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NOTIZIE ARCHEOLOGICHE BERGOMENSI 22 2014 Comune di Bergamo

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NOTIZIEARCHEOLOGICHE

BERGOMENSI

222014

Comune di Bergamo

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Periodico di Archeologia del Civico Museo Archeologico di Bergamofondato da Stefania Casini

I testi sono stati tutti sottoposti a revisione paritaria.La responsabilità di quanto riportato nel testo, nonché di eventuali errori e omissioni,rimane esclusivamente degli Autori.

Autorizzazione del Tribunale di Bergamo, n. 32 del 27.11.1993

Direttore responsabile: Stefania Casini

Tutti i diritti riservati Comune di Bergamo, Museo Archeologico

Sede: Civico Museo Archeologico di Bergamo, piazza Cittadella 9, 24129 BergamoProprietà: Comune di BergamoStampato da: Grafo s.r.l., Palazzago, Bergamo - dicembre 2014

In prima di copertina:Frammento di kylix attica dallo scavo di via Solata a Bergamo, V secolo a.C.(per gentile concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia)

ISSN: 1127-2155

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SOMMARIO

La culture de Lagozza: attributs et assemblages céramiques entre le milieudu Ve et le milieu du IVe millénaire en Italie centre-septentrionaleMaria A. Borrello p. 5

Selezione del litotipo e ricerca di effetto cromatico nell’età del Rame:il caso del monolito Anvòia 14 (Ossimo, Valcamonica)Alessandro Danesi - Domenico Poggi - Francesco Fedele » 31

Archeologia preistorica della valle di Lòzio (Valcamonica).Primo contributoFrancesco Fedele - Angelo E. Fossati - Angelo Giorgi

» 45I rapporti di Chiavari con la cultura di GolaseccaRaffaele C. de Marinis » 95

Frammenti di ceramica attica da Bergamo. Un contributo alla diffusionedella ceramica Saint-Valentin e degli skyphoi con civettaFrancesco Muscolino » 123

Analisi di una tecnica edilizia in terra cruda nell’insediamentoetrusco-padano del Forcello di Bagnolo San Vito (Mantova)Enrico Croce - Silvia Amicone - Lorenzo Castellano - Giovanni Vezzoli » 137

Coccaglio (Brescia) 1970. La necropoliFrancesca Roncoroni » 161

Nuove iscrizioni in alfabeto di Lugano sul masso Camisana 1di Carona (Bergamo)Stefania Casini - Angelo E. Fossati - Filippo Motta » 179

Nuove considerazioni sul ritrovamento longobardodi Campo Martino Corto (Zanica, Bergamo)Lorenzo Mascheretti » 205

Da Belloveso alla Ca’ dell’Inferno.Contributo alla storia della metallurgia milaneseMarco Tizzoni » 219

Le torri di Grone (Bergamo): analisi stratigrafica di architetture fortificateFederica Matteoni » 281

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Notizie Archeologiche Bergomensi, 22, 2014, pp. 45-94ISSN: 1127-2155

Archeologia preistorica della valle di Lòzio (Valcamonica)Primo contributo

Francesco Fedele - Angelo E. Fossati - Angelo Giorgi

Lineamenti della valle di Lòzio

La valle di Lòzio1 consta del bacino del torrente Lànico ed è una diramazione occidentale dellaValcamonica, alla cerniera tra la bassa e la media valle, secondo le suddivisioni comunementeammesse2. Nel dialetto, come nei documenti di età premoderna, Lòzio e Lànico sono,rispettivamente, Làuze, con z sorda (Làutse), e Lànec 3. La valle è inserita tra il gruppo montuosocalcareo della Concarena a nord, culminante a m 2549, e l’altopiano di Borno a sud, con quote dim 1743 alla culminazione del monte Mignone e di m 1109 alla sella della Croce di Salven4. Ilcosiddetto altopiano di Borno è in realtà una lunga insellatura posta tra il solco della Valcamonicae quello della val di Scalve, due bacini idrografici sostanzialmente distinti. A ovest, la valle di Lòzioha appunto testata verso la valle di Scalve, dalla cui porzione superiore la separa una cresta montuosasui 2000-2500 m, anch’essa largamente calcarea (fig. 1)5.

Tipica valle laterale pensile, di modellamento fluviale sovrimposto a quello glaciale, la valle diLòzio presenta un profilo longitudinale contraddistinto da un gradino principale molto marcato.Da monte a valle, il profilo può essere descritto come segue:

- il torrente Lànico riceve alimentazione da un ampio ventaglio idrografico di testata,convergente su un apice posto presso il Ponte del Ferro (m 1030);

- successivamente percorre un tratto suborizzontale di circa 2,7 km fino al piede del terrazzodi Camerata, cuneo di confluenza con un ripido tributario di sinistra, dove ha il talweg a circa m700; qui è il gradino principale (un gradino minore si trova ca. 500 m a valle, tra Pianezza e Pòia);

- sotto Camerata il Lànico piomba nel lungo tratto incassato che costituisce la maggior partedel suo corso, qua e là con carattere di forra, fin presso Malegno; questo solco profondamenteinciso è orientato complessivamente nord-sud ed è lungo circa 4 km;

- dopo ca. 700 m di percorso suborizzontale, ha luogo lo sbocco nell’Oglio in frazione Lànicodi Malegno, alla quota di m 280.

Interessa fin d’ora notare che il terrazzo di Camerata, dominante da vicino il punto di avvio del solcofluviale profondamente incassato, ospita uno dei siti preistorici esaminati nel seguito. Va pure notatoche a Camerata si concentrano, in breve tratto, il principale gradino longitudinale della valle, la confluenzapiù rilevante e più incisa, e il primo punto in cui il Lànico è traversabile, procedendo verso monte.

1) Questo articolo è il risultato di una serie di attenzioniindividuali dei coautori nell’arco degli scorsi vent’anni. A iniziaredal 1995 esse si sono sviluppate in modo intermittente in ricerchemirate, con varia partecipazione degli autori secondo quantoindicato alle rispettive sezioni. L’articolo è stato proposto eredatto dal primo autore sulla base di un canovaccio dell’inverno2010-11; i contenuti sono condivisi.

2) FEDELE 1982, pp. 108-110, fig. 19.

3) Làuze compare in una bolla di papa Callisto II al monastero diSanta Eufemia di Brescia del 1123. Lànec – con c gutturale – è una

formazione onomastica di diffusione camuna, come per esempiosuggeriscono gli analoghi toponimi Rànec (dialettale, ma Brès nellecarte correnti, a est di Croce di Salven sull’altopiano di Borno) eGiànec, oggi Giànico, nella bassa Valcamonica. Si ringrazia il prof.Stefano Poni per le cortesi informazioni.

4) In questo articolo i dati altimetrici sono desunti dalla CartaTecnica Regionale della Lombardia 1:10 000.

5) Sul crinale montuoso tra le valli di Lòzio e di Scalve, e suipresumibili rappor ti inter vallivi in età del Rame, v.specificamente FEDELE 2014, p. 44 e nota 29.

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Il fianco settentrionale della valle di Lòzio si fonde con il gruppo della Concarena ed èspiccatamente montuoso. L’insediamento di età storica si è scaglionato sul fianco abbarbicandosiperlopiù ai ripianetti orografici, reso arduo dalla forma fisica del terreno ma favorito dalla eccellenteesposizione (abitati di Sucinva, Làveno/Làen e Sommaprada, da m 830 a 1050 circa). Il fiancomeridionale della valle è invece adiacente all’altopiano di Borno. Qui in realtà esso possiede caratteredi altopiano soltanto in basso, verso est e sudest, mentre verso l’alto e verso ovest acquista caratteremontuoso e s’impenna via via nel Corno della Luna (Còren de la lüna, m 1501), nel citato monteMignone e nel monte Arano (Mut de ré, m 1937).

Nei riguardi dell’altopiano di Borno la valle di Lòzio è una entità fisiografica e topograficacompletamente distinta6. Lo si sottolinea in quanto, specialmente nella letteratura archeologica(quella d’epoca come – paradossalmente – quella recente), Lòzio e altopiano sono stati abitualmenteconfusi7. D’altra parte, il raccordo tra la valle di Lòzio e l’altopiano è nello stesso tempo aspro eagevole, a seconda del tratto che si considera, come deriva dai cenni geografici forniti più sopra.Una relativa facilità di collegamento a piedi si può osservare nel terzo inferiore della valle, tra ilciglione della forra del Lànico e il margine elevato e sfrangiato – ma non rupestre – dell’altopiano.Sull’altopiano è questa la fascia di Pat-Asinino (Pat, Asní ), o distretto dell’Inferno, in sensoarcheologico, denominazione da tempo avanzata in funzione della rilevanza in età preistorica8. Ilcollegamento valle-altopiano è invece difficile o proibitivo in corrispondenza del rilievo montuosodi Corno della Luna-Mignone-Arano.

Queste osservazioni circa il collegamento a piedi si applicano con ogni probabilità alle condizionipreistoriche che hanno interesse nell’ambito del presente articolo, il quale verte su siti dell’età del Rame(fine 4°-3° millennio a.C.), come si presenta nel seguito. Salvo eccezioni, va ovviamente dimenticata lasentieristica attuale, che non è buona guida nella ricostruzione della percorribilità preistorica, almenoavanti l’età del Ferro e la romanizzazione. Ma va altresì dimenticata, sebbene non sia facile, la stessanozione geografica intuitivamente imposta dalla nostra cultura attuale e recente.

Ogni fase culturale della preistoria ha posseduto una geografia culturale sua propria, e più inparticolare una sua geografia sociale, o comunque è buon principio euristico quello di assumereche sia stato così. Esistono differenti geografie di cui tenere conto, quella nostra attuale e quelledelle successive società preistoriche: e se tutte forniscono informazione utile, a seconda del problemaallo studio, esse non vanno fra loro confuse. Il problema esula dai limiti del presente articolo, main quest’ottica è immediato constatare come la valle di Lòzio sia stata finora banalizzata, perriprendere la constatazione accennata in un precedente lavoro9.

F.F.

Storia delle ricerche e finalità dell’articolo

Fino a oggi la valle di Lòzio non ha avuto parte alcuna nell’archeologia preistorica dellaValcamonica, se non per i monoliti di età del Rame di “Bagnolo” (qui di seguito Ceresolo, dovenon occorra mantenere il precedente nome per ragioni storiche)10. Ma è sintomatico del disinteresse

6) FEDELE 2011, p. 81.

7) Spiace di avere contribuito al consolidamento di questanozione fallace allorché, nel 1988-89, tracciando una primaCarta dei siti preistorici dell’altopiano, si incluse in essa il sito diCeresolo (FEDELE 1990-b, p. 193). Si torna sull’argomentonella successiva sezione dedicata a questo sito.

8) FEDELE 1990-a, p. 185, figg. 162-163 (prima individuazione);FEDELE 1990-c, pp. 197-200 (descrizione); FEDELE 2007-a,p. 49, fig. 1 (proposta del nome, desunto dal vallone dell’Infernoche delimita la zona a N e che è chiamato così da diversi secoli;sul toponimo e sul corso d’acqua cfr. la sezione Ceresolo e Bagnolo:toponomastica storica). Come pone in evidenza la fig. 1, il distrettoarcheologico dell’Inferno è soltanto una parte del settore NEdell’altopiano, una entità altimetrico-morfologica distinta, che dal puntodi vista idrografico appartiene al bacino imbrifero del Lànico. Èquesta combinazione di separatezza e di articolazioni a rendere

peculiare l’altopiano nordorientale, con presumibili, importantiimplicazioni per la preistoria.

9) FEDELE 2011, p. 81 (con l’ulteriore affermazione che moltoancora sfugge del ciclo ideologico, o dell’età del Rame centroalpina nell’insieme,a causa non soltanto della documentazione archeologica lacunosa e difforme,ma anche dei probabili preconcetti nella sua lettura geografica). Nel casodelle società preistoriche su cui verte il presente articolo,comprendere le nozioni di spazio e di territorio impone ilconfrontarsi con una geografia sociale neo-calcolitica [...] completamentediversa dalla nostra recente (FEDELE 2014, pp. 43, 45-46).

10) La valle di Lòzio, identificata con il comune omonimo, è quasiassente dalla Carta archeologica della Lombardia, che registra soltantole tombe romane e altomedievali di Santa Cristina e strutture diepoca incerta a Villa (ROSSI 1991, p. 133; identicamente, con piùaccurata trattazione, in ABELLI CONDINA 1986). La valle risultapriva di preistoria essendo Ceresolo elencata sotto Malegno.

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Fig. 1: Carta della valle di Lòzio e sua posizione nella Valcamonica. Sono indicati i siti archeologici e i principalielementi geografici di cui si tratta nell’articolo. In grigio scuro l’altopiano di Borno; in grigio chiaro il settore NE

dell’altopiano, appartenente in senso idrografico al bacino del Lànico (dis. F. Fedele).

per la valle come entità a sé stante che questa stessa località, nelle numerose pubblicazioni, sia stataregolarmente e acriticamente annessa a Malegno, un mero accidente amministrativo11, oppure al

11) La zona è in comune di Malegno, ma continuare a notareche Ceresolo/“Bagnolo” sta presso Malegno vuol diresottolineare un fatto sviante, ai fini della geografia preistorica(accennato poco sopra). A malintesi del genere – qui allo

snaturamento dell’identità geografica di Ceresolo – hapoderosamente contribuito il fatto che le carte archeologicheesistenti sono organizzate su base comunale (ABELLICONDINA 1986; ROSSI 1991).

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vallone dell’Inferno, enfatizzato questo per il solo fatto di discendere dall’altopiano di Borno12. Lanozione intuitiva è stata a lungo quella di avvicinare la località ai siti a monoliti dell’altopiano,facendone un tutt’uno: tipica concezione cartacea e da tavolino, come se la disparità geografico-fisica e i dislivelli altimetrici non contassero. Lo stesso torrente Lànico, un asse idrografico dalpiccolo ma significativo bacino, non ha generalmente ricevuto attenzione, fino al punto di nonessere talvolta nominato nemmeno.

Ceresolo, come primo capitolo della riscoperta archeologica della valle, è altresì la prima dellelocalità alle quali è dedicato l’articolo. Da un lato, si tratta dell’unico sito preistorico finoraeffettivamente comparso in letteratura, e nella presente sezione si riassumono le notiziefondamentali di storia delle ricerche, dalle quali non si può prescindere. D’altro canto, ciò che èstato pubblicato su Ceresolo verte quasi esclusivamente sui monoliti ivi trovati, cioè sui due repertimacroscopici noti, mentre l’oggetto principale delle ricerche presentate in questo articolo è il sito:ossia comprendere il luogo dei rinvenimenti inserendolo nel suo contesto. Ciò vale altresì per laseconda principale località illustrata nell’articolo, Mulini di Camerata.

Uno degli strumenti per farlo è l’ispezione diretta della zona e del luogo, reiterata e a piedi,improntata a una lettura geomorfologica e naturalistica dell’ambiente fisico e del paesaggio sensibile.Tale ispezione è opportuno comprenda osservazioni sulla visibilità attiva e passiva, cioè dal luogoe del luogo, se necessario quantificate, inclusa l’eventuale intervisibilità con siti non troppo lontanidi pari età archeologica. Questo modo di procedere si applica a ogni sito e contesto. Le caratteristichedi visibilità attiva e passiva acquistano anche maggiore importanza per i siti di montagna, e forse

12) Bagnolo, nella Val d’Inferno: ANATI 1964-b, p. 13; ANATI1973, p. 229.

Fig. 2: L’area di Ceresolo nel suo contesto. Sono indicati gli elementi topografici e geomorfologici di cui si trattanell’articolo. In basso il margine del settore NE dell’altopiano di Borno (dis. F. Fedele, desunto con emendamenti

dalla Carta Tecnica Regionale della Lombardia 1:10 000, sezione D4C1).

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è il caso di ricordare che, assai prima dell’avvento di apposite tecnologie informatiche, espliciteconsiderazioni di viewshed e di intervisibilità sono state applicate in alta valle Spluga13.

Nel caso di Ceresolo, si è poi avuta la buona fortuna di rintracciare e di intervistare testimonioculari dei vecchi rinvenimenti, della cui preziosa collaborazione si dà conto nell’articolo. Infine,sempre a Ceresolo, si è ritenuto indispensabile rivolgersi alla toponomastica storica. Non usata inItalia nell’archeologia della preistoria, la toponomastica condotta con criteri professionali è inveceuno strumento essenziale per comprendere il luogo alla scala umana e per esplorarne la percezionenel tempo. Al di là del suo valore informativo in sé14, la si è impiegata sia per dirimere la questione

13) Anzitutto sul Pian dei Cavalli e tra questo e il versante diBorghetto, a quote di 1900-2300 m (Programma Valchiavenna 1986-2000): FEDELE et Al. 1987, pp. 57-65 (F. Fedele); FEDELE-MOTTURA 1988, pp. 11-12; FEDELE 1998, pp. 120-122 ecc.;FEDELE 1999.

Fig. 3: Ceresolo: profili topografici isometrici (dis. F. Fedele). A) Profilo topografico SW-NE attraverso il sitodell’età del Rame, abbracciante il fianco idrografico destro del solco del Lànico. B) Profilo topografico Ceresolo-Pat

lungo la direzione 262°-82°.

14) Ampiamente constatato nelle ricerche di molti annisull’altopiano di Borno: ci si riferisce in particolar modo allericerche toponomastiche e sull’uso culturale del paesaggiosvolte nell’ultimo quindicennio insieme a Stefano Poni.

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del nome del sito, se Bagnolo o Ceresolo, sia perché una peculiare incuria toponomastica –oltreché topografica – ha viziato a lungo la letteratura sulla Valcamonica preistorica15.

A Ceresolo, un monolito preistorico figurato veniva in luce in uno scavo edilizio il 12 luglio1963. Si trattava a quel momento del terzo blocco istoriato del genere in Valcamonica, dopo ilrinvenimento di Borno (1953) e quello di Asinino/Asní in comune di Ossimo (1955), entrambisull’altopiano di Borno. Avvisato da cultori della zona interveniva prontamente E. Anati16, chenon solo attribuiva correttamente il monolito, ma descriveva una sezione stratigrafica riferibile alrinvenimento17 e coglieva l’occasione per delineare una nuova interpretazione generale delle “stele”dell’età del Rame, o statue-menhir18. Un secondo e quasi identico monolito veniva in luce noveanni dopo in analoghe circostanze, a 30 metri di distanza, il 5 (?) luglio 197219. Questa volta loscavo edilizio, finalizzato alla costruzione di una villa, faceva seguito alla demolizione di un’antica

15) FEDELE 2007-b, p. 127, nota 6; FEDELE 2011, p. 81,nota 19.

16) ANATI 1964-a, 1964-b e 1965. Come indicano i titoli diquesti lavori, il ritrovamento è riferito alla località di Bagnolo.Esso fu comunicato il 17 luglio dal Dr G. Castagna, Sindaco diBreno, e dal parroco di Malegno, Rev. don Antonio Medici; il20 questi accompagnò E. e A. Anati a Ceresolo, dove lo scavoedilizio era ancora aperto e dove furono raccolte le informazioniorali giudicate utili. Anati aveva pulito, “trattato” ed esaminatoil monolito a Malegno il 18. Va notato che il nome corretto diuno dei tre scopritori del monolito, insieme a R. Baffelli e a G.

Domenighini, è Giuseppe Favalli, non Favelli come sempreriportato. Come si riferisce più avanti (v. Informazioni orali e Studiodel sito), Baffelli e Favalli hanno un ruolo non trascurabile ai finidella comprensione del sito di Ceresolo.

17) ANATI 1964-a, p. 155 (la redazione più affidabile); FEDELE1990-c, p. 203; FEDELE 2013, p. 185, fig. 7.

18) ANATI 1967.

19) Plausibile questa data, che ANATI (1973, p. 231) riporta nelcontesto di un resoconto apparentemente documentato. La

Fig. 4: Planimetria del sito di Ceresolo nel 1963, al momento della costruzione di casa Baffelli o casa B (per cortesiadi Rino Baffelli e familiari tramite A. Giorgi). La crocetta indica il punto di rinvenimento del monolito Ceresolo 1

secondo Baffelli (cfr. fig. 10, quesito A2); sulla sinistra, circa 30 m a NW di casa B, la cascina 1813 o Ceresola.

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Fig. 5: L’antica cascina Ceresola, con data del 1813 sull’ingresso, fotografata l’11 giugno 1972 appena prima dellademolizione (per cortesia di Rino Baffelli e familiari tramite A. Giorgi).

cascina con data del 1813 sull’ingresso. Ne derivava una nuova e importante pubblicazione in cuientrambi i monoliti di Ceresolo (“Bagnolo”) erano esaminati congiuntamente20.

Ceresolo rimaneva tuttavia un episodio isolato, che non produceva alcun interesse né per lavalle né per un bacino appena più ampio. Soltanto dopo una stasi di ventitré anni prendeva lemosse in valle di Lòzio la serie di ricerche dalle quali trae spunto l’articolo21. L’atto iniziale (1995)era la segnalazione di un masso inciso a Camerata, nella parte centrale della valle, ricoperto difigure geometriche della prima fase della tradizione camuna. Si è in presenza in realtà di duedistinte constatazioni archeologiche, se è vero che uno o due anni prima era stato notato (e difatto taciuto) un frammento di statua-menhir murato nella facciata di una cascina del luogo. Le

prima notizia del rinvenimento parla sveltamente di agosto:ANONIMO (ma E. Anati), Nuova statua-stele a Bagnolo di Malegno,in BCCSP, 10, 1973, pp. 218-220, fig. 75. Ed è datata 11 agosto1972 una nota Sindalo (sic: errore di stampa per Sindaco oppurenome personale?) conservata nell’Archivio topografico dellaSAL, citata in ROSSI 1991, p. 135, voce 963. Quanto alritrovamento, di nuovo ne fece segnalazione il parroco donMedici, insieme ad assessori del Comune di Malegno, il cuisindaco, nell’estate, con il consenso della SAL, provvide altrasporto di entrambi i monoliti di Ceresolo al CCSP a fini distudio.

20) ANATI 1973. Inaffidabile ANATI 1990 su entrambi irinvenimenti. Anche nello scavo edilizio del 1972 E. Anati rilevòuna sezione stratigrafica (cfr. più oltre, Ceresolo: studio del sito), eva a suo merito avere prestato attenzione alla faccia posterioredi Ceresolo 2, sebbene non istoriata (ANATI 1973, fig. 12, Ilretro della stele, lavato e luccicante; ANATI 1976, fig. 9): un tipodi attenzione sistematicamente trascurato da altri studiosi allora

e in seguito. Eccezione recentissima, anche per stimolodello scrivente, è DEFRASNE 2013, pp. 215, 218, figg. 195,200, rispettivamente su Ceresolo 1 e 2. ANATI (1990, p.292) descrive con notazioni suggestive, ma non illustra, lafaccia posteriore di Ceresolo 1, a tutt’oggi non rilevata népubblicata. Nel 1994, allorché furono eseguiti i rilievi perla mostra Le pietre degli dei (Bergamo, 1994), i due monolitierano appoggiati contro il muro nel corridoio di ingressoal CCSP per cui fu impossibile osservare la facciaretrostante di entrambi. Nel 1972-73 E. Anati si affrettò afare un calco di Ceresolo 2 (ANATI 1976, fig. 21) e nellastessa occasione di Ceresolo 1 (notizie orali).

21) Chi scrive aveva svolto ricognizioni in valle di Lòzio acominciare dal 1990, ma finalizzate a questioni geologichedelle ricerche a Ossimo, riguardanti in particolar modo laprovenienza geologica dei blocchi di arenaria che nell’etàdel Rame servirono per statue-menhir (v. oltre, Mulini diCamerata: studio della località).

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ricerche a Camerata si sviluppavano per ispezioni consecutive fino al 1998, sia pure intervallate,sfociando in una relazione per il Comune di Lòzio e in una comunicazione alla Soprintendenzaarcheologica (febbraio 1999).

Come si illustra in una successiva sezione, circostanze diverse impedirono a quella data divarare più approfondite ricerche nella località, idealmente sostenute da scavi. Parve tuttavia doverosointervenire allorché, nell’agosto 2006, A. Giorgi si avvide per caso che il sito di Camerata A erastato radicalmente alterato dalla costruzione di un complesso edilizio, nella totale negligenza dellarelazione che ne aveva segnalato e spiegato il valore archeologico. La presa di posizione nonserviva ad arginare l’esemplare episodio di manipolazione distruttiva, come pure si tratteggia più

Fig. 6: Mappa catastale d’epoca napoleonica Malegno del 1813, n. 278, particolare, ASBS (foto A. Giorgi;autorizzazione alla riproduzione n. 4, prot. 1360/28.34.01.07 [1] del 7.5.2014).

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Fig. 7: Sintesi dei dati utili dagli estimi di Malegno citati nell’articolo, 1592 e 1736-1737 (A. Giorgi).

avanti. La vicenda, un capitolo infausto dell’archeologia camuna, ha indotto a svolgere nuoveosservazioni negli ultimi anni, atte a integrare il preesistente corpo di dati.

Nel frattempo (2001), una inattesa occasione rendeva possibile esaminare ex novo e di primamano il sito di Ceresolo. L’interesse teorico per questo sito era venuto crescendo con il procederedegli scavi e degli studi sui siti a statue-menhir dell’altopiano di Borno, e aveva un parallelo nellericognizioni topografiche, geomorfologiche e toponomastiche finalizzate a comprendere i luoghidi ritrovamento dei monoliti fuori contesto dell’altopiano22. Un riesame complessivo dell’area diCeresolo-Bagnolo è stato condotto tra il 2012 e l’inizio del 2014. Separatamente, nel 1997, AngeloE. Fossati era condotto da Simona Bottichio a vedere Castegno Büso, località al confine comunale diOssimo ma geograficamente sul fianco della valle di Lòzio, in cui egli identificava un sito conmassi evocante Camerata A. Lo studio ne è appena iniziato.

La breve rassegna tracciata non esaurisce necessariamente il panorama preistorico della valle diLòzio, ma si riferisce ai soli risultati delle indagini professionali. Indizi suggestivi da altre localitàmeriterebbero studio sistematico e qualificato, ed esistono nella valle conoscenze e competenzepersonali che non hanno ancora trovato modo di esprimersi nell’ambito di un’archeologia seria.L’esempio forse più ragguardevole è rappresentato dal menhir della Valle delle Streghe, secondo ladenominazione dei cartelli indicatori. Questa pietra piatta arrotondata alta ca. 2,5 m, di un micascistochiaro esotico, giaceva lungo la notevolissima strada che per secoli ha unito le borgate della valle,appena a SE di Villa di Lòzio. Nel 2009 è stata rieretta e appunto valorizzata23. Luogo e pietrasono carichi di suggestione, ed è chiaro che se ne vorrebbe sapere di più, facendo scaturireinformazione con le tecniche idonee.

22) F. Fedele e S. Poni, cfr. nota 14 (pubblicazione in preparazione).

23) Grazie all’iniziativa di A. Priuli, indicato come il rinvenitore

(1994), e soprattutto di Antonio Giorgi, attivo valorizzatoredella cultura locale e più volte Sindaco di Lòzio. Un graziecordiale a questo secondo per le cortesi informazioni.

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Lo scopo di questo articolo emerge da quanto detto. Si desidera fare conoscere in ambitoarcheologico un settore della Valcamonica che, nonostante una storia delle ricerche elementare esaltuaria, già possiede un suo particolare interesse e più promette per il futuro. Non è trascurabileche tale interesse concerna l’età del Rame, e in particolare i siti di tipo ideologico del Rame 1, dettidi massi, e i successivi siti cerimoniali a monoliti della piena età del Rame: ossia una materia dispiccata attualità scientifica e di apprezzabile presa sul pubblico. Il presente lavoro è un primocontributo per rendere note le tappe della ricerca dal 1995 in poi, rimaste fin qui inedite, a partebrevissimi accenni24. Di più non può essere, sia per motivi di spazio, sia e soprattutto perché èprevedibile che indagini di più ampio respiro facciano seguito alle linee qui semplicemente tracciate.

F.F.Ceresolo (già “Bagnolo”)

La località, il nome, il sito: sintesi introduttiva. Le due località adiacenti cui spettano inomi di Ceresolo e di Bagnolo corrispondono a una insenatura sul fianco destro della bassa valledi Lòzio, posta tra la forra del torrente Lànico (talweg a ca. 445 m) e il ripiano che chiamiamo diViolàs25, a 700-740 m di quota (fig. 2). L’insenatura è inclinata, lunga e relativamente stretta. Violàs,Bagnolo e Ceresolo sono da considerare parti di una stessa unità fisiografica, che per brevità siindica qui di seguito come area VBC: un’area suborizzontale di basso versante entro un territoriomontuoso inciso da un profondo solco vallivo. A scala superiore, quest’area è soltanto una sorta diprimo gradino in una scalinata che ha corrispettivi affini a quote più alte sull’altopiano di Borno.

Il ripiano di Violàs si raccorda a sua volta, sopra Ceresolo, al versante acclive e boscosoindicato come Plagne26. Il pendio di Plagne, congiuntamente al gradino che chiude e cinge Violàs,con inclinazione di 45° e più (profilo in fig. 3:B), costituisce il ripido fianco dell’altopiano diBorno, qui rappresentato dal distretto dell’Inferno. Il margine dell’altopiano corre intorno agli800 m di quota (ripiano di Asinino/Asní m 790-810, ripiano di Pat m 800-820). Verso N e NWil limite dell’area VBC è determinato dalla cresta collinare a dosselli che orla in destra il vallonedell’Inferno, discendendo dallo spigolo del ripiano di Pat all’attuale strada provinciale, sopral’incassata confluenza nel Lànico. Il limite SE è l’affine “promontorio” collinare che discende daPlagne, con il dossello quotato 621.

A scala inferiore, Bagnolo e Ceresolo contrassegnano due distinte conche del versante,ovviamente inclinate come il loro insieme, e separate dal cordone di Ceresolo27 (fig. 2). Bagnolocorrisponde alla conca più grande (fig. 2:2), strettamente sottostante a Violàs e aperta e discendentea E-NE. Solcata dal rio di Bagnolo, essa è molto ricca di acque. Ceresolo corrisponde alla concapiù piccola e attualmente arida (fig. 2:1), aperta e discendente a NE, dominante con gradinorelativamente accentuato il solco del Lànico. Il cordone di Ceresolo, al pari della cresta a dosselliin destra dell’Inferno e dell’affine promontorio sotto Plagne, citati poco sopra, può tanto esseremorenico che strutturale, o una combinazione dei due (rilievo roccioso coperto e accentuato damorena; impossibile determinare senza studio se vi sia anche del fluvioglaciale).

La distinzione toponomastica tra Bagnolo e Ceresolo è quindi correlabile con nitidezza allarelativa separazione topografica e morfologica, come si precisa nella successiva sezione. Questo

24) FOSSATI 2007, p.79 (Castegno Büso); FEDELE 2011, pp.81, 86, 87-88; FEDELE 2013, p. 185, nota 19 (Ceresolo); IDEM2014, pp. 43-44, nota 29; IDEM c.s.-a (menzione orale aconvegno del 2004, manoscritto del 2007 con l’Addendum2009); DEFRASNE 2013, pp. 208-222, figg. 193-206 (Ceresoloe Camerata B, con fotografie dei monoliti).

25) Violasso: v. la sezione Ceresolo e Bagnolo: toponomastica storica.Si tratta di un toponimo a sé stante che potrebbe trarreorigine da un nome personale o di famiglia; si conosce unaltro Violàs sotto il monte Negrino (Azzone, Val di Scalve),menzionato in documenti bornesi (S. Poni, comunicazioneorale). In preciso riferimento a questa casa sul fianco destro diVal dell’Inferno, GNAGA (1937, p. 642, forte di un Violassiussulla scorta de Il Du Cange) è incline a individuare

un’etimologia forse da violàsh nel senso di violaceo, per cuipotrebbe essere utile vedere se non vi sia una relazione diqualche specie con arenarie violette (A. Giorgi, in litteris14.5.2014).

26) Così nelle carte correnti, in cui però Plagne potrebbeessere un toponimo dislocato: il nome infatti, da planus,*plania, si dovrebbe riferire a una superficie pianeggiantetra un declivio e un altro, non a un pendio relativamenteacclive. Esso è relativamente diffuso in area camuna.

27) Questo nome e i successivi hanno sola funzionetopografico-geomorfologica e in generale di chiarimento,e sono ideazione dell’autore.

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tipo di correlazione non deve d’altronde stupire, perché è virtualmente universale nella folk toponymy,a sua volta soltanto un aspetto della folk taxonomy uomo-ambiente, ed è appunto da ciò che derival’importanza di prestare attenzione ai nomi tradizionali dei luoghi anche da parte dell’archeologodella preistoria. Per Bagnolo è altresì ammissibile una correlazione idrologica con la presenza diacqua, bagnól avendo il senso di pozza, oltre a quello morfologico di truogolo o conca (v. Ceresoloe Bagnolo: toponomastica storica, nota 41).

Il rio di Bagnolo è l’unico corso d’acqua – si badi – esistente nell’insenatura di Plagne-Violàs,per cui l’associazione del toponimo Bagnolo con la conca solcata dal rio è comprensibile. Si trattadi un rio rumoroso, piccolo ma ripido, dalla buona portata, che in momenti del passato preistoricopuò essere stata più ingente. Il rio è totalmente flesso e incanalato all’incrocio con la strada diCeresolo-Bagnolo28, dove la sua acqua alimenta due vasche; in questo luogo, inoltre, le informazioniorali presentate più avanti registrano una cospicua sorgente29. Il rio convoglia l’acqua del ripianodi Violàs e confluisce nel tratto terminale del torrente dell’Inferno. L’attività erosiva del rio finoall’imbrigliamento recente dev’essere stata asimmetrica: in sinistra, infatti, appena oltre l’incrociocon la strada sterrata, affiora la roccia, che nell’insenatura di Ceresolo-Bagnolo è altrimenti deltutto coperta.

La località di rinvenimento dei monoliti dell’età del Rame recuperati nel 1963 e nel 1972 è

28) Rispetto alla Carta Tecnica Regionale il rio presenta corsomutato: la fig. 2 tiene conto della correzione. Si segnala che la villaF in figura, con viale di accesso, è il palese rifacimento recentedell’antica cascina denominata Bagniolo nei catasti dell’Ottocento(fig. 6).

Fig. 8: I monoliti Ceresolo 1 e 2 (disegno F. Fedele).

29) Evidentemente quella che ricorda con enfasi ANATI(1973, p. 229), in base ad analoga testimonianza: A circaduecento metri, vi è una ricca sorgente dalla quale sgorga acqua che,a dire dei pastori, ha benefiche proprietà salutari.

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quindi distinta da Bagnolo, e a essa spetta il nome di Ceresolo30, relocando marginalmente il nomedi Ceresolo della corrente cartografia. Ciò – si precisa più avanti – sulla scorta della documentazionetoponomastico-catastale anteriore alle diffuse distorsioni del ’900, che mostra l’esistenza di una“contrada” Ceresula nel 16° secolo e di una cascina Ceresola in seguito, questa seconda nel luogo dicui si tratta. Provenendo da Malegno e dall’accesso stradale all’altopiano di Borno, Ceresolo sitrova sulla strada sterrata per Bagnolo, e fu probabilmente ciò a influenzare l’accettazione acriticadel nome Bagnolo in occasione dell’edizione dei monoliti. La strada si diparte dalla rotabileprovinciale e prosegue sul basso fianco vallivo fino a Pile e a Pratolungo (Prat lonc’ ), ricalcando lasecolare mulattiera o carrareccia che il Catasto napoleonico indica come Strada comunale detta diBagnolo (v. oltre)31.

In termini di ubicazione, il ritrovamento dei monoliti preistorici è strettamente associato a duecase che qui si indicano come casa Baffelli e la “casa alta” (ex-Angeloni), siglate rispettivamente –per comodità – B e A (figg. 2 e 4). In realtà il monolito del 1972 era associato all’edificio precursoredella casa A: la cascina “1813” o Ceresola (fig. 5). L’attuale casa A, posta tra l’estremità e il piede delcordone di Ceresolo, si trova in rialzo di alcuni metri rispetto alla casa B, connessa alla scoperta del1963 e situata in fondo conca. Come si è appreso nel 2001 e si è precisato in seguito (v. oltre), illuogo ha restituito tre monoliti, non due32. Il rinvenimento di tre statue-menhir, entro una distanzadi 40 metri, due delle quali perdipiù molto vicine tra loro, rivela a Ceresolo l’esistenza di un sitocerimoniale dell’età del Rame.

È inoltre ammissibile che facessero parte dell’apparato monumentale almeno alcuni dei blocchianepigrafi (non visibilmente istoriati) di cui si è ottenuta notizia. Il cordone e la conca di Ceresolosono apparentemente ricchi di blocchi e massi del tutto idonei a fornire materia per monoliti,arenarie in particolar modo, perdipiù ottenibili quasi sul sito o comunque trasportabili al sito –verso il basso – da breve distanza. Massi di arenarie violette sono stati visti nel 2001 sul cordonedi Ceresolo (non notate incisioni)33. Un rilevamento dettagliato non è stato ancora compiuto. Ci silimita a notare che occasionali blocchi affiorano in vari punti dal battuto della strada di Ceresolo,e che vi sono anche arenarie permiane grigio-violette non dissimili da quelle dei monoliti delsito34. Non è trascurabile che sia di un’arenaria violetto-vivo il grande masso piramidale attualmenteposto all’ingresso della casa A (fig. 13:M; foto in fig. 12, alto). Molto materiale del fondo conca, se nontutto, può essere ricollegato all’azione di un paleo-rio di Ceresolo, tributario forse del rio di Bagnolo35.

Le caratteristiche ricostruibili del sito cerimoniale sono discusse più avanti. Quanto al luogoche lo ospita, esso corrisponde alla base della conca di Ceresolo, laddove essa si esaurisce su unpiccolo ripiano suborizzontale che si indica come ripianetto di Ceresolo (m 575-585)36. E

30) Il nome di Ceresolo per la località archeologica compare inABELLI CONDINA 1986 (p. 49, sito n. 72, Località Ceresolo), laquale si attiene alla carta IGM e risolutamente evita di nominareBagnolo. L’emendamento era adottato dallo scrivente nel volumesull’altopiano di Borno (FEDELE 1990-b, p. 193), e in seguitosistematicamente convalidato e affermato. Completamenteaporica e quindi inservibile, per Ceresolo, la Carta Archeologicadella Lombardia (ROSSI 1991, p. 135), a leggere la quale i duemonoliti sembrano provenire da località diverse (nn. 963 e 964)e il secondo è detto conservato presso il Municipio di Malegno,mentre fin dal 1972 si trovava al CCSP (ANATI 1973, p. 231; laCarta ignora in bibliografia questa pubblicazione fondamentale).

31) L’altra carrareccia antica di questo versante, posta poco al disopra e topograficamente analoga, è ivi indicata come la Stradacomunale detta di Violasso.

32) Menzioni preliminari in FEDELE 2011, p. 86, nota 41;FEDELE 2013, p. 185, nota 19; FEDELE c.s.-a; DEFRASNE2013, pp. 213-214, che include, non accreditate, informazionidello scrivente.

33) Esame 19 agosto 2001. In termini generali, se si tiene contodella topografia e della collocazione nella valle del Lànico, non puòstupire che blocchi di origine morenica e/o fluvioglaciale possanoessere frequenti.

34) L’arenaria dei monoliti è stata descritta di colorenocciola-violaceo o nocciola tout court (ANATI 1973, p. 237;ANATI 1990, pp. 292, 295, 309, 312), o marrone-violaceo(CASINI 1994). Il tipo grigio-violetto, sigla V, è designazionedello scrivente (Litologia 2014, documento d’archivio delProgramma Ossimo, 3.2014, 6 pp.; pubblicazione previstanell’ambito del corpus dei monoliti di Anvòia). Entrambi imonoliti sono massi erratici per E. Anati (ribadito ancorain ANATI 1990, p. 292, dove poi l’autore si lancia a presume[re]che [la pietra] sia stata trasportata [dal]la valle del fiume Dezzo, acirca 10 km di distanza, l’area più vicina [...] dove si trovano massidello stesso tipo). Per quanto detto sopra, si tratta invece diblocchi morenici o fluvioglaciali. Occasionali ciottoli diarenarie della famiglia violetta si notano nelle ghiaie cherivestono la strada sterrata, sicuramente spontanee in toto oin gran parte (fluvioglaciali?; campionature 2012).

35) Queste annotazioni geologiche sono del tutto provvisorie,poiché l’area tra il vallone dell’Inferno e il Lànico non risultaessere mai stata studiata. Le alluvioni del torrente dell’Infernoa Fèit, presso Pat, indagate a più riprese dallo scrivente, mostranocomposizione litologica non dissimile dai clasti della conca diCeresolo.

36) La strada sterrata rotabile può essere quotata in questo punto583 m.

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corrisponde più in dettaglio, con ogni probabilità, al raccordo tra il margine superiore del ripianettoe il piede della conca, alla quota di ca. 585 m. Alla scala del fianco vallivo, il luogo coincide cioècon una lieve flessione in seno a un pendio complessivamente accentuato: si trova alla base di unesteso pendio mediamente acclive, vicino al punto in cui esso si tramuta in un pendio molto acclive,poi addirittura a forra negli ultimi 80 m di dislivello sul fiume (fig. 3:A). L’areola con questecaratteristiche misura non più di m 50×70, ossia è relativamente minuscola37.

Oggi il ripianetto di Ceresolo è occupato da vegetazione fitta e fuori controllo, come altre areeincolte della zona, e anche ciò suggerisce che la costante ambientale dell’area VBC sia stata –almeno nell’Olocene recente – la coltre boschiva. Si può tuttavia arguire che in momenti climaticileggermente aridi siano stati ripianetti del genere a beneficiare di un diradamento del bosco, equindi, insieme alla presumibile attrattiva topografica, a sollecitare l’occupazione, abitativa o cultuale.Una forma affine al ripianetto è il terrazzo D, situato nell’ombelico della conca di Bagnolo (fig. 2:5),dolce, prativo e abbastanza ampio. Viene da domandarsi se non ospiti anch’esso un sito calcoliticoa monoliti. Sia il sito di Ceresolo, sia il terrazzo D, ricordano da taluni punti di vista il sito primariodel Valsèl de Fí sull’altopiano di Borno, se la nostra identificazione è corretta38. Ci si riferiscesoprattutto all’incastro nel versante, all’inserzione topografica e al viewshed. E un’ultima ipotesi:grazie all’acclività modesta, all’esposizione E-NE, e alla disponibilità regolare di acqua giàsicuramente in antico, la conca di Bagnolo si presta ad avere ospitato abitati neo-calcolitici.

F.F.

37) ANATI (1973, p. 229) descrive la località Bagnolo come unastretta terrazza inclinata, una specie di piccolo plateau, di formazionemorenica, ai piedi del Monte Mignone, a circa 625 m. sul livello del mare;nell’articolo 1964-a, p. 155, si parla, più correttamente, di the siteof Bagnolo on a narrow sloping terrace of glacial formation. In ANATI1990 il luogo è diventato un pianoro prominente sul pendio, uno

sperone in falso piano circondato da pendii più ripidi a 700 m di altezza(p. 295), quota che torna a essere 625 m a p. 312. Lo scrivente,curatore del volume, non ritenne di operare editing nonconoscendo il luogo de visu.

38) Cenno in FEDELE 2011, p. 86, nota 41.

Fig. 9: Don Antonio Medici e Rosi Baffelli di fronte al masso Ceresolo 1, luglio 1963 (per cortesia della famigliaBaffelli-Belotti tramite A. Giorgi).

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Ceresolo e Bagnolo: toponomastica storica39. Prima della costruzione dell’attuale stradaprincipale di collegamento tra Malegno e la Valle di Lòzio, che passa sulla mezzacosta destra dellaValle del torrente Lànico, da datare inizialmente tra il 1927 e il 1929 e in seguito ridefinita, ampliatanel tracciato e ammodernata nella struttura dei nuovi ponti, nei primi anni Sessanta del Novecento40,la principale via di collegamento locale era quella denominata Strada per Lòzio (CRLV/Malegno,mappa n. 2506, f. 8). Essa s’inerpicava dalle adiacenze dell’abitato di Malegno tra le località Gibellinae Bregno (appena superato lo snodo con la Via Valleriana) e proseguiva verso Annisone, incidendoa monte sulla mezza costa del versante vallivo sinistro del torrente Lànico (forse dal latino Illeamnicus, come parrebbe anche dal nome dialettale El Lànec, che ha conservato l’articolo nell’idronimoche è divenuto anche toponimo della località dove il torrente sfocia nell’Oglio), volgendosi versogli altipiani di Lòzio in prossimità della località Camerata.

La zona interessata dai ritrovamenti dei massi incisi dell’età del Rame, nel 1963 e nel 1972, èstata dunque marginale rispetto alla frequentazione di passaggio obbligato, ma sfruttata, nel periodotra XVI e XIX secolo, nella raccolta dei frutti spontanei e della legna, nella castanicoltura, nelpascolo e nella fienagione, attività che erano tipiche nell’economia tradizionale contadina di unversante montano di media altitudine, come conferma la documentazione rintracciata.

Il toponimo Bagnól, italianizzato in Bagnòlo (riscontrato in alcuni documenti anche in formaplurale come I Bagnöi 41), in comune di Malegno, è rintracciabile già dall’estimo comunale del 1592come “Prato de Bagnolo” con una sola registrazione della proprietà di un bosco, cui era attribuitoun valore d’estimo di lire 1 e soldi 9, appartenente agli eredi del signor Geronimo Bontempi,forestiero abitante in Bienno42 (fig. 7).

Appare ancora nella valutazione catastale del 1735-1737, a volte in aggiunta al contiguo toponimoCalvajola43, con la registrazione di un prato di tavole 100 con metà edificio, composto da stallafienile e cazinetto, e un prato con bosco, che rendeva “preale 2 di fieno”, in proprietà di mastroBartolomeo fu Giacomo Bornina, confinante con le proprietà del medico dottor GiambattistaPisani, che risulta possessore dell’altra metà casa e del prato per tavole 252 e di un prato incoltoche rendeva annualmente “2 preale di fieno”44 (fig. 7).

La località è registrata ancora nel Catasto napoleonico (fig. 6) e nel successivo Catasto lombardo-veneto e nella relativa mappa45, dove figura con la variabile Bagniolo, posta in adiacenza a valle,verso ovest, della località Violàs, italianizzato in Violasso46, individuabile nei pressi del corso dellaValle dell’Inferno47, lambendo i due territori con i microtoponimi Mòie (CRLV/Malegno, mappa

39) Questa sezione è stata preparata da A. Giorgi nel gennaio2013 con il titolo originale di Bagnolo e Ceresolo di Malegno: echitoponomastici di zone risorgive e di cave di pietra [F.F.].

40) Cenni in FERRI 1997, p. 239.

41) A. Gnaga, che riscontra la località in oggetto, riferisce inizialmenteche in Valle Camonica il termine bagnöl indicherebbe la mangiatoiadei porci e poi aggiunge che nell’arcaico dialetto bresciano potrebbeindicare anche una piccola pozza (GNAGA 1937, p. 40).

42) Estimo di Malegno 1592, c. [91 r].

43) Estimo di Malegno 1735-1736 (FRANZONI 1990, pp. 262-310).Il toponimo Calvajola è rintracciabile anche nella CRLV/Lòzio(mappa, n. 2488, nn. 830, 831, 2718, 2531) a sud di Villa di Lòzio, alconfine col territorio di Malegno, in prossimità della confluenzadei torrenti discendenti dall’abitato nel torrente Lànico.

44) In località Bagnolo o Calvajola sono registrate le proprietàdi Pietro Bonettini (prato deserto con bosco, castagni e castegnoli,senza rendita) e di Pietro Giovanni Casari (prato deserto conrendita di pesi 30 di fieno): Estimo di Malegno 1735-1736, conriferimenti in FRANZONI 1990, pp. 264-265, 283.

45) CRLV/Malegno, mappa n. 2506, f. 3, allegato D, in cui iltoponimo in oggetto è solamente riferito al mappale n.1998, quello adiacente alla baita.

46) Nei mappali della località posti a monte al confine colterritorio di Ossimo e con la località Pàt/Patto, compaionoanche i toponimi Scannato (CRLV/Malegno, mappa n. 2506,nn. 30-31, 54-56, 72-77) e Asinino (CRLV/Malegno, mappa n.2506, nn. 67-68) mutuato dalla località soprastante. Per lacontestualizzazione di questi toponimi, e in particolare diAsinino, si rimanda allo studio dello scrivente Anvòia, Asinino edintorni: la memoria dei luoghi nella toponomastica e nella storia,completato nel gennaio 1999 e di prevista pubblicazionenell’ambito dei rapporti finali sullo scavo di Ossimo Anvòia (acura di F. Fedele).

47) Il toponimo, già presente nel Registro terminazioni diOssimo 1511-1826, come Valle dei Demoni seu Inferno, si ritrovacome Valle dell’Inferno anche nell’Estimo di Ossimo 1597, c.160r. Oltre al ruscello, è esteso anche ai terreni adiacenti (CRLV/Malegno, mappa n. 2506, mappali nn. 89-90, denominati Valdell’Inferno) a ridosso della Valle dell’Inferno e del confluentebreve ruscello della Valle di Doàne (denominata ancheChegherave). Altro luogo denominato Valle dell’Inferno siritrova nel territorio di Esine, tra Plemo e Sacca, in cui scorre iltorrente Resio tributario di sinistra dell’Oglio. Riguardo allavalenza di liminalità e ai significati folklorici del toponimosi rimanda a LENTINI 2006, pp. 59-60, 73-75.

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Fig. 10: Intervista ai signori Rino Baffelli e Maria Pezzoni sui rinvenimenti di Ceresolo, 1-17 novembre 2012(raccolta da A. Giorgi su questionario preparato da F. Fedele).

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n. 2506, f. 4, n. 87) e Dosso del Rè (CRLV/Malegno, mappa n. 2506, f. 4, nn. 89-90). Questi duetoponimi denotano chiaramente una zona di risorgive, ben attestata dalle infiltrazioni d’acqua cheriemergono nel prato della conca sottostante e dal ruscello che ancora oggi vi sgorga48.

Alla data della registrazione catastale del 1853 il toponimo si estendeva su undici mappali(CRLV/Malegno, mappa n. 2506, f. 4, nn. 78-80, 82, 84, 1997-1999, 2000-2001) che interessavanoi terreni posti a monte della strada comunale detta di Bagnolo49, identificata in seguito comeStrada comunale della Cerasola (CRLV/Malegno, mappa n. 2506, f. 3, allegato D), nella mezzacostache digrada a nord-est verso la conca Nassale o Nasale (con omonima cascina riscontrabile nelCRLV/Malegno, mappa n. 2506, f. 4, nn. 223-225, 227-236)50.

La località chiamata localmente, ancora oggi, Sheresöl 51, italianizzato in Ceresòlo, in cui venneeffettuato il rinvenimento dei massi incisi già confusamente denominati stele Bagnolo I e Bagnolo II 52,è posta nella conca adiacente a Bagnolo. Essa risulta registrata per la prima volta nel 1592 comeContrata di Ceresula, con un solo prato in monte, con la rendita di brozzi 7 di fieno e con un valored’estimo di lire 7 e soldi 9, cum pluribus arboribus cast(anear)um, stimate con un valore di lire 4 e soldi9, in proprietà di Comino Domenighini53 (fig. 7). Nel 1736-1737, il toponimo si rintraccia ancoracome Cerasola, con un prato con casetta di tavole 200 e castagneto, in unica proprietà a Giambattistafu Andrea Domenighini54. Nel rilevamento catastale napoleonico e nella relativa mappa, del 1813(CN/Malegno, n. 278, ASBS), le parcelle di terreno nn. 51, comprendente anche la cascina, e 53vennero accatastate come Ceresola (fig. 6).

Ancora nel 1853 sono registrate tre particelle catastali collocate in tale località (CRLV/Malegno:mappa, f. 4, ai nn. 51-52, 2006; catasto n. 1137; rubrica possessori n. 1138): ai mappali nn. 51 e 53sono accatastati rispettivamente un prato con castagni, di 10,14 pertiche censuarie (10 140 m2)con rendita censuaria di 21,8 lire austriache, e un altro prato con castagni, di 2,65 pertiche censuarie(2650 m2) con rendita di 5,70 lire austriache, nei possedimenti dei fratelli Francesco, Rocco eGiacomina Milani, figli del defunto Pietro. Inoltre il mappale n. 51 risulta diviso longitudinalmentein due sottoparti: 51a, comprendente la parte in declivio e la casa (già registrata nel CN/Malegno),ristrutturata nel 1813, come confermava la data che era visibile sull’edificio prima della demolizione

48) Cfr. GNAGA 1937, pp. 379-380, 503, cui si devonoaggiungere, sempre nella Valle di Lòzio, anche i toponimiAlle moje ad ovest di Sommaprada (individuata da GNAGA1937, pp. 379-380, come Casa delle Mòie a est di Villa), Mojasia a ovest di Villa, sia a sud di Sucinva, nonché Moje aovest di Laveno, che risultano dal CRLV/Lòzio, mappa n.2488. Altro Dosso del Rè è presente a nord di Villa di Lòzioin prossimità del castello (CRLV/Lòzio, mappa n. 2488).Da notare che nell’Estimo di Malegno 1736-1737 risultaun altro toponimo che potrebbe ricondurre alla presenzadi fontane di colatoio: Azale alla Forta, dove, con evidenza,s’intende la presenza di acqua forta, fortementemineralizzata, forse ferruginosa.

49) Riscontrabile con questa denominazione nel CN/Malegno.

50) Pare probabile che la località Nassale o Nasale, posta a valledell’antica strada comunale, che risulta per la prima voltaregistrata in questa forma solo nel CRLV/Malegno, derividalla contrazione di un antico complemento di luogo, conepentesi della consonante (come analogamente sarebbeavvenuto per altre località nella zona di Borno e Ossimo),dell’antico toponimo Azal, che è riscontrabile per la primavolta nell’Estimo di Malegno 1592 (cc. 11r, 38v, 41 r, 48 r), maè registrato altresì nell’Estimo di Malegno 1735-1736(FRANZONI 1990, pp. 269, 279, 285, 287, 292, 305), che viregistrava terreni prativi, castagneti e anche un bregno (cascinadiroccata). In località Azale inoltre risultano registrati: il 17gennaio 1735, un castagneto, valutato 100 lire; il 23 maggio1741, un prato prealato con bregno e due noci, con resa di 24 pesi difieno annui; il 31 dicembre 1742, un prato prealato, con redditodi 35 pesi di fieno annui (FRANZONI 1990, pp. 258-260, chetrascrive non precisati documenti in ASBS e APM). Ancoranel 1816 era in uso una stadela di Azale nei pressi della localitàDesertine (Pietro Faustinelli, 1816, pubblicato in FRANZONI

1990, p. 487). A seguito della costruzione dell’agevole stradacarrozzabile più a valle si è verificata una modifica sostanzialedella percezione d’insieme del paesaggio, con la conseguenteperdita, verificatasi verosimilmente a partire dai primi annidel Novecento, del toponimo Nassale, oggi delimitato eindividuabile solo a valle della strada principale, mentre laparte a monte della strada è stata assorbita dal toponimo Bagnolo.

51) GNAGA (1937, pp. 168-169), pur non riportando la localitàin oggetto, fa derivare altri toponimi simili – Ceresòle (Sheresöle),Ceresa (Sherésa) e Cerese (Sherése) – da sherésa, ciliegio. Per ABELLICONDINA 1986 (p. 49, sito n. 72), che segue CIGM/34, lalocalità in oggetto sarebbe Ceresolo. Nel comune di Lòzio, giàdall’Estimo di Lòzio 1649, si individua una località alla Ceresa,che risulta anche nel Catasto lombardo-veneto del 1853 comeCeresa, dislocata più a monte ad est dell’abitato di Villa di Lòzio.Pare importante, tuttavia, sottolineare che nel dialetto locale èdenominata sereza una pietra, lo scisto (cfr. ROSA 1877, p. 51).

52) Bagnolo non è dunque, come indicato da molti (per esempioBELL[ICINI] 1963; ANATI 1965, 1973; ROSSI 1991), il nomedella località di rinvenimento dei monoliti. In particolare, nellaCarta archeologica della Lombardia, ROSSI (1991, p. 135, nn. 963e 964) accoglie per essi la provenienza da Loc. Bagnolo sulla scortadi notizie d’archivio presso la Soprintendenza archeologica edella letteratura al riguardo (E. Anati). Trascura ciò facendo laproposta di Ceresolo avanzata da ABELLI CONDINA (1986,sopra citato), emendamento al contrario accolto e divulgato daFEDELE (1990-b, p. 193). Si rimanda per i dettagli allaprecedente sezione dell’articolo.

53) Estimo di Malegno 1592, c. [c. 38v]. Ved. fig. 7.

54) Estimo di Malegno 1735-1736 (FRANZONI 1990, pp.262-310).

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Fig. 11: Il sito preistorico di Ceresolo: a sinistra la casa Baffelli, al piede della conca;a destra la casa A (foto F. Fedele).

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per la costruzione di una villa55; e 51b, il restante prato nella conca, con relativa parte di bosco sullacosta a monte.

Un primo vistoso cambiamento del paesaggio naturale della zona interessata, seppur marginalerispetto ai punti dei ritrovamenti archeologici, dovette avvenire alla fine degli anni Venti delNovecento, con l’apertura della nuova strada carrozzabile per Lòzio (menzionata all’inizio). Proseguìin seguito, negli anni Trenta, proprio all’interno delle piccole conche abbinate di Ceresolo-Bagnolo,e quasi a denotare una sorta di risacralizzazione del territorio, con la costruzione di una chiesettadedicata al Sacro Cuore di Gesù, con campaniletto annesso, a seguito della donazione del terrenoalla parrocchia di Malegno da parte della signora Geltrude Domenighini. Dagli anni Sessanta delNovecento, in conseguenza alla flessione dello sfruttamento agricolo-pastorale, la località è statafortemente sottoposta a un fenomeno edilizio di costruzione di casette per la villeggiatura, che hacambiato notevolmente la percezione del paesaggio.

A.G.

Informazioni orali. Informazioni orali sui rinvenimenti del 1963 e del 1972 sono state ottenutedai coniugi Gregorio Baffelli, chiamato abitualmente Rino, e Maria Pezzoni, proprietari della casaB. I signori Baffelli sono gli unici testimoni superstiti della scoperta dei monoliti. Essi sono statiintervistati una prima volta il 19 agosto 2001 e una seconda volta nel novembre 2012. Entrambele interviste sono state organizzate da uno degli scriventi (A.G.) grazie a rapporti personalipositivamente instaurati56, e la seconda ha avuto lo scopo precipuo di ottenere ulteriori notizie (sepossibile) circa il contesto del monolito del 1972. Le si trascrive dai documenti di archivioconservando volutamente la loro difformità, che per taluni aspetti le rende complementari e puòrestituire informazioni inesplicite.

L’intervista del 2001 è stata effettuata all’inizio della campagna di scavo a Ossimo Anvòia57.Pure seguendo una falsariga a domanda e risposta, essa si è perlopiù svolta come una conversazionefluida e multivocale, con un salutare grado di informalità, nel corso di un cordiale incontro sedutinel cortiletto di casa Baffelli. La conversazione ha toccato temi diversi, oltre al nostro principalesoggetto, e ha permesso di familiarizzarsi con altri aspetti della località e delle vicende. E, oltreall’intervista, l’incontro ha reso possibile una prima ispezione del luogo di rinvenimento dei monoliti.I dati del sopralluogo, come quelli dell’escursione a piedi a e da Ceresolo, sono incorporati in altresezioni dell’articolo. Qui di seguito si presenta invece il materiale dell’intervista, desunto dagliappunti manoscritti degli scriventi, come collazionati e compilati dal primo autore58.

Come pertinente al luogo di ritrovamento dei monoliti del 1963 e del 1972 si ritienedefinitivamente confermato il toponimo di Ceresolo, mentre Bagnolo si riferisce a un’area inaffine posizione sul versante situata più a ovest, percorsa dal torrentello che nasce nei pressi diViolàs (parallelo al torrente dell’Inferno) e assai ricca di acque.

Il sig. Baffelli rivela anzitutto che le stele venute in luce nello scavo edilizio del 1963 sono tre,non due: se non che la seconda, trovata dopo la prima nella stessa occasione, fu prontamentedistrutta per evitare ritardi o altre noie nella costruzione dello stabile. I frammenti furono inglobatinella muratura dell’edificio, per cui non è attualmente possibile recuperarli (esplicita risposta a quesito).Il secondo masso risulta venuto in luce a pochi metri da Ceresolo 1, nell’altra metà della casa59.

55) Informazione orale fornita nel 2001 dal signor Gregorio“Rino” Baffelli di Malegno, che ringrazio assieme ai suoi familiari(la famiglia Baffelli-Belotti) per la disponibilità prestata nel fornirele informazioni, riconfermata nel novembre 2012 (cfr. sezioneseguente e fig. 10). Un ulteriore ringraziamento gli è dovuto perla bella fotografia di fig. 5, la cascina Ceresola com’era l’11 giugno1972 prima della demolizione.

56) L’ispezione a Ceresolo è stata resa possibile da un’iniziativadi Angelo Giorgi del giugno-luglio 2001, una volta appresoche Rino Baffelli era il nonno di una sua allieva al liceo diBreno, Elisa Belotti.

57) Escursione da Anvòia a Ceresolo e ritorno, pomeriggiodel 19 agosto. Vi hanno partecipato, insieme agli autori e

conduttori, alcuni componenti dell’équipe del programma:Maurizio Rossi, Anna Gattiglia, Daniela Lanfranchi, MicheleBazzana e Ludovico Milesi.

58) Il sito calcolitico di Ceresolo. Ispezione 19 agosto 2001, documentod’archivio del Programma Ossimo (F. Fedele, 3 pp., 1 dis.;con il contributo di A. Giorgi per l’acquisizione delleinformazioni orali).

59) Ossia nella metà E. Come risulta dalla planimetria di fig. 4(redatta dallo studio tecnico Geom. Ugo Apollonio di Pian diBorno, e sottoscritta dai committenti), la casa del 1963 ècostituita di due corpi adiacenti, simmetrici speculari, costruitisu progetto comune da due proprietari differenti: RinoBaffelli per il corpo a W e Giuseppe Favalli per quello a E.

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Fig. 12: Il sito preistorico di Ceresolo (foto F. Fedele). In alto: la casa A e il cordone di Ceresolo (sulla destra), nellosfondo il versante di Plagne. In basso: il profilo del versante visto dalla conca di Bagnolo; sulla destra, il tetto della

casa A suggerisce la posizione del sito preistorico.

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Inedite e di grande interesse le memorie del sig. Baffelli e della signora a proposito dellascoperta del primo masso, Ceresolo 1 (fig. 8). Esso fu notato per la presenza delle antiche figureincise, unita alla bellezza della forma. I signori Baffelli ebbero l’idea di donare il masso affinchéfosse collocato in una grottina a Malegno [verosimilmente una grottina “sacra”; ndr]. Il masso fueffettivamente pulito per bene dalla signora Baffelli, con brusca e acqua, per rendere bene visibili lefigure. I Baffelli perfino ordinarono il motocarro per farlo portare a Malegno. Purtroppo la cosa non ebbeseguito perché intervennero il parroco di Malegno e il dottor [Giuseppe] Bonafini [di Cividate]60, chefecero giungere i carabinieri a requisire il reperto. Appunto per evitare cose del genere, inclusaquella che era sentita di fatto come un’espropriazione, fu fatta piazza pulita del masso numerodue.

Nell’intervista non è stato appurato se il sig. Baffelli o la signora ricordassero quali disegnierano visibili sul secondo masso. È stato tuttavia reso esplicito che i due massi apparveroestremamente simili, ed è pertanto virtualmente certo che anche il secondo masso portava figure incise.

Bisognerà quindi parlare, d’ora in poi, dei tre monoliti di Ceresolo. La presenza di un terzomonolito, perdipiù situato poco a est di quelli in precedenza noti, oltreché simile agli altri, è diovvio interesse per la definizione del sito, non soltanto in senso topografico ma anzitutto a confermadell’esistenza di un’area a statue-menhir. Il significato archeologico è ben diverso da quello di unoo di alcuni monoliti isolati e fuori contesto. Per evitare confusione con la letteratura esistente, sidenomina il secondo monolito del 1963, oralmente riportato, Ceresolo 3.

Alla scoperta del primo masso, e necessariamente tra il 13 e il 16 luglio 1963, si riferisce lafotografia di fig. 9, palesemente eseguita nel cantiere edilizio della erigenda casa Baffelli61. Il sacerdoteseduto presso la grande pietra è ricordato come il parroco di Malegno, cioè il Reverendo Don AntonioMedici indicato come uno dei segnalatori del rinvenimento62.

Il masso Ceresolo 2 (“Bagnolo 2”; fig. 8) è venuto in luce alcuni anni dopo [1972] costruendola casa vicina, ubicata 25-30 m a ovest e a monte dell’altra [la nostra casa A; ndr]. Qui, condotti epresentati dal sig. Baffelli, ha fatto da guida il proprietario attuale, che ha acquistato la proprietàanni dopo il ritrovamento, e che al riguardo non sa nulla di personale. La casa, come la preesistentecascina demolita (v. più sopra)63, è sopraelevata di alcuni metri rispetto a casa Baffelli, per cui ilpunto di rinvenimento del monolito si può presumere un poco sopraelevato rispetto a quello diCeresolo 1 e 3. Appena sotto la casa e alla base della scalinata, è interessante la presenza di ungrande masso piramidale di arenaria violetta (fig. 13:M). Nonostante la sua evidenza e l’intuitivosospetto di un significato archeologico, l’ispezione non ha rivelato incisioni (ma la luce era cattiva).

I coniugi Baffelli, come accennato, sono stati nuovamente interpellati nel settembre 2012, mediantecontatti a voce (A.G.), e infine, data l’impossibilità contingente di un incontro con gli autori, in formascritta tramite questionario (prima metà di novembre)64. Si presenta questa intervista in fig. 10.

A chiarimento della risposta A4, va richiamata la divisione della casa B in due corpi (nota 59 efig. 4): la cascina attualmente crollata di cui si parla è il corpo orientale, oggi di proprietà degli eredi diG. Favalli, in stato di abbandono dopo il crollo di una parte del tetto. Con l’affermazione la terzapietra dovrebbe essere al suo interno gli intervistati intendono dire che essa si trova nelle murature diquesta stessa porzione Favalli, ora diroccata e invasa dalla vegetazione.

Purtroppo la testimonianza non informa sui dettagli riguardanti il ritrovamento del 1972, quali

60) Noto studioso locale di archeologia e di storia, nonché,all ’epoca, ispettore onorario della Soprintendenzaarcheologica della Lombardia. Pochi anni prima, nel 1955,Bonafini si era premurato di segnalare l’individuazionedel primo monolito di Ossimo (Ossimo 1), nella nonlontana località di Asinino/Asní sull’altopiano di Borno.

61) Se è corretta la data del 12 luglio come giorno dellascoperta, secondo quanto riferito da don Medici, econsiderando che il 17 il monolito si trovava a Malegno(cfr. ANATI 1964-b, p. 11). La fotografia è stata fornita adA.G. in formato JPEG nel luglio 2001 (originale presso lafamiglia Baffelli-Belotti, Malegno), ed è apparsa a stampain FEDELE 2013, fig. 7.

62) ANATI 1964-b, p. 11; ripetuto in ANATI 1973, p. 230.Don A. Medici sarebbe nuovamente intervenuto nove annidopo per segnalare Ceresolo 2.

63) La cascina Ceresola con data 1813 sull’ingresso, di cui eraproprietaria la signora Laura Angeloni (cfr. pianta di fig. 4).

64) Il questionario è stato compilato da Rosi Baffelli, la figliadei coniugi Baffelli, essendo molto anziano e cagionevoledi salute Rino Baffelli, e scritto e riconsegnato il 17.11.2012a cura di Elisa Belotti.

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Fig. 13: Ceresolo: cartina interpretativa del sito preistorico, sulla base planimetrica del 1963 (dis. F. Fedele).In grigio la probabile localizzazione del sito.

si auspicava di potere ottenere da presumibili testimoni oculari (cfr. quesito B2). Quindi, salvofatti nuovi, rimarrà insoluta la collocazione di Ceresolo 2 all’atto del rinvenimento (v. sezioneStudio del sito), e a maggior ragione la sua possibile collocazione originaria.

La mancata intervista colloquiale a voce può avere determinato l’impossibilità di suscitarericordi circa un fatto non solo lontano ma relativamente estraneo, così come deve avere indottoa reticenze circa il quesito A3. D’altra parte, la nuova intervista è preziosa nell’informare sulrinvenimento di blocchi di pietra senza figure, nel 1963, e nel confermare con utili precisazionil’abbondanza di acque nella vicina località di Bagnolo. Preziosa altresì la concessione della planimetriadi fig. 4.

F.F.-A.G.

Studio del sito: esame critico dei rinvenimenti65 e interpretazione archeologica. Labassa conca di Ceresolo presenta oggi un mosaico prativo-arbustivo in palese rimboschimento, ilche ulteriormente maschera l’espressione superficiale della morfologia di dettaglio (figg. 11-12). Il

65) I monoliti conosciuti sono disegnati in fig. 8. Si precisache le dimensioni riportate in letteratura vanno emendate

come segue: Ceresolo 1, cm 112×79×49; Ceresolo 2, cm120×76×50.

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contesto topografico del sito di Ceresolo è ricostruito in fig. 13 sulla base planimetrica del 1963.Vi è riportato il punto di rinvenimento del monolito Ceresolo 1, e si indica in modo orientativola posizione degli altri. Le informazioni disponibili suggeriscono che Ceresolo 1 fosse dislocatoda breve trasporto, di entità metrica, e quindi essenzialmente in situ, e questo dato può esseretrasferito all’altro monolito del 1963. Ciò che importa notare è che questi due monoliti giacevanoesattamente al piede della conca, e sono stati trovati entro la serie sedimentaria di fondo conca. Lastratigrafia è brevemente discussa più oltre.

Completamente diverse, invece, l’origine e le condizioni di ritrovamento del monolito Ceresolo 2, intorno alle quali gravano perdipiù incognite insuperabili66. Ceresolo 2 aveva infatti rapporto conl’opera muraria della vecchia cascina 1813, già citata, poiché all’atto del recupero la faccia istoriatadel blocco era incrostata di malta, e ciò fu insolitamente documentato in fotografia67. Ma alcontesto tafonomico del monolito non è mai stata prestata attenzione, e le informazioni sonocontraddittorie perché nel 1972 non furono poste domande ad hoc. Non si può cioè determinarese il blocco stesse:

- nelle fondamenta della cascina, in esse inglobato68;- oppure nel terreno al di sotto69 o adiacente, esposto dal profondo taglio edilizio70;- o ancora, nel pietrame di demolizione, e visto quindi a cascina abbattuta71.Si tratta di tre o quattro modalità differenti e cruciali per l’interpretazione del sito. Tali quesiti

riguardano il ritrovamento, ma c’è in ultimo il quesito della provenienza originaria, fondamentaleai fini scientifici, e i diversi interrogativi sono in vario modo collegati fra loro.

Ceresolo 2 va considerato un blocco edilizio in senso lato, cioè associato alla costruzione di unedificio e manipolato durante la costruzione stessa, nonché collegato ad altre pietre con l’uso dimalta. Originariamente, il blocco potrebbe essere stato prelevato sul cordone di Ceresolo, oppuretrovato affiorante nella conca, o tra conca e cordone, e ciò ante 1813, dato che la cascina giàesisteva nel 1736 (v. sopra, Toponomastica storica). D’altra parte, se l’impressione fosse corretta,l’averlo trovato sotto le fondamenta, con spalmature di malta verosimilmente sulla faccia superiore,potrebbe indicare che il blocco si trovava già in quel punto ab antiquo, e all’atto della costruzione fusemplicemente inglobato nelle fondamenta. Va quindi sottolineato che Ceresolo 2 può tanto esserestato prelevato altrove, come blocco edilizio al pari di altri, d’altronde non lontano72, quantoessere stato trovato sul posto ed essere stato incorporato. La questione non può essere risolta.

In prossimità del punto di rinvenimento di Ceresolo 1 fu studiata una sezione edilizia, la cuiubicazione, ricostruita, è segnata in fig. 1373. Chiamata in una pubblicazione la Stratigrafia di

66) Se punto e circostanze di rinvenimento di Ceresolo 1sono documentati, l’individuazione di Ceresolo 2 è viziata inmodo irrimediabile dalla completa mancanza di disegni, fotoe dati metrici, almeno nel pubblicato. Unica indicazionemetrica è che il blocco fu trovato a trenta metri dalla prima [stele]e a cinque metri di quota più in alto (ANATI 1973, p. 235).

67) ANATI 1973, p. 231, foto di fig. 8: Sotto le fondamenta èapparso il masso con segni di incisioni preistoriche, in gran partericoperte di incrostazioni di malta biancastra, del tipo usato nellecostruzioni rustiche a partire dal Medio Evo. Cfr. BCCSP, 10,1973, pp. 218-220; ANATI 1976, fig. 8.

68) La stele fu usata per le fondamenta [della cascina] e pertanto,certamente non si trovava in situ (ANATI 1973, pp. 235-236).Analogia per questa modalità sarebbe fornita dall’area OS4Adel sito di Ossimo Anvòia, dove monoliti e altri grandiblocchi furono usati come base dei muri di un piccolorecinto di età storica, lì però con uso minimo di malta, datala destinazione diversa della struttura (FEDELE 1995-a, fig.13; FEDELE 1995-b; FEDELE 2006, p. 60; FEDELE c.s.-b).

69) Sotto le fondamenta...: v. citazione di nota 67.

70) Profondo oltre 2 m e mezzo (ANATI 1973, p. 236), eforse molto di più.

71) Trovato mentre si stava procedendo alla demolizione della cascina,le cui fondamenta potrebbero risalire di qualche secolo piùaddietro (ANATI 1973, p. 231).

72) Come visto sopra, ANATI (1973, pp. 235-236) pensa cheil monolito sia alloctono rispetto al luogo della cascina, eaggiunge: È probabile che [la stele] sia stata raccolta dai costruttoridi epoca storica ma, data la sua mole e il suo peso, essi non dovrebberoessere andati troppo lontano a prenderla.

73) Obbligatoria l’ubicazione sul lato W dello scavo edilizio,qui rettangolare. La sezione è orientata S-N, o più esattamenteSSW-NNE, e include a sinistra l’angolo SW dello scavo. Laricostruzione si basa sulla pianta di fig. 4, sull’ispezione delluogo, e sulla direzione della luce solare nelle fotografie editeall’epoca, che congiuntamente permettono di superarel’incoerenza della prima notizia (ANATI 1964-b; IDEM 1965).Va considerato valido il disegno originale di ANATI 1973, fig. 5,in cui la sezione è orientata esplicitamente S-N, dato con ilquale si armonizza una sezione situata sul lato occidentale delloscavo (1964-b, p. 13; 1973, p. 230; [on] the northwest scarp of the trenchin 1964-a, p. 155; implicita convalida in 1964-b, p. 15, e 1973, p.235, dove la sezione è detta più completa – ossia più alta – a S).La sezione è lunga 7 m e delimitata alle estremità, il che èesclusivamente compatibile con questa parte dello scavo edilizio,in cui il progetto prevedeva di erigere 5 m di muro della casa.

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Bagnolo74, essa ha forti limiti ma concorre nondimeno alla ricostruzione del contesto del sitocerimoniale75. Se si inserisce il disegno stratigrafico nella topografia specifica del luogo, emergonodue elementi interessanti: anzitutto, il probabile impianto del monolito al piede della conca diCeresolo76; inoltre, il suggerimento geomorfologico di un fondo conca piatto, ben più esteso dioggi in quanto non ancora invaso e in parte sepolto dal cono di colluvium recente77. Rispetto a taliinformazioni, appare oggi irrilevante e probabilmente erronea l’attribuzione stratigrafica delmonolito allo strato 6, una spessa lente di terra nera bruciata compatta78.

Già si è accennato che Ceresolo 1 è stato trovato a distanza verosimilmente breve dal presumibilepunto d’impianto. Questo punto si può inferire stesse non molti metri più a monte, ossiagenericamente a S79. Può essere stato distrutto dallo scavo edilizio della casa B, o essere statorisparmiato e quindi esistere ancora. Lo scavo edilizio del 1963 collimava sostanzialmente con ilimiti della casa B. La posizione precisa di Ceresolo 1 all’atto del ritrovamento è ristabilita in fig.13, avendo trovato modo di accordare le fonti edite (incluso il disegno stratigrafico) e la testimonianzaoculare di R. Baffelli (figg. 4 e 10). La preziosa notizia raccolta da E. Anati e citata in nota 79permette di stabilire che il blocco giaceva secondo la direzione del pendio, con l’asse circa ortogonalealla sezione e con cima a E-NE. Si noti, però, che il monolito non fu trovato nella sezione, ed erastato comunque immediatamente spostato, per cui l’attribuzione stratigrafica è un’inferenzasog gettiva (per quanto legittima) e la sua sagoma nel disegno della sezione è unartificio post hoc 80.

Pure in fig. 13 è suggerita un’ipotesi sommaria della zona d’impianto dei monoliti, e quindi dialmeno una parte del sito primario. Nel delinearla in direzione W, si è dato credito alla probabilità– peraltro non quantificabile, si ribadisce – che Ceresolo 2 stesse originariamente in un punto trafianco del cordone e conca. Non è da trascurare che in questo luogo lo scavo edilizio per la casa A

74) Enfatizzata con il nome e con la maiuscola (come fosseun reference regionale!) in ANATI 1973, p. 236, dopo esserestata comparata con la successione stratigrafica dello scavoedilizio del 1972, giudicata meno completa. Lacomparazione è data in una Tabella di equazione stratigrafica ap. 236; ivi pure la descrizione dei 4 livelli dello scavo 1972,senza darne figura. Del tutto infondata la pretesacorrelazione con gli stadi climatici (tab. 2 a p. 237). Lestratigrafie Anati furono studiate da chi scrive mentrepreparava la pubblicazione dei primi scavi a Ossimo(“Bagnolo”-Ceresolo, documento inedito 25 febbraio 1989,archivio del Programma Ossimo), e i presenti appunti sibasano su una rilettura critica in base alle conoscenze diallora e di oggi. Sull’interesse storico della stratigrafia del1963, v. FEDELE 1990-c, pp. 203, 250; FEDELE 2013, p.185.

75) Le migliori notizie per ricostruire il contesto vannoricavate da ANATI 1973, pp. 233-237, figg. 4-5, allorché egliriprese le osservazioni del 1963 (ANATI 1964-a e 1964-b,pp. 14-16; identicamente 1965) riproponendole in manieracomparativa.

76) Il piede della conca di Ceresolo si coglie nello sfondodella foto ANATI 1973, fig. 4.

77) Fondo conca piatto: v. limiti stratigrafici 7/6 e 6/5 deldisegno Anati. Il brusco immergere del limite 6/5 verso Nva attribuito, con ogni probabilità, a uno o più eventi erosivipost-sito. Il talus colluviale successivo al funzionamentodel sito corrisponde agli strati da 5 a 1. Anche qui, l’accumulodi colluvium può essere posteriore di molto al sito del Rame,come a Ossimo Anvòia (due millenni; FEDELE c.s.-b), eha avuto l’effetto di fare slittare il fondo concaprogressivamente verso E-NE.

78) Le descrizioni note differiscono un poco fra loro.ANATI 1964-a, p. 155 (figura), menziona bits of carbonizedwood, e secondo ANATI 1973, p. 235, sembra trattarsi di un

livello di abitazione. In retrospettiva, per analogia con Anvòiae con altri siti dell’altopiano di Borno (FEDELE c.s.-b),non escluderemmo che lo strato 6 di Ceresolo denunciatti ideologici dell’intervallo tra età del Ferro e periodoTardoantico, in prossimità del monolito ancora affiorantee forse a tale scopo rialzato. Si ritira quindi la valutazione,desunta da Ceresolo, fatta in FEDELE 1990-c, pp. 247, 250,e in pubblicazioni successive.

79) Il monolito fu trovato a circa un metro di profondità sotto lasuperficie del suolo (ANATI 1973, p. 230, fig. 5; ANATI 1990, p.292), giacente leg germente inclinat [o] sulla faccia decorata che,rialzata, avrebbe guardato quasi esattamente verso est, con solo unalieve divergenza verso nord-est (ANATI 1973, p. 235 e 1964-a, p.155). We may suppose that the original site on which the stele stoodmust have been [...] a few meters southwest of the spot where it wasfound (ANATI 1964-a, p. 155, fusione di due passi). Dallalieve inclinazione e dal tipo di terreno, ANATI (1973, p.235, riproducendo 1964-b, p. 16) deduce che lo spostamentonaturale di un masso del genere non abbia superato i pochi millimetriall’anno: ciò farebbe pensare che il luogo di erezione della stele dovesseessere non più di alcuni metri più a monte.

80) Il disegno fu schizzato otto giorni dopo il ritrovamento,allorché il punto di giacitura del monolito non esistevapiù: sussistevano soltanto gli elementi per intuirlo, grazieallo scavo ancora aperto, combinando le informazioni deirinvenitori e la constatazione di un seducente livello diterra nera bruciata in sezione. In questo senso va intesa ladichiarazione di avere potuto vedere il punto dove la stele [erastata] rinvenuta (ANATI 1964-b, p. 13 e 1973, p. 230). Neldisegno stratigrafico, messo in bella più tardi da PietroFerrari, la distanza di 4-5 m dall’angolo SW dello scavocollima con la testimonianza Baffelli (nostre figg. 4 e 13),ma il monolito fu erroneamente inserito per il lungo (cm112), anziché secondo la sezione trasversale come sarebbestato corretto (cm 79; la larghezza sempre riportata – cm88 – è erronea).

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deve avere intagliato profondamente il cordone di Ceresolo (cfr. nota 70); e qui, probabilmentenon a caso, si trova dal 1972 il masso piramidale di arenaria violetta, già ricordato81.

La posizione del sito primario: discussione. Che cosa arguire dunque circa la posizionedel sito primario di Ceresolo? Sulla scorta dei dati e delle inferenze su esposti, e allo scopo dimantenersi aperti alle possibilità che soltanto uno scavo scientifico potrebbe dischiudere (nellearee intatte che esistono), si ritiene opportuno passare in rassegna le diverse opzioni interpretative.

Come si è visto, il sito coincide con una conchetta-ripianetto in seno a un pendio molto acclive(cfr. fig. 12). Alla piccola scala, il sito primario poteva stare “sull’alto” (ipotesi A), “in basso”(ipotesi B), o al piede della conca 1 (come numerata in fig. 2), e quindi né in alto né in basso(ipotesi C). Nell’ipotesi A, il sito a monoliti poteva occupare il rialzo all’estremità del cordone diCeresolo, ora occupato dalla casa A, con o senza limitata discesa verso l’adiacente conca 1. Ciò sesi ammette che l’ubicazione del sito primario sia indicata dal monolito 2, qualora in situ e inglobatonelle fondamenta della cascina 1813. Ma l’eventualità non è valutabile, e inoltre l’ipotesiimplicherebbe che abbiano subito trasporto considerevole – in antico – i monoliti 1 e 3, finiti infondo alla conca a una distanza di 20-30 m o più.

Nell’ipotesi B, il sito primario sarebbe legato all’area un tempo orizzontale del ripianetto diCeresolo, cioè poteva essere ubicato dove si trova dal 1963 la casa B. Ciò se si ammette che fosseroancora vicini al punto di impianto i monoliti 1 e 3, i soli che siano stati trovati nel deposito e nonsiano quindi edilizi. Il monolito 2, di reimpiego edilizio, andrebbe spiegato come un blocco vicinoperò ancora affiorante, prelevato e portato su dal basso per la costruzione dell’antica cascina.

Nell’ipotesi C, il sito primario può essere concepito come distribuito sull’arco di cerchio dellaconca 1, sottolineato graficamente dall’isoipsa 590, ma presso il piede della paleo-conca all’epoca,e quindi a quota appena più bassa. L’arco avrebbe compreso il fianco del cordone di Ceresolo. Ilmonolito 1 subì poi dislocazione di qualche metro, scivolando verso il fondo della conca; delmonolito 3 non si può dire nulla. Quanto al monolito 2, esso potrebbe tanto indicare che il sitogiungeva all’“alto” della casa A, sia pure marginalmente, quanto non avere alcun valore posizionalespecifico, al di là del fatto – forse – di essersi trovato abbastanza in alto da sfuggire al seppellimento.

Le testimonianze del 1963, del 1972 e le nostre ricerche suggeriscono per parsimonia di darecredito per ora all’ipotesi C, com’è illustrato in fig. 13. Essa infatti implica le più modeste dislocazioniin antico per i monoliti 1 e 3, e trasporto in età moderna da limitato a nullo per il monolito 2.Questa ricostruzione può fare venire a mente il sito 1 del Valsèl de Fí (v. sopra). Ci si basanaturalmente sull’assunto che i monoliti di Ceresolo indichino un sito solo, non per esempio due,uno sul rialzo della casa A e un altro a breve distanza più sotto. L’assunto è indimostrabile egiustificato soltanto dalla parsimonia, sebbene la straordinaria somiglianza dei due monoliti noti,e si suppone del terzo, deponga a favore di un sito cerimoniale singolo82. Del tutto inabbordabileè la questione di un eventuale slittamento topografico del sito nel corso del tempo.

A Ceresolo, non si nota alcuna morfologia attuale che sembri intuitivamente associabileall’ubicazione di un centro con statue-menhir. E a parte l’assetto di oggi, perché scegliere a talescopo un’area abbastanza modesta in un luogo per noi anonimo di pieno versante? Quanto sopranotato circa il profilo topografico, è sufficiente per giustificare la scelta? Apparentemente no.Siamo qui di fronte a un caso emblematico di sito cultuale-cerimoniale probabilmente creato infunzione dei confini e/o dei sentieri del tempo, ossia di una geografia tribale che non conosciamo,e di cui perdipiù non siamo assolutamente in grado di apprezzare l’eventuale evoluzione diacronica83.Anche per ciò la lezione di Ceresolo è istruttiva e importante.

F.F.

81) Nelle sezioni dello scavo edilizio per la casa A, unlivello equivalente allo strato 6 del locus di Ceresolo 1 nonfu notato, anzi non esiste livello che ANATI (1973, p. 236)si senta di associare al monolito.

82) Così, acutamente, già CASINI (1994, p. 174): Con moltaprobabilità [Ceresolo 1 e 2] erano pertinenti alla medesima area di

culto, data anche la notevole affinità nella forma e nel repertorio figurativo.

83) Da non dimenticare che Ceresolo 1, con il motivo delrettangolo doppio (e una vasta parte dipinta?) denota unsito “di masso” della fase zero del ciclo ideologico dell’etàdel Rame, cioè anteriore al 2900 a.C. circa (FEDELE 2011).

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Transitabilità a piedi. Visibilità e intervisibilità. Intenzionalmente, l’incontro dell’agosto2001 con i signori Baffelli ha fornito l’occasione di cominciare a esaminare la transitabilità a piedi– ovviamente nelle condizioni attuali – tra Ceresolo e i più vicini siti di età del Rame dell’altopianodi Borno: ossia il gruppo al margine NE dell’altopiano comprendente Pat, Plasagróp e Anvòia,nonché il reperto isolato di Asinino/Asní. Parziali valutazioni della camminabilità locale sonostate ripetute in seguito.

Non è difficile constatare che si può scendere a piedi da Asinino a Ceresolo cercando una vianel bosco in direzione E, poi SE, qua e là incontrando segmenti degradati di uno o più vecchisentieri, e che ciò fatto si può raggiungere la località voluta tramite viottoli di fortuna e le duecarrarecce del basso versante di Plagne, ormai poco sopra la strada rotabile di Lòzio. In sensoinverso, il cammino da Ceresolo ad Asinino può essere effettuato in modo relativamente agevolevia Violàs e Pat. E nonostante l’obliterazione dei sentieri, si può altrettanto agevolmente scenderea Ceresolo prendendo giù per il bosco dall’estremità E-SE del ripiano di Pat.

Quindi risulta che lungo questo transect, nelle condizioni attuali, la percorribilità a piedi tra ilsolco del Lànico e l’altopiano non è difficile: l’obliterazione dei sentieri, l’orientamento precarionei tratti di incolto denso, sono compensati dalla secolare eliminazione o riduzione del bosco. Sipuò inferire che in situazioni del 4°-2° millennio a.C., con bosco sostanzialmente intatto ma nondappertutto chiuso, e verosimilmente con una esperienza collaudata e quotidiana dei luoghi, ilcollegamento a piedi fosse fattibile, sebbene non altrettanto comodo, ovvio o frequente.

Questo tipo di archeologia sperimentale aiuta a qualificare meglio la distinzione geografico-culturale tra val di Lòzio e altopiano di Borno, il distretto dell’Inferno in particolare, fatta presentein un altro lavoro e richiamata anche qui84. Dicendo distinzione non si intende separazione comese si trattasse di due mondi distinti: non si vogliono radicalizzare le distinzioni tribali, e non siintende necessariamente indipendenza. In mancanza di prove archeologiche il discorso non siimposta nemmeno. Nel 3° millennio a.C., Anvòia e Plasagróp, Pat, Ceresolo, stavano in fondo amezz’ora o un’ora di cammino fra loro, o poche ore nel caso di Ceresolo rispetto alle altre località,se la copertura boschiva era davvero pesante, impediente. Da poche ore a un giorno di camminodistavano rispetto alle località precedenti un Castegno Büso, una Camerata (v. oltre). Si intendebensì sottolineare come occorra provare ad apprezzare le interconnessioni dei due distretti: faresupposizioni al riguardo nonostante la carenza di dati specifici85 (cfr. Lineamenti della valle di Lòzio,nota 8). Ma ciò esula dall’ambito di questo articolo.

La camminabilità, con lo sguardo a quella preistorica, va quantificata al pari dei rapporti divisibilità. Le caratteristiche di visibilità attiva e passiva riguardanti il sito di Ceresolo presentanodue aspetti principali: la visibilità dal sito e la asserita intervisibilità con il margine dell’altopiano diBorno. Quanto alla prima, è ripetuto in letteratura che la visione di una cascata sull’oppostoversante della valle del Lànico, prodotta dal torrente di valle del Monte (fig. 2), avrebbe contribuitoalla genesi del sito tramite la suggestione86. In realtà, la cascata sembra avere con il sito una relazionecasuale, poiché non sta di fronte a esso87 (oggi infatti dal sito non la si vede) e con ogni probabilitàè intermittente, il che ne rende episodica l’evidenza visiva88. Inoltre, la visuale dalla zona del sitocomprende sull’opposto fianco vallivo altri elementi (i dirupi della Concarena, la valle pensile di S.Cristina osservabile di scorcio, certi dettagli del bosco), e differenti o di più ne poteva offrire nellecondizioni del 3° millennio, per cui enfatizzare la cascata tradisce piuttosto un imprinting soggettivo

84) FEDELE 2011, in particolare pp. 81-82 e fig. 2:B.

85) Questo tema è in corso di riesame (2014) alla luce delfatto della storia recente che il comune di Ossimo possiedeterritorio in val di Lòzio (l’intero settore medio-elevatodel Corno della Luna). Perché e anzitutto da quando? Visono implicazioni per la preistoria, o addirittura per l’etàdel Rame?

86) ANATI 1973, fig. 3 e p. 229 (Il luogo è particolarmentesuggestivo grazie alla splendida cascata [...] circondata da un imperviopaesaggio, caratteristica [che può avere] spinto l’uomo preistorico asceglierlo come luogo di culto); ANATI 1990, p. 295.

87) Contra ANATI 1973, fig. 3, fotografia che risulta ripresada un punto ben al di sopra del sito: dall’alto del cordonedi Ceresolo, se l’edificio che si vede è la cascina 1813, o daBagnolo sopra la villa F, ex-cascina “Bagniolo”. In ognicaso, guardando da sopra il sito la cascata non si trova difronte ma a E-NE.

88) Osservazioni dell’autore, in stagioni diverse, negli anni2001, 2010 e 2012. Altro motivo che dissuade dall’associarel’ubicazione del sito preistorico alla presenza della cascataè la visibilità di questa per un lungo tratto del basso versantedi Plagne-Ceresolo-Bagnolo: il sito manca al riguardo dispecificità.

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che non la mentalità calcolitica89.Quanto alla intervisibilità, occorre ribadire90 che non solo non c’è relazione visiva fra i siti di Pat e

di Plasagróp, da una parte, e quello di Anvòia, meno che mai nelle condizioni di copertura boschivaattuale o inferita per il 3° millennio (salvo supporre il denudamento a tappeto), ma non c’è mutuavisibilità tra Ceresolo e il bordo del ripiano di Pat, che ospita il sito a minore quota dei tre dell’altopiano,e che è l’unico punto sufficientemente sporgente per ipotizzare la possibilità. Il sito di Ceresolo stacome si è visto su un terrazzo di pieno fianco vallivo 230 metri sotto l’orlo di Pat. Il dislivello ècontrassegnato al di sopra di Ceresolo da una rottura morfologica del versante, connessa al ripiano diViolàs, che con il normale manto boschivo rende precaria l’effettiva intervisibilità con l’altopiano(fig. 3:B). Si potrebbe creare reciproca visibilità con l’eliminazione artificiale di estese porzioni di bosco,tramite corridoi visuali ad hoc, la cui esistenza nel 3° millennio andrebbe però dimostrataarcheologicamente. E c’è di più: il sito calcolitico di Ceresolo era “annidato” nella conca omonima,per cui il primo impedimento alla vista era lo stesso cordone di Ceresolo, e lo è ancora91.

F.F.

Mulini di Camerata

Individuazione dei siti Camerata A e B e loro importanza archeologica. Nel tardoinverno del 1994-95 il dott. G. Ragazzi di Esine notava un grande masso con piccole coppelle,sottolineate dalla neve, in una zona sotto la frazione Camerata di Lòzio (fig. 17), e lo segnalava adA.E. Fossati con l’esplicita raccomandazione che questi e lo scrivente lo si ispezionasse insieme. Ilcontesto dell’informazione era costituito dal rinnovato programma di scavo a Ossimo Anvòia edal connesso gettito di nuovi monoliti dell’età del Rame92: si poteva infatti immaginare che qualsiasiscoperta di monolito o masso nell’adiacente valle di Lòzio fosse di potenziale interesse. ConFossati e con M. Simões de Abreu, lo scrivente visitava il sito il 21 agosto 1995, insieme ad A.Giorgi e ad altri collaboratori della campagna di scavo di quell’anno93. Fu parere unanime che lalocalità Mulini di Camerata presentasse indubbio e spiccato interesse.

I massi incisi non erano uno ma due, entrambi di arenaria violetta, caratterizzati da campi dipiccole coppelle e il primo altresì da figure topografiche rettangolari. La località era intatta e imassi distavano pochi metri tra loro, nelle immediate adiacenze di una grande cascina. Si trattavaquindi, nei termini di quel momento, di due massi tipo Borno (Borno 1 prima fase), apparentementeprivi di incisioni recenziori e perdipiù evidentemente in situ. Ciò automaticamente e per la primavolta rendeva possibile contemplare lo scavo e lo studio di una località del periodo problematicotra il Neolitico maturo e l’affermarsi dell’età del Rame, di ovvio interesse nel clima di studi chealcuni ricercatori stavano suscitando nella Valcamonica94. Si designa questo sito Camerata A (fig. 14).

89) Si intende dire che la cascata difficilmente spiccherebbenel viewshed: non la farebbe da protagonista nella visualeprincipale, per così dire. La visuale comprendeva altre cosedi presumibile pari interesse per i frequentatori dell’età delRame, fra cui eventuali abitati sul fianco vallivo antistante. Aquesto riguardo, va registrato che la fascia di Ceresolo-Bagnolooffriva certamente una grande vista, e la offre ancora: ciò ètanto più rimarchevole se si considera che ci si trova su unfianco di valle piuttosto incassato.

90) FEDELE 2011, p. 81, nota 19.

91) Da poco sopra il sito di Ceresolo si poteva cogliere, allimite con il cielo, una linea boscosa che era di fatto ilripiano di Violàs, da ritenere ammantato di fustaia più omeno densa con alberi di 20-30 m. Verso SW, pure al limitecon il cielo, si vede e si vedeva il versante di Plagne, non ilciglio di Asinino/Asnì. Lungo l’asse della conca di Bagnolosi coglie una linea boscosa dovuta al sovrapporsi indistintodegli orli di Violàs e di Pat. Non ha quindi fondamento laripetuta affermazione (POGGIANI KELLER 2004, pp. 138-139; EADEM 2007, p. 73 e 2009, p. 223) che i siti a statue-menhir di Pat, Plasagróp, Anvòia e Ceresolo siano in relazione

visiva fra loro; essi inoltre non sono posti alla distanza di ca.400 m l’uno dall’altro e non stanno tutti e quattro a un’altezza dica. 800 m s.l.m. come ivi asserito.

92) FEDELE 1995-a (ril. iconografico dei monoliti di A.E.Fossati, Coop. archeol. Le Orme dell’Uomo); IDEM 1995-b,pp. 71-74.

93) Si sottolinea la presenza di Angelo Giorgi non soltantoper la collaborazione alle osservazioni scientifiche del 1995,ma perché egli conosce la zona di Camerata fin da ragazzo eha legami familiari con la valle di Lòzio. Le notizie che seguonosono tratte dalla relazione Val di Lòzio - Camerata 21.8.95,documento d’archivio del Programma Ossimo (F. Fedele, 2pp., 1 carta).

94) La frase ovvio interesse deriva dalla relazione sopra citata. Siallude a due linee di ricerca separate che, verso il 1995, eranovenute in un certo senso a convergere: il problema del medio4° millennio e della genesi dell’età del Rame, particolarmentenella sfera ideologica, obiettivo che aveva ispirato il programmasull’altopiano di Borno poi subito sfociato nella scoperta enegli scavi di Anvòia e di Plasagróp (FEDELE 1990-c, p. 261;

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1994, pp. 135-136; 1995-b, p. 67; 2013, pp. 187-188); e il lavorodella Coop. archeol. Le Orme dell’Uomo sulle rocce concomposizioni topografiche di pari età a Paspardo, iniziato nel1988 (ARCÀ 1995; contributi di M. SIMÕES DE ABREU, A.E.FOSSATI e A. ARCÀ in La Castagna, pp. 3-56 e riferimenti).Va ricordato che nel 1990, con pubblicazione nel 1994, un

masso con motivi riferibili al 4° millennio era stato rinvenutoad Anvòia, purtroppo rimaneggiato (FEDELE 1995-a, fig. 14,rilievo di A. Fossati; FEDELE-FOSSATI 2012, p. 198, fig. 4).Più di recente è stato formulato l’auspicio che si possa studiareun sito intatto con massi tipo Borno del 4° millennio e/o delRame 1 (FEDELE 2011).

Fig. 14: L’area di Camerata di Lòzio nel suo contesto, con i dettagli topografici e archeologici relativi alle localitàA e B di Mulini di Camerata (dis. F. Fedele, desunto dalla Carta Tecnica Regionale della Lombardia 1:10 000,

sezione D4C1). Camerata A comprende un sito preistorico certo, Camerata B uno o più siti d’interessearcheologico da determinare.

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Ulteriori ragioni per giudicare di grande interesse Mulini di Camerata emergevano nel novembre1995. Lo scrivente era informato “per caso” da G. Zerla, di Ossimo95, che questi conoscevaCamerata e anzi la riteneva una scoperta sua, avendola elencata un due anni prima in una segnalazionecumulativa alla Soprintendenza archeologica. Egli rivelava in particolare di avere notato un frammentodi stele murato in una baita del posto. Si apprendeva giorni dopo che tra fine ottobre e inizio novembreegli era tornato a Camerata a riprendere un filmato VHS96. Il 12 novembre, come da tempoprogrammato, chi scrive e A. Giorgi svolgevano a Camerata una ricognizione di dettaglio confinalità essenzialmente geomorfologiche, in base alla quale era designato Camerata B il terrazzoquadrangolare a sud di Camerata A e a quota inferiore, dominante la confluenza del torrente diCamerata nel Lànico (fig. 14).

Si constatava in tale occasione la presenza del frammento di monolito dell’età del Rame (CMR4), inserito nella facciata della cascina posta al centro di Camerata B (“cascina B”, v. oltre), esoprattutto si acquisivano elementi per ritenere che il sito di origine del monolito si potesse trovaresul terrazzo medesimo. Se non sul terrazzo, tale sito si poteva trovare nelle vicinanze immediate.Ciò faceva di Camerata il secondo sito a statue-menhir della valle di Lòzio. Altrettanto importanteera l’apparente possibilità che un settore del terrazzo avesse ospitato un abitato coevo,congiuntamente forse a Camerata A, e in tal caso non dissimile – per organizzazione topografica– dall’insediamento B5-B17 riconosciuto su un fianco collinare al Castello di Breno97.

Gli studi su Camerata si potevano sviluppare soltanto nel 199798. Si effettuava una nuovaricognizione collegiale il 18 giugno. Ma, soprattutto, tra il 1997 e il 1998 era svolto dalla Cooperativa

95) In occasione di una conferenza dello scrivente alRotary Club di Breno, il 10 novembre, presente al colloquioA. Giorgi. Le notizie e i virgolati che seguono sono trattidalla relazione 1: Camerata e Val di Lòzio. 2: Ossimo-Borno -Escursioni e notizie 12.11.95, documento d’archivio delProgramma Ossimo (F. Fedele, 4 pp., 3 disegni).

96) Sono oscure le ragioni e le circostanze dell’improvvisointeresse di G. Zerla per Camerata, né si desidera soffermarsisul tema. Si ha ogni motivo di supporre che gli fosse giuntanotizia della ispezione a Camerata condotta dallo scrivente, eche essa fosse stata percepita come un’appropriazione

indebita: lo indicano sue azioni e dichiarazioni successive dicui è spiacevole, ma doveroso, fare cenno più oltre.

97) FEDELE 2003.

98) Arrestati nel 1996 sia per il lavoro esorbitante su OssimoAnvòia (A.E. Fossati impegnato nei rilievi dei monoliti, ilvasto incremento del 1995, nell’ambito di un contratto dicollaborazione dell’Università di Napoli; lo scrivente presoda pubblicazioni e dalla nuova campagna sul terreno); siaper non dare adito a ulteriori azioni di disturbo da partedi G. Zerla.

Fig. 15: Panorama di Mulini di Camerata da NW, punto a quota 770: Camerata A a sinistra, con i condominii,Camerata B a destra (foto F. Fedele, 2010).

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Fig. 16: Mulini di Camerata: A) Camerata A oggi, con il masso 2 sporgente dalla scarpata stradale; B) terrazzo diCamerata e vista assiale del solco del Lànico (foto F. Fedele, 2010).

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archeologica Le Orme dell’Uomo un primo esame dei blocchi incisi, data anche la specifica epressante richiesta del Comune di Lòzio, il cui Sindaco era stato portato a conoscenza del patrimoniodi Camerata alla fine del 199699. Al termine del 1998 era preparata per l’amministrazione comunaleuna relazione comprendente i rilievi e gli studi iconografici, che con adattamenti si riporta più avanti.

Contestualmente, soltanto nel gennaio 1999 pareva possibile stilare una segnalazioneadeguatamente documentata per la Soprintendenza archeologica (di seguito SAL)100. Si presentavaCamerata come un nuovo sito della preistoria di Valcamonica, e si concludeva la lettera con una richiesta:Dato il presumibile, rilevante interesse per i correnti studi sulla età del Rame in Valcamonica, richiediamo inoltrel’autorizzazione a svolgere nel 1999 ulteriori osservazioni che permettano di meglio censire il potenziale archeologicodella località. Ma la segnalazione, e pertanto la richiesta, rimanevano senza riscontro. Ciò segnava difatto la fine della fase ricognitiva intrapresa nel 1995101.

A quel momento, restava da compiere un rilevamento a tappeto di Camerata A, dove c’eranoblocchi appena intravisti: operazione a tutt’oggi non effettuata. Non potuta realizzare allora, per ilsilenzio della SAL e per altre incombenze, non vi sono più stati né motivazione né modo direalizzarla in seguito. Una causa fondamentale è stata la manomissione edilizia che il sito ha subitonel 2006-07 e sulla quale si torna brevemente più avanti. Soltanto di recente si è ritenuto doverosoe possibile riscontrare la situazione attuale con i dati del 1995-98102, e in tale contestopreliminarmente esaminare CMR 3, cioè il masso istoriato che la SAL, nel dare il nulla osta ailavori edilizi (dicembre 2006), dichiara di avere rinvenuto nel corso delle proprie ricerche e divolere proteggere e valorizzare.

F.F.

Studio della località: topografia, geomorfologia e potenziale archeologico. A parteuna breve menzione103, i siti di Mulini di Camerata sono rimasti finora inediti. La località d’interessecorrisponde al settore meridionale della frazione Camerata di Lòzio, delimitato a SW e a E,rispettivamente, dal solco del torrente Lànico e dal torrente che chiameremo di Camerata (figg.14-16)104. Questo secondo deriva dalla confluenza di torrenti che nascono sul fianco meridionaledella Concarena (rami della Sella, del Plagnone, di Santa Cristina, e superiore e inferiore diSommaprada105). Per gran parte dell’anno è ricco di acque e marcatamente sonoro, e si immettenel Lànico con un solco inferiore molto incassato. Grazie all’alimentazione idrica e solida e allapendenza, nel Tardopleistocene e in parte dell’Olocene esso ha apportato nella nostra localitàsciami ingenti di bloccaglia a massi.

Dislocazione topografica, geomorfologia e dati archeologici suggeriscono che si suddivida lalocalità d’interesse in due aree, Camerata A e B. Esse sono state introdotte più sopra e sonoanalizzate in dettaglio nella cartina di fig. 14. Camerata A consta di un pendio raddolcito a ripianetti,conchette, e numerosissimi massi grandi e piccoli, volto fondamentalmente a S, tra le quote di 790

99) Incontro del 30 dicembre 1996. Lo scrivente era statoinvitato dal Sindaco, arch. Giovambattista Pizio, a formulareun piano archeologico per la zona del Castello di Lòzio,ma aveva invece proposto Camerata, con lo specificosuggerimento di affidare un incarico per il rilievo deimassi incisi a Le Orme dell’Uomo.

100) Lettera raccomandata di F.F. e A.E.F. all’attenzione diR. Poggiani Keller, SAL, 2.2.1999.

101) Per sollecitazione e in compagnia di G. Zerla, loscrivente visitava un’ultima volta Camerata l’8 marzo 2000.L’anno prima, Zerla si era reso protagonista di alcunifastidiosi episodi negli stessi giorni in cui, da parte nostra,si approntava l’invio della relazione al Comune di Lòzio edella segnalazione alla SAL, dette sopra: tra fine gennaio eil marzo 1999 egli aveva annunciato come nuova la propriascoperta di Camerata, cercando il clamore (intervistetelevisive e a periodici locali, nonché l’articolo ZERLA-ZERLA 1999, uscito ad aprile, dove a p. 69 le primescoperte a Camerata di Lòzio sono retrodatate al 1989). Siail senso e il timing di questi atti improvvisi, sia, un anno

dopo, l’insistere affinché si vedesse Camerata insieme, sonorimasti inesplicati. G. Zerla si sarebbe marginalmenteinserito – ma senza prendere posizione né fare clamore –nelle vicende del 2006-07 concernenti lo scempio diCamerata A, delle quali si riferisce più avanti.

102) Per ora in forma preliminare, al solo fine di poterecompletare l’edizione degli studi destinata alla presentepubblicazione.

103) FEDELE 2011, pp. 81, 83, 86 (nota 41), 88, fig. 2:B; macfr. altresì DEFRASNE 2013, pp. 221-222, figg. 204-206.Purtroppo ancora inedito FEDELE c.s.-a (nota 3 e Addendum2009), e non professionale ZERLA-ZERLA 1999, p. 69.

104) A rigore, il territorio di Camerata si può riteneredelimitato a E dal gradino dell’ampio terrazzo prativo-coltivodi Sucinva, su cui corre un tratto della strada provinciale diLòzio.

105) Da W a E; denominazioni dello scrivente.

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Fig. 17: Mulini di Camerata: il masso Camerata 1 nell’inverno 1994-95 (foto G. Ragazzi).

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e 765 m, ubicato appena sopra i due tornanti più acuti della strada rotabile (quotati in carta 761,5e 772,6 m). Ai massi francamente erratici si associa una componente glaciale-torrentizia. La porzioneinvestigata corrisponde alla fascia inferiore, in cui si trova il sito preistorico primario individuatofino a oggi, costituito di massi incisi sopra terra106 (quota 770-775 m). Il sito occupa il prato e lascarpatina immediatamente a E di una cascina di recente rinnovata e ampliata, la cascina A. Mablocchi di pietra potenzialmente interessanti sono stati osservati sia nella fascia mediana, fin quasial torrente di Camerata, sia nella fascia sommitale N-NE, sotto la carreggiata stradale (fig. 14:f).

Camerata B coincide con una delle più interessanti morfologie della valle di Lòzio: il terrazzoquadrangolare formato dal cuneo di confluenza del torrente di Camerata nel Lànico, sopraelevatoin sinistra del Lànico e dominante il punto d’inizio della sua gola (o il punto di termine, risalendoverso monte). Lo si chiamerà il terrazzo di Camerata. Tipicamente triangolare a cuneo è il terzomeridionale. Il terrazzo è moderatamente inclinato verso S, con quota variante da 750 a 720 mcirca, e il dolce pendio presenta ondulazioni e gobbette intercalate a tratti orizzontali. La superficiediboscata e ormai apparentemente incolta sembra rimandare a una secolare utilizzazione – inprevalenza – come prato falciabile.

Il terrazzo di Camerata sembra da interpretare come una superficie alluvionale fossile collegataall’ultima fase di regresso glaciale locale. Un cordoncino morenico apparentemente frontale, eriferibile quindi al ghiacciaio pleistocenico assiale o “del Lànico”, tranciato dal Lànico attuale, èstato individuato nel 1995 presso il bordo W di Camerata B (fig. 14:b)107. All’estremità S il terrazzoè troncato da una vistosa scarpata di erosione alta da 15 a 20 m, dovuta al Lànico e di aspettofresco (da erosione regressiva subrecente?), che espone materiale essenzialmente morenico condeboli indizi di fluvioglaciale108 (fig. 14:a). Camerata B è quindi un potente piastrone ritagliato eisolato dall’erosione torrentizia in un anche più poderoso accumulo morenico e fluvioglaciale109.

Ridotta e invasa da bosco, la sezione ora descritta accompagna in sinistra il torrente fin quasi alponte 743, 150 m a monte, delimitando a W il terrazzo di Camerata. Si segnala il ponte perché illuogo coincide con un punto di traversabilità del Lànico, di fatto il primo verso monte dopo laforra e il lungo solco incassato. Qui la strada attuale attraversa il Lànico ad appena 5 m sopra iltalweg. C’è poco dubbio che questo punto guadabile a Mulini di Camerata abbia svolto un ruolocruciale nei collegamenti e nell’insediamento preistorico, così come risulta essere stato un fulcro ocrocevia della viabilità premoderna della valle, preindustriale se non pre-rotabile110.

Nel terzo inferiore del terrazzo, isolata al centro, si trova la cascina quotata 725, largamenteadibita a stalla, che per l’interesse archeologico denominiamo cascina B (figg. 14 e 22:B). Interessanteil cono visuale da questa zona inferiore del terrazzo verso la bassa valle di Lòzio in direzione S-SE

106) Nonché, apparentemente, di un depositoarcheologico del quale si ha soltanto notizia indiretta: v.Camerata A: alterazioni edilizie 2006-07, nota 137.

107) Alla radice del cordone morenico si trovano duegiganteschi castagni (fig. 14:e), degni di nota non soltantoin termini estetici e di storia agraria, ma perché potrebberofornire una sequenza climatica locale per gli ultimi secoli,mediante carotaggio dendrocronologico comeprogrammato a suo tempo. Nel 1995 essi hanno perfinosuggerito di chiamare Camerata B il Luogo dei Castagni.

108) Morenico in quanto non stratificato, a parte lentipoco distinte di rideposizione apparentemente fluviale.La sezione presenta clasti fortemente eterometrici, ablocchi, in matrice perlopiù sabbiosa, grigio-scura in bassoe più chiara o giallastra verso l’alto. La litologia constaperlopiù di arenarie, fra cui varietà viola-rossicce. Lacomposizione dei ciottolami nel letto mostra dal 10% al50% di arenarie e conglomerati quarzosi varicolori, spessovioletti o rossi, di dimensioni prevalenti da 0,5 a 2 m didiametro. La sezione di Camerata e l’alveo del Lànico finoal ponte 743 sono stati studiati da chi scrive il 9 novembre1990 (documento di 4 pp., 1 carta, nell’archivio Borno-Ossimo Survey).

109) Mezzo chilometro a valle, in località Pòia sotto Sucinva,il pacco di accumuli pleistocenici intagliato dal Lànicoraggiunge spessori da 50 a 150 m, con orizzonti cementatiin alto e ben noti pinnacoli di erosione verso l’alveo, opiramidi di terra (studio 9.11.1990, come a nota precedente).

110) È parte di questa secolare viabilità la strada che percorrein direzione N-S il terrazzo di Camerata, e che sussiste investigia per alcune decine di metri sfiorando il lato Wdella cascina B (fig. 14:c). Sotto la cascina, nell’ultimo tratto,la strada cessa di seguire l’immersione del pendio e piega aSW, come per discendere nel solco del torrente eguadagnare il punto di guado. Si tratta di una strada costruitacon cura, fiancheggiata sul lato W da un muro a blocchi emassi (spontanei) e sostenuta sul lato E da tratti diterrazzamento pure “ciclopico”. Entrambi i muri sonovariamente interrati e decaduti e quindi non apprezzabilinella loro presumibile imponenza originaria. Presso lacascina B, la strada fu tracciata scostando appena i grandiblocchi lì presenti, o fiancheggiandoli. Va ricordato che lavalle di Lòzio è rimasta appartata e priva di strada rotabilefino al 1927-29: nelle parole di A. Giorgi, una valle dimenticata,usata più o meno soltanto per la pastorizia (comunicazione orale1995; cfr. Ceresolo e Bagnolo: toponomastica storica).

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Fig. 18: Mulini di Camerata: A) il masso Camerata 1; B) Camerata 2 (foto F. Fedele, rispettivamente 1995 e 2014).

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(fig. 16:B)111. L’esistenza di un sito archeologico lato sensu sul terrazzo di Camerata è indicata daimassi con coppelle CMR 5-7 e da presumibili altri. La possibilità che qui esista anche un sitopreistorico – il sito a monoliti dell’età del Rame indiziato dal frammento murato in cascina B(CMR 4) – è suggerita dalle osservazioni del 1995-2000; la si illustra meglio più avanti. Il terrazzodi Camerata si raccorda all’area di Camerata A con una fascia di pendio mediamente acclive aquota 750-765, su cui oggi corre la strada rotabile e si trovano una casa e un edificio ruraleminore, oltre a blocchi e massi, perlopiù in prossimità del torrente di Camerata.

Venendo alle osservazioni di dettaglio, si può segnalare che Camerata A è stata fino all’ediliziarecente un’area di prati falciabili. C’è evidentemente nell’area una placca di morena a blocchi, aclasti eterometrici poligenici, semisepolta da colluvium. Almeno una depressione nel prato, su unripiano, può indicare degli house-grounds più o meno antichi112. La maggior parte dei massi grandie piccoli qui presenti è di arenarie, perlopiù violette fini, con esemplari di un distinto litotipo grigio-violetto chiaro a grandi inclusi, constatato in altre parti della valle di Lòzio (fra cui a Castegno Büso,v. oltre) e in varianti di contesto archeologico a Ossimo Anvòia113. Sempre più la valle di Lòzio,almeno nei tratti superiore e medio e a varie quote, si rivela ricchissima di blocchi di tali arenarie.Il margine e i rilievi settentrionali dell’altopiano di Borno (Doàne-Àgolo-Corno della Luna, distrettodell’Inferno...) possono essere stati raggiunti da questa distribuzione, se è corretto pensare che iblocchi violetti qui localmente assai diffusi debbano provenire dal bacino del Lànico, in seguito atrasfluenze glaciali dalla valle di Scalve114.

I due massi erratici con figure topografiche formalmente rilevati (v. oltre) fanno parte delcontingente morenico.

- Camerata 1: cospicuo masso globoso semisepolto, sopra terra per circa metà, di arenariavioletto-grigia (figg. 17 e 18:A); misure non rilevate;

- Camerata 2: masso ovoide-tabulare (?) di arenaria fine omogenea violetto vivo, sporgentedalla scarpatina e interrato nella metà a monte, forse appena più piccolo del precedente (figg. 16:Ae 18:B); misure della parte esposta ca. 2×2×1,5 m.

Camerata B, se ci si riferisce alle condizioni della tarda preistoria e in particolare del 4°-3°millennio, deve avere rappresentato una superficie facilmente diboscabile in un paesaggio intravallivoche, tranne i luoghi di azione umana, è stato sempre ricoperto fondamentalmente di bosco. Sulterrazzo, a parte osservazioni più difficili da valutare, una sola morfologia di piccola scala è parsainteressante ai fini del potenziale archeologico sepolto: un rialzo piatto orizzontale situato a NEdella cascina B, presso il bordo sul torrente di Camerata (fig. 14:d). In teoria, monoliti eretti ocaduti di un sito a statue-menhir potrebbero essere rimasti affioranti qui.

Lo spezzone di statua-menhir Camerata 4, murato nella cascina (fig. 22), deriva da un blocco diarenaria medio-fine giallino-beige, a faccia piana. Non sono stati visti nell’edificio altri sicuri frammentidello stesso blocco, ma roccia affine è rappresentata. Va notato al riguardo che la cascina-stalla ècompletamente costruita con pietrame eterometrico e frantumi di massi del luogo stesso, o al piùdel torrente di Camerata a monte, per quanto si è potuto vedere115. È molto improbabile chemassi o blocchi sopra il metro siano stati prelevati nel Lànico o nel basso torrente di Camerata,data la profondità dei talweg. Elevata quindi la probabilità che anche la statua-menhir giacesse sulterrazzo o appena a monte. Quanti altri monoliti o loro frammenti siano inglobati nella cascina èimpossibile dire. Due blocchi della muratura sono molto seducenti in tal senso, e uno, verso labase del muro NE, sarebbe estraibile.

111) Non c’è però intervisibilità con Ceresolo né con ilmargine dell’altopiano di Borno (distretto dell’Inferno),date la sinuosità e la montuosità laterale della parte inferioredella valle.

112) Sul termine house-ground, corrente nell’archeologiascandinava per indicare cicatrici in terra di edifici, sirimanda alla estesa elaborazione nell’ambito del ProgrammaValchiavenna (per es. FEDELE 1998, pp. 95, 118-119).

113) Litologia 2014, documento d’archivio del ProgrammaOssimo (ved. sopra, Ceresolo, nota 34).

114) Ricerche dell’autore a iniziare dal 1988/89. Per ildistretto dell’Inferno, teoricamente esposto ad apporti ditrasfluenza scalvina tramite la Croce di Salven, la questionedella provenienza può essere più complicata. Questiproblemi geologici esulano dai limiti dell’articolo.

115) Le rocce rappresentate nei massi di Camerata B, a unaprima stima (1995) e in ordine di frequenza decrescente, sono:1) arenarie e conglomerati varicolori, perlopiù permiani; 2)gneiss e rocce metamorfiche chiare; 3) calcari vari, anchemassicci e incarsiti.

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Fig. 19: Mulini di Camerata: rilievo del masso Camerata 1 (dis. A.E. Fossati-E. Marchi, Coop. Le orme dell’Uomo).

È indubbio che per la costruzione della cascina, o delle precedenti da cui può essere derivata,fu usata una grande quantità di pietre, spietrando ampiamente il terrazzo e quindi privandolo deiblocchi e dei piccoli erratici di cui doveva essere costellato. Qui come a Camerata A, e più amonte in Camerata abitato, le cascine e le case tradizionali debbono avere ingoiato ingenti quantitàdi bloccaglia. Lo stesso avvenne per la costruzione della vecchia strada citata a nota 110. Comedappertutto in montagna, il prelievo a scopo edilizio offrì per secoli il beneficio aggiuntivo dispietrare i prati falciabili e i pascoli116. Prima dello spietramento, se ubicata qui, la creazione di

116) Questi fatti sono stati indagati archeologicamente a OssimoAnvòia: un contributo preliminare in FEDELE c.s.-b.

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Fig. 20: Mulini di Camerata: rilievo del masso Camerata 2 (dis. A.E. Fossati-E. Marchi, Coop. Le orme dell’Uomo).

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Fig. 21: Mulini di Camerata: rilievo dei blocchi Camerata 5-7 (dis. A.E. Fossati-E. Marchi, Coop. Le orme dell’Uomo).

un’area a monoliti potrebbe essere stata influenzata o ispirata dalla dovizia di blocchi e massi,perfettamente idonei alla statuaria calcolitica per qualità litologica e per assortimento di forme.

Nell’insieme, la località di Mulini di Camerata offre (o meglio ha offerto fino al 2006) laplausibile compresenza in breve raggio di un sito a statue-menhir del 3° millennio e di un sitoverosimilmente cultuale con massi del 4° millennio e/o Rame 1117. Come tale essa presenta unanotevole affinità topografica e storico-culturale con il sito 1 del Valsèl de Fí sull’altopiano diBorno, il sito del masso Borno 1118. La coincidenza, in uno spazio di appena 300×300 m o meno,di ben sette fattori favorevoli – un ampio terrazzo piano, un soprastante pendio ondulato beneesposto, accumuli di terreno aerato coltivabile119 o arabile, la presenza costante di acqua vicina,

117) FEDELE 2011, p. 88.

118) Affinità in base alle osservazioni di F. Fedele e di S. Ponisul Valsèl de Fí, 2004-06 (come in FEDELE 2011, p. 86).

119) Con il bastone-zappa o Furchenstock neo-calcolitico(FEDELE 2011, p. 90, nota 58 e bibliografia).

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l’abbondanza di pietrame utile e di massi, la protezione alle spalle associata alla dominanza visuale120,e la transitabilità imperniata sul guado – suggerisce di avere qui una località privilegiata dellafrequentazione preistorica, con carattere multifunzionale, insediamento incluso, almeno a cominciaredal 4° millennio121.

A prima vista, fin dall’agosto 1995, talune caratteristiche inducevano a pensare che CamerataA, in teoria, avrebbe potuto persino ospitare un abitato neo-calcolitico, in tal caso associato ai massitipo Borno122. Appare tuttavia più plausibile che occupazioni insediative siano da cercare sul terrazzodi Camerata, o ai margini, o in posizioni non lontane di topografia consimile. Non è facile, inastratto, immaginare la localizzazione di dettaglio dell’area a statue-menhir, e/o di un abitato, suuna superficie di circa 18 000 m2 quale è quella del terrazzo di Camerata. Proprio questeconsiderazioni, con le loro difficoltà e con la loro promessa, avevano motivato le progettatericerche del 1999 miranti a censire il potenziale archeologico della località123.

F.F.

Rilievo e studio dei blocchi incisi124. A seguito della segnalazione della presenza di alcunimassi istoriati in località Camerata, si è effettuato uno studio preliminare del sito. Durante l’indaginenell’area è stata accertata la presenza di cinque massi istoriati e di un frammento inciso di stele. Tredi questi massi sono erratici di arenaria permiana, in posizione primaria o rideposti dai torrenti:sono stati levigati e trasportati in questa conca ad opera dei ghiacciai pleistocenici. All’epoca dipenetrazione dell’uomo in questa parte della valle i massi, scelti per l’aspetto della loro superficiee per la particolare posizione, sono stati incisi forse con particolari intenti rituali. Gli altri duemassi, di calcare, si trovano sul terrazzo più in basso, lungo il corso del torrente Lànico (CamerataB) ed hanno caratteristiche litologiche completamente differenti rispetto ai precedenti. Il frammentodi stele, di arenaria di colore grigiastro-giallo, è inserito nel muro di facciata della cascina più a vallenella conca di Camerata (la cascina B, ved. sopra). La località nel suo insieme presenta caratteristichearcheologiche e paesaggistiche di notevole interesse: la presenza di queste incisioni potrebbe esseresegnale dell’esistenza di un’area di culto simile a quelle rilevate in aree vicine (Ceresolo-“Bagnolo”e il margine dell’altopiano di Borno).

La pulizia delle superfici ha permesso di appurare la presenza di incisioni di mappe topografichesui due massi di Camerata A, dislocati nel prato a est di una cascina (la cascina A, ved. sopra), sultornante della strada che conduce ai diversi abitati di Lozio (massi CMR 1-3125). Al di sotto diquesto tratto di strada, vicino ad una cascina, lungo il torrente laterale che si getta nel Lànico, suidue massi di calcare citati sono state rilevate alcune coppelle (CMR 5 e 6). Sul masso di arenaria aipiedi della cascina B si trova solamente una grossa vaschetta (CMR 7). Questa cavità artificialepotrebbe essere stata utilizzata per scopi pratici: si trova infatti proprio nei pressi dell’ingresso posterioredell’edificio. Il frammento di stele, infine, inserito nel muro della stessa cascina (CMR 4), presenta partedi un fascio di linee, quale ricorre in figure caratteristiche di stele dell’età del Rame.

È stato eseguito il rilevamento di tutte le incisioni presenti sui cinque massi e sul frammento distele126. Ciascun masso è stato catalogato con la sigla CMR, indicante la località di Camerata,

120) In senso fenomenologico, una delle persistentiimpressioni nel visitare Mulini di Camerata è l’abbinamentodi luogo bene esposto, nonché aperto alla vista assiale sulsolco del Lànico a valle, e di luogo protetto e “racchiuso”.Di fronte si erge come irregolare bastione il fianco delCorno della Luna, che culmina quasi 800 m più in alto.

121) Con possibilità di frequentazione fino dal Paleoliticosuperiore, come si annotava nell’ultima visita, a confermadell’eccezionale ampiezza e interesse [archeologici] di Camerata:Camerata di Lòzio - Visita 8.3.2000, documento d’archiviodel Programma Ossimo (F. Fedele, 1 p., 1 carta). Si spera dipotere sviluppare in futuro le ragioni di tale ipotesi.

122) Relazione Val di Lozio-Camerata 21.8.95, sopra citata.Cfr. sezione precedente, nota 97.

123) Da cui la richiesta alla SAL del 2.2.1999 (v. sez. precedente).

124) Questa sezione riproduce, con piccoli adattamenti, larelazione dal titolo Intervento preliminare di rilievo e studio dei massiincisi in località Camerata (Comune di Lòzio) (7 pp., 6 tavole, senzadata ma 1998/99), preparata dalla Cooperativa archeologica LeOrme dell’Uomo (A.E. Fossati ed Elena Marchi) perl’amministrazione comunale di Lòzio, con comunicazionealla Soprintendenza archeologica della Lombardia.

125) Il masso CMR 3 non è stato ancora formalmente rilevatodallo scrivente.

126) La tecnica utilizzata è stata quella classica del rilievo acontatto, con fogli di polietilene trasparente direttamenteattaccati alla roccia mediante gomma adesiva. Si sono utilizzatipennarelli indelebili neri per le incisioni prodotte dall’uomoe pennarelli di colore rosso per le fratture naturali della roccia.I rilievi ottenuti sono stati ridotti in scala 1:4 per un piùagevole studio.

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Fig. 22: Mulini di Camerata, località Camerata B: A) il frammento murato Camerata 4 (ril. e dis. A.E. Fossati-E.Marchi, Coop. Le orme dell’Uomo); B) il suo contesto (foto F. Fedele, 1995).

La figura incisa sul frammento è qui interpretata come parte di un elemento a U.

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seguita da un numero progressivo: questa la siglatura impiegata nelle figure127. Colloquialmente sipotrà parlare di Camerata 1-7. Si è evitato per il momento di soffermarsi su massi che, puresospettati di portare segni incisi, non sono stati ancora sottoposti a un’indagine formale previaripulitura. I temi iconografici dei massi di Camerata si prestano ad un’analisi che si presenta qui diseguito insieme ai rilievi delle incisioni (figg. 19-22).

Le raffigurazioni topografiche: Camerata 1 e 2. Le figure dette topografiche o mappe sonofra le più antiche incisioni presenti in Valcamonica e sono datate, in base all’analisi dellesovrapposizioni e in base ai confronti iconografici, alla fase finale del Neolitico o alla prima età delRame (IV-III millennio a.C.). Esse sono eseguite sia sulle rocce piane inamovibili, sia sui massi e sullestele, dove costituiscono sempre la prima fase incisoria. Si riconoscono varie tipologie figurative:

1) a macchia, aree sub-rettangolari completamente picchiettate;2) a doppio rettangolo, formate cioè da due rettangoli di cui uno di dimensioni maggiori, avolte con un punto nel centro; questi doppi rettangoli sono stati realizzati a linea di contorno,oppure completamente picchiettati;3) a griglia;4) a gruppi di coppelline (cioè pallini picchiettati) o di piccoli segmenti (detti anche“maccheroni”);5) a forma ovale, a volte completamente campita o a linea di contorno, talvolta contenenterettangoli;6) a linea (perimetrali o di collegamento), detta anche “a bandoliera”.L’associazione di questi differenti motivi (doppi rettangoli, forme ovali, gruppi di punti, linee

ecc.) forma composizioni complesse che, talvolta, sono state definite modulo comune o anche mappea fungo per la loro strana conformazione. In ogni caso esse evocano l’immagine di una mappa-villaggio o di terreni coltivati o di proprietà. L’inizio dell’arte rupestre camuna si colloca dunque inuno sfondo tematico strettamente legato alla terra, al suo dissodamento e alla sua coltivazione.

L’area di diffusione di queste figure in Valcamonica comprende siti posti spesso ad una certaaltitudine, in posizione panoramica sui due versanti: Paspardo, Pià d’Ort (Pescarzo di Capo diPonte). Anche Camerata, con i due massi incisi con figure topografiche CMR 1 e 2 (figg. 19 e 20),nonché con il masso CMR 3128, è una conferma della scelta di luoghi aperti e panoramici pereseguire questo tipo di istoriazioni.

Le coppelle: Camerata 5 e 6. Queste piccole “coppe”, ricavate in gruppi sulle rocce di tuttele vallate alpine ed europee129 (ma potremmo dire in tutto il mondo), sono sempre state un problemaper una seria interpretazione archeologica, tanto da rendere prevalente l’ipotesi di una loro genericadistribuzione lungo un ampio arco cronologico130. In realtà nuovi elementi offrono oggi un quadromolto più definito. Alcuni dati fondamentali provengono dalle rocce della Valcamonica: in alcunearee una figura su tre appartiene al gruppo coppelle e canaletti che comprende coppelle levigate,picchiettate, cerchiate, allineate o in formazione a rosetta, segmenti lineari e serpeggianti, reticoli dicanaletti. In molti casi le coppelle sono state incise successivamente rispetto a tutte le altre figure(dagli antropomorfi ai meandri). Alcune recenti osservazioni indicano che, con l’avanzare del

127) Nella relazione 1998/99 il numero era stato assegnatopartendo dal punto di maggiore altitudine e scendendoverso valle.

128) Il masso CMR 3 è una sorta di prisma coricato spigolosoparzialmente interrato, di arenaria grigio-violetta chiara agrandi inclusi, lungo ca. 3 m e alto fuori terra 1,5 m. Sullaestesa superficie che forma la cima si nota, a est, un cerchiopicchiettato un po’ quadrotto del diametro di ca. 15 cm,mentre sul fianco subverticale volto a sud vi sono uno o piùrettangoli doppi. Si è quindi nell’ambito delle figuretopografiche del Rame 1. CMR 3 si trova appena a monte delcomplesso edilizio del condominio Camerata, nella proprietàrecintata, laddove l’erto declivio (di 45°-50°) è stato mutato inuno spazio per giochi e per barbecue (fig. 14, n. 3; v. la sezione

successiva). Nel 1995-98 questa parte di Camerata A era statasoltanto ispezionata rapidamente, in quanto ci si ripromettevadi investirvi lavoro in futuro. [F.F.]

129) ARCÀ-FOSSATI 1995.

130) Anche più problematico il discorso sul significato,che è ancora aperto: la tridimensionalità delle coppelle e lapresenza di numerosi canaletti rendono plausibile l’utilizzostrumentale legato allo scorrimento di liquidi, che ben siadatterebbe ad un’ipotesi cultuale o sacrificale. Questafunzione potrebbe aggiungersi ad altri atti rituali qualidepositi votivi, offerte o sacrifici vaticinatori differenziatia seconda delle fasi cronologiche e della dimensione dellecoppelle.

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Fig. 23: Castegno Büso, masso 1: A) vista generale; B) la faccia con la figura a doppio rettangolo;C) l’esigua faccia piana con tondini picchiettati, a sinistra della palina (foto A.E. Fossati).

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tempo, non solo le coppelle hanno assunto dimensioni e profondità maggiori, fino ad arrivare aquelle grandi e di forma cilindrica della seconda età del Ferro, ma anche che vi è stato un progressivoincremento nella ramificazione dei canaletti. In molti casi probabilmente le coppelle sono stateeseguite durante le fasi intermedie dell’età del Ferro: le sezioni non sono molto profonde e denotanoancora un’esecuzione da strumento litico.

I due massi con coppelle CMR 5 e 6 di Camerata (fig. 21) sono di interesse eccezionale inquanto di roccia calcarea, tipo litico raramente utilizzato, soprattutto là dove è presente arenaria.La scelta degli istoriatori sarà stata dettata da motivazioni che al momento attuale ci sfuggono.

Camerata 4 (fig. 22 A). Cinturone o collana? Sul frammento di stele CMR 4 è possibilesolamente intravvedere alcune linee ricurve che dovevano far parte di una composizione piùampia. Si è pensato finora a un cinturone. Motivo presente sulle stele ed i massi incisi dell’età delRame dell’area camuna e soprattutto alpina più in generale (stele altoatesine e telline), il cinturonesi trova associato per lo più con raffigurazioni di armi, tese a simboleggiare l’entità maschile. InValcamonica compare per esempio al Capitello dei Due pini (Paspardo), sui massi Borno 6 eOssimo 3, 6, 8 e 12131 (tutti dell’altopiano di Borno), e sul masso Ceresolo 1 in val di Lòzio (giàBagnolo 1, questo articolo)132.

A un primo riesame, l’andamento fortemente curvilineo delle linee potrebbe però far pensareanche ad un elemento ad U, solitamente identificato come collana a più fili. Esso è spesso associatoalle figure di pendagli a doppia spirale e a pettini, rappresentazioni tipiche dei monoliti consimbologia femminile133. Questa è l’interpretazione che si suggerisce in fig. 22:A.

A.E.F.

Camerata A: alterazioni edilizie 2006-07. Lo studio di Mulini di Camerata presentato piùsopra, e la stessa cronistoria della sua individuazione scientifica, vanno completati con una brevenotizia delle alterazioni subite dall’area Camerata A nel 2006-07. Oggi il sito e il paesaggio non sipresentano più come li abbiamo descritti, e si stima che il potenziale ai fini della ricerca preistoricasia stato compromesso in gran parte, oltre alle evidenti perdite per distruzione.

Quanto avvenuto è bene espresso nella lettera inviata da A. Giorgi alla SAL e al Sindaco diLòzio il 18 agosto 2006: Con grande stupore e sconcerto, trovandomi a passare in data odierna per la localitàdi Camerata, ho constatato che l’area archeologica con presenza di incisioni su massi è stata completamente distruttaed invasa da un cantiere edile che sta portando a termine, se non ho inteso male, un complesso residenziale di notevoleestensione134. Ne seguiva un vivace e istruttivo scambio tra gli autori del presente articolo, da unaparte, e Comune e SAL dall’altra135. Nell’inverno-primavera 2006-07 l’edificazione del condominio“Camerata” (questo il nome) era tuttavia compiuta. Sul luogo l’attività edilizia è proseguita negli

131) Nonché su altri frammenti recentemente rinvenuti a Ossimo.

132) Sul motivo del cinturone si veda ora FEDELE-FOSSATI 2014, con bibliografia.

133) I motivi femminili sono stati recentemente esaminati daS. Casini in un esauriente contributo: si veda CASINI 2010.

134) E-mail 18.8.2006, altresì inviata a Soprintendenze provincialie regionali e comunicata in pari data allo scrivente affinchévedesse che cosa fosse utile fare. La lettera prosegue ricordandoil valore della località, le indagini fatte su richiesta del Comune,e la relazione del 1998/99, evidentemente ignorata. Lo scriventeleggeva a fine agosto e inviava una lettera agli stessi destinatariil 31, informandone A.E. Fossati. Non posso non aderire alla motivatae vibrante lettera del prof. Giorgi, che sottolinea una situazione didisinformazione e di incuria purtroppo diffusa in Valcamonica al di làdelle parole e delle buone intenzioni. Circostanze diverse mi hanno portatoa occuparmi della località di Camerata in prima persona a iniziaredall’agosto 1995, mentre sviluppavo lo scavo e il tentativo di comprensionedel sito a statue-menhir di Ossimo Anvòia. [Sono] convinto, in base aosservazioni archeologiche e geomorfologiche, del rilevante potenziale dellalocalità per l’archeologia preistorica e specialmente per il Neo-Calcolitico(F.F., e-mail 31.8.2006). Nella lettera si ricordava inoltre l’esistenza

della relazione scientifica ed era trascritto un ampio stralciodella segnalazione alla SAL, entrambe di sette anni e mezzoprima e dileguate nella disattenzione.

135) Con la citata e-mail del 31 si incrociava (30 agosto) unarisposta del Sindaco di Lòzio, sig.a C. Fiorani, in cui – fraaltre cose che non vale la pena ricordare – si asseriva che damesi i lavori edili si [svolgevano] sotto il diretto controllo dellaSovrintendenza per i Beni e le attività culturali. Il 15 settembre laSAL comunicava ad A.E. Fossati di avere appreso dei lavorieffettuati dalla Cooperativa Le Orme dell’Uomo e, citando lalegislazione, lo invitava a conferire con urgenza e a fornire ladocumentazione e ogni notizia utile sul sito. Insieme alla pertinenterisposta, era pertanto reinviato in copia quanto già fattoconoscere sette anni e mezzo prima (A.E.F., 25.9.2006). Questomateriale era finalmente preso in considerazione, se purenon apprezzato nel contenuto scientifico (v. oltre), se sortival’effetto di fare scattare indagini archeologiche preventive, mesi dopoil compimento di uno scavo edilizio ammontante a ca. 1300m2. La SAL dava il nullaosta scritto alla prosecuzione deilavori edilizi il 15 dicembre ringraziando perfino dellacollaborazione (lettera all’impresa Edilmora S.p.A. e al Sindacodi Lòzio, resa nota ad A.G. nella copia del Comune di Lòzio,timbrata per ricezione 21.12.2006).

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Fig. 24: Castegno Büso, masso 2: viste complessive (foto A.E. Fossati).

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Fig. 25: Castegno Büso, masso 2: lato verticale,particolare (foto A.E. Fossati).

anni successivi ed è tuttora in corso.In riferimento a Camerata A, il riscontro

della situazione attuale con i dati del 1995-98ha permesso di appurare che: 1) il grande massoCMR 1 non esiste più, poiché è stato fattobrillare all’inizio dei lavori nella primavera2006136; 2) il masso minore CMR 2 èabbandonato sulla scarpatina erosa appena alpiede delle case a schiera (figg. 15 e 16:A); 3)un’area di ca. 1300 m2 è stata privata dei blocchie massi esistenti e largamente o totalmenteescavata con presumibile eliminazione deldeposito olocenico137. Nelle parole di uno deicorrispondenti citati più sopra, sono questi irisultati conseguiti sotto il diretto controllo dellaSAL. La vicenda di Camerata A è istruttivacirca gli incidenti in cui può incorrere la“valorizzazione” del patrimonio archeologicodella Valcamonica, appena ai margini dei centridel clamore culturale e turistico138. Come alcuniindizi suggeriscono (2014), il prossimocandidato per un destino analogo è CamerataB, dato che il boom edilizio nella frazione è inpieno corso.

F.F.

“Castegno Büso”

Il sito in Comune di Ossimo139 (fig. 1) conosciuto localmente come Castegno Büso è stato riconosciutodallo scrivente nel 1997 su informazione di Simona Bottichio di Ossimo. La presente descrizione è deltutto preliminare140.

Al momento sono stati individuati due massi di arenaria violacea, posti a monte e a valle della

136) Informazione orale. Un frammento compatibile con CMR1 si trova in una strutturina a secco sul davanti del condominio.

137) Non è facile fare uso di quanto avrebbero portato inluce le indagini preventive menzionate nella comunicazioneSAL del 15.12.2006: È stato completamente indagato il depositoarcheologico consistente in tracce di frequentazione di età romana e inuna serie di rari focolari di età pre-protostorica in corso di datazione.Si coglie l’occasione per ringraziare della collaborazione [...] nellamessa in protezione, tramite recinzione e copertura, del masso istoriatorinvenuto nel corso delle ricerche e destinato a essere valorizzato nellospazio aperto a monte delle case [in realtà già noto a locali, come siè appreso da poco, e forse compreso fra quelli ambiguamentemenzionati da G. Zerla nel marzo 2000, v. sopra; ndr]. In propositosi chiede, quando saranno completati i lavori edilizi e si procederà conla sistemazione definitiva dell’area, di voler concordare con questoufficio le opere di valorizzazione del masso con incisioni tutelato aisensi del D. L.vo 42/2004. Meritorie dichiarazioni, che peròlasciano perplessi di fronte al trattamento riservato ai due massidel Rame 1 già rilevati e studiati dal prossimo, e presumibilmentetutelati anch’essi dal decreto legislativo. Si deve desumere che sisia preferito non leggere con attenzione la relazione Fossati néammettere il destino dei due massi, il primo dei quali già distruttoavanti il mese di agosto. Quanto alle tracce romane e pre-protostoriche,addirittura comprendenti focolari, da una parte non le si vuolemettere in dubbio, e si accetta quindi volentieri l’esistenza di un

deposito archeologico a Camerata A, ma nello stesso tempo nonpare possibile collocarle in un normale tessuto scientifico. Si trattadel resto di due righe in una lettera d’ufficio destinata a unnullaosta ormai presumibilmente dovuto, e può valere la penanotare che, in otto anni, non ne è apparsa notizia a stampa, nemmenonell’annuario dell’ufficio estensore.

138) Cfr. il commento in FEDELE c.s.-a, Addendum 2009.

139) Perché Ossimo possiede territorio sul fianco elevato dellavalle di Lòzio (l’intero settore medio-alto del Corno della Luna),in un assetto amministrativo in cui spettano invece ai comuni diMalegno e di Lòzio il fianco basso e il resto della conca valliva?Non si tratta necessariamente di un possesso costante e antico: vipossono essere state oscillazioni in età storica; fino al 1600 ipascoli di Àgolo e Agolino furono proprietà terriera dei Nobili diLòzio, ceduta con la fine della dominazione veneziana (siringraziano S. Poni e “Tone” Giorgi per le informazioni). Ma laquestione è da porre in quanto, in via teorica, può concernere irapporti tra valle e altopiano da antica data, e in generale puògettare luce sulla percezione socioculturale del territorio nel corsodel tempo (v. sopra, Ceresolo, nota 85). [F.F.]

140) Il sito è stato finora menzionato in FOSSATI 2007, p.79, e con il sussidio di informazioni personali delloscrivente in FEDELE 2011, pp. 86 (nota 41) e 88.

89

Fig. 26: Castegno Büso, masso 2: lato verticale, particolare (foto A.E. Fossati).

141) È auspicabile che il Comune di Ossimo ponga unfreno a questa attività vietando le discariche che mettono a

rischio l’accessibilità e la conservazione del masso 2.

strada che da Ossimo Superiore conduce a Villa di Lòzio. L’area è costellata di massi simili,probabili lasciti glaciali, anche con differenti litologie: si riconoscono scisti filladici, conglomerati,marne.

Castegno Büso 1 (fig. 23; misure massime: h. 185 cm, l. 85 cm, profondità-spessore 130 cm),a monte della strada, è un masso di forma irregolare, parzialmente interrato e composto da dueporzioni rocciose di morfologia sub-cubica, con facce piuttosto erose e con parziali distacchi edesfoliazioni superficiali. Una di esse presenta una figura a doppio rettangolo a linea di contorno,su un’altra faccia piana si intravedono dei gruppi di tondini picchiettati.

Castegno Büso 2. Il secondo masso (fig. 24; misure massime: h. 500 cm, l. 600 cm, profondità-spessore 440 cm), a valle della strada, è un grande masso di forma tondeggiante adagiato sulversante. La parte verso monte (cioè a W) è parzialmente interrata e va sempre più interrandosivisto che la porzione a valle della strada viene utilizzata come discarica di inerti e di materiali edilidi vario genere141.

Il masso mostra incisioni su tre aree (ma almeno due facce sono parzialmente ricoperte damuschi e non è facile intravvedervi motivi figurati): si notano delle composizioni topografiche adoppio rettangolo, tondini picchiettati a volte raggruppati in file ordinate o a linea, figure ovoidali(figg. 25-26). Inoltre è stato possibile osservare la presenza di figure a macula, cioè aree sub-rettangolari picchiettate, che al momento si situano nella fase più antica della cronologia delle

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figure topografiche sia sulle rocce inamovibili che sui monoliti142. Per una ispezione completa ilmasso necessiterebbe di una pulizia approfondita.

La parte sommitale del masso 2 è la zona più nettamente istoriata, con una grande composizionetopografica composita (fig. 27). Essa sembra mostrare anche figure realizzate a solco continuo, ilcui significato e la cui posizione stratigrafica rispetto alle figure topografiche vanno meglio indagati.Sempre su questa superficie sembra di osservare anche alcune coppelle levigate di forma piùgrande, segni solitamente presenti in cronologie ben più tarde di quelle topografiche, visto che sitrovano a volte su rocce o massi riferibili alle età del Bronzo o del Ferro143.

Il ritrovamento di questi due massi pone dunque numerose questioni di grande interesse, sia inrelazione alla posizione, alla topografia e al loro eventuale contesto archeologico, sia in relazionealla iconografia che essi riportano. Ci ripromettiamo dunque di compiere ulteriori ricerche inquesto senso.

A.E.F.

Conclusioni e prospettive: per una preistoria del bacino del Lànico

La valle di Lòzio è dotata al momento di almeno tre siti “ideologici” dell’età del Rame conidentità loro propria, a giudicare dalle caratteristiche ubicazionali, due dei quali – Ceresolo eMulini di Camerata – evolvono in siti cerimoniali a statue-menhir durante il 3° millennio. Camerata,situato ca. 2,3 km a monte di Ceresolo in linea d’aria (assai di più se si immagina la percorribilitàa piedi in età preistorica), può essere composto di due o più nuclei. Una distinzione importante inprospettiva, che però in assenza di dati non è possibile sviluppare, è la collocazione di Ceresolo edi Castegno Büso in destra del Lànico, nonché in adiacenza dell’altopiano di Borno, e di Cameratainvece in sinistra e all’aprirsi della conca interna della valle.

È indimostrabile, ma assolutamente sicuro, che siti più antichi dell’età del Rame saranno trovati,così come è logico presumere una frequenza forse non piccola di siti preistorici del 2° e del 1°millennio, dopo che il popolamento della valle, probabilmente, aveva preso consistenza nel 3°. Sesi focalizza appunto sull’età del Rame, appaiono di spiccato interesse i rapporti che è lecitoimmaginare vi siano stati tra la comunità o le comunità della valle di Lòzio e quelle dell’altopianodi Borno. Si parla di comunità al plurale perché, almeno sull’altopiano, tenuto conto della elevatissimacapacità di sostentamento del territorio, sicuramente ne esistettero nel 3° millennio più di una144.Ma questa è materia per l’indagine futura, e più di ogni altro soggetto impone che si sia vigili ecritici verso pregiudizi e banalizzazioni prodotti dalla mentalità attuale, ecologica, geografica otopografica.

Come si è visto, la valle presenta grandissimo interesse in riferimento ai siti proto-cerimonialidel Rame 1, che si è proposto di chiamare “di massi” o “di masso”, manifestazione di unaideologia espressa da figure topografiche su supporto mobile (o comunque su roccia non continua).Li si potrebbe chiamare “santuari naturali”, per ricordare una pertinente designazione di U.Tecchiati145. Per difetto e per impedimento delle ricerche, monoliti intatti relativi a questo fenomenonon sono mai stati indagati in contesto nelle Alpi centrali, ossia nessun caso è stato studiato alivello di sito né ha dato luogo a scavo146. Ma, come abbiamo illustrato, in valle di Lòzio c’è ogni

142) Si vedano in proposito FOSSATI 1994 e 2007; ARCÀ1995.

143) Non è questa la sede più adatta per affrontare l’annosadiscussione sulla cronologia e sui vari significati dellecoppelle in ambito alpino. Rimando al contributo piùaggiornato su questo argomento: ARCÀ 2013, con relativabibliografia.

144) Capacità di sostentamento o di carico (carrying capacity)dell’altopiano: Studi sull’altopiano in toto - Ecologia, produttività,dossier negli archivi del programma Ossimo (F. Fedele,2010-in corso). Sulla teoria di un consistente popolamento

dell’altopiano di Borno con il 3° millennio v. già, fin dal1981, FEDELE 1982, p. 132 (un’area di occupazione probabilmenteintensa durante il Calcolitico [è] stata la valle pensile di Ossimo-Borno, idonea al collegamento intervallivo e assai favorevolmenteesposta); FEDELE 1988, p. 197 (Appunti per un’archeologia delpaesaggio in Valcamonica); DE MATTEIS 1988, p. 211 (terrazzicome quelli intorno a Ossimo [...] poterono essere zone di primariosfruttamento agricolo).

145) TECCHIATI 2007.

146) FEDELE 2011, pp. 82-83, 86-88; FEDELE 2012, p. 61,nota 4.

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ragione di ritenere che sia possibile affrontare il problema di questi siti: possibilità che i siti equivalenticonosciuti sull’altopiano di Borno più non presentano, per ragioni diverse, salvo a scoprirne dinuovi e intatti. È quindi auspicabile che vi siano sviluppi in tal senso nel futuro vicino.

F.F.

Francesco Fedelegià Università di Napoli Federico II, Napoli;indirizzo cor rente: via Foligno 78/1010149 [email protected]

Ringraziamenti

Gli autori sono grati al dott. Gaudenzio Ragazzi per la giudiziosa segnalazione di Camerata A, nonché perla cessione di fotografie. Il primo autore ringrazia inoltre il prof. Stefano Poni (toponimi e storia locale delBornese), Antonio “Tone” Giorgi, a più riprese Sindaco di Lòzio (ricerche locali), e Alberto Marretta (letteratura).

Summary

Prehistoric archaeology of the Lòzio Valley (Val Camonica, Italian Alps): a first report. Theprehistoric archaeology of the Lòzio Valley, adjacent to the Borno Plateau and coinciding with the small Lànicobasin in western Val Camonica, has remained unexplored in spite of the chance discovery of two statue-

Fig. 27: Castegno Büso, masso 2: parte superiore con grande composizione topografica (foto A.E. Fossati).

Angelo E. FossatiDipartimento di Storia Archeologia e Storia dell’arte

Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano e Brescia;Cooperativa archeologica “Le Orme dell’Uomo”

piazzale Donatori di sangue 125040 Cerveno (Brescia)

[email protected]

Angelo Giorgivia Valgimigli 4

25041 Boario Terme (Brescia)[email protected]

92

menhirs in 1963 and 1972 (the so-called “Bagnolo stelae”). Intermittent research by the authors since 1995,partly aimed at adding territorial perspective to the remarkable findings of Copper Age statue-menhir sites onthe Borno Plateau, has begun to redress this situation. In this article the three prehistoric sites currently knownare described and assessed: Ceresolo (the findspot of the wrongly named Bagnolo monoliths), CastegnoBüso, and Mulini di Camerata. All represent Copper Age 1 cultic occurrences connected with Borno-1-typeboulders and imagery (geometric and so-called topographic compositions), and thus provide a rare opportunityto investigate sites of this ideological phase. Ceresolo and Camerata later developed into ceremonial statue-menhir sites during the 3rd millennium BC (Copper Age 2 and ideological phase A1). No archaeologicalexcavation has been possible until now, and, in spite of having been officially notified, the Camerata site waspartially destroyed in 2006-2007. The main focus of the article is on understanding the three localities asarchaeological sites in their setting. For Ceresolo, historical toponymy is studied alongside a critical evaluationof the archaeological literature. Walking routes, viewsheds and visibility, and social geography issues arediscussed. The significance of this evidence for Copper Age archaeology is outlined, as well as research prospectsand recommendations.

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Estimo di Malegno 1735-1736Estimo novo principiato anno 1735 in settembre, preseguitoanni 1736, terminato anno 1737 del Comune di Malegno,copia di registro manoscritto del 1740, di MaffeoBonettini, in proprietà Bonettini, Esine (pubblicato inFRANZONI 1990, pp. 262-310).

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CRLV/MalegnoCatasto del Regno lombardo-veneto, 1853 (<http://www.catastistorici.it> consultato in data 01.01.2013):Mappa catastale, n. 2506, ASBS.Documenti preparatori: Catasto, bb. 9746-9747, ASMI;Catasto: Catasto Lombardo-Veneto, n. 1137, ASBS;Rubrica possessori: Catasto Lombardo-Veneto, n. 1138,ASBS.

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Abbreviazioni

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