la scoperta del castello: la torre "mozza" di calcinaia

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Antonio Alberti, Federico Andreazzoli, Monica Baldassarri

La scoperta del castello:

la torre “mozza” di Calcinaia

Guida ai Musei e Monumenti della Rete Museale Valdera

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© 2008 - Felici Editore Srl

ISBN: 978-88-6019-207-3

Collana diretta daAntonio Alberti

Responsabile editorialeFabrizio Felici

Responsabile marketingFrancesco Crisanti

Coordinamento editorialeSerena Tarantino

Grafica e impaginazioneClaudia Benvenuti

Felici Editorevia Carducci 64/c - 56010 Ghezzano (PI)tel. 050 878159 - fax 050 8755588www.felicieditore.it

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAII, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’editore.

R M V

r e t e m u s e a l e v a l d e r a

Comune Calcinaia

Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per i Beni Architettonici e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno

Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana

Fondazione Cassa di Risparmiodi Volterra

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Indice

Presentazionedi Antonio Alberti 5

Presentazionedi Marta Perini 6

Elogio della normalità. Un aggiornamento sulle testimonianzearcheologiche a Calcinaiadi Elena Sorge 7

La scoperta del castello: la torre “mozza” di Calcinaia 13

Il castello di Calcinaia: terranuova pisanaAntonio Alberti 15

La torre “mozza” del castello Federico Andreazzoli 23

La viabilità medievale Antonio Alberti, Monica Baldassarri 35

La funzione della torre in epoca post-medievale Monica Baldassarri 41

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Con il primo numero della Guida ai Musei e Monumenti della Rete Museale Valdera si da inizio ad una nuova collana mirata alla conoscenza delle realtà museali e dei beni culturali capillarmente distribuiti nel ter-ritorio della Valdera e del Valdarno pisano, ambito entro il quale fanno riferimento i Comuni aderenti alla Rete Museale Valdera.

Questo indirizzo concordato tra i Comuni e le numerose realtà mu-seali della Valdera, che fa seguito alla inaugurazione di un’altra collana, quella dei Quaderni della Rete Museale Valdera, ha l’obiettivo di creare uno strumento agevole di conoscenza della storia del territorio, con una impostazione prevalentemente rivolta al grande pubblico, pur sempre nella correttezza scientifica garantita dagli studiosi che di volta in volta parteci-peranno al progetto.

Attraverso la Rete Museale le possibilità infatti di investire in ricerca, in didattica, in restituzione a stampa degli studi portati avanti dalle nume-rose realtà culturali del territorio pisano sono potenzialmente maggiori. Raggruppando formalmente almeno quindici comuni della Valdera e del Valdarno pisano la Rete si propone il fine di rendere maggiormente coordi-nato il programma di investimenti, la reperibilità dei fondi e la pubbliciz-zazione delle realtà museali esistenti, siano esse pubbliche che private.

Le Guide sono solo una parte di questo programma concordato, forse piccola ma necessaria per delineare e rendere pubblico il grande patrimo-nio culturale di cui è ricco il nostro territorio, conoscenza indispensabile per il mantenimento delle tradizioni e delle radici storiche.

Antonio Alberti

Direttore della collana

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Restituire alla comunità uno spazio pubblico perduto da tempo è il rag-giungimento di un obiettivo prefissato dall’Amministrazione Comunale, reso possibile grazie alla fattiva collaborazione di varie competenze tra le quali quelle degli organi di tutela dei monumenti come la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana e la Soprintendenza per i Beni Storici, Architettonici e Ambientali delle provincie di Pisa e Livorno.

Le indagini sia archeologiche che architettoniche preventive si sono rese necessarie per impostare le successive operazioni di restauro e per rendere di nuovo la nostra torre “mozza”, ora non più “mozza” anche se continue-remo a chiamarla così, un monumento alla storia antica di Calcinaia.

Come i cittadini vedono e seguono con partecipato interesse ormai da tempo, questa operazione è solo uno degli interventi di cui è oggetto il centro storico negli ultimi anni, in un programma di ripristino del decoro pubblico e di rivitalizzazione del cuore del capoluogo.

Le prossime tappe di questo programma, cioè gli interventi in piazza Manin e piazza Carlo Alberto e il restauro del complesso della torre “alla fornace”, condurranno ad una maggiore completezza della conoscenza delle vicissitudini della nostra città fin dalle origini medievali, e contem-poraneamente daranno la possibilità di godere non solo della vista di mo-numenti finora nascosti sotto intonaci e strutture degradate, ma anche di mettere a disposizione della comunità spazi importanti per la socialità e l’incontro.

Colgo, da ultimo, l’occasione per ringraziare tutti coloro che si sono resi protagonisti di questo risultato, lavorando gomito a gomito per riportare a luce nuova la nostra torre “mozza”, e cioè gli Enti di tutela sopra detti, gli archeologi, gli architetti che hanno diretto il restauro, l’Ufficio Tecnico del Comune e i cittadini che hanno partecipato con interesse e curiosità alle indagini.

Marta Perini

Sindaco di Calcinaia

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Elogio della normalità

Un aggiornamento sulle testimonianze archeologiche a Calcinaia

Parafrasando Erasmo da Rotterdam vorrei in queste poche righe tessere un elogio non della follia, bensì della normalità dell’atteggiamento di un Comune nei confronti del proprio patrimonio culturale, una normalità che, va detto, assume quasi i colori dell’eccezionalità. Ripercorrendo in breve le tappe di questo percorso ricordo che il Comune di Calcinaia si è dotato, in vista della redazione del Piano Strutturale, di uno strumen-to conoscitivo di eccezionale rilevanza, affidando ad un gruppo variegato di studiosi, sotto l’egida di Mariella Zoppi, l’incarico di elaborare una ri-cerca storica completa sul territorio. Da questi studi è nato un prezioso volume1 che costituisce una pietra miliare per chiunque si trovi a lavo-rare sul territorio. In seguito, in vista del completo restauro del centro storico, si è deciso di procedere, in pieno accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, all’indagine archeologica preventiva delle principali piazze. Nel corso pertanto di alcune campagne di scavo, finanziate dall’Amministrazione Comunale con la direzione scientifica della Soprintendenza e sotto lo sguardo vigile e competente di Antonio Alberti e di Monica Baldassarri, si sono potuti puntualizzare molti degli elementi dell’assetto strutturale della “Terra Nuova” di Calcinaia. Il pre-sente volumetto rende appunto conto dei più recenti risultati di questi lavori, già in parte editi nella letteratura specializzata2. Sin qui, siamo (in apparenza), nella piena normalità. Perchè è normale, sacrosanto e giusto che un “Buon Governo” promuova e finanzi iniziative volte a conoscere e valorizzare il proprio patrimonio culturale, ma, e bisogna credere alle parole di un funzionario in perenne rapporto con gli amministratori dei territori, purtroppo non è sempre così. Spesso, troppo spesso, nella reda-zione del piano strutturale non si prevede, a monte, uno studio preventivo della situazione archeologica. Spesso, troppo spesso, quando si prevede il recupero di un’area, si finge di ignorare che una nuova pavimentazione

1. AA.VV. Il territorio dell’Arno. Il progetto di piano strutturale e di regolamento urbanistico, Città di Castello (PG) 2004.

2. E. SORGE - A. ALBERTI - M. BALDASSARRI, Calcinaia (PI). L a terra nuova di Calcinaia. Lo scavo della “Torre Mozza”, Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 3, 2007, in corso di stampa..

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oblitererà, se non per sempre, almeno per un lunghissimo periodo tutto ciò che sta nel sottosuolo. Fortunatamente in questo Comune, come in molti altri della Provincia, così non è. Non bisogna dimenticare poi un ul-timo merito dell’Amministrazione Comunale, quello di finanziare insieme alla Rete Museale, come in questo caso, con tempestività la pubblicazione dei risultati scientifici delle ricerche, restituendo così ai contribuenti gli effetti tangibili delle somme investite.

Anche altre circostanze hanno contribuito, nel corso dell’ultimo anno, a focalizzare l’attenzione sulle antichità del territorio. Ai fini di implemen-tare il quadro conoscitivo da allegare al Piano di indirizzo territoriale (PIT) della Regione Toscana, è stato infatti chiesto alla Soprintendenza di pro-durre una mappatura aggiornata delle realtà archeologiche presenti nell’in-tero territorio regionale. Nonostante la scarsità del tempo a disposizione e l’assenza di finanziamenti, ogni funzionario ha tentato, per i territori di propria pertinenza, di aggiornare gli elementi già noti dalla bibliografia, integrandoli con elementi provenienti da dati di archivio, da nuovi scavi e da recenti segnalazioni. Anche per il territorio del Comune di Calcinaia, con l’impagabile collaborazione di Antonio Alberti e l’eccellente supporto dato da studiosi e appassionati locali, spesso riuniti in agguerriti ed infor-matissimi gruppi archeologici, abbiamo raccolto le attestazioni fornite dal-la non cospicua bibliografia integrandole con un piccolo numero di nuovi dati. Pare quindi opportuno in questa sede cogliere l’occasione per rendere conto di questo aggiornamento dello stato della questione.

Gli elementi raccolti confermano sostanzialmente la ricostruzione sto-rica già proposta in passato per il territorio. Il regime irregolare delle acque contribuisce infatti a spiegare perchè, nelle epoche più antiche, l’area sia stata frequentata solo sporadicamente, almeno sino all’ellenismo. Le te-stimonianze ci inducono comunque a ritenere che, già in epoca arcaica, quest’area graviti attorno all’orbita della città egemone di Pisa, forse con insediamenti di piccole dimensioni a carattere agricolo. Durante l’elleni-smo il territorio conosce in effetti un momento di maggiore sfruttamento agricolo e nel II sc. a.C. alla via d’acqua si affianca una via di terra, identifi-cata da alcuni con la via Quinctia3. Nell’area delle Case Bianche (n. 11 del-

3, CIAMPOLTRINI G., Il territorio in età romana, in AA.VV., Pontedera. Dalle prime testimo-nianze al quattrocento, Pisa 2004 p. 58.

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la pianta) vi è infatti la segnalazione del rinvenimento di strumenti litici4, mentre al di là dell’attuale corso dell’Arno, in località Belvedere (n. 4 della pianta), oltre alla notizia del rinvenimento dei resti di una capanna5, nei lavori presso Torretta White (n. 8 della pianta) vennero alla luce frammen-ti ceramici che rimandano al VII - VI sec. a. C. 6. Sempre dell’area delle Case Bianche (n. 11 della pianta) sono venuti alla luce elementi metallici, nonché frammenti di impasto e di vernice nera7. Nei pressi del podere Le Nebbie (n. 7 della pianta) fu rinvenuta nel 1862 una tomba del III sec. a.C.8. A seguito della fondazione della Colonia Iulia Opsequens Pisana, tra il 41 e il 27 a.C., tutta l’area, nel quadro dell’imponente sistemazione ca-tastale della Chora di Pisa, diviene oggetto di centuriazione, le cui tracce sono ancora visibili9. Le testimonianze archeologiche sono in effetti rare ma significative: nell’area tra le Fornacette e le case Bianche oltre ad una “anfora di terracotta di forma ovoidale a superficie liscia” rinvenuta nel 1911 presso il canale emissario10 in un punto di non facile localizzazione, nel 1913 venne alla luce il tesoretto monetale di Fornacette11 (n. 2 della pianta) e, l’anno seguente, una tomba alla cappuccina (n. 3 della pianta) e pochi altri resti che potrebbero fare pensare all’esistenza di un abitato in età romana12. La rete viaria ed idrografica, nonché alcuni toponimi prediali di origine latina, restano a testimonianza della centuriazione.

Reperti sporadici, riutilizzati in epoche anche recenti in strutture di di-verso genere, testimoniano del resto la vivacità culturale dell’area nel corso

4, Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 1991 – 2000 Ricerche Arche-ologiche nella Provincia, Pos. 9 Pisa 6 Comuni Vari, Calcinaia.

5, CIAMPOLTRINI G. - ANDREOTTI A., Etruschi e romani sulle Cerbaie, in AA.VV., Le Cerbaie, la natura e la storia, Pisa 2004, p. 51.

6, ALBERTI A. - BALDASSARRI M., Dal castello alla terra murata. Calcinaia e il suo territorio nel Medioevo, Firenze 2004, p. 3 nota 14.

7, V. nota 4.8, BRUNI S., Tra Arno e Era: appunti sulle dinamiche del popolamento in età etrusca, in AA.VV.,

Pontedera. Dalle prime testimonianze al quattrocento, Pisa 2004 p. 44.9, CIAMPOLTRINI G., Il territorio in età romana, in AA.VV.,. Pontedera. Dalle prime testimo-

nianze al quattrocento, Pisa, p. 2004, p. 60.10, CIAMPOLTRINI G., “Coppi, tazze e altre userie fittili, lacere e marce, macere dal tempo”. Le

opere di bonifica e l’archeologia di età etrusca e romana tra Valdarno e Valdera, in AA. VV., Preistoria e protostoria tra Valdarno e Valdera, Pontedera 2003 p. 119.

11, Da ultimo F. CATALLI - E. SORGE, Ripostiglio di Fornacette (Pisa), 1913. Monete romane repubblicane ed imperiali, in Ripostigli monetali in Italia. Documentazione dei complessi, in corso di stampa.

12, NSA 1920, 240; CIAMPOLTRINI G. 2003, art. cit. p. 119, CIAMPOLTRINI G., 2004., art. cit. p. 63.

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dei secoli. Ricordiamo, ad esempio, la parte superiore di una stele murata in un edificio13 (n. 1 della pianta), un probabile cippo etrusco conservato in un giardino14 (n. 9 della pianta), ed una possibile macina romana (n. 10 della pianta).15 Alcuni reperti, segnalati nel corso delle ricognizioni del 2001 i cui risultati sono confluiti nella già citata pubblicazione del 2004, risultano al momento dispersi, come un rocchio di colonna scanalata riu-tilizzata come acquasantiera in località Sardinia (n. 5 della pianta)16. Altri, come il pozzale in pietra formato da due elementi riutilizzato in Piazza Carlo Alberto17, risultano già scomparsi negli anni ’70 del secolo passato (n. 6 della pianta).

Qui ci fermiamo. Non perché l’archeologia medievale non ricada sotto la competenza dell’Ufficio che in questi territori rappresento, ma perché, nelle pagine seguenti, la storia successiva del territorio di Calcinaia verrà delineata dai colleghi medievisti, con la consueta grande competenza e precisione.

Tengo, infine, a sottolineare con forza lo stato di work in progress di questo modesto aggiornamento, nella speranza che, con il supporto ed il sostegno degli studiosi, degli appassionati, delle Amministrazioni Locali e, perchè no, degli Enti, degli Istituti di credito della zona e di quanti intendano fornire, a qualunque titolo, il proprio supporto di idee, mezzi e conoscenze, sia possibile, in un prossimo futuro, integrare, verificare ed implementare questi dati.

Elena Sorge

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

13, Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 1971, Posizione 9 Pisa 8, Calcinaia; BERNARDI V., Archeologia nel Bientina, Pontedera 1986, tav. XXXVII.

14, Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 1991 – 2000 Ricerche Archeologiche nella Provincia, Pos. 9 Pisa 6 Comuni Vari, Calcinaia.

15, Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 1991 – 2000 Ricerche Archeologiche nella Provincia, Pos. 9 Pisa 6 Comuni Vari, Calcinaia.

16, Segnalazione in Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 2001 – 2006 Posizione 9 Pisa 6, Comuni A – E n. 1, Calcinaia.

17, BERNARDI V., 1986 op. cit., p. 163 tav. XXXIX..

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Distribuzione dei siti archeologici documentati nel territorio comunale di Calcinaia.

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La scoperta del castello:

la torre “mozza” di Calcinaia

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Il castello di Calcinaia: terranuova pisana

Antonio Alberti

Nel contado pisano le terre nuove fondate o rifondate dal Co-mune di Pisa tra il XIII e il XIV secolo sono, oltre a Calcinaia, Bientina, Pontedera, Cascina e Ponsacco. I “nuovi” castelli lucchesi del Valdarno Inferiore sono Castelfranco di Sotto e Santa Croce sull’Arno. L’unica terra murata fiorentina compresa nel nostro con-testo è invece Fucecchio.

I castelli di Calcinaia e Pontedera sono documentati a partire dalla seconda metà del XIII secolo, mentre Cascina e Ponsacco sono datati intorno alla metà del XIV secolo.

In questo quadro di organizzazione del territorio da parte del governo della città il fenomeno della terranuova è una novità che si manifesta in quell’arco cronologico. La maggior parte delle sedi di capitania e dei comuni rurali del territorio pisano furono centri pre-esistenti, castelli cioè antiche sedi di casate signorili, borghi murati o, appunto, centri di nuova fondazione.

Le motivazioni funzionali alla nascita delle terrenuove pisane sono in genere le stesse che portarono alla fondazione di simili strut-ture in area lucchese e fiorentina: innanzitutto una riorganizzazione dell’assetto territoriale che vide la sostituzione di tutta una serie di piccoli centri rurali con un numero minore di centri fortificati po-liticamente e militarmente controllati dal comune cittadino. Nel territorio pisano questo fenomeno si documenta in due momenti successivi: la seconda metà del XIII secolo e un secolo dopo, nella seconda metà del Trecento. Pontedera, nel 1269, fu popolata dagli abitanti dei villaggi circostanti di Travalda, Tavella e Rapida, mentre Ponsacco fu fondata nel 1365 per raccogliere gli abitanti di Appia-no, Petrolo, Gello e Pegiano; nel 1370 la terra nuova di Cascina

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raggruppò gli abitanti di Viacava, Pisciulis, Domiculte, S. Martini de

Pergula, S. Stefani ad Cannetum, Rinonichi, S. Ylarii1.Lo stesso può essere detto per le vicine terre nuove lucchesi:

Castelfranco di Sotto (1253) comprese i popoli di S. Pietro di Vi-gesimo, S. Bartolomeo di Paterno, S. Martino di Caprugnana, S. Martino di Catiana; S. Croce (1253) attirò gli abitanti delle quattro parrocchie contigue e cioè S. Andrea vallis Arni, S. Tommaso di Vignale, S. Donato di Mugnano, S. Vito di Cappiano2.

La fondazione delle terre nuove, concepite per rappresentare un polo di attrazione per la popolazione circostante, aveva anche lo scopo dichiarato di esercitare un controllo sulla viabilità. Pontede-ra e Ponsacco avevano una specifica funzione di controllo e difesa dei rispettivi ponti, tratti necessari ai collegamenti con la viabilità principale verso Firenze e sulla Francigena. Cascina costituiva un caposaldo a controllo dell’antica Strata Vallis Arni (attuale Tosco-Romagnola).

D’altra parte la funzione principalmente militare, a controllo e difesa del confine tra il territorio in espansione di Firenze e quello di Pisa sembra essere il segno caratteristico delle terre nuove pisane. La difesa del territorio avviene, soprattutto dalla metà del XIV secolo, attraverso i capisaldi di Ponsacco, Pontedera, Calcinaia e Cascina, oltre alla rifortificazione di più antichi centri incastellati come Mar-ti e la Verruca e alla costruzione di piccoli fortilizi e a semplici sedi di guarnigione come doveva essere Casanuova, in Valdera vicino a Terricciola.

Le strutture difensive e abitative superstiti in questi centri sono diversamente conservate e analizzabili. Un approfondimento e un confronto è possibile solo per Calcinaia, Bientina e Cascina, oltre che per Castelfranco che apparteneva però al contado lucchese.

1. Si veda per questo argomento MORELLI P., Pontedera. Archeologia, Storia e Arte, Pontedera 1994.

2. CIAMPOLTRINI G. - ABELA E., La “piazza del Comune” di Castelfranco di Sotto. Lo scavo ar-cheologico di Piazza Remo Bertoncini e la nascita di un antico castello del Valdarno Inferiore, Poggibonsi.

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La struttura del castello di Calcinaia è oggi ricostruibile attraverso le poche emergenze residue e le fonti scritte3. Dall’integrazione fra i dati d’archivio disponibili e dalla documentazione di scavo, relativa all’indagine attuata nel 2001 nell’area adiacente alla Torre Mozza e allo scavo nella torre stessa, insieme ad una attenta analisi topogra-fica del centro storico, è stato possibile ricostruire il tracciato delle mura castellane, posizionare le torri e le porte di accesso.

Il castello di Calcinaia (Fig. 1), ricordato per la prima volta nel 1286, aveva una forma rettangolare, con fortificazioni esclusiva-mente in laterizio; esso aveva i lati brevi rivolti verso est ed ovest e in questi si aprivano le due principali porte di accesso al borgo: Porta d’Arno, sul lato orientale, così chiamata perché si apriva a poca di-stanza dall’antica riva sinistra del fiume che risaliva fino a Bientina per poi ridiscendere a San Giovanni alla Vena; Porta Pisana, che si apriva sul lato occidentale rivolto verso la città di Pisa. La porta della torre detta “torre mozza” non è mai ricordata dalla documentazio-ne storica disponibile; essa era probabilmente una porta di accesso ad una strada secondaria che conduceva verso il vicino castello di Bientina.

Le due porte principali del castello erano sormontate da alte tor-ri, come ricorda la documentazione ottocentesca a proposito della demolizione della Porta Pisana. Gli accessi aperti sotto le torri, come anche nel caso della porta della “torre mozza” di Calcinaia ricordano la tipologia della Porta a Catiana o dell’attuale torre dell’orologio di Castelfranco di Sotto o della porta fiorentina di Cascina, oggi scom-parsa ma documentabile attraverso fotografie di fine Ottocento.

Le torri che munivano il castello erano probabilmente dieci. Le due principali erano quelle poste sopra le porte di accesso, delle quali la torre sopra Porta Pisana aveva pianta circolare ed era muni-ta di merli e bertesche. Esistevano poi quattro strutture turriformi

3. Per uno studio generale sul castello di Calcinaia si veda ALBERTI A. - BALDASSARRI M., Dal castello alla terra murata. Calcinaia e il suo territorio nel Medioevo, Firenze 2004.

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poste agli angoli del circuito murario; esse erano di forma presumi-bilmente quadrangolare come la torre “alla fornace”. Infine le due torri, che spartivano lo spazio di ogni lato lungo, erano di forma rettangolare come la nostra “torre mozza”. L’unica struttura preesi-stente, oltre all’antica pieve, era la torre Upezzinghi, costruita pro-babilmente all’inizio del Duecento con funzione sia abitativa che di controllo alla viabilità (Fig. 2). Le torri così posizionate andavano a presidiare i lati esterni di sei borghi individuati all’interno della cinta. Della cinta muraria oggi si conserva molto poco. Il tratto più integro è quello settentrionale, dove tuttavia sono ancora do-cumentabili solo alcune porzioni, e dove lo scavo archeologico del 2001 ha confermato la presenza della fortificazione tra la torre “alla fornace” e la “torre mozza” (Fig. 3). L’indagine ha inoltre accertato una prima fase in cui le mura dovevano essere state costruite in laterizio in aderenza alle torri e in legno nei tratti centrali, mentre la rifortificazione trecentesca ha comportato la ricostruzione inte-

1. Pianta Calcinaia con la ricostruzione del perimetro del castello e l’ubicazione degli edifici medievali principali.

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gralmente in mattoni delle mura e il rialzamento delle torri. Delle mura del lato occidentale, oggi completamente scomparse, si parla ancora in un docu-mento della fine del Seicento che tratta dello stanziamento di fondi per inghia-iare la strada che andava da Calcinaia a Bientina e “dalle mura del castello al podere Guidoni”4.

Il tratto meridionale e orientale del castello non sono più ricostruibili nep-pure seguendo il tracciato degli edifici moderni. D’altra parte lo spostamento cinquecentesco del corso dell’Arno a sud del borgo causò notevoli problemi di regimentazione delle acque: l’am-pliamento dell’alveo del fiume portò infatti alla distruzione di una ampia porzione dell’abitato. Le torri, e presu-mibilmente le mura della fortificazio-ne, vennero demolite sul lato meridio-nale per rinforzare gli argini a tenuta delle frequenti e rovinose piene.

Nella seconda metà del XIV secolo, quando anche Calcinaia è sottoposta ad un notevole intervento di rifortificazione, almeno sul lato orientale del castello è documentata la presenza di un fossato, che farebbe presupporre l’esistenza di una ulteriore struttura difen-siva che correva intorno alla terra murata.

4. Per una sintesi storica si veda DEL CHIARO A., Da “Vico Vitri” a Calcinaia: la storia dell’in-sediemento sulla base delle fonti scritte, in ALBERTI A. - BALDASSARRI M., Dal castello alla terra murata. Calcinaia e il suo territorio nel Medioevo, Firenze 2004, pp. 15-21.

2. La Torre Upezzinghi

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3. La cinta muraria tra la torre “mozza” e la torre alla fornace durante le fasi di scavo 2001 e prima del restauro della torre.

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4. Vista delle torri del tratto settentrionale delle mura.

5. L’accesso dall’esterno della torre e la traccia della cinta duecentesca legata al lato occidentale della struttura turriforme.

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6. Vista generale della torre “mozza”! dopo il restauro.

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La torre “mozza” del castello

Federico Andreazzoli

L’analisi architettonica dei prospetti esterni ed interni della torre, preventivamente alle fasi di restauro del monumento medievale, ha permesso di individuare una serie di fasi di intervento in relazione alla costruzione e modificazione della struttura turriforme5.

La torre e la costruzione del castello

Assieme alla cinta muraria della terra nuova di Calcinaia viene realizzata, sul lato nord del castello, un’apertura a pianta quadran-golare con coppia di archi a tutto sesto all’interno e all’esterno della cinta, sviluppata in altezza fino alla quota delle mura. La struttu-ra di questo periodo, molto probabilmente simile alle altre torri che scandivano il circuito murario, priva di merli in laterizio ma plausibilmente dotata di una piattaforma con solaio orizzontale in materiale deperibile, aveva come scopo principale la delimitazione dell’accesso al castello e il controllo del passaggio stesso. Si ipotizza inoltre, senza dati materiali sufficienti che lo comprovino, la presen-za di un passaggio tra il camminamento sulle mura e la piattaforma della porta.

I materiali impiegati in questo primo periodo edilizio sono pietra e laterizi, utilizzati in modo distinto e con la preponderante quan-tità dei secondi sulla prima: l’impiego della pietra, semplicemente spaccata, è limitato al sacco delle murature in laterizio, la sua posa in opera è su allineamenti distinti da filari continui di laterizi; all’in-

5. L’analisi stratigrafica dei prospetti interni ed esterni della torre è avvenuta preventivamen-te alle operazioni di restauro del monumento coordinati scientificamente dalla Soprinten-denza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per i Beni Architettonici e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno.

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7. Ricostruzione del tratto di cinta muraria e della torre nella fase di fondazione della terra nuova (seconda metà del XIII secolo). La struttura è costruita in laterizio con

l’aggiunta di elementi in materiale reperibile (legno). É probabile che oltre a porzioni di cinta anche la merlatura fosse costruita in questa fase in legno.

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terno della porta la pietra è inoltre utilizzata per la sagomatura dei cardini.

Il tipo di laterizio utilizzato è caratterizzato da un grado di cottu-ra omogeneo che gli conferisce una colorazione da arancio a rosso acceso con scarsi elementi neri, stracotti e/o deformati. I cantonali di questa prima struttura sono omogeneamente realizzati con l’al-ternanza pressoché costante di laterizi posti di testa e laterizi posti di lato.

La torre merlata

La struttura sopra descritta tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento viene dotata di merlatura nella parte esterna all’abitato di Calcinaia (Fig. 8). Sono stati documentati tre merli, uno in asse di simmetria centrale e due in corrispondenza degli an-goli del corpo di fabbrica, in relazione e alla medesima quota della merlatura della cinta muraria (Fig. 9).

I materiali e la posa in opera sono quasi identici alla fase prece-dente, la malta, al contrario, è più biancastra, con maggiore quantità di aggregati sabbiosi e stesa in allettamenti più abbondanti e spessi.

In questo stesso periodo i merli costruiti nella fase precedente vengono rialzati, almeno quelli laterali, e dotati di feritoie in lateri-zio di forma rettangolare poco allungate e strombate verso l’inter-no: la tipologia costruttiva di questi elementi architettonici, il cui elemento di scarico superiore è realizzato con imposte in laterizio reciproche e sempre più aggettanti dal piano degli stipiti chiuse alla sommità da un laterizio posto di lato, richiama da vicino quelle della prima fase della cinta urbana di Bientina, da datarsi entro il primo decennio del XIV secolo. Dubitativa l’ipotesi che in questa occasione vengano anche aperte le feritoie poste al piano terreno della porta, i dati a nostra disposizione, dato l’elevato grado di de-grado, non sono sufficientemente attendibili.

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8. Ricostruzione del tratto di cinta muraria e della torre con l’aggiunta della merlatura (fine XIII secolo-inizi XIV secolo).

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9. Individuazione dei merli della torre nel prospetto settentrionale durante le analisi preventive al resaturo.

10. I merli residui in un tratto della cinta muraria settentrionale.

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11. Ricostruzione del tratto di cinta muraria e della torre nella fase di rifortificazione della terra nuova (metà del XIV secolo).

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La rifortificazione della torre

Intorno alla metà del XIV secolo la struttura della porta della terra nuova di Calcinaia viene profondamente modificata: la piat-taforma merlata del periodo precedente con le sue trasformazioni viene chiusa verso l’interno dell’insediamento e rialzata di un piano e mezzo dando origine ad una torre a pianta rettangolare dotata di fornici al piano terreno e di due piani sopraelevati.

Il primo piano, in questo periodo, viene dotato di una volta a botte con pavimento piano in mezzane di laterizio e doppio accesso, simmetrico, sui prospetti orientale e occidentale, in relazione diretta con il camminamento della cinta, ancora in questo momento soste-nuto da travature lignee (Fig. 13).

Delle feritoie del periodo precedente se ne conserva solamente una, mentre quella sul merlo verso l’esterno viene tamponata e ria-perta più in alto, alla medesima quota di quella sul prospetto orien-tale. I portalini d’accesso ai camminamenti erano archi voltati ma di nessuno dei due rimane l’arco originale, asportato in seguito alle modifiche di età moderna.

Il piano superiore aveva un pavimento sostenuto in parte da tre travature lignee correnti in senso Nord-Sud e alloggiate in vani rica-vati a risparmio nella muratura, e in parte da tre riseghe aggettanti dai prospetti interni Ovest, Est e Sud. Gli alloggiamenti in questio-ne subiscono pesanti rimaneggiamenti e la probabile sostituzione delle travature in relazione alla modifica sostanziale della torre effet-tuata a partire dal XVI secolo.

Al secondo piano si aprivano, oltre le feritoie nella stessa posizio-ne e in asse longitudinale con quelle del piano inferiore, due finestre archivoltate e leggermente rastremate verso l’interno entrambe mo-dificate: quella del prospetto Nord venne infatti ridotta poco dopo la realizzazione della torre, la tamponatura ha infatti un tipo di mal-ta non troppo differente da quella della struttura (Fig. 14a).

Al di sopra dell’arco di queste aperture si localizzano, solamente

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sul prospetto interno Nord, gli alloggiamenti delle travature di so-stegno della copertura del tetto.

I materiali utilizzati anche in questo periodo sono per la quasi to-talità i laterizi, con ambito di cottura più ampio, sono ben attestati anche numerosi esemplari stracotti e deformati, legati con malta differente da quella dei periodi più antichi e caratterizzata da calce

12. Vista dei merli e della tamponatura al di sotto del rialzamento trecentesco della torre.

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di colore più beige e aggregati sabbiosi in maggiore quantità; anche per questo cantiere l’utilizzo della pietra è limitato al riempimento del sacco della muratura.

L’interno in questo periodo è trattato in modo simile alle residen-ze civili urbane, le fughe degli allettamenti sono spatolate con cura e sulla superficie dei mattoni è steso un sottile strato di scialbatura bianca.

13. La volta a botte sotto la porta della torre.

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14a. Finestra tamponata in antico sul lato settentrionale della torre.

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14b. Interno della torre “mozza” dopo il restauro. La feritoia e la porta di accesso al camminamento, successivamente tamponata.

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15. Vista della strada trecentesca riportata alla luce durante lo scavo archeologico condotto nell’area adiacente alla torre nel 2001.

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La viabilità medievale

Antonio Alberti, Monica Baldassarri

La torre mozza si trovava nel tratto settentrionale del circuito murario del castello basso medievale di Calcinaia. La struttura era realizzata a cavaliere della porta di accesso al castello, sotto la quale correva la strada che dalla via per Bientina introduceva alla fortifi-cazione.

Lo scavo del 2001 aveva già riportato in luce la viabilità trecente-sca lungo le mura interne del castello, che era caratterizzata dall’uso di ciottoli irregolari, pietre e numerosi frammenti ceramici (Fig. 15), in analogia a quanto riscontrato in altri castelli dell’area pisana6.

La strada di accesso che passava sotto la torre, anche in base a confronti iconografici e archeologici di terre nuove del territorio circostante (ad esempio Calstelfranco di Sotto), invece doveva essere realizzata esclusivamente in laterizio (Fig. 16).

L’indagine7 ha in effetti raggiunto il livello del piano stradale, pur nella difficoltà di una documentazione raccolta con la falda acqui-fera perennemente al di sopra dei livelli scavati, riportando in luce due alloggi per il cardine, sovrapposti e relativi al lato orientale del portone di accesso esterno. A questo si riferiva anche la pietra per l’alloggio del cardine superiore ancora visibile sotto la volta a botte (Figg. 18-19).

L’alloggio più recente è costituito da una elemento lapideo, in-serito nella lesena dell’arco; in fase con esso era il piano stradale, con tutta probabilità interamente costruito in laterizio, anche se un

6. Si vedano i contributi in BALDASSARRI M. - CIAMPOLTRINI G., Tra città e contado. viabilità e tecnologia stradale nel Valdarno medievale, Pisa 2007.

7. Gli interventi archeologici nel centro storico di Calcinaia sono tutti coordinati scientifi-camente dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana.

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16. La terra nuova ideale. Particolare da Duccio, Tentazione di Cristo sul monte.Si noti l’ammattonato al di sotto della porta di accesso al castello.

La stessa tipologia doveva ripetersi per la strada sotto la torre mozza.

probabile incendio (forse della porta) e la presenza della falda han-no disfatto a tal punto il mattone da renderlo uno strato rossastro, disteso indistintamente sul piano orizzontale.

La rimozione dell’alloggiamento in pietra ha permesso infine di mettere in luce una struttura simile precedente, ricavata in taglio ad un pilastrino in laterizio in fase con l’arco della porta.

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17. Sezione di scavo. Individuazione delle pavimentazioni che si sono susseguite nella torre.

18. Alloggiamento del cardine inferiore della porta rinvenuto nello scavo 2007.

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19. Alloggiamento del cardine in pietra della porta della torre.

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20. Vista della torre a fine restauro.

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La funzione della torre in epoca

post-medievale

Monica Baldassarri

A partire dalla prima età moderna la torre perse quasi subito la sua funzione di guardia alla via che, attraversandola, usciva da Cal-cinaia per rivolgersi a settentrione.

La struttura subì un radicale cambiamento di destinazione d’uso: furono eliminate tutte le dotazioni militari, tamponate le feritoie e uno degli accessi ai camminamenti, mentre dalle finestre preesisten-ti furono ricavati gli alloggiamenti per i piccioni (Fig. 21).

Con la tamponatura dei due archi di ingresso e di uscita infine fu trasformata in un edificio completamente chiuso, caratterizzato da utilizzi differenziati nei secoli, ma comunque legati ad una destina-zione di tipo civile.

La chiusura della torre e l’utilizzo del piano terreno

Il primo cambiamento reale nella storia della vita della torre sem-bra avvenire nel corso del XVI secolo quando si procede ad un serie di modifiche che ne cambiano la fisionomia e le funzioni.

Al piano terreno infatti fu realizzato il primo impianto fognario, che attraversava il piano di calpestio basso-medievale tagliandone i depositi da nord a sud. Tale struttura è costituita da una cana-lizzazione voltata di dimensioni non molto ampie, completamente edificata in laterizi legati da malta. Essa è poi coperta ed isolata con uno strato piuttosto argilloso, di colore giallastro, sul quale si imposta la prima pavimentazione da interni rinvenuta nello scavo. Quest’ultima, per quello che è stato possibile osservare nella porzio-ne interessata dal saggio di scavo, sembra essere bi-partita.

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Nella zona centrale del vano la copertura del calpestio è data da soli laterizi frammentari posti di piano su un sedimento argilloso secondo uno schema irregolare, e delimitati da una serie di fittili di diversa pezzatura collocati di taglio a formare un allineamento in di-

21. Tamponatura della porta al camminamento sul lato orientale della torre e trasformazione in colombaia. La porta si trova attualmente nell’edi-ficio privato adiacente al lato est della torre.

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rezione nord-sud. Ai lati invece il pavimento è realizzato con pietre di dimensioni medio-grandi, talvolta inzeppate con frammenti fitti-li, sempre tenuti insieme da un terreno a matrice argillosa, analogo a quello documentato nella zona adiacente (Fig. 22).

Data la natura piuttosto semplice della pavimentazione e vista la bipartizione con una sorta di rinforzo dei lati rispetto al centro, si può supporre che in questa fase il piano terreno dell’edificio non fosse adibito ad un vero e proprio uso residenziale, ma fosse piutto-sto impiegato come magazzino o rimessaggio.

La datazione per la costruzione della fogna e del pavimento è datata dai materiali rinvenuti sia nel legante della struttura fognaria, dal quale proviene un frammento di maiolica tipo “Bacchereto”, sia dai depositi terrosi compresi tra le due strutture che hanno restitui-

22. La pavimentazione cinquecentesca al piano terra della torre.

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to dei frammenti di olla invetriata che si possono attribuire alla fine del XV-XVI secolo8.

Il rialzamento progressivo del calpestio e le nuove pavimenta-

zioni

In un periodo successivo, probabilmente tra la fine del Cinque-cento e gli inizi del secolo successivo, a causa dell’alluvione provo-cata dal taglio dell’Arno deve essersi verificata l’esigenza di innalzare in modo piuttosto cospicuo le quote del piano di calpestio interno e di conseguenza anche della fogna sottostante.

Si realizzò così una nuova canalizzazione voltata, leggermente più spostata verso ovest rispetto alla precedente, ma soprattutto si getta-rono una serie di livelli sabbiosi di riporto, ricchi di macerie di varia natura per isolarla ed al contempo sopralevare il livello per l’imposta del nuovo pavimento interno.

La copertura pavimentale è ora realizzata in sole mezzane laterizie sia intere che frammentarie disposte di piano sopra una preparazio-ne maltosa, mediamente tenace.

Simili interventi sono stati documentati nei livelli del solaio al primo piano della torre.

A questa fase risale la rimozione della pavimentazione tardo me-dievale del solaio al primo piano, probabilmente al fine di control-lare parte della volta e di rivedere alcune delle murature perimetrali. In seguito allo smantellamento, questa fu sostituita da un’altra co-pertura realizzata in materiali fittili. A quest’operazione corrispose anche la risistemazione delle due porte che danno la luce a questo piano, che di conseguenza vengono rialzate nell’imposta inferiore.

La nuova pavimentazione fu realizzata in mezzane laterizie legate da malta, e poste sopra un sottile strato sabbioso esteso su tutta la

8 AA.VV., La sala delle ceramiche di Bacchereto nel Museo Archeologico di Artiminio, Firenze 1992; MILANESE M. (a cura di), La ceramica post medievale in Toscana. Documenti archeo-logici su produzione e consumi, Firenze 1997.

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superficie del solaio. Questo copriva una serie di depositi alternati, per lo più a matrice sabbiosa e ricchi di macerie, disposti a prote-zione sopra il primitivo riempimento della volta e sul culmine della volta stessa.

In questo caso è stato possibile giungere ad una datazione asso-luta dell’intervento grazie ad una serie di frammenti ceramici (graf-fita a stecca tarda e graffita a fondo ribassato pisana) rivenuti nella stratificazione depositata tra la volta e la preparazione pavimentale che lo riconducono ad un arco cronologico compreso tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo9.

Al disotto di questa sistemazione lo scavo ha permesso di docu-mentare una serie di evidenze relative alla sistemazione tardo-me-dievale (XIV-XV secolo?).

A questo periodo sembra risalire la costruzione della volta che sormonta i due archi e sorregge il solaio della torre.

Il primo riempimento rilevato all’interno della struttura voltata era costituito da pezzame litico e laterizio di medie dimensioni piut-tosto costipato, tenuto insieme da abbondante malta di calce piut-tosto tenace; nella zona orientale ed in parte di quella occidentale è apparso intaccato nella sua interfaccia superiore e parzialmente rimosso.

Per motivi conservativi è stato scelto di non smantellare definiti-vamente questo strato perché posto a diretto contatto con la volta; per ciò in base ai soli materiali visibili in superficie non è stato pos-sibile rintracciare alcun elemento utile ad una datazione assoluta intrinseca al deposito stesso.

9. MILANESE M. (a cura di), La ceramica post medievale in Toscana. Documenti archeologici su produzione e consumi, Firenze 1997; BERTI G., Pisa. Le ceramiche ingobbiate “graffite a stecca”. Secc. XV-XVII (Museo Nazionale di San Matteo), Firenze 2005.

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Finito di stampare nel mese di luglio 2008

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