e-commerce - maggio 2015 - g. fantuzzi

16
E-COMMERCE & PMI: UN’OPPORTUNITA’ DA SFRUTTARE Raccolta e analisi maggio 2015 di Giacomo Fantuzzi per Madeinitalyfor.me (Artisans WebService) SITUAZIONE MONDIALE A inizio 2015, il web ha raggiunto il 42% della popolazione mondiale: sui 7,2 miliardi di persone che abitano oggi il pianeta, più di 3 miliardi sono connessi a internet. I dati arrivano dal report Digital, Social e Mobile 2015 dell’agenzia We Are Social, che aggrega una voluminosa mole di informazioni e traccia i profili digitali dei 30 paesi a maggior peso economico del mondo, inclusa l’Italia. I tassi di crescita della diffusione di Internet, dal 2000 ad oggi, in alcune regioni del mondo sono stati addirittura a quattro cifre (+6599% in Africa, +3404% in Medio Oriente, +1773% in America Latina e +1213% in Asia, mentre in Europa la crescita è stata del 454%). Solo nell’ultimo anno, indica il report, il digitale è cresciuto a percentuali di due cifre: a fronte di un incremento della popolazione mondiale dell’1,6%, internet ha aumentato la propria portata del 21%, cioè 525 milioni di utenti in più. Il paese con la più elevata penetrazione di internet è il Canada, dove il web raggiunge il 93% della popolazione. Secondi gli Emirati Arabi Uniti, con il 92%, e terza la Corea del Sud, con il 90%. Gli Stati Uniti si fermano all’87%, dopo Regno Unito e Germania che invece fanno arrivare il web all’89% dei cittadini. L’Italia è al 60%, ultima fra i paesi europei considerati (oltre a Regno Unito e Germania, anche Francia, Spagna e Polonia), ma prima di giganti come il Brasile (54%), il Messico (49%), la Cina (47%) e l’India (19%). A livello continentale, il rapporto tra numero di utilizzatori di Internet rispetto alla popolazione vede primeggiare il Nord America, davanti ad Oceania ed Europa, mentre l'Asia, prima per utilizzatori di Internet in assoluto, si ritrova al penultimo posto davanti alla sola Africa.

Upload: armando-salerno-mele

Post on 08-Aug-2015

92 views

Category:

Internet


1 download

TRANSCRIPT

Page 1: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

E-COMMERCE & PMI: UN’OPPORTUNITA’ DA SFRUTTARE Raccolta e analisi maggio 2015 di Giacomo Fantuzzi per Madeinitalyfor.me (Artisans WebService)

SITUAZIONE MONDIALE

A inizio 2015, il web ha raggiunto il 42% della popolazione mondiale: sui 7,2 miliardi di persone

che abitano oggi il pianeta, più di 3 miliardi sono connessi a internet.

I dati arrivano dal report Digital, Social e Mobile 2015 dell’agenzia We Are Social, che aggrega una

voluminosa mole di informazioni e traccia i profili digitali dei 30 paesi a maggior peso economico

del mondo, inclusa l’Italia.

I tassi di crescita della diffusione di Internet, dal 2000 ad oggi, in alcune regioni del mondo sono

stati addirittura a quattro cifre (+6599% in Africa, +3404% in Medio Oriente, +1773% in America

Latina e +1213% in Asia, mentre in Europa la crescita è stata del 454%).

Solo nell’ultimo anno, indica il report, il digitale è cresciuto a percentuali di due cifre: a fronte di un

incremento della popolazione mondiale dell’1,6%, internet ha aumentato la propria portata del 21%,

cioè 525 milioni di utenti in più.

Il paese con la più elevata penetrazione di internet è il Canada, dove il web raggiunge il 93% della

popolazione. Secondi gli Emirati Arabi Uniti, con il 92%, e terza la Corea del Sud, con il 90%. Gli

Stati Uniti si fermano all’87%, dopo Regno Unito e Germania che invece fanno arrivare il web

all’89% dei cittadini. L’Italia è al 60%, ultima fra i paesi europei considerati (oltre a Regno Unito e

Germania, anche Francia, Spagna e Polonia), ma prima di giganti come il Brasile (54%), il Messico

(49%), la Cina (47%) e l’India (19%).

A livello continentale, il rapporto tra numero di utilizzatori di Internet rispetto alla popolazione

vede primeggiare il Nord America, davanti ad Oceania ed Europa, mentre l'Asia, prima per

utilizzatori di Internet in assoluto, si ritrova al penultimo posto davanti alla sola Africa.

Page 2: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

L'enorme crescita della connettività ha ovviamente portato ad un aumento complessivo del valore

dell’e-commerce B2C a livello globale, che ha raggiunto nel 2014 la cifra complessiva di 1.316

miliardi di dollari, con un incremento del 22,2% sul 2013.

Il mercato e-commerce mondiale è previsto in crescita anche nel 2015 di un ulteriore 20,9%, con un

totale vendite che raggiungerà quasi i 1.600 miliardi di dollari.

Il mercato del web rappresenta il 5,9% delle vendite al dettaglio, e quest’anno arriverà al 6,7%.

I principali paesi esportatori online sono Cina, USA e Gran Bretagna.

Negli ultimi anni la crescita dei mercati cinese, indonesiano e indiano ha portato l’area Asia-

Pacifico a superare il Nord America in termini di valore assoluto (somme spese). La Cina è

diventata nel 2013 il secondo mercato nazionale in termini di fatturato dopo gli Stati Uniti. Le

previsioni indicano una progressiva riduzione del gap tra i due Paesi, fino a un probabile sorpasso

del primo sul secondo tra il 2016 e il 2017. Oltre ai tre mercati principali dell’Asia, a guidare la

crescita dell’e-commerce globale sono attualmente altri mercati in espansione come Argentina,

Messico, Brasile e Russia.

SITUAZIONE IN EUROPA

L'uso di Internet sta giungendo a maturità in Europa a una velocità elevata. Nel 2004, solo il 40%

dei nuclei familiari UE aveva accesso a Internet secondo Eurostat. Dal 2012, tale percentuale ha

superato il 70%.

Il pubblico destinatario di contenuto online nella UE è vasto e continua a crescere. In termini

assoluti, circa 532 milioni di cittadini UE utilizzano Internet con regolarità rispetto a poco più di

300 milioni nel Nord America e a oltre un miliardo in Asia e, come detto in precedenza, il vecchio

continente presenta il terzo più alto rapporto utilizzatori di Internet/popolazione.

Cosa ancora più importante, le disparità fra i Paesi in termini di accesso a Internet si sono ridotte

notevolmente all'interno dell'Europa negli ultimi anni.

Page 3: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Ciononostante, l’e-commerce in Europa continua a crescere su binari diversi; l’Italia vale circa un

decimo dell’e-commerce britannico e tuttavia ha una crescita percentuale simile, il che vuol dire che

in termini assoluti l’Italia rimane sempre più staccata dal resto dell’Europa.

Gli oltre 700 mila negozi di e-commerce europei sono operativi soprattutto in Gran Bretagna,

Germania e Francia e stanno oggi utilizzando le loro economie di scala per entrare negli altri

mercati europei come l’Italia.

La Gran Bretagna è apripista mondiale per il peso del commercio elettronico sulla vendita al

dettaglio complessiva, con il 13% nel 2014 e il 14,4% quest’anno, precedendo Cina (12%) e

Norvegia (10,7%). Per questo è interessante notare che i principali attori in Gran Bretagna sono i

marketplace e i primi tre (Amazon, Tesco, ebay) rappresentano circa un terzo del mercato, un trend

che probabilmente si consoliderà anche negli altri Paesi.

Per l’Europa le previsioni per il 2015 stima a 470 miliardi di euro il fatturato complessivo di beni e

servizi acquistati tramite eCommerce, con una preponderanza del 54% dei beni rispetto al 46% dei

servizi. In Europa la popolazione di e-shopper supera i 230 milioni di individui e sono circa 2,5

milioni i posti di lavoro che direttamente o indirettamente l’eCommerce sta generando nel Vecchio

Continente.

SITUAZIONE IN ITALIA

Ad oggi sono 40 mln gli italiani che hanno accesso a internet.

Tale percentuale, sebbene importante, rimane lontana dagli standard degli altri Paesi. Infatti pur

essendo 17esimi nel mondo per persone con accesso a internet, siamo 66esimi per penetrazione

dopo Paesi come il Malawi, l’Azerbaijan e il Marocco.

La maggiore disponibilità di accesso ad internet e la forte diffusione dei dispositivi mobile ha

permesso di consolidare l’abitudine all’acquisto online da parte dei web shopper (cioè la

percentuale di coloro che comprano anche sporadicamente online, rispetto a tutti coloro che sono

connessi ad internet) già attivi, che hanno aumentato la quota di spesa online sul totale dei consumi,

e di allargare la base di utenti che effettuano acquisti via web, soprattutto tra coloro che già usano la

rete come strumento di ricerca del prezzo più conveniente.

Ciò ha portato ad un graduale ma costante aumento del l'utilizzo del commercio elettronico da parte

degli italiani negli ultimi 10 anni.

Il fatturato derivante dall’e-commerce 2014 in Italia si è attestato a 24.2 mld di euro (+8% sul 2013

nonostante la crisi generale) ed è previsto in crescita anche per il 2015 (+15%).

Page 4: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

In totale, negli ultimi tre anni l’e-commerce ha registrato in Italia oltre il 20 percento di crescita del

fatturato complessivo con un numero di acquirenti attivi che sono raddoppiati, passando dai 9 ai 16

milioni.

Nel 2015, inoltre, secondo Confindustria Digitale, il commercio elettronico insieme al mercato

digitale varrebbe 6,6 punti di Prodotto interno lordo italiano, generando 700.000 posti di lavoro in

cinque anni, dei quali, secondo le stime di Federprivacy, fino a 70.000 esperti di protezione dati.

Ritardo dell'Italia nell'utilizzo dell'e-commerce

Nonostante queste cifre incoraggianti, l’Italia è ancora considerabile come un “paese emergente”

dal punto di vista digitale, restando parecchio indietro rispetto a Francia (56 miliardi di euro),

Germania (70 miliardi di euro) e Gran Bretagna (122 miliardi di euro) nei quali si è concentrato

l’anno scorso il 60% circa delle vendite online europee.

Solo il 33% delle aziende italiane è infatti dotata di un negozio elettronico.

Il divario vale soprattutto per le PMI, dove l’e-commerce ha ancora una diffusione minoritaria, dato

che le imprese italiane di questo tipo che vendono online sono oggi il 5%, a fronte della media

europea del 14%, con punte del 22% in Germania, mentre la Francia è all’11%.

Prendendo a riferimento i principali mercati europei (UK, Francia e Germania), gli USA e i

principali mercati orientali (Corea e Giappone), riscontriamo tassi di penetrazione dell’eCommerce

decisamente maggiori rispetto all’Italia e tassi di crescita solo leggermente inferiori in termini

percentuali (anche se più alti in valore assoluto). In particolare, in un primo gruppo di paesi dove

l’eCommerce è in assoluto più maturo – UK, USA, Corea e Giappone – si hanno tassi di

penetrazione compresi tra l’11 e il 15% sul totale vendite retail e tassi di crescita percentuali

nell’intorno del 10% all’anno. Guardando invece ai mercati emergenti – Cina, Brasile, Russia, India

– la penetrazione dell’eCommerce è più simile a quella dell’Italia, mentre i tassi di crescita sono

decisamente più alti.

Page 5: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Altri dati che testimoniano il ritardo digitale italiano sono desumibili da una classifica del livello di

diffusione ed utilizzo di Internet e dell’e-commerce da parte di imprese e cittadini dei 28 Paesi

facenti parte dell’Unione Europea, elaborata dal Centro Studi di MM-One Group, web agency

veneta specializzata in soluzioni e servizi per l’e-business.

In tale classifica, infatti, l’Italia si colloca infatti al quartultimo posto.

Per comprendere lo stato dell'arte del commercio elettronico sono stati presi in considerazione

indicatori che registrano i comportamenti di aziende e cittadini in Italia e all'Estero, sia per quanto

riguarda l'attitudine all'acquisto, che per i dati relativi alle vendite di prodotti e all'utilizzo di servizi

come l'e-banking e le prenotazioni turistiche.

Sul grado di utilizzo dell’e-commerce è emersa una palese spaccatura fra Nord e Sud Europa. Ad

un valore convenzionale pari a 100 punti dato alla Danimarca si contrappone l’Italia con 14,2,

passando per i 30,6 della Spagna, i 52,6 della Francia e i 67,8 della Germania e i 77.4 della Gran

Bretagna.

L’evidente ritardo riscontrato nell’utilizzo del commercio elettronico in Italia si può ascrivere sia

ai consumatori che alle imprese che alle istituzioni pubbliche.

I primi ignorano e spesso temono ancora questo metodo di acquisto, sia per la diffidenza nei

confronti della sicurezza dei sistemi di pagamento e consegna che per l’impossibilità di vedere e

toccare con mano il prodotto prima dell'acquisto.

Page 6: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Il tutto senza considerare i possibili risparmi di tempo e prezzo che ne potrebbero ottenere, oltre ad

una molto più vasta gamma di scelta di prodotto.

Le imprese italiane finora hanno mostrato scarsa fiducia nell’e-commerce, spesso attribuibile a una

scarsa conoscenza delle potenzialità e degli ambiti di applicazione delle piattaforma di vendita

online come uno strumento per diversificare i canali di vendita e aumentare la competitività.

Dal punto di vista delle autorità pubbliche, va sottolineato come in Italia l’utilizzo della banda larga

è sì cresciuto dal 59,7% al 62,7% tra il 2013 e il 2014, ma essa è però al 95% in xDSL e non in fibra

ottica (vs il 72% della media europea) e questo incide sulla possibilità degli italiani di poter

accedere a contenuti e servizi già realtà all’estero (ad esempio il mercato del film on demand).

Tra l'altro l'accesso a Internet è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto per lo sviluppo

del commercio elettronico è necessario il passaggio da navigatori a web-shopper.

Come se tutto ciò non bastasse, il 32% di italiani dichiara di non avere mai usato Internet in tutta la

sua vita, peggio solo di Romania, Bulgaria e Grecia e contro una media dell’UE a 28 paesi del 18%.

Nel 2006 la percentuale in Italia era del 59%, in Europa del 43%, una differenza di 16 punti

percentuali, come dire che lo spread in 18 anni si è solo modestamente ridotto, nonostante

telefonini, presunta larga banda ovunque e propaganda degli operatori delle reti telefoniche.

L’Italia, conseguentemente, è un fanalino di coda assoluto anche nell’uso quotidiano di Internet. Se

la media europea di persone che usano la rete nei 28 paesi è del 65%, in Italia è del 58%.

Inoltre, la quota di fatturato delle imprese italiane derivante dall’e-commerce è appena del 6

percento, mentre in Europa la media si attesta al 15 percento.

Sempre il 6 percento è la frazione che rappresenta il numero di imprese italiane che operano con le

vendite online, contro il 16 percento della media europea. E ancora: solo l’11 percento ha una

vetrina e-commerce integrata nel proprio sito Web (contro il 15 percento europeo) e solo il 5

percento riceve ordini online (contro una media Ue del 13 percento). Le imprese italiane sfruttano

però molto di più l’e-commerce per gli acquisti con un 35 percento di attività che si approvvigiona

online, contro una media europea del 34 percento.

Passando dalle imprese ai singoli individui, solo il 17 percento dei cittadini italiani ha fatto almeno

un acquisto online, contro il 74 percento degli svedesi e una media europea intorno al 44 percento.

Queste cifre di confronto non devono comunque destare sconforto, anzi sono necessarie per capire

che c’è ampio margine di crescita per l’e-commerce italiano, una crescita che già i fatturati

indicano in itinere, ma che scoppierà proprio nel corso dei prossimi anni.

Questi dati, seppur sconfortanti, possono infatti rappresentare un’occasione per le imprese che

vogliono affacciarsi al web, in quanto dimostrano come il nostro paese sia tra quelli con un più alto

potenziale di crescita per il futuro.

Infatti, molti dei fattori che fino a ora hanno bloccato l’e-commerce in Italia iniziano a essere

superati.

Prima di tutto inizia a maturare una mentalità differente nei confronti degli acquisti online: tanto le

imprese, quanto i privati, iniziano a fidarsi di più, si abituano più facilmente alle diverse tipologie di

pagamento tramite moneta elettronica, anche grazie alle nuove forme di pagamento che sono state

rese disponibili e alle opportunità offerte da alcuni venditori di acquistare online e pagare alla

consegna o di prenotare sul Web a prezzi vantaggiosi e concludere l’acquisto presso i punti vendita

locali.

Page 7: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Anche le imprese valutano la convenienza di acquistare in Internet le forniture necessarie alle

proprie attività e, allo stesso tempo, guardano all’e-commerce come a una nuova opportunità di

movimentazione magazzino e raggiungimento clienti, anche se a volte lamentano difficoltà

nell’introdurre nel proprio organigramma o, comunque, nella propria struttura organizzativa

aziendale un reparto che si occupi di coordinare e gestire le vendite online con quelle tradizionali.

A tutto questo si aggiungono anche alcuni obiettivi infrastrutturali finalmente raggiunti anche nel

Bel Paese come la disponibilità di un accesso alla Rete per l’82 percento della popolazione italiana

compresa fra gli 11 e i 74 anni d’età, come rilevato dal Focus e-commerce 2014 di Casaleggio

Associati.

Il trend è quindi positivo ed è stato stimato che nel 2015, in Italia, l’Internet Economy avrà una

crescita del 20% e si attesterà tra il 3,3% e il 4,3% del PIL, anche se il saldo commerciale sul canale

digitale è sfavorevole in quanto le importazioni superano le esportazioni.

IL RUOLO DEI MARKETPLACE

L’eCommerce in Italia è sempre più appannaggio delle Dot Com – prevalentemente straniere (come

ad esempio Amazon, Booking, eBay, Expedia, Privalia, vente-privee.com) – che, secondo

un’indagine di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, pesano per il 54% delle

vendite, un numero che sfonda il 70% se si considerano solo i prodotti e non i servizi (dal turismo

alle assicurazioni).

I principali marketplace utilizzati dagli italiani sono Amazon (63%), e Bay (57%), Pixplace (4%),

Buy-me (4%), Alibaba (2%) e un aggregato di tutti gli altri (20% tra Flash Sales, vendite private,

compratori, annunci, ecc…).

In Italia solo il 33% delle aziende che fanno e-Commerce vende anche sui marketplace e chi non lo

fa si giustifica con i costi di commissione alti (che su alcuni prodotti possono arrivare al 25%) e i

conflitti di canale (cioè tra il marketplace e il proprio portale).

I pochi che vendono sui marketplace hanno, però, ritorni interessanti.

Questa dinamica, non negativa di per sé, mette però in risalto le debolezze degli operatori

tradizionali (produttori e retailer), che ancora stentano a interpretare l’online come un reale canale

alternativo e che per questo non riescono a giocare un ruolo da protagonisti come è invece avvenuto

in altri mercati internazionali (UK e US su tutti).

Ma cosa sono i “marketplace”? Con tale termine si intende in questo ambito un sito/piattaforma

internet dedicato alla compravendita di uno (marketplace verticali) o più (marketplace orizzontali)

tipologie di prodotto o servizio.

Mette in relazione venditori e acquirenti consentendo loro di effettuare un’operazione commerciale

nelle migliori condizioni, ponendosi così nel ruolo di garante. Garantisce il pagamento al venditore

e la consegna all’acquirente gestendo anche il sistema anti-frodi permettendo così l’instaurarsi di un

clima di fiducia durante le transazioni.

I marketplace nel mondo sono diversi (Stylight, Fancy, Fab solo per citarne alcuni), i più conosciuti

in Italia sono eBay e Amazon.

Di seguito i vantaggi ottenibili dai venditori dall’utilizzo di tali piattaforme:

1 - Forte visibilità in tempi rapidi: grazie all’ottima indicizzazione di queste piattaforme nei motori

di ricerca ogni mese i propri prodotti sono accessibili a milioni di visitatori, cosa impensabile per il

proprio e-commerce privato.

Page 8: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

2 - Costi di marketing ridotti: non serve sostenere costi importanti di marketing o costi tecnici legati

allo sviluppo informatico, il pagamento è a prestazione, ovvero se non si vende non si paga alcuna

commissione al marketplace.

3 - Semplicità di utilizzo: al commerciante non è richiesta alcuna competenza informatica. E’ un

gestore di flusso a recuperare il catalogo prodotti per sottoporlo al marketplace.

4 - Testare nuovi prodotti: è possibile verificare la vendita di nuovi prodotti di cui non si è sicuri

senza affrontare rischi finanziari.

5 - Esplorare nuovi mercati: si può analizzare facilmente l’andamento dei vari mercati presenti in

tutto il mondo e capire come e quanto i consumatori locali siano interessati al proprio prodotto.

Le Dot Com d’altro canto riescono a farsi sempre più spazio sul mercato grazie a diversi fattori. La

gamma offerta è di almeno un ordine di grandezza superiore rispetto a quella mediamente offerta da

un operatore tradizionale, il prezzo è tendenzialmente più aggressivo e, in molti casi, il livello di

servizio è superiore. La strategia commerciale spinta delle Dot Com ha però un effetto diretto sui

risultati economici, solo in pochi casi positivi. Gli attori esteri che operano nel panorama italiano,

infatti, quando entrano nel nostro mercato vanno solo a margine, potendosi permettere politiche sui

prezzi molto aggressivi, in quanto ricerca, IT, comunicazione e quant’altro, lo hanno già

ammortizzato in altri stati attraverso le economie di scala.

Alcuni metodi per favorire le economie di scala per i retailer italiani e poter quindi competere con i

marketplace sono le fusioni e la quotazione in borsa. Altrimenti un'altra strategia valida potrebbe

essere quella di specializzarsi in prodotti personalizzati da vendere attraverso il proprio portale

online.

Come detto, se consideriamo solo i comparti di prodotto, la percentuale delle vendite complessive

in Italia imputabile alle Dot Com raggiunge il 70%. Nei mercati internazionali più maturi (Francia,

Germania, UK, US, Giappone e Corea del Sud) la situazione è quasi speculare, con i retailer

tradizionali che hanno un ruolo di prim’ordine.

Se esaminiamo la presenza di retailer tradizionali nella top10 dell’eCommerce di Prodotto (un buon

indicatore della maturità dell’offerta eCommerce in un Paese) troviamo mediamente tra 5 e 7

operatori tradizionali rispetto ai soli 4 italiani. Nei mercati emergenti la situazione è invece più

simile a quella italiana, con le Dot Com in una posizione dominante (7 Dot Com in top 10 in Cina e

India e 8 in Brasile e Russia).

ANALISI PER SETTORE

Nella distribuzione del fatturato e-commerce continuano a dominare i due settori più maturi, tempo

libero e turismo. Il tempo libero, tuttavia, subisce una leggera contrazione in termini percentuali

nonostante una leggera crescita della spesa nel gioco online.

Il settore con più alta crescita è, come prevedibile viste le considerazioni precedenti, quello dei

marketplace virtuali (es. Amazon e Ebay) che aumenta del 55% il proprio fatturato, seguito dalla

moda (+30%) che però ha un fatturato ancora limitato rispetto alle sue potenzialità oltre confine.

L’affermarsi dei marketplace continua a erodere il fatturato degli altri operatori soprattutto nei

settori dell’elettronica di consumo (-4%) e dell’editoria, che tuttavia continua a crescere grazie al

nuovo mercato digitale (+5%).

Page 9: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Questa è invece la crescita prevista a livello settoriale per l’e-commerce italiano nel 2015

TREND PASSATI E FUTURI DELL’E-COMMERCE ITALIANO

Sempre secondo le analisi di Casaleggio Associati, nell'anno passato l’e-commerce nostrano è stato

caratterizzato da cinque trend importantissimi: i motori di ricerca multi prodotto (cioè i

marketplace), la vendita online da parte dei negozi fisici, la vendita online da parte dei produttori, la

presenza sulle piattaforme mobile e la digitalizzazione dei canali retail.

Page 10: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

Risulta infatti che l’e-shopper italiano consulta sempre di più i motori di ricerca multiprodotto

come Amazon, eBay e tanti altri comparatori di prezzi, soprattutto nella fase pre-acquisto. Queste

ricerche precedono quasi sempre quelle operate sul motore di ricerca Google ed è per questo che gli

imprenditori che decidono di lanciarsi nell’ambito del commercio elettronico devono imparare a

presidiare queste piattaforme, con un’attività diretta o comunque confrontandosi con quanto offerto

su questi siti.

Nonostante la presenza di questi grandi operatori che trainano l’e-commerce italiano,

l’intraprendenza italiana è sempre riconoscibile e sempre più dettaglianti iniziano a utilizzare la rete

per promuovere i propri prodotti, vendere online, svuotare i magazzini e rispondere in modo

intelligente alla crisi economica e alla contrazione dei consumi.

Ai dettaglianti, però, si affianca una nuova categoria di venditori, quella dei produttori. I produttori

italiani, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni, vedono nel web e nell’e-commerce un

nuovo modo di servire direttamente i clienti, saltando gli intermediari e offrendo così prodotti

qualitativamente uguali a quelli disponibili nei canali retail, ma a prezzi molto più vantaggiosi.

L’e-commerce permette inoltre di salvaguardare l’impresa da costi poco “digeribili” come quelli

legati alle rappresentanze e alla creazione di una rete di vendita capillare. Internet svolge il ruolo di

agente e rappresentante e trasforma così i produttori in media company di tutto rispetto.

Entrambi i protagonisti (dettaglianti e produttori) approfittano dell’e-commerce italiano per

integrare il web con il punto vendita. Questa integrazione, se opportunamente sfruttata, permette di

creare un ecosistema coerente per raggiungere i clienti in modalità multicanale.

Per il 2015 e in generale nel futuro a breve termine, invece, le tendenze principali del commercio

elettronico in Italia saranno le seguenti.

Page 11: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

MOBILE COMMERCE

Un capitolo a parte merita senza dubbio l’enorme diffusione, in Italia e nel mondo, degli strumenti

mobile (smartphone e tablet) per la navigazione in internet e, ultimamente, per la compravendita

online.

Nel mondo i telefoni mobili (non tutti connessi a internet) sono utilizzati da 3,6 miliardi di persone,

con un tasso di penetrazione che tocca il 51% della popolazione.

Benché il computer sia ancora il dispositivo più utilizzato per accedere a internet (62% degli accessi

nonostante un calo del 13% del suo utilizzo nell'ultimo anno), gli smartphone hanno generato

nell’ultimo anno il maggiore incremento di traffico (+39%) che li porta al 31% di share

complessivo. In aumento anche l’uso dei tablet (+17%).

In Italia circa il 75% delle persone ha modo di accedere ad Internet anche o solo attraverso

dispositivi mobili (smartphone e tablet)

Di conseguenza il Mobile Commerce si conferma tra i principali fenomeni dell’eCommerce in

Italia: gli acquisti tramite Smartphone crescono del 78% nel 2014 e stanno registrando un’ulteriore

crescita del 68% nel 2015, con un valore triplicato in due anni, da un totale di 610 milioni nel 2013

a 1,8 miliardi di euro nel 2015.

L’argomento mobile è ovviamente sentitissimo dalle aziende per quanto riguarda gli investimenti.

Nel 2014 oltre tre aziende su quattro in Italia hanno deciso di aumentare la spesa nel mobile in

modo da presidiare e intercettare i consumatori connessi. In particolare, le attività che verranno

principalmente svolte saranno lo sviluppo del sito in versione mobile e lo sviluppo di app per

smartphone.

Un altro punto su cui insistere da parte delle imprese italiane è la gestione della multicanalità,

proprio in rapporto allo sviluppo del mobile commerce, ad esempio mediante l'adozione di formule

quali il "prenota online e ritira in negozio" o "acquista online e ricevi assistenza in-store".

Nel 2014 le aziende affermano che, in media, il mobile ha pesato il 13% sul totale dei ricavi

derivanti dalla vendita online rispetto all’8,5% nel 2013 e al 5% nel 2012. L’incremento è

strettamente legato ai maggiori investimenti sul mobile da parte delle aziende.

Le app mobile si stanno affermando sempre più come strumenti di vendita. È infatti attraverso

servizi creati sulle app degli smartphone che il mercato si sta evolvendo.

Le aziende italiane dimostrano una crescente fiducia e la volontà di investire sempre maggiori

risorse sul canale mobile.

Ovviamente il mobile sta diventando uno strumento fondamentale per la vendita online non solo in

Italia ma in tutti i mercati avanzati. In Gran Bretagna il mobile commerce aveva superato il terzo

delle vendite online e la metà delle visite ai siti di e-commerce già a fine 2013. Anche negli Stati

Uniti sono le vendite mobile che crescono più velocemente, tre volte più delle vendite desktop. In

Cina oggi il mobile commerce è pari al 13,4% del totale e si stima che arriverà al 24,2% nel 2017.

Con riferimento ai dispositivi utilizzati è sempre più lo smartphone lo strumento che le persone

utilizzano per navigare nonostante il tablet sia quello con migliore conversione all’acquisto.

Page 12: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

NORMATIVA DEL COMMERCIO ELETTRONICO

Sebbene non esista una legge specifica, le principali norme italiane che riguardano l’e-commerce

sono:

D.lgs. 114/98: riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma

dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997: in esso l’e-commerce non trova un

suo spazio specifico e viene relegato semplicemente ad una tra le “forme speciali di vendita

al dettaglio” (art.4, comma 1) e, più precisamente alla “vendita per corrispondenza o tramite

televisione o altri sistemi di comunicazione“.

D.lgs. 185/99: attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei

consumatori in materia di contratti a distanza: l’obiettivo è creare un sistema uniforme di

tutele in relazione ai contratti stipulati dai consumatori dei diversi Stati membri.

D.lgs. 70/2003: attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici

dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel

mercato interno: la normativa detta una disciplina generale per qualsiasi tipo di servizio

anche non remunerato fornito in via elettronica sia nel settore del B2C (Business to

Consumer) sia nel settore del B2B (Business to Business). Rimane escluso invece il settore

del C2C (Consumer to Consumer)

In particolare il D.Lgs. 70/2003 ha introdotto alcune importanti novità, tra cui:

l’obbligo di inserire alcune informazioni generali sul sito web

alcune norme in materia di comunicazioni pubblicitarie

alcune regole in materia di contrattazione telematica

alcuni principi in materia di responsabilità dei provider

I principî fondamentali della vendita on line

Oltre alle norme civilistiche generali e quelle specifiche sul commercio elettronico, l’e-commerce è

soggetto alle norme dirette alla specifica tutela dei consumatori contenute nel c.d. Codice del

Consumo (Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206) e precisamente nelle norme che

regolamentano la vendita a distanza (vendita a distanza).

Semplificando, si può affermare che i principi fondamentali della normativa sulla vendita online

sono sostanzialmente 4:

1) libertà;

2) non discriminazione degli strumenti telematici;

3) principio del Paese d’origine (Mercato Interno);

4) tutela del consumatore.

Il primo principio, di libertà, intende alludere al fatto che, almeno tendenzialmente, tutti i

beni/servizi possono essere oggetto di e-commerce (salvo alcune ovvie esclusioni, come quando si

versa in materia di salute pubblica, ecc.).

Il secondo principio, di non discriminazione della contrattazione in via telematica, allude al fatto

che chi apre un negozio online non deve essere sottoposto a una disciplina più restrittiva di chi apre

un negozio fisico: non sono pertanto richieste autorizzazioni diverse da quelle dei negozi fisici.

Il principio del Paese d’origine (Mercato Interno) stabilisce come nell’e-commerce tendenzialmente

la vendita è regolata dalla legge dello Stato ove si trova il domicilio/sede del venditore. Va subito

Page 13: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

evidenziato che questo terzo principio del Paese d’origine (Mercato Interno) si applica nelle vendite

a non-consumatori (cd. B2B).

Nel caso di vendite effettuate ad acquirenti non professionali (i consumatori), il principio del Paese

d’origine (Mercato Interno) è destinato a cedere il passo al quarto principio della tutela del

consumatore. In forza di tale principio, nel caso di vendite ad acquirenti consumatori (cd. B2C), si

applicano inderogabilmente alcune norme della legge dello Stato del domicilio del consumatore che

prevedono precise obbligazioni in capo al venditore: questo perché si presume che il consumatore

conosca meglio le normative di casa propria e si aspetti un certo genere di tutela.

Oltre a tutto ciò, l’ultimo anno è stato ricco di novità normative in tema di commercio elettronico.

Ad esempio, è stata recepita una norma europea sull’e-commerce a tutela degli acquirenti, che porta

i termini per il recesso senza dover fornire alcuna giustificazione da 10 a 14 giorni. Se il cliente non

è informato il periodo si allunga di 12 mesi, termini estesi anche a servizi di aste online come eBay

nel caso il venditore non sia un privato.

Una normativa introdotta per rendere più equa la competizione tra aziende presenti in diversi Paesi

prevede inoltre che dal 1° gennaio 2015 le operazioni di vendita verranno tassate nel Paese di

utilizzo del servizio, comprese le vendite di prodotti digitali come mp3, app e software.

Congiuntamente a questa norma viene introdotta la possibilità di pagare l’imposta nel Paese

dell’esercente, ma con le regole e le aliquote del Paese di destinazione della vendita (MOSS).

Per il commercio elettronico diretto (es. dove non c’è la spedizione del bene fisico) c’è ora

l’obbligo della fattura contestuale alla vendita, al contrario del commercio elettronico indiretto

(assimilato alla vendita per corrispondenza) dove non c’è obbligo di emissione fattura o

certificazione contabile. Questo vuol dire che chi vende software o prodotti digitali da quest’anno

deve chiedere al cliente dati come il codice fiscale.

Una buona notizia per gli esercenti è l’indicazione del Parlamento Europeo che, a partire

dall’autunno 2015, costringe i circuiti internazionali di carte di credito a mettere un limite dello

0,3% alle commissioni che richiedono.

Il 2015 dovrebbe essere inoltre l’anno in cui il sistema bancario italiano promuoverà l’uso del

bancomat per gli acquisti online.

FOCUS SULL’ARTIGIANATO ARTISTICO

Il settore dell'artigianato, nei suoi diversi e variegati ambiti di attività, in Italia conta più di un

milione di aziende pari a circa il 30% del totale nazionale, con una netta prevalenza delle

microimprese: più del 95% delle imprese artigiane occupa meno di 10 addetti, mentre poco meno

dell'80% degli addetti del settore, lavora presso imprese che contano meno di 10 addetti.

La maggiore concentrazione di imprese del settore si trova in Lombardia, Veneto ed Emilia

Romagna, anche se molte regioni del sud Italia evidenziano tassi di crescita rilevanti.

La legge italiana stabilisce in modo specifico la definizione di impresa artigiana.

Fattori decisivi risultano l'ambito di attività dell'impresa (le attività dell’artigianato artistico

richiedono tecniche di lavorazione manuale, ad alto livello tecnico professionale, anche con l'ausilio

di apparecchiature ma escludono assolutamente processi di lavorazione effettuati interamente in

Page 14: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

serie) e il numero di dipendenti. Questo significa che quando ci si riferisce ad aziende artigiane si

parla sempre di realtà aziendali di misura piccola o addirittura di ditte individuali.

Focalizzandoci sul settore dell’artigianato artistico, possiamo affermare come esso comprende

professioni che hanno come caratteristica l’ideazione e la realizzazione di opere/prodotti di elevato

valore estetico o ispirati a forme, modelli, decori, stili e tecniche tipici del patrimonio storico e

culturale.

L’artigianato artistico è un settore produttivo che viaggia parallelamente a diversi altri settori,

proponendo una modalità di produzione e di lavorazione di beni che si discosta dalla realtà della

grande industria e della produzione in serie e possiamo quindi trovare espressioni di artigianato

artistico nel settore dei beni culturali, nell’edilizia & design, nel settore della meccanica &

metalmeccanica, nel settore del tessile, pelletteria & moda, e così via.

Normativa

Sebbene sia stata attribuita elevata autonomia alle singole regioni (in particolare riguardo a

finanziamenti, agevolazioni, sostegno alla nascita di consorzi e all'internazionalizzazione, oltre a

misure per la tutela dell'artigianato artistico), a livello nazionale i due principali impianti normativi

sono:

per l'artigianato in generale la Legge nazionale 8 agosto 1985 n. 443 (Legge quadro per

l'artigianato), con successive modificazioni e integrazioni, la quale stabilisce i requisiti

soggettivi, in capo all’imprenditore artigiano, e quelli oggettivi dell’impresa.

per l'artigianato artistico in particolare è intervenuto il D.P.R. n. 288/01

Inoltre, a livello internazionale, nel quadro di alcune convenzioni siglate nel 2008 con l’obiettivo

principale di creare delle sinergie nel settore dell’Artigianato Artistico a scala europea ed

internazionale e di dare una maggiore visibilità alle produzioni artistiche a livello politico, Ateliers

d’Art de France, CNA Nazionale, Confartigianato Imprese Nazionale e Artex, hanno messo a punto

una Carta Internazionale dell’Artigianato Artistico, volta ad evidenziare i valori e le peculiarità

del settore ed a metterne in luce i punti di forza e debolezza.

La Carta si articola in vari punti: le definizioni di artigianato artistico e di artigianato tradizionale; i

valori del settore; le proposte, studiate a partire da una prima analisi dei punti di forza e di

debolezza del settore. La Carta dovrà essere condivisa dal maggior numero di partner a livello

internazionale, affinché l’Artigianato Artistico diventi un punto focale delle politiche europee.

ARTIGIANATO E INTERNET

Per gli artigiani italiani l’incontro con il mondo del web è un’occasione di rilancio da non farsi

scappare. A maggior ragione se l’attenzione che i consumatori hanno per i nostri prodotti è

particolarmente elevata come testimoniano i dati recentemente diffusi da Google che evidenziano

come le ricerche online per prodotti “made in Italy” sono cresciute dell’8% rispetto al 2012.

Le maggiori richieste provengono ancora dai nostri mercati storici, Stati Uniti ed Europa, anche se

si registra una crescita significativa da parte di Russia, India e Giappone. Un dato confortante per il

nostro paese che, a fronte della crisi del mercato interno, ha bisogno di rafforzare il proprio export e

trovare nuovi mercati di sbocco. Un dato ancora più confortante per gli artigiani che, non avendo

molte risorse da investire per espandersi a livello internazionale, possono contare sul web come

nuovo canale per avvicinarsi al consumatore finale.

Page 15: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

La categoria artigiano-manifatturiera, oggi, salvo pochi casi particolari, è la più arretrata

nell’utilizzo dei nuovi mezzi digitali ed è facile intuire quali grandi vantaggi invece trarrebbe da un

uso ottimale della rete internet, in un momento economico in cui l’export sembra essere l’unica

soluzione concreta.

Purtroppo, la maggior parte delle PMI italiane non ha ancora sviluppato una strategia di

comunicazione e promozione web, soprattutto appunto nel settore manifatturiero.

Per essere più precisi, solo nel settore dell’artigianato artistico, dove si contano in Italia più di 340

mila imprese, capaci di portare alla nostra bilancia commerciale più di 80 miliardi di euro, la

percentuale presente in rete si aggira intorno all’1%, ben diversa da quella che troviamo nel resto

d’Europa dove la presenza di queste aziende nel web è altamente superiore e si aggira anche su

percentuali del 10%.

Le cause principali della scarsa presenza degli artigiani sul web sono riconducibili principalmente

a:

Scarse risorse economiche per la promozione;

Mancanza di tempo da dedicare a questa attività;

Mancanza di competenze per la gestione di spazi web o comunque per l'autopromozione.

Paura di una concorrenza “anomala”: il web preoccupa gli artigiani perché mette un po’

tutti sullo stesso piano, l’hobbista improvvisato con l’artigiano di grande qualità. E’ un

mondo apparentemente senza gerarchia. Hanno paura di essere superati da chi magari è

meno bravo tecnicamente ma ha più capacità nell’uso degli strumenti online.

Quello che i nostri artigiani spesso non considerano è che questi strumenti possono offrire, in

maniera relativamente semplice ed economica rispetto alle modalità tradizionali, una grande

visibilità sia italiana che internazionale, soccorrendo al crollo del mercato interno con il

posizionamento in mercati esteri, molto più ricchi di quello italiano o europeo. Mercati come quello

cinese, giapponese, americano o russo, in cui il prodotto artigianale italiano è molto spesso più

apprezzato e ricercato che nella stessa nostra Italia e dove sono disposti a spendere le giuste cifre

per prodotti d’eccellenza di cui ne riconoscono il valore.

Fonti:

Casaleggio Associati, E-commerce in Italia 2015, report aprile 2015

Assintel, Report 2014 - Il mercato del software e servizi in Italia -scenari, strategie, soluzioni per

interpretare il cambiamento

Tourism Economics, L’impatto dei contenuti online sul turismo europeo, Novembre 2013

MM ONE GROUP e-Business Models, L'utilizzo dell’e-commerce in Europa e i ritardi dell'Italia

Avv. Ivan Rigatti, La normativa italiana in materia di commercio elettronico

Information Memorandum MadeinItalyforme

http://www.cittadeimestieri.it/settori-professionali/artigianato-artistico.html

Artigiani tradizionali e web, grandi possibilità poco sfruttate …

http://www.madeinitalyfor.me/info/artigiani-vs-web-2014/

Page 16: E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

e-Commerce Italia 2015, l’analisi di Casaleggio Associati

http://www.madeinitalyfor.me/info/e-commerce-italia-2015-analisi-casaleggio/

Commercio elettronico: analisi della disciplina in Italia

http://www.eurocomunicazione.com/2014/08/commercio-elettronico-analisi-della-disciplina/

OSSERVATORIO eCommerce B2c_

http://www.osservatori.net/ecommerce_b2c

Ecommerce in Italia: analisi, trend del momento e aspetti Social

http://www.webinfermento.it/ecommerce-in-italia-analisi-trend-del-momento-e-aspetti-social/

E-commerce italiano in crescita anche nel 2015

http://www.hostingtalk.it/e-commerce-italiano-in-crescita-anche-nel-2015/

E-commerce nel 2014: lo stato del mercato italiano

http://www.hostingtalk.it/e-commerce-2014-mercato-italiano/

Perché gli artigiani non sono online?

http://www.firstdraft.it/2013/11/27/perche-gli-artigiani-non-sono-online/

Gli italiani scoprono il commercio online, ma sui siti stranieri

http://www.lastampa.it/2014/10/28/economia/gli-italiani-scoprono-il-commercio-online-ma-sui-siti-

stranieri-pECGh1MXhn3UF2JY4zzm0H/pagina.html

Prosegue la crescita dell’eCommerce in Italia

http://www.lastampa.it/2015/04/21/tecnologia/prosegue-la-crescita-dellecommerce-in-italia-

Ux6YGJlgAGvHlPew0KvK5M/pagina.html

http://www.dirittierisposte.it/Schede/Tutela-del-consumatore/Contratti-del-

consumatore/vendita_on_line_commercio_elettronico_id1120579_art.aspx

E-commerce: la normativa aggiornata

http://www.pionero.it/2014/02/28/e-commerce-la-normativa-aggiornata/

http://www.brainybyte.it/utenti-internet-nel-mondo-2014/

http://www.brainybyte.it/utenti-internet-in-europa-2014/

Uso di Internet, Italia è terzo mondo d’Europa

http://www.macitynet.it/uso-di-internet-italia-terzo-mondo-deuropa/

Marketplace: cos’è e perché conviene usarlo

http://www.eurostep.it/ecommerce/marketplace-cose-e-perche-conviene-usarlo/