la cittadinanza e la personalità dello stato nel regime fascista, in la cittadinanza tra impero,...

23
Ricerche di Diritto e Scienze dell’Antichità tra passato e presente QVAESTIO 3 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER LA CITTADINANZA TRA IMPERO STATI NAZIONALI ED EUROPA Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana

Upload: unitelma

Post on 12-Nov-2023

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

«L’ERMA»

La ci

ttadi

nanz

a tra

impe

ro, s

tati

nazio

nali

ed E

urop

a

QVAESTIO

3 Ricerche di Diritto e Scienze dell’Antichità tra passato e presente

QVAESTIO 3

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

LA CITTADINANzA TRA IMpEROSTATI NAzIONALI ED EuROpA

Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana

QVAESTIO

Mentre mi appresto all’interpretazione delle leggi antiche, ho ri-tenuto che in primo luogo occorresse necessariamente fare delle ricerche dagli inizi dell’Urbe, non perché io voglia fare verbosi commentarî, ma poiché in ogni cosa avverto essere perfetto solo ciò che consta di ognuna delle sue parti: e di certo in ogni cosa il principio è la parte essenziale.

L’imperatore Giustiniano faceva inserire queste parole del giurista Gaio, vissuto all’epoca di Adriano, all’interno del primo libro dei Digesta (1, 2, 1), la grandiosa opera di compilazione della giurisprudenza romana da lui forte-mente voluta e pubblicata nel 533 d.C. Si tratta delle parole attraverso cui è definitivamente fissato il principio dell’ap-partenenza della storia al sistema del diritto e questo prin-cipio per esplicita volontà dell’imperatore è definito valido, così come l’intero contenuto della sua attività normativa, in ogni tempo, cioè anche per il futuro. La storia, dunque, appartiene al diritto e quindi a sua volta il diritto non può fare a meno della storia: in questo risiede l’importanza degli studi di diritto romano ed in generale degli studi sui diritti antichi.

Sulla base di questo insegnamento, Qvaestio intende proporsi al pubblico esaltando il rapporto tra storia e diritto ed anzi rendendolo il proprio tratto distintivo, realizzando inoltre studi monografici o collettanei in grado di affronta-re i temi prescelti secondo tutte le prospettive, sia antiche che moderne, evidenziando linee di continuità o discon-tinuità all’interno della materia di volta in volta studiata. Dunque, grazie ad un Comitato Scientifico composto non solo da giuristi, sia antichisti che positivi, ma anche da ar-cheologi e storici, non soltanto l’approccio strettamente storico-giuridico, che rimane la base di partenza iniziale ed essenziale, ma anche ad esempio quello topografico, epi-grafico o numismatico. Non solo, inoltre, il confronto con la storia antica ma anche, quando il tema di ricerca lo ri-chieda, con quella medioevale, moderna e contemporanea per evidenziare le linee di continuità o discontinuità tra gli ordinamenti antichi e quelli moderni, giungendo in moltis-simi casi alla nostra contemporaneità.

Enrico Silverio

In copertina: Xxxxxx xxxxx xxxxxx

QVAESTIORicerche di Diritto e Scienze dell’Antichità

tra passato e presente

1 Maurilio Felici, Profili storico-giuridici del pluralismo cittadino in Roma antica. 2013.

Volumi in preparazione:

2 Enrico Silverio, Securitas Perpetua. Linee di sviluppo delle strutture di sicurezza in Roma antica tra giurisdi-zione e amministrazione.

3 AA. VV., La cittadinanza tra impero, stati nazionali ed Europa. Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana.

4 AA. VV., Impero e Cristianesimo. Studi promossi per il MDCC anniversario costantiniano.

5 Enrico Silverio - Anna Maria Liberati, Servizi se-greti in Roma antica. Informazioni e sicurezza dagli initia urbis all’impero universale (II ed. rivista ed ampliata).

LA CITTADINANZA TRA IMPERO ...ISBN 978-88-913-0000-0

Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx xxx x xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx

Xxxxxx Xxxxxx, xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx.

SOSTITUIRE

Ricerche di Diritto e Scienze dell’Antichità tra passato e presente

Collana diretta daEnrico Silverio

QVAESTIO

3

Estratto

Comitato Scientifico

Sorin Alămoreanu (Cluj-Napoca)

Cristiana Arditi di Castelvetere (Roma)

Silvana Balbi de Caro (Roma)

Mihai Bărbulescu (Roma, Cluj-Napoca)

Giovanni Brizzi (Bologna)

Giovanni Cipollone (Roma)

Ivan Di Stefano Manzella (Viterbo)

Philippe Fleury (Caen)

Maurilio Felici (Roma, Palermo)

Natale Fusaro (Roma)

Giuseppina Pisani Sartorio (Roma)

Maria Teresa Trapasso (Roma)

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

LA CITTADINANZATRA IMPERO, STATI NAZIONALI ED EUROPA

QVAESTIO 3

Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana

a cura di:

Mihai Barbulescu, Maurilio Felici ed Enrico Silverio

Estratto

La cittadinanzatra impero, stati nazionali ed EuropaStudi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana

a cura di Mihai Barbulescu, Maurilio Felici ed Enrico Silverio

QVAESTIORicerche di Diritto e Scienze dell’Antichità tra passato e presente

3

Progetto grafico «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

© Copyright 2017 by «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER – ROMAVia Cassiodoro, 11 - 00193 Roma

http://www.lerma.it ~ [email protected]

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzionedi testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell’Editore.

La Collana adotta un sistema di Peer-Review

La cittadinanzatra impero, stati nazionali ed Europa. Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana - Roma : «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2017. – X + 348 p., ill. ; 24 cm. (Qvaestio ; 3)

ISBN 978-88-913-0861-0 (brossura)ISBN 978-88-913-1342-3 (PDF)

CDD 340.541. Diritto romano

SOMMARIO

p. VII » IX

» 3 » 33

» 59

» 73

» 85

» 135

» 155

» 169

Enrico Silverio, Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Mihai Bărbulescu – Maurilio Felici, Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I Parte: Essere civis: dall’età arcaica alla fine della repubblicaCap. 1: Manuela Zelaschi, L’Asilo di Romolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 2: Maria Pia Baccari, Civitas amplianda e favor libertatis . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 3: Maurilio Felici, Aspetti dell’espansione ‘municipale’ romana

all’indomani della guerra latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

II Parte: La cittadinanza tra principato e dominatoCap. 1: Radu Ardevan, Cittadinanza e romanizzazione. La Dacia romana . . .

Cap. 2: Giovanni Lobrano, La constitutio Antoniniana de civitate peregrinis

danda del 212 d.C.: il problema giuridico attuale di ri-comprendere

scientificamente la cittadinanza per ri-costruirla istituzionalmente . . . .

Cap. 3: Dario Calomino, Identità civica ed autonomia locale: il ruolo

politico-culturale della moneta nelle emissioni romane provinciali . . . .

Cap. 4: Federica Tamburello, Romani e barbari: rapporti commerciali e

culturali oltre i confini dell’impero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

III Parte: Nazionalità, territorio e cittadinanza.Cap. 1: Carlo Gamba, La dissoluzione dell’impero d’Occidente e l’insorgere

di nuove nationes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 2: Maria Teresa Napoli, Oltre Westfalia: nazione cittadinanza nel Droit

des Gens di Emer de Vattel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 3: Carlo Bersani, Cittadini / sudditi. Aspetti di un’esperienza europea

nel XVII secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 4: Paolo Alvazzi del Frate, Persona et res publica en Italie à l’époque

napoléonienne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

IV Parte: Dall’Europa delle Nazioni all’Europa dei totalitarismiCap. 1: Emilio Gentile, La cittadinanza nel regime totalitario fascista . . . . . .

Cap. 2: Giordano Ferri, La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel

regime fascista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

V Parte: La cittadinanza tra Stato nazionale ed EuropaCap. 1: Maria Teresa Trapasso, Questioni relative all’integrazione.

Relativismo culturale e profili di carattere penale . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 2: Francesca Rosa, Alcune considerazioni in tema di cittadinanza,

democrazia paritaria e di riforma della costituzione . . . . . . . . . . . . . . .

Cap. 3: Maria Irene Papa, La cittadinanza dell’Unione Europea. Prospettive

di sviluppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» 205

» 245

» 263

» 271

» 281

» 299

» 311

» 327

VI

281

Giordano Ferri

LA CITTADINANZA E LA PERSONALITÀ DELLO STATO NEL REGIME FASCITA

Sommario: 1. I termini della questione. – 2. La personalità dello Stato in V.E. Orlando. – 3. La negazione della multitudo nel processo di personificazione fascista. – 4. La “cittadinanza svuotata” dalle riforme antiliberali e dal Codice Rocco.

1. I termini della questione.

Prendere in considerazione il concetto di cittadinanza sotto un profilo storico-giu-ridico all’indomani della istituzione o, in termini più concreti, del tentativo di istituire non solo formalmente una cittadinanza europea1, significa innanzitutto ripercorrere l’e-laborazione di tale concetto nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato e nell’ar-ticolarsi dei diritti civili, politici e sociali degli individui che, talvolta, prima di un esitato allargamento hanno sofferto significativi restringimenti in ragione delle forme totalitari o pseudo-totalitarie2 in cui sono stati costretti.

La nozione di cittadinanza, dunque, non può prescindere, anche nella poliedricità del suo significato, dalla enucleazione delle ragioni di cultura giuridica e politica che hanno contribuito a realizzare l’ordinamento in cui essa si è e va misurata. Il nuovo assetto re-golamentare dell’Unione non può certo fare tabula rasa delle diverse realtà istituzionali e ordinamentali che hanno caratterizzato la storia dell’Europa moderna e per cui l’indivi-

1 La dimensione sociale della cittadinanza emerge ancora con difficoltà in ragione di una contraddizione intrinseca agli sviluppi dell’integrazione europea. Su questi aspetti si rinvia da ultimo a Gargiulo - Montanari, 2012. Gli Autori, a distanza di vent’anni dall’istituzione della cittadinanza europea (Maastricht, 1992), riflettono sulla natura e sul contenuto di tale istituto che, come affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è destinato ad essere lo “status fondamentale dei cittadini degli Stati membri”. L’indagine sul tema presenta evi-denti elementi di peculiarità, considerato che l’idea di cittadinanza è tradizionalmente connessa all’appartenenza allo Stato/comunità politica nazionale. La cittadinanza europea, al contrario, rende necessario immaginare una diversa forma di appartenenza propria dello spazio politico europeo, non più esclusivamente dipendente dalla cittadinanza nazionale ma legata all’effettiva residenza nel territorio dell’Unione. La dimensione di appartenenza così definita non può non riguardare anche i cittadini di paesi terzi che vivono stabilmente nel territorio dell’U-nione. La costruzione dello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” costituisce il contesto nel quale è possibile declinare questo nuovo modello di appartenenza. Tuttavia, alla luce delle conseguenze prodotte dalla crisi eco-nomica e dalle esigenze di rafforzamento della sicurezza, le aperture che si erano manifestate agli inizi del nuovo secolo sembrano oggi ridimensionate. Si vedano inoltre: Treggiani 2010, p. 137 ss.; Gargiulo 2010, p. 5 ss.; Rizzo 2010, p. 427 ss. Più in generale sulla cittadinanza europea si vedano: Cartabia 2010, p. 99 ss.; Morviducci 2010; Villani 2010.

2 Si pensi alla tesi di Aquarone sullo Stato fascista di cui mise in risalto l’inconcludente fragilità nelle aspira-zioni totalitarie ferme ad un aspetto prevalentemente emotivo (cfr. Aquarone 1965, p. 290 ss.).

Giordano Ferri

282

duo, in quanto soggetto di diritto di uno Stato, si è venuto confrontando con eterogenee forme di previsione e tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive.

Non a caso, come ha sottolineato Fausto Pocar tre lustri fa, nell’art. 2 del Trattato di Ma-astricht se da un lato l’Unione europea si prefigge di «rafforzare la tutela dei diritti e degli in-teressi dei cittadini dei suoi Stati membri mediante l’istituzione di una cittadinanza dell’Unio-ne»3, dall’altro lato viene a ribadire la “funzione veicolare” propria della cittadinanza come contenitore idoneo a recepire le molteplici situazioni giuridiche meritevoli di tutela secondo canoni e criteri imputabili alle radici e ai fondamenti del diritto europeo. Un diritto europeo inteso non come diritto di una Europa sovrastrutturale ma come comune tradizione giuridi-ca dei diversi Stati che la compongono e che ne hanno segnato l’evoluzione.

Lo status civitatis europeo, come ha osservato ancor prima Pietro Costa, va analiz-zato attraverso un intreccio e una sovrapposizione di ordini diversi e non già sulla base dell’appartenenza di un soggetto alla comunità politica ma sulla base delle appartenen-ze dei soggetti alle comunità politiche: «Certo, di fronte ad un oggetto politico non identificato, com’è stata chiamata l’Unione europea, si può sostenere una tesi scettica o riduzionista: si può affermare che l’ipotesi di uno spazio sopranazionale è un’araba fenice e che lo Stato-nazione è ancora l’unica forma politico-giuridica capace di orga-nizzare efficacemente i rapporti intersoggettivi e di proporsi come cornice e tramite di identità collettiva. Non nego che esistano argomenti spendibili in questa direzione. È però indubbio che l’interesse, per così dire, sperimentale dell’Unione europea sta e cade con la possibilità di pensarla come momento di un processo di superamento o almeno di complicazione del tradizionale paradigma statuale-nazionale»4.

L’archetipo Stato-comunità politica, a prescindere da riflessioni che pertengono ai cultori del diritto internazionale e del diritto positivo statuale, ai giuristi che sono chia-mati a guardare al domani, non può essere abbandonato nel tentativo di tracciare il per-corso a ritroso della formazione del concetto di cittadinanza nell’ordinamento moderno italiano perché, proprio nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato, esso ha avuto significativi mutamenti: dalla visione romantica ottocentesca, incentrata sulla nazione e sul territorio, all’affermazione fascista della personalità dello Stato.

2. La personalità dello Stato in V.E. Orlando.

L’affermazione della “personalità” dello Stato, che si ebbe nel periodo fascista, invade e supera quella elaborata sul finire del XIX secolo da Vittorio Emanuele Orlando5, pur

3 Pocar 2000, p. 94: «Il Trattato contiene disposizioni in merito all’istituzione di una cittadinanza dell’Unione ed enuncia i principi fondamentali dello Stato di diritto e di protezione dei diritti umani degli individui che si tro-vano sul territorio degli Stati membri e che sono soggetti alla sua giurisdizione e a quella degli Stati stessi. Sotto il primo profilo, l’art. 2 (ex art. B) del trattato UE indica tra gli obiettivi dell’Unione quello del rafforzamento della tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi Stati membri mediante l’istituzione di una cittadinanza dell’Unione, lasciando poi al trattato CE il compito di delineare i caratteri di tale cittadinanza e i diritti e i doveri che ad essa sono connessi».

4 Costa 1999, p. 81.5 Cianferotti, 1980. Id. 2013, pp. 1465-1469

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

283

nel rifiuto della concezione volontaristica e contrattualistica rousseauiana, sulla base degli approdi della costituzionalistica liberale tedesca facenti capo alle tesi dello Gneist sul Rechtsstaat e sulla Über öffentliche Rechte.

Infatti, se è vero che Orlando, attraverso i suoi Principii di diritto costituzionale del 1889, «nella concettualizzazione dello Stato come ‘persona’» esprime soprattutto l’e-sigenza «di spazzare via dall’orizzonte della giuspubblicistica la concezione dello Stato come organo della società che trova nella risposta politica ai bisogni della società la ragione stessa della sua esistenza»6, tanto da escludere nella cultura giuridica del tempo i due poli opposti dell’individualismo atomistico e del socialismo di Stato, è altrettanto vero che nella Teoria giuridica delle guarentigie della libertà, apparsa nella collana diretta da Attilio Brunialti, esalta il modo con cui il costituzionalismo inglese sia riuscito a presup-porre l’ordinamento e la distinzione dei poteri pubblici con la garanzia dei diritti indi-viduali, nella puntuale volontà di garantire i cittadini verso lo Stato e anche le modalità della loro partecipazione in esso.

Nel panorama della cultura giuridica europea dell’Ottocento – val la pena sottoli-nearlo – non vi era stata ancora una trattazione specifica sulle garanzie della libertà dell’individuo ma piuttosto una elaborazione dottrinale sulla generale tutela giuridica dei cittadini rispetto all’autorità presunta o affermata dello Stato, che vedeva nella let-teratura7 su De la liberté des Anciens comparée à celle des Modernes del Constant8, discorso pronunciato presso l’Athénée royal di Parigi nel 1819, e nei Grundzüge eines Systems des deutschen Staatsrechts del Gerber9, apparsi nel 1865, i germi e gli approdi più significativi della personificazione dello Stato nella dottrina liberale.

La novità del ragionamento offerto da Orlando è forse invero già anticipata dalle paro-le del Brunialti nelle pagine introduttive dello stesso volume del 1890 la cui pubblicazione fu voluta per “collezionare le opere di scienze politiche” degli interpreti più vivaci del

6 Fioravanti 1987, p. 217.7 Si pensi a come l’antitesi constantiana tra “libertà degli antichi” e “libertà dei moderni” fosse utilizzata dai

liberali tedeschi come Robert von Mohl che coniò il termine “stato di diritto” (cfr. von Mohl 1855, p. 222 ss.; sul punto illuminanti furono gli studi di Gall 1963, p. 115 ss.); si pensi anche a come tale antitesi fosse presente nella concezione hegeliana dello “Staat” e del “Volk”, tanto nel delineare il rapporto tra stato e cittadini (cfr. He-gel 1955, p. 112: «Der Staat ist nicht um der Bürger willen da; man Könnte sagen, eri st der Zweck, und sie sind seine Werkzeuge. Indes ist dies Verhältnis von Zweck und Mittel überhaupt hier nicht passend. Denn der Staat ist nicht das Abstrakte, das den Bürgen gegenübersteht; sondern sie sind Momente wie im organischen Leben, wo kein Glied Zweck, keines Mittel ist. Das Göttliche des Staats ist die Idee, wie sie auf Erden vorhanden ist») quanto nel configurare il rapporto tra stato e “Volk” (cfr. Id. 1955, p. 114: «Das geistige Individuum, das Volk, insofern es in sich gegliedert, ein organisches Ganze ist, nennen wir Staat […]. Der bestimmte Inhalt aber, der diese Form der Allgemeinheit erhält und in der konkreten Wirklichkeit enthalten ist, die der Staat bildet, ist der Geist des Volkes selbst»).

8 Constant 1819.9 von Gerber 1880, p. 3 ss. L’A. pone in risalto come la teoria scientifica sul diritto dello Stato abbia come

obiettivo esclusivo lo sviluppo del diritto spettante allo Stato, alla sua volontà, alla sua autorità: se i diritti politici individuali, intesi come rapporti giuridici veri e propri, sono ammessi nel diritto costituzionale di uno Stato, ciò vuol dire che alla materia obiettiva del diritto pubblico se ne assocerà una più ampia contenente un certo numero di diritti intesi però in senso subiettivo, tale da non mutare l’idea di sovranità percepita come volontà dello Stato-persona.

Giordano Ferri

284

10 Brunialti 1890, p. 24.11 Ib., p. 55.12 Orlando 1890, pp. 1053-1054.

liberalismo inglese come John Stuart Mill e Francis Charles Montague. Infatti, sofferman-dosi sul progresso dell’idea di libertà, necessariamente intesa nella sua dimensione storica perché «non possiamo considerare l’uomo come l’ente astratto e impassibile dei metafi-sici, pallido astro senza atmosfera» ma «lo vediamo tratto in mezzo a confondere le pro-prie colle forze della natura e della società, in quel complesso maestoso della tradizione storica degli istituti religiosi e civili»10, il Brunialti giunge a ritenere come sia «veramente ammirabile il senso pratico col quale si è limitata nella Magna Charta l’azione dello Stato e si determinarono i diritti dell’individuo». L’importanza di tale documento – riprendendo le parole di Émile Boutmy, il fondatore dell’École libre des sciences politiques – «più che dal valore delle sue clausole, deriva da ciò che essa fornì un centro d’azione al sentimento nazionale sino allora sparso e languente, gittò un nome e una data all’immaginazione popolare e diventò il simbolo di una lotta vittoriosa, nella quale una nobiltà feudale mo-strò, in pieno Medio Evo, una società politica cosciente alla difesa della comune libertà»11.

È sulla base di questo senso pratico attraverso cui si sviluppò il costituzionalismo inglese che l’Orlando fa corrispondere la partecipazione cosciente e diretta del cittadino nell’andamento della cosa pubblica al concetto di libertà popolare o di libertà politica e pone in stretta correlazione l’esercizio dei diritti collettivi con quelli individuali:

Qui alcuno potrà osservare come il modo onde noi concepimmo questa nozione di libertà fos-se la partecipazione collettiva del popolo alla cosa pubblica, e potrà sembrare contraddittorio parlare a tal proposito di diritti individuali. Nondimeno tale contraddizione non esiste. L’idea di libertà civile suppone esclusivamente, come genesi o come fine, la difesa di quell’ordine di diritti essenzialmente pertinenti alla sfera del diritto privato, invece la genesi e il fine dell’idea di libertà politica è sempre essenzialmente pertinente alla sfera del diritto pubblico. In questo senso, è giusto dire che l’una origini dall’individuo, l’altra dal popolo. Ma qui si parla di attua-zione. Ora la partecipazione del popolo alla cosa pubblica può attuarsi con istituti di diritto che suppongono la collettività, ma altresì con altri istituti di diritto che suppongono l’individualità12.

Ne è un esempio, di questa seconda categoria, il diritto di libertà personale che se, sotto un profilo teoretico non può dirsi appartenere alla nozione di libertà politica, ri-solvendosi nel principio della personale sicurezza ed incolumità del cittadino di fronte all’autorità dello Stato, si colloca nelle aspettative naturali della collettività e acquisisce per questo una dimensione che va oltre l’individuo.

Il diritto di resistenza gravita e si colloca invece tra i diritti che “suppongono la col-lettività” in quanto esso è chiamato in causa proprio come limite all’anomalo esercizio del potere da parte di coloro cui è demandata la gestione della cosa pubblica. Tale diritto nel pensiero di Orlando non vale a scardinare il principio dell’obbedienza all’ordine co-stituito ma con esso concorre laddove venga meno il principio della tutela degli interessi della multitudo:

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

285

Si è detto che, come l’obbedienza è una regola politica fondamentale, così la resistenza, an-che per chi l’ammette, non può costituire che un diritto eccezionale. Noi accettiamo questa espressione negativa, solo nel senso che l’esercizio di quel diritto possa verificarsi in condi-zioni anormali; non già però nel senso di introdurre, per così dire, una gerarchia fra i diritti e supporre quindi che esso abbia fondamento meno saldo di qualsiasi altro. Noi diciamo invece che si possono dare dei casi in cui questo diritto dell’autorità ad essere ubbidita può venire in collisione con altri diritti del cittadino, o anche del popolo intero. Di chi sarà la prevalenza? Ecco l’obietto del nostro studio. Ma poiché un conflitto di diritti è una frase che esprime l’ap-parenza non la verità del fatto, avvegnachè i diritti si limitano ma non collidono, diremo più esattamente che se si ritiene ogni diritto del cittadino essere in ogni caso subordinato al dovere dell’obbedienza, la resistenza non sarà mai lecita e nello Stato non vi saranno che sudditi. Se invece si riterrà il contrario, bisognerà dire che il diritto dell’autorità all’obbedienza esiste conformemente al conseguimento del fine giuridico che lo Stato si propone, ma vien meno quando si vuole oltrepassarlo, calpestando il diritto particolare del cittadino o quello generale del popolo13.

La seconda ipotesi trova riscontro e conforto nella teoria e nella storia costituziona-le inglese che secondo Orlando aveva raggiunto a pieno il suo processo di maturazio-ne nella feconda contrapposizione tra Hobbes e Locke e, più in generale, nei retaggi giusnaturalistici della teoria scientifica dello Stato. A Ugo Grozio, che ha individuato il fondamento della vita sociale nella concretezza storica e il fondamento del diritto della comunità nella fusione e nel contemperamento dei diritti dei singoli cittadini natural-mente disgregati, egli attribuisce il merito di aver nitidamente distinto la società e lo Sta-to, che «gli scrittori individualistici» avrebbero confuso finendo per identificare quest’ul-timo con il popolo. Su tale distinzione, per cui la società va intesa come «una mera unione di interessi individuali, ravvicinati però da suprema necessità», mentre lo Stato come «l’organo di direzione giuridica, facendolo sorgere dall’accordo delle volontà», si innesta, secondo Orlando, l’«errore posteriormente prevalso onde quell’accordo di vo-lontà, non organicamente ma discretamente considerato, si ritiene in maniera formale come l’origine e la ragion dello Stato, distruggendone l’elemento storico ed organico»14.

Non a caso, nella sua singolare teorizzazione del governo parlamentare avverso alle teorie antiparlamentaristiche della dottrina tedesca, in Studi giuridici sul governo parla-mentare, apparsi nel 1886, egli aveva criticato la teoria giuridica della rappresentanza come fondamento per una giustificazione funzionalistica del suffragio, della cittadinan-za e delle procedure decisionali. Tale logica, che sarebbe diventata il pilastro del go-verno rappresentativo liberale ottocentesco e, in seguito, della democrazia elettorale, si fondava su una erronea percezione del dualismo tra Stato e società e trasformava la rappresentanza in un istituto rigorosamente statocentrico, il cui rapporto con l’esterno era rimesso al giudizio del rappresentante, relegando la partecipazione dei cittadini a un minimo procedurale. Questa teoria presupponeva che lo Stato e la rappresentanza,

13 Ib., pp. 1055-1056.14 Ib., p. 1064.

Giordano Ferri

286

intesa come suo meccanismo produttivo e riproduttivo delle istituzioni statuali, trascen-dessero la società al fine di assicurare il governo della legge e che gli individui celassero la propria reale identità sociale al momento del voto.

Come, di lì a breve, avrebbe scritto Carré de Malberg, e in cui forse Orlando si sa-rebbe riconosciuto, nel sistema cosiddetto rappresentativo ritroviamo non «un système de représentation des citoyens et de la volonté d’une nation, mais un système d’organisation du citoyen et de la volonté de la nation»15. Per il teorizzatore italiano dell’identità tra Rechtsstaat e governo parlamentare, l’istituto della rappresentanza è dunque fallace laddove si rin-viene in esso la traslazione dei poteri dal cittadino, inteso erroneamente come organi-smo giuridico, allo Stato, inteso come creatura esterna ed indipendente dall’insieme dei cittadini, dalla collettività: non si avverte nel pensiero di Orlando il presupposto della scissione tra l’uomo e il cittadino se non nella misura in cui la sfera politica dovesse essere indipendente dalla sfera sociale al fine di salvaguardare l’eguaglianza giuridica dei cittadini e un’organizzazione impersonale e neutrale dello Stato16. Su questa base, la rappresentanza perde qualsiasi carattere politico e viene identificata con l’atto di isti-tuzione della funzione di un organismo di governo; la separazione tra ufficio e attore, o la formazione dello Stato nell’accezione weberiana, definisce tale concezione come una teoria della burocrazia.

3. La negazione della multitudo nel processo di personificazione fascista.

La dottrina giuridica fascista, nel processo di personificazione, non solo giustifica l’eliminazione dell’istituto della rappresentanza ma confonde la nozione di popolo e, dunque, d’insieme dei cittadini con la nozione di Stato, di Stato-persona, impegnan-dosi non più nella lettura sistematica e neutrale dell’ordinamento ma nell’analisi della concreta realtà istituzionale ed economica del regime17: un regime caratterizzato da un potere legislativo ispirato dal superamento dell’indirizzo volontaristico della tradizione liberale e dal preponderante intervento pubblico in economia, intervento interamente teso a tutelare l’interesse nazionale rispetto a quello privato.

La personificazione giuridica tout court dello Stato, realizzata nel corso del ventennio fascista, viene a mettere in ombra – per usare un’espressione di Mario Caravale – lo Stato “leggero” del primo Ottocento e a porre solide basi all’inarrestabile processo di imposi-zione ai cittadini di provvedimenti adottati senza alcuna loro partecipazione da soggetti che, svincolati da qualsivoglia principio di formalità, si avvalgono di pubblica autorità18.

Un primo interprete di questo orientamento dottrinale che in parte avrebbe caratte-rizzato la giuspubblicistica del regime è Sergio Panunzio19, il quale nel 1925, quando era

15 Carré de Malberg 1922, p. 231.16 Orlando 1886, pp. 521-586.17 Caravale 2012, p. 436 ss. Sul punto si veda anche P. Costa, Lo Stato immaginario. Metafore e paradigmi nella

cultura giuridica italiana fra Ottocento e Novecento, Milano 1986, nonché il volume collettaneo, Stato e cultura giuri-dica in Italia dall’Unità alla repubblica, a cura di A. Schiavone, Roma-Bari 1990.

18 Ib., p. 444.19 Ippolito, Panunzio Sergio, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), cit., II, pp. 1500-1502.

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

287

sottosegretario di stato alle Comunicazioni, pubblica Lo Stato fascista. In tale lavoro egli si mostra già convinto sostenitore dell’abbattimento del modello parlamentare, della necessità di istituire sindacati statali obbligatori e di introdurre un sistema di rappresen-tanza basato esclusivamente sugli interessi economici.

Lo Stato è concepito dal Panunzio come unità della società ovvero come società unifi-cata e personificata in cui esso è il garante della legge, l’arbitro sovrano dei conflitti infraso-ciali, il depositario ultimo della forza autoritaria nel sistema sociale: il processo di personi-ficazione ha dunque come oggetto la società e come prodotto il nuovo concetto di Stato20.

Tracciando i lineamenti dello stato fascista, egli ha cura di sottolineare come il nuo-vo ordine fosse idoneo a scavalcare la fase sindacalista, fosse altro e più alto momento rispetto all’antiparlamentarismo della stagione precedente al conflitto mondiale, perché di quelle lontane e comunque importanti polemiche esso conserva giusto un tratto, e segnatamente l’influenza del pensiero marxista di Geroges Eugène Sorel, il teorico del sindacalismo rivoluzionario21, in riferimento alla «critica al vecchio stato individualista uscito dalla rivoluzione francese». Quest’ultimo fu «negativo, atomico, meccanico; uno stato che si nutre di questo rapporto: lo stato immenso, infinitamente grande, lo stato libero e sovrano da una parte, gli atomi individuali, infinitamente piccoli dall’altra»22.

Tuttavia, per comprendere il ragionamento giuridico, o meglio giusfilosofico, che sot-tende gli approdi teorici panunziani dell’idea di Stato, così profondamente poi recepita dal regime, occorre guardare alla produzione scientifica dell’Autore nel primo decennio del Novecento, proprio quando si afferma nella cultura del tempo come esponente del sindacalismo proletario. In Il Socialismo giuridico del 1906, come in Sindacalismo e medio evo e in La persistenza del diritto, entrambi del 1910, sottolineando la necessità di una «federa-zione organizzata e indipendente di sindacati autonomi» che avrebbero costituito il «nuo-vo» ordine sociale prodotto dalla rivoluzione23, aveva sostenuto che i sindacati, sebbene organizzati spontaneamente e federati volontariamente, dovevano essere tenuti uniti da regole giuridiche sorrette dalla forza, una forza che doveva essere interamente detenuta e gestita dallo Stato come espressione diretta di quel potere sovrano esercitato per il bene della società, di un aggregato organizzato di uomini24. L’idea di Stato si astrae così dai

20 Panunzio 1925, p. 17 ss.21 Si rinvia al contributo monografico Accame 2009. L. Autore tenta di ridurre l’apparente contraddittorietà

del teorico del sindacalismo rivoluzionario e della violenza operaia, del critico di Marx, del difensore strenuo dell’etica proletaria, del fugace compagno di strada dell’Action Française, del nemico della democrazia e degli intellettuali al potere, dell’apologeta della rivoluzione bolscevica e del punto di riferimento della cultura fascista. Si veda anche Barbieri 2003, p. 29 ss. L’Autore mette in risalto come Sorel abbia compiuto una revisione del marxismo svuotandolo del suo contenuto intellettuale e razionalistico: gli eventi mostrano ben presto ai sore-liani che il capitalismo, il gioco delle forze economiche, non era in grado, da solo, di produrre, come speravano, l’emergere della coscienza di classe, della volontà di lotta, della sospirata polarizzazione sociale, di innescare il processo rivoluzionario. L’unica soluzione che rimane è, agli occhi di Sorel, quella fomentare artificialmente il processo rivoluzionario facendo affidamento sugli elementi irrazionali attraverso il ricorso ad una teoria dei miti della lotta di classe, dello sciopero generale. Della storiografia giuridica francese si veda anche Herrera 2005.

22 Panunzio 1925, p. 71.23 S. Panunzio 1910a, p. 88.24 S. Panunzio 1910b, p. 12 ss.

Giordano Ferri

288

singoli cittadini che lo compongono e la forza diviene lo strumento per rendere possibile la vita sociale dell’uomo concepito non più nella sua dimensione individuale, ma come “animale di gruppo” che può vivere solo in associazioni governate da norme25. La legge – intesa come consolidamento di comportamenti sociali tradizionali e come convenzioni e costumi codificate, sostenute da sanzioni formali – e la forza, indispensabile per dare attuazione al principio d’obbedienza, divengono gli strumenti esclusivi dello Stato.

Le radici del socialismo, già configurate dal Panunzio con tratti originali, penetrano nell’idealismo crociano così gettando le basi alla teoria fascista dello Stato:

Il fascismo non ha, come volgarmente si crede, fatto tabula rasa del socialismo. Il fascismo ha portato con sé quel valore che il socialismo non solo non aveva ed ignorava, ma disprezzava e calpestava: lo Stato. La ragione di ciò sta nel fatto che mentre il socialismo aveva le basi e premesse filosofiche materialistiche, il fascismo si è riannodato alle grandi basi e premesse filosofiche dell’idealismo […]. Con lo Stato fascista siamo al trionfo dello Stato sui sindacati; alla promozione dei sindacati allo Stato ed alla «immedesimazione» dello Stato con i sindacati e dei secondi con il primo. Né lo Stato-popolo (rivoluzione francese); né lo Stato-classe (rivo-luzione russa); ma lo Stato-società. Né l’abbattimento dello Stato, sindacalismo antistatale; né l’abbattimento dei sindacati, statismo antisindacale; ma la sintesi «dialettica» dello Stato e dei sindacati, il fascismo, che è la negazione di due negazioni e di due astrazioni, tanto del sindacalismo antistatale quanto dello statismo antisindacale, e la posizione di una nuova realtà concreta: lo Stato, nello stesso tempo, dei sindacati e sopra i sindacati26.

Il suo pensiero, giunto a piena maturazione nel Primo Congresso Giuridico Italia-no del ventennio fascista, tenutosi nell’ottobre del 1932, oltre a configurare una sintesi dialettica tra lo Stato e i sindacati, viene dunque a rappresentare e giustificare giuridi-camente la sovrapposizione tra Stato e popolo. Una sovrapposizione che nasce insieme al tentativo di ricostituire il sistema teorico del diritto sulla base di un asserito principio di legalità inteso come principio di subordinazione ovvero sulla base di una nozione istituzionale della volontà pubblica. Una volontà pubblica di cui si sarebbe dovuto far in-terprete in via tendenzialmente esclusiva il Capo del Governo – per usare un’espressione di Costantino Mortati27 – «punto di incontro e centro di direzione fra società e Stato»28.

Il contributo di Mortati su L’ordinamento del governo nel nuovo diritto pubblico italiano, apparso nel V volume della collana di Studi dell’Istituto di diritto pubblico e legislazione so-

25 È sintomatico come tale ragionamento sia stato percorso da Mussolini nel suo La filosofia della forza, dedica-to alla dottrina di Nietzsche, comparso sul Pensiero romagnolo tra il novembre e il dicembre del 1908: «L’amore del prossimo ha dato venti secoli di guerre, i terrori dell’inquisizione, le fiamme dei roghi e soprattutto – non dimen-ticatelo! – l’europeo moderno, questo mostriciattolo gonfio della propria irrimediabile mediocrità, dall’anima incapace di “fortemente volere”, non abbastanza reazionario per difendere il passato feudale, non abbastanza ribelle per giungere alle estreme conseguenze della rivoluzione, piccino in ogni suo atto e superbo del sistema rappresentativo che chiama la grande conquista del secolo, dal momento che permette una vasta politica a base di clientele elettorali e l’appagamento delle inconfessabili vanità» (Mussolini 1951, p. 174 ss.).

26 Panunzio 1932, p. 5 ss.27 Sulla vita e le opere si veda da ultimo Fioravanti 2013, pp. 1386-1389.28 Mortati 1931, p. 184.

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

289

ciale della R. Università di Roma, è sintomatico per due ordini motivi: il lavoro costituisce un approfondimento della tesi di laurea in Scienze Politiche che egli discusse con il libe-rale Luigi Rossi29 ma sotto la guida effettiva di Sergio Panunzio; si confronta con la nuo-va legislazione costituzionale italiana determinata dalla legge n. 2263 del 24 dicembre 1925 sulle attribuzioni e prerogative del primo Ministro, dalla legge n. 100 del 31 gennaio 1926 sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche e dalla legge n. 2693 del 9 dicembre 1928 sul riconoscimento costituzionale del Gran Consiglio del Fascismo.

Delle teorie del Mortati relative ai poteri del primo Ministro nel nuovo ordine costi-tuzionale del regime si sono occupati approfonditamente Maurizio Fioravanti30, Fulco Lanchester31 e Tommaso Edoardo Frosini32. Gli Autori hanno messo in risalto come il pensiero del Mortati si collocasse, rompendo gli argini della giuspubblicistica tradizio-nale, nel quadro di una feconda dialettica con la dottrina costituzionale weimariana di Rudolf Smend e Carl Schmitt. Alla enucleazione del concetto tedesco di Stato-persona la teoria giovanile mortatiana era tributaria: il Frosini di recente ha scritto che il Mortati riconobbe nel legislatore fascista la volontà di realizzare una figura di Capo di Governo «in grado di incarnare e rendere concreto il principio spirituale dell’esistenza politica di un popolo», una esistenza «generata dal Volksgeist» attraverso la «Volkswille», in quanto se è vero che «la sovranità è del popolo inteso organicamente, come unità, come Stato», è altresì vero che «essa si manifesta e si realizza in virtù della stessa struttura naturale del popolo, attraverso la volontà del capo del governo divenuto organo dello Stato»33.

Tale ragionamento giuridico seguito dal Mortati era certo legato agli approdi di Pa-nunzio: basti pensare che quest’ultimo nella sua Teoria generale dello Stato fascista del 1937 scrive: «il Mortati, in una completa monografia […] sull’Ordinamento del Governo nel nuovo diritto pubblico italiano, ha invece ripreso non solo, ma sviluppata la mia tesi, affermando e dimostrando che bisogna, nel diritto costituzionale, partire dall’idea che, oltre le tre funzioni dello Stato: legislativa, esecutiva, giudiziaria, vi è una quarta funzio-ne, la funzione di governo»34.

4. La “cittadinanza svuotata” dalle riforme antiliberali e dal Codice Rocco.

Nel quadro di una concezione così forte e definita di Stato, sempre più percepito dalla cultura giuridica del regime come rispondente ad una vocazione, ad uno spirito sociale ma, sotto un profilo istituzionale, paradossalmente configurato nel riconoscimento di un potere centrale personificato – sulla base forse proprio di quell’erronea affermazione del pactum societatis di matrice giusnaturalistica i cui germi si rinvengono già nelle posi-zioni liberali che hanno contribuito a distruggere l’elemento storico ed organico dello Stato e dalle quali lo stesso Vittorio Emanuele Orlando aveva preso le distanze – trova

29 Sulla vita e le opere si veda da ultimo Lanchester 2013, pp. 1738-1741.30 Fioravanti 1990, pp. 45-185.31 Lanchester 1989, pp. 89-110.32 Frosini 2000, p. 562 ss.33 Ib., pp. 569-570.34 Panunzio 1939 p. 113.

Giordano Ferri

290

naturale collocamento e fondate ragioni la riforma dell’intero Titolo I del Libro II sui delitti contro lo Stato del codice Zanardelli.

Le differenze nella rubricazione del titolo e del capo I emergenti dal confronto del tenore letterale del codice del 1889 e del codice del 1930 appariranno emblematiche e ben rappresentative della diversa portata ideologica delle disposizioni normative in essi contenute: non si avrà più modo di leggere “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” né “Dei delitti contro la patria” (così il Titolo I e il Capo I del codice Zanardelli) ma “Dei delitti contro la personalità dello Stato” e “Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato” (così il Titolo I e il Capo I del codice Rocco).

Della cittadinanza, oltre che l’elemento costitutivo del delitto di portare le armi con-tro lo Stato, previsto e sanzionato nelle disposizioni d’apertura del suddetto Titolo e più segnatamente nell’art. 242 del codice fascista35, si potrà dedurre la natura di vincolo di appartenenza e di condizione di sudditanza allo Stato-persona e alla sua originaria sovranità.

La riforma del codice penale del 1889, dopo i labili tentativi di modifiche sulla parte generale della Commissione ministeriale presieduta da Enrico Ferri, sotto l’egida del Guardasigilli Ludovico Mortara, venne ripresa a partire dal 1925 nella commissione pre-sieduta da Giovanni Appiani per volere di Alfredo Rocco, che partecipò assiduamente ai lavori, talvolta presiedendo un gruppo ristretto dei membri della stessa commissione e, dunque, indicando i profili discrezionali più salienti della nuova disciplina penalistica. Solo dai primi mesi del 1927, tuttavia, iniziarono i lavori sul secondo Libro, determinan-do un progetto che sarebbe approdato alla commissione parlamentare nell’ottobre del 1929.

Ad ogni modo, il discorso legislativo sull’articolato normativo, contenuto nel nuovo codice penale, inerente alla tipologia del reato commesso dall’individuo in quanto citta-dino, aveva avuto delle solide basi già in relazione alle modifiche da apportare alla legge liberale sulla cittadinanza. Infatti, nella seduta della Camera dei Deputati del 18 novem-bre 1925, quando Mussolini aveva presentato, di concerto con il Ministro dell’Interno Federzoni e con quello della Giustizia e degli Affari di Culto Rocco, un disegno di legge ad articolo unico relativo a «modificazioni ed aggiunte» alla L. 13 giugno 1912 n. 555, aveva sottolineato la necessità di introdurre l’ipotesi della perdita della cittadinanza da parte del cittadino che «commette all’estero un fatto da cui possa derivare turbamento dell’ordine pubblico nel Regno, o danno agli interessi italiani o diminuzione del buon nome o prestigio dell’Italia, anche se il fatto non costituisce reato»36.

35 Così recita: «Il cittadino che porta le armi contro lo Stato, o presta servizio nelle forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano, è punito con l’ergastolo. Se esercita un comando superiore o una funzione di-rettiva è punito con la morte. Non è punibile chi, trovandosi, durante le ostilità, nel territorio dello stato nemico, ha commesso il fatto per esservi stato costretto da un obbligo impostogli dalle leggi dello Stato medesimo. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, è considerato cittadino anche chi ha perduto per qualunque causa la cittadinanza italiana. Agli effetti della legge penale, sono considerati Stati in guerra contro lo Stato italiano anche gli aggregati politici che, sebbene dallo Stato italiano non riconosciuti come Stati, abbiano tuttavia il trattamento di belligeranti» Saltelli - Di Falco 1931, p. 19).

36 Cfr. Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura XXVII, Documenti, sessione 1924-25, n. 623, p. 2.

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

291

Inoltre, nella successiva seduta del 27 novembre 1925, Pier Silverio Leicht37, allora Presidente della Commissione referente sul disegno di legge, facendo riferimento agli al-tri casi di perdita di cittadinanza previsti dall’art. 8 della suddetta legge38, aveva affermato che la necessità di tale integrazione fosse da intendersi non già come un inasprimento della sanzione ma piuttosto come un rafforzamento ideologico del nuovo carattere e delle nuove forme dello Stato:

Per dividere i buoni dai cattivi italiani, per difendere la Nazione e i suoi diritti presenti e futuri, per salvaguardare i suoi interessi morali e materiali, per punire chi dopo averla rinnegata di fatto si atteggia a difensore delle sue fortune, il Governo ha presentato alla vostra approvazio-ne il presente disegno di legge. Il provvedimento in esso contenuto è certamente di natura del tutto straordinaria, non si può dire tuttavia ch’esso non trovi un addentellato nella legislazione vigente. Infatti anche per l’articolo 8 della legge 13 giugno 1912, la perdita della cittadinanza avviene senza che ci sia una contestazione legale dei fatti dai quali essa deriva e ciò anche nel caso previsto dal predetto articolo 8, comma n. 3, per il quale la perdita della cittadinanza vie-ne data in punizione al cittadino che in onta al richiamo del Governo ha continuato a tenere un impiego alle dipendenze d’un Governo straniero. Non c’è chi non veda come pur trattan-dosi d’una mancanza grave, quella accennata dal suddetto capoverso dell’articolo 8 sia di gran lunga inferiore a quella contemplata dal presente disegno di legge, dalla quale può derivare turbamento del buon nome e del prestigio italiano39.

Nella seduta del Senato del 25 gennaio 1926, dopo l’approvazione del disegno di legge sulla cittadinanza presso la Camera dei Deputati avvenuta il 28 novembre 1925, Alfredo Rocco40, nel precipitarsi a sottolineare la natura non penalistica del provvedi-mento (argomento evidentemente rilevante solo sotto un profilo formale), era giunto a rappresentare in modo chiaro l’intento del governo di considerare la cittadinanza come status subiectionis di colui che appartiene allo Stato e che può così esercitare i suoi diritti in quanto riconosciuti in via esclusiva dall’ordinamento giuridico statale:

37 Sull’impegno e l’attività parlamentare di Leicht si confrontino i fascicoli personali collocati nell’Archivio storico dell’Università di Roma “La Sapienza” e nell’Archivio Centrale dello Stato (Ministero dell’Educazione Na-zionale, Direzione generale dell’ordine universitario), nonché da ultimo Ferri 2013, pp. 1161-1162.

38 L’articolo citato così disponeva: «Perde la cittadinanza: 1. chi spontaneamente acquista una cittadinanza stra-niera e stabilisce o ha stabilito all’estero la propria residenza; 2. chi, avendo acquistata senza concorso di volontà pro-pria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana, e stabilisca o abbia stabilito all’estero la propria residenza; 3. chi, avendo accettato impiego da un Governo estero od essendo entrato al servizio militare di potenza straniera, vi persista nonostante l’intimazione del Governo italiano di abbandonare entro un termine fissato l’impiego o il servizio. La perdita della cittadinanza nei casi preveduti da questo articolo non esime dagli obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni concesse dalla leggi speciali» (cfr. Leggi e Decreti, 1912, p. 1493).

39 Cfr. Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura XXVII, Documenti, sessione 1924-25, n. 623-A, p. 3.40 Sull’impegno di Alfredo Rocco nella legislazione repressiva del regime si vedano da ultimo: Stolzi 2014,

pp. 139-154; Speciale 2012, p. 559 ss.; Stolzi 2007. Gli autori, anche sulla base del corposo lavoro degli anni Ses-santa del Novecento di Paolo Ungari (Ungari 1963), evidenziano la partecipazione del Rocco a quelle leggi che, tra il 1925 e il 1926, pongono fine definitivamente allo Stato liberale con l’eliminazione delle società segrete, il blocco della libertà di stampa, con la reintroduzione della pena di morte attraverso i “Provvedimenti per la difesa dello Stato”, con l’istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, con il Testo Unico che riorganizza la Pubblica sicurezza conferendogli ampi poteri repressivi.

Giordano Ferri

292

Quelli che il disegno di legge propone alla vostra approvazione, non sono provvedimenti d’in-dole veramente penale; e qui ho bisogno di dir brevemente qualche cosa sulla natura giuridica dell’istituto che noi introduciamo nella nostra legislazione con il presente disegno di legge. Non si tratta di una pena; noi abbiamo voluto anzi ricondurre questo caso di perdita della cittadinanza, come benissimo osserva l’onorevole relatore, al sistema del diritto vigente. Il nostro diritto ammette che si perda la cittadinanza per atti da cui direttamente o indiretta-mente si possa desumere la volontà di rinunciare alla cittadinanza italiana. Qualunque sia la costruzione giuridica dell’istituto della perdita o dell’acquisto della cittadinanza, è certo che esso si ricollega al vincolo spirituale che unisce i cittadini alla patria. Si tratta in verità di un vincolo necessario, ma di natura spirituale. Orbene questo vincolo rimane infranto non sol-tanto per una esplicita dichiarazione di volontà, ma anche per un tale comportamento, una tale condotta per cui il vincolo stesso irrimediabilmente viene a spezzarsi. Ammettendo che si perda la cittadinanza quando con la propria condotta un cittadino se ne renda indegno, non si fa altro che ricordare il carattere spirituale del vincolo che lega il cittadino alla patria. Chi, col suo comportamento, infrange questo vincolo, non è più cittadino41.

Le resistenze liberali di Giolitti – era forte il richiamo agli intellettuali Gaetano Sal-vemini e Gioacchino Volpe – verso l’impronta irrimediabilmente statuale della cittadi-nanza, messe in luce e analizzate recentemente da Floriana Colao42, non possono che confermare l’individuazione, nella natura del provvedimento, del primo anello di una le-gislazione volta a dare piena attuazione al principio fascista del “nulla fuori dallo Stato”.

Tornando alla stesura della norma di diritto penale che investe la cittadinanza, anche sulla base dei lavori preparatori, si può dire che essa si origina e si sviluppa sulla base di una reazione all’influsso di ideologie percepite, almeno sotto un profilo culturale, come spicca-tamente ed eccessivamente individualiste e, sotto un profilo sostanziale, si articola a fronte dell’accusa mossa al legislatore del 1889 di limitare la tutela penale a quegli interessi politici dello Stato che concernono solo la sua sicurezza. A prescindere dalla intitolazione e dalla struttura sistematica dell’intero Titolo I, la sicurezza è ora avvertita come tutela effettiva della personalità giuridica dello Stato nella sua integrità e, dunque, di quel complesso di interessi politici fondamentali che trovano in essa il loro centro di irradiazione.

La cittadinanza acquisisce rilievo penalistico come veicolo di appartenenza esclusivo dell’individuo allo Stato: in ragione dell’“essere cittadino”, e solo in forza di tale motivo, l’individuo che pone in essere la condotta delittuosa può essere privato per sempre della libertà o addirittura condannato alla pena di morte. L’“essere cittadino” assume peral-tro, nella enucleazione dell’art. 24243, un’accezione negativa in conformità all’impronta del regime di rendere partecipe l’individuo non nella formazione del tessuto normativo ma nella sua sola applicazione e, dunque, come mero destinatario di una legge voluta da uno Stato ormai slegato dalla società e dalle sue aspettative: ai meri effetti della legge

41 Cfr. Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legislatura XXVII, Discussioni, tornata 25 gennaio 1926, p. 4446. 42 Colao 2009, p. 683 ss.43 È la disposizione normativa che orienta l’interprete sullo svolgimento logico seguito dal legislatore nella

tipizzazione dei reati successivamente contemplati nel codice e che individuano la cittadinanza come elemento costitutivo della condotta delittuosa.

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

293

penale la qualità di cittadino permane anche nelle ipotesi di perdita della cittadinanza in quanto tale status, una volta acquisito, implica sine die un obbligo morale di fedeltà politica e non giuridica verso lo Stato. L’elemento morale, forse “etico” per la cultura del tempo, prevale sulla logica giuridica kelsenianamente intesa44.

Di particolare rilievo in tal senso è l’intervento di Arturo Rocco45 in seno alla Com-missione ministeriale di riforma del codice penale operante dal 30 novembre 1927 al 31 luglio 1928 e di cui egli fu membro attivo. Dopo un ampio intervento sulla personalità internazionale dello Stato, da intendersi non già come persona internazionale diversa dallo Stato, perché non è nello spirito del legislatore fascista considerare la comunità in-ternazionale degli Stati ai fini della disciplina dei delitti contro la personalità statuale, egli denota in questi termini le ragioni ideologiche, al di là delle scelte di tecnica legislativa, di una siffatta tipologia di reato del cittadino in quanto tale:

Che nome dobbiamo dare ai delitti che offendono lo stato italiano in quelli che sono i suoi su-premi interessi politici, interni e internazionali? La legge oggi parla di delitti contro la sicurezza dello Stato. Noi abbiamo detto delitti contro la personalità dello Stato. Vi è chi propone delitti con-tro la Patria. Ma è evidente che non si possono chiamare così, perché, se commessi da stranieri, non sono più delitti contro la Patria. E’ solo il cittadino il quale commette questi delitti che offende anche un dovere di fedeltà politica verso la Patria. Altri propone delitti contro lo Stato; ma anche i delitti contro la pubblica Amministrazione, anche i delitti verso l’amministrazione della Giustizia sono delitti contro lo Stato, e allora, se vogliamo designare soltanto quei delitti contro lo Stato che offendono, non l’attività amministrativa o giurisdizionale dello Stato, ma lo Stato in sé stesso, in quelli che sono i suoi supremi beni e interessi di carattere politico inter-no o internazionale, non possiamo dire delitti contro lo Stato, espressione troppo compren-siva […]. Il concetto di sicurezza è un concetto correlativo a quello di pericolo; quindi, dire delitti contro la sicurezza dello Stato implica il concetto della necessità di tutelare la vita dello Stato contro quelle azioni che pongono in pericolo la esistenza stessa dello Stato. Non altro […]. Pertanto si è creduto di dire delitti contro la personalità dello Stato. Lo Stato è infatti una persona in senso sociale, politico, giuridico. Una volta poi entrati in questo concetto di delitti che offendono lo Stato come persona, doveva subentrare la sotto distinzione fra delitti contro la persona dello Stato, a seconda che la si guardi nei rapporti interni con i cittadini o, in genere, coi sudditi dello Stato, o nei rapporti internazionali con gli altri Stati, tenendo conto che l’azione del colpevole può offendere lo Stato sia nei rapporti interni, sia nei rapporti internazionali. Né con ciò si scinde la personalità dello Stato in una doppia personalità, una interna e l’altra internazionale, giacché la personalità dello Stato è una sola, sia che la si guardi dal punto di vista del diritto interno, sia che la si guardi dal punto di vista internazionale46.

44 L’espressione è utilizzata solo a fini esemplificativi in quanto Kelsen esaminerà compiutamente il rapporto tra diritto e morale, affermando che il diritto appartiene al mondo del dover essere (Sollen) e non al mondo dell’essere (Sein), nella sua Reine Rechtslehre del 1934, pubblicata quattro anni dopo l’entrata in vigore del Codice Rocco.

45 Sulla produzione scientifica da ultimo si vedano: Garlati – Miletti 2013, pp. 1704-1708; De Francesco 2012, pp. 376-380.

46 Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, IV, Atti della Commissione ministeriale incarica-ta di dare parere sul progetto preliminare di un nuovo codice penale, Parte III, Verbali delle sedute della Commissione (Libro II del Progetto: verbali dal n. 46 al n. 62), Roma 1929, pp. 14-15.

Giordano Ferri

294

Del resto, che il fondamento dei diritti soggettivi pubblici di personalità dello Stato verso i cittadini fossero attinenti all’esistenza, all’organizzazione costituzionale dello Sta-to, alla sua sovranità Arturo Rocco lo aveva precedentemente affermato nella corposa monografia su L’oggetto del reato e della tutela giuridica penale. Contributo alle teorie generali del reato e della pena47, apparsa nel 1913 e ripubblicata senza cambiamenti all’indomani dell’entrata in vigore del codice penale del 1930.

In naturale corrispondenza all’affermarsi dell’idea della personificazione dello Stato, la cittadinanza, che viene a costituire la traduzione morale, in termini di fede politica e fedeltà al regime, dell’appartenenza dell’individuo allo Stato e la base dei diritti politici individuali (le cosiddette libertà politiche) ossia dei diritti del cittadino di rendersi attivo nell’interesse statuale, si svuota formalmente di qualsivoglia contenuto giuridico e per-de sostanzialmente il punto di riferimento nell’assetto sociale.

Riprendendo il pensiero di Mario Caravale, per recuperare il rapporto tra Stato e società e superare il formalismo dogmatico dello Stato-persona, bisognerà attendere i germi di un più maturo Costantino Mortati che nel 1940, con La costituzione in senso materiale, solleciterà la dottrina a guardare la realtà sociale non più come un dato pregiu-ridico ma come parte integrante dell’ordinamento.

BIBLIOGRAFIA

Accame 2009 = P. Accame, George Sorel: le mutazioni del sindacalismo rivoluzionario, Civitavecchia 2009.Aquarone 1965 = G. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino 1965.Barbieri 2003 = G. Barbieri, Pareto e il fascismo, Roma 2003.Brunialti 1890 = A. Brunialti, La libertà nello Stato moderno, in Biblioteca di Scienze Politiche. Scelta collezione delle

più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, V (1890).Caravale 2012 = M. Caravale, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, Roma-Bari 2012.Cartabia 2010 = M. Cartabia, I diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in F. Bassani, G. Tiberi, Le nuove

istituzioni europee. Commento al Trattato di Lisbona, Bologna 2010.Carré de Malberg 1922 = R. Carré de Malberg, Contribution à la Théorie générale de l’État, I, Paris 1922.Cianferotti 2013 = G. Cianferotti, Orlando Vittorio Emanuele, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX

secolo), diretto da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.Cianferotti 1980 = G. Cianferotti, Il pensiero di V.E. Orlando e la giuspubblicistica italiana fra Ottocento e Novecento,

Milano 1980.Colao 2009 = F. Colao, «Hanno perduto il diritto di essere ancora considerati figli d’Italia». I “fuorusciti” del Novecento,

in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 38 (2009).Constant 1819 = B. Constant, De la liberté des Anciens comparée à celle des Moderns, in Id., Cours de politique consti-

tutionnelle, IV, Paris 1819.Costa 1999 = P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa. Dalla civiltà comunale al Settecento, Roma-Bari 1999.De Francesco 2012 = G. De Francesco, Arturo Rocco, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Il contributo

italiano alla storia del pensiero, VIII appendice, 2012.Ferri 2013 = G. Ferri, Leicht Pier Silverio, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), diretto da I.

Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.Fioravanti 1987 = M. Fioravanti, Alle origini di una disciplina giuridica: la giuspubblicistica italiana e le sue prime

riviste (1891-1903), in Riviste giuridiche italiane (1865-1945), in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 16 (1987).

47 Rocco 1913, p. 600 ss.

La Cittadinanza e la personalità dello Stato nel regime fascita

295

Fioravanti 1990 = M. Fioravanti, Dottrina dello Stato-persona e dottrina della costituzione. Costantino Mortati e la tradizione giuspubblicistica italiana, in Il pensiero giuridico di Costantino Mortati, a cura di M. Galizia, P. Grossi, Milano 1990.

Fioravanti 2013 = M. Fioravanti, Mortati Costantino, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.

Frosini 2000 = T.E. Frosini, Mortati e la polemica sull’indirizzo politico negli anni Trenta, in Le forme di governo nel pensiero di Costantino Mortati, a cura di M. Galizia, Milano 2000.

Gall 1963 = L. Gall, Benjamin Constant. Seine politische Ideenwelt und der deutsche Vormärz, Wiesbaden 1963.Gargiulo 2010 = P. Gargiulo, Il futuro della cittadinanza europea dopo la riforma di Lisbona, in Sud in Europa, n. III

2010.Gargiulo 2012 = P. Gargiulo - L. Montanari, Le forme della cittadinanza. Tra cittadinanza europea e cittadinanza

nazionale, Roma 2012.Garlati - Miletti 2013 = L. Garlati - M.N. Miletti, Rocco Arturo, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-

XX secolo), diretto da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.Hegel 1955 = G.W.F. Hegel, Die Vernunft in der Geschichte, Hamburg 1955, p. 112.Herrera 2005 = C.M. Herrera, Georges Sorel et le droit, Paris 2005.Ippolito 2013 = D. Ippolito, Panunzio Sergio, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), diretto da

I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.Lanchester 1989 = F. Lanchester, Costantino Mortati e la «dottrina» degli anni Trenta, in Costantino Mortati costitu-

zionalista calabrese, a cura di F. Lanchester, Napoli 1989.Lanchester 2013 = F. Lanchester, Rossi Luigi, in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), Diretto

da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, II, Bologna 2013.Mortati 1931 = C. Mortati, L’ordinamento del governo nel nuovo diritto pubblico italiano, Roma 1931.Morviducci 2010 = C. Morviducci, I diritti dei cittadini europei, Torino 2010.Mussolini 1951 = B. Mussolini, La filosofia della forza. Postilla alla conferenza dell’On. Treves, in Id., Opera Omnia,

I, Firenze 1951.Orlando 1886 = V.E. Orlando, Studi giuridici sul governo parlamentare, in Archivio Giuridico, 36 (1886).Orlando 1890 = V.E. Orlando, Teoria giuridica delle guarentigie della libertà, in Biblioteca di Scienze Politiche. Scelta

collezione delle più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, 1890.Panunzio 1910a = S. Panunzio, Sindacalismo e medio evo, Napoli 1910a.Panunzio 1910b = S. Panunzio, La persistenza del diritto, Pescara 1910b.Panunzio 1925 = S. Panunzio, Lo stato fascista, Bologna 1925.Panunzio 1932 = S. Panunzio, Leggi costituzionali del regime, Roma 1932.Panunzio 1939 = S. Panunzio, Teoria generale dello Stato fascista, II ed., Padova 1939.Pocar 2000 = F. Pocar, Diritto dell’Unione e delle comunità europee, Milano 2000.Rizzo 2010 = A. Rizzo, Verso una cittadinanza sociale dell’Unione europea. Note su giurisprudenza e disciplina in tema

di diritti di cittadinanza e sicurezza sociale nell’ordinamento comunitario, in F.P. Traisci, Il “diritto privato europeo” dal mercato interno alla cittadinanza europea, Napoli 2010.

Rocco 1913 = A. Rocco, L’oggetto del reato e della tutela giuridica penale. Contributo alle teorie generali del reato e della pena, Milano 1913.

Saltelli - Di Falco 1931 = C. Saltelli - E.R. Di Falco, Commento teorico-pratico del nuovo codice penale, Torino 1931.

Speciale 2012 = G. Speciale, Alfredo Rocco, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Il contributo italiano alla storia del pensiero, VIII appendice, Roma 2012.

Stolzi 2007 = I. Stolzi, L’ordine corporativo. Poteri organizzati e organizzazione del potere nella riflessione giuridica dell’Italia fascista, Milano, 2007.

Stolzi 2010 = I. Stolzi, Fascismo e cultura giuridica, in Studi storici. Rivista trimestrale dell’Istituto Gramsci, 2014.Treggiani 2010 = E. Treggiani, Cittadinanza dell’Unione e integrazione attraverso i diritti, in L. Moccia, Diritti

fondamentali e Cittadinanza dell’Unione europea, Milano 2010.Ungari 1963 = P. Ungari, Alfredo Rocco e l’ideologia giuridica del fascismo, Brescia 1963.Villani 2010 = U. Villani, Istituzioni di diritto dell’Unione europea, II ed., cap. IV. Bari 2010.von Gerber 1880 = C.F. von Gerber, Grundzüge eines Systems des deutschen Staatsrechts, III ed., Leipzig 1880.von Mohl 1855 = R. von Mohl, Die Geschichte und Literatur der Staatswissen schaften, I, Erlangen 1855.