archeologia dell'europa medievale lezione 10 palatia e sedi temporanee del potere
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Archeologia dell'Europa medievaleArcheologia dell'Europa medievale
Lezione 10Lezione 10
Palatia e sedi temporanee del potere
Carlo Cittere-mail: [email protected]
Skype: carlo.citter
Università degli Studi di Siena – Facoltà di Lettere e FilosofiaCorso di laurea magistrale in Archeologia
ll presente testo costituisce materiale didattico realizzato dal docente ad uso esclusivo degli studenti per la preparazione dell’esame. Nessun altro uso è consentito.
Beda racconta che il vescovo Paulinus visitò il re della Northumbria Edwin nella sua residenza chiamata “ad Gefrin” nel tentativo, riuscito, di convertirlo.
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Oltre a ricordarci che le sedi del potere altomedievale sono mobili, viene da tutti accettata l’identificazione con Yeavering. Gli scavi sono stati
occasionati dalla individuazione di anomalie da foto aerea già nel 1948.
Si tratta di un impianto del tardo VI –inizi VII secolo posto al di fuori della fortificazione romana che dominava l’area. Qui abbiamo una
grande halle con navate laterali. La struttura costituita da un edificio principale e altri secondari intorno.
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La grande Hall di Edwin è una grande struttura in legno con entrate sui lati lunghi.
Il teatro in legno costituisce un elemento di contaminazione di modelli romani e germanici e poteva avere funzioni di adunanza della comunità
dei fideles del re, ma è difficile separare i diversi apporti culturali. Certamente la presenza di tumuli protostorici era più familiare ai Sassoni della complessa architettura in pietra romana e la stessa scelta del luogo
dà la sensazione di una netta presa di distanza dal modello urbano.
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Il sito fu abbandonato dai successori di Edwin come ci ricorda Beda, e si è supposto che ciò sia accaduto dopo la morte in
battaglia del re stesso nel 663.
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ere Il sito fu pubblicato negli
anni '70 del XX secolo e una ventina d'anni più tardi gli studiosi sono tornati per analizzare più a fondo alcuni aspetti e ancora oggi Yeavering è oggetto di riesami e studi. Ancora una volta l'apertura al confronto con il territorio ha permesso di chiarire diversi punti. Gli edifici in legno post romani ma precedenti la villa regia erano stati assegnati ad una lunga tradizione bretone.
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Sebbene abbiano le stesse dimensioni di quelli tipicamente anglo-sassoni, quindi questo argomento non può più essere sostenuto. Ma
questo permette di considerare nel loro insieme i dati della fase I come espressione di uno dei tanti villaggi del VI secolo nell'Inghilterra
sassone. È da questo che prende origine la villa regia. Ci sono nei dintorni cimiteri di Angli databili allo stesso periodo.
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Un altro tema che ha attirato l'attenzione è il rapporto fra la villa regia e precedenti luoghi di culto. Si tratta di un tipico tema postprocessualista. A
Yeavering l'allineamento degli edifici di rappresentanza rispetta un allineamento preistorico e questo è stato interpretato come la ricerca di
legittimazione del potere da parte dei nuovi ceti dirigenti, una ricerca anche di genealogie fittizie. Se ne erano consapevoli questo avrebbe permesso di
progettare tenendo conto delle preesistenze e quindi traendo vantaggio dalla conoscenza del luogo da parte delle popolazioni locali.
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Le cose cambiano se guardiamo ancora una volta al contesto più generale. È possibile un'interpretazione opposta, ovvero che già nel V e VI, cioè dalle prime ondate migratorie, la pratica della riappropriazione dei monumenti antichi avesse preso avvio e quindi a Yeavering non si sarebbe fatto altro che assecondare una pratica già consolidata.
Deposito speciale a Mucking.
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Un ulteriore aspetto, sempre legato alla ritualità, è la presenza di depositi votivi speciali con resti di animali in prossimità di edifici di rappresentanza, quasi atti di fondazione. Si tratta anche in questo caso di un tipico tema postprocessualista che va ad integrare la vasta mole di studi sulla ritualità basati però solo sui cimiteri. Si tratta di animali, perlopiù bovini, ma anche nel caso di Yeavering di un uomo adulto, che trova confronti in tutta l'area del mare del nord. Sono associati ad edifici, una è una tomba del tipo tradizionale, allineata alla grande halle e posta all'esterno presso la porta est.
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due sono fosse. Una di queste è nella fossa di fondazione della capanna, l'altra contiene ossa disarticolate.
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Si tratta di pratiche comuni nel mare del nord, che differiscono in parte da quelle bretoni insulari preromane e romane. Sono pratiche che Gregorio Magno, in una lettera all'abate Mellitus chiarisce far parte di riti pagani da
convertire in feste cristiane. L'associazione in molti casi con grübenhäuser fa pensare a riti propiziatori per la fertilità della terra, essendo queste spesso dei granai. L'associazione con le halle come a Yeavering fa
pensare al ruolo di rappresentanza.
Il palazzo di Aquisgrana (Aquae Granni - Aachen) fu costruito sul luogo di un abitato romano sorto nei pressi di una sorgente dedicata al dio celtico Granno e
sviluppatosi in impianti termali nell’alto impero.
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Carlo Magno vi costruì un complesso con cappella e aula palatina collegati da un corridoio e un appartamento imperiale nella Granusturm.
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L’aula era un edificio con tre absidi di cui due a metà della lunghezza e quando fu edificato era il più grande a nord delle Alpi dopo la caduta dell’impero romano. C’erano anche delle terme. L’orientamento secondo i punti cardinali era in distonia con quello del resto degli edifici e assi viari precedenti.
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Nuovi dati su Aachen romana consentono di capire meglio il progetto carolingio. L'aspetto dell'abitato è oggi qualificato come urbano, per la presenza di un sistema di strade ortogonale, impianti termali, che ebbe una significativa riduzione e un crollo di popolazione fra IV e V ma con
continuità di attestazioni.
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Tuttavia allineamenti di strade e parti di monumenti inglobati in edifici medievali sopravvissero come è dimostrato dagli scavi. In questa
immagine le sopravvivenze romane (quadrato), le attestazioni della prima (cerchio) e tarda età merovingia (retinato)
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Non vi sono molti resti del periodo carolingio al di fuori dei monumenti ben noti. Questo ci dice qualcosa a proposito della continuità di alcuni impianti e soprattutto degli acquedotti (o un loro restauro). Ma non vi
sono tracce di chiese paleocristiane come si era supposto per S. Maria. Tuttavia intorno a questa si dispone un cimitero tardomerovingio.
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Numerosi altri rinvenimenti, anche recentissimi, attestano una continuità di frequentazioni in vari punti dell'abitato in età merovingia e carolingia.
Ma si tratta di elementi piuttosto deboli. Fino alla metà del VI non abbiamo indicazioni solide, quindi c'è una possibile zona d'ombra che ancora
rimane da coprire. Fra VI e VIII l'abitato potrebbe aver assunto la forma del gruppo di fattorie o di un villaggio, ma continuando ad utilizzare la
viabilità e parti di edifici romani.
Ingelheim è una città lungo il Reno fra Magonza e Bingen. Fu una delle sedi di Carlo Magno che vi costruì un imponente palazzo nel
quale morì suo figlio Ludovico il Pio. Fu ristrutturato da Federico I e se ne conservano tracce per tutto il medioevo. Gli scavi hanno messo in
luce l’aula regia e la cappella palatina.
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L’aula, non edificata su un rudere romano, era una sala rettangolare orientata N/S con un’abside semicircolare a S. Sono state trovate tracce di due pavimentazioni entrambe del IX secolo e degli elementi decorativi descritti anche dai poeti del tempo.
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La cappella palatina sorse nel X su precedenti edifici poveri dell’VIII secolo: prima della sua costruzione le funzioni di cappella dovevano essere assolte da un altro piccolo edificio ipotizzato vicino all’aula regia.
In età carolingia al palazzo erano associate terme e un’esedra con al centro l’ingresso e forse due torri come parte di un circuito difensivo.
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Modelli germanici (edifici in legno che ospitavano residenze private e servizi) si mescolano qui a modelli classici (palazzo di Diocleziano, terme e ville romane, fori imperiali) nella creazione di luoghi di rappresentanza del potere dove l’impronta ideologica è fortissima. Queste opere hanno i loro modelli in antecedenti di età merovingia, ma si tratta di frammenti da
cui è difficile trarre elementi di sintesi.
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Il palazzo di Paderborn è uno dei più famosi e studiati luoghi della rappresentazione del potere Carolingio. Noto dal XIX secolo, gli scavi hanno interessato tutto il XX.
Fondato nel 776 fu distrutto nell'incendio dell'anno 1000.
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L'aula regia fu edificata distruggendo edifici in legno preesistenti. Un recinto fortificato chiudeva l'aula e la cappella e uno spazio di circa 8 ettari. Quindi a quel momento il territorio era percepito come potenzialmente pericoloso. Lo spazio interno prevedeva anche annessi funzionali, officine, edifici per funzionari. I lavori procedettero abbastanza velocemente fra il 777 e il 799.
La chiesa di S. Salvatore doveva essere già presente all'inizio di questo periodo, perché fu distrutta durante una delle tante battaglie contro i Sassoni e subito ricostruita.
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Quindi anche in questo caso il grande cantiere carolingio va a sovrapporsi a preesistenze, sfruttando e riadattando seppure in un quadro di grande impegno progettuale. Di particolare rilievo il balcone che si affacciava dall'aula regia. La chiesa di S. Salvatore era di fronte al palazzo.
I due edifici però non hanno alcuna connessione fra di loro e sono isolati, almeno in questa prima fase costruttiva. Il cimitero si estendeva a sud della chiesa. Le opere successive, fra cui l'imponente cattedrale, non permettono di andare oltre nelle supposizioni.
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ere Nell'anno dell'incontro con Papa Leone
(799), il palazzo di Paderborn subì delle modifiche sostanziali con la costruzione di una chiesa più grande con la possibilità che fosse associata ad un primo chiostro. Ma ancora i due edifici, palazzo e chiesa, non sono relazionati fra di loro. Questo apre quesiti piuttosto interessanti sui palazzi e sui monasteri carolingi almeno nelle loro prime fasi costruttive.
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ere Subito dopo l'anno 800 altri lavori
interessarono Paderborn e questa volta con il risultato di unire le due strutture mediante una westwerk, edificando al tempo stesso un chiostro. Anche il palazzo fu ampliato aggiungendovi un ambiente di servizio che non può essere una sala del trono per confronto con Aquisgrana. Il complesso doveva aver raggiunto lo stadio rappresentato in queste tavole intorno all'836 quando vi furono traslate le reliquie di S. Liborio da Le Mans. Le differenze con Aquisgrana si possono però spiegare con il fatto che Paderborn era una residenza temporanea e non stabile.
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Prima dell'incendio che distrusse la città e il palazzo nell'anno 1000, altri lavori di ampliamento furono realizzati. L'età ottoniana, come in molti altri casi in Europa, viene oggi rivalutata a fronte di un eccessivo peso sull'età carolingia, non giustificato dai risultati degli scavi.
È solo in questo periodo che palazzo e chiesa sono uniti in un unico complesso.
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Situato su un’altura (300 x 50 m) a circa 700 m slm nella valle dell’Erms, un affluente della Neckar, il sito di Runde Berg è stato oggetto di scavi
più o meno continuativi per oltre un ventennio arrivando alla pubblicazione di numerosi volumi negli anni ’90 del XX secolo.
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Lo scavo è stato reso difficile dalle particolari condizioni del sito, con un paleosuolo roccioso e una modesta copertura di terra non superiore ai 30-40 cm, nella quale la stratigrafia è pressoché assente. Quindi solo l’analisi
dei reperti in giacitura secondaria e l’accurata analisi e datazione delle tracce sulla roccia (buche, fosse, tagli) ha permesso l’articolazione
cronologica della sequenza.
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Nella seconda metà del IV secolo l’altura fu occupata da un nucleo germanico alle dipendenze dell’esercito romano, caratterizzato dalla presenza di artigiani dediti alla lavorazione dei metalli e corno e dalla contemporanea presenza delle famiglie dei militari. La distruzione del
sito agli inizi del V secolo non sembra motivata da assedio.
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L’abbandono e la distruzione della seconda fase di occupazione tardoantica viene generalmente ascritto alla conquista franca del 506.
Pochi decenni più tardi l’altura fu rioccupata da un nucleo alamanno di alto rango, costituito da un nobile e alcuni armati al suo seguito, che provvide ad una recinzione di parte del pianoro. I reperti ascrivibili a
questo periodo sono straordinariamente ricchi, basti pensare ai 165 vasi di vetro ricostruiti, e tutti databili intorno al 500.
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Una nuova occupazione è databile alla tarda età merovingia con una fattoria signorile dotata anch’essa di beni di pregio come vasi di vetro e di un
artigiano che lavorava i metalli, ma abbiamo l’evidenza anche di capanne dove le donne risiedevano e svolgevano lavori domestici. Una nuova
distruzione occorse intorno alla metà dell’VIII secolo.
L'edificio principale tardomerovingio e alcuni dei materiali riferibili a questa fase.
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L’ultima occupazione dell’altura si data fra il IX e il X secolo. Si differenzia da tutte le altre per il massiccio impiego della pietra sia per le recinzioni
che per gli edifici interni. Fornace per calce, 25 case in pietra con vetri alle finestre, edifici artigianali, sono tutti elementi che testimoniano un alto
tenore di vita della popolazione di quel periodo. Le invasioni ungare posero fine a questo castello di cui non abbiamo traccia documentaria.
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Scavi nel 1981 sull'isola di Lofoten nella Norvegia settentrionale hanno portato alla luce la residenza di un chieftain, cioè un personaggio eminente
che si insedia su un'area abitata già dal III secolo d.C.
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Il progetto è andato avanti per anni, mostrando una inaspettata rete di contatti fra questo luogo decisamente
decentrato in un'ottica mediterranea, ma chiaramente centrale per un sistema di comunicazioni marittime.
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Lo scavo della longhouse ha permesso di evidenziare che c'erano due edifici sovrapposti, il primo lungo 67 m. di V-VI, il secondo 83
distrutto entro la metà del X.
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La seconda abitazione aveva 5 accessi e 5 ambienti, uno dei quali era la hall, costruita esattamente sopra quella più antica. Il ritrovamento più importante è un vaso di vetro decorato con una sottile foglia d'oro.
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Il sito dunque rappresenta per entrambi i periodi un central place, la residenza di un chieftain che manteneva serrati contatti non soltanto con la Scandinavia meridionale, ma anche con altre regioni del nord Europa, riceveva doni e alcuni si spingono a vedervi la sede del noto re Ohthere
menzionato nelle fonti alla fine del IX secolo.
Recopolis è un esempio piuttosto raro di nuova fondazione altomedievale, anche se dal punto di vista topografico assomiglia più ai
complessi palaziali franchi che ad una vera e propria città. Il sito di Zorita de los canes si trova a 100 Km dalla capitale visigota, Toledo.
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Le fonti dicono che la città fu fondata nel 578, durante un periodo di relativa tranquillità, dal re Leovigildo per il figlio Reccaredo. Gli scavi hanno
permesso di individuare alcuni tratti della città che si estende su un pianoro di circa 700 x 500 m. (30 ha) e degli ormeggi sul fiume Tago che pertanto era navigabile. Era stato approntato un sistema di approvvigionamento idrico differenziato, sfruttando in parte i dislivelli naturali, in parte con canalizzazioni che dovevano servire anche la campagna circostante.
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Dopo diversi tentativi di scavo il progetto più importante è stato condotto negli anni ’80.
La chiesa ha due fasi costruttive: la prima a navata unica con abside a scarsella (confronti con edifici di V soprattutto in ambito orientale). In seguito vi furono aggiunte due navate e un battistero (s.m. V – VI). Le mura di recinzione erano a sacco con torri quadrate.
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La chiesa è collegata ad un grande edificio (135 x 12 m) ad unica navata con colonne per sostenere il tetto. L’interpretazione come palazzo si basa su indizi, ma trova confronti nelle aule absidate di area franca.
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Le ricerche sono state condotte a più riprese dagli anni '40 del XX secolo fino ad anni recenti, permettendo di mettere in luce le diverse fasi sia dell'insediamento visigoto che della successiva occupazione islamica.
Sono stati scavati ambienti che fanno parte della pianificazione originaria (figura lettera D) allineati su una strada.
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Si tratta di ambienti per attività commerciali e artigianali realizzati in tecnica mista (base in pietra e alzato in argilla) che sono stati realizzati contestualmente all'impianto della città, quindi senza preesistenze e come parte integrante del progetto.
Recopolis è la dimostrazione del processo di consolidamento e centralizzazione, peraltro mai portato a termine, del regno visigoto, che vide anche altre fondazioni e/o rifondazioni di città.
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La città continuò a vivere anche nel primo periodo islamico, ma ciò non va interpretato nel senso della continuità e comunque entro la
metà del IX secolo fu definitivamente abbandonata.
A partire dal XIII secolo una nuova fase di occupazione si colloca nel più generale processo della riconquista cristiana.