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Tra Italia e Spagna Studi e ricerche in onore di Francesco Manconi a cura di Giuseppe Mele CUEC Editrice

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Tra Italia e SpagnaStudi e ricerche in onoredi Francesco Manconi

a cura di Giuseppe Mele

CUEC Editrice

VOLUMI; PUBBLICATO CON n, CONTRIBUTO ni Indice

FondazioneBanco di Sardegna

7 Presentazione di ATTILIO MASTINO

11 Premessa di GIOVANNI MUTO

15 BRUNO ANATRA

La Spagna nelle guerre d'Italia fino all'incoronazione imperiale di Bologna

35 VALENTINA CIPOLLONELa politica militare di Filippo II sul fronte mediterraneo

© CUEC Editrice, 2012Tra Italia e Spagna

Studi e ricerche in onore di Francesco ManconiISBN: 978 88 8467 783 9

Finito di stampare nel mese di ottobre 2012

Realizzazione editoriale:Sardegna Novamedia Soc. Coop.

Via Basilicata n. 57/59, 09127 CagliariSu incarico di CUEC

Via Is Mirrionis n. 1, 09123 Cagliariwww.cuec.eu - [email protected]

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77

FRIEDRICH EDELMAYERFelipe II y los principes protestantes del Sacro Imperio

LLUIS QUIA MARIN

Pio Ravizza y la superintendencia de la Caja militar del Reyno de Carde-rìa. Cenit y ocaso de una reforma de Carlos de Austria (1715-1717)

103 MARIA LEPORIFazioni. Violenza armata e diffamazione nel Regno di Sardegna del Sette-cento

123 LUCIANO MARROCU«La storia di questa guerra dovrà fare dei malcontenti». L'attacco francesea Cagliari del 1793 nel racconto di testimoni e protagonisti

135 GIUSEPPE MELEL'arbitrio frumentario del visitador Pedro Martinez Rubio nella Sardegnadi metà Seicento

Senza il permesso scritto dell'Editore è vietata la riproduzione,anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,

compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico

Realizzazione grafica: A. De Cicco Hangar Factory, CagliariStampa: Nuove Grafiche Puddu, Ortacesus (CA)

151 GIOVANNI MURGIA

Restaurazione sabauda e riforma degli Ordini religiosi nella Sardegna del-la prima metà dell'Ottocento

189 GIAN GIACOMO ORTUAttraversamenti di luogo. Teorie e pratiche della storia locale

207 PAOLO PRETOTestamenti politici falsi

215 GIANFRANCO TORELa Sardegna di Filippo III (1598-1614)

249 XAVIER TORRES SANSLa guerra de Cataluna desde el pùlpito (1640-1652). A propòsito de unsermón inmaculista de Alexandro de Ros

267 MIRIAM TURRINIII mercante spirituale. La vita cristiana come pratica mercantile tra Sei eSettecento

287 RAIMONDO TURTASLe più antiche attestazioni della festa di Mezzagosto a Sassari

Presentazione

Con vero piacere, ho l'onore di presentare a nome degli amici e degli allieviquesto volume di studi storici dedicati - in occasione del suo pensionamento - aFrancesco Manconi, amico e maestro al quale mi legano vincoli di riconoscenzae di affetto. Curato da Giuseppe Mele, il libro viene pubblicato grazie al generosocontributo della Fondazione Banco di Sardegna, per la ferma volontà del suo Pre-sidente aw. Antonello Arru.

Mi sembra che quest'opera segni idealmente una tappa raggiunta e presentiun bilancio intorno ai principali interessi fin qui coltivati in comunione con tantistudiosi; soprattutto costituisca un punto di partenza verso nuovi alti obiettiviscientifici, nuovi temi di ricerca, nuovi orizzonti di un impegno animato da cu-riosità e da passioni vere: una pausa lungo un percorso che ci auguriamo lungo eancora produttivo e fecondo.

Questo volume è innanzi tutto un omaggio convinto che vuole esprimerel'ammirazione e il rispetto di tanti e insieme testimoniare la dimensione europeae internazionale di un personaggio - forse per alcuni troppo rigido e severo -,capace comunque di coinvolgere, di appassionare, di trascinare tanti di noi in unadimensione che va ben oltre l'ambito locale; con una straordinaria finestra verso ilricchissimo mondo catalano, anche a causa di questo lungo ed intenso legame conMarina Romero e di un rapporto strettissimo con la città di L'Alguer. Un modoper riscoprire la profonda identità catalana della Sardegna.

Se ci volgiamo indietro nel tempo, l'esperienza di Francesco Manconi comedirettore nell'Amministrazione degli Archivi di Stato a Cagliari rappresenta lapremessa originaria, che spiega il rigore filologico, l'attenzione per i documentie per il dato reale: ne discende il metodo che ha ispirato tutte le sue opere, chenon hanno mai risposto alle esigenze di una facile divulgazione, ma rimangonopreziose nel tempo come espressione di una riflessione non convenzionale e diqualità innanzi tutto sulla Sardegna del Seicento.

Ho conosciuto Francesco Manconi trenta anni fa, quando era già professo-re di Storia sociale e di Storia dei partiti e movimenti politici nella Facoltà diScienze politiche dell'Università di Sassari, poi come professore ordinario diStoria Moderna nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Il suo nome è strettamentelegato, più di quanto lui stesso non ammetta, al Dipartimento di Storia, a quel-la dimensione internazionale raggiunta dagli studi storici nel nostro Ateneo aPalazzo Segni, di cui andiamo giustamente orgogliosi: una collaborazione cheè stata anche piena di conflitti e di scontri con molti di noi, ma che ha segnatouna stagione straordinariamente felice per gli studi storici, di cui hanno potuto

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tidas del «pueblo», a quien se culpaba en suma de todos los desmanes51. Como sesabe, Felipe IV acabaria por confirmar o «devolver» los privilegios barceloneses aprincipios del ano 1653; algo que la ciudad celebrò una vez mas con el consiguien-te sermón, ahora de acción de gracias, y en la linea avanzada por Kos: «Despojadaa tu rey llegas ciudad de Barcelona [...]. Luego [tu rey] de privilegios te viste»52.Dicho esto, tampoco habria que exagerar el alcance o la eficacia de la guerra desermones, pues, si los privilegios catalanes subsistieron, elio fue quizàs por otrogènero de consideraciones mucho mas prosaicas, a saber: aunque Barcelona hu-biera capitulado, la guerra con Francia todavia no podìa darse por terminada,razón por la cual el Principado continuaba siendo una plaza de armas de primerorden, sujeta aùn a los vaivenes bélicos de una y otra parte, tal como se encargabande recordar, ano tras ano, las incursiones de los ejércitos franceses53.

51 J. M. TORRAS RrnÉ, Elprojecte de repressió deh catalani de 1652, en VV. AA., La revoludó catalanade 1640, Barcelona, 1991, pp. 241-290.52 J. GARRIGA, Sermón en acción de gracias que en la insigne cathedral hizo la Nobilissima Ciudad deBarcelona, por la confirmación de susprivilegios akancada [...] del rey Nuestro Senor Felipe Quarto,Barcelona, J. Forcada, 1653.53 Como se encarga de recordar A. CASAI.S, Que loda ella se tiene por un cabello. La guerra a Catalu-nya entre la caiguda de Barcelona i el tractat deh Pirineus (1652-1659), en O. J A N É (ed.), Del tractatdeh Pirineus a l'Europa del segle XXL un model en construcció?, Barcelona, 2010, pp. 139-151.

Il mercante spirituale.La vita cristiana come pratica mercantile tra Sei e Settecento

Miriam TurriniUNIVERSITÀ DI PAVIA

Una trentina di anni fa, in un saggio di grande rilevanza, Mino Bergamoevidenziava la decisiva affermazione di un modello economico nella culturaseicentesca: le «relazioni soggettive di ogni specie» sarebbero state misurate inbase alla legge dello scambio1. A partire dall'analisi del Tartuffe di Molière e dialcuni testi di mistici del Seicento francese, lo studioso, che accoglieva creati-vamente la lezione di Michel de Certeau2, individuava una tensione culturaletra il modello etico-economico trionfante e il filone mistico antieconomicoincentrato sull'amore disinteressato. La condanna pontificia dell'Explicationdes maximes des saints sur la vie interieure di Fénelon nel 1699 veniva letta daBergamo come «una delle più gravi concessioni che l'istituzione ecclesiasticaabbia accordato all'ideologia dominante». Si determinava così una perdita de-finitiva:

Ciò che scompariva per sempre dalla scena della spiritualità cristiana, era in-vece il grande sogno mistico di una vita condotta al di fuori e al di sopra del-la razionalità dell'utile, di un'esistenza irrecuperabilmente estranea all'ordineimposto dall'ideologia economica. Il XVII secolo si chiudeva così, trascinandonell'ombra tutto ciò che avrebbe potuto compromettere la stabilità della nuovacultura. Liberato dagli inquietanti paradossi mistici, l'uomo europeo entravaormai nell'età delle certezze. L'etica sociale del profitto si era già definitivamenteimposta3.

Questa «etica del profitto» avrebbe avuto «il suo primo grande trionfo» nellaforma solo dello scambio e con questa modalità, non ancora segnata dah"«impe-

1 M. BERGAMO, // puro amore davanti alla legge dello scambio, in In., La scienza dei santi. Studisul misticismo secentesco, Firenze, 1984, pp. 149-254: 152. Vedi anche, in particolare, ivi, p. 192. Ilpresente saggio sviluppa alcune osservazioni presentate durante la tavola rotonda di un congressoastigiano del 2003, ma non edite negli atti: Politiche del credito. Investimento consumo solidarietà,Atti del Congresso internazionale Cassa di Risparmio di Asti, Asti, 20-22 marzo 2003, a cura di Cì.BOSCHIERO, B. MOLINA, Asti, 2004.2 Per un profilo si veda C. OSSOLA, Historien d'un silence: Michel De Certeau (1925-1(186), «Rivistadi storia e letteratura religiosa», III, 1986, pp. 498-521 (tradotto in Fabula mistica. La spiritualitàreligiosa tra il XVI e il XVII secolo, Bologna, 1987, pp. 9-34, e con un aggiornamento bibliograficoin Fabula mistica. XV1-XVII secolo, a cura di S. PACIONI, Milano, 2008, pp. XXVII-LIV); il numeromonografico Michel De Certeau. Le voyage mystique della rivista «Recherches de science religieuse»,LXXVI, 1988, pp. 161-452; Autour de Michel de Certeau, «Recherches de science religieuse», XC1,2003, pp. 493-590.3 M. BERGAMO, II puro amore, cit., p. 244.

268 TRA ITALIA K SPAGNA

rativo universale del produrre», si sarebbe lasciata «alle spalle, come vane specula-zioni, le leggi mistiche del puro amore»4.

La rilevanza epocale del dibattito seicentesco sull'amore puro è stata recente-mente ripresa anche in uno studio sulla proposta spirituale di Francesco di Sales.Secondo Cristiano Passoni le controversie che percorrono il Seicento rivelano «l'i-nedito presentarsi del problema del rapporto tra pensiero cristiano ed esperienzaspirituale», ponendo al centro «la scoperta della ormai insuperabile soggettivizza-zione della fede che esige una rinnovata articolazione a riguardo dell'esperibilitàdel teologico da parte dell'antropologico»3. Nel Seicento si sarebbe disegnata inmodo chiaro una «divaricazione tra esperienza e rappresentazione dottrinale»,orientando il cristianesimo verso la pratica: «percependo la rappresentazionedei contenuti della fede sempre più astratta ed inaccessibile, il nucleo centraledell'esperienza spirituale tende a risolversi nell'osservanza ascetico-pratica dellalegge»6.

Lo stesso dibattito sull'amore puro sarebbe testimonianza di una divaricazioneche avrebbe condotto entrambi i contendenti sul terreno della «pratica»:

Benché da posizioni diverse, è innegabile che sia la «difesa» dell'amore senza inte-ressi, sia la «difesa» della virtù si riferiscano alla pratica della fede. Se a quest'ultimarinvia la predicazione dell'amore puro e, più in generale, l'esperienza mistica, ri-vendicando proprio a partire da essa la verità delle proprie affermazioni (e insie-me chiedendo senza posa nuove rappresentazioni), alla medesima pratica rinvia lareazione antimistica, invocandola quale argine efficace nei confronti delle possibilipericolose decostruzioni morali degli spirituali7.

L'esame di tre opere rinvenute casualmente nelle biblioteche italiane permet-te di meglio articolare le suggestioni fornite dagli studiosi della corrente misticaseicentesca riguardo al terreno rimasto vincente della devozione. L'«Europa deidevoti» - secondo una felice espressione di Louis Chàtellier -, formatasi a partiredall'età post-tridentina, consumava operette spirituali e cercava una perfezionespirituale anche negli stati di vita laicali, sotto l'influenza della formazione gesu-itica, ma pure del filone salesiano. Il fenomeno è stato studiato in modo efficace,in particolare in rapporto alle congregazioni mariane dei gesuiti, che coinvolge-vano uomini e donne soprattutto dei ceti medi e alti alle prese con le faccende delmondo8. La via preferenziale per la salvezza continuava a essere la vita religiosa,proposta con forza nelle riflessioni sulla vocazione personale, ma si era venuto ar-ticolando e diffondendo un modello ordinario di vita devota, basato sulla frequen-

4 Ivi, p. 245.5 C. PASSONI, «II Dio del cuore umano». L'intelligenza spirituale nell'opera di S. Francesco di Sales(1567-1622), Milano, 2007, p. 146.6 Ivi, pp. 128-130.7 Ivi,p. 131.8 L. CHÀTELLIER, L'Europa dei devoti, Milano, 1988 (ed. or. L'Europe des devoti, Paris, 1987); si vedaanche J.-P. GUTTON, Devoti et société au XVII' siede. Construire le del sur la terre, Paris, 2004.

STUDI li RICLRCHK IN ONOKK DI FRANCESCO M A N C O N I 269

za ai sacramenti, l'esercizio della carità e delle virtù, anche e preferenzialmente lepiccole, e l'obbedienza al direttore spirituale. Su tLitto regnava una morale dell'ob-bligazione alimentata dalla casistica di coscienza nella sua pervasiva presenza9. Lascelta tridentina della composizione tra azione di Dio e azione dell'uomo nell'o-pera della salvezza non era stata sufficiente a chiudere il dibattito sulle modalitàdell'apporto di ciascuno e la riflessione sulla grazia continuò a inquietare i cattoli-ci10, ma la possibilità di una cooperazione umana aveva improntato di sé la pasto-rale e la devozione, miranti alla concretezza delle opere e segnate da una teologiadei meriti11. Le aspirazioni mistiche non furono necessariamente disgiunte dallapratica delle virtù. Soltanto verso la fine del Seicento i legami furono recisi, quan-do alle inquietudini mistiche fu imposto il silenzio. L'orientamento etico prese ilsopravvento12.

Le tre opere qui presentate non si discostano da questa linea profonda del cat-tolicesimo dall'età post-tridentina in poi, ma assumono un particolare interesseper la metafora che le accomuna: il cristiano è presentato come un mercante ela vita cristiana come l'arte della mercanzia. Si tratta di tre testi non famosi, discarso o nessun successo, nati entro limiti locali e personali, ma rivelatori di unamentalità, in qualche modo indici puntati verso una trama di pensieri probabil-mente diffusa e radicata. Si collocano tra gli ultimi decenni del Seicento e i primidel Settecento. Due sono editi a Cremona, legati al culto per il santo patrono piùvenerato in città, il mercante Omobono13: // trafficante celeste, del sacerdote Giro-

9 Non è questa la sede per citare la vastissima bibliografia su questi temi. Si rinvia pertanto a due im-portanti sintesi recenti: P. PRODI, II paradigma tridentino. Un'epoca della storia della Chiesa, Bologna,2010; Id., Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra coscienza e diritto,Bologna, 2000. Per il contesto italiano si veda: O. NICCOLI, La vita religiosa nell'Italia moderna. SecoliXV-XVIII, Nuova edizione, Roma, 2008.10 Si veda ora P. BROGGIO, La teologia e la politica. Controversie dottrinali, Curia romana e Monarchicispagnola tra Cinque e Seicento, Firenze, 2009.11 Per la teologia cfr. in particolare: F. Buzzi, // Concilio di Trento (1545-1563). Breve introduzionead alcuni temi teologici principali, Milano, 1995; Id., Teologia, politica e diritto tra XVI e XVII secolo,Genova-Milano, 2005.12 Fondamentali restano M. ROSA, Settecento religioso. Politica della Ragione e religione del cuore,Venezia, 1999, e M. de CERTEAU, Du système religieux a I ethique des Lumières (17c-18es): la formalitàdes pratiques, in La Società religiosa nell'età moderna. Atti del Convegno di studi di Storia sociale e re-ligiosa. Capaccio-Paestum, 18-21 maggio 1972, Napoli, 1973, pp. 447-509; ma interessanti sono anchele osservazioni sulla modificazione dei modi della vita spirituale tra Sei e Settecento in G. MONGINI,Religione carismatica e direzione spirituale dall'apogeo alla crisi. Le agiografie di Brigida Morello diGesù (1610-1679) tra Seicento e Settecento, in Direzione spirituale e agiografia. Dalla biografia classicaalle vite dei santi dell'età moderna, a cura di M. CATTO, I. GAGLIARDI, R. M. PARRINELLO, Alessan-dria, 2008, pp. 335-387.13 Omobono fu canonizzato nel 1199 e venerato come patrono di Cremona ben presto, sicuramentegià nel Duecento. Nel 1643 fu proclamato patrono principale della città. Il suo culto si diffuse fuoridalla diocesi cremonese soprattutto tra metà Quattrocento e metà Seicento, cfr. A. FOGLIA, // cultodi Sant'Omobono: dalla memoria liturgica alla devozione popolare, in Beatus vir et re et nomine Ho-mobonus. La figura di sant'Omofono ad ottocento anni dalla morte (1197-1997), a cura di A. FOGLIA,Cremona, 1998, pp. 83-88; A. VAUCHEZ, Omobono di Cremona (f 1197) laico e santo. Profilo storico,Cremona, 2001.

27 O TRA ITA I,I AH SPAGNA STUDI li RICKKCHK IN ONORI! DI 1 ;KANC1<SCO MANCONI 17 i

lamo Balladori, edito nel 167414, e L'arte di ben trafficare per l'eternità praticamen-te insegnata da S. Omobono, operetta anonima dedicata al vescovo di CremonaAlessandro Litta (1718-1749)15. A questi si aggiunge un libriccino in dodicesimoin cattiva stampa seicentesca del poco noto barnabita Filippo Ferrari: // mercantecristiano fallito in punto di morte, edito a Genova nel 169116.1 tre testi apparten-gono a generi letterari differenti, il primo è un'agiografia, gli altri sono operetteascetico-devozionali. Non dipendono direttamente l'uno dall'altro, anche se l'au-tore de L'arte di ben trafficare può aver letto il lavoro di Girolamo Balladori ocomunque le sue stesse fonti. Non è possibile inserirli nel filone della casistica dicoscienza per la pratica mercantile, così diffusa tra Cinque e Seicento, che da piùdi un secolo aveva immesso sul mercato titoli per il «mercante cristiano»17, anchese alcuni tratti di quella riflessione li percorrono. Anche gli orizzonti di attesa deitesti sono differenti. Il Trafficante celeste è collocato in un contesto familiare ecittadino ed è segnato dall'intento civico di affidare Cremona alla protezione delsanto patrono Omobono, come dimostra la solenne dedica iniziale dell'editorealla principale magistratura della città18. Il libriccino di Filippo Ferrari è desti-nato alla devozione personale, mentre L'arte di ben trafficare innesta una praticaindividuale all'interno di una devozione più larga, trattandosi di una novena inpreparazione alla festa del santo scritta in anni in cui il culto a sant'Omobonoveniva sostenuto dal vescovo di Cremona. Un esame di queste operette ne faràemergere le peculiarità.

14 G. BAU,ADORI, // trafficante celeste, oceano di santità, virtù e miracoli dell'angelico padre de'poveri etesoriere del del, Huomobuono, il santo cittadino cremonese, In Cremona, per Paolo Puerone, al segnodel Giesù, 1674 (consultata la copia conservata nella Biblioteca Statale di Cremona, con la segnaturaGG. 8. 4).15 L'arte di ben trafficare per l'eternità praticamente insegnata da S. Omobono, protettore primario diCremona sua patria, ed esposta in nove considerazioni da un suo divoto, In Cremona, nella Stampadel Ferrari, s.d. (consultata la copia conservata nella Biblioteca Statale di Cremona, con la segnaturaGG. 4. 35). L'edizione non reca data di stampa ma l'imprimatur è del 1733 (ivi, p. 10). Si tratta di unlibretto di piccolo formato di 168 pagine.16 F. FERRARI, // mercante cristiano fallito in punto di morte, In Genova, per Antonio Casamara inPiazza Cicala, 1691 (consultata la copia conservata nella Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio diBologna, con la segnatura 2. CC. VI. 61). Il libretto è di piccolo formato e consta di 260 pagine.17 Si pensi alla traduzione italiana dell'Instrucion de rncrcaderes di Sara via de la Calle, edita a Mediiladel Campo nel 1544, uno dei primi trattati in merito: Saravia de la Calle, Institutione de' mercanti chetratta del comprare et vendere, et della usura che può occorrere nella mercantia insieme con un Tratta-to de' cambi. Et in somma si ragiona di tutto quello che al mercante christiano si conviene. Compostaper il dottar Saraua et nuovamente tradotta di lingua spagnuola dal s. Alfonso d'Vlloa, In Venetia, ap-presso Bolognino Zaltieri, 1561. Si veda E. CARPI, La Instrución de mercaderes di Saravia de la Callee la Institutione de' mercanti di Alfonso de Ulloa, Pisa, 2007.18 G. BALLADORI, // trafficante celeste, cit., cc. [5r-6vj. Su santità e agiografia rispetto al contesto localenel periodo post-tridentino cfr. S. DITCHFIKLD, Liturgy, sanctity andhistory in Tridentine Italy. PietroMaria Campi and thc preservation of thè particular, Cambridge, 1995.

Dalla mercanzia terrena alla mercanzia spirituale

Una bella xilografia del Trafficante celeste raffigura sant'Omobono nel negoziodi stoffe con due acquirenti e una didascalia recita: «A i trafici terreni il Santodassi, onde a quelli del Ciel poscia se 'n passi»19. Il Trafficante celeste è intriso disospetto nei confronti della mercatura e nemmeno l'esemplarità di Omobono inquanto mercante scioglie l'ostilità nei confronti di una professione ritenuta tan-to pericolosa per la salvezza dell'anima. Secondo Girolamo Balladori merito disant'Omobono fu sì aver esercitato onestamente la sua arte, ma ancor più averlatrascesa. Il testo agiografico del rettore del seminario vescovile di Cremona20 nar-ra in cinquantun capitoli la vita, i miracoli e il culto del patrono principale dellacittà lombarda, fornendo una lettura della sua esistenza nella prospettiva del pas-saggio dal commercio dei beni terreni al traffico dei beni celesti21.

La chiave interpretativa del testo si trova nel capitolo dedicato all'età giovani-le di Omobono e alla decisione dei genitori di avviarlo al commercio: la praticamercantile terrena diventa provvidenzialmente palestra per passare dal trafficarein terra al trafficare per il ciclo. Omobono era un figlio amato e di grande soddi-sfazione per i genitori, che pure non ne insuperbivano, consapevoli «delli deme-riti proprij nascenti dall'humana conditione troppo lontana dal meritare appres-so la divina liberalità donativo alcuno»22. Loro intento era piuttosto favorire una«corrispondenza» propria e del figlio nei confronti dell'azione divina. «Prudenti echristiani», i genitori cercavano i modi per cooperare con la «divina disposinone».Decisero pertanto di avviare Omobono al loro stesso mestiere di mercanti. Girola-mo Balladori scrive qui pagine di grande interesse sul rapporto tra natura e grazia,tra azione umana e azione divina, proponendo un modello educativo e insiemeuna riflessione teologica sulla vocazione personale:

Servasi Iddio della nostra inclinatione, o portata con essi noi dal ventre maternoo pure acquistata per l'occasione di qualche prattica, per condurci al suo santoservitio et all'asilo sicuro dell'Eterna salute. Perciò, sì come incomminciò dimo-strare la sua infinita buontà nell'elettione d'Huomobuono prevenendolo nelle suebeneditioni, così sempre l'andò accompagnando, guidandolo per quelli sentieri chepiù erano confacevoli alla dispositione di esso, per tirarlo a sé del tutto, col di luiperpetuo acquisto d'un'eterna felicità23.

19 G. BAU.ADORI, // trafficante celeste, cit., p. 29. Per una descrizione dell'opera, che contiene un ric-chissimo apparato iconografico, cfr. Beatus vir, cit., pp. 53-62, 184-189.20 Su Girolamo Balladori (1619-1683) cfr. F. ARISI, Cremona literata, III, Cremona, apud Petrum Ric-chini, 1741, pp. 95-96; V. LANCETTI, Biografia cremonese, II, Milano, Dalla Tipografia di Commercio alfiocchetto, 1820, pp. 47-49, che lo definisce «piissimo sacerdote, morto in concetto di santità» (ivi, p. 47).21 Su Omobono cfr. in particolare U. PIAZZI, Omobono di Cremona. Biografie dal XIII al XVI secolo.Edizione, traduzione e commento, Cremona, 1991; A. VAUCHEZ, Omobono di Cremona, cit.; Beatusvir, cit. Ringrazio Adelaide Ricci per i suggerimenti bibliografici su sant'Omobono.22 G. BALLADORI, II trafficante celeste, cit., pp. 32-33.

-1 /vi, p. 35.

Girolamo Balladori individua un «volere divino» nella nascita di Omobonoda genitori mercanti e nella loro decisione non necessaria di applicarlo alla lorostessa arte24. Dopo aver ricordato la parabola evangelica sul regno dei cieli similea un mercante in cerca di perle preziose, secondo una modalità di citazione chesposta l'asse del passo di Matteo dal valore della perla preziosa alla figura del nego-tiator25, e aver sottolineato «che molto facile è il passaggio che fa la natura e l'arteda una ad un'altra operatione, da uno ad un altro esercitio, quando vi è qualcheconformità o somiglianzà tra loro»26, il sacerdote cremonese sottolinea come Dio,quindi, avrebbe preparato Omobono a diventare mercante di beni celesti attraver-so l'esercizio della pratica mercantile mondana:

Così volendo l'Autore della Gratia seguire la traccia da lui medemo stampato [sic]con l'orme della Natura, volle che il nostro Huomobuono più tosto al traffico chead altro impiego s'applicasse, acciò con soavità poco meno che insensibile facessepassaggio da questa maniera poco utile del trafficare nella terra alla maniera utilis-sima di trafficare per il cielo. Non haverebbe Huomobuono così facilmente intesoil Centuplum accipietis27 se non havesse prima dal mondo capita la varietà degliavantaggiosi contratti28.

Non ne risulta tuttavia nobilitata l'arte mercantile, che resta tanto più «sdruc-ciolosa» quanto più è praticata29. Omobono in primo luogo riesce infatti a mante-nersi immune dai pericoli insiti nell'esercizio mercantile:

Era di così buona tempra questo novello trafficante che, se bene la calamità dell'in-teresse tira a sé con violenza più che mediocre anche li cuori di ferro soliti a resi-stere ad ogni lusinghevole assalto d'avvantaggiarsi nell'havere, con tutto ciò nonfu valevole smuovere dal centro del giusto l'animo di Huomobuono, più tosto adimpoverire che ad arricchire inclinato, o, se pure inclinato ad arricchirsi, non giàcon le ricchezze apparenti e fuggiasche ma ben sì con quelle che non terminanose non con l'Eternità, esenti da ogni pericolo e sempre col suo Signore e Padronecongiunte30.

Il santo cremonese, dunque, vive innanzitutto in modo esemplare il suo lavoroe nel Trafficante celeste ci sono passi interessanti sulla conduzione onesta di unabottega e sul rapporto con i clienti31, che traducono narrativamente le complesse

14 Ivi, p. 36.« Matteo 13, 45-46.26 G. BALLADORI, II trafficante celeste, ài.., p. 36.27 Matteo 19, 29; Marco 10, 28-30. Il passo parallelo di Luca 18, 28-30 non contiene l'espressione«centuplum».28 G. BALLADORI, // trafficante celeste, cit, pp. 36-37.29 Ivi, p. 37; inoltre: «Troppo è difficile l'arte della mercantia a chi tiene pensiero di viversene da huo-mo da bene e buon christiano», in quanto l'immersione nei pensieri terreni impedisce di elevarsi aldesiderio del cielo, ivi, p. 74.M Ivi, pp. 37-38.31 In particolare ivi, pp. 38-39, 81-87.

STUDI K RICKKCHi ; IN ONOKK DI l- 'KANCKSCO MANCONI 2-73

sistemazioni teologico morali cinque-seicentesche a proposito del commercio32.Ma non è questa la via per il cielo. La visione di Girolamo Balladori è lontanadalla valorizzazione dell'impiego terreno. La realtà terrena può essere un ponteverso quella celeste soltanto nella misura in cui viene vissuta con totale distacco.Il Trafficante celeste non è che la narrazione di un superamento, prima nel viverecristianamente l'arte del commercio, che comporta il distacco dall'interesse pro-prio, secondo una logica che al mondo risulta contraddittoria con l'essenza stessadel commercio, poi nel rinunciare ai beni terreni pur onestamente guadagnati.

Omobono, dunque, non solo non fu mai «schiavo di quella voglia d'avantag-giarsi nelle sostanze con troppo ansiosi e mendicati guadagni»33 e fu indenne dal-la «peste morbosa dello interesse»34, ma ancor più impoverì se stesso donandolargamente ai bisognosi. «Traffica in Ciel mentre dispensa l'oro. Non perde, anziguadagna un gran tesoro»35: così recita la legenda del capitolo dedicato alla suagenerosità verso i poveri, che tanti dissapori gli avrebbe procurato con la mogliesecondo Girolamo Balladori, che al riguardo sviluppa spunti tratti da testi ante-cedenti36. Nella sicurezza conferita dalla compagnia dei molti poveri, Omobono,«senza punto altro temere, non haveva altro che pensare che seguire povero il suocamino, per arricchirsi nel Cielo, mentre haveva impoverito se stesso per sollie-vo dell'altrui miserie qui in terra»37. Secondo un'immagine del Trafficante celesteOmobono aveva così dissipato le nubi dei beni terreni che gli avrebbero impeditodi vedere «la divina faccia nelli splendori delle divine inspirationi»38.

Lungo tempo dedicato all'orazione, venerazione per la Vergine Maria, impe-gno antiereticale, perfino insegnamento della dottrina cristiana agli ignoranti, di-segnano la figura di un santo perfettamente post-tridentino, che coniuga il distac-co dal mondo con la pratica devozionale e sacramentale, con l'esercizio delle virtùe con la dedizione alle opere di carità. In questo // trafficante celeste è un'agiografiarispettosa dei canoni del tempo39 e guidata dalle preoccupazioni coeve nel sotto-lineare la «conformità»40 di Omobono alla volontà divina e la sua collaborazioneall'azione di Dio, che diventano il cuore teologico del testo:

Tu ti credi non potere già mai per tutto il corso di tua vita sodisfare all'obligo chetu per natura professi a tuoi genitori e non credi il falso, ma et al Creatore, al Con-

32 Cfr. ora P. PRODI, Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell'Occidente, Bologna, 2009,pp. 203-274.33 G. BALLADORI, // trafficante celeste, cit., p. 84.34 M p. 82.35 Ivi, p. 88.36 Ben due capitoli sono dedicati ai difficili rapporti con la moglie, che rimprovera Omobono dellasua eccessiva generosità, cfr. ivi, pp. 107-131. Per i testi liturgici, giuridici e agiografia fino a fine sec.XVI relativi a Omobono cfr. D. PIAZZI, Omobono di Cremona, cit.37 Ivi, p. 96.38 Ivi, p. 89.39 Per una sintesi su santità e agiografia in età moderna: S. DITCHFIELD, // mondo della Riforma e dellaControriforma, in Storia della santità nel cristianesimo occidentale, Roma, 2005, pp. 260-329.4(1 G. BALLADORI, // trafficante celeste, cit, p. 168.

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servatore, Redentore, al tuo unico et amorosissimo Padre per gratia e Glorificatorecome ti darà l'animo di potere compire? È verissimo che il darsi a credere di pote-re corrispondere né pure nella minima dell'infinite obligationi che tu professi allaDivina Beneficenza è un sogno, è una chimera, è un imaginare l'impossibile, tuttavolta è pur di mestieri fare quanto si può, conforme l'humana e mortale conditione,per non havere ad essere del tutto un mostro d'ingratitudine41.

Pur avendo tratto gli elementi della narrazione dai testi agiografia precedenti,il Trafficante celeste si situa in un orizzonte spirituale e teologico diverso. Ciò cheinteressa sono le modalità del rapporto tra uomo e Dio, tra l'azione della graziadivina e la risposta umana. Inoltre Girolamo Balladori non accoglie la tendenza avalorizzare la figura di Omobono nella sua attività professionale come avveniva inquei decenni nella diffusione del culto quale patrono di corporazioni artigiane, inparticolare di sarti42. Il riferimento all'attività mercantile che sostiene il Traffican-te celeste si pone in continuità e rottura con una mentalità considerata mondana ecausa di perdizione dell'anima. La vita cristiana assume i connotati di un traffico,ma nel Trafficante celeste si opera un trasferimento di interesse: dai beni terreniai beni celesti. In questo vi è certo l'eco della vita più antica, la Cum orbita solis,incentrata sulla rottura con la pratica mercantile e sulla conversione a una vitapenitenziale43, ma nell'opera di Balladori l'accento cade non tanto sulla dramma-ticità della conversione quanto sulla fedeltà a un percorso vocazionale nel qualela natura si piega alla grazia e permette di soddisfare a un'obbligazione. Vent'an-ni dopo un barnabita si affiderà alle potenzialità indagatrici della metafora perdipingere in modo drammatico caratteristiche e urgenze di un'esistenza terrenaorientata alla salvezza eterna.

Un rapporto contrattuale e mercantile con Dio

Di Filippo Ferrari (1654 ca.-1713), autore del Mercante cristiano fallito in pun-to di morte si sa ben poco. Ligure, barnabita, fu docente di retorica, filosofia eteologia in diversi collegi della congregazione, anche in Germania. Di lui resta ilricordo dell'esemplarità di vita44. Il suo punto di osservazione della vita terrena è

41 Ivi, p. 43.42 A. VAUCHEZ, Omobono di Cremona, cit., pp. 95-107.43 II testo liturgico, risalente al sec. XIII, era già incentrato sul passaggio dall'esercizio mercantileterreno a quello celeste: «Cum itaque beatus Homobonus veterem exutus novum hominem induis-set, commercia deferens temporalium, mercator etficitur regni caelorum», cfr. D. PIAZZI, Omobonodi Cremona, cit., p. 33. Per una lettura della Cum orbita solis si veda inoltre D. PIAZZI, Omobono diCremona: le fonti agiografiche, in Beatus vir, cit., pp. 13-30: 18-22. Sul giudizio negativo riguardo allamercatura e sul passaggio al commercio per il regno dei cieli cfr. anche A. VAUCHEZ, Omobono diCremona, cit, pp. 55-61, e il precedente saggio Le "trafiquant celeste": Homebon de Cremane (t 1197),marchand et «pére des pauvres», in Horizons marini, itinéraires spirituels (Ve-XVIIIe siècles), dir. H.DUBOIS, J.-C. HOCQUET et A. VAUCHEZ, I, Paris, 1987, pp. 115-122.44 Cfr. G. BOFFITO, Scrittori barnabiti, Firenze, 1933-37, II, p. 16; IV, p. 374.

STUDI i- R I C E R C H I ; IN ONORI; DI FRANCESCO MANICONI 275

il ministero di un religioso. Così si ricava dalla dedica al lettore del suo libretto,nella quale viene chiarito l'intento del lavoro:

II mondo è un mercato, mercanti sono gli huomini. L'havere io più d'una vol-ta fatto riflesso alla soverchia sollecitudine che tal'uno tiene negl'affini di qua giùspettanti alla vita presente, scordandosi, o poco curandosi, degl'interessi della vitafutura et eterna, mi ha mosso ad impiegare quel tempo che mi avanza dalle religio-se domestiche facende in comporre questa picciola operetta, con cui non pretendoche apportargli qualche giovamento, co' 1 fargli vedere che egli s'incarnirla ad unmiserabile fallimento in ponto di morte45.

NeU'«operetta» di Filippo Ferrari la metafora della vita cristiana come artemercantile impregna di sé il testo e diventa strumento di esplorazione teologica.Ne risulta un testo a tratti sconcertante, nel quale la metafora estremizza alcuneconnotazioni della teologia tridentina della cooperazione tra uomo e Dio nell'o-pera della salvezza46. Sia l'uomo che Dio sono presentati come mercanti e tra diloro è praticato un traffico il cui esito è la salvezza eterna. I sedici capitoli di questolibretto presentano via via quali debbano essere gli interessi spirituali dell'uomo,quali siano le caratteristiche dei traffici intercorrenti tra l'uomo e Dio e quali lemodalità per osservare i contratti tra il soggetto umano e quello divino.

Il capitolo introduttivo sottolinea la nobiltà della mercanzia spirituale, avva-lorata da molteplici passi biblici, che racchiudono nella metafora mercantile Dio,suo Figlio, il regno di Dio e quindi la «Chiesa militante» - secondo l'identifica-zione tra i due corrente nella dottrina cattolica del tempo - e i cristiani. Data lasua natura, l'arte del commercio in ambito spirituale è nobile: Filippo Ferrari sipreoccupa innanzitutto di liberare la sua metafora dalla cattiva considerazione dicui gode l'arte mercantile terrena, conferendo alla mercanzia spirituale un carat-tere nobile e nobilitante. Preoccupazione che è interessante spia di un orizzontementale impregnato delle gerarchle sociali di antico regime.

Le prime considerazioni richieste al cristiano sono relative alla consapevolezzache i veri interessi dell'uomo sono quelli spirituali. «Il conoscere bene, cioè il con-siderare attentamente li proprij interessi è quasi la principal cagione de' proprijvantaggi» sia nel commercio terreno sia nell'impegno per salvarsi47. Il cristianodeve concepire stima per la sua «mercantia», liberandosi dalle attrazioni del sen-sibile:

Se voi amate la vostra mercantia dell'anima, non perderete occasione di assicurarla,non perderete tempo di migliorarla, di moltipllcarla su i banchi del Paradiso, stare-te con profonda attentione per maneggiarla bene48.

45 F. FERRARI, // mercante cristiano, cit., e. [5r],46 F. Buzzi, // Concilio di Trento, cit.47 F. FERRARI, // mercante cristiano, cit., p. 10.48 M, p. 26.

276 TRA ITALIA E SPAGNA

All'uomo manca la «prudenza cristiana», che è «una scienza di quelle cosedesiderabili» indicate dal vangelo49 e che «possiede ricchezze ma non le stringe.Sì che a minimo colpo di fortuna aversa, o per meglio dire, di Providenza divina,prontamente le lascia»50.

Il presupposto per una corretta consapevolezza del valore della vita terrenaè per il barnabita ligure la convinzione che Dio è presente e operante nella sto-ria umana: nell'immagine di Dio che l'uomo si fa si trova il fondamento del suorapporto con Dio. Filippo Ferrari è critico nei confronti di una fede non storica.Non è possibile trovare l'oggetto preciso della sua polemica in merito, espressa intermini molto generali, ma a fine Seicento sono ipotizzabili gli echi della modi-ficazione culturale individuata magistralmente da Paul Hazard nella «crisi dellacoscienza europea»51. Alcuni uomini, secondo Ferrari, ritengono che la prosperitàsia dispensata dal caso e che il mondo sia governato dalla natura, sostenendo l'e-straneità di Dio alle vicende umane nella concretezza del vivere:

Per questo, trovandosi il nostro mercante nelle felicità si scorda di Dio, perché nonconosce praticamente Iddio per donatore d'ogni bene, e la scordanza che egli tienedi Dio gli fa credere che Dio si scordi del mondo52.

L'uomo è quindi sviato dai beni materiali e fonda il suo agire su una falsa ideadi Dio. Ciò si manifesta anche nel suo modo di trafficare con Dio, innanzitutto inun concetto errato della sua misericordia, che non consiste in una incondiziona-ta disponibilità divina al perdono delle colpe umane. La misericordia divina è adisposizione dell'uomo, che deve però guadagnarsela con il pentimento sincero,la confessione dei propri peccati e l'abbandono dell'attaccamento al male. Dio,infatti, è misericordioso ma anche giusto:

Uno de' principali corrispondenti co" quali traffica il mercante cristiano è la divinamisericordia. Chi vuole trafficare sicuro bisogna che sia bene informato de i tratti,leggi communi, municipali, come anche del ius gentium, a' quali quello è obligato.Fra cristiani ci sono di molti che tengono corrispondenza di grandi merci con ladivina misericordia, a' quali questa o nulla o poco corrisponde, e più d'una volta glinega le corrispondenze, et anche (che è più doloroso) gli da fallimenti miserabili,non per altro se non perché quelli sbagliano alla grossa nell'inviargli mercantie noncorrenti, non nette, con sinistre intentioni, con cabale affatto indegne d'un cristia-no mercante, contro le leggi e contro il diritto humano e divino, e poi pretendonofedeltà ove non si deve, e vogliono da quella osservanza di leggi ove non è luogo.In maniera che hanno concetto di quella diverso da quella che infatti essa è. Sì chevivono su l'aspettative delle corrispondenze della misericordia divina e muoionofalliti in mano della giustitia di Dio53.

«/vi, p. 51.5° Ivi, p. 56.51 P. HAZARD, La crisi della coscienza europea, a cura di P. SBRINI, Torino, 1946.52 F. FERRARI, // mercante cristiano, cit, p. 85.«/vi, pp. 98-100.

STUDI !• K ic i iRc r i i i IN ONORI; DI FRANCF.SCO MANICONI 277

Con l'incarnazione del Figlio di Dio la misericordia divina ha posto «il bancoqua giù fra gli huomini» e il suo «contante» è «infinito»54. Una teologia schemati-ca articola l'azione della misericordia divina con un'immagine monetaria: «A tuttisborsa contante di gratia sufficiente, di più dona nuovo contante di gratia efficace,di più sborsa gratia santificante, et anche rilassa grossissimi debiti»55. Ricorrendoa Matteo 13, 12, il testo descrive l'azione remuneratrice della grazia:

A chi nell'estremo ponto di vita si troverà bavere la gratia efficace e la gratiasantificante gli sarà data la beatitudine eterna. Ma chi non bavera gli sarà toltaanche la sufficiente doppo il sudetto ponto estremo. E questo è l'eterno orribilefallimento con la perdita di gratia e di gloria di Dio e di tutto quello che ha ombradi bene56.

I «traffichi» con Dio sono oggetto di analisi in diversi capitoli, intrisi della con-vinzione che l'uomo ha una visione troppo materiale, ancorata ai beni terreni, nonsorretta da una fede forte, incapace di distinguere bene il temporale dall'eterno.L'uomo traffica male i talenti ricevuti, secondo un'immagine evangelica richiama-ta nel testo57, sulla quale si tornerà.

Ma l'uomo fallirà anche perché non sa osservare i contratti con Dio, che Fer-rari descrive secondo quattro specie: «1. Do, ut des; 2. Facio, utfacias; 3. Do, utfacias; 4. Facio, utfacias»58. Il rapporto tra l'uomo e Dio è dunque di natura con-trattuale, secondo una visione fortemente giuridica. Si tratta, infatti, di «contrattistricti iuris, ne' quali il Giudice giudica secondo il rigore della legge e secondo leparole con le quali si è pattuito»59.

I contratti sono analizzati uno per uno. Il primo «Do, ut des» si sofferma suibenefici concessi da Dio e sulla tendenza umana a non ricambiare, preferendoorientarsi verso le creature. Il dialogo con i lettori si fa serrato:

Li vostri pensieri o come poco o come mai si aggirano intorno al Sommo Bene?se voi li cercaste, li trovereste perduti nella polvere della terra e pure havete obligodi depositarli nelle mani di Dio per sodisfare al contratto che havete con la DivinaGiustitia60.

II secondo contratto «Facio, ut des» presenta un Dio che rende amabili le pro-prie creature e le ama affinchè queste possano rispondere al suo amore, ovverodiano la propria anima a Dio «per forza d'amore»61. L'analisi del comportamentoumano e la condanna di pompe, «foggie contro l'honesto», «conversationi libere»,

5-i M, pp. 100-101.55 Ivi, p. 102.56/Vi, p. 104.57 Matteo 25, 14-30; Luca 19, 12-27.58 F. FERRARI, // mercante cristiano, cit., p. 202.5? Ivi, pp. 202-203.6(1 Ivi, p. 211.''i Ivi, p. 216. Vedi anche ivi, p. 18.

vendette, «sodisfattioni della gola» conferma l'opzione rigorista del Ferrari, cheben si colloca nella congiuntura di fine Seicento62.

Il terzo contratto, «Do, ut facias», sottolinea l'importanza delle opere, chel'uomo non riconosce, perché «in vece di fare per Iddio opere sante, come richie-deva la natura del dono e l'obligatione del contratto, voi faceste opere di offesadi Dio, a' quali vi sollecitorno le passioni imperversanti»63. E così è anche perl'ultimo contratto «Patio, ut facias», che illustra minutamente ciò che Dio operaper l'uomo, nella sua costante presenza: «È fortezza della vostra virtù e riparodal cocente calore, ombrella nel caldo meriggio, preghiera ne' vostri inciampi etagiuto nelle cadute. Esalta la vostra anima, illumina i vostri occhi, risana le vo-stre infermità»64. L'uomo non sa corrispondere e viene meno alle obbligazioni diquesto contratto con Dio: «Li grandi e molti beneficij di Dio vi muovono nausea,sì che fate gitto della Divina Gratia. Ma queste sono ingrate disosservanze de'contratti divini»65.

Il finale è drammatico perché il «debito» che ciascun umano deve pagare inquanto nato «dalla stirpe di Adamo infetta del peccato originale»66 non viene pa-gato da tutti «con guadagno». Alcuni, inosservanti delle obbligazioni derivanti daicontratti con Dio, pagheranno il loro debito «con perdita»67.

Una lunga consuetudine con la teologia morale dell'epoca poteva dunque con-durre a formulare l'esperienza cristiana nei termini di una reciprocità di tipo con-trattuale. Il Mercante fallito è davvero il trionfo della legge dello scambio e dellalogica etico-economica che Mino Bergamo aveva individuato in testi di ben altranatura. L'ottica mercantile penetra fin nelle fibre più intime del pensiero e dell'a-zione, traducendo secondo una prospettiva dell'obbligazione la dottrina tridenti-na della cooperazione umana all'azione della grazia. Formulata in questi terminil'esperienza di fede cattolica non poteva essere più lontana dal mondo riformato.La grottesca estremizzazione del Mercante fallito ha il pregio di rivelare i trattiprofondi e le immagini mentali portanti di una proposta ascetico devozionale chea fine Seicento marginalizzava l'orientamento mistico. Qualche decennio dopo lastessa attitudine si rivestirà della concretezza pratica della letteratura devozionaledel Settecento.

62 Ct'r. in particolare J.-L. QUANTIN, De la rigueur au rigorismi'. Les Avvertenze ai confessori deCharles Borroméc dans la Pratice du XVII' siede, «Studia borromaica», XX, 2006, pp. 195-251; Id.,Le rigorismi': sur le basculement de la théologie morale catholique au XVIIC siede, «Revue d'Histoirede l'Eglise de France», LXXXIX, 2003, pp. 23-43; Id., // rigorismo cristiano, Milano, 2002 (ed. or. Lerigorisme chrétien, Paris, 2001).63 F. FERRARI, // mercante cristiano, p. 224.« Ivi, p. 228.65 Ivi, p. 231.<•'<•' Ivi, p. 232.<>7 Ivi, p. 232.

STUDI li RICERCHE IN ONORE DI ERANCESCO MANCON1 27<)

// «grand'affare dell'anima propria»

L'anonima Arte di ben trafficare per l'eternità, edita nel 1733, si presenta comeun manualetto pratico per assicurarsi la salvezza eterna. È pensata come una no-vena in vista della festa di sant'Omobono, il cui culto era stato sostenuto in queglianni dal vescovo di Cremona Alessandro Litta, alla quale è dedicata68. Per ognigiorno sono proposte una «considerazione» e un «esame», suddivisi in più punti.Una preghiera per ottenere l'intercessione del santo patrono della città di Cremo-na e istruzioni per la novena concludono il volumetto. Il tono è pacato e positivo enon vi è traccia del cupo tono accusatorio del Mercante fallito. Il testo è impernia-to sulle azioni dell'amministrare e del negoziare i capitali affidati da Dio all'uomo:

Tutto abbiam ricevuto da Dio a traffico, da cui ricavar'egli il frutto della sua mag-gior gloria, e riportarne noi la mercede più o men'ampia del celeste regno. Vannoin ciò talmente congiunti insieme l'interesse di Dio e il nostro che l'amministrarbene i capitali dal divin padrone affidatici e il ben negoziare per noi l'eternità beatasono una cosa medesima1"19.

L'Arte di ben trafficare per l'eternità si regge sulla parabola delle mine, che èil passo lucano parallelo della parabola dei talenti del vangelo di Matteo. Il «Ne-gotiamini dum venia», ovvero l'ordine di impiegare con frutto i beni affidati dalpadrone in partenza ai suoi servi, diventa l'imperativo della vita cristiana e infor-ma di sé l'intero testo. La vita è una «grandissima fiera» nella quale ciascuno, diqualsiasi condizione sociale e stato di vita, deve fissare «il suo posto» e «metterbanco», per «attendere al gran maneggio della sua eternità». Si mira al profitto,moltiplicando i beni ricevuti in amministrazione da Dio. Come efficace esempioviene proposto sant'Omobono, «la cui vita altro non fu che un continuo trafficoper l'eternità beata»70:

Quanto egli ebbe de' beni che chiamansi di fortuna, di natura, di grazia, di tuttostudiossi mai sempre farne un vantaggiosissimo impiego. Cambiando tutto sé etutto il suo in oro purissimo di carità, moltiplicollo oltre il centuple, con un rigiroperpetuo da Dio al prossimo, dal prossimo a Dio, dall'ajuto delle altrui anime alsoccorso delle corporali altrui indigenze71.

fl!f Alessandro Litta aveva istituito un triduo annuale prima della lesta di sant'Omobono e promosso«particolari onoranze» nel 1731. Fece inoltre rinnovare TOfficiurn del santo, cfr. A. FOGLIA, Istitu-zioni ecdesiastiche e vita religiosa nel XVIII secolo, in Diocesi di Cremona, a cura di A. CAPRIOLI, A.RIMOLDI, L. VACCARO, Brescia, 1998, p. 247 nota 78; A. FOGLIA, E. ZANESI (a cura di), Testimonianzedel culto e della devozione popolare, in Beatus vir, cit, p. 93. Sull'episcopato del Litta cfr. anche A.FOGLIA, Da San Carlo Borromeo a Napoleone: vita religiosa dagli inizi del XVIII secolo al 1814, in IISettecento e l'età napoleonica, a cura di C. CAPRA, Cremona, 2009, pp. 155-157.<>'J L'arte di ben trafficare, cit., p. 11.7 <>/vi , pp. 12-13.7 > Ivi, pp. 13-14.

280 TRA ITALIA E SPAGNA

Dunque «egli, da spertissimo amministratore e trafficante de' divini capitali, cen'ha insegnata la grand'arte con cui formarci tali ancora noi»72.

Le virtù del bravo amministratore dei beni terreni indicano nell'Arte di bentrafficare gli atteggiamenti da coltivare per ben amministrare «il gran tesoro daDio a noi consegnato, quai è l'anima nostra da condursi a salvamento»73. L'intel-ligenza col divin padrone», la «fedeltà», l'«attenzione», la «cautela», la «destrezza»,la «prudenza», la «vigilanza» e l'industria» dovranno guidare chiunque intendatrafficare per la propria salvezza. L'arte di trafficare per l'eternità traccia così ilprofilo di un cristiano in sintonia con Dio grazie alla frequente orazione, distac-cato dai beni terreni, non distratto da pensieri e passioni, capace di custodirsi difronte alle tentazioni del demonio, malfidente nei confronti di sé stesso e attentoalle compagnie, docile al consiglio del direttore spirituale e dedito a moltepliciopere buone. La metafora mercantile impregna di sé il testo, accentuando l'aspet-to di responsabilità umana nel guadagnarsi la finale remunerazione divina e lanecessaria operosità conseguente.

Ne deriva una visione della vita cristiana segnata dal calcolo. Vi è il conteggiodi quanto ricevuto da Dio: Omobono «faceva seco stesso il computo di quan-to ricevuto avea di primo sborso dal Divin Padrone e di quanto ricevevane ognigiorno in più numerate, con la rimembranza de' comuni e particolari beneficij»74.L'esame di coscienza sul proprio operato è assimilato ad un controllo di bilancio:il santo cremonese

con una esatta ricerca della sua coscienza indagava e il come e il dove impiegate sifossero le grosse somme, e con una seria ponderazione delle sue azioni, facendonei pur rigorosi bilanci, ne rintracciava le cagioni non prima avvertite del divario chesempre vi scopriva75.

Il direttore spirituale, analizzando «le nostre inclinazioni, gli abiti, le passionitutte, riscontrerà in esse l'entrata e l'uscita, gli acquisti e le perdite»76. E al terminedella vita si sarà chiamati a un «rendimento dei conti»77. In vista di ciò Omobo-no, ricordandosi della parabola dei talenti, «teneva sempre ben disposte le partiteall'intimato ritorno del divin Esattore»78.

Lo scopo è moltipllcare i beni ricevuti, farli fruttare, trame profitto. Omobo-no, «con un desiderio insaziabile di più profittare, studiava i mezzi e le industriedi rendere più che mai e sicuri e fruttiferi li suoi capitali»79. Con grande impegnosi adoperava per «guadagnare quel più che potesse su tutto»80 né era «mai pago

72 M, p. 14.

73 Ivi, p. 19.

74 Ivi, p. 50.

75 Ivi, p. 50.76 M, p. 100.77 Ivi, p. 144. Vedi anche ivi, p. 51.7« Ivi, p. 145.7 '->Ivi,pp. 50-51.«'Ivi,p. 129.

STUDI li RICERCHI ' I N ONORI; DI FRANCESCO MANCONl 281

d'ogni maggior guadagno»81. A tal fine è necessario ben orientare le proprie fa-tiche:

Se quella nostra sì industriosa attività che tutta raggirasi d'intorno a negozj di terraimpiegata n'avessimo una sola metà a procacciarsi gli eterni beni (facciamo su viail conto) in altrettanti anni di spirituale traffico quanti sono quei di nostra vita,quai tesori d'opere buone accumulati n'avremmo, quai sarebbon'ora gli acquisticonsiderabili delle più pregievoli virtù?82.

E «quai somme rilevanti di meriti noi pure troveremmo d'aver adunate nelbreve spazio ancora di una sola settimana, se raffinar volessimo un poco più lanostra industria?»83.

L'azione del diavolo sarà pertanto un'opera di sottrazione: «Può fra tanto ilribaldo, quando meno se lo aspettiamo, fare a man salva l'universale spoglio diquanto acquistammo di virtù e di meriti, nel lungo corso di più e più annate»84.

L'arte di ben trafficare per l'eternità presenta un Dio remuneratore e un cri-stianesimo di meriti, accumulati con le buone opere. Non manca in propositol'attacco esplicito alla dottrina luterana85. L'esortazione finale è dunque un invitoa coniugare fede e opere per guadagnarsi l'«eterna mercede»:

Avviviamo noi frattanto la fede e, ben persuasi che questa sola non basta, affac-cendiamoci dal canto nostro a negoziare con miglior fortuna la beata nostra eter-nità. Diamoci fretta ad accumular opere sante con un lucro incessante di meritida presentarsi tutto insieme al Padron Supremo, quando nella gran giornata a noinascosta verrà a i conti86.

Diversamente che nel Trafficante celeste non c'è polemica antimercantilenell'Arre di ben trafficare per l'eternità. La metafora della «mercanzia spirituale»assume una propria autonomia, come già nel Mercante fallito, e in tal modo espri-me l'esistenza di un cristianesimo calcolante nella proposta devozionale tra Sei eSettecento.

I talenti

II Trafficante celeste, il Mercante fallito e l'Arte di ben trafficare scritti e pub-blicati in una settantina d'anni tra fine Seicento e inizi Settecento esprimono inmodo efficace una delle forme assunte dal cristianesimo nella chiesa romana inpolemica con la Riforma. La presenza negli stessi decenni di altre convinzioni

«i lvi,p. 131.82M,pp. 127-128.83 M, p. 131.

»•» Ivi, p. 65.ss Ivi, p. 153.«o/vi, p. 153.

TRA ITALIA li SPAGNA

teologiche e altre esperienze spirituali è ben dimostrata dagli studi sul misticismoe sui dibattiti attorno al tema della grazia. Esistono studi sufficienti per affermareche il cattolicesimo seicentesco fu inquieto, ma è forse utile un'ulteriore attentaesplorazione della letteratura devozionale e omiletica che accolse e accreditò lalinea etica fondata sull'acquisto di meriti attraverso l'ascesi e le opere, in rapportonon solo con la risposta cattolica al protestantesimo, ma anche con l'espansionedella realtà mercantile e finanziaria in età moderna. Pur se da prospettive diverse ilrecente fiorire di studi sulle relazioni tra la società mercantile e la teologia e l'espe-rienza cristiane nell'Europa tardomedievale evidenziano l'esistenza dei concretinessi tra loro intercorrenti87.

Le modificazioni in atto nel periodo moderno nell'intreccio tra formazionedegli stati, delle chiese e del mercato sono state recentemente indagate da PaoloProdi, in uno studio che ne fa emergere la complessità: il mercato tenta di costru-irsi un'etica composta di regole in autonomia rispetto a uno stato che cerca diassorbirlo nella propria giurisdizione e in dialettica con una chiesa che in ambitocattolico si concentra sul governo delle coscienze e intende riservare a sé il giu-dizio sulla condotta personale degli attori del mercato. Nel crogiuolo tra Cinquee Settecento i teologi morali proseguono la disamina dei confini tra lecito e ille-cito iniziata con il formarsi della società contrattuale in età tardomedievale. Lenuove sfide dell'incremento e dell'estensione di traffici e di scambi commercialie finanziari, insieme alla necessità di confrontarsi con l'estendersi dell'interventostatale in ogni campo e alla recezione delle dottrine tridentine, conducono a unafitta elaborazione teologica sulla materia contrattuale88. Senza questa attenzionecostante ai mutamenti in ambito economico che emerge dai testi di casistica dicoscienza, dai pareri teologici, dai consigli di confessori e direttori spirituali nonsarebbero stati concepiti il Trafficante celeste, il Mercante cristiano fallito e l'Artedi ben trafficare. Nei testi qui esaminati, infatti, si intravedono in controluce itrattati teologico-morali e l'orizzonte mentale della confessione e della direzionespirituale. Da questi è ricavata, di riflesso, una particolare sensibilità per la realtàmercantile e contrattuale.

Studi ulteriori potranno individuare quanto la logica mercantile e contrattualeabbia impregnato di sé a lungo il cattolicesimo popolare, in particolare attraversola proposta devozionale alfonsiana. Non è casuale né inlnfluente sulla spiritualitàsuccessiva che nelle opere del fondatore di un ordine missionario, poi dottore

87 In particolare: G. TODESCHINI, / mercanti e il tempio. La società cristiana e il circolo virtuoso dellaricchezza fra Medioevo ed Età Moderna, Bologna, 2002; Id., Ricchezza francescana. Dalla povertàvolontaria alla società di mercato, Bologna, 2004; Id., Come Giuda. La gente comune e i giochi dell'eco-nomia all'inizio dell'epoca moderna, Bologna, 2011; / beni di questo mondo. Teorie etico-economichenel laboratorio dell'Europa medievale. Atti del convegno della S.I.S.P.M., Roma, 19-21 settembre 2005,a cura di R. LAMBERTINI, L. SILEO, Porto, 2010. Inoltre, fondamentale, P. PRODI, Settimo non rubare,cit.,pp. 25-167.88 P. PRODI, Settimo non rubare, cit; Id., Furto e mercato nella tradizione occidentale, in P PRODI, G.Rossi, Non rubare, Bologna, 2010, pp. 7-104. Cfr. anche P. VISMARA, Oltre l'usura. La Chiesa mo-derna e il prestito a interesse, Soveria Mannelli (CZ), 2004; Ead., Questioni di interesse. La Chiesa e ildenaro in età moderna, Milano, 2009.

STUDI li RU' .KKCHi; IN ONOKK DI FRANCI-SCO MANCONI 28;l

della chiesa e patrono dei confessori e dei moralisti, l'espressione «profitto spi-rituale» e le sue varianti siano così diffuse, insieme a tutto il lessico delle operee dei meriti89. E l'orizzonte di ricerca dovrà essere segnato dalla consapevolezzadi quanto sia stato multiforme l'intreccio tra la realtà mercantile e l'esperienzacristiana nell'Europa moderna, come ben dimostra il colloquio su Commerce etdévotions (XVe-XVIUe siècles) tenutosi nel 2007 a Aix-en-Provence e Marsiglia90.

A partire dall'analisi del Trafficante celeste, del Mercante cristiano fallito edell'Arte di ben trafficare si apre, infine, una pista di indagine interessante sui testibiblici citati per proporre una visione mercantile e contrattuale della vita cristiana.Nella prevalente interpretazione allegorica e spirituale dell'esegesi cattolica dell'e-poca, non ancora toccata da esigenze storico-critiche, una certa lettura di alcunipassi biblici risulta determinante. Il primo capitolo del Mercante cristiano fallitoè tutto intessuto di citazioni bibliche nell'intento di accreditare come nobile la«professione di cristiano» presentata come «professione di mercante»:

II primo nobile è Iddio, e Dio è mercante. Ecco che invita alla compra delle suemerci: Venite emite absquc argento. Isaiae 55, 1. 11 Regno dei cicli che secondoGregorio Magno è la chiesa militante, la quale non è altro che una congregatione defedeli, è assomigliata da Cristo a un mercante: Simile est Regnum Caelorurn homininegotiatori, Malh. 13, 45yl.

Dopo una citazione di sant'Agostino, il testo prosegue ritornando al vangelo:

Quel Gran Signore riferito da S. Luca al cap. 1 [9] chiaramente prova qual sia la pro-fessione di cristiano. Egli lascia la patria e s'instrada in paesi lontani per l'aquisto[sic] d'un regno. Su la partenza chiama i suoi servi e dona loro una certa portione didanaro, e gli comanda che intanto che egli va e torna debbano mercantare: Vocatisaute.ni decem servis, dedit eis decem mnas [sic] et ait ad illos: Negotiamini dum ve-nia. Questo Gran Signore, conforme all'intendimento de' scritturali, è Christo, cheparte dal mondo ove non ha regno, Regnum meum non est de hoc mundo, loan. 18,36, e va a impadronirsi del Regno celeste. Li servi sono i cristiani, contro de' quali,se saranno vissuti senza negotiare in questa vita mortale, quando egli ritornerà allafine del mondo fulminerà quell'orribile sentenza: Inutilem servum eicite in tenebraiexteriores92.

Ma il Mercante cristiano non si limita alla parabola lucana delle mine. Prose-guendo nell'argomentare la nobiltà della definizione mercantile del cristiano, ilFerrari sottolinea che Cristo stesso esercitò la «professione» mercantile

et hebbe per corrispondente il suo eterno Padre, da cui comprò il mondo perduto

89 Mi sono servita soprattutto della lista delle frequenze in Bibliotheca Alphonsiana IntraText consul-tata in http://www.intratext.com/bai/ita/ (27 giugno 2011).90 Cfr. la notizia in http://actualites.ehess.fr/nouvelle2480.html (9 luglio 2011).91 F. FERRARI, // mercante cristiano, cit., p. 2.»2 Ivi, p. 3.

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con il suo proprio sangue, empti enim estis pretto magno, I Corinth. 6, et il diavolo,che lo conobbe per mercante, gli offerì gran parte delTistesso mondo per il prezzod'un'adoratione: Haec omnia tibi dabo si cadens adoraveris me, Matth. 4, 9, se benenon si concluse il contratto perché il venditore pretese vendere ciò che non era suoe pretendeva da Christo quello che Christo non poteva dare93.

Su Cristo mercante l'autore barnabita si sofferma ancora, restando nella meta-fora mercantile, alla quale i testi biblici vengono piegati in modo vistoso:

L'istesso Christo nell'Apocalisse espone la sua mercantia e persuade alla compra diquella: Suadeo tibi a me emere aurum ignitumprobatum, Apoc. 3,18, e ne' Proverbiva dicendo: Veritatem eme, Proverb. 23, 23. Non c'è alcuno nel mondo che habbiaverità da vendere, fuor che colui che per natura è la stessa verità, atteso che ognialtro mercante tra gl'huomini ne è bisognoso, perché omnis homo mendax, Psal,115, 11. E che venne a fare il Figlio di Dio in questo mondo? risponde s. Brunone:ut oves emeret et negotiandi artem doceret. Venne a mercantare et a insegnare a'fedeli questa professione94.

Anche gli apostoli esercitarono l'arte del commercio:

11 primo capo di Santa Chiesa, con gli altri prencipi del senato apostolico subitol'impararono e praticarono con loro grande vantaggio. Ecce nos reliquimus omnia,quid ergo erit nobis? Matth. 19,17. Quello ne riportò il triregno: Tu es Petrus, et su-per hancpetram aedificabo Ecclesiam meam. Ciò fu poco, perché anche ne riceve ilguadagno commune a gl'altri cento per uno, con la vita eterna: Centuplum accipiet,et vitam aeternam possidebit, Matth, 19,29. Questa è usura, ma lecita, anzi gloriosa,e chi in questa materia è più usuraro egli è più giusto e più glorioso95.

E a conclusione di ulteriori considerazioni a favore della nobiltà della «mer-cantia del christiano» il Ferrari cita un altro passo evangelico: «E se la mercan-tia consiste in dare per ricevere, Christo comanda date et dabitur vobis, Lucae 6,38»9&.

Fra i testi qui esaminati il Mercante fallito è certamente il più ricco di citazionibibliche a sostegno della propria tesi, tra le quali anche alcune sul patto tra Dio e ilpopolo di Israele interpretate in senso contrattuale. Il libretto del barnabita Ferraricondivide con le altre due opere il riferimento alla parabola delle mine del vangelodi Luca. Mentre la storia dell'interpretazione di tale parabola, associata a quellasui talenti presente nel vangelo di Matteo, è già stata percorsa per l'età antica etardomedievale e riguardo a Calvino97, manca un'analisi del ruolo svolto dai due

93 Ivi, p. 5.94 Ivi, pp. 5-6.95 Ivi, pp. 6-7.96 Ivi, p. 8.

97 M. MIEGGE, / talenti messi a profitto. L'interpretazione della parabola dei denari affidati ai servi dal-la Chiesa antica a Calvino, Urbino, 1969; R. LAMHERTINI , «Pecunia adsidua permutatone quodam-modo extinguitur». Spunti per una definizione del denaro nel dibattito su usura e povertà francescana.

STiini i; RiciiRcm; IN ONORI; DI FRANCESCO MANCONI 285

passi evangelici nel definire la vita cristiana nella chiesa post-tridentina. L'ordine«Negotiamini dum vento» della parabola lucana delle mine è un testo chiave nelletre opere analizzate e vi assume il significato della cooperazione umana all'operadi salvezza già ben presente nei commenti biblici del periodo scolastico98.

Non è noto quanto questo passo e l'altro del vangelo di Matteo si trovino nellaproduzione ascetico-devozionale e nell'omiletica dal Cinquecento in poi, anchein rapporto alla riflessione vocazionale". Sarebbe da verifìcare se le parabole deitalenti e delle mine abbiano assunto la stessa coloritura ricevuta nelle opere sullavita cristiana come mercanzia spirituale qui esaminate, nel senso di un'esortazio-ne a un salvifico traffico dei beni ricevuti. La prospettiva individuale e il sospettosulle attività terrene che caratterizzano il Trafficante celeste, il Mercante cristia-no fallito e l'Arte di ben trafficare rendono la loro interpretazione ben diversa daquella di Calvino studiata da Mario Miegge. Secondo lo studioso la proposta cal-viniana sarebbe invece fondata su una «rivalutazione dell'elemento mondano equindi degli stessi fatti economici a cui fa riferimento la lettera della parabola»100

e orientata alla circolazione dei talenti per l'utilità comune entro la dinamica delregnum Christi101.1 tre testi dei quali si è proposta qui una lettura rivelano, invece,in un orizzonte ripiegato sul percorso di perfezione individuale e sulla coscienzapersonale, da un lato l'assimilazione di forme mentali mercantili e contrattuali peresprimere e orientare l'esperienza cristiana appartenenti alla coeva economia discambio fondata sul profitto, dall'altro l'esistenza di un rapporto ancora conflit-tuale con la realtà mercantile nell'etica e nella devozione del mondo cattolico traSei e Settecento102.

Usura e talenti, in / beni di questo mondo, cit., pp. 215-229. Ringrazio Roberto Lambertini per avermifatto conoscere il suo saggio.98 M. MIEGGE, I talenti, cit., pp. 83-84.99 In merito mi permetto di rinviare a M. TURRINI, La vita scelta? Appunti per una storia della vo-cazione in età moderna, in Dai cantieri della storia. Liber amicorum per Paolo Prodi, a cura di G. P.BRIZZI, G. OLMI, Bologna, 2007, pp. 145-159.100 M. MIEGGE, I talenti, cit., p. 104.i»i Ivi, pp. 101-130.102 per cogliere la diversità di prospettive nella coeva esperienza puritana, in modo critico rispettoalle tesi di Max Weber, cfr. M. MIEGGE, Vocazione e lavoro. Due trattati puritani. William Perkins eRichard Steele, Ferrara, 1985; Id., Vocation et travaii. Essai sur féthique puritaine, Genove, 1989; Id.,Vocazione e lavoro, Torino, 2010.