eluana englaro: la contesa sulla fine della vita

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    MELTEMI

    Copyright © 2008 Meltemi editore srl, Roma

    È vietata la riproduzione, anche parziale,con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia,anche a uso interno o didattico, non autorizzata.

    Meltemi editorevia Merulana, 38 – 00185 Romatel. 06 4741063 – fax 06 [email protected]

    Francesco Galofaro

    ELUANAENGLARO

    La contesa

    sulla fine della vita

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    Indice

    p. 7 Introdu

    zione

    13 Capitolo primoStoria di Eluana

    Dall’incidente al 2000La decisione del padreMedicina contro dirittoLaici e cattoliciDal 2001 al 2004Terri, Eluana e AlessandroDal 2006 al 2007: un nuovo processoUna svolta: la sentenza della Cassazione del 2007La sentenza del 2008Verso la conclusione: il ricorso della Procura di Milano

    42 Capitolo secondoControver 

    sie generali

    Eutanasia: non è solo una questione di semanticaVita e morte nell’epoca del progresso tecnicoPiergiorgio Welby el’esperienza della propria morteLa posizione di Eluana e la sua ricostruzioneDifferenze tra cattoliciPossibili strategie di accordoStato vegetativo e coscienza

    62 Capitolo terzoIl discor 

    so medico

    Etica e medicinaEtica e linguaggio medico

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    Introduzione

    Nel momento in cui terminavo il volume, la vicenda terrena diEluana, per tanti anni sospesa tra la vita e la morte, è giunta alla

    propria conclusione. Per mesi ho scritto di lei al tempo presente,e ho deciso di mantenere il libro così. E’ un modo per ricordarla,e insieme con lei le circa duemila persone che in Italia ancoraversano in stato vegetativo permanente.

    Questo libro è dedicato a Eluana Englaro, un ragazza in statovegetativo dal 1992. Intendo ricostruire a grandi linee la suavicenda personale e quella della sua famiglia. Due problemi miinteressano: la tormentata vicenda giuridica che, dopo diecianni e innumerevoli ricorsi, ha portato alla sentenza della cor-te d’Appello di Milano e all’interruzione del sostegno vitale al-

    la ragazza; il dibattito sui giornali, le strumentalizzazioni delleopposte posizioni e il mutamento dell’opinione pubblica intor-no alle decisioni che riguardano la fine della vita in casi simili.Mi sono affidato agli archivi elettronici di «la Repubblica», del«Corriere della Sera» e dell’«Avvenire» per ricostruire l’interavicenda dal suo primo apparire sui quotidiani nazionali, e inparticolare il dibattito seguito alla sentenza del tribunale diAppello di Milano del mese di luglio 2008, nodo di svolta per la vicenda dei malati in stato vegetativo persistente in Italia.Ho tentato di evidenziarne le controversie etiche, politiche,giuridiche.

    La medicina come discorso integraleLo stato vegetativo persistente: Eluana secondo il suomedicoControversie e distorsioniIl dibattito scientifico

    84 Capitolo quartoIl discor so giuridico

    Un conflitto tra medicina e d irittoIl caso olandeseIl quadro europeoMedicina vs diritto

    102 Capitolo quintoIl discor so giornalistico

    Il ruolo dell’opinione pubblicaLa polemica come guerra

    Il nemicoStratagemmi giornalistici

    121 Capitolo sestoIl discor so cattolico

    La fine della vitaQuale testamento biologico e per chi?Un dibattito tra cattolici

    134 ConclusioniÈ possibile un accordo?

    139 Bibliografia

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    Esistono molte posizioni culturali rispetto a problemi tra loromolto diversi: l’origine e la fine della vita; la sperimentazione ge-netica; il rapporto tra scienza ed etica; il tema del controllo so-ciale sulla ricerca. Alla luce dei molti giudizi su questi temi, si

    può dire che esistano cattolici che condividono il punto di vistalaico e viceversa2; non solo: è impossibile affermare che esistaun’unica posizione laica o un’unica posizione cattolica. Dunquevanno spiegati i motivi di una tale estrema banalizzazione e del-l’impoverimento del dibattito. Partendo dalla constatazione so-ciologica per cui il conflitto avviene inevitabilmente tra due partinonostante la ricchezza delle posizioni3, la domanda è: perchéproprio queste due? Molte possono essere le cause dell’opposi-zione laicisti contro cattolicisti. Alcune non paiono avere attinen-za con la vicenda di Eluana Englaro, e sono piuttosto frutto diun tentativo di formare un consenso politico per la propria parte,

    o del conflitto per il monopolio delle coscienze, degli interessieconomici e professionali in gioco.

    La tecnica e il nostro rapporto con la vita

    La sentenza Englaro è una buona occasione per chiedersi comesia cambiato il nostro rapporto con la morte. Un tempo la mor-te era esperita come parte della vita quotidiana. Solo una fra-zione dei bimbi nati poteva arrivare in età adulta. Oggi, se unbambino muore alla nascita i genitori denunciano il medico.

    Emozioni a parte, molti di noi hanno della medicina l’idea diuna scienza infallibile, o di una forma di magia che fa tornare aposto le cose.Le pratiche mediche hanno cambiato la morte: essa non è più unfenomeno puntuale, ma durativo, progressivo e, in alcuni casi,indefinitamente dilatato nel tempo. Questo è ciò che è accadutoa Eluana Englaro: la natura, fosse stato per lei, l’avrebbe resamorta tempo fa, la cultura l’ha trattenuta in stato vegetativo per-sistente4. Una cultura medica tutt’altro che infallibile, che in casisimili può rimandare la morte ma non richiamare alla vita.Wojtyla, che pure era contrario all’eutanasia, scriveva:

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    Fallimenti

    Soprattutto, il libro riguarda una serie di fallimenti. Vi è in primoluogo il fallimento della medicina, che in questo caso si è rivela-

    ta incapace di perseguire il suo scopo morale: curare o, quandonon è possibile, alleviare le sofferenze del paziente. Abbiamo poiun fallimento giuridico, laddove il diritto entra in conflitto con ledecisioni mediche che riguardano la fine della vita. Un terzo falli-mento è di natura politica, poiché in tutti questi anni non si èpervenuti a nessun tipo di regolamentazione che riconcili diritto,medicina e opinione pubblica. Dietro questo fallimento ve n’èuno filosofico e morale che coinvolge tanto i laici quanto i catto-lici, incapaci di fornire risposte convincenti e condivise rispettoalla definizione stessa di vita umana , e che anzi hanno permessoun’ideologizzazione del dibattito intesa non all’accordo ma alla

    manipolazione dell’opinione pubblica. In Italia, un numero stima-to tra 2.800 e 3.360 persone in stato vegetativo sta pagando fal-limenti altrui sulla propria pelle1.

    Confronti

    In quanto autore è mia responsabilità dichiararmi laico; non èperò mia intenzione intervenire nella contrapposizione laici con- tro cattolici . Essa è fuorviante rispetto ai conflitti reali che ho ri-scontrato in questo caso. Per provare tutto questo, confronterò

    la vicenda di Eluana con quella dell’americana Terri Schiavo; esa-minerò il caso di Diane Pretty, che aiuta a comprendere le sceltedell’Europa rispetto alla fine della vita; ancora, il processo di le-galizzazione dell’eutanasia in Olanda e in Belgio, che ha antici-pato alcune discussioni di questi anni in Italia.

    Complessità e semplif icazioni

    Il dibattito che ha più spazio sui mezzi di informazione non ri-guarda laici e cattolici: coinvolge semmai laicisti e cattolicisti.

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    qui, nell’individuare e descrivere esattamente tali opposizioniper favorire il dibattito.Nell’interesse del lettore, il volume conterrà solo i risultati delleanalisi esposti in modo il più possibile chiaro e semplice, evitan-

    do il ricorso alla terminologia tecnica più ostica. Tuttavia, nelsemplificare la lingua, mi sforzerò di evitare ogni banalizzazione.

    È possibile un accordo?

    Forse non soddisferà tutte le parti in causa, ma un accordo èpossibile, scegliendo una strategia che parta da alcuni postulaticomuni. Uno di questi, il più importante e trascurato, è il ricono-scimento di uno spessore etico autonomo della medicina: preser-vare tale etica è necessario al funzionamento della medicina

    stessa. Al contrario, va bandita ogni interferenza politica, moraleo giuridica, tanto di matrice laica quanto cattolica, che porti allapratica tristemente nota come medicina difensiva : essa si haogni volta che il medico prende una decisione non finalizzata al-la cura o ad alleviare le sofferenze, ma per tutelare se stesso difronte alla legge o – aggiungiamo – alle strutture sociali di cui èparte e da cui dipendono carriera e futuro.Un’ultima osservazione: mentre scrivo queste righe la polemicapolitica si è prodotta nell’ennesimo deplorevole spettacolo, ungrave conflitto istituzionale tra la Presidenza della Repubblicae quella del Consiglio. Non credo di dover entrare nel merito

    di una vicenda che poco o nulla ha a che fare con i problemibioetici che sono il tema di questo libro, quanto piuttosto conla loro più cinica strumentalizzazione per perseguire scopi po-litici poco chiari. Noto solo che oggi, improvvisando, si tentain tutta fretta di arrangiare una legge qualsiasi, quando la no-stra classe politica ha avuto oltre vent’anni di tempo per legi-ferare sul testamento biologico, oltre dieci anni per uniformareil nostro ordinamento al protocollo di Oviedo, e, dopo la sen-tenza del tribunale di Milano di luglio, sette mesi in cui hapreferito boicottare in ogni modo l’esecuzione della sentenzapiuttosto che produrre una legge valida e cercare in

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    La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al sui-cidio o all’eutanasia; esprime piuttosto l’accettazione della condizio-ne umana di fronte alla morte (Wojtyla 1995, p. 98).

    Il problema suscitato da Wojtyla è ineludibile: la nostra culturaattuale sembra negare ostinatamente che la morte sia una partenormale della vita perfino da un punto di vista tecnico, impeden-do che i nostri cari se ne vadano naturalmente a forza di tubi,sonde e tracheotomie.A margine, notiamo un paradosso: le posizioni morali che, in li-nea con la tradizione, definiscono la vita in relazione alla natu-ra sono anche quelle meno interessate all’attuale fallimentodella tecnica, che tiene in sospeso la vita in modo assoluta-mente innaturale. D’altro canto, le posizioni cosiddette laichenon si pongono o quasi il problema del rispetto del fine eticodella medicina e della tutela del suo buon funzionamento.

    Dalla legge olandese sull’eutanasia alla legislazione inglese sulsuicidio, vedremo molti casi in cui una morale giuridica perfet-tamente laica confligge con le scelte di fine vita perfino quandointende favorirle.

    Il metodo

    Questo libro denuncerà tutti i casi in cui il dibattito è evidente-mente finalizzato al conflitto e non all’accordo. Si tratta di casi incui l’interlocutore di idee contrarie è costantemente delegittima-

    to, o lo è un’intera disciplina, o in cui si ricorre a sofismi o ad ar-gomenti illogici, come il confronto strumentale con altre storie dialtri pazienti, per suggerire analogie inesistenti. La mia discipli-na, la semiotica, aiuterà a indagare i motivi per cui nei mezzi dicomunicazione di massa l’esempio retorico e la logica narrativaprevalgono sulla corretta informazione.Ma quand’anche la volontà di scontro venisse messa tra paren-tesi per favorire il dialogo, questo non sarebbe affatto sempli-ce: intorno alla definizione più generale di vita, di terapia, dieutanasia esistono disaccordi reali generati da disaccordi suinostri valori più profondi. La semiotica può essere utile anche

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    Capitolo primoStoria di Eluana

    Dall’incidente al 2000

    Eluana Englaro aveva vent’anni. Il 18 gennaio 1992 un incidentestradale la conduce in un ospedale di Lecco. È in coma profon-do, la seconda vertebra è lesionata. I medici provano a rianimar-la, ma i tentativi la relegano in uno stato chiamato “vegetativo”.Non si è più riavuta fino a oggi.I medici dicono che il tronco cerebrale è ancora vitale. Eluanarespira autonomamente, e ha un ciclo sonno-veglia. Per mangia-re e per bere dipende da una macchina, ma se stimolata rispon-de ancora: si tratta di semplici riflessi che non hanno a che ve-dere con la coscienza. Per quanto riguarda la sua personalità, lesue convinzioni, la capacità di riflettere e decidere, di amare eodiare, lei non ne è più capace. La porzione del cervello chepresiede a una parte così importante della nostra vita non pre-senta alcuna attività: questa parte di lei non c’è più. Nelle paro-le di Carlo Alberto Defanti, il neurologo di Niguarda che ha se-guito la ragazza,

    Il trauma ha causato l’interruzione dei collegamenti fra la Cortecciacerebrale e i centri nervosi sottostanti. È come se la Corteccia, sededei processi cognitivi, sia isolata dal mondo: non è più in grado diricevere stimoli esterni né di comandare i muscoli del corpo. Il troncocerebrale continua invece a funzionare, come dimostra il persisteredella respirazione spontanea1.

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    Parlamento un accordo che rappresentasse la pietà, il comunesentire e il senso morale del popolo italiano. L’ennesima ban-carotta della civiltà.

    Questo libro è stato scritto nell'ambito del progetto del ConsiglioNazionale delle Ricerche "Etica della ricerca medica in Europa",Promozione Ricerca 2005.

    1 Cfr. Migliaia come Eluana. E l’assistenza è a casa , «Corriere della Sera», edizione

    on line, 19 luglio 2008.

    2 Mi riferisco soprattutto al “popolo cattolico”, così come esso è fotografato in in-

    numerevoli sondaggi di opinione che si sono susseguiti in tanti anni. Esistono tut-

    tavia anche voci intellettuali, per quanto minoritarie e fuori dal coro, come Hans

    Küng o, in Italia, Vito Mancuso. Si veda l’articolo Il teologo Mancuso: libertà di scel- ta punto d’incontro tra laici e cattolici , «Corriere della Sera», 22 luglio 2008, p. 14.

    3 Cfr. “La teoria multidimensionale del conflitto e la stratificazione ”, in Collins 1988.

    4 Si veda la d ichiarazione di Carlo Alberto Defanti, neurologo dell’ospedale

    Niguarda: “Non c’è nessuna spina da staccare: il paziente respira, il suo cuore batte

    da solo. Questi casi esistono solo da una ventina d’anni: sono i ‘sottoprodotti’ del-

    le terapie intensive” (in Una tessera per lasciarsi morire , «Corriere della Sera», 15

    giugno 2000).

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    derà svariate volte negativamente e che darà vita a un numeroelevatissimo di ricorsi.

    Medicina contro dir itto

    Il 2000 è un anno di svolta. La storia diviene di dominio pubbli-co, suscitando una discussione molto accesa tra medici, politici,giuristi. Infiniti gli argomenti del dibattito giuridico e giornalisti-co: se il padre abbia l’autorità per staccare la spina o se il suocoinvolgimento renda necessaria la valutazione di un estraneo;se la nutrizione artificiale costituisca o no un caso di accanimen-to terapeutico e perfino se si tratti di una terapia; se sia possibi-le ricostruire la volontà di Eluana e se questa debba essere tenu-ta in considerazione; se sia da considerare viva nonostante tut-

    to, in uno stato di disabilità grave; se debba considerarsi in sta-to vegetativo persistente o permanente, dunque irreversibile;perfino se soffra o sia serena, se non permanga da qualche parteun barlume di coscienza, e se, nonostante dopo sedici anni leprobabilità siano infinitesimali, non possa accadere il caso di unrisveglio. Si tratta di una serie di storie possibili con protagoni-sta Eluana raccontate dai mass media; la storia reale, come oggisappiamo, non è andata così.La macchina narrativa mediatica si mette in moto. Essa funzionaper analogie e per opposizioni: talvolta le coglie nella realtà cheracconta, talaltra le costruisce ad arte.

    Fin dall’inizio si delinea uno scontro tra medicina e giurispruden-za dal punto di vista dell’individuazione delle responsabilità. Imedici non staccano la spina in assenza di una legge che li tute-li; d’altro canto il tribunale di Lecco e la Corte d’Appello diMilano nel 2000 respingono la richiesta di Englaro: se l’alimenta-zione forzata fosse una terapia, allora il padre avrebbe le proprieragioni nel considerarla una forma di accanimento; ma poichénel mondo scientifico non c’è accordo su questo punto, la sua ri-chiesta non può essere accolta5. Per uno strano paradosso, dun-que, i medici non intervengono per colpa dei giudici; ma costoronon permettono ai medici di intervenire per colpa dei medici

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    Insomma, biologicamente Eluana è viva, come è vivo il più bellodei fiori. Ma la biologia non è tutto, nemmeno in medicina. In unsalmo della Bibbia è Davide a porre la domanda al proprio dio:che cos’è l’uomo che tu n’abbia memoria? E il figliuol dell’uomo

    che tu ne prenda cura?

    La decisione del padre

    Nel 1996 Beppino Englaro, padre di Eluana, si rende conto cheper la figlia non c’è altro da fare. Si rivolge allora ai medici, chie-dendo loro di staccare la spina. I medici rifiutano. In tali casi, aquanto pare, l’ipocrisia diventa regola. Nelle sue parole:

    Non puoi pretendere che lo facciamo noi, fallo tu, mentre io mi giroe non ti guardo2.

    Il medico finge di non vedere mentre qualcun altro si prende laresponsabilità legale di porre fine a un’esistenza: dopotutto lalegge (laica) non distingue un caso come questo da un omicidio.Dunque non è solo un problema di obiezione di coscienza; è larealtà dell’eutanasia praticata in clandestinità in ogni paese,Italia compresa. E però la medicina deve proporre qualcosa, vi-sto che lo stato vegetativo è l’esito non voluto di un tentativo dirianimazione non riuscito3.In ogni caso, Beppino Englaro non si rassegna: insieme a gruppidi giuristi e bioetici laici elabora una strategia che lo porta, nel1997, a ottenere la tutela della figlia. Spiega l’avvocato MariaCristina Morelli, che assiste Englaro:

    Una persona minorata non gode del diritto di esprimere il consensoinformato alle cure che spetta a tutti i cittadini (…). Tale sperequazio-ne va colmata con la nomina, appunto, di un tutore. Il tutore integracome una protesi la mente obliterata di Eluana e compie per lei lescelte migliori, evitando la delega totale ai medici4.

    Comincia una battaglia legale per il diritto di Eluana a terminaredegnamente la propria vita, una battaglia cui il tribunale rispon-

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    2001). Nulla di cui stupirsi che questi casi si nutrano di storie econtrostorie: se la storia di Eluana commuove, commuovono al-lo stesso modo anche storie in cui i familiari non rinunciano al-la speranza, per quanto illogica, disperata e non sorretta da

    evidenze scientifiche.

    Laici e cattolici

    Nel Duemila il padre di Eluana scrive al Presidente dellaRepubblica. Il caso approda ai giornali e all’attenzione dell’opi-nione pubblica, ed è discusso da medici autorevoli comeVeronesi, giuristi come Zagrebelski e Rodotà, uomini politici co-me Manconi e Bindi, intellettuali e autorevoli esponenti dellaChiesa cattolica.Ora, è sciocco chiedersi chi tra laici e cattolici abbia aperto ilfuoco. Nel momento in cui la questione è divenuta politica, si èperseguito lo scontro e non la sintesi. Questo è accaduto suigiornali prima che la questione approdasse in Parlamento, cometestimoniato da un intervento di Veronesi, medico illustre e allo-ra ministro della Sanità:

    C’è il rischio, per non dire la certezza, di uno scontro laici-cattolicicome quello in corso sulla procreazione assistita. Da noi trattare certitemi è evidentemente più difficile che in altri paesi. Non vedo peròperché nazioni come la Svizzera o l’Olanda possano avere affrontatocivilmente la questione dell’eutanasia mentre noi dovremmo rimaner-

    ne fuori, quasi fossimo immaturi11.

    Come tradizionalmente accade, è il modo stesso in cui la profe-zia è formulata a farla avverare. Da un punto di vista cattolico,per lo meno quello espresso dalle autorità, l’eutanasia è un te-ma molto delicato e la Svizzera e l’Olanda non sono certo dueesempi positivi; tuttavia, sulla fine della vita le posizioni dellaChiesa cattolica hanno sempre espresso un certo qual possibili-smo, al contrario di quel che avviene rispetto alla procreazioneassistita. Talune posizioni di politici e medici cattolici sonoinoltre utili allo scopo di migliorare la situazione sanitaria dei

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    stessi. L’unico punto che accomuna giudici e medici è che nessu-no in questa storia vuole assumersi le proprie responsabilità. Adibattito esploso sui quotidiani, Aldo Pagni, allora presidentedella Federazione degli Ordini dei medici, a proposito dell’euta-

    nasia parlò di

    problemi che non hanno soluzioni poiché sono anni che esistono, intutto il mondo, e nessuno mai ha trovato loro una risposta che, cre-do, non si troverà mai6.

    Comprendiamo la necessità di rappresentare medici dalle convin-zioni etiche più diverse. È positivo che almeno ammetta il pro-blema il sommo rappresentante di quanti, in scienza e coscienza ,sarebbero moralmente obbligati a fornire risposte a pazienti e fa-miglie.Apparentemente ingenua e appartenente alla nostra esperienza

    quotidiana, l’analogia, il paragone, è in realtà una figura retoricala cui efficacia è pari alla sua semplicità. Cosa dimostra da unpunto di vista logico l’esistenza di storie simili, per un qualcheparticolare, a quella di Eluana, e per il resto diametralmente op-poste? Evidentemente nulla, eppure i giornali di opposte fazionisi sono nutriti di controstorie: anche il quotidiano laico «laRepubblica» ne ha raccontate fin da subito, storie di famiglie dipazienti in stato vegetativo, famiglie che tuttavia non hanno per-so la speranza7. Il «Corriere della Sera» non è stato da meno8.Non si astenne né si astiene la stampa cattolica9. «Panorama» ri-portò le dichiarazioni di Montanelli, che alludevano alla propria

    triste esperienza personale. Stretto un patto di reciproco aiutocon una persona cara,

    ho cercato un medico, ho provato. Non ce l’ho fatta a mantenerequella promessa. Non ce l’ho fatta a dimenticare quegli occhi10.

    L’appello al sentimento non è in fondo nemmeno un fenomenostrettamente attinente al mondo del giornalismo: la neuroscien-za più recente ha provato come le reazioni emotive siano ilpunto di partenza di un processo di razionalizzazione al cui ter-mine vi è un giudizio morale (cfr. ad esempio Greene et al.

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    questo caso, quella di uno Stato-leviatano che si fa arbitro dellavita e della morte dei propri cittadini.Contro l’intervento legislativo si schiera anche Elio Guzzanti, medi-co romano, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, mini-

    stro della Sanità del Governo Dini17

    . Egli sostiene che, da un puntodi vista scientifico, i pazienti in stato vegetativo sono vivi, e che lascienza non ha dimostrato l’assoluta impossibilità di una ripresa.Come molti medici cattolici intervenuti nel dibattito, Guzzanti nonrende un buon servizio alla cultura scientifica. Parole come “asso-luto” o “certezza” non pertengono alla scienza. Se essa ha unpregio, è al contrario quello di aver continuamente ridiscusso i ri-sultati provvisori cui era pervenuta. Facciamo un esempio trattodall’oncologia: dopo il trattamento terapeutico, il paziente ha unacerta speranza di vita, che è una media statistica. Se tale media ècinque anni, questo non esclude che vi sia chi ne vive dieci, oquindici, o venti. Non esistono altri strumenti per prevedere quan-to potrà ancora vivere un paziente: gli sforzi della ricerca si con-centrano (o dovrebbero concentrarsi) sul prolungamento di que-sta media. Allo stesso modo, il dibattito sullo stato vegetativopersistente o permanente che dir si voglia mi pare poco scientifi-co: l’unico dato in nostro possesso è una media statistica dei casiche si sono riavuti dopo un anno. Ma una probabilità, per quantoaltissima, che questo non accada non vuol dire certezza assoluta.Qui la logica scientifica cede il passo a una logica di caratterenarrativo, con cui la medicina ha quotidianamente a che fare nelcaso del consenso informato: ad esempio, chi effettua un esamebanale come una TAC con mezzo di contrasto deve essere messoa conoscenza che esiste una probabilità, per quanto bassa, direazione allergica al mezzo di contrasto. Certo deve essere unamagra consolazione per il paziente cui capita di morire.Nel nostro caso, la logica narrativa si innesta sulla domanda: ese uccidessimo qualcuno che avrebbe potuto riprendersi? Nelleparole di Guzzanti la storia è espressa nei termini più crudi:

    Se venisse staccata la spina con più facilità ben presto – teme l’ex ministro – sarebbero in molti a dubitare sulla legittimità di questascelta, pensando che si è fatto morire chi forse aveva una possibilitàdi salvarsi per espiantare organi da trapiantare18.

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    malati terminali – pensiamo all’insistenza sulle cure palliative.Ma è soprattutto il popolo cattolico a non schierarsi con la pro-pria Chiesa: un sondaggio datamedia rivelò che il 68% degliitaliani era favorevole alle posizioni del padre12. Tutti non cre-

    denti? È il luogo comune, e non il pensiero critico, a proclama-re che “tanto siamo sempre un paese cattolico”, e ad addossa-re ai cattolici le responsabilità di tutte le sciagure storiche chehanno afflitto l’Italia negli ultimi 2000 anni offendendo la sensi-bilità di potenziali interlocutori. Strategia suicida se si vuole unaccordo – sarebbe come insultare una persona subito prima diproporle un matrimonio, o offendere qualcuno con cui abbiamoin mente di concludere un affare – e che trova la propria giusti-ficazione molto lontano dalle vicende della famiglia Englaro: inepoca di scontro culturale, si serrano i ranghi da una parte edall’altra, come vedremo.Le reazioni cattoliche non tardano: il professor Adriano Pessina,docente di Bioetica all’università Cattolica, chiede le dimissionidi Veronesi da ministro e si dichiara scandalizzato dalla suadisinvoltura, perché aiutare Eluana Englaro significa, secondolui, commettere “eutanasia attiva: cioè omicidio”13. Questa pri-ma affermazione è già indicativa di come, all’origine del dibatti-to sull’eutanasia, vi siano due opposte concezioni della vita sulpiano dei valori profondi e del significato, su cui torneremo. Maanche più interessanti sono alcune argomentazioni di parte cat-tolica pubblicate in quei giorni. Fin dall’inizio Rosy Bindi e ilcardinale Ersilio Tonini, membro della consulta di bioetica, sem-bravano contrari non tanto all’eutanasia, quanto al fatto di le-

    giferare sull’argomento14. Tonini ne esprime bene il motivo inquesta dichiarazione:

    Dare poi allo Stato, attraverso una legge che regolamenti l’eutanasia,il diritto di intervenire sulla vita sarebbe gravissimo: lo Stato nonpuò essere padrone della vita e tanto meno della morte dinessuno15.

    Come si vedrà meglio in seguito, gli interventi di parte cattolicainsistono poco su questioni di fede. Piuttosto, le argomentazionifanno leva16 su paure radicate anche tra quanti non credono: in

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    tratta di terapia, conclusione accolta da polemiche22. Dunque,in casi come quello di Eluana Englaro è possibile parlare di ac-canimento terapeutico, proibito dal codice deontologico deimedici italiani. Inoltre, in marzo, l’Italia aveva ratificato l’ade-

    sione alla Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicinadel 1997, nota come Convenzione di Oviedo, che merita unanota a parte (vedi anche più avanti, pp. ?? ).L’Unione europea ha sempre evitato di esprimersi sull’eutana-sia. Questo è il senso della sentenza emessa dalla Corte euro-pea per i diritti umani sul caso Pretty, che sancì la non intro-missione giuridica dell’Unione nelle scelte degli stati membri23.E infatti la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicinanon nomina neppure l’eutanasia, limitandosi a ribadire il dirittodel paziente al consenso informato per qualunque terapia me-dica. Ma questo elemento viene sfruttato da Veronesi in riferi-

    mento al caso Englaro: secondo la convenzione, il paziente de-ve esprimere il consenso informato; se non è in grado di espri-merlo, il suo legale rappresentante ha titolo per prendere ladecisione; inoltre, nei limiti del possibile, deve essere ricostrui-ta la volontà precedentemente espressa dal paziente24. Questopermette allo stesso Veronesi di spostare il dibattito sulle defi-nizioni: non si tratterebbe di eutanasia, come temuto dai catto-lici, semmai di un caso in cui si evita l’accanimento terapeuticograzie al consenso informato25. Naturalmente, nulla di tutto ciòè servito a mutare la situazione.Di Eluana e di suo padre si torna a parlare nel 2002. In questo

    caso è quella di Eluana a essere una “controstoria”, citata aproposito del caso di Ezio Forzatti, ingegnere di Monza, che nelgiugno aveva staccato il respiratore alla moglie morente26.L’assoluzione della Corte d’Assise arrivò dopo che Forzatti erastato condannato in primo grado a sei anni. È solo un esempiodi cosa può significare assumersi la responsabilità di un attodel genere in assenza di leggi. È pensabile che un medico siassuma un tale rischio, e che veda rovinata la propria famiglia,macchiata la propria reputazione, infranta la propria carriera?Ecco perché tutte le problematiche poste dalla fine della vitasono a rischio di medicina difensiva : è molto chiaro che, non

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    Ha carattere narrativo anche l’interpretazione di quel che passe-rebbe nella mente di un paziente tanto enigmatico, partendo dasegni e dalla nostra relazione con lui o con lei. Ad esempio suor Albina, che si prende cura di Eluana, ha rilasciato le seguenti di-

    chiarazioni:

    La portiamo in giardino, a volte sembra quasi che ci sorrida (…).Dopo undici anni è diventata una di noi19.

    Molti incubi di questo genere agitano paradossalmente i sognidei favorevoli e dei contrari a cessare le cure: la prospettiva diessere ancora vivi e coscienti ma non in grado di comunicarecon il mondo esterno; la prospettiva di essere prigionieri di unasofferenza senza fine. Pare evidente il legame con i miti della no-stra cultura, con le storie di fantasmi tradotte in innumerevoli

    racconti e opere cinematografiche.

    Dal 2001 al 2004

    Il dibattito sul caso Englaro, secondo una dinamica giornalisticaben nota, è di tipo carsico. Nel 2000 i media cessano di interes-sarsi alla storia quando Luigi Manconi deposita un progetto dilegge in Parlamento, da discutersi “prima delle ferie estive” – diquale anno, però, non è dato sapere20. Nel frattempo, Eluana èancora nutrita artificialmente e suo padre procede nella propria

    battaglia legale.L’anno seguente è Luigi Manconi a sollevare ancora il caso pres-so il ministro Veronesi21. Naturalmente il Parlamento non avevafatto un solo passo avanti e il Governo era giunto ormai al capo-linea elettorale.Nel frattempo erano accaduti due fatti. Il primo: per risolvere idubbi suscitati dal tribunale di Milano rispetto alla natura tera-peutica dell’alimentazione forzata, Veronesi aveva istituito ungruppo di studio sull’idratazione e la nutrizione nei soggetti instato vegetativo permanente formato da neurologi, giuristi efilosofi. Il lavoro del gruppo perviene alla conclusione che si

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    Ter ri, Eluana e Alessandro

    Il 2005 è per molti versi un anno cruciale. In marzo, infatti, scop-pia il caso Terri Schiavo. Siamo a Pinellas Park, in Florida. Di

    fronte a una piccola clinica, il Woodside Hospice Villas, si sonoradunati alcuni manifestanti con cartelli, foto del papa, simboli didiverse religioni. Capitanati dal reverendo protestante PatMahoney, pregano, suscitando un caso mediatico. Quanti sono?Fin dall’inizio erano di più i giornalisti, scrive «la Repubblica»30.Se si fosse trattato di un raduno interreligioso il caso non sareb-be certo approdato sui giornali di mezzo mondo. Ma nella clinicagiace Terri Schiavo, da 15 anni in stato vegetativo persistente.Dopo una lunga battaglia legale il marito ha ottenuto il permes-so di sospendere l’alimentazione forzata, nonostante l’opposizio-ne della famiglia di lei. Contro questa sentenza si schierano ilpadre e il fratello della donna, e una serie di associazioni religio-se americane pro-vita.La storia nasce in sordina sui giornali e fin dall’inizio è letta inchiave politica: su «la Repubblica» comincia in un trafiletto dipolitica estera:

     Jeb Bush, il fratello del presidente Usa, perde la sua battaglia control’eutanasia. La Corte Suprema ha respinto l’appello del governatoredella Florida, che chiedeva ai giudici di far tornare in vigore una leg-ge, varata nel 2003 e poi annullata, per tenere in vita Terri Schiavo,una donna in coma da 15 anni che il marito Michael vuol lasciar mo-rire. Adesso, il marito della Schiavo ha di nuovo il potere di far stac-

    care le macchine che tengono in vita la donna31.

    Come si vede, la notizia non mette a fuoco quello che sarà ilnodo centrale delle polemiche successive, ossia il diritto delmarito a cessare l’idratazione e l’alimentazione a Terri Schiavo.Il focus è invece sul fratello del presidente USA, e sulla decisio-ne della Corte Suprema che gli dà torto. Tante sono le piccoleimprecisioni: Terri Schiavo non era in coma, ma in stato vegeta-tivo persistente, proprio come Eluana Englaro; nel caso dellasospensione dell’alimentazione, non vi è alcuna spina da stac-care. È evidente come l’articolo dia una rappresentazione del

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    assumendosi responsabilità, il medico si tutela rispetto allericadute giuridiche di un qualsiasi intervento; solo in alcunicasi segue davvero la propria morale.Nel 2003, la strategia messa a punto da Beppino Englaro,dai suoi avvocati e dal ministro Veronesi approda ai banchidel tribunale. Sembra una macchina a orologeria, predispo-sta per indirizzare l’ermeneutica giuridica. In assenza di unaspecifica legge sulla fine della vita, il caso può essere co-munque giudicato come accanimento terapeutico, privo per di più del consenso informato. Ma la strategia naufraga: laCorte non si prende responsabilità, ma esprime una per- plessità su cui i giornalisti non possono che ironizzare27.Dopo 12 anni, il cittadino Englaro non ha diritto a una ri-sposta giuridica perché i giudici milanesi Ruggero Pesce,Augusta Tognoni e Gloria Servetti preferiscono scaricareogni responsabilità sul potere legislativo:

    Il legislatore ordinario individui e predisponga gli strumenti ade-guati per l’efficace protezione della persona e il rispetto del suodiritto di autodeterminazione.

    Questo è quanto scrivono in sentenza28. I giudici, come imedici e i politici, sono anche donne e uomini, non tutte enon tutti coraggiosi. Tuttavia, è pur vero che se decisionidel genere fossero affidate alle interpretazioni contrastantidelle diverse Corti, in assenza di una legge nulla assicure-rebbe la coerenza di tali interpretazioni. Avremmo l’arbitrio,

    e non il diritto. Dunque anche sulla politica gravano pesan-ti responsabilità: in questa storia nessuno può ritenersi as-solto.La via giudiziaria ha subito uno stop temporaneo, maGiuseppe Englaro prosegue nella propria battaglia continuandoa ricordare il caso alle coscienze e all’opinione pubblica29.Scrive alle più alte cariche dello Stato (ricevendo risposta soloda Ciampi) e lavora ancora a stretto contatto con la Consultadi Bioetica milanese, che nel 2004 promuove un convegno sul-le possibili risposte giuridiche a casi come quello di Eluana;niente di nuovo sui fronti legislativo o giudiziario.

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    E gli agenti della polizia rafforzano la guardia intorno all’ospedale.Da ieri hanno anche i cani. Non si sa mai. Qualcuno potrebbe sempretentate di “liberare” Terri37.

    Così il soggetto della protesta si carica di valori negativi; vieneanche individuata una gerarchia di manipolatori38 dai fini poconobili:

    I fratelli Bush, governatore e presidente, hanno abbandonato gliestremisti religiosi in quest’ultima crociata. A parole si dispiacciono,ma entrambi ormai già rieletti e, dunque, senza alcuna necessità diconservare l’appoggio degli evangelici, non hanno nessuna intenzio-ne di schierarsi contro i giudici. Né contro la stragrande maggioranzadel paese che, nonostante l’influenza delle lobby cristiane, è assolu-tamente contraria a un intervento dei politici nel caso Schiavo39.

    Lo scopo di tutta la campagna sarebbe politico:

    la destra religiosa l’ha scelta come terreno della sua crociata per lavita a ogni costo perché lo scontro tra i genitori e il marito era unatragedia classica, servita su un piatto d’argento40.

    Come vediamo, anche qui prevalgono una rappresentazione nar-rativa dello scontro e un’attribuzione manichea dei ruoli di prota-gonista e antagonista più degna di un film americano che di unariflessione sull’etica della medicina e il diritto di porre fine allapropria esistenza. Il quotidiano, infatti, scommette sul contratto

    fiduciario che ha con il proprio lettore, e non tenta neppure diportare argomentazioni mediche o giuridiche a favore della sen-tenza Terri Schiavo: non tenta di convincere, si rivolge a chi è giàconvinto.Da quel momento, Eluana Englaro diviene nelle parole di tutti “laTerri Schiavo italiana”. Certo, una differenza fondamentale è chesulla decisione di interrompere la terapia vi fosse uno scontroentro la famiglia Schiavo. Ma le analogie sono innegabili: in en-trambi i casi sono state sollevate illazioni di cattivo gusto sullepossibili motivazioni economiche della richiesta41; accusa chepurtroppo si è letta, apertis verbis o tra le righe, anche a propo-

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    caso attraverso una serie di espressioni stereotipate e ipercodi- ficate 32 nella nostra cultura, un problema che non è solo gior-nalistico, ma che coinvolge anche le narrazioni e le contronar-razioni di quanti partecipano al dibattito: opposte rappresenta-zioni spesso dipendono più dai nostri stereotipi che dalla si-tuazione. Diversamente dal caso italiano, alla decisione del ma-rito si opponevano i familiari di Terri, il padre e il fratello: unacomplicazione notevole.È sempre in una pagina di politica estera che «la Repubblica»inserisce le dichiarazioni di mons. Elio Sgreccia a nome della“Pontificia accademia per la vita”. Sgreccia sottolinea la crudel-tà della morte per sete e pare attribuire la responsabilità delladecisione più al giudice che al marito, ridotto al rango di pro-motore dell’istanza:

    Tale decisione va contro i diritti della persona e costituisce pertan-

    to un abuso dell’autorità giuridica33.

    Come si vede, si tratta di uno spettro già agitato nel caso diEluana Englaro, ossia quello dello Stato che si fa arbitro dellavita e della morte. Lo stesso timore è espresso in maniera piùrozza dai manifestanti anti-eutanasia nel caso Schiavo, quandoparagonano i giudici ai nazisti34.Ecco come l’inviato de «la Repubblica» giudica quanti manife-stano contro la sospensione dell’alimentazione a Terri Schiavo:

    Ormai per quel mezzo centinaio di estremisti religiosi raccolti in at-

    tesa all’ingresso della clinica si tratta di una lotta contro iltempo35.

    In realtà non si tratta di fanatici. Tra loro ci sono esponenti del-la religione evangelica e cattolici che agitano cartelli con frasidel papa, come padre Tadeus Malanowsky, un semplice preteche improvvisa una messa all’aperto alla notizia della morte del-la ragazza; c’è il rabbino Asher di Brooklyn e il suo assistente,Ray Shoua36. Più che di un raduno di fanatici sembra trattarsi diun momento di preghiera ecumenica; tuttavia il discorso delquotidiano accentua gli aspetti di pericolosità del gruppo:

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    e non parlava, ma era cosciente: comunicava tramite battiti di ci-glia. Non importa: in casi come questi, l’interpretazione di gestiminimi, dettagli, divengono determinanti per la relazione con ifamiliari, gli amici, il personale medico e paramedico44. Nel casodi pazienti in stato vegetativo, il comportamento del paziente –del tutto involontario – non viene neppure interpretato , ma sem-plicemente usato per stabilire la relazione45.Una storia come tante altre storie di sofferenza, una sofferenzache di solito non è neppure sufficiente perché i giornali trattino ilcaso. E se l’opinione pubblica non è al corrente, la politica non ècostretta a intervenire con aiuti, sussidi, ecc.Solo che Ferrario era amico di Eluana Englaro. Nel 1991 la ragazzaera andata a trovarlo in ospedale. Nella testimonianza di un’ami-ca, era rimasta sconvolta. Si era recata in chiesa e aveva pregato.Sì, perché Eluana era credente: aveva frequentato scuole cattoli-

    che ed era studentessa alla Cattolica di Milano quando rimasevittima del suo incidente. Questo fatto è spesso menzionato daicommentatori di parte cattolica per chiedere il rispetto della suafede. Ma quel giorno, in chiesa, Eluana aveva pregato per lamorte dell’amico. La posizione di Eluana non è molto diversa daquella di una grossa fetta del popolo cattolico:

    Preferirei morire che continuare a restare in un letto incapace di in-tendere e di volere46.

    Difficile riconoscere ai vertici ecclesiastici un qualche diritto a so-stituire la propria posizione ufficiale al giudizio del fedele. Dalcaso di Eluana emerge piuttosto come nessuna istanza morale,politica, giuridica sia riuscita a rappresentare le posizioni mag-gioritarie nell’opinione pubblica.

    Dal 2006 al 2007: un nuovo processo

    Giammai . Un avverbio contenuto nella nuova sentenza dellaCassazione sul caso Englaro che in qualche modo ne riassume ilsenso:

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    sito del caso Englaro; interessante, poi, che la polemica sia stataportata su un piano scientifico o pseudoscientifico in entrambi icasi. Il padre di Terri simula un “risveglio”:

    il padre di Terri ha annunciato di averla sentita dire “Voglio vivere”.Un ricorso che ha costretto la Corte a decidere di riunirsi d’urgenzanella notte42.

    Meno goffamente, i movimenti pro-life consegnano alla magistra-tura uno studio di William Chesire. Si tratta di un neurologo, no-to anche come attivista religioso, il quale sostiene che Terri nonsi trova in uno stato vegetativo permanente, ma esprime un bas-so livello di coscienza. Non si tratta di studio diretto, ma effet-tuato sui video di Terri: ovviamente la cosa non ha alcun fonda-mento scientifico, ma ogni volta che si dibatte di questi temiqueste voci trovano, secondo la logica mediatica, spazio uguale

    se non maggiore di quello riservato a un’informazione corretta econtrollata. Il risultato è inevitabilmente la delegittimazione dellamedicina agli occhi dell’opinione pubblica priva di cultura scien-tifica e di categorie per discernere e scegliere le posizioni piùfondate. L’impressione è che esistano una medicina religiosa euna laica; naturalmente, quanto più la medicina è delegittimata,tanto più facile è spostare il dibattito su un piano giuridico, poli-tico, morale.Ma lo studio di Chesire è interessante sul piano narrativo: è un mo-do per oggettivare un racconto, che nasce dalla domanda “e sefosse ancora cosciente?”. Gli americani chiamano questo genere di

    storie “What if …”. Cosa sarebbe successo se Hitler avesse vinto laguerra? Cosa potrebbe accadere se ci colpisse un meteorite?Spesso queste domande sono controfattuali privi di logica43, eppu-re sono potenti generatori di narrazioni. È chiaro che organizziamola nostra esperienza quotidiana su basi narrative molto più potentidi quanto non siano le categorie proposte da filosofi e scienziati.

    Il 2005 è anche l’anno in cui muore Alessandro Ferrario, dopo 14anni passati in un letto dell’ospedale di Lecco. Aveva fatto la na-ja tra i carabinieri ed era appena stato congedato quando, il 17febbraio del 1991, era caduto dalla moto. Non era autosufficiente

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    mai accettato di vivere in uno stato simile49. Non serve a molto.Il ragionamento della Corte è interessante, e si basa su tre punti:

    1. Lo stato di Eluana non è quello di una morte cerebrale, perché inparte il cervello è ancora vivo.2. Dunque non alimentarla equivale a una “eutanasia indiretta omis-siva”.3. La Costituzione tutela ogni forma di v ita umana, non solo quelledegne di essere vissute.

    Il secondo punto è specialmente interessante, perché marca unadistanza abissale tra pratiche mediche e diritto. Nella nostra tra-dizione giuridica, come in quella di molti altri paesi, non interve-nire per salvare una vita equivale a causare la morte, come nelcaso di chi non si ferma ad aiutare la vittima di un incidented’auto. Ma nella pratica medica, le cose stanno diversamente,

    per tutte le decisioni che riguardano la fine della vita. In molticasi il medico non interviene: ciò accade quotidianamente in ri-animazione, dove è il medico di guardia in quel momento a do-ver decidere se intervenire o no, in scienza e coscienza ma senzaconoscere il paziente, la sua fede e la sua volontà, senza alcuntestamento biologico a tutelare chi chiede di essere lasciato mo-rire e chi al contrario vuole la propria vita tutelata a qualsiasiprezzo. E quando l’oncologo sospende la chemioterapia e decidein favore di cure palliative, che magari hanno l’effetto di abbre-viare ulteriormente la vita del paziente, è forse “eutanasia indi-retta omissiva”? Inoltre, dato che i cattolici non hanno obiezioni

    riguardo alle terapie palliative, questo ragionamento non espri-me certo un punto di vista cattolico. Come nota Wojtyla,

    Già Pio XII aveva affermato che è lecito sopprimere il dolore per mezzo di narcotici, pur con la conseguenza di limitare la coscienza edi abbreviare la vita (Wojtyla 1995, p. 98).

    Insomma, la contrapposizione laici contro cattolici qui nonc’entra per nulla: il conflitto è tra decisioni di desistenza tera- peutica (cfr. Bertolini, a cura, 2007), all’ordine del giorno nellapratica medica, e una giurisprudenza che non ne tiene conto e

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    Giammai il tutore potrebbe esprimere una valutazione (… scil. che) indifetto di specifiche risultanze, nella specie neppure analiticamenteprospettate, possa affermarsi coincidente con la valutazione dell’in-terdetta47.

    La Corte insinua che Beppino Englaro, in quanto padre, sarebbeeccessivamente coinvolto per poter svolgere il ruolo di tutoredella figlia. A nulla valgono le testimonianze che ricostruiscono lavolontà di Eluana: tra padre e figlia per la Corte vi è “conflitto diinteressi” e dunque si deve nominare un “curatore speciale”.Giammai. Un avverbio in linea con una tradizione giuridica che ri-sale almeno all’Azzeccagarbugli manzoniano. Azzeccagarbugli oDon Abbondio si nascondono dietro al linguaggio tecnico, il notolatinorum. Un lessico ricercato, infarcito di arcaismi, che stilistica-mente presenta la goffaggine di quanti ripetono quel che hannoletto senza alcuna contezza della propria lingua. Una sicurezza

    tutta linguistica, dunque falsa: risalta chiara, dietro la parola chesuona e che non crea, la timidezza di chi giammai vorrebbe crea-re un precedente, e giammai vorrebbe il proprio nome associatoa un altro caso Schiavo. Giammai un avverbio ha reso un nanopiù alto, un vecchio più giovane, o più acuta la vista di un cieco.Moralità e giustizia non sono un fatto di scelta lessicale.Rassegnato a non dover mai rassegnarsi, il padre di Eluana rico-mincia daccapo. Su richiesta della Cassazione, il tribunale diLecco nomina un curatore speciale, l’avvocato Franca Alessio. Mala Alessio sposa la causa del padre di Eluana, dunque è ancora iltribunale di Lecco a prendersi la responsabilità di dire no al pro-

    prio curatore speciale, perché

    accogliendo simili posizioni, qualsiasi rappresentante di un portato-re di handicap, che non possa alimentarsi autonomamente, sarebbelegittimato a domandare l’interruzione del trattamento di alimenta-zione48

    È il solito argomento della china pericolosa. Si ricorre ancora altribunale d’Appello milanese, che questa volta si prende la brigadi convocare le amiche, le compagne di scuola di Eluana, per ri-costruirne la volontà. Sono tutte d’accordo: Eluana non avrebbe

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    quando si verifica una situazione di stato vegetativo irreversibile.E, in effetti, tutto quel che c’è è una misura di probabilità cuiconverge la letteratura scientifica. Non si tratta di un uso distortodella scienza o di un esercizio di scetticismo nei suoi riguardi,cui i filosofi relativisti ci hanno abituato almeno quanto gli asso-lutisti cattolici. Si tratta giustamente dell’invocazione di una pro-cedura certa che tuteli tutti, medici, pazienti, familiari. Non sitratta di filosofia teoretica, ma di problemi molto pratici: l’accen-no alla morte cerebrale può essere letto come un riferimento alladonazione degli organi, finora possibile solo in caso di morte ce-rebrale52. Dopo questa sentenza, il fatto di mantenere in vita unapersona che non tornerà più alla coscienza, invece di procedereall’espianto, diviene un problema morale.E invece, è l’«Osservatore romano» a scagliarsi contro la senten-za sostenendo che non esiste il coma irreversibile, che non vi è

    alcuna potestà indeterminata sulla propria esistenza, e che la ri-costruzione della volontà del paziente sulla base della “dichiara-zione di un momento” non può essere presa sul serio53. È sem-pre il quotidiano a uscire dai limiti del caso per buttarla in politi-ca: i giudici vorrebbero orientare il legislatore verso l’eutanasia.Le repliche immediate dei laici, ad esempio le accuse di ingeren-za negli affari dello Stato laico, si mantengono sul piano politico:si tratta di un ulteriore esempio di contrapposizione laicisti con- tro cattolicisti, non pertinente al caso né alla ricerca di una solu-zione ai problemi morali che suscita. Inutile, forse addiritturadannoso: le forze politiche di destra, allora all’opposizione, si

    schierano con la curia, mentre il centrosinistra, allora al governo,teme che una proposta di legge sul testamento biologico possanaufragare come altre proposte di matrice “laica”54, dimostran-done una volta di più l’inettitudine a trovare una sintesi culturaleprima ancora che politica.Ancora una volta il dibattito rivela semplicemente quanto laici ecattolici, nei loro patetici tentativi di orientare l’opinione pubbli-ca in un senso o nell’altro, in realtà si dimostrino inadeguati arappresentarla. L’ennesimo sondaggio dell’epoca fotografava unadistanza abissale tra i vertici ecclesiastici e i cattoliciimpegnati55: niente di cui stupirsi, perché la verità, che sia scien-

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    sembra non avvedersene. Torneremo in seguito su questo pun-to, che mostra davvero un grande interesse semiotico: la postain gioco è letteralmente il senso della vita, e una definizione dei suoi limiti.

    Una svolta: la sentenza della Cassazione del 2007

    Nel 2007 la Corte di Cassazione prende una decisione epocale.Dopo l’ennesimo ricorso stabilisce che l’alimentazione può esse-re sospesa a due condizioni:

    1. È accertato che la paziente non recupererà la coscienza.2. È chiara dalle testimonianze la sua volontà di non essere mante-nuta in un simile stato.

    Per il padre di Eluana è una decisione che ha dell’incredibile.Dichiara:

    Devo leggere, devo capire, ma è comunque una decisione sensazio-nale. Ci trovo un sussulto di umanità e di libertà, che sinora era ne-gato a mia figlia e a quelle persone, come lei, che diventano vittimesacrificali delle procedure. Io chiedevo che venissero stabilite delleregole e i giudici questa volta l’hanno fatto50.

    Nelle parole di Englaro vi è un accenno importantissimo alle pro- cedure. È la procedura, standardizzata e accertata, a tutelare il

    medico di fronte all’accusa di essere mancato al proprio dovereprofessionale. E infatti, in assenza di una procedura, la sentenzarivoluzionaria rischia di lasciare il tempo che trova:

    È opportuno, e alla luce della Cassazione si rende addirittura urgen-te, nominare una Commissione che stabilisca parametri e protocolli,così come si è fatto in passato per la morte cerebrale51.

    Questa è la dichiarazione di Vincenzo Carpino, presidentedell’Associazione anestesisti-rianimatori ospedalieri italiani(Aaroi): non esistono criteri precisi per accertare con sicurezza

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    gazza; i criteri indicati dalla Cassazione sarebbero inaccettabili,poiché non avrebbe senso rifarsi alla volontà espressa da Eluanaquando era una ragazza57; infine, vengono sottolineati gli aspettidella sentenza che più fanno presa da un punto di vista emoti-vo: nonostante il tribunale abbia disposto tutte le cure del casoper evitare sofferenze, la morte definitiva della ragazza avverràper fame e sete. L’analogia con il caso di Terri Schiavo spingecattolici, “atei devoti” e “teocon” a portare bottiglie d’acqua sim-boliche davanti al Duomo di Milano – campagna sostenuta dalquotidiano «il Foglio».A questo proposito, segnaliamo una vicenda che mostra quantimodi diversi di essere cattolico possano esserci: alcuni attivisticontrari alla sospensione dell’alimentazione si spingono a porta-re bottiglie d’acqua fin sul portone della clinica che da anni ospi-ta e si prende cura di Eluana Englaro. Questo luogo di dolore edi silenzio è ora assediato da militanti che distribuiscono volanti-ni e attaccano manifesti. La cosa suscita l’indignazione di suor Rosangela, che gestisce la struttura e si prende cura di Eluana.Caccia via gli esaltati strappandone i manifesti. Da costoro vienesoprannominata “la suora dell’eutanasia”58.Ora, Suor Rosangela è ovviamente contraria alla decisione di in-terrompere l’alimentazione di Eluana. Sembra davvero un buonesempio di cattolicesimo, da contrapporre a quel che abbiamochiamato “cattolicismo”. È evidente che quest’ultimo si configuraanche come una forma di fanatismo pronto a subordinare i mezziai fini. Fanatici sono coloro che imbratteranno le pareti della cli-

    nica di Udine, l’ultima meta di Eluana, con scritte offensive neiconfronti di Beppino. Si tratta di una forma di cinismo. Non tuttigli attori di ciascuna fazione meritano lo stesso rispetto.Ma dalla vicenda emerge anche un certo qual nervosismo che at-traversa il corpo dei cattolici, e che si concretizzerà in cedimentie fratture in sede politica.Nel pieno della polemica, Galli della Loggia interviene sul«Corriere della Sera». Prende le distanze dalla decisione deigiudici: dal suo punto di vista, laico e per di più a favore deltestamento biologico, la decisione del tribunale di sospenderel’alimentazione forzata sulla base della ricostruzione della vo-

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    tifica o teologica, non si stabilisce con una votazione. Semmai astupire è l’inadeguatezza dei politici cattolici: ieri come oggi nonrappresentano il popolo cattolico, ma l’ossequio alle gerarchie;vengono meno al primo dovere del politico, la ricerca di una so-luzione condivisa e l’assunzione di responsabilità, cui preferisco-no l’inabissamento negli iter parlamentari. I laici moderati nonsono da meno, visto che la paura di rompere equilibri, alleanze,compatibilità e quant’altro ha impedito perfino i tentativi di solu-zione. L’ennesima professione di fede degli anticlericali, dal can-to suo, garantirà forse il voto di una nicchia, difficilmente porteràa una soluzione qualunque. Ecco in sintesi i motivi culturali per iquali il Parlamento non ha risolto nulla dal 2000 nonostante leinnumerevoli proposte di legge56. È un paradosso: i politici ita-liani chiedano dunque il voto dei cittadini per non svolgere il proprio lavoro, visto che non hanno alcuna intenzione di farlo.

    La sentenza del 2008

    Dopo innumerevoli vicissitudini, dopo la nomina di un tutorenon coinvolto, dopo le testimonianze di quanti avevano cono-sciuto Eluana, dopo ampie consultazioni della letteratura scienti-fica, nel 2008, ai primi di luglio, il Tribunale d’Appello di Milanoapproda a una nuova sentenza: il padre di Eluana ha il diritto disospendere l’alimentazione della figlia, di staccare il sondino na-so-gastrico attraverso il quale la ragazza è mantenuta in vita.

    La sentenza rispecchia fedelmente le indicazioni date l’anno pre-cedente dalla Corte di Cassazione: andava accertata la volontàespressa da Eluana Englaro quando era ancora cosciente; anda-va accertata l’irreversibilità del suo stato. Dopo le prime dichiara-zioni, il signor Englaro si chiude in un dignitoso silenzio.Com’era prevedibile, questa svolta non ha affatto sedato le pole-miche, le ha anzi alimentate e ingigantite. Molte associazioni fan-no pressione sulla Procura perché faccia ricorso contro la senten-za del tribunale di Milano. Paradossalmente, ora i giudici del tri-bunale d’Appello sono attaccati dai giornali cattolici: non avreb-bero fatto il proprio dovere, accertando lo stato reale della ra-

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    quell’“apparato di cattura” biogiuridico di cui è prigionieraEluana Englaro dal 1992.Tuttavia, in ottobre il ricorso viene respinto, come vengono re-spinti i due conflitti di attribuzione presentati di fronte alla Cortecostituzionale separatamente da Camera e Senato: la politica ri-tiene di essere stata espropriata di una propria prerogativa; unaprerogativa della quale non ha ritenuto di avvalersi per decenni.Non è mai troppo tardi?Ma non basta: una pletora composta da ben trentaquattro traassociazioni religiose o umanitarie ritiene di ricorrere alla CorteEuropea di Strasburgo. Ricorso irricevibile, risponde la Corte, poi-ché i richiedenti non hanno alcun legame diretto con Eluana e lavicenda non li tocca nei loro diritti.Nel frattempo, anche il Governo, nella persona del ministro delWelfare Maurizio Sacconi, si dà da fare per ostacolare quelloche è divenuto il corso della giustizia. Si moltiplicano le circo-lari alle ASL, gli atti d’indirizzo, le pressioni e le minacce di re-voca delle convenzioni pubbliche alle cliniche private, fino al-l’invio di ispettori del ministero e addirittura dei Nas nella cli-nica “La Quiete” di Udine, l’ultima tappa del cammino diEluana. La conclusione non poteva che essere l’inaudito scon-tro istituzionale tra il presidente del consiglio Berlusconi e ilpresidente della Repubblica Napolitano, cui si era richiesta lafirma di un decreto legge sostanzialmente ad personam 72. Nonsi tratta tuttavia di uno scontro tra destra e sinistra: moltiesponenti di destra si sono schierati dalla parte della famigliaEnglaro, a cominciare dal governatore del Friuli Venezia Giulia,Renzo Tondo.La nostra storia termina alle soglie della clinica “La Quiete” diUdine, dove Eluana è stata trasferita per attuare le decisioni del-la Corte d’Appello di Milano. Non è possibile varcare questo limi-te; più oltre si consuma un dolore che sarebbe meglio restasseprivato. Il cinismo dei fanatici che manifestano di fronte alla por-ta dei degenti, il voyeurismo dei media, il presenzialismo di poli-tici che gironzolano a caccia di un’inquadratura formano qui fuoriun chiacchiericcio confuso. Le grida non turbino l’ora silente. Altermine di questa storia nessuno dei protagonisti potrà dirsi feli-

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    prezzo di una spaccatura interna, la Procura di Milano ricorre inCassazione contro la sentenza d’Appello. E perché?Nel 2007 la Cassazione stessa aveva richiesto che fosse accerta-ta l’irreversibilità delle condizioni di Eluana per poter procederealla sospensione della terapia, secondo gli standard scientifici.Basandosi su questo passaggio, la Procura apre il fuoco: la sen-tenza del tribunale d’Appello si basa su un referto del 2002; nonsi è proceduto a nuovi esami; non si sono tenute in considera-zione “eventuali opinioni minoritarie”; si sono voluti ignorare al-cuni studi del prof. Adrian M. Owen di Cambridge con la risonan-za magnetica funzionale.Non sono competente a giudicare le critiche di natura procedura-le; quanto a quelle mediche, però, la Procura prende studi incorso e interpretazioni minoritarie dei dati sperimentali per veritàscientifiche già dimostrate (si veda, più avanti, il capitolo dedica-to al discorso medico); pretende che si utilizzi la risonanza ma-gnetica funzionale a scopo diagnostico, cosa che attualmentenon si fa e rispetto alla quale non esiste un sapere consolidato;insomma, tutto il contrario di quel che chiede la Cassazione. Lascienza non spaccia certezze, ma si accontenta di ragionevoligradi di probabilità; e se si alimenta di polemiche, è perché isuoi risultati sono provvisori: proprio per questo la Corte diCassazione si è richiamata agli “standard scientifici riconosciuti alivello internazionale” e non all’ultima ricerca pubblicata, discus-sa e in attesa di conferme che potrebbero non arrivare69.La mossa della Procura mette in moto l’ennesima procedura fattadi atti dovuti: la Corte d’Appello dovrà decidere se sospendere lasentenza; la Corte costituzionale pronunciarsi sull’ammissibilitàdel ricorso e, in caso affermativo, procedere a un nuovo proces-so e un nuovo giudizio. Nel frattempo, nessuna struttura lombar-da si rende disponibile ad accogliere Eluana Englaro perché ter-mini degnamente la propria esistenza; la Regione Lombardia sirifiuta di attuare la sentenza70, decisione in seguito bocciata dalTAR71; mentre insigni giuristi disquisiscono su come essa debbaessere interpretata, i legali di Beppino Englaro minacciano ricorsial Tar. L’ennesima dimostrazione che l’ermeneutica giuridica nonè sufficiente: ci vuole una legge. Ancora, l’ennesimo esempio di

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    20 Cfr. L’ eutanasia in Parlamento , «la Repubblica», 20 giugno 2000, p. 32.

    21 Cfr. Così riusciremo a bloccare l’accanimento terapeutico , «la Repubblica», 8 giu-

    gno 2001, p. 15.

    22 In particolare mons. Sgreccia si scagliò contro la distinzione tra eutanasia attiva

    e passiva, cfr. Eutanasia passiva, il Vaticano accusa Monsignor Sgreccia: distinzioni 

    artificiose. Gloria Buffo (ds): studio molto importante , «Corriere della Sera», 9 giu-gno 2001, p. 16.

    23 Tornerò in seguito anche su questo caso.

    24 Convenzione di Oviedo, articoli 5-9.

    25 Cfr. Veronesi frena: non è eutanasia , «la Repubblica», 10 giugno 2001, p. 21.

    26 Cfr. I casi italiani , «la Repubblica», 30 aprile 2002, p. 11

    27 Cfr. Eutanasia, Eluana non può morire ma i giudici si dicono perplessi , «la

    Repubblica», 20 dicembre 2003, p. 23.

    28 Ib.

    29 Cfr. Caso Eluana, appello a Ciampi , «Corriere della sera», 11 marzo 2004, p. 53.

    30 Cfr. La rabbia del popolo della vita. Uccisa da politici e giudici , «la Repubblica»,

    1 aprile 2005, p. 3.31 Jeb Bush sconfitto sull’eutanasia , «la Repubblica», 25 gennaio 2005, p. 17.

    32 Cfr. Eco 1975, p. 189: “Là dove il codice assegna significati a espressioni minime,

    l’ipercodifica regola il senso di stringhe più macroscopiche”.

    33 Sgreccia: è un atto , «la Repubblica» 12 marzo 2005, p. 18.

    34 Cfr. Terri, l’ultimo appello del padre. Mi ha detto: voglio vivere , «la Repubblica»,

    26 marzo 2005, p. 12.

    35 Al capezzale della malata la protesta diventa una veglia , «la Repubblica», 25

    marzo 2005, p. 10.

    36 Cfr. La rabbia del popolo della vita. Uccisa da politici e giudici , «la Repubblica»,

    1 aprile 2005, p. 3.

    37 Al capezzale della malata la protesta diventa una veglia , «la Repubblica», 25

    marzo 2005, p. 10.

    38 Un anti-destinante , secondo le categorie che la semiotica ha elaborato per analiz-

    zare la narratività (Greimas, Courtés 1979).

    39 Al capezzale della malata la protesta diventa una veglia , «la Repubblica», 25

    marzo 2005, p. 10.

    40 La rabbia del popolo della vita. Uccisa da politici e giudici , «la Repubblica», 1

    aprile 2005, p. 3.

    41 Ricordiamo inoltre che Terri Schiavo era in cura a carico della Florida, mentre di

    Eluana Englaro si prendono cura le suore misericordine di Lecco.

    42 Terri, l’ultimo appello del padre. Mi ha detto: voglio vivere , «la Repubblica» 26

    marzo 2005, p. 12.

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    ce. Al termine di questa storia l’interrogativo sui limiti della vitaumana non trova risposta, e non l’avrà mai.

    1 Storia di Eluana in coma da 8 anni , «la Repubblica», 14 giugno 2000, p. 27.

    2 Voglio liberare mia figlia è sola in balia dell’inferno , «la Repubblica», 14 giugno

    2000, p. 27.

    3 Per lo meno così la considerano giudici come Amedeo Santuosso, la cui dichiara-

    zione è riportata in Storia di Eluana in coma da 8 anni  «la Repubblica», 14 giugno

    2000, p. 27. Tuttavia questa valutazione risente del conflitto tra medici e magistrati

    nell’attribuire esclusivamente all’altra parte le responsabilità dello stallo.

    4 Storia di Eluana in coma da 8 anni , «la Repubblica», 14 giugno 2000, p. 27.

    5 La decisione contrasta con quella p resa dai magistrati americani e inglesi nel ca-so, rispettivamente, di Nancy Cruzan del 1990 e di Tony Bland del 1993.

    6 Cit. in Sì, aiutate Eluana a morire , «la Repubblica», 16 giugno 2000, p. 31.

    7

    Cfr. Angela, dodici anni di coma. Per noi resta la mamma , «la Repubblica», 19 giu-gno 2000, p. 10.

    8 Cfr. Eluana e Cristina, le scelte opposte delle famiglie , «Corriere della Sera», 9 giu-

    gno 2001, p. 16.

    9 Cfr. Mio figlio Daniele come Eluana. Una presenza viva che porta frutto ,

    «Avvenire», 15 luglio 2008, o Una scelta per la vita , «Famiglia Cristiana», n. 31,

    2007, pp. 32-33.

    10 Sì, aiutate Eluana a morire , «la Repubblica», 16 giugno 2000, p. 31.

    11 Va trovata una soluzione per questi morti viventi , «la Repubblica», 18 giugno

    2000, p. 12.

    12 Cfr. Sì, aiutate Eluana a morire , «la Repubblica», 16 giugno 2000, p. 31.

    13 Ib.

    14 La stessa posizione fu espressa dal gesuita Bartolomeo Sorge, cfr. L’ eutanasia in

    Parlamento , «la Repubblica», 20 giugno 2000, p. 32.

    15 Non sono vite di serie B. Bindi boccia Veronesi , «la Repubblica», 19 giugno 2000,

    p. 10.

    16 Va concesso per principio a tutte le parti in causa il beneficio dell’onestà intellet-

    tuale, e dunque dobbiamo pensare che tali paure siano condivise anche da quanti

    le sollevano.

    17 Cfr. Non sono vite di serie B. Bindi boccia Veronesi , «la Repubblica», 19 giugno

    2000, p. 10.

    18 Ib.

    19 Eluana? A volte pare che mi sorrida , «Corriere della Sera», 22 aprile 2005, p. 49.

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    61 Cfr. Eluana, il Senato apre lo scontro. Invasione di campo dei giudici , «la

    Repubblica», 22 luglio 2008, p. 16.

    62 Cfr. I cattolici e il Loft. Che aria rarefatta , «Avvenire», 24 luglio 2008.

    63 Cfr. La lite sul testamento biologico spacca il vertice di Scienza e Vita , «Corriere

    della Sera», 4 agosto 2008.

    64 Cfr. Legge sul fine vita? Ecco i punti fermi , «Avvenire», 2 agosto 2008.65 Cfr. La legge sul testamento biologico? Dopo Eluana è il male minore , «Corriere

    della Sera», 29 agosto 2008.

    66 Cfr. Legge sul fine vita? Roccella: servono precise condizioni , «Avvenire», 31 ago-

    sto 2008.

    67 Cfr. Testamento biologico, la Chiesa apre alla legge , «Corriere della Sera», 31

    agosto 2008.

    68 Ci riferiamo alla morte cerebrale, tuttora discussa da una minoranza di medici.

    All’apertura delle gerarchie ecclesiastiche al testamento biologico corrisponde la

    manifestazione evidente di una spaccatura tra i cattolici che si occupano di bioeti-

    ca: ha fatto scalpore un editoriale sull’«Osservatore romano» del 2 settembre in cui

    Lucetta Scaraffia, ex membro dell’associazione Scienza e Vita , ha sostenuto l’incom-

    patibilità tra il concetto di morte cerebrale e il magistero cattolico.69 Si veda anche la serena risposta del dottor Defanti a mezzo stampa: Il neurologo 

    contro i giudici: non ci sono altri test da fare , «Corriere della sera», 13 agosto

    2008, p. 23.

    70 Cfr. Nessuna sentenza ci obbliga lei non può rispondere, aiutiamola , «la

    Repubblica», 5 settembre 2008.

    71 Cfr. Eluana, il Tar boccia il no di Formigoni , «la Repubblica», 27 gennaio 2009, p. 4.

    72 Cfr. Berlusconi sfida Napolitano , «la Repubblica», 7 febbraio 2009, p. 1.

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    43 Con i lavori di Stalnaker e Lewis la logica prova a trattare i condizionali corri-

    spondenti a un’eventualità possibile, un’ipotesi: “se avessi tenuto sotto controllo

    l’aumento della temperatura, l’esperimento sarebbe riuscito”. Ogni controfattuale

    esprimente un’impossibilità cade al di fuori del dominio logico. “Se Napoleone

    avesse vinto a Waterloo l’UE si sarebbe formata con molto anticipo” è altrettanto

    vero di “Se Napoleone avesse vinto a Waterloo l’UE si sarebbe formata con molto

    ritardo”, perché in entrambi i casi l’antecedente è falso. Si veda anche Martin (1997,p. 255), il quale nota come al contrario nella logica medioevale fosse ammessa la

    dimostrazione per impossibile.

    44 Cfr. Ho sempre sperato che guarisse. Mi bastava un suo piccolo sorriso , «Corriere

    della sera», 12 gennaio 2005, p. 54.

    45 Per la distinzione tra uso e interpretazione cfr. Eco 1979.

    46 “Eluana, costretta a vivere perde l’amico in coma come lei , «la Repubblica», 12

    gennaio 2005, p. 27.

    47 Eluana deve continuare a vivere , «la Repubblica», 21 aprile 2005, p. 31.

    48 Cit. in Eluana, la Corte convoca le amiche. Diteci se avrebbe scelto di morire , in

    «la Repubblica», 27 maggio 2006, p. 29.

    49

    Cfr. Eluana, il no dei giudici al padre. Non si può staccare la spina , «laRepubblica», 19 dicembre 2006, p. 36.

    50 Cit. in Eutanasia, svolta della Cassazione. Il malato ha diritto di morire , «la

    Repubblica», 17 ottobre 2007, p. 2.

    51 Cit. Ma non si può accertare se il coma è irreversibile , «la Repubblica», 17 otto-

    bre 2007, p. 2.

    52 Cfr. Una tessera per lasciarsi morire , «Corriere della Sera», 15 giugno 2000.

    53 Cfr. Eluana, il Vaticano all’attacco. Una sentenza inaccettabile , «la Repubblica»,

    18 ottobre 2007, p. 16.

    54 Ci riferiamo ai DICO o PACS che dir si voglia, che avrebbero regolato le conviven-

    ze.

    55 Cfr. Eluana, il Vaticano all’attacco. Una sentenza inaccettabile , «la Repubblica»,

    18 ottobre 2007, p. 16.56 De Septis (2007) ne contava diciassette dalla proposta Fortuna del 1984 fino a

    quella Massida sulle cure palliative domiciliari per i malati di cancro del 2006.

    57 Questa obiezione non tiene conto del fatto che nel suo stato Eluana non può

    certo aver cambiato idea negli ultimi anni. Si tratta di un’obiezione priva di logica,

    ancora una volta; tuttavia, per quanto impossibile, anch’essa racconta una storia ed

    è di carattere narrativo.

    58 Lecco, una giornata nella stanza di Eluana , «Corriere della Sera», 13 agosto 2008.

    59 Difendere i diritti della persona umana , «Corriere della Sera», 2 agosto 2008.

    60 Cfr. Caso Englaro, ok della Camera al conflitto con la Cassazione , «la

    Repubblica», 31 luglio 2008.

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    un atto lecito. Per questo motivo, come abbiamo visto, un grup-po di studio voluto dall’allora ministro Veronesi ha tentato di in-quadrare lo stato vegetativo persistente entro due coordinateben precise: da un lato l’accanimento terapeutico, dall’altro ilconsenso informato a una terapia, un consenso che Eluana non

    è in grado di esprimere e che resta tuttavia un suo diritto eserci-tabile tramite il suo tutore legale.Invece di proporre l’ennesima definizione arbitraria di eutanasia,criticabile quanto le altre, utilizziamo uno strumento, il quadrato logico 4, per capire in quanti modi il nostro fare può entrare in re-lazione con la morte 5.

    Quando discutiamo della sospensione di un trattamento sanita-rio, come nella situazione Englaro, in quale caso ci troviamo?Evidentemente si tratta della posizione etichettata sul quadratocome “non impedire la morte”, lasciar morire.

    Ora, secondo il codice medico deontologico italiano è lecito so-spendere l’accanimento terapeutico, ossia l’“irragionevole ostina-zione in trattamenti da cui non si possa attendere un beneficioper il paziente o un miglioramento della qualità della vita”.Eutanasia a parte, esistono molti casi in cui la medicina cessa dicurare per fornire cure palliative – pensiamo a un malato termi-nale di tumore. In generale, è possibile parlare di desistenza te- rapeutica, ad esempio quando il medico rianimatore comprendeche ogni intervento ulteriore sarebbe inutile. Si tratta di un pun-to cruciale: l’esito non voluto di una rianimazione può essere lostato vegetativo persistente.

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    Capitolo secondoControversie generali

    Eutanasia. Non è solo una questione di semantica

    La stessa definizione di cosa sia “eutanasia” è un problema semio-tico. Infatti, molte pratiche differenti sono state considerate euta-nasia: praticare un’iniezione letale; prescrivere a un paziente unfarmaco letale; staccare una spina; sospendere l’alimentazione. Atali casi corrispondono molte distinzioni a proposito dell’eutana-sia: l’eutanasia propria consisterebbe nel provocare la morte delpaziente; sarebbe invece impropria quella in cui il medico si limitaad assistere e guidare un paziente che si toglie la vita da solo1.Altre distinzioni, per la verità criticate dalla Chiesa cattolica 2, ri-guardano l’eutanasia attiva , in cui la morte giunge a causa di un’a- zione , e quella passiva , in cui deriva da un’omissione. Spesso, al-cune forme estreme di eutanasia vengono evocate in analogia consituazioni molto diverse: ad esempio, il non intervento nel caso diun neonato handicappato non sembra avere molto a che fare conl’aiuto a morire richiesto da un paziente adulto e consapevole. Per questo motivo alcuni chiedono che si restringa il significato di eu-tanasia a quella propria3, parlando in altri casi di suicidio assistitoo di cessazione dell’accanimento terapeutico.Non esistono discussioni puramente semantiche. Chiamare qual-cosa in un modo o in un altro ha conseguenze enormi sul pianopratico. In gioco ci sono la sofferenza, la vita e la morte di moltepersone. Le ricadute politiche, giuridiche, etiche sono importanti.Per molti, sospendere l’alimentazione di Eluana Englaro non sa-rebbe eutanasia. Ai giudici spetta comunque capire se si tratti di

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    Ecco una dimostrazione lampante di cosa può comportare la sceltadi intervenire o desistere dal punto di vista delle sue conseguenzee della grande responsabilità morale del medico. Welby ha raccoltouna serie di casi limite tra la vita e la morte, tra cui quello di unadonna cerebralmente morta, cui è stato permesso di portare a ter-

    mine la gravidanza grazie al sostegno delle macchine (Welby 2006,pp. 68-69): i morti possono perfino generare la vita.Il progresso della medicina può negare la morte, ma non semprepuò riportare alla vita. Si possono considerare ancora vive personerianimate e in stato vegetativo persistente che cinquant’anni fa sa-rebbero morte di morte naturale? Nel capitolo sulla medicina cer-cherò di mostrare come questi casi non siano tutti uguali. Qui inve-ce sosterrò che la stessa nozione di “morte” è una questione diconvenzioni, sebbene si tratti di convenzioni più che giustificate.Ragionando sullo stato vegetativo persistente, Defanti tesse unparagone con il caso, differente da un punto di vista medico egiuridico, della morte cerebrale. Essa oggi viene diagnosticataquando il cuore batte ancora: ma cinquant’anni fa le persone inquesto stato sarebbero state considerate vive (p. 69).La definizione scientifica della morte cerebrale cambiò anche laconcezione cattolica della morte, dividendo i medici rianimatoritra coloro che consideravano il paziente ancora vivo a causa delbattito cardiaco e quelli che chiedevano fosse “staccata la spina” – questi pazienti non sono in grado di respirare da soli, a diffe-renza di Eluana Englaro – perché mantenerli in vita era del tuttoinutile. La questione fu risolta per opera di Pio XII8. Prima di ri-spondere alle questioni particolari, Pacelli enuncia alcuni principicui attribuisce una validità generale , tra i quali due mantengonoun’attualità straordinaria:1. Nel tentativo di difendere la vita il medico è obbligato a ricor-rere a mezzi ordinari, non straordinari9.2. Tocca al medico, e specialmente all’anestesiologo, il dare unadefinizione chiara e precisa della “morte” e del “momento dellamorte” di un paziente che spira in stato di incoscienza.

    Quest’ultima decisione è in linea con il pontificato di un papache non ha visto nella concezione scientifica del mondo una mi-

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    Non impedire la morte: il nostro ordinamento giuridico non giu-dica questo caso con il metro del codice deontologico della me-dicina. Il suo è un punto di vista molto più generale, che puòentrare in conflitto con le pratiche mediche. Infatti, secondo l’ar-ticolo 40, 2° comma del codice penale, “Non impedire un evento

    che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo”.Naturalmente questo è fonte di problemi: medicina e diritto an-drebbero armonizzati da un punto di vista politico6.Credo che dalla semiotica venga un suggerimento per un accor-do tra laici e cattolici. Il punto di partenza è la rianimazione.Rianimare indistintamente tutti vuol dire condannare allo statovegetativo persistente una certa percentuale di persone che altri-menti sarebbero morte – questo il verdetto della natura controcui la cultura e la tecnica sollevano a volte interminabili ricorsi.Bisogna quindi rispondere alla domanda: il medico rianimatore,giudicando in scienza e coscienza, dovrebbe astenersi dall’inter-

    venire quando il rischio di ottenere uno stato vegetativo perma-nente è eccessivo? Indipendentemente dal fatto che la personain stato vegetativo sia viva a tutti gli effetti, la risposta può es-sere un sì solo se consideriamo lo stato vegetativo come preferi-bile alla morte. Personalmente trovo che questo sia un interroga-tivo interessante sul quale discutere.

    Vita e mor te nell’epoca del progresso tecnico

    La desistenza terapeutica è una pratica che diviene indispensabi-

    le perché, grazie al progresso tecnico, la morte non è più un fe-nomeno puntuale, bensì durativo e progressivo . È vero che latecnologia ha trasformato la morte in un evento che ha ben po-co di naturale e che a volte si trascina negli anni in modo stra-ziante. Stando alla testimonianza del medico che visitò EluanaEnglaro certificando l’irreversibilità del suo stato,

    Nel coma vigile irreversibile (…) non si tratta di “staccare la spina”,non c’è nessuna spina da staccare: il paziente respira, il suo cuorebatte da solo. Questi casi esistono solo da una ventina d’anni: sonoi “sottoprodotti” delle terapie intensive7

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    medici dovrebbero essere l’autorità in grado di discriminare an- che su diversi stati vegetativi 12. Invece, il documento dellaCongregazione per la Dottrina della Fede specifica alla nota 1:

    La terminologia relativa alle diverse fasi e forme dello “stato vegeta-

    tivo” è controversa, ma per il giudizio morale ciò non ha rilevanza.

    Peccato: una possibile strategia dell’accordo consiste precisa- mente nella distinzione tra casi diversi di stato vegetativo persi-stente: studiare le specificità sarà sempre più agevole man manoche la ricerca fornirà procedure diagnostiche sicure alla comunitàdei medici.

    Piergior gio Welby e l’esper ienza della propr ia mor te

    I casi di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro sono totalmenteopposti. Il libro di Welby è la dimostrazione di una mente lucida,per nulla depressa, che riflette, argomenta, prova a dare un con-tributo alla cultura; una mente prigioniera di un corpo semprepiù inadeguato a contenerla. Al contrario, Eluana è una donnadal corpo sano, che respira autonomamente; è la sua mente anon esserci più. Avvicinare le due storie sarebbe necessariamen-te fuorviante. Significherebbe banalizzare storie che meritano ri-spetto nella loro dimensione individuale. Tuttavia, la vi