fabrizio benente, le missioni archeologiche dell’università di genova in cina

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ARTE DAL MEDITERRANEO AL MAR DELLA CINA Genesi ed incontri di scuole e stili. Scritti in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli a cura di Pierfrancesco Fedi e Maurizio Paolillo ARTE DAL MEDITERRANEO AL MAR DELLA CINA 1 L’attività scientifica di Paola Mortari Vergara Caffarelli si è imposta all’attenzione na- zionale ed internazionale non solo per la sua estensione temporale (le sue prime pub- blicazioni risalgono a quasi cinquanta anni fa), ma anche per la vastità dei temi toccati. I suoi studi, lungi dal limitarsi all’area estremo-orientale, hanno incluso il mondo medi- terraneo, coinvolgendo in particolare il Vicino Oriente, e il tema straordinario quanto ancora poco esplorato dei contatti e dei passaggi (culturali, tematici e iconografici) che hanno contribuito alla vitalità delle produzioni e degli stili dell’arte attraverso tutta l’Eurasia. Numerosi suoi lavori possono essere definiti delle vere e proprie pietre mi- liari per l’approfondimento e l’apertura di nuove linee di ricerca in disparati e specifici settori nell’ambito degli studi di Storia dell’arte dell’Asia. È proprio a questa ricchezza e a questa vastità di interessi che il presente volume in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli si ispira. Ad esso hanno voluto contribuire rappre- sentanti di molteplici ambiti scientifici: storici dell’arte e archeologi, storici ed esperti del pensiero religioso e filosofico dell’area mediterranea, vicino-orientale, del Tibet, della Mongolia e dell’Asia orientale dalla Cina al Giappone, punto estremo di un percorso culturale che è stato anche e soprattutto una feconda rete di dialogo e di influenze.

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ARTE DAL MEDITERRANEO AL MAR DELLA CINA

Genesi ed incontri di scuole e stili. Scritti in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli

a cura di Pierfrancesco Fedi e Maurizio Paolillo

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L’attività scientifica di Paola Mortari Vergara Caffarelli si è imposta all’attenzione na-zionale ed internazionale non solo per la sua estensione temporale (le sue prime pub-blicazioni risalgono a quasi cinquanta anni fa), ma anche per la vastità dei temi toccati. I suoi studi, lungi dal limitarsi all’area estremo-orientale, hanno incluso il mondo medi-terraneo, coinvolgendo in particolare il Vicino Oriente, e il tema straordinario quanto ancora poco esplorato dei contatti e dei passaggi (culturali, tematici e iconografici) che hanno contribuito alla vitalità delle produzioni e degli stili dell’arte attraverso tutta l’Eurasia. Numerosi suoi lavori possono essere definiti delle vere e proprie pietre mi-liari per l’approfondimento e l’apertura di nuove linee di ricerca in disparati e specifici settori nell’ambito degli studi di Storia dell’arte dell’Asia.È proprio a questa ricchezza e a questa vastità di interessi che il presente volume in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli si ispira. Ad esso hanno voluto contribuire rappre-sentanti di molteplici ambiti scientifici: storici dell’arte e archeologi, storici ed esperti del pensiero religioso e filosofico dell’area mediterranea, vicino-orientale, del Tibet, della Mongolia e dell’Asia orientale dalla Cina al Giappone, punto estremo di un percorso culturale che è stato anche e soprattutto una feconda rete di dialogo e di influenze.

Tutte le collane editoriali dell’Officina di Studi Medievali sono sottoposte a valutazione da parte di revisori anonimi. Il contenuto di ogni volume è approvato da componenti del Comitato Scientifico ed editoriale dell’Officina o da altri specialisti che vengono scelti e periodicamente resi noti.

All the editorial series of the Officina di Studi Medievali are peer-reviewed series. The con-tent of the each volume is assessed by members of Advisory Board of the Officina or by other specialists who are chosen and whose names are periodically made know.

1

In copertina: Maitreya, anticamera della Grotta n. 9 di Yungang, Shanxi, Repubblica Popolare Cinese (fine V secolo) (foto di Maurizio Paolillo)

ARTE DAL MEDITERRANEO AL MAR DELLA CINAGenesi ed incontri di scuole e stili.

Scritti in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli

a cura di Pierfrancesco Fedi e Maurizio Paolillo

2015

PATROCINII

− Istituto Dipartimento di Studi Orientali (Iso) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (O: Sapienza - Università di Roma)

− Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche e Studi Orientali Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (O: Sapienza - Università di Roma)

− Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università degli Studi di Genova− Musée Cernuschi

I saggi qui pubblicati sono stati sottoposti a “Peer Review” / The essays published here have been “Peer Re-viewed”

ISBN 978-88-6485-110-5ISBN 978-88-6485-113-6 (e-book)

Copyright © 2015 by Officina di Studi MedievaliVia del Parlamento, 32 – 90133 Palermoe-mail: [email protected]

Ogni autore è direttamente responsabile dei diritti relativi alle immagini pubblicate in relazione al suo contributo.

Ogni diritto di copyright di questa edizione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo è riservato per tutti i Paesi del mondo. È vietata la riproduzione, anche parziale, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata dall’editore.

Prima edizione, Palermo, dicembre 2015Grafica editoriale: Alberto MuscoEditing redazionale: Giuliana Musotto

Arte dal Mediterraneo al Mar della Cina : genesi ed incontri di scuole e stili : scritti in onore di Paola Mortari Vergara Caffarelli / a cura di Pierfrancesco Fedi e Maurizio Paolillo. - Palermo : Officina di Studi Medievali, 2015.(Osmlab : laboratorio di idee ; 1) I. Fedi, PierfrancescoII. Paolillo, Maurizio1. Arte – Asia 2. Mortari Vergara Caffarelli, Paola – Scritti in onore 709.5 CDD-22ISBN 978-88-6485-110-5ISBN 978-88-6485-113-6 (e-book)

CIP - Biblioteca dell’Officina di Studi Medievali

Sommario

Tabula Gratulatoria .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... . XI

Pierfrancesco Fedi-Maurizio Paolillo, Presentazione . ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...XIII

Francesco Surdich, Premessa ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... XV

Gilles Béguin, Préface .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... . XVII

Attività didattica e scientifica di Paola Mortari Vergara Caffarelli . ... ... ... ... ... ... 1

Didactic and scientific activity of Paola Mortari Vergara Caffarelli ... ... ... ... ... ..23

Ebe cecinelli-Tang Jianmin, I rapporti di collaborazione tra l’Uni-versità degli Studi Internazionali di Shanghai e la professoressa Paola Vergara Caffarelli, Direttrice dell’Ufficio Culturale del Consolato d’I-talia in Shanghai ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ..25

luo Miaohong-Shi Conglin, Mostre di arte italiana promosse da Paola Vergara Caffarelli a Shanghai nei primi anni del terzo millennio ... ... ... ... ... ... ..37

1 – Tra Ovest ed Est: riflessioni su alcuni aspetti artistici dal Medi-terraneo all’Estremo Oriente (a cura di Pierfrancesco Fedi)

Colette duFour Bozzo, Ancora sugli stucchi di San Fruttuoso in Capo-dimonte: un documento di ‘cultura mediterranea’ fra Genova e contado ... ... ... ..47

Marina cavana, Il complesso monumentale di San Fruttuoso di Capo-dimonte: uno sguardo all’Oriente? ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ..63

Daniele calcagno, Un culto mediterraneo: San Fruttuoso. Dall’appro-do delle reliquie all’affermazione del communis Ianue ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ..85

Loretta del Francia BarocaS, La fenice in Egitto dal periodo faraoni-co al Cristianesimo ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 103

Maria SPagnoli, Stile e simbolo in un Buddha gupta di Mathurā ... ... ... ... ... ... 129

Marco guglielminoTTi Trivel, Uṣṇīṣa-cūḍāmani. Note su un particola-re iconografico delle immagini del Buddha in Asia orientale .. ... ... ... ... ... ... ... 139

VIII

Indice

2 – Ricerche e metodologie archeologiche in Asia (a cura di Pierfrancesco Fedi)

Paola d’amore, Sigilli a stampo achemenidi: le tipologie a più facce (cuboidi, prismi, sigilli multi-faccia e tabloids) ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 155

Silvana caSarTelli novelli, La ricerca in Libano: a “colloquio” con i simboli archetipici del sacro . ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 179

Carlo varaldo, Le missioni di archeologia medievale dell’Università degli Studi di Genova in Medio ed Estremo Oriente ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 191

Fabrizio BenenTe, Le missioni archeologiche dell’Università di Genova ad Olon Sume (Mongolia Interna) e presso il Tempio della Croce (Fangshan) ... 203

Pier Giorgio BorBone, An Önggüd Gravestone in the Musée Guimet, Paris, and its Inscription... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 221

3 – Il viaggio veicolo di fede, arte e cultura: testimonianze dall’Eu-ropa all’Asia Orientale (a cura di Pierfrancesco Fedi)

Gabriella airaldi, Genovesi e Veneziani sulle vie dell’Oriente ... ... ... ... ... ... ... 235

Francesco Surdich, I viaggi nel Kashmir, nel Piccolo e Medio Tibet e in Turkestan di Osvaldo Roero dei Marchesi di Cortanze (1853-1875) ... ... ... ... ... 241

Adolfo TamBurello, Il Giappone come terminale delle “Vie della seta” ... ... ... 257

Sylvie guichard-anguiS, Illustrations et voyage au Japon: le pèlerina-ge de Kumano dans la péninsule de Kii ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 269

4 – Antico Tibet: architettura ed arte (a cura di Maurizio Paolillo)

Philip denwood, Towards a historical typology of Tibetan bracket capitals ... ... 285

Erberto lo Bue, Ippolito Desideri’s remarks on Tibetan Architecture . ... ... ... ... 299

Franco ricca, Brevi note sul Monastero di Źwa-lu .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 311

Massimiliano a. PolicheTTi, Art and theosis in Tibetan Buddhism .. ... ... ... ... ... 327

Marialaura di maTTia, Some Remarks on the Symbolic and Artistic In-teractions between the Sculptures and the Mural Paintings in the Lha.lung gSer.khang. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 333

IX

Indice

Elena de roSSi FiliBeck, Una nota preliminare su un manoscritto deco-rato di Phyiang (Ladakh) . ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 349

5 – Antica Cina: architettura ed arte (a cura di Maurizio Paolillo)

Luigi gazzola-Yang Hui, Dallo stupa indiano alla pagoda cinese. La penetrazione dell’arte buddhista in Cina tra il I e il VI secolo ... ... ... ... ... ... ... 369

Nicoletta celli, Importazioni e invenzioni nell’arte buddhista in Cina del V secolo. La grotta 169 di Binglingsi 炳靈寺. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 387

Alida alaBiSo, Le grotte di Dunhuang: mille anni di pittura buddhista in Cina ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 405

Alberto di ciccio, Silk: Beyond the material. From strong sacral-ma-gical medium to luxury good, symbol of political authority and social status in Ancient China and areas of Chinese cultural influence . ... ... ... ... ... ... 425

Maurizio Paolillo, Celarsi nel Centro. Il Chan e l’arte del giardino del letterato ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 439

Dionisio cimarelli, Le sculture del Mausoleo di Ming Zuling a Xuyi, Cina. Dinastia Ming (1368-1644). ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 451

6 – La Cina e l’altro: interscambi e confronti con la civiltà cinese (a cura di Piefrancesco Fedi)

Gilles Béguin, Note à propos d’Anige .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 463

Lucia Caterina, Acquerelli cinesi nella Biblioteca Reale di Torino. ... ... ... ... ... 471

Carla caSalone muSSo, L’interesse per le chinoiseries nella cultura di un gentiluomo genovese fra Sei e Settecento ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 483

Lauro magnani, Giuseppe Castiglione prima della partenza per la mis-sione cinese: l’esperienza pittorica a Genova nel Noviziato dei Gesuiti . ... ... ... 501

Maria Grazia chiaPPori, Lacca e sandracca: le lacche orientali e di imitazione negli arredi del XVIII secolo ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 515

Pierfrancesco Fedi, Mountains and water in Chinese painting. Consi-derations and examples of the concept of the Sublime as expressed in Modern Western culture ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... 535

FaBrizio BenenTe

Le missioni archeologiche dell’Università di Genova ad Olon Sume (Mon-golia Interna) e presso il Tempio della Croce (Fangshan)

Premessa: due progetti di indagine archeologica

Non sono uno specialista dell’archeologia e della storia della Cina e il testo offerto per questa particolare pubblicazione non ha particolari ambizioni, se non quella di ripercorrere brevemente alcune esperienze di ricerca e di apprendimento, ricche soprattutto di ricordi personali e di valori umani. Tra il 2000 e il 2004 le missioni scientifiche della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Genova hanno comportato la presenza in Cina e l’attività sul campo di un buon numero di studiosi e di giovani ricercatori. Le ricerche avviate da Paola Vergara Caffarelli e da Gabriella Airaldi erano fortemente coinvolgenti per chi operava nell’Ateneo genovese, con una generosa apertura anche nei confronti di chi, ap-partenendo ad altri settori disciplinari, si occupava di metodologia dello scavo archeologico e di archeologia medievale ligure.

In quegli anni, sono stato invitato a partecipare a missioni in Mongolia Interna e nel distretto del Fangshan, nonché a viaggi di studio, a cicli di conferenze e a convegni organiz-zati a Pechino, a Shanghai e a Genova. Entrare in contatto con una realtà culturale diversa da quella consueta e poter operare in un ambiente di ricerca internazionale sono state opportuni-tà importanti per il mio percorso di formazione professionale e scientifica.

Qualcosa ho cercato di mettere a frutto: a dieci anni di distanza, la mia attività di studio è dedicata ai temi dell’archeologia del Mediterraneo medievale e del Levante latino. I progetti di ricerca più recenti1 si sono indubbiamente avvalsi delle esperienze maturate in precedenza e di quanto mi è stato trasmesso, attraverso insegnamenti e condivisione della quotidiana attività sul campo. Di questo, sono sicuramente riconoscente alla “scuola” geno-vese e a quell’ambiente scientifico che Paola Vergara Caffarelli, per diversi anni, ha contri-buito a rendere più ricco e culturalmente più stimolante.

La presenza occidentale in Cina: intrecci e connessioni tra temi di ricerca

Il survey archeologico dei resti della città di Olon Sume in Mongolia Interna è stato con-dotto nell’estate del 2001, mentre le indagini e le ricognizioni del sito del “Tempio della Croce”

1 Questo contributo è stato scritto, tra dicembre 2012 e gennaio 2013, durante un soggiorno di studio presso The W. F. Albright Institute of Archaeological Research e fruendo della biblioteca dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Un particolare ringraziamento al Prof. Seymour Gitin e al personale dell’Albright Institute.

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Fabrizio Benente

si sono svolte prevalentemente negli anni 2002 e 2003.2 I due progetti di ricerca storico-archeo-logica coniugavano il tema della presenza occidentale (e ligure) in Oriente in età medievale con il vasto filone di studi dedicati alla cristianizzazione della Cina. Entrambi i progetti – per motivi essenzialmente legati agli alti costi operativi, alle eccessive richieste economiche degli Enti preposti alla tutela e alla conservazione del patrimonio culturale cinese, così come alla cronica scarsezza di finanziamenti all’attività di ricerca universitaria italiana – si sono arrestati ad uno stadio iniziale di prima raccolta ed elaborazione dei dati preliminari.

La presenza del cristianesimo in Oriente, prima del XIII secolo, è legata alla precoce attività missionaria della “chiesa d’Oriente” o “chiesa siro-orientale”, sviluppatasi nei territo-ri della Mesopotamia posti sotto il controllo dell’impero partico-persiano.3 Le fonti letterarie siriache ed arabe, le fonti storiografiche ed epistolari, quelle epigrafiche4 forniscono preziose informazioni sulle sedi della chiesa d’Oriente in Asia Centrale, sulla sua organizzazione e sulla sua diffusione.5

Durante il patriarcato di Timoteo I (780-823) monaci e vescovi nestoriani ricevevano una apposita formazione per affrontare le missioni di evangelizzazione verso l’Asia centrale

2 Le ricerche in Mongolia Interna e nella regione di Pechino sono state dirette da Paola Vergara Caffarelli, da Gabriella Airaldi e da Carlo Varaldo e sono state realizzate in stretta collaborazione con il Cultural Relics and Archeology Research Institute of Inner Mongolia e con il Cultural Relics Research Institute of Beijing. Il collega Marco Guglielminotti Trivel è stato una guida preziosa alla scoperta di quella realtà particolare che è la Cina contemporanea. In sede scientifica o divulgativa, ho pubblicato resoconti preliminari delle ricerche condotte in Mongolia e nel Fangshan: c. varaldo-F. BenenTe, «Prospettive di ricerche archeologiche sul sito di Olon Sume (Mongolia Interna)», in I Mongoli dal Pacifico al Mediterraneo, Atti del Convegno Internazionale (Genova 7-8 maggio 2002), a cura di g. airaldi-P. morTari vergara caFFarelli-l. e. Parodi, ECIG, Genova 2004, pp. 81-92; F. BenenTe, Ricerche sul tempio della croce (Fangshan, Pechino), in «Volando» 4 (2004), pp. 48-52; id., La presenza cristiano nestoriana in Cina: ricerche sul Tempio della Croce nel Fangshan (Pechino), in «Ligures» 4 (2006), pp. 232-239; id., Appunti di viaggio, Racconti e immagini tra Genova e il Tigullio, Istanbul, Israele, la Cina e la “Merica”, Oltre Edizioni, Sestri Levante 2011.

3 J. m. FieY, Jalons pour une histoire de l’eglise en Iraq, Secretariat du CSCO, Louvain 1970; m. l. chaumonT, La Christianisation de l’empire Iranien, Peeters, Louvain 1988; C. BauMer, The church of the East: an illustrated history of Assyrian Christianity, I. B. Tauris, London 2006.

4 Sulla scoperta della stele di Xi’an e sul suo impatto in Occidente dopo il 1625, cf. M. keeVak, The Story of a Stele China’s Nestorian Monument and Its Reception in the West, 1625-1916, Hong Kong University Press, Hong Kong 2008.

5 Nel vasto panorama degli studi sull’espansione del cristianesimo in Oriente, elenco senza alcuna pretesa di completezza: e. TiSSeranT, «L’église nestorienne», in Recueil du cardinal Tisserant, tome I, Centre international de dialectologie générale, Louvain 1955; J. dauvillier, L’expansion de l’Eglise syrienne en Asie Centrale et en Estrême Oriente, in «L’Orient Syrien» 1 (1956), pp. 76-87; enoki kazuo, «The Nestorian Christianism in China in medieval time, according to recent historical and archaeological researches», in Problemi attuali di scienza e di cultura, Atti del Convegno Internazionale sul tema: L’Oriente cristiano nella storia delle civiltà (Roma 31 marzo-3 aprile 1963 – Firenze 4 aprile 1963), Accademia Nazionale dei Lincei, CCCLXI, quaderno 62, Roma 1964, pp. 45-77 e p. 83; n. SimS williamS, «Christianity III. Central Asia and Chinese Turkestan», in Encyclopaedia Iranica, vol. V, Costa Mesa, Ca 1955, pp. 534-535; m. a. lala comneno, Cristianesimo nestoriano in Asia centrale nel I millennio: testimonianze archeologiche, in «Orientalia Christiana Periodica» 61 (1995), pp. 495-535; J. TuBach, Die nestorianiscke kirche in China, in «Nubica et Aethiopica» 4.5 (1999); P. g. BorBone, Storia di Mar Yahballaha e di Rabban Sauma. Un orientale in Occidente ai tempi di Marco Polo, S. Zamorani, Torino 2000; d. W. Winkler-li tang (eds.), Hidden Treasures and Intercultural Encounter: Studies on East Syriac Christianity in China and Central Asia, LIT Verlag, Wien-Berlin 2009 (Orientalia-Patristica-Oecumenica, 1).

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Le missioni archeologiche dell’Università di Genova ad Olon Sume (Mongolia Interna) ...

e l’Oriente, dove vennero istituite nuove province ecclesiastiche e sedi vescovili (ad esem-pio a Gerusalemme, Damasco e Aleppo).6 Nella Cina del IX secolo, sotto la dinastia Tang (618-907), e – in particolare – con l’imperatore Wuzong, tra 843 e 845, si attuò una generale persecuzione contro le religioni straniere che arrestò in parte la diffusione del Cristianesimo. Tuttavia la religione cristiana non scomparve dalla Cina e l’evangelizzazione continuò sotto le dinastie Liao (907-1125) e Jin (1125-1234), tra XI e XII secolo.7

Con la conquista mongola della Cina, il Cristianesimo assunse il profilo di religione familiare per diversi esponenti della nuova classe dirigente, e le fonti d’età Yuan (1271-1368) ricordano diverse principesse provenienti da gruppi turco mongoli cristianizzati. Marco Polo narra di aver incontrato preti nestoriani durante il viaggio verso la corte del Khan e il dome-nicano Riccoldo da Montecroce dedica alcuni passi del suo Liber Peregrinationis alla de-scrizione dei costumi dei Tartari e alle loro credenze religiose.8 A partire dalla metà del XIII secolo furono diverse le missioni di evangelizzazione della chiesa cattolica verso la Cina, condotte soprattutto da religiosi appartenenti all’ordine francescano. Nel 1246, Innocenzo IV inviò in missione Giovanni da Pian del Carpine, cui seguirono Guglielmo di Rubruck (1252), che narra ampiamente della presenza dei Nestoriani in Cina. Giovanni da Montecor-vino, dopo un lungo viaggio che lo condusse in Cilicia, Armenia, Persia e infine nell’India meridionale, giunse a Khanbaliq tra 1293 e 1294, vi fondò una missione, fu raggiunto nel 1304 da Arnoldo di Colonia e – nel 1307 – fu nominato archiepiscopus Cambaliensis con giurisdizione in toto dominio Tartarorum.9

Nel 1307 papa Clemente V inviò in Oriente un gruppo di frati minori, elevando sette di loro alla dignità vescovile. Soltanto tre dei vescovi – Gerardo Albuini, Andrea da Perugia e Pellegrino da Città di Castello – giunsero a Pechino, dove consacrarono arcivescovo Gio-vanni. Intorno al 1313, Giovanni da Montecorvino, sulla base delle autorizzazioni papali, istituì la diocesi di Zayton (oggi Quanzhou, nella provincia di Fujian) e vi nominò come primo vescovo Gerardo Albuini. Tra il 1318 e il 1332, gli successero Pellegrino10 e Giovanni. Di quest’ultimo si conserva un’interessante lettera, inviata ad un confratello del convento di Perugia nel 1326, in cui descrive il lungo viaggio per raggiungere la Cina e le improbe difficoltà della missione.11

6 Sul ruolo del patriarca Timoteo I e sull’espansione della Chiesa d’Oriente in Asia centrale, cf. J. laBourT, De Timotheo I, Nestorianorum patriarcha et Christianorum orientalium condicione sub Chaliphis abbasidid (728-823), Paris 1904, p. 45; molti dati sulla cristianità “assira” sono compendiati in c. Baumer, The church of the East: an illustrated history of Assyrian Christianity, cit. Si confronti, inoltre, quanto riassunto in P. g. BorBone, Storia di Mar Yahballaha e di Rabban Sauma, cit., p. 43 e id., «aspetti del cristianesimo dei turco-mongoli alla luce delle fonti letterarie ed epigrafiche siriache. Storia di Mar Yahballaha e di Rabban Sauma», in I Mongoli dal Pacifico al Mediterraneo, cit., pp. 191-193.

7 J. dauvillier, «Les provinces chaldeennes “de l’exterieur” au Moyen Âge», in Melanges offerts à F. Cavallera, Toulouse 1948, pp. 298-299.

8 Riccoldo viaggiò in Terra Santa, fu ad Acri, in Siria, in Turchia e a Baghdad. Il domenicano narra che, grazie all’influenza “cristiana”, i mongoli lasciarono cadere l’usanza di seppellire vivi i servi, alla morte del loro signore. Cf. Liber Peregrinationis, cap. De resurectione Tartaroum.

9 Da papa Clemente V, con la bolla Rex regum del 23 luglio 1307.10 g. M. Bastianini, Fra Pellegrino da Città di Castello, O. Min., II° Vescovo di Zayton in Cina e l’autenticità

della sua Lettera, in «Miscellanea francescana» 47 (1947), pp.152-199.11 L’iscrizione funebre del vescovo Andreas Perusinus è stata recuperata durante la demolizione delle mura

206

Fabrizio Benente

Giovanni da Montecorvino morì intorno al 1228. Il suo successore Nicolò, nominato da papa Giovanni XXII nel 1333, probabilmente non giunse mai a Pechino e la sede rimase vacante.12 Le richieste avanzate dalla corte mongola e dalla comunità cristiana furono uno dei motivi del viaggio di frate Giovanni dè Marignolli, che ripartì da Pechino nel 1346, senza che fosse nominato un nuovo vescovo, e fece ritorno ad Avignone nel 1353, recando una lettera di Togham Temur che costituiva ulteriore conferma dei rapporti della corte mongola con il Papato,13 prima che la dinastia dei Ming (1368-1644) chiudesse la Cina all’Occidente per circa due secoli.

A partire dal XIII secolo, accanto all’attività missionaria dei frati minori, è attestata la presenza di numerosi mercanti liguri e genovesi lungo la “via della seta”,14 impegnati a viag-giare ad partes Catagii per dedicarsi agli affari commerciali, ossia: trafegando, negociando et mercando.15 Il mercante genovese Tomaso Anfossi fu ambasciatore dell’Ilkhan di Persia nel 1285 e due anni dopo accompagnò il visitatore nestoriano Rabban Sauma nella sua mis-sione verso l’Occidente, presso papa Nicolò IV e presso i sovrani di Francia ed Inghilterra.16 Buscarello Ghizolfi fu più volte ambasciatore di Arghun e del suo successore Oljeitu, anche in chiave anti mamelucca. Probabilmente entrambi non si spinsero oltre la Persia. Lo stesso Giovanni da Montecorvino incontrò e si consultò con mercanti genovesi durante il suo sog-giorno alla corte Ilkhanide, per poi proseguire il suo cammino verso la Cina in compagnia di Pietro di Lucalongo, fidelis christianus et magnus mercator.17

Nel maggio del 1338 giunse ad Avignone Thogay Alanus de Cathaio, accompagnato da una delegazione di cui facevano parte Andrea e Guglielmo de Nassio ed alcuni altri geno-vesi, tra cui Andalò da Savignone. Gli ambasciatori recavano una lettera degli Alani cristiani

di Quanzhou. L’originale è oggi conservato a Pechino, mentre una copia è esposta nel Quanzhou Maritime Museum. (l. hamBiS, Les cimetières de la région de Zaiton, in «Comptes-rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres»1, 104e année [1960], pp. 213-221).

12 La mancanza di un vescovo nella capitale è fortemente rimarcata da una delle lettere cinesi destinate al papa e consegnate da un’ambasceria giunta ad Avignone nel 1338 (g. goluBovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente francescano, tomo IV, anni 1333-1345, Collegio S. Bonaventura, Quaracchi 1923, pp. 250 s.).

13 r. S. loPez, «Nuove luci sugli Italiani in Estremo Oriente prima di Colombo», in id., Su e giù per la Storia di Genova, Università di Genova, Istituto di Paleografia e Storia medievale, Genova 1975 (Collana Storica di Fonti e Studi, 20), p. 123.

14 g. PiSTarino, Genovesi d’Oriente, Civico Istituto Colombiano, Civico Istituto Colombiano, Genova 1990 (Studi e testi – Serie storica, 14), pp. 203-212.

15 r. S. loPez, «Trafegando in partibus Catagii, altri genovesi in Cina nel Trecento», in id., Su e giù per la Storia di Genova, cit., p. 172.

16 Su Mar Yahballaha e Rabban Sauma, cf. P. g. BorBone, Storia di Mar Yahballaha e di Rabban Sauma, cit.; id., Aspetti del cristianesimo dei turco-mongoli, cit.; m. Paolillo, La lettera di Giovanni da Montecorvino (1247-1328) e il suo incontro con il Re Ongut Giorgio: un enigma medievale in Asia Orientale, in «Mediaeval Sophia», Studi e Ricerche Sui Saperi Medievali, E-Review semestrale dell’Officina di Studi Medievali, 5 (gennaio-giugno 2009), pp-74-95. Nel corso della sua missione in Occidente, Bar Sauma arrivò a Roma nell’estate del 1187, fu lungamente interrogato da un collegio di cardinali sugli aspetti cristologici del suo credo, fu poi a Genova, incontrò a Parigi e a Bordeaux Filippo il Bello e poi Edoardo I d’Inghilterra. Tornato a Roma, fu ammesso alla presenza del nuovo papa Niccolò IV (fra Girolamo Masci), che a sua volta era stato legato in Oriente, e gli fu concesso di concelebrare durante le funzioni della Pasqua del 1288.

17 g. airaldi, I Genovesi in Cina all’epoca Yuan, in «Volando» 4 (2004), p. 18.

207

Le missioni archeologiche dell’Università di Genova ad Olon Sume (Mongolia Interna) ...

di Khanbaliq, con la richiesta dell’invio di un nuovo legato papale, in sostituzione di Giovan-ni da Montecorvino, defunto da alcuni anni.18

Questa ed altre testimonianze dimostrano quanto i genovesi tra fine XIII e XIV seco-lo fossero diventati abili frequentatori delle vie dell’Asia e come avessero intessuto ottime relazioni personali e diplomatiche con le autorità ilkhanidi e turco-mongole. La presenza me-dievale genovese19 deve essere indubbiamente ricondotta al tentativo di raggiungere le fonti dirette di approvvigionamento di mercanzie preziose, attraverso le vie di terra che mettevano in comunicazione gli insediamenti coloniali del Mediterraneo e del Mar Nero con Khanbaliq/Pechino.20 Valga per tutto il redditizio mercato della seta catuia.

Lopez e Pistarino hanno dimostrato che furono molte le presenze mercantili in Oriente e furono numerosi coloro che non fecero ritorno dal viaggio: Andalò da Savignone e Leone Vegia riportarono da Khanbaliq le volontà testamentarie di Antonio Sarmore da Chiavari, morto nell’ottobre del 1330. Antonio aveva lasciato un patrimonio di circa 4500 libbre di seta e il suo testamento, raccolto dal frate minore Giacomo, fu ben sigillato con quolibet sigillo Ianuensi et Latinorum.21 Fu, invece, Galeotto Adorno a raccogliere i beni di un mercante piacentino morto a Pechino nel 1343.22 Domenico Illione portò a Genova le ultime volontà di Iacopo di Oliverio, che si era trasferito con il fratello Ansaldo ad partes Catagii prima del 1333. Le iscrizioni funerarie di Caterina e Antonio, figli di Domenico Illione, rivenute a Yangzhou23 sono singolari testimonianze dei complessi intrecci culturali legati alla presenza occidentale – e ligure – nella Cina del XIV secolo.24 Non sappiamo se i due fratelli fossero giunti in Cina insieme al padre Domenico, già presente in partibus Catagii nel 1333, oppure se fossero nati a Yangzhou; certamente al momento del decesso erano cittadini residenti ed erano cristiani di quella città, liberi di ostentare il loro credo e la loro appartenenza, almeno nelle lapidi funerarie, scritte in caratteri latini.

Qualcosa conosciamo anche dei possibili itinerari di viaggio. La “via di terra”, dagli insediamenti della Crimea a Pechino, utilizzava quel complesso fascio di vie che attraversava tutta l’Asia continentale e che – dalla fine del XIX secolo – è stato denominato “Via della

18 Sulla vicenda di Andrea e Guglielmo de Nassio, cf. B. z. kedar, Chi era Andrea Franco?, in «Atti della Società Ligure di Storia Patria» 17 (1979), pp. 371-377, ripresa, in sede divulgativa, in F. BenenTe, Appunti di viaggio, cit., pp. 109-118.

19 Cf. ad es. r. S. loPez, «Nuove luci sugli Italiani in Estremo Oriente prima di Colombo», cit.; id., «Trafegando in partibus Catagii, altri genovesi in Cina nel Trecento», cit.

20 g. airaldi, I Genovesi in Cina all’epoca Yuan, cit., pp. 17-18.21 g. PiSTarino, Genovesi d’Oriente, Civico Istituto Colombiano, cit., pp. 203-212.22 g. airaldi, I Genovesi in Cina all’epoca Yuan, cit., p.19.23 Le iscrizioni – datate rispettivamente al 1342 e al 1344 – sono state analizzate dal punto di vista testuale

ed iconografico in: r. S. loPez, Noveaux documets sur les Marchands italiens en Chine, in «Comptes Rendus de l’Académie des Inscriptions et des Belles Lettres» 121.2 (1977), pp. 445-458; P. morTari vergara caFFarelli, Le due lapidi degli Illioni di Yang-Chou, testimonianza di un sincretismo figurativo tra la repubblica di Genova e l’impero mongolo di Cina nel Trecento, in «Studi di storia delle arti» 7 (1991-1994), pp. 363-383; ead., Due lapidi italiane della metà del 1399 a Yangzhou, in «Volando» 4 (2004), pp. 71-75.

24 Le due lapidi sono uno straordinario esempio di ibridazione culturale ed artistica. Alle iscrizioni latine, in “gotica epigrafica allungata”, sono associate immagini della Madonna e dei santi, circondate da figure alate. L’influenza cinese è soprattutto leggibile nella parte figurativa e nella cornice ornamentale. Osservazioni simili possono essere avanzate riguardo all’iscrizione funebre del vescovo Andrea da Perugia (vedi supra).

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seta”. Le fonti ci dicono che il viaggio durava circa nove mesi. I Genovesi forse privilegiava-no l’itinerario dal Mar Nero, da Trebisonda a Tabriz. Lasciata la Persia, potevano muoversi attraverso il Kirman, l’altopiano del Pamir, il bacino del Lopnor, il deserto di Gobi, per poi arrivare alla Grande Muraglia e giungere infine a Khanbaliq. Esisteva anche una “via del mare”: un itinerario più complesso e più lungo, ma utile per il trasporto delle mercanzie di maggior volume, attraverso il Golfo Persico, da Bassora o da Ormuz, fino all’Oceano Indiano, toccando infine le coste dell’India, per poi arrivare in Cina. Partendo da Genova, occorrevano quasi due anni.

Qualunque fosse l’itinerario prescelto, spesso le vie del commercio, quelle della di-plomazia internazionale e quelle della evangelizzazione coincidevano per ampi tratti. Tra XIII e XIV secolo, mercanti e frati minori si ritrovarono spesso ad essere compagni di viag-gio, in direzione dell’Oriente.

La città di Olon Sume (Inner Mongolia) e i resti della chiesa “romana” attribuita a re Giorgio

I resti archeologici della città onguta di Olon Sume (Alunsumu) sono oggi ubicati nella Inner Mongolia (fig. 1), nella Bandiera Unita di Darhan Muminggan, a nord est della città di Baotou. Il sito è posto sulla riva settentrionale del fiume Aibugai, detto anticamente il Fiume Nero ed è stato scoperto da Huang Wen-pi25 alla fine degli anni ’20 del secolo scor-so, durante le spedizioni in Asia Centrale dirette dall’esploratore svedese Sven Hedin.26 La potremmo definire una città quasi “invisibile”, capitale stagionale di sovrani turco-mongoli, di genti nomadi e della loro condizione di “temporanea sedentarietà”.27 Oggi è intuibile so-prattutto per tracce archeologiche di mura di cinta, di basamenti di edifici e di ampi spazi destinati ad ospitare le yurte. Olon Sume è erosa dal vento, dai grandi sbalzi di temperatura che caratterizzano la regione, probabilmente è destinata a tornare terra e polvere, anche a causa dell’evidente mancanza di un progetto di tutela e conservazione del sito archeologico.

Nel 2001, l’équipe di archeologi dell’Ateneo genovese diretta da Carlo Varaldo ha realizzato un survey topografico (fig. 2) e ha composto un dettagliato progetto triennale di scavo archeologico estensivo.28 Da un punto di vista planimetrico, Olon Sume è un grande rettangolo di 970x600 metri, delimitato da mura costruite in argilla cruda, utilizzando la tecnica del pisé (fig. 3 e fig. 4). Al suo interno sono stati individuati i resti dell’area del pa-lazzo reale, delle chiese nestoriane e del complesso templare buddhista. Rimane enigmatica la struttura individuata nel secolo scorso dall’archeologo giapponese Namio Egami come

25 huang wen-Pi, The works and the important discoveries of he expedition to North-West China. The ancient walled city north of Beile-Sume, in «Yenching Journal of Chinese Studies» 8 (1930), pp. 1010-1014.

26 S. hedin, History of the Expedition in Asia, 1927-1935, Elanders Boktryckery Aktiebolag, Stockholm-Goteborg 1943-45, vol. I, p. 93.

27 g. airaldi, «La città come simbolo», in I Mongoli dal Pacifico al Mediterraneo, cit., pp. 186-187.28 Relazioni preliminari in c. varaldo-F. BenenTe, Prospettive di ricerche archeologiche sul sito di Olon

Sume, cit., c. varaldo, Ricerche archeologiche sul sito di Olon Sume (Mongolia Interna), in «Volando» 4 (2004), pp. 54-56.

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“chiesa romana” (fig. 5), posta vicino all’angolo settentrionale delle mura.29 La morfologia dei resti architettonici sembra confermare la presenza di un edificio, re-

alizzato in laterizi cotti e crudi, ad aula rettangolare (circa 13x24 m), con abside rettangolare e scalinata d’accesso sulla facciata. Solo un’attenta indagine stratigrafica potrebbe consentirne una migliore lettura planimetrica e confermare la sua natura di edificio di culto “latino”, ma in ogni caso è traccia sicura di una presenza cristiana, testimoniata dal ritrovamento di diversi cenotafi con simboli nestoriani,30 oggi raccolti nel museo di Bailing Miao (fig. 6). Si tratta dei resti di una struttura che potrebbe essere identificata con la chiesa eretta da Giorgio,31 re degli Onguti, dopo la sua conversione ad opera di Giovanni da Montecorvino.32 La chiesa fu costruita probabilmente tra il 1293 e il 1298 ed è menzionata da Giovanni nelle sue epistole.33 Il dato non è di secondaria importanza, in quanto – se confermata l’originaria tesi di Namio Egami – si tratterebbe della più antica chiesa “cattolica romana” dell’Asia orientale.34 Dopo la morte di Giorgio, l’edificio fu probabilmente riconvertito al rito nestoriano dai familiari del defunto sovrano.

La ricognizione archeologica condotta nel 2001, con il ritrovamento di oltre 13.000 reperti ceramici su una superficie “campione” di soli 8000 mq sembra confermare l’arco di vita della città, la sua fioritura in epoca Yuan e il suo precoce declino, dopo la morte di re Giorgio e del suo successore Giovanni.35 Le prime indagini condotte sul sito ed il progetto di ricerca sviluppato nel 2001 non hanno avuto un seguito, molti quesiti rimangono aperti e rimane enigmatica la vicenda “cattolica” di Olon Sume e del suo sovrano Kuolijisi, che ne

29 egami namio, Olon Sume et la découverte de l’église catholique romaine de Jean de Monte Corvino, in «Journal Asiatique» 240 (1952), pp. 155-167; id., Découverte l’église romaine établie au XIIIe siècle, en Mongolie, par Giovanni da Monte Corvino, in «Serie Orientale» 7 (1955), pp. 41-55.

30 La Chiesa d’Oriente, come detto, ha avuto una lunga storia di contatti con l’Asia. Per prendere campo nelle vaste praterie della Mongolia Interna si era appoggiata per lungo tempo allo sciamanesimo e ai suoi rituali. I cenotafi ne sono testimonianza, così come i racconti di Giovanni da Pian del Carpine e di Guglielmo di Rubruck.

31 Chiamato Kuolijisi nelle fonti cinesi, il nome corrisponde al siriaco Gîwargîs, piuttosto diffuso in età Yuan (m. Paolillo, La lettera di Giovanni da Montecorvino, cit., p. 88).

32 Secondo la testimonianza fornita dallo stesso Giovanni da Montecorvino nella seconda delle sue lettere, datata al 1305 e scritta a Khanbaliq. La notizia della conversione di Giorgio è citata anche in una epistola di fra Peregrino da Castello, che fu secondo vescovo di Zaytun, dal 1318 al 1322.

33 Giovanni da Montecorvino ci informa che l’edificio fu costruito ad honorem Dei nostri, Sancte Trinitatis et domini Pape et nomine meo vocans eam ecclesiam romanam. Dopo la morte di Giorgio, Giovanni afferma di non essersi potuto recare nella chiesa costruita dal sovrano onguto, in quanto conduceva in solitudine la sua missione evangelizzatrice, e il sito dove era stata costruita distava venti giorni di cammino da Pechino (m. Paolillo, La lettera di Giovanni da Montecorvino, cit., p. 81).

34 Cf. P. morTari vergara caFFarelli, «Monumenti nestoriani dal Mediterraneo alla Mongolia», in I Mongoli dal Pacifico al Mediterraneo, cit., pp. 11-28. Una seconda chiesa fu direttamente costruita a Khanbaliq da Giovanni da Montecorvino, grazie alla donazione di un terreno da parte del mercante Pietro di Lucalongo (vedi supra). Nella seconda delle sue epistole, non priva di qualche incongruenza cronologica, Giovanni narra di averla costruita in sei anni, dotandola di un campanile e di tre campane. Sostiene anche di avervi battezzato circa seimila persone. Cf. P. morTari vergara caFFarelli, Les monuments de l’Eglise d’orient – caldéenne et assyrienne en Asie Centrale et en Extrême Orient, in «Maran Atha» 16 (1995), pp. 1-10.

35 Zhu’an o Shu’an nelle fonti cinesi. Nella sua seconda epistola Giovanni da Montecorvino sostiene che re Giorgio avrebbe chiamato il figlio Johannes, in omaggio alla loro amicizia. Potrebbe anche trattarsi della resa in cinese del nome siriaco Yohannan, diffuso tra la popolazione onguta di religione nestoriana, e già presente nella famiglia di Giorgio/ Kuolijisi. Alcuni riferimenti in m. Paolillo, La lettera di Giovanni da Montecorvino, cit., p. 90.

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costituisce il principale protagonista. L’ipotesi di una chiesa “romana” è ancora legata alle intuizioni proposte dall’archeologo giapponese Namio Egami, edite negli anni ’50 del secolo scorso e ribadite dalla successiva letteratura storico-archeologica.

Rilette oggi, le sue osservazioni sembrano in parte “deboli”, anche se l’intuizione originale rimane ancora suggestiva. La stessa influenza diretta di Giovanni da Montecorvino sulle modalità costruttive (e sulla “forma” architettonica) della chiesa eretta da Giorgio è tutta da dimostrare.36 Il sincretismo e le forme di ibridazione culturale nella Cina degli Yuan offrono molteplici chiavi di lettura. Mi piace pensare che liturgia, forma architettonica, intito-lazione, motivazioni ideologiche del fondatore, influenza missionaria occidentale non siano sempre inscrivibili in canoni rigidi, almeno a queste latitudini e a quest’altezza cronologica.

Tornando a Kuolijisi, Marco Polo e Giovanni da Montecorvino – come detto – lo chiamano Giorgio, convertito al cattolicesimo e lo definiscono discendente del leggendario Prete Gianni.37 Le fonti cinesi e la documentazione epigrafica ci descrivono Kuolijisi come un principe di grande cultura, costruttore di una “sala dei diecimila capitoli”, dove si poteva studiare e dibattere, era un uomo “che rispettava ed amava i sacri studi”. Sicuramente fu uno straordinario catalizzatore dei contatti umani, culturali e religiosi tra Occidente e Oriente. Proprio per questo, il francescano e vescovo Giovanni da Montecorvino – scrivendo al Papa – ricordava la sua precoce morte e, con essa, piangeva probabilmente il venir meno di un sostegno “laico” che avrebbe certamente agevolato la diffusione del cristianesimo “latino” nella Cina degli Yuan.

Le ricerche sul Tempio della Croce nel Fangshan

Il Tempio della Croce riveste un’importanza particolare per gli studi sulla presenza cristiana in Cina,38 ancorché la sua origine e la sua denominazione siano ancora per molti versi enigmatiche. Il sito è ubicato in una piccola conca pianeggiante posta alle pendici del Monte Sanpen, presso il villaggio minerario di Chechang – non distante dal sito delle tombe imperiali Jin – nella regione montuosa del Fangshan, posta a sud ovest e ad una distanza di ca. 40 km da Pechino (fig. 7). Nell’area, che risulta oggi chiusa da un muro di recinzione di fattura moderna, emergono le tracce dei muri perimetrali pertinenti all’ultima fase edilizia di un tempio buddhi-sta, oltre a diversi elementi architettonici in pietra calcarea e in granito (fig. 8).

La riscoperta del sito del Tempio della Croce e la formulazione delle prime ipotesi di una fase d’uso cristiano–nestoriana del sito risalgono ai primi decenni del XX secolo. Nel

36 Egami dava molta importanza al ritrovamento nei pressi dell’edificio di laterizi ricoperti di vetrina blu e decorati a rilievo con motivi a fogliame di gusto gotico, estranei alla tradizione decorativa dell’Estremo Oriente. Rimarcava anche la presenza di tegole verniciate in bianco: elementi distintivi rispetto ai restanti monumenti nestoriani.

37 Giovanni da Montecorvino scrive: Qui erat de generi illius magni regi qui dictus fuit Presbirter Iohannes de Yndia.

38 Per una sintetica trattazione, cf. P. g. BorBone, Storia di Mar Yahballaha e di Rabban Sauma, cit., p. 34; id. Aspetti del cristianesimo dei turco-mongoli, cit., p. 191 e p. 202, nota 4. Si veda anche il recente P. Marsone, «When was the Temple of Cross at Fangshan a Christian Temple?», in D. W. Winkler-li tang (eds.), Hidden Treasures and Intercultural Encounters: Studies on East Syriac Christianity in China and Central Asia, cit., pp. 215-224.

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1919, dopo una prima segnalazione di Harding, Sir Reginald Johnston, che si firmava con lo pseudonimo di Christopher Irving ed era il precettore dell’imperatore Xuantong, diede alle stampe su New China Review la segnalazione di alcuni reperti nestoriani localizzati presso il tempio buddhista “della Croce”.39 La segnalazione fu seguita da un interessante dibattito a stampa.40 Numerosi studiosi occidentali commentarono la scoperta e le diverse ipotesi con contributi, lettere e recensioni pubblicati dalle principali riviste inglesi e francesi, edite a Pechino e a Shanghai.41

L’attenzione degli studiosi fu attratta dall’insolita denominazione del tempio buddhi-sta, da due grandi stele attribuite alle epoche Liao e Yuan, ma soprattutto dalla presenza di due blocchi di calcare42 che recavano scolpiti sulle facce laterali il motivo decorativo del vaso di fiori e sul lato frontale una croce trionfante nestoriana.43 Uno dei blocchi conservava, inoltre, un’iscrizione in caratteri siriaci, ma questo dettaglio emerse solo poco tempo dopo la prima segnalazione del ritrovamento. Secondo le testimonianze che furono fornite a Reginald Johnston dai monaci buddhisti che ancora vivevano nel tempio, questi due blocchi erano stati rinvenuti durante i lavori di rifacimento di una delle sale del tempio buddhista ed erano stati collocati nella nuova posizione unicamente per motivi decorativi.44

Dopo la cessione da parte dei monaci, tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del secolo scorso, il tempio fu trasformato in fattoria e il terreno circostante fu messo a coltura.45 Nel 1931, l’Acca-demia Sinica condusse una campagna di studio e un piccolo scavo archeologico. In quegli anni si pose il problema della tutela dei reperti architettonici e dei due blocchi con croce nestoriana. Nei decenni successivi, il sito cadde in rovina, le strutture ancora in elevato vennero rase al suo-lo e le due grandi stele furono spezzate e gettate a terra. Soltanto in tempi relativamente recenti è stato costruito il muro di cinta che delimita attualmente il sito archeologico.

La missione dell’Università di Genova nel biennio 2002/2003 ha consentito di defini-re alcune problematiche di ricerca e la ricognizione sul campo ha permesso di acquisire tutti i dati utili a progettare un successivo lavoro di scavo stratigrafico. Problemi di disponibilità di finanziamenti hanno prima rimandato e poi annullato la possibilità di una prosecuzione delle indagini, ancorché i dati acquisiti fossero di estremo interesse. Nel 2003, è stato condotto l’e-

39 Cf. c. irving, A Chinese “Temple of the Cross”, in «New China Review» 1.5 (October 1919), pp. 522-533.40 I contributi furono principalmente ospitati su «Le Bullettin Catholique de Pékin». 41 Si veda la puntuale rassegna presentata in m. guglielminoTTi Trivel, Tempio della Croce – Fangshan

– Pechino. Documentazione preliminare delle fonti epigrafiche in situ, in «Orientalia Christiana Periodica» 71.II (2005), pp. 432-433.

42 Si tratta di due blocchi di ca. 58x68 cm.43 I due reperti lapidei sono attualmente conservati presso il Museo di Nanchino e sono stati esaminati e

studiati nel corso della missione 2003 da Pier Giorgio Borbone dell’Università degli Studi di Pisa.44 Così, infatti, scrive: «The monks informed me that, according to the tradition handed down to them,

the two stones were found under the floor of the T’ien-wang-tien (The Hall of the Heavenly Kings) during the restoration which (as stated on one of the stone tablets) took place in 1357 and were placed in their present positions merely because of their decorative carving». Cf. c. irving, A Chinese “Temple of the Cross”, cit., p. 526.

45 Philibert Clement visitò il Tempio della Croce nel mese di ottobre del 1922, qualche tempo dopo la sua vendita, quando già ospitava un gruppo di contadini. Il suo compagno di viaggio, F. Van den Brandt si occupò delle riprese fotografiche e di realizzare una copia delle iscrizioni. I due visitatori ebbero anche modo di parlare con un anziano del posto che era stato monaco nel Tempio della Croce e che trovarono impegnato a lavorare i campi. P. clemenT, La Pagode de la Croix, in «Bulletin Catholique de Pékin» 9 (1922), pp. 421-422.

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same dei due blocchi di calcare (fig. 9), oggi conservati presso il Museo di Nanchino.46 Uno dei due blocchi reca inciso – accanto alla croce – un versetto di un salmo cristiano, diviso in quattro sezioni e redatto in lettere siriache.47 Pier Giorgio Borbone ha proposto una nuova analisi dei due reperti, indicando che l’uso di questa precisa citazione dall’Antico Testamen-to in area vicino orientale e i caratteri utilizzati rimandano ad una datazione al XIII-XIV secolo,48 ossia all’epoca Yuan.

Le due stele – oggi conservate in situ e ricomposte in maniera un po’ approssimativa da grandi frammenti – sono state studiate nel corso della missione archeologica del 2004. Riportano due iscrizioni sul lato frontale, precedentemente attribuite alle dinastie Liao (960) e Yuan (1365). Sul lato posteriore sono presenti due iscrizioni d’epoca Ming. La stele posta a ovest, che è collocata su un basamento a forma di tartaruga (fig. 10), presenta nella parte superiore una decorazione plastica originale, con draghi aggrovigliati che iscrivono un me-daglione in cui campeggia una croce di tipo nestoriano (fig. 11). Nei testi delle iscrizioni si ricorda la fondazione del tempio e le ristrutturazioni in età Liao (tra il 952 e il 958) e Yuan (tra 1358 e il 1363).

Sulla base dei dati raccolti nel corso della missione del 2004, Marco Guglielminotti Trivel (fig. 12) ha proposto una nuova trascrizione ed un’aggiornata lettura critica dei testi epigrafici, dedicando particolare attenzione alle iscrizioni d’epoca Ming. Le due iscrizioni frontali – secondo Guglielminotti – non risulterebbero originali, ma sarebbero entrambe ri-conducibili all’anno 1535 e potrebbero essere interpretate come esiti di un processo di mola-tura e re-iscrizione di testi preesistenti.49 Questa azione e la precisa data sono esplicitamente ricordate nella parte iniziale del testo iscritto sul retro della stele Yuan.50 Pier Giorgio Borbo-ne ha avanzato l’ipotesi che l’azione di riformulazione dei testi originali da parte dei monaci buddhisti del XVI secolo potrebbe aver comportato delle omissioni volontarie sulla storia “cristiana” del tempio.51

L’ipotesi che è stata proposta da diversi studiosi – e che potrebbe trovare conferma se fosse condotta un’indagine archeologica di tipo estensivo – è che il tempio buddhista, in una fase di abbandono e comunque prima della metà del XIV secolo – sia stato occupato ed utilizzato per un certo periodo da religiosi appartenenti al clero cristiano nestoriano, per poi tornare ad essere un tempio buddhista nella tarda età Yuan.52 Questa tesi è stata sostenuta so-

46 Cf. P. g. BorBone, I blocchi con croci e iscrizione siriaca da Fangshan, in «Orientalia Christiana Periodica» 72.I (2006), pp. 167-187; m. guglielminoTTi Trivel, Tempio della Croce – Fangshan –Pechino, cit., pp. 433-434.

47 In particolare da Salmi 34,6, che – tradotto dal siriaco – risulterebbe Guardate verso di lui e sperate in lui. Nel caso specifico sembra utile annotare – con Pier Giorgio Borbone – che il termine “croce”, in siriaco antico, è di genere maschile.

48 P. g. BorBone, I blocchi con croci e iscrizione siriaca da Fangshan, cit., p. 172.49 Cf. m. guglielminoTTi Trivel, Tempio della Croce – Fangshan – Pechino, cit., con dettagliata trascrizione

dei testi e proposte interpretative. id., «Sepolture e riti funerari degli Onguti in Mongolia Interna», in I Mongoli dal Pacifico al Mediterraneo, cit., pp. 93-108.

50 La traduzione parla esplicitamente di ricopiatura del testo ormai poco leggibile e di molatura e reincisione. Ivi, p. 449.

51 P. g. BorBone, I blocchi con croci e iscrizione siriaca da Fangshan, cit., p. 174.52 Tra gli studi recenti, si faccia riferimento ad un’ipotesi di Xu Pingfang riportata in m. guglielminoTTi

Trivel, Tempio della Croce – Fangshan – Pechino, cit., p. 455.

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prattutto da Borbone, che ha anche avanzato un’ipotesi di collegamento con la vita del mona-co cristiano Rabban Sauma (vedi supra).53 Una seconda possibile ipotesi è che i due blocchi con croce nestoriana e iscrizione in siriaco provengano da un sito posto nelle vicinanze del Tempio della Croce e la loro presenza nel tempio buddhista sia frutto di un’attività di spoglio e reimpiego. Un’iscrizione rinvenuta sul monte Shijing, sempre nel Fangshan, testimonia la presenza di monaci nestoriani nella regione ancora nel XV secolo.54 Una terza e diversa ipotesi è stata sostenuta da Pierre Marsone e da Yang Yiwu, con un approccio metodologico e con conclusioni assai diverse tra loro. Secondo i due studiosi la vicenda del Tempio della Croce sarebbe assai più complessa: un’originaria fase cristiana databile all’epoca Tang, un abbandono e una riconversione al culto buddhista, un restauro come edificio cristiano nesto-riano durante gli ultimi anni della dinastia Yuan, un nuovo utilizzo buddhista in età Ming.

In estrema sintesi, il quesito principale a cui si doveva (e si dovrebbe) cercare di dare una risposta “archeologica” riguarda l’identificazione della fase di occupazione cristiana del sito. La continuità data dalla presenza della croce nestoriana si riscontra tanto sugli elementi architettonici conservati al museo di Nanchino quanto sulla stele Yuan, ancora presente in situ nel Fangshan. Il testo delle due iscrizioni sembra richiamare esclusivamente contesti buddhisti. Il rifacimento delle due lapidi in epoca Ming offre indicazioni per una possibile cronologia dei restauri del tempio nelle epoche Tang, Liao e Yuan, e può anche nascondere una precisa volontà di rimozione delle tracce di una presenza cristiana. Gli indizi raccolti, a favore e a sfavore di una fase cristiana d’epoca Tang e Yuan non offrono prove sicure o efficaci elementi di confutazione.

La possibilità di una “prova” deve essere rimandata all’avvio di una campagna di inda-gine archeologica. Data la ridotta possibilità di documentare insediamenti nestoriani di epoca Yuan a Pechino, anche a causa del feroce dinamismo che caratterizza l’attività edilizia della capitale cinese, lo studio e lo scavo archeologico del Tempio della Croce rappresenterebbero un’occasione pressoché unica di analizzare le tracce materiali di un centro di irradiazione della cristianità nella Cina nord-orientale.

53 Sappiamo, infatti, che Rabban Sauma dopo sette anni di soggiorno abbandonò Pechino, per trascorrere anni di vita eremitica sulle montagne, tra il 1255 e il 1270. Il collegamento con il Fangshan e con il Tempio della Croce non sembra così immediato (P. marSone, «When was the Temple of Cross at Fangshan a Christian Temple?», cit., p. 219).

54 Cf. m. guglielminoTTi Trivel, Tempio della Croce – Fangshan – Pechino, cit., p. 457 e riferimenti bibliografici riportati alla nota 113.

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Fig. 1 – Sopra: La regione della Mongolia Interna e il sito di Olon Sume. Sotto: I Polo pre-sentano a Kublai Khan i doni inviati da Gregorio X, miniatura su pergamena da Le Livre des Merveilles, XIV secolo, Bibliothèque Nationale, Parigi (http://www.artsone-open.arts.ubc.ca/files/2012/11/polo-brothers.jpg – dicembre 2013)

Fig. 2 – Olon Sume: la base logistica della missione archeologica 2001 (foto F. Benente)

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Fig. 3 – Olon Sume: particolare di un tratto delle mura della città. Si nota bene la tecnica costruttiva basata sulla tecnica del pisè: argilla cruda e fango pressati entro cassaforme mobili in legno, con piani orizzontale di accrescimento (foto F. Benente)

Fig. 4 – Olon Sume: un tratto delle mura, con le evidenti tracce di erosione da parte degli agenti atmosferici (foto F. Benente)

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Fig. 5 – Olon Sume. Veduta dei resti dell’edificio interpretato come chiesa latina costruita dal re onguto Giorgio/Kuolijisi (foto F. Benente)

Fig. 6 – Esempi di cenotafi nestoriani conservati nel museo di Bailing Miao (Mongolia In-terna) (foto F. Benente)

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Fig. 7 – Cina: la regione del Fangshan e il sito del Tempio della Croce (foto F. Benente)

Fig. 8 – Tempio della Croce. Veduta della stele Yuan (foto F. Benente)

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Fig. 9 – Cina: Museo di Nanchino. Blocchi con croce nestoriana e iscrizione cristiana in siriaco provenienti dal Tempio della Croce (foto. P. G. Borbone)

Fig. 10 – Tempio della Croce. Particolare del basamento della stele Yuan (foto F. Benente)

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Fig. 11 – Tempio della Croce. Particolare del medaglione superiore della stele Yuan, con croce di tipo nestoriano (foto F. Benente)

Fig. 12 – Esame dell’iscrizione della stele Yuan durante la missione archeologica 2004 (foto F. Benente)