minimalismo ritmo ed elettronica

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Minimalismo Ritmo ed Elettronica Pietro Santangelo Ad Reinhardt - Abstract Painting – (’50-’55)

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Minimalismo Ritmo ed Elettronica

Pietro Santangelo

Ad Reinhardt - Abstract Painting – (’50-’55)

Cultura ed estetica del Minimalismo

Nell’ambito delle arti grafiche a partire dagli ultimi anni ’50, va delineandosi

negli Stati Uniti una nuova corrente di artisti, alternativa a quella imperante

dell’espressionismo astratto che era stata portata alla ribalta in America da artisti come

Jackson Pollock, Willem de Koonig e Marc Rothko; in contrasto con l’espressionismo

astratto e la sua impulsiva e gestuale espressione dell’inconscio, la nuova corrente si

focalizza sull’estetica del materiale, sulla relazione tra

spazio ed oggetti, sull’effetto della luce e si concretizza

nella produzione di disposizioni geometriche (sia dipinte

che scolpite) estremamente semplici. Tra il ’55 e il ’59 il

lavoro del pittore Frank Stella (probabilmente ispirato

da alcune precedenti opere di Barnett Newman e Ad

Reinhardt come “Onement” del 1948 riprodotta qui di

fianco oppure la serie dei cosiddetti “Abstract

Paintings” dipinti nei primi anni ‘50) e dello scultore

Carl Andre comincia ad imporsi all’ attenzione dei

critici d’arte. Questi sono tecnicamente considerati

ancora dei precursori dell’arte minimalista, anche

perché il termine “Minimalismo” verrà usato per la

prima volta in un articolo del critico d’arte Richard

Wollenheim pubblicato dalla rivista Arts Magazine nel gennaio ’65. L’articolo, dal

titolo “Minimal Art”, è una retrospettiva sul lavoro degli artisti grafici Robert Murray,

del già citato Carl Andre, di Donald Judd e Robert Morri; lavoro del quale il mese

successivo Barbara Rose scriverà, sulla rivista Artforum, puntualizzando come “il più

ovvio denominatore comune era la vuotezza di tutte le opere e lo sforzo nel rifiutare

ogni cosa tranne il più scarno, irriducibile minimo”. Quello che emerge dalle opere di

questa corrente è che la Minimal Art1 cerca di focalizzarsi direttamente sull’oggetto in

se, e sperimenta i limiti dell’arte stessa chiedendo quanti degli elementi

tradizionalmente associati con essa possono essere sottratti all’opera lasciando qualcosa

che ancora può essere considerato arte. Per Strickland “nella sua definizione più

semplice il minimalismo è uno stile distinto da severità dei mezzi, chiarezza della

forma e semplicità di struttura e di testura; […più precisamente le] qualità ricorrenti

nell’ambito della pittura minimalista sono non rappresentazionismo e non

referenzialità, planarità e monocromaticismo, regolarità del contorno, uniformità delle

dimensioni, eliminazione o semplificazione geometrica delle linee, fuga dal gesto e

concomitante cancellazione della fattura”.

Come spesso è accaduto nella storia della musica, si è tracciato un parallelo tra

le correnti predominanti delle arte visive e quelle musicali, il minimalismo non fa

eccezione a questa tendenza. Così, come la pittura minimalista di Reinhardt e Newman

nasce tra la proliferante e spesso feticista complessità dell’espressionismo astratto,

equivalentemente la musica minimalista di La Monte Young, Terry Riley e Steve Reich

ha origine durante l’egemonia del serialismo integrale e post Weberniano nel quale loro

si erano formati e nel quale si supponeva che, da compositori “colti” piuttosto che

“popolari”, avrebbero continuato ad esprimersi.

Frank Stella – Black Paintings 1958

1 Per dare un idea di quanto fu ricco il dibattito all’epoca attorno a questi artisti di seguito riportiamo

un elenco di (quasi) tutti gli altri aggettivi usati per definirla furono all’epoca : “ABC art”, “reductive

L’artista grafico Frank Stella (il cui motto è riassumibile con “what you see is

what you see”) nelle sue opere cerca di spostare l’enfasi dall’attività dell’artista, quale

metafora dell’umana autoaffermazione, all’attività dello spettatore e alla percezione

dell’opera d’arte quale ricerca di indizi di una esperienza metafisica. In qualche modo i

compositori minimalisti nei loro lavori mettono in pratica, più o meno consciamente, lo

stesso procedimento: ridurre al minimo il gesto compositivo lasciando che il sottile

gioco delle fasi acustiche, siano esse create dalla giustapposizione e dal mantenimento

di lunghe fasce sonore come in La Monte Young, oppure dalla complicata alternanza di

semplici pattern ritmici in rapporto cangiante durante lo svolgimento del pezzo come in

Steve Reich, venga percepito ed interpretato liberamente dall’ascoltatore.

E’ rimarchevole come quel che dice Brian Eno a proposito del suo primo ascolto di

“It’s gonna rain” di Reich, composta nel 1964, sia assolutamente in linea col pensiero

di Stella (parafrasandolo potremmo dire “what you hear is what you hear”) : “…..[ It’s

gonna rain è essenzialmente] la sovrapposizione di due pattern molto semplici, come

potrebbero esserlo due semplici linee parallele; quando le sovrapponi e le sposti con

una certa relazione anche semplice, puoi ottenere movimenti inaspettatamente molto

complessi; ed io credo che la composizione di Reich per nastro ottiene il suo effetto

nello stesso modo. Si giova, cioè, del fatto che il cervello è molto creativo…[è un po’

come] trasferire il lavoro di composizione nel cervello dell’ascoltatore dicendogli “è il

tuo cervello ha fare questo pezzo di musica poiché sai benissimo quali ingredienti ci

sono…in realtà non c’è niente di misterioso sul come questo pezzo lavora”.

Da un punto di vista psicoacustico, si direbbe che Reich giochi sul cosiddetto

effetto Cocktail party, cioè sfrutti la capacità del cervello di separare le informazioni

acustiche che gli arrivano “selezionando” solo la parte del segnale che gli interessa.

Queste proprietà del nostro cervello furono investigate dallo psicologo cognitivo

Donald Broadbent durante gli anni ’50, attraverso esperimenti di ascolto dicotico: ai

soggetti sottoposti a questo tipo di esperimenti fu chiesto di ascoltare e separare due

diverse conversazioni proposte simultaneamente alle due orecchie attraverso una cuffia.

Dai risultati di questo esperimento egli suggerì che “la nostra mente può essere

concepita come una radio che riceve molti canali simultaneamente”2. Tali “canali” in

2 Broadbent ipotizzò che il filtro fosse “posizionato” tra il buffer sensoriale e la cosiddetta “short

term store” cioè la memoria che elabora l’informazione, per preservarci dal sovraccarico di quest’ ultima; This is called Broadbent's filter theory. There is some empirical evidence to support this theory, though it has been criticized by some (Norman, et al.). There is evidence to suggest it is not just dependent on the

arrivo vengono suddivisi in base alle caratteristiche fisiche della sorgente ed alla sua

locazione, e solo una parte di questi viene sottoposta all’analisi semantica di alto livello

atta alla precisa comprensione del messaggio. In altre parole è come se esistesse un

“filtro acustico” che sceglie a quale canale prestare attenzione tra tutti quelli che

arrivano all’orecchio.

Riferendoci all'ambiente musicale dal quale emergono i compositori minimalisti

americani non possiamo non tenere conto delle figure di Morton Feldman, Milton

Babbit e soprattutto di John Cage: quest’ultimo in particolare fu un famoso critico del

minimalismo, soprattutto delle sue manifestazioni rock-oriented (nel 1982 definì

Fascista il lavoro post minimalista di Glenn Branca per orchestra di chitarre elettriche).

Ma le composizioni del periodo pre-aleatorio sembrano in realtà protominimaliste: sia

nella ricerca da parte di Cage di una musica basata sul ritmo e, più in generale, sulle

durate piuttosto che sulle altezze, sia nel loro evidente prendere in prestito da musiche

non occidentali i cui metodi compositivi sono ugualmente interessati al timbro ed alla

vitalità derivata dall’impulso ritmico. Ancora più importante per Cage è sposare la

causa della non intenzionalità, che è filosoficamente alla base delle tecniche

compositive aleatorie da lui usate,tale scelta lo collega direttamente con l’estetica

dell’arte minimalista, sia grafica che musicale3. L’alea per lui vuol dire “espellere la

nozione di scelta dal processo creativo, significa avvicinarsi all'indeterminatezza del

suono naturale, considerarndo la musica come natura, e non come sua imitazione. In

questa sua interpretazione l'artista non controlla, non organizza, non domina la natura,

ma la ascolta. L'uomo ha un ruolo subalterno, non è né esecutore né creatore della

musica, è un liberatore del suono. In questa concezione, assolutamente nuova, c'è il

rifiuto del principio composizionale della conseguenza logica e della concezione della

musica in quanto suono organizzato. Vuol dire liberarsi dalle costrizioni, rimuovere

l'idea di modello. Cage rinnega completamente l’idea europea di musica, basata sulla

figura centrale del compositore genio di stampo romantico. È un passo che Cage può

physical characteristics of the stimulus. There are stimuli such as calling someone's name which will be processed. Treisman (1960) found evidence to suggest that the filter just increases the threshold of an unattended stimulus and can be processed if it is particularly important or has relevant meaning. Deutsch and Deutsch (1963) also offered an alternative to Broadbent's filter theory arguing for late selection depending on whether the stimulus needs to be responded to.

3Anche se la casualità in Young e Reich viene trattata diversamente. Cfr. in seguito per un

approfondimento.

fare perché è americano e quindi non sente schiacciante il peso della tradizione colta

europea. Le caratteristiche della musica di Cage derivate dall'approccio alle filosofie

orientali legano la sua opera alla poetica data: l'esaltazione dell'automatismo, il

disprezzo per la ragione, l'accettazione dell'assurdo, sono aspetti che accomunano lo

Zen all'avanguardia dadaista.”

Oltre a John Cage molto importante per entrambi i compositori minimali che

approfondiremo nel prossimo capitolo fu l’influenza del jazz, in particolar modo del

jazz modale esplorato da John Coltrane e dal suo quartetto. Per Young il jazz è il primo

terreno sul quale cominciare a muovere i passi e dal quale muovere la sua ricerca

compositiva; ed è li che ritornerà (anche se con una sua personalissima

reinterpretazione) dopo avere attraversato i periodi seriale e concettuale,

riappropriandosi di forme musicali aperte e di carattere tipicamente performativo,

quando con il sax sopranino in mi bemolle, ispirato dal soprano di Coltrane, si lancia in

furiose improvvisazioni ritmiche su lenti bordoni vocali; per Reich il jazz è l’elemento

di modernità che, una volta ascoltato e assimilato, rende inconcepibile l’espressione del

suo pensiero musicale attraverso il linguaggio compositivo seriale europeo, inoltre il

fraseggio del jazzista di Philadelphia4 atonale e di estrema complessità ritmica su

lunghi pedali armonici gli indica chiaramente che era possibile ricercare una via

alternativa a quella insegnatagli nei suoi studi di composizione.

Nella prossima sezione ci concentreremo sul lavoro di due tra quelli che sono

considerati universalmente i capiscuola dello stile minimalista in musica : La Monte

Young e Steve Reich. Questi due compositori hanno, a nostro modesto avviso, il merito

di incarnare quelle che sono le due tendenze predominanti di questo stile : la ‘drone

music’5 e la ‘repetitive music’.

4In un intervista Reich cita esplicitamente “Africa Brass” (1961) di Coltrane come uno dei pezzi che maggiormente lo colpì all’epoca, che gli mostrò come fosse possibile articolare un pezzo di quasi mezzora su un accordo solo “ by having an incredible range between screaming and noise and pure melody […] through changing his timbre incredibly melodically and his incredibile rithmic complexity he can stay out of armony and make a music which is interesting, so this was a big lesson for me and for many others of my generation” 5 ‘Drone’ in inglese indica il bordone utilizzato per l’accompagnamento al di sopra del quale tipicamente si sviluppano lunghe improvvisazioni modali.

La monte young e steve reich : le due anime del

minimalismo

Il padre del minimalismo in musica, e probabilmente

l’unico davvero soddisfatto di questa definizione, è

senza dubbio La Monte Young. Nasce il 14 ottobre del

1935 nel borgo mormone di Bern nell’Idaho da una

famiglia povera di pastori, durante gli anni della sua

infanzia comincia a suonare l’armonica a bocca e a

sette anni comincia a suonare il sassofono contralto. In

quegli stessi anni sviluppa una vera passione per i suoni

lunghi e sostenuti, in particolare egli ricorda di essere stato incredibilmente affascinato

dal rumore costante prodotto dai pali della centrale telefonica di Bern. Questo ronzio

incessante viene da Young tradotto in un accordo (da lui stesso chiamato ‘Dream

Chord’) sulla base del quale costruirà molti dei suoi lavori maturi. Durante tutto il

periodo che va dal ‘35 al ’50 la sua famiglia viaggia parecchio assestandosi

definitivamente a Los Angeles, li frequentale scuole superiori dove incontra il jazz, la

musica dei nativi americani e anche la musica colta europea (l’insegnante di armonia

della John Marshall High School era infatti stato allievo di Schoenberg, così come

Leonard Stein dal quale prende regolarmente lezioni dal 1953). Young prende molto sul

serio il jazz e si interessa alle forme improvvisative più all’avanguardia, spesso

chiamato col suo gruppo per feste danzanti dichiarerà in seguito di aver abbandonato

l’attività perché voleva dedicarsi “al jazz più puro” .La sua attività come sassofonista

continua fino alla sua iscrizione all’UCLA, da quel momento in poi i suoi interessi si

sposteranno radicalmente verso l’attività compositiva sebbene già a scuola avesse

cominciato a scrivere6. Si appassiona presto alla musica di Webern, tanto che una delle

cose che più fu fonte di ispirazione per Young nello sviluppo della sua estetica fu la

tendenza del compositore viennese a ripetere le note esattamente nello stesso registro

durante il corso della composizione, come accade per esempio nella Sinfonia Op.21 e

nelle variazioni per orchestra Op.30; questo procedimento conferisce alla musica del

compositore viennese una grande chiarezza strutturale, e una rigorosa economia

6 Le sue composizioni giovanili erano scritte, a suo dire, nello stile di Bartòk con influenze addizionali da Debussy. Queste includono un Quartetto d’archi datato 1954.

nell’utilizzo del materiale sonoro. Tali procedimenti vengono estremizzati da Young, il

quale ignora deliberatamente le usuali metodologie dodecafoniche nella gestione della

serie per concentrarsi su una scarna e minimale presentazione del materiale attraverso

lunghi suoni sostenuti fusi tra loro entità accordali separate. La costante alternanza di

queste unità separate dal silenzio incrementa la percezione di una struttura svuotata,

come in Webern, da qualsiasi tonalità e modalità. La musica, che viene qui offerta col

minimo materiale, si spiega lentamente alle orecchie dell’ascoltatore in una forma

estesa in un modo tale che la connessione tra le unità diventa così fragile, che bisogna

sviluppare un nuovo modo di ascolto. Il lavoro che meglio sintetizza questo periodo

della produzione di Young è senza dubbio Trio for Strings del 19587. Questo lungo

brano si svolge in un solo movimento della durata di cinquantotto minuti ed è

interamente composto da note sostenute, articolate in una scala dinamica che prevede

undici gradazioni (dal pppppp al fff ) e soprattutto da suonare esclusivamente senza

vibrato8 . Tutte le note del Trio sono derivate da un insieme dodecafonico, le cui

suddivisioni formano gruppi di due, tre o quattro note basate sul “Dream Chord”. Le

note vengono sovrapposte una dopo l’altra formando le singole unità accordali in

maniera progressiva, per lasciare che la percezione dell’accordo sia la più nitida

possibile, simmetricamente a come si erano formate esse spariscono, lasciando spazio

al silenzio ed all’accordo successivo. Ora ridefinito e perfezionato, l’approccio già

avuto verso le precedenti composizioni è dunque portato all’estremo cosicché nel Trio

manca “ogni somiglianza con ciò che può definirsi una melodia” stravolgendo la

visione tipicamente contrappuntistica della seconda scuola viennese. È lo stesso Young

a descrivere la sua “rivoluzione” in termini di un passaggio dall’ ‘ordinale’ al

‘cardinale’ : la tecnica seriale era, secondo lui, essenzialmente ‘ordinale’ in quanto

basata su di una sequenza lineare di altezze. L’accresciuta enfasi “su frequenze

contemporanee cioè sull’armonia, presente nei miei lavori, implica la possibilità dell’

7 Altri lavori caratterizzati dallo stesso tipo di ricerca sono for Brass (1957) e for Guitar (1958). La composizione per ottoni è il primo dei lavori di Young che utilizza le note lunghe in maniera fondativi per la composizione anche se passaggi più “melodici” appaiono durante il pezzo. Il pezzo è basato sugli intervalli di quarta e quinta perfetta e di settima maggiore. Le due coppie di note che compaiono all’inizio della prima sezione (sol# , la, sol� e re) rappresentano quello che in seguito l’autore stesso definirà ‘Dream Chord’. 8 La partitura prevede anche altri modi di esecuzione quali flautando e col legno oltre che un largo uso degli armonici. Young richiedeva inoltre “la produzione di un dolce quanto improvviso cambio di direzione con l’arco per minimizzare la percezione del cambio di direzione cosicché le note suonassero il più ininterrotte possibile”.

organizzazione dei valori cardinali sia riguardo a quante frequenze si presentano

contemporaneamente sia riguardo alla relazione che intercorre tra loro”.

Nel settembre del 1958 Young si trasferisce all’università di Berkeley nell’area

di San Francisco in quel periodo conosce Richard Maxfield, uno dei pionieri della

musica elettroacustica negli Stati Uniti9 e lavora ad una serie di composizioni per

pianoforte i cui titoli – Studies I,II e III – lasciano presupporre una certa influenza di

Stockhausen su di lui. Questi ‘sospetti’ vengono confermati dalla partecipazione

l’estate successiva ai seminari estivi di Darmstadt. Ma la vera scoperta durante

l’esperienza Darmstadtiana fu la musica di John Cage: sebbene non fosse presente

quell’anno, Cage aveva lasciato una così buona impressione su Stockhausen durante la

sua partecipazione l’anno precedente che grandissima parte del lavoro svolto nell’estate

del ’59 fu dedicato a lui, ed ai suo lavori. Il coinvolgimento nell’arte concettuale

cageiana da parte di Young è istantaneo e totale, in pratica tutti i lavori della stagione

’59 - ’60 vanno in questa direzione. In particolare Poem for Chairs, Tables, Benches

etc, usa numeri random per determinare l’attacco e la durata dei suoni da produrre,

come indicato dal titolo, con sedie, tavoli eccetera. Oltre a Poem, che è probabilmente

‘la più suonata composizione di Young’10, il 1960 è l’anno di 2 Sounds in cui per la

prima volta viene impiegato il nastro magnetico destinato a influenzare prima Terry

Riley e poi Steve Reich nella produzione di tape music tipica della prima produzione

della corrente minimalista cosiddetta ‘ripetitiva’. Le indicazioni di esecuzione per

2sounds scritte per la coreografia del balletto Winterbrunch (1964) di Merce

Cunningham11 riportate qui sotto rivelano ancora l’influenza cageiana :

The composer had provided two sounds on separate tapes, to be started

at different points during the ballet. When the first sound starts you

cannot imagine that any more horrible sound exist in the world. Then

9 Autore tra l’altro del primo pezzo di musica interamente elettronica mai composto oltreoceano “Sine Music” (1959). Frequentò nel 1958 i corsi di John Cage alla New School di New York, prendendo la sua cattedra l’anno successivo; fu il primo ad insegnare negli Stati Uniti come comporre musica da sorgenti puramente elettroniche, ed è per questo che il New Grove's Dictionary of Music lo cita come “the first teacher of electronic music techniques in the U.S.” 10 Vedi [Cardew] 11 Fu lo stesso John Cage ad indicare a Cunningham l’opera di La monte Young, a testimonianza della stima esistente tra i due.

the second sound comes

in and you have to

admit that you were

wrong. That is an

exaggerated account of

the piece given by one

of the managers of the

dance company.

Il 1960 è anche l’anno del trasferimento a New York grazie ad una borsa di

studio, ufficialmente per studiare musica elettronica con Cage e Maxfield; qui La

Monte Young, non ancora venticinquenne, si stabilisce ed entra in contatto con le realtà

dell’avanguardia locale, divenendo in breve tempo un punto di riferimento per gli artisti

attivi nell’area12. Di questo periodo sono le Composition1960#1-#15 tutte sviluppano

l’input compositivo cageiano, ma sembra già iniziato l’allontanamento dal maestro,

così come specificato da Young stesso13 : “whereas cage’s pieces were generally

realized as a complex of programmed sounds and activities over a prolonged period, I

was perhaps the first to concentrate on delimit the work to be a single event or object in

these less traditionally musical areas”. In pratica, come puntualizzato da Potter, ‘ the

conceptualism in other words, was being investigated with newly, minimal means’.

Alcune delle composizioni sono solo delle indicazioni di gesti ‘teatrali’, alcune di loro

sono delle poesie e alcune hanno anche implicazioni musicali; una su tutte la #7 che

consiste in una quinta perfetta (si,fa#) annotata su un pentagramma con l’indicazione

‘to be held for a long time’, questa insieme ad uno scarnissimo Death Chant (riportata

in figura) del 1962 composto in memoria della figlia di Jackson MacLow sarà per lungo

tempo l’ultima

composizione notata

classicamente da

Young fino al 1990.

L’ultima serie di lavori concettuali è raccolta nelle Composition1961#1-#29 che

consistono nella stessa frase ‘draw a stright line and follow it’ ripetuta 29 volte e datata

12 Il violinista Henry Flynt sottolinea come “The avant-garde was conducted in a messianic way…In 1960-61 in New York the role of solidifying the new wave was assumed by La Monte Young. 13 Anche Cage affermò : “La Monte Young is doing something quite different from what i’m doing, and it strikes me as being very important. Through the few pieces of his I’ve heard, I’ve had, actually, utterly different experiences of listening than I’ve had with any other music”.

diversamente. Per tutto il biennio ’60-’62 Young sarà impegnato nell’arte concettuale e

nella diffusione di essa insieme al movimento culturale Fluxus, collaborando anche

attivamente alla rivista Beatitude East e impegnandosi nella pubblicazione di una

antologia di lavori concettuali dal titolo An Anthology of chance / Concept art /

Meaningless Work / Natural disasters /Indeterminacy / Anti-art/ Plans of action

/Improvisation/ Stories/ Diagram/ Poetry /Essays/ Dance/ Construction/ Compositions/

Mathematics/Music. A partire dal 1962, a causa anche dell’arrivo in città di Terry

Jennings, talentuoso sassofonista californiano conosciuto ai tempi di Berkeley, Young

riprende contatto con la musica improvvisata; prima al piano, per accompagnare le

improvvisazioni di Jennings su strutture tipiche del jazz (ad esempio un classico blues I

– IV – I – V – IV – I ) dilatate nel tempo, in modo che l’improvvisatore possa

dilungarsi a suo piacimento suo ognuno degli accordi, e in seguito al sax sopranino in

Eb (è notevole il Bb dorian blues). Il jazz modale di Coltrane14 è completamente

stravolto, l’accompagnamento ritmico, furioso e vitale in tutta l’opera modale del

jazzista, è qui affidato a Angus MacLise15 e ridotto al minimo mentre il sopranino

improvvisa su velocissime figurazioni ritmiche articolate su una scala modale dal

sapore pentatonico, il tutto è immerso nel bordone creato dalla voce di Mariane Zazeela

e dalla chitarra (suonata con l’arco) da Tony Conrad. Questo è probabilmente il

periodo in cui nasce la cosiddetta “Drone Music”.

14 Young cita la famosa improvvisazione di Coltrane su ‘My Favorite Things’ come particolare influenza insieme alla musica Indiana. 15 Mac Lise percuote con le mani un non ben specificato tipo di percussione.

È l’inizio di una nuova fase: la

maturazione dell’estetica di La

Monte Young, probabilmente anche

grazie all’incontro decisivo con

Marian Zazeela che diventerà sua

moglie esattamente un anno dopo, va

completandosi nel periodo che va dal

1964 al 1970. Da questo momento in

poi tutta l’opera di Young andrà

concentrandosi in una attività

performativa multi sensoriale, in cui

l’esperienza visiva e quella acustica

vengono progressivamente poste allo stesso livello. Il primo passo in questa nuova

direzione è quello di costituire un gruppo di persone che improvvisano insieme

all’interno di una forma aperta e sempre più vicina all’idea di continuum musicale

(nella foto vediamo Tony Conrad, Marian Zazeela, La Monte Young and John Cale

impegnati durante una performance nel ’64). In The Four Dreams of China Young

riprende in pratica tutto il materiale armonico che aveva usato nelle composizioni del

periodo ’57-’58. L’utilizzo del materiale è ora completamente diverso: come lui stesso

asserisce “The Four Dreams of China forms a structural stylistic and harmonic link

between my earlier, fully notated works composed of long sustained tones from the late

50s, and later works combining improvisation with predetermined rules and elements”.

Questa composizione è da considerarsi fondamentale in quanto non solo fornisce le basi

per il lavoro che l’ensemble sviluppa negli anni immediatamente successivi ma anche

conduce al concetto di “Ethernal music” alla base delle “dream houses” teorizzate e

messe in essere nel lustro successivo. Inoltre in questo lavoro per la prima volta viene

utilizzata per le voci e gli strumenti l’intonazione naturale, in perfetta armonia con il

sempre più ampio utilizzo dei bordoni e dell’approccio modale: è infatti nel 1964 che

comincia il suo lavoro per la sua composizione più nota ‘The Well Tuned Piano’ che

sarà completata soltanto nel 1970 e che vedrà la sua prima mondiale a Roma nel 1974.

In questi anni visto il crescente interesse per l’intonazione naturale, Young

divenne quasi ossessionato dallo studio del fenomeno degli armonici e del

temperamento, di li a poco comincerà ad usare regolarmente generatori sinusoidali

‘giustamente’ intonati tra loro per i suoi bordoni e microfoni a contatto per

l’amplificazione degli strumenti ad arco. Il volume delle sue performance sale

notevolmente anche perché Young lo trova necessario per aiutare la percezione degli

armonici superiori, è un parametro compositivo fondamentale al punto che nell’autunno

del 1967 durante la prova del suono per la proiezione di tre filmati di Andy Warhol al

Lincoln Center quando gli viene chiesto di abbassare il suono per l’incolumità degli

ascoltatori lui preferisce andarsene piuttosto che abbassare il livello.

Con il nome ‘The Theatre of Ethernal Music’ l’ensamble rimane attivo fino al

1965, anche se dal 1964 in poi con l’abbandono di Mac Lise viene accantonata la

dimensione ritmica, le performances di questo periodo raggiungono lunghezze notevoli

e spesso per dare l’impressione all’ascoltatore di entrare a fare parte di un qualcosa di

‘eterno’ il gruppo comincia a suonare anche un ora prima dell’apertura al pubblico. Il

gruppo incarna gli ideali di ‘struttura universale’, armonia e le teorie sull’effetto del

suono sia sul corpo che sulla mente che Young va sviluppando in questo periodo

parallelamente ai suoi studi di acustica e psicoacustica. Di questo periodo sono le

composizioni ‘The Days of the Antler’ e ‘The Tortoise’ i cui spartiti non sono altro che

una lunga lista di frequenze e di rapporti centesimali intorno alle quali costruire le

improvvisazioni16. L’ensemble si scioglie nell’autunno del 1966 e da quel momento

Young e Marian Zazeela continueranno ad esibirsi da soli e nonostante le condizioni

spesso restrittive imposte agli organizzatori per la diffusione del loro messaggio

attraverso l’arte, nel periodo che va dal ’69 al ’75 la loro musica riceve, probabilmente,

la più grande esposizione al pubblico. Le loro installazioni audio visive chiamate

Dream Houses, una delle quali è attiva dal 1993 al 2000 al piano di sopra del loft dove

vivono a New York, rappresentano la più ovvia manifestazione del concetto di musica

eterna; in esse il visitatore può muoversi liberamente e assorbire le frequenze prodotte

dai generatori elettronici nell’ambientazione visionaria creata dalle luci di Marian

Zazeela.

16 “I really like to improvvise and I only like to write down broad powerful, theoretical constructs”.

Steve Reich nasce a New York il 3

ottobre del 1936, sua madre si separa dal

padre andando a vivere in California

quando lui ha soltanto un anno, evento che

costringe il piccolo Steve a passare gran

parte della sua infanzia sui treni che vanno

da Los Angeles a New York e viceversa.

Questa esperienza lascerà in lui un segno

profondo (la composizione del 1988

Different Trains per nastro magnetico e

quartetto d’archi prende ispirazione

proprio da questo) e non è da escludere

che, così come il ronzio della centrale

telefonica stimolò l’attrazione di La Monte Young per i suoni continui, il ritmo

incessante del treno non sia responsabile in qualche misura della scelta estetica di Reich

nel comporre una musica (almeno nel suo periodo più strettamente minimalista) quasi

esclusivamente guidata da una incessante pulsazione.

Avviato allo studio del pianoforte e della musica classica, Reich incontra la

musica contemporanea ed il jazz tra il 1950 e 1951. All’età di 14 anni inizia lo studio

della batteria e comincia a suonare nei primi combo jazz ed all’età di 17 si iscrive alla

Cornell University, considerandosi ‘troppo vecchio’ per fare il musicista di professione

sceglie il corso di filosofia sviluppando un particolare interesse per le idee di Ludwig

Wittgenstein. Durante gli studi universitari incontra il musicologo William Austin, un

ammiratore di Stravinsky e del jazz nonchè discreto conoscitore di musiche estra-

occidentali, al quale mostra qualche sua prima composizione. Incoraggiato da Austin,

dopo il conseguimento della laurea nel 1957, Reich decide di non continuare gli studi

alla Cornell e nel 1958, dopo un anno di studi privati con Hall Overton17, si iscrive alla

Juilliard School dove compone qualche piccolo pezzo tra cui uno per orchestra d’archi

d’impianto dodecafonico dove però la serie invece di essere invertita o retrogradata

viene, più significantemente, ripetuta…

17 Overton si rivela una scelta quanto mai appropriata avendo affrontato studi classici alla Juilliard ed avendo avuto esperienze professionali nel campo del Jazz con il leggendario pianista Thelonious Monk.

Nel 1961, bisognoso di un cambio di prospettiva, lascia la Juilliard e New York

per il Mills College di Oakland in California, attratto dalla prospettiva di studiare con

Darius Milhaud e Luciano Berio. Con quest’ultimo entra in grande confidenza, anche

se gli è sempre più chiaro che il serialismo non sarà la sua strada18, e nonostante

continuasse a comporre in quello stile diviene sempre più attratto dal jazz e

specialmente da John Coltrane, come già detto in precedenza. Il lavoro che Reich

presenta nel giugno del 1963 per il diploma alla Mills incarna il profondo conflitto che

ha luogo in lui durante questo stadio di transizione : si tratta di un lavoro dodecafonico

scritto per un combo jazz composto da piano (suonato da lui), contrabbasso, batteria,

tromba e sassofono tenore, che combina uno “strano fraseggio con una ritmica

incalzante…un pezzo davvero di basso livello che vorrei dimenticare”.

Poco prima di concludere i suoi studi Reich

entra in contatto con il San Francisco Tape Music

Center (1962), e lavorando con un Wollensak,

ovvero il primo registratore in commercio negli

Stati Uniti produce il suo primo pezzo per nastro

The Plastic Haircut, una colonna sonora per un

cortometraggio sperimentale di Robert Nelson. Il

suo coinvolgimento nei confronti della tape-

music cresce e nell’autunno del 1964, con un

nuovo Uher portatile, registra il predicatore di

strada Brother Walter, famoso per il suo modo di

declamare passi della Bibbia e profetizzare

l’arrivo dell’Apocalisse in maniera decisamente musicale ed inizia il lavoro per quello

che resta uno dei suoi lavori più noti, ‘It’s gonna rain’ che sarà riprodotto per la prima

volta pubblicamente al Tape Music Center il 27 gennaio del ’65. Nello stesso periodo

Reich incontra Terry Riley che era da poco tornato da New York ed aveva acquisito

una piccola fama grazie alle sue collaborazioni con La Monte Young ed alle sue

composizioni col nastro ‘Mescalin Mix’ (1962) e ‘Music For the Gift’ (1963) 19, la loro

frequentazione è breve ma intensa, basata su ben più della semplice preparazione del

18 “Serialism was hot, whether you liked it or not – and I didn’t, but I wanted to learn what the latest thing was, I wanted to learn the technique, I wanted to learn the magic squares, and Berio was a breathing , living major player”. 19 Nel quale utilizza delle registrazioni appositamente fatte da Chet Baker ed il suo gruppo che improvvisano sui cambi di una composizione modale di Miles Davis, ‘So what’ del 1959.

pezzo ‘In C’ (presentato pochi mesi prima di ‘It’s gonna rain’): i due compositori si

scambiano pareri e mostrano l’un l’altro il loro lavoro che, ovviamente, consiste in

larga misura di pezzi per nastro. Le differenze sostanziali tra la tape music di Reich e

quella di Riley, sono nel fatto che mentre il primo è più interessato al processo20 che

genera il suono e la composizione al tempo stesso, il secondo è concentrato sul risultato

finale indipendentemente dal processo che lo genera. Mentre, come nota Potter “Reich

forma la sua estetica sul rigore con il quale le sue composizioni sono costruite, Riley

non sembra interessato ad applicare tali severità strutturali al suo materiale : ciò che lo

affascina è il suono stesso ed il processo che oggi chiameremmo ‘sampling’”.

In Mescalin mix Riley manipola in

maniera quasi-random un generatore di echo

producendo ripetizioni e battimenti, mentre

in It’s Gonna Rain i battimenti e le

differenze in altezza vengono create dalla

leggera disparità nella velocità di due

differenti campioni suonati da altrettanti

registratori : Reich sistematizza il fenomeno

laddove Riley preferisce sfruttarlo come un effetto collaterale non controllato.

Riprodurre i due campioni in questa maniera consente, come nella prima parte di It’s

Gonna Rain21, di “estrarre” gradualmente le due voci mentre i due nastri “cadono”

progressivamente all’indietro o “strisciano” in avanti l’uno rispetto all’altro fino a che il

processo – anticipando la simmetrica “forma ad arco” che Reich adotterà in molti dei

suoi lavori futuri22 - non ritorna indietro, lentamente all’unisono iniziale e conferendo al

pezzo un certo equilibrio formale.

Nel settembre del 1965 Reich torna a New York, e nei cinque anni successivi che

lo separano dal completamento di ‘Drumming’ presentato nel 1971, compone quindici

20 Nel suo trattato ‘Music as a Gradual Process’ egli infatti asserisce stringatamente “I am interested in perceptible processes. I want to be able to hear the process happening throughout the sounding music.” 21 Nella seconda parte del pezzo, ottenuta da un’ altra porzione del sermone di Brother Walzer, il canone all’unisono è reso più denso dal fatto che le voci da due passano progressivamente ad otto, complicando esponenzialmente le relazioni di fase e generando un movimento stereofonico incessante ed ipnotico. Inspiegabilmente Reich non utilizzò la seconda parte del pezzo durante la premiere del gennaio ’65, forse perché la forma d’arco qui non si completa ed il pezzo sfuma senza che venga ripristinato l’unisono. 22 Ad esempio ‘Drumming’ del 1970.

pezzi. Dato il carattere scrupoloso di Reich e la sua tendenza a sperimentare un singolo

processo compositivo per volta, non è difficile, ne tanto meno sbagliato dividere queste

composizioni in quattro gruppi : i lavori Come Out e Melodica per nastro del ’66, quelli

strumentali tra il ’66 ed il ’67 come Piano Phase e Violin Phase, un altro gruppo di

composizioni di carattere elettronico scritte tra il ‘67 e il ‘70 e un ultimo gruppo di

carattere strumentale del 1970 tra le quali spicca Four Organs. In generale durante di

questi cinque anni, Reich approfondisce il metodo compositivo proposto in It’s Gonna

Rain e da lui chiamato ‘phasing’ e si preoccupa di trasferirlo dal nastro agli strumenti;

Piano Phase e Violin Phase sono certamente degli esperimenti importanti nella

maturazione di questa procedura. Il primo è concepito per due pianisti, mentre il

secondo per un violinista e nastro magnetico. Mentre il phasing nei pezzi per nastro

viene ottenuto variando la velocità di un nastro nei confronti di un altro, nelle

composizioni strumentali dev’essere uno dei due esecutori ad aumentare la velocità

mentre l’altro (o il nastro) continua a suonare il pattern alla stessa velocità : tipicamente

dopo che una cellula ritmica viene ripetuta un certo numero di volte (non

necessariamente stabilito) si attraversa un momento di transizione fino a quando una

nuova sovrapposizione del materiale, e quindi un nuovo pattern ritmico non viene

ottenuto. La regolarità del metro è cruciale durante le fasi statiche, mentre è notevole la

sua assenza nelle transizioni. Sebbene siano date indicazioni dinamiche, in particolar

modo dei crescendo da parte dell’esecutore che incrementa la sua velocità, la dinamica

generale di queste due composizione rimane essenzialmente ferma ad un livello medio.

Piano Phase rappresenta un notevole passo in avanti nella ricerca di Reich

sull’udibilità dei processi musicali, rispetto ai lavori per nastro, infatti, questa

composizione presenta ben quattro caratteristiche che saranno alla base di molti lavori

del cosiddetto periodo minimalista maturo e del periodo post-minimalista :

1. prima di tutto la scelta di usare materiale melodico dotato di una certa

ambiguità modale conferisce vitalità al pezzo, in quanto la percezione di

un centro tonale23 può variare a seconda della sovrapposizione del pattern;

2. l’utilizzo del metro 12/8 nella prima sezione del pezzo (8/8 nella seconda e

4/8 nella terza) e la scoperta delle intrinseche proprietà poliritmiche di

questo metro;

23 Per quanto Potter indichi Si Mi e A come centri tonali per le tre sezioni rispettivamente.

3. l’ulteriore ambiguità metrica conferita al pezzo dal phasing e dalla

presentazione di un materiale contrappuntistico di per se dotato della sua

enfasi metrica (il primo pattern in particolare presenta una chiara

articolazione in 5 + 2 + 3 + 2);

4. infine Reich comincia a scoprire modi strutturali più sofisticati per

completare quel che era uno sviluppo schematico del ritmo e un

vocabolario modale estremamente limitato.

Delle composizioni a carattere elettronico di questo periodo la più interessante di

tutte è senza dubbio Slow Motion Music, per due motivi : il primo è che si tratta di un

pezzo concettuale il cui progetto ‘was to take a tape loop, probably of speech, and ever

so gradually slow it down to enormous length without lowering the pitch’24 il secondo,

e ben più interessante, motivo e che a partire da questa idea, irrealizzabile con le

tecnologie dell’epoca, Reich, che andava progressivamente perdendo interesse per la

tape music, trasse ispirazione per la composizione di Four Organs (1969). La

trasformazione di un singolo accordo pulsante in una serie di pattern melodici poteva

infatti essere facilmente raggiunta con dei veri esecutori piuttosto che con un processo

automatizzato, bastava allungare le note dell’accordo lentamente, una dopo l’altra.

Questo è il processo alla base del pezzo, scritto per quattro esecutori di organo ed un

percussionista il cui ruolo è il mantenimento della pulsazione ritmica in 11/8 con delle

maracas. Questo pezzo è il primo scritto da Reich che utilizza come costituente di base

un singolo accordo (un Mi di settima dominante esteso fino all’undicesima naturale),

piuttosto che una cellula melodica modale o un frammento vocale registrato in

precedenza. Le note dell’accordo sono aumentate a partire dalla figura iniziale, prima

estendendo la loro durata ‘in avanti’ e poi ‘all’ indietro’ anticipandone l’attacco alla

battuta precedente. Il risultato inevitabile e quello di riempire progressivamente la

battuta, l’aspetto interessante di questo procedimento è che, percettivamente, si ha

l’impressione che il pezzo rallenti nonostante il battito incessante delle maracas.

Nell’estate del 1970, grazie ad una borsa della Special Project Division

dell’istituto Internazionale dell’Educazione, Reich vola nella capitale del Ghana Accra

per approfondire i suoi interessi riguardo alla dimensione ritmica. Qui studia per cinque

settimane con un maestro della tribù Ewe, prima di ammalarsi di malaria ed essere

24 In Reich, writing about music, pg.15

costretto a tornare in patria. Nonostante la brevità del soggiorno Reich rimane

particolarmente impressionato dalla musica tradizionale Ghanese, ‘Non Western music

presently the single most important source of new ideas for western composers and

musicians’, dichiarerà in seguito; quello che più lo lascia affascinato è il controllo

esercitato sull’espressione individuale dalle limitazioni all’interno delle quali

l’improvvisazione viene condotta in questo tipo di musica25. Questa esperienza

sicuramente fu alla base dell’ideazione e del completamento di Drumming, il lavoro più

importante, anche in termini di lunghezza e complessità, di questo periodo. Il suo essere

fondato completamente sul ritmo, aggiungendo come in precedenza qualche nuovo

processo compositivo, fa si che lo si possa ancora considerare come il punto di arrivo di

questa fase piuttosto che l’inizio di qualcosa di nuovo. La prima cosa che risalta è

l’impiego di percussioni ad altezza determinata ed l’utilizzo della variazione timbrica

come fondamento strutturale del pezzo : questo è infatti diviso in quattro sezioni, nella

prima vengono usati bongos afrocubani di diverse dimensioni, nella seconda marimbe e

voci femminili, nella terza glockenspiel e ottavino, nella quarta infine sono presenti

tutti gli strumenti in una originale orchestra. Dal punto di vista dei processi compositivi

le novità sono essenzialmente quattro:

1. prima di tutto l’utilizzo delle voci femminili che contrappuntano in

maniera onomatopeica la parte delle percussioni.

2. la graduale sostituzione delle pause con dei colpi (o di colpi con pause)

all’interno di un costante ciclo ritmico. Un po’ come accadeva in Four

Organs.

3. il graduale cambiamento del timbro contrapposto ad un sostanziale

mantenimento delle altezze.

4. l’utilizzo di timbri di combinazione.

Il rigore con il quale Reich esplora il potenziale contrappuntistico della poliritmia

gli fruttò grande approvazione e stima da parte dei critici e compositori occidentali, in

maniera assai maggiore di qualsiasi altro compositore cosiddetto minimalista. Una tale

rigidità strutturale è generalmente meno attraente verso gli improvvisatori e al di fuori

della tradizione occidentale, ma una composizione come Drumming possiede una

25 ‘The pleasure I get from playing’, scrive il compositore nel 1974, ‘is not the pleasure I get of expressing myself, but of subjugating myself to the music and experiencing the ecstasy that comes from being a part of it’.

sufficiente energia ‘vernacolare’ da stimolare un ampio range di musicisti e di

ascoltatori anche in campi più ’popolari’ .

Dopo Drumming , Reich compone altri due

studi di carattere esclusivamente ritmico Clapping

Music (1972) e Music for Pieces of Wood (1973);

Six Pianos e Music for Mallet Instruments, Voices

and Organ entrambi del 1973 sono passi più

importanti nella direzione di quello che resta il suo

lavoro di maggior successo, nonché il definitivo

allontanarsi dalla corrente minimalista : Music for

Eighteen Musicians (1976). Nonostante già nel precedente Music for Mallet

Instruments, Voices and Organ fosse presente un chiaro, seppur minimo, movimento

armonico, in Music for Eighteen Musicians comincia e finisce con un ciclo di ben

undici accordi26, ognuno dei quali ripetuto due volte da tutto l’ensemble. In mezzo a

queste due sezioni gli accordi vengono riesposti in parti separate centrate della durata di

circa 5 minuti. Il senso di progressione che ne consegue conferisce all’armonia una

forza strutturale nuova nella produzione di Reich, il compositore stesso dichiarerà la

connessione con l’organo del dodicesimo secolo – con la sua iniziale affermazione di

un completo cantus firmus seguito da una sezione che prende a turno ciascuna nota

come centro armonico – dal quale era stato attratto per molto tempo. Una delle tecniche

nuove in uso qui, e mutuata dalla musica tradizionale africana, è la presenza di uno

strumento (il vibrafono senza motore) al quale viene deputata l’attività di “marcare” il

cambio tra una sezione all’altra; questi piccoli pattern melodici suonati in ottave

segnalano la transizione, non solo ai musicisti dell’ensemble ma anche agli ascoltatori,

rendendo così la composizione più facile da seguire. Notevole è anche l’uso delle voci

doppiate dai clarinetti) , Reich chiede esplicitamente di ripetere le note con un

insistente impulso controllando la durata solo in base alla lunghezza per la quale il fiato

può essere confortabilmente sostenuto crescendo e decrescendo in dinamica ‘come

fossero onde che si infrangono contro la testura ritmica del piano e delle marimbe’.

Questo è senza dubbio il lavoro più maturo del periodo minimalista di Steve

Reich, ed anche quello che lo proietta in una nuova fase caratterizzata dall’impiego di

26 Nel 1978 Reich farà la spesso citata affermazione “[t]here is more armonic movement in the first 5 minutes of Music for Eighteen Musicians than in any other complete work of mine to date”.

ensemble di sempre maggiori dimensioni (frutto anche della crescente notorietà e della

maggiore importanza delle commissioni ricevute) e da un utilizzo più centrale del

movimento armonico. Da segnalare per un interessante uso del nastro, il già citato

Different Trains del 1988, dove l’elaborazione melodica del testo parlato da parte del

quartetto d’archi riveste un ruolo particolarmente interessante.

Brodo Granulare : testura e processo

poliritmico

Brodo Granulare è una composizione acusmatica scritta nel 2008. Tutto il

materiale in essa contenuto è stato elaborato con il software CSound e montato

separatamente con Adobe Adution. Come si evince facilmente dal titolo il metodo di

sintesi usato per generare il materiale sonoro è quello della sintesi granulale : sono stati

creati diversi strati, di lunghezze differenti usando maschere di tendenza molto diverse

tra loro e sempre caratterizzate da una non eccessiva divergenza tra i limiti inferiore e

superiore. Il pezzo vuol essere uno studio su delle semplici relazioni tra figura e sfondo,

tra ‘gesture’ e ‘texture’ , nel suo svolgimento, facilmente suddivisibile in due parti, i

soggetti che nella prima parte del pezzo fanno da figura, vanno man mano

dissolvendosi fino a scomparire del tutto a metà della seconda parte. In questa sezione

del pezzo si è cercato di trasferire l’attenzione a più di un livello, gli strati infatti si

sovrappongono l’un l’altro come nella prima parte, questa volta però, oltre alla

mancanza di un soggetto principale, vengono ad essere modulati in ampiezza da

inviluppi di tipo triangolare (LFO) i cui rapporti in frequenza sono multipli interi l’uno

dell’altro : in pratica ciò che si cerca di creare tecnicamente è un contrappunto

poliritmico tra materiali granulosi. Da un punto di vista percettivo questo procedimento

è molto simile a quello di alcune musiche di rituali del patrimonio musicale

afrocubano27 nelle quali la cosiddetta ‘indecisione ritmica’28 viene utilizzata per creare

tensione e climax, risolvendo spesso su cellule ritmiche più semplici sulle quali

dispiegare i canti. Ciò che si è cercato di ottenere è un insieme di figure rumorose

ritmicamente instabili sulle quali è possibile focalizzarsi separatemente volta dopo

volta, lasciando all’ascoltatore la scelta sullo strato frequenziale di cui seguire

l’evoluzione.

27 La cosiddetta cultura Yoruba nella quale vengono venerati gli Orisha della santeria.

L’accompagnamento rituale è riservato ai batà, tre tamburi a forma di clessidra dalla doppia pelle, presenti in tre grandezze diverse e simboleggianti ruoli archetipici quali la madre (Yjà - il tamburo di più grandi dimensioni, adornato con collane dotate di sonagli cui vengono affidate le chiamate ritmiche per cambiare canto e le improvvisazioni nelle parti strumentali), il padre (Itotele - il tamburo di medie dimensioni che solo raramente può improvvisare) ed il figlio maschio (Okonkolo – il tamburo di piccole dimensioni cui sono affidate le figure ritmiche più semplici)

28 Cioè l’impossibilità in una trama poliritmia di individuare percettivamente con certezza un accento che più degli altri meriti il ruolo di ‘battere’.