f. manzari, miniatori napoletani e dell’italia centrale del trecento nei frammenti di corali...

25
RIVISTA DI STORIA DELLA MINIATURA 14 2010 Centro Di

Upload: camiz

Post on 02-Mar-2023

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

R I V I S T A D I

S T O R I A D E L L A

M IN IATURA14

2010

Centro Di

Sommario

Tavole a colori

Giovanni GasbarriCristo al tempio, Lazzaro, ilformicaleone. Osservazioni iconografichesu alcune miniature dell’Athen. Gr. 211

Gaia E. Unfer VerreUn contributo alla storia della miniaturaa Montecassino nel XII secolo.La Bibbia di Ferro

Ekaterina ZolotovaUna Bibbia bolognese del XIII secolonella Biblioteca Statale Russa.Iconografia e attribuzione

Arianna D’OttoneIl manoscritto Vaticano arabo 368,Ḥadīt Bayāḍ wa Riyāḍ. Il codice, il testo,le immagini

Anna ZakharovaOn Some Peculiarities in the Iconographyof Miniatures in the Lectionaryof Trebizond

Paolo CovaNuovi studi sulla miniatura dellematricole e degli statuti delle confraternitemedievali bolognesi

Eulalia Ramos RubertA Historical Overview of the SalernoExultet and Its Conservation

Francesca ManzariMiniatori napoletani e dell’Italia centralenei frammenti di corali certosini del XIVsecolo raccolti da Vittorio Giovardi

Luciana MocciolaGiovanna II d’Angiò Durazzoe il ‘Codice di Santa Marta’

Joanne Filippone OvertyReconstructing the Monastic Choir Booksof San Sisto in Piacenza

Javier del Barco, Laurent HéricherL’art de la micrographie hébraïqueen Espagne à la fin du XVe siècle

Manuela BartolottiGiulio Clovio e la traduzione a stampa.Miniature e incisioni dal Fondo Ortallidi Parma

Recensionia cura di Giuseppa Z. Zanichelli

Miniatura on-linea cura di Federica Toniolo

9

17

32

44

55

71

81

98

116

139

151

163

174

189

214

116

Questo contributo intende prendere in esameuna straordinaria raccolta di miniature stacca-te, provenienti da libri liturgici certosini, oggiconservata a Veroli (Biblioteca Giovardiana,ms 10). Oltre a documentare un caso di colle-zionismo di miniature molto precoce, in quan-to i fogli furono acquistati da Vittorio Giovar-di nella prima metà del Settecento1, tale mate-riale consente di gettare luce su ben quattrobotteghe poco note, attive a Napoli nei decen-ni centrali del Trecento.Ho in parte già affrontato, in passato, l’esamedelle prime due équipe2, che operano neglianni sessanta, mentre le altre due sono finorarimaste praticamente sconosciute. È ipotizza-bile che anch’esse abbiano lavorato insieme,nella Napoli angioina, negli anni precedentialla metà del secolo. Ad uno dei miniatori pre-senti in questi frammenti, inoltre, si può attri-buire una parte di un altro codice poco cono-sciuto (Roma, Biblioteca Casanatense, ms970), delineando così i tratti principali di unanuova bottega attiva a Napoli, verosimilmentedi cultura abruzzese.Si può, infine, ipotizzare che i frammenti dicorali provengano dal corredo liturgico musi-cale realizzato per la Certosa di San Martino aNapoli entro la data di consacrazione dellachiesa, avvenuta nel 13683. La grande quantitàdi materiali che il finora trascurato codice diVeroli aggiunge alla conoscenza della minia-tura centromeridionale mette in evidenzaquale lacuna vastissima sia stata provocatadalla dispersione del patrimonio librario litur-gico napoletano e quali novità possano inveceemergere dalla sua riscoperta.

La circolazione di miniature staccate nellaRoma del SettecentoIl ms. 10 è un codice fattizio, costituito da unaraccolta di fogli staccati, assemblati a formareun volume nel XVIII secolo, dopo essere stati

acquistati a Roma da Vittorio Giovardi nel17264.Giovardi, membro dell’Arcadia e in rapporticon i più importanti eruditi ed antiquari del-l’epoca, come Francesco Bianchini, France-sco Vettori, Angelo Maria Bandini, MarioGuarnacci, Giuseppe Garampi e Anton Fran-cesco Gori, raccolse attraverso eredità eacquisti personali l’importante collezioneall’origine della Biblioteca Giovardiana, inau-gurata nel 1773 come prima biblioteca pubbli-ca del Lazio meridionale5.Già negli anni venti del Settecento egli dimo-stra un notevole interesse per l’acquisto diopere manoscritte, ma tale interesse sembrapiuttosto rivolto ai testi, come nel caso delGiovardiano 1, un codice del XII secolo congli Acta passionis et translationis di san Mer-curio, proveniente da Santa Sofia a Beneven-to ed acquistato nel 1724 dal libraio romanoGaetano Piancastelli. Giovardi utilizza ilmanoscritto per l’edizione del testo della vitadel santo, pubblicata nel 17306, e per illustra-re tale volume commissiona all’amico arcadeGirolamo Odam, erudito disegnatore di anti-chità, alcune incisioni tratte dalle miniaturedel codice medievale7.Le miniature degli Acta suscitano dunque inGiovardi un interesse di tipo antiquario, lega-to alle informazioni storiche desumibili dalleiconografie8; tale approccio appare del tutto inlinea con i più aggiornati studi filologici ederuditi del momento, largamente diffusisoprattutto in Francia dai Maurini e dai Bol-landisti9, ma vivi a Roma già dalla fine delCinquecento e nel Seicento10. Le miniaturerappresentano per Giovardi un documentomateriale, così come le collezioni artistiche dicui volle dotare la Biblioteca, tra cui figurava-no ritratti, epigrafi e reperti archeologici, oltrea disegni e incisioni11.La raccolta di fogli staccati che compone il

M I N I A T O R I N A P O L E TA N I E D E L L’ I TA L I A C E N T R A L E

N E I F R A MM E N T I D I C O R A L I C E RTO S I N I D E L X I V

S E C O L O R A C C O LT I

D A V I T T O R I O G I O VA R D I

Francesca Manzari

ms. 10 risulta, però, particolare anche in taleprospettiva. Fino alla fine del XIX secolo que-sto codice recava la nota d’acquisto di Giovar-di, trascritta da Vincenzo Caperna, biblioteca-rio dal 1897 al 1918: “Addì 22 maggio 1726in Roma, per scudo 1 moneta dal Sig.r PietroN. alle Stimate, di professione pellaro et anti-quario”12. I fogli acquistati, tuttavia, sonoesclusivamente fogli di incipit miniati, stacca-ti da libri liturgici musicali, e sono caratteriz-zati da iniziali istoriate di grandissime dimen-sioni. Non si tratta, dunque, dell’acquisto dimateriali scelti per il loro contenuto liturgicoo musicale, andato perduto con lo smembra-mento, ma piuttosto di fogli selezionati per leloro miniature, che attestano un atteggiamen-to innovativo nel panorama del collezionismolibrario romano del Settecento.Il collezionismo di miniature, infatti, ha avutoorigine proprio dalla ricerca di fogli staccati edi ritagli miniati, ma molto più tardi, nellaprima metà dell’Ottocento, e soprattutto inInghilterra e in Francia13. Anche l’esame diimportanti raccolte librarie costituite nelXVIII secolo a Roma, come quella della fami-glia Corsini, conferma un interesse prevalen-temente rivolto ai testi piuttosto che agli appa-rati illustrativi dei manoscritti14.Non è affatto da escludere che l’attenzione diGiovardi per i fogli miniati sia stato suscitatoda motivi storico-eruditi, dalla loro originecertosina, o dalla possibilità di ritrovare nellegrandi miniature tracce della cultura materia-le del Medioevo. È possibile, inoltre, che l’e-rudito abbia acquistato i fogli staccati sempli-cemente perché i volumi interi non erano piùdisponibili, essendo stati smembrati primadella messa in vendita delle miniature15.Cionondimeno, egli acquista delle immaginiprive dei testi che illustravano, quindi, non èpiù il testo il fattore determinante per l’acqui-sizione. Il fatto, poi, che l’antiquario Pietro N.alle Stimmate avesse smembrato i codici permettere in vendita esclusivamente i grandiincipit miniati16 dimostra, di fatto, che una cir-colazione di miniature isolate e vendute inquanto tali doveva esistere a Roma già nellaprima metà del Settecento: evidentemente setale mercato c’era, esso doveva rispondere auna richiesta da parte di possibili acquirenti.Il ms. 10, ricomposto incollando i fogli su bra-chette che formano bifogli fattizi, è statooggetto di scarsissima attenzione da partedella critica: brevemente descritto nel 1925, èstato analizzato più a fondo nel catalogo del

117

1996, ma negli studi sulla miniatura dell’Italiacentromeridionale, è stato solo citato, senzaessere esaminato in modo approfondito17. Hoproposto una prima e parziale presentazione diquesto codice in un contributo dedicato adassegnare alla produzione napoletana unnuovo foglio staccato (Venezia, FondazioneCini, n. 70), in passato ritenuto di scuola tosca-na18; questo foglio, dotato di un’iniziale isto-riata raffigurante la Resurrezione, si può attri-buire a uno stretto collaboratore di CristoforoOrimina, attivo negli anni sessanta del XIVsecolo e presente anche nel manoscritto diVeroli19. Il foglio Cini, in effetti, presenta taliaffinità con quelli di Veroli, da suggerire cheesso provenga dallo stesso manoscritto da cuisono tratti i fogli del primo nucleo di questaraccolta.Non è possibile precisare con certezza se que-sto foglio abbia seguito strade diverse daglialtri, dopo lo smembramento del codice, per-venendo alla Cini attraverso percorsi indipen-denti e autonomi, oppure se esso possa fareparte dei materiali sottratti dal nucleo dellaBiblioteca Giovardiana nel 1897. Quest’ulti-ma ipotesi tuttavia, sembra estremamenteverosimile, poiché un foglio con la Resurre-zione è uno dei pochi citati con precisione dalbibliotecario Vincenzo Caperna nella relazio-ne relativa al furto di almeno ventuno fogli20.

La composizione del ms. 10: frammenti dilibri liturgici musicali del XIV e XVI secoloIl manoscritto di Veroli è composto da quattronuclei distinti di fogli miniati, di cui solo duerisalenti al XIV secolo. Non si proporrà inquesta sede un’analisi dettagliata degli ultimidue, risalenti al XVI secolo, poiché il lorointeresse, rispetto alle ricerche sul nucleo tre-centesco, risiede esclusivamente nelle notizieche se ne possono trarre sulla provenienza.Anche le ultime due sezioni (ff. 39-46; 47-48), infatti, sono state staccate da libri liturgi-ci musicali eseguiti per una fondazione diCertosini: tale riferimento compare all’inter-no dell’apparato decorativo, nel monogramma“CAR” che affianca il cartiglio con la scritta“Romanae” e che indica con certezza la Cer-tosa di Santa Maria degli Angeli a Roma, fon-data nella seconda metà del XVI secolo; sul f.47r è inoltre ancora leggibile la data 157721.Una nota di possesso relativa alla Certosaromana è presente anche sul primo foglio delcodice, contenente l’incipit del primo nucleodi fogli, ma, in questo caso, il fatto che si trat-

118

1. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Graduale:miniatori napoletani, bottegadella Crocifissione diAvignone, Pagina miniataall’incipit del Temporale,f. 1r.

119

ti di fogli miniati del Trecento impedisce dipensare a una destinazione originaria perSanta Maria degli Angeli; il libro liturgicodeve certamente esservi pervenuto, ma in datapiù tarda, come indicato dalla grafia dellanota di possesso. Nel corso dell’analisi deiframmenti superstiti intendo proporre un’ipo-tesi relativa alla destinazione originaria deidue codici trecenteschi, in particolare sullabase di elementi presenti nel Graduale, ed unariguardo al loro spostamento da Napoli aRoma, avvenuto alla fine del XVI secolo.Nei due nuclei trecenteschi l’impaginazionedei fogli, oggi notevolmente rifilati, appareuniforme e, dai frammenti superstiti si puòsolo ipotizzare che il Graduale e l’Antifonarionon fossero costituiti da un unico volume, mache ognuno dei due libri liturgici fosse suddi-viso in diversi tomi. La numerazione origina-ria, apposta in numeri romani in inchiostrorosso, quando non è stata rifilata comparesistematicamente in entrambi i nuclei trecen-teschi sul verso dei fogli, in posizione moltoinsolita, ma corrispondente alla correttadisposizione dei fogli nei codici distrutti,come dimostra il testo che prosegue senzainterruzioni tra il f. 11v e il 12r, gli unici duefogli originariamente contigui.Per motivi pratici, nell’analisi dei due nucleidi miniature trecentesche, seguirò l’ordineattuale delle sezioni nel codice settecentesco,prendendo in esame per primo il Graduale,seguito dall’Antifonario, nonostante l’ordinecronologico di realizzazione dei due mano-scritti sia da considerare inverso.

Un Graduale di destinazione certosina e duebotteghe napoletane degli anni sessantaIl primo dei quattro nuclei distinti del ms. 10è costituito da tredici fogli di un Graduale,contenenti altrettanti incipit miniati, staccatisia dalla sezione contenente il Temporale, siada quella contenente il Santorale (ff. 1-13). Lasua destinazione originaria a una fondazionedell’Ordine certosino era indicata nella rubri-ca iniziale del manoscritto (f. 1r), oggi inparte erasa (In nomine domini incipit gradua-le notatum secundum morem ordinis […]),tuttavia essa è segnalata con evidenza daisanti in abito certosino raffigurati nella bor-dura marginale del foglio d’incipit: a sinistrauna figura calva e barbata, in veste bianca epiviale rosso bordato d’oro, con il pastorale,ma senza mitria; a destra una figura del tuttoanaloga, ma con la mitria (fig. 1).

Il primo personaggio si può identificare con ilfondatore dell’Ordine, san Bruno, che rifiutòla carica vescovile, mentre il secondo è vero-similmente sant’Ugo, vescovo di Grenoble,frequentemente raffigurato accanto al santofondatore22. Al centro del margine destro ècollocato un medaglione polilobato con unmonaco in abito certosino, ritratto di profilosu fondo oro, certamente da identificare con ilpriore legato alla committenza della serieliturgica.Il foglio contiene l’incipit della prima dome-nica d’Avvento, e costituisce l’inizio del Tem-porale e quello del manoscritto originario. Lagrande iniziale istoriata presenta l’iconografiaconsueta per questo punto liturgico, con Davi-de inginocchiato in preghiera, mentre innalzal’animula ignuda verso il Signore, nell’oc-chiello superiore della A di Ad te levavi. Dallalettera si diparte una bordura che riempie tuttie quattro i margini, composta da steli rosa everdi, arricchiti da tralci di acanto, che siavvolgono a formare riccioli attorno a piccolefoglie trilobate in oro. In campo aperto sonoraffigurati due piccoli conigli, in parte rifilati,e, nel margine esterno, un acrobata armato difalcetto si arrampica lungo lo stelo: questi ele-menti marginali rimandano al repertorio orna-mentale di Cristoforo Orimina, al quale que-sta bottega, attiva negli anni sessanta, conti-nua ad attingere.Ai due lati della bordura inferiore sono inseri-ti due stemmi rossi con l’insegna papale dellechiavi incrociate, mentre al centro del margi-ne inferiore è raffigurato san Martino chetaglia il mantello per offrirlo al povero.È l’evidenza di questa iconografia, posta nelpunto più importante nella gerarchia orna-mentale di un codice miniato, dove general-mente si trovano le insegne del destinatario, acostituire l’indizio più forte per ipotizzare chela Certosa alla quale il Graduale era destinatofosse quella di San Martino a Napoli. Il rilie-vo dato al santo sul foglio iniziale è, inoltre,confermato dalla presenza di una lettera isto-riata di grandi dimensioni nel foglio d’incipitdella festa dello stesso santo (f. 12v).La posizione della prima raffigurazione, inparticolare, mi sembra cruciale per dirimerel’incertezza sull’identificazione della Certosaoriginaria, che io stessa avevo posto inizial-mente23. Se è evidente che il luogo di destina-zione originario del codice non poteva essereSanta Maria degli Angeli, la cui fondazionevenne avviata nel 1561, ad una prima analisi

120

nel 1366 si decise di cambiare la sede, isti-tuendola accanto a Santa Croce in Gerusalem-me. I Certosini inviati dal priore di Grenoblein quell’occasione, tuttavia, inizialmente sistabilirono nel convento di Santa Maria inSilice, nel rione Monti25. Anche se nulla impe-disce di ipotizzare che i fondatori, due mem-bri della famiglia Orsini particolarmente lega-ti alla capitale angioina, rispettivamente contedi Nola e di Manoppello, potessero essersirivolti a Napoli per preparare una dotazioneliturgica per la nuova fondazione, l’insedia-mento provvisorio nel convento di SantaLucia non sembra costituire un’occasione suf-ficientemente solenne per una commissionedi questo prestigio. Sopravvivono, inoltre, dueMessali certosini della seconda metà del Tre-cento provenienti da Santa Lucia in Silice e daSanta Croce: questi manoscritti sono statiminiati da maestranze centro italiane di scar-so livello qualitativo26 e ciò costituisce unaconferma indiretta all’ipotesi che i frammentidi Veroli non fossero destinati alla fondazioneromana: è infatti difficile pensare che i Certo-sini, arrivati a Roma alla fine degli anni ses-santa e stabilitisi a Santa Croce solo dopo il137027, si siano dotati allo stesso tempo di libriliturgici musicali di altissimo livello e di Mes-sali decisamente modesti.Il Graduale, a mio parere, è stato eseguito aNapoli negli anni sessanta per il corredo litur-gico della chiesa della Certosa di San Marti-no, inaugurata il 26 febbraio 1368 alla presen-za della regina Giovanna, del priore GiovanniGrilli – con cui si dovrebbe identificare il per-sonaggio nel medaglione sul f. 1r –, dell’arci-vescovo di Napoli Bernard de Bosqueto(1365-1368), e di numerosi prelati e aristocra-tici, attraverso una funzione officiata dal car-dinale Guillaume d’Aigrefeuille, nunzio apo-stolico del papa, all’epoca residente proprio aSan Martino28. L’importanza dell’occasionevenne sottolineata da una concessione diindulgenze da parte dell’arcivescovo di Napo-li e da una memoria scritta relativa alla ceri-monia, poi conservata nell’altare: la Chartaconsecrationis Ecclesiae S. Martini esordivamenzionando papa Urbano V (1362-1370)29,reggente delle chiavi della Chiesa, e Guillau-me d’Aigrefeuille, suo legato30.Fu dunque questa l’occasione, a mio avviso,per la quale fu approntato il sontuoso Gradua-le oggi smembrato. La presenza delle insegnepapali – dal momento che manca lo stemmapersonale di papa Urbano V – sta evidente-

del manoscritto mi era sembrato necessariolasciare aperta la possibilità che esso potesseessere stato destinato alla chiesa di SantaCroce in Gerusalemme a Roma, scelta comesede per i Certosini nel 136624. Tale ipotesipoteva essere supportata dalla presenza deidue stemmi con le chiavi incrociate ai lati del-l’immagine di San Martino e dalla grandeimportanza conferita anche alla festa dei santiPietro e Paolo dalla grande miniatura postaall’incipit (f. 11r). Cionondimeno, ritengo cheil rilievo preminente accordato a san Martinodal suo inserimento nel bas-de-page del fogliod’incipit sciolga ogni dubbio.La fondazione di una Certosa a Roma subì,nel Trecento, ripetute battute d’arresto: nel1363, alla richiesta, da parte di Nicola eNapoleone I Orsini, di insediarla nelle termedi Diocleziano, papa Urbano V, particolar-mente vicino all’Ordine, rispose favorevol-mente; l’iniziativa, però, non ebbe seguito e

2. Avignone, BibliothèqueMunicipale, ms. 138,Messale: miniatorenapoletano, Maestro dellaCrocifissione di Avignone,Crocifissione, f. 150v.

121

bottega del Messale di Avignone è l’autore delfoglio con la Crocifissione (fig. 2), a capo di ungruppo di artisti che è piuttosto numeroso;appare infatti evidente che l’opera fu terminatain gran velocità. La fretta nel completare lenumerosissime iniziali istoriate previste è visi-bile proprio negli ultimi fascicoli, in cui ilminiatore della Crocifissione sembra aver coin-volto qualunque professionista disponibile, conil risultato che si possono individuare numero-sissime mani e che in molte miniature vi è unaspiccata caduta della qualità esecutiva37.Nel Messale il Maestro della Crocifissionegestisce una bottega molto ampia, compostada collaboratori di qualità piuttosto diseguale,mentre, al contrario, nei fogli di Veroli eglisembra presente quasi sempre in prima perso-na; l’elevata qualità delle miniature di Veroli,inoltre, conferma una datazione successiva alMessale, indicando un artista decisamente piùmaturo. Le grandi dimensioni delle letterepermettono al miniatore di utilizzare con sicu-rezza un linguaggio stilistico particolarmentepittorico: le veloci stesure di colori puri, carat-teristiche dell’artista, si possono qui espande-re in ampi volumi e le composizioni semplici,con poche figure essenziali, si allargano acomporre immagini monumentali.Anche nello stesso foglio d’incipit Davide,che spicca isolato sul fondo d’oro quadrettato,non è di profilo, ma è ritratto di tre quarti,incorporando nella miniatura le sperimenta-zioni spaziali introdotte a Napoli nella primametà del Trecento dalla pittura romana e daquella giottesca38. La bottega guidata da que-sto miniatore è responsabile anche di altrinove incipit superstiti: l’Adorazione dei Magi(f. 2r), anch’essa dal Temporale, l’incipit delSantorale, con il Martirio di sant’Andrea (f.6r), la Presentazione al Tempio (f. 7r), la Nati-vità del Battista (f. 8v), il Martirio dei santiPietro e Paolo (f. 9r), la Dormitio virginis (f.10r), Cristo orante tra gli angeli all’incipit diOgnissanti (f. 11r), San Martino (f. 12v) e laMadonna con il Bambino (f. 13v).Nell’Adorazione dei Magi (f. 2r) si rileva l’in-tervento dell’artista principale, in particolarenella figura del mago anziano, inginocchiato abaciare il piede del Bambino; a lui appartengo-no i colori brillanti e decisi, come l’azzurrointenso del fondo e il ciclamino della lettera, ilblu del manto della Madonna, i rosa chiariluminosi delle vesti e il verde mela, che profi-la l’interno della lettera e si alterna agli altritoni nelle vesti e nei tralci vegetali. Se il carat-

mente a indicare una partecipazione del pon-tefice al progetto oppure è semplicemente unomaggio al suo recente ritorno in Italia, avve-nuto nel giugno del 1367. Urbano V, del resto,oltre ad essere particolarmente vicino ai Cer-tosini, fu anche uno dei principali alleati diGiovanna I d’Angiò, alla quale conferì la rosad’oro, a Roma, proprio nel successivo mese dimarzo31.

La bottega della Crocifissione di AvignoneNonostante il primo foglio appaia piuttostoconsunto ed abbia perduto in alcuni punti lapellicola pittorica (fig. 1), in parte forse ancheridipinta, come nel volto di Cristo e negliangeli che lo affiancano, si può agevolmenteassegnarne la decorazione miniata a una delledue botteghe responsabili dell’illustrazionedel Graduale smembrato, caratterizzate dalfatto che ripetutamente lavorano insieme, aNapoli, negli anni sessanta del Trecento32.La prima delle opere realizzata dai due atelierè a mio avviso il Messale di Avignone(Bibliothèque Municipale, 138), forse com-pletato entro la metà degli anni sessanta, main cui intervengono anche numerosi altriminiatori (fig. 2)33. Le due equipe principali siritrovano, poi, nel Libro d’ore di Giovannad’Angiò (Vienna, Österreichische Nationalbi-bliothek, Cod. 1921), databile nella secondametà del settimo decennio34, e, ancora insie-me, nel Graduale frammentario di Veroli,databile appunto a ridosso del 1368.La sistematica presenza dei due atelier –ognuno composto da svariati artisti, uniti dauna guida che tende a uniformare gli stili indi-viduali – induce a pensare che i miniatori acapo delle due botteghe si dividessero le com-missioni, che evidentemente negli anni ses-santa si andavano moltiplicando, per portarlea termine con maggiore rapidità.Nel Messale di Avignone la presenza deglistemmi del committente, Giovanni NicolaRiccardi de Riccardinis, nelle miniature rea-lizzate da entrambe le botteghe dimostra cheentrambe le fasi furono completate primadella sua morte nel 136835; entrambe le equi-pe, inoltre, lo ritraggono in vesti di canonico,l’una in un medaglione sul foglio di incipit,l’altra nel margine accanto all’immagine dellaTrinità (ff. 1r, 184r). Nello stesso anno il codi-ce venne trasferito ad Avignone, verosimil-mente proprio attraverso l’arcivescovo Ber-nard de Bosqueto36.Il miniatore di maggiore qualità nella seconda

122

tere collaborativo delle botteghe napoletane delTrecento deve indurre a ipotizzare più persona-lità nella stessa immagine, i volti del Bambinoe del mago anziano corrispondono con preci-sione alla mano più raffinata di questo gruppoe sono sovrapponibili a quelli di sant’Andrea edi san Martino (figg. 3, 4) nei fogli d’incipitdelle rispettive feste (ff. 6r e 12v). Questomodo di dipingere, con estrema minuzia, i voltibarbati degli anziani e di delineare con pennel-late veloci gli ovali dei volti imberbi, segnatidal lungo naso dritto e dalle rapide falcate dellesopracciglia, si ritrova, appunto, nella Crocifis-sione di Avignone (fig. 2).I confronti tra questa immagine e quelle disant’Andrea e di san Pietro nel Graduale (ff.6r, 9r) sono numerosi: nonostante anche laCrocifissione del Messale si presenti notevol-mente usurata, con caduta di pigmenti, in par-ticolare nella parte inferiore, nelle tre minia-ture si rileva lo stesso modo di dipingere esilifigure allungate, in cui il trattamento pittoricodelle vesti, definite da ampie stesure di colo-re, illuminate da una luce cangiante e appena

attraversate da panneggi delineati in toni pocopiù scuri (figg. 2, 3).Tale procedimento, che, senza le linee di con-torno abituali nella miniatura contemporanea,può dare quasi la sensazione di un non finito,è il tratto distintivo di questo artista ed ha fattopensare a un pittore prestato alla miniatura39.Millard Meiss ha proposto per primo di rico-noscere il Maestro della Crocifissione di Avi-gnone anche nella Bible Moralisée angioinadi Napoli (Parigi, Bibliothèque Nationale, fr.9561)40: nonostante questo importante mano-scritto, miniato da una notevole quantità diartisti di stile diverso, attenda ancora un’ana-lisi sistematica41, si possono rilevare alcuneaffinità con la Crocifissione di Avignone, inparticolare in alcuni fogli all’inizio; cionondi-meno non è facile individuarvi esattamente lostesso artista. Il punto di maggiore contatto èin realtà il tipo di cornice ornamentale che cir-conda le miniature, sia nella Crocifissione sianei primi fogli della Bible, costituita da unafascia colorata percorsa da racemi vegetali,che si dispongono con scioltezza; le figura-

3. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Graduale:miniatore napoletano,Maestro della Crocifissionedi Avignone, pagina miniatacon l’incipit del Santorale,iniziale istoriata con ilMartirio di S. Andrea, f. 6r.

4. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Graduale:miniatore napoletano,Maestro della Crocifissionedi Avignone, pagina miniataall’incipit della messa di S.Martino, iniziale istoriatacon S. Martino che dona ilmantello, f. 12v.

123

zioni, invece, mostrano solo generiche somi-glianze nelle vesti colorate con vaste stesuredi colori puri, illuminate da ampie lumeggia-ture e attraversate da ombre costituite da areedi colore appena più intenso (ad esempio nellaCreazione dei pesci e degli uccelli, al f. 4v).La tecnica è molto simile a quella usata dalMaestro della Crocifissione, tuttavia, nontrovo nella Bible i volti caratteristici di questominiatore e dei suoi più stretti collaboratori: sitratta, comunque, di gruppi di artisti certovicinissimi per cultura e cronologia.I volti dagli occhi allungati e dai nasi dritti,più ovali e affilati nelle figure imberbi, carat-teristici della Crocifissione, ritornano nelleminiature di Veroli, ad esempio nelle figuredella Dormitio Virginis (f. 10r), ma anche nel-l’immagine di San Martino che dona il man-

tello (f. 12v; fig. 4). Le stesse fisionomiericorrono nelle iniziali istoriate del Messale diAvignone, ad esempio nella miniatura all’in-cipit dell’Exultet (f. 123v); in questa si trovaanche lo stesso tipo di figura di spalle, dallatesta ovale e i lunghi capelli segnati da unascriminatura centrale, presente anche nelLibro d’ore, nelle figure della Pentecoste (f.208r), del Martirio di san Tommaso Becket (f.216r), nel san Giuseppe della Natività (f.228r), e nelle due apparizioni della Trinità (f.231v, 234v). Un’altra tipologia di volti usatada questa bottega, dai volumi più ampi e ingenere dotati di barba, si ritrova ad esempionel personaggio, con cappello esotico e barbaa due punte, che assiste alla divisione dellevesti di Cristo nella Crocifissione di Avigno-ne, e in quello che tira la corda, vestito di unluminoso abito giallo, nella Crocifissione disant’Andrea (figg. 2, 3).Lo stesso miniatore esegue la Natività di Gio-vanni battista (f. 8r), una grande immagine, incui le figure sono collocate all’interno di unascatola spaziale, ispirata a composizioni dellapittura monumentale (fig. 5): Zaccaria è unafigura a bozzolo estremamente vicina a quel-la di Giuseppe nella Natività di Vienna. Con ilLibro d’ore trovano confronti anche le figurefemminili della scena, come Elisabetta con ilcapo velato, che riprende il modello dellafigura che porge la lampada alla Madonna nelcodice di Vienna (f. 253v), mentre le dueancelle sviluppano in modo più maturo figurequali le dame di Giovanna (f. 185v). Nel com-plesso le grandi miniature del codice di Vero-li costituiscono la manifestazione più raffina-ta di questo stile, che certo si esprime almeglio grazie alle ampie dimensioni, mentrespesso soffre di una stesura troppo veloce inimmagini di dimensioni ridotte.La miniatura con il Martirio dei santi Pietro ePaolo (f. 9r) presenta anch’essa una composi-zione essenziale, che privilegia la figura disan Pietro: il corpo del santo, allungato edipinto in toni madreperlacei, campeggia sulfondo azzurro intenso ed è molto vicino aquello di Cristo nella Crocifissione di Avigno-ne; assai simili risultano anche i soldati. Lostesso artista è infine responsabile dell’imma-gine di San Martino (fig. 4) e di quella dellaMadonna con il Bambino (ff. 12v, 13v). Ilviso di san Martino appartiene al gruppo deivolti ovali caratteristici di questo maestro,come quello del Bambino al f. 185v del Librod’ore di Vienna. Il cavallo è eseguito con una

5. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Graduale:miniatore napoletano,Maestro della Crocifissionedi Avignone, pagina miniataall’incipit della messa di S.Giovanni Battista, inizialeistoriata con la Nascita diGiovanni Battista, f. 8v.

124

capacità naturalistica straordinaria, semprepresente nei rarissimi inserti animalistici nelleopere dell’artista: è infatti del tutto sovrappo-nibile ai cavalli raffigurati nella Crocifissionedi Avignone, di cui si vedono solo i musi (fig.2), e a quelli ritratti in piccole dimensioni neimesi del calendario del Libro d’ore. Nelfoglio di Veroli, invece, il cavallo è monumen-tale e del tutto tridimensionale, e i suoi ampivolumi contrastano con l’esile figura goticadel santo, dimostrando un artista capace diadattare il suo stile al soggetto raffigurato. Unaltro inusuale brano di realismo è costituitodal povero ritratto di spalle: questo tipo diposizione rappresenta un altro elementoamato dall’artista, che si cimenta spesso con

figure voltate o di scorcio. Il miniatore sidimostra perfettamente in grado di raffigurarele gambe nude, percorse dai muscoli, e la soli-da figura seminuda contrasta in modo effica-ce con quella sottile del santo, abbigliatoall’ultima moda.La Madonna con il Bambino al f. 13v trovafigure gemelle nel Libro d’ore, nella Madon-na al f. 185v, e nel Messale di Avignone, nellaMadonna annunciata e in quella che allatta (ff.231r, 301v). Rispetto a queste, tratte daglistessi disegni di bottega, l’immagine di Verolirisulta molto più monumentale, avvolta neivolumi ampi del mantello e seduta su un tronoa gradoni. Il miniatore segna con i suoi carat-teristici volti anche i personaggi della Dormi-tio virginis (f. 10r), ma in questa composizio-ne, assai affollata rispetto alle altre, alcunivolti sono stati realizzati un po’ velocemente.Allo stesso ambito, ma a un collaboratorepiuttosto autonomo, si possono attribuire leultime due miniature di questo gruppo: la Pre-sentazione al Tempio (f. 7r) e la bizzarraimmagine del Cristo tra gli angeli, all’incipitdella festa di Ognissanti (f. 11r). In questaminiatura, che richiama l’iconografia dell’A-scensione, peraltro presente nel codice all’in-cipit giusto, il volto di Cristo è estremamentesimile a quello della Madonna a f. 200r delLibro d’ore e le fisionomie degli angeli corri-spondono a quelle delle dame nella stessascena.Dal punto di vista compositivo e iconograficoquesta immagine suscita non pochi interroga-tivi: quello di Cristo sembra quasi un voltofemminile, mentre gli angeli hanno i giovanivolti segnati da una lunga peluria bianca, forseun simbolo di sapienza. L’insolita presenzadegli angeli barbati sembra da ricondurre a unmodello di tipo particolare: questa iconografiainfatti è piuttosto diffusa nell’arte paleocristia-na, ed è precisamente a tale ambito che riman-da anche la figura di Cristo, imberbe e con lemani alzate nel gesto paleocristiano dell’oran-te42. La miniatura illustra l’incipit della festa diOgnissanti, normalmente accompagnata daiconografie più consuete, con il Signore cir-condato dai santi, pertanto non è da escludereche la spiegazione di questa insolita scelta ico-nografica sia da rintracciare in un illustremodello antico, citato dal miniatore.Ancora più induriti e severi sono i volti dellefigure nella Presentazione (f. 7r) e trovanonon pochi confronti nelle miniature realizzateda questo collaboratore nel Messale di Avi-

6. Venezia, Fondazione Cini,n. 70, Foglio staccato da unGraduale: miniatorenapoletano, Maestro dellaResurrezione Cini, paginaminiata con l’incipit dellamessa di Pasqua, inizialeistoriata con laResurrezione.

125

gnone, ad esempio nella figura di san Pietro(f. 279r), che mostra identico sguardo corruc-ciato e la medesima fronte aggrottata dellaprofetessa nella Presentazione. Questa imma-gine presenta una delle rare architetture ese-guite nell’ambito di questa bottega, che evi-denzia una spiccata preferenza per le figureche si stagliano contro i fondi blu dell’oc-chiello della lettera. Il presbiterio in cui sonocollocate le figure si apre su un’abside dallavolta a crociera, dipinta con un cielo stellato:questo tipo di inquadramento architettonico ècertamente una ripresa, più o meno diretta, dimodelli giotteschi napoletani, poiché unosfondo con simile volta a crociera stellata siritrova anche in altri manoscritti dello stessoambito, come nella Presentazione al Tempiodella Bible Moralisée (f. 134r), eseguita tutta-via da un artista del tutto diverso.Tutte le miniature realizzate da questa botteganel Graduale sono caratterizzate da splendidebordure che portano a maturazione il tipo difregio vegetale marginale usato nel Messaledi Avignone e nel Libro d’ore di Vienna.Ampi girali di grandi foglie di acanto lilla,rosse, azzurre, rosa, ciclamino e verde acquasi avvolgono su se stessi, attraversando i mar-gini, talvolta riempiendo i riccioli con fogliad’oro, talvolta disponendosi in campo apertoattorno a uno stelo verticale. Le grandi lettereriprendono ed espandono le morfologie delMessale di Avignone, che in molti fogli pre-senta un analoga tipologia di acanto, ad esem-pio nel foglio con San Giovanni evangelista(f. 165r).

Il Maestro della Resurrezione CiniNei fogli restanti del Graduale, miniati conl’Ascensione, la Pentecoste e la festa del Cor-pus Domini (ff. 3v, 4v, 5r), è invece all’operaun altro miniatore napoletano, il collaboratoredi Cristoforo Orimina, il cui profilo ho deli-neato in un precedente contributo sul foglioisolato con la Resurrezione della FondazioneCini (fig. 6) e che propongo di denominareattraverso il riferimento a quest’opera43.Il miniatore si forma indubbiamente all’inter-no della bottega di Cristoforo, diventando rico-noscibile nelle opere tarde di questo atelier,grazie a caratteri individuali che spiccanorispetto all’uniformità imposta da Orimina aisuoi collaboratori, certamente molto numerosi,vista l’ampiezza dei progetti illustrativi da luidiretti nei decenni centrali del Trecento44.Il Maestro della Resurrezione Cini si può

identificare nelle opere eseguite da Oriminatra gli anni cinquanta e i primi anni sessanta,in particolare nel Roman du Roy Meliadus(Londra, British Library, Add. 12228, ff.215v-216r)45, e nella Bibbia di Matteo Plani-sio (Città del Vaticano, Biblioteca ApostolicaVaticana, Vat. lat. 3550, f. 106v), ma è con ilMessale di Avignone, eseguito intorno al1365, che la sua presenza comincia a diventa-re preponderante rispetto alla bottega di pro-venienza46. Non è certamente un caso che èproprio in quest’ultimo codice, dall’apparatoillustrativo particolarmente ampio, che lo tro-viamo per la prima volta all’opera insiemealla bottega del Maestro della Crocifissione diAvignone.Il Maestro della Resurrezione, come si èdetto, condivide con questo atelier l’esecuzio-ne del Libro d’ore di Vienna e del Gradualesmembrato di Veroli, raggiungendo a suavolta, in quest’ultimo manoscritto, risultati dialtissimo livello, anche grazie alle ampiedimensioni delle miniature.I fogli superstiti di questo artista nel codice diVeroli, dopo il furto del 1897, sono solo tre:l’Ascensione (f. 3v) è ambientata un paesag-gio roccioso in cui gli elementi naturalisticicorrispondono perfettamente a quelli utilizza-ti nella scena del Noli me tangere del Librod’ore (f. 221r). Le figure di Maria, degli apo-stoli e di Cristo spiccano contro il fondoazzurro intenso e l’occhiello della lettera èprofilato da una raffinatissima decorazionefiligranata, tracciata con sottili linee di biac-ca; questi motivi ornamentali secondari carat-terizzano il Maestro della Resurrezione Cini esono sistematicamente presenti anche nellesue miniature nel Libro d’ore di Vienna.Dalla lettera miniata si diparte un tralcio vege-tale di grande eleganza che si dispone nei mar-gini, attorno a un nastro rosa e arancio, for-mando intrecci, accogliendo medaglioni efigurazioni marginali, secondo modelli eredi-tati dal repertorio della bottega Orimina, delquale fanno parte anche i due pappagallini e idue ibridi nel margine inferiore. Gli angeliritratti in campo aperto nei margini sono deli-neati da una netta ed elastica linea di contornoe sono dipinti con i toni vivaci a contrasto, chedistinguono questo artista dal suo maestro Cri-stoforo Orimina, autore di figure più allungateed evanescenti, eseguite in toni tenui e lumi-nosi.Nel margine verticale esterno è inserito unmedaglione contenente un santo barbato di

126

profilo, mentre nel margine inferiore è unmedaglione di dimensioni maggiori, raffigu-rante il busto di un vescovo benedicente, conmitria e pastorale; questo si può identificarecon uno dei santi vescovi legati all’ordine cer-tosino, Ugo di Grenoble oppure Ugo di Lin-coln, uno dei quali è citato, tra l’altro, tra lefeste certosine al f. 13v47.Il foglio con la Pentecoste (f. 4v) riveste unruolo di minore importanza nella gerarchiadelle illustrazioni del Graduale, poiché il fre-gio vegetale occupa solo il margine esternoaccanto alla lettera. La struttura architettonicaa due piani che accoglie la scena riprendemodelli giotteschi e corrisponde al tipo di sca-tole spaziali che il Maestro della Resurrezio-ne realizza anche nel Libro d’ore di Vienna,ad esempio nella miniatura con San Nicola (f.214r). Le figure degli apostoli, che circonda-no quella centrale di Maria, e gli astanti, chedall’esterno osservano la scena, appartengono

all’abituale repertorio di questo miniatore,ripetuto nel Libro d’ore di Vienna, ad esempionelle figure della Trinità a f. 131r (fig. 7).L’ultimo foglio conservato a Veroli realizzatoda questo artista è l’incipit della festa del Cor-pus Domini (f. 5r), introdotta da un’inizialeistoriata di dimensioni più piccole, con Cristobenedicente che mostra un libro aperto (fig.8). La figura frontale è delineata con la carat-teristica linea di contorno e spicca su un fondoin foglia d’oro, decorato con cerchietti incisi;la bordura vegetale corre solo nel margineaccanto alla lettera e, in basso, il progetto ico-nografico è completato da un riquadro rettan-golare con l’Ultima Cena, secondo una tipo-logia di impaginazione usata anche nella Bib-bia di Matteo Planisio (ad esempio ai ff. 11r e12r). Nella scena il miniatore si cimenta conla tipologia della figura seduta di spalle,oggetto di forte interesse da parte dei miniato-ri napoletani già nella prima metà del Trecen-to48: alcuni degli apostoli sono infatti seduti dispalle su una lunga panca, due sul lato corto,su una panca scorciata, e gli altri dietro iltavolo. Giuda spicca, grazie alla veste giallolimone, evidenziata da linee rosse che traccia-no le pieghe dei panneggi, mentre sporgendo-si in avanti tocca la mano di Cristo.Per la pertinenza del foglio con la Resurrezio-ne al Graduale frammentario di Veroli riman-do al precedente contributo, in cui delineavoper la prima volta il profilo di questo artista49.Ho già sottolineato, infatti, la compatibilitàdelle dimensioni del foglio – mm 530x340,evidentemente più rifilato di quelli di Veroli –e dell’iniziale – mm 220x180, a fronte di mm220x180 e 220x195 nei ff. 3v, 4v –, comeanche l’affinità delle misure del modulo dellascrittura e delle dimensioni dei tetragrammi.L’impostazione della pagina, il corredo deco-rativo vegetale, la morfologia della lettera cor-rispondono perfettamente, così come le figu-razioni all’interno della lettera e la raffinatafascia di motivi ornamentali a biacca sulfondo blu50.Nonostante l’impostazione materiale, graficae stilistica del foglio Cini confermi l’ipotesidella sua provenienza dall’originario Gradua-le certosino, non è attualmente visibile la notadi possesso “Chartusiae Romanae quartus”,che, secondo le indicazioni della relazionesuccessiva al furto, era presente sul foglio sot-tratto a Veroli. Questo elemento però nonappare significativo, perché la nota di posses-so può essere stata erasa, anzi rappresenta il

7. Vienna, ÖsterreichischeNationalbibliothek, Cod.1921, Libro d’ore diGiovanna d’Angiò:miniatore napoletano,Maestro della ResurrezioneCini, Trinità, f. 131r.

127

l’Ufficio della Vergine; dalla relazione emer-ge che anche questi erano tutti incipit minia-ti52. L’unico foglio perduto finora rintracciabi-le, almeno in via ipotetica, è il foglio Cini,acquistato sul mercato per la collezione Hoe-pli e descritto per la prima volta, in tale colle-zione, nel 193053.L’analisi del foglio con la Resurrezione, inrelazione agli altri provenienti dal Graduale eal Libro d’ore di Vienna, in cui si trovanoriscontri particolari nel Noli me tangere (f.221r), ha permesso di ricostruire la persona-lità di questo anonimo miniatore che, pur con-servando evidentissime tracce della sua for-mazione nell’ambito di Orimina, se ne rendeautonomo almeno a partire dal Libro d’ore edal Graduale. Il miniatore, infatti, è riconosci-bile anche nel Messale di Avignone (ad esem-pio ai ff. 218r, 222r), ma in questo codice,forse avviato quando Orimina era ancora invita, sono presenti anche molti altri collabora-tori della bottega Orimina54.L’importanza di queste ultime due commissio-ni – il Libro d’ore realizzato per la sovrana eun Graduale eseguito per una fondazione dalei stessa inaugurata – evidenziano il rilievoacquisito da questo artista, probabilmentedopo la morte di Orimina, che si può ipotiz-zare avvenuta entro la metà degli anni sessan-ta. Nessuna delle opere di Cristoforo, infatti,può essere datata dopo il 136555, mentre è pre-cisamente nella seconda metà di questodecennio che si possono collocare il Gradualee il Libro d’ore, in cui il Maestro della Resur-rezione opera con piena autonomia.In questi due codici la necessità di sistematicacollaborazione con un’altra bottega – già evi-dente nel Messale di Avignone – mette in luceuna fase particolarmente vivace nella produ-zione di codici miniati a Napoli nei decennisuccessivi alla metà del secolo.

Un Antifonario eseguito da artisti di culturaumbro-abruzzese intorno alla metà delsecoloIl secondo nucleo trecentesco del ms. 10 ècomposto da fogli (ff. 14-38) che provengonoda un altro libro liturgico musicale, un Antifo-nario, verosimilmente destinato alla stessafondazione del Graduale, nonostante nelrepertorio illustrativo non vi siano iconografielegate all’Ordine certosino che possano con-fermare tale ipotesi.Anche in questa sezione sono attive due bot-teghe e, di nuovo, si può ipotizzare che tutti i

primo elemento da eliminare dopo il furto51.Di certo la presenza dell’indicazione “quartovolume” sul foglio con la Resurrezione, men-tre l’incipit del Temporale reca l’indicazione“terzo”, suggerisce che nel Graduale origina-rio la parte contenente il Temporale dovevaessere suddivisa in due tomi, segnati da questidue incipit, ed è pertanto verosimile che ancheil Santorale fosse suddiviso in diverse parti.Le notizie sul furto dell’aprile 1897 sono frut-to di una relazione scritta dal bibliotecarioVincenzo Caperna dopo l’evento: il materialesottratto consisteva in almeno ventuno fogli,comprendenti un’immagine della Creazione euna della Resurrezione, più i fogli miniati con

8. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Graduale:miniatore napoletano,Maestro della ResurrezioneCini, pagina miniataall’incipit della messa delCorpus Domini, inizialefigurata e riquadro conl’Ultima Cena, f. 5r.

128

fogli facessero parte dello stesso libro liturgi-co e che le equipe abbiano operato in paral-lelo, secondo lo stesso metodo di lavoro giàesaminato. Del resto la prassi di associarsi inpiù botteghe per eseguire gli ampi cicli illu-strativi caratteristici dei corali è ben nota nel-l’ambito delle produzioni regionali italianepiù conosciute.Le miniature dell’Antifonario inducono adatare questo libro liturgico in un momentoprecedente rispetto al Graduale, poiché esserimandano alla prima metà del secolo. Si trat-ta tuttavia di un’ipotesi, argomentata qui perla prima volta, poiché in questo codice opera-no due botteghe sostanzialmente sconosciutealla critica.Nella sezione con i frammenti dell’Antifona-rio il secondo gruppo di miniatori è compostoda numerose personalità diverse, unite da una

cultura figurativa comune; la prima bottega è,invece, composta da un solo miniatore, daicaratteri stilistici ben individuati, accompa-gnato da un collaboratore, che segue le sueindicazioni con minore abilità.

Il Miniatore dell’Annunciazione diVeroli e delSalomone della CasanatenseA questo primo miniatore si può attribuireun’altra opera miniata, sempre riconducibileall’ambito napoletano, e attraverso l’analisistilistica delle sue opere si può ipotizzare chela sua formazione dovette svolgersi in ambitoabruzzese, nel quarto decennio del Trecento.Nei fogli superstiti dell’Antifonario questoartista realizza quattro iniziali istoriate – conDavide, la Resurrezione, la Presentazione alTempio e l’Annunciazione (ff. 14r, 28v, 36v,37v) – e otto iniziali decorate, eseguite congrande eleganza e perizia (15r, 16r , 18r, 29r,30r, 31r, 32r, 38v).Il primo foglio d’incipit dell’Antifonario pre-senta una grande iniziale A (di Aspiciebam invisu noctis, f. 14r), contenente l’immagine dire Davide, nell’occhiello inferiore della lette-ra, e quella di Cristo, nella parte superiore(fig. 9). Le figure sono dipinte con toni inten-si e vivaci e spiccano sul fondo rosa quadret-tato. I manti e le vesti sono miniati con ampiestesure di colori puri e compatti e i panneggisono tracciati con veloci pennellate scure, chedelineano schematicamente le forme; i volti ele mani presentano un incarnato grigiastro, incui i tratti della fisionomia sono eseguiti conlinee decise e sono evidenziati con pennellatechiare, per rendere più incisiva l’espressività econferire un aspetto tridimensionale al model-lato, mentre i contorni sono sottolineati dauna spessa linea scura.L’assenza di immagini marginali riferibiliall’Ordine certosino nei frammenti di questocodice è forse spiegabile considerando chequesto foglio superstite non costituisce, comenel caso del Graduale, il vero e proprio incipitdel manoscritto: si tratta infatti dell’incipit delresponsorio della II lettura del I Notturno dellaprima domenica d’Avvento, non del responso-rio abitualmente miniato all’inizio del Mattu-tino (Aspiciens a longe). È assai verosimileche i riferimenti all’uso liturgico del libro e glieventuali stemmi fossero sul foglio d’incipitdel codice, probabilmente andato perdutodurante il furto a causa della sua ricchezza.Del tutto sovrapponibile alla miniatura conDavide è l’Annunciazione (f. 37v), in cui le

9. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Antifonario:miniatore napoletano dicultura abruzzese, Maestrodel Salomone dellaCasanatense, inizialeistoriata con Davide inpreghiera, f. 14r.

129

figure isolate dell’angelo inginocchiato e del-l’Annunciata spiccano su un simile fondoquadrettato (tav. VIII, p. 13). Il naso dritto, acanna, gli occhi allungati, tagliati con decisio-ne da due lunghe linee, il colorito grigiastroilluminato da qualche tocco rosato, corrispon-dono perfettamente all’immagine precedente,come anche il modo di delineare i panneggicon poche e spesse linee scure, tracciate conmano decisa e veloce.Le iniziali che accolgono entrambe le imma-gini sono costituite da monumentali lettereriempite di acanto rosa pallido e arricchite danodi e bolli dorati, con tralci vegetali che pro-seguono nei margini, in eleganti racemi diacanto, dipinti di colori brillanti verde, rosso,blu, azzurro e rosa, attorno a nastri decorati damotivi vegetali. Le lettere sono contenute incampi azzurri, profilati da nastri in fogliad’oro, arricchiti da motivi ornamentali com-posti da sottili filetti di biacca. A questa tipo-logia di lettera appartengono anche le inizialidecorate eseguite da questo maestro, come adesempio la grande P al f. 32r, tutte estrema-mente curate e variate nel repertorio orna-mentale che ne riempie gli occhielli (fig. 12).L’immagine con la Resurrezione (f. 28v)appartiene a questo gruppo, ma stranamente,vista l’importanza di questo incipit, non sem-bra essere stata eseguita dal miniatore princi-

pale, ma da un suo collaboratore, che, purriprendendone le formule stilistiche, non rie-sce a raggiungere una qualità altrettanto soste-nuta, come indicano le incertezze nelle pro-porzioni del volto – segnato dagli occhi carat-teristici di questo gruppo – e nell’esecuzionedelle piccole mani, che goffamente tengono ilvessillo e il manto, ben diverse da quelle, affu-solate e dalle lunghe dita, dipinte con elegan-za e sicurezza dal maestro principale. Tutta lascena si dispone nella lettera in modo piutto-sto affastellato, con il sarcofago aperto chegalleggia a mezz’aria, senza poggiare sulcostolone roccioso, e i soldati che dormonoaccucciati in basso.Del miniatore principale, ma più complessanella composizione rispetto alle altre dueimmagini, è la Presentazione al Tempio (f.36v): i personaggi sono fittamente accalcati inuna scatola spaziale sormontata da un corona-mento architettonico e decorata, sul fondo, dabifore intervallate da motivi ornamentali; ivolti delle figure sono variati grazie all’uso didiversi tipi di barba e capigliatura, ma deltutto uniformi a quelli di Davide e dell’An-nunciazione nel modo di delineare occhi, nasoe modellato dell’incarnato (fig. 11). Anchel’esecuzione degli ampi e sicuri panneggirimanda al miniatore principale, tuttavia,anche qui, il bizzarro inserimento dell’altareal di sopra delle due figure principali mette inevidenza la difficoltà di questo artista nelgestire scene dai rapporti dimensionali com-plessi, diversamente dall’eleganza con cui lefigurazioni si dispongono con essenzialitàcontro gli sfondi decorati nelle scene conpoche figure.In questo caso anche le decorazioni vegetalidei margini sono differenti, molto più ricche efrastagliate delle più essenziali bordure dellealtre immagini, caratterizzate dalla prevalenzadi motivi geometrici rispetto ai tralci vegetali.Non si tratta di un caso, ma della ripresa di unmodello ben preciso, diverso da quelli chefacevano parte abitualmente del corredo cul-turale di questo miniatore. In questa immagi-ne, infatti, Filippo Todini – in quello che fino-ra ha costituito l’unico intervento critico suquesta parte del codice di Veroli – ha ricono-sciuto la ripresa di un modello umbro, e cioèla scena dello stesso soggetto nell’Antifonarioper San Domenico a Perugia (Perugia, Biblio-teca Comunale Augusta, ms. 2782, f. 177v)56.Dall’immagine perugina, datata all’inizio delsecolo, sono ripresi il coronamento dell’edifi-

10. Roma, BibliotecaCasanatense, ms. 970,Cantica canticorumversibus exposita: miniatorenapoletano di culturaabruzzese, Maestro delSalomone dellaCasanatense, Salomone introno, f. 273v.

130

cio che accoglie la scena e, in parte, le figuredi Maria e di Simeone: è possibile, tuttavia,che entrambe le scene si ispirino a un prototi-po comune, magari di origine giottesca, per-ché la miniatura di Veroli trae di certo da altrefonti l’elaborata rappresentazione di interno,con le bifore di fondo e quelle scorciate sullepareti laterali, come anche la più complessaarticolazione spaziale, suggerita dai gruppi difigure; questa maggiore complessità ben cor-risponde alla data notevolmente più tarda chesi ipotizza per i fogli di Veroli, assegnabiliintorno agli anni quaranta del secolo.La miniatura perugina è certamente un riferi-mento centrale nella cultura di questo artistaed è particolarmente forte in questa immagi-ne, come si può vedere anche nel campo

azzurro sagomato, che accoglie una decora-zione a filetti di biacca, molto più ricca rispet-to a quella usata nelle altre miniature, e nellefoglie di acanto ricche e frastagliate, che siavvolgono morbidamente formando riccioli,ben diverse dalle rigide e geometriche decora-zioni vegetali abituali in questo miniatore(fig. 12).Particolarmente vicino al miniatore dell’An-tifonario smembrato è l’autore della miniatu-ra con Porta Santa Susanna nella Matricola eStatuti dei Notai di Perugia (Milano, Bibliote-ca Nazionale Braidense, ms. AC.XIV.43),attribuito da Todini al Maestro della Matrico-la dei Beccai57: in questa immagine ritroviamoil tipo di sfondo quadrettato, un analogo mododi panneggiare rigido e corposo, e anche simi-li lineamenti decisi, oltre al trattamento grafi-co del coronamento architettonico. Il riferi-mento alla miniatura umbra, tuttavia, nelminiatore di Veroli, a mio avviso, è mediatoattraverso un’altra area culturale.La cultura umbra rappresenta certamente unmodello costante per questo miniatore, ma lasua formazione si può forse ricondurre a unambito diverso, vicinissimo a quello umbro diprimo Trecento e fondamentale per i suoi rap-porti artistici con l’area napoletana: quelloabruzzese. La miniatura abruzzese dellaprima metà del Trecento attinge, infatti, moltecomponenti da quella umbra, come si puòvedere, ad esempio, nell’opera di Guglielmodi Berardo da Gessopalena, datata al 1337, incui si possono rintracciare con precisionemodelli perugini58.Il modo di dipingere i volti grigiastri, in cuispiccano lunghi occhi allungati, con un’inter-pretazione indurita e semplificata delle fisio-nomie giottesche, deriva, invece, a mio avvi-so, dai precedenti corali di Santa Maria Mag-giore a Guardiagrele59. La possibilità, da pocomeno di un anno, di poter studiare di nuovo leimmagini di due codici del gruppo rubato nel1979, felicemente recuperati, conferma anchele affinità dal punto di vista cromatico60.Nonostante nei codici di Guardiagrele i tonisiano più tenui e meno vivaci, la gamma cro-matica è particolarmente affine, e, soprattutto,simile appare la maniera di dipingere ampiezone compatte di colore puro. Nelle miniaturedi Guardiagrele, in particolare nel volumerecuperato con il Santorale dell’Antifonario,si trovano figure dagli occhi allungati, checostituiscono un immediato precedente perquelle dell’Antifonario di Veroli, come si

11. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Antifonario:miniatore napoletano dicultura abruzzese, Maestrodel Salomone dellaCasanatense, inizialeistoriata con laPresentazione al Tempio,f. 36.

131

osserva ad esempio nelle grandi figure di Gio-vanni battista (f. 91r), con gli occhi affilati e ilnaso dritto, e in quelle di san Pietro e di sanPaolo (ff. 106v, 117v); anche il modo dicostruire il panneggio con veloci pennellate,le tipologie degli sfondi quadrettati rosa, alter-nati a quelli su fondo azzurro, ad esempionella santa Lucia (f. 17r), ed i motivi orna-mentali vegetali ricorrono nell’Antifonario diGuardiagrele.Basta confrontare le due Presentazioni alTempio (f. 38v nel codice di Guardiagrele e f.36v in quello di Veroli), però, per cogliere ilnotevole scarto cronologico che separa le dueopere. L’Antifonario frammentario di Veroli ècertamente successivo a quello di Guardiagre-le, datato tra il quarto e il quinto decennio delTrecento61, e ben si colloca alla fine del quin-to decennio del Trecento. È possibile, tuttavia,che quello della scuola di Guardiagrele sial’ambito in cui il miniatore dell’Antifonario diVeroli si era formato.La presenza di un miniatore di formazioneabruzzese a Napoli negli anni quaranta trovariscontro nel clima culturale e artistico dellacapitale angioina, in cui gli apporti di unascuola regionale importante come quellaabruzzese devono aver avuto un peso nonindifferente62.Nonostante nei fogli superstiti dell’Antifona-rio la destinazione alla Certosa di San Martino

non sia indicata da particolari indizi, tanto laconnessione con il Graduale già esaminato,quanto, soprattutto, il carattere napoletanodella seconda bottega che lo illustra, induconoa ipotizzare che anche questa serie liturgica siastata prodotta per la medesima destinazione.La Certosa napoletana era stata fondata daCarlo di Calabria nel 1325, ma i lavori eranoproseguiti dopo la sua morte, avvenuta nel1328, grazie a ripetuti finanziamenti diRoberto d’Angiò e poi di Giovanna I, a parti-re dal 1343, fino alla consacrazione dellaChiesa nel 136863.Anche se i primi Certosini vi si insediaronogià nel 1337, sotto la guida del Priore Rober-to da Siena, si deve supporre che il corredoliturgico – se i volumi qui esaminati ne face-vano parte – sia stato avviato con la ripresaavvenuta dopo l’ascesa al trono di Giovanna,nel 134364. I lavori per approntare il corredo dilibri liturgici della Certosa, iniziati con l’An-tifonario e conclusi con il Graduale, potrebbe-ro anche essere collegati direttamente o indi-rettamente alla sua iniziativa.La datazione dell’Antifonario durante il regnodi Giovanna, piuttosto che all’epoca di Rober-to, è confermata dal particolare legame cheuniva la regina ai Certosini, ai quali dedicòattenzioni ripetute durante i decenni65; ancheLuigi di Taranto e Niccolò Acciaiuoli furonoparticolarmente legati alla Certosa di SanMartino. Il Gran cancelliere – fondatore nel1342 della Certosa di Firenze – dimorò a SanMartino alla fine degli anni quaranta, nel1363 accrebbe il numero dei Certosini lì resi-denti e, prima di morire, nel 1365, vi fondòquattro cappelle66.A confermare la collocazione dell’Antifona-rio in ambito napoletano si aggiunge, infine,un’altra opera assegnabile al miniatore del-l’Annunciazione e anch’essa riferibile aNapoli.

Il Commento al Cantico dei Cantici dellaBiblioteca CasanatenseAl miniatore fin qui analizzato si può infattiassegnare con assoluta certezza un’immagineminiata in un codice dalla storia critica permolti versi simile a quello di Veroli. Il mano-scritto (Roma, Biblioteca Casanatense, ms970), assegnato ad area napoletana da GraziaSalvoni Savorini67, fu esposto alla Mostra Sto-rica Nazionale della Miniatura del 1953, conun riferimento ad area romana, ma è successi-vamente stato citato solo in modo marginale68.

12. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Antifonario:miniatore napoletano dicultura abruzzese, Maestrodel Salomone dellaCasanatense, inizialedecorata P di Preparatecorda vestra, f. 32r.

132

Nonostante sia stato esposto altre due volte, acausa delle miniature tardo duecentesche del-l’attuale incipit69, non si era finora rilevato chein effetti si tratta di un codice composito,costituito da due unità codicologiche del tuttodistinte. Le due parti sono state unite almenodal XVIII secolo, quando il volume facevaparte della biblioteca dei Francescani dell’A-racoeli70, certamente a causa dell’affinità deicontenuti: in entrambe sono infatti trascritteopere di commento del Cantico dei Cantici: ilCommentario di san Bernardo e una Exposi-tio metrica71. La prima parte, tuttavia, è effet-tivamente un codice umbro-romano di fineDuecento ed è priva di connessioni originariecon la seconda parte.Questa, costituita da pochi fascicoli (ff. 273-305), non ha nulla a che vedere con la prima:

è impaginata e rigata in modo diverso, tra-scritta in una scrittura differente e illustrata daminiatori ben più tardi, riconducibili a Napolie agli anni quaranta del Trecento. Il testo,peraltro incompleto, si apre con una grandeiniziale ornata e una tabella di incipit in scrit-tura distintiva; sono, inoltre, presenti unaseconda iniziale decorata e due illustrazioniaffrontate, raffiguranti re Salomone in trono(fig. 10) e una immagine didattico-allegoricacon Cristo, la Vergine e le personificazionidella Chiesa e della Sposa e dello Sposo delCantico dei Cantici (ff. 273v-274r). Quest’ul-tima miniatura non è stata eseguita dallo stes-so artista, ma si inserisce bene nell’ambitonapoletano, trovando confronti, in particolare,con alcuni miniatori della prima parte dellaBible moralisée angioina, ad esempio in alcu-ni fogli con scene della Creazione (ff. 5r-6v).La prima miniatura, con re Salomone in trono,mostra invece di essere stata eseguita precisa-mente dallo stesso artista dell’Antifonario diVeroli (fig. 10): il volto del sovrano è quasisovrapponibile a quello del re Davide (fig. 9),riconoscibile per gli occhi allungati, per i tonigrigiastri dell’incarnato, per il lungo naso sot-tile, come identiche sono le mani dalle ditasottili e il modo di panneggiare le vesti, daitoni brillanti, con veloci pennellate scure.Nulla induce ad accogliere una localizzazioneromana per quest’opera, eseguita nei decennicentrali del Trecento, in cui non si conosce aRoma un’attività miniatoria, dopo lo sposta-mento della curia ad Avignone. Tutto, invece,suggerisce di pensare ad un codice di produ-zione napoletana, realizzato nell’ambito delleminiature di tipo simbolico-allegorico tantoamate alla corte di re Roberto, come attestanola sua immagine tra le personificazioni delleVirtù all’inizio della Bibbia di Lovanio(Bibliotheek Faculteit Godgeleerdheid, FondsGroot Seminarie Mecheln, Cod. 1), o quellenei codici contenenti il Panegirico di Conve-nevole da Prato (Firenze, Biblioteca Naziona-le, B.R. 38; Londra, British Library, Royal6.E.9)72. L’esecuzione della miniatura allegori-ca da parte di artisti legati alla Bible moraliséeconferma questa ipotesi di localizzazione econtribuisce a localizzare l’attività dell’arti-sta, che possiamo denominare Maestro delSalomone della Casanatense, nella Napoli delquinto decennio del Trecento, come già ipo-tizzato anche per i fogli dell’Antifonario con-servati a Veroli73.

13. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Antifonario:miniatore napoletano dicultura umbra, Noé allapresenza del Signore, f. 19r.

Il quarto gruppo di miniatori del ms. 10Più enigmatico da delineare è il profilo delsecondo gruppo di artisti attivi nell’Antifona-rio, che realizzano immagini legate da modiaffini, forse di radice umbra, da un’esecuzio-ne piuttosto frettolosa e da un livello qualita-tivo tutto sommato inferiore.Le miniature realizzate da tale gruppo si alter-nano a quelle del Maestro del Salomone dellaCasanatense nei fogli superstiti dello stessoAntifonario, come indica, tra gli altri indizicodicologici, anche la successione dellamedesima numerazione originaria, anche quiapposta sul verso dei fogli.Le immagini eseguite da questo, che potrebbeessere stato un atelier, ma anche un gruppo diartisti associati, a causa delle notevoli diffe-renze stilistiche dei vari componenti, non

133

sono unificate dalla gamma cromatica, e sonocollegate solo in parte dalla decorazione vege-tale; questa talvolta appare diversa nelle dieciiniziali istoriate, all’incipit di diversi punti delTemporale (ff. 17r, 19r, 20v, 21v, 22r, 23r, 24r,25r, 26v, 27r, 33r).I caratteri umbri di questo nucleo sono parti-colarmente evidenti negli elementi ornamen-tali, con lettere composte da acanto multicolo-re, che si espande nei margini, contenute entrocampi dai profili geometrici sagomati, dipintidi blu e ornati con filetti di biacca secondo inoti modelli perugini74. All’ambito umbrorimandano anche i racemi vegetali ed alcunefigure e composizioni, ad esempio a f. 23r,nell’immagine bipartita, con il profeta nellaparte inferiore e la figura di Cristo nella man-dorla in quello superiore.Non è escluso, tuttavia, che anche questogruppo di artisti possa avere avuto connessio-ni con l’area abruzzese, alla quale potrebberofar pensare le figure di Cristo, ai ff. 25r e 27r,e il telamone, in questo foglio, che ricorda lefigurazioni di questo tipo nei codici diGuglielmo di Berardo da Gessopalena (Cittàdel Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,Cappella Giulia XVII.2, f. 1r)75.Una lettura di questo gruppo di miniature inchiave napoletana risulta, tuttavia, efficaceper giustificare queste molteplici componentied anche per rintracciare i possibili modellidelle prime miniature, in cui si vedono profe-ti e fedeli inginocchiati davanti ad apparizionidivine o scene di predicazione (ff. 17r, 19r,20v, 22r, 23r, 24r).In particolare nelle immagini con Noé e Moséai ff. 19r e 22r, realizzate dal medesimo arti-sta (figg. 13, 14), i gruppi di folla inginoc-chiati, avvolti in ampi e morbidi panneggi, e ivolti barbati dei profeti e degli anziani indu-cono a pensare a reminiscenze di cicli affre-scati napoletani, un po’ come avviene per icicli miniati dalla bottega di Cristoforo Orimi-na rispetto alle opere di Giotto76. In questocaso, tuttavia, il riferimento figurativo sembrarintracciabile, piuttosto, nei gruppi di figuremonumentali degli affreschi napoletani di cul-tura romana di primo Trecento, legati all’atti-vità nella capitale angioina di Pietro Cavalli-ni77: ad esempio le figure e i panneggi dell’In-credulità di san Tommaso nel ciclo della chie-sa di Santa Maria Donnaregina, o volti comequello del san Simone della Cappella diSant’Aspreno nel Duomo78.

14. Veroli, BibliotecaGiovardiana, ms. 10,Frammenti di Antifonario:miniatore napoletano dicultura umbra, Mosé allapresenza del Signore, f. 22r.

ConclusioniIl corredo liturgico musicale della Certosa diSan Martino, dunque, se i volumi di Veroli nefacevano parte, sarebbe stato avviato all’epo-ca del regno di Giovanna I, salita al trono nel1343, in una delle fasi di ripresa dei lavorinella fondazione. È verosimile collocare aridosso di questa data l’Antifonario, eseguitonegli anni quaranta, mentre il Graduale, piùtardo, appare databile alla seconda metà deglianni sessanta, in concomitanza con l’inaugu-razione della Chiesa, dedicata alla Vergine e asan Martino, nel 1368.Seguendo tale ipotesi, si può altresì supporreche, in occasione dei radicali lavori di rifaci-mento della Certosa, avviati negli ultimi ventianni del XVI secolo, il corredo liturgicomedievale, ormai invecchiato, sia stato invia-to a Roma, nella sede dell’Ordine, e che qui sisia conservato in contiguità con i codici rea-lizzati, sempre alla fine del Cinquecento, perSanta Maria degli Angeli.Per questo motivo i quattro nuclei, tutti effet-tivamente passati per Santa Maria degli Ange-li, sarebbero stati oggetto di smembramentoinsieme, all’inizio del Settecento, ritrovandosipoi tutti in vendita presso “Pietro N, pellaro etantiquario”, dal quale padre Giovardi ebbeoccasione di acquistarli nel 1726.È possibile ulteriormente ipotizzare che il tra-mite per far pervenire a Roma i due librinapoletani sia stato Andrea Mazario, che,prima di essere nominato priore di SantaMaria degli Angeli, nel 1573, era stato profes-so di San Martino a Napoli79. Poiché dallanota relativa al furto del 1897 si apprende chesul foglio un tempo datato 1576, verosimil-mente l’attuale f. 48r, in cui la data appareoggi erasa, vi era anche il nome del priore“Andreas de Buzzario. Prior 1576”80, possia-mo ritenere che si tratti senz’altro dello stessopersonaggio, il cui cognome è stato deforma-to nella tardiva annotazione del furto.Andrea Mazario è certamente stato il commit-tente dell’ultimo nucleo (ff. 47-48), datato1576-1577, ma è del tutto verosimile cheanche il passaggio dei volumi più antichi dallaCertosa napoletana a Roma, e la loro unionecon i volumi cinquecenteschi, possano esserecollegati a questo personaggio, che costituisceun tramite precisamente tardo cinquecentescotra le due Certose.Non è escluso, infine, che il foglio con l’im-magine di Davide nella terza sezione del ms.10 (f. 39r), con i ripetuti richiami a sant’Elena

e a santa Costanza, non sia invece da conside-rare pertinente alla fondazione di Santa Crocein Gerusalemme: il terzo nucleo (ff. 39-46)sarebbe, quindi, precedente di qualche decen-nio rispetto al quarto nucleo (ff. 47-48) edanche al trasferimento dei Certosini dall’unaall’altra sede romana, avvenuto nel 156181.I frammenti di libri liturgici musicali conser-vati nel ms. 10 di Veroli costituiscono unnucleo di miniature di straordinaria importan-za per ricostruire il contesto della miniaturanapoletana dei decenni centrali del Trecento.Portando alla luce l’opera di almeno quattrodiverse botteghe, due databili negli anni qua-ranta e due negli anni sessanta, essi apronouna visuale molto più ampia e articolata suquesto arco del secolo, in genere conosciutoesclusivamente attraverso l’opera di Cristofo-ro Orimina. Questo miniatore, eccezionale perqualità artistica e per la singolarità delle opereprodotte, sembra essersi specializzato nell’il-lustrazione narrativa di Bibbie e di romanzicavallereschi e aver intrattenuto un rapportoparticolarmente stretto con la corte angioina,tanto all’epoca di Roberto quanto in quella diGiovanna82: in tal modo la sua opera può averoscurato quella di altre botteghe, che doveva-no senz’altro essere attive in un contesto cul-turalmente vivace quale la Napoli angioina acavallo della metà del secolo.Il codice di Veroli, fra l’altro, sottolinea, attra-verso i fogli superstiti, che il patrimonio napo-letano di libri liturgici e, in particolare di libriper il canto, doveva essere ricchissimo, purrestando oggi sostanzialmente sconosciuto.Ben poca cosa sono infatti i frammenti dicorali certosini qui esaminati, insieme allepoche opere della bottega di Cristoforo Ori-mina, come il foglio di Graduale di Cleve-land83, e i due Messali, i due Breviari e i dueSalteri conosciuti84, rispetto alla grande quan-tità di libri liturgici che dovevano assolverealle necessità delle numerosissime chiese cit-tadine. La sopravvivenza delle straordinarieopere per la corte, con il loro passaggio diproprietà circoscritto alle più alte sfere delcollezionismo librario, ha evidentemente sal-vaguardato tali opere, conservandole mate-rialmente e rendendole oggetto di studio e diattenzione fin dalla fine dell’Ottocento85. Ladispersione quasi totale di cui sono statioggetto i libri liturgici rende invece questi rariesempi superstiti particolarmente preziosi,perché aprono uno squarcio su una produzio-ne di certo ampia e ricchissima di interesse.

134

1) Desidero ringraziare Mons. Celestino Noce, che, insie-me al bibliotecario, Dott. Paolo Scaccia Scarafoni, mi haaccolto nella Biblioteca Giovardiana, agevolando in ognimodo le mie ricerche. Per le notizie storiche relative ai fo-gli di Veroli sono debitrice del fondamentale aiuto delDott. Scaccia Scarafoni. Per una descrizione analitica del-le miniature e dell’attuale struttura del manoscritto, chenon è stato possibile pubblicare in questa sede, rimandoad un altro contributo su questa straordinaria raccolta diincipit miniati.2) F. MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottegaOrimina, un Graduale smembrato e la figura di un ano-nimo miniatore napoletano del Trecento, in Storie di Arti-sti. Storie di Libri. L’Editore che inseguiva la Bellezza.Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, Roma 2008, pp.293-312; Giotto e il Trecento. “Il più Sovrano Maestrostato in dipintura”. Le opere, catalogo della mostra (Ro-ma, Museo Centrale del Risorgimento, 6 marzo-29 giu-gno 2009) a cura di A. Tomei , Milano 2009, scheda 135,pp. 303-305 (F. Manzari).3) Sulla Certosa di San Martino a Napoli si veda B.TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica del Pa-triarca S. Brunone e del suo ordine Cartusiano, 10 voll.,Napoli 1773-1779: per la consacrazione della chiesa, inparticolare: VI, 1777, p. 22.4) Vittorio Giovardi (Veroli 1699-Roma 1786), storico egiurista, fu membro dell’Arcadia e importante figura dierudito nella Roma del Settecento: Giovardi, Vittorio, inDizionario Biografico degli Italiani, 56 (2001), pp. 400-402 (a cura di G.G. Fagioli Vercellone). Sulla Bibliotecae sul fondatore si rimanda a P. SCACCIA SCARAFONI, Vero-li. Biblioteca Giovardiana, in I manoscritti datati d’Italia.Province di Rieti, Frosinone, Viterbo, Firenze 2007, pp.45-62.5) SCACCIA SCARAFONI, Veroli. Biblioteca Giovardianacit., pp. 52-54.6) Sull’acquisto dei manoscritti si veda SCACCIA SCA-RAFONI, Veroli. Biblioteca Giovardiana cit., pp. 50, 54.7) M.B. GUERRIERI BORSOI, Il cavaliere Girolamo Odam:erudizione e disegni di un arcade romano, ‘Studiolo’, 7(2009), pp. 161-180: 166-167.8) Sull’uso della miniatura come fonte iconografica perlo studio della cultura materiale del Medioevo si veda S.MORETTI, La miniatura medievale nel Seicento e nel Set-tecento: fra erudizione, filologia e storia dell’arte, ‘Rivi-sta di Storia della Miniatura’, 12 (2008), pp. 137-148. Unesempio di primo Seicento è, inoltre, nelle immagini deiCanonici di San Pietro, copiate negli InstrumentaAuthen-tica di Giacomo Grimaldi a causa dell’interesse per il lo-ro abbigliamento: F. MANZARI, Gli antifonari tardodue-centeschi per i Canonici della Basilica di S. Pietro a Ro-ma, ‘Arte Medievale’, n.s., III (2004), 1, pp. 71-84.9) F. CRIVELLO, Il Medioevo riprodotto: incisioni e lito-grafie negli studi storici e antiquari, in Arti e storia nelMedioevo. IV. Il Medioevo al passato e al presente, a cu-ra di E. Castelnuovo e G. Sergi, Torino 2004, pp. 625-647.10) Si veda l’ottima panoramica della situazione romanaproposta da MORETTI, La miniatura medievale nel Sei-cento cit. Tra le personalità per le quali viene argomenta-ta “una crescente sensibilità rivolta all’ornamentazionedel codice” vi sono, tra gli altri, Anton Francesco Gori eAngelo Maria Bandini, entrambi in rapporto con Giovar-di (MORETTI, La miniatura medievale nel Seicento cit.,pp. 142, 147, n. 57, 148, n. 62).11) SCACCIA SCARAFONI, Veroli. Biblioteca Giovardianacit., pp. 58-59.12) Veroli, Biblioteca Giovardiana, busta “Descrizione dioggetti d’arte della città di Veroli”, coll. 54.7.1: SCACCIA

SCARAFONI, Veroli. Biblioteca Giovardiana cit., p. 54, n.65.13) Su questi temi esiste ormai un’ampia bibliografia; sivedano in particolare A.N.L. MUNBY, Connoisseurs andMedieval Miniatures. 1750-1850, Oxford 1972; R.

135

WIECK, Folia fugitiva. The Pursuit of the IlluminatedManuscript Leaf, ‘Journal of the Walters Art Gallery’, 54(1996), pp. 233-254; R. WATSON, Illumination and Illu-minated Manuscripts in the 19th Century: a Survey of theresponses in England, France and Germany to the Re-vival of a Medieval Art form, London 1997; R. WATSON,Educators, collectors, fragments and the “Illuminations”collection at the Victoria and Albert Museum in the Nine-teenth century, in Interpreting and Collecting Fragmentsof Medieval Books, edited by L. Brownrigg and M.M.Smith, Los Altos Hills (CA) 2000, pp. 21-46; ManuscriptIllumination in the Modern Age, edited by S. Hindman,M. Camille, N. Rowe, R. Watson, Evanston 2001; R.WATSON, Illuminated Manuscripts and their Makers,London 2003; The Revival of Medieval Illumination. Re-naissance de l’enluminure medieval, edited by T. Coo-mans, J. De Maeyer, Leuven 2007; MORETTI, La miniatu-ra medievale nel Seicento cit.; F. MANZARI, Codici minia-ti nella Biblioteca Corsini: erudizione e bibliofilia agli al-bori del collezionismo della miniatura, in I Corsini tra Fi-renze e Roma. Aspetti della politica culturale di una fa-miglia papale tra Sei e Settecento, Atti del convegno a cu-ra di E. Kieven (Roma, 27-28 gennaio 2005, Palazzo Fon-tana di Trevi), pp. 133-144, in corso di stampa. Sulla fi-gura di William Young Ottley in relazione al collezioni-smo di miniature è in corso di svolgimento una tesi di dot-torato presso il Courtauld Institute: A. M. EZE, TheMarket for Illuminated Manuscripts in Eighteenth andNineteenth Century Italy: Luigi Celotti, William YoungOttley, and some Contemporaries.14) MANZARI, Codici miniati nella Biblioteca Corsini cit.15) Scaccia Scarafoni ha sottolineato l’eclettismo del suocollezionismo librario, indirizzato all’acquisizione deimateriali che concretamente vengono proposti (SCACCIA

SCARAFONI, Veroli. Biblioteca Giovardiana cit., p. 62).16) Anche nella seconda parte, in cui ci sono fogli coniniziali decorate, si tratta sempre di miniature di grandidimensioni.17) C. SCACCIA SCARAFONI, I Manoscritti della Bibliote-ca Giovardiana di Veroli, Firenze 1925 (1926), p. 8; Artenel Frusinate dal XII al XIX secolo: Mostra di opere d’ar-te restaurate a cura della Soprintendenza delle Galleriedel Lazio, catalogo della mostra (Frosinone, palazzo del-la Provincia) a cura di C. Maltese, Roma 1961, p. 28; F.TODINI, Gli antifonari di San Domenico e la miniatura aPerugia nel primo Trecento, in Francesco d’Assisi. Docu-menti e Archivi. Codici e Biblioteche. Miniature, Milano1982, pp. 218-222: 219, 222; Catalogo dei più antichimanoscritti della Biblioteca Giovardiana di Veroli, Roma1996, scheda 10, pp. 43-45 (G.T. Colesanti, S. Magrini);M. G. CIARDI DUPRÉ DAL POGGETTO, La miniatura delTrecento in Italia centrale, in La miniatura in Italia. Daltardoantico al Trecento con riferimenti al Medio Orientee all’Occidente europeo, a cura di A. Putaturo DonatiMurano, A. Periccioli Saggese, Napoli 2005, pp. 206-225: 224.18) P. TOESCA, Monumenti e studi per la storia della mi-niatura italiana. La collezione di Ulrico Hoepli, Milano1930, p. 730, num. LXX, tav. LXI.19) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit.20) Ringrazio Paolo Scaccia Scarafoni per avermi fornitola trascrizione di tale relazione: Veroli, Archivio della Bi-blioteca Giovardiana, Documenti e corrispondenza relati-vi alla B G di V. III, Fasc. Bibliotecario Vincenzo Caper-na, 1897-1919, Corrispondenze, binione con relazioneautografa.21) Nonostante la fondazione di una Certosa nelle Termedi Diocleziano fosse stata progettata fin dagli anni ses-santa del Trecento, la sede prescelta era poi stata SantaCroce in Gerusalemme. I Certosini si spostarono da lì aSanta Maria degli Angeli solo nel 1561: TROMBY, Storiacritico-cronologica diplomatica cit., X, 1779, p. 271.

22) Per san Bruno: J. HALL, Dictionary of Subjects andSymbols in Art, London (1974), ed. cons. 1984, pp. 53-54;Bruno, in Bibliotheca Sanctorum, III (1963), coll. 562-569 (a cura di M. A. Calabrese); per sant’Ugo: Ugo, in Bi-bliotheca Sanctorum, XII (1969), coll. 759-763 (a cura diM. O. Garrigues).23) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit., pp. 310-312; ma per questa soluzione si vedagià F. MANZARI, La miniatura nel secolo di Giotto, inGiotto e il Trecento.“Il più Sovrano Maestro stato in di-pintura”. I saggi, catalogo della mostra (Roma, MuseoCentrale del Risorgimento, 6 marzo-29 giugno 2009) acura di A. Tomei, Milano 2009, pp. 271-289: 284-285.24) TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica cit.,VI, 1777, p. 312.25) Ibidem, pp. 300-301, 310-312.26) Sui due libri liturgici (Biblioteca Casanatense, ms.450 e 1394): G. SALVONI SAVORINI, Di alcuni codici mi-niati della Biblioteca Casanatense, ‘La Bibliofilia’,XXXVI (1934), pp. 61-78: 68-71.27) Per la fondazione, proseguita dopo la morte di Napo-leone, nel 1369, dal solo Nicola Orsini, si veda: TROMBY,Storia critico-cronologica diplomatica cit., VII, 1777, pp.1-2.28) Per l’arcivescovo Bernard de Bosqueto (o du Bou-squet), originario di Cahors, nominato cardinale nel 1367,e per il cardinale limosino Guillaume d’Aigrefeuille ri-mando a: F. MANZARI, La miniatura ad Avignone al tem-po dei papi, Modena 2006, pp. 137, 151, 165, 186, 229.Su Bernard anche: D. AMBRASI, La vita religiosa, in Sto-ria di Napoli, III, Roma 1969, pp. 437-573: 466, 558.29)Urbano V, in Enciclopedia dei Papi, II (2000), pp.542-550 (a cura di M. Hayez).30) TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica cit.,VI, 1777, p. 322, 330.31) G. GALASSO, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno an-gioino e aragonese (1266-1494), Torino 1992 (Storia d’I-talia, XV.1), p. 208; M. GAGLIONE, Donne e potere a Na-poli. Le sovrane angioine: consorti, vicarie e regnanti(1266-1442), Napoli 2009, p. 280.32) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit., pp. 301-310.33) MANZARI, La miniatura nel secolo di Giotto cit., pp.284-285.34) Oltre ai due contributi già citati nelle note preceden-ti, per questo codice rimando a: F. MANZARI, Le psautieret livre d’heures de Jeanne I d’Anjou, pratiques françai-ses de dévotion et exaltation dynastique à la cour de Na-ples, ‘L’Art de l’Enluminure’, 32, 2010, pp. 2-73.35) Giotto e il Trecento. “Il più Sovrano Maestro stato indipintura”. Le opere cit., pp. 303-305 (F. Manzari).36) Ibidem, p. 303.37) Ibidem, pp. 303-304.38) Sulla pittura e sulla miniatura angioina in generale sirimanda, naturalmente, ai numerosi studi di FerdinandoBologna, Alessandra Perriccioli Saggese e Pier LuigiLeone de Castris; in particolare: F. BOLOGNA, I pittori al-la corte angioina di Napoli. 1266-1414, Roma 1969; P. L.LEONE DE CASTRIS, Arte di Corte nella Napoli angioina.Da Carlo I a Roberto il Saggio, Firenze 1986; A. PERRIC-CIOLI SAGGESE, La miniatura in Italia meridionale in etàangioina, in La miniatura in Italia. Dal tardoantico alTrecento con riferimenti al Medio Oriente e all’Occiden-te europeo, a cura di A. Putaturo Donati Murano e A. Pe-riccioli Saggese, Napoli 2005, pp. 235- 246, oltre ai con-tributi di Alessandro Tomei sulla pittura napoletana e suPietro Cavallini, in particolare: A. TOMEI, Libri miniati traRoma, Napoli e Avignone, in Roma, Napoli, Avignone. Ar-te di curia, arte di corte. 1300-1377, a cura di A. Tomei,Torino 1996, pp. 177-199; IDEM, Pietro Cavallini, Cini-sello Balsamo 2000. Per una puntuale ricognizione bi-bliografica si rimanda alla recente sintesi di Stefania Pao-ne: S. PAONE, Giotto a Napoli. Un percorso indiziario tra

136

fonti, collaboratori e seguaci, in Giotto e il Trecento.“Ilpiù Sovrano Maestro stato in dipintura”. I saggi, catalo-go della mostra a cura di A. Tomei (Roma, Vittoriano Mu-seo Centrale del Risorgimento, 6 marzo-29 giugno 2009),Milano 2009, pp. 179-195. Uno stato degli studi sullaproduzione artistica dell’epoca di Giovanna I si trova in F.FABBRI, Arte di corte e arte baronale al crepuscolo delladinastia angioina (1343-1382), in Universitates e Baro-nie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempodei Durazzo, Atti del Convegno (Guardiagrele-Chieti, 9-11 novembre 2006), a cura di P.F. Pistilli, F. Manzari e G.Curzi, Pescara 2008, I, pp. 215-240.39) Les manuscrits à peintures de la Bibliothèque Muni-cipale d’Avignon. XI-XVI siècles, catalogo della mostra(Avignon, 2-25 juin 1993), Avignon 1993, Missel romain,pp. 32-36 (M.-C. Léonelli).40) M. MEISS, French Painting at the Time of Jean de Ber-ry. The Late Fourteenth Century and the Patronage of theDuke, 2 voll., London 1967: I, pp. 27-28.41) Dix siècles d’enluminure italienne (VI-XVI siècles),catalogo della mostra (Paris, 8 marzo-30 maggio 1984),Paris 1984, scheda 63, pp. 76-78 (F. Avril); Giotto e il Tre-cento. “Il più Sovrano Maestro stato in dipintura”. Leopere cit., scheda 133, pp. 298-299 (M. Besseyre).42) Ringrazio Marco Bussagli per le sue preziose indica-zioni a questo proposito. Per gli angeli barbati si veda: M.BUSSAGLI, Storia degli angeli: racconto di immagini e diidee, Milano 1991, pp. 53-56.43) Si veda MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bot-tega Orimina cit.44) Per la figura di Cristoforo Orimina si vedano, in par-ticolare, Orimina, Cristoforo, in The Grove Dictionary ofArt, XXIII (1996), pp. 505-506 (a cura di P. L. Leone deCastris); Orimina, Cristoforo, in Enciclopedia dell’ArteMedievale, VIII (1997), pp. 870-871 (a cura di A. Perric-cioli Saggese); Orimina Cristoforo, in Dizionario biogra-fico dei miniatori italiani, a cura di M. Bollati, Milano2004, pp. 838-840 (a cura di A. Perriccioli Saggese); A.PERRICCIOLI SAGGESE, La miniatura in Italia meridionalein età angioina, in La miniatura in Italia. Dal tardoanti-co al Trecento con riferimenti al Medio Oriente e all’Oc-cidente europeo, a cura di A. Putaturo Donati Murano eA. Periccioli Saggese, Napoli 2005, pp. 235- 246. Per leBibbie miniate da questa bottega si veda A. BRÄM, Nea-politanische Bilderbibeln des Trecento. Anjou-Buchmale-rei von Robert demWeisen bis zu Johanna I, 2 voll., Wies-baden 2007.45) A. PERRICCIOLI SAGGESE, I romanzi cavallereschi mi-niati a Napoli, Napoli 1979, pp. 60-61.46) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit., pp. 305-307.47) Ugo di Lincoln, in Bibliotheca Sanctorum, XII(1969), coll. 765-768 (a cura di C. Mocchegiani Carpa-no).48) Si vedano le figure inserite nello Speculum historialedi Cava dei Tirreni (Biblioteca dell’Abbazia, ms. 26, f.1r), datato agli anni venti: per questo codice e i suoi rap-porti con la pittura e miniatura napoletane dell’inizio delTrecento: S. PAONE, Gli Affreschi di S. Maria Donnaregi-na Vecchia: percorsi stilistici nella Napoli angioina, ‘Ar-te Medievale’, n.s., III (2004), 1, pp. 87-118.49) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit.50) Ibidem, pp. 309-310.51) Nell’angolo inferiore del recto è scritto, in numeriarabi e con grafia moderna: 70. Sul verso non è visibilela numerazione originaria e i due numeri moderni, appo-sti a matita – 37 in alto e 70 in basso –, sono in posizionidiverse rispetto a quelle aggiunte nei fogli di Veroli; talidifferenze suggeriscono che sia nel foglio Cini che inquelli di Veroli le numerazioni moderne siano state ag-giunte dopo il furto del 1897, nel corso del Novecento.52) “Nel prendere dallo scaffale il volume delle pergame-

ne, al solo stringerlo tra le mani, senza che l’aprissi, miaccorsi che mancava molto più del solo foglio della Crea-zione. Incominciai a riordinarlo alla continua presenza didon Luca e Celestino. Dopo che ebbi controllato i fogli,vidi che ne mancavano ventuno; più mancava l’Officiodella Beata Vergine, scritto in pergamena con miniature”.Questo, più avanti, viene citato come “scritto in bella pa-leografia, in pergamena con miniature dorate”: Relazio-ne, cit: Doc. 1, pp. 1-2. Il Caperna racconta poi di essersirecato a Roma, per cercare di recuperare sul mercato an-tiquario i fogli sottratti.53) TOESCA, Monumenti e studi cit., p. 730.54) Giotto e il Trecento. “Il più Sovrano Maestro”. Leopere cit., pp. 303-305 (F. Manzari).55) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit., p. 295.56) TODINI, Gli antifonari di San Domenico e la miniatu-ra a Perugia cit., pp. 219, 222.57) Per il codice: Miniature a Brera. 1100-1422. Mano-scritti della Biblioteca Nazionale Braidense e da Colle-zioni private, catalogo della mostra (Milano, BibliotecaBraidense, 11 febbraio-23 aprile 1997), a cura di M. Bo-skovits, scheda n. 26, pp. 180-185, (A. Galli); Galli dataquesta miniatura al 1318, tuttavia gli Statuti vanno dal1316 al 1334. Per uno stato degli studi su questo miniato-re: Maestro della Matricola dei Beccai, in Dizionariobiografico dei miniatori italiani, a cura di M. Bollati, Mi-lano 2004, pp. 538-540 (a cura di M. Santanicchia).58) Rimando alla mia analisi del Graduale realizzato daquesto miniatore nel 1337 per i Canonici di San Pietro: F.MANZARI, Contributi sulla miniatura abruzzese del Tre-cento: il Graduale miniato da Guglielmo di Berardo daGessopalena e la produzione della prima metà del seco-lo, in L’Abruzzo in età angioina. Arte di frontiera tra Me-dioevo e Rinascimento Atti del Convegno Internazionaledi Studi (Chieti, Università G. D’Annunzio, 1-2 aprile2004), a cura di D. Benati e A. Tomei, Cinisello Balsamo2005, pp. 181-199. Su questo miniatore anche Guglielmodi Berardo da Gessopalena, in Allgemeines KunstlerLexicon, LXV, München 2009, p. 104 (a cura di F. Man-zari). Sui rapporti tra Abruzzo e Umbria, più in generale:F. ABBATE, Storia dell’Arte nell’Italia meridionale. Il Sudangioino e aragonese, Roma 1998, pp. 72-74.59) Sui corali di Guardiagrele: G. CORSO, I manoscrittiminiati di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele, Pesca-ra 2006. Per i rapporti con l’Umbria si vedano in partico-lare le pp. 41-42.60) Degli otto codici rubati nel 1979 si stanno recuperan-do frammenti e interi volumi. Dopo il ritrovamento nel2004 del foglio con la Pentecoste, staccato dall’Antifona-rio (F. MANZARI, Il ritrovamento del foglio con la Pente-coste dall’antifonario rubato di Guardiagrele, ‘Arte Me-dievale’, n.s., III (2004), 2, pp. 139-141), altri due volu-mi, felicemente integri, sono stati recuperati dal NucleoTutela dei Carabinieri, grazie al reperimento di tutte le fo-to superstiti effettuato da Giorgia Corso nel volume cita-to; in seguito al ritrovamento dei due volumi è attualmen-te in corso di preparazione una seconda edizione di que-sto testo. Ho, infine, rintracciato un ulteriore foglio stac-cato, raffigurante il Battesimo di Cristo, messo all’asta daChristies nel 2002 (catalogo d’asta del 20.11.2002, n. 13);per questo foglio tuttavia sono tuttora in corso le opera-zioni di recupero.61) CORSO, I manoscritti miniati di Santa Maria Maggio-re cit., pp. 109-113.62) ABBATE, Storia dell’Arte nell’Italia meridionale cit.,pp. 73-76.63) Per la documentazione relativa ai successivi finanzia-menti e privilegi, prima da parte di Roberto, nel 1329 enel 1336, e poi da parte di Giovanna, a partire dal 1343, epoi nel 1347, 1350, 1354, 1363, si veda: TROMBY, Storiacritico-cronologica diplomatica cit., VI, 1777, pp. 148,155, 162, 177-178, 184, 187, 194, 206-208, 241 e passim.

64) Ibidem, pp. 187, 206-208.65) Ad essi affidò nel 1372 la struttura ospedaliera dellachiesa dell’Incoronata: P. VITOLO, La chiesa della Regina.L’Incoronata di Napoli, Giovanna I d’Angiò e Robertod’Oderisio, Roma 2008, pp. 19-20, 30-34, 131-132.66) TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica cit.,VI, 1777, pp. 177-178, 215, 230-231 , 241, 260, 294, 305,314.67) La studiosa vi rintracciava l’influsso dei Lorenzetti:SALVONI SAVORINI, Di alcuni codici miniati cit., pp. 72-73.68) Mostra Storica Nazionale della Miniatura, a cura diG. Muzzioli, Firenze 1953, scheda 414, p. 262, tav. LXb.Salmi collegava il codice alla scuola napoletana, pur con-siderandolo eseguito a Roma: M. SALMI, La miniaturaitaliana, Milano 1954 (2 ed. 1956), p. 35.69) Francesco d’Assisi. Documenti e Archivi. Codici e Bi-blioteche. Miniature, Milano 1982, scheda 109, p. 360(M. G. Ciardi Dupré Dal Poggetto); BonifacioVIII e il suotempo. Anno 1300: Il primo Giubileo, catalogo della mo-stra (Roma, Palazzo Venezia, 11 aprile-16 luglio 2000),Milano 2000, scheda 159, pp. 203-204 (D. Verzilli).70) Come indicato dalla nota di possesso al f. 1r e dalladescrizione del contenuto, datata 1736, sul secondo fogliodi guardia.71) Manoscritto membr., mm. 250x190, ff. 305. La se-conda parte, contenente i Cantica canticorum versibusexposita, costituita da tre fascicoli, occupa i ff. 273-305.Le due parti sono state rifilate per avere le stesse dimen-sioni, ma la scrittura, l’impaginazione, la rigatura e le di-mensioni dello specchio scrittorio sono differenti. Il fa-scicolo XXIV non è un settenione meno due fogli, comeè stato proposto (BonifacioVIII cit., p. 203), bensì un nor-male quinterno (ff. 273-282), agganciato agli ultimi duefogli dell’unità codicologica che costituisce la prima par-te: i ff. 271 e 272 si agganciano a quelli successivi attra-verso due unghie. Il fascicolo seguente è un quinterno re-golare (ff. 283-292). L’ultimo fascicolo è un senione (ff.293-304) con agganciato un foglio in più (305), che co-stituisce l’unico resto della fine del testo che manca, poi-ché l’opera si presenta priva della fine. Nella secondaparte – del tutto priva di relazione con la prima, databilealla fine del Duecento – sono contenute solo le due mi-niature a piena pagina affrontate ai ff. 273v-274r, prece-dute da una grande iniziale decorata accompagnata da li-nee di scrittura distintiva, a f. 273r, e seguite da una pic-cola iniziale decorata, a f. 274v.72) Sulla Bibbia di Lovanio, della quale è in corso di pre-parazione un facsimile, si veda la monumentale opera diAndreas Bräm dedicata alle bibbie napoletane: BRÄM,Neapolitanische Bilderbibeln des Trecento, cit.73) Sulla possibilità di vedere in Roberto il destinatariodel frammento con il Commento in versi, proprio per lapresenza di Salomone, è necessario lavorare più a fondo.Suggestivo in proposito il volume di S. KELLY, The NewSolomon: Robert of Naples (1309-1343) and Fourteenthcentury Kingship, Leiden 2003.74) Sulla miniatura perugina: M. SUBBIONI, La miniaturaperugina del Trecento: contributo alla storia della pittu-ra in Umbria nel quattordicesimo secolo, 2 voll., Perugia2003.75) MANZARI, Contributi sulla miniatura abruzzese delTrecento cit.76) Su questo complesso problema, posto per la primavolta da Erbach Von Fürstenau (A. ERBACH VON FÜRSTE-NAU, Pittura e miniatura a Napoli nel secolo XIV, ‘L’Ar-te’, VIII (1905), pp. 1-17), rimando allo studio di Ales-sandra Perriccioli Saggese (A. PERRICCIOLI SAGGESE, Mo-delli giotteschi nella miniatura napoletana del Trecento,in Medioevo. I modelli, Atti del convegno internazionaledi studi (Parma, 27 settembre-1 ottobre 1999), a cura diA. C. Quintavalle, Milano 2002, pp. 661-667) e ad alcu-ne considerazioni in MANZARI, La miniatura nel secolo diGiotto cit., p. 283. Il problema investe la pittura napoleta-

137

AbstractIlluminators from Naples and central Italy in thefragments from 14th century chorals for a chartreusecollected by Vittorio GiovardiThis article examines a collection of detached illuminat-ed leaves, which, besides documenting an early exampleof miniature collecting, sheds light on four little knownateliers, active in Naples at the middle of the 14th century.It is suggested that the two liturgical series from whichthe leaves were detached – a Gradual (ff. 1-13) and an An-tiphonary (ff. 14-38) – were originally made for the Char-treuse of St Martin in Naples.The large illuminated initials from the Gradual can be as-signed to two different Neapolitan workshops, also activejointly in two other manuscripts datable to the 1360s. Thehead of one of these two ateliers was an illuminatortrained in the workshop of Cristoforo Orimina, workingas an independent artist both in the Veroli leaves and inthe Vienna Book of Hours. An illuminated leaf with theResurrection, now in Venice, can be assigned to this artistand it is extremely likely that it was detached from thesame Gradual as the Veroli leaves. The other workshopwas led by the author of the full-page Crucifixion in theAvignon Missal. Rubrics indicate the Carthusian use ofthis liturgical book and the emphasis on St. Martin sug-gests that the Gradual was made for the Neapolitan Char-treuse, perhaps in the years before the inauguration cere-mony, held in 1368 in the presence of the archbishopBernard de Bosquet, connected to the Avignon Missal,and the queen Jeanne of Anjou, who systematically fi-nanced the building of the Chartreuse, founded by her fa-ther Charles of Calabria.The Antiphonary was certainly illuminated at an earlierdate and it is likely to have been made for the same des-tination. The two workshops active in it seemed to workin parallel, as with the other two ateliers, but these illu-minated leaves must be dated to the first half of the cen-tury. One of the two groups is composed of Central Ital-ian artists, very close to Umbrian mid-14th century art,and possibly coming from that area. The other illumina-tions from the Antiphonary are by a single artist, whoseorigins can be traced to the Abruzzi. We may further as-sign to this artist part of a manuscript, presumably alsomade in Naples for the Anjevin court (Casanatense, ms.970). If the Antiphonary was also made for St. Martin,it is possible that it dates from the early 1340s, whenJeanne took up the patronage of the completion of theCharterhouse.Both series were eventually sent to Rome, presumably inthe late 16th century. The leaves bear notes made in theRoman Chartreuse of S. Maria degli Angeli, from whichthey were taken, to be put on sale, together with two smallportions of 16th century choir books from the same Char-terhouse.

138

na in generale: si veda in proposito VITOLO, La chiesadella Regina. L’Incoronata di Napoli cit., pp. 59-63.77) Su Cavallini e la pittura romana a Napoli: TOMEI, Pie-tro Cavallini cit. e PAONE, Gli Affreschi di S. Maria Don-naregina Vecchia cit.78) TOMEI, Pietro Cavallini cit., p. 129, fig 112; L. DE

CASTRIS, Arte di corte nella Napoli angioina cit., p. 259,fig. 16.79) TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica cit.,X, 1779, p. 331, 366.80) Relazione, Doc. 2, p. 6.81) Tromby riferisce che il priore Antonio Satriani si tra-sferì “con tutta la sua famiglia, utensili e sacri arredi”:TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica cit., X,1779, p. 272.82) Vedi nota 43.83) L. DE CASTRIS, Arte di Corte nella Napoli angioinacit., pp. 376-381; IDEM, Giotto a Napoli, Milano 2006,pp. 129-132.84) MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Ori-mina cit., p. 296. Oltre al Messale di Avignone qui citato(Avignone, Bibliothèque Municipale, ms 138) è stato re-centemente messo in vendita un Messale per Angelo Ac-ciaiuoli, tuttora visibile nel sito dell’antiquario tedescoGünther, Sui Breviari (Escorial, Real Monasterio,A.III.12; Madrid, Biblioteca Nacional, N.C. 68/vit. 21-6)e sui Salteri (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Va-ticana, Vat. lat. 8183; Ginevra, Bibl. Publique et Univer-sitaire, Comites Latentes, ms 198, già 15): A. BRÄM, Illu-minierte Breviere: zur Rezeption der Anjou-Monumental-kunst in der Buchmalerei, in Medien der Macht: Kunstzur Zeit der Anjous in Italien. Ausdrucksformen politi-scher Macht und ihre Rezeption, Atti del convegno(Frankfurt a M., 1997), a cura di T. Michalsky, Berlin2001, pp. 295-317; IDEM, Neapolitanische Trecento-Psal-terien, in The illuminated Psalter: Studies in the Content,Purpose and Placement of its Images, atti del convegno(Bamberg 4-6 ottobre 1999), a cura di F.O. Büttner, Turn-hout 2004, pp. 193-210.85) L’attenzione degli studiosi si è focalizzata precoce-mente su alcuni codici miniati napoletani della metà delXIV secolo; ad esempio già alla metà dell’Ottocento Ho-race de Viel Castel pubblicava un volume contenente lariproduzione cromolitografica degli Statuti dell’Ordinedel Nodo (Parigi, Bibliothèque Nationale, fr. 4274): H. DE

VIEL CASTEL, Statuts de l’Ordre du Saint-Esprit aux troisdésirs, Paris 1853.

Elenco dei manoscritti1) Veroli, Biblioteca Giovardiana, ms. 10.2) Avignone, Bibliothéque Municipale, ms. 138.3) Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Cod.1921.4) Veroli, Biblioteca Giovardiana, ms. 15) Venezia, Fondazione Cini, n. 70.6) Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms fr. 9561.7) Londra, British Library, ms. Add. 12228.8) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,ms. Vat. lat. 3550.

Crediti fotograficiBibliothéque Municipale, Avignone.Biblioteca Casanatense, Roma.Fondazione Cini, Venezia.Biblioteca Giovardiana, Veroli (Frosinone).Österreichische Nationalbibliothek, Vienna.