valentina russo (2013). le lingue estere. storia, linguistica e ideologia nell'italia fascista:...

23
A

Upload: independentresearcher

Post on 18-Jan-2023

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

A

Valentina Russo

Le lingue estere

Storia, linguistica e ideologia nell’Italia fascista

Prefazioni diNorbert Dittmar

Alberto Manco

Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre

A Silvana

Indice

Prefazionedi Norbert Dittmar

Prefazionedi Alberto Manco

Introduzione

Capitolo IStoria edioriale

I.. La rivista Le lingue estere, – I... Il titolo, – I... La diffusione, –I... Struttura e scopi, – I... Le edizioni Le lingue estere, – I.. Or-ganizzazione dell’opera, – I... Tripartizione del periodo storico, –I... La posizione del Tedesco, .

Capitolo IILa storia ne Le lingue estere

II.. Tracce e riflessi di storia e politica ne Le lingue estere, – II.. I cor-si di lingue straniere e la politica estera italiana: corrispondenze, – II... -: colonizzazione e Impero, – II... -: andate inGermania!, – II... -: emigranti oltreoceano, .

Capitolo IIILinguistica

III.. La linguistica al tempo di Le lingue estere, – III... La linguisticastorico-comparativa dell’Ottocento, – III... Lo strutturalismo di Ferdinandde Saussure, – III... La Scuola di Praga, – III... La linguistica diCopenhagen, – III... La linguistica americana di inizio Novecento, –III... La linguistica in Italia, – III.. La linguistica ne Le lingue este-re, – III... Introduzioni alla linguistica, – III.... Divagazioni sullelingue e sulla linguistica (I periodo), – III.... Introduzione allo studio

Le lingue estere

della linguistica, – III.... Panorama della storia della linguistica (IIIperiodo), – III... Da Matteo Bartoli a Tristano Bolelli: i volti della lingui-stica, – III.... La linguistica nei tre periodi editoriali, – III.... Unavisione d’insieme, – III..... Dimensioni., – III..... Linguisticastorica., – III..... Italiano., – III..... Varietà., .

Capitolo IVL’insegnamento delle lingue straniere

IV.. Cenni di tipologia e storia dei metodi, – IV.. L’insegnamentodelle lingue straniere ne Le lingue estere, – IV.. Regola vs norma:grammatica vs uso, – IV.. La centralità del discente, – IV.. Me-todologia d’analisi dei corsi DaF, – IV... DaF, – IV... Grigliaper la comparazione dei corsi di lingua tedesca editi da LLE, .

Capitolo VIl tedesco

V.. Sullo status della lingua tedesca nell’Italia fascista, – V.. Il te-desco ne Le lingue estere, – V... Corsi, – V... Lingua, –V... Letteratura, – V.. L’analisi dei corsi: una visione d’insieme, – V.. Tre casi esemplari, – V... -: Corso di lingua tedescaLinguaphone, – V.... Genesi, – V.... Target, Struttura e Sup-porti, – V.... Curatori e Concezioni, – V..... Siebs., –V..... Menzerath., – V..... Drach., – V..... Niessen., –V..... Gerlach e Funke., – V..... Hernnstadt–Oettingen, Heydeck,Beyer, Eisheuer., – V.... Metodi e Progressione, – V.... Parametrididattici e Varietà, – V.... Temi e Vocabolario, – V.... Particola-rità: un’analisi fonetico-acustica, – V.... I due Linguaphone a confron-to, – V... -: Corso per principianti di tedesco, – V.... Ge-nesi, – V.... Target, Struttura e Supporti, – V.... Curatori eConcezioni, – V..... Severino., – V..... Reichenberger., –V..... Poli., – V.... Metodi e Progressione, – V.... Parametrididattici e Varietà, – V.... Temi e Vocabolario, – V... -:Vergiss dein Deutsch nicht!, – V.... Genesi, – V.... Target, Strut-tura e Supporti, – V.... Curatori e Concezioni, – V.... Metodi eProgressione, – V.... Parametri didattici e Varietà, – V.... Temie Vocabolario, .

Capitolo VILe lingue estere: tirando le somme

VI.. Da Le lingue estere a Le lingue del mondo. Un cambio di prospetti-va, – VI.. Sulla via della specializzazione, – VI.. Dalla glottodi-

Indice

dattica alla sociolinguistica, – VI... Il caso del tedesco, – VI.. Geist,Zeitgeist, Gestalt, – VI.. Spunti per ulteriori ricerche, .

Ringraziamenti

Appendice : Argomenti delle lezioni del corso Linguaphone deglianni Trenta

Appendice : Argomenti delle lezioni del corso Linguaphone deglianni Cinquanta

Appendice : Articoli estratti da LLE

Articoli di Bruno Migliorini, – Neopurismo: che significa? (LLE, /:), – Storia di un europeismo filisteo (LLE, /: ), – Nascitadell’OK (LLE, /: -), – Shâh Mât (LLE, /: -), –Metamorfosi degli scacchi (LLE, /: ), – Caroselli antichi e nuovi(LLE, /-: -) dal cavalleresco gioco del quattrocento al gaio passa-tempo dei nostri bambini, – Articoli di Vittore Pisani, – Desinenzefuori posto (LLE, /: -), – Divagazioni sull’etimologia (LLE,/: -). L’essenza ed i compiti dell’indagine scientifica, – Arti-coli di Tristano Bolelli, – Fasti e nefasti della grammatica (LLE, /:), – Il valore estetico delle lingue (LLE, /: ). in se stessa ognilinguaè conchiusa e perfetta, .

Bibliografia

Prefazione

Il libro di Valentina Russo prende in esame due aspetti della didatticalinguistica fascista i cui effetti politici e presupposti (socio)linguisticisono poco noti in Italia e del tutto estranei in Germania: gli orienta-menti politico-culturali e di didattica delle lingue della rivista Le lingueestere (LLE) e i corsi Deutsch als Fremdsprache (DaF: tedesco come lin-gua straniera) promossi e commentati dalla stessa Rivista nell’Italiafascista tra il e il . Valentina Russo, grazie a un approccio stori-co esteso sia all’Italia che alla Germania, pone in evidenza, con accentiilluminanti, gli intrecci politico-culturali che hanno caratterizzato lerelative iniziative nei due Paesi. LLE propaga, in modo divulgativo eretorico, l’apprendimento di una seconda lingua e il contributo del-le scienze linguistiche applicate per l’apprendimento di una linguastraniera. Gli articoli illustrano le funzioni inerenti alle definizionilinguistiche ai vari livelli, valutano i singoli approcci e forniscono unapanoramica sull’evoluzione storica delle scienze linguistiche e dellaloro metodologia (paradigmi) negli anni Trenta e Quaranta. Analoga-mente alla ricerca effettuata da Kösters-Gensini (nel ) relativa alladidattica delle lingue durante il nazionalsocialismo negli anni Trenta,l’Autrice approfondisce il discorso su tale problematica per quantoriguarda l’Italia fascista. Il progetto ideologico di LLE in Italia ha ca-rattere di unicità: è funzionale alla colonizzazione politico-linguisticanel periodo compreso tra il e il (definito dall’Autrice “co-lonizzazione e Impero”), in molti saggi si sollecita l’apprendimentodel tedesco come lingua straniera tra il e il (“andate in Ger-mania”) e infine, dopo la svolta politica, in una sorta di prospettivapostbellica, ci si rivolge agli “emigranti d’oltreoceano”. Ricorrendoall’utilizzo di grafici eloquenti, l’Autrice fornisce chiare coordinatetemporali su quanto viene pubblicato ne LLE nell‘ambito di tre grandiaree tematiche: l’introduzione alla linguistica, il suo aggancio con lastoria e i fondamenti di didattica delle lingue straniere. Al dilemma cheha sempre assillato l’insegnante italiano, ovvero: “tra regola e norme:

Prefazione

che lingua insegnare?” risponde Ladislao Mittner, probabilmente ilgermanista più noto del Novecento accanto a Leonello Vincente (– ), con queste parole:

Ora l’accento affettivo a cui si devono tante e tali trasformazioni, non è unaeccezione, come potrebbe sembrare, ma la regola; il cosiddetto linguaggio“normale”, prescritto dai grammatici e dai logici, è un’illusione dovuta adincomprensione o è la arida pedanteria che uccide lo spirito del linguaggio,o, nel miglior caso, è un’approssimazione di valore assai limitato e sempredi nuovo superata dalla realtà (Mittner, LLE, /: ).

Le osservazioni di Mittner mi portano a riflettere su un secondoaspetto centrale oggetto di questo lavoro: ovvero la questione dellanorma. Gli anni Trenta sono stati segnati da un cambiamento a dir pocoradicale nella didattica delle lingue: la lingua parlata riesce a entraredirettamente nelle case degli apprendenti in forma di monologhie dialoghi registrati fedelmente su dischi giri. Studiare le linguestraniere tra le mura domestiche con l’ausilio di materiali ispirati allavita di tutti i giorni: una vera rivoluzione glottodidattica!

L’Autrice ricostruisce le tappe che portarono all’istituzione del-l’impresa mediatica Linguaphone, a Londra, con una sede distaccataa Milano, nonché il dibattito incentrato sulla pungente questione:Quale varietà deve essere insegnata, da chi, in quali generi comunicativie in quale contesto sociale? Quali caratteristiche linguistiche sono ap-propriate e rappresentative nell’apprendimento di una lingua straniera?È singolare constatare che la concezione mittneriana (v. passo testécitato) non coincida con quella tedesca bensì, più che altro, con quelladi Bernard Shaw (alias Professor Higgins) che, in una prospettiva tipi-camente anglofona, sottolinea l’importanza della lingua parlata nelcontesto della quotidianità come criterio di selezione didattica. L’o-rientamento di Erich Drach invece, potente responsabile delle attivitàdi didattica linguistica nel Terzo Reich, è di tipo nazionale e ideale:si tratta di insegnare un tedesco “forte”, deciso (“Hochlautung” ovvero“pronuncia pura” secondo Siebs), corrispondente agli elevati ideali delnazionalsocialismo.

. V. l’importante saggio “Quel pioniere che creò il mito della letteratura tedesca inItalia“, di Claudio Magris. In: Corriere della Sera del febbraio .

. Queste concezioni risentono sicuramente degli effetti tardivi di idee romantichecirca l’omogeneità linguistica conseguente alla nascita della nazione nel e danno adito

Prefazione

In effetti Drach, in una serie di saggi, ha interpretato la strutturamorfosintattica del tedesco come una peculiare forma tipica del siste-ma di pensiero tedesco. Drach esalta la particolare Reliefgebung (messain rilievo) fonetica del tedesco, favorita dalle (abbondanti) consonanti,dalla quale scaturirebbe una “forza” simbolo dell’energia linguistica.Estremamente illuminanti sono, di conseguenza, gli esiti a cui per-viene l’Autrice attraverso l’analisi acustica della pronuncia della [r] diDrach, condotta con PRAAT. Nel parlato lento (principianti e livellointermedio) la variante apicale si ottiene con valori apprezzabili, valoriche si affievoliscono notevolmente quando si passa a un parlato veloce(livello avanzato).

Da ciò si evince chiaramente quanto sia poco naturale la pronun-cia apicale in tedesco – questione illustrata egregiamente anche daWerner König (nel ) nella sua ricerca empirica differenziata sul-la pronuncia standardizzata. A fronte della pronuncia idealizzata – epiuttosto artificiosa – conforme alle norme siebsiane, gli studenti diquesto primo corso per l’apprendimento del tedesco parlato, nell’Italiaprebellica, possono contare su una selezione di tematiche improntatea criteri di autenticità. Prevalgono le situazioni quotidiane familiari e icontesti di utilizzo pratico di quanto appreso. La scelta di situazionidi vita quotidiana è tutt’ora presente nella didattica contemporanea.In appendice al corso si contrappongono due impostazioni completa-mente diverse: da una parte quella che ricalca situazioni di vita realeattraverso i dialoghi, dall’altra la rappresentazione idealizzata dellaHochlautung di Siebs. La scelta di aver inserito elementi sincroniciall’interno di una ricerca storico-linguistica al fine di documentareadeguatamente la pronuncia dell’epoca è un aspetto, a mio avviso,particolarmente meritevole di questo lavoro.

Tra i tanti rilevanti risultati empirici sui singoli contenuti didattico-linguistici de LLE e la struttura delle lezioni di tedesco orali, bisognaevidenziare un terzo aspetto, relativo alla scelta dell’arco temporale di

a spropositate aspettative di una regolamentazione della varietà linguistica.. V. la sua opera principale, die Felderanalyse (Drach, Erich ).. Nel testo è spiegato nei dettagli che le lezioni del primo libro di testo di tede-

sco furono lette da diversi linguisti. L’autrice prende in esame tre lezioni lette da Drach,corrispondenti rispettivamente a un livello per principianti, uno intermedio e uno avan-zato, per indagare l’effettivo utilizzo apicale della “r”, appannaggio della lingua standardconformemente alle indicazioni di Siebs.

Prefazione

ricerca (“lasso di tempo”). In soli anni di DaF in Italia (dal al )si riscontra un cambiamento epocale nella concettualizzazione delle nor-me. Mentre il tedesco del primo corso prebellico è caratterizzato daun “tedesco forte”, improntato alle norme ideali nazionali, articolatoda Drach e dalla sua équipe in modo artificioso, il primo corso postbel-lico si contraddistingue nettamente per l’uso di un tedesco colloquialesovra-regionale, parlato sempre dagli stessi speaker professionali (manon accademici) del Westdeutscher Rundfunk di Colonia. Questo stilequotidiano rinuncia completamente a qualsivoglia effetto emotivo opatetico affidato alla pronuncia. In questo passaggio radicale da unmarcato “tedesco forte” di stampo nazionale a un tedesco quotidianopiuttosto sobrio ravviso, tuttavia, un cambiamento ancora più profon-do, abissale, che va di pari passo con la perdita di prestigio, a livellomondiale, della lingua tedesca che, invece, prima della Seconda guerramondiale godeva di una notevole considerazione in Paesi come laRussia, gli USA, il Brasile e altri ancora. Le cause sono note e nonè il caso di ridiscuterne in questa sede. I mutamenti che ha subito iltedesco come lingua straniera nel periodo compreso tra il e il sarebbero estremamente illuminanti nel quadro di un’analisi so-ciolinguistica comparata. Studi approfonditi comparati relativi a Paesicome il Brasile, la Russia, gli USA potrebbero rivelarsi molto eloquentirispetto alla caduta di prestigio, precedentemente conquistato, dopola Seconda guerra mondiale.

Sarebbe effettivamente auspicabile dar vita a un Convegno che siponesse l’obiettivo di analizzare sotto il profilo sociolinguistico “ascesae declino” del tedesco come lingua diffusa nel mondo nel fatidico arcodi tempo compreso tra il e il . Sarebbe altresì interessantecomparare i risultati di una tale analisi con la rilevanza della linguaitaliana nello stesso periodo.

La ricerca di Valentina Russo, tuttavia, improntata alla sociologiadel sapere e corredata di numerose fonti e altrettanti materiali, nonsi limita a fornire importanti spunti di riflessione sull’analisi storica atutto campo circa la “sorte” della lingua tedesca tra apprezzamento erifiuto PRIMA e DOPO la Seconda guerra mondiale. Come si posero

. Cfr. in proposito gli accenti parodistici dello scrittore Matthias Köppen nel suolibro “Starkddeutsch” (lett. “tedesco forte”). Già negli anni Sessanta Ernst Jandl, nellapoesia “Heldenplatz” (Piazza degli eroi), ma anche in altre, aveva messo alla berlina questo“Starkdeutsch”, espressione di tracotanza nazionalistica.

Prefazione

le “scienze linguistiche istituzionali fasciste” di fronte al problemadell’uso del dialetto nelle scuole? Questo è un aspetto che varrebbe lapena comparare con gli esiti a cui è pervenuta Kösters–Gensini ()rispetto al tedesco durante il nazionalsocialismo. Le documentateimpostazioni dei linguisti italiani, elaborate per LLE nell’ambito dellalinguistica applicata, sono indicative delle linee evolutive della storiadelle scienze linguistiche italiane.

La sistematicità con la quale l’Autrice delinea l’ambito di ricercalinguistico (come la fonetica o la sintassi), la metodologia e l’impo-stazione teoretica (come lo strutturalismo e l’onomasiologia), maidisgiunti dalla loro applicazione, è una pietra miliare nella ricercadell’evoluzione storica delle scienze linguistiche italiane. Non riescoa fugare la sensazione che i linguisti italiani dell’epoca – analogamenteagli architetti del periodo – nel “merito” non abbiano impresso allescienze linguistiche lo stesso “marchio” fascista dei loro colleghi tede-schi del tempo (v. p. es. la ricerca sui contenuti linguistici di HelmutGipper). Senza ombra di dubbio i saggi di L. Mittner si collocano benoltre una tale linea di tendenza. La grafica “futuristica” sulla copertinadi LLE (v. ill. I. a pag. ) rimanda a una maggiore libertà ideologica.Il linguista tedesco degli anni Trenta è più asservito all’ideologia diStato rispetto a quello italiano?

Sono onorato (oltre che gratificato) di scrivere la prefazione a questaanalisi storiografica capillare di LLE effettuata da Valentina Russo eintegrata da uno studio approfondito del tedesco come lingua stranieranell’Italia fascista. Con questa puntuale analisi multidisciplinare l’Au-trice ha messo a punto uno strumento metodologico imprescindibilenelle future ricerche storiografiche di scienze linguistiche. L‘intrecciosocio-linguistico e storico-culturale delle impostazioni metodologichee teoretiche, abbinato all’analisi della casistica didattico-linguistica (icorsi DaF tra il e il ), è un fulgido esempio di un’interazione co-struttiva tra l’aspetto concettuale e quello metodologico dello “spiritodel tempo”, con evidenti riflessi sul campo della didattica linguistica.

. Cfr. la ricerca ad ampio raggio realizzata da Dittmar sui periodici nel che ha peroggetto l’evoluzione della sociolinguistica nella Repubblica Federale Tedesca a partire dal. Su questa scia multidisciplinare si colloca anche l’analisi di LLE effettuata dall’Autriceche può essere considerata la base e la griglia descrittiva per future ricerche su altre rivistedello stesso periodo storico e le relative tendenze. Questo potrebbe dare nuovi impulsi,peraltro, alla ricerca sul ruolo della socio- e psicolinguistica del periodo in questione.

Prefazione

Auguro a questo testo tanti lettori interessati, italiani e tedeschi e,perché no?, europei.

Napoli, febbraio

Bibliografia

Dittmar, Norbert und Schmidt-Regener, Irene (), “Soziale Variantenund Normen”. In: Helbig, G. (ed.): Handbuch Deutsch als Fremdsprache.Berlin/New York: de Gruyter, -. (=Reihe: HSK , Art .).

Dittmar, Norbert (), “Möglichkeiten und Grenzen einer soziolinguisti-schen Theorie”. In: Ammon, U./Dittmar, N./Mattheier, K.J./Trudgill,P. (eds.): Soziolinguistik. Ein internationales Handbuch, Bd. , Berlin/NewYork: de Gruyter, -.

Drach, Erich (, postumo) Grundgedanken der deutschen Satzlehre. Frank-furt a.M.: Diesterweg Verlag.

Kösters-Gensini, Sabine () Parole sotto la svastica: l’educazione linguisticae letteraria nel Terzo Reich. Roma: Carocci.

König, Werner () Atlas zur Aussprache des Schriftdeutschen in der Bunde-srepublik. Bd : Text, Bd : Tabellen und Karten, München: Hueber.

Norbert Dittmar (Freie UniversitätBerlin – Università degli Studi di

Napoli “LOrientale“)

Prefazione

È significativo che sinora nessun addetto ai lavori abbia dedicato at-tenzione alla vicenda della rivista di divulgazione linguistica Le lingueestere, pubblicata in Italia dal al per poi mutare in Le linguedel mondo con una comprensibile interruzione delle uscite subita tra il e il , con sede a Milano almeno fino a quando la redazionenon si spostò a Firenze in via Giambattista Vico, . In un tardo spa-zio pubblicitario la rivista, che usciva con trentadue pagine illustratenel formato trentadue per trentadue, nel (in quello che sarebbestato in realtà l’ultimo suo anno di esistenza) dichiarava con stile ap-parentemente fiducioso nel futuro di aver raggiunto il quindicesimoanniversario, e tutto infatti lasciava presagire che avrebbe continuato apubblicare articoli dei più noti linguisti, oltre a rubriche di consulenzalinguistica affidate a specialisti, con notizie, recensioni e indicazionibibliografiche aventi lo scopo, come recitava il testo pubblicitario, ditenere al corrente delle più importanti novità linguistiche di tutto ilmondo. Cosa che era stata senz’altro vera sino a quel momento.

Ma appunto, nel quadro generale di studi sul fascismo, nel quale èstato dedicato spazio agli aspetti linguistici dell’epoca, ci si è concentra-ti di solito su alcuni punti generalmente riconducibili al macrotemadelle politiche linguistiche, non senza specifiche attenzioni ai compor-tamenti linguistici di alcuni notabili dell’epoca, tralasciando l’analisidella Rivista e dei fatti ad essa connessi.

Una svista notevole dovuta non solo al silenzio degli autori cheavendoci scritto non hanno poi incentivato un qualche studio sistema-tico sulla rivista stessa, ma dovuta anche a coloro che, occupandosidella linguistica di quel periodo, non hanno esposto la storia della rivi-sta nelle loro pur pregevoli analisi: basti ricordare per tutte quella che,con l’Utz Maas di Verfolgung und Auswanderung deutscher Sprachforscher-, afferma che si può parlare di una lingua fascista o nazionalso-cialista, al più, in termini lessicali (ma sarebbe il caso di ragionare sucosa sia, in profondità, la lessicogenesi senza rubricarla a fatto quasi

Prefazione

schematico e di vocabolario); oppure quella che, facendo capo al C.Hutton di Linguistics and the third Reich: Mother-tongue fascism, race andthe science of language, più problematicamente e con atteggiamento difondo orientato da premesse che sembrerebbero persino ontologiche,afferma che sia stata la linguistica a determinare alcune attivazionitipiche della cultura fascista – e questo basterebbe a dire: delle culturefasciste.

Su questo punto specifico e sulle sue matrici quando esaminaterispetto al periodo in cui la Rivista aveva gettato le sue basi bisogneràancora ragionare perché esso si connette, in prospettiva metalingui-stica, a ben altre e profonde questioni che non semplicemente quelledi una linguistica intesa in senso “lessicologico” e dunque in chiaveminore – almeno quando non si abbia sufficiente disposizione a com-prendere cosa siano, nei loro complessi antefatti cognitivi, non tanto illessico di arrivo, quanto le procedure che sottostanno al sistema com-plessivo del lessico in una lingua. Appunto per questo da un lato si deveaccennare alla necessità di accompagnare sempre il ragionamento sullessico a quello sui processi propri della sua acquisizione, e dall’altro sideve accennare a paure di argomenti che in qualche modo abbiano ache vedere con l’acquisizione del linguaggio, o, se si preferisce portarela cosa su un piano generale e teorico, con la sua originarietà presso ilmetaindividuo. Cosa che potrebbe lasciar intuire il perché di qualchepreoccupazione che all’epoca si mostrava ad esempio verso il temadella cosiddetta mother-tongue, e di cui Le lingue estere testimonia.

Esattamente in questa zona immensa e al tempo stesso poco visibi-le o quantomeno non sufficientemente chiara (perché pone difficoltàdi analisi storica talmente di dettaglio da convertire l’analisi stessain una azione teorica) della distanza tra i due modi di intendere laquestione, l’idea di esaminare la situazione italiana durante l’Era fa-scista attraverso la rappresentazione mediata da Le lingue estere apparedunque necessaria.

Non ultimo, essa lo è perché aggiunge un contributo all’interscam-bio tra le “influenze” della linguistica sul mondo da un lato, oppure,da tutt’altra prospettiva ed epistemologica, delle “influenze” del mon-do sulla linguistica; basti pensare, come viene ricordato da ValentinaRusso a proposito di un libro di Marcel Cohen (Histoire d’une langue: lefrançais, del ), a certe “abitudini di pronuncia” che caratterizzanodeterminati popoli, o meglio, determinate “classi” di quei popoli, e

Prefazione

si pensi a quale strumentalizzazione potesse essere fatta di una simileinformazione in un’epoca come quella durante la quale la Rivista eraattiva. Uno studio dedicato ad essa come è quello firmato da ValentinaRusso, dunque, tenendo esso conto delle attenzioni di linguisti giàpronunciatisi relativamente al periodo e ai quali essa era sfuggita matenendo conto anche, in negativo, di coloro che uscendo dalla collabo-razione con Le lingue estere non hanno contribuito a una ermeneusidella rivista stessa, è pour cause destinato a risultare originale oltre che,si ripeta, opportuno.

Non a caso un aspetto sopra altri si evidenzia attraverso l’analisipur cursoria alla quale si accenna qua de Le lingue estere, e a cui invecela lettura del libro potrà senz’altro dare più risposte sia relativamentealle domande da farsi che alle risposte da darsi: si tratta della sensibilitàdegli autori relativa alla distinzione tra “linguaggio” e “lingua” che,in quella rivista divulgativa, riflette l’intera storia della linguisticanella misura in cui l’aspetto divulgativo della stessa diventa a dir pocosintomatico di un punto incerto che riguarda la storia della disciplina.

Come l’Autrice del resto afferma, “la rivista raccoglieva articoliconcernenti i più svariati aspetti della teoria e della filosofia della linguacosì come della linguistica in senso stretto”, registrando la difficoltàche talora gli autori che vi pubblicavano avevano a parlare di teoriae filosofia del linguaggio più che della lingua. Eppure cosa sarebbestato più auspicabile di una teoria del linguaggio in una rivista che, inquell’epoca e in quel contesto, si occupasse di lingue? Utile, a questoproposito, la sintesi di V. Russo relativa alla riflessione complessivafatta da L. Mittner nella Rivista. Una riflessione che si conclude conuna presa di posizione contraria alla percorribilità di qualunque ipotesirelativa alla origine del linguaggio, sostenendo egli che la linguisticadebba occuparsi di come si sia formata la facoltà del linguaggio, e nondi quando.

Ma il “come” sta al “quando” come il fatto teorico sta a quellostorico, e il fatto teorico era già dato per scontato in partenza, quandoammetteva che le cose della lingua stavano in un modo (ad esempioa favore di lingue “di civiltà” e per questo stesso civili) piuttosto cheun altro. Sarà dunque importante inquadrare nella giusta prospettiva,da questo punto di vista, anche la serie di interventi di A. Severino,per il quale il linguista deve tenersi distante non solo dal “quando” maanche dal “come” se non vuole cadere nella rete della filosofia. E in

Prefazione

effetti, come già nel suo libro nota Valentina Russo, Severino utiliz-za una ampia definizione della nozione di “linguaggio” per portarsiverso la più contenuta nozione di “lingua”. Ebbene, non a caso si stainsistendo qui su questi aspetti quasi di maniera, poiché il fatto che inuna rivista divulgativa essi fossero posti al centro della prescrizione diuno dei primi e dei più produttivi tra i collaboratori alla Rivista qualefu Severino (da qualcuno ritenuto persino il direttore della stessa) ènotevole.

Anche C. Tagliavini, del resto, che pure aveva molto contribuitoa Le lingue estere, rimedia all’imbarazzo di riconoscere omogeneitàpiuttosto che diversità alla lingua ricorrendo all’espediente di unanozione, anche se ben legittima, di “preistoria della linguistica” che,prendendo il via da autori greci e “romani”, ma anche da indianicome Pânini, consente di storicizzare il pensiero abissale delle originidel linguaggio. Resta però importante rilevare come Tagliavini abbiaanticipato già nei suoi contributi sulla Rivista molta della sostanzadi quanto avrebbe pubblicato successivamente in forma di volumidestinati alla formazione specialistica: cosa che permette ancora unavolta di comprendere quale sia stata l’importanza della Rivista nellospazio preparatorio della conoscenza della disciplina in Italia; quasi unlaboratorio nel quale si producevano anche considerazioni innovativequali ad esempio quella non affatto priva di pesanti presupposizioniculturali, relativa ad una fondazione della linguistica americana fondatasul modello di quella indoeuropea ad opera di Buschmann, oppurela penetrante valutazione filosofica del contributo di Humboldt alladisciplina, o ancora la attenta valutazione della posizione di Raskanche e soprattutto rispetto a quella di Bopp. Si tratta solo di alcunidegli aspetti del contributo di Tagliavini alla Rivista che nel librosono riassunti con ordine e chiarezza, fatto questo che costituisceun’altra linea del nerbo complessivo dell’opera di V. Russo e checontribuiscono a definire il quadro d’insieme dello spirito con cui sicontribuiva alla Rivista, una operazione che doveva convertirsi a suavolta nell’accorto contributo che essa dava alla linguistica.

La parabola che Le lingue estere disegna nei suoi quindici anni diesistenza restituisce dunque senz’altro un profilo della linguistica inquel periodo e si tratta di un profilo che può essere utile anche achi voglia occuparsi della situazione più ampiamente linguistica diquel periodo; né mancheranno, a chi vorrà tener conto di questo,

Prefazione

elementi messi a disposizione dall’analisi della Rivista che consentonodi rilevare numerosi altri aspetti degni di nota oltre a quelli ai quali siè accennato. In particolare, Valentina Russo, suddividendo la storiadella rivista in tre “periodi editoriali”, dimostra che l’area tematicapiù frequentata nel primo periodo era stata quella “delle teorie e deiprofili linguistici, con particolare interesse per la neolinguistica e lageografa linguistica”, e poco spazio si era dedicato ad esempio allalinguistica storica per non dire alla grammatica. Una suddivisioneutile che fa chiarezza là dove altri (ad es. H.-K. Schuchard) avevanorilevato, più semplicemente, una qualche confusione tematica comecaratteristica della rivista che, sebbene non avvertita come tale dailettori e probabilmente dagli stessi editori, rendeva tuttavia poco facileuna sistemazione delle tematiche trattate.

A conferma di quanto appena detto si consideri che, in quello chel’Autrice definisce il “secondo periodo editoriale” che va dal al, si assiste a una distribuzione delle aree tematiche decisamentepiù equilibrata e si nota la visibilità della grammatica che nel prece-dente periodo subiva un evidente dimensionamento; al tempo stessosi assiste all’ingresso di vere e proprie nuove aree di interesse e discus-sione alimentate, con ogni evidenza, da autori che avevano interessispecifici per non dire addirittura personali rispetto ad esse. A maggiorriprova di questi specifici aspetti della Rivista valga anche ricordarelo scarso spazio dedicato alla sintassi. Nel libro se ne dà conto conchiarezza, e l’Autrice lo fa basandosi in particolare sugli interventi diEmilio Molinari in risonanza critica con le considerazioni di EugenLerch uscite però in una sede ben diversa quale fu Lingua Nostra. Unasimile ricostruzione è interessante oltremodo quando la si metta aconfronto con gli avanzamenti e le nuove letture che, in linguistica,si facevano anche intorno alla sintassi in quegli anni. Basti pensarea quanto sarebbe emerso ad esempio di lì a qualche decennio dallepubblicazioni delle lezioni che proprio in quel periodo svolgeva aParigi Gustave Guillaume, che alla sintassi dedicava momenti di fine eoriginale riflessione.

A questo si aggiunga che alcuni “settori” esistono soltanto nel co-siddetto primo periodo, mentre spariscono nel secondo e/o nel terzo,come è ad esempio il caso della geografia linguistica e dell’etnolin-guistica, che non sono rappresentate nel terzo periodo, mentre nellaseconda vita della rivista, cioè dal al ’ cresce la già fortunata

Prefazione

attenzione agli esotismi, oppure cresce decisamente la fonetica e anco-ra più l’etimologia o, ancora, si introduce la riflessione su campi maiprima esplicitamente indagati come ad esempio la tipologia. Non siassiste, dunque, a un semplice e necessario superamento di approccie visioni ormai consunte, ma a un assetto dettato piuttosto da scel-te legate a storie metalinguistiche personali, che non sempre fannogiustizia dei reali avanzamenti della linguistica in altri contesti. Basticonsiderare che già dagli anni Cinquanta del Novecento settori comead esempio quello della sociolinguistica e della etnolinguistica avreb-bero contribuito a irrobustire, e non poco, l’edificio della linguisticacon un mutato atteggiamento verso i parlanti in quanto tali, al di là diprese di posizioni preliminari su di loro e quindi sulle loro lingue, madello spirito che avrebbe condotto a questo non sempre vi è traccianella Rivista. Non a caso, la consapevolezza dell’importanza di rive-dere il concetto stesso di diversità linguistica a favore di una visioneparificante piuttosto che distanziante, e lo sviluppo dell’attenzione perle lingue native sembrarono come contrapposti al modello di “linguanazionale” sostenuto durante il Fascismo, in particolare a danno deidialetti.

Questa situazione, evidentemente, si riflette anche nella didatticadelle lingue, che entra di fatto tra le attività alle quali la Rivista sidedica sin dalla prima “fase” editoriale grazie all’accordo con l’IstitutoLinguaphone, di cui nel libro vengono analizzati i corsi di tedesco,partecipazione favorita senza dubbio dal fatto che l’Istituto e la reda-zione della Rivista avessero sede nello stesso indirizzo milanese di viaCesare Cantù, cosa che appare a sua volta difficilmente ascrivibile alcaso e al tempo stesso, pertanto, significativa.

Nella storia della didattica delle lingue, quello rappresentato da Lelingue estere attraverso il supporto offerto all’istituto Linguaphone è ineffetti un caso singolare. La lotta all’errore poteva costituire ancora,nella visione dell’epoca di alcuni, la premessa a ogni futuro apprendi-mento: a dirla in questo modo l’ovvio ci si fa incontro ma è propriosotto questa forma che viene manifestandosi la difficoltà più profondache caratterizza la questione. Che all’epoca “si sentisse la necessità disperimentare nuove metodologie per poter competere con il franceseche, nel frattempo, era una delle lingue più insegnate in Europa” sistenta a crederlo casuale, e la Storia avrebbe del resto mostrato chequesta competizione si sarebbe esercitata su ben altri campi che non

Prefazione

il grammofono. Ma il sintomo c’era tutto e si manifestava anche at-traverso il malessere della linguistica. Con questo suo libro, ValentinaRusso ha indicato un’altra porta attraverso la quale entrare nella so-stanza di una questione che può essere ancora analizzata sfruttandoaspetti sinora poco o nulla esaminati.

Alberto MancoUniversità degli studi di Napoli

“L’Orientale”