la frequentazione preistorica di grotta emiliana

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ISTITUTO ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA

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ISTITUTO ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA

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ISTITUTOITALIANO DI PREISTORIA

E PROTOSTORIA

ATTI DELLA XLIRIUNIONE SCIENTIFICA

DAI CICLOPI AGLI ECISTISOCIETÀ E TERRITORIO

NELLA SICILIA PREISTORICA E PROTOSTORICA

San Cipirello (PA), 16-19 novembre 2006

FIRENZE 2012

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ENTI PROMOTORIIstituto Italiano di Preistoria e ProtostoriaAssessorato Regionale dei Beni Culturali Ambientali e P.I.Comune di San CipirelloUnione de Comuni Monreale JetasCentro Siciliano di Preistoria e Protostoria Archeoclub di Corleone

COMITATO D’ONOREA. Buttitta, N. Bonacasa, E. De Miro, S. Lagona, V. La Rosa, G. Rizza, E. Tortorici,M. Tosi, V. Tusa, G. Voza

CON IL SOSTEGNO DISoprintendenza BB CC AA AgrigentoSoprintendenza BB CC AA CaltanissettaSoprintendenza BB CC AA CataniaSoprintendenza BB CC AA EnnaSoprintendenza BB CC AA MessinaSoprintendenza BB CC AA PalermoSoprintendenza BB CC AA RagusaSoprintendenza BB CC AA SiracusaSoprintendenza BB CC AA TrapaniSoprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”Museo Archeologico Regionale, AgrigentoMuseo Archeologico Regionale “A. Salinas”, PalermoMuseo Archeologico Regionale “P. Orsi”, SiracusaMuseo “Agostino Pepoli”, TrapaniMuseo Archeologico Regionale della Villa del Casale di Piazza ArmerinaMuseo Archeologico Regionale di CamarinaMuseo Archeologico Regionale di GelaMuseo Archeologico Regionale Eoliano “L. Bernabò Brea”Museo della Ceramica di CaltagironeMuseo di storia naturale e del carretto di Palazzo d’Aumale, TerrasiniParco Archeologico Regionale di Agrigento

COMITATO SCIENTIFICOPaleolitico e Mesolitico: M.R. Iovino, F. MartiniNeolitico: V. Tinè, S. Tusa Eneolitico: A. Cazzella, D. Cocchi Genik, L. Maniscalco Età del Bronzo: N. Bruno, M. Cavalier, M.C. Martinelli, F. Nicoletti, E. Procelli, S. Tusa Età del Ferro: R.M. Albanese ProcelliInterazioni Sicilia - Mediterraneo: A.M. Bietti Sestieri, M. Marazzi Coordinamento: S. Tusa

SEGRETERIA ORGANIZZATIVAC. Buccellato, A. Scuderi, A. Vintaloro, E. Viola

REDAZIONE DEGLI ATTIEnrico Procelli

In copertina: Vaso della cultura di Serrafarlicchio

© Istituo Italiano di Preistoria e Protostoria, 2012Via S. Egidio, 21 - 50122 Firenzetel. 055/2340765 - fax 055/5354821www.iipp.it - e-mail: [email protected]

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COMUNICAZIONI

Paleolitico-Mesolitico

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SALVATORE CHILARDI* - ALESSANDRO DE DOMINICIS** - DANIELA ZAMPETTI**

La frequentazione preistorica di Grotta Emiliana (Erice, TP)

LO SCAVO

Nell’ambito di un progetto avviato nel 2004, volto ad approfondire laconoscenza della frequentazione preistorica delle grotte del trapanese,sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali diTrapani ed in collaborazione con la cattedra di Paletnologia dell’Univer-sità “La Sapienza” di Roma1, è stata avviata una campagna di indagini ar-cheologiche a Grotta Emiliana, nel territorio del comune di Erice (TP),situata a NE dell’abitato moderno di Trapani (fig. 1A). La grotta, posta acirca 55 m slm, si affaccia verso il mare e dista circa 200 m dall’attuale li-nea di costa e fa parte di un complesso al quale appartengono altre duegrotte, Grotta Polifemo (in cui sono state trovate pitture preistoriche suparete) e Grotta del Maltese (Chilardi et alii in questo volume), postelungo la stessa falesia, ai piedi del Monte S. Giuliano e anch’esse inseritenel medesimo progetto di ricerca (fig. 1B). La cavità ha una profonditàmassima di ca. 25 m ed una larghezza media di ca. 20 m con un’ampiaapertura, di ca. 25 m, orientata verso NW. Lungo le pareti (fig. 2) si nota-no alcune rientranze e cunicoli di origine naturale: una, stretta e profondaoltre 4 m, posta lungo la parete di fondo sud-orientale, un’altra, invece,lungo la parete meridionale. Una nicchia si apre sulla parete orientale maad una quota superiore (ca. 2 m) rispetto all’attuale piano di calpestio:probabilmente essa rappresenta un antico solco di battente.

La grotta era già nota in letteratura, poiché esplorata verso la fine

* Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa” - Laboratorio di Scienze eTecniche Applicate all’Archeologia, via Santa Caterina da Siena 37 I, 80135 Napoli; e-mail: [email protected].

** Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità - Uni-versità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Via Palestro 63, 00185 Roma; tel. 06/4454603; e-mail: [email protected]; [email protected].

1 Progetto POR Sicilia 2000-2006, “Itinerario grotte preistoriche del trapanese” coordina-to dal prof. S. Tusa.

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Fig. 1 - Grotta Emiliana : A) Localizzazione su supporto I.G.M. di Grotta Emi-liana; B) Veduta del complesso delle grotte dall’esterno.

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LA FREQUENTAZIONE PREISTORICA DI GROTTA EMILIANA 277

Fig. 2 - Grotta Emiliana: planimetria interna della grotta, con indicazione deisettori di scavo.

dell’800 dal Dalla Rosa e dal Vaufrey, i quali individuarono all’interno diessa un deposito archeologico rappresentato da livelli antropizzati riferi-bili al Paleolitico superiore e forse anche al Neolitico (Dalla Rosa 1870;Vaufrey 1927). Tale deposito oggi risulta tuttavia completamente asporta-to da continui interventi recenti, di cui sono ancora ben visibili le tracce.Per più di cento anni, infatti, la grotta è stata utilizzata dai pastori comerifugio per le greggi e dai contadini come fonte di fertilizzante naturale.Inoltre negli ultimi anni ha vissuto un lungo periodo di completo abban-dono. Prima dello scavo, infatti, la superficie interna si presentava quasicompletamente ricoperta da materiali di rifiuto e interessata, in particola-re nella parte E/SE, da numerose buche scavate probabilmente dai conta-

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dini che prelevavano da qui il guano per la fertilizzazione dei campi. Unmuro a secco con orientamento EW (fig. 2), realizzato ed usato come re-cinto dai pastori durante i primi anni del ’900, sbarra parzialmentel’accesso alla parte più interna.

Nella zona NW (settori N10, O10, N11) lo scavo ha permesso di indi-viduare, al di sotto del muro, tracce di una struttura infossata di forma el-littica, in cui sono stati rinvenuti strati di bruciato costituiti da terra, ce-nere, pietre di calcare esposte all’azione diretta del fuoco e materiali dietà recente: in base anche alla testimonianza dei pastori della zona, essasembrerebbe essere stata utilizzata in epoca moderna per la fabbricazionedella calce.

Anche di fronte all’entrata della cavità sono stati impostati alcuni set-tori di scavo (saggi T ed U) allo scopo di verificare la presenza di traccedi frequentazione all’esterno della grotta: tali saggi hanno però messo inevidenza come fenomeni di erosione e forse anche interventi umani, ab-biano cancellato eventuali testimonianze archeologiche, poiché la rocciadi base compariva immediatamente al di sotto dello strato di superficie.

Tuttavia, nonostante i numerosi interventi distruttivi recenti ad operadell’uomo, le indagini svolte all’interno della grotta, in particolare nell’a-rea centro-occidentale ed in quella meridionale, hanno portato a risultatidi estremo interesse scientifico. Nei settori I9, L9, I10, L10 (fig. 2), infat-ti, immediatamente a sud del muro a secco cui si accennava precedente-mente, è stato messo in luce, al di sotto della superficie, un deposito co-stituito da uno strato biancastro di natura limosa, denominato US 4 che asua volta copriva un altro livello, l’US 5, di matrice simile: in entrambi,ma in particolare nell’US 5, sono stati rinvenuti numerosi resti di faunapleistocenica (fig. 3A). Si tratta di ossa non in connessione, riferibili inparticolare, come si vedrà nel dettaglio in seguito, a più di un esemplaredi ippopotamo. Oltre alle ossa, si notano alcune pietre piatte, di medie egrandi dimensioni con angoli smussati ed un numero rilevante di piccoliciottoli di forma subarrotondata e appiattita, probabilmente a causa diun’intensa e continua azione di fluitazione. Il deposito sembra proseguireal di sotto uno strato sterile di colore rossastro (US 3), coperto a sua voltada una crosta calcarea piuttosto compatta (US 2), asportata da rimaneg-giamenti recenti in alcuni punti, ma ancora presente in tutta l’area sud-occidentale della grotta. Il livello inferiore che contiene i resti di fauna(US 5) poggia al di sopra di uno strato molto compatto (US 6), formatosiprobabilmente per deposito di particelle calcaree ad opera dell’acqua(sottoforma di stillicidio), il quale si estende verso S, in prossimità dellaparete di fondo. In prossimità di quest’area (settori F6, G6) (fig. 2) ed inaltre zone all’interno della grotta (in particolare nell’area orientale), tale

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strato sembra essere stato asportato parzialmente da tagli moderni chehanno permesso di mettere in luce, immediatamente al di sotto di esso,altri resti di fauna (US 7) (fig. 3B) anche in questo caso riferibili ad esem-plari di ippopotamo.

In associazione con i resti di fauna, in particolare quelli rinvenuti nellazona centro-occidentale (settore I9), sono state rinvenute alcune scheggedi selce di piccole dimensioni insieme ad alcuni manufatti litici che po-trebbero attestare una frequentazione umana molto antica della grotta.

Fig. 3 - Grotta Emiliana: A) Planimetria dei settori di scavo I9, I10, L9, L10; B) Planimetria dei settori di scavo F6, G6.

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L’INDUSTRIA LITICA

L’industria litica raccolta durante lo scavo ammonta a 43 manufatti,per lo più con patine e tracce di fluitazione da leggera a forte e nella loroquasi totalità frammentari (86%). Queste caratteristiche confermano laricostruzione degli episodi di formazione del deposito e rendono plausi-bile l’ipotesi di un rimaneggiamento dei materiali provenienti da livellidifferenti (vedi infra S. Chilardi). La composizione tipologica (tab. I) in-dica la presenza di tipi (grattatoi, lame e lamelle a dorso, lame e lamelle)inquadrabili nel Paleolitico superiore (fig. 4.1-2). Pochi pezzi tuttavia po-trebbero supportare l’ipotesi di un’attribuzione al Paleolitico inferiore omedio. Si tratta di 3 beccucci su ciottoli di calcare selcioso (fig. 4.4-6), unprobabile nucleo da schegge su ciottolo di calcare selcioso, molto fluitato(misure: lungh. 44,5 mm, largh. 21 mm, spess. 12,5 mm) e di un fram-mento di scheggia pseudo-Levallois, con tallone liscio, in selce (fig. 4.3).Questa piccola serie di manufatti proviene dalle unità stratigrafiche checontengono i resti di ippopotamo, ed infatti due dei ciottoli trasformati inbeccuccio mostrano concrezioni biancastre assai simili a quelle riscontra-te sui resti di ippopotamo. La formula dubitativa per quanto riguardal’attribuzione di questi pochi pezzi è dovuta a vari elementi che induconoad una certa cautela: 1. La necessità di approfondire lo studio del conte-sto stratigrafico che, come si evince dalla ricostruzione effettuata da S.Chilardi, è molto articolato; 2. La scarsità numerica dei manufatti chenon consente di avere a disposizione una gamma tecno-tipologica su cuiragionare per costruire delle ipotesi interpretative; 3. La necessità di ac-certare la provenienza dei ciottoletti di calcare selcioso usati come sup-porto per i tre beccucci; 4. Il fatto che i tre beccucci siano poco elaboratidal punto di vista tecnico. Sono infatti caratterizzati da due, al massimotre scheggiature convergenti cosicché, pur potendo rientrare nella catego-ria di manufatti del Paleolitico inferiore o medio, non sono particolar-mente diagnostici come potrebbero esserlo dei choppers o dei chopping-tools ad es.; 5. Il frammento di scheggia classificato come pseudo-Leval-lois induce a considerare due possibilità di classificazione/attribuzione inalternativa: a. per l’attribuzione non è del tutto da scartare l’ipotesi di unmanufatto di epoca tarda, se si prende in considerazione la possibilità chetecniche di scheggiatura di tipo “musteroide” siano adottate anche nelTardoglaciale/Olocene (Escalon De Fonton 1953); b. potrebbe essereidentificato invece che come pseudo-Levallois, derivante da un nucleo di-scoidale, come il prodotto di una tecnica di scheggiatura bipolare, che,per quanto attestata già nel Paleolitico inferiore (vedi ad es. Isernia: Cro-vetto et alii 1994), non è automaticamente da considerare un elemento

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diagnostico dal punto di vista cronologico; 6. La mancanza di confrontiproponibili non solo per tutto quanto già esposto ma anche perché atutt’oggi non vi sono, nel territorio siciliano, dei contesti di riferimentoben datati (Mussi 2001; Palma di Cesnola 1996; Piperno 1997; Zampettiet alii 2000).

Fig. 4 - Grotta Emiliana: 1) Denticolato su scheggia dall’US 4 (settore I9); 2) Frammento di grattatoio dall’US 4 (settore I9); 3) Frammento discheggia pseudo-Levallois dall’US 7 (settore G6); 4-6) Manufatti supiccoli ciottoli dall’US 5 (settore I9).

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Tab. I - Grotta Emiliana: industria litica (scavi 2004).

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TIPOLOGIA RIT. I9 US4 I9 US5 G6 US7 G7 US7 TOTALE

Fr. di Grattatoio 3 2 5

Fr. di Punteruolo 1 1 2

Fr. di Lama a dorso 1 1

Fr. di Lamella a dorso 1 1

Fr. di Intaccatura 1 1

Fr. di Denticolato 1 1

Troncatura 1 1

Fr. di manufatto ritoccato 2 2 4

Becco su ciottolo 3 3

TOTALE 9 7 1 2 19

TIPOLOGIA “SCARTI” I9 US4 I9 US5 G6 US7 G7 US7 TOTALE

Nucleo su ciottolo 1? 1

Fr. di Lama 2 2

Fr. di Lamella 3 1 4

Fr. di Lamella corticata 1 1

Fr. di Scheggia 21pseudo-

Levall. 3

Scheggia corticata 1 1 2

Fr. indeterminato 9 9

Chip 1 1 2

TOTALE 3 17 4 24

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LA FAUNA

I reperti esaminati provengono dalle UUSS 4, 5, 7 e dall’US 18, 16 e23.

Tutta la fauna determinata (meno di una quarantina di reperti), cherappresenta solo una parte di quella messa in luce nel corso dello scavo, èascrivibile all’ippopotamo, ad eccezione di un probabile tarsale d’elefanteinglobato quasi completamente in un blocco concrezionato di sedimentoproveniente dall’US 23 e di un frammento distale di tarso-metatarso sini-stro di uccello proveniente dall’US 4. Molti i denti, tra cui tre frammentidi canino inferiore: due provenienti dall’US 5, uno dall’US 4. Entrambi iframmenti dell’US 5 presentano margini arrotondati, indicando comeconseguenza di una fluitazione più o meno prolungata.

Anche se il numero dei reperti esaminati è molto esiguo, l’associazionefaunistica appare inquadrabile all’interno del cosiddetto complesso adElephas mnaidriensis ed Hippopotamus pentlandi, secondo alcuni autoricollocabile cronologicamente tra lo stadio 8 e lo stadio 4 (Di Maggio etalii 1999). Ad Acquedolci gli ippopotami sono presenti in alcuni livelliposteriori all’Eutirreniano (Bonfiglio 1992, 1997) ed a Capo Tindari(Grotta di Fata Donavilla) essi sono associati a un cervide di taglia relati-vamente ridotta ed a Ursus sp. (Casentino e Gliozzi 1988; Gliozzi e Mala-testa 1984). Anche a Carburangeli sembra verificarsi la medesima situa-zione con l’ippopotamo associato a Crocuta, lupo, cervidi e cinghiale(Zampetti et alii 2000).

LA GENESI DELLA CAVITÀ E DEL DEPOSITO

Raymond Vaufrey tracciò un profilo altimetrico dell’area ove è situatala cavità, individuando quattro piattaforme d’abrasione marina poste allaquota di 135, 90, 55 e 15 m sul livello del mare ed assegnando grottaEmiliana alla spianata da lui individuata a quota 55 (Vaufrey 1929).

La presenza di numerose grotte in corrispondenza delle fasce altimetri-che individuate, nonché i solchi di battente ed i numerosi fori di litodomiancora oggi ben visibili convinsero Vaufrey del fatto che il mare avessegiocato un ruolo di primo piano nella genesi delle cavità. Riteniamo dipoter essere d’accordo con tale ipotesi, sicché le cavità (tra cui GrottaEmiliana) avrebbero origine mista marino-carsica: in pratica l’azione delmare ha agito allargando e rimodellando fessure o comunque piccole ca-vità legate al reticolo idrografico sotterraneo. Tuttavia, almeno per quan-to è visibile ancora oggi all’interno di grotta Emiliana, tale azione di rimo-

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dellamento è stata piuttosto complessa ed articolata. Al tempo di DallaRosa, secondo quanto riferisce Vaufrey (1929), era visibile sulla parete difondo un’importante breccia ossifera dello spessore di un metro e mezzoca., un tempo estesa probabilmente a tutta la grotta. Sempre secondoDalla Rosa essa si divideva in due intervalli:

1) Un livello superiore con ossa, carboni, cenere, selci, scarti di cucinae conchiglie che gli davano l’aspetto di un kjokkenmodding (termine te-stuale), con (perfino) un po’ di ceramica ed un disco di materiale fittile.Le conchiglie erano soprattutto Patelle, mentre la fauna descritta è quellatipica del Tardoglaciale della Sicilia: Uro, Cervo, cinghiale ed Equus pro-babilmente idruntino.

2) Un livello inferiore molto duro e concrezionato da cui recuperò sol-tanto dei frammenti di una zanna d’elefante. Nessuna traccia di industrialitica.

Lembi di deposito, vagamente somigliante a quello descritto dal DallaRosa, sono ancora oggi visibili lungo le pareti di fondo della grotta: esistepersino un livello discontinuo caratterizzato da un’alta concentrazione dimolluschi (prevalentemente gasteropodi), tuttavia la stratigrafia appareben più articolata. Esistono inoltre alcuni lembi di un pavimento stalag-mitico sospeso a poco più di 2 m di altezza rispetto all’attuale piano dicalpestio, pavimento al di sotto del quale sono visibili depositi a terra ros-sa concrezionati inglobanti piccoli frammenti ossei di colore biancastro.Questo modello stratigrafico sembra avere molti punti di contatto conquanto documentato in numerose cavità della Sicilia sud orientale (Mar-ziano e Chilardi 2005).

Come abbiamo già descritto, le Unità Stratigrafiche contenenti la fau-na a pachidermi sono ricoperte da un livello fortemente concrezionatoche, sebbene non esplorato in modo estensivo, potrebbe essere un secon-do pavimento stalagmitico che sigilla i terreni precedenti la serie stratigra-fica tardiglaciale.

D’Angelo e Vernuccio (1996), descrivono i terrazzi marini dell’estre-mità occidentale della Sicilia, individuando nell’area compresa tra Trapa-ni e Mazara del Vallo il Grande Terrazzo Superiore tra 140 e 160 m diquota ed altri sette ordini di terrazzi alle quote di 100, 75, 50, 30, 20, 10 e3 m sul livello del mare. Anche se l’area di nostro interesse è situata più asettentrione, non si può non notare una certa corrispondenza tra le quotedelle piattaforme d’abrasione segnalate da Vaufrey e di alcuni dei terrazzicitati. In un lavoro successivo (D’Angelo et alii 2001) è stata individuatauna serie di otto terrazzi anche lungo la costa meridionale della Sicilia(tra Torretta Granitola e Capo Passero): il GTS (Grande Terrazzo Supe-riore) con orli compresi tra 115 e 214 m, ed altri sette ordini di terrazzi

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(90-114; 70-88; 55-69; 25-53; 23-24; 9-10 ed il deposito tirreniano quasi allivello del mare), correlati cronologicamente agli stadi isotopici 15, 13,11c, 11a, 9, 7, 5c. Ciò che colpisce è la possibile correlazione esistente trail terrazzo di quota 55-69 m e la posizione altimetrica di Grotta Emiliana.Nel corso dello stesso lavoro, gli autori sottolineano l’importanza dellepiccole oscillazioni interne ai singoli stadi nei processi erosivi e deposizio-nali legati alle variazioni del livello del mare.

Alla luce di tutto ciò sembra corretto collocare la formazione della ca-vità nel corso dello stadio 11 (meglio, sottostadio 11c), cui segue la for-mazione del deposito continentale a terra rossa ed ossa minute sottostan-te il pavimento stalagmitico sospeso e, in fase umida con stillicidio ab-bondante, del pavimento stesso. Una nuova fase erosiva si innesta sullaprecedente nel corso del sottostadio 11a: il deposito continentale vieneeroso e la cavità stessa rimodellata; è appunto lo stesso meccanismo pro-posto per le grotte costiere della Sicilia sud-orientale (Marziano e Chilar-di 2005). La successiva regressione (ed anche il progressivo innalzamentodel blocco di calcare) riportano condizioni continentali stabili: il reticoloidrografico sotterraneo si imposta e interviene nei meccanismi di rimodel-lamento della cavità. È difficile attribuire con certezza ad uno stadio iso-topico ben definito i livelli a pachidermi riportati alla luce nel corso delloscavo. Considerazioni di ordine faunistico-ecologico (ippopotami abbon-danti) e sedimentologico-stratigrafico farebbero propendere per una fasea clima caldo e piuttosto umido (penultimo interglaciale? uno dei picchidello stadio 5?) come sembrano dimostrare i ciottoli subarrotondatiframmisti alla fauna e le condizioni stesse di alcuni reperti dalle superficichiaramente fluitate. Ciò fa pensare ad un vero e proprio ruscellamento,forse in parte responsabile della genesi del deposito. Una contrazionedelle acque circolanti trasformerà poi il ruscellamento in stillicidio con laformazione del crostone stalagmitico rappresentato dalla US2. Su questolivello si imposta,come abbiamo già visto, il resto della serie stratigrafica, icui livelli più recenti (Pleniglaciale con le sue oscillazioni interne, tardo-glaciali, ma anche olocenici?) furono scavati da Dalla Rosa.

Diventa quindi fondamentale il ruolo dell’US2: la sua continuità ed in-tegrità equivarrebbero ad una esclusione di possibili commistioni tra fau-na a pachidermi ed industrie litiche meno antiche, ma non sembra questoil nostro caso. Nelle aree esplorate la US2 non copriva più (a causa di fe-nomeni erosivi anche dovuti all’antropizzazione della cavità) le UU. SS. 4,5 e 7, per cui risulta difficile dimostrare che non vi siano stati episodi dirimaneggiamento che potrebbero avere determinato l’associazione quiesaminata.

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286 S. CHILARDI - A. DE DOMINICIS - D. ZAMPETTI

Cosa ci dicono le ossa?

In una simile situazione, si è comunque cercato di verificare se fosseropresenti sulle ossa fossili recuperate nel corso dello scavo, elementi utili aprovare che tale associazione non sia frutto di fenomeni postdeposiziona-li. L’esame dei reperti osteologici non ha però prodotto prove decisive inalcun senso. Le superfici ossee sono state esaminate nel tentativo di rile-vare l’eventuale presenza di tracce imputabili all’azione dell’uomo e con-nesse con il depezzamento o la scarnificazione dell’animale. Purtropponessun punto d’impatto che facesse pensare ad una frammentazione vo-lontaria (volta sia alla ripartizione della carcassa, sia all’estrazione del mi-dollo) è stata osservata: le diafisi delle ossa lunghe appaiono generalmen-te integre o, comunque, in buone condizioni, con l’intera circonferenzaben conservata. Anche l’osservazione compiuta alla ricerca di cutmarksnon ha dato alcun esito: in due casi (un frammento di costa provenientedalla US 7, settore G6 ed un frammento del terzo prossimale di un femo-re di ippopotamo dalla US 5, settore I) erano presenti strie dall’andamen-to subrettilineo, la cui posizione appariva compatibile con una ipoteticaazione di scarnificazione e/o deprezzamento. Tuttavia le osservazionicompiute al microscopio ottico binoculare ed ancor più al SEM, hannomesso in evidenza famiglie di strie disordinate da abrasione superficialeprima invisibili ad occhio nudo e margini dei due solchi oggetto dello stu-dio irregolari, fondo del solco non ben leggibile per forma e caratteristi-che di dettagli. Anche le tracce di apparente combustione subita da alcu-ni resti non costituiscono una prova certa in favore di una presenza uma-na insieme agli ippopotami: la grotta è stata utilizzata per la produzionedi calce e vasti fuochi vi sono stati accesi, talvolta a contatto con lembi af-fioranti delle US da noi esaminate.

S. C.

Si desidera ringraziare: il prof. S. Tusa per aver richiesto il nostro intervento; laSoprintendenza dei BB.CC.AA. di Trapani per aver concesso il permesso di studiarei materiali; il prof. A. Cazzella dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Romaper i preziosi consigli; la dott.ssa M. Fiore per aver offerto il suo contributo ad un’a-nalisi preliminare dei resti faunistici ed il dott. E. Cancellieri per aver collaboratoad un primo studio dei reperti litici.

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LA FREQUENTAZIONE PREISTORICA DI GROTTA EMILIANA 287

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

BONFIGLIO L. 1997, Il deposito lacustre a ippopotami di Acquedolci (Messina), inPrima Sicilia, pp. 72-75.

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RIASSUNTO. - LA FREQUENTAZIONE PREISTORICA DI GROTTA EMILIANA (ERI-CE, TP). - Gli autori presentano i risultati di una campagna di indagini archeolo-giche svolta a Grotta Emiliana, situata nel territorio del comune di Erice (Trapa-ni), in cui sono stati rinvenuti livelli contenenti sia resti di fauna pleistocenica, at-tribuibili ad esemplari di ippopotamo, che manufatti in selce frammentati e flui-tati. Il deposito a pachidermi sembrerebbe essersi generato per azioni di ruscella-mento: ciò renderebbe problematica una attribuzione cronologica sicura dei ma-teriali litici, che tuttavia sembrerebbero riferibili anche a fasi antiche del Paleoli-tico.

SUMMARY. - THE PREHISTORIC OCCUPATION OF GROTTA EMILIANA (ERICE,TP). - The Authors present the results of the archaeological researches held inGrotta Emiliana, in the area of Erice (Trapani), where levels containing remainsof Pleistocene fauna belonging to hippos, together with fragmented and floatedstone tools have been found out. The pachyderm deposit seems to be the resultof run-off actions: this hypothesis would make doubtful the chronological datingof the stone tools; however it seems also possible to date them to early phases ofthe Palaeolithic period.

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