uffici stampa: leggi, regolamenti e direttive in materia di uffici stampa nella pubblica...

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UFFICI STAMPA Leggi, regolamenti e direttive in materia di uffici stampa nella Pubblica amministrazione SOMMARIO Il testo della legge 150/2000 Il regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 agosto 2001 (G.U. del 04-12-2001) La Direttiva del Dipartimento Funzione Pubblica del 2002 Atto di indirizzo del ministro Frattini all'Aran Stabilizzazione: Direttiva del Dipartimento Funzione Pubblica del 2007 Circolare del Ministero della Funzione Pubblica per collaboratori e cococo del 2007 Parere del CGA del 1998 su uffici stampa in Sicilia Sentenza della Corte Costituzionale n.189 del 14 giugno 2007 Contratto collettivo negli uffici stampa in Sicilia APPENDICE: Testo unico dei doveri del giornalista Carta dei doveri del giornalista degli uffici stampa A cura di Vito Orlando

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UFFICI STAMPA Leggi, regolamenti e direttive

in materia di uffici stampa

nella Pubblica amministrazione

SOMMARIO

Il testo della legge 150/2000

Il regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 agosto 2001 (G.U. del 04-12-2001)

La Direttiva del Dipartimento Funzione Pubblica del 2002

Atto di indirizzo del ministro Frattini all'Aran

Stabilizzazione: Direttiva del Dipartimento Funzione Pubblica del 2007

Circolare del Ministero della Funzione Pubblica per collaboratori e cococo del 2007

Parere del CGA del 1998 su uffici stampa in Sicilia

Sentenza della Corte Costituzionale n.189 del 14 giugno 2007

Contratto collettivo negli uffici stampa in Sicilia

APPENDICE:

Testo unico dei doveri del giornalista

Carta dei doveri del giornalista degli uffici stampa

A cura di Vito Orlando

Legge 7 giugno 2000, n. 150

"Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni"

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 2000

Capo I.

PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Finalità ed ambito di applicazione)

1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione dei princìpi che regolano la trasparenza

e l’efficacia dell’azione amministrativa, disciplinano le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

2. Ai fini della presente legge sono pubbliche amministrazioni quelle indicate all’articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

3. È fatta salva la disciplina vigente relativa alla pubblicità legale od obbligatoria degli atti

pubblici.

4. Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di tutela

della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte

deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all’estero dai soggetti di cui al comma 2 e volte a conseguire:

a) l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;

b) la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso

ogni modalità tecnica ed organizzativa;

c) la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.

5. Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:

a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione;

b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;

c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;

d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse

pubblico e sociale;

e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli

apparati nonchè la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;

f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonchè quella dell’Italia, in Europa e nel

mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.

6. Le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico.

Art. 2.

(Forme, strumenti e prodotti)

1. Le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si

esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non

pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le

affissioni, l’organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere

e congressi.

2. Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di

trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi, anche attraverso la

strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti

civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali.

3. Con uno o più regolamenti, da comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla

Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le

pubbliche amministrazioni provvedono alla diffusione delle modalità e delle forme di comunicazione a carattere pubblicitario, in attuazione delle norme vigenti in materia.

Art. 3.

(Messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse)

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri determina i messaggi di utilità sociale ovvero di

pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a

titolo gratuito. Alla trasmissione di messaggi di pubblico interesse previsti dal presente comma

sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l’uno per

cento dell’orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. Le emittenti private,

radiofoniche e televisive, hanno facoltà, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti.

2. Nelle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva è prevista la riserva di tempi

non eccedenti l’uno per cento dell’orario settimanale di programmazione per le stesse finalità e

con le modalità di cui al comma 1.

3. Fatto salvo quanto stabilito dalla presente legge e dalle disposizioni relative alla

comunicazione istituzionale non pubblicitaria, le concessionarie radiotelevisive e le società

autorizzate possono, per finalità di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilità

sociale.

4. I messaggi di cui al comma 3 non rientrano nel computo degli indici di affollamento

giornaliero nè nel computo degli indici di affollamento orario stabiliti dal presente articolo. Il

tempo di trasmissione dei messaggi non può, comunque, occupare più di quattro minuti per

ogni giorno di trasmissione per singola concessionaria. Tali messaggi possono essere trasmessi

gratuitamente; qualora non lo fossero, il prezzo degli spazi di comunicazione contenenti

messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria.

Art. 4.

(Formazione professionale)

1. Le amministrazioni pubbliche individuano, nell’ambito delle proprie dotazioni organiche, il

personale da adibire alle attività di informazione e di comunicazione e programmano la formazione, secondo modelli formativi individuati dal regolamento di cui all’articolo 5.

2. Le attività di formazione sono svolte dalla Scuola superiore della pubblica

amministrazione, secondo le disposizioni del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, dalle

scuole specializzate di altre amministrazioni centrali, dalle università, con particolare

riferimento ai corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate, dal Centro di

formazione e studi (FORMEZ), nonchè da strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano i modelli di cui al comma 1.

Art. 5.

(Regolamento)

1. Con regolamento da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto

1988, n. 400, e successive modificazioni, previa intesa con la Conferenza unificata di cui

all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dalla data di

entrata in vigore della presente legge, si provvede alla individuazione dei titoli per l’accesso del

personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di

comunicazione. Il medesimo regolamento prevede e disciplina altresì gli interventi formativi e di aggiornamento per il personale che già svolge attività di informazione e di comunicazione.

Art. 6.

(Strutture)

1. In conformità alla disciplina dettata dal presente Capo e, ove compatibili, in conformità

alle norme degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive

modificazioni, e relative disposizioni attuative, le attività di informazione si realizzano

attraverso il portavoce e l’ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l’ufficio per le

relazioni con il pubblico, nonchè attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino,

gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese.

2. Ciascuna amministrazione definisce, nell’ambito del proprio ordinamento degli uffici e del

personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di

informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima

applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale

che già le svolge.

Art. 7.

(Portavoce)

1. L’organo di vertice dell’amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un portavoce,

anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di

carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. Il portavoce, incaricato dal

medesimo organo, non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche.

2. Al portavoce è attribuita una indennità determinata dall’organo di vertice nei limiti delle

risorse disponibili appositamente iscritte in bilancio da ciascuna amministrazione per le medesime finalità.

Art. 8.

(Ufficio per le relazioni con il pubblico)

1. L’attività dell’ufficio per le relazioni con il pubblico è indirizzata ai cittadini singoli e associati.

2. Le pubbliche amministrazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente

legge, provvedono, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, alla ridefinizione dei

compiti e alla riorganizzazione degli uffici per le relazioni con il pubblico secondo i seguenti criteri:

a) garantire l’esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione di cui alla

legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

b) agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l’illustrazione

delle disposizioni normative e amministrative, e l’informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni medesime;

c) promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche;

d) attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica

della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;

e) garantire la reciproca informazione fra l’ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre

strutture operanti nell’amministrazione, nonchè fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni.

3. Negli uffici per le relazioni con il pubblico l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva.

Art. 9.

(Uffici stampa)

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3

febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui

attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.

2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale

dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in

posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in

possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’articolo 5, utilizzato con le modalità di

cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive

modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le

medesime finalità.

3. L’ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio

stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione,

cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di

trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse

dell’amministrazione.

4. I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la

durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo,

della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla

contrattazione collettiva di cui al comma 5.

5. Negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono

affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con

l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall’attuazione

del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 10.

(Disposizione finale)

1. Le disposizioni del presente Capo costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo

117 della Costituzione e si applicano, altresì, alle regioni a statuto speciale e alle province

autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle relative norme di

attuazione.

Capo II.

DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER LE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO

Art. 11.

(Programmi di comunicazione)

1. In conformità a quanto previsto dal Capo I della presente legge e dall’articolo 12 del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nonchè dalle direttive

impartite dal Presidente del Consiglio dei ministri, le amministrazioni statali elaborano

annualmente il programma delle iniziative di comunicazione che intendono realizzare nell’anno

successivo, comprensivo dei progetti di cui all’articolo 13, sulla base delle indicazioni

metodologiche del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei

ministri. Il programma è trasmesso entro il mese di novembre di ogni anno allo stesso

Dipartimento. Iniziative di comunicazione non previste dal programma possono essere

promosse e realizzate soltanto per particolari e contingenti esigenze sopravvenute nel corso dell’anno e sono tempestivamente comunicate al Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

2. Per l’attuazione dei programmi di comunicazione il Dipartimento per l’informazione e l’editoria provvede in particolare a:

a) svolgere funzioni di centro di orientamento e consulenza per le amministrazioni statali

ai fini della messa a punto dei programmi e delle procedure. Il Dipartimento può anche fornire

i supporti organizzativi alle amministrazioni che ne facciano richiesta;

b) sviluppare adeguate attività di conoscenza dei problemi della comunicazione pubblica

presso le amministrazioni;

c) stipulare, con i concessionari di spazi pubblicitari, accordi quadro nei quali sono definiti

i criteri di massima delle inserzioni radiofoniche, televisive o sulla stampa, nonchè le relative

tariffe.

Art. 12.

(Piano di comunicazione)

1. Sulla base dei programmi presentati dalle amministrazioni statali, il Dipartimento per

l’informazione e l’editoria predispone annualmente il piano di comunicazione, integrativo del

piano di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, che è approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri.

2. Una copia del piano approvato è trasmessa alle amministrazioni. Ciascuna

amministrazione realizza il piano per le parti di specifica competenza anche avvalendosi della

collaborazione del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Entro il 31 gennaio dell’anno

successivo a quello di riferimento, i Ministri trasmettono al Presidente del Consiglio dei ministri una relazione su quanto previsto dal presente comma.

Art. 13.

(Progetti di comunicazione a carattere pubblicitario)

1. Le amministrazioni dello Stato sono tenute ad inviare al Dipartimento per l’informazione e

l’editoria, ai fini della formulazione di un preventivo parere, i progetti di comunicazione a

carattere pubblicitario che prevedono la diffusione dei messaggi sui mezzi di comunicazione di massa.

2. I progetti di cui al comma 1 devono, in particolare, contenere indicazioni circa l’obiettivo

della comunicazione, la copertura finanziaria, il contenuto dei messaggi, i destinatari e i

soggetti coinvolti nella realizzazione. Deve, inoltre, essere specificata la strategia di diffusione

con previsione delle modalità e dei mezzi ritenuti più idonei al raggiungimento della massima

efficacia della comunicazione.

3. Per le campagne di comunicazione a carattere pubblicitario, le amministrazioni dello Stato

tengono conto, ove possibile, in relazione al tipo di messaggio e ai destinatari, anche delle testate italiane all’estero.

Art. 14.

(Finanziamento dei progetti)

1. La realizzazione dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario delle

amministrazioni dello Stato, integrativi del piano di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 3

febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, ritenuti di particolare utilità sociale o di

interesse pubblico, è finanziata nei limiti delle risorse disponibili in bilancio per il centro di

responsabilità n. 17 "Informazione ed editoria" dello stato di previsione della Presidenza del

Consiglio dei ministri, intendendosi ridotta in misura corrispondente l’autorizzazione di spesa di

cui all’articolo 5 della legge 25 febbraio 1987, n. 67.

Art. 15.

(Procedure di gara)

1. Per la realizzazione delle iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario

la scelta dei soggetti professionali esterni è effettuata, anche in deroga ai limiti previsti

dall’articolo 6 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, nel rispetto delle disposizioni del

decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157. A tali fini, con regolamento da emanare, su

proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della

legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro quarantacinque giorni dalla

data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per la individuazione dei

soggetti professionali da invitare alle procedure di selezione, nonchè per la determinazione

delle remunerazioni per i servizi prestati. A tali fini si tiene conto anche dei criteri stabiliti in materia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Art. 16.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati l’articolo 5, commi 6, 7 e 8, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e l’articolo

9 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

21 settembre 2001, n.422

Regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali

del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi

formativi.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

Vista la legge 7 giugno 2000, n. 150, ed in particolare l'articolo 5;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7

febbraio 2001;

Acquisita l'intesa della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto

1997, n. 281, reso nella seduta del 19 aprile 2001;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi

nell'adunanza del 21 maggio 2001;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 agosto 2001;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di

concerto con il Ministro per la funzione pubblica;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1. Ambito di applicazione

1. Il presente regolamento individua i titoli per l'accesso del personale da utilizzare per le

attività di informazione e di comunicazione, disciplina i modelli formativi finalizzati alla

qualificazione professionale del personale che già svolge le attività di informazione e di

comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, e stabilisce i requisiti minimi dei soggetti

privati e pubblici abilitati allo svolgimento di attività formative in materia di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

2. Le disposizioni del presente regolamento si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo

1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ad eccezione delle regioni a

statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia,

ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,

sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della

Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare

la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e

l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note alle premesse:

- L'art. 87, comma quinto, della Costituzione conferisce al Presidente della Repubblica il potere

di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

- Si riporta il testo del comma 1 dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400:

"1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,

sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla

richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio,

esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre

che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni

dettate dalla legge;".

- Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 maggio

2001, n. 106, supplemento ordinario, reca: "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle

dipendenze delle amministrazioni pubbliche".

- La legge 7 giugno 2000, n. 150, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 giugno 2000, n. 136,

reca: "Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche

amministrazioni". Si trascrive il testo dell'art. 5:

"Art. 5. - 1. Con regolamento da emanare, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23

agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, previa intesa con la Conferenza unificata di

cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dalla data di

entrata in vigore della presente legge, si provvede alla individuazione dei titoli per l'accesso del

personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di

comunicazione. Il medesimo regolamento prevede e disciplina altresì gli interventi formativi e

di aggiornamento per il personale che già svolge attività di informazione e di comunicazione.".

Nota all'art. 1:

- Per il riferimento al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si vedano le note alle

premesse. Si riporta il testo del comma 2 dell'art. 1:

"2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi

compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed

amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le

comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti

autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro

associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.".

Art. 2. Requisiti per lo svolgimento delle attività di comunicazione

1. L'esercizio delle attività di comunicazione nell'ambito degli uffici per le relazioni con il

pubblico o delle analoghe strutture di cui all'articolo 6 della legge 7 giugno 2000, n. 150, fatte

salve le norme vigenti nei diversi ordinamenti che disciplinano l'accesso alle qualifiche, e'

subordinato al possesso dei requisiti di cui ai successivi commi 2 e 4.

2. Per il personale appartenente a qualifica dirigenziale e per il personale appartenente a

qualifiche comprese nell'area di inquadramento C del contratto collettivo nazionale di lavoro

per il comparto Ministeri o in aree equivalenti dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i

comparti di contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il

presente regolamento, e' richiesto il possesso del diploma di laurea in scienze della

comunicazione, del diploma di laurea in relazioni pubbliche e altre lauree con indirizzi

assimilabili, ovvero, per i laureati in discipline diverse, del titolo di specializzazione o di

perfezionamento post-laurea o di altri titoli post-universitari rilasciati in comunicazione o

relazioni pubbliche e materie assimilate da università ed istituti universitari pubblici e privati,

ovvero di master in comunicazione conseguito presso la Scuola superiore della pubblica

amministrazione e, se di durata almeno equivalente, presso il Formez, la Scuola superiore della

pubblica amministrazione locale e altre scuole pubbliche nonché presso strutture private aventi

i requisiti di cui all'allegato B al presente regolamento.

3. Ai fini della individuazione dei titoli di studio per le categorie di personale di cui al comma 2,

e' comunque fatta salva l'applicazione, secondo criteri di equivalenza, delle disposizioni di cui

al regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei, adottato ai sensi dell'articolo 17,

comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con decreto del Ministro dell'università e della

ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.

4. Nessun requisito specifico e' richiesto per il personale diverso da quello di cui al comma 2.

Agli uffici per le relazioni con il pubblico non può essere adibito personale appartenente ad aree

di inquadramento inferiore alla B del contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto

Ministeri o in aree equivalenti dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i comparti di

contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il presente

regolamento.

5. Per l'assegnazione all'ufficio per le relazioni con il pubblico o strutture analoghe, le

amministrazioni prevedono, relativamente al personale di cui al comma 4, la frequenza di corsi

di formazione teorico-pratici, organizzati, in relazione allo specifico profilo professionale da

ricoprire, sulla base dei modelli formativi di cui al successivo articolo 7.

6. Ciascuna amministrazione provvede, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, ad

adottare atti di organizzazione degli uffici per le relazioni con il pubblico in coerenza con le

disposizioni di cui ai precedenti commi.

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali già avviate

alla data di entrata in vigore del presente regolamento. Il personale assunto per effetto delle

suddette procedure qualora non in possesso dei requisiti di cui al comma 2, dovrà svolgere il programma formativo di cui al successivo articolo 6.

Note all'art. 2:

- Per il riferimento alla legge 7 giugno 2000, n. 150, si vedano le note alle premesse. Si

trascrive il testo dell'art. 6:

"Art. 6. - 1. In conformità alla disciplina dettata dal presente capo e, ove compatibili, in

conformità alle norme degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e

successive modificazioni, e relative disposizioni attuative, le attività di informazione si

realizzano attraverso il portavoce e l'ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso

l'ufficio per le relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli

per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli

sportelli per le imprese.

2. Ciascuna amministrazione definisce, nell'ambito del proprio ordinamento degli uffici e del

personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di

informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima

applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale

che già le svolge.".

- La legge 15 maggio 1997, n. 127, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 17 maggio 1997, n. 113,

supplemento ordinario, reca: "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e

dei procedimenti di decisione e di controllo". Si riporta il testo del comma 95, dell'art. 17:

"95. L'ordinamento degli studi dei corsi universitari, con esclusione del dottorato di ricerca, e'

disciplinato dagli atenei, con le modalità di cui all'art. 11, commi 1 e 2, della legge 19

novembre 1990, n. 341, in conformità a criteri generali definiti, nel rispetto della normativa

comunitaria vigente in materia, sentiti il Consiglio universitario nazionale e le Commissioni

parlamentari competenti, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati, limitatamente ai criteri relativi

agli ordinamenti per i quali il medesimo concerto e' previsto alla data di entrata in vigore della

presente legge, ovvero da disposizioni dei commi da 96 a 119 del presente articolo. I decreti di

cui al presente comma determinano altresì:

a) con riferimento ai corsi di cui al presente comma, accorpati per aree omogenee, la durata,

anche eventualmente comprensiva del percorso formativo già svolto, l'eventuale serialità dei

predetti corsi e dei relativi titoli, gli obiettivi formativi qualificanti, tenendo conto degli sbocchi

occupazionali e della spendibilità a livello internazionale, nonché la previsione di nuove

tipologie di corsi e di titoli universitari, in aggiunta o in sostituzione a quelli determinati dagli

articoli 1, 2, 3, comma 1 e 4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, anche

modificando gli ordinamenti e la durata di quelli di cui al decreto legislativo 8 maggio 1998, n.

178, in corrispondenza di attività didattiche di base, specialistiche, di perfezionamento

scientifico, di alta formazione permanente e ricorrente; b) modalità e strumenti per

l'orientamento e per favorire la mobilità degli studenti, nonché la più ampia informazione sugli

ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici;

c) modalità di attivazione da parte di università italiane, in collaborazione con atenei stranieri,

dei corsi universitari di cui al presente comma, nonché di dottorati di ricerca, anche in deroga

alle disposizioni di cui al capo II del titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 11

luglio 1980, n. 382.".

- Il decreto del Ministro per l'università e la ricerca scientifica 3 novembre 1999, n. 509,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2000, n. 2, reca:

"Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei.".

Art. 3. Requisiti per lo svolgimento delle attività di informazione

1. L'esercizio delle attività di informazione nell'ambito degli uffici stampa di cui all'articolo 9

della legge 7 giugno 2000, n.150, e' subordinato, oltre al possesso dei titoli culturali previsti

dai vigenti ordinamenti e disposizioni contrattuali in materia di accesso agli impieghi nelle

pubbliche amministrazioni, al possesso del requisito della iscrizione negli elenchi dei

professionisti e dei pubblicisti dell'albo nazionale dei giornalisti di cui all'articolo 26 della legge

3 febbraio 1963, n. 69, per il personale che svolge funzioni di capo ufficio stampa, ad

eccezione del personale di cui all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 5

gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

2. Il requisito dell'iscrizione all'albo nazionale dei giornalisti e' altresì richiesto per il personale

che, se l'organizzazione degli uffici lo prevede, coadiuva il capo ufficio stampa nell'esercizio

delle funzioni istituzionali, anche nell'intrattenere rapporti diretti con la stampa e, in generale,

con i media, ad eccezione del personale di cui all'articolo 16 del decreto del Presidente della

Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

3. Nessun requisito professionale specifico e' richiesto per il personale addetto all'ufficio con

mansioni non rientranti nelle previsioni di cui ai precedenti commi 1 e 2.

4. Le amministrazioni che hanno istituito un ufficio stampa provvedono, nell'ambito della

potestà organizzativa prevista dal proprio ordinamento, ad adottare gli atti di organizzazione dell'ufficio in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti commi.

Note all'art. 3:

- Per il riferimento alla legge 7 giugno 2000, n. 150, si vedano le note alle premesse. Si

trascrive il testo dell'art. 9:

"Art. 9. - 1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3

febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui

attività e' in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.

2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti. Tale

dotazione di personale e' costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in

posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in

possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all'art. 5, utilizzato con le modalità di cui

all'art. 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni,

nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime

finalità.

3. L'ufficio stampa e' diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa,

il quale, sulla base delle direttive impartite dall'organo di vertice dell'amministrazione, cura i

collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza,

chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse

dell'amministrazione.

4. I coordinatori e i componenti dell'ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata

dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della

stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla

contrattazione collettiva di cui al comma 5.

5. Negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono

affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con

l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione

del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri e carico della finanza

pubblica.".

- La legge 3 febbraio 1963, n. 69, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 1963, n. 49,

reca:

"Ordinamento della professione di giornalista". Si trascrive il testo dell'art. 26:

"Art. 26. - Presso ogni consiglio dell'ordine regionale o interregionale e' istituito l'albo dei

giornalisti che hanno la loro residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del consiglio.

L'albo e' ripartito in due elenchi, l'uno dei professionisti l'altra dei pubblicisti. I giornalisti che

abbiano la loro abituale residenza fuori del territorio della Repubblica sono iscritti nell'albo di

Roma.".

- Il decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale 18 febbraio 1967, n. 44, supplemento ordinario reca:

"Ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri". Si trascrive il testo dell'art. 16:

"Art. 16. - La carica di segretario generale e' conferita ad un ambasciatore con decreto del

Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del

Ministro degli affari esteri. Con le modalità indicate nel primo comma del presente articolo sono

conferite ad un ambasciatore o ad un Ministro plenipotenziario le funzioni di vice segretario

generale, capo del cerimoniale diplomatico della Repubblica, direttore generale ad eccezione di

quello per gli affari amministrativi di bilancio ed il patrimonio, ispettore generale del Ministero

e degli uffici all'estero, direttore dell'istituto diplomatico.

Le funzioni di capo di gabinetto sono conferite ad un ambasciatore o ad un Ministro

plenipotenziario. Quelle di vice capo del cerimoniale, di vice-ispettore generale, di capo del

servizio stampa e informazione cui compete anche l'incarico di portavoce del Ministro, di capo

del servizio del contenzioso diplomatico e dei trattati, di capo del servizio storico, archivi e

documentazione e di capo delle unita' della segreteria generale sono conferite a Ministri

plenipotenziari. Per esigenze di servizio possono essere incaricati di presiedere

temporaneamente ai predetti servizi anche consiglieri di ambasciata. Le funzioni di capo del

servizio del contenzioso diplomatico e dei trattati, di capo del servizio storico, archivi e

documentazione, nonché di capo dell'ufficio legislativo possono essere temporaneamente

conferite ad un dipendente dello Stato estraneo ai ruoli del Ministero degli affari esteri. Le

funzioni di vice direttore generale sono conferite ad un Ministro plenipotenziario in ciascuna

direzione generale. Per esigenze di servizio possono essere incaricati di svolgere

temporaneamente tali funzioni anche consiglieri di ambasciata. Le funzioni di vice capo di

gabinetto, vice capo servizio e di vice direttore dell'istituto diplomatico sono conferite a

funzionari diplomatici di grado non inferiore a consigliere d'ambasciata.

Le funzioni di capo ufficio sono conferite a funzionari diplomatici di grado non inferiore a

consigliere di ambasciata. Per esigenze di servizio possono essere incaricati di svolgere

temporaneamente tali funzioni anche consiglieri di legazione.

Le funzioni di capo sezione sono conferite a funzionari diplomatici con il grado di consigliere di

legazione o segretario di legazione.

Le funzioni di capo della segreteria dei Sottosegretari di Stato e dei direttori generali sono

conferite a funzionari diplomatici di grado non inferiore a consigliere di legazione.

Gli incarichi previsti nei commi terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo del presente

articolo sono conferiti con decreto del Ministro degli affari esteri. Con il regolamento previsto

dall'art. 2 della legge 28 luglio 1999, n. 266, si provvede alla disciplina del conferimento delle

funzioni indicate nei commi quinto, settimo, ottavo e nono del presente articolo, non attribuibili a funzionari della carriera diplomatica.".

Art. 4. Cittadini degli Stati membri dell'Unione europea

1. In caso di affidamento a cittadini degli Stati membri dell'Unione europea delle funzioni di

comunicazione di cui all'articolo 2 e di informazione di cui all'articolo 3, si applicano le

disposizioni di cui all'articolo 38, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni.

Nota all'art. 4:

- Per il riferimento al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si vedano le note alle

premesse. Si riporta il testo dei commi 2 e 3 dell'art. 38:

"2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art. 17 della legge 23

agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le

funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i

requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.

3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, all'equiparazione dei

titoli di studio e professionali si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,

adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabilisce l'equivalenza

tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.".

Art. 5. Soggetti estranei all'amministrazione

1. Il conferimento dell'incarico di responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e di

strutture assimilate e di capo ufficio stampa a soggetti estranei alla pubblica amministrazione e' subordinato al possesso dei requisiti di cui ai precedenti articoli 2 e 3.

Art. 6.

Norma di prima applicazione

1. In fase di prima applicazione del presente regolamento, le amministrazioni possono

confermare l'attribuzione delle funzioni di comunicazione di cui all'articolo 2 e di informazione

di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3 al personale dei ruoli organici che già svolgono tali funzioni.

La conferma può essere effettuata anche se il predetto personale e' sfornito dei titoli specifici

previsti per l'accesso, e, relativamente all'esercizio delle funzioni di informazione, in mancanza

del requisito professionale della iscrizione all'albo nazionale dei giornalisti.

2. Le amministrazioni, per la conferma dell'attribuzione delle funzioni già svolte dal personale

in servizio, prevedono, sulla base dei modelli individuati dal successivo articolo 7, l'adozione di

programmi formativi nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, avvalendosi, secondo le

norme vigenti, della collaborazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, della

Scuola superiore delle pubblica amministrazione locale, del Formez, degli istituti e delle scuole

di formazione esistenti presso le amministrazioni stesse, delle università ed istituti universitari

e di altri soggetti pubblici e di società private specializzate nel settore. I programmi annuali

della Scuola superiore della pubblica amministrazione e del Formez sono conseguentemente

adeguati per far fronte prioritariamente alle esigenze formative previste dal presente

regolamento.

3. Le attività formative del personale in servizio sono portate a compimento dalle

amministrazioni entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento.

4. E' esonerato dalla partecipazione al programma di formazione di cui al comma 2 il personale

in servizio, già in possesso dei requisiti di cui agli articoli 2 e 3 o che ha frequentato corsi di

formazione in comunicazione pubblica di durata non inferiore a quelle previste dall'allegato A,

lettera A), del presente regolamento, organizzati dalla Scuola superiore della pubblica

amministrazione, dal Formez, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione locale, da

università ed istituti universitari e altre scuole pubbliche nonché strutture private aventi i

requisiti di cui all'allegato B al presente regolamento. I moduli formativi, relativi ai contenuti

previsti nel percorso didattico di cui all'allegato A, già erogati dalle pubbliche amministrazioni

potranno essere computabili sul piano quantitativo ai fini dell'assolvimento degli interventi

formativi di cui al successivo articolo 7.

5. Il personale confermato nell'esercizio delle funzioni di comunicazione ed informazione e'

assegnato ad altre funzioni se non svolge, nel termine di cui al comma 3, il programma

formativo previsto in relazione alla tipologia e al livello della funzione svolta presso l'amministrazione di appartenenza.

Art. 7. Interventi formativi

1. Le strutture pubbliche e private chiamate a svolgere ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della

legge 7 giugno 2000, n. 150, l'attività di formazione ed aggiornamento per il personale già in

servizio presso gli uffici che si occupano di comunicazione ed informazione, definiscono i

programmi formativi secondo quanto previsto nell'allegato A che costituisce parte integrante

del presente regolamento.

Nota all'art. 7:

- Per il riferimento alla legge 7 giugno 2000, n. 150, si vedano le note alle premesse. Il testo del comma 2 dell'art. 4, e' riportato in nota all'art. 8.

Art. 8. Strutture private abilitate alle attività di formazione

1. Per le attività di formazione di cui all'articolo 6 le amministrazioni possono avvalersi, oltre

che delle strutture pubbliche della formazione individuate all'articolo 4 della legge 7 giugno

2000, n. 150, anche di strutture private con specifica esperienza e specializzazione nel settore.

2. Le strutture private di cui al comma 1, sono ammesse alla selezione per lo svolgimento delle

attività di formazione di cui all'articolo 6 previa verifica da parte delle singole amministrazioni

della sussistenza dei requisiti minimi individuati nell'allegato B che costituisce parte integrante

del presente regolamento.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti

normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo

osservare. Dato a Roma, addì 21 settembre 2001

CIAMPI

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Frattini, Ministro per la funzione pubblica

Visto, il Guardasigilli: Castelli

Registrato alla Corte dei conti il 22 novembre 2001 Ministeri istituzionali, registro n. 13, foglio n. 232

Nota all'art. 8:

- Per il riferimento alla legge 7 giugno 2000, n. 150,

si vedano le note alle premesse. Si trascrive il testo dell'art. 4:

"Art. 4. - 1. Le amministrazioni pubbliche individuano, nell'ambito delle proprie dotazioni

organiche, il personale da adibire alle attività di informazione e di comunicazione e

programmano la formazione, secondo modelli formativi individuati dal regolamento di cui

all'art. 5. 2. Le attività di formazione sono svolte dalla Scuola superiore della pubblica

amministrazione, secondo le disposizioni del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, dalle

scuole specializzate di altre amministrazioni centrali, dalle università, con particolare

riferimento ai corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate, dal Centro di

formazione e studi (FORMEZ), nonché da strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano i modelli di cui al comma 1.".

Allegato A (articolo 7, comma 1)

CRITERI, MODALITÀ E CONTENUTI DEGLI INTERVENTI FORMATIVI

A) Durata dei corsi e degli altri interventi di comunicazione e aggiornamento.

Per i responsabili degli uffici per le relazioni con il pubblico e strutture assimilate e per i capi

uffici stampa gli interventi formativi devono avere una durata minima di novanta ore per il

personale che alla data di entrata in vigore del presente regolamento svolga l'attività di

comunicazione od informazione da almeno due anni e di centoventi ore ove il periodo sia

inferiore. Per il restante personale degli uffici sopra indicati i corsi devono avere una durata

minima di sessanta ore se con anzianità nella funzione di almeno due anni all'entrata in vigore

del regolamento e di novanta ore ove il periodo sia inferiore.

B) Modalità.

L'organizzazione e la sequenza dei contenuti devono essere progettate secondo una

articolazione modulare nella quale ogni modulo sia caratterizzato da una autoconsistenza

tematica e finalizzata a raggiungere obiettivi didattici propri (conoscenze generali e

specialistiche, capacità, atteggiamenti e stili professionali).

Tenuto conto delle caratteristiche professionali e di esperienza dei partecipanti alle attività

formative, deve essere metodologicamente privilegiato un modello didattico principalmente

fondato su:

lezioni sui fondamentali modelli scientifici che sottendono le pratiche comunicative;

laboratori per la sperimentazione di tecnologie e processi innovativi in tema di comunicazione;

incontri spot con testimonianze di eccellenza relativi agli uffici per le relazioni con il pubblico e

gli uffici stampa e, più in generale alla comunicazione pubblica e di pubblica utilità.

I corsi per il personale degli uffici per le relazioni con il pubblico e le altre strutture analoghe e

degli uffici stampa dovranno avere una parte comune non superiore al trenta per cento del

monte orario complessivo sui fondamenti normativi e tematici di comune interesse. Le

amministrazioni potranno avvalersi dei pacchetti in autoistruzione predisposti e messi a

disposizione dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione in collaborazione con il

Formez. La fruizione dei contenuti in autoistruzione e' considerata utile ai fini del

raggiungimento del numero di ore di formazione previsto nelle diverse ipotesi.

I corsi dovranno, inoltre, prevedere approfondimenti differenziati sia in relazione alla specificità

delle funzioni di comunicazione ed informazione che in relazione al livello di responsabilità dei destinatari. I corsi si concluderanno con prove finali di profitto.

C) Supporti multimediali e formazione a distanza.

Le attività formative sono svolte con supporti multimediali. Parte dei contenuti individuati alla

successiva lettera E) e per un numero di ore non superiore al cinquanta per cento del monte

ore complessivo dei singoli programmi formativi, può essere erogata mediante formazione a

distanza (F.A.D.). I relativi moduli dovranno essere progettati secondo criteri di coerenza con i

moduli di erogazione d'aula e dovranno prevedere test di verifica, valutazione e controllo del percorso di apprendimento del discente.

D) Organizzazione.

I partecipanti ai corsi non devono superare, di norma, il numero di venticinque per assicurare il

massimo possibile di interazione. Tutti gli interventi formativi per il personale che già svolge

attività di informazione e comunicazione dovranno assicurare, attraverso lezioni, esercitazioni

pratiche, case studies, simulazioni anche operative, confronto con testimoni, un'adeguata

trattazione delle discipline specifiche della comunicazione e dell'informazione con particolare

riferimento all'attività delle istituzioni pubbliche.

La partecipazione ai corsi e' obbligatoria.

La frequenza non può essere inferiore all'ottanta per cento del totale delle ore complessive

previste al punto A).

La frequenza deve essere attestata dalle strutture di formazione.

E) Contenuti.

Nell'ambito dei corsi devono essere trattati, di norma, i seguenti temi:

tendenza ed evoluzione della comunicazione e dell'informazione istituzionale e di interesse

generale;

analisi dei processi di trasformazione dei sistemi amministrativi;

il quadro normativo riguardante l'informazione, la comunicazione pubblica, la stampa, la

privacy;

le tecniche e strumenti della comunicazione e dell'informazione, l'utilizzo delle nuove

tecnologie e qualità della comunicazione pubblica su Internet;

la predisposizione dei piani annuali di comunicazione e delle campagne di informazione;

il marketing nel sistema pubblico;

la comunicazione interna e la comunicazione organizzativa;

logiche organizzative e strategie comunicative;

le tecniche di relazioni pubbliche;

la comunicazione interpersonale;

i new media;

tecniche di elaborazione dei messaggi e prodotti di comunicazione;

tecniche di valutazione dei progetti e prodotti comunicativi.

Allegato B (articolo 8, comma 2)

REQUISITI PER LA SELEZIONE DELLE STRUTTURE PRIVATE ABILITATE ALLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE.

A) Adozione, nella pianificazione esecutiva della formazione che si intende erogare, dei modelli formativi di cui all'allegato A previsto dall'art. 7 del regolamento.

B) Comprovata esperienza pluriennale accumulata nel campo della formazione in generale, di

cui per almeno un biennio nel campo della formazione del personale di pubbliche amministrazioni.

C) Documentata competenza nello specifico settore della comunicazione e delle pubbliche relazioni.

D) Livello professionale dei formatori che devono essere di accertata competenza ed

esperienza (docenza universitaria in discipline relative alla comunicazione e pubbliche relazioni

e docenza universitaria relativa alle discipline amministrative, iscrizioni ad albi ed associazioni

professionali relativi alla comunicazione, all'informazione e relazioni pubbliche da almeno tre

anni, funzioni dirigenziali in strutture pubbliche e private in settori relativi alla progettazione

organizzativa ed alla gestione dei sistemi di informazione/comunicazione, altre analoghe e

qualificate figure professionali).

E) Valutazione continua delle attività formative, sia attraverso strumenti di autovalutazione, sia

attraverso strumenti di valutazione di impatto dell'intervento formativo dopo il ritorno dei partecipanti nelle rispettive amministrazioni.

F) Capacità logistiche e stabilità economica e finanziaria.

G) Ricorso alle tecnologie della comunicazione e dell'informazione e disponibilità di sale

multimediali attrezzate.

Direttiva del 7 febbraio 2002 “Attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”VISTA la legge 23 agosto 1988, n.400, recante "Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri"VISTO il decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";VISTA la legge 7 giugno 2000, n.150 "Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni";VISTO il decreto del Presidente della Repubblica del 21 settembre 2001, n.422, recante "Regolamento per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e comunicazione e disciplina degli interventi formativi";VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 agosto 2001, recante "Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di funzione pubblica e di coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza al Ministro senza portafoglio on. dott. Franco Frattini";VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2001, recante "Struttura di missione per la comunicazione e informazione ai cittadini";VISTA la direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001, sulla Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioniEMANA LA PRESENTE DIRETTIVA

PREMESSACon l'entrata in vigore della legge del 7 giugno 2000 n.150, e l'emanazione del Regolamento di attuazione del 21 settembre 2001 n. 422, le pubbliche amministrazioni dispongono di un nuovo indispensabile strumento per sviluppare le loro relazioni con i cittadini, potenziare e armonizzare i flussi di informazioni al loro interno e concorrere ad affermare il diritto dei cittadini ad un'efficace comunicazione.La comunicazione pubblica cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale dell'azione delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante, così come accade da decenni alle imprese che agiscono nel mercato dei prodotti e dei servizi.Lo sviluppo delle attività legate alla comunicazione di impresa e alla pubblicità, in grado di determinare scelte organizzative e strategiche che influiscono positivamente sulla visibilità e sull'immagine aziendale e che coinvolgono trasversalmente tutto il processo produttivo, attraverso azioni di comunicazione interna, hanno accompagnato nel nostro Paese il percorso e la crescita delle imprese del settore privato e, recentemente, anche di alcune pubbliche amministrazioni.La riforma della pubblica amministrazione, il federalismo e il rafforzamento dei livelli locali di governo, l'attuazione del principio di sussidiarietà e il conseguente nuovo orizzonte delle missioni delle amministrazioni, possono realizzarsi solo con il pieno consenso dei cittadini e delle imprese, degli operatori del settore pubblico, da coinvolgere attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione e comunicazione.

FINALITÀ E AMBITO DI APPLICAZIONECon questa direttiva il Dipartimento della Funzione Pubblica, in linea con la volontà del

Governo di attuare un radicale processo di cambiamento della pubblica amministrazione, fornisce alle amministrazioni pubbliche, di cui all'art. 1 comma 2 del Dpr 21 settembre 2001, n.401, gli indirizzi di coordinamento, organizzazione e monitoraggio delle strutture, degli strumenti e delle attività previste dalla normativa in materia di informazione e comunicazione pubblica.La direttiva si propone di contribuire al perseguimento, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle seguenti finalità:

sviluppo di una coerente politica di comunicazione integrata con i cittadini e le imprese;

gestione professionale e sistematica dei rapporti con tutti gli organi di informazione (mass media tradizionali e nuovi);

realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione interna incentrato sull'intenso utilizzo di tecnologie informatiche e banche dati, sia per migliorare la qualità dei servizi e l'efficienza organizzativa, sia per creare tra gli operatori del settore pubblico senso di appartenenza alla funzione svolta, pieno coinvolgimento nel processo di cambiamento e condivisione nelle rinnovate missioni istituzionali delle pubbliche amministrazioni;

formazione e valorizzazione del personale impegnato nelle attività di informazione e comunicazione;

ottimizzazione, attraverso la pianificazione e il monitoraggio delle attività di informazione e comunicazione, dell'impiego delle risorse finanziarie.

Questa direttiva, pertanto, richiama e impegna la responsabilità dei vertici delle amministrazioni pubbliche all'applicazione della legge n.150/2000 e alla definizione di strutture e risorse necessarie per:

progettare e realizzare attività di informazione e comunicazione destinate ai cittadini e alle imprese;

procedere ad una rinnovata ingegneria i processi di comunicazione interna e adeguare i flussi di informazione a supporto dell'attività degli uffici che svolgono attività di informazione e comunicazione e il loro coordinamento, già individuati dalla legge 150/2000;

produrre e fornire informazioni, promuovere eventi che, tenendo conto dei tempi e dei criteri che regolamentano il sistema dei media, possano tradursi in notizie per i mass media tradizionali e nuovi - come i giornali on-line - e altri mezzi di diffusione di notizie di interesse pubblico.

La direttiva, inoltre, pone all'attenzione dei dirigenti degli Uffici stampa e degli Urp, così come delle analoghe strutture previste dalla legge 150/2000 la ricerca dell'efficienza e dell'efficacia nei processi di produzione della comunicazione, quale obiettivo della loro attività.

1. GLI OBIETTIVILe pubbliche amministrazioni, attraverso gli Uffici Stampa, i Portavoce e gli Urp e le analoghe strutture, devono:

1. garantire un'informazione trasparente ed esauriente sul loro operato, 2. pubblicizzare e consentire l'accesso ai servizi promuovendo nuove relazioni con i

cittadini, 3. ottimizzare l'efficienza e l'efficacia dei prodotti-servizi attraverso un adeguato

sistema di comunicazione interna. Per consentire il pieno raggiungimento di questi obiettivi, le pubbliche amministrazioni

devono:1. dare avvio e sviluppo alle strutture deputate alla realizzazione delle attività di

informazione, Portavoce e Ufficio Stampa, e di comunicazione, Ufficio per le Relazioni con il Pubblico.

2. promuoverne il pieno raccordo operativo sotto forma di coordinamento e attraverso una adeguata struttura organizzativa.

Inoltre, nella creazione dei nuovi profili professionali e delle nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico e della sua comunicazione interna, deve essere favorita la definizione di adeguati interventi formativi e di aggiornamento che promuovano operatori dell'informazione e comunicazione competenti e motivati.Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con la collaborazione delle associazioni professionali del mondo dell'informazione, della comunicazione e delle relazioni pubbliche, realizzerà un sistema di monitoraggio dell'applicazione della legge n.150/2000 anche in vista di una programmazione di successivi interventi e direttive che avranno come obiettivo di rendere il settore coerente con la dimensione europea.

2. TIPOLOGIA DELLA COMUNICAZIONELa legge n.150/2000 indica quali figure capaci di realizzare le attività di informazione e comunicazione nell'amministrazione pubblica il Portavoce e l'Ufficio Stampa, da un lato, e l'Ufficio per le Relazioni con il Pubblico e analoghe strutture, dall'altro.I due segmenti di attività individuati sono importanti, ma non singolarmente esaustivi della funzione di comunicazione la cui complessità si esprime sia attraverso la previsione di differenti tipologie professionali, sia attraverso attività che non si esauriscono nel front-office o nei rapporti con i media.La comunicazione interna e la produzione di messaggi complessi verso l'esterno rappresentano momenti differenti della stessa funzione di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, e pertanto richiedono un coordinamento che ne governi, con efficacia, le interazioni e le sinergie.Questa dimensione complessiva e integrata della comunicazione non può essere dimenticata né sottovalutata nell'attuazione della legge del 7 giugno 2000 n.150.Nello svolgimento delle attività di comunicazione e informazione, così come nella costruzione degli assetti organizzativi delle loro strutture, le amministrazioni devono, inoltre, considerare centrali e decisivi gli strumenti interattivi della comunicazione on line (Internet-intranet). I processi organizzativi devono, conseguentemente, essere ridisegnati in relazione all'esigenza di sviluppare modalità interattive di comunicazione interna ed interistituzionale nei confronti dei cittadini.Una buona comunicazione interna, fondata su di un'ampia circolazione delle informazioni sulle attività ed i processi lavorativi, e il pieno coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento organizzativo, consente di costruire al meglio l'identità di un'amministrazione, favorisce la crescita di un senso di appartenenza positivo alla dimensione del lavoro pubblico e contribuisce a porre su nuove basi l'immagine della sfera pubblica.

3. MODALITÀ OPERATIVE: il coordinamento degli strumenti DELLA COMUNICAZIONE

Le amministrazioni devono assicurare il raccordo operativo tra i segmenti di comunicazione attivati, il Portavoce, l'Ufficio stampa e l'Ufficio per le Relazioni con il Pubblico e le analoghe strutture, devono prevedere forme organizzative di coordinamento

delle loro attività per massimizzare l'utilizzo delle risorse umane ed economiche, e creare sinergie ed integrazione tra le azioni di comunicazione per contribuire a rendere efficaci e soddisfacenti le relazioni con i cittadini.Ciascuna amministrazione, quindi, potrà istituire al proprio interno una struttura di coordinamento, costituita dal direttore dell'Urp e delle analoghe strutture ove esistenti, dal direttore dell'Ufficio Stampa e dal Portavoce se presente all'interno dell'amministrazione.La struttura di coordinamento ha funzioni di programmazione, indirizzo e raccordo delle attività da realizzare.Alla struttura di coordinamento spetta il compito di presentare al Vertice dell'amministrazione, entro il 30 novembre di ogni anno, il Piano di Comunicazione.Il progetto deve contenere:

la definizione degli obiettivi e della strategia della comunicazione integrata (azioni di comunicazione interna, esterna, on line, pubblicitaria etc);

la descrizione delle singole azioni con l'indicazione dei tempi di realizzazione (calendarizzazione per fasi);

la scelta dei mezzi di diffusione e il budget; la pianificazione delle attività di monitoraggio e valutazione dell'efficacia delle azioni

(sia in itinere al progetto sia ex post).

3.1 LA STRUTTURA DI MISSIONE PER L'INFORMAZIONE E LA COMUNICAZIONE CON I CITTADINI.

Per soddisfare l'esigenza di raccordo operativo e d'integrazione tra le strutture di informazione e comunicazione previste della legge del 7 giugno 2000 n.150 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha attivato un'apposita "Struttura di missione", con l'incarico di:

1. integrare le proprie attività di comunicazione ed informazione (Ufficio stampa. Urp, sito web) coordinandole con l'ufficio del Portavoce;

2. supportare le amministrazioni nell'attuazione delle norme per sviluppare e sperimentare azioni e progetti di comunicazione pubblica integrata.

La struttura di missione ha l'obiettivo di garantire l'attuazione della legge del 7 giugno 2000 n.150, di monitorare l'attivazione di strutture di comunicazione integrata presso le amministrazioni, nonché di fornire consulenza alle amministrazioni anche per l'attività di formazione, limitatamente al settore della comunicazione.Presso la struttura, inoltre, operano gruppi di lavoro specializzati sull'applicazione della legge e sull'uso di un linguaggio chiaro e comprensibile da parte delle amministrazioni.

4. FUNZIONI DEGLI ORGANI DELL'INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONEUn moderno sviluppo dell'informazione e della comunicazione richiedono un decisivo impegno delle amministrazioni.Particolare attenzione deve essere posta ai compiti che la legge affida agli Urp, attraverso la realizzazione delle Reti civiche e del sito Internet della pubblica amministrazione, nella loro funzione di relazione verso l'esterno. Essi svolgono infatti compiti di informazione, di garanzia di accesso ai servizi, di ascolto delle esigenze degli utenti, di promozione dell'innovazione e della semplificazione, nonché di verifica della soddisfazione del cittadino rispetto all'erogazione dei servizi stessi.In questo contesto, gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico e le analoghe strutture devono poter ricorrere a procedure di comunicazione interna codificate ed efficaci per divenire il

terminale di destinazione di atti e documenti che consentano sollecite ed esaurienti risposte alle richieste dei cittadini. Nei casi più complessi gli Urp devono poter disporre della documentazione utile alla soddisfazione dell'utente entro un tempo ragionevole, comunque predeterminato dalle amministrazioni di appartenenza che individueranno, del pari, le sanzioni in caso di inadempienza o di ritardo nella risposta.Al fine di rendere gli Urp strumenti del cambiamento interno della pubblica amministrazione, attraverso una funzione di marketing istituzionale e di verifica della soddisfazione del cittadino rispetto all'erogazione dei servizi, è opportuno che essi siano in grado di progettare e sviluppare azioni di studio e ricerca attraverso risorse umane in possesso delle competenze necessarie.L'incarico di gestione delle Reti Civiche, assegnato dalla legge n.150/2000 agli Urp, e del sito Internet, è destinato ad espandere la dimensione di questi uffici da semplice sportello di informazione al cittadino a terminali di banche dati. Gli Urp devono pertanto essere in grado di svolgere più funzioni e di corrispondere ad una domanda differenziata di servizi da parte del cittadino.La stessa legge n.150/2000 attribuisce all'Ufficio stampa, prioritariamente, la gestione dell'informazione in collegamento con gli organi di informazione mezzo stampa, radiofonici, televisivi ed on line.In particolare l'Ufficio stampa, coordinato da un direttore di servizio, si occupa:

della redazione di comunicati riguardanti sia l'attività dell'amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella di informazione, promozione, lancio dei servizi;

dell'organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa; della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o periodica, anche

attraverso strumenti informatici; del coordinamento e della realizzazione della newsletter istituzionale e di altri

prodotti editoriali. Nelle amministrazioni locali di piccole dimensioni, per meglio ottimizzare le loro funzioni, gli Uffici stampa, così come gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico, possono essere costituiti in forma consorziata tra Enti locali che raggruppino una popolazione residente non inferiore a 25.000 unità.A differenza dell'Ufficio stampa e dei suoi compiti istituzionali, la figura del Portavoce, presente nelle amministrazioni complesse, sviluppa un'attività di relazioni con gli organi di informazione in stretto collegamento ed alle dipendenze del vertice "pro tempore" delle amministrazioni.

5. LA FORMAZIONELa legge del 7 giugno 2000 n.150 e il regolamento del 21 settembre 2001, Dpr n. 422, e più specificatamente la direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001, sulla "Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni", individuano nella formazione la chiave per migliorare la qualità delle prestazioni e per incentivare la motivazione del personale. La normativa offre alle amministrazioni i primi strumenti per adeguare, migliorare, selezionare - attraverso la definizione di percorsi di formazione - le risorse umane già indirizzate o da indirizzare nei settori delle relazioni con i media (ufficio stampa e ufficio del portavoce) e con i cittadini (Uffici delle relazioni con il pubblico e analoghe strutture). E' da tenere presente che le attività di informazione e comunicazione - svolte all'interno di queste strutture - sono considerate rilevanti per la concreta realizzazione di pratiche di buon governo.Le norme sopraindicate sanciscono una parità dell'offerta formativa con la presenza di

soggetti privati e di una cultura di mercato dal cui confronto e competizione deve derivare un miglioramento complessivo della qualità della formazione in questo settore.La formazione, oltre ad avere il compito di professionalizzare le risorse umane, dovrà essere la leva primaria per rendere omogeneo il livello di preparazione e la capacità del personale impegnato nella comunicazione pubblica.In considerazione di ciò le amministrazioni devono adottare programmi formativi per tutto il personale impegnato nell'attività di informazione e comunicazione come previsto dalle norme vigenti e dalla direttiva del 13 dicembre 2001.L'attività formativa dei singoli dipendenti svolta nel periodo intercorso tra l'entrata in vigore della legge n.150/2000 e la pubblicazione del regolamento (Dpr n.422/2001), che rispetti i requisiti previsti dalle due norme, su richiesta delle amministrazioni di appartenenza, potrà essere validata da una commissione, istituita presso la Struttura di Missione del Dipartimento della Funzione Pubblica.

6. I NUOVI PROFILI PROFESSIONALIL'individuazione e la regolamentazione delle tipologie professionali che opereranno negli Uffici stampa, negli Uffici per le relazioni con il pubblico e in strutture analoghe utilizzando strumenti di informazione e comunicazione tradizionali e nuovi , come indicato dall'art.8, comma 3 ed art. 9, comma 5, della legge del 7 giugno 2000 n.150, sono affidate alla contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali rappresentative sul territorio nazionale delle categorie professionali.

7. IL MONITORAGGIO DELLE ATTIVITÀIl Dipartimento della Funzione Pubblica ha già promosso e svilupperà in modo costante sondaggi, studi, ricerche e sperimentazioni finalizzate a:

1. monitorare lo stato di attuazione della legge del 7 giugno 2000 n. 150, 2. verificare le inadeguatezze da questa già rivelate nel lungo dibattito che ne ha

accompagnato la pur necessaria approvazione (dall'esigenza di meglio definire gli ambiti delle singole professionalità, ai rilievi mossi anche in sede europea circa gli accessi a taluni ruoli ed uffici),

3. promuovere modelli e standard di riferimento che favoriscano la nascita e lo sviluppo di una cultura della comunicazione integrata nell'ambito delle pubbliche amministrazioni.

Nell'ambito di tale attività, che sarà sviluppata in collaborazione con le associazioni di categoria e gli ordini professionali dei comunicatori, delle relazioni pubbliche e dei giornalisti, grande attenzione verrà dedicata alla costruzione di tipologie professionali e modelli di valutazione delle professionalità della nuova comunicazione pubblica e dell'efficacia del loro agire. Si tratta di tenere sotto osservazione la qualità dei servizi e delle attività, di valutare le performance e "validare" i risultati.Le amministrazioni, a tal fine, dovranno verificare, attraverso sondaggi, studi e ricerche, da affidare anche a soggetti privati, l'attuazione del piano di comunicazione annuale e misurarne l'efficacia.

8. IL LINGUAGGIOIl Dipartimento della Funzione Pubblica ha già promosso e realizzato, a partire dai primi anni '90, progetti dedicati alla semplificazione del linguaggio amministrativo usato nei contatti con i cittadini. L'opinione pubblica, ma anche le amministrazioni, si aspettano

ulteriori sforzi per combattere e rendere il cosiddetto "burocratese" più chiaro ed accessibile e la comunicazione tra i cittadini e la pubblica amministrazione più snella ed efficace. La comunicazione delle pubbliche amministrazioni deve soddisfare i requisiti della chiarezza, semplicità e sinteticità e, nel contempo, garantire completezza e correttezza dell'informazione. Questo obiettivo dovrà essere perseguito anche con l'impiego dei nuovi strumenti informatici.Il Dipartimento della Funzione Pubblica attiverà nei prossimi mesi, presso la Struttura di Missione, un servizio di consulenza il cui scopo sarà di assistere le pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi pubblici a riscrivere atti e documenti, a migliorare la qualità della comunicazione per renderla più semplice e comprensibile a tutti i cittadini ed utenti dei servizi pubblici. L'obiettivo sarà di quello di rendere ufficiali le regole della semplificazione e di promuoverne la diffusione in tutte le amministrazioni.

9. LE RISORSELe amministrazioni si impegnano a individuare nel proprio bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la comunicazione e informazione pubblica in una percentuale non inferiore al 2% delle risorse generali.

10. OSSERVANZA DELLA DIRETTIVALa dirigenza verrà valutata, ai sensi del D.lgs. del 30 luglio 1999 n.286 e del D.lgs del 30 marzo 2001 n.165, anche alla luce dell'applicazione della presente direttiva. Pertanto i vertici dell'amministrazione, in sede di emanazione della direttiva annuale e degli indirizzi strategici, indicheranno le misure di comunicazione istituzionale da adottare e gli obiettivi da raggiungere in linea con il programma di governo dell'amministrazione pubblica.Roma, 7 febbraio 2002Il Ministro: FrattiniRegistrato ala Corte dei conti l'8 marzo 2002Ministeri istituzionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri,registro n. 2, foglio n. 355

Uffici Stampa - Leggi Regolamenti Direttive

ATTO DI INDIRIZZO DEL MINISTRO FRATTINI ALL'ARAN

ATTO DI INDIRIZZO QUADRO PER LA COSTITUZIONE DEL PROFILO PROFESSIONALE DEL PERSONALE

ADDETTO ALLE ATTIVITA' DI INFORMAZIONE E DI COMUNICAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.

1. Procedura

L'organismo di coordinamento dei comitati di settore, al quale partecipa il Governo per il tramite del

Ministro per la funzione pubblica che lo presiede, ha deliberato nella sessione del........., ai sensi dell'art 41,

comma 5 del d.lgs 165/2001, il presente atto di indirizzo.

Nelle trattative per il contratto collettivo nazionale quadro relativo alla costituzione del profilo

professionale del personale addetto alle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche

amministrazioni, previste dalla legge 7 giugno 2000 n.150, recante "Disciplina delle attività di informazione

e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni", e dal DPR 21 settembre 2001 n.442, recante il

regolamento per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche

amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e la disciplina degli interventi formativi

previsti, l'ARAN si atterrà agli indirizzi contenuti nel presente atto, nel rispetto di quanto stabilito dai

predetti atti normativi nel quadro dei principi enunciati e delle indicazioni fornite dalla "Direttiva sulle

attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni", del 7 febbraio 2002, emanata dal Ministro per

la funzione pubblica ed in corso di registrazione presso la Corte dei conti.

In relazione all'andamento delle trattative, 1'ARAN potrà richiedere che gli indirizzi vengano ulteriormente

precisati ed informerà costantemente i comitati di settore dell'andamento delle trattative.

2. Premessa

Il diritto di informazione discende direttamente dal principio di democraticità dell'ordinamento e da quello

di imparzialità della Pubblica Amministrazione che trovano il proprio fondamento nella Costituzione.

Il principio di imparzialità richiede, infatti, che l'attività dell'amministrazione si svolga sempre in un ideale

contraddittorio con tutti gli interessati e che, compatibilmente con il rispetto del segreto d'ufficio e del

segreto di Stato, sia esercitata in modo palese e trasparente. Ne deriva per i cittadini un vero e proprio

diritto all'informazione, il cui fondamento è rinvenibile nell'intero sistema costituzionale. Infatti

l'ordinamento, col porre alla propria base il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione

di tutti i cittadini e delle organizzazioni sociali all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese,

presuppone, a garanzia della democraticità dell'ordinamento medesimo, che le scelte operate dai

governanti siano, con i soli limiti posti dall'interesse generale, rese conoscibili.

Nel quadro della concreta realizzazione dell'interesse generale all'informazione, più volte affermato anche

dalla Corte Costituzionale, si collocano la precitata legge 7 giugno 2000, n. 150, che disciplina le attività di

informazione e comunicazione, il DPR 21 settembre 2001, n.422, che, in applicazione di tale legge,

disciplina i titoli di accesso a tale attività, nonché la conseguente "Direttiva sulle attività di comunicazione

delle pubbliche amministrazioni", del 7 febbraio 2002.

In particolare, in tali fonti normative viene previsto il riconoscimento di una nuova figura professionale,

volta a soddisfare le esigenze delle pubbliche Amministrazioni dei diversi comparti di contrattazione,

ciascuna nell'ambito delle proprie aree dì competenza, al fine di valorizzare le comunicazioni istituzionali e

rafforzare al massimo grado il rapporto interattivo tra istituzioni pubbliche e contesto socio economico.

Ai sensi della predetta legge n.150 del 2000, l'attività di informazione e comunicazione deve essere volta sia

a favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l'applicazione, sia ad illustrare le

attività delle istituzioni ed il loro funzionamento, al fine di favorire l'accesso ai servizi pubblici,

promuovendone la conoscenza e l'effettiva fruibilità.

Deve, inoltre, promuovere conoscenze allargate e approfondite sui temi di rilevante interesse pubblico e

sociale e favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati,

nonché rendere più agevole la conoscenza, da parte del cittadino, dell'avvio e del percorso dei

procedimenti amministrativi, concretizzando il senso di una pubblica amministrazione più vicina ed attenta

alle esigenze del cittadino stesso.

Infine, tale attività ha il compito di promuovere l'immagine delle singole Amministrazioni nonché dell'Italia,

in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d'importanza locale, regionale,

nazionale ed internazionale.

3. Contenuti del contratto collettivo nazionale quadro.

Alla luce delle considerazioni sopra espresse 1'ARAN stipulerà un apposito accordo quadro, che non dovrà

comportare oneri aggiuntivi, con le confederazioni rappresentative e, ai sensi dell'art.9, comma 5 della

legge n.150 del 2000, con le organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.

Tale contratto quadro:

- in considerazione dell'importanza che nella sfera pubblica riveste l'informazione e la comunicazione,

istituirà il profilo professionale di addetto alle attività di informazione e comunicazione, nel quale

distinguerà lo specifico profilo professionale di giornalista dipendente dalle amministrazioni pubbliche -

riferendo tale profilo al personale per il quale è richiesta l'iscrizione all'albo nazionale dei giornalisti - da

quello proprio degli addetti alle attività di comunicazione di informazione per i quali, in sede di prima

applicazione del regolamento o a regime, tale requisito non è, invece, richiesto.

L'accesso alla dirigenza - sembra appena il caso di ricordare - rimane regolato dalle norme attualmente

vigenti;

- provvederà, in particolare, all'individuazione ed alla regolamentazione dei singoli profili professionali

presso l’Ufficio per le relazioni con il pubblico, in relazione ai criteri elencati nell'articolo 8, comma 2 della

citata legge n.150 del 2000, con ulteriore rinvio alla contrattazione di comparto;

- preciserà i compiti, le funzioni e la collocazione ordinamentale degli addetti alle attività di comunicazione

ed informazione ai sensi della richiamata normativa, rispettando i titoli ed i requisiti previsti dal DPR n.422

del 2001, che disciplina i requisiti professionali e di formazione necessari per l'esercizio delle attività di

comunicazione e di informazione;

- prevederà, altresì, che la conferma delle attribuzioni già svolte dal personale in servizio, attribuite in via

transitoria secondo quanto disposto dall'art.6 del DPR n.422 del 2001, sia subordinata allo svolgimento di

programmi di formazione, secondo quanto previsto dallo stesso art.6, comma 2, nei limiti delle disponibilità

di bilancio delle singole pubbliche amministrazioni;

- al fine di garantire la specificità della categoria, ferma restando la diretta applicabilità del contratto

quadro, prevederà che i contratti di comparto possano disciplinare con ulteriori norme le predette figure

professionali, collocando quelle non di livello dirigenziale in apposite aree disciplinari, al sensi dell'art.40,

comma 3 del d.lgs n.165 del 2001;

- in ragione della peculiarità della specifica prestazione lavorativa, che richiede la presenza in servizio in

orari compatibili con quelli di giornali, agenzie ed emittenti radiotelevisive e/o in relazione con le esigenze

organizzative dell'amministrazione e degli organi di vertice, stabilirà la possibilità che i contratti nazionali di

comparto possano stabilire particolari regimi di lavoro flessibile nel rispetto dell'orario di lavoro

complessivo;

- estenderà, in. quanto compatibili, le norme contrattuali anche al personale dipendente in regime di

rapporto subordinato a termine e in posizione di fuori ruolo presso la pubblica amministrazione;

- stabilirà le eventuali deroghe al principio di cui all'art.9, comma 4 della legge n.150 del 2000, ai sensi

dell'art.53 del d.lgs n.165 del 2001, salvaguardando nello specifico l'interesse dell'amministrazione e il

diritto costituzionalmente riconosciuto della libertà di diffusione del pensiero. In particolare, essendo

comunque preclusa l'instaurazione di un ulteriore rapporto di lavoro a carattere subordinato, le

collaborazioni giornalistiche, qualora non occasionali ma a carattere continuativo:

a) dovranno essere subordinate ad apposita autorizzazione;

b) non dovranno comunque richiedere al dipendente un vincolo orario predeterminato;

c) non dovranno essere in grado di incidere in maniera significativa sull'attività ordinaria svolta presso

l'amministrazione di appartenenza e/o in ogni caso determinare situazioni di conflitto tra le stesse

amministrazioni ed il soggetto, pubblico o privato, che conferisce l'incarico.

Saranno in ogni caso fatte salve le collaborazioni occasionali a "giornali, riviste ed enciclopedie e simili" ai

sensi dell'art.53, comma 6, lettera a) del d.lgs n.165 del 2001;

- disciplinerà, sulla base dell'art.54 del d.lgs n.165 del 2001 e degli artt.l, comma 4 e 9, comma 3 della legge

n.150 del 2000, le apposite integrazioni e specificazioni a codice di comportamento dei dipendenti delle

amministrazioni pubbliche, anche attraverso espliciti riferimenti alle norme deontologiche contenute nella

legge istitutiva dell'ordine dei giornalisti e nelle specifiche carte deontologiche, al fine di garantire

imparzialità, correttezza dell'informazione e trasparenza. Il testo dello specifico codice etico degli addetti

alle attività di comunicazione ed informazione presso le amministrazioni pubbliche sarà allegato al CCNQ

che dovrà prevedere specifiche modalità di diffusione fra i dipendenti.

Direttiva n. 7 del 30 aprile 2007

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Segretariato generale

Roma

Alle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo

Loro Sedi

Al Consiglio di Stato Ufficio del Segretario generale

Roma

Alla Corte dei Conti Ufficio del Segretario generale

Roma

All’Avvocatura generale dello Stato Ufficio del Segretario generale

Roma

Alle Agenzie Loro Sedi

All’ARAN

Roma

Agli Enti pubblici non economici (tramite i Ministeri vigilanti)

Loro Sedi

Agli Enti pubblici (ex art. 70 del D.Lgs n. 165/01)

Loro Sedi

1

Agli Enti di ricerca (tramite i Ministeri

vigilanti) Roma

Alle Istituzioni universitarie

(tramite il Ministero dell’Università e della ricerca)

Roma

Alle Camere di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato (tramite il Ministero dello Sviluppo Economico)

E p. c.

Alla Scuola Superiore della Pubblica

Amministrazione Roma

Alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane

All’Unioncamere

Direttiva riguardante l’applicazione dei commi 519, 520, 529 e 940 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l’anno 2007) in materia di stabilizzazione e proroga dei contratti a tempo determinato, nonché di riserve in favore di soggetti con incarichi di collaborazione. Premessa

La legge finanziaria per l’anno 2007 ha previsto la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di procedere alla stabilizzazione del personale, utilizzato con contratti di natura temporanea, ma con riferimento a fabbisogni permanenti dell’amministrazione. Si tratta del primo atto di un processo che interesserà tutto il fenomeno del precariato presente nelle pubbliche amministrazioni e che dovrà trovare soluzione nell’arco della legislatura così come previsto dall’Intesa sul lavoro pubblico e sulla riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche del 6 aprile 2007 attraverso l’applicazione delle disposizioni contenute nei commi 417, 418, 558, 565, 566 e 1156 lett. F della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I processi di stabilizzazione potranno essere effettuati nei limiti della disponibilità finanziaria stabilita nella 2

medesima legge e nel rispetto delle disposizioni vigenti in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale dei fabbisogni.

1. Articolo unico, comma 519, della legge finanziaria: stabilizzazione del personale a tempo determinato nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici non economici.

Il comma 519 destina, per l’anno 2007, il 20% del fondo di cui al comma 96,

dell’articolo 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come incrementato dal comma 513 della legge, alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale, assunto a tempo determinato, in servizio da almeno tre anni, anche non continuativi alla data di entrata in vigore della legge medesima, o che maturi tre anni, anche dopo l’entrata in vigore della legge, in virtù di contratti stipulati prima del 29 settembre 2006, oppure non più in servizio ma che abbia maturato il requisito dei tre anni di servizio, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore all’entrata in vigore della legge.

Le amministrazioni che attingono al fondo sopra richiamato sono quelle individuate dall’articolo 1, comma 95, della legge n. 311 del 2004 e, dunque, le sole amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Le amministrazioni pubbliche non richiamate espressamente nel comma 519 (cioè quelle amministrazioni non direttamente destinatarie dei commi 95 e 96 dell’articolo 1, della legge n. 311/2004), in quanto sottoposte a specifiche disposizioni in materia di assunzioni, quali ad esempio i commi 101, 102 e 105 della legge n. 311 del 2004 (Aci, Consigli nazionali degli ordini, federazioni, Università o Camere di commercio), adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dal medesimo comma 519 in termini di requisiti e modalità di assunzione, tenendo conto delle relative peculiarità e nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e delle specifiche disposizioni in materia di assunzioni e di tetti di spesa. Nell’ambito della propria potestà regolamentare le amministrazioni non richiamate dal c. 519 disciplineranno la proroga dei contratti in essere con il personale in possesso dei requisiti previsti dalla legge finanziaria sino alla conclusione delle procedure di stabilizzazione.

In particolare si ricorda, relativamente alle Università, che le procedure di stabilizzazione riguardano il solo personale di cui al comma 2 dell’art. 2 del d.lgs. 165/2001. Le Università procederanno alla stabilizzazione del proprio personale nell’ambito e nei limiti delle programmazioni di cui al c. 105 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nel rispetto delle procedure e dei vincoli ivi previsti.

Con il medesimo fondo di cui al c. 95 dell’art. 1 della legge 311/2004, a norma del comma 940, si provvederà alla stabilizzazione del personale fuori ruolo operante

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presso il Parco nazionale del Gran Sasso dei Monti della Laga e del Parco nazionale della Maiella, per un ammontare pari a 2.000.000 di euro a decorrere dal 2007. La stabilizzazione avviene nei limiti del finanziamento, secondo le norme sul reclutamento, e limitatamente a tale comma 940 anche in soprannumero, relativamente al personale in possesso dei requisiti indicati nel comma 519.

Inoltre gli enti parco richiamati stipulano nuovi contratti a tempo determinato subordinato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, al personale che già vi presta attività professionale, fino alla definitiva stabilizzazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2008.

2. Presupposti per la stabilizzazione.

Le amministrazioni destinatarie delle disposizioni di cui al comma 519 citato, nel procedere alla stabilizzazione del personale che presenterà apposita domanda, faranno riferimento alle indicazioni che seguono.

In primo luogo occorre chiarire che il legislatore è intervenuto con la finalità di sanare situazioni che si protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista di personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti così assunti, anche in violazione dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Infatti, come già diffusamente sottolineato nella Circolare n. 3 del 2006 del Ministro per la funzione pubblica, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato corrisponde alla necessità di fare fronte ad esigenze temporanee delle amministrazioni, mentre nelle situazioni oggetto della stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria per l’anno 2007 di fatto si sono utilizzate tipologie di lavoro temporaneo per esigenze permanenti dell’amministrazione e non esternalizzate.

Inoltre, occorre ricordare che sebbene la natura delle disposizioni di cui si tratta possa essere considerata derogatoria rispetto alle normali procedure di assunzione, in quanto finalizzata a sanare le situazioni sopra descritte, occorre necessariamente inquadrare la loro applicazione nel sistema delle norme vigenti in materia.

Ciò comporta la necessità che sia accertata la vacanza in organico rispetto alla qualifica da assumere, la quale dovrà risultare dalla dotazione organica vigente e dalla programmazione del fabbisogno appositamente aggiornata a norma dell’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, anche tenuto conto dei processi di riorganizzazione in corso in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi da 404 a 416, e da 440 a 445 della legge n. 296 del 2006, per le amministrazioni ivi indicate. Le dotazioni organiche verranno modificate, qualora necessario, per consentire le trasformazioni dei rapporti di lavoro in coerenza con la programmazione triennale dei fabbisogni di personale esclusivamente ad invarianza della spesa teorica complessiva anche nell’ambito dei processi avviati con i commi 404 e seguenti e 440 e seguenti della legge finanziaria per il 2007 e nel rispetto comunque di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. 165/2001.

Le autorizzazioni alle assunzioni in questione vengono concesse con le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

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Dovrà, inoltre, essere rispettato il requisito del possesso del titolo di studio per l’accesso dall’esterno nelle singole qualifiche, previsto dai vigenti sistemi di classificazione. E’ possibile derogare a tale requisito esclusivamente per il personale assunto e inquadrato per legge o sulla base di procedure che prevedevano al tempo titoli di studio diversi. Infine, come peraltro espressamente previsto dal comma 519, dovrà essere rispettato il principio posto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dell’accesso tramite procedure selettive, con la conseguenza che qualora occorra procedere alla stabilizzazione di personale che non abbia sostenuto “procedure selettive di tipo concorsuale”, la stabilizzazione per tale personale sarà subordinata al superamento di tali procedure che saranno a tal fine disposte dalle amministrazioni che dovranno assumere definitivamente i dipendenti interessati. Considerata la finalità delle disposizioni, di cui al comma 519, le quali, come ricordato, intervengono a sanare una situazione di fatto creatasi in conseguenza di un utilizzo improprio delle tipologie di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni e trattandosi di assunzione riservata e non aperta, si ritiene che si debba prescindere, al riguardo, dal principio del previo esperimento delle procedure di mobilità e dalla procedura di cui all’articolo 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, cui si deve dar corso obbligatoriamente quando si bandiscono concorsi pubblici che garantiscono l’adeguato accesso dall’esterno in ossequio ai principi sanciti dalla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale sul tema.

3. Requisiti per accedere alle procedure di stabilizzazione.

La stabilizzazione riguarda il solo personale non dirigenziale, che abbia maturato o maturerà il requisito di tre anni di servizio complessivi, e, nel darvi corso, le amministrazioni seguiranno il seguente ordine di priorità.

Saranno stabilizzati in primo luogo i dipendenti che hanno maturato il requisito dei tre anni di servizio nella medesima amministrazione.

In secondo luogo si procederà per coloro che abbiano raggiunto il predetto requisito presso diverse amministrazioni. In tal caso la stabilizzazione avviene con l’ultima amministrazione nella quale si è prestato servizio e nell’ambito dell’ultima qualifica rivestita per la quale si dovrà sostenere apposita procedura selettiva qualora il personale in questione non sia stato assunto mediante prova selettiva di natura concorsuale.

L’amministrazione che procede alla stabilizzazione può fare utilmente riferimento a procedure selettive svolte presso altre amministrazioni solo se riferibili alla qualifica per la quale si stipula il contratto a tempo indeterminato. Diversamente occorrerà procedere ad una nuova selezione.

Infine, coloro che abbiano stipulato un contratto anteriormente alla data del 29 settembre 2006, e che, pertanto, debbono ancora maturare il requisito dei tre anni di servizio, saranno stabilizzati successivamente alla scadenza del triennio. È questo il caso dei contratti a tempo determinato stipulati dal Ministero per i beni e le attività

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culturali ai sensi dell’articolo 1, comma 596, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Anche per tale personale occorrerà predisporre procedure selettive.

Possono accedere alle procedure di stabilizzazione anche coloro che siano stati assunti a tempo determinato mediante procedure “previste per legge”, sempre nel rispetto del requisito dei tre anni di servizio. Rientrano in questa categoria, tra l’altro, coloro i quali sono soggetti alla normativa di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, cioè le assunzioni obbligatorie mediante avvio degli iscritti nelle liste di collocamento con chiamata numerica e nominativa ai sensi della normativa vigente, nonché il personale reclutato mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo.

Per coloro che sono stati assunti con procedure non concorsuali sarà necessario disporre apposite prove selettive.

In generale sono da ritenersi esclusi dall’intero processo di stabilizzazione, del personale con rapporti di lavoro flessibile i contratti di lavoro a tempo determinato afferenti gli uffici di diretta collaborazione dell’autorità politica. Questi ultimi sono, infatti, caratterizzati, per loro stessa natura, dalla temporaneità, in quanto legati da un particolare rapporto fiduciario con il vertice politico e, pertanto, sono destinati naturalmente a concludersi con la scadenza del mandato o le dimissioni di questo.

Sono, altresì, da ritenersi esclusi i lavoratori in somministrazione utilizzati da pubbliche amministrazioni in quanto il contratto di lavoro, in forza del quale gli stessi effettuano temporaneamente la prestazione lavorativa presso un soggetto terzo, viene stipulato con l’Agenzia di somministrazione della quale i medesimi sono dipendenti.

4. Le procedure di stabilizzazione. Le amministrazioni, nell’ambito della propria autonomia regolamentare e nel rispetto delle relazioni sindacali, definiranno le proprie procedure di stabilizzazione in coerenza con i principi sanciti dall’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, con particolare riferimento a quanto stabilito nel comma 3, del medesimo articolo, in tema di pubblicità, trasparenza e pari opportunità delle procedure di reclutamento del personale. Ciò comporta la necessità che le amministrazioni provvedano a pubblicizzare l’avvio delle procedure di stabilizzazione mediante avviso anche nel caso in cui si non si debba dare corso alle richiamate prove selettive di natura concorsuale in quanto le medesime siano state già espletate precedentemente all’assunzione a tempo determinato del personale che si stabilizza.

Nell’avviso saranno indicati i requisiti ed i criteri necessari per poter presentare le relative domande di stabilizzazione, nonché le sedi presso le quali sarà effettuata l’assunzione in riferimento alle risultanze della programmazione triennale dei fabbisogni. È, inoltre, opportuno che i dipendenti che aspirano alla stabilizzazione dichiarino, nella domanda che presenteranno a tal fine, di non avere presentato analoga domanda presso altra amministrazione, considerato che l’amministrazione

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presso la quale presta servizio continua ad avvalersene nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione.

Le amministrazioni quindi predisporranno graduatorie distinte per categoria e profili sulla base dell’anzianità di servizio al fine di dare soluzione, innanzitutto, ai fenomeni di precariato che si sono succeduti e stratificati da lungo tempo. Nell’ambito della propria autonomia organizzativa e regolamentare potranno essere previsti ulteriori titoli, anche riferiti all’esperienza professionale in possesso, al fine di predisporre le graduatorie per la trasformazione. A tali graduatorie non si applicano le disposizioni sulla validità e proroga previste per le graduatorie predisposte a seguito di concorsi pubblici, trattandosi di procedura speciale che mira ad assicurare anche nel tempo la trasformazione del rapporto di lavoro.

Successivamente alla pubblicazione dell’avviso, le amministrazioni comunicheranno i dati relativi al numero dei dipendenti da assumere a tempo indeterminato ed alle domande ricevute al Dipartimento della funzione pubblica, Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni ed al Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - IGOP, con i necessari riferimenti alla programmazione triennale dei fabbisogni ed alle dotazioni organiche vigenti sulla base di apposite note circolari che verranno prossimamente emanate.

Infine si ricorda che il comma 519 dispone la proroga ex lege dei contratti relativi al personale destinatario della stabilizzazione fino alla stipula del contratto a tempo indeterminato. Detta proroga opera direttamente per le amministrazioni dello Stato, mentre per gli altri enti, non ricompresi nel comma 519, occorrerà che i medesimi adeguino a tale scopo i propri regolamenti.

5. Le disposizioni relative ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa

Il comma 529 prevede che per il triennio 2007-2009 le pubbliche

amministrazioni che procedono all’assunzione di personale a tempo determinato, secondo le disposizioni vigenti, riserveranno una percentuale del sessanta per cento del totale dei posti programmati a soggetti con i quali abbiano stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Tale disposizione trova applicazione nei confronti delle amministrazioni di cui al comma 520 e 523, nonché delle amministrazioni che recepiscono la disposizione nei propri regolamenti. Per gli enti di ricerca il c. 529 si applica anche con riferimento ai soggetti titolari di assegni per la collaborazione ad attività di ricerca, per i quali detti enti regolamenteranno le specifiche riserve.

Requisito necessario per accedere alla riserva di posti è costituito dalla durata complessiva del contratto che deve essere di un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006 nell’ambito del settore in cui si vuole ricoprire il fabbisogno di personale a tempo determinato.

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La legge finanziaria si riferisce ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa che sono stati stipulati dalle amministrazioni al di fuori delle previsione dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel testo vigente prima della modifica apportata dal decreto legge n. 223 del 2006, come convertito dalla legge n. 248 del 2006, attraverso i quali si è fatto fronte alle ordinarie esigenze di servizio, in carenza dei presupposti di straordinarietà dell’esigenza e di provata competenza che giustificavano, allora come oggi, il ricorso alle collaborazioni esterne.

Pertanto, anche questa previsione trova la sua ragione nella volontà di sanare i comportamenti delle amministrazioni non in linea con le norme vigenti in tema di organizzazione e di reclutamento.

6. Enti di ricerca.

Per l'anno 2007, per le specifiche esigenze degli enti di ricerca e ai sensi del

comma 520 dell’articolo 1, L. n. 296/2006, è costituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo. Tale fondo è destinato alla stabilizzazione di ricercatori, tecnologi, tecnici e personale impiegato in attività di ricerca in possesso dei requisiti temporali e di selezione di cui al comma 519, nonché all'assunzione dei vincitori di concorso nell’ambito delle dotazioni organiche vigenti.

Per l’anno 2007 è previsto uno stanziamento pari a 20 milioni di euro, mentre dall’anno 2008 lo stanziamento ammonta a 30 milioni di euro annui.

All’utilizzo di tale fondo si provvede con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ciò comporta che possono aspirare alla stabilizzazione presso i predetti enti coloro che siano stati assunti con un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato per le qualifiche ed i profili ivi indicati ed impiegato effettivamente in attività di ricerca, quindi con esclusione, relativamente a tale fondo, del personale assunto con qualifiche e profili non attinenti all’attività di ricerca ed utilizzato in funzioni amministrative di supporto non finalizzate all’attività di ricerca. Tale personale amministrativo potrà essere stabilizzato secondo i requisiti e le modalità di cui al c. 519.

Gli enti di ricerca, nell’ambito delle nuove programmazioni triennali dei fabbisogni, individueranno i nuovi fabbisogni che, ove mancanti, potranno portare ad un aggiornamento della dotazione organica, quantitativa e qualitativa, esclusivamente ad invarianza di spesa totale, trasformando i posti vacanti per la spesa equivalente, in considerazione della priorità riservata dal legislatore alla stabilizzazione dei contratti di lavoro a termine.

Per quanto concerne i requisiti necessari per la stabilizzazione si rinvia a quanto evidenziato nel paragrafo 3 della presente direttiva.

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7. Indirizzi in materia di ricorso ai contratti di lavoro flessibili.

Da ultimo si richiama l’attenzione delle amministrazioni sulla necessità di rispettare le disposizioni vigenti in tema di ricorso alle forme di lavoro flessibile in generale, e di contratti a tempo determinato in particolare, contenute nell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come di recente modificato dal decreto legge n. 4 del 2006. Tale articolo dispone che i datori di lavoro pubblici possono ricorrere, in particolare, ai contratti a tempo determinato solo per esigenze “temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea”.

Le disposizioni contenute nella legge finanziaria per l’anno 2007 sono finalizzate a sanare situazioni non in linea con le normative sopra richiamate, e con la normativa previgente, in quanto molte amministrazioni hanno stipulato diversi contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, peraltro spesso con i medesimi lavoratori, per far fronte ad esigenze durature che potevano essere soddisfatte, ad esempio, con processi di riqualificazione o riconversione.

Le scelte organizzative compiute in violazione delle disposizioni dell’articolo 36 citato non corrispondono ai principi di buon andamento cui deve uniformarsi l’azione amministrativa e comportano un danno all’amministrazione non solo in termini di costi ma anche di immagine, in quanto generano aspettative nei lavoratori assunti con contratti a tempo determinato che difficilmente possono avere riscontro, considerata la necessità di contenere i costi della pubblica amministrazione affermata costantemente dalle leggi finanziarie. Si ricordano pertanto anche i limiti di spesa di cui al comma 187 dell’art. 1 della legge 266/2005, così come modificato dal comma 538 dell’art. 1 della legge 296/2006 e le responsabilità in materia del personale dirigente che instaura detti rapporti di lavoro in violazione delle norme richiamate. Le amministrazioni dovranno operare esclusivamente attraverso le competenze presenti al proprio interno anche attraverso l’adozione di moduli organizzativi flessibili.

Gli organi di controllo interno vigilano sulla corretta applicazione della normativa richiamata nel presente paragrafo e segnalano alle sezioni competenti della Corte dei Conti la violazione delle norme in materia di ricorso ai contratti di lavoro flessibile.

IL MINISTRO PER LE RIFORME E LE INNOVAZIONI NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Luigi Nicolais

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Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni Circolare n. Roma, A tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

OGGETTO: legge 24 dicembre 2007, n. 244, disposizioni in tema di collaborazioni esterne.

Premessa La legge finanziaria per l’anno 2008 è intervenuta, con diverse disposizioni, a definire

ulteriormente il regime delle collaborazioni esterne nelle pubbliche amministrazioni, consolidando la tendenza a limitare il ricorso a tali tipologie contrattuali ad ipotesi eccezionali e, indirettamente, costituendo i presupposti per una riduzione della spesa correlata.

Sul tema delle collaborazioni deve osservarsi come il legislatore negli anni più recenti abbia disposto diversi interventi, di carattere finanziario e ordinamentale, finalizzati ad un unico obiettivo: escludere che siano stipulati rapporti di lavoro autonomo per rispondere a fabbisogni permanenti e per lo svolgimento di attività non altamente qualificate.

Infatti, nelle leggi finanziarie sono state inserite previsioni volte a limitare il ricorso alle collaborazioni, introducendo tetti di spesa e stabilendo requisiti di legittimità, in particolare per evitare che fossero stipulate per prestazioni non qualificate, utilizzandole quali rapporti di lavoro subordinato.

Sul piano ordinamentale le modifiche apportate all’articolo 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001 dal decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, e quelle apportate all’articolo 36 del medesimo decreto, dalla legge finanziaria per l’anno 2008, sono finalizzate a ricondurre l’utilizzo delle diverse tipologie contrattuali, di lavoro autonomo e di lavoro subordinato, alle finalità loro proprie che sono distinte e non possono essere considerate sovrapponibili.

Ciò comporta, innanzi tutto, che il limite temporale individuato dall’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dalla legge finanziaria per l’anno 2008, individuato in tre mesi o nelle esigenze stagionali, non si applica ai contratti di collaborazione che sono contratti di lavoro autonomo e pertanto non inclusi nella categoria dei contratti di lavoro flessibile subordinato.

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Peraltro rimane ferma la necessità che l’incarico abbia natura temporanea, come previsto dalla legge, considerato che la necessità di ricorrere ad una collaborazione deve collocarsi all’interno della programmazione delle attività dell’amministrazione con riferimento ad aspetti o fasi della medesima programmazione e, pertanto, non può ritenersi prorogabile se non limitatamente al completamento di un’attività avviata, in quanto la sua durata è predeterminata in relazione allo specifico aspetto o fase dell’attività. Altresì non è configurabile il rinnovo, dovendo un nuovo incarico far riferimento ad un nuovo progetto ed essere conferito a seguito di un'apposita comparazione.

1. Collaborazioni occasionali e coordinate e continuative. L’attuale formulazione dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 in

relazione al tema delle collaborazioni esterne, qualificate come forma di lavoro autonomo, opera una sola distinzione: quella fra collaborazione occasionale e collaborazione coordinata e continuativa, riconducibili sia alle prestazioni ex articolo 2222 c. c. che all’articolo 2230 c. c.

Si ha collaborazione occasionale nel caso di una prestazione episodica che il collaboratore svolga in maniera saltuaria e autonoma, spesso con contenuto professionale che si esaurisce in una sola azione o prestazione che consente il raggiungimento del fine e dove “il contatto sociale” con il committente sia sporadico. Tale collaborazione, pertanto, potrebbe non essere necessariamente riconducibile a fasi di piani o programmi del committente.

Diversamente la collaborazione coordinata e continuativa, che qualora il committente sia una pubblica amministrazione è sempre una prestazione di lavoro autonomo, si caratterizza per la continuazione della prestazione e la coordinazione con l’organizzazione ed i fini del committente, dove, pertanto, quest’ultimo conserva non un potere di direzione, ma di verifica della rispondenza della prestazione ai propri obiettivi attraverso un potere di coordinamento spazio-temporale.

La distinzione operata, fra collaborazioni autonome e coordinate e continuative, rileva non solo ai fini fiscali e contributivi, che la legge disciplina diversamente e per i quali si rinvia al paragrafo 8, ma anche in relazione agli adempimenti cui sono tenute le amministrazioni committenti..

2. Il requisito della “particolare e comprovata specializzazione universitaria” Le disposizioni sul tema delle collaborazioni esterne si applicano a tutte le pubbliche

amministrazioni in considerazione della loro collocazione nel Titolo I del decreto legislativo n. 165 del 2001 relativo ai principi generali. Pertanto, coerentemente a tale impostazione, il comma 6-ter dispone, per le autonomie locali, l’adeguamento dei regolamenti ex articolo 110, comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 2000 ai principi enunciati al comma 6 dell’articolo 7 del decreto legislativo 165 del 2001.

Inoltre, come già chiarito nella circolare del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione n. 5 del 2006, le previsioni normative in tema di presupposti per il ricorso alle collaborazioni esterne, di requisiti per il conferimento degli incarichi e di pubblicità dei medesimi si applicano a tutte le tipologie di incarichi di lavoro autonomo. Ciò comporta l’irrilevanza del contenuto della prestazione: studio, consulenza, ricerca o altro, così come della tipologia contrattuale individuata dall’amministrazione: occasionale o coordinata e continuativa, a tali fini.

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L’ulteriore precisazione operata dal legislatore, circa la necessità di una “particolare e comprovata specializzazione universitaria”, operata dall’articolo 3, comma 76, della legge n. 244 del 2007, ponendo l’accento sull’elevata competenza e coordinata con il presupposto dell’assenza di competenze analoghe in termini qualitativi all’interno dell’amministrazione fa ritenere impossibile il ricorso a qualsiasi rapporto di collaborazione esterna per attività non altamente qualificate, con la conseguente illegittimità di qualsiasi tipologia di contratto stipulato in violazione di tali presupposti, rafforzando, pertanto, quanto già indicato alla lettera c) del comma 6 dell’articolo 7, citato.

Per quanto concerne il requisito della particolare professionalità l’utilizzo dell’espressione “esperti di particolare e comprovata specializzazione universitaria” deve far ritenere quale requisito minimo necessario il possesso della laurea magistrale o del titolo equivalente, attinente l’oggetto dell’incarico. Non sono tuttavia da escludere percorsi didattici universitari completi e definiti formalmente dai rispettivi ordinamenti, finalizzati alla specializzazione richiesta, in aggiunta alla laurea triennale. Conseguentemente le amministrazioni non potranno stipulare contratti di lavoro autonomo con persone con una qualificazione professionale inferiore. Peraltro, il riferimento all’esperienza ed alla particolarità della competenza, che deve essere coerente con l’oggetto dell’incarico, e la necessità di una procedura comparativa per il conferimento degli incarichi, portano a considerare la necessità di reperire collaboratori che operano da tempo nel settore di interesse. Tale modifica precisa quindi quanto già ricavabile dall’articolo 7, comma 6 del testo previgente che comunque faceva riferimento a prestazioni altamente qualificate per qualsiasi forma di collaborazione autonoma a prescindere, come più volte ricordato, dal contenuto della stessa.

In tutti gli altri casi si dovrà ricorrere, principalmente, alle risorse interne alle amministrazioni o ad altri istituti, quali le assegnazioni temporanee di personale da altre amministrazioni, o valutare, con l’opportuna prudenza, l’eventualità di ricorrere a strumenti diversi, quali gli appalti di servizi.

Come già evidenziato l’articolo 7, comma 6 e seguenti, costituisce la disciplina generale in tema di ricorso alle collaborazioni esterne, pertanto rimangono vigenti tutte quelle previsioni normative che, per specifiche attività, determinano i requisiti dei collaboratori o anche le procedure per l’affidamento dell’incarico, anche per quanto riguarda l’evidenza pubblica.

È questo il caso della progettazione in materia di lavori pubblici, di direzione lavori e collaudo di cui all’articolo 90 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici). I principi ivi richiamati di derivazione comunitaria, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, richiedono, per l’affidamento di incarichi sotto la soglia di 100.000 euro, l’attivazione di procedure di trasparenza e comparazione (articolo 91, comma 2, decreto legislativo n. 163 del 2006) che possono trovare concreta attuazione secondo le modalità previste dall’articolo 7, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 e dalle altre disposizioni in materia. Si può affermare che analoghi criteri devono essere rispettati in tutti i casi in cui è consentito dal legislatore il ricorso a collaborazioni professionali esterne come per il condono edilizio e per gli incarichi di difesa in giudizio.

Si ritiene, inoltre, opportuno richiamare l’attenzione su alcune disposizioni specifiche tra cui l’articolo 9 della legge n. 150 del 2000, relativo ai specifici requisiti previsti per gli addetti stampa, nonché quelle contenute nell’articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, relativamente a specifiche prestazioni previste da programmi di ricerca avviati dalle amministrazioni ivi indicate. Per tali ultime fattispecie trovano comunque applicazione le restanti disposizioni in materia di pubblicità e comparazione.

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3. Obblighi di pubblicità Il legislatore in diverse disposizioni ha ribadito la necessità di assicurare l’attuazione del

principio di trasparenza nel conferimento di incarichi a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, intendendosi per tali anche i dipendenti pubblici che siano incaricati da amministrazioni diverse dal proprio datore di lavoro, prevedendone più volte la pubblicità.

In primo luogo si richiama la previsione generale contenuta nel comma 6-bis dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001, aggiunto dall’articolo 32 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, circa la necessità che le amministrazioni adottino appositi regolamenti relativi alle procedure comparative a seguito delle quali conferire gli incarichi e li rendano pubblici. Al riguardo si rimanda alla bozza di regolamento, contenuta nell’allegato alla presente circolare, cui le amministrazioni possono fare utilmente riferimento pur con i necessari adattamenti alle specificità organizzative ed alle funzioni istituzionali loro proprie.

Occorre, poi, fare riferimento agli obblighi, già richiamati nella citata circolare n. 5 del 2006, al paragrafo 4, previsti dall’articolo 53, comma 14, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come integrato dall’articolo 34, comma 2, del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, il quale prevede che: “Le amministrazioni rendono noti, mediante, inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata ed il compenso dell’incarico.” Obblighi che si aggiungono a quelli già originariamente previsti dal medesimo comma 14 in merito ai dati che debbono essere trasmessi periodicamente al Dipartimento della funzione pubblica.

Ad essi si sono aggiunti, lo scorso anno, quelli contenuti nell’articolo 1, comma 593, della legge n. 296 del 2006, che nello stabilire un tetto alla retribuzione massima erogabile dalle pubbliche amministrazioni a diversi soggetti, compresi dunque i collaboratori esterni, ha puntualmente disposto in merito alla pubblicità. Quest’ultima disposizione è stata sostituita da quella contenuta nell’articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007, secondo cui: “Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi (trattamento economico omnicomprensivo relativo a rapporti di lavoro dipendente o autonomo erogato dalle pubbliche amministrazioni) può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento. In caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita”.

Nel medesimo comma si dispone, inoltre, che le pubbliche amministrazioni statali di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le agenzie, gli enti pubblici anche economici, gli enti di ricerca e le università per i quali trova applicazione il limite alla retribuzione, sono tenuti alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti. In tale sede l’obbligo di pubblicità riguarda i trattamenti economici che superano la soglia individuata dal legislatore.

Sullo specifico tema, si rinvia alla circolare del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, n. 1 del 2008, appositamente predisposta.

L’articolo 3, comma 54, della legge finanziaria per l’anno 2008 modifica l’articolo 1, comma 127 della legge n. 662 del 1996 disponendo che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di “collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza” per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i provvedimenti di incarico con l’indicazione del

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soggetto percettore, della ragione dell’incarico e dell’ammontare del compenso. Tenuto conto della dizione utilizzata dal legislatore e del carattere onnicomprensivo, più volte evidenziato, dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, sono ricompresi nell’ambito di applicazione della previsione tutti gli incarichi a soggetti esterni all’amministrazione committente anche nel caso che siano previsti da specifiche disposizioni legislative. Qualora sia omessa la pubblicazione la liquidazione del compenso costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto.

Ma a rendere più stringenti ed efficaci le disposizioni sulla pubblicità degli incarichi è il comma 18 dell’articolo 3 della legge finanziaria per il 2008 il quale subordina l’efficacia dei contratti relativi ai rapporti di collaborazione esterna con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, all’avvenuta pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell’amministrazione stipulante. Di tale previsione occorrerà tenere conto in particolare in sede di stipula del contratto di incarico. Tale vincolo sull’efficacia si applica a tutti gli incarichi sottoscritti dal 1° gennaio 2008, mentre l’obbligo di pubblicazione più volte sancito dal legislatore trova già applicazione sui contratti in essere a tale data.

In un’ottica più generale di trasparenza si può ritenere che gli obblighi di pubblicità richiamati nel presente paragrafo, da distinguersi dagli obblighi di comunicazione all’anagrafe delle prestazioni di cui al citato articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si aggiungono ai contenuti necessari dei siti web istituzionali indicati dall’articolo 54 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).

4. Limite di spesa per le amministrazioni statali La legge finanziaria per l’anno 2008 non dispone nulla di diverso dai limiti di spesa già

stabiliti per le pubbliche amministrazioni, pertanto trova ancora applicazione l’articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), come modificato dal decreto legge n. 223 del 2006, in virtù del quale le medesime non potranno sostenere una spesa superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell’anno 2004, a decorrere dall’anno 2006, per gli incarichi di studio e consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione.

Inoltre, sono ancora vigenti le disposizioni di cui ai commi 56 e 57 dell’articolo 1 della stessa legge i quali stabiliscono che: “le somme riguardanti indennità, compensi, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti per incarichi di consulenza da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005” e che per un periodo di tre anni, quindi compreso l’anno 2008, le medesime non possono “stipulare contratti di consulenza che nel loro complesso siano di importo superiore rispetto all’ammontare totale dei contratti in essere al 30 settembre 2005, come automaticamente ridotto.”

Come già evidenziato dal quadro normativo attuale deriva l’irrilevanza della distinzione fra incarichi relativamente all’oggetto della prestazione, dal punto di vista della qualificazione giuridica dell’istituto. Infatti, la modifica introdotta nell’articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, quale previsione generale, nel ribadire il carattere autonomo della prestazione, ha confermato un’unica distinzione dal punto di vista ordinamentale relativa alla durata della collaborazione, se occasionale o coordinata e continuativa.

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Diversamente per quanto concerne l’applicazione del limite di spesa, come già chiarito nella circolare n. 5 del 2006, per le collaborazioni occasionali occorre fare riferimento ai commi 9, 56 e 57, dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, mentre per le collaborazioni coordinate e continuative si applicano le disposizioni di cui al comma 187 dell’articolo 1 della medesima legge. Quest’ultimo dispone che a decorrere dall’anno 2006 le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di contratti di lavoro a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 40 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2003, con l’esclusione del comparto scuola e quello delle istituzioni di altra formazione specializzazione artistica e musicale i quali hanno una propria disciplina dedicata. Limite di spesa oggi ridotto al 35 per cento dall’articolo 3, comma 80 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008). La violazione dei limiti di spesa così fissati costituisce illecito disciplinare e determina ipotesi di responsabilità erariale.

Il legislatore ha differenziato il regime di spesa delle diverse fattispecie a causa della dimensione assunta nell’organizzazione del lavoro delle pubbliche amministrazioni dalle collaborazioni coordinate e continuative, fermo restando il già richiamato unitario quadro ordinamentale.

Infine si ricorda il comma 173 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 il quale ha disposto che gli atti relativi alle collaborazioni esterne di importo superiore a 5.000 euro siano trasmessi alla competente sezione della Corte dei Conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione.

L’articolo 3, comma 58, della legge finanziaria per l’anno 2008 ha disposto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro il 30 giugno 2008, siano individuati gli uffici speciali o strutture comunque denominate, istituite presso le amministrazioni dello Stato per i quali sussistono contratti di consulenza di durata continuativa indispensabili ad assicurare il perseguimento delle finalità istituzionali. Tutti gli altri incarichi cessano dalla data di emanazione del medesimo provvedimento. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della previsione richiamata le strutture preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e delle attività culturali e storico-artistiche e alla tutela della salute e della pubblica incolumità.

5. Previsioni per le Regioni e le Autonomie Locali I commi 55, 56 e 57 dell’articolo 3 della legge finanziaria per l’anno 2008 dettano norme

specifiche per gli enti locali in tema di collaborazioni esterne. Per tali enti è necessario, in primo luogo, che il regolamento sull’ordinamento degli uffici e

dei servizi, previsto dall’articolo 89 del Testo Unico degli enti locali, fissi i limiti, i criteri e le modalità per l’affidamento degli incarichi di collaborazione, studio o di ricerca, ovvero di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione. La previsione era di fatto già contenuta nell’articolo 7, comma 6-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, quale principio generale, ma il legislatore ha ritenuto di intervenire in maniera diretta e particolarmente dettagliata per gli enti locali, giungendo a stabilire, nell’intento di assicurare il contenimento della spesa, che il medesimo regolamento fissi il limite massimo della spesa annua per gli incarichi e le consulenze. Per l’individuazione di tale limite occorrerà riferirsi, uniformando i bilanci di previsione, alla spesa registrata in un anno base, ad esempio stabilendo un tetto ricavabile dall’attuazione dei principi in materia di riduzione della spesa per il personale, oppure stabilendo una percentuale in riferimento alla spesa per servizi e per collaborazioni sostenuta in un dato periodo annuale, in modo da porre limiti certi a regime alla discrezionalità dell’ente di ricorrere alle collaborazioni ed evitare futuri

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incrementi delle relative spese. Il limite così determinato si applicherà a tutte le forme di collaborazione e pertanto sia alle collaborazioni coordinate e continuative sia alle collaborazioni occasionali.

La legge aggiunge, poi, l’obbligo di trasmettere tali disposizioni regolamentari per estratto alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti entro trenta giorni dalla loro adozione.

È, inoltre, previsto che le collaborazioni siano attivate solo nell’ambito di un programma approvato dagli organi di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, cioè i consigli degli enti, ai quali l’ordinamento ha già attribuito competenze generali in tema di programmazione, come si evince dal richiamo effettuato dalla legge all’articolo 42, comma 2, lett. b) del decreto legislativo n. 267 del 2000 il quale elenca: “programmi, relazioni revisionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie.”

In altri termini, come evidenziato nella premessa, i dirigenti preposti possono valutare il ricorso ad una collaborazione solo nell’ambito della programmazione delle attività dell’amministrazione, con riferimento ad aspetti o fasi della medesima programmazione, così come determinata dall’articolo 42. Resta ferma la possibilità di conferire incarichi di collaborazione per le competenze e le attività specificamente previste da norme di legge, sempre nel rispetto di tutte le altre disposizioni richiamate, compresa la necessità della verifica tecnica sulla mancanza della professionalità interna necessaria.

Tale riferimento si coordina naturalmente con la previsione generale contenuta nell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, laddove fra i presupposti di legittimità di conferimento degli incarichi a soggetti estranei all’amministrazione è previsto che l’oggetto dell’incarico deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati.

Per quanto concerne il limite di spesa la legge n. 266 del 2005, all’articolo 1, comma 12, ha tenuto conto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 417 del 2005 stabilendo che le disposizioni di cui ai commi 9, 10 e 11 della medesima legge non si applicano alle regioni, alle province autonome, agli enti locali ed agli enti del servizio sanitario nazionale.

Successivamente, la legge n. 296 del 2006 ha tenuto conto dell’orientamento della Corte in tema di limiti di intervento della legislazione statale nei confronti delle regioni e delle autonomie locali ed ha individuato il solo obiettivo della riduzione delle spese di personale per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno nel comma 557, dell’articolo unico della legge ed ha disapplicato i commi da 198 a 206 della legge finanziaria per l’anno 2006. In tale ambito vanno collocate solo le spese relative ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno, di cui al comma 562 dell’articolo unico della legge medesima, conservano, invece il tetto alla spesa di personale relativo al corrispondente ammontare per l’anno 2004, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali.

Nell’obiettivo di riduzione della spesa di cui al citato comma 557 e nel tetto di spesa del comma 562 si collocano le sole collaborazioni coordinate e continuative alle quali il legislatore ha dedicato particolare attenzione, considerato l’elevato ricorso a tali tipologie contrattuali ed alla sua incidenza sulla spesa pubblica, mentre le collaborazioni occasionali si collocano nella spesa corrente come spesa per prestazione di servizi o comunque nelle altre tipologie di spesa corrente.

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A tal fine si può tenere conto, comunque conformemente al tetto di spesa individuato dalla singola amministrazione con il proprio regolamento, delle modifiche apportate a tali commi dall’articolo 3, commi 120 e 121 della legge n. 244 del 2007.

Si ricorda, infatti, come una costante giurisprudenza contabile abbia ritenuto rientranti nell’obiettivo della riduzione delle spese per il personale quelle relative al tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, con rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni, così confermando l’orientamento espresso dalla circolare interpretativa n. 9 del 17 febbraio 2006, emanata del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato in materia di spesa per il personale negli enti locali.

Per tutte le amministrazioni in questione vale l’obbligo di trasmissione degli atti relativi alle collaborazioni esterne di importo superiore a 5.000 euro alla competente sezione della Corte dei Conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione, stabilito nel comma 173 dell’articolo unico della legge n. 266 del 2005 e ancora vigente, così come indicato dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti, con deliberazione n. 4/Aut/2006 del 17.2.2006 (“Linee guida per l’attuazione dell’art. 1, comma 173, della legge 266 del 2005 nei confronti delle regioni e degli enti locali”).

Occorre infine ricordare che le previsioni contenute nella legge finanziaria per l’anno 2008 costituiscono, comunque, a norma dell’articolo 3, comma 162, della medesima legge “norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali”.

6. Responsabilità Una riflessione puntuale merita il tema della responsabilità per il conferimento degli incarichi

di collaborazione in assenza dei requisiti stabiliti dall’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma anche delle previsioni di cui al citato comma 6-bis.

In primo luogo ci si trova dinanzi ad una responsabilità amministrativa del dirigente che abbia conferito l’incarico in violazione delle norme vigenti con possibili risvolti sul piano della responsabilità disciplinare, ciò in quanto il conferimento dell’incarico costituisce atto di gestione.

In particolare si ricorda che qualora l’incarico di collaborazione si traduca nella sostanza in un rapporto di lavoro subordinato si profila una responsabilità civile nei confronti del prestatore d’opera ex articolo 2126 c.c.

Ma tale responsabilità rileva anche sotto il profilo del danno erariale. Infatti, sebbene l’amministrazione si sia giovata della prestazione lavorativa, e quindi non sia considerabile danneggiata in senso lato, perché ha remunerato un’utilità effettivamente conseguita, non appare possibile una completa trasposizione dei canoni di valutazione civilistici del danno in quanto la pubblica amministrazione è comunque tenuta a porre in essere comportamenti legittimi.

Al riguardo si ricorda come la prevalente giurisprudenza della Corte dei Conti abbia spesso escluso la colpa lieve quando ha valutato l’attribuzione di incarichi in assenza dei presupposti di legge e abbia spesso operato un contemperamento fra potere di riduzione e necessità di rispetto dei canoni di legittimità e, quindi, fra il parametro della cosiddetta “utilità gestoria”, ove presente, e il parametro pubblicistico di buon andamento e tutela degli interessi pubblici.

Si rappresenta, altresì che la sanzione di carattere gestionale richiamata alla fine del comma 6 dell’articolo 36 del decreto citato, riguardante il divieto di assumere in caso di violazione delle disposizioni in materia di lavoro flessibile, opera anche in caso di utilizzo illegittimo dei contratti di

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collaborazione, quando questi ultimi siano stati stipulati in luogo dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato con l’intento di eludere i limiti imposti dal medesimo articolo.

7. Esclusioni L’articolo 3, comma 77, della legge finanziaria per l’anno 2008, introduce delle esclusioni

alla disciplina dettata dai commi 6, 6-bis e 6 quater dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001, la quale, pertanto, non si applica ai componenti degli organismi di controllo interno, dei nuclei di valutazione e dei nuclei di cui alla legge n. 144 del 1999.

L’esplicita esclusione trova la sua motivazione nel fatto che gli incarichi in questione corrispondono per loro stessa natura ai presupposti di legge quali il possesso di una competenza altamente qualificata, la corrispondenza alle attività istituzionali, la durata ed il contenuto dell’incarico predeterminati. Inoltre il regime di pubblicità previsto dal comma 6-bis contraddice le disposizioni speciali vigenti relative alla procedura di nomina, ai requisiti e, talvolta, alla natura della loro funzione di supporto all’indirizzo politico.

Può ritenersi, inoltre, che le collaborazioni meramente occasionali che si esauriscono in una sola azione o prestazione, caratterizzata da un rapporto “intuitu personae” che consente il raggiungimento del fine, e che comportano, per loro stessa natura, una spesa equiparabile ad un rimborso spese, quali ad esempio la partecipazione a convegni e seminari, la singola docenza, la traduzione di pubblicazioni e simili, non debbano comportare l’utilizzo delle procedure comparative per la scelta del collaboratore, né gli obblighi di pubblicità. Quanto sopra nel presupposto che il compenso corrisposto sia di modica entità, sebbene congruo a remunerare la prestazione resa e considerato il favore accordato dal legislatore che le ha inserite nel comma 6 dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, rendendole compatibili con lo stretto regime autorizzatorio per i dipendenti pubblici.

Infine, con riferimento alle collaborazioni escluse dall’applicazione sui limiti di spesa le collaborazioni individuate dall’articolo 1, comma 188, della legge n. 266 del 2005, relative a progetti di ricerca e innovazione, occorre precisare che ad esse si applicano tutti i requisiti di legittimità, ivi compresi pubblicità e comparazione, individuati nell’articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001. In nessun caso, infatti, le deroghe di carattere finanziario, relative pertanto alla spesa, possono comportare una deroga alle disposizioni ordinamentali relative ai presupposti, ai requisiti e alle modalità di individuazione.

8. Trattamento previdenziale Come già evidenziato nella circolare di questo Dipartimento n. 4 del 2004 i lavoratori che

hanno stipulato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa sono tenuti all’iscrizione alla gestione separata Inps cui corrisponderà il versamento dei contributi da parte del committente.

Gli importi delle aliquote contributive sono stati aggiornati dalla legge finanziaria per il 2007, articolo 1, comma 770, la quale ha previsto che dal 1° gennaio 2007, le medesime sono state determinate come segue:

1. 23,72 per cento per i lavoratori non iscritti ad altra gestione assicurativa obbligatoria 2. 16 per cento per i lavoratori iscritti ad altra gestione assicurativa obbligatoria o titolari di

pensione, diretta o indiretta.

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Su tale determinazione è intervenuta la legge n. 247 del 2007, la quale, all’articolo 1, comma 79 ha previsto che per i lavoratori rientranti nella prima fattispecie “l’aliquota contributiva è stabilita in misura pari al 24 per cento per l’anno 2008, in misura pari al 25 percento per l’anno 2009 e in misura pari al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010”. Per la seconda fattispecie “con effetto dal 1° gennaio 2008 (…) l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 17 per cento.”

Si ricorda ancora che, ai sensi del comma 10 dell’articolo 1, della legge n. 247 del 2007 “fatto salvo quanto previsto al comma 11, a decorrere dal 1° gennaio 2011 l’aliquota contributiva riguardante i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima è elevata di 0,09 punti percentuali. Con effetto dalla medesima data sono incrementate in uguale misura le aliquote contributive per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani, commercianti e coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alle gestioni autonome dell’INPS, nonchè quelle relative agli iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Le aliquote contributive per il computo delle prestazioni pensionistiche sono incrementate, a decorrere dalla medesima data, in misura corrispondente alle aliquote di finanziamento”

La legge finanziaria per l’anno 2007, al comma 788 dell’articolo 1, ha inoltre previsto, sempre per i collaboratori coordinati e continuativi non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie e non titolari di pensione, il diritto a ricevere un'indennità giornaliera a carico dell’Inps entro il limite massimo di giorni pari ad un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a venti giorni nell’arco dell’anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni. Per gli approfondimenti sul tema si rinvia alle circolari dell’Inps n. 7 dell’11 gennaio 2007 e n. 76, del 16 aprile 2007.

Le collaborazioni occasionali sono in generale sottratte al regime vigente per le collaborazioni coordinate e continuative sopra richiamato. Diversamente sono soggette al medesimo regime qualora il reddito annuo derivante da tali collaborazioni superi i 5.000 euro, secondo quanto previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall’articolo 44, comma 2, del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003. Il limite annuo costituisce una fascia di esenzione e dà luogo al versamento contributivo per la parte eccedente, a carico del committente, con oneri per un terzo a carico del collaboratore.

Pertanto le amministrazioni predisporranno moduli ed attestazioni aggiornate che consentano la piena conoscenza dello stato previdenziale e del reddito del soggetto incaricato.

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Si richiamano le amministrazioni ad un'applicazione rigorosa delle disposizioni contenute

nell’articolo 7, comma 6 e seguenti, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che tenga conto dell’impossibilità di stipulare contratti di collaborazione esterna al di fuori dei presupposti ivi indicati o in luogo di rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato. Gli organi di controllo interno, i servizi ispettivi e gli ispettorati deputati al controllo verificheranno periodicamente e comunque nell’ambito delle proprie competenze l’applicazione dei principi e delle disposizioni richiamate con la presente circolare.

IL MINISTRO PER LE RIFORME E LE INNOVAZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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ALLEGATO

SCHEMA DI REGOLAMENTO RECANTE DISCIPLINA PER IL CONFERIMENTO DI INCARICHI DI COLLABORAZIONE A NORMA DELL’ARTICOLO 7, COMMA 6, DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 MARZO 2001, N. 165

E PER GLI ENTI LOCALI A NORMA DELL’ARTICOLO 110, COMMA 6, DEL DECRETO LEGISLATIVO 18 AGOSTO 2000, N. 276

Art. 1 (Finalità ed ambito di applicazione)

1. Il presente regolamento disciplina le procedure comparative per il conferimento di incarichi

di lavoro autonomo quali le collaborazioni di natura occasionale o coordinata e continuativa, nonché il relativo regime di pubblicità, al fine di garantire l’accertamento della sussistenza dei requisiti di legittimità per il loro conferimento, come definiti dall’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come integrato dall’articolo 32 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e dall’articolo 3, comma 76 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. (Per gli enti locali fare riferimento all’articolo 110, comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 2000 ai commi 55, 56 e 57 dell’articolo 3 della legge n. 244 del 2007).

2. Rientrano in tale disciplina tutti gli incarichi conferiti a persone fisiche con riferimento alle ipotesi individuate dagli articoli 2222 e 2230 del codice civile.

Art. 2 (Individuazione del fabbisogno)

1. L’Ufficio per il personale, ricevuta la richiesta della struttura interessata, verifica la sua

congruenza con il fabbisogno dell’amministrazione individuato nei documenti di programmazione di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con le funzioni istituzionali, i piani ed i programmi sull’attività amministrativa adottati, nonché la temporaneità della necessità.

2. Il medesimo ufficio verifica l’impossibilità di corrispondere a tale esigenza con il personale in servizio presso l’amministrazione attraverso interpelli interni tenendo conto delle mansioni esigibili e decide il ricorso ad una collaborazione esterna, come definita al comma 1, dell’articolo 1, del presente regolamento.

3. In relazione agli elementi individuati, come indicato nel precedente comma, l’Ufficio competente verifica la rispondenza della tipologia di professionalità richiesta, tenuto conto dei requisiti di elevata professionalità stabiliti dalla legge, e determina durata, luogo, oggetto e compenso per la collaborazione, tenuto conto delle disponibilità di bilancio e del prezzo di mercato. Relativamente al prezzo opera una ricognizione presso associazioni di categoria,

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ordini professionali, altre amministrazioni ed altri soggetti, al fine di individuare un compenso congruo con la prestazione richiesta.

4. L’Ufficio competente verifica, inoltre, la compatibilità della spesa prevista con i limiti di spesa vigenti.

Art. 3 (Disposizione specifica da inserire nei regolamenti degli Enti locali)

1. L’ufficio competente, effettuate le verifiche di cui all’articolo precedente, deve comunque

accertarsi della rispondenza dell’affidamento dell’incarico con la previsione contenuta nell’articolo 3, comma 55, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 relativa al programma approvato dal Consiglio, fatte salve materie e competenze previste e assegnate all’Ente da disposizioni legislative.

Art. 4 (Individuazione delle professionalità)

1. L’Ufficio competente predispone un apposito avviso nel quale sono evidenziati i seguenti

elementi:

a) definizione circostanziata dell’oggetto dell’incarico, eventualmente con il riferimento espresso ai piani e programmi relativi all’attività amministrativa dell’ente;

b) gli specifici requisiti culturali e professionali richiesti per lo svolgimento della prestazione;

c) durata dell’incarico; d) luogo dell’incarico e modalità di realizzazione del medesimo (livello di coordinazione); e) compenso per la prestazione adeguatamente motivato e tutte le informazioni correlate

quali la tipologia e la periodicità del pagamento, il trattamento fiscale e previdenziale da applicare, eventuali sospensioni della prestazione;

f) indicazione della struttura di riferimento e del responsabile del procedimento.

2. Nel medesimo avviso è individuato un termine per la presentazione dei curricula e delle relative offerte ed un termine entro il quale sarà resa nota la conclusione della procedura, nonché i criteri attraverso i quali avviene la comparazione.

3. In ogni caso per l’ammissione alla selezione per il conferimento dell’incarico occorre:

a) essere in possesso della cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell’Unione europea;

b) godere dei diritti civili e politici; c) non aver riportato condanne penali e non essere destinatario di provvedimenti che

riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale;

d) essere a conoscenza di non essere sottoposto a procedimenti penali; e) essere in possesso del requisito della particolare e comprovata specializzazione

universitaria strettamente correlata al contenuto della prestazione richiesta.

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Art. 5

(Procedura comparativa)

1. L’Ufficio competente procede alla valutazione dei curricula presentati, anche attraverso commissioni appositamente costituite, delle quali facciano parte rappresentanti degli uffici che utilizzeranno la collaborazione.

2. Ad ogni singolo curriculum viene attribuito un punteggio che valuti i seguenti elementi:

a) qualificazione professionale; b) esperienze già maturate nel settore di attività di riferimento e grado di conoscenza delle

normative di settore; c) qualità della metodologia che si intende adottare nello svolgimento dell’incarico; d) eventuali riduzione sui tempi di realizzazione dell’attività e sul compenso; e) ulteriori elementi legati alla specificità dell’amministrazione.

3. Per le collaborazioni riguardanti attività e progetti di durata superiore ai tre mesi il bando potrà prevedere colloqui, esami, prove specifiche, nonché la presentazione di progetti e proposte in relazione al contenuto e alle finalità della collaborazione.

4. Per le esigenze di flessibilità e celerità dell’Ente riguardanti incarichi di assistenza legale e tecnica l’amministrazione predisporrà annualmente, sulla base di appositi avvisi, elenchi ed albi di personale altamente qualificato, in possesso di determinati requisiti e appositamente selezionato, da cui attingere nel rispetto dei principi previsti in materia di collaborazioni esterne dall’ordinamento.

Art. 6 (Esclusioni)

1. Non soggiacciono all’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-quater

dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001 i componenti degli organismi di controllo interno e dei nuclei di valutazione.

2. Sono esclusi dalle procedure comparative e dagli obblighi di pubblicità le sole prestazioni meramente occasionali che si esauriscono in una prestazione episodica che il collaboratore svolga in maniera saltuaria che non è riconducibile a fasi di piani o programmi del committente e che si svolge in maniera del tutto autonoma, anche rientranti nelle fattispecie indicate al comma 6 dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 7 (Durata del contratto e determinazione del compenso)

1. Non è ammesso il rinnovo del contratto di collaborazione. Il committente può prorogare ove

ravvisi un motivato interesse la durata del contratto solo al fine di completare i progetti e per ritardi non imputabili al collaboratore, fermo restando il compenso pattuito per i progetti individuati.

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2. L’Ufficio competente provvede alla determinazione del compenso che deve essere stabilito in funzione dell’attività oggetto dell’incarico, della quantità e qualità dell’attività, dell’eventuale utilizzazione da parte del collaboratore di mezzi e strumenti propri, anche con riferimento ai valori di mercato. Deve comunque essere assicurata la proporzionalità con l’utilità conseguita dall’amministrazione.

3. La liquidazione del compenso avviene, di norma, al termine della collaborazione salvo diversa espressa pattuizione in correlazione alla conclusione di fasi dell’attività oggetto dell’incarico.

Art. 8 (Verifica dell'esecuzione e del buon esito dell'incarico)

1. Il dirigente competente verifica periodicamente il corretto svolgimento dell'incarico,

particolarmente quando la realizzazione dello stesso sia correlata a fasi di sviluppo, mediante verifica della coerenza dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi affidati.

2. Qualora i risultati delle prestazioni fornite dal collaboratore esterno risultino non conformi a quanto richiesto sulla base del disciplinare di incarico ovvero siano del tutto insoddisfacenti, il dirigente può richiedere al soggetto incaricato di integrare i risultati entro un termine stabilito, comunque non superiore a novanta giorni, ovvero può risolvere il contratto per inadempienza.

3. Qualora i risultati siano soltanto parzialmente soddisfacenti, il dirigente può chiedere al soggetto incaricato di integrare i risultati entro un termine stabilito, comunque non superiore a novanta giorni, ovvero, sulla base dell'esatta quantificazione delle attività prestate, può provvedere alla liquidazione parziale del compenso originariamente stabilito.

4. Il dirigente competente verifica l’assenza di oneri ulteriori, previdenziali, assicurativi e la richiesta di rimborsi spese diversi da quelli, eventualmente, già previsti e autorizzati.

Art. 9 (Pubblicità ed efficacia)

1. Dell’avviso di cui all’articolo 3 si dà adeguata pubblicità tramite il sito dell’amministrazione e attraverso altri mezzi di comunicazione.

2. Dell’esito della procedura comparativa deve essere data la medesima pubblicità indicata al comma precedente.

3. L’efficacia dei contratti di collaborazione è subordinata agli obblighi di cui all’articolo 3, comma 18, della legge n. 244 del 2007.

C.G.A., SEZ. CONSULTIVA - 112/98 - 24 febbraio 1998 - Pres. Berruti

- Oggetto: richiesta di parere in ordine al procedimento seguito nella stipulazione del contratto integrativo per i giornalisti dell'ufficio stampa della Presidenza della Regione Siciliana.

Pubblico impiego - Contratti collettivi - Dipendenti Regione Siciliana - Giornalisti dell'Ufficio stampa - Accordo integrativo - Aumenti retributivi - Vanno correlati ad una maggiore produttività ed efficienza - Equiparazione ai giornalisti RAI - Impossibilità

(L.R. 6 luglio 1976, n. 79, art. 11)

(L.R. 29 ottobre 1985, n. 41, art. 72)

L'applicazione del CCNL per i giornalisti ai giornalisti dell'Ufficio stampa e documentazione della Presidenza della Regione, prevista dall'art. 11 L.R. n. 79/76 (e dall'art. 72 L.R. n. 41/85), si estende anche alla statuizione di cui all'art. 46 - articolo operante sia riguardo ai dipendenti pubblici che ai dipendenti privati - che prevede la possibilità di stipulare, entro limiti ben precisi, contratti integrativi aziendali. Tuttavia, è con riferimento alla realtà aziendale, quale struttura produttiva (l'azienda editoriale) di reddito aziendale, che la contrattazione integrativa trova, in conformità della ratio ad essa sottesa, piena giustificazione di legittimità. Pertanto, la clausola contrattuale dell'accordo integrativo sottoscritto dal Presidente della Regione Siciliana, dall'Associazione Siciliana della Stampa e dal Coordinamento sindacale dei giornalisti addetti all'Ufficio stampa, che prevede l'equiparazione ai giornalisti RAI, e che assolve all'esclusivo scopo di maggiorare la retribuzione dei giornalisti dell'Ufficio stampa, sulla base di una presunta atipicità delle loro mansioni (cfr. art. 4 del contratto integrativo) risulta totalmente estranea al contenuto normativo del vecchio (e del nuovo) art. 46 del CCNL e dunque illegittima.

PREMESSO: Con nota prot. n. 133 del 15 gennaio 1998 la Presidenza della Regione Siciliana - Direzione Regionale del Personale e dei Servizi Generali, Segreteria di Direzione - ha chiesto il parere di questo Consiglio in ordine al procedimento seguito nella stipulazione del contratto integrativo per i giornalisti dell'ufficio stampa della Presidenza della Regione Siciliana.

L'Amministrazione nella relazione sottolinea come la legge istitutiva dell'Ufficio stampa e documentazione della Presidenza della Regione, la l.r. 6.7.1976 n. 79, oltre ad individuare la composizione e la funzione di tale Ufficio, ha stabilito che "ai giornalisti preposti all'Ufficio stampa e documentazione (...) si applica il trattamento normativo ed economico previsto dal contratto nazionale di lavoro per i giornalisti, in relazione alle qualifiche di equiparazione" (art. 11, comma 1).

Il rinvio al contratto collettivo nazionale, per ciò che concerne il trattamento giuridico ed economico, viene operato anche dalla l.r. 29.10.1985, n. 41 (art. 72).

Da tale rinvio discende, secondo l'Amministrazione riferente, "la possibilità di stipulare accordi integrativi al contratto nazionale", così come previsto dall'art. 46 del C.C.N.L.

Considerata "la necessità di dare un inquadramento definitivo alla situazione degli addetti all'Ufficio stampa, tenendo conto delle specificità operative delle funzioni a cui gli stessi

sono chiamati (...)" in data 4 maggio 1994 il Presidente della Regione Siciliana, l'Associazione Siciliana della Stampa e il Coordinamento sindacale dei giornalisti addetti all'Ufficio stampa, hanno stipulato un accordo integrativo in cui é stata prevista l'equiparazione del trattamento economico degli addetti a tale Ufficio a quello dei giornalisti del servizio pubblico RAI.

L'accordo, insieme al verbale integrativo del 9.6.1995, ha ottenuto il parere favorevole della Giunta regionale (del n. 373 del 10.8.1995).

Il D.P. con cui è stato recepito l'accordo è stato poi trasmesso per il visto alla Corte dei Conti che però ha restituito il decreto ritenendo che esso non rientrava in alcuna delle categorie di atti da assoggettare al controllo preventivo di legittimità ai sensi dell'art. 3, comma 1, della 1. 14.1.1994, n. 20.

In conseguenza di ciò, l'Ufficio del Personale della Regione ha chiesto un parere all'Avvocatura dello Stato in ordine al procedimento seguito.

Nel parere n. 27108 del 30.10.1997 l'Avvocatura ha escluso la possibilità per la Presidenza della Regione di concludere validamente un contratto diretto a disciplinare, in via integrativa rispetto a quanto previsto nel C.C.N.L., le condizioni economiche e normative del rapporto di lavoro dei giornalisti addetti all'Ufficio stampa e ciò perché "le leggi regionali non prevedono in alcun modo l'eventuale stipula di contratti di lavoro integrativi di quello nazionale (contratti integrativi che l'accordo nazionale all'art. 46 ammette, ma non postula come necessari)".

La mancata previsione normativa equivale - secondo l'Avvocatura - ad una esclusione. Si legge nel parere: "(...) essendo la materia de qua (...) disciplinata in via di principio dalla legge e tenuto conto del principio generale di tipicità degli atti amministrativi, non appare ammissibile che il rapporto di lavoro dei giornalisti dipendenti dalla Regione venga sia pure in parte regolato da contratti collettivi che la legge non ha in alcun modo previsto. Perché potesse ammettersi una contrattazione integrativa sarebbe stato quanto meno necessario che la legge regionale ne stabilisse gli ambiti di applicazione, i criteri di compatibilità finanziaria e le procedure di formazione con le relative competenze".

Dunque, secondo l'Avvocatura l'art. 46 del CCNL non può trovare applicazione con riferimento ai giornalisti dell'Ufficio stampa della Presidenza della Regione.

Nella relazione n. 133 del 15 gennaio 1998 l'Amministrazione riferente contesta le conclusioni cui giunge l'Avvocatura sulla base della considerazione che il CCNL sarebbe integralmente applicabile ai giornalisti dell'Ufficio stampa della Presidenza della Regione.

Ne discende per l'Amministrazione "la possibilità di condurre e concludere validamente, nei termini e con le modalità previste dall'art. 46 di tale contratto, contratti integrativi aziendali pur in assenza (...) di ulteriori interventi normativi".

CONSIDERATO: La Presidenza della Regione Siciliana nella nota n. 133 del 15 gennaio 1998 chiede, dunque, a questo Consiglio " di esprimere il proprio autorevole parere sul procedimento seguito da questa amministrazione".

Al riguardo sembra opportuno osservare preliminarmente che nella specie è stato chiesto un parere in ordine ad un contratto integrativo già stipulato, in data 4 maggio 1994, tra il

Presidente della Regione Siciliana, l'Associazione Siciliana della Stampa e il Coordinamento sindacale dei giornalisti addetti all'Ufficio stampa, come tale non sottoposto a parere obbligatorio di questo Collegio, essendo oggetto di tale tipo di parere soltanto gli atti normativi del Governo (nazionale e locale), la decisione dei ricorsi straordinari e gli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni ai sensi dell'art. 17, comma 25, della l. 15.5.1997, n. 127. La potestà di accedere a parere facoltativo è legittimata nel caso di specie dal fatto che trattasi di attività contrattuale, ma poiché una siffatta attività risulta già espletata dalla Amministrazione regionale, l'esercizio della potestà predetta non si ravvisa preordinato ad un corretto apporto collaborativo preventivo.

Sempre in via preliminare si osserva che il CCNL cui si riferisce la richiesta di parere e l'accordo siglato in data 4.5.1994, è il CCNL relativo al periodo gennaio 1991 - dicembre 1994, attualmente sostituito al livello nazionale dal nuovo contratto, la cui scadenza è prevista per la fine del 1999.

Tuttavia poiché l'Amministrazione chiede il parere di questo Consiglio in ordine al procedimento seguito, manifestando l'esigenza di verificare la regolarità del percorso della complessiva operazione che ha portato alla stipulazione del contratto integrativo, fermo quanto puntualizzato preliminarmente, si fa presente che, a differenza di quanto ritenuto dall'Avvocatura dello Stato, il CCNL deve considerarsi applicabile ai giornalisti dell'Ufficio stampa, naturalmente nel rispetto dei limiti in esso contenuti. L'argomento fondamentale prospettato dall'Avvocatura in realtà non risulta conforme alla spirito della legislazione regionale che, se pur formalmente non rinvia alla norma del CCNL che consente la stipulazione di accordi integrativi, tuttavia nel considerare applicabile il contratto nazionale di lavoro per i giornalisti intende recepire in via di massima la disciplina del CCNL nel suo complesso.

L'applicazione del CCNL si estende pertanto anche alla statuizione di cui all'art. 46 - articolo operante sia riguardo ai dipendenti pubblici che ai dipendenti privati - che prevede la possibilità di stipulare, entro limiti ben precisi, contratti integrativi aziendali. In particolare l'art. 46 dispone che "la contrattazione a livello aziendale, salvo per quanto specificatamente previsto in singoli articoli, non potrà avere per oggetto materie già definite al livello nazionale di contrattazione e dovrà pertanto riguardare la soluzione di specifici problemi aziendali. Qualsiasi richiesta che abbia un contenuto economico di carattere collettivo, anche relativa al trattamento del lavoro domenicale, deve essere riferita alla cognizione delle organizzazioni nazionali anche se formulata in sede locale. Gli accordi aziendali devono essere trasmessi alle organizzazioni nazionali".

Le eccezioni alla regola generale, legittimate dall'art. 46 con l'inciso "salvo per quanto specificatamente previsto in singoli articoli", sono ad esempio quelle individuate dall'art. 45 che rimette al livello aziendale "la regolamentazione degli aspetti relativi ai periodi di permesso retribuito e di concorso alle spese" per ciò che concerne la partecipazione dei giornalisti delle singole aziende a corsi di aggiornamento, seminari, e iniziative culturali-professionali, in vista "di un costante aggiornamento culturale-professionale" da realizzare "attraverso una relegolamentazione concordata a livello aziendale".

In generale può osservarsi che l'art. 46 nella sua applicazione pratica assolve (ed ha assolto) alla funzione di consentire integrazioni al contratto nazionale (e, conseguentemente, eventuali benefici economici) soltanto a garanzia di specifiche e puntuali esigenze aziendali.

Dunque la tendenza al livello normativo generale è di ricondurre (e ridurre) la possibilità di incrementi economici entro binari ben determinati come emerge in maniera inequivoca anche dalla nuova formulazione dell'art. 46 del contratto collettivo nazionale attualmente vigente. In particolare il nuovo art. 46 dispone che "la contrattazione aziendale ha durata quadriennale e non è sovrapponibile, per il principio dell'autonomia dei cicli negoziali, con quella di livello nazionale. In sede di prima applicazione la contrattazione aziendale potrà svolgersi a decorrere dal primo trimestre del 1997 nell'ambito delle condizioni sotto indicate ed è caratterizzata dalla temporaneità di vigenza e dalla variabilità dei contenuti in relazione alle verifiche di consuntivo. Le erogazioni economiche del livello aziendale non possono riguardare aspetti retributivi ripetitivi di quelli propri del c.c.l.g. e sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati fra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità, di sviluppo delle professionalità ed altri elementi di competitività a disposizione delle aziende nonché ai risultati legati al positivo andamento economico dell'impresa nel periodo interessato compresi i margini di produttività che potrà essere impegnata per accordo tra le parti, eccedente quella eventualmente già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di c.c.n.l.. Le parti aziendali concorderanno dei programmi e determineranno forme, tempi e altre clausole per le verifiche di consuntivo sui risultati conseguiti".

La predetta norma non è applicabile al caso di specie che ricade nella disciplina del precedente accordo, tuttavia la sua formulazione più puntuale rispetto a quella precedente abbastanza generica, è espressione di una linea di tendenza che collega strettamente l'ammissibilità di ulteriori erogazioni economiche al livello locale a parametri obiettivi tendenti a garantire la maggiore efficienza, produttività e professionalità di ogni realtà aziendale nell'ambito di programmi concordati al livello nazionale. E', in altri termini con riferimento alla realtà aziendale, quale struttura produttiva (quale l'azienda editoriale) di reddito aziendale, che la contrattazione integrativa trova, in conformità della ratio ad essa sottesa, piena giustificazione di legittimità.

Ora, la clausola contrattuale che prevede l'equiparazione ai giornalisti RAI e che costituisce il momento centrale ed economicamente più rilevante dell'accordo integrativo sottoscritto dal Presidente della Regione Siciliana, dall'Associazione Siciliana della Stampa e dal Coordinamento sindacale dei giornalisti addetti all'Ufficio stampa, risulta affatto estranea al contenuto normativo del vecchio (e del nuovo) art. 46 del CCNL e comunque non in linea con la tendenza sopra specificata per difetto di presupposti obiettivi. La pretesa equiparazione che assolve all'esclusivo scopo di maggiorare la retribuzione dei giornalisti dell'Ufficio stampa, si fonda, infatti, esclusivamente su una generica affermazione di atipicità delle loro mansioni (cfr. art. 4 del contratto integrativo), che mal si concilia con l'adozione di un accordo integrativo (e ne esclude l'applicabilità) sulla base dei principi dettati dalla contrattazione nazionale. Invero, come si è detto, ogni contratto integrativo aziendale incontra dei limiti precisi, specificati nel CCNL e segnati proprio dal rapporto intercorrente tra tale tipo di contratto e gli eventuali accordi integrativi, limiti di cui l'Amministrazione nell'esercizio delle sue funzioni non può non tenere conto.

Sentenza della Corte Costituzionale n.189 del 14 giugno 2007

su uffici stampa pubblici in Sicilia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco BILE Presidente

- Giovanni Maria FLICK Giudice

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 1, della legge della Regione Sicilia 18 maggio 1996, n. 33

(Interventi urgenti per l’economia. Norme in materia di Impresa, Agricoltura, Artigianato, Lavoro, Turismo e Pesca.

Disposizioni su altre materie, modifiche ed abrogazioni di norme), come modificato dall’art. 28, comma 1, della legge

della Regione Sicilia 15 gennaio 1999, n. 4 (Integrazione del fondo per i comuni di cui all’articolo 11 della legge

regionale 30 marzo 1998, n. 5. Realizzazione di progetti di utilità collettiva. Disposizioni finanziarie), e dall’art. 111,

comma 1, della legge della Regione Sicilia 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per

l’anno 2005), dell’art. 16, comma 2, della legge della Regione Sicilia 17 marzo 2000, n. 8 (Disposizioni

programmatiche e finanziarie per l’anno 2000), e dell’art. 127, comma 2, della legge della Regione Sicilia 26 marzo

2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), promosso con ordinanza del 13 febbraio 2006

dal Tribunale di Marsala nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Maria Rita Domingo ed altri e il Comune di Marsala,

iscritta al n. 111 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie

speciale, dell’anno 2006.

Visti l’atto di costituzione di Alessandro Tarantino ed altri nonché l’atto di intervento della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 22 maggio 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella; uditi gli avvocati Salvatore Giacalone per Alessandro Tarantino ed altri e Paolo

Chiapparrone per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1. – Nel corso di tre giudizi civili riuniti, promossi contro il Comune di Marsala da due dipendenti e dagli eredi

di un altro lavoratore, il Tribunale di Marsala, con ordinanza del 13 febbraio 2006, ha sollevato, «in relazione all’art. 1,

comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001 ed all’art. 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421,

nonché in relazione all’art. 9, comma 5 e 10 della legge n. 150/2000», questioni di legittimità costituzionale: 1) dell’art.

58, comma 1, della legge della Regione Sicilia 18 maggio 1996, n. 33 (Interventi urgenti per l’economia. Norme in

materia di Impresa, Agricoltura, Artigianato, Lavoro, Turismo e Pesca. Disposizioni su altre materie, modifiche ed

abrogazioni di norme), come modificato dall’art. 28, comma 1, della legge della Regione Sicilia 15 gennaio 1999, n. 4

(Integrazione del fondo per i comuni di cui all’articolo 11 della legge regionale 30 marzo 1998, n. 5. Realizzazione di

progetti di utilità collettiva. Disposizioni finanziarie), e dall’art. 111, comma 1, della legge della Regione Sicilia 28

dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), nella parte in cui prevede

«l’istituzione di uffici stampa di cui faranno parte giornalisti a cui si applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico

nella sua interezza»; 2) dell’art. 16, comma 2, della legge della Regione Sicilia 17 marzo 2000, n. 8 (Disposizioni

programmatiche e finanziarie per l’anno 2000), nella parte in cui stabilisce che «ai componenti degli uffici stampa si

attribuisce la qualifica ed il trattamento contrattuale di capo servizio»; 3) dell’art. 127, comma 2, della legge della

Regione Sicilia 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui

dispone che «in sede di prima applicazione ai giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di cui

all’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di

redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in sintonia con l’art. 72 della legge

regionale 29 ottobre 1985, n. 41».

Il rimettente espone che i ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto all’applicazione del contratto

collettivo nazionale di lavoro giornalistico e del relativo trattamento retributivo a decorrere dal 1° luglio 1998, nonché

del diritto alle conseguenti differenze retributive rispetto al trattamento economico loro erogato in forza del contratto

collettivo nazionale di lavoro degli enti locali.

Circa la rilevanza delle questioni, il Tribunale di Marsala deduce che dall’applicazione delle norme censurate

può dipendere l’accoglimento dei ricorsi, poiché l’estensione del contratto collettivo di lavoro giornalistico al rapporto

di impiego dei ricorrenti – conseguenza, appunto, delle disposizioni di legge impugnate – comporta un incremento del

trattamento economico spettante a quei lavoratori.

Per quel che concerne la non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo ha evidenziato che, a

norma dell’art. 1, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro

alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), «le disposizioni del presente decreto costituiscono princípi

fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo

conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I princípi desumibili dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e

successive modificazioni, e dall’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed

integrazioni, costituiscono altresì, per le Regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano,

norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica» e che l’art. 2, comma 1, lettera a) della legge 23

ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di

pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), prevede che, salvi i limiti collegati al perseguimento degli

interessi generali cui l’organizzazione e l’azione delle pubbliche amministrazioni sono indirizzate, «i rapporti di lavoro

e di impiego dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti di cui agli articoli 1, primo comma, e 26,

primo comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93, siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e siano regolati

mediante contratti individuali e collettivi».

Secondo il Tribunale, dal combinato disposto delle due norme appena citate discende che la contrattazione

collettiva costituisce «metodo di disciplina» del rapporto di pubblico impiego che gode di copertura costituzionale.

Un simile principio fondamentale sarebbe stato violato, a parere del rimettente, sia dall’art. 58 della legge

regionale n. 33 del 1996 e successive modificazioni – nella parte in cui prevede l’applicazione del contratto nazionale di

lavoro giornalistico nella sua interezza ai giornalisti impiegati negli uffici stampa –, sia dall’art. 16 della legge

regionale n. 8 del 2000 – nella parte in cui stabilisce che «ai componenti degli uffici stampa si attribuisce la qualifica ed

il trattamento contrattuale di capo servizio» –, sia infine dall’art. 127 della legge regionale n. 2 del 2002, nella parte in

cui prevede che «in sede di prima applicazione ai giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di

cui all’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di

redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in sintonia con l’art. 72 della legge

regionale 29 ottobre 1985, n. 41».

Ulteriore profilo di illegittimità costituzionale è dedotto dal giudice a quo con riferimento all’art. 9, comma 5,

della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche

amministrazioni), il quale stabilisce che negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni l’individuazione e la

regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’àmbito di una speciale area di

contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti, e che dall’attuazione

di tale disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A parere del rimettente,

anche questi precetti godono di copertura costituzionale in virtù del successivo art. 10 della legge n. 150 del 2000, a

norma del quale le disposizioni del capo I della medesima legge (tra le quali rientra anche l’art. 9) «costituiscono

princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e si applicano, altresì, alle regioni a statuto speciale e

alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione».

Il Tribunale di Marsala, inoltre, svolge alcune argomentazioni circa la diversa operatività del limite previsto sia

dalla norma statale, sia da quella regionale. In particolare, il rimettente afferma che nell’ultimo periodo dell’art. 9,

comma 5, della legge n. 150 del 2000, il legislatore statale ha imposto alle parti sociali anche un preciso limite

economico, stabilendo che, dalla individuazione e regolazione dei profili professionali dei dipendenti addetti agli uffici

stampa, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Siffatto limite, individuato

esclusivamente in relazione a questo aspetto, implicherebbe che il trattamento retributivo dei lavoratori impiegati negli

uffici stampa non possa essere superiore a quello già spettante in relazione alla categoria in cui essi erano inquadrati

prima dell’assegnazione agli uffici stampa, senza incidere, per il resto, sulla potestà normativa dell’amministrazione di

rideterminare la propria dotazione organica e di sopportare, per effetto delle modifiche all’apparato organizzativo, un

eventuale onere finanziario aggiuntivo.

Viceversa, l’art. 58 della legge regionale n. 33 del 1996, nel conferire agli enti territoriali l’autorizzazione «a

modificare le piante organiche del personale riconvertendo i posti vacanti e disponibili, e senza ulteriori oneri per le

amministrazioni, al fine di prevedere l’istituzione di uffici stampa di cui faranno parte giornalisti a cui si applica il

contratto nazionale di lavoro giornalistico nella sua interezza», permetterebbe che dall’applicazione di quel contratto

collettivo consegua l’incremento del trattamento retributivo previsto per i singoli dipendenti assegnati agli uffici

stampa, perché il divieto di nuovi oneri finanziari dovrebbe essere riferito all’aspetto delle modificazioni delle piante

organiche, modificazioni che gli enti locali possono disporre esclusivamente mediante una riconversione dei posti

vacanti e disponibili.

Il giudice a quo deduce, infine, che i rilievi sopra svolti mantengono validità anche a seguito della modifica

dell’art. 58 della legge regionale n. 33 del 1996 disposta dall’art. 111 della legge regionale n. 17 del 2004. Quest’ultima

norma, infatti, pur prevedendo che gli enti territoriali dovessero procedere, entro il 31 maggio 2005, ad adeguare le

rispettive piante organiche alle previsioni della legge n. 150 del 2000, non ha innovato il profilo relativo

all’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico.

2. – Le parti private del giudizio a quo si sono costituite nel giudizio costituzionale ed hanno chiesto che le

questioni sollevate dal Tribunale di Marsala siano dichiarate manifestamente infondate.

Deducono, in proposito, che le norme censurate non hanno assoggettato il rapporto di lavoro degli addetti agli

uffici stampa degli enti locali ad una fonte regolatrice diversa dalla contrattazione collettiva, avendo esse disposto, al

contrario, proprio l’applicazione di un contratto collettivo, qual è quello nazionale di lavoro giornalistico, maggiormente

aderente al contenuto della prestazione lavorativa di quei dipendenti.

3. – E’ intervenuta la Regione Sicilia che ha chiesto che le questioni di legittimità costituzionale siano

dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.

Preliminarmente la difesa regionale eccepisce che il rimettente deduce la violazione di norme statali alle quali

attribuisce natura di leggi di grande riforma economico-sociale, ma non indica le ragioni per le quali non dovrebbe

assumersi, quale parametro costituzionale, l’art. 14, lettera o), dello statuto di autonomia speciale che attribuisce alla

Regione la competenza legislativa esclusiva in materia di enti locali.

Nel merito, la Regione deduce che le norme censurate non involgono direttamente la materia del trattamento

giuridico ed economico del personale degli enti locali, bensì la costituzione ed il funzionamento degli uffici stampa e,

quindi, attengono all’ordinamento degli enti stessi.

Inoltre, ad avviso della difesa regionale, le disposizioni impugnate ricalcherebbero quelle contenute nella legge

n. 150 del 2000, la quale ha previsto, in sede di prima applicazione, la conferma del personale che già svolgeva le

funzioni di comunicazione ed informazione (art. 6) e l’istituzione di appositi uffici stampa costituiti da dipendenti

iscritti all’albo nazionale dei giornalisti con affidamento della regolazione del relativo status ad una speciale area di

contrattazione (art. 9), previsione, quest’ultima, che confermerebbe come, anche secondo il legislatore statale, i

giornalisti non potrebbero ritenersi equiparati tout court al restante personale dell’amministrazione, in ragione del

particolare ruolo attribuito agli uffici stampa.

La Regione aggiunge che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 34 del 2004, ha ammesso che si possa

ragionevolmente derogare ai princípi costituzionali in presenza di peculiari situazioni giustificatrici e nell’esercizio di

una discrezionalità finalizzata a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione. Nella fattispecie il

legislatore avrebbe perseguito appunto tale buon andamento, individuando nel contratto collettivo dei giornalisti una

garanzia di indipendenza e libertà di tali professionisti che altrimenti verrebbe meno ove il loro status fosse subordinato

alla medesima fonte contrattuale del comparto delle autonomie locali.

Né potrebbe ritenersi violato il principio secondo cui la regolazione mediante contratti individuali e collettivi

dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni costituisce una norma di riforma economico-sociale che si

impone a qualsiasi tipo di potestà legislativa della Regione Sicilia, poiché le norme censurate richiamano pur sempre

una fonte contrattuale collettiva.

Infine, a parere della Regione, le disposizioni sospettate di illegittimità costituzionale sono intervenute nella

fase transitoria della costituzione degli uffici stampa e pertanto dovrebbero essere considerate legittime sulla base dello

stesso art. 2 della legge n. 421 del 1992 evocato dal rimettente, norma che contempla la necessità di prevedere una fase

transitoria idonea ad assicurare la graduale sostituzione del regime all’epoca in vigore nel settore pubblico con quello

previsto nello stesso art. 2.

4. – In prossimità dell’udienza di discussione, la Regione Sicilia ha depositato memoria con la quale, oltre a

richiamare le argomentazioni già svolte nell’atto di intervento, deduce che le norme censurate rispondono ad

un’esigenza di disciplina dello stato giuridico ed economico degli addetti agli uffici stampa degli enti locali oggetto di

un apposito protocollo d’intesa stipulato il 16 aprile 2003 fra la Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea Siciliana, dei

Consigli regionali e delle Province autonome, la Federazione nazionale della stampa italiana e l’Associazione italiana

della comunicazione pubblica istituzionale. In quel protocollo d’intesa le parti avrebbero convenuto di applicare il

contratto nazionale di lavoro dei giornalisti ai dipendenti degli uffici stampa iscritti all’ordine dei giornalisti, in maniera

da favorire una omogenea realtà professionale e retributiva all’interno di tutte le Regioni e le Province autonome.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Marsala ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: dell’art. 58, comma 1, della

legge della Regione Sicilia 18 maggio 1996, n. 33 (Interventi urgenti per l’economia. Norme in materia di Impresa,

Agricoltura, Artigianato, Lavoro, Turismo e Pesca. Disposizioni su altre materie, modifiche ed abrogazioni di norme),

come modificato dall’art. 28, comma 1, della legge della Regione Sicilia 15 gennaio 1999, n. 4 (Integrazione del fondo

per i comuni di cui all’articolo 11 della legge regionale 30 marzo 1998, n. 5. Realizzazione di progetti di utilità

collettiva. Disposizioni finanziarie), e dall’art. 111, comma 1, della legge della Regione Sicilia 28 dicembre 2004, n. 17

(Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), nella parte in cui prevede «l’istituzione di uffici stampa di

cui faranno parte giornalisti a cui si applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico nella sua interezza»; dell’art.

16, comma 2, della legge della Regione Sicilia 17 marzo 2000, n. 8 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per

l’anno 2000), nella parte in cui stabilisce che «ai componenti degli uffici stampa si attribuisce la qualifica ed il

trattamento contrattuale di capo servizio»; dell’art. 127, comma 2, della legge della Regione Sicilia 26 marzo 2002, n. 2

(Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui dispone che «in sede di prima

applicazione ai giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di cui all’art. 1 della legge regionale

30 aprile 1991, n. 10, è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del

contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in sintonia con l’art. 72 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41».

Il rimettente ritiene che le disposizioni censurate si pongono in contrasto con la norma fondamentale di riforma

economico-sociale della Repubblica espressa dall’art. 1, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

(Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e dall’art. 2, comma 1,

lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline

in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), secondo cui la regolazione mediante

contratti individuali e collettivi costituisce il metodo di disciplina dei rapporti di lavoro nel settore pubblico.

Inoltre, ad avviso del giudice a quo, le norme impugnate violerebbero i princípi fondamentali, applicabili ai

sensi dell’art. 117 Cost. anche alle Regioni a statuto speciale nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle relative norme

di attuazione, espressi dal combinato disposto degli artt. 9 e 10 della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle

attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni), secondo il quale i profili professionali

degli addetti agli uffici stampa debbono essere individuati e regolamentati dalla contrattazione collettiva senza che

dall’attuazione di tale previsione possano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. – In via preliminare la Regione Sicilia deduce che il rimettente, nell’affermare che le disposizioni censurate

contrasterebbero con norme statali alle quali attribuisce natura di leggi di grande riforma economico-sociale, omette

inammissibilmente di indicare i motivi che impedirebbero di assumere, quale parametro costituzionale, l’art. 14, lettera

o), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito

nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva in

materia di «regime degli enti locali».

2.1. – L’eccezione non è fondata.

E’ vero che il rimettente ha indicato solamente le norme statali dal cui combinato disposto discenderebbe la

norma fondamentale di riforma economico-sociale con la quale quelle disposizioni confliggerebbero, ma è anche vero

che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la questione di legittimità costituzionale è ammissibile

quando il parametro costituzionale, seppur non menzionato, sia comunque chiaramente desumibile dal testo

dell’ordinanza di rimessione (si vedano, ad esempio, le sentenze n. 305 del 1994 e n. 115 del 1993). In simili casi

l’omissione dell’espressa indicazione delle norme statutarie sui limiti dei poteri legislativi regionali che si assumono

violate, può essere superata dalla Corte mediante i suoi poteri di interpretazione dell’atto che solleva la questione di

legittimità costituzionale.

Ora, ricordato che le norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica costituiscono limiti

alla potestà legislativa della Regione Sicilia (sentenze n. 308 del 2006, n. 4 del 2000 e n. 153 del 1995), nell’ordinanza

di rimessione il Tribunale di Marsala denuncia la violazione di un limite all’esercizio della potestà legislativa regionale

di tipo esclusivo indicando le norme fondamentali delle riforme economico-sociali violate. Pertanto dal complesso

dell’atto di rimessione risultano in modo chiaro i termini delle questioni proposte, le quali sono dunque ammissibili (si

veda, per un caso analogo, la sentenza n. 352 del 1996).

3. – Nel merito le questioni sono fondate.

3.1. – Questa Corte ha già affermato che il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali,

essendo stato “privatizzato” in virtù dell’art. 2 della legge n. 421 del 1992, dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo

1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della

Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e dei decreti legislativi emanati in attuazione di

quelle leggi delega, è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole

che garantiscono l’uniformità di tale tipo di rapporti (sentenza n. 95 del 2007). Conseguentemente i princípi fissati dalla

legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto

costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che

disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 234 e n.

106 del 2005; n. 282 del 2004).

In particolare, poi, dalla legge n. 421 del 1992 può trarsi il principio (confermato anche dagli artt. 2, comma 3,

terzo e quarto periodo, e 45 del d. lgs. n. 165 del 2001) della regolazione mediante contratti collettivi del trattamento

economico dei dipendenti pubblici (sentenze n. 308 del 2006 e n. 314 del 2003) che, per le ragioni sopra esposte, si

pone quale limite anche della potestà legislativa esclusiva che l’art. 14, lettera o), dello statuto di autonomia speciale

attribuisce alla Regione Sicilia in materia di «regime degli enti locali».

3.2. – Alla luce dei rilievi appena svolti appare chiara l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative

regionali oggetto delle questioni sollevate dal Tribunale di Marsala.

Si tratta, infatti, di norme che determinano il trattamento economico dei dipendenti degli enti locali addetti agli

uffici stampa delle amministrazioni di appartenenza. Esse hanno previsto, in un primo momento (art. 58 della legge

regionale n. 33 del 1996), che a quei lavoratori si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti; poi

(art. 16 della legge regionale n. 8 del 2000), che ad essi è attribuita la qualifica ed il trattamento di capo servizio; infine

(art. 127 della legge regionale n. 2 del 2002), che la qualifica ed il trattamento economico che spetta loro è quella di

redattore capo.

Le norme censurate si pongono, quindi, in contrasto con il generale principio secondo il quale il trattamento

economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro è stato “privatizzato” deve essere disciplinato dalla

contrattazione collettiva.

Non è condivisibile l’assunto espresso sia dalle parti private, sia dalla Regione, secondo cui quel principio

nella fattispecie non sarebbe stato leso perché le norme impugnate fanno comunque rinvio ad una fonte contrattuale

collettiva, quale il contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico.

In primo luogo, perché le norme censurate non si limitano a rinviare alla contrattazione collettiva di un certo

settore, ma specificano anche la qualifica ed il trattamento economico che deve essere riconosciuto agli addetti agli

uffici stampa (e quindi, per il personale in questione, la disciplina di questi fondamentali aspetti del rapporto di impiego

è il frutto, non del libero esplicarsi dell’autonomia negoziale collettiva, bensì dell’intervento del legislatore). In secondo

luogo, e più in generale, perché le disposizioni impugnate in realtà non dispongono che il rapporto di lavoro degli

addetti agli uffici stampa debba essere regolato dalla contrattazione collettiva, bensì individuano esse stesse il

trattamento che si deve applicare a quel personale (appunto, quello previsto dal contratto collettivo del lavoro

giornalistico), onde gli agenti negoziali rappresentativi delle categorie delle amministrazioni datrici di lavoro e dei

dipendenti interessati non possono contrattare alcunché in proposito.

Neppure è possibile sostenere che le disposizioni sul trattamento giuridico degli addetti agli uffici stampa

sarebbero strettamente funzionali alla regolamentazione di quegli uffici, onde le norme impugnate sarebbero legittime

perché dirette, in realtà, a disciplinare gli uffici stampa. Invero, la definizione della struttura e delle funzioni degli uffici

stampa è aspetto diverso da quello dell’individuazione della fonte della disciplina del rapporto di impiego di chi a

quegli uffici sia addetto. Né si scorgono le ragioni per le quali l’applicazione del trattamento economico previsto dal

contratto collettivo di lavoro giornalistico sarebbe funzionale alla garanzia della trasparenza e dell’obiettività

dell’informazione dovuta dalla pubblica amministrazione ai cittadini.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 1, della legge della Regione Sicilia 18 maggio

1996, n. 33 (Interventi urgenti per l’economia. Norme in materia di Impresa, Agricoltura, Artigianato, Lavoro, Turismo

e Pesca. Disposizioni su altre materie, modifiche ed abrogazioni di norme), nella parte in cui prevede che il contratto

nazionale di lavoro giornalistico si applica anche ai giornalisti che fanno parte degli uffici stampa degli enti locali;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, della legge della Regione Sicilia 17 marzo 2000,

n. 8 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2000), nella parte in cui prevede che la qualifica ed il

trattamento contrattuale di capo servizio si applica anche ai componenti degli uffici stampa degli enti locali;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 127, comma 2, della legge della Regione Sicilia 26 marzo

2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui prevede che ai giornalisti

componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti locali è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di

redattore capo, in applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2007.

16-11-2007 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA - PARTE I n. 54 57

Contratto collettivo per l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali negli uffici stampa di cuiall’articolo 58 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33.

58 16-11-2007 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA - PARTE I n. 54

16-11-2007 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA - PARTE I n. 54 59

60 16-11-2007 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA - PARTE I n. 54

16-11-2007 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA - PARTE I n. 54 61

Testo unico dei doveri del giornalista

Approvato dal Cnog nella riunione del 27 gennaio 2016 Premessa Il «Testo unico dei doveri del giornalista» nasce dall’esigenza di armonizzare i precedenti documenti deontologici al fine di consentire una maggiore chiarezza di interpretazione e facilitare l’applicazione di tutte le norme, la cui inosservanza può determinare la responsabilità disciplinare dell’iscritto all’Ordine. Recepisce i contenuti dei seguenti documenti: Carta dei doveri del giornalista; Carta dei doveri del giornalista degli Uffici stampa; Carta dei doveri dell’informazione economica; Carta di Firenze; Carta di Milano; Carta di Perugia; Carta di Roma; Carta di Treviso; Carta informazione e pubblicità; Carta informazione e sondaggi; Codice di deontologia relativo alle attività giornalistiche; Codice in materia di rappresentazione delle vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive; Decalogo del giornalismo sportivo.

TITOLO I

PRINCIPÎ E DOVERI

Articolo 1 Libertà d’informazione e di critica L’attività del giornalista, attraverso qualunque strumento di comunicazione svolta, si ispira alla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana ed è regolata dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori».

Articolo 2

Fondamenti deontologici Il giornalista: a) difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti; b) rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia; c) tutela la dignità del lavoro giornalistico e promuove la solidarietà fra colleghi attivandosi affinché la prestazione di ogni iscritto sia equamente retribuita; d) accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale; e) non aderisce ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l’articolo 18 della Costituzione né accetta privilegi, favori, incarichi, premi sotto qualsiasi forma (pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, regali, vacanze e viaggi gratuiti) che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità; f) rispetta il prestigio e il decoro dell’Ordine e delle sue istituzioni e osserva le norme contenute nel Testo unico; g) applica i principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network; h) cura l’aggiornamento professionale secondo gli obblighi della formazione continua. TITOLO II

DOVERI NEI CONFRONTI DELLE PERSONE

Articolo 3 Identità personale e diritto all’oblio Il giornalista: a) rispetta il diritto all’identità personale ed evita di far riferimento a particolari relativi al passato, salvo quando essi risultino essenziali per la completezza dell’informazione; b) nel diffondere a distanza di tempo dati identificativi del condannato valuta anche l’incidenza della pubblicazione sul percorso di reinserimento sociale dell’interessato e sulla famiglia, specialmente se congiunto (padre, madre, fratello) di persone di minore età; c) considera che il reinserimento sociale è un passaggio complesso, che può avvenire a fine pena oppure gradualmente, e usa termini appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari;

d) tutela il condannato che sceglie di esporsi ai media, evitando di identificarlo solo con il reato commesso e valorizzando il percorso di reinserimento che sta compiendo; e) non pubblica i nomi di chi ha subito violenze sessuali né fornisce particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto dalle stesse vittime; f) non pubblica i nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca, a meno che ciò sia indispensabile alla comprensione dei fatti, e comunque non li rende noti nel caso in cui si metta a rischio la loro incolumità; non diffonde altri elementi che ne rendano possibile l’identificazione o l’individuazione della residenza; g) presta cautela nel diffondere ogni elemento che possa condurre all’identificazione dei collaboratori dell’autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza, soprattutto quando ciò possa mettere a rischio l’incolumità loro e delle famiglie.

Articolo 4 Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche Nei confronti delle persone il giornalista applica il «Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica», previsto dal dlgs 196/2003 sulla protezione dei dati personali, che fa parte integrante del Testo unico, al quale viene allegato. (ALLEGATO 1)

Articolo 5

Doveri nei confronti dei minori Nei confronti delle persone minorenni il giornalista applica la «Carta di Treviso» che fa parte integrante del Testo unico, al quale viene allegata. (ALLEGATO 2) Articolo 6

Doveri nei confronti dei soggetti deboli Il giornalista: a) rispetta i diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, in analogia con quanto già sancito per i minori dalla «Carta di Treviso»; b) evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate; c) diffonde notizie sanitarie solo se verificate con autorevoli fonti scientifiche; d) non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute. Articolo 7

Doveri nei confronti degli stranieri Il giornalista: a) nei confronti delle persone straniere adotta termini giuridicamente appropriati seguendo le indicazioni del «Glossario», allegato al presente documento (ALLEGATO 3), evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti; b) tutela l’identità e l’immagine, non consentendo l’identificazione della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che accettano di esporsi ai media.

TITOLO III DOVERI IN TEMA DI INFORMAZIONE

Articolo 8

Cronaca giudiziaria e processi in tv Il giornalista: a) rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza. In caso di assoluzione o proscioglimento, ne dà notizia sempre con appropriato rilievo e aggiorna quanto pubblicato precedentemente, in special modo per quanto riguarda le testate online; b) osserva la massima cautela nel diffondere nomi e immagini di persone incriminate per reati minori o condannate a pene lievissime, salvo i casi di particolare rilevanza sociale; c) evita, nel riportare il contenuto di qualunque atto processuale o d’indagine, di citare persone il cui ruolo non sia essenziale per la comprensione dei fatti; d) nelle trasmissioni televisive rispetta il principio del contraddittorio delle tesi, assicurando la presenza e la pari opportunità nel confronto dialettico tra i soggetti che le sostengono – comunque diversi dalle parti che si confrontano nel processo - garantendo il principio di buona fede e continenza nella corretta ricostruzione degli avvenimenti; e) cura che risultino chiare le differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell’evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi. Articolo 9

Doveri in tema di rettifica e di rispetto delle fonti Il giornalista: a) rettifica, anche in assenza di specifica richiesta, con tempestività e appropriato rilievo, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate;

b) non dà notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica. Nel caso in cui ciò si riveli impossibile, ne informa il pubblico; c) verifica, prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia che ne sia a conoscenza l’interessato. Se non fosse possibile ne informa il pubblico; d) controlla le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità; e) rispetta il segreto professionale e dà notizia di tale circostanza nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate; in tutti gli altri casi le cita sempre e tale obbligo persiste anche quando si usino materiali – testi, immagini, sonoro - delle agenzie, di altri mezzi d’informazione o dei social network; f) non accetta condizionamenti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione; g) non omette fatti, dichiarazioni o dettagli essenziali alla completa ricostruzione di un avvenimento.

Articolo 10 Doveri in tema di pubblicità e sondaggi 1. Il giornalista: a) assicura ai cittadini il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario attraverso chiare indicazioni; b) non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie. Sono consentite, a titolo gratuito e previa comunicazione scritta all’Ordine di appartenenza, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali. 2. Il giornalista s’impegna affinché la pubblicazione di sondaggi attraverso i media contenga sempre: a) soggetto che ha realizzato il sondaggio e, se realizzato con altri, le collaborazioni di cui si è avvalso; b) criteri seguiti per l'individuazione del campione; c) metodo di raccolta delle informazioni e di elaborazione dei dati; d) numero delle persone interpellate e universo di riferimento; e) il numero delle domande rivolte; f) percentuale delle persone che hanno risposto a ciascuna domanda; g) date in cui è stato realizzato il sondaggio.

Articolo 11 Doveri in tema di informazione economica Il giornalista applica la «Carta dei doveri dell’informazione economica» che costituisce parte integrante del Testo unico, al quale è allegata. (ALLEGATO 4)

Articolo 12

Doveri in tema di informazione sportiva Il giornalista: a) non utilizza immagini ed espressioni violente o aggressive. Se ciò non fosse possibile, fa presente che le sequenze che saranno diffuse non sono adatte al pubblico dei minori; b) evita di favorire atteggiamenti che possano provocare incidenti, atti di violenza o violazioni di leggi e regolamenti da parte del pubblico o dei tifosi. c) se conduce un programma in diretta si dissocia immediatamente da atteggiamenti minacciosi, scorretti, razzistici di ospiti, colleghi, protagonisti interessati all’avvenimento, interlocutori telefonici, via internet o via sms. TITOLO IV

LAVORO GIORNALISTICO

Articolo 13

Solidarietà ed equa retribuzione In tema di lavoro il giornalista rispetta la «Carta di Firenze» che fa parte integrante del Testo unico, al quale viene allegata (Allegato 5).

Articolo 14 Uffici stampa Il giornalista che opera negli uffici stampa: a) separa il proprio compito da quello di altri soggetti che operano nel campo della comunicazione; b) non assume collaborazioni che determinino conflitti d’interesse con il suo incarico; c) garantisce nelle istituzioni di natura assembleare il pieno rispetto della dialettica e del pluralismo delle posizioni politiche.

TITOLO V SANZIONI

Articolo 15 Norme applicabili La violazione delle regole e dei principî contenuti nel «Testo unico» e integranti lo spirito dell’art. 2 della legge 3.2.1963 n. 69 comporta per tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti l’applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge.

Articolo 16

Norma transitoria Il «Testo unico» entra in vigore il 3 febbraio 2016. I procedimenti disciplinari avviati prima di tale data sono definiti mantenendo il riferimento ai precedenti documenti deontologici.

Allegati Allegato 1 Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica Art. 1 - Principi generali

1. Le presenti norme sono volte a contemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa.

2. In forza dell'art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure. In quanto condizione essenziale per l'esercizio del diritto-dovere di cronaca, la raccolta, la registrazione, la conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relative a persone, organismi collettivi, istituzioni, costumi, ricerche scientifiche e movimenti di pensiero, attuate nell'ambito dell'attività giornalistica e per gli scopi propri di tale attività, si differenziano nettamente per la loro natura dalla memorizzazione e dal trattamento di dati personali ad opera di banche dati o altri soggetti. Su questi principi trovano fondamento le necessarie deroghe previste dai paragrafi 17 e 37 e dall'art. 9 della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea del 24 ottobre 1995 e dalla legge n. 675/96*.

Art. 2 - Banche-dati di uso redazionale e tutela degli archivi personali dei giornalisti

1. Il giornalista che raccoglie notizie per una delle operazioni di cui all'art. 1, comma 2, lettera b) della legge n. 675/96* rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l'esercizio della funzione informativa; evita artifici e pressioni indebite. Fatta palese tale attività, il giornalista non è tenuto a fornire gli altri elementi dell'informativa di cui all'art. 10, comma 1, della legge n. 675/96*.

2. Se i dati personali sono raccolti presso banche dati di uso redazionale, le imprese editoriali sono tenute a rendere noti al pubblico, mediante annunci, almeno due volte l'anno, l'esistenza dell'archivio e il luogo dove è possibile esercitare i diritti previsti dalla legge n. 675/96*. Le imprese editoriali indicano altresì fra i dati della gerenza il responsabile del trattamento al quale le persone interessate possono rivolgersi per esercitare i diritti previsti dalla legge n. 675/96*.

3. Gli archivi personali dei giornalisti, comunque funzionali all'esercizio della professione e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità, sono tutelati, per quanto concerne le fonti delle notizie, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 69/63 e dell'art. 13, comma 5 della legge n. 675/96*.

4. Il giornalista può conservare i dati raccolti per tutto il tempo necessario al perseguimento delle finalità proprie della sua professione.

Art. 3 - Tutela del domicilio

1. La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell'uso corretto di tecniche invasive.

Art. 4 - Rettifica

1. Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezza, anche in conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.

Art. 5 - Diritto all'informazione e dati personali

1. Nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti.

2. In relazione a dati riguardanti circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico, è fatto salvo il diritto di addurre successivamente motivi legittimi meritevoli di tutela.

Art. 6 - Essenzialità dell'informazione

1. La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti.

2. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica.

3. Commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti.

Art. 7 - Tutela del minore

1. Al fine di tutelarne la personalità, il giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione.

2. La tutela della personalità del minore si estende, tenuto conto della qualità della notizia e delle sue componenti, ai fatti che non siano specificamente reati.

3. Il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell'interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla «Carta di Treviso».

Art. 8 - Tutela della dignità della persona

1. Salva l'essenzialità dell'informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell'immagine.

2. Salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia, il giornalista non riprende né produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell'interessato.

3. Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi.

Art. 9 - Tutela del diritto alla non discriminazione

1. Nell'esercitare il diritto-dovere di cronaca, il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali.

Art. 10 - Tutela della dignità delle persone malate

1. Il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico.

2. La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.

Art. 11 - Tutela della sfera sessuale della persona

1. Il giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile.

2. La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.

Art. 12 - Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali

1. Al trattamento dei dati relativi a procedimenti penali non si applica il limite previsto dall'art. 24 della legge n. 675/96*.

2. Il trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'art. 686, commi 1, lettere a) e d), 2 e 3, del Codice di procedura penale è ammesso nell'esercizio del diritto di cronaca, secondo i principi di cui all'art. 5.

Art. 13 - Ambito di applicazione, sanzioni disciplinari

1. Le presenti norme si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.

2. Le sanzioni disciplinari, di cui al Titolo III della legge n. 69/63, si applicano solo ai soggetti iscritti all'albo dei giornalisti, negli elenchi o nel registro. * In conformità all'articolo 184, comma 2, del D. Lgs. 196/2003, i riferimenti a disposizioni della legge n. 675/1996 o ad altre disposizioni abrogate devono intendersi riferiti alle corrispondenti nuove disposizioni in vigore, secondo la tavola di corrispondenza. ************** Allegato 2 Carta di Treviso

Ordine dei giornalisti e FNSI, nella convinzione che l'informazione debba ispirarsi al rispetto dei principi e dei valori su cui si radica la nostra Carta costituzionale ed in particolare:

- il riconoscimento che valore supremo dell'esperienza statuale e comunitaria è la persona umana con i suoi inviolabili diritti che devono essere non solo garantiti, ma anche sviluppati, aiutando ogni essere umano a superare quelle condizioni negative che impediscono di fatto il pieno esplicarsi della propria personalità;

- l'impegno di tutta la Repubblica, nelle sue varie articolazioni istituzionali, a proteggere l'infanzia e la gioventù per attuare il diritto alla educazione ed una adeguata crescita umana;

dichiarano di assumere i principi ribaditi nella Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e nelle Convenzioni europee che trattano della materia, prevedendo le cautele per garantire

l'armonico sviluppo delle personalità dei minori in relazione alla loro vita e al loro processo di maturazione, ed in particolare:

- che il bambino deve crescere in una atmosfera di comprensione e che "per le sue necessità di sviluppo fisico e mentale ha bisogno di particolari cure e assistenza";

- che in tutte le azioni riguardanti i minori deve costituire oggetto di primaria considerazione "il maggiore interesse del bambino" e che perciò tutti gli altri interessi devono essere a questo sacrificati;

- che nessun bambino dovrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegali nella sua "privacy" né ad illeciti attentati al suo onore e alla sua reputazione;

- che le disposizioni che tutelano la riservatezza dei minori si fondano sul presupposto che la rappresentazione dei loro fatti di vita possa arrecare danno alla loro personalità. Questo rischio può non sussistere quando il servizio giornalistico dà positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare in cui si sta formando;

- che lo Stato deve incoraggiare lo sviluppo di appropriati codici di condotta affinché il bambino sia protetto da informazioni e messaggi multimediali dannosi al suo benessere psico-fisico;

- che gli Stati devono prendere appropriate misure legislative, amministrative, sociali ed educative per proteggere i bambini da qualsiasi forma di violenza, abuso, sfruttamento e danno.

Ordine dei giornalisti e FNSI sono consapevoli che il fondamentale diritto all'informazione può trovare dei limiti quando venga in conflitto con i diritti dei soggetti bisognosi di una tutela privilegiata. Pertanto, fermo restando il diritto di cronaca in ordine ai fatti e alle responsabilità, va ricercato un equilibrio con il diritto del minore ad una specifica e superiore tutela della sua integrità psico-fisica, affettiva e di vita di relazione.

Si richiamano di conseguenza le norme previste dalle leggi in vigore.

Sulla base di queste premesse e delle norme deontologiche contenute nell'art. 2 della legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti, nonché di quanto previsto dal codice deontologico allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196/2003), ai fini di sviluppare una informazione sui minori più funzionale alla crescita di una cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, l'Ordine dei giornalisti e la FNSI individuano le seguenti norme vincolanti per gli operatori dell'informazione:

1) i giornalisti sono tenuti ad osservare tutte le disposizioni penali, civili ed amministrative che regolano l'attività di informazione e di cronaca giudiziaria in materia di minori, in particolare di quelli coinvolti in procedimenti giudiziari;

2) va garantito l'anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore, vittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando;

3) va altresì evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possano con facilità portare alla sua identificazione, quali le generalità dei genitori, l'indirizzo dell'abitazione o della residenza, la scuola, la parrocchia o il sodalizio frequentati, e qualsiasi altra indicazione o elemento: foto e filmati televisivi non schermati, messaggi e immagini on-line che possano contribuire alla sua individuazione. Analogo comportamento deve essere osservato per episodi di pedofilia, abusi e reati di ogni genere;

4) per quanto riguarda i casi di affidamento o adozione e quelli di genitori separati o divorziati, fermo restando il diritto di cronaca e di critica circa le decisioni dell'autorità giudiziaria e l'utilità di articoli o inchieste, occorre comunque anche in questi casi tutelare l'anonimato del minore per non incidere sull'armonico sviluppo della sua personalità, evitando sensazionalismi e qualsiasi forma di speculazione;

5) il bambino non va intervistato o impegnato in trasmissioni televisive e radiofoniche che possano lederne la dignità o turbare il suo equilibrio psico-fisico, né va coinvolto in forme di comunicazioni lesive dell'armonico sviluppo della sua personalità, e ciò a prescindere dall'eventuale consenso dei genitori;

6) nel caso di comportamenti lesivi o autolesivi, suicidi, gesti inconsulti, fughe da casa, microcriminalità, ecc., posti in essere da minorenni, fermo restando il diritto di cronaca e l'individuazione delle responsabilità, occorre non enfatizzare quei particolari che possano provocare effetti di suggestione o emulazione;

7) nel caso di minori malati, feriti, svantaggiati o in difficoltà occorre porre particolare attenzione e sensibilità nella diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi ad un sensazionalismo che finisce per divenire sfruttamento della persona;

8) se, nell'interesse del minore, esempio i casi di rapimento o di bambini scomparsi, si ritiene indispensabile la pubblicazione di dati personali e la divulgazione di immagini, andranno tenuti comunque in considerazione il parere dei genitori e delle autorità competenti;

9) particolare attenzione andrà posta nei confronti di strumentalizzazioni che possano derivare da parte di adulti interessati a sfruttare, nel loro interesse, l'immagine, l'attività o la personalità del minore;

10) tali norme vanno applicate anche al giornalismo on-line, multimediale e ad altre forme di comunicazione giornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo;

11) tutti i giornalisti sono tenuti all'osservanza di tali regole per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge istitutiva dell'Ordine.

Ordine dei giornalisti e FNSI raccomandano ai direttori e a tutti i redattori l'opportunità di aprire con i lettori un dialogo capace di andare al di là della semplice informazione; sottolineano l'opportunità che, in casi di soggetti deboli, l'informazione sia il più possibile approfondita con un controllo incrociato delle fonti, con l'apporto di esperti, privilegiando, ove possibile, servizi firmati e in ogni modo da assicurare un approccio al problema dell'infanzia che non si limiti all'eccezionalità dei casi che fanno clamore, ma che approfondisca, con inchieste, speciali, dibattiti, la condizione del minore e le sue difficoltà, nella quotidianità.

Ordine dei giornalisti e FNSI si impegnano, per le rispettive competenze:

1) a individuare strumenti e occasioni che consentano una migliore cultura professionale;

2) ad evidenziare nei testi di preparazione all'esame professionale i temi dell'informazione sui minori e i modi di rappresentazione dell'infanzia;

3) a invitare i Consigli regionali dell'Ordine dei giornalisti e le Associazioni regionali di stampa, con l'eventuale contributo di altri soggetti della categoria, a promuovere seminari di studio sulla rappresentazione dei soggetti deboli;

4) ad attivare un filo diretto con le varie professionalità impegnate per una tutela e uno sviluppo del bambino e dell'adolescente;

5) a coinvolgere i soggetti istituzionali chiamati alla tutela dei minori;

6) a consolidare il rapporto di collaborazione con gli organismi preposti all'ottemperanza delle leggi e delle normative in materia radiotelevisiva e multimediale;

7) ad auspicare, da parte di tutte le associazioni dei comunicatori, un impegno comune a tutelare l'interesse dell'infanzia nel nostro Paese;

8) a proseguire la collaborazione con la FIEG per un impegno comune a difesa dei diritti dei minori;

9) a richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, i provider, gli operatori di ogni forma di multimedialità ad una particolare attenzione ai diritti del minore anche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie e nei contenuti dei siti Internet.

NORME ATTUATIVE

L'Ordine dei giornalisti e la FNSI si impegnano a:

a) promuovere l'Osservatorio previsto dalla Carta di Treviso 1990;

b) diffondere la normativa esistente;

c) contemplare la sanzione accessoria della pubblicazione del provvedimento disciplinare;

d) coinvolgere le scuole di giornalismo come centri di sensibilizzazione delle problematiche inerenti ai minori.

VADEMECUM DELLA CARTA DI TREVISO

I giornalisti italiani, d'intesa con Telefono Azzurro, a cinque anni dall'approvazione della Carta di Treviso, ne riconfermano il valore e ne ribadiscono i principi a salvaguardia della dignità e di uno sviluppo equilibrato dei bambini e degli adolescenti - senza distinzioni di sesso, razza, etnia e religione -, anche in funzione di uno sviluppo della conoscenza dei problemi minorili e per ampliare nell'opinione pubblica una cultura dell'infanzia pur prendendo spunto dai fatti di cronaca.

In considerazione delle ripetute violazioni della "Carta", ritengono utile sottolineare alcune regole di comportamento, peraltro non esaustive dell'impegno, anche in applicazione delle norme nazionali ed internazionali in vigore.

1) Al bambino coinvolto come autore, vittima o teste - in fatti di cronaca, la cui diffusione possa influenzare negativamente la sua crescita, deve essere garantito l'assoluto anonimato. Per esempio deve essere evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possono portare alla sua identificazione, quali le generalità dei genitori, l'indirizzo dell'abitazione o il Comune di residenza nel caso di piccoli centri, l'indicazione della scuola cui appartenga.

2) Per quanto riguarda i casi di affidamento o adozione e quelli di genitori separati o divorziati, fermo restando il diritto di cronaca e di critica circa le decisioni dell'autorità giudiziaria e l'utilità di articoli e inchieste, occorre comunque anche in questi casi tutelare l'anonimato del minore per non incidere sull'armonico sviluppo della sua personalità.

3) Il bambino non va intervistato o impegnato in trasmissioni televisive e radiofoniche che possano ledere la sua dignità né turbato nella sua privacy o coinvolto in una pubblicità che possa ledere l'armonico sviluppo della sua personalità e ciò a prescindere dall'eventuale consenso dei genitori.

4) Nel caso di comportamenti lesivi o autolesivi (come suicidi, lanci di sassi, fughe da casa, ecc....) posti in essere da minorenni, occorre non enfatizzare quei particolari di cronaca che possano provocare effetti di suggestione o emulazione.

5) Nel caso di bambini malati, feriti o disabili, occorre porre particolare attenzione nella diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi ad un sensazionalismo che finisce per divenire sfruttamento della persona.

I giornalisti riuniti a Venezia e Treviso il 23-24-25 novembre 1995 per la chiusura del Convegno "Il Bambino e l'informazione" impegnano inoltre

- il Comitato Nazionale di Garanzia a:

a) diffondere la normativa esistente;

b) pubblicizzare i propri provvedimenti anche attraverso un bollettino;

c) attuare l'Osservatorio previsto dalla Carta dì Treviso: Rai, Fieg e Fininvest;

d) organizzare una conferenza annuale di verifica dell'attività svolta e di presentazione dei dati dell'Osservatorio;

e) coinvolgere nell'applicazione della Carta di Treviso in modo più diretto i direttori di quotidiani, agenzie di stampa periodici, notiziari televisivi e radiofonici;

f) sollecitare la creazione di uffici stampa presso i Tribunali per i minorenni;

g) sviluppare in positivo la creazione di spazi informativi e di comunicazione per i minori affinché se ne possa parlare nella loro normalità e non soltanto nell'emergenza.

- il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti a:

a) prevedere che nella riforma dell'Ordine sia semplificata la procedura disciplinare e contemplata la sanzione accessoria della pubblicazione del provvedimento;

b) organizzare seminari e incontri e quanto sia utile per confrontare l'iniziativa dei Consigli regionali dell'Ordine;

c) coinvolgere le scuole di giornalismo come centri di monitoraggio.

************** Allegato 3 Glossario

Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.

Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.

Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che - pur non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale - necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel 2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari anziché lo status di rifugiato.

Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei

trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.

Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.

Un migrante irregolare è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento. ************** Allegato 4 Carta dei doveri dell’informazione economica

1) Il giornalista riferisce correttamente, cioè senza alterazioni e omissioni che ne alterino il vero significato, le informazioni di cui dispone, soprattutto se già diffuse dalle agenzie di stampa o comunque di dominio pubblico. L'obbligo sussiste anche quando la notizia riguardi il suo editore o il referente politico o economico dell'organo di stampa.

2) Non si può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche e finanziarie di cui si sia venuti a conoscenza nell'ambito della propria attività professionale né si può turbare l'andamento del mercato diffondendo fatti o circostanze utili ai propri interessi.

3) Il giornalista non può scrivere articoli che contengano valutazioni relative ad azioni o altri strumenti finanziari sul cui andamento borsistico abbia in qualunque modo un interesse finanziario, né può vendere o acquisire titoli di cui si stia occupando professionalmente nell'ambito suddetto o debba occuparsene a breve termine.

4) Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, regali, facilitazioni o prebende da privati o enti pubblici che possano condizionare il suo lavoro e la sua autonomia o ledere la sua credibilità e dignità professionale.

5) Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare nome, voce e immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la credibilità e autonomia professionale. Sono consentite, invece, a titolo gratuito, analoghe iniziative volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo.

6) Il giornalista, tanto più se ha responsabilità direttive, deve assicurare un adeguato standard di trasparenza sulla proprietà editoriale del giornale e sull'identità e gli eventuali interessi di cui siano portatori i suoi analisti e commentatori esterni in relazione allo specifico argomento dell'articolo. In particolare va ricordato al lettore chi è l'editore del giornale quando un articolo tratti problemi economici e finanziari che direttamente lo riguardino o possano in qualche modo favorirlo o danneggiarlo.

7) Nel caso di articoli che contengano raccomandazioni d'investimento elaborate dallo stesso giornale va espressamente indicata l'identità dell'autore della raccomandazione (sia esso un giornalista interno o un collaboratore esterno). Nelle raccomandazioni stesse i fatti devono essere tenuti chiaramente distinti dalle interpretazioni, dalle valutazioni, dalle opinioni o da altri tipi di informazioni non fattuali. Il giornalista autore della raccomandazione è tenuto ad includere un rinvio

ad apposito sito internet o altra fonte che consente la consultazione della Carta dei doveri dell'informazione economica. Occorre inoltre, nel rispetto delle norme deontologiche già in vigore sulla affidabilità e sulla pubblicità delle fonti, che per tutte le proiezioni, le previsioni e gli obiettivi di prezzo di un titolo siano chiaramente indicate le principali metodologie e ipotesi elaborate nel formularle e utilizzarle.

8) La presentazione degli studi degli analisti deve avvenire assicurando una piena informazione sull'identità degli autori e deve rispettare nella sostanza il contenuto delle ricerche. In caso di una significativa difformità occorre farne oggetto di segnalazione ai lettori.

9) La violazione di queste regole integranti lo spirito dell'art. 2 della Legge 3.2.1963 n.69 comporta l'applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge. ************** Allegato 5 Carta di Firenze della deontologia sulla precarietà nel lavoro giornalistico approvata dal Consiglio nazionale l’8 novembre 2011 in memoria di Pierpaolo Faggiano

PREMESSA - Lo scenario della precarietà lavorativa nel giornalismo Mai come negli ultimi anni il tema della qualità del lavoro si è offerto alla riflessione pubblica quale argomento di straordinaria e, talvolta, drammatica attualità. A preoccupare, in particolare, è la crescente precarizzazione lavorativa di intere fasce della popolazione che, per periodi sempre più lunghi, vengono costrette ai margini del sistema produttivo e professionale, con pesanti ricadute economiche, sociali, psicologiche ed esistenziali. Il giornalista infatti, costretto nel limbo di opportunità capestro, per lo più prive di prospettive a lungo termine, è a tutti gli effetti un cittadino di serie B, che non può costruire il proprio futuro, e nemmeno contribuire allo sviluppo del Paese, e ciò in netto contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione: Art. 3, comma 2: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Nello specifico del lavoro giornalistico, in qualsiasi forma e mezzo sia declinato (stampa, radio, TV, web, uffici stampa, etc.) la situazione appare anche più grave. Un giornalista precarizzato, poco pagato, con scarse certezze e prospettive e talvolta, per carenza di risorse economiche, anche poco professionalizzato, è un lavoratore facilmente ricattabile e condizionabile, che difficilmente può mantenere vivo quel diritto insopprimibile d’informazione e di critica posto alla base dell’ordinamento professionale. Un giornalista precario e sottopagato – soprattutto se tale condizione si protrae nel tempo – viene di fatto sospinto a lavorare puntando alla quantità piuttosto che alla qualità del prodotto informativo, e con poca indipendenza, sotto l’ombra di un costante ricatto che dal piano economico e professionale passa presto a quello dei più elementari diritti, a partire da quelli costituzionalmente riconosciuti. La condizionabilità e ricattabilità dei giornalisti sono inoltre strettamente correlate alla possibilità di trasmettere una buona e corretta informazione, andando a inficiare uno dei capisaldi del sistema democratico (Cfr. Corte Cost. n. 84 del 1969, Corte Cost. n. 172 del 1972, Corte Cost. n. 138 del 1985).

La professione giornalistica negli ultimi anni ha subito profondi mutamenti, e molti altri ne dovrà subire con il progredire della tecnologia e delle nuove aspettative delle aziende editoriali. Quello che resta e resterà inalterato è però il ruolo del giornalista e gli obblighi che questi ha nei confronti dei lettori e della pubblica opinione. In un mercato del lavoro giornalistico come quello attuale, sempre più caratterizzato dalla precarietà, è quindi necessario un maggior riconoscimento e rispetto della dignità e della qualità professionale di tutti i giornalisti, dipendenti o collaboratori esterni e freelance. È necessario ribadire con forza che il primo diritto del giornalista è la tutela della sua autonomia, che in caso di precarietà lavorativa, fenomeno sempre più espansione, è troppo spesso lesa da inadeguate retribuzioni, da politiche aziendali più attente al risparmio economico che ad investimenti editoriali e qualità finale del prodotto giornalistico. Ma anche da scelte di organizzazione del lavoro da parte di colleghi giornalisti collocati in posizioni gerarchicamente superiori. Per queste ragioni l'Ordine dei Giornalisti e l'Fnsi, nel promulgare la presente carta deontologica sui rapporti di collaborazione e solidarietà tra giornalisti per una nuova dignità professionale, affermano che l’informazione deve ispirarsi al rispetto dei principi e dei valori sui quali si radica la Carta costituzionale ed in particolare: - Art. 1, comma 1 : L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. - Art. 21, commi 1 e 2: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. - Art. 35, commi 1-3: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. - Art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. - Art. 41: L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Nell’enunciare una nuova disciplina dei comportamenti etici tra giornalisti si richiamano con forza anche: - Art. 2, comma 3, della legge 63/1969, istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti: Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori; - Artt. 4 e 5 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (Strasburgo, 1989): Art. 4: Ogni persona ha diritto alla libertà di scelta di esercizio di una professione, secondo le norme che disciplinano ciascuna professione.

Art. 5, commi 1 e 2: Ogni lavoro deve essere retribuito in modo equo. A tal fine è necessario che, in base alle modalità proprie di ciascun paese: - sia assicurata ai lavoratori una retribuzione sufficiente equa, cioè una retribuzione sufficiente per consentire loro un decoroso tenore di vita; - i lavoratori soggetti ad una regolamentazione del lavoro diversa dal contratto a tempo pieno e di durata indeterminata beneficino di un'equa retribuzione di riferimento. - Art. 32, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Nizza, 2000): I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione; - Sentenza 11/1968 della Corte Costituzionale, ove si afferma: […] Il fatto che il giornalista esplica la sua attività divenendo parte di un rapporto di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparato che [...] si giustificherebbe solo in presenza di una libera professione, tale il senso tradizionale. Quella circostanza, al contrario, mette in risalto l'opportunità che i giornalisti vengano associati in un organismo che, nei confronti del contrapposto potere economico del datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro personalità e, quindi, della loro libertà: compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale del diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell'interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla. Art. 1– Politiche attive contro la precarietà L’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi, alla luce di quanto esposto in premessa, nell’ambito delle loro competenze, vigileranno affinché: • sia garantita a tutti i giornalisti, siano essi lavoratori dipendenti o autonomi, un’equa retribuzione che permetta al giornalista e ai suoi familiari un’esistenza libera e dignitosa, secondo quanto previsto dal dettato costituzionale; • venga posto un freno allo sfruttamento e alla precarietà, favorendo quelle condizioni tese ad assicurare un futuro professionale e personale ai tanti giornalisti oggi privi di tutele e garantire nel contempo un futuro alla buona e corretta informazione nel nostro Paese; • vengano favoriti percorsi di regolarizzazione contrattuale e avviamento verso contratti a tempo indeterminato ed equi, e realizzate le condizioni per promuovere evoluzioni di carriera e progressioni professionali; • vengano correttamente applicate le norme contrattuali sui trattamenti economici; • siano valorizzate, in caso di nuove assunzioni, le professionalità già operanti in azienda e quelle dei colleghi già iscritti nelle liste di disoccupazione; • vengano rispettati i limiti di legge e di contratto previsti per l’impego di stagisti o tirocinanti; • sia favorito il percorso di adesione alle casse previdenziali e di assistenza sanitaria e previdenza complementare della categoria, in modo da garantire le necessarie tutele sociali ed economiche anche a chi non è inquadrato come lavoratore dipendente.

Il direttore responsabile deve promuove il rispetto di questi principi. Art. 2 – Collaborazione tra giornalisti Le forme di collaborazione e solidarietà tra giornalisti devono riguardare tutte le tipologie di lavoro giornalistico (stampa, radio, TV, web, uffici stampa, etc.). Il direttore responsabile che rifiuti immotivatamente di riconoscere la compiuta pratica, è soggetto a procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 48 della Legge 69/1963 e dell'art. 43 del D.P.R. 115/1965. La richiesta di una prestazione giornalistica cui corrisponda un compenso incongruo in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, lede non solo la dignità professionale ma pregiudica anche la qualità l’indipendenza dell’informazione, essenza del ruolo sociale del giornalista. Ai fini della determinazione dell’adeguatezza dei compensi relativi a prestazioni di natura giornalistica, i consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti adottano e rendono pubblici criteri e parametri di riferimento. Gli iscritti all’Ordine sono tenuti a non accettare corrispettivi inadeguati o indecorosi per il lavoro giornalistico prestato. In conformità all’articolo 2 della legge 69/1963, Ordine dei giornalisti e Fnsi ribadiscono che tutti i giornalisti, senza distinzione di ruolo o incarico o posizione gerarchica attribuita, hanno pari dignità e sono tenuti alla solidarietà e al rispetto reciproco. Tutti i giornalisti sono tenuti a segnalare ai Consigli regionali situazioni di esercizio abusivo della professione e di mancato rispetto della dignità professionale. Tutti gli iscritti all’Ordine devo vigilare affinché non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000. Il giornalista degli Uffici stampa istituzionali non può assumere collaborazioni, incarichi o responsabilità che possano comunque inficiare la sua funzione di imparziale ed attendibile operatore dell'informazione. Gli iscritti all’Ordine che rivestano a qualunque titolo ruoli di coordinamento del lavoro giornalistico sono tenuti a: a) non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedano compensi inadeguati; b) garantire il diritto a giorno di riposo, ferie, orari di lavoro compatibili con i contratti di riferimento della categoria; c) vigilare affinché a seguito del cambio delle gerarchie redazionali non ci siano ripercussioni dal punto di vista economico, morale e della dignità professionale per tutti i colleghi; d) impegnarsi affinché il lavoro commissionato sia retribuito anche se non pubblicato o trasmesso; e) vigilare sul rispetto del diritto di firma e del diritto d’autore. f) vigilare affinché i giornalisti titolari di un trattamento pensionistico Inpgi a qualunque titolo maturato non vengano nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro con forme di lavoro autonomo ed inseriti nel ciclo produttivo nelle medesime condizioni e/o per l’espletamento delle medesime prestazioni che svolgevano in virtù del precedente rapporto; g) vigilare che non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000. Art. 3 – Osservatorio sulla dignità professionale

Al fine di garantire la corretta applicazione dei principi stabiliti in questa Carta, l’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi promuovono la costituzione di un “Osservatorio permanente sulle condizioni professionali dei giornalisti” legato alle presenti e future dinamiche dell’informazione, anche in rapporto alle innovazioni tecnologiche. L’Osservatorio ha il compito di vigilare sull'effettiva applicazione della presente carta, di avanzare proposte di aggiornamento nonché di segnalare quelle condizioni di sfruttamento della professione che ledano la dignità e la credibilità dei giornalisti anche nei confronti dell’opinione pubblica. Art. 4 – Sanzioni La violazione di queste regole, applicative dell'art. 2 della Legge 69/1963, comporta l'avvio di un procedimento disciplinare ai sensi del Titolo III, citata legge.

CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA

DEGLI UFFICI STAMPA

Approvata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti il 25 marzo 2010

Si definisce come attività di Ufficio Stampa una funzione prettamente giornalistica,

in quanto diffonde notizie per conto di aziende, organismi, enti privati o pubblici.

Sono perciò esclusi dall’attività di Ufficio Stampa differenti aspetti della

comunicazione come relazioni pubbliche, relazioni con i cittadini, marketing e

pubblicità. Anche la figura del “portavoce”, diffusa soprattutto in politica e negli

organismi elettivi, non rientra nel campo della informazione giornalistica e non è

quindi compresa nella definizione di Ufficio Stampa. Tutto ciò è indipendente

dall’eventualità che chi esercita anche funzioni non giornalistiche per conto di una

azienda pubblica o privata o di un ente faccia parte, ad altro titolo, dell’Ordine dei

giornalisti.

L'Ufficio Stampa è la struttura primaria dell'informazione giornalistica verso

l’esterno. Il giornalista che vi opera è tenuto ad osservare la Carta dei doveri che è il

fondamentale documento deontologico di riferimento per tutti gli iscritti all’Ordine, a

prescindere dalla natura contrattuale e dal tipo di incarico ricoperto e da eventuale

altra attività svolta, e le norme deontologiche fissate dalla legge istitutiva dell'Ordine

dei giornalisti oltre a quelle enunciate in documenti ufficiali dell'Ordine stesso. Detti

documenti comprendono la “Carta di Treviso” e il “Codice relativo al trattamento dei

dati personali”, norme che trovano riferimento in leggi dello Stato. L’Ufficio Stampa

è altresì vincolato a rispettare tutti gli altri documenti adottati dall’Ordine in materia

deontologica tra cui la “Carta dei doveri dell’informazione economica”, la “Carta di

Perugia” su informazione e malattia, la “Carta di Roma” per l’informazione sui

migranti, le norme raccolte nel “Decalogo del giornalismo sportivo” e quelle dedicate

a "Informazione e pubblicità" e "Informazione e sondaggi".

Il giornalista che opera negli Uffici Stampa delle amministrazioni pubbliche agisce in

conformità a due principi fondamentali contenuti nella legge 150/2000: il diritto dei

cittadini di essere informati e il diritto/dovere delle istituzioni pubbliche di informare.

In ogni caso, sia nelle strutture pubbliche che nel privato, il giornalista, in armonia

con quanto prescrivono la legge 69/1963 istitutiva dell’ordine professionale, i codici

deontologici, e - per gli enti pubblici - la legge 150/2000, è tenuto, pur in un normale

ambito di collaborazione, a separare nettamente il proprio compito da quello di altri

soggetti che operano nel campo della comunicazione.

Il giornalista di Ufficio Stampa accetta indicazioni e direttive soltanto dai soggetti

che nell’ambito dell’ente, organizzazione o azienda hanno titolo esplicito per

fornirgliele, purché naturalmente le disposizioni non siano contrarie alla legge

professionale, alle carte deontologiche, al Contratto di lavoro.

Il giornalista deve uniformare il proprio comportamento professionale al principio

fondamentale dell’autonomia dell’informazione; ciò indipendentemente dalla

collocazione dell’Ufficio Stampa nell’ambito della struttura pubblica o privata in cui

opera.

Il giornalista direttore responsabile di house organ, newsletter o altri mezzi di

informazione aziendale, purché si tratti di testate registrate, esercita i diritti e doveri

della firma. Ciò comporta l’adozione di scelte relative alla correttezza dei contenuti di

cui risponde, oltre che in sede civile e penale, anche all’Ordine dei giornalisti.

Il giornalista deve operare nella consapevolezza che la propria responsabilità verso i

cittadini non può essere condizionata o limitata da alcuna ragione particolare o di

parte, o dall’interesse economico. In tal senso ha l'obbligo di difendere la propria

autonomia e credibilità professionale secondo i principi di responsabilità e veridicità

fissati nella legge istitutiva dell’Ordine.

In particolare nelle istituzioni pubbliche di tipo assembleare, tanto più se queste

usufruiscano dell'attività di ufficio stampa in associazione, il giornalista opera nel

pieno rispetto della dialettica tra le forze politiche e tra soggetti istituzionali diversi,

riportando le posizioni in modo corretto e completo, senza censure né forzature e

provvedendo tempestivamente a rettificare eventuali errori o inesattezze.

Secondo quanto prescrive la Carta dei doveri, il giornalista che opera in un Ufficio

Stampa non può fornire né ricevere doni o favori che possano limitare l’autonomia e

la credibilità professionale.

Il giornalista degli Uffici stampa non può assumere, nell'arco di vigenza del rapporto

di lavoro, collaborazioni, incarichi o responsabilità in conflitto con la sua funzione di

imparziale ed attendibile operatore dell'informazione.

La violazione di queste regole comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari

previsti dalla legge istitutiva dell’Ordine.