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LA SCUOLA CLASSICA DI CREMONA ANNUARIO DELLASSOCIAZIONE EX ALUNNI DEL LICEO-GINNASIO «DANIELE MANIN» CREMONA 2012 LA SCUOLA CLASSICA DI CREMONA - ANNUARIO 2012

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LA SCUOLA CLASSICA DI CREMONA

ANNUARIO DELL’ASSOCIAZIONE EX ALUNNI

DEL LICEO-GINNASIO «DANIELE MANIN»

CREMONA2012

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ISSN 2281-146X

Federico Piseri“VOL PIÙ PONTI A FARE UNO MERCATANTE CHE UN

DOTTORE DE LEGGI”LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEL MERCANTE-RATIONATOR

NEL RINASCIMENTO ITALIANO

Nelle pagine seguenti verranno esposte, attraverso lo studio della trat-tatistica del tempo, le competenze teoriche, matematiche e contabili rag-giunte da chi, nella seconda metà del Quat trocento, esercitava ai più al-ti livelli l’attività di mercante/banchiere.1 Questa delimitazione del campodi ricerca ai grandi operatori è dovuta alla ricchezza di fonti che ci han-no lasciato e all’ab bon danza della letteratura scientifica che ha analizzatosotto vari punti di vista la loro attività. La scelta di abbinare a un saggioche si concentra sulla figura del contabile nell’antichità queste osserva-zioni sulle competenze dei mercanti del tardo Medioevo ha una ragioneben precisa: questi attori sociali condividono, in diversi momenti e con-testi, alcuni aspetti del percorso formativo e professionale degli speciali-sti della contabilità di cui si è parlato nel lavoro di Filippo Ledda. Sin dal-l’inizio del XIV secolo, questo iter è definito dagli autori dei trattati dimatematica pratica in funzione della pratica della mercatura ed è quin-di pensato principalmente per chi la esercita. I percorsi educativi inizia-no con l’apprendimento dei saperi professionali imprescindibili e dunquecon l’abaco; un costante tracciato di formazione informale nasce per ilmercante/banchiere e per gli operatori finanziari, ma non esclude chi

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1 Per una più ampia definizione dell’oggetto della ricerca rimando a un altro la-voro che è nato parallelamente a questo: F. PISERI, La formazione e la professio-nalizzazione del “corpo mercantesco” nel XV secolo, destinato ad essere pubbli-cato nel volume in preparazione a cura di M. MORANDI, dal probabile titolo For-mare alle professioni. Commercianti e contabili. Il volume, frutto della rielabora-zione dei materiali originati dal seminario svoltosi a Pavia il 16 aprile 2010, pres-so il Collegio Ghislieri, come ricordava Monica Ferrari, è legato al percorso di ri-flessione sulla “Storia pedagogica delle professioni”, titolo di una serie di volumidedicati a questo tema presso la casa editrice FrancoAngeli di Milano, serie di cuisono responsabili Egle Becchi e Monica Ferrari.

userà tali competenze al servizio dello Stato, di una corte2 o come sti-pendiato presso un campsor.

LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEL MERCANTE NEL RINASCIMENTO ITALIANO

È possibile comprendere alcuni aspetti dell’alto livello di professio-nalità dei mercanti/banchieri italiani del tardo Medioevo grazie allo stu-dio di una vasta documentazione che essi stessi ci hanno lasciato: si trat-ta di fonti di vario tipo che vanno dagli scambi epistolari a fonti narra-tive, dai documenti amministrativi alla trattatistica. Criticando la posizio-ne di Werner Sombart che considera il mercante medievale incolto e il-letterato, Armando Sapori sostiene che lo studio dei libri di commercio“riferentisi tanto a compagnie di modeste proporzioni, quanto a societàdi fama mondiale, porta infatti alla conclusione che quel mercante ita-liano […] ebbe la volontà di essere esattissimo nei calcoli, chiaro nellacontabilità, per la convinzione che esattezza e chiarezza fossero indi-spensabili nello svolgimento degli affari mercantili”3 e, quindi, che aves-se mezzi culturali non di infimo livello. Nel ripercorrere, partita per par-tita, i libri mastri di diverse compagnie, Sapori constata la precisione deicalcoli operati dai responsabili di questi libri, prova di una buona for-mazione matematica e di grande rigore.

Per individuare le doti professionali utili a condurre una società mer-

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2 Nel repertorio redatto da Caterina Santoro che censisce gli officiali del Du-cato di Milano in età sforzesca sotto il rationator generalis ci sono alcuni ra-zionatori (due nei primi anni del dominio, la documentazione è lacunosa peròfino agli anni Novanta); dopo l’ingresso di Francesco Sforza a Milano si conta-no tre rationatores camere extraordinarie; un racionator ad laborerios che sioccupa dei fondi stanziati per la ricostruzione del castello di Porta Giovia; duerationatores ad papirum con tre coadiutores che fanno comprendere quan-to fosse importante l’acquisto del supporto scrittorio nel mundo de cartadella corte; altrettanti rationatores e coadiutores ad expansas consumata; unrationator extraordinarius; un racionator munitionum tocius territorii. Aquesti vanno aggiunti i razionatori delle singole amministrazioni dei comuni checostituiscono dominio, quelli impiegati negli offici che vengono istituiti negli an-ni seguenti da Francesco o dai suoi eredi al Ducato e coloro che, al seguito del-la corte, dovevano tenere la contabilità dell’amministrazione della spesa corren-te dei signori. Cfr. C. SANTORO, Gli offici del dominio sforzesco (1450-1500), Mi-lano, Fondazione Treccani degli Alfieri, 1948.3 A. SAPORI, La cultura del mercante medievale italiano, in Gli orizzonti aper-ti. Profili del mercante medievale, a cura di G. AIRALDI, Torino, Paravia, 1997,pp. 139-173, p. 148. La raccolta di saggi sulla mercatura medioevale curata daGABRIELLA AIRALDI è reperibile sul web attraverso il portale Reti Medievali:http://centri.univr.it/rm/biblioteca/scaffale/volumi.htm.

cantile/bancaria nel XV secolo, bisogna rifarsi a un’altra fonte prodotta edutilizzata dall’ordo mercatorum: i manuali sui quali gli esponenti dellamercatura si formavano sotto l’e gida di maestri d’abaco, privatamente o,più spesso, presso scuole pubbliche. Il liber abaci è un testo che ac-compagna il mercante non solo negli anni della sua formazione, ma es-sendo costituito da numerosi esercizi (rationes), con le relative soluzioni,è un supporto utile per tutta la carriera del mercante che vi troverà fre-quentemente ex empla di carattere pratico che lo possono aiutare ad af-frontare le operazioni più complesse.4 Altro strumento utile per il mer-cante è il manuale di mercatura, il cui modello, a partire dalla metà delXIV secolo, è il Libro di divisamenti di paesi e di misure di mercatantie,più noto come La pratica della mercatura, di Francesco Balducci Pego-lotti.5 Anche in questo caso lo strumento ha nel mondo mercantile il suoautore e, nel contempo, il suo destinatario: il Pegolotti fu infatti fattore6

di diverse filiali estere della più importante società bancaria fiorentina delsuo tempo, quella dei Bardi. Frutto delle sue esperienze su tante piazzeinternazionali, tra cui Londra, Anversa, Cipro, la Pratica è un trattato chepermette al mercante di recuperare rapidamente informazioni di riferi-mento sul corso dei cambi, sulle misure e sui beni prodotti e commer-ciati sulle principali piazze italiane, europee e del Mediterraneo. Con ogniprobabilità ogni compagnia di una certa dimensione usava raccoglierequeste notizie mediante il fitto carteggio che collegava le sedi periferiche

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4 Per una più completa analisi delle strategie pedagogiche attuate nelle scuoled’abaco e per i riferimenti sulla ricca bibliografia che tratta l’argomento rimandoancora a PISERI, La formazione e la professionalizzazione del “corpo mercantesco”nel XV secolo, cit. Non si può non ricordare R. BLACK, Education and Society inFlorentine Tuscany. Teachers, Pupils and Schools c. 1250-1500, Leiden-Boston,Brill, 2007, passim.5 È stata qui adottata l’edizione della Pratica curata da Allan Evans: Francesco Bal-ducci Pegolotti, La Pratica della Mercatura, a cura di A. EVANS, Cambridge, TheMedieval Academy of America, 1936. Per quanto riguarda il titolo, questo è statocambiato da Gianfrancesco Pagnini nell’edizione da lui curata nel XVIII secolo, cfr.ivi, p. IX. L’intestazione originale dell’opera per esteso è Questo libro è chiamatolibro di diversamenti di paesi e di misure di mercantie, e d’altre cose bisognevolidi sapere a mercatanti di diverse parti del mondo, e di sapere che usano le mer-cantie e cambi, e come rispondono le mercantie da uno paese a un altro e da unaterra a un’altra, e simile s’intenderà quale è migliore una mercantia che un’altrae d’onde elle vengono e mostreremo il modo a conservarle più che si può, ivi, p. 3.6 “Fattore nella terminologia medioevale non indicava un amministratore di pro-prietà fondiarie, ma semplicemente l’impiegato di una filiale all’estero. Qualchevolta la parola fattore era usata come sinonimo di giovane […] che aveva piùesperienza ed era più anziano di un garzone o discepolo”: R. DE ROOVER (1963),Il banco Medici, trad. it. Firenze, La Nuova Italia, 1970, p. 116.

con quella centrale: testi come quello del Pegolotti quindi erano in co-stante aggiornamento per l’uso interno dei funzionari e degli operatoridelle compagnie.7

La trattatistica destinata alla formazione dei mercanti è quindi moltoricca in Italia già a partire dal XIII secolo8 e si caratterizza per un fortis-simo dinamismo, dovendo seguire costantemente i cambiamenti del mer-cato e le oscillazioni del valore delle monete. Come riferimento esem-plare in questo corpus di opere ricco e variegato ho scelto, sulla scia diPaul Grendler,9 la Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni e Pro-portionalità di Luca Pacioli.10 Il matematico toscano in quest’opera, dedi-cata a Guidubaldo da Montefeltro, duca di Urbino, raccoglie l’esperienzadegli anni passati come insegnante nell’ars computandi in varie città ita-liane tra cui Venezia, Firenze, Milano e Perugia. Recupera quindi una tra-dizione ormai consolidata nel XV secolo e che riunisce in un unico vo-lume risultante dall’influenza di molti autori diversi, sfortunatamente nonsempre esplicitate dal Pacioli.11 Questo ha dato vita sin dal XVI secolo a

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7 Cfr. SAPORI, La cultura del mercante medievale italiano, cit., pp. 165-166.8 Cfr. R. FRANCI, Leonardo Pisano e la trattatistica dell’abaco in Italia nei secoliXIV e XV, in “Bollettino Storico delle Scienze Matematiche”, vol. 23, 2003, fasc. 2,pp. 33-54.9 P. F. GRENDLER (1989), La scuola nel Rinascimento italiano, trad. it. Roma-Bari,Laterza, 1991, con particolare riferimento alle pp. 329-354.10 Luca Pacioli (Borgo Sansepolcro, 1445 ca.-Roma, 19 giugno 1517) è insegnanted’abaco privato a Venezia negli anni Sessanta del Quattrocento; si trasferisce a Ro-ma nel 1470, ospite di Leon Battista Alberti; tra il 1470 e il 1477 diventa francesca-no. Non abbandona comunque l’insegnamento che pratica nei suoi viaggi in Italia.Muore a Roma nel 1517 dopo aver insegnato per tre anni Matematica alla Sapien-za. Per una biografia maggiormente approfondita cfr. S. A. JAYAWARDENE, Towards abiography of Luca Pacioli, in Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, a cu-ra di E. GIUSTI, Città di Castello, Petruzzi, 1998, pp. 19-28. La Summa, stampata perla prima volta a Venezia nel 1494, è composta da 308 carte: “le carte numerate da1 a 150 si occupano di aritmetica speculativa e pratica, operazioni con i radicali ealgebra. Le ultime 158 carte contengono invece un trattato di matematica commer-ciale, una tariffa ed un trattato di geometria”: A. CIOCCI, Luca Pacioli e la matema-tizzazione del sapere nel Rinascimento, Bari, Cacucci, 2003, p. 22.11 A tale proposito è significativa la definizione di Roman Sosnowski che vedenella Summa un lavoro di sistematizzazione: la parola “sistematizzazione svelal’atteggiamento e illustra il ruolo avuto dal matematico nella storia della linguaeconomica. Senza innovazioni consistenti, con lo sguardo rivolto verso il passa-to, setaccia, ordina e spiega il contenuto e le terminologie dell’epoca precedentegettando le basi per la futura affermazione e diffusione di un solo settore: la ra-gioneria”: R. SOSNOWSKI, Origini della lingua dell’economia in Italia: dal XIII alXVI secolo, Milano, FrancoAngeli, 2006, p. 78.

un dibattito, tanto aspro quanto sterile, sull’originalità della Summa chetrae spunto dalle considerazioni del Vasari. Il Vasari, infatti, vi ritrova, ri-portati alla lettera, molti dei problemi del Trattato d’abaco di Piero dellaFrancesca.12 Rimando a quanto scritto al riguardo da Gino Arrighi e Ar-gante Ciocci. Il plagio, tanto stigmatizzato da parte del Vasari, ci permet-te di considerare l’opera del Pacioli come una vera e propria antologia ditrattati riguardanti la matematica sotto ogni aspetto,13 sia speculativo siapratico.14

Non è solo un trattato d’abaco, quindi, con le sue rationes che pos-sano essere da modello ed esempio nell’esercizio pratico della mercatu-ra, come è per il trattato di Piero della Francesca, e nemmeno solo unarticolato elenco di monete, misure, usi locali (come la Pratica della Mer-catura di Francesco Balducci Pegolotti o il Libro che tracta de mercantieet usanze de paesi, che è stato individuato come la fonte diretta del Pa-cioli).15 La Summa ha un tenore molto più organico: ogni sezione e/o inmolti casi anche ogni singolo capitolo sono dotati di un’introduzione al-le rationes che ne anticipa gli argomenti e ne spiega l’importanza al de-stinatario e le esamina da un punto di vista teorico e generico, non solonel particolare dei singoli casi mostrati. Queste introduzioni, ricche di ci-tazioni di vario genere, che spaziano dalla letteratura alla teologia, daopere scientifiche a modi di dire popolari, rendono esplicito il modello

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12 Cfr. Piero della Francesca, Trattato d’abaco. Dal codice Ashburnhamiano 280(359-291) della Biblioteca Medicea di Firenze, a cura di G. ARRIGHI, Pisa, DomusGalileana, 1970.13 Cfr. Piero della Francesca, Trattato d’abaco, a cura di ARRIGHI, cit.; CIOCCI, Lu-ca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Rinascimento, cit., pp. 24-27. An-che solo una rapida lettura dell’opera del Pacioli permette di comprendere la va-rietà delle fonti, visto l’alternarsi di diverse inflessioni dialettali anche nel volgeredi poche pagine.14 La Summa è molto di più, è “un monumentale compendio di materiali ap-partenenti a quattro distinti campi della matematica: aritmetica, algebra, “ragione-ria” e geometria”. Dato l’argomento di questo intervento l’attenzione sarà focaliz-zata sugli aspetti più pratici legati all’esercizio del commercio e l’aritmetica prati-ca a discapito dell’aritmetica speculativa e della geometria che costituiscono co-munque la parte più ampia dell’opera. Citazione in CIOCCI, Luca Pacioli e la ma-tematizzazione del sapere nel Rinascimento, cit., p. 22.15 Si tratta di una pratica pubblicata a Firenze nel 1481 di cui il Pacioli non citala provenienza. Cfr. CIOCCI, Luca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Ri-nascimento, cit., p. 26.

professionale a cui un mercante deve attenersi per esercitare al meglio lasua attività.16

Per delineare la figura professionale di un mercante medievale, alme-no da un punto di vista ideale, è di particolare interesse la seconda par-te della Summa, quella che segue il trattato d’abaco, diviso in otto di-stinctiones. La distinctio nona è dedicata alla pratica mercantesca ed è si-curamente scritta da Pacioli. Nella Summa infatti viene incorporata e rie-laborata buona parte di un suo trattato conosciuto come Tractatus ad di-scipulos perusinos del 1478.17 Il carattere didattico della distinctio è par-ticolarmente marcato e quello che viene delineato è un mercante ideale,modello per i discepoli del frate di Sansepolcro, in parte lontano dalla fi-gura che si incontra nello studio delle carte mercantili del XV secolo.18 Inogni caso il trattato di Pacioli si dimostra una fonte estremamente utileperché ci permette di individuare quali caratteri professionali e quali do-ti morali un maestro del tempo voleva fossero assimilati dai suoi allievi.

IL CREDITO E LA FIDES: ETICA ED AFFARI

Questa sezione, la seconda parte principale,19 si apre trattando le mo-

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16 Il ricorso a vari registri culturali anche nel trattare gli aspetti pratici è esem-plare del progetto di Luca Pacioli: “i mestieri manuali dei tecnici (come il geo-metra, l’ingegnere, il mercante-ragioniere, lo stratega militare, l’idraulico, il mec-canico, il pittore, lo scultore e l’architetto) vengono, infatti, affiancati da Paciolialle attività “intellettuali” dei dotti (il medico, il giurista, il musicista, il docenteuniversitario delle discipline del trivio e del quadrivio, il filosofo e il teologo) invirtù della comune radice di tutte le arti e le scienze che è appunto la matema-tica”: ivi, p. 41. Avremo modo più avanti di riprendere e argomentare in modopiù esteso quanto citato.17 Cfr. G. CALZONI, Il trattato inedito di Luca Pacioli e l’insegnamento della mate-matica agli affari nel secolo XV a Perugia, in Luca Pacioli e la matematica del Ri-nascimento, a cura di GIUSTI, cit., pp. 193-198.18 È opportuno specificare che quello indirettamente descritto da Luca Pacioli èuna sorta di mercante ideale sia da un punto di vista etico che dell’esercizio, unmercante che fugge ogni compromesso con il guadagno illecito pur sapendo comericavarlo, che ha conoscenze matematiche, e non solo, che superano di molto lesue effettive necessità pratiche; la Summa è quindi “un volume più adatto alle bi-blioteche che ai banchi delle fiere”, ma proprio per questa sua natura teorica cipermette un’operazione di astrazione necessaria per una generalizzazione che ri-manga il più possibile aderente alla figura di mercator che abbiamo definito comeoggetto di questo studio. Citazione in E. GIUSTI, Luca Pacioli matematico, in LucaPacioli e la matematica del Rinascimento, a cura di GIUSTI, cit., pp. 7-18, p. 10.19 PACIOLI, Summa, cit., c. 150r.

dalità con cui i mercanti possono unirsi in compagnia mettendo subito inluce quella che si può definire la principale caratteristica di un mercan-te: per poter operare su qualunque piazza italiana o europea questo de-ve ispirare fides, quindi avere creditum. La fiducia si guadagna essendoinnanzi tutto corretti nei confronti degli altri mercanti: “sempre in ditte sideve attendere a li pacti e conventioni che infra loro fanno per fede, oper testimonio, o per scripto o altro instrumento”.20 Il credito è “nei si-stemi economici sia dell’alto che del basso Medioevo […]” il “secondofondamentale strumento di propulsione economica”21 insieme alla mone-ta. Il valore semantico del termine credito per un mercante del XV seco-lo ha ancora una forte connotazione latina per cui è sinonimo di fidu-cia.22 È proprio la possibilità che questa fiducia possa essere disattesa arendere lecito un ricavo sulle operazioni creditizie: “non si poteva esige-re un compenso per il prestito in sé, ma era lecito pretendere damnumet interesse per ragioni diverse, non inerenti al prestito, ad esempio perinadempienza alla restituzione del capitale alla scadenza”.23 Se il mutuocon interesse era considerato usura e quindi condannato dalla dottrinateologica della Chiesa come ogni contratto che avrebbe comportato unguadagno certo, altri strumenti creditizi erano attuabili lecitamente a pat-to che, almeno in linea teorica, ci fosse un rischio da parte del credito-re. Tra questi strumenti il più diffuso era il contratto di cambio: un tipodi operazione che vede un prestito concesso su di una piazza e in unavaluta, prestito che verrà restituito poi dal debitore in un’altra piazza econ un’altra valuta con un tasso di cambio prestabilito che nasconde l’in-teresse.24 Il godere di una buona fama presso gli altri mercanti, che nonvuol dire necessariamente godere di buona fama presso il resto della so-cietà, è quindi condicio sine qua non per operare sia in campo bancarioche mercantile.

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20 Ibidem.21 L. PALERMO, La banca e il credito nel Medioevo, Milano, B. Mondadori, 2008, p. 7.22 “Il prestatore ha fiducia (ed è questo, come è noto, il significato originario la-tino del termine credito)”: ivi, p. 8.23 DE ROOVER, Il banco Medici, cit., p. 13.24 Non è questo lo spazio per addentrarsi nelle complesse modalità con cui si èsviluppato questo strumento creditizio. Rimando, per chi volesse approfondirequesto argomento, ancora una volta al classico di DE ROOVER sul banco Medici,pp. 19-29, e, per una trattazione storiograficamente più aggiornata, a B. DEL BO,Banca e politica a Milano a metà Quattrocento, Roma, Viella, 2010, in particola-re al capitolo 2. Strumenti creditizi, circuiti finanziari e operatori, pp. 27-62; inun’ottica più manualistica rimando, infine, a PALERMO, La banca e il credito nel Me-dioevo, cit., pp. 30-32 e 137-143.

Pacioli dedica diverse pagine del suo trattato alle lettere di cambio eai vari tipi di cambio possibili, descrivendone tre in particolare: il cambiominuto o comune, il cambio reale e il cambio secco.25 Nell’in trodurre l’ar-gomento, il matematico toscano torna proprio sull’au r a negativa che cir-conda chi, nel corpo traficante, opera nel mercato del denaro: i detratto-ri infatti “mormorando a torto chiamano quelli che lo esercitano usurai epeggio che giudei”.26 L’autore però è perfettamente consapevole dell’im-portanza delle operazioni creditizie nell’economia del suo tempo, infattiprecisa subito che “tolto el cambio seria destructo el fondamento tutto delo hedificio mercantesco, sanza el quale non è possibile le republichemantenerse, né la vita humana substentarse”.27 Pacioli è conscio dellecomplicazioni etiche legate alle operazioni di cambio, nella sua argo-mentazione intende chiarire quali contratti siano leciti e quali illeciti28 eper farlo, oltre a ricorrere ad esempi concreti, cita direttamente - e connotevole precisione - i testi teologici che ne confermano la legittimità:29

Or tutti questi simili sono ditti cambi minuti over comuni da li sacri doc-tori in loro summe, commo hostiense,30 Monaldo,31 Raimondo,32 hasta-no de hasti,33 l’arcivescovo fiorentino34 in la sua 2a e 3a parte, e San To-

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25 PACIOLI, Summa, cit., cc. 168r-173v: Tractatus quartus none distincionis: Decambis seu cambitionibus.26 Ivi, c. 168r.27 Ibidem. È interessante notare come al sostentamento dell’uomo sia antepostala vita della Repubblica, ovvero della città, e delle istituzioni civili che ne regola-no il funzionamento. È quindi il caso di sottolineare ancora una volta il forte le-game con la città dei mercanti italiani del tardo Medioevo.28 Ibidem: “e però qui succintamente pur tuttavia delucidazione de le menti deli degni subditi de vostra ducale signoria aciò in tale errore non habino a inco-rere insiemi con l’altre parti ditte e che anche in questa nostra opera sanna direli modi de dicti cambi fra li mercatanti usitati intendo chiarire e aprirli qual sien-no liciti e comandati e quali inliciti e reprobati”. 29 Questo è uno dei passaggi dove l’intreccio di codici culturali diversi è più evidente,nelle stesse pagine si incontrano il campsor, il rationator e il magister theologiae.30 Il riferimento qui è a Enrico da Susa detto l’Ostiense (1210-1271), docente diDiritto canonico a Parigi e in Inghilterra, e alla sua Summa hostiensis.31 Monaldo, canonista minorita del XIII secolo, è autore della Summa monaldina.32 Raimondo di Penafort (1175-1275), anch’egli docente di Diritto, ma domenicano, èautore del Summa de poenitentia, raccolta di casi di coscienza ad uso dei confessori.33 Astesano da Asti fu un teologo francescano vissuto a cavallo tra XIII e XIV se-colo, autore della Summa de casibus conscientiae, opera strutturata secondo ilmodello della Summa di Raimondo di Penafort.34 Si tratta di Antonio Pierozzi (1389-1456), domenicano, vescovo di Firenze dal1446, autore di una Summa Theologiae e di una Summa confessionalis.

maso d’Aquino35 in la sua 2a.2a in la questione 77a articolo 4. E ancorael nostro sacro doctore Ricardo de Media Villa36 nel quarto de le sen-tentie: da li quali in substantia cavo la sentenza che qui diremo. Inqui-rendo questi de tal cambio s’el sia lecito o non, concludano che sì: maxi-me quando sia usitato per quelli che aciò sono usitati tenere el banco eche anno fatica e spesa per star al tuo servigio. E quel più che de loroprendano o vero meno che de le monete te danno li fia computato insuo sudore e spesa, sì che sia licito e permesso.37

È interessante notare come il progetto pedagogico del Pacioli si svi-luppi conciliando diversi codici culturali:38 se per operare correttamentein campo agricolo39 e immobiliare bisogna tener conto degli usi di ognicittà e secondo il bon iudicio dei teologi, i riferimenti utilizzati dall’auto-re per quanto riguarda gli scambi di merci e denaro sono i modi di direin uso presso i mercanti. Poche pagine prima dei riferimenti teologici ai

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35 Il passo citato è preso dalla Summa theologiae; la quaestio 77 della secundapars secundae partis introduce la trattazione delle frodi che possono avvenire ne-gli scambi, mentre è la quaestio seguente ad affrontare direttamente l’usura. Pro-prio in un passo di questa sezione il teologo spiega come un contratto tra mer-canti, non implicando il trasferimento del denaro, ma solo un investimento, pos-sa legittimamente consentire un ricavo al mutuante: ad quintum dicendum quodille qui mutuat pecuniam transfert dominium pecuniae in eum cui mutuat. Un-de ille cui pecunia mutuatur sub suo periculo tenet eam, et tenetur integre resti-tuere. Unde non debet amplius exigere ille qui mutuavit. Sed ille qui committit pe-cuniam suam vel mercatori vel artifici per modum societatis cuiusdam, non tran-sfert dominium pecuniae suae in illum, sed remanet eius, ita quod cum periculoipsius mercator de ea negotiatur vel artifex operatur. Et ideo licite potest partem lu-cri inde provenientis expetere, tanquam de re sua (IIa-IIae q. 78 a. 2 ad 5).36 Si tratta di Richard di Menneville, o di Middleton, teologo francescano del XIIIsecolo che studiò a Oxford e a Parigi, dove poi insegnò Teologia nel 1284 e nel1287 prima di diventare, pochi anni dopo, Superiore della provincia di Francia.Ringrazio Carla Casagrande per il prezioso aiuto che mi ha dato segnalandomi gliautori e le opere a cui Luca Pacioli fa riferimento in questo passo.37 PACIOLI, Summa, cit., c. 168v. 38 Il trattato sul cambio è preceduto da due trattati più brevi, uno sui contrattiagrari e gli affitti di immobili (ivi, c. 159r: Tractatus secundus none distinctionis.Sequitur de soccidis et domo rum a pensionibus) e uno sul baratto e sugli scam-bi commerciali (ivi, c. 161r: Tractatus tertius none distinctionis. Sequitur de ba-rattis sive commutationibus). Anche in questo caso Pacioli pone l’accento sull’e-sercizio virtuoso della mercatura e delle attività ad essa collaterali.39 Anche l’amministrazione della terra, il bene più sicuro su cui investire, unadelle più laudabili industrie, “non è da biasimare purché con debito modo seexerciti” (ivi, c. 159r.).

sacri doctori, volti a definire i limiti entro i quali il credito è legittimo,possiamo trovare questo sancto proverbio, dal carattere decisamente po-polare: “né per bo né per vacca non toglier donna matta”.40 In seguito,mentre viene esposta la composizione della lettera di cambio, leggiamo“però proverbialmente se dici: “l’è stato spaciato per littera de cambio:cioè con poche parolle e gran substantia’”.41 Tali modi di dire e di farenon possono essere trascurati perché espressione di una classe socialeche, nei decenni e nei secoli precedenti alla stesura di questo trattato, èal centro delle vicende politiche, economiche e sociali dell’Italia comu-nale, prima, e degli Stati regionali poi.

L’insistere del matematico toscano sulla legittimità di certe attività, seesercitate entro i limiti definiti dalla dottrina della Chiesa, non è solo untentativo di conciliare le posizioni dei teologi così lontane dalla praticaquotidiana della mercatura, ma risponde a una necessità di assoluzione ef-fettivamente sentita dai mercanti/banchieri medievali, sentimento che tro-va riscontro nei loro testamenti. Pacioli, quindi, fornisce al suo lettore glistrumenti e i riferimenti scritturali e teologici per poter commerciare sen-za che l’esercizio dell’arte mercantesca risulti pericoloso per l’anima.42

I capitoli che seguono quelli sul credito nella distinctio nona sono tra ipiù tecnici di questa sezione della Summa. Pacioli, con la consueta doviziadi rationes, spiega ai suoi lettori come calcolare l’interesse semplice (meri-

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40 Ivi, c. 161r. Questo proverbio invita il mercante alla prudenza, a non farsi il -ludere da affari che si prospettano troppo remunerativi o che comportino un gran-de guadagno immediato, ma impongano vincoli sconvenienti per il futuro: non ac-cettare in moglie una donna matta nemmeno in cambio di una grande dote.41 Ivi, c. 168v.42 Ancora una volta è esemplare quanto scritto da Raymond De Roover riguardoai Medici. Lo storico belga dedica significativamente al rapporto tra mercatura eteologia uno dei primi paragrafi dei capitoli introduttivi (II.1, La dottrina della Chie-sa sull’usura e il mondo degli affari, pp. 12-18) proprio perché la comprensionedell’etica e dell’idea di liceità che avevano i mercanti rinascimentali è fondamenta-le per comprendere le loro azioni: “sarebbe un errore credere che la dottrina sul-l’usura venisse semplicemente trascurata […] al contrario […] esercitò un’influenzaenorme”; “i banchieri medievali […] avrebbero potuto anche riconoscere la dub-biosa liceità di certe loro pratiche, ma non avrebbero mai ammesso d’essere usu-rai, e del resto nemmeno pubblicamente erano ritenuti tali. I teologi più rigorosiavrebbero potuto tuttavia avanzare qualche riserva; ma l’opinione dei teologi nonconcordava necessariamente con quella degli uomini d’affari”; DE ROOVER, Il bancoMedici, cit., p. 12. Per un interessante ed aggiornato confronto tra storici del pen-siero, dell’economia e del diritto sul tema del credito rimando a Credito e usura frateologi, diritto e amministrazione. Linguaggi a confronto (sec. XII-XVI), a cura diD. QUAGLIONI, G. TODESCHINI, G. M. VARANINI, Roma, École Française de Rome, 2005.

to semplice nel linguaggio mercantesco medievale),43 l’in teresse composito(merito a capo d’anno),44 lo sconto, la chiusura di un bilancio (saldare unaragione).45 Questi capitoli sono l’introduzione a uno dei trattati per cui laSumma è celebre, quello che per la prima volta descrive in modo compiu-to l’uso della partita doppia:46 il Tractatus de computis et scripturis.

PECUNIA NUMERATA, PROMPTO COMPUTISTA E BELLO ORDINE: LE COMPETENZE TECNI-CHE DEL MERCANTE

Nell’incipit del trattato, in cui Luca Pacioli si rivolge direttamente aldedicatario, sono definite le tre caratteristiche che “maxime sonno op-portune a chi vole con debita diligentia mercantare”: la prima “è la pe-cunia numerata e ogni altra facultà stantiale […] senza el cui suffragio malsi pò el manegio traficante esercitare”, la seconda è che il mercante “siabuon ragioniere e prompto computista”, la terza ed ultima “che con bel-lo ordine tutte sue facende debitamente disponga”.47

Per esercitare la mercatura è necessaria una grande disponibilità di de-naro contante o di altri beni che possano garantire il credito,48 ma senza

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43 PACIOLI, Summa, cit., c. 173v. 44 Ivi, c. 174r. 45 Cfr. V. VIANELLO, Luca Paciolo nella storia della ragioneria con documenti ine-diti, Messina, Libreria Internazionale Trimarchi, 1896.46 Nella Summa i due trattati sono divisi da un lungo capitolo dedicato al coniodelle monete, argomento molto importante per le attività dei mercanti: la capa-cità di legare i metalli è fondamentale per chi dovrà valutare, vendere e compra-re gioielli, così come per chi dovrà commerciare in denaro e valutare il valorereale dei metalli preziosi utilizzato nel conio. Non è per caso, ad esempio, checome supervisore alla zecca di Milano si trovi nel 1474 Gabriele Pirovano, mae-stro della scuola d’abaco del comune (scuola che ha sede proprio in una stanzapresso la tesoreria cittadina nel palazzo dell’Arengo); cfr. SANTORO, Gli offici deldominio sforzesco (1450-1500), cit., p. 169. Sul legame tra trattatistica d’abaco enumismatica rimando a L. TRAVAINI, Monete, mercanti e matematica, Roma, Jou-vence, 2003 e a R. FRANCI, Trattatistica d’abaco e numismatica. Un caso esempla-re: il trattato del senese Tommaso della Gazzaia. Ms. C. III. 23 della Biblioteca Co-munale degl’Intronati di Siena, in “Bollettino di Storia delle Scienze Matemati-che”, vol. 27 (2007), fasc. 2, pp. 315-336.47 PACIOLI, Summa, c. 198v.48 L’autore ribadisce comunque che operando onestamente e grazie al credito,che lungi dall’essere condannato viene considerato un mezzo di promozione so-ciale, chiunque abbia la virtù necessaria possa ottenere enormi ricchezze dalcommercio: “Avenga che molti già nudi con bona fede commenzando, de granfacende habino fatto. E mediante lo credito fedelmente servato in magne richez-ze sienno pervenuti”; ibidem.

le due virtù che seguono - le conoscenze matematiche e il rigore nel-l’organizzazione dei libri mercantili - la sola disponibilità finanziaria nonbasta. Nel definire gli strumenti ragionieristici necessari per l’amministra-zione di una società mercantile/bancaria, Pacioli offre un esempio moltochiaro del livello di professionalità raggiunto già a partire dal XIV secolodai mercanti italiani. Ritornano alla mente di chi legge le parole di Sapo-ri sulla volontà di chiarezza e ordine che caratterizza i libri contabili dalui analizzati. L’ordine nella redazione dei libri è indispensabile “perchéal mercatante non possano mai le cose essere troppo chiare per l’infiniticasi che nel trafico possano occorrere commo a la giornata sa chi in es-so se exercita”:49 l’articolazione delle attività di un mercante (che vannodal commercio dei beni più vari al mercato del denaro), i suoi beni mo-bili ed immobili così importanti per garantire i creditori, le partecipazio-ni a società e gli investimenti devono essere accuratamente registrati suilibri per evitare errori e frodi (ma in fondo anche per frodare, per quan-to sull’illecito cada la condanna del Pacioli).50

Prima di esporre “l’ordine a sapere ben tenere un quaderno con suogiornale in Vinegia”,51 Pacioli si sofferma su una serie di precetti moralie di condotta necessari per il successo di un mercante. Ancora una vol-ta fa ricorso a proverbi e detti popolari legati alla mercatura o adottati dachi l’esercita. Il mercante deve essere sempre attento e seguire il più pos-sibile tutte le sue attività:

asimiglia el mercatante al gallo, quale è fra gli altri el più vigilante ani-male che sia: e d’inverno e di state fa le sue noturne vigilie che mai peralcun tempo resta. Avenga che de filomena se dica: cioè del rosignolo chetutta la nocte canti, non di meno questo si pò destare al caldo tempo ve-rificare, ma non d’inverno commo la experienza e impronto a dimostrar-lo. E anche sia sigliata la sua testa a una che habia cento ochi che an-chora non li sonno bastanti, né in dir né in fare. Le qual cose solo le di-ca chi le prova. […] Norma e regola d’ogni partito ch’al bisogno aprenders’abia si ché ben dicano le leggi municipali vide licet vigilantibus et nondormentibus iura subveniunt: cioè a chi veglia e non a chi dorme le leg-gi sovengano. E così ne li divini offici si canta de la sancta chiesa che idioa li vigilanti ha promesso la corona. E però questo fo el documento diVirgilio dato a Dante commo a suo figliolo, quando nel capitolo 24 de loInferno li dici exortandolo a la fatiga per la quale al monte de le virtù sepervene: “ormai convien figliuolo che tu te spoltri” disse el maestro mioche pur in piuma. “in fama non si vien ne sotto coltre. Sotto la qual chisua vita costuma. Cotal vestigio di sé in terra lascia qual fiume in aire e

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49 PACIOLI, Summa, c. 199v.50 È comune che, ad esempio per ragioni fiscali, i mastri fossero falsificati e ilvolume degli affari ridotto; cfr. DE ROOVER, Il banco Medici, cit., pp. 35-36.51 PACIOLI, Summa, c. 199r.

in aqua la schiuma” et cetera.52 E un altro volgar poeta del medesimo ciconforta dicendo “non te para strania la fatiga che marte non concese maibataglia a quelli che possando se nutrica” et vetera. Lo exemplo ancoradel sapiente molto fo a ciò conveniente, dicendo al pigro che si spec-chiasse nella formica. E Paulo apostolo dici che niun sirà degno de coro-na salvo che ch harà legittimamente combatuto et cetera.53

Questo ampio passaggio, in cui Luca Pacioli insiste sull’attenzione co-stante del suo lettore con citazioni dantesche, scritturali e popolari, è po-sto prima della trattazione delle scritture mercantili e della partita dop-pia (argomento più complesso e di maggiore importanza per l’ammini-strazione di un’impresa commerciale).54 L’autore richiama il suo pubbli-co alla massima concentrazione, perché sia nello studio sia nell’applica-zione l’insegnamento che verrà impartito dovrà essere osservato con ilmassimo rigore.

Quanto segue è il primo tentativo di sistematizzazione teorica di un sa-pere che, ormai da almeno due secoli, era una pratica comune tra i mer-canti italiani. Pacioli abbandona l’empiricità ed espone ogni aspetto delleregistrazioni mercantili (l’inventario, il memoriale, il giornale e il mastro),secondo una logica rigorosamente ordinata ed esemplare, che affonda leradici nella sua esperienza di insegnamento nella Serenissima.55 Nell’in-ventariare i propri beni il mercante dovrà partire da quelli mobili, quindiil denaro, per poi registrare quelli immobili, come le case o le terre, pas-sando per i beni di lusso quali gioielli o stoffe preziose, per chiudere, in-fine, con i debiti e i crediti.

Gli altri libri di cui Pacioli descrive la corretta redazione servono almercante per mantenere costantemente controllate le proprie attività.

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52 D. ALIGHIERI, Inf. XXIV 46-52: “Omai convien che tu così ti spoltre”, / disse ’lmaestro; “ché, seggendo in piuma, / in fama non si vien, né sotto coltre; / san-za la qual chi sua vita consuma, / cotal vestigio in terra di sé lascia, / qual fum-mo in aere e in acqua la schiuma”.53 PACIOLI, Summa, c. 199v.54 Adriano Ciani, con un’attualizzazione forse un po’ forzata ma sicuramente ef-ficace, scrive riguardo a questo passaggio: “Il concetto del Monitoring Continuoodierno sembra essere la traduzione ai tempi nostri di come deve agire l’im-prenditore”; cfr. A. CIANI, Luca Pacioli e la matematica nel Tractatus de computiset scripturis, in Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, a cura di GIUSTI,cit., pp. 141-168, p. 153.55 PACIOLI, Summa, c. 198v: “e servaremo in esso el modo de Vinegia, quale cer-tamente fra gli altri è molto da commendare. E mediante quello in ogni altro luo-go se porrà guidare”. Luca Pacioli fu precettore dei figli di Antonio Rompiasi,mercante veneziano, nella seconda metà degli anni Sessanta del Quattrocento.Cfr. JAYAWARDENE, Towards a biography of Luca Pacioli, cit., p. 20.

Ognuno ha funzioni, modalità e tempi di compilazione diversi, ma tuttidevono contenere le stesse informazioni sugli scambi commerciali effet-tuati, in modo da permettere una verifica accurata e rapida mediante unaserie di corrispondenze che consentono di recuperare le partite in ogniregistro. Inoltre a partire dalla prima metà del XIII secolo il documentomercantile, che sia un contratto stipulato senza l’intervento di un notaioo un bilancio, assume un valore probatorio:56 Pacioli, conscio dell’im-portanza e della pubblica fides che tale documentazione deve avere, nonmanca di sottolineare quanto sia importante una buona registrazione diogni singolo passaggio economico dell’azienda.57 Proprio il valore pro-batorio che i documenti mercantili assumono tra il Tre e il Quattrocentoporta a una progressiva uniformazione dei caratteri estrinseci delle scrit-ture, contabili, contrattuali o epistolari che siano, che permette al Pacioliuna trattazione sistematica e scientifica degli usi di mercatura.

Il memoriale deve essere costantemente aggiornato riguardo “tutte fac-cende […] piccole o grandi che a man li vengano, o giorno per giorno eora per ora”,58 per questo può essere redatto anche da fattori, garzoni e“le donne (se sanno) in absenza l’un de l’altro”.59

Con cadenza almeno settimanale deve essere compilato il giornale, incui devono essere riportate le transazioni annotate nel memoriale, ma inmodo più sintetico. Essendo il libro secreto del mercante, questi potrà an-notare anche informazioni riguardo alle partite e alle proprie disponibiltà

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56 “Già a partire dal primo Trecento in area toscana, alcune forme contrattuali siconfigureranno come private, prodotte dal mercante, espresse perlopiù in formavolgare […], al diplomatista non resterà che seguire le linee di sviluppo di un pro-cesso che verrà estendendo la publica fides alla private scritture mercantili”; M.CALLERI, D. PUNCH, Il documento commerciale in area mediterranea, in Il docu-mento commerciale in area mediterranea, in Libri, documenti, epigrafi medieva-li: possibilità di studi comparativi, Atti del Convegno Internazionale dell’As so cia -zio ne Italiana dei Paleografi e Diplomatisti (Bari, 2-5 ottobre 2000), Spoleto, Cen-tro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 2002, pp. 273-376, citazione a p. 277. Ri-mando anche a questo saggio per un’esaustiva trattazione storico/diplomatisticadella grande varietà di scritture contrattuali legate all’esercizio della mercatura.57 Sul valore probatorio dei documenti mercantili si veda U. TUCCI, Il documen-to del mercante, in Civiltà Comunale: Libro, Scrittura, Documento. Atti del Con-vegno, Genova, 8-11 novembre 1988, a cura della SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA,Genova, 1989, pp. 543-565, in particolare per quanto riguarda i registri e i libricontabili rimando a pp. 553-556, ove Ugo Tucci non manca di citare Baldo degliUbaldi e il suo Tractatus solemnis de Constitutio in cui scrive che il codex ratio-num è quemadmodum liber authenticus publicus, quia mercatores gerunt quasipublice officium et tunc huic libro creditur quasi publicae scripturae.58 PACIOLI, Summa, c. 200r. 59 Ibidem.

60 CIOCCI, Luca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Rinascimento, cit.,p. 232. Rimando a queste pagine della monografia di Ciocci per una trattazionepiù ampia e dettagliata di questi capitoli dell’opera di Luca Pacioli.61 Le spese mercantesche, come spiega Pacioli poche righe dopo, sono quellespese, poco incisive ma molto frequenti, che sono legate all’attività mercantile eche conviene registrare insieme come il pagamento di fachini, pesadori, legatori,barca e bastagi. PACIOLI, Summa, c. 205r.62 Ibidem.63 Ibidem: “e quando così le trovassi seria errore nel libro e però in memorialeel dirai così: in questo dì habian pagato abastasi barcaroli, ligadori, pesadori etcetera che carcaro e scarcaro et cetera, le tali cose et cetera, ducati tanti et cete-ra. Poi in lo giornale converrà dir così: per sese de mercantie: a cassa contantiper barche e bastagi, corde e ligatori de le tal cose in tutto ducati tanti et cetera,val lire, soldi grossi, picioli. In lo quaderno dirai così: spesi de mercantia dien da-re a dì tanti per cassa et cetera”.

di cui i suoi collaboratori non sono a conoscenza. È fondamentale che lepartite segnate nel quaderno portino il riferimento che permetta di rin-venirle nel memoriale, ovvero l’anno (il millesimo) e la lettera dell’alfa-beto che era usata per contrassegnare ogni singolo registro memoriale.Nel giornale le partite vengono inoltre sistemate secondo i termini di Per,che indica il debitore, e A, che indica il creditore: “la registrazione sulgiornale è quindi più ordinata e tecnicamente più precisa di quanto nonaccade sul memoriale”.60

Nel terzo libro, il mastro o quaderno, le voci già segnate per debito ecredito nel giornale devono essere ordinate per mercanzia e ditta. Ognipartita avrà i rimandi alle rispettive registrazioni del memoriale e del gior-nale. Anche qui le voci andranno registrate per dare ed avere, ad ogniinserimento la partita corrispondente del quaderno andrà depennata.

Pacioli è molto rigoroso e preciso nella trattazione e si dilunga in al-cuni capitoli sul metodo più corretto per la registrazione delle partite neilibri. Non si deve tralasciare nulla della vita del mercante:

oltra tutte le cose ditte te convene havere in tutti toi libri queste partite,cioè spesi de mercantia,61 spesi de casa ordinarie, spese straordinarie,una de intrata e uscita e una de pro e danno, […] le quali partite sonosummamente necessarie in ogni corpo mercantesco per poter cognosce-re suo capitale e a la fine nel saldo comme getta el trafico.62

Questa voce in uscita nel quaderno e nel giornale non ha una regi-strazione puntuale; è solo una partita in dare che cresce con il tempo.Per valutare l’ammontare di queste spese con precisione è necessario ilmemoriale in cui viene appuntata ogni attività, seppur minima.63 L’auto-re continua spiegando come annotare in forma di partite nel mastro e nel

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giornale le quote di capitale depositate nei banchi, le spese straordinarie,i viaggi.

La registrazione così effettuata non solo permetterà a chi deve am-ministrare un’articolata rete di attività mercantili, bancarie e manifatturie-re di valutare lo stato dei suoi affari fino al minimo dettaglio, ma sarà lostrumento attraverso il quale valutare profitti e perdite al momento del-la chiusura del quaderno. Se al confronto tra il mastro e il giornale nonsaranno trovate discrepanze potranno essere calcolati gli utili o le perdi-te da sommare o sottrarre al capitale iniziale per poter riaprire un altromastro.

Il rigore della registrazione e le abilità matematiche descritte da Pa-cioli non sono il risultato del solo apprendimento, ma sono affinate ne-gli anni dai mercanti che le esercitano in un processo di formazione con-tinua, assolutamente assimilabile a quello che caratterizza le professionicomunemente definite “forti” o “ordinistiche”.64 Pacioli è conscio di quan-to la preparazione teorica non sia sufficiente alla formazione di un mer-cante, vista l’imprevedibilità delle situazioni che si troverà ad affrontare.In una dinamica non distante da quella tra virtù e fortuna, descritta daMachiavelli nel Principe, il mercante deve avere la capacità di confron-tarsi con avversità impossibili da prevedere. Scrive, infatti, in una delle ul-time pagine dell’undicesimo trattato della nona distinzione:

non è possibile a pieno de tutto a ponto per ponto in mercantia da-re norma e notitia, peroché altre volte s’è ditto “vol più ponti a fareuno mercatante che un dottore de leggi” […]. Cose che fin’ora sonnodette se ben la prendarai sono certo in tutte tue facende ben te reg-giarai mediante el tuo peregrino ingengo [sic].65

L’ORGANIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO: LE SCRITTURE PUBBLICHE E PRIVATE

L’opera di Pacioli copre gli aspetti etici, quelli morali e tecnici del-l’attività mercantile e non manca di fissare con disciplina anche moltiaspetti pratici della vita di un mercator sia legati alla sua bottega che alsuo quotidiano. Quando Francesco Senatore definisce il mondo politicoe diplomatico italiano del Quattrocento uno mundo de carta66 fa riferi-

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64 Cfr. E. BECCHI, M. FERRARI, Professioni, professionisti, professionalizzare: storiedi formazione, in Formare alle professioni. Sacerdoti, principi, educatori, a curadi E. BECCHI, M. FERRARI, Milano, FrancoAngeli, 2009, pp. 7-27, p. 24.65 PACIOLI, Summa, c. 209v.66 F. SENATORE, “Uno mundo de carta”. Forme e strutture della diplomazia sforze-sca, Napoli, Liguori, 1998.

mento all’importanza che la lettera scritta ricopre nella politica e nella di-plomazia degli stati regionali italiani nella seconda metà del secolo.Ugualmente le missive in entrata e in uscita sono essenziali per l’ammi-nistrazione di una società mercantile/bancaria nel XV secolo: un grandebanco con sedi in tutta Europa come il banco Medici viene costante-mente aggiornato dai suoi agenti così come da terzi sulle condizioni del-le economie locali, sul corso del denaro, sui valori delle merci. Questocarteggio ha una grande importanza perché è attraverso queste informa-zioni che, ad esempio, si può fissare un tasso di cambio favorevole inun contratto con un creditore: “perché el scrivere sempre è buono”.67 Ilmetodo di archiviazione delle carte descritto da Pacioli non differisce dimolto da quello secondo cui è ordinato un archivio della cancelleria diuno Stato italiano. Le missive in entrata devono essere raccolte in bustesecondo un ordine topico, quindi, a seconda della località di prove-nienza, e cronologico.68 Ogni mese queste vanno messe in filza e rac-colte in uno spazio diverso, e ogni anno queste filze devono essere ar-chiviate in un armadio. Le missive in uscita invece devono venire ripor-tate in un registro, in breve quelle meno importanti, in modo estesoquelle più importanti.69 Un rimando a questi registri deve essere messosulle lettere a cui rispondono, in modo da poter ricostruire rapidamenteil carteggio tra filze e registri in caso di necessità.

La lettera di un mercante ha caratteristiche estrinseche ben precise,ben descritte dal Pacioli:

sempre si deve porre il millesimo, el dì e luogo el nome tuo el qual no-

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67 PACIOLI, Summa, c. 209r. A riguardo, sebbene con un fuoco puntato sul seco-lo precedente, si veda L. FRANGIONI, Il carteggio commerciale della fine del XIV se-colo: layout e contenuto economico, in “Reti Medievali Rivista”, 10 (2009), I con-fini della lettera. Pratiche epistolari e reti di comunicazione nell’Italia tardome-dievale (atti della giornata di studi, Isernia, 9 maggio 2008), a cura di I. LAZZARI-NI, reperibile sul portale http://www.retimedievali.it: “si scrive molto, moltissimo:sono insistenti e ripetitive le esortazioni a scrivere, scrivere per ogni corriere di-sponibile: non vi pesi la penna! […] perché conoscere il mercato prima e megliodi altri concorrenti significa poterlo dominare”.68 PACIOLI, Summa, c. 209r: “e quando voi alcuna littera a qual ricorri, haverai intuo studio, overo scritoio, una tassca [sic] ne la quale reporrai littere che li amicite dessero che tu con le tuoi mandasse a lora se dici che la mandi a Roma, met-tila in tasca di Roma, e se a Firenza in quella de Firenza et cetera”.69 PACIOLI, Summa, c. 209r: “unde è ancora da notare che quando le littere chetu mandi fossero de importanza qualle tale se volgiano prima registrarle in un li-bro da parte solo a questo deputato. Nel quale registro si deve ponere la litterade verbo ad verbum s’ella sia de grande importantia come sonno le littere decambio o de robe mandate o de et cetera”.

me si costuma metterlo a pede a man de dextra de la littera in un can-done el millesimo come lo dì e luogo fra mercanti se usa ponere di so-pra nel principio della littera, ma prima a modo bon christiano haraisempre a mente de ponere el glorioso nome de nostra salute, cioè eldoci nome de Iesu, overo in suo scambio la figura de la sacra croci, nelcui nome sempre tutte le nostre operationi debano essere principiate.70

Le scritture d’affari o familiari possono essere conservate, secondo ilfrate di Sansepolcro, “in uno armaro o sularetto securo […] aciò possi piùpresto a tue occurenze retrovarle”,71 mentre altri tipi di documenti, il cuivalore dal punto di vista amministrativo, legale ed economico è decisa-mente maggiore, vanno invece conservati “in un altro luogo più secretocome son cassi e scatole private”:72 le promesse di pagamento dei debi-tori, le quietanze, le note dei sensali di cambio, le bollette delle dogane,le sentenze dei giudici, le missive inviate dagli officiali dello stato, gli in-strumenti de notari in pergamena sono documenti troppo preziosi, espesso troppo costosi o redditizi, per poterli perdere o danneggiare. L’or-dine delle scritture si trasforma quindi in ordine dello spazio di lavoro,spazio regolato da una logica che l’autore vuole rigorosa ed efficiente.

LE RECORDANZE

L’abitudine alla scrittura e alla lettura ricopre un’importanza fonda-mentale nella buona riuscita degli affari ed è uno degli elementi del suc-cesso delle grandi compagnie italiane già dal XIV secolo.

La pratica della scrittura per il mercante non si conclude però con i li-bri mercanteschi e le scritture familiari o d’affari: secondo quanto consigliail Pacioli ogni sera, nanze vadi a dormire, “è buono avere un libro sepa-rato per li recordi che chiamerai recordanze”.73 Questo libro serve per po-ter ricordare affari da concludere o affinare il giorno seguente, ma nellapratica diventano dei veri e propri diari che riguardano il mercante e i suoiparenti, amici e vicini. Questo uso, consolidandosi nel tempo e in alcunicasi, ha dato vita a vere e proprie opere letterarie: i libri di famiglia.74

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70 Ibidem.71 Ibidem.72 Ibidem. 73 Ibidem.74 È opportuno fare una distinzione tra libri di ricordanze e libri di famiglia chedei primi sono un’evoluzione. Come scrive Giovanni Cherubini: “mi sembra cheil senso della tradizione familiare richiamato come elemento primario sotteso aquesti libri sia più un punto di arrivo che un punto di partenza”; CHERUBINI, I “li-bri di ricordanze” come fonte storica, in Civiltà comunale: Libro, Scrittura, Do-cumento, cit., pp. 567-591, p. 567.

Tali scritture nascono infatti senza pretese di valore letterario, ma,esattamente come scrive Pacioli, per poter ricordare “de le cose che du-bitasse non recordare che te porien tornar danno”. Tutto ciò resta co-munque un tipo di pratica scrittoria parallelo a quello della registrazionemercantile, in cui il mercante è più libero da un punto di vista stilisticoe contenutistico: in questo parallelismo c’è quindi una continuità nellapratica di scrivere che passa dal pubblico del documento ufficiale al pri-vato di una tipologia documentaria che, a partire dal XIV secolo, iniziagià a presentare una precisa volontà di tramandare agli eredi ricordi dieventi politici, nozioni, imperativi morali, pedagogici e professionali, le-gami clientelari, famigliari e di amicizia.75 Il matrimonio, i legami relazio-nali e politici, infatti, influiscono sugli affari e, per quanto afferenti ad unasfera evidentemente privata, non possono non essere contemplati nellagestione dell’azienda mercantile. Il passaggio dalle ricordanze, dovere delbuon mercante, al libro di famiglia è inoltre legato al semplice piacere discrivere di chi, per mestiere, deve “sempre avere le mani tinte d’inchio-stro”,76 lasciando a noi, oltre che ai diretti discendenti, una fonte prezio-sissima che “ci consente di scendere sulle piazze e nei fondaci e di spo-starci in campagna fra contadini, animali e piante, ma anche di penetra-re all’in ter no delle abitazioni per conoscere chi le abita, immaginarlo nel -l’u na o nel l’altra stanza; di frugare nei cassoni, di entrare nelle cucine”.77

Un uso della scrittura così diffuso e non solo nelle grandi famiglie mer-cantili porta Ugo Tucci a sostenere “che la generalità dei mercanti aves-se una buona dimestichezza con la penna. Se presso gli artigiani il gra-

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75 Basta infatti osservare i titoli dei Libri della famiglia di Leon Battista Alberti,uno dei risultati letterari più alti delle ricordanze che si fanno libri di famiglia nel-la seconda metà del XV secolo, per comprendere quali siano gli argomenti cheanimano questi documenti: Liber primus familie: de officio senum erga iuvenes etminorum erga maiores et de educandis liberis; Liber secundus de familia: de reuxoria; Liber tertius familie: economicus; Liber quartus familie: de amicitia. Èpossibile consultare on line l’edizione integrale dei Libri della famiglia curata daR. ROMANO, A. TENENTI e F. FURLAN, edita da Einaudi: http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_3/t49.pdf.76 Ivi, p. 218. Descrive bene questa passione Christiane Klapisch-Zuber: “nellacosiddetta letteratura di famiglia che i Fiorentini nei secoli XIV-XVI ci hanno la-sciato in grande abbondanza, opera una memoria in grado di interrogare il pas-sato più lontano della famiglia, pur accostandolo in modo spesso incongruo conla registrazione di notizie di una banale quotidianità. Con una sollecitudine a vol-te perfino ossessiva, la borghesia mercantile di Firenze si dedica in effetti, dopogli anni 1350, alla memoria delle proprie origini”, C. KLAPISCH-ZUBER, La famigliae le donne nel Rinascimento a Firenze, Roma-Bari, Laterza, 1988, p. 4.77 CHERUBINI, I “libri di ricordanze” come fonte storica, cit., p. 574.

do di alfabetismo era variabile […] e normalmente non molto diffuso,presso i mercanti era invece totale”.78

La scrittura quotidiana risponde a una necessità fortemente sentita nel-le élites sociali del Quattrocento italiano, tanto da portare alcuni studiosi adefinire il costante scambio epistolare tra famigliari come ossessione infor-mativa. Nel caso dei mercanti, che comunque costruiscono per ragionid’affari una fitta rete epistolare, la redazione di questi diari è a uso e con-sumo dei propri discendenti. Lo spirito non è dissimile da quello che spin-geva anche nei secoli precedenti i notai, l’altra categoria laica e professio-nale che negli ultimi secoli del Medioevo padroneggiava l’arte di scrivereper far di conto e per rendere conto, ad annotare tra le imbreviature degliatti brevi note autobiografiche, quando non addirittura storiografiche. L’in -trec cio tra queste due categorie nell’uso della scrittura presenta molti spun-ti interessanti: per entrambe lo scrivere è talmente importante che oggi de-finiamo le grafie utilizzate proprio come notarile e mercantesca.79

“LE MANI TINTE D’INCHIOSTRO”

Lo sviluppo attraverso i secoli di una grafia professionale condivisa sututto il territorio italiano è forse uno degli elementi che più di ogni altrorende chiaro quanto lo scrivere in un mondo come quello della merca-tura nel Rinascimento sia vitale. Le mani tinte d’inchiostro, per riprende-re l’espressione di Leon Battista Alberti, sono quelle “del mercatante ed’ogni mestiere, quale abbia a tramare con più persone, sempre scrivereogni cosa, ogni contratto, ogni entrata e uscita fuori di bottega, e cosìspesso tutto rivedendo quasi sempre avere la penna in mano”.80 Tra glialtri mestieri sottointesi dall’Alberti c’è anche quello di politico, dato che

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78 TUCCI, Il documento del mercante, cit., pp. 544-545.79 Armando Petrucci, nel suo noto studio sulla pizzicheria di Maddalena, ci per-mette di comprendere quanto fosse socialmente diffusa la grafia mercantesca neiprimi decenni del XVI secolo. Questa si estendeva ben al di là dei rappresentan-ti delle ditte commerciali che “presentano un quadro piuttosto omogeneo di cul-tura grafica […]. Anche gli artigiani e i bottegai […] adoperano la mercantesca,ma ad un livello più basso, come capacità grafica, degli operatori delle ditte”; A.PETRUCCI, Per la storia dell’alfabetismo e della cultura scritta: metodi - materiali -quesiti, in “Quaderni storici”, 13, 1978, n. 38; Alfabetismo e cultura scritta, a cu-ra di A. BARTOLI LANGELI, A. PETRUCCI, cit., pp. 451-465, pp. 456-457. Si veda an-che A. PETRUCCI, Scrittura, alfabetismo ed educazione grafica nella Roma del pri-mo Cinquecento: da un libretto di conti di Maddalena pizzicarola in Trastevere,in “Scrittura e Civiltà”, 2 (1978), pp. 163-207.80 ALBERTI, Libri di famiglia, cit., p. 218.

la massima riportata è attribuita al padre Benedetto, mercante e “uomo[…] in reggere la repubblica prudentissimo”.81 Per riprendere i temi espo-sti da Monica Ferrari nel saggio che introduce questo dittico, la scritturasi rivela ancora uno strumento di controllo: controllo delle attività dell’a-zienda, costantemente annotate sui libri appositamente redatti per con-sentire confronti serrati di ogni voce di entrata e uscita, controllo del mer-cato, attraverso la fitta rete epistolare con le piazze di tutta Europa, con-trollo, infine, di se stessi grazie alle scritture autobiografiche che diventa-no poi esempio per le generazioni a venire. Come testimonia il passag-gio dell’Alberti, nelle Repubbliche nate dall’esperienza comunale nell’Ita-lia centro settentrionale questo controllo si estende dalla persona, dallafamiglia fino alla società politica cittadina.82

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81 Ibidem.82 Sul ruolo della scrittura nei rapporti di forza cfr. L. GODART, L’invenzione del-la scrittura. Dal Nilo alla Grecia, Torino, Einaudi, 2011, pp. 142-143.