ripetibilità di alcune variabili da utilizzare per il monitoraggio del benessere animale a livello...

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U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DELLA B ASILICATA - P OTENZA - F ACOLTÀ DI A GRARIA D IPARTIMENTO DI S CIENZE DELLE P RODUZIONI A NIMALI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALE TESI DI LAUREA R R R I I I P P P E E E T T T I I I B B B I I I L L L I I I T T T À À À D D D I I I A A A L L L C C C U U U N N N E E E V V V A A A R R R I I I A A A B B B I I I L L L I I I D D A A A U U U T T T I I I L L L I I I Z Z Z Z Z Z A A A R R R E E E P P P E E E R R R I I I L L L M M M O O O N N N I I I T T T O O O R R R A A A G G G G G G I I I O O O D D D E E E L L L B B B E E E N N N E E E S S S S S S E E E R R R E E E A A A N N N I I I M M M A A A L L L E E E A A A L L L I I I V V V E E E L L L L L L O O O A A A Z Z Z I I I E E E N N N D D D A A A L L L E E E (Contributo sperimentale) Relatore: Candidato: dott. FABIO NAPOLITANO MAURO MUSTO (matr. 10886) Anno Accademico 2001/2002

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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D E L L A B A S I L I C A T A - P O T E N Z A -

FA C O L T À D I AG R A R I A

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLE PRODUZIONI ANIMALI

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALE

TTEESSII DDII LLAAUURREEAA

RRRIIIPPPEEETTTIIIBBBIIILLLIIITTTÀÀÀ DDDIII AAALLLCCCUUUNNNEEE VVVAAARRRIIIAAABBBIIILLLIII DDDAAA

UUUTTTIIILLLIIIZZZZZZAAARRREEE PPPEEERRR IIILLL MMMOOONNNIIITTTOOORRRAAAGGGGGGIIIOOO

DDDEEELLL BBBEEENNNEEESSSSSSEEERRREEE AAANNNIIIMMMAAALLLEEE AAA LLLIIIVVVEEELLLLLLOOO

AAAZZZIIIEEENNNDDDAAALLLEEE (Contributo sperimentale)

Relatore: Candidato: dott. FABIO NAPOLITANO

MAURO MUSTO (matr. 10886)

Anno Accademico 2001/2002

II

A Nonna Mariangela …

… per sempre.

Alla mia Famiglia …

… c’è sempre.

III

SSoommmmaarriioo

11 .. IInn tt rroodduuzz iioonnee

1.1. L’uomo e l’animale

1.2. Diritti degli animali e doveri dell’uomo

1.3. Alcune definizioni di benessere

1.4. Le normative in materia di benessere animale

1.5. Lo stress nell’allevamento zootecnico

1.6. Misurazione e monitoraggio del benessere

1.7. Approcci allo studio del benessere

1.8. L’interazione uomo-animale

1.9. Metodi di valutazione “on farm”

22 .. FF iinnaa ll ii tt àà ddee ll ll oo ss ttuudd iioo

33 .. MMaatt ee rr ii aa ll ii ee mmee ttoodd ii

3.1. Variabili comportamentali

3.1.1. Comportamento degli animali durante la mungitura

3.1.2. Distanza di fuga

3.1.3. Test di vicinanza

3.2. Variabili igienico-sanitarie

3.2.1. Incidenza delle zoppie

3.2.2. Valutazione del grado di pulizia degli animali

IV

3.3. Variabili immunitarie

3.3.1. Risposta immunitaria a livello cellulare (Skin test)

3.3.2. Risposta immunitaria a livello umorale

3.4. Analisi statistica

44 .. RRii ssuu ll tt aa tt ii ee dd ii ssccuussss iioonnee

4.1. Inter-observer reliability

4.2. Intra-observer reliability

4.2.1. Distanza di fuga e test di vicinanza

4.2.2. Comportamento durante la mungitura

4.2.3. Stato di pulizia

4.2.4. Zoppia

4.2.5. Validazione dei risultati

55 .. CCoonncc lluuss iioonn ii

66 .. BBiibb ll iiooggrraa ff ii aa

AAppppeenndd ii ccee AA

Album fotografico

AAppppeenndd ii ccee BB

Tabelle

NOTA REDAZI ONALE

La presente tesi si com pone di 127 pagine

V

Un r ingraziamento part i co lare

a quant i , in ques t i anni ,

mi hanno so s t enuto ed incoraggiato

ed a quant i , in ques t i mes i ,

c on l ’a iuto de l la Divina Provvidenza ,

hanno re so pos s ib i l e ques to lavoro :

c ondiv ido tut to ques to con vo i .

**11.. IInnttrroodduuzziioonnee

Ogni cultura si è sempre posta il problema del

rapporto uomo-animale ed ha, sia pure parzialmente e

mai definitivamente, cercato di risolverlo secondo le proprie

caratteristiche e le proprie esigenze. Mai come oggi, però, l’uomo si

interroga sul suo rapporto con gli altri viventi, e ciò per motivi pratici,

etici o di pura conoscenza; lo sviluppo di una maggiore sensibilità umana

verso la sofferenza animale – considerata in campo economico una

esternalità negativa – e le recenti preoccupazioni riguardo alla sicurezza

alimentare, tra l’altro, hanno talmente accresciuto l’interesse del

consumatore sugli alimenti di origine animale e sui loro processi

produttivi da porre il problema del benessere animale in primo piano

nelle politiche agenda.

Gli sforzi delle moderne società devono cercare soluzioni

costruttive al problema, per far sì che il genere umano ed il suo modus

vivendi possano avvicinarsi maggiormente alle esigenze di quello

animale comprendendole e rispettandole. Benché l’obiettivo finale sia di

carattere morale, il modus operandi è strettamente pragmatico, volto,

almeno per quanto concerne il miglioramento dei sistemi di allevamento,

* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.

Introduzione

2

all’individuazione di indicatori del benessere animale sempre più validi e

sostenibili.

Pensiamo, pertanto, che il problema del benessere animale non

potrà mai essere risolto solo attraverso la morale dei diritti degli animali:

richiamandosi alla sola animalitas, infatti, si rischia di precludere la

direzione della humanitas, di un umanesimo cosciente e responsabile

della biodiversità animale.

Il nostro intento è dunque quello di sviluppare, applicare e

migliorare dei possibili approcci pratici che siano in grado di conciliare

le esigenze produttive dell’uomo con il benessere degli animali allevati.

Sic et simpliciter.

Introduzione

3

1.1. L’uomo e l’animale

Tra gli uomini e gli animali vi è un rapporto che cambia

continuamente, a volte lentamente, altre volte tumultuosamente; è la

conseguenza alla variazione dello status delle diverse specie animali

secondo le epoche, le strutture sociali, le credenze, le religioni, … quella

summa di valori, etici ed intellettuali, che i Greci chiamavano paideia,

ovvero cultura.

Il gatto ad esempio, deificato nell’antico Egitto, considerato

manifestazione diabolica nel Medio Evo, mangiato da molte popolazioni

anche europee fino a pochi decenni fa, è divenuto un insostituibile

animale familiare. Anche per la capra il discorso non cambia: nella

mitologia greca spicca la figura di Amaltea, la ninfa con fattezze di capra

che allattò Zeus bambino sul monte Creso; presso il popolo ebraico,

però, un caprone, carico dei peccati di Israele, ogni anno veniva

abbandonato nel deserto per farlo morire di fame; dal “capro espiatorio”

la maledizione è passata più tardi, con il Cristianesimo, sul caprone,

complice del Diavolo, e sulla capra accusata di stregoneria. Oggi, la

“vacca del povero” sta avendo, fortunatamente, la sua giusta

rivalutazione.

Riguardo alla nascita del rapporto uomo-animale, poco sappiamo

ed al più possiamo soltanto ipotizzare i rapporti tra gli ominidi ed i

preominidi e gli animali. Secondo Camera e Fabietti (1993), il mangiare

Introduzione

4

carne, ricavata dalle carogne prima e procurata con la caccia poi, costituì

un fattore essenziale nel graduale emergere del genere Homo dall’iniziale

stock degli ominidi, emarginando la nicchia prevalentemente vegetariana

delle australopitecine.

Con l’addomesticamento, risultato più di una combinazione

fortunata che di un disegno preciso e consapevole, gli uomini poterono

poi disporre di riserve alimentari complementari assai più sicure di

quelle, sempre precarie, offerte dalla caccia e dalla raccolta. Ciò permise

di abbandonare almeno in parte il nomadismo e risiedere nel medesimo

luogo per un tempo sufficiente a cogliere il rapporto che lega la

seminagione alla nascita dei vegetali. In tal senso, l’addomesticamento,

conquista fondamentale del Mesolitico, fu la premessa necessaria

all’invenzione dell’agricoltura.

Ex tunc l’uomo utilizza gli animali per la sua alimentazione, per la

medicina, per ottenerne indumenti, lavoro, utilità fisiche e psichiche …

un rapporto che fa riferimento a dom di domus, casa, ma anche a

dominus e quindi al dominio, un rapporto che ha, ergo, molti caratteri di

una predazione: in qualunque luogo della terra, anche tra i più

inaccessibili come il mare e l’aria, è infatti il genere umano a decidere

come e dove gli animali devono vivere.

“E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a

nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e gli uccelli

Introduzione

5

del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i

rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua

immagine; a immagine di Dio lo creò. Dio li benedisse e

disse a loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la

terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli

uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla

terra”.

E Dio disse: ”Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e

che è si tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che

produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie

selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri

viventi che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io

do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne. Dio vide quanto

aveva fatto, ed ecco, era molto buona. E fu sera e fu mattina:

sesto giorno.”

(Genesi 1,26)

Secondo Ballarini (1998), il rapporto uomo-animale si è evoluto

attraverso tre distinte fasi; la prima di queste, arcaica, fu di tipo magico-

totemico, nel senso che gli animali erano considerati divinità o loro

messaggeri, oppure figure ancestrali ed iniziatrici di una stirpe umana.

Presso gli Egiziani ad esempio, importantissimo era il culto degli animali

(zoolatria), che perdurò nella tradizione religiosa anche quando prevalse

l’antropomorfismo; l’arcaico legame col mondo animale è ben visibile in

molte divinità, rappresentate come immagini parte antropomorfe e parte

teriomorfe. Le divinità più venerate erano Hator, rappresentata in forma

di donna con orecchie bovine ed un paio di corna, il bue Api, incarnato in

Introduzione

6

un toro nero con macchie bianche sulla fronte, ed Anubi, rappresentato in

forma di uomo con testa di cane.

In questa fase, gli animali sono tramiti privilegiati del contatto con

le divinità ed il loro sacrificio, giustificato da riti religiosi, è spesso

sostitutivo di quello umano. Presso gli Etruschi prima ed i Romani dopo,

grande importanza veniva data alla pratica della divinazione, ovvero

l’arte aruspicina: la volontà degli Dei era interpretata attraverso lo studio

del volo degli uccelli e del fegato degli animali sacrificati; il fegato

dell’animale sacrificale, in particolare, era considerato la sede della vita e

raffigurava l’universo al momento del sacrificio.

In più, la figura animale acquista in questa fase valenze mitiche e

ricorre spesso in molte leggende, ad esempio quella del Minotauro, “…

horrendum monstrum medium inter hominem et taurum, cui

Atheniensium liberi obiciebantur ut devorarentur.”, o quella della

fondazione di Cartagine: alla fine del IX secolo, parte della popolazione

di Tiro, guidata dalla regina Didone, si trasferì sulla costa dell’attuale

Tunisia.

“ … Giunsero a questo lido, ove tu vedi

sorger la rocca e le possenti mura

della nuova Cartagine, e con oro

acquistarono un tratto di terreno,

quanto potesse cingerne una sola

pelle di bove; d’onde il nome Birsa …”

(Virgilio. Eneide, I vv. 537-542)

Introduzione

7

La leggenda narra che la pelle del bue venne tagliata in strisce

sottilissime che, unite le une alle altre, avrebbero costituito il perimetro

di Cartagine.

È il “periodo romantico” del rapporto degli uomini con gli

animali, un periodo che trova espressione anche in campo letterario con

le favole animali di Esopo (sec. VI a.C.) prima e Fedro (I sec. d.C.) poi;

in particolare, i protagonisti caratteristici di queste favole sono gli

animali, ciascuno dei quali rappresenta tipici vizi e virtù: così la volpe è

l’espressione dell’astuzia, il lupo dell’ingordigia, il leone della regalità,

gli ovini della mansuetudine. La materia è ergo l’uomo con i suoi

sentimenti e pulsioni, ambizioni e comportamenti che permangono nei

secoli. A questo genere letterario appartiene anche Animal Farm di

George Orwell (1903-1950), una satira politica che ha come protagonisti

gli animali di una fattoria; guidati dai maiali, essi riescono a ribellarsi

alla tirannia dei contadini per condurre da soli la fattoria. Purtroppo i

maiali, peggiori degli uomini, instaurano un nuovo regime dittatoriale.

Anche in questo caso la figura animale incarna quella umana, ma

l’aspetto preso in considerazione è quello politico: l’opera mostra come

il potere corrompa, qualunque sia la forma di governo. L’ultimo verso

recita così:

Introduzione

8

“All animals are equal

But some animals are more

Equal than others”.

Il confine che separa il mondo animale da quello umano diviene

così assai sottile: basti pensare che Aristotele (384-383 a.C.), in

appendice alla sua Storia degli animali, scrisse che le verità di una

persona possono essere dedotte osservando la sua somiglianza con un

animale. Chi ha la fronte bassa è probabilmente ignorante, perché

assomiglia ad un maiale; coloro che invece hanno la fronte alta,

caratteristica tipica dei cani, tenderebbero ad essere adulatori, chi ha una

pelle rossiccia, che ricorda la volpe, è furbo e via dicendo. Vi sono

uomini-leone, uomini-pecora, …

I tratti del volto di un uomo ricordano sempre quelli di un animale, e ciò

corrisponde recte, secondo Aristotele, alla sua personalità.

Secondo Nicola e Provana (1994), questa lettura simbolica ed

antropomorfica del mondo animale è gestita integralmente dall’inconscio

e non è scevra di pericoli: intere specie animali sono state sterminate solo

perché la loro struttura fisiologica si associa nel nostro inconscio a

qualche espressione di spavento o di terrore. Ultimo caso è quello del

lupo: sebbene la pericolosità reale degli ultimi esemplari rimasti in Italia

sia minima, le associazioni ambientaliste sono in difficoltà nella difesa di

Introduzione

9

queste specie, che soffre di una pessima identificazione simbolica con la

cattiveria. D’altra parte il grande successo ecologico del panda si fonda

anch’esso sul suo aspetto, ricco di forme e caratteristiche “infantili”

(testa grande, pelo morbido, occhi dilatati, movimenti un po’ goffi,

forme rotonde, …) atte a far scattare le pulsioni protettive umane,

inibendo quelle aggressive.

La repulsione di fronte a determinati animali è, invece, una forma

di nevrosi e può essere spiegata come il caso in cui viene a mancare

qualsiasi possibilità di “umanizzazione” dell’animale; più che l’aspetto

esteriore e le caratteristiche fisiologiche specifiche, conta in queste fobie

il movimento: di molti insetti, ad esempio, ciò che ci fa inorridire è

praesertim il brulichio, l’agitazione caotica ed accelerata dei movimenti,

il formicolio frenetico ed agitato di migliaia di individui in una folla

convulsa, gli scatti rapidi, brevi e concitati.

In una seconda fase, nel rapporto uomo-animale prevale l’aspetto

economico-funzionalista: gli animali sono resi schiavi e sfruttati, come

produttori di alimenti (carne, latte, uova e miele) o di altri prodotti (lana,

seta, pellicce), con un più o meno completo utilizzo dei relativi

sottoprodotti (corna, ossa, ecc.), o come fornitori di lavoro (traino, soma,

ecc.) od altri servizi (caccia, guerra, svago, guardia, ecc.). Il rapporto

dell’uomo con l’animale muta quindi completamente: l’utilizzazione

degli animali, a qualsiasi fine, non richiede alcuna giustificazione che

Introduzione

10

non sia quella di un vantaggio per la società o l’individuo umano; gli

animali, ai quali non è riconosciuto un intelletto, non sono persone e

quindi non hanno alcun diritto, per cui l’uomo non ha verso di loro alcun

dovere o responsabilità.

Allora il Signore si rivolse a Mosè: “Va a riferire al

Faraone: Dice il Signore, il Dio degli Ebrei: Lascia partire il

mio popolo, perché mi possa servire! Se tu rifiuti di lasciarlo

partire e lo trattieni ancora, ecco, la mano del Signore viene

sopra il tuo bestiame che è nella campagna, sopra i cavalli,

gli asini, i cammelli, sopra gli armenti e le greggi, con una

peste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il

bestiame di Israele e quello degli Egiziani, così che niente

muoia di quanto appartiene agli Israeliti”. Il Signore fissò la

data, dicendo: “Domani il Signore compirà questa cosa nel

paese!”. Appunto il giorno dopo, il Signore compì questa

cosa: morì tutto il bestiame degli Egiziani, ma del bestiame

degli Israeliti non morì neppure un capo. Il faraone mandò a

vedere ed ecco neppur un capo era morto del bestiame

d’Israele. Ma il cuore del faraone rimase ostinato e non

lasciò partire il popolo.

(Esodo 9,1)

Tuttavia, almeno inizialmente l’utilizzazione degli animali non è

così esasperata come si potrebbe pensare: Longo (2001) ci ricorda il

vincolo di “lealtà” e “giustizia” tra l’allevatore-agricoltore e l’azienda, un

vincolo ben noto nell’antica Grecia. Ne parlano due autori greci,

Filemone (fine sec. IV a.C) e Senofonte (430-455 a.C.), che esaltavano il

Introduzione

11

cibo che veniva offerto loro dalla natura, dalla terra, dai campi coltivati a

cereali e ad ortaggi, dai vigneti, dai frutteti, … Il rispetto per la terra e gli

altri organismi che la abitavano era tale che, in un giuramento, le truppe

militari si impegnavano a sacrificare la loro vita per proteggerli dagli

invasori.

In quest’epoca l’allevamento era praticato prevalentemente per

ottenere del latte: infatti, il consumo medio annuale di carne raramente

raggiungeva i 2 kg. I buoi, ad esempio, venivano utilizzati

esclusivamente per il lavoro nei campi: la loro macellazione era

considerata un sacrilegio; presso gli Egiziani ed i Fenici, invece,

venivano macellati i buoi, perché l’aratura era scarsamente praticata, e

venivano allevate le vacche.

Col tempo, però, il consumo di carne ricavata dalla macellazione

aumentò; giustificazioni a riguardo possono essere dedotte da una teoria

epicureista: “l’allevamento per la macellazione consente di mantenere il

numero degli animali in rapporto a quelle che sono le risorse ambientali

disponibili”. Erodoto, invece, confutò tale tesi sostenendo che è la natura

ad intervenire negli equilibri naturali: ad esempio, la popolazione di

specie molto prolifiche come i conigli è controllata dai predatori, i quali

sono, a loro volta, meno prolifici. Pertanto, la popolazione animale tende

a mantenersi costante. Sappiamo che fu la teoria epicureista ad avere la

meglio …

Introduzione

12

Si è giunti così alla fase industriale dell’allevamento,

caratterizzata dal confinamento stabulato e continuo degli animali in

capannoni cosiddetti razionali, con allevamento intensivo basato su un

tipo di alimentazione costituita prevalentemente da mangimi: l’allevatore

diviene così imprenditore e l’allevamento animale diviene scienza delle

produzioni animali. Tutto ciò ha prodotto una progressiva riduzione del

numero di persone impiegate nel settore primario, oltre che uno

sconvolgimento della definizione di “figura animale” nell’immaginario

collettivo: cent’anni fa, scrive Rollin (2001), il termine “animale”

richiamava alla mente dei più “vacche”, “maiali”, “cavalli”, “cibo”,

“lavoro”, …; oggi, la stessa parola richiama alla mente “cane”, “gatto”,

“cucciolo”.

Webster (1999) ha evidenziato le principali forze economiche che

hanno portato ad intensificare la produzione degli animali:

• la migliore meccanizzazione dell’agricoltura, che ha permesso un

maggiore accumulo di nutrimenti per gli animali;

• l’aumento del profitto dell’allevamento dovuto alle sovvenzioni,

che ha permesso di investire in attrezzature ed edifici;

• la crescita del reddito dei consumatori, che ha portato ad un

aumento della richiesta di carne, uova e prodotti caseari e ad un

aumento dei costi variabili di produzione;

Introduzione

13

• l’aumento degli investimenti per la ricerca in campo agricolo, che

ha portato ad una crescita dell’efficienza riproduttiva e ad un

migliore controllo e prevenzione delle malattie.

Accanto a questi aspetti non vanno trascurati quelli storici: ad

esempio, all’indomani della seconda guerra mondiale, il fenomeno della

fame, che non riguardò solo l’Italia ma tutta l’Europa continentale e, in

misura minore, anche l’Inghilterra, divenne un elemento primario nella

vita quotidiana. Nel cursus della Grande Guerra del 1914-1918 c’erano

state delle difficoltà, ma in nessun momento ed in nessun luogo la gente

aveva dovuto subire le privazioni che fu costretta a sopportare dal 1939

al 1945.

Camera e Fabietti (1993) riportano che fino a quando restò viva

l’illusione che la guerra potesse essere di breve durata, in Italia furono

sottoposti a razionamento solo lo zucchero ed il caffè: questi sacrifici

furono considerati del tutto sopportabili. Sembrò molto più grave, nel

novembre del 1940, il razionamento della pasta e del riso, anche perché

era caduta la speranza che la guerra sarebbe terminata entro l’estate.

L’effettivo stato d’animo degli italiani può essere tratto dalle lettere

intercettate dalla censura: a partire dal 1941, in esse si fecero sempre più

frequenti le lamentele e le proteste riguardanti le difficoltà alimentari.

Riportiamo qualche passaggio: “Tengo molto appetito ma non si trova

niente da mangiare. Il mio pranzo consiste in castagne lessate o arrosto”

Introduzione

14

(24 ottobre 1941); “Ci sentiamo avvilite perché non si trova niente. Si

vende tutto di contrabbando” (11 marzo 1942); “A Genova non si trova

più nulla. Anche il formaggio tenero scarseggia. Non si mangiano che

cavoli” (6 marzo 1942); “Qui a Firenze si soffre anche la fame. Sai, ci

danno un pezzetto di pane per uno, che per uno che ha bambini non gli

arriva neppure alla bocca” (24 aprile 1942).

Scriveva Freud che “rendere la vita sopportabile è il primo dovere

dell’essere vivente” ed alla luce di quanto detto l’impulso

all’intensificazione appare del tutto giustificabile; il problema è che col

trascorrere degli anni l’allevamento è stato portato all’esasperazione. Dal

momento che in un libero mercato un prodotto di successo deve riuscire

a soddisfare le esigenze del consumatore (caratteristiche nutrizionali,

gusto, moda) al prezzo più basso, la zootecnia si è data il seguente credo:

“il miglior animale è quello che produce di più a costi più bassi”.

Ovviamente, tale “efficienza” si può perseguire sfruttando al massimo gli

animali allevati, uno sfruttamento che condotto all’esasperazione mostra

tutti i suoi limiti:

• sconvolgimento dell’equilibrio ontogenetico;

• riduzione del valore intrinseco;

• disagio e dolore persistenti;

• mancanza di espressioni comportamentali;

• esaurimento metabolico e fisico;

Introduzione

15

• ecopatologie e tecnopatie;

• aumento delle malattie infettive;

• alienazione degli operai per il meccanicistico lavoro in stalla;

• impiego di manodopera clandestina e sottopagata per ridurre i

costi;

• impiego di alimenti di scarsa qualità per ridurre i costi;

• impiego indiscriminato di sostanze chimiche nella cura delle

malattie;

• impiego indiscriminato di sostanze chimiche per migliorare la

produzione;

• riduzione della qualità dei prodotti di origine alimentare;

• problemi di sicurezza alimentare;

• aumento della diffidenza del consumatore nei confronti dei

prodotti di origine animale;

• problemi etici connessi ai sistemi di allevamento;

• problemi da sovraccarico nello smaltire i rifiuti organici;

• inquinamento dovuto all’impossibilità di riciclare i composti

tossici presenti nei reflui zootecnici.

Dopo la denuncia di questi ed altri mali derivanti

dall’incivilimento, da più parti si è invocato un non meglio definito

ritorno alla natura; taluni l’hanno inteso come un ritorno

all’agricoltura, senza rendersi conto che proprio l’agricoltura è stata

Introduzione

16

l’attività che più precocemente e nettamente ha segnato il distacco

dell’uomo dalla natura. Leakey e Lewin, nel loro saggio Origini. Nascita

e possibile futuro dell’uomo (1979), scrivono: “il cacciatore-raccoglitore

fa parte di un equilibrio naturale; l’agricoltore, invece, altera

necessariamente questo equilibrio. Ma, fatto ancora più importante, le

comunità di agricoli sedentari hanno la possibilità di accumulare

proprietà e, di conseguenza, tendono a proteggerle. È questa la chiave

del conflitto umano, che si è ingigantito nel mondo profondamente

materialistico in cui viviamo. […] Con lo sviluppo dell’agricoltura e

delle società basate sul benessere materiale, vi è stato un continuo

incremento sia delle atrocità che della durata delle guerre, culminato

nella nostra capacità attuale di distruggere il pianeta”.

È in quest’ottica che si pone la terza fase del rapporto uomo-

animale, caratterizzata dalla ricerca di un maggiore equilibrio grazie al

quale gli animali non sono più visti come oggetti e strumenti

completamente asserviti all’uomo, ma come depositari di diritti.

“Vi è un generale dovere di solidarietà che ci lega non solo

alle bestie che hanno vita e sentimento ma anche agli alberi e

alle piante. Dobbiamo giustizia agli uomini e gentilezza e

benevolenza alle altre creature che noi in qualche modo sono

collegate. Vi è una relazione stretta tra loro e noi, e anche

degli obblighi reciproci … Gli animali sono molto più

regolati rispetto a noi e si comportano con maggiore

moderazione entro i limiti loro assegnati dalla natura: questo

Introduzione

17

in generale, ma non così rigidamente da non presentare

anche loro qualche somiglianza con l’uomo. […]

Perché quell’imperfezione della natura che ostacola la

comunicazione tra gli animali e noi non è tanto nostra

quanto loro? Di chi sia la colpa di non comunicare deve

essere ancora stabilito perché noi non li capiamo più di

quanto essi capiscono noi. Per la stessa ragione essi possono

giudicarci bestie come noi li reputiamo … Occorre che

consideriamo attentamente la parità che vi è tra noi. Noi

siamo in grado, almeno approssimativamente, di intuire il

loro sentimento, così gli animali il nostro, all’incirca nella

stessa misura. Gli animali ci blandiscono, ci minacciano, ci

cercano; e noi facciamo altrettanto con loro. D’altronde è

chiaro che tra loro c’è una perfetta e totale comunicazione e

che essi si comprendono tra di loro, non solo quelli della

stessa specie ma anche quelli di specie diverse.”

(Montagne. Saggi [II,12])

In realtà, scrive Ballarini (1998), in questa terza fase la nostra

società si dimostra tutt’altro che unitaria, perché accanto a settori che si

potrebbero definire conservatori e con una mentalità economico-

funzionalista tipica della seconda fase, ve ne sono altri che sono

estremamente sensibili alla parità ed alla solidarietà.

“C’è qualcosa di più stomachevole del sentimento

verso animali e piante da parte di una creatura

che all’inizio ha dimorato tra di loro come il più

furibondo nemico e che alla fine pretende nelle sue

indebolite e mutilate vittime anche teneri sentimenti?

Di fronte a questo genere di “natura”

Introduzione

18

all’uomo si addice soprattutto serietà,

posto che sia un uomo pensante.”

(Nietzsche. Aurora, L. IV, 286).

Ne conseguono ovviamente attriti, frizioni e scontri che spesso

sfociano in manifestazioni di assoluta intolleranza; la “questione

animale” pone così sette sfide alla nostra società:

1) la sfida specistica, che riguarda a quale livello porre un eventuale

solco o confine di separazione tra l’uomo e l’animale;

2) la sfida della famiglia, che deriva dal fatto che storicamente

l’animale familiare ha preceduto quello domestico e che oggi la

crisi della famiglia ha profondamente modificato il rapporto

uomo-animale familiare, ponendo inquietanti interrogativi sui

limiti dell’inserimento familiare di animali, loro manipolazioni,

ecc.;

3) la sfida consumistica, che riguarda l’uomo non soltanto quale

consumatore di conoscenze (problema della sperimentazione

animale), consumatore di alimenti di origine animale, ma anche di

affetto animale. La dimensione dell’affetto, in particolare, ha

portato ad uno smisurato aumento degli animali familiari, con

tutte le ben note conseguenze sia benefiche (ad esempio la pet

therapy) che negative (dalle sovrappopolazioni agli abbandoni). In

quest’ultimo ambito si inserisce il problema del benessere degli

Introduzione

19

animali familiari, da correlare spesso ad una vera e propria

diseducazione per quanto concerne il rapporto uomo-animale;

4) la sfida urbana, che è la conseguenza non solo dell’enorme

aumento della popolazione delle città, ma anche del sorgere,

svilupparsi e dilagare di una cultura urbana che allontana il

cittadino dagli animali estranei alla famiglia e fa sorgere ansie,

paure ed insicurezze per quanto riguarda gli animali agricoli e le

loro produzioni e distorce una corretta conoscenza degli animali

selvatici;

5) la sfida industriale, che ha creato l’“animale tecnologico” e nel

futuro anche l’”animale biotecnologico” destinato alla produzione

di alimenti, soggetto a manipolazioni di diverso tipo e mantenuto

in condizioni diverse da quelle naturali;

6) la sfida del benessere animale, che si collega alla domanda se gli

animali hanno diritto al benessere ed anche alla felicità, oggi

valutabili obiettivamente evitando il pericolo di un’indebita

antropomorfizzazione;

7) la sfida ecologica, che non riguarda soltanto l’impatto ambientale

degli animali, ma la possibilità che essi vengano sempre più

sfruttati non più materialmente ma ideologicamente.

Introduzione

20

1.2. Diritti degli animali e doveri dell’uomo

Il rapporto tra l’uomo e l’animale è quindi in discussione: non

tanto per la sua esistenza, ma proprio per i suoi limiti. Non soltanto la

sperimentazione animale, ma ogni possibile uso degli animali, anche a

scopo affettivo, pone numerosi interrogativi: quali sono i limiti del nostro

operare sugli animali? L’animale ha dei diritti? L’uomo ha dei doveri

verso gli animali?

Quando l’uomo ha assunto, secondo la filosofia cartesiana, che gli

animali non avevano sentimenti o, più comunemente, che semplicemente

non avevano alcuna cognizione di ciò che accadeva loro, possiamo

affermare che non si è comportato crudelmente poiché non era

consapevole del fatto che le altre specie potevano provare sofferenza,

nello stesso modo in cui presupponiamo che la tigre non sia consapevole

della sofferenza della sua preda (Webster, 1999).

L’accrescersi delle nostre conoscenze riguardo al mondo animale,

però, ha portato ad un relativo aumento delle nostre responsabilità:

“Che vergogna, che miseria aver detto che le bestie sono

macchine prive di conoscenza e di sentimento, che fanno

sempre le loro operazioni allo stesso modo, che non

imparano nulla, non perfezionano nulla, ecc.! […] Forse

perché ti parlo, giudichi che io abbia sentimento, memoria,

idee? Bene! Non ti parlo; mi vedi entrare in casa con aria

Introduzione

21

afflitta, cercare ansiosamente una carta, aprire lo scrittoio

dove mi ricordo d’averla rinchiusa, trovarla, leggerla con

gioia. Giudichi che io abbia provato il sentimento

dell’afflizione e quello del piacere, che ho memoria e

conoscenza. Applica allora il medesimo giudizio a quel cane

che ha perduto il suo padrone, l’ha cercato per tutte le strade

con guaiti dolorosi, torna a casa agitato, inquieto, sale,

scende, va di camera in camera, trova finalmente nello studio

il padrone che ama, gli testimonia la sua gioia con la

dolcezza dei suoi guaiti, con i suoi salti, le sue carezze. Dei

barbari afferrano questo cane, che supera tanto l’uomo in

amicizia; lo inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo

per mostrarti le vene meseraiche. In lui scopri tutti quegli

stessi organi sensori che sono in te. Rispondimi,

meccanicista, la natura ha forse sistemato tutte le molle del

sentimento in quest’animale perché non senta? Ha dei nervi

per essere impassibile? Non supporre tale impertinente

contraddizione della natura. […]”

(Voltaire, Dizionario filosofico)

La questione dei diritti degli animali è però molto controversa e le

risposte sono ancora più contestabili, in quanto inserite in due opposte

ideologie: l’animalismo e lo specismo (Sandøe et al., 1999; Webster,

1999; Ballarini, 1998). La filosofia animalista, il cui vero creatore è

considerato l’australiano Peter Singer, era stata delineata già dal filosofo

utilitarista inglese Jeremy Bentham (1748-1832), che nella sua opera

Introduzione ai principi della morale e della legislazione (1789)

scriveva: "Verrà un giorno in cui il resto della creazione animale

Introduzione

22

acquisterà quei diritti che mai avrebbero dovuto essere negati dalla

mano della tirannia”. Nel dominio della morale – sosteneva Bentham – i

soli fatti veramente importanti sono il piacere ed il dolore. Raggiungere

il piacere ed evitare il dolore: stanno qui gli unici motivi dell’azione

(Reale e Antiseri, 1994).

"I wish no living thing

to suffer pain."

Percy Bysshe Shelley (1792-1822)

L’animalismo, basato sull’art. 1 ("tutti gli animali nascono uguali

davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza") della

"Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale" (proclamata il 27

gennaio 1978 a Bruxelles per iniziativa dell’UNESCO), si fonda sul

presupposto che l’essere umano, come ha operato un’iniqua

discriminazione in base alla razza e al sesso, ritenendo che la razza

bianca fosse superiore alle altre e che gli uomini fossero superiori alle

donne, così ha operato un’iniqua discriminazione tra se stesso e gli

animali, ritenendosi superiore ad essi e negando loro quei diritti che ha

riservato a se stesso. Questa ingiusta discriminazione dagli animalisti è

chiamata "specismo".

Lo specismo è dunque l’ideologia in base alla quale si negano agli

esseri viventi non umani i diritti che si attribuiscono agli esseri viventi

Introduzione

23

umani. In realtà, affermano gli animalisti, gli "specisti" attribuiscono

valore diverso ad esseri viventi che si trovano nelle stesse condizioni,

solo perché appartengono alla specie umana. Ci sono, tra gli appartenenti

alla specie umana, soggetti, detti "uomini marginali", come i bambini, gli

handicappati mentali, i soggetti in coma, che non possono essere

considerati agenti morali, che cioè non possono essere tutelati per essere

in possesso delle loro facoltà razionali; hanno però i requisiti per essere

ritenuti destinatari di considerazione morale ed ergo hanno

riconoscimento e tutela. Questo significa che non sono la razionalità e

l’autocoscienza a dare diritto alla tutela, ma il solo fatto di appartenere

alla specie umana. Sta qui, secondo gli animalisti, l’ingiustizia dello

specismo: gli animali, poiché non hanno razionalità e coscienza, si

trovano nelle stesse condizioni degli "uomini marginali": perché allora si

riconoscono diritti ai bambini e agli handicappati mentali e non si

riconoscono agli animali, che sono nelle stesse condizioni?

Partendo dall’osservazione di Bentham circa gli animali — The

question is not: can they reason? Nor, can they talk? But, can they

suffer? (Il problema non è: possono ragionare? E neppure: possono

parlare? Ma: possono soffrire?) — Singer (1990) ritiene che la capacità

di "soffrire" (e di provare gioia) è ciò che rende uguali gli uomini e gli

animali: il primo e supremo "interesse" degli uomini e degli animali è

Introduzione

24

l’abolizione della sofferenza. In questo "interesse" uomini e animali sono

uguali e hanno uguale "diritto".

Se si ammette che gli animali hanno dei diritti, ne deriva che

l’uomo ha dei doveri, ma questo rapporto diritti-doveri a che livello si

pone: di individuo, di specie o più genericamente della vita? Le posizioni

dell’uomo sono riconducibili, secondo Verhoog (2000), a cinque teorie

bio-etiche:

1) la teoria antropocentrica, secondo la quale gli esseri umani non

hanno alcuna responsabilità morale verso gli animali e le forme di

violenza verso questi ultimi sono prese in considerazione solo per

la possibilità che possano essere rivolte anche verso la società;

2) la teoria pathocentrica, secondo la quale gli esseri umani hanno

l’obbligo di ridurre al minimo le sofferenze degli animali, in

quanto essi, come noi, sono in grado di provare dolore;

3) la teoria zoocentrica, secondo la quale gli esseri umani hanno

l’obbligo di prendere in considerazione gli interessi considerati

essenziali e costitutivi della natura degli animali;

4) la teoria biocentrica, secondo la quale la considerazione e

l’attenzione degli esseri umani deve essere rivolta a tutti gli esseri

viventi, piante comprese;

Introduzione

25

5) la teoria bio-etica ecocentrica, in cui sono presi in considerazione

anche i concetti di “specie” ed “ecosistema” in quanto depositari

di un valore intrinseco.

Nel 1992 Rollin, nell’opera Animal Rights and Human Morality,

rifacendosi ad Aristotele, introdusse il concetto di télos. Aristotele

afferma che “tutto ciò che è per natura esiste per un fine” (Abbagnano e

Fornero, 1992),

NATURA NIHIL FACIT FRUSTRA, NON DEFICIT IN

NECESSARIIS, NEC ABUNDAT IN SUPERFLUIS.

“La natura non fa nulla inutilmente, non viene meno

nelle cose necessarie e non abbonda nelle superflue.”

(Aristotele. De anima, 3,45)

che ogni natura ha in sé il proprio fine che la forma inscrive

potenzialmente nella materia e che tende a realizzarsi nella propensione

che ogni natura ha alla propria perfezione (Ciancio et al., 1990); il tèlos

appunto, concetto centrale nella forma di vita greca: esso è il fine ma

anche la fine, è lo scopo ma anche il compimento, la perfezione, la

morte. L'universo si muove, cioè vive, perché aspira alla sua morte, al

suo tèlos. Per Rollin, ciascuna specie animale ha un’intrinseca, una

“natura” geneticamente messa in codice, il tèlos appunto. Ad esempio, è

nella natura dei canarini volare, dei maiali scavare, e delle vacche

ruminare … il rispetto per gli animali sta quindi nel non negare quegli

elementi, quegli interessi che provengono dalla loro stessa “natura”.

Introduzione

26

Secondo Heeger e Brom (2001), uno dei doveri dell’uomo è

quello di assicurare il benessere degli animali durante tutta la loro vita,

evitando loro sofferenze in quanto esseri senzienti; un altro riguarda la

possibilità che essi possano prosperare, dal momento che, sotto il

dominio umano, sono stati privati dell’opportunità di prendersi cura di

loro stessi. L’ultimo dovere è quello di rispettare l’integrità fisica e

morale degli animali: ad esempio, la selezione di bovini dalla “groppa

doppia” ha aumentato le difficoltà al parto e ciò costituisce una

violazione dell’integrità dell’animale. L’integrità presuppone

l’interconnessione, la bilanciata armonia delle parti di un organismo:

eliminare le corna alle vacche, ad esempio, anche se fatto in maniera

indolore, rappresenta una violazione dell’integrità animale, così come lo

è anche il modificare geneticamente un animale (Verhoog, 2000).

Il problema è che l’uomo valuta le conseguenze del suo operato

sugli animali e non il suo operato; ci si preoccupa di trovare un giusto

equilibrio tra la sofferenza indotta nell’animale ed il beneficio che se ne

può trarre. In questo senso, l’allevamento selezionato di avicoli resi

ciechi mediante mutazioni genetiche per ridurre mutilazioni e

cannibalismo in batteria appare senz’altro indolore e molto più

vantaggioso rispetto alla pratica del debeccaggio. In verità, scrive

Forberg (2001), in questo modo si viola l’identità dell’animale, pertanto

la pratica, moralmente ripugnante, andrebbe abolita.

Introduzione

27

Nella valutazione del danno per l’animale e del vantaggio per

l’uomo si è poi portati a prendere in considerazione la necessità dell’atto;

esempi di danni “necessari” per gli animali possono essere la

sperimentazione della validità dei vaccini (Heeger e Brom, 2001) o di

farmaci, la manipolazione genetica di pecore perché possano produrre

latte con proteine importanti nella cura dell’enfisema (Forberg, 2001), …

Molte, troppe sarebbero ancora le idee da considerare … agli

animali, però, non interessa quello che pensiamo, ma le azioni che

compiamo su di loro: è in questo contesto che si inserisce il concetto di

benessere animale.

Introduzione

28

1.3. Alcune definizioni di benessere

Il 1976 rappresenta sicuramente un anno importante e decisivo per

il benessere animale; infatti, in quell’anno, a Strasburgo, gli Stati membri

della Comunità Europea, con la Convenzione europea sulla protezione

degli animali negli allevamenti, hanno ritenuto auspicabile adottare

disposizioni comuni per proteggere gli animali negli allevamenti, in

particolare nei sistemi moderni di allevamento intensivo.

Altro documento importante è la Dichiarazione Universale dei

Diritti dell’Animale, presentata a Bruxelles il 26 Gennaio 1978 e

successivamente proclamata a Parigi il 15 Ottobre dello stesso anno

presso la sede dell’UNESCO. Questo documento, redatto da personalità

appartenenti al mondo scientifico, giuridico, filosofico ed alle principali

associazioni mondiali di protezione animale, rappresenta il primo passo

verso un nuovo modo di intendere i rapporti tra l’uomo e le altre specie.

Ex tunc, gli scienziati che si occupano di benessere animale ed i

filosofi che si occupano di etica animale hanno lavorato per lo stesso fine

usando, però, almeno inizialmente, diversi concetti, supposizioni e

termini che hanno finito col creare due diverse culture (Fraser, 1999). Ad

alcuni scritti filosofici si criticava:

• l’attenzione rivolta solo sul singolo individuo piuttosto che sulla

popolazione o sull’ecosistema;

• la sola difesa di singoli principi etici;

Introduzione

29

• la ricerca di soluzioni attraverso la teoria etica con scarso ricorso

alla conoscenza empirica;

• il raggruppare i diversi gruppi tassonomici in un’unica categoria

morale;

• il proporre soluzioni di massa per le diverse pratiche di utilizzo

degli animali.

Alcuni scienziati, invece, presero le distanze dai filosofi

sostenendo che la sofferenza o altre esperienze soggettive non

rientravano nell’indagine scientifica e che la scienza poteva “misurare” il

benessere animale come se fosse un puro concetto empirico. Negli ultimi

tempi si è assistito ad una crescente convergenza dell’approccio

scientifico e di quello filosofico; ciò potrebbe condurre ad un più

integrato campo di studio ed ad una più grande consapevolezza che né

l’informazione empirica né la riflessione etica possono, da sole,

raggiungere l’obiettivo di perseguire un rapporto più equilibrato tra la

specie umana e le altre specie animali.

Il “benessere animale” rimane un argomento complesso ed è

sempre aperto il dibattito sia sulla sua definizione che sulle misure più

idonee per poterlo misurare. Tra le tante definizioni si riportano le

seguenti:

• “welfare è un termine dal significato vasto, che comprende il

benessere sia fisico che mentale dell'animale. I tentativi di

Introduzione

30

valutarlo devono considerare l'evidenza scientifica disponibile

relativamente alle sensazioni degli animali, evidenza che può

derivare dalla loro struttura e funzioni, come pure dal loro

comportamento” (dal Brambell Report, 1965);

• “significa vivere in ragionevole armonia con l’ambiente, tanto

fisicamente quanto psicologicamente, nel senso che l’ambiente

deve rientrare nel campo di adattabilità della natura animale” (van

Putten, 1973);

• “è uno stato di salute completa, sia fisica che mentale, in cui

l’animale è in armonia con il suo ambiente” (Hughes, 1976);

• “gli animali dovrebbero essere allevati in modo da non disturbare

le loro funzioni fisiologiche ed il loro comportamento ed in modo

da non chiedere troppo alla loro adattabilità. L’alimentazione

degli animali, la cura dell’uomo nei loro riguardi e le condizioni

di allevamento sono appropriate quando incontrano le esigenze

dell’animale secondo lo stato di esperienza e la conoscenza della

psicologia, dell’etologia e dell’igiene.” (Swiss Animal Welfare

Regulations, § 1);

• “il welfare di un organismo è determinato dallo stato in cui si

trova in relazione ai tentativi di adattarsi all’ambiente” (Broom,

1986);

Introduzione

31

• “il welfare di un animale fa riferimento alla qualità della sua vita,

e coinvolge molti elementi diversi come la salute, la felicità e la

longevità, a cui diverse persone attribuiscono differenti gradi di

importanza” (Tannenbaum, 1991, Fraser, 1995);

• “le cinque libertà:

o libertà dalla sete, dalla fame e dalla malnutrizione;

o libertà dal disagio;

o libertà dal dolore e dalle malattie;

o libertà di esprimere un comportamento normale;

o libertà dallo stress e dalla paura” (Farm Animal Welfare

Council, 1993);

• “è lo stato dell’animale nel tentativo di affrontare il suo ambiente

naturale” (Fraser e Broom, 1990);

• “è determinato dalla sua capacità di evitare la sofferenza e di

mantenersi in salute” (Webster, 1999).

Nel definire il benessere animale si dovrebbe evitare, da un lato,

l’estremo “meccanicismo” di una visione ormai superata ed anacronistica

dei soggetti allevati, e, dall’altro, l’antropomorfismo viscerale che

inibisce uno studio oggettivo e l’ottenimento di conoscenze reali sugli

animali stessi e sulle loro esigenze specie-specifiche. Il benessere degli

animali dovrebbe essere perseguito ripristinando condizioni di vita più

simili a quelle riscontrabili allo stato naturale, ovvero più consone alle

Introduzione

32

loro esigenze specifiche, senza cessare di utilizzarli per il conseguimento

di un reddito.

In questo senso, la zootecnia bioecologica ed etologica può

rappresentare una valida alternativa ai tradizionali sistemi di

allevamento, sia perché si realizza un tipo di zootecnia sostenibile, sia

perché si prendono in considerazione la “natura” di animali e piante -

elemento della teoria biocentrica - ed il benessere animale - elemento

della teoria zoocentrica - (in accordo al reg. CE n. 1804/1999, le

condizioni di allevamento devono “incontrare i bisogni fisiologici ed

etologici del bestiame”).

Quest’alternativa, nonostante sia molto valida, non può essere

considerata la soluzione assoluta, anche perché non permetterebbe il

soddisfacimento dei bisogni del genere umano, in previsioni di crescita

per il futuro. Non resta, quindi, che verificare il livello di benessere e di

adattamento praesertim in quegli animali il cui allevamento ha

caratteristiche spiccatamente intensive e, di conseguenza, elaborare dei

migliori sistemi di gestione, associando magari ogni singolo fattore

inerente al benessere animale ad un problema economico (Skele e

Ziemelis, 2001).

Introduzione

33

1.4. Le normative in materia di benessere animale

Si riporta di seguito l’elenco delle normative comunitarie ed il

loro recepimento a livello nazionale.

CONTENUTO DELLA NORMATIVANORMATIVA

COMUNITARIA DI RIFERIMENTO

RECEPIMENTO NAZIONALE

Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione degli animali negli

allevamenti.

Sottoscritta a Strasburgo il 10/3/76

L. 14.10.85, n. 623

Approvazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione

degli animali negli allevamenti. Dec. 78/923/CEE

Risoluzione sulla politica in materia di benessere degli animali.

Sottoscritta il 20/2/87

Raccomandazioni del Comitato Permanente della Convenzione europea

sulla protezione degli animali. Sottoscritte il 21/10/88

Protezione degli animali negli allevamenti.

Proposte di direttive (92/C 156/04) e COM(92)0192 –

C3-0254/92

Requisiti minimi applicabili all’ispezione degli allevamenti.

Decisione 2000/50/CE

Nuove norme contro il maltrattamento degli animali.

L. 22.11.93, n. 473

Norme sulla protezione degli animali negli allevamenti.

Dir. 98/58/CE D.lgs 24.06.2001 n. 146

Norme minime per la protezione delle galline ovaiole in batteria.

Dir. 88/166/CE Dir. 95/29/CE

Dir. 99/74/CE Dir.86/113/CED.P.R. 24.05.1988 n. 233

Norme minime per la protezione dei vitelli.

Dir. 97/2/CE Dir. 97/182/CE Dir. 91/629/CE

D.lgs 30.12.1992 n. 533 modificato da D.lgs

331/98

Norme minime per la protezione dei suini.

Dir. 91/630/CE D.lgs 30.12.1992 n. 534

Protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento.

Dir.93/119/CE D.lgs 1998 n. 333

Alimentazione animale. Dir. 95/69/CE D.lgs 1999 n. 123

Protezione degli animali durante il trasporto.

Dir. 91/628/CE Dir. 95/29/CE

Dir. 411/98 D.lgs 20.10.1998 n. 388

Soste durante i lunghi viaggi. Reg. 1255/97

Zootecnia biologica. Reg, 2092/91

Introduzione

34

1.5. Lo stress nell’allevamento zootecnico

La richiesta di sempre più abbondanti alimenti e prodotti di

origine animale ha spinto il settore zootecnico all’utilizzo di tecniche di

allevamento che possono risultare per l’animale di particolare gravità o

di tensione con l’ambiente. Hans Selye (1950) constatò che nelle

suddette situazioni l’organismo reagisce con l’attivazione dell’asse

ipotalamo-ipofisi-surrene, che determina la liberazione di glicocorticoidi

(cortisolo e corticosterone), ed utilizzò il termine stress per definire il

fenomeno.

La liberazione di glicocorticoidi, da allora, è stata considerata una

risposta adattativa comune a diverse cause stressanti di natura molto

eterogenea. Quella di Selye (1950), tuttavia, fu una semplificazione, in

quanto, oltre al CRH (Corticotropin Releasing Hormone o

corticoliberina) ed alla VP (vasopressina), esistono almeno altri due

ormoni che portano alla liberazione dell’ACTH (Adrenocorticotropic

Hormone o corticotropina): l’adrenalina (Giguere e Labrie, 1983) e

l’ossitocina (Link et al., 1993) e, probabilmente, meccanismi diversi di

regolazione vengono attivati a seconda della natura dello stimolo

stressante.

Nel 1985, Moberg presentò un modello che suddivideva

l’evolversi della risposta allo stress in tre fasi generali: il riconoscimento

Introduzione

35

del fattore stressante (o stressor, stressore), la difesa biologica contro lo

stesso e le conseguenze della risposta allo stress:

Figura 1 – Un modello della risposta biologica degli animali allo stress (Moberg, 1985).

Riconoscimento

di una minaccia per l’omeostasi

Risposta allo stress

Conseguenze dello stress

STIMOLO

(-)

SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERCEZIONE DEL FATTORE STRESSANTE

ORGANIZZAZIONE DI UNA DIFESA BIOLOGICA

RISPOSTA BIOLOGICA

(comportamentale, autonoma, neuroendocrina, immunologia)

FUNZIONE BIOLOGICA NORMALE (+)

FUNZIONE BIOLOGICA ALTERATA

STATO PREPATOLOGICO

SVILUPPO DELLA PATOLOGIA

Secondo Broom (1990) la condizione di stress si verifica

ogniqualvolta un individuo si trova di fronte ad una situazione avversa o

ad un potenziale pericolo che, per essere combattuto, richiede un

aumento della quota di energia disponibile attraverso la mediazione del

surrene.

Nello stress acuto la risposta iniziale è rappresentata dalla

liberazione di catecolamine da parte della midollare del surrene,

dall’attivazione del sistema catecolaminergico centrale, dall’attivazione

corticale (colinergica) e dall’attivazione del sistema neurovegetativo

Introduzione

36

simpatico; contemporaneamente, si attiva la secrezione ipotalamica del

CRH, che tramite la liberazione ipofisaria dell’ACTH determina

l’aumento di glicocorticoidi: l’animale si trova, così, in uno stato di

allarme. Se la situazione dannosa prende il sopravvento, si verifica un

potenziamento dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, mentre il

sistema catecolaminergico viene depresso a livello centrale e periferico.

A livello comportamentale ciò si traduce in una depressione delle attività

neuromuscolari e nella limitazione di tutte le attività comportamentali

(motorie, esplorative, competizione, riproduzione) e metaboliche

(accrescimento, sintesi proteica, …) non strettamente indispensabili alla

conservazione dell’individuo: si passa così da uno stato di allarme ad uno

stato di resistenza (Debenedetti, 1992), a cui fa seguito uno stato di

esaurimento.

Tuttavia, se l’intensità o la durata del fattore stressante non eccede

la capacità dell’animale di adattarsi ad esso, gradualmente si passerà

dallo stato di allarme a quello di adattamento, durante il quale l’animale

cercherà di attenuare il fattore stressante ad un costo metabolico o

fisiologico costante (figura 2).

Introduzione

37

Figura 2 – La sindrome da adattamento generale (Webster, 1999).

Introduzione

38

La figura 3 riporta le relazioni tra comportamento, stress e patologia:

Figura 3 – Relazioni tra stress, comportamento e patologia (Dantzer e Mormède, 1979; modificato).

Stimolo ambientale Conseguenze comportamentali neuro-ormonali Possibile adattamento strutturali funzionali in funzione dell’esperienza e delle caratteristiche manifestazioni genetiche. patologiche

Poiché l’aumento della secrezione di glicocorticoidi, in particolare

di cortisolo, è una caratteristica costante dello stato di allarme, la

concentrazione nel sangue di cortisolo è considerata un indice oggettivo

di stress. Conseguentemente, questo approccio potrebbe rappresentare un

valido strumento per valutare il benessere animale; occorre, però,

ricordare che la variazione del livello di cortisolo può essere dovuta a

stimoli la cui natura è molto eterogenea (paura, freddo, eccitazione

sessuale, allattamento, …) e, pertanto, questo tipo di approccio alla

valutazione del benessere animale non consente una corretta distinzione

degli stessi.

Dal momento che lo stress non può essere eliminato, la nostra

attenzione deve essere rivolta sulla sua gestione (Moberg, 2000): si

potrebbe, ad esempio, eliminare la risposta allo stress convincendo

l’animale che non sussistono minacce o distogliendo la sua attenzione

Introduzione

39

dallo stimolo. Un altro potenziale approccio potrebbe essere quello di

impegnare gli animali in altri modi durante lo stress o di trarre vantaggio

da quelle che sono le modificazioni della risposta allo stress migliorando

le condizioni di allevamento.

Per quanto concerne il distress, l’American Veterinary Medical

Association (1987) lo definisce come quello stato in cui l’animale non è

in grado di adattarsi all’ambiente od alla modificazione degli stimoli

interni. Se gli stressori sono di breve durata, le reazioni in funzione

dell’adattamento solitamente non comportano effetti dannosi successivi,

sebbene ciò possa accadere. Un distress prolungato od eccessivo può

causare reazioni negative, per esempio, alterazioni del comportamento

alimentare o di quello sociale, inefficienza riproduttiva, e può anche

produrre la comparsa di condizioni patologiche, come lesioni gastriche

ed intestinali, ipertensione, immunosoppressione. Il distress può anche

essere causato da modificazioni di stati interni, quali malattia, nausea,

ansia eccessiva e timore. Tali reazioni possono diventare permanenti e

minacciare seriamente il benessere.

Introduzione

40

1.6. Misurazione e monitoraggio del benessere

Sebbene siano stati condotti numerosi studi sul benessere animale

ancora non esiste una definizione univoca ed universalmente

riconosciuta. Ciò è dovuto alla natura stessa di questo concetto, che non

è puramente scientifico, come potrebbe essere il fabbisogno nutritivo per

una determinata categoria animale o l’ereditabilità di un carattere; infatti,

in esso rientrano, oltre a valutazioni di natura scientifica, considerazioni

etiche su cui si fa sentire il peso dell’opinione pubblica.

Le valutazioni scientifiche vengono effettuate in condizioni

sperimentali ben controllate in laboratorio o su pieno campo e prendono

il nome di misurazione del benessere. Tra le variabili più frequentemente

prese in considerazione si ricordano quelle di tipo comportamentale

(rilevazione del repertorio comportamentale e di stereotipie, conduzione

di open field test e fear test, ecc.), fisiologico (livelli plasmatici di vari

ormoni, condizioni cardiovascolari, ecc.), immunologico (risposta

umorale e cellulare), patologico (individuazione di particolari sintomi

clinici e di specifici patogeni), ecc..

Scopo di tali esperimenti è l’identificazione di condizioni

ambientali, genetiche o legate all’esperienza, e quindi apprese, che

influenzino lo stato di benessere degli animali allevati. Tuttavia, quando

la finalità è quella di effettuare un monitoraggio del benessere a livello

aziendale, non tutti gli indicatori applicabili a condizioni rigorosamente

Introduzione

41

sperimentali possono essere utilizzati, sia per il loro costo, in termini

economici e di tempo necessario per condurre le indagini, che per la

necessità di disporre di personale e di equipaggiamenti specializzati.

Pertanto, si rendono necessari alcuni aggiustamenti o semplificazioni dei

suddetti indicatori, mentre indici di altra natura, poco adatti

all’applicazione in esperimenti su piccola scala, possono risultare più

appropriati per il monitoraggio a livello aziendale. Inoltre, il

monitoraggio può tener conto di opinioni (consumatori, distributori,

politici, …) ed indirizzi di origine diversa (scientifici, normativi, …),

della scelta dei parametri da utilizzare e del peso da attribuire a ciascuno

di essi.

La valutazione del benessere a livello aziendale può essere

eseguita seguendo due diversi approcci. Il primo si avvale dei design

criteria ed è basato sulla valutazione di elementi tecnici e strutturali

quali, ad esempio, la disponibilità di spazio, la facilità di assunzione

dell’alimento e dell’acqua di abbeverata, il tipo di pavimentazione, la

rumorosità ambientale, la presenza di opportuni sistemi di ventilazione e

le condizioni igieniche dell'allevamento.

Alcuni studi hanno evidenziato una stretta relazione tra i criteri

tecnici, lo stato di salute ed il comportamento animale; ad esempio, lo

spazio per l'alimentazione svolge un ruolo importante in relazione al

comportamento agonistico ed anche ai rischi di eventuali ferite e lesioni

Introduzione

42

cutanee. Lo spazio alla mangiatoia, infatti, è importante, sia per il giusto

apporto di alimento ed acqua, sia per consentire un buon comportamento

sociale all'interno dell'allevamento (Sundrum, 1997).

Tuttavia, l’orientamento attuale è quello di affidarsi alle

informazioni ottenibili direttamente dagli animali ogniqualvolta sia

possibile (Wemsfelder et al., 2001). Infatti, esiste un secondo approccio

basato sui performance criteria, che ricorre all’osservazione diretta degli

animali per giungere alla formulazione di un giudizio mediante indici

affidabili, tra i quali: mortalità, longevità, morbilità, distanza di fuga,

pulizia corporea, stato di ingrassamento, lesioni cutanee, zoppie,

stereotipie, aggressività, ecc..

Introduzione

43

1.7. Approcci allo studio del benessere

La ricerca sullo studio delle capacità di adattamento e di risposta

degli animali domestici alle diverse condizioni di allevamento e di

gestione da parte dell’uomo comprende oggi una serie di discipline che,

interagendo tra loro, consentono di focalizzare l’attenzione su diversi

aspetti che coinvolgono l’organismo e la sua interazione con l’ambiente:

tra queste l’etologia, la fisiologia, la genetica, e, più recentemente, la

psiconeuroendocrinoimmunologia, che sintetizza le relazioni tra sistema

nervoso, sistema neuro-endocrino e sistema immunitario.

Alcuni autori, però, ritengono che tale settore di indagine debba

tener conto anche di ciò che un organismo percepisce come “positivo” o

“negativo” per la propria qualità di vita (Tannebaum, 1991). In

particolare, Fraser (1995) ritiene che:

• la concezione di benessere deve includere valori di carattere etico

o morale relativi a ciò che è migliore o peggiore, più o meno

importante per la qualità della vita;

• lo studio e l’interpretazione scientifica del benessere derivano da

quanto esposto al punto precedente e tali considerazioni di valore

non vanno confuse con le valutazioni tecniche;

• la scienza può, in molti casi, identificare, risolvere e prevenire

problemi di benessere per gli animali, ma non può essere

Introduzione

44

considerata esaustiva in quanto non vi sono sistemi oggettivi di

misurazione e non è in grado di eliminare una serie di

contraddizioni con aspetti di natura etico – morale.

Mason e Mendl (1993) hanno individuato tre tipi fondamentali di

problemi nella misurazione del benessere animale:

1) le diverse misure non variano sempre nello stesso senso;

2) il significato delle misurazioni può essere di difficile

interpretazione;

3) la ripetibilità di misurazioni chiare ed inequivocabili può essere

scarsa in funzione di diverse situazioni di valutazione.

Questi problemi sono riconducibili ad una serie di fattori, che gli stessi

autori sintetizzano nei seguenti punti:

• il tipo di situazione stressogena;

• lo stato “psicologico”, cioè le caratteristiche della percezione

dello stimolo a livello individuale;

• il momento e la durata di somministrazione dello stressore;

• la sequenza temporale della reazione allo stimolo, come nel caso

dell’attivazione simpatico-medullo-surrenale e di quella ipofisi-

cortico-surrenale;

• le differenze in funzione della specie;

• le differenze in funzione dell’età e del sesso;

• le differenze in funzione della variabilità individuale;

Introduzione

45

• il significato dei diversi indicatori misurati.

Dunque, perché gli studi sul benessere possano fornire risultati e

conclusioni chiari, è necessario identificare il più precisamente possibile

le variabili da misurare (produttività, ambiente, interazione con l’uomo,

cura alimentare, …), in modo da evidenziare con chiarezza ciò che è

direttamente osservabile e quantificabile. A questo riguardo, Duncan e

Fraser (1997) hanno individuato tre diversi approcci:

1) l’approccio basato sui “feelings”, cioè sulle sensazioni soggettive

degli animali (dolore, sofferenza, piacere, …). In questo

approccio, l’aspetto etico deriva dalla considerazione che gli

animali possano avere “esperienze soggettive”, piacevoli o

spiacevoli, capaci di influenzare il loro benessere. Il compito della

scienza è quindi quello di studiare ed interpretare tali esperienze

utilizzando sia dei test di preferenza che degli indicatori

comportamentali e fisiologici di stati emotivi. I test di preferenza

hanno lo scopo di far scegliere all’animale tra situazioni diverse

quella in cui prova sensazioni più gradevoli, ed anche di motivarlo

a compiere una serie di azioni od a lavorare per ottenere tale

vantaggio. E’ importante che i test riflettano realmente la

preferenza dell’animale e l’intensità della preferenza stessa,

misurando ad esempio la quantità di lavoro che un soggetto è

disposto ad effettuare per ottenere un determinato vantaggio tra

Introduzione

46

una serie di possibilità. Gli indicatori comportamentali includono,

oltre alla risposta a test di preferenza, anche la presenza di

alterazioni rispetto al repertorio comportamentale “normale”: vari

tipi di comportamenti stereotipati, ad esempio, sono stati

interpretati come sintomi di fame, frustrazione, noia o come un

desiderio di fuggire a circostanze sgradevoli (Rushen et al., 1993;

Wemelsfelder, 1993). I problemi che connotano questo approccio

sono rappresentati dalla difficoltà di verificare le sensazioni

soggettive degli animali attraverso i metodi oggettivi tipici della

ricerca scientifica;

2) l’approccio “naturale”, basato sulla possibilità, per l’animale, di

esprimere il repertorio comportamentale della specie a cui

appartiene. L'assunto di base è che gli animali dovrebbero essere

allevati in un ambiente naturale, tale cioè che consenta loro di

comportarsi naturalmente, o meglio abbiano la libertà di

manifestare tutti i loro comportamenti naturali (Webster et al.,

1986). In quest’approccio spesso si studia il comportamento degli

animali allo stato selvatico per compararlo con quello di animali

simili allevati in cattività: le differenze denotano deficienze

nell’ambiente captivo e possono essere utili alla creazione di

ambienti che permettano di esprimere il completo repertorio

comportamentale animale (figura 4).

Introduzione

47

Figura 4 – Modello concettuale dei problemi di benessere animale che possono sorgere quando le capacità di adattamento degli animali (cerchio A) non permettono l’adeguamento alle condizioni di allevamento. L’area 1 rappresenta quegli aspetti della natura animale che non hanno un ruolo funzionale nelle condizioni di allevamento; l’area 2 rappresenta le sfide ambientali che superano le capacità di adattamento dell’animale; l’area 3 rappresenta le condizioni di allevamento rispetto alle quali gli animali posseggono adeguati meccanismi di risposta (Fraser et al., 1997; modificato).

1 3 2

Cerchio A: Cerchio B: “Adattamento nella “Sfide” nell’ambiente natura innata dell’animale. di allevamento.

I problemi collegati a questo approccio consistono praesertim

nella difficoltà di interpretare il significato di “naturale” in

relazione all'evoluzione dell'habitat in cui gli animali vengono

attualmente allevati;

3) l’approccio “funzionale”, basato sulla buona espressione delle

principali funzioni biologiche degli animali. Si presuppone che il

benessere degli animali dipenda dal funzionamento “normale” o

soddisfacente dei loro sistemi biologici. Pertanto, situazioni di

ridotto benessere sono associate ad esempio alla presenza di

patologie, di lesioni, di malnutrizione; al contrario, una buona

Introduzione

48

situazione di benessere è associata, ad esempio, ad alti livelli di

accrescimento, di fertilità e di fitness. L'approccio funzionale,

rispetto a quello basato sulle sensazioni degli animali, presenta il

vantaggio di utilizzare indicatori più oggettivamente analizzabili e

misurabili rispetto alle sensazioni soggettive. Tuttavia, non è

semper possibile stabilire una connessione precisa tra la

funzionalità biologica globale ed il reale stato di benessere;

inoltre, è possibile che i diversi indicatori non concordino tra loro.

Aghina (1999b) suddivide le variabili da misurare, od indicatori di

benessere, in due categorie: generali e particolari. Gli indicatori generali

riguardano il tipo di “sforzi” (e la loro entità) che l’animale deve

produrre per dominare l’ambiente, per cui sono stati definiti “indicatori

di affermato dominio”. I quattro più importanti sono:

• diminuzione della mortalità neonatale;

• diminuzione della mortalità infantile;

• aumento della fertilità;

• diminuzione delle cosiddette patologie condizionate.

Gli indicatori particolari riguardano principalmente:

• alcune caratteristiche produttive;

• le modificazioni fisiologiche;

• le modificazioni comportamentali;

• i danni tissutali;

Introduzione

49

• il grado di adattabilità;

• la morbilità totale;

• la mortalità totale.

La corretta utilizzazione di questi indicatori, spiega l’autore, prevede di:

• esaminare accuratamente ogni situazione alla ricerca degli

stressori eventualmente presenti;

• formulare diagnosi dettagliate per le svariate forme morbose, sia

per quelle conseguenti a “sforzi” per l’adattamento od a distress di

breve o lunga durata.

Johnsen et al. (2000) raggruppano gli indicatori di benessere nelle

quattro categorie seguenti:

a) indicatori patologici (mortalità, morbilità, patologie e

lesioni);

b) indicatori fisiologici (livelli ormonali, frequenza cardiaca,

stato immunitario);

c) indicatori comportamentali (analisi dell'etogramma, test di

reattività, test di preferenza);

d) indicatori produttivi (accrescimento, indice di conversione).

Lesioni e patologie sono chiari segni di ridotto benessere, tuttavia,

sostiene Sundrum (1997), può essere difficile determinare l’eziologia del

risultato patologico e decidere se la causa ha a che fare con le condizioni

di allevamento o con fattori dannosi come la malnutrizione od i patogeni.

Introduzione

50

Anche la mortalità, essendo causata da parecchi fattori, non può essere

considerata semper un criterio adatto a valutare le condizioni di

allevamento. I valori degli indicatori produttivi, invece, sono

strettamente connessi alla situazione specifica, che può cambiare entro

brevi periodi di tempo per fattori climatici o relativi al management o per

cambiamenti nei modelli comportamentali della mandria (la comparsa

dell’estro, ad esempio): pertanto, essi possono essere utili solo se le

condizioni di allevamento sono attentamente valutate. Lo studio delle

variabili comportamentali, poi, implica la necessità di conoscere il

repertorio specie-specifico e le alterazioni rispetto a questo. Di

conseguenza è possibile identificare i comportamenti indicatori di

disagio, di dolore o di stress acuto o cronico, compresa la manifestazione

di comportamenti “anormali” quali le stereotipie, che possono indicare

“senso di fame, di frustrazione, di noia, o desiderio di fuggire da una

situazione sgradevole” (Rushen et al., 1993; Wemesfelder, 1993). Nella

valutazione, però, occorre considerare che alcune “stereotipie

comportamentali”, come il così detto “giocare con la lingua dei vitelli”,

sembrano riflettere uno specifico problema legato al tipo ed al modo di

somministrazione dell’alimento, piuttosto che essere imputabili al

genotipo ed all’inadeguatezza dell’ambiente di allevamento (Rushen,

1994). Gli indicatori fisiologici, infine, tendono ad individuare le

conseguenze sia dello stress acuto che di quello cronico. Più in

Introduzione

51

particolare, gli indicatori di stress acuto, costituito ad esempio dalla

cattura e dalla manipolazione dell’animale, includono la valutazione

dell’attivazione dell’asse simpatico-medullo-surrenale, quindi le

modificazioni, rispetto ai valori basali, dei livelli di frequenza cardiaca e

di catecolamine, e la valutazione dell’attivazione dell’asse ipotalamo-

ipofisi-cortico-surrenale, quindi le modificazioni, rispetto ai valori basali,

dei livelli di ormoni quali ACTH e cortisolo. Gli indicatori di stress

cronico comportano l’uso di metodologie quali l’analisi della

modificazione dei livelli di corticosteroidi indotta da somministrazione

di ACTH o quella dei livelli di ACTH indotta da somministrazione di

CRH (Terlow et al., 1997). Lo stress cronico può determinare anche

l’insorgenza di situazioni patologiche a livello cardiovascolare (Sundin

et al., 1995), gastrointestinale, e riduzione di funzioni immunitarie

(Ekkel et al., 1995), quali la proliferazione linfocitaria e la risposta

anticorpale (Ferrante et al., 1998; Coppinger et al., 1991; Ekkel et al.,

1995). L'alterazione delle funzioni immunitarie va tuttavia valutata in

relazione allo stressore ed al tipo di funzione considerata, in quanto,

talvolta, si può avere incremento di alcune funzioni immunitarie, anziché

depressione, in risposta allo stressore (Dubreuil et al., 1993).

Introduzione

52

1.8. L’interazione uomo-animale

Nel miglioramento del benessere animale, l’allevatore ed il suo

sistema di interazione con il bestiame hanno un ruolo determinante; ciò

giustifica le numerose ricerche sperimentali volte ad indagare il contatto

tra lo stockman, che è colui che si occupa direttamente della gestione

degli animali, ed il bestiame allevato. La qualità del rapporto stockman-

animale dipende sia dalla percezione che l’animale ha dell’uomo sia

dalla percezione che lo stockman ha dell’animale. L’uomo, in particolare,

rappresenta uno stimolo ambientale la cui percezione da parte

dell’animale può essere dedotta attraverso le sue risposte

comportamentali verso gli umani e classificata in quattro categorie

principali (Estep e Hetts, 1992):

1) l’uomo è percepito come un pericolo quando gli animali tendono

a fuggire od attaccano durante l’handling (manipolazione degli

animali): ciò è dovuto praesertim alle ridotte interazioni uomo-

animale, principalmente in giovane età. La diffusione delle stalle a

stabulazione libera e l’aumento del numero di vacche accudite dal

singolo stockman rispetto al passato, hanno ridotto la durata delle

suddette interazioni. La percezione dell’uomo come un pericolo

aumenta anche se le interazioni tra l’uomo e l’animale sono

negative. Ad esempio, Renger (1975) ha dimostrato che nel 65%

Introduzione

53

dei casi in cui lo stockman era sicuro di sé, calmo ed equilibrato i

tori reagivano con calma, mentre reagivano violentemente se lo

stockman era eccitabile, non equilibrato e tendente al

comportamento violento;

2) l’uomo è percepito come un oggetto indifferente se gli animali

non reagiscono alla sua presenza, come nel caso di un oggetto

inanimato;

3) l’uomo è percepito come un fornitore di alimenti o di acqua che

induce gli animali a soddisfare le loro esigenze;

4) l’uomo è percepito come un partner sociale quando la sua

presenza induce contatto, grooming (cura e pulizia reciproca

attraverso il leccamento, il mordicchiamento, ...), …, mentre il suo

allontanamento comporta una separazione sgradevole, in

particolare nell’isolamento sociale. Ad esempio, è emerso che il

numero di belati e l’agitazione degli agnelli può aumentare

quando lo stockman si allontana (Boivin et al., 2000).

Anche la percezione che l’uomo ha dell’animale è variabile e,

conseguentemente, lo è anche il concetto di benessere animale. De Jonge

et al. (2000), ad esempio, hanno rilevato che:

• gli allevatori olandesi convenzionali correlano il benessere dei

loro suini al livello di efficienza produttiva aziendale ed al rispetto

delle norme legislative;

Introduzione

54

• gli allevatori biologici, invece, lo correlano all’abilità dell’animale

di esprimere il suo comportamento naturale, lo valutano sulla base

di osservazioni dirette e guardano alle norme legislative come ad

un modo per migliorare ulteriormente il sistema di allevamento.

In ogni caso, la salute ed il benessere degli animali in azienda dipendono

essenzialmente dall’azione dello stockman e dal suo comportamento

(tabella 1).

Tabella 1 – Comportamenti considerati necessari per una buona interazione con gli animali (Seabrook, 2000; modificato). .

UNA PIU’ ALTA PERFORMANCE ATTRAVERSO UNA BUONA INTERAZIONE

Personalità sicura. Comportamento coerente.

Stabilità emotiva. Personalità indipendente.

Non influenzato dal sistema. Contatti fisici positivi con gli animali.

Operant conditioning. Parlare con un tono di voce gentile.

In caso di crisi, restare calmi e stabili, utilizzare un tono di voce calmo. In caso di crisi, comportarsi razionalmente e con molto tatto.

Bassa aggressività.

Differenze nel comportamento e nei processi di interazione degli

stockmen possono essere correlate agli attributi della personalità

(Seabrock, 1972, 1995): la tabella 2 evidenzia quelli necessari per una

positiva interazione con l’animale.

Introduzione

55

Tabella 2 – Attributi della personalità degli stockmen che interagiscono positivamente (Seabrook, 1995).

Riservato * Estroverso Poco stabile emotivamente * Stabile emotivamente

Sicuro di sé * Poco sicuro di sé Umile * Intransigente Serio * Scherzoso

Opportuno * Coscienzioso Timido * Audace

Dall’animo forte * Dall’animo dolce Fiducioso * Sospettoso

Pratico * Teorico Senza pretese * Scaltro Tradizionale * Sperimentatore

Dipendente dal gruppo * Autosufficiente Indipendente * Coinvolto

Rilassato * Teso Poco intelligente * Intelligente

Gli attributi della personalità dello stockman possono variare in

funzione delle attività aziendali e dell’opinione che ha rispetto alle

stesse. Tale opinione è influenzata praesertim dal livello di efficienza del

management aziendale (tabella 3). L’avversione verso determinate

attività aziendali, e più in generale l’eccessivo carico di lavoro, è alla

base dei comportamenti aggressivi degli stockmen; in risposta a questi

comportamenti, gli animali possono avere reazioni di stress, acuto o

cronico, e di timore, a danno delle performance produttive (Seabrock,

1994).

Introduzione

56

Tabella 3 – Giudizio degli stockmen riguardo le attività aziendali (Seabrook e Wilkinson, 2000).

Alcuni studi dimostrano come i suini trattati negativamente manifestino

avversione verso le persone (Hemsworth, 1993; de Passillé et al., 1996),

con elevato timore verso l’uomo e conseguente stress cronico che si

riflette negativamente sulla crescita e sulla riproduzione (Hemsworth et

al., 1986). Analogamente, interazioni negative con le vacche da latte

sono correlate negativamente con la produzione di latte ed il contenuto di

proteine e grassi e positivamente con la concentrazione di cortisolo nel

latte (Hemsworth et al., 2000). Ulteriori studi hanno dimostrato che i

bovini sono in grado di riconoscere le persone in funzione del

trattamento ricevuto, positivo o negativo (Munskgaard et al., 1997; de

LE MIGLIORI/LE PREFERITE Mungitura. Assistenza al parto. Alimentazione. “Stare con gli animali”. Fecondazione.

PERCHÉ? “Mi piace/mi diverte”. “Posso vedere i risultati”. “Sono in contatto con i miei animali”. “Sono da solo”. “Mi sento bene nel farlo”. “Non è una routine”.

LE PEGGIORI/LE DISPREZZATE Pulizia. Toelettatura unghioni. Registrazione dei dati. Selezionare le vacche. Assistenza al parto. Alimentazione.

PERCHÉ? “Non mi piace, è sporco”. “E’ noioso”. “E’ pericoloso”. “Significa disbrigare le pratiche”. “E’ ripetitivo”. “Non vedo i risultati”. “E’ faticoso”.

Introduzione

57

Passillé et al., 1996), e che l’handling avverso degli stockmen aumenta il

timore delle vacche nei loro riguardi; la presenza di costoro durante la

mungitura può aumentare il latte residuale e ridurre così la produzione di

latte (Rushen et al., 1999). Hemsworth e Coleman (1998) hanno

proposto un modello per spiegare l’impatto dello stockman sugli animali

allevati in azienda:

Figura 5 – Modello di rapporto tra la caratteristica dello stockman ed il benessere animale e la produttività (Hemsworth e Coleman, 1998).

Stockman Animale

Comportamento verso gli animali.

Interazioni negative con gli animali.

Paura delle

persone.

Stress Benessere e

produttività.

In alcuni casi, lo stress dell’animale può essere trasmesso all’uomo: si

crea così un circolo vizioso, per cui più l’animale è stressato, più lo sarà

lo stockman.

Prolungati trattamenti delicati, invece, rendono il bestiame meno

timoroso nei confronti degli esseri umani (Boissy e Bouissou, 1988;

Boivin et al., 1994; Lensink et al., 2001a). Inoltre, l’incidenza delle

malattie è più bassa nelle aziende dove gli stockmen hanno un’attitudine

positiva verso i vitelli e si dedicano al contatto ed alla pulizia degli stessi

(Lensink et al., 2001a). Vi sono, poi, casi in cui la presenza degli

stockmen può ridurre le risposte allo stress degli animali. Ad esempio, è

stato riscontrato un minor numero di belati negli agnelli che, isolati dagli

Introduzione

58

altri, erano in presenza del loro custode familiare (Boivin et al., 1997). Il

contatto umano sembra ridurre alcuni segni comportamentali di

agitazione ed i livelli di frequenza cardiaca dovuti allo stress da

novità/isolamento, ma pare non avere effetti sulla produzione di latte o

sulle risposte ormonali (Rushen et al., 2001). Un contatto positivo

addizionale verso i vitelli, accarezzando loro il collo e le spalle ed

occasionalmente facendosi succhiare le dita, aumenta la loro motivazione

ad interagire con le persone (Lensink et al., 2001b).

Dal momento che il contatto tra l’uomo e l’animale è inevitabile

ed al tempo stesso utile ai fini del controllo sanitario e del benessere

globale, l’attenzione dovrebbe essere rivolta sulla riduzione degli effetti

stressogeni derivanti da tale interazione. Ante omnia, sarebbe opportuno

che l’allevatore organizzasse meglio le attività aziendali, in modo da

evitare eccessivi carichi di lavoro per gli stockmen, ed investisse

maggiormente in quelle attività considerate disagevoli, come ad esempio

la pulizia od il “fare i piedi” agli animali. Inoltre, dato che gli animali

imparano, con l’esperienza, a reagire agli stimoli ambientali, si possono

utilizzare proprio le loro capacità di apprendimento (“abituazione” ed

“associazione” tramite il condizionamento classico ed operante) per

evitare che tali stimoli inducano stress acuti o cronici. Ad esempio, se

l’allevatore è associato ad una situazione gradevole, l’animale tenderà ad

avvicinarsi a lui considerandolo una figura positiva del gruppo sociale.

Introduzione

59

Agire coerentemente, facendo seguire ai comportamenti desiderati

gratificazioni immediate (sia verbali che tattili), significa favorire

l’espressione di comportamenti positivi negli animali allevati. In tal

modo, anche le reazioni a trattamenti poco piacevoli ma indispensabili (i

trattamenti veterinari), possono venire “controcondizionate” attraverso

gratificazioni particolarmente appetite (Hemsworth et al., 1996), specie

se i suddetti trattamenti vengono eseguiti in apposite ubicazioni allo

scopo di ridurre la tendenza dell’animale a sviluppare una generalizzata

avversione verso le persone, poiché esso riceverà un trattamento migliore

in altre ubicazioni (Rushen et al., 1998).

Per incrementare gli atteggiamenti positivi dello stockman verso

gli animali allevati, si potrebbe ricorrere a corsi di training, che

consentano di accrescere le conoscenze degli stockmen sulle correlazioni

esistenti tra benessere e produttività (Hemsworth et al., 1993, 1995;

Coleman et al., 1998, 2000).

Introduzione

60

1.9. Metodi di valutazione “on farm”

L’intensificarsi degli studi per valutare il benessere animale

dimostra come il welfare sia divenuto un argomento di attualità,

affrontato da allevatori, consumatori e tutti coloro che operano nel

settore delle produzioni animali. Gli studi, pertanto, non riguardano solo

l’allevatore (costretto ad adeguarsi a norme e direttive in continuo

cambiamento ed aggiornamento) ma anche il consumatore, la cui

opinione ed il cui gradimento devono essere soddisfatti con soluzioni

valide ed economicamente sostenibili (Napolitano, 2001).

Lo sviluppo di un valido sistema di valutazione potrebbe essere

utilizzato nella certificazione del benessere da parte dell’azienda (con

possibili ricadute commerciali sulla filiera produttiva, soprattutto a

seguito dello sviluppo di prodotti da “agricoltura biologica”), come

accade già per le “organic farms” austriache e tedesche. Inoltre, esso

potrebbe essere utilizzato per la comparazione e la valutazione di

situazioni gestionali diverse, oltre che come sistema consultivo per

l’allevatore (Tosi e Verga, 2001). Ulteriori finalità dello studio del

benessere “on farm” sono quella legislativa, come è avvenuto ad esempio

per le recenti normative comunitarie promulgate in materia di benessere

delle scrofe in gestazione e delle galline ovaiole, e di ricerca e sviluppo

di sistemi di allevamento “stress-free” (figura 6).

Introduzione

61

Figura 6 – Ruolo della valutazione del benessere animale a livello aziendale.

Allevatore

Management Housing

Fattori di rischio per il benessere

AZIENDA

OOnn ffaarrmm wweellffaarree

mmoonniittoorriinngg

Politica e normative

Consumatore

Prodotto (labelling)

Informazione

Certificazione

SOCIETA’

Come regola generale, la valutazione del benessere implica la

conoscenza e l’individuazione dei numerosi fattori che, agendo più o

meno sinergicamente, influenzano il welfare (figura 7). A questo scopo,

si può rilevare utile l’utilizzo di alcuni punti critici di controllo,

identificati in base al sistema HACCP: considerando che il benessere

animale, la salute, il management, l’economia, l’opinione pubblica, il

gradimento del consumatore e l’impatto ambientale dipendono l’uno

dall’altro, è d’uopo valutare tutti i fattori critici che caratterizzano un

sostenibile sistema produttivo animale (von-Borrel, 2001). Inoltre,

occorre prendere in considerazione la gestione del sistema di valutazione,

che può essere descritta come un processo dove la valutazione del

benessere, gli obiettivi ed i mezzi seguono l’un l’altro in un continuo

Introduzione

62

ciclo con lo scopo di assicurare un continuo miglioramento del benessere

(figura 8).

Figura 7 – La valutazione del benessere in una situazione commerciale (Tosi e Verga, 2001).

Figura 8 – Un modello dinamico di gestione del benessere (Alban, 1997).

Decisione riguardo a ciò che deve essere incluso nel valutare il benessere

Valutare il benessere

Mezzi Definizione avviati degli obiettivi

Definizione dei mezzi

Bertoni (2001) propone, invece, un Sistema Diagnostico Integrato

(SDI) che fa riferimento:

2. I parametri di benessere sono

influenzati da più di un fattore. I diversi fattori interagiscono

ma la loro importanza relativa spesso non è

considerata.

1. Numerose conoscenze

sui singoli fattori che influenzano i parametri di benessere.

Es.: un atteggiamento

impaziente nello spostare gli

animali, unito ad una cattiva qualità

della pavimentazione, può provocare

lesioni agli arti.

3. La complessità dei fattori

interagenti, non il singolo

parametro, influenza il benessere

complessivo degli animali.

Introduzione

63

• all’alimentazione vista in termini di alimenti e di razioni in grado

di coprire i fabbisogni delle diverse categorie di animali senza

comprometterne lo stato di salute;

• all’animale stesso ed in particolare al suo aspetto (pelo, stato di

ingrassamento, presenza di ferite, …), alla diffusione di malattie o

anomalie metaboliche, alla fertilità, alla quantità e qualità del

latte, al comportamento generale (timoroso, se lecca inutilmente,

se rumina, se è “assonnato”), nonché ad alcuni esami delle feci,

delle urine e del sangue;

• all’allevamento nel suo complesso: microclima, edifici,

attrezzature, management, …, in rapporto al migliore

soddisfacimento delle esigenze animali.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, occorre ricordare che molti studi hanno

dimostrato la stretta relazione tra gli indicatori tecnici e lo stato di salute

ed il comportamento dell’animale. La frequenza nello spuntare gli

unghioni e la pulizia delle vacche, ad esempio, hanno una chiara

influenza sulla salute dei loro zoccoli (Bergsten e Petterson, 1992). Ergo

gli indicatori tecnici, suddividibili in quelli relativi ad elementi

strutturali e tecnici (disponibilità di spazio, strutture d’abbeveraggio, …)

da un lato e quelli relativi alla gestione (condizioni igieniche, climatiche,

…) dall’altro, sono comunemente usati come standard minimi nella

legislazione o nei codici di pratica.

Introduzione

64

L’uso di differenti indicatori tecnici in un sistema di indici è stato

introdotto per la prima volta in Austria da Bartussek (1988, 1999, 2000):

si tratta dell’Animal Needs Index (ANI-35L) o “Tiergerechtheitsindex”

(TGI) o “Housing Condition Score” (HCS), creato nel 1985 e

successivamente sviluppato come strumento di valutazione delle

condizioni di allevamento in termini di benessere animale per le aziende

biologiche austriache (è incluso, tra l’altro, nella legislazione sul

benessere animale di Salisburgo e del Tirolo). L’ANI-35L è applicabile

nell’allevamento delle vacche, del bestiame giovane e di quello da carne,

dei vitelli, delle galline, dei suini all’ingrasso e delle scrofe gravide. La

metodica prende in considerazione principalmente cinque aspetti

dell’ambiente dell’animale:

1) disponibilità di spazio;

2) contatto sociale;

3) pavimentazione;

4) ambiente di allevamento (comprendente la ventilazione,

l’illuminazione ed il rumore);

5) intensità e qualità della cura umana.

Entro ciascun campo, vengono utilizzati diversi parametri specie-

specifici che tengono conto della definizione di benessere basata sulle “5

libertà” (figura 9); a ciascun parametro vengono assegnati dei punti. Per

rendere pratico lo strumento di valutazione, però, si dovrebbero

Introduzione

65

gradualmente ridurre il numero di parametri da usare, selezionando quelli

facili e veloci da monitorare nel corso di una singola visita di controllo

del personale addestrato alla valutazione ed avente esperienza pratica

piuttosto che qualifiche accademiche. Le condizioni che danno maggiori

opportunità di soddisfacimento dei fabbisogni comportamentali o di

miglioramento del benessere sono premiate con più punti e la somma

complessiva di questi fornisce un giudizio sintetico, il cui valore può

variare da -9 a +45.5. In tal modo, le scarse condizioni che caratterizzano

un determinato aspetto possono essere compensate da una migliore

situazione riscontrata per un altro aspetto, permettendo così agli

allevatori di migliorare il risultato ottenuto nelle valutazioni successive;

tuttavia, determinati requisiti minimi devono essere comunque

soddisfatti (tabella 4).

Il core dell’ANI-35L consta di sette fogli: i primi cinque servono

per la valutazione dei cinque aspetti sopra menzionati, il sesto serve per

calcolare la somma del punteggio ed il settimo per una sommaria

descrizione dell’azienda. Per una prima valutazione dell’azienda, un

esperto valutatore impiega 30-90 minuti (in media 44 minuti) se tutta la

documentazione necessaria è già disponibile (Bartussek et al., 2000).

Introduzione

66

Figura 9 – Relazioni tra le 5 libertà ed i 5 aspetti dell’ANI-35L (Bartussek, 2000).

Tabella 4 – Categorie di punteggio previste dall’ANI (Bartussek, 1999; modificato).

PUNTEGGIO DELL’ANI

NOME DELLA CATEGORIA PERCENTUALE DEL

RANGE DI PUNTI <11 Non adatto al rispetto del benessere 0-15%

11 - <16 Scarsamente adatto al rispetto del benessere 16-30% 16 - <21 Poco adatto al rispetto del benessere 31-50% 21 – 24 Giustamente adatto al rispetto del benessere 51-60%

>24 – 28 Adatto al rispetto del benessere 61-75% >28 Molto adatto al rispetto del benessere >75%

In Germania, Sundrum (1994, 1997) ha rivisitato il sistema di

indici introdotto da Bartussek per: trovare i punti deboli nelle condizioni

di allevamento; permettere un paragone tra le condizioni di allevamento

Introduzione

67

nelle diverse stalle; sostenere gli allevatori nel realizzare un processo di

alta qualità. È nato così l’ANI 200 o TGI 200, che rappresenta un

compromesso tra gli aspetti a volte contraddittori di significatività,

riproducibilità e praticabilità del monitoraggio in cui si tiene conto di

fattori comportamentali, igienici e manageriali considerati come

indicatori ed integrati in un sistema di indici. In particolare, la

complessità delle condizioni di allevamento sono state analizzate

attraverso differenti sfere di influenza:

1) locomozione;

2) comportamento alimentare;

3) comportamento sociale;

4) comportamento di riposo;

5) comportamento di comfort;

6) igiene;

7) management.

Ciascuna sfera comprende diversi parametri da valutare attraverso un

punteggio ed i termini di riferimento sono rappresentati dai dati esistenti

in letteratura e riferiti ad elevati standard di benessere animale. La

valutazione complessiva consiste in un numero-indice finale, molto

simile a quello fornito dall’ANI-35L, che permette facilmente di

confrontare più aziende. Tra gli aspetti positivi del sistema vi sono la

rapidità di esecuzione (solo mezz’ora per azienda) e l’elevata

Introduzione

68

riproducibilità, anche quando le valutazioni sono effettuate da diverse

persone nelle stesse aziende (Sundrum, 1994).

Un diverso approccio è quello proposto da Bracke et al. (1997)

con l’MSE (Multifacetted Structured Entity): attraverso la tecnica dei

modelli, il concetto di benessere è scomposto in componenti detti bisogni

coscienti. Ciascun bisogno è a sua volta scomposto secondo la

tassonomia, la descrizione e l’indagine:

Figura 10 – Il modello MSE (Bracke et al., 1997; modificato).

Benessere animale Bisogni

Comportamentale (alimentare, sociale, protettivo, ) Tassonomia Fisiologico (termoregolativo, riproduttivo, …)

Patologico (salute)

Bisogno Descrizione (etologico, psicogenetico, …) Indagine

In tal modo, dalla valutazione di un complesso e multisfaccettato

problema di benessere animale si passa alla valutazione delle sue

componenti.

Secondo Johannenson et al. (1997), un sistema di valutazione del

benessere deve prendere in considerazione quattro aspetti:

• la stima dell’incidenza/prevalenza delle malattie animali e delle

ferite;

• l’osservazione di parametri comportamentali;

Introduzione

69

• la descrizione del sistema di produzione;

• la registrazione dell’applicazione dei sistemi.

La struttura formale del sistema di valutazione del benessere è

rappresentata nella figura 11.

Figura 11 – Modello formale del sistema di valutazione (Johannenson et al., 1997).

ALLEVATORE

APPLICAZIONE SISTEMA DI DEL SISTEMA PRODUZIONE

ANIMALE

VALUTAZIONE DEL BENESSERE

L’allevatore influenza l’animale sia direttamente che attraverso il sistema

di produzione ed il sistema di applicazione; pertanto, la valutazione del

benessere dovrebbe essere fatta combinando le osservazioni dirette del

comportamento e della salute e le informazioni riguardo al sistema in uso

ed all’applicazione dello stesso.

Un approccio innovativo allo studio del benessere animale a

livello di gruppo e, potenzialmente, a livello aziendale è rappresentato

dal “qualitative assessment of behavioural expressions” (valutazione

qualitativa del comportamento animale) (Wemelsfelder et al., 2000 e

2001). Esso si basa sull’integrazione effettuata da parte dell’osservatore

di varie informazioni che negli approcci quantitativi classici vengono

Introduzione

70

considerate separatamente od addirittura trascurate. Ad esempio,

potranno essere utilizzati sottili dettagli del movimento e della postura

degli animali, il contesto in cui determinati comportamenti si verificano e

comportamenti sporadici od occasionali. Nell’integrare questi vari

aspetti, agli osservatori non viene richiesto di specificare cosa fa un

animale, ma come lo fa, vale a dire il suo specifico e dinamico modo di

interagire con l’ambiente. Gli strumenti metodologici utilizzati a tal fine

sono il “free choice profiling” (FCP) associato ad una tecnica di analisi

statistica multivariata (generalized Procrustes analysis – GPA). La prima

lascia agli osservatori completa libertà di scelta della terminologia da

utilizzare per la descrizione qualitativa del comportamento piuttosto che

chiedere di assegnare punteggi su scala predeterminata (ad esempio,

potranno essere utilizzati vocaboli quali “timido”, “aggressivo”,

“impaziente”, …), mentre la seconda consente di calcolare il grado di

concordanza tra gli osservatori pur se questi utilizzano vocaboli

differenti.

22.. ** FFiinnaall ii ttàà ddeell lloo ssttuuddiioo

Il soddisfacimento dei bisogni primari ha

spinto le società moderne ad orientarsi sempre più

verso l’obiettivo qualità, verso la ricerca di prodotti salubri ottenuti nel

rispetto delle esigenze etologiche degli animali.

“In formulating and implementing

the Community's agriculture, transport,

internal market and research policies,

the Community and the Member States shall

pay full regard to the welfare requirements

of animals, while respecting the legislative

or administrative provisions and customs

of the Member States relating in particular

to religious rites, cultural traditions and

regional heritage.”

(From the Treaty of Amsterdam’s Animal

Welfare Protocol).

Pertanto, è auspicabile che in un prossimo futuro vengano fornite ai

consumatori indicazioni riguardanti il tipo di allevamento a cui sono stati

sottoposti gli animali nel corso della loro carriera produttiva anche ai fini

di una certificazione di qualità.

I valori di sostenibilità e di valorizzazione delle risorse naturali

* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.

Finalità dello studio

72

che sottostanno a questo tipo di processo prevedono che l’allevatore sia

attivamente partecipe nella gestione del territorio, nella salvaguardia

dell’ambiente, nella valorizzazione delle risorse disponibili e nel

garantire il benessere degli animali allevati. In questo contesto si

inserisce la necessità di elaborare validi e precisi strumenti di valutazione

delle condizioni gestionali d’allevamento e degli animali. Lo sviluppo di

una scheda di valutazione del benessere in condizioni di allevamento

fornirebbe all’allevatore strumenti di scelta su cui basare cambiamenti e

miglioramenti della struttura aziendale e delle strategie produttive

adottate.

Come già accennato nel paragrafo 1.6 (pag. 39), la valutazione del

benessere a livello aziendale può essere eseguita seguendo due diversi

approcci: il primo si avvale dei design criteria, l’altro dei performance

criteria. L’orientamento attuale è quello di affidarsi al secondo

approccio, alle informazioni ottenibili direttamente dagli animali,

ogniqualvolta sia possibile (Wemsfelder et al., 2001).

Seguendo queste indicazioni, in prima istanza l’attenzione è stata

focalizzata su alcune variabili indicative della qualità del rapporto tra

l’uomo (inteso come personale addetto all’allevamento) e l’animale

(distanza di fuga e comportamento alla mungitura), in quanto si ritiene

che tale rapporto influenzi non solo il benessere ma anche le prestazioni

produttive degli animali (Hemsworth et al., 2002). Successivamente,

Finalità dello studio

73

sono stati effettuati rilievi relativi alle due tecniche di allevamento

bovino più diffusamente utilizzate (stabulazione fissa con animali alla

catena e stabulazione libera con animali su lettiera permanente e

possibilità di accedere al pascolo) ed a due razze diverse, Frisona Italiana

e Podolica. Ulteriori rilievi hanno riguardato lo stato igienico-sanitario

(pulizia corporea e incidenza delle zoppie) e le produzioni degli animali.

Infine, sono state rilevate alcune variabili proprie di approcci di tipo

sperimentale.

Il principale obiettivo della presente indagine è stato quello di

individuare e di validare parametri adeguati al monitoraggio del

benessere a livello aziendale da utilizzare anche nell’ottica di una

eventuale certificazione per produzioni di qualità. A tal fine, i rilievi

sono stati eseguiti da più rilevatori contemporaneamente, per valutare

l’inter-observer reliability (stato di pulizia individuale), e più volte

consecutivamente dallo stesso rilevatore, per verificare la ripetibilità

(comportamento alla mungitura, distanza di fuga, stato di pulizia

individuale e incidenza delle zoppie), intendendo per ripetibilità la

relativa similitudine di una misura effettuata sullo stesso animale in

diverse occasioni. I vari indici utilizzati verranno correlati tra loro per

evidenziare e selezionare quelli che forniscono maggiori informazioni e,

successivamente, con indicatori produttivi ed immunitari per conoscere il

grado di associazione tra indicatori rilevati sul campo (monitoraggio),

Finalità dello studio

74

variabili misurate in condizioni sperimentali (misurazione) e parametri

produttivi.

**33.. MMaatteerriiaall ii ee mmeettooddii

I rilievi sono stati effettuati presso

quattro aziende di bovine da latte e tre aziende bufaline dell’Agro

Romano, oltre che presso un’azienda di bovine da latte e di Podoliche

dell’Agro di Pignola (PZ). Le prime erano biologiche o quantomeno in

fase di conversione e per ciascuna di esse sono stati scelti 30-40 animali

di diverso ordine di parto e in uno stadio di lattazione compreso tra i 100

e i 160 d dal parto.

Le osservazioni sono state effettuate da un team composto da 8

persone appartenenti all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”,

all’Università degli Studi della Basilicata ed all’Istituto Sperimentale per

la Zootecnia di Roma. Prima dell’inizio dei rilievi aziendali sono state

condotte alcune prove preliminari in un’azienda bovina diversa da quelle

scelte per la ricerca al fine di uniformare il giudizio degli osservatori e

acquisire familiarità con la tecnica di rilevamento dei dati. Gli animali

scelti sono stati osservati in tre occasioni a distanza di 15-20 d in modo

da avere una misura della ripetibilità delle variabili considerate.

Presso l’azienda agricola sperimentale dimostrativa “Pantano” di

Pignola (PZ) dell’ALSIA, invece, sono state scelte 29 bovine di razza

Frisona Italiana (di diverso ordine di parto ed in uno stadio di lattazione

* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.

Materiali e metodi

76

di circa 60 d dal parto) e 12 bovine di razza Podolica. La suddetta

azienda dispone di 2 ricoveri zootecnici: il primo è una stalla a

stabulazione fissa in cui gli animali sono disposti “testa a testa” su due

file di poste separate da una corsia di foraggiamento; le poste sono

“lunghe” con un attacco tipo “Olanda diritto”, mentre le mangiatoie,

continue, sono “alte”. Il secondo ricovero è invece una stalla a

stabulazione libera a zone riunite sotto un unico tetto e con accesso a

paddock esterni. La zona di alimentazione centrale, provvista di

rastrelliere autocatturanti “a ritti mobili”, separa due zone di riposo a

lettiera permanente.

Materiali e metodi

77

3.1. Variabili comportamentali

3.1.1. Comportamento degli animali durante la mungitura

Il comportamento degli animali delle aziende dell’agro romano è

stato osservato durante la mungitura pomeridiana. Queste osservazioni

danno una misura del grado di agitazione dell’animale durante tale

operazione. Una ridotta agitazione durante la mungitura è stata associata

ad un corretto rapporto uomo-animale (Hemsworth et al., 2000). Due

rilevatori, posti dietro gli animali, hanno osservato il comportamento dei

soggetti, dal primo approccio del mungitore fino al distacco del gruppo

prendicapezzoli, registrando le seguenti variabili (Rushen et al., 1999 e

2001):

• sollevamento dell’arto, quando uno zoccolo dell’arto posteriore

veniva sollevato da terra ad una altezza inferiore a 15 cm;

• scalciare, quando uno zoccolo dell’arto posteriore veniva

sollevato da terra ad una altezza uguale o superiore a 15 cm;

• urinazione/defecazione/vocalizzazione sono state considerate

come una singola attività comportamentale in quanto un

precedente lavoro (de Passillé et al., 1995) ha evidenziato una

significativa correlazione tra queste variabili; queste attività sono

state rilevate molto raramente e, pertanto, non sono state incluse

nell’analisi statistica.

Materiali e metodi

78

In ogni azienda ha operato semper la stessa coppia di osservatori.

3.1.2. Distanza di fuga

La reazione verso l’uomo dipende dal tipo di stimoli che questi

fornisce agli animali. Tale test valuterebbe l’effetto negativo o positivo

dell’interazione uomo-animale. Ad esempio, un corretto rapporto uomo-

animale può essere indicato dal fatto che gli animali presentano una

bassa distanza di fuga (Hemsworth et al., 1993).

La distanza di fuga viene definita come la distanza alla quale una

persona può avvicinarsi ad un animale senza che l’animale stesso si

muova o si allontani (Fisher et al., 2000). I rilievi sono stati effettuati nel

recinto di allevamento dalle 10,00 alle 12,00, testando un animale alla

volta. Presso l’azienda “Pantano”, il test è stato effettuato sulle Frisone

nei primi due mesi di asciutta ogni 15 d (4 test) e sulle Podoliche ogni 15

d negli ultimi due mesi di gravidanza (4 test). In ogni azienda ha operato

semper lo stesso osservatore, che indossava una tuta blu. Il rilevatore

entrava nel recinto in modo da lasciare tutti gli animali dal lato opposto

e, dopo aver puntato il soggetto ed essersi assicurato che l’animale lo

stesse guardando, si avvicinava lentamente (circa un passo al secondo)

con un braccio disteso in avanti cercando di non spaventare l’animale. La

distanza alla quale l’animale si allontanava (indietreggiava, avanzava, se

la fuga era impedita da altri soggetti o dalla recinzione, o si muoveva

Materiali e metodi

79

lateralmente) è stata misurata dall’osservatore contando i passi che lo

separavano dal luogo di fuga.

3.1.3. Test di vicinanza

In questo test, eseguito solo sulle bovine frisone alla catena

dell’azienda “Pantano”, l’operatore rimaneva in piedi, immobile (con le

mani in tasca) di fronte alla posta (ad una distanza di 80 cm dalla vacca)

per 60 secondi. La posizione assunta dall’animale è stata valutata ogni 10

secondi. I test (4) sono stati eseguiti ad una distanza di 30 d nei primi 4

mesi di lattazione, semper dallo stesso operatore che indossava una tuta

blu. Le diverse posizioni che la vacca ha assunto in presenza

dell’operatore sono state valutate assegnando il seguente punteggio:

1 (contatto diretto con l’operatore);

2 (muso oltre il punto d’attacco a meno di 40 cm dall’operatore);

3 (muso oltre il punto d’attacco a più di 40 cm dall’operatore);

4 (muso allo stesso livello del punto d’attacco);

5 (muso dietro il punto d’attacco, con testa diritta);

6 (muso dietro il punto d’attacco, con testa girata).

A punteggi inferiori corrisponde un minore timore nei confronti

dell’uomo.

Materiali e metodi

80

3.2. Variabili igienico-sanitarie

3.2.1. Incidenza delle zoppie

Questo indice, applicato solo nelle aziende dell’agro romano,

fornirebbe indicazioni circa l’influenza del sistema di stabulazione e del

management aziendale sull’apparato locomotore dell’animale. E’ stata

rilevata la presenza di eventuali zoppie all’uscita della sala di mungitura.

A ciascun animale è stato assegnato un punteggio (Breuer et al., 2000) a

seconda della gravità della patologia, e segnatamente:

0 (animale sano con andatura normale);

1 (animale lievemente zoppo);

2 (animale con evidente zoppicatura e movimento altalenante

della testa);

3 (animale con grave zoppicatura evidenziata dal sollevamento

della zampa per alcuni secondi).

3.2.2. Valutazione del grado di pulizia degli animali

E’ stato utilizzato un indice di pulizia individuale messo a punto

dai ricercatori dell’INRA (Krebs et al., 2001) per la valutazione delle

condizioni di pulizia della superficie di riposo. Il giudizio di pulizia di un

animale è stato espresso considerando 5 zone anatomiche (figura 1):

Materiali e metodi

81

1) regione ano-genitale;

2) mammella;

3) garretti;

4) mammella e ventre;

5) coscia.

Per ogni zona anatomica il punteggio variava da 0 a 2, con

incrementi di 0,5 unità. Il punteggio 0 indicava assenza di sudiciume,

mentre 2 indicava una zona totalmente sudicia o ricoperta da una spessa

crosta. Il valore dell’indice di pulizia individuale era dato dalla somma

dei punteggi parziali delle cinque zone anatomiche.

Materiali e metodi

82

Figura 1 – Apprezzamento e valutazione del grado di insudiciamento degli animali (Aghina, 2001).

Materiali e metodi

83

L’applicazione del metodo descritto necessita di circa 2 minuti

primi di osservazione per ciascun animale; la variabilità nelle

osservazioni (che restano soggettive) è stata calcolata in ± 0,5 punti sui

10 attribuibili (Aghina, 2001). Ai fini del calcolo del grado di

concordanza tra osservazioni indipendenti dello stato di pulizia gli 8

osservatori hanno condotto contemporaneamente i rilievi su 20 animali

nell’ambito di una azienda bovina diversa da quelle scelte per la prova.

Materiali e metodi

84

3.3. Variabili immunitarie

3.3.1. Risposta immunitaria a livello cellulare (Skin test)

Il test è stato effettuato presso due aziende dell’agro romano, una

bovina e l’altra bufalina, e presso l’azienda “Pantano”. Adottando la

metodica di Grasso et al. (1999), è stata effettuata la valutazione della

risposta immunitaria a livello cellulare iniettando sottocute, al centro di

un cerchio di circa 2 cm di diametro tracciato sulla pelle depilata a livello

soprascapolare, 500 μg di Phytohemagglutinin (PHA, Sigma Chemical)

disciolti in 0,5 ml di soluzione fisiologica sterile. Lo spessore della cute è

stato misurato con un calibro prima dell'iniezione e ventiquattro ore

dopo.

3.3.2. Risposta immunitaria a livello umorale

Il test è stato svolto solo presso due aziende dell’agro romano, una

bovina e l’altra bufalina. Sono stati iniettati per via ipodermica, in parte

nella regione scapolare destra e in parte in quella sinistra, 5 mg di

Keyhole Limpet Hemocyanin (KLH, Sigma Chemical) disciolti in 2 ml di

soluzione fisiologica sterile ed emulsionati con un uguale volume di

adiuvante incompleto di Freund. Il titolo anticorpale è stato determinato

mediante ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay) su 5 campioni di

sangue prelevati al momento dell’iniezione e successivamente ad

Materiali e metodi

85

intervalli bisettimanali.

3.4. Analisi statistica

Per ciascuna azienda la ripetibilità delle variabili comportamentali

ed igienico-sanitarie è stata calcolata, sia attraverso il coefficiente di

concordanza W di Kendall che secondo il metodo proposto da Ofner et

al. (2000). Con quest’ultimo metodo la ripetibilità è stata stimata

mediante un modello di analisi della varianza ad un solo fattore

(animale) considerando il rapporto della varianza attribuita al fattore

animale sulla somma della varianza attribuita all’animale con quella

relativa all’errore. Il coefficiente di concordanza W di Kendall è stato

utilizzato anche per valutare l’inter-observer reliability per lo stato di

pulizia. Per ogni specie (bufali e bovini) l’effetto azienda sulle variabili

comportamentali ed igienico-sanitarie è stato testato mediante il Kruskal-

Wallis test, analogo non parametrico dell’analisi della varianza,

utilizzando per ogni animale il valore medio delle tre osservazioni.

I dati relativi alle variabili immunitare, ai dati produttivi e le

relative correlazioni con le variabili comportamentali e quelle igienico-

sanitarie sono tuttora in corso di elaborazione statistica.

**44.. RRiissuullttaatt ii

4.1. Inter-observer reliability

Lo studio condotto sul grado di associazione tra osservazioni

indipendenti ha evidenziato un elevato livello di affidabilità della tecnica

adottata per valutare lo stato di pulizia degli animali. Infatti, le

osservazioni effettuate da rilevatori diversi sono risultate altamente

concordanti (W = 0,877; gradi di libertà = 19; P<0,001), sebbene

l’addestramento degli stessi sia stato piuttosto rapido e volto

essenzialmente alla precisa localizzazione delle zone anatomiche da

valutare ed alla standardizzazione dei giudizi. Pertanto, tali risultati

mettono in evidenza una marcata omogeneità di valutazione che si

traduce in un'elevata probabilità che rilevatori diversi siano in grado di

fornire indicazioni simili sullo stato di pulizia degli stessi animali.

* L’immagine è una una stampa della fine del ‘700 (Baldelli, 1999).

Risultati

87

4.2. Intra-observer reliability

4.2.1. Distanza di fuga e test di vicinanza

I valori di ripetibilità dei risultati ottenuti presso le aziende

dell’agro romano dagli stessi rilevatori in tre sessioni diverse sono

riportati nelle tabelle 1 e 2 relative, rispettivamente, alle bovine ed alle

bufale; quelli ottenuti presso l’azienda “Pantano” dagli stessi rilevatori in

quattro sessioni diverse sono, invece, riportati nella tabella 7.

In entrambe le specie allevate nelle aziende dell’agro romano

(P<0,05 – 0,001) e nelle Podoliche dell’azienda “Pantano” (P<0.05) la

distanza di fuga è risultata altamente ripetibile nel tempo. Tale variabile

può essere interpretata come un indice del timore degli animali nei

confronti dell’uomo e, in particolare, nei riguardi di chi li accudisce.

Altrettanto ripetibile è risultato il test di vicinanza adottato per le bovine

frisone alla catena (P<0,001); anche in questo caso l’atteggiamento

assunto dagli animali può fornire indicazioni circa il grado di confidenza

nei confronti dell’uomo. E’ noto che nei moderni sistemi di allevamento

il contatto tra uomo ed animali allevati è frequente e che gli addetti,

accudendo gli animali quotidianamente, sono in grado di influire

notevolmente sul loro stato di benessere e di salute. In effetti,

Hemsworth et al. (2000) hanno dimostrato l’esistenza di una relazione

tra l’atteggiamento di chi si occupa direttamente degli animali ed il

Risultati

88

comportamento di questi ultimi, nonché tra reazione di timore e

produttività delle bovine da latte. Tale studio, pertanto, indicherebbe che

è possibile ridurre il timore degli animali ed incrementare le loro

produzioni facendo in modo che gli addetti, grazie ad un adeguato

addestramento, adottino un comportamento volto a migliorare le

relazioni tra i due attori principali dell’allevamento: l’uomo e l’animale.

Le reazioni di timore ed il temperamento influenzano

marcatamente le modalità di risposta dei bovini alle principali pratiche di

allevamento (handling e trasporto): una maggiore tranquillità è da

interpretare positivamente in relazione al benessere animale, alla capacità

produttiva (quantità e qualità) ed alla sicurezza del personale a contatto

con gli animali.

4.2.2. Comportamento durante la mungitura

Il livello di irrequietezza degli animali durante la mungitura, che

può essere valutato in base al numero di movimenti effettuati, varia in

relazione ad una serie di fattori: spinte da parte dei soggetti adiacenti,

problemi podalici, carenze minerali, presenza di insetti ematofagi, cattivo

funzionamento della mungitrice, ecc.. Tuttavia, Breuer et al. (2000)

hanno osservato una stretta correlazione tra il comportamento di coloro

che movimentano gli animali ed il livello di agitazione delle bovine

sottoposte a mungitura, deducendo che quantomeno una componente di

Risultati

89

queste manifestazioni comportamentali può essere attribuita alle

interazioni uomo-animale e rappresenta una risposta di quest’ultimo alla

presenza umana. In particolare, chiamare le bovine a voce alta e con

vocalizzazioni ostili, adottare modi bruschi, effettuare movimenti

eccessivamente rapidi e ricorrere ad interazioni tattili negative quando gli

animali vengono condotti in sala di mungitura può determinare un

aumento dell’irrequietezza degli animali, mentre un tono di voce più

pacato ed un trattamento meno violento hanno l’effetto di ridurre

l’agitazione delle bovine nel corso della mungitura. Pertanto, è possibile

concludere che il comportamento delle bovine durante le operazioni di

mungitura è direttamente legato al timore che queste manifestano nei

confronti dell’uomo e che uno stato di agitazione elevato è un indice di

stress (Willis, 1983) e, come tale, determina un incremento della

secrezione di cortisolo e di catecolamine, un aumento della quantità di

latte residuale ed una minore efficienza produttiva.

Anche Rushen et al. (1999) hanno rilevato che il grado di

irrequietezza degli animali in mungitura è influenzato dalla presenza

umana; infatti, questi Autori hanno messo in evidenza che la presenza di

un operatore con atteggiamento negativo comporta un aumento

dell’agitazione praesertim in quei soggetti che dimostrano di saper

riconoscere i singoli addetti e che nelle bovine incapaci di tale

discriminazione si osserva maggiore irrequietezza in presenza di

Risultati

90

operatori con atteggiamento sia positivo che negativo.

In genere, la frequenza con cui gli animali in mungitura sollevano

l’arto viene considerata una misura dello stato di agitazione, mentre la

tendenza a scalciare viene ritenuta una manifestazione di malessere che

riduce l’efficienza delle operazioni di mungitura e che può essere causa

di infortuni. Per entrambe le specie considerate (aziende dell’agro

romano) la ripetibilità del numero di sollevamenti dell’arto effettuati nel

corso della mungitura è risultata elevata (P<0,001 e P<0.05÷0.01,

rispettivamente per le bufale e le bovine). Il numero di calci, invece, è

stato meno ripetibile per le bufale (P<0,10÷0,05) ed ancor meno per le

bovine (P>0,05).

4.2.3. Stato di pulizia

La valutazione dello stato di pulizia consente di trarre alcune utili

indicazioni sulle condizioni di comfort dei soggetti in allevamento e sul

livello di attenzione di chi gestisce l’allevamento verso l’aspetto igienico

dei ricoveri (Krebs et al., 2001). Sebbene tale variabile sia strettamente

dipendente da situazioni contingenti (condizioni meteorologiche,

sostituzione della lettiera, ecc.), per la specie bovina è stata rilevata una

discreta ripetibilità sia nelle aziende dell’agro romano (P<0,10÷0,001)

che nell’azienda “Pantano” di Pignola (PZ) per razze e sistemi di tenuta

Risultati

91

diversi (P<0,001 per le Frisone alla catena e P<0,05 per le Podoliche in

stabulazione libera). Al contrario, per la specie bufalina, nell’unica

azienda in cui è stato possibile effettuare i rilievi, la ripetibilità è risultata

molto bassa (P>0,05) e ciò, probabilmente, a causa delle peculiarità

comportamentali di questi animali che tendono a rotolarsi nel fango o ad

immergersi in pozze d’acqua (tonzi o caramoni) per proteggersi dai

parassiti e dalla radiazione solare.

4.2.4. Zoppia

Si ritiene che il comfort degli animali possa essere considerato

meno importante rispetto all’incidenza di lesioni o tecnopatie ai fini della

valutazione del benessere animale a livello aziendale. Ad esempio, nei

bovini, la zoppia è una patologia ad eziologia complessa con molteplici

cause predisponenti tra le quali si ricordano le forzature alimentari, il tipo

di pavimentazione, il tempo trascorso in posizione eretta, ecc. (Galindo

et al., 2000). La concordanza tra le diverse valutazioni della zoppia

ripetute nel tempo è risultata piuttosto disomogenea, poiché la

significatività del test W di Kendall, molto bassa (P=0,14) nelle aziende

di bovini 4 e 5, ha raggiunto un valore elevato (P<0,001) nell’azienda 6.

E’ opportuno precisare che nell’azienda 4 sono stati effettuati solo due

rilievi, con ovvi effetti sul valore della P, mentre nell’azienda 5 lo stato

Risultati

92

sanitario dello zoccolo è risultato abbastanza soddisfacente, dal momento

che solo 6 animali hanno fatto registrare punteggi diversi da zero.

4.2.5. Validazione dei risultati

Al fine di ottenere una conferma dei risultati ottenuti mediante il

calcolo del coefficiente di concordanza W di Kendall, è stato effettuato

un ulteriore computo della ripetibilità entro l’osservatore (tabelle 3 e 4)

adottando il metodo proposto da Ofner et al. (2000). Questi autori hanno

suggerito di considerare valori dell’indice di ripetibilità inferiori a 0,50,

compresi tra 0,50 e 0,79 e superiori a 0,79, rispettivamente bassi, medi e

alti. Costruendo delle classi di significatività arbitrarie per il coefficiente

W di Kendall (P>0,1 = bassa; 0,1≥P≥0,01 = media; P<0,01 = alta) è stata

messa in evidenza un’elevata concordanza tra i due metodi, sia per la

specie bovina che per quella bufalina, per le quali sono stati ottenuti

risultati analoghi per 9 rilievi su 13 e per 9 su 9, rispettivamente.

In linea teorica, i rilievi relativi al benessere valutato a livello

aziendale dovrebbero essere riproducibili se effettuati in condizioni

simili dagli stessi rilevatori (intra-observer reliability) o da rilevatori

diversi (inter-observer reliability). Tuttavia, quella che potrebbe essere

definita affidabilità di un determinato parametro in termini di ripetibilità,

non è in grado di fornire alcuna garanzia sulla sua validità come

Risultati

93

indicatore di benessere. Infatti, la validazione di un parametro riguarda la

capacità di descrivere un determinato fenomeno (ad esempio, il

benessere animale), mentre l’affidabilità concerne il grado di similitudine

tra misure ripetute in condizioni analoghe.

Nella presente indagine per i bovini è stato evidenziato un

significativo effetto dell’azienda sulla distanza di fuga e sulle variabili

igienico-sanitarie (indice di pulizia e incidenza delle zoppie) (tabella 5),

mentre per i bufali l’azienda rappresenta una fonte di variazione

importante solo per la distanza di fuga (tabella 6). E’ opportuno precisare

che per questi ultimi non è stato possibile testare l’effetto azienda per

l’indice di pulizia e per l’incidenza delle zoppie, in quanto la prima

variabile è stata rilevata solo in una azienda e la seconda in due aziende

presentava valori uguale a zero per tutti gli animali osservati. Degno di

rilievo è che l’incidenza delle zoppie è estremamente bassa nelle aziende

bufaline, probabilmente per una minore suscettività degli animali verso

queste forme patologiche da attribuire ad una ridotta predisposizione

genetica e/o a regimi alimentari meno spinti.

Tali risultati indicherebbero che le suddette variabili risentono

fortemente del management aziendale e quindi danno effettivamente

un’indicazione sullo stato di benessere degli animali. Al contrario, per

entrambe le specie le variabili relative al comportamento durante la

mungitura non sono risultate influenzate dall’azienda, confermando

Risultati

94

quanto riportato da Alban et al. (2001), secondo i quali non

necessariamente ad una buona ripetibilità corrisponde un’elevata validità

della variabile osservata.

**55.. CCoonncclluussiioonnii

Uno dei principali problemi relativi alla messa

a punto di sistemi per la valutazione del benessere degli animali in

allevamento è quello di utilizzare indicatori che riflettano effettivamente

lo stato di benessere dell’animale, che siano ripetibili nel tempo, che

siano riproducibili (inter-observer reliability) e che abbiano una elevata

praticabilità. Un’ulteriore complicazione è data dalla combinazione di

indicatori tecnici (design criteria) con altri relativi agli animali

(performance criteria) e dal peso da attribuire ad ognuno di essi.

Alla luce di queste considerazioni, i risultati del presente studio,

che andrebbero comunque verificati su un maggior numero di aziende,

indicherebbero che la distanza di fuga, l’indice di pulizia individuale e

l’incidenza delle zoppie potrebbero essere inseriti in uno schema di

valutazione del benessere delle bovine da latte a livello aziendale; per i

bufali, invece, solamente la distanza di fuga potrebbe fornire indicazioni

utili. Si ritiene che, per quest’ultima specie, lo stato di pulizia del corpo

non debba essere inserito in uno schema di valutazione, a causa delle

peculiarità comportamentali di questi animali che tendono a rotolarsi nel

fango o ad immergersi in pozze d’acqua (tonzi o caramoni) per

proteggersi dai parassiti e dalla radiazione solare. Anche l’incidenza

* L’immagine è una scultura del Bernini raffigurante Zeus e Fauno allattati dalla capra Amaltea presente nella Galleria Borghese di Roma.

Conclusioni

96

delle zoppie sembra fornire scarse indicazioni sul livello di benessere

riscontrabile nelle aziende bufaline in quanto questa patologia viene

raramente osservata.

Lo sviluppo di un metodo di valutazione del benessere potrebbe

avere finalità di certificazione per le aziende (con possibili ricadute

economiche sulla filiera produttiva, praesertim sui prodotti provenienti

da zootecnia biologica o di nicchia che si basano su una garanzia di

qualità del prodotto), di comparazione di sistemi produttivi diversi e di

strumento consultivo che permetta all’allevatore di identificare, prevenire

o risolvere eventuali problemi. La struttura del sistema di valutazione,

ovviamente, varierà in relazione allo scopo finale di utilizzo dello stesso.

66.. BBiibbll iiooggrraaffiiaa

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AAppppeennddiiccee AA

Album fotografico

• La risposta immunitaria a livello cellulare (skin test);

• la distanza di fuga;

• il test di vicinanza.

Album fotografico 109

La risposta immunitaria a livello cellulare (skin test):

a b c a) depilazione dell’area soprascapolare; b) misurazione dello spessore della cute; c) delimitazione dell’area con un cerchio colorato avente un diametro di 2 cm;

Album fotografico 110

d e

d) iniezione del PHA nell’area colorata; e) misurazione dello spessore della cute dopo ventiquattro ore.

Album fotografico 111

La distanza di fuga:

a b c a), b), c) test effettuati nel paddock delle bovine podoliche;

Album fotografico 112

d e

f g

d), e), f), g) test effettuati nel paddock delle bovine frisone.

Album fotografico 113

Test di vicinanza:

a b

a), b) esempi di “contatto diretto con l’operatore”;

Album fotografico 114

c d

c), d) esempi di “muso dietro il punto d’attacco, con testa girata”.

AAppppeennddiiccee BB

Tabelle

• Tabella 1 - Ripetibilità calcolata in quattro aziende bovine con il test W di Kendall (P<);

• Tabella 2 - Ripetibilità calcolata in tre aziende bufaline con il test W di Kendall (P<);

• Tabella 3 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in quattro aziende bovine secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000);

• Tabella 4 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in tre aziende bufaline secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000);

• Tabella 5 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bovine;

• Tabella 6 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bufaline;

• Tabella 7 - Ripetibilità calcolata nell'azienda "Pantano" di Pignola (PZ) con il test W di Kendall (P<).

Tabelle

116

Tabella 1 - Ripetibilità calcolata in quattro aziende bovine con il test W di Kendall (P<).

Azienda 4 5 6 7 Distanza di fuga 0,43 (0,07) 0,57 (0,0112) 0,59 (0,0026) 0,64 (0,002) Sollevamento dell'arto - 0,76 (0,0007) 0,64 (0,0004) 0,52 (0,026) Scalciare - 0,45 (0,13) 0,35 (0,38) -

Indice di pulizia individuale 0,62 (0,17)a 0,51 (0,0352) 0,68 (0,0002) 0,71 (0,001)

Incidenza delle zoppie 0,62 (0,14)a 0,43 (0,14) 0,66 (0,0003) - a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.

Tabelle

117

Tabella 2 - Ripetibilità calcolata in tre aziende bufaline con il test W di Kendall (P<). Azienda 1 2 3 Distanza di fuga - 0,70 (0,0002) 0,63 (0,008) Sollevamento dell'arto 0,51 (0,023) 0,66 (0,0089) 0,59 (0,0195) Scalciare 0,55 (0,0089) 0,63 (0,0143) 0,48 (0,095) Indice di pulizia individuale - - 0,29 (0,63)

Incidenza delle zoppie - a a a L'analisi statistica non è stata effettuata perché tutti gli animali presentavano un valore = 0.

Tabelle

118

Tabella 3 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in quattro aziende bovine secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000).

Azienda

4 5 6 7

Distanza di fuga 0,63 (1,03) 0,57 (1,09) 0,76 (0,79) 0,70 (0,82)

Sollevamento dell'arto - 0,91 (5,87) 0,72 (6,19) 0,55 (4,22)

Scalciare - 0,61 (0,76) 0,65 (1,14) -

Indice di pulizia individuale 0,37 (2,02)a 0,66 (0,93) 0,81 (1,04) 0,81 (0,98)

Incidenza delle zoppie 0,63 (0,49)a 0,61 (0,74) 0,82 (0,60) -

a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.

Tabelle

119

Tabella 4 – Ripetibilità (± D. S.) calcolata in tre aziende bufaline secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000).

Azienda

1 2 3

Distanza di fuga - 0,84 (0,86) 0,72 (0,68)

Sollevamento dell'arto 0,67 (2,76) 0,78 (2,32) 0,70 (3,59)

Scalciare 0,70 (0,80) 0,73 (1,11) 0,55 (1,22)

Indice di pulizia individuale - - 0,36 (1,34)

Incidenza delle zoppie - a a

a L'analisi statistica non è stata effettuata perché tutti gli animali presentavano un valore = 0.

Tabelle

120

Tabella 5 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bovine. Azienda 4 5 6

P<

Distanza di fuga 2,17 (0,84) 2,42 (0,73) 1,61 (0,80) 0,001 Sollevamento dell'arto - 11,50 (11,04) 9,50 (5,80) n. s. Scalciare - 0,51 (0,55) 0,66 (0,89) n. s.

Indice di pulizia individuale 6,94 (1,08)a 7,85 (0,75) 3,17 (1,23) 0,001

Incidenza delle zoppie 0,13 (0,38)a 0,39 (0,54) 0,43 (0,73) 0,006 a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.

Tabelle

121

Tabella 6 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bufaline. Azienda 1 2 3

P<

Distanza di fuga - 1,44 (1,13) 0,64 (0,64) 0,005 Sollevamento dell'arto 3,33 (2,29) 4,44 (2,51) 3,22 (3,18) n. s. Scalciare 0,52 (0,71) 0,98 (1,04) 0,52 (0,81) n. s. Indice di pulizia individuale - - 2,82 (0,67) -

Tabelle

122

Tabella 7 - Ripetibilità calcolata nell'azienda "Pantano" di Pignola (PZ) con il test W di Kendall (P<).

Podoliche a Frisone b

Distanza di fuga 0,5036 (0,0232) -

Test di vicinanza - 0,7948 (0,0001)

Indice di pulizia individuale 0,5313 (0,0156) 0,7356 (0,0001)

a Animali in stabulazione libera.

b Animali in stabulazione fissa.