ripetibilità di alcune variabili da utilizzare per il monitoraggio del benessere animale a livello...
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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D E L L A B A S I L I C A T A - P O T E N Z A -
FA C O L T À D I AG R A R I A
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLE PRODUZIONI ANIMALI
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALE
TTEESSII DDII LLAAUURREEAA
RRRIIIPPPEEETTTIIIBBBIIILLLIIITTTÀÀÀ DDDIII AAALLLCCCUUUNNNEEE VVVAAARRRIIIAAABBBIIILLLIII DDDAAA
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AAAZZZIIIEEENNNDDDAAALLLEEE (Contributo sperimentale)
Relatore: Candidato: dott. FABIO NAPOLITANO
MAURO MUSTO (matr. 10886)
Anno Accademico 2001/2002
III
SSoommmmaarriioo
11 .. IInn tt rroodduuzz iioonnee
1.1. L’uomo e l’animale
1.2. Diritti degli animali e doveri dell’uomo
1.3. Alcune definizioni di benessere
1.4. Le normative in materia di benessere animale
1.5. Lo stress nell’allevamento zootecnico
1.6. Misurazione e monitoraggio del benessere
1.7. Approcci allo studio del benessere
1.8. L’interazione uomo-animale
1.9. Metodi di valutazione “on farm”
22 .. FF iinnaa ll ii tt àà ddee ll ll oo ss ttuudd iioo
33 .. MMaatt ee rr ii aa ll ii ee mmee ttoodd ii
3.1. Variabili comportamentali
3.1.1. Comportamento degli animali durante la mungitura
3.1.2. Distanza di fuga
3.1.3. Test di vicinanza
3.2. Variabili igienico-sanitarie
3.2.1. Incidenza delle zoppie
3.2.2. Valutazione del grado di pulizia degli animali
IV
3.3. Variabili immunitarie
3.3.1. Risposta immunitaria a livello cellulare (Skin test)
3.3.2. Risposta immunitaria a livello umorale
3.4. Analisi statistica
44 .. RRii ssuu ll tt aa tt ii ee dd ii ssccuussss iioonnee
4.1. Inter-observer reliability
4.2. Intra-observer reliability
4.2.1. Distanza di fuga e test di vicinanza
4.2.2. Comportamento durante la mungitura
4.2.3. Stato di pulizia
4.2.4. Zoppia
4.2.5. Validazione dei risultati
55 .. CCoonncc lluuss iioonn ii
66 .. BBiibb ll iiooggrraa ff ii aa
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Album fotografico
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Tabelle
NOTA REDAZI ONALE
La presente tesi si com pone di 127 pagine
V
Un r ingraziamento part i co lare
a quant i , in ques t i anni ,
mi hanno so s t enuto ed incoraggiato
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c on l ’a iuto de l la Divina Provvidenza ,
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Ogni cultura si è sempre posta il problema del
rapporto uomo-animale ed ha, sia pure parzialmente e
mai definitivamente, cercato di risolverlo secondo le proprie
caratteristiche e le proprie esigenze. Mai come oggi, però, l’uomo si
interroga sul suo rapporto con gli altri viventi, e ciò per motivi pratici,
etici o di pura conoscenza; lo sviluppo di una maggiore sensibilità umana
verso la sofferenza animale – considerata in campo economico una
esternalità negativa – e le recenti preoccupazioni riguardo alla sicurezza
alimentare, tra l’altro, hanno talmente accresciuto l’interesse del
consumatore sugli alimenti di origine animale e sui loro processi
produttivi da porre il problema del benessere animale in primo piano
nelle politiche agenda.
Gli sforzi delle moderne società devono cercare soluzioni
costruttive al problema, per far sì che il genere umano ed il suo modus
vivendi possano avvicinarsi maggiormente alle esigenze di quello
animale comprendendole e rispettandole. Benché l’obiettivo finale sia di
carattere morale, il modus operandi è strettamente pragmatico, volto,
almeno per quanto concerne il miglioramento dei sistemi di allevamento,
* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.
Introduzione
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all’individuazione di indicatori del benessere animale sempre più validi e
sostenibili.
Pensiamo, pertanto, che il problema del benessere animale non
potrà mai essere risolto solo attraverso la morale dei diritti degli animali:
richiamandosi alla sola animalitas, infatti, si rischia di precludere la
direzione della humanitas, di un umanesimo cosciente e responsabile
della biodiversità animale.
Il nostro intento è dunque quello di sviluppare, applicare e
migliorare dei possibili approcci pratici che siano in grado di conciliare
le esigenze produttive dell’uomo con il benessere degli animali allevati.
Sic et simpliciter.
Introduzione
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1.1. L’uomo e l’animale
Tra gli uomini e gli animali vi è un rapporto che cambia
continuamente, a volte lentamente, altre volte tumultuosamente; è la
conseguenza alla variazione dello status delle diverse specie animali
secondo le epoche, le strutture sociali, le credenze, le religioni, … quella
summa di valori, etici ed intellettuali, che i Greci chiamavano paideia,
ovvero cultura.
Il gatto ad esempio, deificato nell’antico Egitto, considerato
manifestazione diabolica nel Medio Evo, mangiato da molte popolazioni
anche europee fino a pochi decenni fa, è divenuto un insostituibile
animale familiare. Anche per la capra il discorso non cambia: nella
mitologia greca spicca la figura di Amaltea, la ninfa con fattezze di capra
che allattò Zeus bambino sul monte Creso; presso il popolo ebraico,
però, un caprone, carico dei peccati di Israele, ogni anno veniva
abbandonato nel deserto per farlo morire di fame; dal “capro espiatorio”
la maledizione è passata più tardi, con il Cristianesimo, sul caprone,
complice del Diavolo, e sulla capra accusata di stregoneria. Oggi, la
“vacca del povero” sta avendo, fortunatamente, la sua giusta
rivalutazione.
Riguardo alla nascita del rapporto uomo-animale, poco sappiamo
ed al più possiamo soltanto ipotizzare i rapporti tra gli ominidi ed i
preominidi e gli animali. Secondo Camera e Fabietti (1993), il mangiare
Introduzione
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carne, ricavata dalle carogne prima e procurata con la caccia poi, costituì
un fattore essenziale nel graduale emergere del genere Homo dall’iniziale
stock degli ominidi, emarginando la nicchia prevalentemente vegetariana
delle australopitecine.
Con l’addomesticamento, risultato più di una combinazione
fortunata che di un disegno preciso e consapevole, gli uomini poterono
poi disporre di riserve alimentari complementari assai più sicure di
quelle, sempre precarie, offerte dalla caccia e dalla raccolta. Ciò permise
di abbandonare almeno in parte il nomadismo e risiedere nel medesimo
luogo per un tempo sufficiente a cogliere il rapporto che lega la
seminagione alla nascita dei vegetali. In tal senso, l’addomesticamento,
conquista fondamentale del Mesolitico, fu la premessa necessaria
all’invenzione dell’agricoltura.
Ex tunc l’uomo utilizza gli animali per la sua alimentazione, per la
medicina, per ottenerne indumenti, lavoro, utilità fisiche e psichiche …
un rapporto che fa riferimento a dom di domus, casa, ma anche a
dominus e quindi al dominio, un rapporto che ha, ergo, molti caratteri di
una predazione: in qualunque luogo della terra, anche tra i più
inaccessibili come il mare e l’aria, è infatti il genere umano a decidere
come e dove gli animali devono vivere.
“E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a
nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e gli uccelli
Introduzione
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del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua
immagine; a immagine di Dio lo creò. Dio li benedisse e
disse a loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la
terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla
terra”.
E Dio disse: ”Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e
che è si tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che
produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie
selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri
viventi che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io
do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne. Dio vide quanto
aveva fatto, ed ecco, era molto buona. E fu sera e fu mattina:
sesto giorno.”
(Genesi 1,26)
Secondo Ballarini (1998), il rapporto uomo-animale si è evoluto
attraverso tre distinte fasi; la prima di queste, arcaica, fu di tipo magico-
totemico, nel senso che gli animali erano considerati divinità o loro
messaggeri, oppure figure ancestrali ed iniziatrici di una stirpe umana.
Presso gli Egiziani ad esempio, importantissimo era il culto degli animali
(zoolatria), che perdurò nella tradizione religiosa anche quando prevalse
l’antropomorfismo; l’arcaico legame col mondo animale è ben visibile in
molte divinità, rappresentate come immagini parte antropomorfe e parte
teriomorfe. Le divinità più venerate erano Hator, rappresentata in forma
di donna con orecchie bovine ed un paio di corna, il bue Api, incarnato in
Introduzione
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un toro nero con macchie bianche sulla fronte, ed Anubi, rappresentato in
forma di uomo con testa di cane.
In questa fase, gli animali sono tramiti privilegiati del contatto con
le divinità ed il loro sacrificio, giustificato da riti religiosi, è spesso
sostitutivo di quello umano. Presso gli Etruschi prima ed i Romani dopo,
grande importanza veniva data alla pratica della divinazione, ovvero
l’arte aruspicina: la volontà degli Dei era interpretata attraverso lo studio
del volo degli uccelli e del fegato degli animali sacrificati; il fegato
dell’animale sacrificale, in particolare, era considerato la sede della vita e
raffigurava l’universo al momento del sacrificio.
In più, la figura animale acquista in questa fase valenze mitiche e
ricorre spesso in molte leggende, ad esempio quella del Minotauro, “…
horrendum monstrum medium inter hominem et taurum, cui
Atheniensium liberi obiciebantur ut devorarentur.”, o quella della
fondazione di Cartagine: alla fine del IX secolo, parte della popolazione
di Tiro, guidata dalla regina Didone, si trasferì sulla costa dell’attuale
Tunisia.
“ … Giunsero a questo lido, ove tu vedi
sorger la rocca e le possenti mura
della nuova Cartagine, e con oro
acquistarono un tratto di terreno,
quanto potesse cingerne una sola
pelle di bove; d’onde il nome Birsa …”
(Virgilio. Eneide, I vv. 537-542)
Introduzione
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La leggenda narra che la pelle del bue venne tagliata in strisce
sottilissime che, unite le une alle altre, avrebbero costituito il perimetro
di Cartagine.
È il “periodo romantico” del rapporto degli uomini con gli
animali, un periodo che trova espressione anche in campo letterario con
le favole animali di Esopo (sec. VI a.C.) prima e Fedro (I sec. d.C.) poi;
in particolare, i protagonisti caratteristici di queste favole sono gli
animali, ciascuno dei quali rappresenta tipici vizi e virtù: così la volpe è
l’espressione dell’astuzia, il lupo dell’ingordigia, il leone della regalità,
gli ovini della mansuetudine. La materia è ergo l’uomo con i suoi
sentimenti e pulsioni, ambizioni e comportamenti che permangono nei
secoli. A questo genere letterario appartiene anche Animal Farm di
George Orwell (1903-1950), una satira politica che ha come protagonisti
gli animali di una fattoria; guidati dai maiali, essi riescono a ribellarsi
alla tirannia dei contadini per condurre da soli la fattoria. Purtroppo i
maiali, peggiori degli uomini, instaurano un nuovo regime dittatoriale.
Anche in questo caso la figura animale incarna quella umana, ma
l’aspetto preso in considerazione è quello politico: l’opera mostra come
il potere corrompa, qualunque sia la forma di governo. L’ultimo verso
recita così:
Introduzione
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“All animals are equal
But some animals are more
Equal than others”.
Il confine che separa il mondo animale da quello umano diviene
così assai sottile: basti pensare che Aristotele (384-383 a.C.), in
appendice alla sua Storia degli animali, scrisse che le verità di una
persona possono essere dedotte osservando la sua somiglianza con un
animale. Chi ha la fronte bassa è probabilmente ignorante, perché
assomiglia ad un maiale; coloro che invece hanno la fronte alta,
caratteristica tipica dei cani, tenderebbero ad essere adulatori, chi ha una
pelle rossiccia, che ricorda la volpe, è furbo e via dicendo. Vi sono
uomini-leone, uomini-pecora, …
I tratti del volto di un uomo ricordano sempre quelli di un animale, e ciò
corrisponde recte, secondo Aristotele, alla sua personalità.
Secondo Nicola e Provana (1994), questa lettura simbolica ed
antropomorfica del mondo animale è gestita integralmente dall’inconscio
e non è scevra di pericoli: intere specie animali sono state sterminate solo
perché la loro struttura fisiologica si associa nel nostro inconscio a
qualche espressione di spavento o di terrore. Ultimo caso è quello del
lupo: sebbene la pericolosità reale degli ultimi esemplari rimasti in Italia
sia minima, le associazioni ambientaliste sono in difficoltà nella difesa di
Introduzione
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queste specie, che soffre di una pessima identificazione simbolica con la
cattiveria. D’altra parte il grande successo ecologico del panda si fonda
anch’esso sul suo aspetto, ricco di forme e caratteristiche “infantili”
(testa grande, pelo morbido, occhi dilatati, movimenti un po’ goffi,
forme rotonde, …) atte a far scattare le pulsioni protettive umane,
inibendo quelle aggressive.
La repulsione di fronte a determinati animali è, invece, una forma
di nevrosi e può essere spiegata come il caso in cui viene a mancare
qualsiasi possibilità di “umanizzazione” dell’animale; più che l’aspetto
esteriore e le caratteristiche fisiologiche specifiche, conta in queste fobie
il movimento: di molti insetti, ad esempio, ciò che ci fa inorridire è
praesertim il brulichio, l’agitazione caotica ed accelerata dei movimenti,
il formicolio frenetico ed agitato di migliaia di individui in una folla
convulsa, gli scatti rapidi, brevi e concitati.
In una seconda fase, nel rapporto uomo-animale prevale l’aspetto
economico-funzionalista: gli animali sono resi schiavi e sfruttati, come
produttori di alimenti (carne, latte, uova e miele) o di altri prodotti (lana,
seta, pellicce), con un più o meno completo utilizzo dei relativi
sottoprodotti (corna, ossa, ecc.), o come fornitori di lavoro (traino, soma,
ecc.) od altri servizi (caccia, guerra, svago, guardia, ecc.). Il rapporto
dell’uomo con l’animale muta quindi completamente: l’utilizzazione
degli animali, a qualsiasi fine, non richiede alcuna giustificazione che
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non sia quella di un vantaggio per la società o l’individuo umano; gli
animali, ai quali non è riconosciuto un intelletto, non sono persone e
quindi non hanno alcun diritto, per cui l’uomo non ha verso di loro alcun
dovere o responsabilità.
Allora il Signore si rivolse a Mosè: “Va a riferire al
Faraone: Dice il Signore, il Dio degli Ebrei: Lascia partire il
mio popolo, perché mi possa servire! Se tu rifiuti di lasciarlo
partire e lo trattieni ancora, ecco, la mano del Signore viene
sopra il tuo bestiame che è nella campagna, sopra i cavalli,
gli asini, i cammelli, sopra gli armenti e le greggi, con una
peste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il
bestiame di Israele e quello degli Egiziani, così che niente
muoia di quanto appartiene agli Israeliti”. Il Signore fissò la
data, dicendo: “Domani il Signore compirà questa cosa nel
paese!”. Appunto il giorno dopo, il Signore compì questa
cosa: morì tutto il bestiame degli Egiziani, ma del bestiame
degli Israeliti non morì neppure un capo. Il faraone mandò a
vedere ed ecco neppur un capo era morto del bestiame
d’Israele. Ma il cuore del faraone rimase ostinato e non
lasciò partire il popolo.
(Esodo 9,1)
Tuttavia, almeno inizialmente l’utilizzazione degli animali non è
così esasperata come si potrebbe pensare: Longo (2001) ci ricorda il
vincolo di “lealtà” e “giustizia” tra l’allevatore-agricoltore e l’azienda, un
vincolo ben noto nell’antica Grecia. Ne parlano due autori greci,
Filemone (fine sec. IV a.C) e Senofonte (430-455 a.C.), che esaltavano il
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cibo che veniva offerto loro dalla natura, dalla terra, dai campi coltivati a
cereali e ad ortaggi, dai vigneti, dai frutteti, … Il rispetto per la terra e gli
altri organismi che la abitavano era tale che, in un giuramento, le truppe
militari si impegnavano a sacrificare la loro vita per proteggerli dagli
invasori.
In quest’epoca l’allevamento era praticato prevalentemente per
ottenere del latte: infatti, il consumo medio annuale di carne raramente
raggiungeva i 2 kg. I buoi, ad esempio, venivano utilizzati
esclusivamente per il lavoro nei campi: la loro macellazione era
considerata un sacrilegio; presso gli Egiziani ed i Fenici, invece,
venivano macellati i buoi, perché l’aratura era scarsamente praticata, e
venivano allevate le vacche.
Col tempo, però, il consumo di carne ricavata dalla macellazione
aumentò; giustificazioni a riguardo possono essere dedotte da una teoria
epicureista: “l’allevamento per la macellazione consente di mantenere il
numero degli animali in rapporto a quelle che sono le risorse ambientali
disponibili”. Erodoto, invece, confutò tale tesi sostenendo che è la natura
ad intervenire negli equilibri naturali: ad esempio, la popolazione di
specie molto prolifiche come i conigli è controllata dai predatori, i quali
sono, a loro volta, meno prolifici. Pertanto, la popolazione animale tende
a mantenersi costante. Sappiamo che fu la teoria epicureista ad avere la
meglio …
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Si è giunti così alla fase industriale dell’allevamento,
caratterizzata dal confinamento stabulato e continuo degli animali in
capannoni cosiddetti razionali, con allevamento intensivo basato su un
tipo di alimentazione costituita prevalentemente da mangimi: l’allevatore
diviene così imprenditore e l’allevamento animale diviene scienza delle
produzioni animali. Tutto ciò ha prodotto una progressiva riduzione del
numero di persone impiegate nel settore primario, oltre che uno
sconvolgimento della definizione di “figura animale” nell’immaginario
collettivo: cent’anni fa, scrive Rollin (2001), il termine “animale”
richiamava alla mente dei più “vacche”, “maiali”, “cavalli”, “cibo”,
“lavoro”, …; oggi, la stessa parola richiama alla mente “cane”, “gatto”,
“cucciolo”.
Webster (1999) ha evidenziato le principali forze economiche che
hanno portato ad intensificare la produzione degli animali:
• la migliore meccanizzazione dell’agricoltura, che ha permesso un
maggiore accumulo di nutrimenti per gli animali;
• l’aumento del profitto dell’allevamento dovuto alle sovvenzioni,
che ha permesso di investire in attrezzature ed edifici;
• la crescita del reddito dei consumatori, che ha portato ad un
aumento della richiesta di carne, uova e prodotti caseari e ad un
aumento dei costi variabili di produzione;
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• l’aumento degli investimenti per la ricerca in campo agricolo, che
ha portato ad una crescita dell’efficienza riproduttiva e ad un
migliore controllo e prevenzione delle malattie.
Accanto a questi aspetti non vanno trascurati quelli storici: ad
esempio, all’indomani della seconda guerra mondiale, il fenomeno della
fame, che non riguardò solo l’Italia ma tutta l’Europa continentale e, in
misura minore, anche l’Inghilterra, divenne un elemento primario nella
vita quotidiana. Nel cursus della Grande Guerra del 1914-1918 c’erano
state delle difficoltà, ma in nessun momento ed in nessun luogo la gente
aveva dovuto subire le privazioni che fu costretta a sopportare dal 1939
al 1945.
Camera e Fabietti (1993) riportano che fino a quando restò viva
l’illusione che la guerra potesse essere di breve durata, in Italia furono
sottoposti a razionamento solo lo zucchero ed il caffè: questi sacrifici
furono considerati del tutto sopportabili. Sembrò molto più grave, nel
novembre del 1940, il razionamento della pasta e del riso, anche perché
era caduta la speranza che la guerra sarebbe terminata entro l’estate.
L’effettivo stato d’animo degli italiani può essere tratto dalle lettere
intercettate dalla censura: a partire dal 1941, in esse si fecero sempre più
frequenti le lamentele e le proteste riguardanti le difficoltà alimentari.
Riportiamo qualche passaggio: “Tengo molto appetito ma non si trova
niente da mangiare. Il mio pranzo consiste in castagne lessate o arrosto”
Introduzione
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(24 ottobre 1941); “Ci sentiamo avvilite perché non si trova niente. Si
vende tutto di contrabbando” (11 marzo 1942); “A Genova non si trova
più nulla. Anche il formaggio tenero scarseggia. Non si mangiano che
cavoli” (6 marzo 1942); “Qui a Firenze si soffre anche la fame. Sai, ci
danno un pezzetto di pane per uno, che per uno che ha bambini non gli
arriva neppure alla bocca” (24 aprile 1942).
Scriveva Freud che “rendere la vita sopportabile è il primo dovere
dell’essere vivente” ed alla luce di quanto detto l’impulso
all’intensificazione appare del tutto giustificabile; il problema è che col
trascorrere degli anni l’allevamento è stato portato all’esasperazione. Dal
momento che in un libero mercato un prodotto di successo deve riuscire
a soddisfare le esigenze del consumatore (caratteristiche nutrizionali,
gusto, moda) al prezzo più basso, la zootecnia si è data il seguente credo:
“il miglior animale è quello che produce di più a costi più bassi”.
Ovviamente, tale “efficienza” si può perseguire sfruttando al massimo gli
animali allevati, uno sfruttamento che condotto all’esasperazione mostra
tutti i suoi limiti:
• sconvolgimento dell’equilibrio ontogenetico;
• riduzione del valore intrinseco;
• disagio e dolore persistenti;
• mancanza di espressioni comportamentali;
• esaurimento metabolico e fisico;
Introduzione
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• ecopatologie e tecnopatie;
• aumento delle malattie infettive;
• alienazione degli operai per il meccanicistico lavoro in stalla;
• impiego di manodopera clandestina e sottopagata per ridurre i
costi;
• impiego di alimenti di scarsa qualità per ridurre i costi;
• impiego indiscriminato di sostanze chimiche nella cura delle
malattie;
• impiego indiscriminato di sostanze chimiche per migliorare la
produzione;
• riduzione della qualità dei prodotti di origine alimentare;
• problemi di sicurezza alimentare;
• aumento della diffidenza del consumatore nei confronti dei
prodotti di origine animale;
• problemi etici connessi ai sistemi di allevamento;
• problemi da sovraccarico nello smaltire i rifiuti organici;
• inquinamento dovuto all’impossibilità di riciclare i composti
tossici presenti nei reflui zootecnici.
Dopo la denuncia di questi ed altri mali derivanti
dall’incivilimento, da più parti si è invocato un non meglio definito
ritorno alla natura; taluni l’hanno inteso come un ritorno
all’agricoltura, senza rendersi conto che proprio l’agricoltura è stata
Introduzione
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l’attività che più precocemente e nettamente ha segnato il distacco
dell’uomo dalla natura. Leakey e Lewin, nel loro saggio Origini. Nascita
e possibile futuro dell’uomo (1979), scrivono: “il cacciatore-raccoglitore
fa parte di un equilibrio naturale; l’agricoltore, invece, altera
necessariamente questo equilibrio. Ma, fatto ancora più importante, le
comunità di agricoli sedentari hanno la possibilità di accumulare
proprietà e, di conseguenza, tendono a proteggerle. È questa la chiave
del conflitto umano, che si è ingigantito nel mondo profondamente
materialistico in cui viviamo. […] Con lo sviluppo dell’agricoltura e
delle società basate sul benessere materiale, vi è stato un continuo
incremento sia delle atrocità che della durata delle guerre, culminato
nella nostra capacità attuale di distruggere il pianeta”.
È in quest’ottica che si pone la terza fase del rapporto uomo-
animale, caratterizzata dalla ricerca di un maggiore equilibrio grazie al
quale gli animali non sono più visti come oggetti e strumenti
completamente asserviti all’uomo, ma come depositari di diritti.
“Vi è un generale dovere di solidarietà che ci lega non solo
alle bestie che hanno vita e sentimento ma anche agli alberi e
alle piante. Dobbiamo giustizia agli uomini e gentilezza e
benevolenza alle altre creature che noi in qualche modo sono
collegate. Vi è una relazione stretta tra loro e noi, e anche
degli obblighi reciproci … Gli animali sono molto più
regolati rispetto a noi e si comportano con maggiore
moderazione entro i limiti loro assegnati dalla natura: questo
Introduzione
17
in generale, ma non così rigidamente da non presentare
anche loro qualche somiglianza con l’uomo. […]
Perché quell’imperfezione della natura che ostacola la
comunicazione tra gli animali e noi non è tanto nostra
quanto loro? Di chi sia la colpa di non comunicare deve
essere ancora stabilito perché noi non li capiamo più di
quanto essi capiscono noi. Per la stessa ragione essi possono
giudicarci bestie come noi li reputiamo … Occorre che
consideriamo attentamente la parità che vi è tra noi. Noi
siamo in grado, almeno approssimativamente, di intuire il
loro sentimento, così gli animali il nostro, all’incirca nella
stessa misura. Gli animali ci blandiscono, ci minacciano, ci
cercano; e noi facciamo altrettanto con loro. D’altronde è
chiaro che tra loro c’è una perfetta e totale comunicazione e
che essi si comprendono tra di loro, non solo quelli della
stessa specie ma anche quelli di specie diverse.”
(Montagne. Saggi [II,12])
In realtà, scrive Ballarini (1998), in questa terza fase la nostra
società si dimostra tutt’altro che unitaria, perché accanto a settori che si
potrebbero definire conservatori e con una mentalità economico-
funzionalista tipica della seconda fase, ve ne sono altri che sono
estremamente sensibili alla parità ed alla solidarietà.
“C’è qualcosa di più stomachevole del sentimento
verso animali e piante da parte di una creatura
che all’inizio ha dimorato tra di loro come il più
furibondo nemico e che alla fine pretende nelle sue
indebolite e mutilate vittime anche teneri sentimenti?
Di fronte a questo genere di “natura”
Introduzione
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all’uomo si addice soprattutto serietà,
posto che sia un uomo pensante.”
(Nietzsche. Aurora, L. IV, 286).
Ne conseguono ovviamente attriti, frizioni e scontri che spesso
sfociano in manifestazioni di assoluta intolleranza; la “questione
animale” pone così sette sfide alla nostra società:
1) la sfida specistica, che riguarda a quale livello porre un eventuale
solco o confine di separazione tra l’uomo e l’animale;
2) la sfida della famiglia, che deriva dal fatto che storicamente
l’animale familiare ha preceduto quello domestico e che oggi la
crisi della famiglia ha profondamente modificato il rapporto
uomo-animale familiare, ponendo inquietanti interrogativi sui
limiti dell’inserimento familiare di animali, loro manipolazioni,
ecc.;
3) la sfida consumistica, che riguarda l’uomo non soltanto quale
consumatore di conoscenze (problema della sperimentazione
animale), consumatore di alimenti di origine animale, ma anche di
affetto animale. La dimensione dell’affetto, in particolare, ha
portato ad uno smisurato aumento degli animali familiari, con
tutte le ben note conseguenze sia benefiche (ad esempio la pet
therapy) che negative (dalle sovrappopolazioni agli abbandoni). In
quest’ultimo ambito si inserisce il problema del benessere degli
Introduzione
19
animali familiari, da correlare spesso ad una vera e propria
diseducazione per quanto concerne il rapporto uomo-animale;
4) la sfida urbana, che è la conseguenza non solo dell’enorme
aumento della popolazione delle città, ma anche del sorgere,
svilupparsi e dilagare di una cultura urbana che allontana il
cittadino dagli animali estranei alla famiglia e fa sorgere ansie,
paure ed insicurezze per quanto riguarda gli animali agricoli e le
loro produzioni e distorce una corretta conoscenza degli animali
selvatici;
5) la sfida industriale, che ha creato l’“animale tecnologico” e nel
futuro anche l’”animale biotecnologico” destinato alla produzione
di alimenti, soggetto a manipolazioni di diverso tipo e mantenuto
in condizioni diverse da quelle naturali;
6) la sfida del benessere animale, che si collega alla domanda se gli
animali hanno diritto al benessere ed anche alla felicità, oggi
valutabili obiettivamente evitando il pericolo di un’indebita
antropomorfizzazione;
7) la sfida ecologica, che non riguarda soltanto l’impatto ambientale
degli animali, ma la possibilità che essi vengano sempre più
sfruttati non più materialmente ma ideologicamente.
Introduzione
20
1.2. Diritti degli animali e doveri dell’uomo
Il rapporto tra l’uomo e l’animale è quindi in discussione: non
tanto per la sua esistenza, ma proprio per i suoi limiti. Non soltanto la
sperimentazione animale, ma ogni possibile uso degli animali, anche a
scopo affettivo, pone numerosi interrogativi: quali sono i limiti del nostro
operare sugli animali? L’animale ha dei diritti? L’uomo ha dei doveri
verso gli animali?
Quando l’uomo ha assunto, secondo la filosofia cartesiana, che gli
animali non avevano sentimenti o, più comunemente, che semplicemente
non avevano alcuna cognizione di ciò che accadeva loro, possiamo
affermare che non si è comportato crudelmente poiché non era
consapevole del fatto che le altre specie potevano provare sofferenza,
nello stesso modo in cui presupponiamo che la tigre non sia consapevole
della sofferenza della sua preda (Webster, 1999).
L’accrescersi delle nostre conoscenze riguardo al mondo animale,
però, ha portato ad un relativo aumento delle nostre responsabilità:
“Che vergogna, che miseria aver detto che le bestie sono
macchine prive di conoscenza e di sentimento, che fanno
sempre le loro operazioni allo stesso modo, che non
imparano nulla, non perfezionano nulla, ecc.! […] Forse
perché ti parlo, giudichi che io abbia sentimento, memoria,
idee? Bene! Non ti parlo; mi vedi entrare in casa con aria
Introduzione
21
afflitta, cercare ansiosamente una carta, aprire lo scrittoio
dove mi ricordo d’averla rinchiusa, trovarla, leggerla con
gioia. Giudichi che io abbia provato il sentimento
dell’afflizione e quello del piacere, che ho memoria e
conoscenza. Applica allora il medesimo giudizio a quel cane
che ha perduto il suo padrone, l’ha cercato per tutte le strade
con guaiti dolorosi, torna a casa agitato, inquieto, sale,
scende, va di camera in camera, trova finalmente nello studio
il padrone che ama, gli testimonia la sua gioia con la
dolcezza dei suoi guaiti, con i suoi salti, le sue carezze. Dei
barbari afferrano questo cane, che supera tanto l’uomo in
amicizia; lo inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo
per mostrarti le vene meseraiche. In lui scopri tutti quegli
stessi organi sensori che sono in te. Rispondimi,
meccanicista, la natura ha forse sistemato tutte le molle del
sentimento in quest’animale perché non senta? Ha dei nervi
per essere impassibile? Non supporre tale impertinente
contraddizione della natura. […]”
(Voltaire, Dizionario filosofico)
La questione dei diritti degli animali è però molto controversa e le
risposte sono ancora più contestabili, in quanto inserite in due opposte
ideologie: l’animalismo e lo specismo (Sandøe et al., 1999; Webster,
1999; Ballarini, 1998). La filosofia animalista, il cui vero creatore è
considerato l’australiano Peter Singer, era stata delineata già dal filosofo
utilitarista inglese Jeremy Bentham (1748-1832), che nella sua opera
Introduzione ai principi della morale e della legislazione (1789)
scriveva: "Verrà un giorno in cui il resto della creazione animale
Introduzione
22
acquisterà quei diritti che mai avrebbero dovuto essere negati dalla
mano della tirannia”. Nel dominio della morale – sosteneva Bentham – i
soli fatti veramente importanti sono il piacere ed il dolore. Raggiungere
il piacere ed evitare il dolore: stanno qui gli unici motivi dell’azione
(Reale e Antiseri, 1994).
"I wish no living thing
to suffer pain."
Percy Bysshe Shelley (1792-1822)
L’animalismo, basato sull’art. 1 ("tutti gli animali nascono uguali
davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza") della
"Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale" (proclamata il 27
gennaio 1978 a Bruxelles per iniziativa dell’UNESCO), si fonda sul
presupposto che l’essere umano, come ha operato un’iniqua
discriminazione in base alla razza e al sesso, ritenendo che la razza
bianca fosse superiore alle altre e che gli uomini fossero superiori alle
donne, così ha operato un’iniqua discriminazione tra se stesso e gli
animali, ritenendosi superiore ad essi e negando loro quei diritti che ha
riservato a se stesso. Questa ingiusta discriminazione dagli animalisti è
chiamata "specismo".
Lo specismo è dunque l’ideologia in base alla quale si negano agli
esseri viventi non umani i diritti che si attribuiscono agli esseri viventi
Introduzione
23
umani. In realtà, affermano gli animalisti, gli "specisti" attribuiscono
valore diverso ad esseri viventi che si trovano nelle stesse condizioni,
solo perché appartengono alla specie umana. Ci sono, tra gli appartenenti
alla specie umana, soggetti, detti "uomini marginali", come i bambini, gli
handicappati mentali, i soggetti in coma, che non possono essere
considerati agenti morali, che cioè non possono essere tutelati per essere
in possesso delle loro facoltà razionali; hanno però i requisiti per essere
ritenuti destinatari di considerazione morale ed ergo hanno
riconoscimento e tutela. Questo significa che non sono la razionalità e
l’autocoscienza a dare diritto alla tutela, ma il solo fatto di appartenere
alla specie umana. Sta qui, secondo gli animalisti, l’ingiustizia dello
specismo: gli animali, poiché non hanno razionalità e coscienza, si
trovano nelle stesse condizioni degli "uomini marginali": perché allora si
riconoscono diritti ai bambini e agli handicappati mentali e non si
riconoscono agli animali, che sono nelle stesse condizioni?
Partendo dall’osservazione di Bentham circa gli animali — The
question is not: can they reason? Nor, can they talk? But, can they
suffer? (Il problema non è: possono ragionare? E neppure: possono
parlare? Ma: possono soffrire?) — Singer (1990) ritiene che la capacità
di "soffrire" (e di provare gioia) è ciò che rende uguali gli uomini e gli
animali: il primo e supremo "interesse" degli uomini e degli animali è
Introduzione
24
l’abolizione della sofferenza. In questo "interesse" uomini e animali sono
uguali e hanno uguale "diritto".
Se si ammette che gli animali hanno dei diritti, ne deriva che
l’uomo ha dei doveri, ma questo rapporto diritti-doveri a che livello si
pone: di individuo, di specie o più genericamente della vita? Le posizioni
dell’uomo sono riconducibili, secondo Verhoog (2000), a cinque teorie
bio-etiche:
1) la teoria antropocentrica, secondo la quale gli esseri umani non
hanno alcuna responsabilità morale verso gli animali e le forme di
violenza verso questi ultimi sono prese in considerazione solo per
la possibilità che possano essere rivolte anche verso la società;
2) la teoria pathocentrica, secondo la quale gli esseri umani hanno
l’obbligo di ridurre al minimo le sofferenze degli animali, in
quanto essi, come noi, sono in grado di provare dolore;
3) la teoria zoocentrica, secondo la quale gli esseri umani hanno
l’obbligo di prendere in considerazione gli interessi considerati
essenziali e costitutivi della natura degli animali;
4) la teoria biocentrica, secondo la quale la considerazione e
l’attenzione degli esseri umani deve essere rivolta a tutti gli esseri
viventi, piante comprese;
Introduzione
25
5) la teoria bio-etica ecocentrica, in cui sono presi in considerazione
anche i concetti di “specie” ed “ecosistema” in quanto depositari
di un valore intrinseco.
Nel 1992 Rollin, nell’opera Animal Rights and Human Morality,
rifacendosi ad Aristotele, introdusse il concetto di télos. Aristotele
afferma che “tutto ciò che è per natura esiste per un fine” (Abbagnano e
Fornero, 1992),
NATURA NIHIL FACIT FRUSTRA, NON DEFICIT IN
NECESSARIIS, NEC ABUNDAT IN SUPERFLUIS.
“La natura non fa nulla inutilmente, non viene meno
nelle cose necessarie e non abbonda nelle superflue.”
(Aristotele. De anima, 3,45)
che ogni natura ha in sé il proprio fine che la forma inscrive
potenzialmente nella materia e che tende a realizzarsi nella propensione
che ogni natura ha alla propria perfezione (Ciancio et al., 1990); il tèlos
appunto, concetto centrale nella forma di vita greca: esso è il fine ma
anche la fine, è lo scopo ma anche il compimento, la perfezione, la
morte. L'universo si muove, cioè vive, perché aspira alla sua morte, al
suo tèlos. Per Rollin, ciascuna specie animale ha un’intrinseca, una
“natura” geneticamente messa in codice, il tèlos appunto. Ad esempio, è
nella natura dei canarini volare, dei maiali scavare, e delle vacche
ruminare … il rispetto per gli animali sta quindi nel non negare quegli
elementi, quegli interessi che provengono dalla loro stessa “natura”.
Introduzione
26
Secondo Heeger e Brom (2001), uno dei doveri dell’uomo è
quello di assicurare il benessere degli animali durante tutta la loro vita,
evitando loro sofferenze in quanto esseri senzienti; un altro riguarda la
possibilità che essi possano prosperare, dal momento che, sotto il
dominio umano, sono stati privati dell’opportunità di prendersi cura di
loro stessi. L’ultimo dovere è quello di rispettare l’integrità fisica e
morale degli animali: ad esempio, la selezione di bovini dalla “groppa
doppia” ha aumentato le difficoltà al parto e ciò costituisce una
violazione dell’integrità dell’animale. L’integrità presuppone
l’interconnessione, la bilanciata armonia delle parti di un organismo:
eliminare le corna alle vacche, ad esempio, anche se fatto in maniera
indolore, rappresenta una violazione dell’integrità animale, così come lo
è anche il modificare geneticamente un animale (Verhoog, 2000).
Il problema è che l’uomo valuta le conseguenze del suo operato
sugli animali e non il suo operato; ci si preoccupa di trovare un giusto
equilibrio tra la sofferenza indotta nell’animale ed il beneficio che se ne
può trarre. In questo senso, l’allevamento selezionato di avicoli resi
ciechi mediante mutazioni genetiche per ridurre mutilazioni e
cannibalismo in batteria appare senz’altro indolore e molto più
vantaggioso rispetto alla pratica del debeccaggio. In verità, scrive
Forberg (2001), in questo modo si viola l’identità dell’animale, pertanto
la pratica, moralmente ripugnante, andrebbe abolita.
Introduzione
27
Nella valutazione del danno per l’animale e del vantaggio per
l’uomo si è poi portati a prendere in considerazione la necessità dell’atto;
esempi di danni “necessari” per gli animali possono essere la
sperimentazione della validità dei vaccini (Heeger e Brom, 2001) o di
farmaci, la manipolazione genetica di pecore perché possano produrre
latte con proteine importanti nella cura dell’enfisema (Forberg, 2001), …
Molte, troppe sarebbero ancora le idee da considerare … agli
animali, però, non interessa quello che pensiamo, ma le azioni che
compiamo su di loro: è in questo contesto che si inserisce il concetto di
benessere animale.
Introduzione
28
1.3. Alcune definizioni di benessere
Il 1976 rappresenta sicuramente un anno importante e decisivo per
il benessere animale; infatti, in quell’anno, a Strasburgo, gli Stati membri
della Comunità Europea, con la Convenzione europea sulla protezione
degli animali negli allevamenti, hanno ritenuto auspicabile adottare
disposizioni comuni per proteggere gli animali negli allevamenti, in
particolare nei sistemi moderni di allevamento intensivo.
Altro documento importante è la Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Animale, presentata a Bruxelles il 26 Gennaio 1978 e
successivamente proclamata a Parigi il 15 Ottobre dello stesso anno
presso la sede dell’UNESCO. Questo documento, redatto da personalità
appartenenti al mondo scientifico, giuridico, filosofico ed alle principali
associazioni mondiali di protezione animale, rappresenta il primo passo
verso un nuovo modo di intendere i rapporti tra l’uomo e le altre specie.
Ex tunc, gli scienziati che si occupano di benessere animale ed i
filosofi che si occupano di etica animale hanno lavorato per lo stesso fine
usando, però, almeno inizialmente, diversi concetti, supposizioni e
termini che hanno finito col creare due diverse culture (Fraser, 1999). Ad
alcuni scritti filosofici si criticava:
• l’attenzione rivolta solo sul singolo individuo piuttosto che sulla
popolazione o sull’ecosistema;
• la sola difesa di singoli principi etici;
Introduzione
29
• la ricerca di soluzioni attraverso la teoria etica con scarso ricorso
alla conoscenza empirica;
• il raggruppare i diversi gruppi tassonomici in un’unica categoria
morale;
• il proporre soluzioni di massa per le diverse pratiche di utilizzo
degli animali.
Alcuni scienziati, invece, presero le distanze dai filosofi
sostenendo che la sofferenza o altre esperienze soggettive non
rientravano nell’indagine scientifica e che la scienza poteva “misurare” il
benessere animale come se fosse un puro concetto empirico. Negli ultimi
tempi si è assistito ad una crescente convergenza dell’approccio
scientifico e di quello filosofico; ciò potrebbe condurre ad un più
integrato campo di studio ed ad una più grande consapevolezza che né
l’informazione empirica né la riflessione etica possono, da sole,
raggiungere l’obiettivo di perseguire un rapporto più equilibrato tra la
specie umana e le altre specie animali.
Il “benessere animale” rimane un argomento complesso ed è
sempre aperto il dibattito sia sulla sua definizione che sulle misure più
idonee per poterlo misurare. Tra le tante definizioni si riportano le
seguenti:
• “welfare è un termine dal significato vasto, che comprende il
benessere sia fisico che mentale dell'animale. I tentativi di
Introduzione
30
valutarlo devono considerare l'evidenza scientifica disponibile
relativamente alle sensazioni degli animali, evidenza che può
derivare dalla loro struttura e funzioni, come pure dal loro
comportamento” (dal Brambell Report, 1965);
• “significa vivere in ragionevole armonia con l’ambiente, tanto
fisicamente quanto psicologicamente, nel senso che l’ambiente
deve rientrare nel campo di adattabilità della natura animale” (van
Putten, 1973);
• “è uno stato di salute completa, sia fisica che mentale, in cui
l’animale è in armonia con il suo ambiente” (Hughes, 1976);
• “gli animali dovrebbero essere allevati in modo da non disturbare
le loro funzioni fisiologiche ed il loro comportamento ed in modo
da non chiedere troppo alla loro adattabilità. L’alimentazione
degli animali, la cura dell’uomo nei loro riguardi e le condizioni
di allevamento sono appropriate quando incontrano le esigenze
dell’animale secondo lo stato di esperienza e la conoscenza della
psicologia, dell’etologia e dell’igiene.” (Swiss Animal Welfare
Regulations, § 1);
• “il welfare di un organismo è determinato dallo stato in cui si
trova in relazione ai tentativi di adattarsi all’ambiente” (Broom,
1986);
Introduzione
31
• “il welfare di un animale fa riferimento alla qualità della sua vita,
e coinvolge molti elementi diversi come la salute, la felicità e la
longevità, a cui diverse persone attribuiscono differenti gradi di
importanza” (Tannenbaum, 1991, Fraser, 1995);
• “le cinque libertà:
o libertà dalla sete, dalla fame e dalla malnutrizione;
o libertà dal disagio;
o libertà dal dolore e dalle malattie;
o libertà di esprimere un comportamento normale;
o libertà dallo stress e dalla paura” (Farm Animal Welfare
Council, 1993);
• “è lo stato dell’animale nel tentativo di affrontare il suo ambiente
naturale” (Fraser e Broom, 1990);
• “è determinato dalla sua capacità di evitare la sofferenza e di
mantenersi in salute” (Webster, 1999).
Nel definire il benessere animale si dovrebbe evitare, da un lato,
l’estremo “meccanicismo” di una visione ormai superata ed anacronistica
dei soggetti allevati, e, dall’altro, l’antropomorfismo viscerale che
inibisce uno studio oggettivo e l’ottenimento di conoscenze reali sugli
animali stessi e sulle loro esigenze specie-specifiche. Il benessere degli
animali dovrebbe essere perseguito ripristinando condizioni di vita più
simili a quelle riscontrabili allo stato naturale, ovvero più consone alle
Introduzione
32
loro esigenze specifiche, senza cessare di utilizzarli per il conseguimento
di un reddito.
In questo senso, la zootecnia bioecologica ed etologica può
rappresentare una valida alternativa ai tradizionali sistemi di
allevamento, sia perché si realizza un tipo di zootecnia sostenibile, sia
perché si prendono in considerazione la “natura” di animali e piante -
elemento della teoria biocentrica - ed il benessere animale - elemento
della teoria zoocentrica - (in accordo al reg. CE n. 1804/1999, le
condizioni di allevamento devono “incontrare i bisogni fisiologici ed
etologici del bestiame”).
Quest’alternativa, nonostante sia molto valida, non può essere
considerata la soluzione assoluta, anche perché non permetterebbe il
soddisfacimento dei bisogni del genere umano, in previsioni di crescita
per il futuro. Non resta, quindi, che verificare il livello di benessere e di
adattamento praesertim in quegli animali il cui allevamento ha
caratteristiche spiccatamente intensive e, di conseguenza, elaborare dei
migliori sistemi di gestione, associando magari ogni singolo fattore
inerente al benessere animale ad un problema economico (Skele e
Ziemelis, 2001).
Introduzione
33
1.4. Le normative in materia di benessere animale
Si riporta di seguito l’elenco delle normative comunitarie ed il
loro recepimento a livello nazionale.
CONTENUTO DELLA NORMATIVANORMATIVA
COMUNITARIA DI RIFERIMENTO
RECEPIMENTO NAZIONALE
Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione degli animali negli
allevamenti.
Sottoscritta a Strasburgo il 10/3/76
L. 14.10.85, n. 623
Approvazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione
degli animali negli allevamenti. Dec. 78/923/CEE
Risoluzione sulla politica in materia di benessere degli animali.
Sottoscritta il 20/2/87
Raccomandazioni del Comitato Permanente della Convenzione europea
sulla protezione degli animali. Sottoscritte il 21/10/88
Protezione degli animali negli allevamenti.
Proposte di direttive (92/C 156/04) e COM(92)0192 –
C3-0254/92
Requisiti minimi applicabili all’ispezione degli allevamenti.
Decisione 2000/50/CE
Nuove norme contro il maltrattamento degli animali.
L. 22.11.93, n. 473
Norme sulla protezione degli animali negli allevamenti.
Dir. 98/58/CE D.lgs 24.06.2001 n. 146
Norme minime per la protezione delle galline ovaiole in batteria.
Dir. 88/166/CE Dir. 95/29/CE
Dir. 99/74/CE Dir.86/113/CED.P.R. 24.05.1988 n. 233
Norme minime per la protezione dei vitelli.
Dir. 97/2/CE Dir. 97/182/CE Dir. 91/629/CE
D.lgs 30.12.1992 n. 533 modificato da D.lgs
331/98
Norme minime per la protezione dei suini.
Dir. 91/630/CE D.lgs 30.12.1992 n. 534
Protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento.
Dir.93/119/CE D.lgs 1998 n. 333
Alimentazione animale. Dir. 95/69/CE D.lgs 1999 n. 123
Protezione degli animali durante il trasporto.
Dir. 91/628/CE Dir. 95/29/CE
Dir. 411/98 D.lgs 20.10.1998 n. 388
Soste durante i lunghi viaggi. Reg. 1255/97
Zootecnia biologica. Reg, 2092/91
Introduzione
34
1.5. Lo stress nell’allevamento zootecnico
La richiesta di sempre più abbondanti alimenti e prodotti di
origine animale ha spinto il settore zootecnico all’utilizzo di tecniche di
allevamento che possono risultare per l’animale di particolare gravità o
di tensione con l’ambiente. Hans Selye (1950) constatò che nelle
suddette situazioni l’organismo reagisce con l’attivazione dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene, che determina la liberazione di glicocorticoidi
(cortisolo e corticosterone), ed utilizzò il termine stress per definire il
fenomeno.
La liberazione di glicocorticoidi, da allora, è stata considerata una
risposta adattativa comune a diverse cause stressanti di natura molto
eterogenea. Quella di Selye (1950), tuttavia, fu una semplificazione, in
quanto, oltre al CRH (Corticotropin Releasing Hormone o
corticoliberina) ed alla VP (vasopressina), esistono almeno altri due
ormoni che portano alla liberazione dell’ACTH (Adrenocorticotropic
Hormone o corticotropina): l’adrenalina (Giguere e Labrie, 1983) e
l’ossitocina (Link et al., 1993) e, probabilmente, meccanismi diversi di
regolazione vengono attivati a seconda della natura dello stimolo
stressante.
Nel 1985, Moberg presentò un modello che suddivideva
l’evolversi della risposta allo stress in tre fasi generali: il riconoscimento
Introduzione
35
del fattore stressante (o stressor, stressore), la difesa biologica contro lo
stesso e le conseguenze della risposta allo stress:
Figura 1 – Un modello della risposta biologica degli animali allo stress (Moberg, 1985).
Riconoscimento
di una minaccia per l’omeostasi
Risposta allo stress
Conseguenze dello stress
STIMOLO
(-)
SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERCEZIONE DEL FATTORE STRESSANTE
ORGANIZZAZIONE DI UNA DIFESA BIOLOGICA
RISPOSTA BIOLOGICA
(comportamentale, autonoma, neuroendocrina, immunologia)
FUNZIONE BIOLOGICA NORMALE (+)
FUNZIONE BIOLOGICA ALTERATA
STATO PREPATOLOGICO
SVILUPPO DELLA PATOLOGIA
Secondo Broom (1990) la condizione di stress si verifica
ogniqualvolta un individuo si trova di fronte ad una situazione avversa o
ad un potenziale pericolo che, per essere combattuto, richiede un
aumento della quota di energia disponibile attraverso la mediazione del
surrene.
Nello stress acuto la risposta iniziale è rappresentata dalla
liberazione di catecolamine da parte della midollare del surrene,
dall’attivazione del sistema catecolaminergico centrale, dall’attivazione
corticale (colinergica) e dall’attivazione del sistema neurovegetativo
Introduzione
36
simpatico; contemporaneamente, si attiva la secrezione ipotalamica del
CRH, che tramite la liberazione ipofisaria dell’ACTH determina
l’aumento di glicocorticoidi: l’animale si trova, così, in uno stato di
allarme. Se la situazione dannosa prende il sopravvento, si verifica un
potenziamento dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, mentre il
sistema catecolaminergico viene depresso a livello centrale e periferico.
A livello comportamentale ciò si traduce in una depressione delle attività
neuromuscolari e nella limitazione di tutte le attività comportamentali
(motorie, esplorative, competizione, riproduzione) e metaboliche
(accrescimento, sintesi proteica, …) non strettamente indispensabili alla
conservazione dell’individuo: si passa così da uno stato di allarme ad uno
stato di resistenza (Debenedetti, 1992), a cui fa seguito uno stato di
esaurimento.
Tuttavia, se l’intensità o la durata del fattore stressante non eccede
la capacità dell’animale di adattarsi ad esso, gradualmente si passerà
dallo stato di allarme a quello di adattamento, durante il quale l’animale
cercherà di attenuare il fattore stressante ad un costo metabolico o
fisiologico costante (figura 2).
Introduzione
38
La figura 3 riporta le relazioni tra comportamento, stress e patologia:
Figura 3 – Relazioni tra stress, comportamento e patologia (Dantzer e Mormède, 1979; modificato).
Stimolo ambientale Conseguenze comportamentali neuro-ormonali Possibile adattamento strutturali funzionali in funzione dell’esperienza e delle caratteristiche manifestazioni genetiche. patologiche
Poiché l’aumento della secrezione di glicocorticoidi, in particolare
di cortisolo, è una caratteristica costante dello stato di allarme, la
concentrazione nel sangue di cortisolo è considerata un indice oggettivo
di stress. Conseguentemente, questo approccio potrebbe rappresentare un
valido strumento per valutare il benessere animale; occorre, però,
ricordare che la variazione del livello di cortisolo può essere dovuta a
stimoli la cui natura è molto eterogenea (paura, freddo, eccitazione
sessuale, allattamento, …) e, pertanto, questo tipo di approccio alla
valutazione del benessere animale non consente una corretta distinzione
degli stessi.
Dal momento che lo stress non può essere eliminato, la nostra
attenzione deve essere rivolta sulla sua gestione (Moberg, 2000): si
potrebbe, ad esempio, eliminare la risposta allo stress convincendo
l’animale che non sussistono minacce o distogliendo la sua attenzione
Introduzione
39
dallo stimolo. Un altro potenziale approccio potrebbe essere quello di
impegnare gli animali in altri modi durante lo stress o di trarre vantaggio
da quelle che sono le modificazioni della risposta allo stress migliorando
le condizioni di allevamento.
Per quanto concerne il distress, l’American Veterinary Medical
Association (1987) lo definisce come quello stato in cui l’animale non è
in grado di adattarsi all’ambiente od alla modificazione degli stimoli
interni. Se gli stressori sono di breve durata, le reazioni in funzione
dell’adattamento solitamente non comportano effetti dannosi successivi,
sebbene ciò possa accadere. Un distress prolungato od eccessivo può
causare reazioni negative, per esempio, alterazioni del comportamento
alimentare o di quello sociale, inefficienza riproduttiva, e può anche
produrre la comparsa di condizioni patologiche, come lesioni gastriche
ed intestinali, ipertensione, immunosoppressione. Il distress può anche
essere causato da modificazioni di stati interni, quali malattia, nausea,
ansia eccessiva e timore. Tali reazioni possono diventare permanenti e
minacciare seriamente il benessere.
Introduzione
40
1.6. Misurazione e monitoraggio del benessere
Sebbene siano stati condotti numerosi studi sul benessere animale
ancora non esiste una definizione univoca ed universalmente
riconosciuta. Ciò è dovuto alla natura stessa di questo concetto, che non
è puramente scientifico, come potrebbe essere il fabbisogno nutritivo per
una determinata categoria animale o l’ereditabilità di un carattere; infatti,
in esso rientrano, oltre a valutazioni di natura scientifica, considerazioni
etiche su cui si fa sentire il peso dell’opinione pubblica.
Le valutazioni scientifiche vengono effettuate in condizioni
sperimentali ben controllate in laboratorio o su pieno campo e prendono
il nome di misurazione del benessere. Tra le variabili più frequentemente
prese in considerazione si ricordano quelle di tipo comportamentale
(rilevazione del repertorio comportamentale e di stereotipie, conduzione
di open field test e fear test, ecc.), fisiologico (livelli plasmatici di vari
ormoni, condizioni cardiovascolari, ecc.), immunologico (risposta
umorale e cellulare), patologico (individuazione di particolari sintomi
clinici e di specifici patogeni), ecc..
Scopo di tali esperimenti è l’identificazione di condizioni
ambientali, genetiche o legate all’esperienza, e quindi apprese, che
influenzino lo stato di benessere degli animali allevati. Tuttavia, quando
la finalità è quella di effettuare un monitoraggio del benessere a livello
aziendale, non tutti gli indicatori applicabili a condizioni rigorosamente
Introduzione
41
sperimentali possono essere utilizzati, sia per il loro costo, in termini
economici e di tempo necessario per condurre le indagini, che per la
necessità di disporre di personale e di equipaggiamenti specializzati.
Pertanto, si rendono necessari alcuni aggiustamenti o semplificazioni dei
suddetti indicatori, mentre indici di altra natura, poco adatti
all’applicazione in esperimenti su piccola scala, possono risultare più
appropriati per il monitoraggio a livello aziendale. Inoltre, il
monitoraggio può tener conto di opinioni (consumatori, distributori,
politici, …) ed indirizzi di origine diversa (scientifici, normativi, …),
della scelta dei parametri da utilizzare e del peso da attribuire a ciascuno
di essi.
La valutazione del benessere a livello aziendale può essere
eseguita seguendo due diversi approcci. Il primo si avvale dei design
criteria ed è basato sulla valutazione di elementi tecnici e strutturali
quali, ad esempio, la disponibilità di spazio, la facilità di assunzione
dell’alimento e dell’acqua di abbeverata, il tipo di pavimentazione, la
rumorosità ambientale, la presenza di opportuni sistemi di ventilazione e
le condizioni igieniche dell'allevamento.
Alcuni studi hanno evidenziato una stretta relazione tra i criteri
tecnici, lo stato di salute ed il comportamento animale; ad esempio, lo
spazio per l'alimentazione svolge un ruolo importante in relazione al
comportamento agonistico ed anche ai rischi di eventuali ferite e lesioni
Introduzione
42
cutanee. Lo spazio alla mangiatoia, infatti, è importante, sia per il giusto
apporto di alimento ed acqua, sia per consentire un buon comportamento
sociale all'interno dell'allevamento (Sundrum, 1997).
Tuttavia, l’orientamento attuale è quello di affidarsi alle
informazioni ottenibili direttamente dagli animali ogniqualvolta sia
possibile (Wemsfelder et al., 2001). Infatti, esiste un secondo approccio
basato sui performance criteria, che ricorre all’osservazione diretta degli
animali per giungere alla formulazione di un giudizio mediante indici
affidabili, tra i quali: mortalità, longevità, morbilità, distanza di fuga,
pulizia corporea, stato di ingrassamento, lesioni cutanee, zoppie,
stereotipie, aggressività, ecc..
Introduzione
43
1.7. Approcci allo studio del benessere
La ricerca sullo studio delle capacità di adattamento e di risposta
degli animali domestici alle diverse condizioni di allevamento e di
gestione da parte dell’uomo comprende oggi una serie di discipline che,
interagendo tra loro, consentono di focalizzare l’attenzione su diversi
aspetti che coinvolgono l’organismo e la sua interazione con l’ambiente:
tra queste l’etologia, la fisiologia, la genetica, e, più recentemente, la
psiconeuroendocrinoimmunologia, che sintetizza le relazioni tra sistema
nervoso, sistema neuro-endocrino e sistema immunitario.
Alcuni autori, però, ritengono che tale settore di indagine debba
tener conto anche di ciò che un organismo percepisce come “positivo” o
“negativo” per la propria qualità di vita (Tannebaum, 1991). In
particolare, Fraser (1995) ritiene che:
• la concezione di benessere deve includere valori di carattere etico
o morale relativi a ciò che è migliore o peggiore, più o meno
importante per la qualità della vita;
• lo studio e l’interpretazione scientifica del benessere derivano da
quanto esposto al punto precedente e tali considerazioni di valore
non vanno confuse con le valutazioni tecniche;
• la scienza può, in molti casi, identificare, risolvere e prevenire
problemi di benessere per gli animali, ma non può essere
Introduzione
44
considerata esaustiva in quanto non vi sono sistemi oggettivi di
misurazione e non è in grado di eliminare una serie di
contraddizioni con aspetti di natura etico – morale.
Mason e Mendl (1993) hanno individuato tre tipi fondamentali di
problemi nella misurazione del benessere animale:
1) le diverse misure non variano sempre nello stesso senso;
2) il significato delle misurazioni può essere di difficile
interpretazione;
3) la ripetibilità di misurazioni chiare ed inequivocabili può essere
scarsa in funzione di diverse situazioni di valutazione.
Questi problemi sono riconducibili ad una serie di fattori, che gli stessi
autori sintetizzano nei seguenti punti:
• il tipo di situazione stressogena;
• lo stato “psicologico”, cioè le caratteristiche della percezione
dello stimolo a livello individuale;
• il momento e la durata di somministrazione dello stressore;
• la sequenza temporale della reazione allo stimolo, come nel caso
dell’attivazione simpatico-medullo-surrenale e di quella ipofisi-
cortico-surrenale;
• le differenze in funzione della specie;
• le differenze in funzione dell’età e del sesso;
• le differenze in funzione della variabilità individuale;
Introduzione
45
• il significato dei diversi indicatori misurati.
Dunque, perché gli studi sul benessere possano fornire risultati e
conclusioni chiari, è necessario identificare il più precisamente possibile
le variabili da misurare (produttività, ambiente, interazione con l’uomo,
cura alimentare, …), in modo da evidenziare con chiarezza ciò che è
direttamente osservabile e quantificabile. A questo riguardo, Duncan e
Fraser (1997) hanno individuato tre diversi approcci:
1) l’approccio basato sui “feelings”, cioè sulle sensazioni soggettive
degli animali (dolore, sofferenza, piacere, …). In questo
approccio, l’aspetto etico deriva dalla considerazione che gli
animali possano avere “esperienze soggettive”, piacevoli o
spiacevoli, capaci di influenzare il loro benessere. Il compito della
scienza è quindi quello di studiare ed interpretare tali esperienze
utilizzando sia dei test di preferenza che degli indicatori
comportamentali e fisiologici di stati emotivi. I test di preferenza
hanno lo scopo di far scegliere all’animale tra situazioni diverse
quella in cui prova sensazioni più gradevoli, ed anche di motivarlo
a compiere una serie di azioni od a lavorare per ottenere tale
vantaggio. E’ importante che i test riflettano realmente la
preferenza dell’animale e l’intensità della preferenza stessa,
misurando ad esempio la quantità di lavoro che un soggetto è
disposto ad effettuare per ottenere un determinato vantaggio tra
Introduzione
46
una serie di possibilità. Gli indicatori comportamentali includono,
oltre alla risposta a test di preferenza, anche la presenza di
alterazioni rispetto al repertorio comportamentale “normale”: vari
tipi di comportamenti stereotipati, ad esempio, sono stati
interpretati come sintomi di fame, frustrazione, noia o come un
desiderio di fuggire a circostanze sgradevoli (Rushen et al., 1993;
Wemelsfelder, 1993). I problemi che connotano questo approccio
sono rappresentati dalla difficoltà di verificare le sensazioni
soggettive degli animali attraverso i metodi oggettivi tipici della
ricerca scientifica;
2) l’approccio “naturale”, basato sulla possibilità, per l’animale, di
esprimere il repertorio comportamentale della specie a cui
appartiene. L'assunto di base è che gli animali dovrebbero essere
allevati in un ambiente naturale, tale cioè che consenta loro di
comportarsi naturalmente, o meglio abbiano la libertà di
manifestare tutti i loro comportamenti naturali (Webster et al.,
1986). In quest’approccio spesso si studia il comportamento degli
animali allo stato selvatico per compararlo con quello di animali
simili allevati in cattività: le differenze denotano deficienze
nell’ambiente captivo e possono essere utili alla creazione di
ambienti che permettano di esprimere il completo repertorio
comportamentale animale (figura 4).
Introduzione
47
Figura 4 – Modello concettuale dei problemi di benessere animale che possono sorgere quando le capacità di adattamento degli animali (cerchio A) non permettono l’adeguamento alle condizioni di allevamento. L’area 1 rappresenta quegli aspetti della natura animale che non hanno un ruolo funzionale nelle condizioni di allevamento; l’area 2 rappresenta le sfide ambientali che superano le capacità di adattamento dell’animale; l’area 3 rappresenta le condizioni di allevamento rispetto alle quali gli animali posseggono adeguati meccanismi di risposta (Fraser et al., 1997; modificato).
1 3 2
Cerchio A: Cerchio B: “Adattamento nella “Sfide” nell’ambiente natura innata dell’animale. di allevamento.
I problemi collegati a questo approccio consistono praesertim
nella difficoltà di interpretare il significato di “naturale” in
relazione all'evoluzione dell'habitat in cui gli animali vengono
attualmente allevati;
3) l’approccio “funzionale”, basato sulla buona espressione delle
principali funzioni biologiche degli animali. Si presuppone che il
benessere degli animali dipenda dal funzionamento “normale” o
soddisfacente dei loro sistemi biologici. Pertanto, situazioni di
ridotto benessere sono associate ad esempio alla presenza di
patologie, di lesioni, di malnutrizione; al contrario, una buona
Introduzione
48
situazione di benessere è associata, ad esempio, ad alti livelli di
accrescimento, di fertilità e di fitness. L'approccio funzionale,
rispetto a quello basato sulle sensazioni degli animali, presenta il
vantaggio di utilizzare indicatori più oggettivamente analizzabili e
misurabili rispetto alle sensazioni soggettive. Tuttavia, non è
semper possibile stabilire una connessione precisa tra la
funzionalità biologica globale ed il reale stato di benessere;
inoltre, è possibile che i diversi indicatori non concordino tra loro.
Aghina (1999b) suddivide le variabili da misurare, od indicatori di
benessere, in due categorie: generali e particolari. Gli indicatori generali
riguardano il tipo di “sforzi” (e la loro entità) che l’animale deve
produrre per dominare l’ambiente, per cui sono stati definiti “indicatori
di affermato dominio”. I quattro più importanti sono:
• diminuzione della mortalità neonatale;
• diminuzione della mortalità infantile;
• aumento della fertilità;
• diminuzione delle cosiddette patologie condizionate.
Gli indicatori particolari riguardano principalmente:
• alcune caratteristiche produttive;
• le modificazioni fisiologiche;
• le modificazioni comportamentali;
• i danni tissutali;
Introduzione
49
• il grado di adattabilità;
• la morbilità totale;
• la mortalità totale.
La corretta utilizzazione di questi indicatori, spiega l’autore, prevede di:
• esaminare accuratamente ogni situazione alla ricerca degli
stressori eventualmente presenti;
• formulare diagnosi dettagliate per le svariate forme morbose, sia
per quelle conseguenti a “sforzi” per l’adattamento od a distress di
breve o lunga durata.
Johnsen et al. (2000) raggruppano gli indicatori di benessere nelle
quattro categorie seguenti:
a) indicatori patologici (mortalità, morbilità, patologie e
lesioni);
b) indicatori fisiologici (livelli ormonali, frequenza cardiaca,
stato immunitario);
c) indicatori comportamentali (analisi dell'etogramma, test di
reattività, test di preferenza);
d) indicatori produttivi (accrescimento, indice di conversione).
Lesioni e patologie sono chiari segni di ridotto benessere, tuttavia,
sostiene Sundrum (1997), può essere difficile determinare l’eziologia del
risultato patologico e decidere se la causa ha a che fare con le condizioni
di allevamento o con fattori dannosi come la malnutrizione od i patogeni.
Introduzione
50
Anche la mortalità, essendo causata da parecchi fattori, non può essere
considerata semper un criterio adatto a valutare le condizioni di
allevamento. I valori degli indicatori produttivi, invece, sono
strettamente connessi alla situazione specifica, che può cambiare entro
brevi periodi di tempo per fattori climatici o relativi al management o per
cambiamenti nei modelli comportamentali della mandria (la comparsa
dell’estro, ad esempio): pertanto, essi possono essere utili solo se le
condizioni di allevamento sono attentamente valutate. Lo studio delle
variabili comportamentali, poi, implica la necessità di conoscere il
repertorio specie-specifico e le alterazioni rispetto a questo. Di
conseguenza è possibile identificare i comportamenti indicatori di
disagio, di dolore o di stress acuto o cronico, compresa la manifestazione
di comportamenti “anormali” quali le stereotipie, che possono indicare
“senso di fame, di frustrazione, di noia, o desiderio di fuggire da una
situazione sgradevole” (Rushen et al., 1993; Wemesfelder, 1993). Nella
valutazione, però, occorre considerare che alcune “stereotipie
comportamentali”, come il così detto “giocare con la lingua dei vitelli”,
sembrano riflettere uno specifico problema legato al tipo ed al modo di
somministrazione dell’alimento, piuttosto che essere imputabili al
genotipo ed all’inadeguatezza dell’ambiente di allevamento (Rushen,
1994). Gli indicatori fisiologici, infine, tendono ad individuare le
conseguenze sia dello stress acuto che di quello cronico. Più in
Introduzione
51
particolare, gli indicatori di stress acuto, costituito ad esempio dalla
cattura e dalla manipolazione dell’animale, includono la valutazione
dell’attivazione dell’asse simpatico-medullo-surrenale, quindi le
modificazioni, rispetto ai valori basali, dei livelli di frequenza cardiaca e
di catecolamine, e la valutazione dell’attivazione dell’asse ipotalamo-
ipofisi-cortico-surrenale, quindi le modificazioni, rispetto ai valori basali,
dei livelli di ormoni quali ACTH e cortisolo. Gli indicatori di stress
cronico comportano l’uso di metodologie quali l’analisi della
modificazione dei livelli di corticosteroidi indotta da somministrazione
di ACTH o quella dei livelli di ACTH indotta da somministrazione di
CRH (Terlow et al., 1997). Lo stress cronico può determinare anche
l’insorgenza di situazioni patologiche a livello cardiovascolare (Sundin
et al., 1995), gastrointestinale, e riduzione di funzioni immunitarie
(Ekkel et al., 1995), quali la proliferazione linfocitaria e la risposta
anticorpale (Ferrante et al., 1998; Coppinger et al., 1991; Ekkel et al.,
1995). L'alterazione delle funzioni immunitarie va tuttavia valutata in
relazione allo stressore ed al tipo di funzione considerata, in quanto,
talvolta, si può avere incremento di alcune funzioni immunitarie, anziché
depressione, in risposta allo stressore (Dubreuil et al., 1993).
Introduzione
52
1.8. L’interazione uomo-animale
Nel miglioramento del benessere animale, l’allevatore ed il suo
sistema di interazione con il bestiame hanno un ruolo determinante; ciò
giustifica le numerose ricerche sperimentali volte ad indagare il contatto
tra lo stockman, che è colui che si occupa direttamente della gestione
degli animali, ed il bestiame allevato. La qualità del rapporto stockman-
animale dipende sia dalla percezione che l’animale ha dell’uomo sia
dalla percezione che lo stockman ha dell’animale. L’uomo, in particolare,
rappresenta uno stimolo ambientale la cui percezione da parte
dell’animale può essere dedotta attraverso le sue risposte
comportamentali verso gli umani e classificata in quattro categorie
principali (Estep e Hetts, 1992):
1) l’uomo è percepito come un pericolo quando gli animali tendono
a fuggire od attaccano durante l’handling (manipolazione degli
animali): ciò è dovuto praesertim alle ridotte interazioni uomo-
animale, principalmente in giovane età. La diffusione delle stalle a
stabulazione libera e l’aumento del numero di vacche accudite dal
singolo stockman rispetto al passato, hanno ridotto la durata delle
suddette interazioni. La percezione dell’uomo come un pericolo
aumenta anche se le interazioni tra l’uomo e l’animale sono
negative. Ad esempio, Renger (1975) ha dimostrato che nel 65%
Introduzione
53
dei casi in cui lo stockman era sicuro di sé, calmo ed equilibrato i
tori reagivano con calma, mentre reagivano violentemente se lo
stockman era eccitabile, non equilibrato e tendente al
comportamento violento;
2) l’uomo è percepito come un oggetto indifferente se gli animali
non reagiscono alla sua presenza, come nel caso di un oggetto
inanimato;
3) l’uomo è percepito come un fornitore di alimenti o di acqua che
induce gli animali a soddisfare le loro esigenze;
4) l’uomo è percepito come un partner sociale quando la sua
presenza induce contatto, grooming (cura e pulizia reciproca
attraverso il leccamento, il mordicchiamento, ...), …, mentre il suo
allontanamento comporta una separazione sgradevole, in
particolare nell’isolamento sociale. Ad esempio, è emerso che il
numero di belati e l’agitazione degli agnelli può aumentare
quando lo stockman si allontana (Boivin et al., 2000).
Anche la percezione che l’uomo ha dell’animale è variabile e,
conseguentemente, lo è anche il concetto di benessere animale. De Jonge
et al. (2000), ad esempio, hanno rilevato che:
• gli allevatori olandesi convenzionali correlano il benessere dei
loro suini al livello di efficienza produttiva aziendale ed al rispetto
delle norme legislative;
Introduzione
54
• gli allevatori biologici, invece, lo correlano all’abilità dell’animale
di esprimere il suo comportamento naturale, lo valutano sulla base
di osservazioni dirette e guardano alle norme legislative come ad
un modo per migliorare ulteriormente il sistema di allevamento.
In ogni caso, la salute ed il benessere degli animali in azienda dipendono
essenzialmente dall’azione dello stockman e dal suo comportamento
(tabella 1).
Tabella 1 – Comportamenti considerati necessari per una buona interazione con gli animali (Seabrook, 2000; modificato). .
UNA PIU’ ALTA PERFORMANCE ATTRAVERSO UNA BUONA INTERAZIONE
Personalità sicura. Comportamento coerente.
Stabilità emotiva. Personalità indipendente.
Non influenzato dal sistema. Contatti fisici positivi con gli animali.
Operant conditioning. Parlare con un tono di voce gentile.
In caso di crisi, restare calmi e stabili, utilizzare un tono di voce calmo. In caso di crisi, comportarsi razionalmente e con molto tatto.
Bassa aggressività.
Differenze nel comportamento e nei processi di interazione degli
stockmen possono essere correlate agli attributi della personalità
(Seabrock, 1972, 1995): la tabella 2 evidenzia quelli necessari per una
positiva interazione con l’animale.
Introduzione
55
Tabella 2 – Attributi della personalità degli stockmen che interagiscono positivamente (Seabrook, 1995).
Riservato * Estroverso Poco stabile emotivamente * Stabile emotivamente
Sicuro di sé * Poco sicuro di sé Umile * Intransigente Serio * Scherzoso
Opportuno * Coscienzioso Timido * Audace
Dall’animo forte * Dall’animo dolce Fiducioso * Sospettoso
Pratico * Teorico Senza pretese * Scaltro Tradizionale * Sperimentatore
Dipendente dal gruppo * Autosufficiente Indipendente * Coinvolto
Rilassato * Teso Poco intelligente * Intelligente
Gli attributi della personalità dello stockman possono variare in
funzione delle attività aziendali e dell’opinione che ha rispetto alle
stesse. Tale opinione è influenzata praesertim dal livello di efficienza del
management aziendale (tabella 3). L’avversione verso determinate
attività aziendali, e più in generale l’eccessivo carico di lavoro, è alla
base dei comportamenti aggressivi degli stockmen; in risposta a questi
comportamenti, gli animali possono avere reazioni di stress, acuto o
cronico, e di timore, a danno delle performance produttive (Seabrock,
1994).
Introduzione
56
Tabella 3 – Giudizio degli stockmen riguardo le attività aziendali (Seabrook e Wilkinson, 2000).
Alcuni studi dimostrano come i suini trattati negativamente manifestino
avversione verso le persone (Hemsworth, 1993; de Passillé et al., 1996),
con elevato timore verso l’uomo e conseguente stress cronico che si
riflette negativamente sulla crescita e sulla riproduzione (Hemsworth et
al., 1986). Analogamente, interazioni negative con le vacche da latte
sono correlate negativamente con la produzione di latte ed il contenuto di
proteine e grassi e positivamente con la concentrazione di cortisolo nel
latte (Hemsworth et al., 2000). Ulteriori studi hanno dimostrato che i
bovini sono in grado di riconoscere le persone in funzione del
trattamento ricevuto, positivo o negativo (Munskgaard et al., 1997; de
LE MIGLIORI/LE PREFERITE Mungitura. Assistenza al parto. Alimentazione. “Stare con gli animali”. Fecondazione.
PERCHÉ? “Mi piace/mi diverte”. “Posso vedere i risultati”. “Sono in contatto con i miei animali”. “Sono da solo”. “Mi sento bene nel farlo”. “Non è una routine”.
LE PEGGIORI/LE DISPREZZATE Pulizia. Toelettatura unghioni. Registrazione dei dati. Selezionare le vacche. Assistenza al parto. Alimentazione.
PERCHÉ? “Non mi piace, è sporco”. “E’ noioso”. “E’ pericoloso”. “Significa disbrigare le pratiche”. “E’ ripetitivo”. “Non vedo i risultati”. “E’ faticoso”.
Introduzione
57
Passillé et al., 1996), e che l’handling avverso degli stockmen aumenta il
timore delle vacche nei loro riguardi; la presenza di costoro durante la
mungitura può aumentare il latte residuale e ridurre così la produzione di
latte (Rushen et al., 1999). Hemsworth e Coleman (1998) hanno
proposto un modello per spiegare l’impatto dello stockman sugli animali
allevati in azienda:
Figura 5 – Modello di rapporto tra la caratteristica dello stockman ed il benessere animale e la produttività (Hemsworth e Coleman, 1998).
Stockman Animale
Comportamento verso gli animali.
Interazioni negative con gli animali.
Paura delle
persone.
Stress Benessere e
produttività.
In alcuni casi, lo stress dell’animale può essere trasmesso all’uomo: si
crea così un circolo vizioso, per cui più l’animale è stressato, più lo sarà
lo stockman.
Prolungati trattamenti delicati, invece, rendono il bestiame meno
timoroso nei confronti degli esseri umani (Boissy e Bouissou, 1988;
Boivin et al., 1994; Lensink et al., 2001a). Inoltre, l’incidenza delle
malattie è più bassa nelle aziende dove gli stockmen hanno un’attitudine
positiva verso i vitelli e si dedicano al contatto ed alla pulizia degli stessi
(Lensink et al., 2001a). Vi sono, poi, casi in cui la presenza degli
stockmen può ridurre le risposte allo stress degli animali. Ad esempio, è
stato riscontrato un minor numero di belati negli agnelli che, isolati dagli
Introduzione
58
altri, erano in presenza del loro custode familiare (Boivin et al., 1997). Il
contatto umano sembra ridurre alcuni segni comportamentali di
agitazione ed i livelli di frequenza cardiaca dovuti allo stress da
novità/isolamento, ma pare non avere effetti sulla produzione di latte o
sulle risposte ormonali (Rushen et al., 2001). Un contatto positivo
addizionale verso i vitelli, accarezzando loro il collo e le spalle ed
occasionalmente facendosi succhiare le dita, aumenta la loro motivazione
ad interagire con le persone (Lensink et al., 2001b).
Dal momento che il contatto tra l’uomo e l’animale è inevitabile
ed al tempo stesso utile ai fini del controllo sanitario e del benessere
globale, l’attenzione dovrebbe essere rivolta sulla riduzione degli effetti
stressogeni derivanti da tale interazione. Ante omnia, sarebbe opportuno
che l’allevatore organizzasse meglio le attività aziendali, in modo da
evitare eccessivi carichi di lavoro per gli stockmen, ed investisse
maggiormente in quelle attività considerate disagevoli, come ad esempio
la pulizia od il “fare i piedi” agli animali. Inoltre, dato che gli animali
imparano, con l’esperienza, a reagire agli stimoli ambientali, si possono
utilizzare proprio le loro capacità di apprendimento (“abituazione” ed
“associazione” tramite il condizionamento classico ed operante) per
evitare che tali stimoli inducano stress acuti o cronici. Ad esempio, se
l’allevatore è associato ad una situazione gradevole, l’animale tenderà ad
avvicinarsi a lui considerandolo una figura positiva del gruppo sociale.
Introduzione
59
Agire coerentemente, facendo seguire ai comportamenti desiderati
gratificazioni immediate (sia verbali che tattili), significa favorire
l’espressione di comportamenti positivi negli animali allevati. In tal
modo, anche le reazioni a trattamenti poco piacevoli ma indispensabili (i
trattamenti veterinari), possono venire “controcondizionate” attraverso
gratificazioni particolarmente appetite (Hemsworth et al., 1996), specie
se i suddetti trattamenti vengono eseguiti in apposite ubicazioni allo
scopo di ridurre la tendenza dell’animale a sviluppare una generalizzata
avversione verso le persone, poiché esso riceverà un trattamento migliore
in altre ubicazioni (Rushen et al., 1998).
Per incrementare gli atteggiamenti positivi dello stockman verso
gli animali allevati, si potrebbe ricorrere a corsi di training, che
consentano di accrescere le conoscenze degli stockmen sulle correlazioni
esistenti tra benessere e produttività (Hemsworth et al., 1993, 1995;
Coleman et al., 1998, 2000).
Introduzione
60
1.9. Metodi di valutazione “on farm”
L’intensificarsi degli studi per valutare il benessere animale
dimostra come il welfare sia divenuto un argomento di attualità,
affrontato da allevatori, consumatori e tutti coloro che operano nel
settore delle produzioni animali. Gli studi, pertanto, non riguardano solo
l’allevatore (costretto ad adeguarsi a norme e direttive in continuo
cambiamento ed aggiornamento) ma anche il consumatore, la cui
opinione ed il cui gradimento devono essere soddisfatti con soluzioni
valide ed economicamente sostenibili (Napolitano, 2001).
Lo sviluppo di un valido sistema di valutazione potrebbe essere
utilizzato nella certificazione del benessere da parte dell’azienda (con
possibili ricadute commerciali sulla filiera produttiva, soprattutto a
seguito dello sviluppo di prodotti da “agricoltura biologica”), come
accade già per le “organic farms” austriache e tedesche. Inoltre, esso
potrebbe essere utilizzato per la comparazione e la valutazione di
situazioni gestionali diverse, oltre che come sistema consultivo per
l’allevatore (Tosi e Verga, 2001). Ulteriori finalità dello studio del
benessere “on farm” sono quella legislativa, come è avvenuto ad esempio
per le recenti normative comunitarie promulgate in materia di benessere
delle scrofe in gestazione e delle galline ovaiole, e di ricerca e sviluppo
di sistemi di allevamento “stress-free” (figura 6).
Introduzione
61
Figura 6 – Ruolo della valutazione del benessere animale a livello aziendale.
Allevatore
Management Housing
Fattori di rischio per il benessere
AZIENDA
OOnn ffaarrmm wweellffaarree
mmoonniittoorriinngg
Politica e normative
Consumatore
Prodotto (labelling)
Informazione
Certificazione
SOCIETA’
Come regola generale, la valutazione del benessere implica la
conoscenza e l’individuazione dei numerosi fattori che, agendo più o
meno sinergicamente, influenzano il welfare (figura 7). A questo scopo,
si può rilevare utile l’utilizzo di alcuni punti critici di controllo,
identificati in base al sistema HACCP: considerando che il benessere
animale, la salute, il management, l’economia, l’opinione pubblica, il
gradimento del consumatore e l’impatto ambientale dipendono l’uno
dall’altro, è d’uopo valutare tutti i fattori critici che caratterizzano un
sostenibile sistema produttivo animale (von-Borrel, 2001). Inoltre,
occorre prendere in considerazione la gestione del sistema di valutazione,
che può essere descritta come un processo dove la valutazione del
benessere, gli obiettivi ed i mezzi seguono l’un l’altro in un continuo
Introduzione
62
ciclo con lo scopo di assicurare un continuo miglioramento del benessere
(figura 8).
Figura 7 – La valutazione del benessere in una situazione commerciale (Tosi e Verga, 2001).
Figura 8 – Un modello dinamico di gestione del benessere (Alban, 1997).
Decisione riguardo a ciò che deve essere incluso nel valutare il benessere
Valutare il benessere
Mezzi Definizione avviati degli obiettivi
Definizione dei mezzi
Bertoni (2001) propone, invece, un Sistema Diagnostico Integrato
(SDI) che fa riferimento:
2. I parametri di benessere sono
influenzati da più di un fattore. I diversi fattori interagiscono
ma la loro importanza relativa spesso non è
considerata.
1. Numerose conoscenze
sui singoli fattori che influenzano i parametri di benessere.
Es.: un atteggiamento
impaziente nello spostare gli
animali, unito ad una cattiva qualità
della pavimentazione, può provocare
lesioni agli arti.
3. La complessità dei fattori
interagenti, non il singolo
parametro, influenza il benessere
complessivo degli animali.
Introduzione
63
• all’alimentazione vista in termini di alimenti e di razioni in grado
di coprire i fabbisogni delle diverse categorie di animali senza
comprometterne lo stato di salute;
• all’animale stesso ed in particolare al suo aspetto (pelo, stato di
ingrassamento, presenza di ferite, …), alla diffusione di malattie o
anomalie metaboliche, alla fertilità, alla quantità e qualità del
latte, al comportamento generale (timoroso, se lecca inutilmente,
se rumina, se è “assonnato”), nonché ad alcuni esami delle feci,
delle urine e del sangue;
• all’allevamento nel suo complesso: microclima, edifici,
attrezzature, management, …, in rapporto al migliore
soddisfacimento delle esigenze animali.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, occorre ricordare che molti studi hanno
dimostrato la stretta relazione tra gli indicatori tecnici e lo stato di salute
ed il comportamento dell’animale. La frequenza nello spuntare gli
unghioni e la pulizia delle vacche, ad esempio, hanno una chiara
influenza sulla salute dei loro zoccoli (Bergsten e Petterson, 1992). Ergo
gli indicatori tecnici, suddividibili in quelli relativi ad elementi
strutturali e tecnici (disponibilità di spazio, strutture d’abbeveraggio, …)
da un lato e quelli relativi alla gestione (condizioni igieniche, climatiche,
…) dall’altro, sono comunemente usati come standard minimi nella
legislazione o nei codici di pratica.
Introduzione
64
L’uso di differenti indicatori tecnici in un sistema di indici è stato
introdotto per la prima volta in Austria da Bartussek (1988, 1999, 2000):
si tratta dell’Animal Needs Index (ANI-35L) o “Tiergerechtheitsindex”
(TGI) o “Housing Condition Score” (HCS), creato nel 1985 e
successivamente sviluppato come strumento di valutazione delle
condizioni di allevamento in termini di benessere animale per le aziende
biologiche austriache (è incluso, tra l’altro, nella legislazione sul
benessere animale di Salisburgo e del Tirolo). L’ANI-35L è applicabile
nell’allevamento delle vacche, del bestiame giovane e di quello da carne,
dei vitelli, delle galline, dei suini all’ingrasso e delle scrofe gravide. La
metodica prende in considerazione principalmente cinque aspetti
dell’ambiente dell’animale:
1) disponibilità di spazio;
2) contatto sociale;
3) pavimentazione;
4) ambiente di allevamento (comprendente la ventilazione,
l’illuminazione ed il rumore);
5) intensità e qualità della cura umana.
Entro ciascun campo, vengono utilizzati diversi parametri specie-
specifici che tengono conto della definizione di benessere basata sulle “5
libertà” (figura 9); a ciascun parametro vengono assegnati dei punti. Per
rendere pratico lo strumento di valutazione, però, si dovrebbero
Introduzione
65
gradualmente ridurre il numero di parametri da usare, selezionando quelli
facili e veloci da monitorare nel corso di una singola visita di controllo
del personale addestrato alla valutazione ed avente esperienza pratica
piuttosto che qualifiche accademiche. Le condizioni che danno maggiori
opportunità di soddisfacimento dei fabbisogni comportamentali o di
miglioramento del benessere sono premiate con più punti e la somma
complessiva di questi fornisce un giudizio sintetico, il cui valore può
variare da -9 a +45.5. In tal modo, le scarse condizioni che caratterizzano
un determinato aspetto possono essere compensate da una migliore
situazione riscontrata per un altro aspetto, permettendo così agli
allevatori di migliorare il risultato ottenuto nelle valutazioni successive;
tuttavia, determinati requisiti minimi devono essere comunque
soddisfatti (tabella 4).
Il core dell’ANI-35L consta di sette fogli: i primi cinque servono
per la valutazione dei cinque aspetti sopra menzionati, il sesto serve per
calcolare la somma del punteggio ed il settimo per una sommaria
descrizione dell’azienda. Per una prima valutazione dell’azienda, un
esperto valutatore impiega 30-90 minuti (in media 44 minuti) se tutta la
documentazione necessaria è già disponibile (Bartussek et al., 2000).
Introduzione
66
Figura 9 – Relazioni tra le 5 libertà ed i 5 aspetti dell’ANI-35L (Bartussek, 2000).
Tabella 4 – Categorie di punteggio previste dall’ANI (Bartussek, 1999; modificato).
PUNTEGGIO DELL’ANI
NOME DELLA CATEGORIA PERCENTUALE DEL
RANGE DI PUNTI <11 Non adatto al rispetto del benessere 0-15%
11 - <16 Scarsamente adatto al rispetto del benessere 16-30% 16 - <21 Poco adatto al rispetto del benessere 31-50% 21 – 24 Giustamente adatto al rispetto del benessere 51-60%
>24 – 28 Adatto al rispetto del benessere 61-75% >28 Molto adatto al rispetto del benessere >75%
In Germania, Sundrum (1994, 1997) ha rivisitato il sistema di
indici introdotto da Bartussek per: trovare i punti deboli nelle condizioni
di allevamento; permettere un paragone tra le condizioni di allevamento
Introduzione
67
nelle diverse stalle; sostenere gli allevatori nel realizzare un processo di
alta qualità. È nato così l’ANI 200 o TGI 200, che rappresenta un
compromesso tra gli aspetti a volte contraddittori di significatività,
riproducibilità e praticabilità del monitoraggio in cui si tiene conto di
fattori comportamentali, igienici e manageriali considerati come
indicatori ed integrati in un sistema di indici. In particolare, la
complessità delle condizioni di allevamento sono state analizzate
attraverso differenti sfere di influenza:
1) locomozione;
2) comportamento alimentare;
3) comportamento sociale;
4) comportamento di riposo;
5) comportamento di comfort;
6) igiene;
7) management.
Ciascuna sfera comprende diversi parametri da valutare attraverso un
punteggio ed i termini di riferimento sono rappresentati dai dati esistenti
in letteratura e riferiti ad elevati standard di benessere animale. La
valutazione complessiva consiste in un numero-indice finale, molto
simile a quello fornito dall’ANI-35L, che permette facilmente di
confrontare più aziende. Tra gli aspetti positivi del sistema vi sono la
rapidità di esecuzione (solo mezz’ora per azienda) e l’elevata
Introduzione
68
riproducibilità, anche quando le valutazioni sono effettuate da diverse
persone nelle stesse aziende (Sundrum, 1994).
Un diverso approccio è quello proposto da Bracke et al. (1997)
con l’MSE (Multifacetted Structured Entity): attraverso la tecnica dei
modelli, il concetto di benessere è scomposto in componenti detti bisogni
coscienti. Ciascun bisogno è a sua volta scomposto secondo la
tassonomia, la descrizione e l’indagine:
Figura 10 – Il modello MSE (Bracke et al., 1997; modificato).
Benessere animale Bisogni
Comportamentale (alimentare, sociale, protettivo, ) Tassonomia Fisiologico (termoregolativo, riproduttivo, …)
Patologico (salute)
Bisogno Descrizione (etologico, psicogenetico, …) Indagine
In tal modo, dalla valutazione di un complesso e multisfaccettato
problema di benessere animale si passa alla valutazione delle sue
componenti.
Secondo Johannenson et al. (1997), un sistema di valutazione del
benessere deve prendere in considerazione quattro aspetti:
• la stima dell’incidenza/prevalenza delle malattie animali e delle
ferite;
• l’osservazione di parametri comportamentali;
Introduzione
69
• la descrizione del sistema di produzione;
• la registrazione dell’applicazione dei sistemi.
La struttura formale del sistema di valutazione del benessere è
rappresentata nella figura 11.
Figura 11 – Modello formale del sistema di valutazione (Johannenson et al., 1997).
ALLEVATORE
APPLICAZIONE SISTEMA DI DEL SISTEMA PRODUZIONE
ANIMALE
VALUTAZIONE DEL BENESSERE
L’allevatore influenza l’animale sia direttamente che attraverso il sistema
di produzione ed il sistema di applicazione; pertanto, la valutazione del
benessere dovrebbe essere fatta combinando le osservazioni dirette del
comportamento e della salute e le informazioni riguardo al sistema in uso
ed all’applicazione dello stesso.
Un approccio innovativo allo studio del benessere animale a
livello di gruppo e, potenzialmente, a livello aziendale è rappresentato
dal “qualitative assessment of behavioural expressions” (valutazione
qualitativa del comportamento animale) (Wemelsfelder et al., 2000 e
2001). Esso si basa sull’integrazione effettuata da parte dell’osservatore
di varie informazioni che negli approcci quantitativi classici vengono
Introduzione
70
considerate separatamente od addirittura trascurate. Ad esempio,
potranno essere utilizzati sottili dettagli del movimento e della postura
degli animali, il contesto in cui determinati comportamenti si verificano e
comportamenti sporadici od occasionali. Nell’integrare questi vari
aspetti, agli osservatori non viene richiesto di specificare cosa fa un
animale, ma come lo fa, vale a dire il suo specifico e dinamico modo di
interagire con l’ambiente. Gli strumenti metodologici utilizzati a tal fine
sono il “free choice profiling” (FCP) associato ad una tecnica di analisi
statistica multivariata (generalized Procrustes analysis – GPA). La prima
lascia agli osservatori completa libertà di scelta della terminologia da
utilizzare per la descrizione qualitativa del comportamento piuttosto che
chiedere di assegnare punteggi su scala predeterminata (ad esempio,
potranno essere utilizzati vocaboli quali “timido”, “aggressivo”,
“impaziente”, …), mentre la seconda consente di calcolare il grado di
concordanza tra gli osservatori pur se questi utilizzano vocaboli
differenti.
22.. ** FFiinnaall ii ttàà ddeell lloo ssttuuddiioo
Il soddisfacimento dei bisogni primari ha
spinto le società moderne ad orientarsi sempre più
verso l’obiettivo qualità, verso la ricerca di prodotti salubri ottenuti nel
rispetto delle esigenze etologiche degli animali.
“In formulating and implementing
the Community's agriculture, transport,
internal market and research policies,
the Community and the Member States shall
pay full regard to the welfare requirements
of animals, while respecting the legislative
or administrative provisions and customs
of the Member States relating in particular
to religious rites, cultural traditions and
regional heritage.”
(From the Treaty of Amsterdam’s Animal
Welfare Protocol).
Pertanto, è auspicabile che in un prossimo futuro vengano fornite ai
consumatori indicazioni riguardanti il tipo di allevamento a cui sono stati
sottoposti gli animali nel corso della loro carriera produttiva anche ai fini
di una certificazione di qualità.
I valori di sostenibilità e di valorizzazione delle risorse naturali
* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.
Finalità dello studio
72
che sottostanno a questo tipo di processo prevedono che l’allevatore sia
attivamente partecipe nella gestione del territorio, nella salvaguardia
dell’ambiente, nella valorizzazione delle risorse disponibili e nel
garantire il benessere degli animali allevati. In questo contesto si
inserisce la necessità di elaborare validi e precisi strumenti di valutazione
delle condizioni gestionali d’allevamento e degli animali. Lo sviluppo di
una scheda di valutazione del benessere in condizioni di allevamento
fornirebbe all’allevatore strumenti di scelta su cui basare cambiamenti e
miglioramenti della struttura aziendale e delle strategie produttive
adottate.
Come già accennato nel paragrafo 1.6 (pag. 39), la valutazione del
benessere a livello aziendale può essere eseguita seguendo due diversi
approcci: il primo si avvale dei design criteria, l’altro dei performance
criteria. L’orientamento attuale è quello di affidarsi al secondo
approccio, alle informazioni ottenibili direttamente dagli animali,
ogniqualvolta sia possibile (Wemsfelder et al., 2001).
Seguendo queste indicazioni, in prima istanza l’attenzione è stata
focalizzata su alcune variabili indicative della qualità del rapporto tra
l’uomo (inteso come personale addetto all’allevamento) e l’animale
(distanza di fuga e comportamento alla mungitura), in quanto si ritiene
che tale rapporto influenzi non solo il benessere ma anche le prestazioni
produttive degli animali (Hemsworth et al., 2002). Successivamente,
Finalità dello studio
73
sono stati effettuati rilievi relativi alle due tecniche di allevamento
bovino più diffusamente utilizzate (stabulazione fissa con animali alla
catena e stabulazione libera con animali su lettiera permanente e
possibilità di accedere al pascolo) ed a due razze diverse, Frisona Italiana
e Podolica. Ulteriori rilievi hanno riguardato lo stato igienico-sanitario
(pulizia corporea e incidenza delle zoppie) e le produzioni degli animali.
Infine, sono state rilevate alcune variabili proprie di approcci di tipo
sperimentale.
Il principale obiettivo della presente indagine è stato quello di
individuare e di validare parametri adeguati al monitoraggio del
benessere a livello aziendale da utilizzare anche nell’ottica di una
eventuale certificazione per produzioni di qualità. A tal fine, i rilievi
sono stati eseguiti da più rilevatori contemporaneamente, per valutare
l’inter-observer reliability (stato di pulizia individuale), e più volte
consecutivamente dallo stesso rilevatore, per verificare la ripetibilità
(comportamento alla mungitura, distanza di fuga, stato di pulizia
individuale e incidenza delle zoppie), intendendo per ripetibilità la
relativa similitudine di una misura effettuata sullo stesso animale in
diverse occasioni. I vari indici utilizzati verranno correlati tra loro per
evidenziare e selezionare quelli che forniscono maggiori informazioni e,
successivamente, con indicatori produttivi ed immunitari per conoscere il
grado di associazione tra indicatori rilevati sul campo (monitoraggio),
Finalità dello studio
74
variabili misurate in condizioni sperimentali (misurazione) e parametri
produttivi.
**33.. MMaatteerriiaall ii ee mmeettooddii
I rilievi sono stati effettuati presso
quattro aziende di bovine da latte e tre aziende bufaline dell’Agro
Romano, oltre che presso un’azienda di bovine da latte e di Podoliche
dell’Agro di Pignola (PZ). Le prime erano biologiche o quantomeno in
fase di conversione e per ciascuna di esse sono stati scelti 30-40 animali
di diverso ordine di parto e in uno stadio di lattazione compreso tra i 100
e i 160 d dal parto.
Le osservazioni sono state effettuate da un team composto da 8
persone appartenenti all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”,
all’Università degli Studi della Basilicata ed all’Istituto Sperimentale per
la Zootecnia di Roma. Prima dell’inizio dei rilievi aziendali sono state
condotte alcune prove preliminari in un’azienda bovina diversa da quelle
scelte per la ricerca al fine di uniformare il giudizio degli osservatori e
acquisire familiarità con la tecnica di rilevamento dei dati. Gli animali
scelti sono stati osservati in tre occasioni a distanza di 15-20 d in modo
da avere una misura della ripetibilità delle variabili considerate.
Presso l’azienda agricola sperimentale dimostrativa “Pantano” di
Pignola (PZ) dell’ALSIA, invece, sono state scelte 29 bovine di razza
Frisona Italiana (di diverso ordine di parto ed in uno stadio di lattazione
* L’immagine è un particolare del mosaico raffigurante le storie di Noè (Antico Testamento) presente nella prima arcata della Basilica di San Marco a Venezia.
Materiali e metodi
76
di circa 60 d dal parto) e 12 bovine di razza Podolica. La suddetta
azienda dispone di 2 ricoveri zootecnici: il primo è una stalla a
stabulazione fissa in cui gli animali sono disposti “testa a testa” su due
file di poste separate da una corsia di foraggiamento; le poste sono
“lunghe” con un attacco tipo “Olanda diritto”, mentre le mangiatoie,
continue, sono “alte”. Il secondo ricovero è invece una stalla a
stabulazione libera a zone riunite sotto un unico tetto e con accesso a
paddock esterni. La zona di alimentazione centrale, provvista di
rastrelliere autocatturanti “a ritti mobili”, separa due zone di riposo a
lettiera permanente.
Materiali e metodi
77
3.1. Variabili comportamentali
3.1.1. Comportamento degli animali durante la mungitura
Il comportamento degli animali delle aziende dell’agro romano è
stato osservato durante la mungitura pomeridiana. Queste osservazioni
danno una misura del grado di agitazione dell’animale durante tale
operazione. Una ridotta agitazione durante la mungitura è stata associata
ad un corretto rapporto uomo-animale (Hemsworth et al., 2000). Due
rilevatori, posti dietro gli animali, hanno osservato il comportamento dei
soggetti, dal primo approccio del mungitore fino al distacco del gruppo
prendicapezzoli, registrando le seguenti variabili (Rushen et al., 1999 e
2001):
• sollevamento dell’arto, quando uno zoccolo dell’arto posteriore
veniva sollevato da terra ad una altezza inferiore a 15 cm;
• scalciare, quando uno zoccolo dell’arto posteriore veniva
sollevato da terra ad una altezza uguale o superiore a 15 cm;
• urinazione/defecazione/vocalizzazione sono state considerate
come una singola attività comportamentale in quanto un
precedente lavoro (de Passillé et al., 1995) ha evidenziato una
significativa correlazione tra queste variabili; queste attività sono
state rilevate molto raramente e, pertanto, non sono state incluse
nell’analisi statistica.
Materiali e metodi
78
In ogni azienda ha operato semper la stessa coppia di osservatori.
3.1.2. Distanza di fuga
La reazione verso l’uomo dipende dal tipo di stimoli che questi
fornisce agli animali. Tale test valuterebbe l’effetto negativo o positivo
dell’interazione uomo-animale. Ad esempio, un corretto rapporto uomo-
animale può essere indicato dal fatto che gli animali presentano una
bassa distanza di fuga (Hemsworth et al., 1993).
La distanza di fuga viene definita come la distanza alla quale una
persona può avvicinarsi ad un animale senza che l’animale stesso si
muova o si allontani (Fisher et al., 2000). I rilievi sono stati effettuati nel
recinto di allevamento dalle 10,00 alle 12,00, testando un animale alla
volta. Presso l’azienda “Pantano”, il test è stato effettuato sulle Frisone
nei primi due mesi di asciutta ogni 15 d (4 test) e sulle Podoliche ogni 15
d negli ultimi due mesi di gravidanza (4 test). In ogni azienda ha operato
semper lo stesso osservatore, che indossava una tuta blu. Il rilevatore
entrava nel recinto in modo da lasciare tutti gli animali dal lato opposto
e, dopo aver puntato il soggetto ed essersi assicurato che l’animale lo
stesse guardando, si avvicinava lentamente (circa un passo al secondo)
con un braccio disteso in avanti cercando di non spaventare l’animale. La
distanza alla quale l’animale si allontanava (indietreggiava, avanzava, se
la fuga era impedita da altri soggetti o dalla recinzione, o si muoveva
Materiali e metodi
79
lateralmente) è stata misurata dall’osservatore contando i passi che lo
separavano dal luogo di fuga.
3.1.3. Test di vicinanza
In questo test, eseguito solo sulle bovine frisone alla catena
dell’azienda “Pantano”, l’operatore rimaneva in piedi, immobile (con le
mani in tasca) di fronte alla posta (ad una distanza di 80 cm dalla vacca)
per 60 secondi. La posizione assunta dall’animale è stata valutata ogni 10
secondi. I test (4) sono stati eseguiti ad una distanza di 30 d nei primi 4
mesi di lattazione, semper dallo stesso operatore che indossava una tuta
blu. Le diverse posizioni che la vacca ha assunto in presenza
dell’operatore sono state valutate assegnando il seguente punteggio:
1 (contatto diretto con l’operatore);
2 (muso oltre il punto d’attacco a meno di 40 cm dall’operatore);
3 (muso oltre il punto d’attacco a più di 40 cm dall’operatore);
4 (muso allo stesso livello del punto d’attacco);
5 (muso dietro il punto d’attacco, con testa diritta);
6 (muso dietro il punto d’attacco, con testa girata).
A punteggi inferiori corrisponde un minore timore nei confronti
dell’uomo.
Materiali e metodi
80
3.2. Variabili igienico-sanitarie
3.2.1. Incidenza delle zoppie
Questo indice, applicato solo nelle aziende dell’agro romano,
fornirebbe indicazioni circa l’influenza del sistema di stabulazione e del
management aziendale sull’apparato locomotore dell’animale. E’ stata
rilevata la presenza di eventuali zoppie all’uscita della sala di mungitura.
A ciascun animale è stato assegnato un punteggio (Breuer et al., 2000) a
seconda della gravità della patologia, e segnatamente:
0 (animale sano con andatura normale);
1 (animale lievemente zoppo);
2 (animale con evidente zoppicatura e movimento altalenante
della testa);
3 (animale con grave zoppicatura evidenziata dal sollevamento
della zampa per alcuni secondi).
3.2.2. Valutazione del grado di pulizia degli animali
E’ stato utilizzato un indice di pulizia individuale messo a punto
dai ricercatori dell’INRA (Krebs et al., 2001) per la valutazione delle
condizioni di pulizia della superficie di riposo. Il giudizio di pulizia di un
animale è stato espresso considerando 5 zone anatomiche (figura 1):
Materiali e metodi
81
1) regione ano-genitale;
2) mammella;
3) garretti;
4) mammella e ventre;
5) coscia.
Per ogni zona anatomica il punteggio variava da 0 a 2, con
incrementi di 0,5 unità. Il punteggio 0 indicava assenza di sudiciume,
mentre 2 indicava una zona totalmente sudicia o ricoperta da una spessa
crosta. Il valore dell’indice di pulizia individuale era dato dalla somma
dei punteggi parziali delle cinque zone anatomiche.
Materiali e metodi
82
Figura 1 – Apprezzamento e valutazione del grado di insudiciamento degli animali (Aghina, 2001).
Materiali e metodi
83
L’applicazione del metodo descritto necessita di circa 2 minuti
primi di osservazione per ciascun animale; la variabilità nelle
osservazioni (che restano soggettive) è stata calcolata in ± 0,5 punti sui
10 attribuibili (Aghina, 2001). Ai fini del calcolo del grado di
concordanza tra osservazioni indipendenti dello stato di pulizia gli 8
osservatori hanno condotto contemporaneamente i rilievi su 20 animali
nell’ambito di una azienda bovina diversa da quelle scelte per la prova.
Materiali e metodi
84
3.3. Variabili immunitarie
3.3.1. Risposta immunitaria a livello cellulare (Skin test)
Il test è stato effettuato presso due aziende dell’agro romano, una
bovina e l’altra bufalina, e presso l’azienda “Pantano”. Adottando la
metodica di Grasso et al. (1999), è stata effettuata la valutazione della
risposta immunitaria a livello cellulare iniettando sottocute, al centro di
un cerchio di circa 2 cm di diametro tracciato sulla pelle depilata a livello
soprascapolare, 500 μg di Phytohemagglutinin (PHA, Sigma Chemical)
disciolti in 0,5 ml di soluzione fisiologica sterile. Lo spessore della cute è
stato misurato con un calibro prima dell'iniezione e ventiquattro ore
dopo.
3.3.2. Risposta immunitaria a livello umorale
Il test è stato svolto solo presso due aziende dell’agro romano, una
bovina e l’altra bufalina. Sono stati iniettati per via ipodermica, in parte
nella regione scapolare destra e in parte in quella sinistra, 5 mg di
Keyhole Limpet Hemocyanin (KLH, Sigma Chemical) disciolti in 2 ml di
soluzione fisiologica sterile ed emulsionati con un uguale volume di
adiuvante incompleto di Freund. Il titolo anticorpale è stato determinato
mediante ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay) su 5 campioni di
sangue prelevati al momento dell’iniezione e successivamente ad
Materiali e metodi
85
intervalli bisettimanali.
3.4. Analisi statistica
Per ciascuna azienda la ripetibilità delle variabili comportamentali
ed igienico-sanitarie è stata calcolata, sia attraverso il coefficiente di
concordanza W di Kendall che secondo il metodo proposto da Ofner et
al. (2000). Con quest’ultimo metodo la ripetibilità è stata stimata
mediante un modello di analisi della varianza ad un solo fattore
(animale) considerando il rapporto della varianza attribuita al fattore
animale sulla somma della varianza attribuita all’animale con quella
relativa all’errore. Il coefficiente di concordanza W di Kendall è stato
utilizzato anche per valutare l’inter-observer reliability per lo stato di
pulizia. Per ogni specie (bufali e bovini) l’effetto azienda sulle variabili
comportamentali ed igienico-sanitarie è stato testato mediante il Kruskal-
Wallis test, analogo non parametrico dell’analisi della varianza,
utilizzando per ogni animale il valore medio delle tre osservazioni.
I dati relativi alle variabili immunitare, ai dati produttivi e le
relative correlazioni con le variabili comportamentali e quelle igienico-
sanitarie sono tuttora in corso di elaborazione statistica.
**44.. RRiissuullttaatt ii
4.1. Inter-observer reliability
Lo studio condotto sul grado di associazione tra osservazioni
indipendenti ha evidenziato un elevato livello di affidabilità della tecnica
adottata per valutare lo stato di pulizia degli animali. Infatti, le
osservazioni effettuate da rilevatori diversi sono risultate altamente
concordanti (W = 0,877; gradi di libertà = 19; P<0,001), sebbene
l’addestramento degli stessi sia stato piuttosto rapido e volto
essenzialmente alla precisa localizzazione delle zone anatomiche da
valutare ed alla standardizzazione dei giudizi. Pertanto, tali risultati
mettono in evidenza una marcata omogeneità di valutazione che si
traduce in un'elevata probabilità che rilevatori diversi siano in grado di
fornire indicazioni simili sullo stato di pulizia degli stessi animali.
* L’immagine è una una stampa della fine del ‘700 (Baldelli, 1999).
Risultati
87
4.2. Intra-observer reliability
4.2.1. Distanza di fuga e test di vicinanza
I valori di ripetibilità dei risultati ottenuti presso le aziende
dell’agro romano dagli stessi rilevatori in tre sessioni diverse sono
riportati nelle tabelle 1 e 2 relative, rispettivamente, alle bovine ed alle
bufale; quelli ottenuti presso l’azienda “Pantano” dagli stessi rilevatori in
quattro sessioni diverse sono, invece, riportati nella tabella 7.
In entrambe le specie allevate nelle aziende dell’agro romano
(P<0,05 – 0,001) e nelle Podoliche dell’azienda “Pantano” (P<0.05) la
distanza di fuga è risultata altamente ripetibile nel tempo. Tale variabile
può essere interpretata come un indice del timore degli animali nei
confronti dell’uomo e, in particolare, nei riguardi di chi li accudisce.
Altrettanto ripetibile è risultato il test di vicinanza adottato per le bovine
frisone alla catena (P<0,001); anche in questo caso l’atteggiamento
assunto dagli animali può fornire indicazioni circa il grado di confidenza
nei confronti dell’uomo. E’ noto che nei moderni sistemi di allevamento
il contatto tra uomo ed animali allevati è frequente e che gli addetti,
accudendo gli animali quotidianamente, sono in grado di influire
notevolmente sul loro stato di benessere e di salute. In effetti,
Hemsworth et al. (2000) hanno dimostrato l’esistenza di una relazione
tra l’atteggiamento di chi si occupa direttamente degli animali ed il
Risultati
88
comportamento di questi ultimi, nonché tra reazione di timore e
produttività delle bovine da latte. Tale studio, pertanto, indicherebbe che
è possibile ridurre il timore degli animali ed incrementare le loro
produzioni facendo in modo che gli addetti, grazie ad un adeguato
addestramento, adottino un comportamento volto a migliorare le
relazioni tra i due attori principali dell’allevamento: l’uomo e l’animale.
Le reazioni di timore ed il temperamento influenzano
marcatamente le modalità di risposta dei bovini alle principali pratiche di
allevamento (handling e trasporto): una maggiore tranquillità è da
interpretare positivamente in relazione al benessere animale, alla capacità
produttiva (quantità e qualità) ed alla sicurezza del personale a contatto
con gli animali.
4.2.2. Comportamento durante la mungitura
Il livello di irrequietezza degli animali durante la mungitura, che
può essere valutato in base al numero di movimenti effettuati, varia in
relazione ad una serie di fattori: spinte da parte dei soggetti adiacenti,
problemi podalici, carenze minerali, presenza di insetti ematofagi, cattivo
funzionamento della mungitrice, ecc.. Tuttavia, Breuer et al. (2000)
hanno osservato una stretta correlazione tra il comportamento di coloro
che movimentano gli animali ed il livello di agitazione delle bovine
sottoposte a mungitura, deducendo che quantomeno una componente di
Risultati
89
queste manifestazioni comportamentali può essere attribuita alle
interazioni uomo-animale e rappresenta una risposta di quest’ultimo alla
presenza umana. In particolare, chiamare le bovine a voce alta e con
vocalizzazioni ostili, adottare modi bruschi, effettuare movimenti
eccessivamente rapidi e ricorrere ad interazioni tattili negative quando gli
animali vengono condotti in sala di mungitura può determinare un
aumento dell’irrequietezza degli animali, mentre un tono di voce più
pacato ed un trattamento meno violento hanno l’effetto di ridurre
l’agitazione delle bovine nel corso della mungitura. Pertanto, è possibile
concludere che il comportamento delle bovine durante le operazioni di
mungitura è direttamente legato al timore che queste manifestano nei
confronti dell’uomo e che uno stato di agitazione elevato è un indice di
stress (Willis, 1983) e, come tale, determina un incremento della
secrezione di cortisolo e di catecolamine, un aumento della quantità di
latte residuale ed una minore efficienza produttiva.
Anche Rushen et al. (1999) hanno rilevato che il grado di
irrequietezza degli animali in mungitura è influenzato dalla presenza
umana; infatti, questi Autori hanno messo in evidenza che la presenza di
un operatore con atteggiamento negativo comporta un aumento
dell’agitazione praesertim in quei soggetti che dimostrano di saper
riconoscere i singoli addetti e che nelle bovine incapaci di tale
discriminazione si osserva maggiore irrequietezza in presenza di
Risultati
90
operatori con atteggiamento sia positivo che negativo.
In genere, la frequenza con cui gli animali in mungitura sollevano
l’arto viene considerata una misura dello stato di agitazione, mentre la
tendenza a scalciare viene ritenuta una manifestazione di malessere che
riduce l’efficienza delle operazioni di mungitura e che può essere causa
di infortuni. Per entrambe le specie considerate (aziende dell’agro
romano) la ripetibilità del numero di sollevamenti dell’arto effettuati nel
corso della mungitura è risultata elevata (P<0,001 e P<0.05÷0.01,
rispettivamente per le bufale e le bovine). Il numero di calci, invece, è
stato meno ripetibile per le bufale (P<0,10÷0,05) ed ancor meno per le
bovine (P>0,05).
4.2.3. Stato di pulizia
La valutazione dello stato di pulizia consente di trarre alcune utili
indicazioni sulle condizioni di comfort dei soggetti in allevamento e sul
livello di attenzione di chi gestisce l’allevamento verso l’aspetto igienico
dei ricoveri (Krebs et al., 2001). Sebbene tale variabile sia strettamente
dipendente da situazioni contingenti (condizioni meteorologiche,
sostituzione della lettiera, ecc.), per la specie bovina è stata rilevata una
discreta ripetibilità sia nelle aziende dell’agro romano (P<0,10÷0,001)
che nell’azienda “Pantano” di Pignola (PZ) per razze e sistemi di tenuta
Risultati
91
diversi (P<0,001 per le Frisone alla catena e P<0,05 per le Podoliche in
stabulazione libera). Al contrario, per la specie bufalina, nell’unica
azienda in cui è stato possibile effettuare i rilievi, la ripetibilità è risultata
molto bassa (P>0,05) e ciò, probabilmente, a causa delle peculiarità
comportamentali di questi animali che tendono a rotolarsi nel fango o ad
immergersi in pozze d’acqua (tonzi o caramoni) per proteggersi dai
parassiti e dalla radiazione solare.
4.2.4. Zoppia
Si ritiene che il comfort degli animali possa essere considerato
meno importante rispetto all’incidenza di lesioni o tecnopatie ai fini della
valutazione del benessere animale a livello aziendale. Ad esempio, nei
bovini, la zoppia è una patologia ad eziologia complessa con molteplici
cause predisponenti tra le quali si ricordano le forzature alimentari, il tipo
di pavimentazione, il tempo trascorso in posizione eretta, ecc. (Galindo
et al., 2000). La concordanza tra le diverse valutazioni della zoppia
ripetute nel tempo è risultata piuttosto disomogenea, poiché la
significatività del test W di Kendall, molto bassa (P=0,14) nelle aziende
di bovini 4 e 5, ha raggiunto un valore elevato (P<0,001) nell’azienda 6.
E’ opportuno precisare che nell’azienda 4 sono stati effettuati solo due
rilievi, con ovvi effetti sul valore della P, mentre nell’azienda 5 lo stato
Risultati
92
sanitario dello zoccolo è risultato abbastanza soddisfacente, dal momento
che solo 6 animali hanno fatto registrare punteggi diversi da zero.
4.2.5. Validazione dei risultati
Al fine di ottenere una conferma dei risultati ottenuti mediante il
calcolo del coefficiente di concordanza W di Kendall, è stato effettuato
un ulteriore computo della ripetibilità entro l’osservatore (tabelle 3 e 4)
adottando il metodo proposto da Ofner et al. (2000). Questi autori hanno
suggerito di considerare valori dell’indice di ripetibilità inferiori a 0,50,
compresi tra 0,50 e 0,79 e superiori a 0,79, rispettivamente bassi, medi e
alti. Costruendo delle classi di significatività arbitrarie per il coefficiente
W di Kendall (P>0,1 = bassa; 0,1≥P≥0,01 = media; P<0,01 = alta) è stata
messa in evidenza un’elevata concordanza tra i due metodi, sia per la
specie bovina che per quella bufalina, per le quali sono stati ottenuti
risultati analoghi per 9 rilievi su 13 e per 9 su 9, rispettivamente.
In linea teorica, i rilievi relativi al benessere valutato a livello
aziendale dovrebbero essere riproducibili se effettuati in condizioni
simili dagli stessi rilevatori (intra-observer reliability) o da rilevatori
diversi (inter-observer reliability). Tuttavia, quella che potrebbe essere
definita affidabilità di un determinato parametro in termini di ripetibilità,
non è in grado di fornire alcuna garanzia sulla sua validità come
Risultati
93
indicatore di benessere. Infatti, la validazione di un parametro riguarda la
capacità di descrivere un determinato fenomeno (ad esempio, il
benessere animale), mentre l’affidabilità concerne il grado di similitudine
tra misure ripetute in condizioni analoghe.
Nella presente indagine per i bovini è stato evidenziato un
significativo effetto dell’azienda sulla distanza di fuga e sulle variabili
igienico-sanitarie (indice di pulizia e incidenza delle zoppie) (tabella 5),
mentre per i bufali l’azienda rappresenta una fonte di variazione
importante solo per la distanza di fuga (tabella 6). E’ opportuno precisare
che per questi ultimi non è stato possibile testare l’effetto azienda per
l’indice di pulizia e per l’incidenza delle zoppie, in quanto la prima
variabile è stata rilevata solo in una azienda e la seconda in due aziende
presentava valori uguale a zero per tutti gli animali osservati. Degno di
rilievo è che l’incidenza delle zoppie è estremamente bassa nelle aziende
bufaline, probabilmente per una minore suscettività degli animali verso
queste forme patologiche da attribuire ad una ridotta predisposizione
genetica e/o a regimi alimentari meno spinti.
Tali risultati indicherebbero che le suddette variabili risentono
fortemente del management aziendale e quindi danno effettivamente
un’indicazione sullo stato di benessere degli animali. Al contrario, per
entrambe le specie le variabili relative al comportamento durante la
mungitura non sono risultate influenzate dall’azienda, confermando
Risultati
94
quanto riportato da Alban et al. (2001), secondo i quali non
necessariamente ad una buona ripetibilità corrisponde un’elevata validità
della variabile osservata.
**55.. CCoonncclluussiioonnii
Uno dei principali problemi relativi alla messa
a punto di sistemi per la valutazione del benessere degli animali in
allevamento è quello di utilizzare indicatori che riflettano effettivamente
lo stato di benessere dell’animale, che siano ripetibili nel tempo, che
siano riproducibili (inter-observer reliability) e che abbiano una elevata
praticabilità. Un’ulteriore complicazione è data dalla combinazione di
indicatori tecnici (design criteria) con altri relativi agli animali
(performance criteria) e dal peso da attribuire ad ognuno di essi.
Alla luce di queste considerazioni, i risultati del presente studio,
che andrebbero comunque verificati su un maggior numero di aziende,
indicherebbero che la distanza di fuga, l’indice di pulizia individuale e
l’incidenza delle zoppie potrebbero essere inseriti in uno schema di
valutazione del benessere delle bovine da latte a livello aziendale; per i
bufali, invece, solamente la distanza di fuga potrebbe fornire indicazioni
utili. Si ritiene che, per quest’ultima specie, lo stato di pulizia del corpo
non debba essere inserito in uno schema di valutazione, a causa delle
peculiarità comportamentali di questi animali che tendono a rotolarsi nel
fango o ad immergersi in pozze d’acqua (tonzi o caramoni) per
proteggersi dai parassiti e dalla radiazione solare. Anche l’incidenza
* L’immagine è una scultura del Bernini raffigurante Zeus e Fauno allattati dalla capra Amaltea presente nella Galleria Borghese di Roma.
Conclusioni
96
delle zoppie sembra fornire scarse indicazioni sul livello di benessere
riscontrabile nelle aziende bufaline in quanto questa patologia viene
raramente osservata.
Lo sviluppo di un metodo di valutazione del benessere potrebbe
avere finalità di certificazione per le aziende (con possibili ricadute
economiche sulla filiera produttiva, praesertim sui prodotti provenienti
da zootecnia biologica o di nicchia che si basano su una garanzia di
qualità del prodotto), di comparazione di sistemi produttivi diversi e di
strumento consultivo che permetta all’allevatore di identificare, prevenire
o risolvere eventuali problemi. La struttura del sistema di valutazione,
ovviamente, varierà in relazione allo scopo finale di utilizzo dello stesso.
66.. BBiibbll iiooggrraaffiiaa
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AAppppeennddiiccee AA
Album fotografico
• La risposta immunitaria a livello cellulare (skin test);
• la distanza di fuga;
• il test di vicinanza.
Album fotografico 109
La risposta immunitaria a livello cellulare (skin test):
a b c a) depilazione dell’area soprascapolare; b) misurazione dello spessore della cute; c) delimitazione dell’area con un cerchio colorato avente un diametro di 2 cm;
Album fotografico 110
d e
d) iniezione del PHA nell’area colorata; e) misurazione dello spessore della cute dopo ventiquattro ore.
Album fotografico 111
La distanza di fuga:
a b c a), b), c) test effettuati nel paddock delle bovine podoliche;
AAppppeennddiiccee BB
Tabelle
• Tabella 1 - Ripetibilità calcolata in quattro aziende bovine con il test W di Kendall (P<);
• Tabella 2 - Ripetibilità calcolata in tre aziende bufaline con il test W di Kendall (P<);
• Tabella 3 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in quattro aziende bovine secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000);
• Tabella 4 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in tre aziende bufaline secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000);
• Tabella 5 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bovine;
• Tabella 6 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bufaline;
• Tabella 7 - Ripetibilità calcolata nell'azienda "Pantano" di Pignola (PZ) con il test W di Kendall (P<).
Tabelle
116
Tabella 1 - Ripetibilità calcolata in quattro aziende bovine con il test W di Kendall (P<).
Azienda 4 5 6 7 Distanza di fuga 0,43 (0,07) 0,57 (0,0112) 0,59 (0,0026) 0,64 (0,002) Sollevamento dell'arto - 0,76 (0,0007) 0,64 (0,0004) 0,52 (0,026) Scalciare - 0,45 (0,13) 0,35 (0,38) -
Indice di pulizia individuale 0,62 (0,17)a 0,51 (0,0352) 0,68 (0,0002) 0,71 (0,001)
Incidenza delle zoppie 0,62 (0,14)a 0,43 (0,14) 0,66 (0,0003) - a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.
Tabelle
117
Tabella 2 - Ripetibilità calcolata in tre aziende bufaline con il test W di Kendall (P<). Azienda 1 2 3 Distanza di fuga - 0,70 (0,0002) 0,63 (0,008) Sollevamento dell'arto 0,51 (0,023) 0,66 (0,0089) 0,59 (0,0195) Scalciare 0,55 (0,0089) 0,63 (0,0143) 0,48 (0,095) Indice di pulizia individuale - - 0,29 (0,63)
Incidenza delle zoppie - a a a L'analisi statistica non è stata effettuata perché tutti gli animali presentavano un valore = 0.
Tabelle
118
Tabella 3 - Ripetibilità (± D. S.) calcolata in quattro aziende bovine secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000).
Azienda
4 5 6 7
Distanza di fuga 0,63 (1,03) 0,57 (1,09) 0,76 (0,79) 0,70 (0,82)
Sollevamento dell'arto - 0,91 (5,87) 0,72 (6,19) 0,55 (4,22)
Scalciare - 0,61 (0,76) 0,65 (1,14) -
Indice di pulizia individuale 0,37 (2,02)a 0,66 (0,93) 0,81 (1,04) 0,81 (0,98)
Incidenza delle zoppie 0,63 (0,49)a 0,61 (0,74) 0,82 (0,60) -
a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.
Tabelle
119
Tabella 4 – Ripetibilità (± D. S.) calcolata in tre aziende bufaline secondo il metodo proposto da Ofner et al. (2000).
Azienda
1 2 3
Distanza di fuga - 0,84 (0,86) 0,72 (0,68)
Sollevamento dell'arto 0,67 (2,76) 0,78 (2,32) 0,70 (3,59)
Scalciare 0,70 (0,80) 0,73 (1,11) 0,55 (1,22)
Indice di pulizia individuale - - 0,36 (1,34)
Incidenza delle zoppie - a a
a L'analisi statistica non è stata effettuata perché tutti gli animali presentavano un valore = 0.
Tabelle
120
Tabella 5 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bovine. Azienda 4 5 6
P<
Distanza di fuga 2,17 (0,84) 2,42 (0,73) 1,61 (0,80) 0,001 Sollevamento dell'arto - 11,50 (11,04) 9,50 (5,80) n. s. Scalciare - 0,51 (0,55) 0,66 (0,89) n. s.
Indice di pulizia individuale 6,94 (1,08)a 7,85 (0,75) 3,17 (1,23) 0,001
Incidenza delle zoppie 0,13 (0,38)a 0,39 (0,54) 0,43 (0,73) 0,006 a Sono stati effettuati solo 2 rilievi.
Tabelle
121
Tabella 6 - Media (± D. S.) delle variabili considerate in tre aziende bufaline. Azienda 1 2 3
P<
Distanza di fuga - 1,44 (1,13) 0,64 (0,64) 0,005 Sollevamento dell'arto 3,33 (2,29) 4,44 (2,51) 3,22 (3,18) n. s. Scalciare 0,52 (0,71) 0,98 (1,04) 0,52 (0,81) n. s. Indice di pulizia individuale - - 2,82 (0,67) -
Tabelle
122
Tabella 7 - Ripetibilità calcolata nell'azienda "Pantano" di Pignola (PZ) con il test W di Kendall (P<).
Podoliche a Frisone b
Distanza di fuga 0,5036 (0,0232) -
Test di vicinanza - 0,7948 (0,0001)
Indice di pulizia individuale 0,5313 (0,0156) 0,7356 (0,0001)
a Animali in stabulazione libera.
b Animali in stabulazione fissa.