conversation a de l’attrait pour moi; mais avant tous ces noms j’aurais dû mettre mon amie, madame de Dolomieu, qui, née en Alsace, élevée à Brunswick et vivant à Paris, réunit le charme de deux na­tions, la sensibilité enthousiaste des Allemandes, et la grâce française; et madame de Bouffiers qui sait animer tout ce qui l’entoure et prêter à gros intérêt de l’esprit à tous ceux qui parlent avec elle. Sa fille, madame de Custine, ne re­vient point. Elle s’est arrêtée à Genève, où je l’ai vue; elle voudrait éviter d’attirer l’attention sur son fils. Je crains bien aujourd’hui qu’elle n’échappe plus à ces yeux si vi­

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gilants. Le sénatusconsulte qui vient d’être rendu, et qui ajoute à une nouvelle levée de cent soixante mille hommes une garde d’honneur à prendre parmi les plus riches jeunes gens de tous les départements, lui causera d’affreuses in­quiétudes; qui est celui aujourd’hui qui n’a pas à trembler pour soi ou pour les siens? Jusqu’à présent, les choses n’avancent point, on ne reçoit plus aucune nouvelle im­portante. On sait bien qu’ il y a eu des négociations assez actives avec la Russie, même l’Angleterre, et qu’elles ne sont pas rompues, mais les dernières notes du Moniteur ne semblent pas devoir faciliter les préliminaires. II est vrai que ce ne sont rien moins que des engagements; on nous avait bien annoncé qu’on ne demanderait ni homme ni argent, et il peut convenir, pour arrêter toute insurrection, de dire aux pays réunis de Hollande et d’Allemagne qu’ ils ne seront jamais rendus. Les brouilleries du pape en sont toujours au même point. Vous en aurez des nouvelles par M. Osmond, que j ’ai beaucoup vu chez sa nièce, madame de Boygne, pendant le peu de jours qu’il a passés ici. C’est encore là une des femmes infiniment aimables de Paris, et une maison où la conversation est toujours va­riée et toujours intéressante. Tout le reste de la famille n’a rien du tour d’esprit ou de caractère de votre archevêque.

Je voudrais que vous m’envoyassiez sans retard la note des livres allemands que vous voudriez avoir; je les cher­cherai d’abord ici, où il y a deux librairies allemandes bien assorties, et je les joindrais à un ballot de livres que j’en­verrai à ma mère dès que mon impression sera terminée. La marche des rouliers est si incertaine et si lente, et les ports des ballots sont si excessifs qu’il vaut mieux réunir plusieurs paquets en un seul. Ma mère vous fera contribuer proportionnellement à ce que le ballot entier coûtera. Je ferai partir ce ballot au moment où mon livre *) paraîtra pour

*) È l’opera De la Littérature du M idi de V Europe, che fu

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EPISTOLARIO 4 1 3

lui envoyer les exemplaires que je destine à mes amis d’Ita­lie, et quelques autres livres dont je veux faire provision pour l’hiver prochain. Ce livre avance; j’en suis déjà au milieu du second volume, et l’on méfait espérer qu’il sera terminé dans six semaines. Je languis qu’il soit sous vos yeux, mais surtout je suis impatient de mettre entre vos mains ce que je dis de votre illustre ami. Dans huit ou dix jours, j’en aurai les épreuves. Adieu, madame, rappe- lez-moi au souvenir de M. Fabre, et croyez à mon atta­chement inaltérable et à ma reconnaissance comme à mon profond respect.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo-Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 181],

164.

ALLA MADRE

Paris, 23 mai 18Î3.

Tu me dis, chère mère, les choses les plus justes et les plus sages sur M. Dupont *); mais, dans sa tête comme-dans son livre, il y a deux sortes d’idées, celles qu’ il sent, et qu’ il croit alors sans l’ombre d’un doute; c’est cette religion de bonté de la divinité et die la créature, qui lie l ’univers par une bienveillance réciproque et qui rehausse le bienfait de l’existence, présente la reconnaissance comme le sentiment qui doit animer tous les cultes. L’autre partie est toute hy­

pubblicata a Parigi, nella primavera del 1813, da Treuttel et Wurtz: appunto per sorvegliare la stampa del suo libro il Si- smondi si era recato nella capitale francese.

') È P. S. Dupont de Nemours, il celebre economista e pub­blicista che divulgò quelle idee che dopo di lui furono cono­sciute col nome di fisiocrazia.

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pothétique, ce sont de beaux rêves, avec lesquels on peut expliquer d’une manière satisfaisante la grande énigme de l’univers et sauver toutes les contradictions apparentes. Il ne veut pas faire croire ce système, je doute qu’ il le croie lui-même, mais sa possibilité est un repos d’esprit. Si ce­lui-là n’est pas le vrai, c’en est un autre également bon. Et si nous autres pauvres faibles créatures, nous avons pu concevoir un plan qui explique tout par la bonté de Dieu, combien n’est-il pas facile de concevoir que cette bonté a trouvé à se satisfaire pleinement dans ce qui quelquefois nous embarrasse!

[Journal et Correspondance, p. 76].

165.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

' Paris, 30 mai 1813.

Que je suis honteux, madame, du long temps que j’ai laissé écouler sans répondre à une lettre aussi bonne, aussi aimable, aussi flatteuse que la vôtre! Elle contenait une petite commission, et je voulais avoir rempli cette com­mission aVant de répondre; je voulais vous en rendre compte, et j’oubliais que rien ne se termine à Paris, et qu’ajourner une lettre après une affaire, c’est se jeter dans une négligence qui n’en devient que plus gauche, pour avoir semblé d’abord raisonnable. Enfin les Treuttel et Wurtz me disent avoir reçu de Strasbourg les livres alle­mands que vous demandiez; ils feront partie d’un ballot que je vous adresserai, mais dont la plus grande partie sera pour ma mère. Vous voudrez bien, après en avoir re­tiré votre paquet, le faire suivre à Pescia, et si vous avez

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EPISTOLARIO 4 1 5

la complaisance de payer le port du tout, ce sera la ma­nière la plus simple de rembourser le compte du libraire que je vous enverrai et que nous achèverons de régler ensuite. Mais j ’ai la présomption de ne vouloir point pren­dre une voie si lente pour mon livre. Je suis impatient de le mettre entre vos mains, et si, comme je l’espère, il est enfin publié demain, ce même courrier vous le portera. Peut-être aurez-vous remarqué qu’il y en a déjà de sim­ples annonces dans quelques papiers; c’est que les deux premiers volumes ont été mis en vente séparément par le libraire, qui voulait, s’il lui était possible, amorcer les gens avant leur départ pour la campagne. Cependant l’impres­sion n’est finie que de hier matin, et ce sera une extrême diligence que de commencer dès demain à le mettre en vente. D’autres exemplaires pour la Toscane seront dans le ballot, et l’un, entre autres, pour M. Micali. Il faut la confiance que j’ai en votre bonté pour moi pour que je ne trouve pas moi-même ridicule l’empressement avec le­quel je veux vous faire arriver mon livre, trois ou quatre semaines plus tôt que les ouvrages mêmes que vous de­mandez et que vous attendez. Je n’attendrai point pour voir à Paris l’effet qu’il y fera, à supposer qu’il en fasse aucun. Au contraire, je ressens de l’impatience de me dé­rober aux compliments qu’on fait en présence,^aux'criti- ques qui suivent dès que l’auteur a le dos tourné. J’ai peut-être été sévère moi-même, et alors j’aurai doublement mérité un retour de sévérité. Mais il me semble qu’on doit reconnaître dans mon livre des impressions immédiates, des jugements formés d’après ce qui m’a affecté moi-même, et jamais ceux de la mode ou des oracles d’autrui. Les deux chapitres auxquels vous prenez un intérêt plus direct ne sont pas eux-mêmes exempts de critique; ceux sur le Tasse ou le Camoëns ne le sont pas non plus. Mais j’espère que vous y sentirez l’enthousiasme qu’inspire un grand homme, et que ma manière de sentir les beautés d’Alfieri me donne

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le droit de parler aussi de ses défauts. C’est à Genève que vous voudrez bien m’adresser votre réponse ; j’y serai dès le 20 juin jusqu’au 10 octobre. Avant que ce dernier mois finisse, j’espère me trouver en Toscane, et ce sera pour moi un grand bonheur que de vous y voir. J’ai vu un peu plus, dans ce dernier mois, madame de Souza, qui est toujours pour moi d’une bonté parfaite. Il est vrai, cepen­dant, que je me trouve un peu gêné avec elle; la carrière qu’a suivi son fils, ses brillants succès et son ambition lui donnent des intérêts tout différents de tout ce qui l’en­toure. Et dans un moment où tous nos sentiments et les siens sont si cruellement froissés, où, d’heure en heure, on a pu croire que le sort de chacun se décidait, j’aurais souffert de lui laisser voir des vœux si différents des siens, plus souffert d’en feindre à cause d’elle qu’elle pût avouer. Il semble qu’elle le sent, quoiqu’elle ne m’en parle qu’à mots couverts; mais elle m’a dit souvent que, concentrée à présent dans son amour pour son fils, elle craignait la société au lieu de la désirer, et qu’elle vivait le plus sou­vent dans la solitude. Je n’ai pas vu depuis fort longtemps madame de la Borde; je me suis cependant fort occupé hier et aujourd’hui d’elle, ou du moins de sa famille, à l’occasion d’un procès qui partage Paris. Deux fils naturels du prince de Conti, MM. de Rémoville et d’Hattonville, l’intentent aux enfants de M. de la Borde pour réclamer 1500 francs de l’héritage du père, qui les avait reçus du prince de Conti, élevés, placés, qui avait administré leurs biens jusqu’au moment où ils ont émigré et où ils ont tout perdu. M. de la Borde, cependant, n’avait reçu du prince de Conti qu’un million, et, à leur entrée dans le monde, il leur avait fait cent mille livres de rente. Je n’ai vu, il est vrai, qu’un seul mémoire, mais la cause des la Borde me paraît imperdable. Cependant, il est douloureux pour

‘ eux de voir soumettre à la décision d’un procès la probité de leur père, dont la délicatesse scrupuleuse était si uni­

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EPISTOLARIO 4 1 7

versellement reconnue. La fortune des la Borde est d’ail­leurs, à ce qu’on dit, très dérangée, et c’est même le seul motif qui les a engagés l’un et l’autre dans une carrière pour laquelle la vivacité de leur esprit et l’indépendance de leur caractère ne les avait pas faits. Je n’ai jamais vu M. de Puységur, et je suppose que quand il est chez ma­dame de Boufflers, on ne me laisse pas entrer. (Pauvre femme! vous savez qu’elle a aujourd’hui de bien autres émotions). Mais on écarte soigneusement les profanes de la vue des somnambules; cependant, je devrais être moins suspect que d’autres, puisqu’au lieu de me roidir contre, je m’en tiens au doute. Ou plutôt je crois tout à fait à un état nerveux excitable à volonté chez certains individus, mais je voudrais fort être à portée d’examiner ce que l’ima­gination et la crédulité ajoutent à des phénomènes natu­rels. Comment trouverez-vous, par exemple, cette histoire qu’on me racontait hier, d’après M. de Puységur? Une femme magnétisait son mari, qui est fort jaloux. Elle l’avait déjà mis en état de somnambulisme, lorsque sa pensée à elle s’est portée sur un beau jeune homme qui cause au mari beaucoup de jalousie. Et par la communion d’idées qui existe, disent-ils, entre les magnétisés, le mari a vu à l’instant la figure de ce même jeune homme, et il est tombé dans les plus violentes convulsions, d’gù l’on a eu toutes les peines du monde à le faire sortir. De combien de choses je me réjouis de causer avec vous, madame! Hélas! il en est si peu qui puissent être dites à distance ! Et celles qui tiennent le plus au cœur demandent le plus de silence. Au moins ne me défend-on point encore de vous parler de tout mon attachement et de tout mon re­spect. Agréez-en l’assurance.

[B ib lioleca di M ontpel l ier , Fotido Fabre-Albatiy; Lettres iné­dites, p . 18 5 ] .

27. — SlSMONDI, E pisto lario . I.

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4 1 8 0 . C. L . S1SM0NDÎ

166.

A ELISA DE RECKE

Paris, 10 juin 1813.

J’ai passé bien longtemps, ma bonne amie, sans répon­dre à votre aimable lettre, elle m’est parvenue fort tard, je n'y ai point trouvé votre adresse. Mad.™e votre mère avait à peine fait une comparution à Paris, et elle était retournée à la campagne qui est fort loin d’ici. Je portai une carte chez elle en lui envoyant votre lettre, et j’atten­dis que ma bonne fortune la ramenât à une distance moins difficile à franchir. Heureusement cela est arrivé avant mon départ à moi-même, elle est rentrée de hier à Paris, et j’aurai bientôt d’elle ce que je désirais surtout: de vos nouvelles et le moyen de vous faire passer une lettre. Elle s’est déjà chargée avec beaucoup d’obligeance d’une autre commission pour vous, celle de vous faire passer, dès que l’occasion s’en présentera, un ouvrage que je viens de pu­blier sur La Littérature du midi de l’Europe. Il y a quatre assez gros volumes, qui sont en vente seulement depuis cinq ou six jours. Ils contiennent l’histoire de la poésie et de l’éloquence dans la langue d’oc, la langue d’oïl, l’italien, l’Espagnol et le Portugais, depuis la renaissance des let­tres jusqu’à nos jours. Je languis que cet ouvrage soit en­tre vos mains et en celles du bon M. Tiedge. J’ai la con­fiance que vous y trouverez l’un et l’autre ce qui vous plait, non point le talent ou le style, mais le caractère de votre ami, les sentiments et les principes qui lui ont gagné votre estime. Vous m’y trouverez tel que j’ai toujours été, pro­testant et républicain, et montrant partout dans l’histoire de l’esprit humain la pernicieuse influence du despotisme civil et religieux, ou les bienfaits des deux libertés. 11 n’y

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a ni déclamation ni attaque contre aucun ordre établi, aussi n’ai-je éprouvé aucune sorte de difficulté à la cen­sure, mais cependant je me suis senti heureux de pouvoir mettre au dehors toute mon âme sur un sujet, il est vrai, inoffensif. Madame de Périgord a la bonté de me promet­tre qu’elle trouvera une occasion pour vous faire parve­nir cet ouvrage, et elle m’annonce avec beaucoup d’obli­geance qu’elle profitera de ce qu’elle l’a chez elle pour le lire en attendant.

Puissiez vous, bonne et noble amie, vous être donnée aussi que M. Tiedge une distraction du même genre! Puis­siez vous avoir commandé une contraction continuelle à votre esprit, pour ne pas trop souffrir du spectacle que vous avez eu presque constamment sous les yeux, des malheurs du présent, des calamités à craindre pour l’ave­nir. Le travail peut soulager de tant de souffrances ! Il ne nous rend pas insensibles aux maux de nos semblables, car alors il nous corromprait loin de nous élever, il n’éteint point en nous une sympathie à laquelle se lie l’enthousia­sme pour toutes les choses grandes et nobles, mais il sou­tient l’espérance. L’histoire du monde en nous montrant les crimes et les malheurs de toutes les races, nous fait toujours voir à côté du mal ce ressort moral qui relève l’homme après qu’il a été rabaissé, qui lui rend les vertus dont son gouvernement voudrait le dépouiller, et qui fait que rien n’est perdu encore lorsque tout semble détruit. D’autres périodes de malheur et de honte ont été peut- être pires que la nôtre, et nous en avons pourtant vu sor­tir et le lustre de la Grèce, et la grandeur de Rome, et même ce dix-huitième siècle si calomnié, mais qui conte­nait en lui tant d’amour pour le bien et le germe de tant de nobles qualités. Mais quelque soutien que je trouve dans ces espérances vagues, je suis heureux de n’avoir point à répondre du sort d’autres êtres, que de moi. Dans tout autre temps, je le crois, le mariage est l’état qui offre

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le plus de chances pour le bonheur. Avec un coeur aimant, et le besoin d’affections domestiques je suis peut-être plus fait qu’un autre pour ne concevoir de félicité que dans une telle association. Mais comment songer au mariage quand les fortunes privées et publiques sont toutes ébran­lées? Chaque année je vois diminuer mes revenus. A pré­sent je ne sais pas s’il me reste net quatre mille francs de rente, peut-être l’année prochaine en aurai-je moins en­core. Cependant je me suis fait la loi de me renfermer dans mon revenu, quelque étroit qu’il soit, plutôt que d’y rien ajouter en acceptant jamais une pension ou une place de ceux que je n’estime pas. Mais qui serait la femme qui s’associerait à cette décadence continuelle de ma fortune, et comment n’aurais-je pas de remord de le lui proposer? Je suis plus sensible que je ne saurais dire, chère amie, à cette bonne opinion que vous avez de moi, qui vous fait penser que j’assurerais le bonheur d’une personne que vous aimeriez, et je crois fermement que si une bonne fortune avait voulu que je vécusse plus à portée de vous, je n’aurais pu consulter personne dont le goût, la bonté, les principes pussent avoir plus d’influence sur mon choix. Mais, hélas! je ne suis plus appelé à choisir ou à être choisi. Il faut me résigner désormais à cette solitude inté­rieure, conséquence de la ruine, mais qui m’est bien moins à charge que la dépendance, et qui, en me privant d’une partie des biens de la vie, ne desséchera pas cependant mon coeur.

Je ne suis plus à Paris que pour huit jours. Je pars jeudi 17 juin, pour aller passer trois mois et demi à Ge­nève. Cet automne je me rendrai auprès de ma mère en Toscane, et j’y passerai l’hiver. Dans dix-huit mois seule­ment je reviendrai à Paris. Voilà ma vie, si je puis du moins prévoir si loin. J’espère que vous ne me laisserez pas sans nouvelles de vous, ou à Genève, ou à Pescia. Je les attendrai, je les désirerai toujours avec vivacité. Présen­

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tez mes hommages respectueux à la Duchesse de Cour- lande % rappelez-moi avec affection au bon Tiedge, par­lez quelquefois de moi à tout ce qui vous entoure, et croyez à la tendre affection comme au respect de votre sincère et constant ami.

[Bibllofeca di Glnevra, Dossier ouvert d’autographes].

C

167.

ALLA ÇONTESSA D’ALBANY

Genève, 8 juillet 1813.

J’espère, madame, que vous ne tarderez pas à recevoir le ballot de livres que je vous ai fait expédier par MM. Treuttel et Wurtz. Je n’ai pas voulu vous en parler longtemps d’avance, pour que vous ne le crussiez pas perdu en le voyant tarder. Il est contenu dans une caisse marquée SS. n° 2, qui èst partie de Paris le 20 juin, et qui jusqu’à Tuyin a marché par roulage accéléré. Il faut que vous me permettiez de parler un moment ménage. Dai- gnez ordonner qu’on ouvre cette caisse sans la gâter, qu’on en retire le gros paquet en carton qui est à votre adresse, qu*on remplisse le vide qu’il laissera avec de la paille également enveloppée de papier ou de carton, pour que les livres qui resteront dans la caisse ne ballottent pas, ou que la paille ne les gâte pas, et, après avoir fait bien refermer la caisse et raccommoder l’emballage, faites-la charger par Michele Pappini in via d t’ Palchetti n" 2, presso la Vigna, pour la porter à ma mère, à Pescia. Ou

‘) Sorella della Baronessa de Recke, la quale aveva vissuto alla sua corte, a Mitau, fino al 1796.

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bien, si vous voulez vous épargner tous ces ennuyeux dé­tails, faites parvenir la caisse telle quelle à ma mère, en la priant de vous renvoyer votre paquet. Voici la facture de MM. Treuttel et Wurtz. je leur ai payé 225 fr. De cette somme il y aura à déduire le port de la caisse que vous aurez la bonté de payer, et vous aurez la bonté de remet­tre le reste à ma mère. Dans votre paquet vous trouverez encore deux exemplaires de ma Littérature; j’espère que vous aurez dès longtemps reçu le vôtre : ayez la bonté d’en envoyer un à M. Micali, et de faire remettre l’autre chez Piatti, qui m’avait annoncé vouloir le traduire. Pardon, madame, de tant de détails, je suis honteux d’écrire à vous une page et demie si ennuyeuse. Au reste, l’ennui est peut- être à présent une chose naturelle en moi; je me suis trop amusé, j’ai trop joui, j’ai trop vécu en peu de temps. Après cinq mois d’une existence si animée, d’un festin continuel de l’esprit, tout me paraît fade et décoloré; je ne pense qu’à la société que j’ai quittée, je vis de souvenirs, et je comprends, mieux que je n’eusse jamais fait, ces regrets si vifs de mon illustre amie, qui lui faisaient trouver un désert si triste dans son exil, j ’ai conservé quelques correspondances à Paris, et ma pensée y est beaucoup plus que je ne vou­drais et que je ne devrais. Mais qu’est-ce qu’une lettre de loin en loin, à côté des conversations de tous les jours, et quelquefois de douze heures de causerie par jour? C’était une folie que de vivre ainsi, je le sais bien ; comment tra- vaillerait-on ? comment fixerait-on sa pensée, si l'on don­nait tant au monde? Je me trouve bien jeune, bien faible pour mon âge, de m’y être livré avec tant de passion, je sens bien que c’est un carnaval qui doit être suivi tout au moins par de longs intervalles de sagesse, mais.... j’aimerais bien recommencer.

J’ai vu beaucoup davantage, à la fin de mon séjour, madame de Souza, et je le dois à sa bonté; elle m’a pré­venu, elle m’a ramené, car, il faut que je l’avoue, je l’avais

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négligée. Il y a eu un temps où l’on se nourrissait de pen­sées qui devaient toutes lui être pénibles; je sentais une lutte inférieure qui était beaucoup plus difficile que celle des paroles; je ne disais jamais devant elle que la moitié de ma pensée et elle que la moitié de la sienne, et ce manque d’abandon que sa situation m’imposait me faisait singulièrement souffrir. Mais elle a été pour moi d’une bonté, d’une amabilité qui devaient exciter d’autant plus ma reconnaissance, que je sentais l’avoir moins méritée, j ’ai eu bien à me louer aussi de M. de Souza, à qui je me suis singulièrement attaché, et qui, je m’en flatte, a aussi dé l’affection pour moi. Nous nous rencontrions sou­vent, et j’allais toujours chercher en lui de nouvelles con­naissances dont il a une mine inépuisable. C’est presque dans la maison encore que je trouvais un homme que j’aime en ami, et que je connaissais dès longtemps, M. Gal­lois. Je me flatte de le séduire à faire cet automne, avec moi, le voyage d’Italie. Nous irions ensemble jusqu’à Flo­rence; ce serait, j’en suis sûr, vous annoncer, madame, une bonne nouvelle. Vous connaissez M. Gallois, vous aimez son esprit, et malgré votre philosophie, malgré votre goût de retrait^, vous êtes trop faite pour la société, vous en sentez et vous en augmentez trop le charme pour ne pas vous faire fête de voir dans votre solitude celui qui, même à Paris, paraissait si distingué. C’est au plus tard vers le milieu d’octobre que je me mettrai en route avec ou sans lui. C’est pour moi une bien grande fête que de vous revoir, madame. Il y a mille choses dont je languis de parler avec vous, et aussi un peu de ma Littérature, quoique ce désir soit mêlé de tremblement. Je suis ici de­puis le 20 juin, je serai bien heureux d’y recevoir de vos nouvelles; daignez me rappeler au souvenir de M. Fabre, et croire à un attachement qui égale mon profond respect.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 189].

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168.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Oenève, 17, pour partir le 19 juillet 1813.

Je ne sais par quel malheureux hasard, madame, la let­tre que vous avez eu la bonté de m’écrire le 15 juin ne m’est arrivée qu’aujourd’hui, 17 juillet, avec une lettre de ma mère également retardée, et qui m’avait causé d’assez vives inquiétudes. Le retard de la vôtre m’en causait bien aussi quelques-unes que je n’osais presque m’avouer; vous m’avez si bien gâté par vos bontés, qu’en voyant que vous ne répondiez point après avoir reçu mon livre, j’ai com­mencé à craindre l’impression qu’il vous aurait faite. Je n’avais pensé à aucune espèce de ménagement en écrivant, d’abord parce qu’il me semble que c’est ainsi qu’un grand homme doit être traité; ensuite, parce que j'avais un sen­timent si vrai et si profond d’admiration pour son génie et son caractère, que je m’abandonnais sans scrupule à toutes les impressions diverses qu’il me faisait naître, même contre lui. Mais depuis quinze jours ou trois semaines des remords m’avaient pris; je relisais quelquefois des mor­ceaux de ces chapitres en me mettant à votre place ; je me chicanais moi-même sur des expressions tranchées, sur ma manière de le prendre tout à fait comme un ancien, sans songer à l’effet que je pouvais faire sur une amie pour qui sa gloire est une douce propriété. Votre lettre, madame, m’a tranquillisé sur mes scrupules et m’a fait du bien. Vous me dites que vous n’êtes pas de mon avis en tout, et je le conçois : d’abord il est tout simple que, placée bien plus près, vous ayez vu bien plus de choses dignes d’affection, d’estime ou de respect; que des opinions que je ne juge que par des écrits se soient modifiées à vos

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yeux par celles qu’il exprimait dans la conversation. Mais avec quelque liberté que je l’aie attaqué quelquefois, vous avez v iï* à quel haut rang il est placé à mes yeux, et i l me semble que vous êtes contente. On m’a tenu compte en général de la franchise avec laquelle je juge toujours de tout d’après mes propres impressions, sans m’arrêter aux réputations toutes faites. C'est un éloge qui me fiafte beau­coup, mais combien j’aurais été malheureux si, pour l’ache­ter, j’avais dû vous causer un moment de peine!

J’accepte avec reconnaissance l’engagement réciproque de causer à fond de tout cela; et ce sera, je pense, bien­tôt; je ne partirai pas d’ici plus tard que le 10 octobre, il est vrai qu’au moment de mon arrivée en Toscane il est probable que je me rendrai tout droit vers ma mère, et peut-être sans passer par Florence, mais je me fais une trop grande fête de vous revoir pour la différer longtemps ensuite. Si vous connaissiez ma mère, madame, vous com­prendriez mon impatience, et vous ne me sauriez plus aucun gré du sentiment si vif qu’elle m’inspire. Quel dom­mage qu’une personne si éminemment faite pour la société en soit si absolument séparée! Mais elle est devenue un peu sauvage par timidité, et en même temps que je voudrais la produire à ceux que j’aime, à vous surtout, madame, comme mon plus grand titre d’orgueil, j’ai peur que sa modestie ne dérobe ensuite tout à fait tout ce qu’elle a de distingué. — M. de Sabran a été relâché le 7 ou le 8 juil­let, d’une manière aussi inattendue que son arrestation. Celle-ci avait été l’occasion de beaucoup de contes qu’on avait fait circuler à dessein; ils avaient été répandus sur de très bonnes autorités dans Paris, je crois qu’ils vous sont arrivés aussi. A présent on sait positivement que s’il y a eu une lettre de madame de Staël qui lui fut adressée1),

() « M.me de Staël persécutée, puis fugitive, compromettait ses amis. Elzéar de Sabran pour avoir reçu d’elle une lettre po-

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du moins, elle ne lui a jamais été remise, en sorte que la réponse dont on avait tant parlé est toute d’invention. C’est encore une des choses dont nous parlerons. A pré­sent, il est parti avec sa mère pour Plombières, probable­ment pour empêcher qu'on en parlât trop. Ils sont tous deux au comble de la joie. — On m’écrit en même temps le mariage d’un M. de Choiseul, auteur d’un ouvrage sur les croisades, avec mademoiselle d’Astorg; cela vous fait-il quelque chose? à moi rien du tout. — Hélas! je ne suis pas devenu si sage sur Paris que vous l’espérez de ma philosophie. C’est qu’il faut dire que j’aime passionnément, éperdument la société des femmes, et celle-là est, je crois, aussi bonne qu’elle ait jamais été, si celle des hommes a déchu, et je la regrette à présent aussi vivement que j’en ai joui. — Je n’avais pas voulu vous envoyer mes deux premiers volumes séparément, parce que cela coupait juste­ment Alfieri par le milieu. — Alb. de Staël!) n’est ni mort ni malade, quoique le bruit en ait couru partout. Voilà tout plein de propos interrompus, mais ce qui ne peut l’être, ce que je retrouve toujours, c’est la vivacité de mon attachement, de ma reconnaissance et de mon respect.

Vous aurez reçu, j’espère, avant ceci la caisse de livres et ma lettre du 8 juillet.

[Blblioteca di Montpellier, Fonda Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 192].

litique, se voyait jeter au donjon de Vincennes ». K o h l e r , Op. cit., p. 439.

') Il figlio minore della scrittrice, che era stato accolto nella cavalleria svedese, in seguito ad una quistione di giuoco ebbe un duello e rimase ucciso.

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169.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Genève, 3 septembre 1813.

Je suis confondu, madame, du mauvais sort qui pour­suit nos lettres. Celle que vous avez eu la bonté de m’écrire le 4 août m’est parvenue seulement hier 2 septembre; elle répondait à une lettre arriérée, qui répondait elle-même à une autre arriérée, en sorte que trois lettres ont pris tout près de trois mois. Un désordre cruel règne dans les postes d’Italie; il y a peu de temps encore que ma mère, après avoir été longtemps privée de mes nouvelles, a reçu cinq de mes lettres par un même courrier. Cette irrégu­larité devient plus fâcheuse aujourd’hui que jamais, lorsque des calamités effroyables frappent sur tant de peuples à la fois. La fortune, la liberté, la vie de chacun de nous dépendent des batailles qui vont décider du sort de l’Europe. Ah! madame, avec quelle terreur on envisage le moment actuel! Quel choc que celui de plus d’un million d’hom­mes qui se précipitent les uns sur les autres pour se mas­sacrer! Et quelle possibilité d’en prévoir les résultats! Je comptais partir dans moins de trois semaines pour me réunir à ma mère, je jouissais par anticipation du plaisir de vous revoir, je me faisais une fête de causer à fond sur une foule de choses que nous ne pouvions qu’indiquer à peine dans nos lettres, ou même dont nous n’appro­chions pas; mais qui sait aujourd’hui si l’Italie ne devien­dra pas le théâtre de la guerre; si, lorsque je m’y trouverai, toute communication ne me deviendra pas impossible avec Genève, et toute ma fortune ? Qui sait si des insurrections

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4 2 8 G. C. L. SISMONDI

terribles n’éclateront pas chez un peuple vindicatif, et qui n’a que trop d’outrages dont il croit avoir à se venger? Depuis huit jours j’ai suspendu mes préparatifs et je sol­licite ma mère de se mettre elle-même en route, et de venir passer l'hiver ici, où nous sommes plus éloignés des événements. Cependant je suis tourmenté du trouble que je lui aurai causé par cette proposition. Je m’effraye de l’idée du voyage pour elle, et si les événements repren­nent la marche qu’ils ont suivie toutes les autres années, j ’abandonnerai bien vite des instances qui la désolent peut- être, et je partirai. Les mouvements entre l’Adige et la Save doivent en quinze jours décider de ma marche. Si je puis venir en Toscane sans imprudence, j’y serai au com­mencement d’octobre, mais quoique je n’aie point eu de lettres de M. Gallois, je n’espère plus l'avoir pour com­pagnon de voyage. Ce ne peut plus être une partie de plaisir qu’un voyage dont la conséquence pourrait être l’impossibilité de retourner dans sa patrie, et la cessation de toute correspondance avec tout ce qui lui est cher.

Ah! sans doute, madame, j’aurai un empressement extrême, si j’arrive en Toscane, d’aller vous voir. Je suis vivement touché de l’offre si aimable que vous me faites de me recevoir chaque jour, et je l’accepte avec recon­naissance, je me sentirai honoré de toutes les connaissan­ces que vous me ferez faire, je vous en remercie par avance, mais c’est vous que je désire de voir, c’est vous que j’ai besoin d’entendre. Je ne puis juger comme vous que les livres valent mieux que les hommes, j’aime presque toujours mieux les hommes que leurs livres, j’aime souvent mieux que tous les livres des hommes qui n’ont jamais écrit; cette conversation si riche et si variée que je trouve chez vous m’apprend bien plus de choses que ce qu’un auteur ne dit jamais sans apprêt, jamais par conséquent avec l’en­tier abandon de la vérité. M. de Souza, que vous prenez

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pour exemple, serait peut-être justement un de ceux que j’aurais choisis; j ’aime en même temps et son caractère et sa profonde instruction, mais je doute fort que, s’il faisait un livre, il fût ou intéressant ou instructif. Chaque auteur a sa méthode à laquelle il sacrifie souvent le fond de ses idées, son système particulier qu’il poursuit, et pour lequel il ne met à profit qu’une petite partie de ses richesses: d’après les particularités, quelquefois les défauts de son esprit, il explique longuement ce que tout le monde com-

r prend de reste, il regarde comme entendu ce que personne ne comprend, il ne communique aux autres que ce qui lui a paru nouveau, et c’est souvent ce à quoi il est ac­coutumé qui est plus digne de remarque. La conversation de gens d’esprit est plus logique que le livre d’aucun d’eux, parce que chacun est entraîné par tous les autres, que chacun est sans cesse ramené à ce qui excite la curiosité de tous, que chacun est appelé à produire ce qu’il sait plutôt que ce qu'il veut montrer. Bon Dieu! ce n’est pas à vous, madame, qu’il est besoin d’étaler les avantages d’un art que vous possédez si bien, mais vous êtes blasée sur une jouissance que vous avez reçue et donnée sans

- cesse. Ce serait donc au printemps que vous retourneriez à Paris? Je voudrais que vous fussiez amenée à différer ce voyage jusqu’en automne, pour y trouver réunie cette société qu’après tout vous aimez, et qui se disperse au mois de mai. Ce sera au mois de janvier de l’autre année que j’y retournerai, si je puis disposer de mon avenir, mais que ces projets sont insensés quand je n’arrive pas à savoir ce que je ferai dans quinze jours d’ici! — Vous avez vu par les gazettes la mort du fils de mon amie: c’était le second et de beaucoup le moins intéressant. On a des nouvelles d’elle jusqu’au 18 août, et l’on sait qu’elle a bien supporté cette perte, même trop bien. Ah ! madame, que j’ai d’envie de vous revoir! Que je souhaite être auprès de vous, avant que vous ayez le temps de me ré­

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pondre! et c’est bien possible. Mais quand j’aurai pris un parti, je vous l’écrirai.

[Biblloteca dl Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 195],

170.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, 6 octobre 1813.

C’est de tout près de vous que je vous écris aujour­d’hui, madame; je suis arrivé ici samedi 2. En venant très rapidement, je n’ai été que huit jours en route, et je n’ai point passé par Florence, mais après le bon­heur d’embrasser ma mère, et de la retrouver en bonne santé, une des premières choses que je demande à ce pays-ci, c’est de me donner de vos nouvelles. Je suis im­patient d’en recevoir ; les lettres que vous avez eu la bonté de m’écrire, celles [que] je vous ai écrites se sont toutes re­tardées, en sorte que je me trouvais de deux cents lieues plus éloigné de vous que je n’aurais dû l’être. Cette séparation n’a fait que redoubler mon désir de vous voir. 11 y a tant de choses dont je voudrais parler avec vous, dont je vou­drais vous entendre parler; des espérances nouvelles as­saisonnées de tant de craintes se présentent à nous; le bonheur que je vous dois de connaître vos amis a établi, ce me semble, tant de nouveaux rapports que je soupire après le plaisir de vous voir. Vous avez fait ce me semble, madame, des liaisons plus intimes que vous n’en aviez auparavant dans l’État de Lucques. Vous y avez passé quelque temps à la campagne, et il me semble probable que vous irez encore dans la saison où les maisons de campagne des Lucquois sont si brillantes, et la société si

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animée. Ce serait une bien bonne fortune pour moi, nous ne sommes pas ici à plus de dix ou douze milles des mai­sons Santini, Lucchesini, etc. Si vous y alliez en effet cet automne, non seulement je vous demanderais la permis­sion de vous y aller rendre mes devoirs, je pourrais en quelque sorte profiter du voisinage. Il me semble aussi que vous passez vos hivers de préférence à Pise, et j’espère aussi aller vous y voir. Permettez-moi donc de vous de­mander votre marche, pour tâcher d’y conformer la mienne. Pour moi j’arrive ici avec le désir de donner à ma mère le plus de temps possible, et le besoin cependant de con­sulter quelques bibliothèques, et d’aller faire quelques tra­vaux dans les diverses villes de Toscane; avec le besoin non moins impérieux de vous voir et de vous entendre. J’arrive à présent même et ce n’est pas encore le moment de projeter de longues absences. C’est cependant celui peut-être où il y a le plus de choses à dire et à n’écrire point, celui où l’on aurait le plus besoin de se consulter, et où il est le plus difficile avec toutes les aides de pré­voir l’avenir. Mais après tout, ce n’est ni les conseils à prendre, ni les nouvelles à donner, ni les amis communs à passer en revue qui me font désirer de vous voir, c’est vous, madame, que je suis impatient de retrouver, et je le serais également, je crois, dans tous les temps, dans toutes les circonstances. Daignez agréer l’assurance de mon profond respect, comme de mon vif attachement.

[Biblloteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albcùiy ; Lettres iné­dites, p. 198].

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171.

A GUGLIELMO PIATTIF irenze

Pescia, 13 ottobre 1813.

Ebbi premura, Stim.0 Sig.re, di mandargli una copia di mia Letteratura del Mezzogiorno, al momento che veniva alla luce, e Mad.a d’Albany mi scrive avergliela consegnata in tempo. Sentirei con piacere che ella seguitasse nell’idea di farla tradurre, ed in quel caso farebbe meglio profittare del mio soggiorno in questo paese, dove sono arrivato da dieci giorni, e dove ho l’ intenzione di passar l’inverno.— Per viaggio smarrii un tometto di Chateaubriand ; se si ritrovasse ho domandato che fosse indirizzato da Bologna a Voss.a Se ella lo riceve, me lo faccia passare qui.

Per saldar [il] nostro conto di cambio avrei bisogno di vari libri d’istoria. Eccogliene una nota ; la prego dirmi se ne ha qualcheduni, e quale ne sarebbe il prezzo.

Bernardino Corio, Storia di Milano, 1 voi. 4to.Biondi Flavii Foroliviensis Historiae Generalis Libri XXXI.Jacobi Philippi Bergomatensis Supplementum Chroni-

corum.Aeneae Sylvii Piccolomini, sub nomine Gobelini Perso-

nae, Commentarii historiae sui temporis Lib. XII.Jacobi Ammannati Cardinalis Papiensis, Continuatici

Commentarii Aeneae Sylvii usque ad annum 1469. Epi stolae ejusdem.

Bernardo Rucellai, Storia della guerra \Pisana r

» Storia della venuta f Londra 1733di Carlo Vili j

Pandolfo Collenuccio di Pesaro, Istoria del Regno di Napoli.

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Marco Guerro di Padova, Storie varie sino al 1544.Paolo Giovio di Como. Opere varie (ne ho una parte).Gian Battista Adriani, Storia de’ suoi tempi.Giorgio Florio Milanese, Guerre d'Italia di Carlo Vili

e di Luigi XII.Diario Italiano di Biagio Buonaccorsi Fiorent., 1498-1512.Francesco Carpesano, Storia d’Italia, 1477-1526.Galeazzo Capra detto Capella, Storie Milanesi.Silvano Rarri, Vita di Pietro Soderini, Gonfaloniere

perpetuo.Pietro Bembo, Historia Veneta, XII libri, 1487-1512.Paolo Paruta, Histor. Veneta, 1513-1551.Andrea Mocenigo, Histor. della guerra della lega di

Cambray.Agostino Giustiniani di Genova, Annali della Repub­

blica di Genova sino al 1528.Se avesse trovato in qualche convento un Raynaldus,

Continuatio Annai. Ecclesiast. Baronii, ma a gran mercato e anche difettoso e in tomi staccati, purché vi ci fosse il 15° e 16° secolo, me ne dica parimente il prezzo. Abbia finalmente la bontà di tener nota di que’ libri, affin d’av- visarmi in seguito quando gli capitassero.

Un gran compratore di libri, M. Favre-Cayla a Ginevra, mi ha domandato di fargli avere il catalogo d’un buon libraio italiano. Se il suo è stampato, glielo mandi sotto benda per la posta: è un uomo molto ricco, che compra molto e paga bene.

Io resto con molta considerazione, ecc.

[Biblioteca di Ginevra, Dossier ouvert d ’autographes].

28. — SISMONDI, E pisto lario . I.

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4 3 4 0. C. L. SISMONDI

172.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 15 octobre 1813.

Qu’il y a de bonté dans votre lettre, madame, et que j’en suis reconnaissant ! Elle me donne une envie extrême, un besoin d'aller auprès de vous pour vous remercier en­core, pour vous dire comme je vous aime. J’aurais bien voulu trouver un mot plus respectueux pour dire la même chose, mais il n’aurait jamais rendu tout ce que je sens. Ç’a été une grande joie pour moi de voir revenir sitôt votre réponse, et de sentir ainsi que nous étions de nou­veau presqu’à portée de causer. II est vrai que par la per. sécution qu’ont éprouvée nos lettres, on avait encore augmenté bien fort la distance. Vous aviez donc eu la bonté de m’écrire encore le 10 septembre, je ne suis parti que le 25, et j’aurais eu amplement le temps de recevoir cette lettre si elle avait fait son cours naturel. Elle aurait probablement, si je l’avais reçue, contribué à m’encoura­ger à faire ce que j’ai fait. Je n’étais pas sans des inquié­tudes assez vives en partant de Genève, je me suis calmé en arrivant ici, sans qu’il me fût trop possible de dire pour­quoi. Il semble, il est vrai, que la question se décide loin de nous, mais il y a un événement très possible, très sou­vent présent à notre pensée, qui, au moment où on l’ap­prendrait, exciterait partout une fermentation très vive. Je préférerais n’être point alors dans une très petite ville. Mais tout cela est peut-être encore bien loin. Bon Dieu! que je plains madame de Souza! que je plains tout le monde! car qui n’a pas quelque douleur personnelle dans ce chaos de souffrances? elle, du moins, ne peut pas être souvent

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ni longtemps privée de nouvelles: son fils lui écrit a,yec une grande régularité ; il est presque toujours à portée du quartier général et de la poste, et pendant son silence même la gazette donnerait de ses Nouvelles. Mais combien j'ai vu de mères, de tous les côtés, qui passaient de lon­gues semaines après les batailles sans avoir aucune nouvelle de leurs fils! J’avais vu quelquefois ce M. de Bérenger, dont les gazettes ont annoncé la mort, et sa jeune femme était tout à fait agréable. M. Gallois m’avait écrit, très peu avant mon départ, qu’il renonçait à son voyage d’Italie; il a renoncé aussi, ensuite d’un malentendu, à faire un voyage en Suisse. L’année n’était pas plus favorable par les sai­sons que par les circonstances. Si l’on faisait la paix cet hiver, ce qui après tout est encore possible, peut-être ren­verrait-il ce voyage au printemps prochain, et je ferai bien ce que je pourrai pour l’y déterminer'. G’est un homme d’une société charmante; c’est bien lui et non point moi s qui vous porterait tout Paris dans sa conversation. — Puis­que je n’ai point l’espérance, madame, que vous veniez dans les maisons de campagne Iucquoises de notre voisi­nage, je ferai ma première course à Florence dans un mois. Pentjant que la saison est encore belle et la campagne encore feuillée, j’en profite pour faire avec ma mère quel­ques courses dans nos environs; quand je suis absent, elle est comme prisonnière, et je veux qu’elle jouisse bien avec moi de ce mois d’octobre. D’ailleurs vous avez eu la bonté de me promettre que vous me feriez connaître de M. de Lucchesini, je voudrais qu’il fût à Florence quand j’y irai. — Vous y avez donc à présent M. de Forbin, que vous appelez baron-chambellan-peintre ; est-ce le même que je connais comme saint, romancier et poète? Ce sont bien des choses pour un homme. Je crois que c’est For­bin Janson. Il est moitié de l’école de M. de Chateaubriand, moitié de celle de madame de Staël. Il a lu beaucoup de petits romans dans la société cet hiver, et j’ai vu plusieurs

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de ses auditeurs, qui disaient beaucoup de bien de ses tableaux qu’ils ne connaissaient pas, pour compenser leur sévérité sur ses contes qu’ils connaissaient trop. Je l’ai ren­contré plusieurs fois chez M. de Loménie, et sa conversa­tion est assez agréable, mais non pas sans mélange de ca­tégorie, que le ton de la maison exigeait peut-être. Il doit avoir un frère qui s’est fait prêtre, et dont j’ai vu une lettre écrite comme l’aurait fait un capucin. Tout cela ne me préparait point à des tableaux de sa main, vendus dix mille francs, et en Italie. A propos d’argent, je suis hon­teux de ce que vous avez voulu payer une part de port pour vos huit ou dix volumes; sans doute le port de la caisse de Florence à Pescia fait amplement et plus qu’am­plement votre part. Vous aviez raison de dire que vous faisiez tout ce qui est affaire avec une régularité parfaite; reçevez-en, je vous en prie, mes remerciements, car dans le vrai, je vous ai donné tous les ennuis de ce ballot avec une indiscrétion dont je suis confus. Ma mère se joint à mes remerciements, elle est bien touchée de la bonté que vous avez de nous offrir les nouveautés que vous recevriez de Paris, lorsqu’elles en vaudraient la peine. Elle se sen­tirait très flattée de vous être présentée, et cependant ce ne serait point sans quelque mélange de crainte. La longue solitude l’a rendue timide, elle se sent rouillée, tandis que je suis au contraire confondu de ce qu’elle a pu se main­tenir dans une société, dans un train de vie qui me sem­blent faits pour détruire tous les ressorts de l’esprit. — Je travaille à présent à côté d’elle à la continuation de mon Histoire des Républiques italiennes; j’en ai encore quatre volumes à faire pour la finir. J’en ai ébauché deux qui se­ront prêts à être publiés dans quinze mois. Si j'avais su­spendu plus longtemps cet ouvrage, j’aurais paru y renon­cer, et j’ai de l’affection pour cette histoire, qui présente dans le quinzième siècle des développements de caractère bien singuliers. Cependant j’ai promis la littérature du

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I--------------------------------Nord 1), et j’y reviendrai ensuite. Ces projets avec lesquels je mesure presqu’une moitié de ma vie, la remplissent d’une manière agréable, car c’est le temps de la composition qui

v est vraiment le temps heureux. — J’écrirai au libraire de Genève de se procurer la troisième partie des Mémoires de Goethe dès qu'elle paraîtra, pour vous la faire parvenir. Mais j’ai peine à croire qu’au milieu des armées et de la désolation universelle, Gœthe ait trouvé le loisir de publier quelque chose, ou ses compatriotes celui de le lire. Daignez présenter mes hommages à M. Fabre, et croire à mon tendre et respectueux attachement.

[Blblioteca (il Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 200].

' '173. \

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 31 octobre 1813.

Il est vrai, madame, que la crise dans laquelle nous vi­vons, nous rend incapables de causer, d’écouter, d’écrire. En prenant la plume, il me semble toujours que, puisque je ne parlerai pas librement de ce qui nous occupe, je n’aurai plus rien à dire de digne de vous. Spectateurs de cette effrayante table de jeu, où notre vie, notre fortune, notre liberté, non pas d’agir seulement, mais même de penser, dépendent d’un coup de dés, comment n’être pas maîtrisés par cette terrible idée? Comment ne pas trem-

‘) In realtà, poi, quest’opera sulle letterature nordiche il Si- smondi non la scrisse mai, forse in seguito alla pubblicazione àt\V Allemagne, forse per la difficoltà stessa dell’argomento, per il quale non si sentiva abbastanza preparato.

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bler surtout d’un jeu où l’on ne joue point, hélas! quitte ou double, car il n’y aura de quitte pour personne, et chacun pourra se dire heureux s’ il n’a fait que doubler sa perte à la fin de la partie? Cette idée ne me laisse point de repos, les lettres que je reçois quelquefois de lieux plus rapprochés du théâtre de la guerre augmentent cette com­passion douloureuse pour cette malheureuse race humaine ; ainsi, madame Brun m’a fait de Copenhague un tableau de la désolation du Mecklembourg par les Russes, qui fait frémir. Se peut-il que cette clameur qui s’élève de tous les points de cette terre ensanglantée, pour demander la paix, ne soit pas enfin exaucée? De tout ce qui a été tué je ne connaissais, et encore bien légèrement, que ce M. de Bé- renger et sa jolie femme, mais il y a cent personnes de ma connaissance dont on n’a point de nouvelles et dont on est en peine: il y en a dans l’armée, il y en a dans les pays pris et repris et cent fois ravagés; quelques-uns se­ront morts peut-être, beaucoup seront ruinés et je n’ai point de prétentions à la philosophie sur le malheur de perdre son bien. J’y ai passé il y a plus de vingt ans pour plus des trois quarts du mien, et je m’affligerais très sérieusement si je perdais ce qui reste. De tous cô­tés je n’entends retentir autour de moi que des malha«rs semblables, mais la plus cruelle de toutes ces révolutions de fortune est celle qui vient d’atteindre une de mes meil­leures amies, et l’amie intime de Corinne *). Anglaise, et fille d’un père qui, à une fortune fort honnête, avait ajouté les bénéfices d’un long séjour dans les Indes, elle croyait, comme tout le public, qu’il laisserait à sa mort 80,000 liv. sterling, près de deux millions, qu’on lui avait connus à son retour. Elle vivait dans cette croyance avec peu d’éco­nomie et dépensant souvent sa pension annuelle, lorsqu’une

*) Si tratta di quella Fanny Randall di cui è già stato di­scorso.

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I-----------------------------------lettre qu’elle reçoit lui apprend que son père s’est si bien ruiné par un désordre insensé, qu’après avoir mangé la totalité de sa fortune et avoir contracté des dettes, il s’est coupé la gorge; en sorte que du jour au lendemain, elle s’est trouvée au-dessous de rien, obligée de vivre des le­çons qu’elle donne. Dans cette souffrance, dans cette at­tente continuelle de malheurs publics et privés, j’ai toujours le bouillonnement d’une curiosité douloureuse en recevant et en ouvrant mes lettres. Quand elles ne sont pleines que de littérature, comme une que je reçus hier sur la question de juger si Macpherson était l’auteur ou le traducteur des poésies dites d’Ossian l), ce n’est pas sans un mouvement d’impatience que je les lis; c’est bien de cela qu’il s’agit aujourd’hui! Celles où je trouve un peu d’amitié font du bien dans tous les temps, et calment toutes les agitations. C’est pour cela, madame, que les vôtres me sont si pré­cieuses. C’est pour cela, mais pour mille autres raisons encore; car on y trouve tout, et le sentiment, et la pensée, et la saine philosophie de la raison, et l’empreinte d’une âme élevée. Je suis bien fâché de vous dire que ma mère ne vojis croit pas, dans les démentis que vous donnez à votre réputation d’esprit; comme je lui ai lu vos lettres, elle s’est trouvée à portée d’en juger par elle-même. Au reste, elle aurait bien tort de s’effrayer de cette réputation, ce n’est jamais l’esprit qui rend sévère. Sa timidité est universelle, elle est l’effet d’une longue solitude, du dé­paysement hors de sa langue, et de l’habitude de pensées tristes. J’espère bien que l’occasion viendra de vous la faire connaître. Mais j’aurai auparavant le bonheur de vous re­voir. Je pense qu’à la Saint-Martin les vacances sont finies, que les bibliothèques se rouvrent, que les absents revien­

*) Il Sismondi continuò a credere alla reale esistenza di Ossian nonostante i dubbi espressi in proposito sino dal 1 8 0 4 da Schle­gel a Goppet. Cfr. B o n s t e t t e n ’s Briefe, I , 2 2 0 .

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nent de la campagne, et c’est en effet vers le milieu de novembre que je compte avoir l’honneur de vous rendre mes devoirs. Recevez en attendant l’assurance de mon re­spectueux attachement, et daignez présenter mes hommages à M. Fabre.

[Blblloteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 204],

174.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 23 novembre 1813.

11 n’y a que deux jours que je vous ai quittée, madame, et déjà j’entends raconter de Florence des nouvelles étran­ges qui me donnent quelque inquiétude, encore que je n’en croie pas un mot; car on a beau refuser toute foi au récit de choses fâcheuses, s’en être occupé suffit pour met­tre l’esprit dans une situation pénible. Le courrier de Flo­rence nous a manqué ce matin, et cela a suffi pour faire naître mille bruits de mouvements populaires. Je sais bien que lors même qu’ils auraient de la réalité, ils ne'vous atteindraient pas, mais vous pourriez souffrir des contre­coups. J’espère que rien de semblable ne vous menace, que rien ne dérangera ce calme philosophique que vous avez su choisir; je n’avais jamais encore été initié comme dans ce petit voyage à votre vie intérieure; il me semble que ces huit jours m’ont donné occasion de vous connaître bien mieux encore, et par conséquent de vous aimer da­vantage. Dans ces longues conversations auxquelles vous avez eu la bonté de m’admettre, nous avons repassé en revue presque tous nos sentiments et presque toutes nos opinions; je connais à présent et vos pensées et vos oc-

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cupations et vos habitudes, et je porte envie à ceux qui peuvent s’enrichir des premières et partager les secondes.II me semble que d’avoir déjà tant causé nous fournirait des sujets pour causer davantage encore, et je garde un trop doux souvenir de ces huit jours, pour ne pas espérer les voir recommencer dans le cours de cet hiver.

J’ai tout de suite commencé à lire avec ma mère la Princesse de Clèves ; j’aimais profiter sans retard de la bonté que vous aviez eue de me prêter des livres et m’occuper surtout d’un de ceux dont vous m’aviez parlé avec éloge : il me s a b la i t que c’était continuer notre conversation. Mais je ne saurais dire comme je suis frappé de la diffé­rence de ton et de manière entre ce roman là et ceux de nos jours. Ceux-là demandaient beaucoup plus le talent de l’historien, ceux d’aujourd’hui le talent de l’auteur de comédie. Dans la noblesse du récit, dans la distribution du sujet, dans l’invention, il est peut-être fort supérieur aux romanciers modernes; il me paraît fort inférieur dans le dialogue, toutes les fois qu’il en introduit aucun. Il y a quelque chose de formaliste et d’empesé dans les propos que l’auteur prête à chaque personnage. Il me semble que de tous les arts, celui qui a fait le plus de progrès, c’est celui dè la conversation; je crois qu’on cause mieux aujour­d’hui qu’on ne faisait au temps de Louis XIV, et qu’alors encore on causait mieux qu’on n’avait fait au temps de Boccace, car toutes les conversations qu’il rapporte dans ces contes si célèbres me paraissent bien autrement en­nuyeuses encore. Dans le vrai, c’est que causer est devenu chaque jour davantage le but de la vie, tandis qu’autrefois ce n’en était que le délassement.

J’ai reçu aujourd’hui par la poste quelques petits ouvra- • ges de M. Dupont de Nemours. Il y a de petits mémoi- 1 res sur différents sujets presque tous religieux et philoso­phiques, présentés sous cette forme piquante et originale qui lui est propre. Le premier est intitulé Pourquoi la

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plupart des chemins sont tortus; avec le mélange d’une plai­santerie légère et gracieuse, il expose avec justesse l’origine des abus, et les causes qui les rendent respectables; en dix ou douze pages il a rassemblé beaucoup d’idées aussi justes que piquantes. Mais il abandonne presque toujours son sujet après y avoir à peine touché, et longtemps avant d’en avoir fait une application sérieuse; il semble un en­fant, qui après avoir reçu et renvoyé sa paume deux ou trois fois avec une grande adresse, la lance si loin qu’il la perd de vue, et n’y songe plus. Il m’a envoyé encore un mémoire sur l’éducation nationale dans les États-Unis, puis la traduction en vers de dix syllabes des trois pre­miers chants de l’Arioste. J’ai reçu tout cela aujourd’hui, et je n’ai pas eu le temps d’en lire grand’chose, mais il me semble qu’il y a dans la versification beaucoup de grâce et de facilité. Je vous fais le compte de mes ri­chesses, madame, parce que vous y avez droit; si dans tout cela quelque chose vous tente, si vous voulez sa Philoso­phie de l ’univers que j’ai aussi, vous n’avez qu’à dire. Et puis il faut bien que je vous parle de livres, je vous en- nuyerais mortellement si je ne vous entretenais d’autre chose que de ma reconnaissance et de mon attachement, et le sol de Pescia ne produit ni événements ni pensées. Daignez me rappeler aux membres divers de votre s<jpiété, exprimer à M. Fabre tout le plaisir que j’ai eu à le con­naître davantage, et croire que mes sentiments pour vous égalent mon respect.

[Biblloteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 206].

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EPISTOLARIO 4 4 3

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175.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 19 décembre 1813.

Vous savez, madame, comme je désire toujours vos let­tres, mais dans les moments d’agitation, dans la crainte ou l'inquiétude, elles me deviennent plus précieuses encore, et tous les événements de cette semaine me faisaient désirer vivement de vos nouvelles. Jamais en effet je ne m’étais moins attendu aux visites que nous avons eues coup sur coup: celle de Lucques ne semblait presque qu’une plai­santerie, quoiqu’elle ait compromis beaucoup de gens même ici, qui ont pris les déserteurs qui en revenaient pour une avant-garde triomphante, et qui les ont accueillis avec des vociférations, bientôt après dénoncées. Mais le débarque­ment de Livourne était tout autrement inquiétant: il a déjà causé assez de dommage dans le faubourg, il pourrait bien en causer davantage, si le commandant prend des mesures pour se mettre en état de défense. Ce qu’ il y a de plus tri­ste à toutes ces souffrances partielles, à toutes les ruines qui s’ensuivent, c’est qu’elles ne peuvent mener à aucun résultat. Qui que ce soit qui l’emporte en hiver, cela ne décide rien pour le sort de la campagne prochaine. Ce n’est qu’au mois de mai et de juin que les grandes armées s’avan­ceront, se rencontreront, et que leurs batailles décideront à qui des deux restera l’Italie. Les espérances de paix dont on nous entretenait semblent s’évanouir, on ne nous parle plus de ce congrès de Mannheim dont les lettres de Pa­ris étaient pleines au 20 novembre. On ne distingue plus rien dans aucune des nouvelles qu’on donne ; je ne sais ce que je dois croire de cette révolution de Hollande annon­cée à la fin de novembre et point confirmée depuis. Tout

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est confus, tout est sombre, et l’on est trop heureux en­core de se réfugier dans des spéculations générales, pour éviter de si tristes et de si fatigantes réalités. Je comprends fort bien le mouvement d’indignation qui avait inspiré au comte Alfieri ce cri contre la multitude, pane e bastone; il ne voyait que les furieux qui avaient souillé, qui avaient abattu le système auquel il avait attaché ses plus nobles pensées. Il accusait les misérables tant qu’ils étaient puis­sants; depuis que leur règne est fini, son indignation se serait calmée, et changée doucement en un jugement sur la race humaine toute entière. Alors il l’aurait plainte au lieu de la haïr. Les passions féroces auxquelles la multi­tude s’est abandonnée en France pendant la Révolution, à Naples pendant la contre-révolution, en Espagne, en Al­lemagne pendant des guerres religieuses, en Palestine, dans l'Albigeois, au Mexique et au Pérou, pendant les diverses espèces de croisades, n’ont point été le partage seulement des gen s sans propriété ; les grands, les riches, les savants, les ont le plus souvent communiquées au peuple. Partout elles sont devenues épouvantables, parce que le sentiment moral, qui est un frein suffisant pour les âmes honnêtes, lorsqu’ il s’appuie sur l’opinion publique, est sans force lors- qu’ il doit lutter contre elle, et que le propre du fanatisme est de créer une opinion publique en sens contraire de la morale. Pendant qu’a duré cette fermentation, il y a eu un temps où personne n’a voulu croire que les s^rasins, que Iss juifs, que les patérins, que les idolâtres, que les aristo­crates, que les Giacobini (qui n’étaient point des jacobins français), eussent les droits et les privilèges de l’humanité. Tout ce qui pouvait parler ou écrire prêchait comme_jno- rale la subversion de la morale à leur égard. Tous ceux qui dans tous les rangs de la société n’ont pas la force de penser ou de sentir par eux-mêmes, et c’est l’immense m ajorité, étaient entraînés par cet assentiment universel ceux même qui avaient plus d’esprit ou d’indépendance

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dans le caractère déviaient plus ou moins de leurs princi­pes; aucun ne cfémeurait à sa place, et quiconque ne sui­vait pas le torrent s’enrôlait sous les bannières d’un parti, pour se donner l’appui d’une autre opinion publique, con­tre l’opinion dominante. Il y a deux cents ans que dans toute l’Europe on n’aurait pas trouvé un seul individu qui, » en son âme et conscience, n’eût décidé qu’ il fallait brûler I un athée, à moins que cet individu ne fût athée lui-même.Il y a vingt ans qu’on ne trouvait pas en France un homme dont la profession de foi ne fût la persécution à outrance { des aristocrates, à moins qu’il ne fût aristocrate lui-même.Il y a pourtant une morale éternelle, immuable, indépen- dante de ces passions delà multitude; on en a la preuve dans ces affreuses révolutions mêmes, puisque les plus forcenées y reviennent, dès que le calme leur est rendu.Ceux même dont le nom est voué à l’opprobre le plus ineffaçable, les Tallien, Couthon, Danton, Robespierre peut-

• être n’étaient pas perdus jusqu’au fond du cœur. On avait pu le voir dans leur vie précédente, quelques-uns en ont même donné des signes au milieu de leur ivresse de sang.Mais le sentiment moral ne nous dirige vers la vertu, comme l’aiguille aimantée ne se tourne vers le pôle, que dans le calme. Tandis que la boussole est ballottée, elle se tourne irrésolue vers tous les points du compas, et no- 0-tre éblouissement nous fait aussi quelquefois chercher la vertu dans le crime. — On a fait quelquefois de très gran­des et de très belles choses avec le fanatisme, comme on en a fait avec toutes les passions; mais c’est de toutes les armes la plus dangereuse. Affligeons-nous de cette faiblesse, défions-nous-en, et admirons cependant encore ce beau mobile qui reste dans l’espèce humaine, et qui la ramène - toujours au bien après tant d’égarements. — De tout cela je ne conclus rien sur l'autorité à donner à la populace, je la crois ramenée aussi constamment que les autres clas­ses à des sentiments honnêtes. 11 y a plusieurs vertus du fl

II TVfc

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pauvre que j’admire plus que toutes celles des riches. Mais ni les sentiments ni les vertus ne suffisent pour gouverner, il faut des pensées et dés combinaisons, et leur éducation, l’emploi habituel de leur tem psne mettent ni ïès~pënsëéC ni les hautes combinaisons, ni les vastes connaissances à leur portée. Vous a-t-on dit comment M.me de Vogüé (?) a instruit son fils de son mariage avec M. de Chasteleux? Il aimait M. de Chasteleux et elle lui a dit qu’elle avait avant tout consulté son bonheur en lui donnant un second père. Au même instant ses yeux se sont remplis de lar­mes. — Oh, Maman, — a répondu Léonce — il ne faut pas vous affliger pour me faire plaisir, ainsi ne vous mariez pas si c’est seulement pour moi. — La soeur de M. de Cha­steleux doit épouser un M. de La Bédoyère que j’ai beau­coup connu autrefois. C’est un fort bel homme, et ce qu’on appelle un bon enfant, mais la tête la plus à l’en­vers que j’aie jamais recontrée. Après le mariage il doit être reparti immédiatement [pour] l’armée où il s’est déjà di­stingué par une bravoure très brillante. Ah! Rabelais que j’oubliais! Je n’ose pas dire qu’il me fait quelquefois rire à mourir, je crains de donner bien mauvaise idée de mon goût, car il est impossible de le braver et de le blesser plus constamment qu’il ne fait. Mais il y a en revanche une verve de gaîté, une originalité, et quelquefois une vérité de caractère qu’on n’a point égalées. 11 faut, en le lisant, déposer l’ idée de le juger, il ne pourrait plus alors vous séduire; il faut ne point se demander quel est son but; le plus souvent il n’en a pas. Il rêve gai, et il faut s’associer à son rêve, mais quelquefois il sort de là les plaisanteries les plus piquantes sur la pédanterie de son siècle, sur les divers états de la société, et alors leur par­faite vérité les rend plus originales encore. Il faut qu’il soit bien riche, puisqu’il en a tant enrichis d’autres, puis­qu’il a été tant pillé. La Fontaine et Molière s’en étaient nourris. Mais au reste je n’ai jamais vu de femmes s’en

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accommoder. Son langage baroque, son latin, ses singe­ries sur l’érudition portent la gaîté dans nos études les plus sérieuses, mais tout cela est perdu pour tous ceux qui n’ofit point connu les Savantes dont il se moque. Ses polissonneries en général ne sont pas seulement indécen­tes, mais dégoûtantes; les femmes ne peuvent pas y être tout à fait indifférentes, et dès qu’on y donne trop d’at­tention, on en est rebuté. D’ailleurs les trois caractères si originaux de Falstaff, de Sancho Pança et de Panurge, qu’on a souvent mis en opposition, ont tous trois égale­ment déplu, je crois, à toutes les femmes.

Bon Dieu! quelle longue lettre ! Pardon mille fois de mes bavardages; conservez-moi vos bontés, rappelez-moi à M. Fabre, et croyez à mon respectueux attachement.

[Biblloteca dl M ontpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 209].

176.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, [senza data: fine dicembre 1813?]

On dirait, madame, que la poste est déterminée à faire languir notre correspondance. Elle met toujours trois fois plus de temps à nous rendre respectivement nos lettres qu’ il ne serait nécessaire, eu égard à la distance. Cela de­vrait changer au 1er janvier, puisqu’on nous annonce qu’alors le courrier de Gênes à Rome passera par notre ville, en sorte que la correspondance avec Florence ne se fera plus par ricochet, mais j’y compte peu. En attendant, je vais es­sayer d’un de nos procaccia, puisque ce n’est que par eux que je puis envoyer la Philosophie de M. Dupont. Ma mère

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me charge de vous dire, madame, qu’elle est persuadée j que ce livre ne vous satisfera point. Elle vous croit quel­

que chose de plus ferme et peut-être de plus sévère dans la raison; elle est persuadée que vous n’approuverez point

J le mélange des vérités fondamentales qu’il établit par toute la force du raisonnement avec les rêves d’une imagina­tion brillante; elle trouve que les idées ne sont pas suffi-

samment mûries, suffisamment coordonnées et que le livre est trop petit, et comme volume et comme pensée, pour un sujet aussi vaste et un titre aussi pompeux. Je trouve ses critiques fondées et je m’attends aux vôtres, et cependant

i c’est un ouvrage qui me plaît beaucoup. Il me fait penser et jouir en même temps. On est amené naturellement à développer ce qu’il indique, et toujours en aimant l’a,uteur. Ce qu’il y a de plus marquant dans son système, l’avan-

j tage de la douleur, le bien qui naît du mal, est aussi la J partie où je me trouve le plus pleinement en harmonie

avec lui, et il me semble cependant que plusieurs de ses idées sur ce sujet sont fort nouvelles et ont de plus un grand mérite d’expression. M. Dupont a souvent l’éloquence du cqpifr pour échauffer son esprit. Je lui sais gré encore d’avoir reconnu une âme dans tout ce qui a vie, dans tout le règne organique de la nature, j ’aime beaucoup les ani­maux, depuis le plus grand jusqu’au plus petit, à la ré­serve du seul tigre impérial. Mais quand je ne les aime­rais point, je ne conçois pas qu’on puisse considérer l’in-

| stinct comme un attribut de la matière et uon point la ' pensée. La division d’esprit et de matière se présente à

moi aussi évidemment dans un chien que dans un homme.’ C’est parce que nous mêlons toujours à notre philosophie

des notions empruntées d’une religion dogmatique, que nous avons rendu toutes ces questions obscures; en lais-

/ sant de côté les sentences des théologiens, on trouverait bientôt que les matérialistes et les spiritualistes expriment les mêmes idées par des mots différents, et que la distance

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réelle entre eux n’est pas assez grande pour qu’il vaille la peine de disputer.

J’ai en effet remarqué, madame, que vous avez plus mauvaty; opinion des hommes que moi; je m’en afflige, car cela veut dire que vous avez plus souffert par eux. Cependant vous croyez les femmes meilleures que les hom­mes, et je suis bien pleinement de votre avis; mais cette préférence est venue de ce que vous jugez les hommes d’après les autres et les femmes d’après vous-même. Vous voyez seulement les uns et vous sentez les autres. Et cela confirme encore ma croyance, qu’ il n’y a pas un être hu­main qui ne gagne à ce que, pour le juger, on prenne son point de vue de l’intérieur. J’ai reçu aussi des confi­dences humiliantes pour la nature humaine, mais j’ai plus souvent été frappé de vertus inattendues, de scrupules de­meurés inébranlables là où je les croyais tous détruits. Je me suis souvent récrié: où la délicatesse va-t-elle se ni­cher? et bien qu’elle me parût absurde, j’aime encore mieux qu’elle existe quelque part que point du tout.

Vous seriez toute bonne, madame, de vouloir bien me communiquer les nouvelles un peu marquantes, quand il y en aura.

Hélas! je n’ai rien à vous offrir en retour; ce n’est pas un pays où il naisse rien et d’où il parte rien. Vous voyez que ce que j’ai de plus frais à vous offrir comme nouvelle, c’est des systèmes sur l’esprit et sur la matière; mais ce qui n’est pas plus nouveau et qui m’occupe cependant bien davantage, c'est mon attachement extrême pour vous, ma vive reconnaissance et mon désir de vous revoir. Témoi­gnez aussi mon attachement à M. Fabre, qui n’est pas, je crois, un juge de l’espèce humaine moins sévère que vous. Je voudrais être rappelé au souvenir de madame d’Unruhe et de lady King, et je suis bien sensible à celui de M. Micali.

[Biblloteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 214].

29. — S13M0NDI, Epistolario. I,

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4 5 0 0 . C. L. s is m o n d i

177.

ALLA CONTESSA D’ALBANY

Pescia, 10 janvier 1814.

J’éprouve, madame, de mortelles inquiétudes, et les miennes ne vont jamais sans un mélange de passion. La colère me console du chagrin, et l’indignatipn me distrait de mes soucis. J’avais eu plusieurs lettres de Genève et de Suisse qui me peignaient le bonheur dont on jouissait encore dans cette enceinte respectée, l’aisance universelle, fruit de la sagesse et de la liberté, l’amour de la patrie et du gouvernement sous lequel on vivait depuis dix ans, le zèle avec lequel tous les cantons avaient proclamé la neutralité, et s’étaient mis en mouvement pour la défendre. Une lettre de Vency, du 18 décembre, m’annonçait qu'in­dépendamment des assurances officielles que les puissan­ces coalisées avaient données de respecter la neutralité, la grande-duchesse de Weimar avait écrit à la femme qui l'a élevée, pour lui en renouveler l’assurance, au nom de son frère, l’empereur Alexandre, qui était auprès d’elle; et toutes ces déclarations ont été suivies d’une indigne trahison, qui rejette de l’opprobre même sur le nom suisse, car si les cantons et la Diète ont été unanimes dans leurs vœux, le Landamman Reinhardt n’est pas inno­cent. Les Suisses ne lui pardonneront jamais de n’avoir pas fait de résistance ; il devait un combat à l’honneur na­tional, et il est bien probable que la fermeté seule de s’y préparer aurait sauvé à sa patrie et cette invasion et cette honte. C’est dans un moment semblable que j’approuve hautement M. Foscolo. 11 n’a point servi le gouvernement pendant sa puissance, il n’a recherché de lui ni honneurs ni richesses; mais, au moment où il menace ruine, au

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moment où ses dangers font oublier ses fautes, et où ses adversaires nous détrompent de nos imprudentes illusions; lorsque gonflés de succès inaccoutumés pour eux, ils ne laissefit entrevoir aucune espérance de paix, ils se refusent à toutes les conditions, même à celles Qu’ils ont offertes, j’aime à voir un ancien ennemi de la tyrannie oublier ses ressentiments* se joindre à celui-même qu’il n’estime pas, pour repousser l’étranger moins estimable encore. 11 y a dans l’invasion du prince Schwarzenberg quelques chances heureuses pour ma patrie, mais il y en a de terribles contre elle. H doit être entré à Genève le 29, car on n’y avait point de forces, et on n’y préparait aucune résistance. J’aurais donné beaucoup de mon sang pour rendre à ma patrie son antique et glorieuse liberté, mais je n’aurais jamais consenti à l’acheter au prix de l’honneur de la Suisse. D’ailleurs, on ne peut attendre de bonnes choses que d’une bonne source. Une renaissance fondée sur une trahison ne trouvera de garantie dans aucun serment, dans aucun traité. D’autre part, quel discours que celui de Fon- tañes! Quel manque de convenance de faire tant le roi, lorsqu’ il fallait ne se montrer que comme le général long­temps heureux qui avait défendu la France, ne voir qu’elle, ne parler que d’elle, et faire oublier qu’ il avait osé parler de sa gloire, de ses projets, et non de ceux des Français! Ne sait-il pas que son titre était la victoire, qu’il le perd avec les revers?

Je vous renvoie tous les romans, madame, àyec de vifs remerciements, et de moi, et de ma mère, et ma sœur. Dans tous les temps la lecture en aurait été agréable; mais au milieu des inquiétudes du moment, lorsqu’ il faut trem­bler tour à tour pour tous ceux qu’on aime, pour ses biens, pour sa liberté, lorsque chaque lettre qu’on reçoit apporte une double émotion, et par des malheurs inatten­dus qu’elle vous révèle, et par la crainte que cette lettre ne soit la dernière, et que toutes les communications les

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plus précieuses ne soient coupées l’une après l’autre, on est trop heureux de trouver une distraction complète dans l’intérêt romanesque, de vivre absolument en dehors de ce monde, avec les fils de l’imagination. Celle de madame de Souza est charmante. Le mérite des trois romans dé­passe de beaucoup ce que m’aurait fait prévoir l’esprit qu’elle met dans la société, mais surtout le dernier, Eugé­nie et Mathilde, me paraît un tableau admirable de l’émi- gration, un tableau historique qui peint la nation française dans une de ses plus grandes crises, qui montre sous le jour le plus vrai ses défauts et ses vertus, qui a un charme de naturel et un intérêt que je n’ai trouvés nulle part. On y sent en même temps l’histoire, le voyage et le roman, et le mélange est fait avec tant d’art, que les trois mérites ne se nuisent jamais l’un à l’autre. J’ai écrit à madame de Souza pour la remercier du plaisir infini que ce livre m'avait fait. Depuis que nous avons fini cette lecture, nous venons de commencer en famille Villers *), De l’esprit et de l’influence de la réformation, ir y a "au commencement un peu de cet embarras allemand dans les idées, un peu trop de métaphysique subtile; mais, quand il entre ensuite en matière, il avance avec fermeté au travers d’un beau plan, et il le traite avec autant de sagesse et de justesse que d’élévation. Nous en avons, je pense, encore pour quinze jours à le finir; il nous est difficile d’aller vite dans les lectures que nous faisons en famille. L'avez-vous lu? Avez-vous lu Heeren, De V influence des croisades? Ce sont deux bons ouvrages sur lesquels je voudrais rappeler votre attention, je les ai tous deux à votre service. II me semble qu’ils entrent l’un et l’autre dans le plan de lectures que

') Charles de Villers era stato uno dei principali iniziatori della Stael alla conoscenza del mondo germanico; egli contribuì efficacemente a diffondere in Francia il pensiero di Kant. Si veda su lui il libro di L. W it t m e r , Charles de Villers, Paris, 1908.

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vous vous êtes prescrit. Pour joindre ces livres à ma lettre, je les remets encore aujourd’ hui au procaccia, mais désor­mais, autant que ceci durera, notre communication sera beai\poup plus sûre et plus rapide par la poste. Elle part à présent directement de Florence pour Pescia les mardi, jeudi et samedi à quatre heures après midi, et elle arrive dans la nuit; elle repart aussi d’ici dans la nuit, et vous devez la recevoir les mercredi, vendredi et dimanche de bonne heure. C’est la vie tout entière aujourd’hui que la poste, j ’ai la fièvre trois fois par semaine en l’attendant. Celle de dimanche matin, dont j’attendais quelque chose, ne m’a rien apporté. Que je vous envie, madame, le bonheur de savoir vous distraire en vous appliquant fortement a quelque chose! Il est vrai aussi que vous n’avez pas des intérêts si directs, si intimes et si immédiatement compro­mis. Vous ne pensez pas comme moi qu’il y a peut-être déjà un événement arrivé, qui peut me rendre profondé­ment malheureux, et que je ne sais pas encore. De grâce, informez-moi de ce que vous saurez. Pensez à moi avec indulgence, même quand nous ne serions point d'accord, et conservez-moi votre amitié.

[B iblioteca di M ontpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 217].

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ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, 20 janvier 1814.

Vous êtes toute bonne, madame, de me reprocher mon silence; en vérité, mes lettres me semblent et si vides et si tristes, j’ai tant de chagrin, de crainte et d’humeur, que j’ai bien plus besoin d'indulgence pour celles que j’écris que pour celles que je n’écris pas. Depuis tout près d’un

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mois je suis privé de toute communication avec ma patrie et mes affaires, je suis peut-être ruiné à l’heure qu’il est, sans en rien savoir, et je ne vois encore aucune espérance de rouvrir cette communication; rien n’avance vers cette paix tant désirée. Je n’admets pas, je l’avoue, le principe que vous me rappelez: Qui veut la f in veut les moyens. C’est une règle dont l’abus serait trop facile; il n’y arien qu’elle ne pût excuser; mais d’ailleurs je n’ai probable­ment point le même but que ceux qui agissent, et je ne crois pas leurs moyens bons pour le but qu’ils ont eu. C’est la paix que je désire et non la victoire, la paix fondée sur l’équilibre des puissances, et non sur le renversement d’aucune. La révolution de la Suisse me fait autant de peine que son invasion; la constitution, fondée sur l’acte de médiation, est la meilleure qu’ait eue la Suisse depuis qu’elle existe; celle qu’on lui rend par force ne pouvait se maintenir que par son antiquité: elle est détestable dès qu'elle est redevenue neuve. Les coalisés voudraient faire une contre-révolution en France comme en Suisse; je se­rais bien fâché qu’ils y réussissent, et de plus il me semble qu’ils n’en prennent pas trop le chemin; leur situation est déjà bien moins brillante qu’elle n’était il y a quinze jours, et elle pourrait bien se gâter furieusement encore. Je vois qu’on le croit à Paris. Les fonds remontent et les troupes marchent.

Pour Dieu, chassons, s’il est possible, de notre pensée cette triste politique. Je ne rêve que sang et que ruine. Les lettres que je reçois sont pleines de terreur et de dé­solation; chacune de mes amies attend à son tour la perte de toute sa fortune. A une soif ardente pour les nouvel­les, je joins une terreur extrême de tous les raisonnements, de toutes les conjectures; comme il n’y a aucun résultat qui ne doive faire du mal, les souhaits contraires me font également peur. Je voudrais me sauver de la région des faits dans celle de la pensée: mais il est difficile d’y par­

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venir sans distraction. Les choses mêmes qui pourraient blesser ma vanité ne me touchent plus guère ; il y a bien autre chose en jeu que vanité. Vous avez pu voir qu’un second article du Journal de VEmpire me traite encore assez Sévèrement. C’est une chose tout à fait singulière que cette orthodoxie française sur les trois unités. Je puis avoir proféré une hérésie contre cette trinité littéraire; mais ce n’est là, après tout, ni le but de mon livre, ni la somme de toute littérature. On dirait que j’ai attaqué la doctrine par excellence, parce que j’ai parlé avec irrévé­rence de l’autorité d’Aristote en fait de tragédies. Que fait la trinité tragique cependant à la littérature provençale et à la portugaise, où il n’y a point de théâtre ? Que fait-elle à l’épopée, à la poésie lyrique, à la pastorale, aux romans chez les Italiens et les Espagnols? Les neuf dixièmes de mon ouvrage n’ont que faire avec cette doctrine que Dus- saulx *) me reproche tant, et dans le dernier dixième re­stant j’ai présenté les deux opinions sans faire pencher la balance. Il faut que je me tienne en garde contre l’impa­tience que, me donne cette manière de disputer,'"'üar on me ferait aisément, pour soutenir mon prétendu dire, aller beaucoup plus loin que je ne voulais, et me jeter dans un parti après avoir voulu être neutre. Je suis fort curieux de voir les critiques allemands, qui me reprocheront à leur tour ma partialité pour les règles françaises. Je sais que Bouterweck a recensé mon ouvrage pour VAllgemeine Literatar-Zeitung, mais je n’ai" point pu le voir. Parmi les livres qui occupent aujourd’hui Paris, tout le monde me parle du roman de Picard, et personne ne le loue. C’est un livre triste comme une étude trop vraie de la vie; on

') Critico del Journal des Débats che in una serie di arti­coli discusse, da un punto di vista nettamente classicistico, l’opera De la Littérature. Cfr. C. P e l l e g r i n i , Il Sismondi cit., pp. 110-3.

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se plaint de s’y trouver trop longtemps en mauvaise com­pagnie. Je ne le connais que par les extraits des journaux, et ceux-là me donnent quelque curiosité de le voir, mais aucun attrait. M. de Sabran disait que dans ce roman il n’y a de bien fa it que le bossa. 11 paraît, en effet, que le caractère du cousin bossu est fort piquant. M. de Salaberry, mon collaborateur à la Biographie, a enfin publié son Histoire des Tares. J’ai peur que ce ne soit un ouvrage composé un peu légèrement; ceux qui ont vécu avec lui en parlent beaucoup plus comme d 'u n homme du monde que comme d’un érudit. Je ne lui vois encore de rapport avec les Turcs que la pluralité des femmes ou maîtresses.Il faudrait un très grand travail pour arriver aux vraies sources de son histoire; mais autant que j’en puis juger par ce que j’ai vu de lui, il écrit agréablement, et ses ta­bleaux parlent à l’imagination. — Vous voyez, madame, que je m’efforce d’echapper à ma pensée. Ah! que je par­lerais bien mieux du fond du cœur si nous avions la paix! Mais dans le fond du coeur je n’ai aujourd’hui rien de bon à montrer que mon tendre attachement et mon respect pour vous.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany; Lettres iné­dites, p. 220].

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ALLA CONTESSA D ’ALBANY

Pescia, 2 février 1814.

Je vous trouve bien heureuse et bien forte, madame, de savoir rester, comme vous le dites, à la fenêtre, de voir passer les événements sans permettre qu’ils vous agitent fortement, et de savoir les exclure de votre pensée toute la journée, pour ne leur donner d’attention que pendant

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que vous vivez dans la société. Vous devez en partie cet avantage à ce que vos vœux et vos sentiments ne sont point partagés; vous avez un seul désir, constant, bien cir­conscrit et toujours le même. Je suis tout au contraire. Je connais beaucoup mieux ce que je déteste que ce que je désire; ou plutôt cette dernière chose, que je connais bien aussi, n’est nullement à ma portée. Il y a un homme pour lequel j’ai une forte aversion, qui n'a point changé; mais il n 'y a pas un de ses adversaires pour lequel j’aie de l’affection ou de l’estime; et vraiment, ni dans les re­vers, ni dans les succès, ils n’ont rien fait pour la mériter. Cet homme a professé des principes qui me font bouillir le sang lorsque je les rencontre dans quelques écrits; mais ce n’est nullement à ces principes qu’en veulent ses adversaires: au contraire, c'est peut-être par là même qu’il a le plus de rapport avec eux. Son arrogance m’a été insupportable pendant de longues années; mais l'arrogance de ceux qui ont été si humbles pendant ces mêmes années me révolte peut-être encore plus. Quant aux nations, je n’estime hautement que l'anglaise, et cependanf je ne me fierais pas entièrement à sa prudence; je crois que, par emportement, par obstination, elle dépasse souvent son but. Après celle-là, qui me semble hors de pair, entre toutes les autres, c’est la française que je préfère. Je souffre pour elle lorsqu'elle souffre, et encore que je ne sois point Français, mon orgueil se révolte quand son honneur même est compromis. Je pourrais bien dire que je méprise infiniment plus les Italiens *) que je n’aime les Français;

*) Qui, come altrove, il Sismondi ha parole dure per gli Ita­liani del suo tempo, ma queste sono dettate proprio da un grande amore per il nostro paese. Egli comprese chiaramente come non si poteva sperare in un risorgimento politico senza che prima gli Italiani si fossero formati una nuova coscienza: il vero pa­triottismo doveva dunque esser per loro « celui qui doit leur enseigner à chercher dans la réforme de leurs moeurs, dans

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ce sentiment se renforce ici tous les jours pour les voir de trop près, et il m’empêche absolument de m’associer à leurs souhaits. Ici, depuis que le gouvernement est ébranlé, je les vois lâchement faire la cour à la plus basse populace. Un charpentier pt un faiseur de paniers sont à présent les rois de Pescia; comme on croit qu’ils peuvent ameu­ter ou apaiser à leur gré leurs compagnons de cabarets, on les encense, on leur fait des présents, on se réjouit lorsqu’ils font les bons princes ou qu’ils mettent des bor­nes à leurs menaces, et, parmi les propriétaires qui les craignent, il n’a pas été possible d’établir une garde na­tionale, ou le moindre moyen de compression et de dé­fense des personnes et des propriétés. Dieu sait comment nous traverserons la crise qui commence ! Peut-être cepen­dant ne sera-t-elle ni si longue ni si fâcheuse qu’on pourrait le croire ; les événements étranges que nous voyons ressemblent plus aux conséquences des préliminaires de paix qu’à une invasion hostile. — Je suis bien reconnais­sant de l’intérêt que vous voulez bien prendre à mes soucis de fortune; je n’ai point chez des banquiers une somme assez forte pour que sa perte pût me déranger, mais la plus grande partie de notre bien consiste dans des maisons en ville, et si nous avions le malheur de soutenir un siège à Genève, outre les maux affreux qui en résul­teraient pour ma patrie, je serais très probablement ruiné. Mes biens de campagne sont aussi sur la route des armées, et j’ai l’assez mince satisfaction de voir nommer ces endroits dans les gazettes. Au reste, vous avez bien raison, le sentiment entre encore pour beaucoup dans ma politi­que; il y a tant de gens que j’aime, pour qui je souffre, que des idées abstraites ne suffisent point pour m’en con­

l’énergie et la vertu, leurs seules espérances d’indépendance et de gloire ». (Littérature du Midi, Bruxelles, 1837, H, 45).

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soler. Ne croyez point cependant, madame, que, pour avoir partagé mes affections, j’aime faiblement ceux que j’aime; vous auriez, je vous assure, moins de droit que personne de me le reprocher.

Je suis bien loin de penser jamais à répondre aux cri­tiques des journalistes; et comme politique, et comme di­gnité, le silence est avec eux de beaucoup le meilleur parti. Au reste, celles que j’ai essuyées ne sont point de nature à exciter cette espèce d’impatience qui fait quel­quefois manquer à de sages résolutions. Je ne suis point de l’avis de M. Dussaulx, mais je suis fort content de ses manières avec moi.

Nous lisons à présent en famille le Voyage de Mirza Abu-Taleb. C’est un noble persan qui vint en 1801 en An­gleterre, et qui raconte avec beaucoup de naïveté les impres­sions qu’il a reçues de l’Europe. Il y a dans la manière de juger d’une nation complètement différente de nous quelque chose de si piquant, que ce cadre a souvent été pris par des Européens, qui même avec beaucoup d’esprit n’ont fait alors que des livres assez médiocres. Ceci est bien réellement l’ouvrage d’un musulman, et de plus d’un homme d’esprit; ses impressions sont vraies et simples: il fait penser que nous sommes beaucoup moins loin de ces peuples que nous ne nous le figurons, tandis que tous les écrivains apocryphes, qui se sont donnés pour Orientaux, ont cherché à élargir cette distance. Nous voir nous-mêmes de la place d’autrui; comparer ensuite les vrais sentiments des autres avec les préjugés que nous avons sur eux, ce sont deux exercices également philoso­phiques. Ce n’est pas alors l’ouvrage qu’il s’agit de juger; c’est nous-même qui, en le lisant, faisons à son sujet dans notre tête un ouvrage instructif. Vous voyez que je passe en revue mes livres pour avoir occasion de vous les offrir, et que je ne néglige pas en même temps de faire valoir ma marchandise. C’est que je serais toujours heureux de faire

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une chose qui pût vous être agréable, et que j’ai peu de chances pour l’espérer.

Soyez assez bonne pour me rappeler au souvenir de M. Fabre, pour me pardonner, s’il y a lieu, mes inconséquen­ces, et pour me conserver l’amitié dont vous m’honorez.

[Biblloteca dl Montpellier, Fonda Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 224].

180.

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Pescia, 20 février 1814.

Parmi beaucoup d’autres sujets d’inquiétude, je m’iit' quiétais aussi, madame, de n’avoir point depuis longtemps de lettres de vous; jugez donc avec quel plaisir la vôtre du 8 au 15 a été accueillie, et cependant elle n’est pas toute tranquillisante, puisque je vous y vois d’abord souf­frant d’un gros rhume et d’un violent mal de tête, et en­suite regardant avec assez de défiance les canons braqués contre votre bibliothèque. Je croyais d’abord pouvoir bien vous répondre qu’il ne s’y brûlerait pas une amorce; les ménagements réciproques, la correspondance qui continue, me paraissent assez indiquer que tout s’est fait de concert, et que Napoléon n’a pas été fâché de laisser occuper à son beau-frère une place dans la coalition, pour être as­suré qu’à la paix très prochaine on ne demanderait pas sa déposition. Les choses qui se sont passées ici sous nos yeux confirment dans l’opinion que cette guerre-ci tout au moins se fera sans effusion de sang. Mais voilà ce bom­bardement de la forteresse d’Ancône, auquel je ne m’atten­dais pas, et qui vient troubler ma tranquillité; je tremble aujourd’hui que, pour que la pièce soit complète, on ne

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veuille vous gratifier aussi de quelques salves d'artillerie. Bon Dieu, que la paix fait besoin pour mettre un terme à une si fâcheuse comédie! Nous avons passé ici une fort mauvaise semaine, mais je crois aujourd’hui tous les dan-

‘gers finis. Mardi, quand les Napolitains entrèrent dans le Val de Nievole et qu’ils en chassèrent le corps de Français posté en avant de Borgo à Buggiano, il y eut de très beaux faits de cette guerre anodine, une surprise qui manqua seulement de deux minutes, quelques fort belles charges de cavalerie, une retraite des Français fort bien entendue; tout allait le mieux du monde et personne n’était encore égratigné, lorsque les Français, impatientés d'être chassés comme des polissons, firent une décharge sur les lanciers qui les chargeaient, en tuèrent deux et blessèrent un troi­sième. Toute la colonne fit aussitôt volte-face en criant: Tradimento! tradimentol Armatevi, cittadini, siamo traditi! Ici, où l’on n’est guère accoutumé aux combats, on trouva tout simple que des soldats se plaignissent de trahison qùand l’ennemi les tuait dans une escarmouche ; tout simple que la princesse fît faire le lendemain matin des excuses d’un événement contraire à ses ordres. Pour moi, je n’aurais pas laissé que de trouver l’histoire bouffonne, si j’avais eu envie de rire; à vrai dire, je n’en étais alors nullement en train; le tocsin sonnait par ordre des Napolitains au Borgo et dans tous les villages voisins, les paysans, armés et mê­lés à la plus effroyable canaille, menaçaient tout ce qu’il leur plaisait d’appeler jacobin. Pendant trente-six heures environ ces bandes révolutionnaires, qui me retraçaient toute la fureur du peuple pendant la Terreur, furent maî­tresses du Val de Nievole. Loin d’être calmées par l’arrivée de la coionne napolitaine, le désordre fut encore augmenté, les officiers comme les soldats ne prêtant l’oreille qu’à ce qu’il y avait de jilus vil dans la populace, traitant avec une arrogance et des menaces insultantes tous les magi­strats, tous les députés de la communauté, bouleversant

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toutes les maisons, et prodiguant à tout le monde sans exception le titre de jacobin: ce fut un miracle si une moitié des habitants ne fut pas pillée et massacrée par l’autre. Aussi ces hôtes si désirés ont-ils laissé d’eux une mémoire assez fâcheuse. En mon particulier, je n’ai rien eu à souf­frir. Comme je demeure hors de. la ville, et par un che­min assez difficile, je n’ai vu ni Napolitains ni révolution­naires. Si je m’étais trouvé sur leur passage, je n’en aurais pas été quitte à si bon marché; parler français et n’être pas catholique étaient deux furieux titres de réprobation. J’en joignais un troisième: c’est l’horreur que m’inspirent ces scènes-là, horreur que j’aurais mal dissimulée. Dieu merci, la chose est finie, je l’espère, pour la Toscane, et elle ne tardera pas, je crois, à l’être pour l’Europe entière. Les bases que vous avez pu voir dans le petit écrit, inti­tulé Le Moniteur supprimé, et qui sont adoptées des deux parts, sont honorables pour tous, sont modérées, et de nature à promettre une paix durable, car la paix ne dure qu’autant que le vaincu lui-même est content. Je né* suis pas de l’avis du peuple, qui semble, en effet, se déclarer pour ses anciens gouvernements: tous ceux qui existaient dans toute l’Italie avant la révolution devaient être bien mauvais pour avoir fait des hommes aussi méprisables. Qu’on fasse de l’Italie un royaume ou une confédération, je voudrais surtout qu’on s’éloignât de ce qui était. Je ne voudrais ni de Ferdinand, ni moins encore de la reine d’Étrurie; ici on les voudrait, je crois, tous deux à la fois. J’aurais une bien grande curiosité de voir cette constitution d’Espagne dont vous me parlez; le moment ne viendra-t-il donc pas où l’on saura ce qui se passe hors du cercle étroit où l’on est enfermé? — Les lettres que je reçois de Paris sont désastreuses, une moitié des propriétaires, n’ayant plus de communications avec leurs biens, se trou­vent sans le sou. Le nombre des faillites est très grand, celle de Gros-Davillier me fait beaucoup de peine; je con­

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naissais l'un des chefs de cette maison, c’était un homme fort estimable, et sa ruine entraînera celle de beaucoup de gens à qui je m’intéresse. La nouvelle de la grande dé­route de Bonaparte, le 1er février, s’est heureusement ré­duite à fort peu de chose; j’espère donc que tant d’amis qui me sont si chers ne seront ni ruinés, ni obligés de s’enfuir, ni insultés par une soldatesque qui est toujours bien redoutable; la paix viendra avant de si cruels évé­nements. — Bon Dieu! je n’ai parlé que de politique; par­don, mille fois pardon, madame, mais la pensée est là tout entière; en vérité, toute la vie y est aussi. Dites-moi si Mesd.es d’Unruhe et Armendaris (?) sont parties chacune de leur côté. Rappelez-moi à M. Fabre et recevez l’assu­rance de tout mon respect et de tout mon dévouement.

[Biblloteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 227].

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Pescia, 13 mars 1814.

J’ai reçu, madame, par le dernier courrier votre toute aimable lettre. Dans tous les temps elles ont pour moi le plus grand prix, mais il me semble qu’elles en acquièrent encore davantage à présent que toute autre correspondance a cessé. Non plus que vous, je ne reçois de lettres de nulle part, et cependant je ne puis pas douter qu’on ne m’écrive de Genève et de Suisse, et pour des communications d’ami­tié et pour des affaires; de l’autre côté il est certain que le courrier de Paris arrive encore, et cependant rien ne vient. Il semble qu’on s’acharne à nous laisser dans ce doute, dans cette obscurité que toutes les contradictions entre le peu que nous pouvons voir font naître. Vous avez

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bien raison de sortir de l’état pénible où nous tient le présent par la porte du passé et non par celle de l’ave­nir. Quand on a assez de sang-froid pour lire l’histoire dans des moments comme celui-ci, on y trouve infiniment plus de repos, de nourriture, que dans les vaines conjectu­res auxquelles nous sommes ramenés sans cesse. Je me suis, comme vous, beaucoup occupé dans ces derniers temps du siècle de Louis XIV, non pas dans Voltaire, que je n’aime pas, mais dans tous les mémoires de son temps, et dans une histoire très bien faite de la diplomatie fran­çaise, de M. Baxi de Flassan. Les rapports sont en effet très souvent frappants, mais les différences ne le sont pas moins. L’arrogance de Louis XIV, et une vanité toute égoï­ste, toute pointilleuse, toute pleine de petitesses, au mo­ment où il n’entretenait l’Europe que de sa gloire, forment l’un des caractères qui me blessent le plus; la longue pa­tience de l’Europe fut lassée par tant d’outrages, tant de mauvaise foi dans tous ses traités, une ambition si désor­donnée dans toutes ses guerres. Son dernier acte de mau­vaise foi, l’acceptation de la succession d’Espagne, après des renonciations sanctionnées par tant de serments, après deux traités solennels pour partager les États de Charles H, de manière à maintenir la paix et l’équilibre de l’Europe, donna enfin l’essor à une indignation si longtemps com primée. Ce fut, alors comme aujourd’hui, une guerre dé­clarée par toutes les nations à l’ambition d’un homme; de même tous les revers furent amenés nécessairement par l’ivresse des succès précédents; de même l’épuisement des victoires livra la France à ses ennemis. Mais alors non plus je ne lis pas sans attendrissement les efforts généreux de cette nation pour sauver son honneur et son indépendance ; alors aussi, quoique Louis XIV soit ma bête d’aversion, je ne commence à connaître en lui quelque grandeur que dans ses revers. Les ennemis, comme il arrive toujours, sont entraînés par leur haine et par l’ivresse de la victoire

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fort au-delà du but qu’ils s’étaient proposé et auquel la prudence aurait dû les attacher; ils veulent l’humilier jusqu’au déshonneur, sous prétexte de limiter la prépon­dérance de la France, ils veulent l’accabler, et les succès de Villars et de Vendôme sauvent l’Europe de ceux même qui s’étaient armés pour la sauver. Ce ne sont pas préci­sément les événements qui se ressemblent, car il serait fa­cile de faire ressortir de très grandes différences, ce sont les passions humaines qui ont toujours le même caractère, et;, dont la marche est d’autant plus aisément prévue, qu’el- leà sont partagées par une plus grande masse d’individus. Le caractère personnel modifie les passions des princes ou des généraux, et altère en conséquence leur conduite, mais tous les caractères individuels disparaissent dans les pas­sions populaires, les différences se compensent, le senti­ment national modifie seul le sentiment de l’homme, et, dans des circonstances données, une nation se ressemble beaucoup plus à elle-même, non seulement que deux in­dividus, mais que le même homme ne se ressemble a lui- même à quelque distance de temps.

je ne sais ce qui excitera le plus ma curiosité, des livres nouveaux d’Angleterre, ou des journaux littéraires, ou des journaux politiques. Je voudrais bien voir le monde par un autre côté et sous le point de vue qu’on a au-delà de la mer. Jusqu’à présent les journaux italiens et ce qu’ils rapportent des journaux allemands ne me satisfont nulle­ment. Ces Anglais qui arrivent nous apporteront-ils une collection des MontMy et des Critical Review? j ’aimerais encore mieux cela que leur sucre et leur café, que je suis loin cependant de dédaigner. J’en ai eu quelques-uns à Paris; j’ai trouvé dans les ouvrages qu’ils analysaient beau­coup de faits qui nous sont presque absolument inconnus, mais très peu de pensées. Il est vrai que le hasard pour­rait fort bien m’avoir fait tomber sur les numéros les moins substantiels.

30. — Sis.viondi, Epistotario. I.

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Ma mère est bien reconnaissante, madame, de l’intérêt que vous vouiez bien prendre à sa santé, elle a payé comme tout le monde son tribut de rhumes et de petite fièvre à la mauvaise année. Mais elle est assez bien à pré­sent. Daignez recevoir avec ses remerciements ses vœux pour votre bien-être et les miens, et croire à tout mon respect comme à mon tendre attachement.

[Biblioteca di Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p 231J.

182.

ALLA CONTESSA D ’ALBANY

17 mars 1814.

Voilà donc, madame, le dernier acte de cette terrible tragédie commencé: selon toute apparence, nous marchons rapidement au dénoûment; le sénat, assemblé à Paris sous les yeux des armées étrangères, déposera l’Empereur, il proclamera le roi avec ou sans conditions; il acceptera, au nom de la France, la paix qu’on voudra bien lui donner; il attendra de la générosité des puissances coalisées qu’elles retirent leurs armées, ce qui pourrait bien n’être pas si prompt; mais, en attendant, il sera obéi par les armées françaises et par toute la France. Ce météore flamboyant a éclaté: le magicien a prononcé les paroles sacramentales qui détruisent l’enchantement; tout est fini; il ne s’agit plus que de savoir comment Bonaparte mourra ; il ne peut plus vivre. Dieu sait ce qui viendra ensuite, si ce sera le partage de la France, ou la guerre civile, ou le despotisme, ou l’anarchie, ou enfin la paix et la liberté que les procla­mations du jour faisaient espérer. 11 n’y a qu’une bonne chance contre un millier de mauvaises ; c’était une grande raison à tous ceux qui aiment la France pour ne pas vou-

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loir qu^ce terrible dé fût jeté: il est en l’air: il ne reste plus à présent qu’à faire des vœux pour qu’il tombe bien. Sans doute l’intérêt bien entendu des coalisés serait encore aujourd’hui même d’accord avec celui de la France et de l’humanité. Mais est-ce une raison pour oser se flatter qu’il sera écouté? Quidquid délirant reges..., et pourquoi fini­raient-ils de délirer? Entre les différentes constitutions dont la France a essayé, je crois la dernière une des moins bon­nes, et surtout une des moins libres; c’est cependant à celle-là que je voudrais m’en tenir, en mettant un Bour­bon à la place de Bonaparte, et rassemblant seulement le Tribunat. Tout existe, tout est préparé, et le changement se ferait avec le moins de résolution possible, c'est-à-dire avec le moins de convulsion et de souffrance. Cette con­stitution ne mettait qu’une pauvre barrière aux usurpa­tions et aux caprices d’un homme aussi redoutable que Bonaparte. Mais Monsieur est à une furieuse distance et de son caractère et de ses talents; et ce qui n’était que toile d’araignée pour un homme fort entre les forts, pour­rait bien valoir des chaînes d’acier pour un homme faible entre les faibles, si du moins l’opinion publique seconde les défenseurs de la liberté. Faire encore une fois l’essai d’une constitution toute nouvelle me paraîtrait le comble de ¡’imprudence et de la déraison; ne fût-ce que parce qu’une constitution, comme le vin, n’acquiert sa force qu’après avoir fermenté et vieilli. De toutes les constitutions nées pendant la Révolution, la seule qui présentât quel­ques combinaisons sages était celle du Directoire; mais outre que tous ses éléments sont aussi dispersés que si elle n’eût jamais existé, pour l’adapter à une monarchie, il faudrait des changements qui en feraient un système tout nouveau; les deux ou trois autres ne valent pas la peine d’être nommées. J’ai souvent entendu parler de l’an­tique constitution de la monarchie; mais je n’ai jamais vu deux personnes qui l’entendissent de la même manière. II

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n'y a pas moyen de prendre pour base ce qui est si loin d’être arrêté,. Quant à l’homme qui tombe aujourd’hui, j’ai publié quatorze volumes sous son règne, presque tous avec le but de combattre son système et sa politique, et sans avoir à me reprocher ni une flatterie, ni même un mot de louange bien que conforme à la vérité; mais, au motnent d’une chute si effrayante, d’un malheur sans exemple dans l’univers, je ne puis plus être frappé que de ses grandes qualités 1). Sa folie était de celles que la nôtre n’a que trop longtemps qualifiées du nom de grandeur d’âme. Les res­sorts par lesquels il maintenait un pouvoir si démesuré, quelque violents qu’ils nous parussent, étaient modérés, si on les compare à l’effort dont il avait besoin et à la ré­sistance qu’il éprouvait. Prodigue du sang des guerriers,il a été avare de supplices, plus non pas seulement qu’aucun usurpateur, mais même qu’aucun des rois les plus célè­bres: aucune basse dissimulation, aucun soupçon de poi­son ne souilleront sa mémoire. Sa réputation militaire ne sera de longtemps égalée, et Dieu veuille nous préserver de voir jamais personne y prétendre! Ses campagnes de Russie et de Saxe seront de grandes taches à cette gloire, mais sa campagne d’hiver, en France, a été fort belle, et si la nation n’avait pas été tellement lasse de lui, qu’à tout risque elle l’a abandonné, sa position était encore assez brillante pour mettre de son côté les meilleures chances de succès. Nos amis semblent à l’abri des malheurs per­sonnels, du pillage et de l’incendie; c’est beaucoup, après toutes les terreurs que la situation de la France pouvait faire concevoir; mais que l’avenir est encore troublé! On dit que celui de la Toscane va être fixé, qu’un prince Lich-

*) Sono le prime affermazioni dalle quali traspare un pros­simo cambiamento di giudizio del Sismondi nei riguardi di Na­poleone. Su questo periodo della sua vita, e sulle cause che vi influirono, si veda De Salis, Op. ciL, p. 206 sgg.

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tenstein va en prendre possession au nom de Ferdinand: j’en ai connu deux, le prince Jean, chef de la famille, et le prince Maurice, d’une branche cadette; est-ce l’un ou l’autre? Peut-être ferai-je fort sagement quand ils arrive­ront d’aller me mettre sous leur protection.

Je ne voulais dire qu’un mot de politique, et m’en voilà déjà à ma troisième page; je voulais me hâter de passer à vous remercier de tout ce que vous avez la bonté de me dire pour ma mère, et de l’intérêt si aimable que vous daignez prendre à sa santé, et je n’en ai pas encore dit un mot. Il est vrai que, pendant ce temps-Ià, ma mère écrit de son côté pour vous remercier; elle est encore bien faible, elle a beaucoup souffert et elle souffre encore, sa main est toute tremblante, et son âme est tremblante aussi, car le moindre choc lui donne une violente émotion ; elle fait cependant des progrès; elle alternera votre remède avec les bouillons d’herbe que lui ordonnait le médecin, et elle aura plus de confiance en celui que votre bonté lui com­munique qu’en tous les avis de la faculté. Je profite pour une seule lettre de la bonté que vous avez de m’offrir une occasion pour l’Allemagne. Demandez à M. de Wint de vouloir bien mettre celle-ci à la poste, quand il sera sur les terres d’Autriche. J’espère avoir, par un banquier, des moyens d’écrire à Genève, et je vais en profiter. Et puis je pense que de nouvelles communications sont sur le point de s’ouvrir. La dernière lettre que j’ai reçue moi-même de Paris est du 11 mars; la dernière dont j’aie connais­sance est du 23 mars ; à si peu de distance, on était bien loin encore de prévoir ce qui est arrivé. Daignez recevoir encore, madame, et mes vifs remerciements et l’assurance de mon respectueux attachement. Rappelez-moi au bon souvenir de M. Fabre, et croyez-moi bien réellement à vous.

[Biblioteca dl Montpellier, Fondo Fabre-Albany ; Lettres iné­dites, p. 234].

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AGGIUNTE E CORREZIONI

I n t r o d u z i o n e . — Pag. XXXVII, n. 2. M entre questo volume si veniva stam pando è stata pubblicata integralm ente la corrispondenza fra B. Constant e Mme de L indsay: V Inconnue d ’« Adolphe ». Correspondance de B en jam in Con­s ta n t e t d ’A n n a Lindsay, publiée par la Baronne C o n s t a n t d e R e b e c q u e ,

préface de F . B a l d e n s p e r g e r , Paris, Plon, 1953.

T e s t o . — Segnaliamo qui alcune sviste tipografiche per quanto riguarda g li accenti, mancanti o fuori posto, indicando fra parentesi la forma corretta : pag. 20, iin. 26. (c’était): cfr. anche pp . 29, 1. 9, 241,1. 8 e p. 354, I. 30; p. 28, 1. 4 (accueillîtes), e 1. 6 (cédez); p. 35, 1. 1 (Crémone), 1. 5 (révolter: cfr. p . 367, 1. 20), 1. 26 (Légèreté); p. 43, 1. 3 (déterm inait); p . 46, 1. 19 (châteaux); p. 51, 1. 8 (réservons); pp. 53, 1. 23 e 302, 1. 13 (supplément); p. 59, 1. 14 (répondrai); p . 60, 1. 30 e p. 254, 1. 3 (réduite); p. 61, 1. 7 (jeûner) e 1. 31 (à : cfr. pp . 89, 1. 19-20; 196, 1. 7 e 243, 1. 1); p. 63, 1. 10 (infâme); p. 65,1. 11 (complètem ent: cfr. pp . 72,1. 21 ; 154 ,1. 11 ; 162,1. 31); p. 68, 1. 3 (Gênes: cfr. pp . 151, 1. 2 ; 160, 1. 7); p , 71, I. 35 (indiscrétion); p. 74, 1. 19 (faites), 1. 22 (répand: cfr. p. 367, 1. 9); p . 77, I. 4 (désappro­bation), 1. 26 (Céligny: cfr. p . 84, 1. 18); p. 84, 1. 7 (obscurém ent); p . 87, 1. 13 e p . 150, 1. 17 (décidém ent); p . 89, 1. 30 (désagréables); p . 93, 1. 10 (eûtes); p . 96, 1. 28 (détrom perait) e 1. 35 (suspendît); p. 100, 1. 29 (réta­b lit); p. 102, t. 25 (grand’chose); pp. 107, 1. 13; 138,1. 16; 195,1. 8 (réussir); p. 108, 1. 9 (prétendues) e 1. 14 (précisém ent); p. 109, 1. 10 (persévérance), 1. 14 (régularité); p. 114, 1. 18 (opiniâtreté); p , 118,1. 10 (décret); p. 123,1. 1 (précédentes); p. 124, Î. 5 (gênée) ; p. 128,1. 2 (gîtes); p. 130, I. 29 (réservé); p. 137, 1. 10 (démesurément) ; p. 138, 1.29 (résigné), 1. 33 (am biguë); p. 140, 1. 16 e 144, 1. 22 (hôpitaux); p. 143, 1. 15 (préfère); p . 143, 1. 33; 164, 1. 16 e 189, 1. 23 (dédom m agem ent); p. 149, 1. 19 (âgée); p. 165, 1. 10 (écririez); p. 180, 1. 22 (spéculations); p. 184, 1. 13 (ancêtres); p. 195, 1. 24 (rendît); p . 208, 1. 16 (déshabituée); p. 209, l. 20 (félicité), 1. 33 (perpétuelles); p. 223, I. 4 (in tégrité); p. 234, 1. 15 (achèvera); p. 240, 1. 7 (réglée); p. 247, 1. 23 (régnez); p. 25!, 1. 10 (mère), 1. 19 (considérai); p. 253, 1. 6 (extrémité), 1. 9 (régénération); p. 254, 1. 23 e 300, p. 24 (représenteront); p . 260, 1. 8 (p ré ­sentai); p. 261,1. 25 (partageât); p. 267, 1. 10 (brièveté); p . 273, 1. 23 (s'em ­pêcher); p. 284,1. 6 (devînt); p. 289, 1. 5 e 303, 1. 26 (extrême); p. 297, 1. 17

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472 G. C. L. SISMONDI

(em m ènera); p . 301, 1. 21 (délais), 1. 34 (corrélation); p . 306,1.13 (entraîne); p. 336, 1. 30 e 338, 1, 16 (étrange) ; p. 338, 1. 12 (achèveront); p . 356, 1. 4 (réputait),

Pag, 3, n. 1. Da una le ttera di Mme de Staël al Sism ondi(da P arig i, 12 marzo 1301), che abbiam o trovato fra le Carte Sìsmondi a Pescia e che presto pubbli­cherem o insieme con altre , sem bra proprio cbe con questa lettera dei Si- smondi del 21 gennaio 1801 abb ia inizio la corrispondenza fra lo storico e la figlia di N ecker. f

P. 7, 1. 1: dixhuitièm e - l e g g i : dix-hu itiem e (cfr. p . 301, I. *14); 1.20: assujet­t i s - leg g i: assu jettis .

P . 13, n. 1. Su Marco Augusto Pictet — ed anche su P ierre P révost d i cui alla pag . seg., n. 1 — si veda quello che dice Benjamin Constant nel Journal in tim e (ed. P . R i v a l t Paris, 1928, pp . 77, 83 e 92).

P . 27, 1. 19: sen ta i - leg g i: sentais,P. 30, 1. 29 : rexte - leggi : reste.P. 34, 1. 5. Per lo Zacco, e per gli altri personaggi, specialmente del mondo ve­

neto, rim andiamo al cit. a rt. di T . L o d i , in C iviltà M oderna , soprattutto a pp . 607-20.

P . 38, I. 20: su ff r ir a i t - leggi so u ffr ira it.P. 45, 1. 21 : de p lu s - leg g i: le p lus.P. 48, 1« 5: je t té . Il Sismondi scrive spesso je t te r invece di je te r : cfr. pp . 87, 1.23

e 224, 1. 22. Analogam ente egli scrive rebu tter p er rebu ter (pp . 127, 1. 9 e 353, 1. 1), e aggrandir p er agrand ir (p. 109,1. 11 e 21): trattandosi di forme in lui abituali, e non di semplici sviste, in questi casi ed in altri analoghi non abbiam o voluto correggere .Invece, alla 1. 6 della stessa pag ., si corregga un ardeur in une ardeur.

P . 53, 1. 3 : i l en a i t - le g g i: i l en est.P. 59, l. 23: a u jo u d rh u i - leggi: aujourd 'hui.P . 64, 1. 24: B[eaurnhais] per B[eauharnais],P . 67. 1. 71 : qu'en a - le g g i: qu i en a.P . 71, 1. 26-31. P er l’ impressione che la Staël e Schlegel fecero a Padova, spe­

cialmente sul Cesarotti, sì veda M a r i o P i e r i , V ita , Firenze, 1850, 1, pp . 110-11.

P. 75, 1. 25: trouveriez - leg g i: trouverez.P . 81, l. 27: i l fa u t - le g g i: i l le fa u t .P . 84, 1. 23. P e r quanto forse sia superfluo (dato che la moglie di N ecker, Su­

zanne Curchod, morì nel 1794) ricordiam o che la Mme N ecker di cui si parla in questa ed in a ltre le ttere di questo volume, è la cugina di Mme de Staël, Mme A lbertine N ecker-de Saussure, autrice ù t\Y Éducation progres­s ive , traduttrice del Corso di A. G. Schlegel, che scrìsse anche q u e irim p o r­tante Notice su r le caractère e t les écrits de M m e de Staël, che precede Ted. del 182C delle opere della Staël. Sulla N ecker-de Saussure si veda Pop. di É t i e n n e C a u s s e , M m e N .-d . S . e t VÉducation progressive , Issy, 193!. Alla 1. 29 si legga irrita n tes invece di ir r ita n ts .

P . 96, 1. 19: le courriers - le g g i: ¿es courriers ; 1. 26: recomtnenderez - legg i: recom m anderez : 1. 34: que - leggi : qui.

P. 100, 1. 19: on n ’a u ra it - leg g i: on aurait.P. 102, 1. 15: avec de M . de M . - leggi : avec M . de M tP . 114, 1. 9 : va u t - leggi va u t-il.P . 115, 1. 4. Intorno a P. H . Mallet, di cui abbiam o parlato anche ne\\* In trodu­

zione, e che è spesso ricordato in queste le ttere , si può vedere il lavoro di H é l è n e S t a d l e r , P . H . M a lle t (1730-1807), Lausanne, 1924.

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EPISTOLARIO 4 7 3

P . 118, 1. 9 : O entsch - leg g i: Hentsch.P. 124, 1. 5 : catharre - legg i: catarrhe.P. 126, 1. 21: dévorcée - legg i: divorcée.P. 135, 1. 18: a tten d - leg g i: a ttends .P . 139, 1. 6 : K äm m en - legg i: Kommen. Abbiamo riprodotto i periodi in tedesco

(pp. 138-9) nella grafia originale del Sismondi, nonostante che qua e là lasci a desiderare (a p . 138, 1. 34 m anichfaltigen invece di m annichfa ltigen ; dopo il werden della 1. 3 di p . 139 sem bra aver dimenticato wird, ecc.), perchè può esser interessante per capire quale conoscenza avesse di quella lingua, che aveva studiato anche con A. O. Schlegel.

P . 145, 1. 17: < si è sforzata nella sua Corinne dì destare l’affetto per i’ Italia an­che nello suo stato presente ». Oiova richiam are l’attenzione su questa testi­monianza del Sismondi, che tanta parte ebbe nel rivolgere la Staël verso 1*Italia , perchè serve a chiarire ancor m eglio l’ interesse della Staël per il nostro paese, non considerato solo come « le pays des ombres >.

Nella stessa lettera, pag. seg., è interessante osservare una coincidenza significa­tiva: mentre in questa lettera del 1806 incita il Monti a scrivere «qualche opera straniera alle presenti occorrenze >, nella L ittéra tu re du. M id i de VEurope (cap. XXlI), rendendo om aggio al Monti, afferma che questi po­teva scrivere grandi cose « surtout si, ne consultant jamais q u 'une vraie inspiration, il ne sacrifie plus aux intérêts du m oment une réputation faite pour durer des siècles ».

P. 149, 1. 35: reconnaissances - legg i: reconnaissance.P . 159, 1. 4 : de sang - legg i: du sang.P. 160, 1.10: appla ti - le g g i: aplati.P. 161» 1. 8: j e s e n ts - legg i: j e sens {ch. p. 321,1. 25; 346, 1. 2).P . 162, 1. 5 : « Tout trouqué qu ’est le m orceau.... »: forse i tagli ai quali allude

il S. a proposito del suo articolo, erano stati fatti anche per ragioni poli­tiche, come lascia apparire l’accenno assai coraggioso che è rim asto al carattere italiano « capace anche d ’energia, benché latente e sopita per le circostanze politiche *. — Alla 1. 5 si co rregga trouqué in truqué.

P . 189, 1. 21 : verrez - leggi : venez.P. 191, 1. 19: cette-ci - legg i: celle-ci.P. 208, 1. 20 : fa u te s que - legg i: fa u te s qui.P. 209, 1. 18: apannages - leg g i: apanages; 1. 34: éritage - legg i: héritage.P. 223, 1. 10: r en o v e r- legg i: renouer.P. 225, 1. 27: au salons - leg g i: aux salons.P. 239. A proposito della fiducia che il Sismondi dimostra nella larghezza d ’ idee

del Conte di Zinzendorf, è assai curioso notare che divenne poi uno degli avversari più accaniti della S taël: J. A. H e n n i n g , L f A llem agne de M m e de S ta ë l e t la polémique rom antique , Paris, 1929, p. 183. — Alla 1. 10 si legga les Comtes invece di le Comtes.

P. 258, I. 22: sonnam bulism e - legg i: somnam bulism e.P. 289, 1. 11: m ai - le g g i: m ais.P . 327, 1. 4: lo ins - leg g i: lo in ; pardessus - leg g i: par-dessus.P. 329, I. 7. — II libro del quale qui si parla, e al quale — secondo quanto dice

la Contessa d ’Albany — la Staël non avrebbe più pensato, è naturalm ente V Allem agne.

P. 328, 1. 4 : quant - leg g i: quand,P . 330, n . 1 : Federico - leggi : Federica.P. 338, 1. 12: L otch - legg i: Loèche.P . 343, 1. 1 : b izzarre - leggi : bizarre .P . 346, 1. 15: p réc e p ts - leggi: préceptes.

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4 7 4 0 . C. L . SiSMONDI

P . 351, 1. 33 sgg . Q uesti versi del Pindemonte avevano colpito il Sismondi, so­prattutto venendo da un poeta che aveva molto viaggiato ; difatti li ricorda, traducendoli, anche nel cap. XXII cit. della Littérature du Midi.

P . 353, 1. 22 : joussances- legg i: jouissances.P. 354, 1. 18: pensement - legg i: pansement.P . 355, 1. 23 : circles - leggi : cercles.P. 366, 1. 12. II Sismondi parla di u n ’operazione che la Staël avrebbe dovuto su­

b ire : egli credeva realm ente che la scrittrice fosse m alata d 'id ro p is ia , r i­tenendo calunniose le voci secondo le quali si sarebbe trattato delle naturali conseguenze dei suoi rapporti con John Rocca. D ifatti la m alattia scomparve di lì a poco, quando la Staël ebbe dato alla luce il piccolo Alphonse. — Nella stessa linea si corregga et en fa u t in il en fa u t.

P. 368, 1. 24: dissipés - le g g i: dissipées.