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1 NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA DI S. MARIA DELLA TORRICELLA (*) di SERENA QUAGLIAROLI La Confraternita di S. Maria della Torricella è stata oggetto di alcuni importanti studi che ne hanno fortemente valorizzato l’attività caritativa di assistenza e conforto ai condannati a morte; ma è solo con il recente spoglio dell’archivio che si sono potute individuare si- gnificative informazioni intorno alla committenza artistica e alle varie forme di devozione esercitate dai confratelli nei secoli (1) . L’istituzione della Confraternita, risalente al 29 giugno 1576, quan- do l’allora vescovo di Piacenza Paolo Burali d’Arezzo (1511-1576) (2) ne approvò gli statuti di costituzione (3) , si colloca all’interno di uno (*) Ringrazio i membri della Confraternita della Torricella ed in special modo l’avv. Angelo Perini, per avermi concesso, con così generosa disponibilità, di consultare il loro vasto archivio; un sentito ringraziamento lo devo a don Lorenzo Buttafava e al sig. Dino Anelli per la preziosa collaborazione nelle ricerche, al prof. Vittorio Anelli e alla dott Susanna Pighi per l’aiuto nella revisione del testo e al sig. Carlo Pagani per le fotografie. (1) Per quanto attiene alla storia della Confraternita cfr. Guglielmo Bertuzzi, La Con- fraternita dei Cappuccini conversi in S. Maria della Torricella, Piacenza, Tip. Ivaldo Bricca, 1939; Pietro Scottini, La Confraternita dei Laici Cappuccini di S. Maria della Torricella, Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, Facoltà di Magistero, a.a. 1973/1974, rel. prof. Giovanni Ancarani; Franco Molinari, Religiosità e spirito penitenziale della con- fraternita dei laici Cappuccini di S. Maria della Torricella, in «Archivio storico per le Pro- vince Parmensi», s. IV, XXX, II, 1978, pp. 349-362; Ettore Carrà, Le esecuzioni capitali a Piacenza e la confraternita della Torricella dal XVI al XIX secolo, Piacenza, Tip.Le.Co., 2009. (2) Cfr. Franco Molinari, Il card. teatino beato Paolo Burali e la riforma tridentina a Piacenza (1568-1576), Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1957. Per la figura di Paolo Burali d’Arezzo nel contesto artistico e devozionale piacentino mi permetto di rinviare a Serena Quagliaroli, Arte e Riforma tridentina nella Piacenza del vescovo Pa- olo Burali d’Arezzo (1568-1576), tesi di specializzazione, Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici, a.a. 2013/2014, rel. prof. Alessandro Morandotti. (3) Archivio di S. Maria della Torricella (d’ora innanzi AT), 1 Repertorio dell’Archivio

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NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA

DI S. MARIA DELLA TORRICELLA(*)

di Serena Quagliaroli

La Confraternita di S. Maria della Torricella è stata oggetto di alcuni importanti studi che ne hanno fortemente valorizzato l’attività caritativa di assistenza e conforto ai condannati a morte; ma è solo con il recente spoglio dell’archivio che si sono potute individuare si-gnificative informazioni intorno alla committenza artistica e alle varie forme di devozione esercitate dai confratelli nei secoli(1).

L’istituzione della Confraternita, risalente al 29 giugno 1576, quan-do l’allora vescovo di Piacenza Paolo Burali d’Arezzo (1511-1576)(2) ne approvò gli statuti di costituzione(3), si colloca all’interno di uno

(*) Ringrazio i membri della Confraternita della Torricella ed in special modo l’avv. Angelo Perini, per avermi concesso, con così generosa disponibilità, di consultare il loro vasto archivio; un sentito ringraziamento lo devo a don Lorenzo Buttafava e al sig. Dino Anelli per la preziosa collaborazione nelle ricerche, al prof. Vittorio Anelli e alla dott Susanna Pighi per l’aiuto nella revisione del testo e al sig. Carlo Pagani per le fotografie.

(1) Per quanto attiene alla storia della Confraternita cfr. Guglielmo Bertuzzi, La Con-fraternita dei Cappuccini conversi in S. Maria della Torricella, Piacenza, Tip. Ivaldo Bricca, 1939; Pietro Scottini, La Confraternita dei Laici Cappuccini di S. Maria della Torricella, Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, Facoltà di Magistero, a.a. 1973/1974, rel. prof. Giovanni Ancarani; Franco Molinari, Religiosità e spirito penitenziale della con-fraternita dei laici Cappuccini di S. Maria della Torricella, in «Archivio storico per le Pro-vince Parmensi», s. IV, XXX, II, 1978, pp. 349-362; Ettore Carrà, Le esecuzioni capitali a Piacenza e la confraternita della Torricella dal XVI al XIX secolo, Piacenza, Tip.Le.Co., 2009.

(2) Cfr. Franco Molinari, Il card. teatino beato Paolo Burali e la riforma tridentina a Piacenza (1568-1576), Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1957. Per la figura di Paolo Burali d’Arezzo nel contesto artistico e devozionale piacentino mi permetto di rinviare a Serena Quagliaroli, Arte e Riforma tridentina nella Piacenza del vescovo Pa-olo Burali d’Arezzo (1568-1576), tesi di specializzazione, Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici, a.a. 2013/2014, rel. prof. Alessandro Morandotti.

(3) Archivio di S. Maria della Torricella (d’ora innanzi AT), 1 Repertorio dell’Archivio

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SERENA QUAGLIAROLI

specifico programma di promozione o di diretta erezione di numero-se congregazioni laicali, nella speranza che lo spirito caritativo che contraddistingueva il teatino Burali potesse diffondersi tra la popola-zione. Presso la Confraternita della Torricella il culto per il vescovo, divenuto beato nel 1772, si è mantenuto vivo nei secoli nella convin-zione che non solo ne avesse approvato gli statuti, come avvenne per le confraternite di S. Giorgio e della SS. Trinità, ma che ne fosse il vero e proprio fondatore.

L’associazione caritativa, che riuniva l’élite nobiliare piacentina nel-la devozione francescana(4), prese il nome dalla chiesetta di S. Maria della Torricella, un piccolo edificio religioso che fungeva da pendant al modesto tempietto sorto nel 1514 in corrispondenza di un’imma-gine mariana miracolosa e denominato «Oratorio degli Impiccati»(5), entrambi ceduti ai confratelli il 17 agosto 1576 dalla Società di S. Giacomo Minore, un’unione maschile incaricata di assistere i prigio-nieri e seppellire i cadaveri dei giustiziati per delitti comuni(6); nel volgere di breve tempo, i confratelli della Torricella assorbirono le funzioni di assistenza ai carcerati, ai condannati e alle vedove che caratterizzavano le attività caritative dei confratelli di S. Giacomino.

La comunità di Piacenza aveva concesso nel 1566 la chiesa della Torricella alla confraternita di S. Giovanni Decollato coll’uffizio di seppellire i giustiziati. Questa nel 1576 trasmigrò in S. Giacomo Minore detto S. Giacomino, dopo aver ceduto il proprio oratorio al sodalizio dei cappuccini laici, fondato dal b. Paolo Burali d’Arezzo, i quali nel 1608 assunsero altresì il soccorso dei carcerati, l’assistenza ai condannati a morte, il loro seppellimento. Un portico

della Confraternita de Cappuccini laici conversi della B. V. della Torricella in Piacenza dal 1690 a tutto l’anno 1717, c. 17: «1576 29 Giugno Erezione della Confraternita de Capuc-cini Laici Convertiti di Santa Maria della Torricella in Piacenza, fatta apostolicamente dal V. Cardinale Paolo d’Arezzo vescovo di Piacenza». Qui e altrove la trascrizione dei documenti è strettamente conservativa, se si eccettua la soluzione di qualche abbrevia-zione. Mentre tre punti entro parentesi quadre indicano tagli nelle citazioni, tre punti fuori parentesi segnalano parole o parte di esse illeggibili o mancanti.

(4) Cfr. Giovan Bonifacio Bagatta, Vita del Ven. Servo di Dio Paolo Burali d’Arezzo, Della Religione de’ Chierici Regolari, Cardinale del Titolo di S. Pudentiana, vescovo di Pia-cenza e poi arcivescovo di Napoli, Verona, Per Giovanni Berno, 1698, pp. 221-222: «di cui officio, volle che fosse d’andare per la città sconosciuti, e vestiti di canevaccio, o tela grossa, scalzi, e con soli sandali in piedi, mendicando, e ricercando limosine per soccor-rere i poveri vergognosi, [...] ad essere aggregati in questa Confraternita, si offerirono subito diversi gentil huomini della Città, a quali poi in progresso di tempo si aggiunse quasi tutta la nobiltà di Piacenza, e fu chiamata la Confraternita della Turricella, quale poi col tempo prese anco il carico di confortare i condannati dalla giustitia a morte».

(5) Cfr. Ersilio Fausto Fiorentini, Le chiese di Piacenza, Piacenza, TEP, 1985, p. 198.(6) AT, 1 Repertorio, c. 18: «1576 17 Agosto cessione fatta da Confrati di S. Giaco-

mo minore della Chiesa della Torricella alla Confraternita de’ Capuccini Laici convertiti nuovamente eretta al prezzo di scuti quaranta d’oro».

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serviva da vestibolo alla chiesetta […] e vi si aprivano gli avelli; incorporato quel portico nella chiesa, entro di essa si trovarono ricoverate le ossa dei giustiziati(7).

Tra le prime informazioni che possiamo trarre dal ricco archivio della Confraternita vi è la presenza nel 1579 all’interno della chiesa di «un quadro della Madonna col Bambino su tela […] un altro qua-dro con la Figura della Madonna con il Bambino alle mammelle»(8), confermata da un secondo inventario che aggiunge: «Tavolette 11 con Miracoli della Madonna […] quadro della Pietà […] quadro della Ma-donna col Bambino tela pinta vecchia»(9). Le prime immagini conser-vate erano dunque di soggetto mariano, così come il frammento di affresco miracoloso, l’unico ad essersi mantenuto sino ad oggi, regi-strato nella visita apostolica dello stesso anno ancora nell’oratorio: «loco Iconae adest Imago Santae Mariae Virginis in pariete decenter picta»(10).

L’ordine del «1588 13 aprile che si debba far dipingere nostra chiesa […] in bono modo et forma decente al loco»(11) trova maggio-ri dettagli negli atti del 14 maggio e del 1° giugno 1588 rogati dal notaio Pietro Martire della Valle, attraverso i quali il pittore Vincenzo Veggi (Piacenza, ?-1593) si impegnava ad eseguire per la chiesa di-versi lavori tra i quali gli ornamenti del volto con le immagini della Madonna e della Natività e quelle di S. Francesco e di S. Bonaventura sulla controfacciata dell’edificio(12). Con atto del 19 maggio 1590 dello stesso notaio della Valle, mastro Giacomo Boselli si impegnò ad ese-guire il coro ligneo della chiesa ed una serie di interventi strutturali per adeguare la struttura(13); ma evidentemente i lavori non vennero

(7) Giuseppe Nasalli Rocca, Per le vie di Piacenza. Ricordi di Storia Patria e Pensieri, Piacenza, Tipografia F. Solari di G. Tononi, 1909, riproduzione facsimile dell’edizione originale, Piacenza, Tip.Le.Co., 1973, p. 370.

(8) AT, Faldone 55, Mandati di pagamento e altri dal 1847-1852, cartellina rossa, un quadernetto non rilegato: 1579 21 Giugno Inventario de mobili […].

(9) Ibid.(10) AT, Libro X, Vol. I, n. 37, 1579 li 24 Giugno, Visita pastorale della Chiesa di

S. Maria della Torricella della Confraternita di Cappuccini Laici Conversi fattasi dal già Vescovo di Rimini Giambattista Castelli Visitatore Apostolico delle Chiese tutte della Curia, e Diocesi di Piacenza per la S. M. di Papa Gregorio XIII, c. 1v.

L’affresco, rappresentante la Vergine con il Bambino tra i santi Antonio Abate e Francesco, è pubblicato in Carrà, Le esecuzioni capitali, p. 8.

(11) AT, Faldone n. 55, Mandati di pagamento […].(12) Cfr. Giorgio Fiori, Documenti relativi alla costruzione di edifici religiosi piacen-

tini, in «Strenna Piacentina», 1998, pp. 33-73, a p. 55.(13) AT, Libro X, Vol. I, n. 64, Accordo seguito tra li F. F. Fabricieri della Veneranda

Confraternita de’ Cappuccini Laici Conversi per una parte ed il Muratore Giacomo Boselli per l’altra, per la Fabrica del Coro, ed altro nella Chiesa di S.ta Maria della Torricella, come da Rog.to del Notaio Piacentino Pietro Martire della Valle.

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SERENA QUAGLIAROLI

completati nel tempo stabilito, costringendo i confratelli ad avviare una causa contro il muratore(14).

Una serie di appunti sparsi rende conto delle opere possedute dalla Confraternita nell’ultimo decennio del XVI secolo (e purtroppo oggi irreperibili): «1591 Inventario / un ancona con supra la Madon-na S. Josefo S. Rocco / uno quadro con la Madonna ed il Signor / uno quadro con la nave di S. Pietro / uno quadro con supra S. Gio. Batta»(15); «un quadro di legno dipinto con una Madona et uno Cristo in spala»(16); nella sacrestia «uno quadro con sopra la Madona con il b(ambin)o in spalla / uno quadro grosso con la Madona con il b(ambin)o in spalla / [...] un quadro con la Madona e il Sig.re / […] uno quadro con la nave di santo Pietro»(17) e numerosi oggetti per le funzioni liturgiche e le esigenze della chiesa.

Con atti del 5 e 6 maggio 1603 del notaio Marco Antonio Rizzi, gli statuari e scultori Giovanni e Francesco Chiodi(18) si impegnarono a costruire l’altare e il tabernacolo. Il documento dell’archivio riporta con precisione come dovesse risultare l’aspetto finale dell’opera, ri-mandando ad un «disegno fatto per m. Pietro Durdello»(19).

Siano obligati scolpire et far l’opera infradetta in materia de ligname di ta-vernelli a tutte spese d’essi fratelli eccettuate le fodre de drappi interiormente della cassa del tabernacolo cum quattro figure de santi grande, nichie et tre statue de angeli che andranno posti in cima l’ancona della Madonna uno apparte et l’altro in mezzo et altri doi angeli sotto le mensole che sostentano l’ancona di marmo et quattro altri angeli sedenti sopra li frontispici de quattro nichi de quatro santi sopranominati facendo la cassa de Santissimo Sacra-mento […] essi fratelli promettono di farlo in termine di duoi mesi e mezi

(14) AT, Libro X, Vol. I, n. 66, 1590 11 Settembre e 1591 27 Luglio Processo nanti li Consoli del Paratico de Muratori di Piacenza ad istanza della Veneranda Confraternita de Cappuccini Laici Conversi contro il Muratore Jacopo Boselli nella Fabrica della loro Chiesa di S.ta Maria della Torricella, per le Cause, come in quello e successiva sentenza a favore di essa confraternita.

(15) AT, Faldone n. 55, Mandati di pagamento: 1591 Inventario.(16) AT, Libro X, vol. V, n. 14: Plico di più scritture, talune per Rogito, tali altre per

la maggior parte firmate dai F. F. Cancellieri pro tempore della Veneranda Confraternita [...] dal giorno 24 giugno 1588 a tutto il giorno, Mese, ed anno come sopra: Inventario 29 giugno 1592, cc. 7v-11r, a c. 7v.

(17) Ivi, Inventario 8 novembre 1598, cc. 12r-15r, a c. 14r.(18) Per approfonditi studi sui Chiodi cfr. Giorgio Fiori, I Chiodi e la scultura lignea

a Piacenza tra ’500 e ’600, in «Strenna piacentina», 1998, pp. 69-73; Carla Longeri, La scultura a Piacenza tra Maniera e Barocco, in Storia di Piacenza, IV. Dai Farnese ai Bor-bone (1545-1802), Piacenza, Tip.Le.Co, t. I, 1999, pp. 523-592, a p. 575; Ead., Susanna Pighi, Il mobile piacentino, Piacenza, Tip.Le.Co., 2003, pp. 44-48.

(19) Relativamente a Pietro Dordelli, pittore prospettico, cfr. Giorgio Fiori, Notizie biografiche di pittori piacentini dalla fine del ’400 al 1700, in «Archivio storico per le Province Parmensi», s. IV, XXIV, 1972, p. 172, nota 2.

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da comminciarsi dal di de hoggi […] promettono di dare et pagar a detti fra-telli de Chiodi a mercede di tal opera lire duecento quaranta de Imperiali(20).

Nel decennio successivo, una serie di lavori finalizzati all’ornamen-to della chiesa sono attestati dalla riscossione di contributi(21).

Nel 1618 si commissionò una grande pala dedicata a S. Fran-cesco per l’altare del Santo: i documenti ricordano i pagamenti «al Sig. Steffano Fiorini pittore»(22), un artista cremonese la cui vicenda biografica rimane piuttosto oscura. Il Fiorini fu a Piacenza a partire dal 1601(23) e vi morì nel 1621; a lui attribuiti, oltre alla grande pala della Torricella, sono solamente il Beato Bernardino da Feltre per il Monte di Pietà (1605) ed una S. Francesca Romana (1609) nel Ca-stello di S. Pietro in Cerro. «Di Stefano Fiorini (1619) è il S. Fran-cesco d’Assisi innanzi al Padre e al Figliuolo. Questo quadro che è di qualche bellezza è nel coro da parte dell’Epistola, e stava al posto del S. Disma»(24). L’opera, rimossa dall’altare alla fine del XVIII secolo, è posta oggi in una delle stanze private della confraternita e si mostra ben conservata. Benché il Buttafuoco, con la solita intenzione polemi-ca nei confronti dello Scarabelli, ricordasse che «in coro, dalla parte dell’epistola, è un S. Francesco d’Assisi (che stava già all’altare dove ora è S. Disma), opera di Stefano Fiorini verisimilmente piacentino; che, cominciato nel 1618, non era ancor finito nel 1620»(25), il dipin-to fu effettivamente compiuto nel 1619 come dimostrano la data e

(20) AT, Libro X, vol. I, n. 93: 5 maggio 1603, Convenzioni tra gli primarii Uffiziali della Nobile, e veneranda Confraternita de Cappuccini Laici Conversi di S. Maria della Torricella per una parte, e li Giovanni e Francesco Fratelli Chiodi Statuisti, e Scultori di Legno per l’altra per diverse statue ed Ornati da farsi da essi all’Altare, e Nicchio della SS. Vergine della Torricella, come da Rog.to del Notaro Piacentino Alfonso Croci, cc. 1r-3r, a c. 1v.

(21) AT, 1 Repertorio, c. 19: «1613 24 ottobre Lista de dinari riscossi da Marco An-tonio Pugnetti per ornamento fatto alla chiesa della B. V. della Torricella».

(22) AT, Faldone n. 55, Mandati di pagamento: «11 maggio 1618 […] si ordina il mandato di l. 150 al Pittore a buon conto del quadro che li fe pel nuovo altare»; Fil-za n. 65, c. 71v: 21 ottobre 1618: «hanno ordinato che si facci un m(andat)o di [...] al Sig. Steffano Fiorini pittore» (la cifra non è leggibile perché il documento è molto rovinato da macchie di umidità); Faldone n. 55, Mandati di pagamento: «19 Dicembre 1819 mandato di l. 150 al Sigr. Stefano Fiorino Pittore pel quadro da mettersi nella nostra chiesa in l’ancona nuova».

(23) Cfr. Giorgio Fiori, Un contratto di formazione artistico-pittorica del pittore Ber-nardino Lanzani e cenni di altri artisti piacentini del ’500 e del ’700, in «Strenna piacen-tina», 1996, pp. 70-75, a p. 72: in un elenco dei pittori attivi a Piacenza nel 1606 viene indicato Stefano cremonese residente presso S. Maria dei Pagani.

(24) Luciano Scarabelli, Guida ai monumenti storici ed artistici della città di Piacen-za, Lodi, Tip. Wilmant, 1841, ristampa anastatica Piacenza, TEP, 1998, p. 126.

(25) Gaetano Buttafuoco, Nuovissima guida della città di Piacenza con alquanti cenni topografici, statistici e storici, Piacenza, Tip. Tagliaferri, 1842, ristampa anastatica Pia-cenza, TEP, 1998, p. 174.

tav. I

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SERENA QUAGLIAROLI

la firma del pittore entro un cartiglio in basso a destra. Si tratta di una pala in cui il ricordo delle opere di Giovan Battista Trotti detto il Malosso (Cremona, 1556 - Parma, 1619) è evidente sia nella com-posizione che nella ricca e calda gamma cromatica; echi del Trotti si riscontrano peculiarmente nella figura di Francesco, ricalcato sul medesimo della Vergine che appare a S. Francesco di Palazzo Farnese, lavoro assegnato alla bottega del cremonese, a sua volta replica varia-ta di un’Apparizione a S. Giacinto di S. Giovanni in Canale. Il Cristo e il Padre risultano ispirati dalla tela originariamente in S. Vincenzo ed ora nei Musei di Palazzo Farnese, Cristo e la Beata Vergine inter-cedenti per la città di Piacenza, così come i putti vivaci, variamente scorciati e impegnati ad interagire con i protagonisti(26).

Vi è nel corso del tempo da parte dei confratelli – la cui estrazio-ne sociale permetteva grandi spese – la volontà di mantenere sempre adeguatamente ornata la piccola chiesa, provvedendo alle tappezze-rie(27), a riparare ad eventuali danni o furti(28), a rinnovare i metalli preziosi del tabernacolo(29).

La chiesa, parzialmente modificata a seguito di un incendio che ne impose la chiusura tra 1864 e 1876(30), si presentava all’inizio del XVIII secolo a pianta «quadra con volta. È lunga piedi parigini 44 circa larga 22. In queste misure non si comprende il presbiterio. [...] vi sono quattro cappelle senza fondo l’una in faccia all’altra. Gli ornati di queste sono di stucco»(31). La gravissima perdita provocata dall’incendio ottocentesco riguardò in special modo l’area del coro, dove si ammirava «l’arcella(32) dipinta a fresco da Domenico Piola

(26) Per studi sul Malosso a Piacenza cfr. Ferdinando Arisi, Il Malosso a Piacenza: contributi alla conoscenza dei pittori cremonesi, in «Bollettino storico piacentino», LII, 1957, pp. 101-113; Id., La pittura, in Storia di Piacenza, IV, t. I, pp. 399-492, a pp. 415-422.

(27) AT, Filza 65, c. 202v: 25 novembre 1621 «quanto alla fabrica delle tapezarie tratta(t)o altre volte nella congregatione particolare, hanno diliberato che adesso si fac-cino le tapezarie di damasco di color cremisino et di color giallo per adobare solamente la capella della Madonna».

(28) Ivi: 10 febbraio 1622 «dei ladri hanno rubato ornamenti dela Madonna, si stabilisce che quanto prima si faccia fare una lastra di rame a coprire tutta l’imma-gine della Vergine e venga dipinta l’immagine della Vergine in bellissima forma e da buonissima mano».

(29) AT, 1 Repertorio, c. 21: «1658 Varii Confessi e note di danari esatti e pagati per la fattura ed argenti del tabernacolo nuovo d’altare della B. V. della Torricella a favore del S. Meliorini Argentiere, dal detto anno sino al 1661».

(30) AT, Cassetta n. 54, Mandati dell’anno in corso: serie di perizie (dal 1° Agosto 1871 al 12 settembre 1873) firmate dall’ing. Filiberto Perreau; i lavori vengono eseguiti nel 1874 dal capomastro Francesco Fagioli.

(31) Giovanni Battista Laguri, Descrizione delle Chiese piacentine, Biblioteca «Passe-rini-Landi» di Piacenza, Ms. Miscellanea Rapetti 41, c. 18v.

(32) Con arcella, sostantivo latino diminutivo di arca, si indicava, nelle chiese pale-

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Genovese. La cupola poi, e parte del Santuario è dipinto dal Ca-valier Draghi»(33). Negli anni Ottanta del Seicento erano stati infatti intrapresi numerosi lavori(34) per trasformare l’area absidale, avviati dal «trasporto d’una parte di Muro, in cui resta dipinta l’immagine della Gloriosissima Vergine Maria nella sua Chiesa della Torricella nel Nicchio del Muro nuovo nel Coro in prospetto dell’Altare»(35) eseguito dai «Fabro murario Jacobo de Augustinus […] et Fabro murario Petro Rubeo» e culminanti nella ricca decorazione del catino ad opera di Domenico Piola (Genova, 1627-1703), coadiuvato da Giovanni Evange-lista Draghi (Genova 1654 – Piacenza 1712) e da Sebastiano Monchi (Bologna, ?-1706 ca.), quadraturista.

Dipinse il s. Domenico Piola Genovese le figure […] principiò alli 6 agosto 1685 ha dipingere, e il prospetico è opera dell s. Sebastiano Monchi Bolo-gnese, con l’assistenza e opera e quei quattro Puttini che nelli Angoli della Cupola dell s. Giovanni Draghi genovese, terminati alli 26 7bre 1685 non havendo lavorato che giorni 21 perchè dipinse nell’istesso tempo anche una Galleria in casa dell s. co. Baldino. […] hebbe doppie 50 senza i Regalli fattalli dall’ sig. Marchese Erasmo Malvicino Fontana che dir si preme che li pittori siano stati tutti di lui pagati perchè le lire mille che hebbe dalli s. Co. Carlo Selvatico, se ne servì a fare indorare quell pezzo si vede entro la cupola e quei puttini dell Draghi dall’Andrea indoratore(36).

Possiamo recuperare, almeno dal punto di vista iconografico e compositivo, l’opera di Piola basandoci sui commenti delle guide:

il Genovese Domenico Piola espresse con robusti colori Mosè raccolto dall’ac-qua del Nilo dalla figlia dell’egizio Monarca, quindi li primi nostri Padri cac-ciati fuori dal terrestre Paradiso dal celeste Cherubino armato d’ignea spada; e finalmente l’Immacolata Vergine che preme col piè di destra la mostruosa testa del nemico dell’eterna nostra salute. Notano li intelligenti che codesto pittore riuscì maggiormente nelli dolci che nelli fieri argomenti(37),

ocristiane, il vano posto sotto l’altare, destinato a contenere le reliquie; il termine viene successivamente impiegato per alludere più genericamente all’area absidale, considerata una sorta di scrigno per l’Eucarestia.

(33) Carlo Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza, Tedeschi, 1780, ristam-pa anastatica Bologna, Arnaldo Forni, 1974, p. 120.

(34) AT, 1 Repertorio, c. 22: «1685 14 Xbre […] grandezza dove posero assai anti-cha e [...] adornamento […] la vergine santissima con una nuova ancona […] la quale ancona fu alzata apesa all muro vecchio sopra l’altare alli 16 maggio 1682. […] Alli 10 dell mese d’agosto l’anno 1684 da s. Giacomo delli Agostini viene fabricata quella cupola che si vede fondando quattro piloni novi».

(35) Ibid.(36) AT, Libro X, Vol. III, n. 29: 1685 Notizie della Fabbrica di questa Chiesa.(37) Gian Battista Anguissola, Il cicerone della cattedrale ossia guida della città di

Piacenza, s.l., s.n., s.d., copia dattiloscritta s.d., Biblioteca «Passerini-Landi» di Piacen-

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e sulla dettagliata ed entusiastica descrizione edita nello stesso 1685 da Lorenzo Bascarini(38):

le due principali Figure del vostro Coro: L’Eterno Padre, l’Immacolata Ma-ria; onde la maestà dell’uno, la nobiltà, e delicatezza dell’altra, fanno appunto comprendere che non d’altronde, che dal Cielo, nuovo Prometeo, le sapeste involare. […] quegli angioli poi, che con raro, e bizarro intreccio, prendendosi ciascun per mano si distendono in lunga catena, à formar Corona sopra l’Eter-no Padre, riescono così vezzosi che incatenano per lo stupor chi gli mira. Non ponno essere più naturali i componimenti delle Membra, non discommesse da suoi propri siti, più leggiadre le loro attitudini, misurate con proportio-ne, e disposte con non poco artificio, più svelti i lor scorci, più bizarri i lor movimenti. I muscoletti distesi, senza pregiudicare al molle della Carnagione, la delicatezza delle linee ben tondeggiate ne’ contorni soavemente tirate, la diligenza delle fasce svolazzanti per l’aere, il chiaro de’ lumi, lo spiccamento dell’ombre [...] Ma non inferiore a suddetti rimirasi un’altra Figura d’Angiolo, che volante in aria, e stringendo nella destra una Spada di fuoco, terribile in-sieme, e amabile, pone in fuga un Adamo. Gli svolazza d’intorno, sparso per l’aere un panneggiamento di color d’oro, così sottilmente lavorato nelle sue pieghe, che gli artificiosi veli di Parrasio perderebbero il vanto nel paragone […] Mostra egli un petto di viva carne, un braccio robusto, una man di rilievo, un volto, che spira minacce, e terrore. Tutto fierezza: par scoglio, e fulmine. […] Fuggono Adamo, e Eva a riverberi del ferro fulminatore, ma non fuggite nò, arrestate il passo, e qui fissatevi, per tutto il tempo avvenire, o bellissime Figure, à gloria immortale di quel Pennello [...] E tu Mostro Infernale, che sotto a’ piè di MARIA, in forma di fiero Drago ti giaci, scuotiti pure, gemi, contorciti, apri la spaventosa Caverna della tua bocca [...] Ecco là dentro a picciola cistella, impeciata di giunchi il Pargoletto Mosè, prodigo natante, Fiore di questa Pittura, gemma di questo Circolo. Egli è tutto dolce, tutto vago, tutto tenero. Tenero d’anni, di fattezze, di membra. Gli splendono begli azurri negli occhi, gli scherza dolce latte sopra le gote, gli serpeggiano begli ori sopra de crini, spira il volto bamboleggiante una molle freschezza di rosa [...].

Il ricordo dell’iconografia dell’Immacolata è stato parzialmente re-cuperato ponendo come pala d’altare una copia dell’opera di Carlo Cignani per la chiesa farnesiana delle Benedettine (oggi conservata presso il palazzo vescovile), alla quale lo stesso Piola potrebbe effet-tivamente essersi ispirato. La descrizione del Bascarini è così minuta e particolareggiata da «permettere di scorgere tangenze iconografi-che con gli affreschi momentaneamente interrotti in San Leonardo a Genova»(39), anche se alla Torricella Piola avrebbe condotto il te-

za, pp. 15-16.(38) Lorenzo Bascarini, Discrittione encomiastica della bellissima Concettione dipinta

a fresco nel coro di S. Maria Torricella da Domenico Piola, pittore genovese, 1685, Biblio-teca «Passerini-Landi» di Piacenza, Libri Pallastrelli 81, pp. 5-11.

(39) Daniele Sanguineti, Domenico Piola e i pittori della sua casa, Soncino, Edizioni

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NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA DI TORRICELLA

ma «con invenzione totalmente diversa. […] In ipotesi potrebbe esse-re possibile che all’opera piacentina sia da ricondurre la teletta con l’Immacolata»(40) conservata nella Galleria di Palazzo Bianco, poiché, secondo Rita Dugoni, l’iconografia, vicina anche a quella della pala d’altare rappresentante una Madonna immacolata e Dio Padre della genovese Santissima Annunziata del Vastato, aderirebbe all’attitudine così pietosa descritta dal Bascarini. Daniele Sanguineti inoltre sugge-risce che si potrebbe individuare una prima idea per questo ciclo in uno schizzo in collezione privata da lui pubblicato(41).

La decorazione del catino testimonia le forti disponibilità econo-miche della confraternita, poiché il medesimo team di artisti, Piola, Draghi e Monchi, proprio negli stessi anni, come riporta il documen-to, risultava impegnato nella decorazione della galleria del palazzo dei conti Baldini(42); vanno ricordati inoltre il grande favore e le si-gnificative commissioni ricevute dai due pittori genovesi a Piacenza, in primis presso la corte farnesiana.

Particolarmente dettagliato è un inventario privo di data, ma asse-gnabile agli anni tra il 1679 e il 1685 per la collocazione del documento e per il riscontro nel repertorio(43), che rende conto della ricca dotazio-ne di quadri e sculture, purtroppo nella grande maggioranza perduti. Alcune delle opere si ritrovano anche in un inventario del 1712-14(44).

1° Quadro uno senza cornice grande con dipinto la Madona, santo Bernad.no, S. Rocco et altre pitture [presente nel 1714 come « Due quadri grandi sopra de quali in uno vi è dipinto S. Rocco e S. Bernardino»?]2° Quadro uno grande con dipinto in piedi l’Eminent.mo Cardinale d’Arezzo3° quadro uno grande con dipinto sopra il Pontefice Gregorio Decimo [i due dipinti nel 1712 vengono ricordati insieme nel coro: «Altri due quadri sopra de quali vi è San Gregorio Papa, et il Card.le d’Arezzio con sue cornici parte indo-rate e parte marmorizate con otto foglie di legno indorato per cadauno» (c.18v)]

dei Soncino, 2004, 2 voll., I, p. 57.(40) Rita Dugoni, “La dolce fratellanza di que’ pittori che confondeva gli uni cogli

altri gli studi e le bozze che uscivano da loro pennelli”. Proposte su alcuni dipinti di “casa Piola” e una nuova traccia per il soggiorno di Domenico Piola a Piacenza, in «Bollettino dei Musei civici genovesi», XVIII, 1996, pp. 52-54, 86, nota 18.

(41) Cfr. Sanguineti, Domenico Piola, II, p. 494, n. IV.25. Il disegno (venduto all’asta Christie’s di Parigi del 18 marzo 2004, lotto 21) viene da lui pubblicato a p. 615, n. 342.

(42) Cfr. Paola Ceschi Lavagetto, La galleria di Domenico Piola ritrovata, in «Bolletti-no d’Arte», 1985, nn. 33-34, pp. 181-190; Anna Coccioli Mastroviti, Le quinte dell’abitare: il palazzo dei marchesi Baldini, in «Strenna Piacentina», 1993, pp. 56-72.

(43) AT, Libro X, vol. V, n. 14, Plico di più scritture: Inventario 1679-1685? (l’inven-tario segue uno del 1607 e precede uno del 1712; nel repertorio viene indicato come «83 Inventario de mobili della Torricella non sottoscritto» ed è posto tra uno del 1679 ed uno del 1685).

(44) Ivi: Inventario 23 febbraio 1712, cc. 9r-19v, a cui si aggiungono dei fogli sciolti con Inventario 8 dicembre 1712 ed altri intitolati 6 Xbre 1714 (questi ultimi n.n.).

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4° quadro uno grande con dipinto sop.a S.to Corado [nel 1712: «Altri due quadri con sopra in uno San Corrado, e nell’altro Frate Rafaello Piacent.no» (c.19r)]5° quadro uno grande con dipinto sop.a S.to Rocco7° quadro uno grande con dipinto sop.a S.to Sebastiano8° quadro uno grande con la sua cornice di noce con dipinto sop.a S.to Car-lo [nel 1712: «nella sala grande dove si riunisce la congregazione Tre quadri grandi con cornice nera, et indorata sopra de quali vi sono S. Carlo, S. Rocco, e S. Sebastiano» (cc. 10r-10v)]9° quadro uno grande con la sua cornice di noce con dipinti sop.a il Salva-tore in habito d’hortolano e S.ta M.a Madalena [ricordato nel 1712 nella sala grande dove si riunisce la congregazione insieme a una delle tante immagini della Madonna: «nro Sig.e e S.ta M.a Madalena con sua cornice con un fi-letto d’ottone» (c. 10v)]X° quadro uno mezano con la sua cornice di noce con sop.a dipinta la Ma-dona di ReggioXI quadro uno mediocre con la sua cornice di noce con dipinto sop.a S.to Franc.co [nel 1712: «Un quadro con sopra l’Immagine di San Fran.co con cornice foglia indorata à ottone» (c. 16r)]XII quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a la Mad.na del CarmineXIII quadro uno mezano con la sua cornice di legno dolce con dipinto sop.a S.to CarloXIII quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a l’im-magine della MadonnaXV quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a S.to GirolamoXVI quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a il N. S. e S.to Gio. che li dorme sop.ra il pettoXVIII quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a la Madonna col bambino in brazzoXVIII quadro uno mezano con la sua cornice di noce con dipinto sop.a la Mad.na col N. S. su le ginocchi con l’imagine d’avanti di un pastoreXVIIII quadro uno mezano senza cornice dove è dipinto sop.a S.to Paolo primo heremitta e S.to AntonioXXX quadro uno mezano senza cornice dove è dipinto sop.a il Salvatore quadro uno dipinto con humiltà grande con la sua cornice [nel 1714: «Due quadri grandi [...] nell’altro il Salvatore»]XXI quadro uno mezano con la sua cornice di legno dolce nero con dipinto sop.a S.ta M.a MadalenaXXIII quadro uno piccolo senza cornice con sop.a dipinto il Nostro Signore in atto di portar la croceXXIIII quadro uno piccolo senza cornice con dipinto sop.a S.ta Catarina dalla Ruotaquadretti divotiquadri doi mezani con sop.a varie effigie di sacerdoti et in specie l’effigie di Monsig. I.mo Vic.o … et altre effiggie dipinte con l’espressione in lettere delli miracoli della B.ma Verg.ne qui della TorricellaQuadri piccoli diversi divoti con cornici in parte in parte senza n. venti.

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NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA DI TORRICELLA

Numerosi erano i paramenti e gli oggetti liturgici, minuziosamen-te elencati, e le statue devozionali(45); tale ricchezza si mantenne per tutto il secolo(46).

L’inventario del 1712 inoltre ci permette di ricostruire la spazia-lità interna della chiesa: oltre all’immagine della Beata Vergine della Torricella posta nell’abside,

per risp.to dell’altro avanti l’Altare di San Giuseppe con sopra l’Immagine di d.to Santo, per risp.to dell’altro, avanti l’Altare di S. Franc.co con sopra due armi, et uno lavoro straforato fatto di legno parte indorato e parte piturato, sotto del quale vi è una ferrata consistente in cinque ferri in piedi, e tre per il traverso, e poi il Corpo di San Desiderio martire, e per risp.to dell’altro, avanti l’altare del Crucifisso con sopra il Sig.e morto(47).

Il quadro rappresentante il Transito di S. Giuseppe tuttora presente, rimane senza specifica attribuzione, ma mostra nell’impaginazione e

(45) «Angeli in statua di legno in piedi indorata da mett.re su li altari n. quatro / […] Angeli in genocchio in statua di legno parte indorate e parte no da mettere suli altari n° quatro / figurina in statua di stucho con li suoi piedistallo n. quatro cioè altri Santi e altri Sante / figura in statua di legno piccole n. due cioè S.to Pietro e S. Paolo parte dorate e parte nò / Una figura della Madonna in statua di legno mediocre parte indorata e parte colorita / figura una in piedi in statua di legno dipinta grande / figure due in piedi in statua di legno dipinta mediocre di statua di pastori cioè un vecchio e d’un giovine / figure n. tre di creta cotta vestite di diversi colori in piedi a il sepolcro».

(46) Pochi sono i cambiamenti registrati nel Faldone 58, Inventario di argenti, para-menti, suppellettili sacre, biancheria ed altro della Chiesa e Sagrestia di S. M. della Torri-cella 1760, cc. 23-26: «Sulla scala che porta al piano superiore «due quadri in tela con cornice nera, altre volte affilettate d’oro, rappresentanti l’una la B. V. detta di Reggio, l’altra la B. V. detta del Buon Consiglio […] Nell’andito ossia Galleria superiore che porta alla Sala della Congregazione e Camera dell’Archivio […] tre quadri di tela rap-presentanti li Giustiziati […] quattro quadri in tela con piccola cornice dorata rappre-sentati, l’uno S. Bonaventura, l’altro S. Antonio di Padova, il terzo S. Carlo Borromeo, il quarto S. Antonio Abate […] Altri tre quadri in tela con cornice nera, altre volte affilettata d’oro, rappresentanti l’uno Gesù Cristo nel Cenacolo l’altro la B. V. ed il terzo il Serafico Padre S. Francesco […] nel camerino contiguo all’Archivio / Un quadro in tela con cornice nera, rappresentante S. Corrado Confalonieri / Nella sala della Congre-gazione / Un quadro in tela con cornice nera altre volte affilettata d’oro, rappresentante la B. V. della Torricella / Due quadri in tela con cornici nere, e dorate contornate di fini intagli dorati, rappresentanti l’uno il Venerabile fondatore della nostra confraternita Paolo d’Arezzo, cardinale, vescovo di Piacenza, e l’altro il Beato Papa Gregorio decimo Piacentino / Altro quadro in tela con cornice nera, rappresentante S. Rocco e S. … / Altri tre quadri in tela con cornici nere altre volte affilettati d’oro, l’uno rappresentante S. Rocco, l’altro S. Sebastiano Martire, ed il terzo il Venerabile Fra Rafaele Sartori Ere-mita piacentino. / Altri due quadri in tela con cornici nere, altre volte affilettate d’oro, l’uno rappresentante Gesù Cristo apparso alla Maddalena sotto le spoglie d’Ortolano, e l’altro S. Girolamo / Altro quadro in tela con cornice dorata rappresentante lo Spirito Santo, adorato dagli Angioli / Altro quadro grande in tela, con piccola cornice nera, rappresentante Gesù Cristo glorioso, circondato dai santi, e da tutti i cori degli Angeli».

(47) AT, Libro X, vol. V, n. 14: Plico di più scritture, Inventario 23 febbraio 1712, c. 19v.

tav. II

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nell’iconografia una serie di elementi comuni a tante opere del XVII secolo, a testimonianza della forte devozione secentesca al santo e l’auspicio di una ‘buona morte’. In S. Vincenzo, per esempio, le guide ricordavano: «nell’ampia cappella di sacristia richiama la nostra at-tenzione un Giuseppe morente (m 1,70 x 3,00). Il vecchio agonizzante benedetto da Gesù a sinistra assistito dalla giovane sposa a destra, da due angeli a capo e a piè del letto, è atteso in cielo dal Padre Eterno e dai beati. La si crede opera del Nuvoloni»(48). Di Carlo Francesco effettivamente rimane a Piacenza un Transito di S. Giuseppe conser-vato presso la chiesa di S. Carlo, ma l’iconografia descritta, con gli angeli ai piedi del letto, risulta più prossima al dipinto presente nella chiesa della Torricella, anche se il forte sviluppo verticale pare sug-gerire un’opera forse debitrice del grande esempio offerto da Robert de Longe in S. Giuseppe(49).

Vi erano inoltre

un quadro grande che rappresenta la B. V. in gloria col Bambino, S. Anna, S. Luiggi, S. Elisabetta, S. Carlo e S. Rocco, con un frigetto di legno indo-rato all’intorno, quale resta infisso nell’altare nuovo a mano destra entrando in Chiesa. Con stucco fatto fare a spese tutte del D.to F. Marchese Luiggi Casati Guardiano assieme col tabernacolo di legno ingessato, et indorato con sua cimasa, chiave e cartara, et altro necessario(50).

Il dipinto S. Anna, la Vergine col bambino e santi doveva trovarsi al posto dell’attuale cappella del Beato Burali, laddove già nel 1710 il marchese Carlo Anguissola proponeva di erigere un nuovo altare(51); la tela, perduta, viene ricordata negli inventari ottocenteschi come «dipinto dal pittore Fiammingo come dice il Carasi»(52). Ugualmente, Buttafuoco l’attribuì a Robert de Longe, ricordandola già nel coro,

suvvi S. Rocco, S. Carlo, una Madonna col Bambino e S. Anna che il Carasi

(48) Ettore De Giovanni, La chiesa di S. Vincenzo nell’arte, in «La nostra fiamma», pp. 20-27, a p. 26; ma cfr. anche Leopoldo Cerri, Guida di Piacenza monumentale, ar-tistica e commerciale, Piacenza, Marina, 1889, pp. 98-100.

(49) Cfr. Roberto De Longe, a cura di Ferdinando Arisi, Piacenza, Fondazione di Piacenza e Vigevano, 2012, p. 316.

(50) AT, Libro X, vol. V, n. 14: Plico di più scritture, Inventario 8 dicembre 1712.(51) AT, Filza n. 72: 7 gennaio 1711 «il marchese Carlo Anguissola ha proposto l’an-

no precedente che intendeva a sue spese erigere un altare nuovo nella chiesa, dirimpetto a quello del Crocifisso». Non si hanno ulteriori informazioni relativamente all’effettiva erezione ad opera dell’Anguissola dell’altare, del quale si ignora anche la dedicazione prevista; come si vedrà, solamente verso la fine del secolo si procedette a consacrare la cappella al culto del vescovo Burali.

(52) AT, Cassetta n. 54 Mandati dell’anno in corso, Inventario delle suppellettili della chiesa di S. Maria [...] 1840.

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NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA DI TORRICELLA

dice del Fiammingo – un bambino delicatissimo come codesto sarà difficile figurare. La Madonna è qual si conviene: madre bellissima di figlio divino. S. Anna è inginocchiata a destra nell’atto di toccare con assai riguardo un piede al nipote. Che bella vecchietta! Adusta, segaligna(53).

A parere degli studiosi contemporanei però il dipinto non rientre-rebbe nel corpus delle opere del pittore fiammingo(54). Ad ogni modo, la S. Anna venne trasferita nel coro poco dopo l’erezione dell’altare a Burali, subendo la medesima sorte toccata al S. Francesco di Fiorini quando il vescovo Gregorio Cerati intervenne negli affari della Con-fraternita promuovendo il culto di S. Disma, evidentemente reputato particolarmente adatto all’attività dei confratelli. All’insigne prelato si deve infatti il dono del quadro realizzato da Giuseppe Gherardi rappresentante il Buon Ladrone, oggi visibile sul secondo altare a sinistra(55). Nel maggio 1794, Cerati chiese infatti alla Confraternita di «mettere il quadro del S. Ladro convertito sul Calvario ad uno dei quattro altari bassi» e dopo averlo ottenuto si «obbligava di farne a tutte sue spese, ed in perpetuo la fonzione sodetta» da celebrarsi nel-la seconda domenica dopo Pasqua. «La confraternita accordò l’altare di S. Francesco e il 19 maggio fu levato il quadro di detto Santo e collocato nel coro al lato dell’Epistola». Il primo giugno avvenne la prima funzione in onore di S. Disma con l’intervento del Cerati(56).

L’anno successivo lo stesso Cerati «fece regalo alla confraternita della re-liquia del S. Buon Ladrone» della quale con suo documento del 6 marzo aveva garantito l’autenticità (fidem indubiam facimus). Era questa reliquia un frammento di legno della croce del ladrone (particulas ex legno crucis Boni Latronis Sancti Dismae) chiusa in una teca d’argento(57).

Per quanto attiene al culto del vescovo-fondatore, il ricordo di Burali rimase sempre vivo, come testimoniato dalla presenza negli inventari di almeno due raffigurazioni poste in chiesa e nelle stan-ze private, e crebbe significativamente a ridosso della beatificazione

(53) Buttafuoco, Nuovissima guida, p. 127.(54) L’opera infatti non viene menzionata nel recente catalogo curato da Arisi.(55) AT, Cassetta n. 54, Mandati dell’anno in corso, Inventario delle suppellettili [...]

1840: «l’altro San Disma dipinto dal Professore Gherardi Piacentino»; cfr. Scarabelli, Guida, p. 127: «Il quadro del buon ladro che è in chiesa è del piacentino Gherardi morto or son pochi anni professore di pittura nell’Istituto Gazzola». Per Giuseppe Gherardi o Girardi (Piacenza, 1756-1828), coetaneo e amico di Gaspare Landi, cfr. Ferdinando Arisi, La pittura, in Storia di Piacenza, IV, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), Piacenza, Tip.Le.Co., t. II, 2000, pp. 1005-1082, a p. 1078.

(56) Carrà, Le esecuzioni capitali, p. 21: Carrà fa inoltre riferimento ad un docu-mento della Cassetta V che non ho rintracciato.

(57) Ivi, pp. 21-22.

tav. III

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(1772). Anche i confratelli infatti, intorno agli anni Sessanta del XVIII secolo, si mostrarono desiderosi di possedere una reliquia del teati-no: nell’archivio della Torricella si conserva la copia di una lettera del 9 ottobre 1760 scritta dal Marchese Francesco Saverio Baldini, guardiano della Confraternita, al Marchese Don Giovanni Aragona Sforza Fogliani, Viceré di Sicilia, «reiterante le premure della Confra-ternita sudetta per ottenere un’autentica reliquia del venerabile Servo di Dio Paolo Burali di Arezzo già Cardinale Vescovo di Piacenza, e suo fondatore»(58). Una richiesta che venne esaudita inviando un frammento di una veste appartenuta al Burali, custodita in un ricco reliquiario-ostensorio d’argento lavorato a filigrana(59).

Nel 1772 per la beatificazione di Burali anche i confratelli desi-derarono partecipare alle celebrazioni dei teatini di S. Vincenzo e due anni dopo organizzarono una solenne festa nella chiesa della Torricella commissionando un ricco apparato decorativo e un qua-dro «rappresentante la sagra effigie del beato suddetto da porsi e tenersi in perpetuo sopra uno degli altari di detta Chiesa»(60) al pit-tore Giuseppe Massimo Comparetti(61). Per quanto attiene all’arredo,

(58) AT, Libro X, Vol. VI, n. 32: «per conseguire un insigne autentica Reliquia del Venerabile suo Fondatore già Vescovo di Piacenza Paolo Cardinale d’Arezzo morto arci-vescovo di Napoli si degnò l’E. V. con graziosissimo venerato suo [...] del 7 Marzo assi-curarmi della validissima sua interposizione presso l’eminentissimo Cardinale Sersale per appagare li premurosi desideri non tanto della prelibata mia Confraternita, quanto quelli della Comune Patria nostra e siccome è impazientissima la Confraternita medesima di essere arricchita di tale tesoro, così vengo dalla stessa commissionato di rinnovarle le più fervorose preghiere […] 9 8bre 1760». Risposta da Palermo del 14 Novembre 1760: «avendo scritto e ricercata con vera ardenza e calore la insigne Reliquia del Venerabile Fondatore, [...] mi riuscì finalmente di averla, e da gran tempo si ritrova in mie mani rimessami dal sig. Cardinale Sersale arcivescovo di Napoli; ma essendomi mancate le occasioni di trasmetterla sicuramente in cotesta, sono ad assicurare S. V. Ill.ma che pro-fitterò della prima che mi si presenti per fargliela tenere Palermo 14 novembre 1760».

(59) AT, Filza n. 74: Aprile 1763 «il sig. Fogliani Vicere di Sicilia ha mandato in regalo a questa nostra confraternita una reliquia del Venerabile Paolo d’Arezzo Fonda-tore di questa Confraternita»; Ivi: 2 maggio 1763 «il F. Baldini è pronto a consegnare alla Nostra Confraternita la reliquia avuta dal F. Marchese Fogliani del V. Cardinale Paolo d’Arezzo», anche se dallo spoglio dei documenti sembra che il marchese Baldini procrastinasse il momento della consegna (18 maggio 1763). La presenza in chiesa del reliquiario è attestata dalla visita pastorale di mons. Pisani: «aliud reliquiarium argen-teum eleganter elaboratur cum Reliquam [ma elaboratum cum Reliquia] ex tunica B. Pauli de Aretio» (AT, Libro X, vol. VII, n. 6).

(60) AT, Libro X, vol. VII, n. 11: Cedolone delle spese per la solennità celebratasi nella Chiesa di Santa Maria della Torricella di Piacenza dalla Nobile e Veneranda Confraternita de Cappuccini Laici Conversi ivi eretta ad onore del suo Beato Fondatore, ed institutore Pa-olo Burali d’Arezzo chierico regolare Cardinale Vescovo di Piacenza nel di 17 Giugno 1774.

(61) Ivi: «n. 1 Al pittore Giuseppe Massimo Comparetti a conto del convenuto ono-rario in tutto di zecchini giliati n. 12 (?) e così di lire 462 moneta di Piacenza per la Tavola ossia quadro rappresentante la sagra effigie del beato suddetto da porsi e tenersi in perpetuo sopra uno degli altari di detta Chiesa a cornu epistolae rimpetto all’altro del

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NOTE STORICO-ARTISTICHE DALL’ARCHIVIO DELLA CONFRATERNITA DI TORRICELLA

i pagamenti ricordano che si dovettero portare da altre chiese(62) le suppellettili e gli oggetti necessari ad ornare il tempio, seguendo un preciso progetto testimoniato da una serie di disegni conservati in ar-chivio. Del pittore conosciamo pochissime notizie: nato nel 1753, era fratello dell’incisore Giuseppe Felice(63). In una lettera in cui esprimeva la sua gratitudine per il pagamento ricevuto, l’artista ricordava però che i confratelli lo avevano spinto «a prestare tutta l’attenzione più sollecita a ben eseguire l’opera e lo isperanzirono di qualche gratifi-cazione quando quella fosse riuscita a dovere»(64); e tuttavia, probabil-mente a causa dello scarso gradimento riscosso dalla tela, non pare che il povero Comparetti abbia avuto alcuna gratificazione, dovendo al contrario subire l’umiliazione di veder sostituita la propria opera (oggi d’ignota collocazione) con Il beato Paolo Burali veste Ottavia-no Sanseverino dell’abito dei Cappuccini Laici di Gaspare Landi (Pia-cenza, 1756-1830) che, «come ricordò nelle “memorie”, il marchese Giambattista gli aveva commissionato nel 1790»(65). La tela del Landi, eccellenza neoclassica piacentina, viene celebrata nelle guide(66), ma

SS. Crocifisso, [...] L. 225 / Al sudetto Pittore Comparetti per altrettante da esso spese in tela e imprimitura della medesima e nel telaio e piccola cornice della tavola preno-minata, come da lista e da mandato [...] L. 91 / al Doratore Carlo Beltici per spesa e fattura nella Doratura della predetta Cornice, come da lista e mandato L. 53». E, nel medesimo fascicolo, fogli sparsi riportanti spese varie: «pagare al Pittore sig. Giusep-pe Massimo Comparetti lire duecento venticinque soldi [...] per il quadro ossia Tavola rappresentante il suddetto Beato», e la ricevuta: «far formare una Tavola rappresentante il Beato Paolo Buralli suo Fondatore e così per braza 6 1/2 tela e l’Imprimitura della detta tela in spesa e fattura [...] L. 75 / per spesa e fattura del telare e piccola cornice [...] L. 16 / Giuseppe Comparetti».

(62) Ivi: «Alli FF. Giuseppe Gnocchi e Giuseppe Maria Conti soprasagristi della Confraternita e chiesa predetta per portature e riportature diverse di sagre suppellettili ed altro da varie chiese ad addobbare questa di Santa Maria della Torricella come da ordine [...] L. 150 / AL F. Marchese Francesco Saverio Baldini per mancia di portature di tappezzerie cremisi, ed altro dalla Chiesa di S: Pietro a questa [...] / Al Falegname Francesco Sansore per spesa di legnami, chioderia per l’addobbo [...] 50 / allo pittore Giuseppe Antonio Comparetti per spesa e fattura dello stemma del Beato sudetto della iscrizione del cartiglio apposto fuori della Porta madre della chiesa summenzionata, come da mandato [...] 29 / all’apparatore Pietro Majocchi per l’addobbo della chiesa [...] secondo l’esibito disegno convenuto, ed approvato da tutta lunione». I disegni si trovano in AT, Libro V Confraternita, vol. I, entro una cartellina senza data.

(63) Cfr. Giorgio Fiori, Documenti biografici di artisti e personaggi piacentini dal ’500 al ’800 nell’ Archivio Vescovile di Piacenza e opere di pittori minori piacentini, in «Strenna Piacentina», 1994, pp. 67-111, a p. 78.

(64) AT, Libro X, vol. VII, n. 11.(65) Ferdinando Arisi, Gaspare Landi: autoritratto. Le sue idee sull’arte nelle lettere a

Giampaolo Maggi 1781-1817, in Gaspare Landi, a cura di Vittorio Sgarbi, Milano, Skira, 2004, pp. 67-100, a p. 81.

(66) Cfr. Anguissola, Il cicerone della cattedrale, p. 15: «2° Una meritevole di ogni lo-de dipinta tela del cavaliere Gaspare Landi rappresentante il Santo Vescovo di Piacenza Paolo Burali in atto di vestire un confratello col Sacro abito francescano»; Scarabelli,

tavv. IVa-b, V

tav. VI

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appare oggi piuttosto malridotta nonostante il restauro a cui fu sot-toposta dopo l’incendio(67).

A fronteggiare il Beato Burali, un Crocifisso tra due santi france-scani, assegnato in passato a Robert de Longe ma più recentemente retrocesso a copia con varianti del dipinto dal medesimo soggetto in S. Bernardino dei Cappuccini(68). Nella figura del santo a destra Attilio Rapetti riconosceva Paolo Burali(69), tuttavia, nonostante la scelta di sostituire il tradizionale saio francescano con rocchetto e mozzetta scura, mi pare di poter escludere tale identificazione dal momento che la fisionomia dell’anziano santo è assai prossima a quella del S. Bonaventura del quadro dei Cappuccini; inoltre, una visita pastorale successiva di qualche decennio riporta: «Sanctissimi Crucifixi in tabu-la depicti cum Sanctis Iconibus Antonii Patavini, et Bonaventurae»(70).

Le stazioni della Via Crucis realizzate nel 1817 dal piacentino Car-lo Maria Viganoni(71) sono state trasferite nella sagrestia di S. Savino.

Va ricordata un’ultima committenza artistica, come si può ricostru-ire dai documenti d’archivio: il 20 dicembre 1734(72) vennero siglate

Guida, p. 126; Cerri, Guida, p. 43.(67) Cfr. Luigi Ambiveri, Monumenti ecclesiastici piacentini, Piacenza, F.lli Bertola,

1888, p.134: «L’anno 1877 venne restaurato dal pittore Carlo Girometti il quadro, rap-presentante il B. Paolo Burali d’Arezzo, di Gaspare Landi, ridotto a deplorevole stato causa la mescolanza della creta colla biacca nella imprimitura della tela. Ora il quadro landiano fa ancor bella mostra di sé per le cure diligenti messevi intorno dal pittore che ne eseguiva il ristauro». AT, Cassetta n. 59, Confraternita della Torricella: «essendo stato da lui ultimato il quadro del B. P. d’Arezzo sebbene abbia dovuto sostenere nuove spese per il lavoro, onde aderire alle osservazioni del Signor Girometti, pure lo portò a termine, e con ciò richiama alla S. V. Ill.a la sua nota di competenza già anticipa-tagli la somma di L. 100 perchè venga ora saldata […] Bozzini Giacinto falegname».

(68) Cfr. Roberto de Longe, p. 372.(69) Cfr. Biblioteca Passerini Landi di Piacenza, Schedario Rapetti, voce Torricella.(70) AT, Cassetta n. 54, Mandati dell’anno in corso: Visita pastorale 26 agosto 1846.(71) Cfr. Ambiveri, Monumenti, p. 121: «L’anno 1817 il piacentino Carlo Maria Vi-

ganoni eseguiva per la chiesa della Torricella quattordici quadretti della Via Crucis, che ancora vi si ammirano; tra i quali, sono degni di nota il IV. L’incontro della madre, il V. L’aiuto del Cireneo, il VII. La seconda caduta. Costarono in tutto, quei quadretti, cinquecento lire».

(72) AT, Libro X. Vol. V, n. 8: «sarà tenuto et obbligato detto Dorini come così promette e s’obbliga fare e formare rispetto al detto Altare con li seguenti marmi e non altrimenti […] Rispetto poscia all’Ancona della Beata Vergine Maria, che resta in coro con li seguenti marmi [...] sarà tenuto [...] mettere il tutto in opera [...] per tut-ta la festa della Beata Vergine Maria di Settembre dell’anno venturo mille settecento trenta cinque o al più a Natale di dett’anno [...] sarà tenuta, et obbligata la detta Ve-neranda Confratenita [...] pagare al detto Dorini, quivi presente e che accetta per se lire undici mila di questa moneta, per prezzo, tra le parti convenuto, ad accordato, tanto per li detti marmi quanto per perfecionare la detta opera [...] e ciò in cinque rate […] dichiara in oltre la detta Particolar Congregazione a norme come sopra che detto Dorino non sia obligato a fare le due statue laterali all’Ancona sodetta, ne meno lo Spirito Santo con Raggi et Teste de Cherubini [...] ma tutto ciò dovrà essere fatto

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le convenzioni tra la Confraternita ed Angelo Durini(73) «Tagliapietra detto il Romano» per la realizzazione dell’ancona e dell’altar maggio-re, secondo il «disegno de medesimi fatto dal Sig. Gio. Batta Natali». I disegni che sono conservati in archivio però non possono attribuirsi a Giovanni Battista Natali (Pontremoli, 1698-Napoli 1765)(74), attivo a Piacenza insieme al padre Francesco in numerosissime campagne decorative private e religiose, dal momento che, ad eccezione di uno schizzo che riporta il nome del Durini (fig. 1) e rappresenta il fronte dell’altare, sono firmati «Joseph Dosi Arch.»(75).

Gli studi finora condotti attribuivano a Durini l’esecuzione, insieme a Giovanni Antonio Leoni detto il Bolognese, del sontuoso altare di S. Savino su disegno di Alessandro Reni nel 1730, e la paternità di quattro lastre sepolcrali in S. Alessandro (1744). Il Durini è tuttavia attestato in città come «maestro di marmi» fin dal 1715: come la maggior parte dei ‘piccapietre’ era ticinese, nato a Lugano intorno al 1682; dopo una probabile formazione romana, visse a Piacenza fino alla morte avvenuta nel 1754. Nel 1733 collaborò con l’architetto Marco Aurelio Dosi per l’esecuzione dell’altare di S. Paolo(76), mentre dovrebbe spettare totalmente a lui l’altare di S. Lorenzo in S. Sisto, opera del 1740, dove «rivela un uso sapiente della veduta per angolo […], dobbiamo riconoscergli una notevole cultura nel campo dell’ar-chitettura d’altare, con sostanziale superamento della tradizionale an-cona a due colonne con timpano frontale di matrice secentesca»(77).

Giuseppe Dosi, figlio del citato Marco Aurelio,

nacque il 21 ott. 1711 e si formò alla sua scuola. Architetto e sacerdote, collaborò col padre all’apparato funebre per il duca Antonio Farnese (1731). La quasi totalità dei «suoi lavori subirono la stessa sorte di quelli del padre» (Ambiveri, 1879), «inesorabilmente rovinati» dal tempo (Mensi, 1899). Il qua-draturista Pietro Dordoni possedeva un disegno di Giuseppe (Bozzini, 1880) del quale è impossibile per ora ricostruire l’attività, essendo le stesse fonti lacunose in più passi. Giuseppe morì a Piacenza il 21 sett. 1746(78).

a spese della Confraternita».(73) Cfr. Fiori, Documenti biografici, pp. 72, 97.(74) Cfr. Id., Artisti e quadri nelle pinacoteche piacentine tra ’600 e ’800, in «Strenna

piacentina», 2010, pp. 75-81, a p. 80.(75) AT, Libro X. Vol. V, n. 8 e in AT, Libro V Confraternita, vol. I, entro una car-

tellina.(76) Cfr. Anna Coccioli Mastroviti, Note sull’architettura d’altare a Piacenza: gli altari

maggiori, in «Bollettino Storico Piacentino», LXXXIV, 1989, pp. 81-102, a pp. 97-98.(77) Stefano Migliorini, Gli altari del Settecento, in Storia di Piacenza, IV, t. II, pp.

1259-1282, a p. 1260.(78) Anna Coccioli Mastroviti, voce Dosi, Marc’Aurelio, in Dizionario Biografico degli

Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, XLI, 1992.

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Questi inediti disegni del Dosi (figg. 2, 3, 4, 5, 6, 7) testimoniano una discreta abilità progettuale e un elegante senso compositivo che non pare inclinare eccessivamente all’ornato; le piccole ma rilevanti differenze tra gli schizzi sembrano indicare una ricerca volta ad una spazialità più avvolgente, con il graduale passaggio da forme squa-drate ad elementi curvilinei e profili leggermente concavi.

A partire dal 1809 il governo francese promulgò una serie di leggi volte ad assegnare i beni delle confraternite di misericordia alle par-rocchie più prossime: per la Torricella i decreti risalgono al 20 giugno 1812(79). Di fronte a tali disposizioni, i confratelli diedero battaglia ap-pellandosi ad un decreto del vescovo Cerati del 29 dicembre 1786 che riconosceva nella storia e negli statuti della Torricella un’autonomia da rispettare(80); riuscirono a spuntarla e per celebrare la riapertura organizzarono una celebrazione in grande stile, testimoniata dalle fat-ture di pagamento a pittori, decoratori e falegnami(81).

(79) AT, Libro X, Vol. IX, n. 10.(80) Ivi, n. 9.(81) Ivi, n. 13.

1. Angelo Durini, progetto per altare, Chiesa di Santa Maria della Torri-cella, Piacenza, archivio.

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2. Giuseppe Dosi, progetto per altare ed ancona, Chiesa di Santa Maria della Torricella, Piacenza, archivio.

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3. Giuseppe Dosi, progetto per altare ed ancona, Chiesa di Santa Maria della Torricella, Piacenza, archivio.

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4. Giuseppe Dosi, progetto per altare ed ancona, Chiesa di Santa Maria della Torricella, Piacenza, archivio.

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5. Giuseppe Dosi, progetto per altare, Chiesa di Santa Maria della Torri-cella, Piacenza, archivio.

6. Giuseppe Dosi, progetto per altare, Chiesa di Santa Maria della Torri-cella, Piacenza, archivio.

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7. Giuseppe Dosi, progetto per altare, Chiesa di Santa Maria della Torri-cella, archivio, Piacenza.

In conclusione, vogliamo ricordare che nella stanza dove si conserva il S. Francesco di Fiorini si trovano anche una Madonna con Gesù bam-bino e S. Giovannino (cm 100 x 130 ca.) e un Paolo Burali fa l’elemosina ad un fanciullo (cm 95,5 x 135) (fig. 8). La prima non sembra corrispon-dere ad alcuna delle numerose immagini mariane ricordate dagli inventa-ri nelle diverse stanze del complesso della Torricella e pare da escludersi un’origine chiesastica per la tipologia compositiva e il taglio dell’opera. Lo stato di conservazione piuttosto cattivo e le ridipinture, evidenti nella mano sinistra di Maria, non nascondono la scarsa qualità dell’opera, da assegnare alla fine del XVI secolo o all’inizio del successivo.

Il ritratto di Burali, ugualmente malridotto, è stato sicuramente tagliato sui quattro lati e, in passato, posto entro una cornice che copriva una discreta parte della tela andando a rinserrare fortemen-te la figura. Raffigurato in piedi, quasi a figura intera, indossa roc-chetto e mozzetta ed è presentato nell’atto di porgere del denaro ad un fanciullo secondo un’iconografia proposta anche nell’ovale donato dai teatini alla Comunità piacentina in occasione della beatificazione (1772)(82). Il dipinto della Torricella deve considerarsi precedente, da

(82) Durante le celebrazioni piacentine per la beatificazione di Paolo Burali d’A-

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8. Pittore della prima metà del sec. XVII, Paolo Burali fa l’elemosina ad un fanciullo, Chiesa di Santa Maria della Torricella, Piacenza, camera privata.

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datarsi forse intorno al 1624 in relazione all’avvio del processo pia-centino di beatificazione, condividendo dettagli fisioniomici e compo-sitivi con il grande dipinto di Benedetto Marini già in S. Vincenzo ed ora nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese, Predica del vescovo Paolo Burali alla città di Piacenza. Un’iscrizione in basso, parzialmente perduta e probabilmente successiva, ricorda il ruolo di Burali quale vero e proprio fondatore e il carattere spiccatamente caritatevole della società: «B. PAULUS CARDINALIS DE ARETIO EP[I]S[COPUS] PLA-CENTIAE EX CLERICIS REGU[LARIBUS] / SOCIETATIS DE TURI-CELLA PAUPERUM PIAE MATRIS FUNDATO[R]». Come si è detto, negli inventari della confraternita sono ricordate diverse immagini di Burali, di dimensioni differenti e collocate nei numerosi ambienti: si può forse ipotizzare che quest’opera sia la tela menzionata a partire dall’inventario del 1679-1685 nel coro, a fianco del S. Gregorio Ma-gno(83).

Piacenza, luglio 2015

rezzo, i teatini di S. Vincenzo offrirono al Priore e agli Anziani della Comunità di Piacenza «un quadro ovato con cornice rappresentante l’Imagine del Beato in atto di fare elemosina ai poverelli»; cfr. Relazioni dell’Assemblea degli Anziani della Comunità di Piacenza dei giorni 19-20-21 agosto 1772, in Archivio di Stato di Piacenza, Comune di Piacenza, Culto poi Grazia, giustizia e culto, Carteggio generale del titolo VI, b. 6, f. 3: 6. Delibere della comunità per spese e altro per la beatificazione del Burali (1772).

(83) AT, Libro X, vol. V, n. 14: «2° Quadro uno grande con dipinto in piedi l’Emi-nent.mo Cardinale d’Arezzo».

Referenze fotografiche: tavv. I-III, VI- VIII, fig. 8 Carlo Pagani, Piacenza; tavv. IVa-b, V, figg. 1-7 Serena Quagliaroli.