about matthew 13,1-52

51
Roberto Di Paolo Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 Liber Annuus 59 (2009) 59-109 Introduzione Studiare la composizione di Mt 13 significa entrare in un campo in cui molti hanno lavorato, seminato, raccolto, proposto, formulato ipotesi di ogni tipo, circa la strut- tura, il contenuto, l’interpretazione, le fonti; un campo quindi seminato e mietuto, che renderebbe superflue, se non ridondanti, ulteriori ipotesi sul testo. Perché dun- que continuare a lavorare su Mt 13? Certamente per cogliere, anche in questo campo, i frutti dell’analisi retorica biblica 1 , senza alcuna pretesa, né di completez- za né di analisi esauriente di tutto il materiale che nel tempo si è andato accumu- lando. L’attenzione di questo contributo sarà pertanto concentrata sulla composi- zione di Mt 13,1-52, nell’insieme e nelle singole unità, a partire dalle indicazioni fornite dall’ARB, senza trascurare uno sguardo previo alle strutture proposte da alcuni commentari. Spunti sul contesto biblico accompagneranno lo studio della composizione, con rimandi all’interpretazione del testo, che resta l’obiettivo finale di questo lavoro. 1. Quale struttura per Mt 13? Le divisioni proposte dai commentari su Mt 13 sono le più disparate. 2 Il criterio generalmente seguito è quello delle pericopi, raggruppate secondo il contenuto o le indicazioni dei luoghi dove Gesù parla, o in base a percorsi tematici. Si registra finanche un tentativo di strutturazione del capitolo seguendo l’analisi retorica. 3 1 Analisi retorica biblica = ARB. 2 U. LUZ, Das Evangelium nach Matthäus, II, EKK 1, Zürich – Neukirchen-Vluyn 1990; tra- duzione (trad.) inglese: Matthew 8-20. A Commentary, Hermeneia, Minneapolis 2001, 229. 3 G. BENZI: «Le parabole evangeliche: un invito alla libertà della fede», RCI 88 (2007) 734-744; ID «I misteri del Regno. Sul “discorso parabolico” di Matteo 13», RCI 89 (2008) 131-146; ID «Il

Upload: ircpescara

Post on 01-May-2023

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Roberto Di Paolo

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13

Liber Annuus 59 (2009) 59-109

Introduzione

Studiare la composizione di Mt 13 significa entrare in un campo in cui molti hanno lavorato, seminato, raccolto, proposto, formulato ipotesi di ogni tipo, circa la strut-tura, il contenuto, l’interpretazione, le fonti; un campo quindi seminato e mietuto, che renderebbe superflue, se non ridondanti, ulteriori ipotesi sul testo. Perché dun-que continuare a lavorare su Mt 13? Certamente per cogliere, anche in questo campo, i frutti dell’analisi retorica biblica1, senza alcuna pretesa, né di completez-za né di analisi esauriente di tutto il materiale che nel tempo si è andato accumu-lando. L’attenzione di questo contributo sarà pertanto concentrata sulla composi-zione di Mt 13,1-52, nell’insieme e nelle singole unità, a partire dalle indicazioni fornite dall’ARB, senza trascurare uno sguardo previo alle strutture proposte da alcuni commentari. Spunti sul contesto biblico accompagneranno lo studio della composizione, con rimandi all’interpretazione del testo, che resta l’obiettivo finale di questo lavoro.

1. Quale struttura per Mt 13?

Le divisioni proposte dai commentari su Mt 13 sono le più disparate.2 Il criterio generalmente seguito è quello delle pericopi, raggruppate secondo il contenuto o le indicazioni dei luoghi dove Gesù parla, o in base a percorsi tematici. Si registra finanche un tentativo di strutturazione del capitolo seguendo l’analisi retorica.3

1 Analisi retorica biblica = ARB.2 U. LUZ, Das Evangelium nach Matthäus, II, EKK 1, Zürich – Neukirchen-Vluyn 1990; tra-

duzione (trad.) inglese: Matthew 8-20. A Commentary, Hermeneia, Minneapolis 2001, 229.3 G. BENZI: «Le parabole evangeliche: un invito alla libertà della fede», RCI 88 (2007) 734-744;

ID «I misteri del Regno. Sul “discorso parabolico” di Matteo 13», RCI 89 (2008) 131-146; ID «Il

60 Roberto Di Paolo

1.1 Nessuna struttura particolare

Vi sono autori che non individuano alcuna struttura particolare in questo capitolo, ma solo un insieme di pericopi; si citano tra gli altri: D. A. Hagner,4 P. Fiedler,5 R.T. France.6 Lo schema che segue tenta di riassumere le posizioni, che di fatto convergono sulle linee di fondo e differiscono per alcune sfumature:7

HAGNER FIEDLER FRANCE 1-3a: introduzione 1-3a: introduzione 1-9: seminatore 3b-9: seminatore 3b-9: seminatore 10-17: scopo parabole 10-17: senso del discorso 10-17: insegn. in parabole 18-23: seminatore spieg. 18-23: seminatore spieg. 18-23: seminatore spieg. 24-30: 24-30: 24-33: tre parabole: 31-32: senapa; 33:lievito 31-33: senapa, lievito , senapa, lievito 34-35: insegn. in parabole 34-35: Gesù annuncia 34-35: insegn. in parabole 36-43: 36-43: 36-43:44-46: ; 44-46: , 44-50: tre parabole: 47-50: 47-50: , ,

51-52: scriba, conclusione 51-52: conclusione 51-52: ultima parabola 53: conclusione

Lo sguardo sinottico sulle suddivisioni proposte dai tre autori ha il pregio di mostrare che l’elenco delle pericopi è pacificamente riconosciuto, se pure con qualche sfumatura non rilevante. Il quadro della successione delle pericopi presen-ti in questo capitolo è dunque chiaro e condiviso.

1.2 Struttura tripartita

Il modello di W. D. Davies – D.C. Allison8 individua tre sezioni in Mt 13:

Regno, “occasione unica”. Il tesoro e il mercante, la rete e lo scriba (Mt 13,44-52)», RCI 89 (2008) 611-621.

4 D.A. HAGNER, Matthew 1-13, WBC 33A, Dallas 1993, 364, precisa: il discorso in parabo le del cap. 13 non riflette alcuna struttura simmetrica ovvia. Piuttosto il passaggio al v. 36 di Gesù, dalle folle ai discepoli, il cambio cioè di uditorio, è un fattore maggiore, al quale tutte le altre con-figurazioni strutturali devono essere subordinate.

5 P. FIEDLER, Das Matthäusevangelium, ThKNT 1, Stuttgart 2006, 260-269.6 R. T. FRANCE, The Gospel of Matthew, The New International Commentary on the New Testa-

ment, Grand Rapids – Cambridge 2007, 501.7 Circa le abbreviazioni nello schema: «spieg.» = spiegazione; «insegn.» = insegnamento.8 W. D. DAVIES – D. C. ALLISON, The Gospel according to Saint Matthew, II, ICC, Edinburgh

1998, 371.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 61

La struttura del capitolo proposta da Davies – Allison mette in risalto non solo le parabole, ma anche le tre spiegazioni: del seminatore, della zizzania e della rete. Le tre discussioni sulle parabole poi quasi sigillano la struttura tripartita.

1.3 Struttura bipartita

Altri autori individuano nel capitolo 13 una struttura bipartita, per così dire, «va-riopinta», riconoscendo cioè diversi schemi e configurazioni, proposti nella tavola che segue.9 Si citano, tra gli altri, J. Dupont,10 A. Mello,11 J. Calloud – F. Genuyt,12 J. Radermakers,13 R. Fabris,14 G. Benzi,15 J. Gnilka,16 U. Luz:17

La prima ipotesi, ravvisabile nei contributi di Dupont, Mello e Calloud – Ge-nuyt, individua due parti parallele, entrambe con Gesù, la folla e i discepoli. Ogni parte presenta una parabola, il senso dell’insegnamento in parabole, la spiegazione della parabola. L’attenzione è dunque puntata sulla simmetria della struttura.

9 È giocoforza che gli schemi qui proposti indichino la struttura globale individuata da ciascun autore, riportando le strutturazioni minori in forma approssimativa.

10 J. DUPONT, «Le point de vue de Matthieu dans le chapitre des paraboles», in L’Évangile selon Matthieu, BEThL 29, Gembloux 1972, 221-259.

11 A. MELLO, Evangelo secondo Matteo. Commento midrashico e narrativo, Magnano 1995, 236.

12 J. CALLOUD – F. GENUYT, L’Évangile de Matthieu, II. Lecture sémiotique des chapitres 11 à 20, L’Arbresle – Lyon 1997, 31.

13 J. RADERMAKERS, Au fil de l’évangile selont saint Matthieu, Heverlee 1972; trad. italiana, Lettura pastorale del vangelo di Matteo, Bologna 19975, 216.

14 R. FABRIS, Matteo, Commenti biblici, Roma 1982, 291, in verità individua tre sezioni; ma poi precisa che si tratta di due scene simmetriche, come riportato sullo schema qui proposto.

15 BENZI: «Il Regno, “occasione unica”», 612.16 J. GNILKA, Das Matthäusevangelium, I, Freiburg im Breisgau 1986; trad. italiana, Il Vange-

lo di Matteo, CTNT 1, Brescia 1990, 688-689.17 LUZ, Matthew, 230.

1-23: Prima sezione 24-43: Seconda sezione 44-52: Terza sezione

1-9: seminatore 24-33: zizzania, senapa, lievito 44-48: tesoro, perla, rete

10-17: discussione su parabole, citazione scritturistica

34-35: discussione su parabole, citazione scritturistica

49-50: rete interpretazione

18-23: seminatore: interpretazione

36-43: zizzania: interpretazione

51-52: discussione su parabole, padrone di casa

62 Roberto Di Paolo

L’ipotesi sostenuta da Radermakers, Fabris e Benzi struttura il capitolo in base ai luoghi dove Gesù insegna: lungo il mare, dove la sua parola è ascoltata e com-presa; dentro casa, dove il Regno viene rivelato al mondo. Introduzione e conclu-sione inquadrano le due scene.

L’ipotesi sostenuta da Gnilka e Luz punta infine l’attenzione sui destinatari dell’insegnamento di Gesù: prima le folle, poi i discepoli. Tra i due gruppi di de-stinatari si staglia la breve citazione indicante lo scopo delle parabole.

Questo elenco di ipotesi, breve e sommario, non soltanto dà un’idea di quanto vasti e diversificati siano gli studi condotti su Mt 13, ma anche spiana la strada all’ipotesi elaborata secondo i criteri dell’ARB.18

1.4. Struttura secondo l’analisi retorica biblica

L’ipotesi di lavoro è che Mt 13,1-52 costituisca una sezione del vangelo di Matteo, articolata in due sequenze: 1-23 e 24-52, introdotte e concluse da «brani cornice»:19 1-3a e 51-52. Le due sequenze, ciascuna di composizione

18 Per lo studio e l’applicazione della retorica biblica vedi: R. MEYNET, Traité de rhétorique biblique, Rhétorique Sémitique 4, Paris 2007; in italiano: R. MEYNET, Trattato di retorica biblica, Retorica Biblica 10, Bologna 2008.

19 Cfr. MEYNET, Trattato, 94; 269-270.

DUPONT, MELLO, CALLOUD – GENUYT

RADERMAKERS, FABRIS, BENZI

GNILKA, LUZ

Due parti parallele Lungo il mare e in casa Alla folla e ai discepoli 1-3: introduzione;

51-52/8: conclusione

1-23: GESÙ, FOLLA E DISCEPOLI

4-35: LUNGO IL MARE: PAROLA ASCOLTATA E

COMPRESA

3-33: GESÙ ALLE FOLLE: seminatore, spiegazione, zizzania, senapa, lievito

1-9: folla: seminatore

10-15: discepoli: scopo parabole

16-23:

24-52: GESÙ, FOLLA E DISCEPOLI

24-33: folla: zizzania, senapa, lievito

34-35: scopo parabole 34-35: Scopo parabole 36-52: discepoli: spiegazione

36-50: IN CASA: REGNO RIVELATO AL MONDO

36-52: GESÙ AI DISCEPOLI: spiegazione zizzania, tesoro, perla rete, padrone

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 63

concentrica, sono tra loro parallele. Lo schema generale può essere il seguente:

2. Prima sequenza: Le parabole per il cuore indurito (13,1-23)

Introdotta da un incipit (1-3a),20 si articola in tre passi (3b-9; 10-17; 18-23).

2.1 Gesù sparge il seme della Parola (13,3b-9)

Composizione

Il passo è costituito da quattro parti: le due estreme (3b; 9), assai brevi, fungono da cornice del passo, con la corrispondenza complementare tra «ecco» (3b), in greco riferito al vedere,21 e «ascolti» (9).

Le due parti centrali (4-7; 8), disuguali per lunghezza e ritmate dai termini iniziali «alcuni/altri caddero» (4b; 5a; 7a; 8a;), sono in rapporto di parallelis mo sintetico22.

20 Mt 13: «1In quel giorno venuto fuori Gesù di casa sedette presso il mare: 2 e si radunaro no vicino a lui molte folle, cosicché Egli su una barca salito sedette, e tutta la folla sulla riva stava in piedi. 3aE parlò a loro di molte-cose in parabole dicendo».

21 La radice del termine greco idou esprime l’attività visiva. Cfr. Blass – Debrunner, § 10162.22 È da rilevare la correlazione, palese in greco ma invisibile nella traduzione italiana, tra le

particelle men (4b), relativa al primo seme, e de, tradotta con «poi» (5a; 7a; 8a), che accompa gna gli altri tre.

Prima sequenza: LE PARABOLE per il cuore indurito 13,1-23

Seconda sequenza: LE PARABOLE per rivelare i misteri del Regno 13,24-52

Gesù SPARGE il seme della Parola in parabole 3b-9

Il CUORE INDURITO NON ACCOGLIE il seme della Parola 10-17

Chi ACCOGLIE il seme SPARSO in parabole? 18-23

64 Roberto Di Paolo

Nella prima parte (4-7) sono contemplati i tre esiti negativi del seme, corri-spondenti alle tre sottoparti (4; 5-6; 7). Nel primo esito (4), il seme non raggiunge neanche la terra: la sua storia si conclude ancora prima di iniziare. Negli altri due casi l’esito è comunque negativo. Nella seconda sottoparte (5-6) si rileva l’oppo-sizione fra «germogliò» (5c) e «fu seccato» (6b), sottolineata da «a causa del non avere» riferito sia alla terra profonda (5d) sia alle radici (6b); come a dire che il motivo del germoglio precoce del seme è il medesimo della sua repentina fine. Non si rinuncia poi a evidenziare la corrispondenza di significato, secondo un rapporto complementare, tra la mancanza di radici del secondo seme (5d) e il soffocamento del terzo (7): nel primo caso il problema è interno al seme; nel se-condo caso è esterno al seme. In entrambi casi tuttavia l’esito è lo stesso: non porta frutto.

3b: «Ecco venne-fuori il seminatore a seminare.

4 E nel seminare lui ----------------------------- + ALCUNI CADDERO lungo la , = e venuti gli uccelli DIVORARONO quelli.

+ 5 ALTRI POI CADDERO

. dove non aveva molta; ------------------------------------------------------------------ = e subito .. profondità di ; = 6 il sole però uscendo . fu-bruciato .. e radice

.

+ 7 ALTRI POI CADDERO ,

= e salirono le spine . e soffocarono quelli.

+ 8 ALTRI POI CADDERO

= e DIEDERO FRUTTO, . l’uno cento, l’altro sessanta, l’altro poi trenta.

: 9 Chi ha orecchi ascolti».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 65

Nell’insieme delle due parti centrali, si nota l’opposizione tra «divorarono» (4d) e «diedero frutto» (8b), sempre in riferimento al seme; come pure l’opposizione tra «strada» (4b), «sui terreni sassosi» (5a), «sulle spine» (7a), e «sulla terra buona» (8a). È da rilevare infine che il testo fa riferimento al seminare e alla caduta, senza mai però nominare il seme.

La logica del passo risiede dunque nel destino potenzialmente opposto del se-me: diventare subito cibo per gli uccelli o produrre frutto abbondantissimo, dopo aver superato i problemi interni, come la mancanza di radici, e quelli esterni, come le spine crescenti. Il passaggio dal vedere iniziale all’ascolto finale prospetta un significato che va oltre l’immagine agricola.

Contesto biblico

A questo livello si evidenzia solo l’immagine di Gc 1,21-22 che utilizza il lin-guaggio della semina riguardo alla Parola accolta dai credenti: «21 Perciò … acco-gliete la parola seminata che può salvare la vostra vita. 22 Diventate poi facitori della parola e non solo ascoltatori ingannando voi stessi». L’immagine della Paro-la come seme affidato alla terra è dinamica: come il seme, se accolto dalla terra, porta frutto per la vita; così la Parola, se accolta e quindi messa in pratica dall’uo-mo, porta frutto per la salvezza.

Interpretazione

Seme e ParolaL’immagine proposta da Gesù nella parabola è inizialmente tutta da vedere: «ecco» (3b) il seminatore, la terra, le pietre, le spine, il frutto. L’esortazione finale (9) tut-tavia indica un cambiamento di rotta: l’immagine da vedere è in realtà una parola da ascoltare, che, come il seme, è da accogliere e da far crescere perché produca il suo frutto che salva la vita (Gc 1,21-22). La situazione agricola, normale al tempo di Gesù, assurge quindi a simbolo di una parola da ascoltare.

Dove seminare?Il seminatore sparge ovunque il suo seme: sulla strada, sulle pietre, in mezzo alle spine, sulla terra buona; il suo gesto è largo e prodigo, quasi incurante della sorte del seme. L’immagine agricola da vedere, trasposta in parola da ascoltare, rivela che Gesù parla a tutti, senza differenze: la sua parola è un seme affidato a ogni tipo di terreno, finanche alla strada.

La precisazione finale, «chi ha orecchi ascolti» (9), indica la consapevolez za di chi semina/parla: Gesù parla con larghezza, prodigo della sua parola, quasi la sciu-pa, consapevole com’è che solo chi ha orecchi può ascoltare, come a dire che solo chi è disposto può ascoltare, quindi obbedire alla Parola e compierla.

66 Roberto Di Paolo

A questo livello non si fa alcun riferimento al contenuto della parola di Gesù.

Cosa seminare?L’immagine del seminatore fa pensare immediatamente al grano, anche se il testo non specifica; non parla neanche di seme, ma solo di seminare (3b-4a). Parlare di grano significa parlare di pane, alimento fondamentale. L’interpre tazione imme-diata è quindi quella del cibo in quanto sostentamento dell’uo mo, rappresentato dal pane. Questa è l’immagine da vedere (3b). La parola da ascoltare (9) è quindi come il pane: non è specificata nel testo ma è parola che nutre chi l’ascolta, parola indi-spensabile alla vita come il pane.

L’esito del seminareQuanto viene seminato può iniziare a germogliare o anche morire ancor prima di nascere; come quando il seme umano dà inizio alla gravidanza. Quanto viene seminato può cadere sulla strada (4b) e diventare come un aborto: non inizia la sua vicenda terrena ma viene stroncato, divorato dagli uccelli che gli piombano addosso: dall’alto il seme è gettato sulla strada; dall’alto gli uccelli vengono e lo divorano.

È da notare poi che se il seme cade altrove e inizia la sua vicenda terrena, in-contra ostacoli interni ed esterni, alla terra come all’uomo che ascolta. Gli ostaco-li interni sono dovuti alla mancanza di consistenza, quindi di radici (5b; 6c). Se questo essere privi di spessore assicura al seme e quindi alla parola un germoglio immediato e florido (5c), assicura ugualmente una fine immediata e devastante (6bd). Un altro ostacolo, questa volta esterno, è costituito dalle spine che soffocano quanto è stato seminato (7).

L’inconsistenza interna e l’oppressione esterna impediscono dunque a quanto è stato seminato di portare frutto, il quale, nel caso della buona terra, è superiore a ogni previsione, fosse anche il trenta per uno; è sempre sovrab bondante (8).

È da rilevare infine che il terreno su cui opera il seminatore e quindi l’udito-rio a cui Gesù parla, non è dissodato: c’è la strada, le pietre, le spine, la terra buona.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 67

2.2 Il cuore indurito non accoglie il seme della Parola (13,10-17)

Composizione

Il passo è formato da tre parti (10-13; 14-15; 16-17) secondo una struttura con-centrica.23

Prima parte (10-13)La parte si articola in due sottoparti (10; 11-13) tra loro parallele e complementari. La prima sottoparte si articola in due brani (10ab; 10c); la seconda in tre brani (11a; 11b-12; 13).

23 Si presenta di seguito, per esigenze di chiarezza, anche la composizione delle singole parti e quindi dell’insieme del passo.

: 10 E venuti-vicino: i discepoli dissero a Lui:

--------------------------------------------------------= «PERCHÉ IN PARABOLE PARLI LORO?».

: 11 Egli rispondendo disse loro:-------------------------------------------------------+ «PERCHÉ a voi è dato conoscere

i misteri del regno dei cieli,a quelli però non è dato.

+ 12 Chi infatti ha, sarà dato a luie sarà-reso-straricco;

chi però non ha,anche quello che ha sarà tolto da lui.

--------------------------------------------------------------------------------= 13 PER QUESTO IN PARABOLE A LORO PARLO,

+ PERCHÉ vedendonon vedono

+ e ascoltandonon ascoltanoné comprendono».

68 Roberto Di Paolo

Alla domanda semplice e diretta dei discepoli «perché in parabole parli loro» nella prima sottoparte (10b), corrisponde la risposta di Gesù nella seconda (11-13), con al centro la solenne dichiarazione «per questo in parabole a loro parlo» (13a). Agli estremi della risposta, si trovano le due spiegazioni, entrambe intro-dotte da «perché» (11b; 13b) e sviluppate da due opposizioni parallele: l’una fra «è dato conoscere» e «non è dato» (11bc), ampliata da «sarà dato» e «sarà tolto» (12ab); l’altra tra «vedendo non vedono e ascoltando non ascoltano né compren-dono» (13bc). Il parallelismo tra queste opposizioni è dato dai significati: al co-noscere o al non conoscere corrispondono la vista e l’udito, canali immediati della conoscenza, funzionanti o meno. La formula di sapore proverbiale, che am-plia l’inizio della risposta di Gesù, con il duplice «chi/lui» (12ab), richiama «quel-li» (11c), «loro» (10b; 13a) e «voi» (11b); senza fornire, a questo livello, una identificazione più precisa.

Seconda parte (14-15)

La parte, suddivisa in due sottoparti, contiene una citazione profetica; la prima sottoparte (14ab) contiene la formula di compimento; mentre la seconda (14c-15), articolata in tre brani, ha una composizione concentrica. In ciascuno dei tre brani compare un riferimento all’ascolto e alla vista: nei brani estremi (14cg; 15dh), costruiti a specchio, l’immagine è inizialmente positiva e negativa (14cd): si ascol-

14 E si-compie per LORO la profezia di Isaia che-dice:

+ «Con ascolto ascolteretee non comprendiate

+ e vedendo. vedrete

e non guardiate.

-----------------------------------------------------------------------------------------------= 15 Divenne-impermeabile infatti il CUORE del POPOLO QUESTO,

e con le orecchie malvolentieri ascoltaronoe gli occhi loro chiusero,

-----------------------------------------------------------------------------------------------

affinché-non guardino con gli occhi. e con le orecchie ascoltino

= e con il CUORE comprendano. e si convertano. e io li ristabilirò».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 69

ta e si guarda, ma invano; alla fine invece totalmente negativa: né si guarda né si ascolta (15de). I verbi «non comprendiate» (14d) e «[non] comprendano» (15f) fungono da termini estremi.24 Il brano centrale (15abc) chiarisce ogni cosa: il «cuo-re» (15a),25 presente anche alla fine dell’intera parte (15f), divenuto impermeabile, fa sì che si ascolti malvolentie ri (15b) e che gli occhi siano chiusi (15c). «Questo popolo» (15a) corrisponde a «loro» (14a), nella formula iniziale di compimento, in quanto soggetto e destinatari della profezia. Si nota infine che «risani» (15g)26 è l’unico verbo al futuro e con un soggetto diverso dai precedenti.

Terza parte (16-17)La parte è composta da due brani (16; 17).

I due brani sono tra loro paralleli e opposti. Al «voi» (17a) dei destinatari, anticipato da «vostri/e» (16ac), che vede e ascolta, si oppongono «profeti e giusti» (17b), che non guardarono (17e) né ascoltarono (17h); l’opposizione è accentuata

24 H. CONZELMANN, «suni,hmi», GLNT XIII, 247-248, precisa che, a differenza del mondo greco, qui il comprendere non è capacità propria dell’uomo in quanto tale ma è dono di Dio; origine della conoscenza è il cuore.

25 A. SAND, «kardi,a», DENT I, 1909, chiarisce: il termine «cuore», kardi,a, kardia, nel Nuo-vo Testamento mantiene l’accezione che ha già nel Primo Testamento e nel mondo giudaico, indi-cando l’interiorità della persona umana, sede dell’intelletto, della conoscenza e della volontà, fino ad assumere il significato di «coscienza». J. BEHM, «kardi,a», GLNT V, 212, completa: il cuore è soprattutto il vero centro dell’uomo a cui Dio si volge; qui è la radice della vita religiosa, che deter-mina l’atteggiamento morale.

26 A. OEPKE, «iva,omai», GLNT IV, 691, osserva che questo verbo, presente in Is 6,10 e qui citato da Matteo, indica l’agire di JHWH il guaritore: non guarisce dalle carenze intellettuali o morali, ma restau-ra la sua comunione con l’uomo, unitamente al conforto che da essa discende e all’aiuto che ne deriva.

+ 16 VOSTRI però beati .

+ e VOSTRE . . --------------------------------------------------------------------------- 17 Amen infatti dico a VOI che – molti PROFETI E GIUSTI DESIDERARONO

+ .

– e ,

+ e .

– e ».

70 Roberto Di Paolo

da «desiderarono» guardare (17c) e ascoltare (17f) quello che il «voi» vede (17d) e ascolta (17g).

Insieme del passo (13,10-17)

Le tre parti si articolano secondo una struttura concentrica. Ai discepoli, a cui si riferiscono nelle parti estreme «a voi è dato conoscere» (11b) e «beati i vostri occhi perché vedono e le orecchie vostre perché ascoltano» (16), si oppongono: «a loro però non è dato» nella prima parte (11c), «questo popolo» nella seconda (15a), «mol-ti profeti e giusti» nell’ultima parte (17b), con tutti i riferimenti alla vista (13b; 14c;

p ( )10 E venuti-vicino i DISCEPOLI dissero a Lui: «Perché in parabole parli loro?».

11 Egli rispondendo disse loro: ------------------------------------- + «Perché A VOI È DATO CONOSCERE i misteri del regno dei cieli, – A LORO PERÒ NON È DATO. 12 Chi infatti ha, sarà dato a lui e sarà-reso-straricco; chi però non ha, anche quello che ha sarà tolto da lui. -------------------------------------------------- 13 Per questo in parabole parlo loro, = perché e .

14 E viene compiuta per loro la profezia di Isaia che dice:

= “ e : e . ---------------------------------------------------------------------- – 15 Divenne-impermeabile infatti il cuore di QUESTO POPOLO . e . e , ---------------------------------------------------------------------- : affinché . e = e con il cuore e si convertano e io li ristabilirò”.

+ 16 BEATI però . e . ---------------------------------------------------------------------- 17 Amen infatti dico a voi che – MOLTI PROFETI E GIUSTI desiderarono . e , . e e ».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 71

15cd; 16a; 17c) e all’ascolto (13b; 14b; 15be; 16b; 17d), sempre al negativo: se anche si guarda e si ascolta, non c’è il «comprendere», verbo che compare nelle prime due parti (13b; 14b; 15f). Non si rinuncia a rilevare infine una corrispondenza di significa-ti opposti tra «divenne impermeabile» (15a), riferito al popolo che non vuole compren-dere, e «desiderarono» (17b), riferito ai profeti e giusti che vogliono comprendere.

Il passo nel suo insieme evidenzia dunque tre categorie di uomini: i discepoli, che vedono, ascoltano e comprendono; «loro», cioè i destinatari delle parabole, che, al pari di «questo popolo», vedono e ascoltano e non com prendono a causa del cuore «impermeabile»; molti profeti e giusti, che, pur avendolo desiderato, né vi-dero né ascoltarono.

Contesto biblico

Occhi e orecchie; vedere e ascoltareÈ Matteo stesso a offrire al centro del passo il primo riferimento del contesto bibli-co, con la citazione esplicita di Isaia 6,9-10, mutuata dai LXX:

9 E disse: «Va’ e di’ a questo popolo: con ascolto ascolterete e non compren diate e vedendo vedrete e non guardiate. 10 Divenne impermeabile infatti il cuore di questo popolo e con le loro orecchie malvolentieri ascoltarono e i loro occhi chiusero affi nché non vedano con gli occhi e con le orecchie ascoltino e con il cuore comprendano e si convertano e io li guarirò».

Questa citazione, di fatto identica al testo dei LXX, è desunta dal racconto della vocazione profetica di Isaia e riferisce le parole che lo stesso JHWH pronun-cia inviando Isaia a Israele.

La medesima citazione esplicita è pronunciata da s. Paolo, a conclusione del suo ultimo viaggio apostolico e quindi degli Atti degli Apostoli (28,26s), dopo la sua testimonianza ai giudei di Roma.

Anche Gv 12,39-41, descrivendo l’incredulità dei giudei di fronte a tutti i segni compiuti da Gesù, cita il testo di Isaia: «Per questo di nuovo non potevano credere, poiché di nuovo disse Isaia: ha accecato i loro occhi e indurì il loro cuore, affinché non vedano con gli occhi e comprendano con il cuore e si convertano e io li risanerò».

– L’immagine del popolo sordo e cieco di fronte all’agire di JHWH si trova anche in Ger 5,21: «Ascoltate questo, popolo stolto e senza giudizio, che ha occhi ma non vede, che ha orecchie ma non ascolta».

Avere e ricevereLa frase di sapore sapienziale pronunciata da Gesù «chi infatti ha, sarà dato a lui e sarà reso straricco; chi però non ha, anche quello che ha sarà tolto da lui» (12) compare anche in Mt 25,29, con qualche lieve differenza, a conclusione della pa-

72 Roberto Di Paolo

rabola dei talenti, a mo’ di sintesi esplicativa: chi non ha fatto fruttare i talenti rice-vuti li perde a beneficio e abbondanza di chi ne ha guadagnati già altri.

Interpretazione

Vedere, sentire e conoscereLa facoltà di vedere le cose e percepire i suoni appartiene sia all’uomo, sia all’ani-male; il vedere e il sentire assicurano il collegamento tra quanto accade all’ester-no dell’uomo e dell’animale e quanto viene concepito al suo interno. A differenza dell’animale tuttavia l’uomo ha un proprio centro, identificato, nel mondo biblico, con il «cuore» (15), dove l’uomo rielabora quanto vede e sente e lo indirizza a scelte concrete. Se quindi all’animale basta vedere e sentire per «agire» di conse-guenza, in modo conforme alla propria specie, per l’uomo tutto passa per il cuore, che può conoscere, cioè accogliere le informazioni che percepisce attraverso oc-chi e orecchie o anche respingerle. All’uomo non basta dunque vedere e sentire una cosa per farla sua, bisogna che il cuore «si dilati» per accoglierla, che si «con-verta» (15).

Profeti, giusti, discepoliLa beatitudine che Gesù rivolge ai discepoli (16) è fondata tutta sul mistero della misericordia di Dio. I profeti infatti, pur deputati a conoscere, interpretare e annun-ciare la volontà di Dio nella storia, non ricevono la beatitudine di conoscere, attra-verso la vista e l’udito, ciò che conoscono i discepoli; neppure i giusti, quanti cioè cercano la volontà di Dio con tutto il cuore, hanno ricevuto tale beatitudine. Eppu-re «hanno desiderato vedere e sentire queste cose» (17).

Poter vedere, sentire e conoscere, non è quindi solo un prodotto del desiderio umano, fosse anche il più nobile, come lo sforzo dei profeti e dei giusti, ma è an che un dono di Dio, in questo caso elargito ai discepoli, che, a un primo sguardo, han-no certamente meriti minimi rispetto a giusti e profeti.

Vedere, sentire e convertirsi per essere guaritiLa conclusione della citazione di Isaia (15) dilata gli orizzonti con un cenno carico di significato. La conversione non è fine a se stessa ma permette a Dio di «risanare» il cuore e quindi le scelte di chi si converte. Sembra quasi che la vista e l’udito abbiano come scopo ultimo la guarigione di chi vede e sente, di chi accoglie con il cuore, si converte e permette così a Dio di essere guarito. C’è quindi qualcosa nell’uomo che è malato e che Dio può risanare.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 73

2.3 Chi accoglie il seme gettato in parabole? (13,18-23)

Composizione

Il passo è composto da tre parti (18; 19-22; 23).

La prima parte (18) funge da introduzione narrativa; la seconda parte (19-22) si articola in tre brani (19; 20-21; 22), corrispondenti ai tre esiti negativi del seme; la terza parte (23) riguarda l’esito del seme che porta frutto. Queste due

= 18 «Voi dunque ASCOLTATE la parabola del seminatore.

= 19 CIASCUNO ASCOLTANDO LA PAROLA del Regnoe non comprendendo,

. viene il malvagio

. e depreda CIÒ CHE ÈSTATO SEMINATO nel cuore di lui,= QUESTO È quello sulla strada SEMINATO.

-------------------------------------------------------------------------------------------= 20 QUELLO su terreni rocciosi SEMINATO,

. QUESTO È COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA

+ e subito con gioia accogliendola,

21 non ha però radice in se stesso. ma instabile è,

. divenendo poi tribolazione o persecuzione a causa della PAROLA,subito si scandalizza.

-------------------------------------------------------------------------------------------= 22 QUELLO sulle spine SEMINATO,

. QUESTO È COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA,

. e la preoccupazione del tempo-presente

. e la seduzione della ricchezza soffoca la PAROLA

e infruttuosa diventa.

= 23 QUELLO sulla buona terra SEMINATO,. QUESTO È COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA

. e comprende,

+ il quale appunto porta-frutto. e fa quello cento, quell altro sessanta, quell altro trenta».

74 Roberto Di Paolo

parti sono in rapporto di parallelismo sintetico. Ad «ascoltate» (18), all’inizio del passo, corrispondono «ciascuno ascoltando la parola» (19a) e il triplice «co-lui che la parola ascolta» (20a; 22a; 23a); «parola» compare anche altre due volte (21c; 22d), per un totale di sei ricorrenze. L’espressione, maschile in gre-co, «quello … seminato, questo è…» (20a; 22a; 23a) funge da termine iniziale e riprende il neutro iniziale «ciò che è stato seminato» (19d) ma anche il ma-schile «questo è … seminato» (19e), alla fine del primo brano sella seconda parte. Agli estremi delle parti compare «comprendere», negativo all’inizio (19b), affermativo alla fine (23c). Si nota anche l’opposizione tra «infruttuosa» (22e) e «porta frutto» (23d). Non si omette infine di osservare la ripetizione di «subito» (20c, 21d), riferito a due vicende opposte della Parola: accoglierla con gioia, esserne scandalizzato.

Nell’insieme, la struttura del passo appare quindi parallela, con i quattro esiti sia della Parola seminata sia di chi ascolta la Parola: all’inizio la sorte devastante del seme, subito divorato; poi la duplice sorte segnata da due problemi: uno interno, la mancanza di radici;27 l’altro esterno al seme, le spine, che ne ostacolano la crescita e quindi il frutto. Alla fine la sorte del seme che porta frutto superabbondante. Il passo in tal modo presenta un’immagine ambivalente, identificando il seme della Parola con colui che l’ascolta.28 Se all’inizio infatti la parola è come il seme e il cuore di chi l’ascolta è come la terra, già dalla prima parte colui che ascolta è iden-tificato con il seme, cioè con la parola seminata. L’uso del maschile in greco non lascia dubbi:29 il seme della Parola forma un tutt’uno con colui che l’ascolta, fino a renderlo seme, che muore subito o che porta frutto sovrabbondante.

Interpretazione

Ascoltare e comprendere la Parola…Le parole di Gesù creano una netta distinzione tra «ascoltare» la parola e «com-prendere» la parola (18-19). Se è vero infatti che tutti ascoltano la parola, nei

27 Riguardo al significato di pro,skairoj, proskairos, «instabile» (21), H. BALZ, «pro,skairoj», DENT II, 1154, suggerisce anche «mutevole»; G. DELLING, «pro,skairoj», GLNT IV, 1385-1386, menziona: «legato alla situazione del momento», «cronologicamente limitato», «transitorio».

28 MELLO, Matteo, 243, rileva questa identificazione, precisando tuttavia che non ci sono quat-tro diversi semi. HAGNER, Matthew, 379-380, nota ugualmente il miscuglio di immagini, che però non oscura il senso delle parole di Gesù. GNILKA, Matteo, 706, rilevando la trasposizione di imma-gine, la ritiene determinante per il seguito della spiegazione.

29 LUZ, Matthew, 248, nota la trasposizione di immagine, interpretandola in modo decisa mente opposto: Matteo evita di identificare in modo esplicito il seme con la parola proclamata, ma fa questo con una costruzione participiale abbastanza pesante, senza tuttavia evitare completamente le difficoltà. Alla nota 130, Luz conclude: non può esserci corrispondenza tra seme divorato e persona che ascolta, a dispetto del pronome al maschile.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 75

quattro casi contemplati da Gesù, solo nell’ultimo caso (23) la parola porta frutto perché compresa, capita. L’ascolto della parola è dunque insufficiente e da solo non basta a che la parola porti frutto. C’è di mezzo il comprendere la parola, legato al «cuore» (19), dove la parola è stata seminata. Né basta l’accoglienza immediata e gioiosa della parola (20), che in realtà è un intendere la parola solo in superficie; l’accoglienza immediata si risolve infatti in un im mediato scandalo di fronte a tribolazione e persecuzione (21). Né basta ascoltare la parola senza tener conto delle minacce esterne che la soffocano (22). Anche in questo caso è un compren-dere la parola solo in superficie. Comprendere la parola significa dunque ascoltare la parola, accoglierla nel cuore, avere radici in se stessi, fronteggiare tribolazione e persecuzione, affrontare la preoccupazione del tempo presente e la seduzione della ricchezza.

A queste condizioni la parola ascoltata viene compresa, cioè messa in pratica; essa porta frutto, in misura diversa, ma pur sempre sovrabbondante (23).

… che si fa carneLa trasposizione di immagine operata da Gesù parte dalla parola seminata nel cuore di chi l’ascolta (19d) e approda quasi subito alla identificazione: del seme con la terra che l’accoglie (19e), della parola con chi l’ascolta; come se la parola diventasse un tutt’uno con chi l’ascolta. Del resto anche il seme gettato, una volta accolto, fa un tutt’uno con la terra. Ma – ci si potrebbe chiedere – l’uomo che ascolta è seme o è terra che accoglie il seme? Si potrebbe rispondere: sia l’uno che l’altra! Secondo la trasposizione di immagine infatti la parola forma un tutt’uno con chi l’ascolta; non rimane in sé ma permea di sé l’uomo, come il seme gettato nella terra.

Il prototipo di questa trasposizione di immagine lo si può ritrovare proprio nel seminatore, Gesù stesso, Verbo fatto uomo, dove la Parola ha trovato un ascolto e un’intesa totale, che ha portato frutti di redenzione per ogni uomo che ascolta e comprende. Come dire dunque che il seminatore si è voluto fare al contempo seme e terra.

76 Roberto Di Paolo

2.4 L’insieme della prima sequenza (13,3b-23)

Composizione

I tre passi sono costruiti in modo concentrico: nei passi estremi, la parabola del seminatore (3b-9) e la sua spiegazione (18-23); al centro (10-17) l’adem pimento della parola profetica culminante nella formula di compimento (14).30

I termini legati a «seminare» aprono il primo passo (3b; 4a) e permeano l’ultimo passo (18; 19bc; 20b; 22a; 23b). Le due espressioni: «chi ha orecchi ascolti» (9) e «voi dunque ascoltate» (18) fungono da termini medi. A «ecco» (3b), all’inizio dell’intera sequenza, fanno eco le espressioni legate al «vedere» nel passo centrale (13b; 14c; 15c; 16; 17). I termini legati al «sentire» compaiono invece nel passo centrale (13; 14bc; 15bc; 16b; 17ab) e nell’ultimo (19a; 20b; 22ab; 23b), come pure nei termini medi sopra indicati.

A «conoscere» (11a) nel passo centrale corrisponde «comprendere» (23b) alla fine della sequenza; le altre occorrenze di «comprendere» (13c; 14b; 15d; 19b) sono invece tutte al negativo. Si rileva infine una corrispondenza di significato stabilita dalla parabola di Gesù, tra «cuore» (15d;19c) e «terra/buona» (5b; 8b; 23a) nei passi estremi, secondo la parabola di Gesù.

È interessante quindi notare che, nei passi estremi, il linguaggio è, per così dire opposto, pur trattando della medesima parabola. Nel primo passo si tratta infatti di vedere seminatore e semina; nell’ultimo passo si tratta invece di ascol-tare il seme della parola. Il seme da vedere si trasforma quindi in parola da ascol-tare. Al centro, riguardo al vedere e al sentire, la profezia si adempie nel cuore di chi vede e ascolta.

30 Cfr. MEYNET, Trattato, 432.

Gesù SPARGE il seme della Parola in parabole 3b-9

Il CUORE INDURITO NON ACCOGLIE il seme della Parola 10-17

Chi ACCOGLIE il seme SPARSO in parabole? 18-23

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 77

3b

« venne fuori il seminatore a seminare. 4 E nel seminare lui alcuni caddero lungo

la strada e venuti gli uccelli divorarono quelli. 5 Altri poi caddero su terreni sassosi

dove non aveva molta e subito germogliò a causa del non avere profondità di

terra; 6 il sole però uscendo fu bruciata e a causa del non avere radice fu seccata.

7 Altri poi caddero sulle spine e salirono le spine e soffocarono quelli.

8 Altri poi

caddero sulla e diedero frutto, l’uno cento, l’altro sessanta, l’altro poi

trenta. 9 CHI HA ORECCHIE ASCOLTI».

10

E venuti vicino i discepoli dissero a Lui: «Perché in parabole parli

loro?» 11

Egli rispondendo disse loro: «Perché a voi è dato i

misteri del regno dei cieli, a loro però non è dato. 12

Chi infatti ha, sarà

dato a lui e sarà reso straricco; chi però non ha, anche quello che ha sarà

tolto da lui. 13

Per questo in parabole parlo loro, perché

e ASCOLTANDO NON ASCOLTANO , 14

:

“CON ASCOLTO ASCOLTERETE e e

. 15

Divenne impermeabile infatti il di questo popolo

e CON LE ORECCHIE malvolentieri ASCOLTARONO e ,

affinché e CON LE ORECCHIE [NON] ASCOLTINO e

con il e si convertano e io li ristabilirò”. 16

Felici però perché e LE ORECCHIE vostre perché

ASCOLTANO. 17

Amen infatti dico a voi che molti profeti e giusti

desiderarono , e

ASCOLTARE CIÒ CHE VOI ASCOLTATE E NON LO ASCOLTARONO».

18

«VOI DUNQUE ASCOLTATE la parabola del seminatore. 19

Ciascuno ASCOLTANDO LA PAROLA

del Regno e , viene il malvagio e depreda ciò che è stato seminato

nel di lui, questo è quello sulla strada seminato. 20

Quello su terreni rocciosi

seminato, questo è COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA e subito con gioia accogliendola, 21

non ha però radice in se stesso ma instabile è, divenendo poi tribolazione o

persecuzione a causa della parola, subito si scandalizza. 22

Quello nelle spine

seminato, questo è COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA, e la preoccupazione del tempo

presente e la seduzione della ricchezza soffoca la parola e infruttuosa diventa. 23

Quello che sulla seminato, questo è COLUI CHE LA PAROLA ASCOLTA e

, il quale appunto porta frutto e fa quello cento, quell’altro sessanta,

quell’altro trenta».

78 Roberto Di Paolo

Contesto biblico

Le spine prodotte dalla terraLa menzione delle spine (7) ricorda Gen 3,17-18, dove il Signore, all’uomo cadu-to nel peccato, prospetta il duro lavoro della terra: «18 E spina e cardo essa farà spuntare per te e mangerai l’erba del campo. 19 Col sudore della tua fronte mange-rai il pane finché tornerai alla terra poiché da essa sei stato preso. Poiché polvere sei e alla polvere tornerai».

In entrambi i testi, le spine sono di ostacolo all’uomo che lavora la terra per nutrirsi. Il testo di Genesi poi va oltre la parabola di Gesù, esplicitando l’intima connessione tra l’uomo e la terra: l’uomo in qualche modo appartiene alla terra.

Dissodare il terreno incoltoIl passo di Ger 4,3-4a collega il lavoro agricolo su un terreno incolto e l’ammoni-mento a non seminare tra le spine: «3 Poiché dice JHWH agli uomini di Giuda e a Gerusalemme: dissodatevi un terreno incolto e non seminate sulle spine. 4 Circon-cidete voi stessi ad JHWH e rimovete il prepuzio dal vostro cuore, o uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme». È interessante l’equiva lenza che la profezia stabilisce tra il campo, da dissodare, minacciato dalle spine, e il cuore, da consa-crare, ostacolato dal prepuzio, in senso metaforico: le spine per il campo e il pre-puzio per il cuore impediscono lo sviluppo del nutrimento per l’uomo.

– L’invito di Os 10,12 riprende l’immagine della semina, applicata all’agire di Israele: «Seminate per voi secondo giustizia, mietete secondo un amore fedele; dissodatevi un terreno incolto; infatti è tempo di cercare JHWH finché verrà e farà piovere giustizia per voi». L’immagine agricola è immediatamen te trasposta nella vita morale di Israele: cercare JHWH è come dissodare un campo, per poi semina-re e mietere. A differenza della parabola evangelica tuttavia, Osea punta soprattut-to sulla necessità di dissodare il terreno.

Parola e semeIl passo di Is 55,10-11 paragona la parola pronunciata dal Signore all’acqua che scende dal cielo:

«10 Come infatti la pioggia e la neve dal cielo e là non ritorna se non irriga la terra e la fa produrre e germogliare e dà seme a chi semina e pane a chi man gia, 11 così sarà la parola che esce dalla mia bocca: non tornerà a me vuota ma compirà quello che io decido e prospererà in quello per cui la mando».

Se nella parabola del seminatore si delinea un rapporto tra la parola di Gesù affidata all’uomo e il seme affidato alla terra; la profezia di Isaia stabilisce un pa-rallelo tra la parola di Dio affidata al suo popolo e l’acqua che dal cielo scende

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 79

come pioggia e come neve affidata alla terra. Come l’acqua, secondo i tempi e i modi propri alla pioggia e alla neve, assicura lo sviluppo del seme e quindi il nu-trimento all’uomo, similmente la parola di Dio, compiendosi secondo tempi e mo-di a essa propri, offre il nutrimento alla vita dell’uomo.

Interpretazione

Vedere e ascoltare …La parabola di Gesù (3-8) è tutta da vedere, è una immagine da contemplare: semi-natore, terra, seme, strada, uccelli, spine, pietre e sole: è un paesaggio cam pestre. Eppure l’unico elemento che non appare in questo paesaggio è il frutto, obiettivo e scopo di tutta la fatica del seminatore e dell’azione della terra e del sole. Quando però Gesù conclude la parabola (9) e poi la spiega (18), ecco che l’immagine diven-ta tutta da ascoltare: il seme è la parola, che, seminata, diventa un tutt’uno con chi l’ascolta (19). Anche in questa spiegazione, il frutto è lo scopo della parola semina-ta, ascoltata e compresa; eppure neanche qui compare, ma è solo annunciato (23).

L’immagine da vedere diventa dunque parola da ascoltare; questa parola può portare frutto e il frutto lo si potrà vedere. Gesù sembra dire che, per vedere, è necessario prima di tutto ascoltare: ascoltare la sua parola per poi vedere i frutti di questo ascolto; così come la terra produce, dopo aver ricevuto il seme e averlo fatto crescere.

… per comprendere con il cuore …La citazione centrale del profeta Isaia (14-17) chiarisce il legame essenziale tra l’ascolto e il frutto di tale ascolto. Il passaggio obbligato è la «comprensi one» (23); mancando la quale, è vano tanto vedere quanto ascoltare. «Comprendere» signi-fica lasciare nel proprio cuore lo spazio necessario alla parola, perché essa porti frutto, superando tutti i rischi e i pericoli in cui può imbattersi. Come infatti il seme entra nella terra e porta frutto se schiva il pericolo della strada, delle pietre e delle spine; allo stesso modo la parola entra nel cuore e porta frutto (23) se su-pera i rischi e i pericoli dovuti all’in comprensione distratta e superficiale (19), all’inconsistenza interiore (21), alla preoccupazione del tempo presente, alla se-duzione delle ricchezze (22).

I pericoli in cui si imbatte il seme nella terra sono gli stessi pericoli in cui si imbatte la parola nel cuore; con una differenza: la terra da sola non può libe rarsi né dalle pietre né dalle spine; il cuore dell’uomo può convertirsi e pe rmettere così a Dio di guarirlo (15), di liberarlo cioè dalla superficialità disat tenta, dalla mancanza di spessore, dalle cure effimere e dall’inganno dei beni.

80 Roberto Di Paolo

… secondo tempi e modiAscoltare e quindi comprendere la parola non è un fatto magico né un effetto au-tomatico degli eventi;31 è piuttosto un cammino, articolato in tempi e modi. Come infatti il seme ha bisogno di tempo e di acqua per crescere e portare frutto, così la crescita della parola, nel cuore di chi la comprende, ha bisogno di tempi e modi. Il paragone della pioggia e della neve (Is 55,10-11) rende bene l’idea di quanto sia lungo e articolato il cammino che porta dalla comprensione al frutto. Se il seme ha infatti bisogno di acqua per crescere, ricevuta in modo immediato e diretto dalla pioggia e in modo lento e indiretto dalla neve, la parola ha tempi e modi per com-penetrare il cuore di chi la comprende. E chi la comprende non può a sua volta ri-manere inerte, ma è chiamato a «dissodare» il terreno del suo cuore, a «circonci-derlo» (Ger 4,3-4a), combattendo costantemente contro la propria fragilità pecca-minosa, così come bisogna inesorabilmente combattere contro le «spine» prodotte dalla terra (Gen 3,17-18), per poter seminare e raccogliere, per «seminare secondo giustizia e mietere secondo un amore fedele» (Os 10,12).

3. Seconda sequenza: Le parabole per rivelare i misteri del Regno (13,24-52)

La seconda sequenza è composta da cinque passi (24-30; 31-33; 34-35; 36-43; 44-50), e seguita da un explicit (51-52).32

31 Si tenga presente che l’interpretazione proposta in questo paragrafo, contrariamente al solito, parte prima di tutto dal contesto biblico e poi dalle corrispondenze della sequenza.

32 Mt 13: «51“Avete compreso tutte queste-cose?”. Dicono a Lui: “Sì”. 52E Lui disse a loro: “Per questo ogni scriba reso-discepolo del regno dei cieli uguale è a un uomo padrone-di-casa, il quale getta-fuori dal tesoro suo cose-nuove e cose-antiche”».

Parabola della zizzania:

Il seme buono e la zizzania convivono 24-30

: Il piccolo seme del REGNO 31-33

Gesù consegna il seme del REGNO in parabole 34-35

Parabola della zizzania spiegata:

I figli del REGNO e i figli del maligno cesseranno di convivere 36-43

+ : Il piccolo seme del REGNO 44-50

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 81

3.1 Il seme buono e la zizzania convivono (13,24-30)

Il passo è formato da quattro parti: una di introduzione (24a), e tre parti, disposte in modo concentrico, riguardanti lo stesso evento: prima narrato (24b-26); poi di-scusso al centro, con le due domande che inquadrano la dichiarazione (27-28); infine spiegato con il chiarimento del suo esito definiti vo (29-30). La dichiarazione sul nemico che ha seminato la zizzania viene così a trovarsi al centro dell’intero passo, preceduta a seguita dalle due domande, rispettivamente sull’origine e la fine della zizzania.

= 24 Un’altra parabola propose loro dicendo:

: «Fu uguagliato il regno dei cieli a un + SEMINANTE BUON SEME nel campo suo. ------------------------------------------------------------------------------------------------- : 25 Nel dormire però gli

: il suo – e SEMINÒ ZIZZANIE in mezzo al GRANO : e .

------------------------------------------------------------------------------------------------- . 26 Quando poi germogliò lo stelo . e frutto fece, – allora apparvero anche le ZIZZANIE.

: 27 poi i del dissero a lui:

. “ , + non forse BUON SEME SEMINASTI nel tuo campo? – Da dove dunque HA ZIZZANIE?”. ------------------------------------------------------------------------------------------------- = 28 E lui dice a loro: : “Un questo fece”. ------------------------------------------------------------------------------------------------- : E i dicono a lui: . “Vuoi dunque che raccogliamo quelle?”.

= 29 E lui dice: – “No, affinché cogliendo le ZIZZANIE + non sradichiate insieme con quelle anche il GRANO.

. 30 Lasciate crescere fino alla mietitura, = e nel momento della mietitura dirò ai mietitori:

– Cogliete prima le ZIZZANIE . e legate queste in fasci per bruciarle, + il GRANO però raccoglietelo nel magazzino mio».

82 Roberto Di Paolo

Riguardo alle corrispondenze, il generico «uomo/uomini» (24b; 25a) è specifi-cato, di volta in volta, da «servi» (27a; 28c), «nemico» (25b; 28b), e da «Signore» (27b). La «semina» di «grano» e «zizzania» compare lungo tutto il passo. Il verbo «venire», costruito con diverse preposizioni, è riferito sia al nemico (25bd) sia ai servi (27a; 28d) del Signore. È da rilevare che, alla fine del passo, si dice non da dove venga la zizzania ma dove questa vada a finire.

La logica del passo ruota dunque attorno al problema della provenienza e del destino della zizzania. Il duplice problema, espresso nelle due domande centrali, è intimamente legato alla vita degli uomini, vista nel suo aspetto dinamico dell’an-dare e del venire. Tra gli uomini si segnala il nemico, che, sconosciuto ai servi, agisce di notte. Ma tra gli uomini spicca sopratutto il padrone di casa, che è chia-mato «Signore» dagli altri uomini, che conosce il nemico e quindi l’origine come pure il destino della zizzania.

Interpretazione

Gli uomini, il grano, la zizzaniaAttorno al campo dove è stato seminato il seme buono e poi la zizzania, vanno e vengono gli uomini: l’uomo nemico che semina la zizzania (25), i servi (27-28). Del padrone di casa che ha seminato il grano (27) e degli uomini che dormono (25) non si dice che vadano e che vengano. Tutti comunque sono esseri umani e tutti interagiscono nel medesimo campo.

Il problema posto dalla prima domanda (27) rivela l’incapacità degli «uomini servi» a capire da dove venga la zizzania. La loro incapacità è sottolineata dal sonno in cui gli uomini erano avvolti nel momento in cui la zizzania veniva semi-nata (25). Non conoscono l’uomo nemico, né suppongo no che esista e che agisca. Sembra finanche che il «Signore» abbia seminato non seme buono ma zizzania (27). Pare quasi che la responsabilità del problema, in ultima analisi, sia sua; men-tre in realtà sono i servi che ignorano il senso di quanto è accaduto.

L’affermazione centrale sul responsabile della zizzania seminata (28) dischiude ai servi un elemento determinante e finora ignorato ma non basta a chiarire il pro-blema. L’ipotesi risolutiva proposta dai servi nella seconda domanda (28), di sra-dicare la zizzania tout court, conferma infatti la loro incapacità e completa igno-ranza, non solo di fronte al passato, ma anche di fronte al presente e al futuro.

L’uomo che ha seminato il seme buono, padrone di casa, chiamato Signore dai servi, è sì uomo, ma in una condizione tutta speciale: sa chi ha seminato la zizzania (28), sa dove andrà a finire (30), sa che essa è talmente radicata con il seme buono, da non poter essere eliminata senza danneggiare irreparabilmente il grano (29).

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 83

Due destini oppostiLa certezza che dà la parabola è duplice. La prima, limitata nel tempo, indica che l’uomo nemico c’è e agisce, nell’ombra e nell’ambiguità, profittando del sonno e dell’ignoranza degli altri uomini. L’altra certezza, duratura, è che il seme buono proviene dal padrone del campo (24), che è uomo, padrone di casa, ma anche Si-gnore (27). Questo grano arriverà fino alla mietitura e servirà come nutrimento (30).

La zizzania al contrario, per quanto abbia una origine non così chiara, è limi tata, perché seminata da un uomo nemico, inferiore cioè al Signore ed è destinata a morire, giacché non è in grado di nutrire e alla mietitura sarà gettata nel fuoco. Grande è l’uomo chiamato Signore, che, sapendo che il grano è interamente com-promesso con la zizzania, tollera questa nel suo campo fino alla fine.

3.2 Il piccolo seme del Regno porta grandi frutti (13,31-33)

Il passo è formato da tre parti (31; 32; 33) in composizione concentrica.

Le parti estreme (31; 33) sono parallele: all’introduzione, identica in ciascuna parte (31ab; 33ab), seguono le immagini complementari del «granello di senapa»

= 31 UN’ALTRA PARABOLA PROPOSE LORO DICENDO: . «UGUALE È IL REGNO DEI CIELI + a un granello di senapa, che presolo un uomo . .

: 32 Questo mentre più piccolo è di tutti i semi, . quando poi sia cresciuto

: : . . ».

= 33 UN’ALTRA PARABOLA PARLÒ A LORO: . «UGUALE È IL REGNO DEI CIELI + a una fermenta che presala una donna . : ».

84 Roberto Di Paolo

preso da un uomo e nascosto nel campo (31cd) e della «fermenta»33 presa da una donna, presumibilmente in casa, e nascosta nella farina (33cd).

La parte centrale (32), costituita da tre segmenti in rapporto di parallelismo sintetico, funge da cerniera tra le parti estreme, giacché le riprende e le amplia. L’espressione «più grande degli ortaggi è e diventa albero» (32cd) riprende infat-ti «seminò nel campo suo» (31d) e «nascose in tre staia di farina» (33d), amplian-do entrambe le scene col presentare immediatamente, al massimo livello, l’esito della semina del granello di senapa come pure del processo del lievito, sottoline-ato da «affinché si fermenti tutta» (33e), dove «tutta» e «albero» (32d) indicano la totalità definitiva. L’immagine successiva degli uccelli che fanno il nido tra i rami (32ef) è un ulteriore ampliamento dell’immagine dell’albero e ne rafforza la centralità.34

Le tre parti sono dunque concentriche: l’immagine centrale del grande albe-ro utile agli uccelli del cielo collega le immagini delle parti estreme, le riprende e le sviluppa, senza tuttavia privarle delle rispettive peculiarità; il seme infatti si svi luppa all’esterno, in modo visibile, e cresce; mentre il lievito non sviluppa se stesso ma fermenta la farina, in modo invisibile. Come dire che il seme agisce per se stesso, in modo visibile, utilizzando la terra; il lievito agisce, in modo invisibile, per la farina. In entrambi i casi, l’esito del processo è grandioso, to-tale, definitivo.

Contesto biblico

Il granello di senapaL’immagine del grande albero dove gli uccelli trovano dimora potrebbe essere una citazione implicita della profezia di Ez 17,22-24:

«22Così dice JHWH, il Signore: prenderò io stesso dalla cima del cedro orgoglioso e metterò in evidenza dal più elevato dei suoi giovani ramoscelli uno tenero, lo staccherò, lo pianterò io stesso sopra un’alta montagna elevata. 23Sul monte alto di Israele io lo pianterò; esso metterà rami e porterà frutto e diventerà un cedro magnifi co. E dimoreranno sotto di lui ogni uccello e ogni essere alato e all’ombra dei suoi rami faranno il nido. 24 E conosceranno tutti gli alberi della campagna che io, JHWH, ho abbassato l’albero alto, ho innalzato l’albero basso, ho fatto seccare l’albero verde, e ho fatto germogliare l’albero secco. Io, JHWH, l’ho detto e lo farò».

Il Profeta accenna alla restaurazione di Israele dopo l’esilio, opera esclusiva di

33 Il termine «fermenta», inesistente nella lingua italiana, è qui coniato al posto di «lievito», per rendere in italiano l’immagine del testo greco, che è tutta al femminile.

34 Si tratta per di più di una citazione implicita, come sarà specificato nel contesto biblico. Cfr. MEYNET, Trattato, 440-444.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 85

JHWH, che connota tutta l’immagine di umiltà: solo Dio innalza; solo l’umile può essere innalzato.

Il lievitoLa parabola del lievito impastato in tre staia di farina richiama Gen 18,6: «E si affrettò Abramo nella tenda da Sara e disse: sbrigati! Tre misure di fior di farina: impastale a fanne delle focacce». Il contesto è quello della visita dei tre uomini alle querce di Mamre. La misura in entrambi i casi è di tre staia di fari na,35 che dovrebbe corrispondere a poco più di venti litri36 o a circa quaranta.37

Interpretazione

Il regno dei cieli quasi invisibile… produce grandi frutti:…Come l’uomo e la donna, creati a immagine e somiglianza di Dio, anche il regno dei cieli è opera di Dio e si manifesta in diversi modi, complementari. La pic-colezza quasi insignificante del «granello di senapa» (31) e del «lievi to» (33), che può richiamare la piccolezza indistinta dell’uomo e della donna appena vengono al mondo, accompagna gli inizi del Regno. Piccolezza umile (Ez 17,22-24) e insignificante che però racchiude in sé tutte le potenzialità di una vita nascente in grado di «crescere», sprigionando innumerevoli forze (32). Questo è il Regno al suo inizio in mezzo agli uomini: è come un bambino, che, crescendo, scoprirà di essere uomo o donna e metterà in campo tutti i doni e le caratteristiche a lui proprie. Allo stesso modo il Regno in mezzo agli uomini è utilizzabile e vantaggioso non tanto ai suoi inizi, come il seme e il lievito, quan-to al suo sviluppo, che si attua secondo due modalità generali: una che si potreb-be dire maschile, dove il seme penetra nella terra e in essa cresce fino a diven-tare un albero, che servirà da dimora degli uccelli del cielo (32); un’altra, che si potrebbe definire femminile, dove il Regno, a guisa di lievito, fa sua la massa di farina per fermentarla (33). Nel primo caso, il seme si sviluppa all’esterno; nel secondo caso, all’interno. In entrambi i casi il Regno si sviluppa in modo quasi invisibile agli occhi degli uomini ed è riconoscibile dai propri effetti, che sono sempre a vantaggio degli altri, come il seme e il lievito sviluppano e pro-ducono non per sé ma per gli altri.

35 Per le corrispondenze di misura, vedi R. DE VAUX, Les Institutions de l’Ancient Testament, Paris 1964; trad. italiana, Le Istituzioni dell’Antico Testamento, Genova 19983, 207.

36 A. LEMAIRE, «Metrologia biblica», in Dictionnaire Encyclopedique de la Bible, Turnhout 1987; trad. italiana, Dizionario Enciclopedico della Bibbia, Roma 20002, 852-853.

37 LUZ, Matthew, 262.

86 Roberto Di Paolo

… un luogo per dimorare e un nutrimento per la comunitàL’immagine del «granello di senapa» che diventa un albero dove gli uccelli fanno il nido (32), utilizzata anche dal Profeta per evocare la restaurazione di Israele dopo l’esilio (Ez 17,22-24), indica l’effetto dello sviluppo del Regno tra gli uomi-ni: offrire un luogo sicuro dove dimorare, un punto di approdo, dove poter «fare il nido», proprio come gli uccelli del cielo (32). L’immagine di grandezza del Regno si accompagna quindi con quella di riposo sicuro per l’uomo, che nel Regno può trovare una dimora.

L’immagine del «lievito» che fermenta la sovrabbondante massa di farina (33), presente anche nel cibo di Abramo a Mamre (Gen 18,6), indica un altro effetto dello sviluppo del Regno, collaterale al precedente: il nutrimento. La gran quantità di farina fermentata dal lievito produrrà un pane necessario a sfamare non tanto il singolo individuo ma una comunità di persone. Si tratta quindi del nutrimento per la comunità.

La similitudine di Gesù presenta dunque il Regno come un luogo che acco glie tutti gli uomini, offrendo loro riposo e nutrimento, nella condivisione. Come dire che il Regno risponde ai bisogni essenziali dell’essere umano: ave re una dimora, ricevere il nutrimento necessario, condividere il pane e quindi la vita con altri es-seri umani.

3.3 Gesù consegna il seme del Regno in parabole (13,34-35)

È il passo centrale della sequenza, costituito da una sola parte, contenente una ci-tazione del Primo Testamento.

Il passo è composto da tre segmenti (34; 35a; 35bc), costruiti a specchio. Agli estremi «queste cose» (34a) e «cose nascoste» (35c), si corrispondono: entrambi neutri, riferiti al contenuto del parlare. In posizione mediana si fa menzione delle «parabole», di Gesù (34ab) e del profeta (35b). «Parlò» (34a) e «parlava» (34b), nel primo segmento al passato; «aprirò la bocca mia» (35b) e «proclamerò» (35c)

+ 34 tutte PARLÒ Gesù alle folle – e senza nulla PARLAVA a loro, --------------------------------------------------------------------------------------------------------- : 35 affinché si-compisse la PAROLA per mezzo del profeta CHE-DICE, --------------------------------------------------------------------------------------------------------- – «APRIRÒ LA BOCCA MIA, + PROCLAMERÒ dalla fondazione del mondo».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 87

nell’ultimo segmento al futuro, si corrispondono e sono tra loro collegati da «pa-rola» e «che dice» nella formula di compimento (35a).38

Il passo stabilisce così un rapporto tra il parlare del profeta e il parlare di Gesù: entrambi parlano in parabole. Il rapporto tuttavia è di compimento giacché il pro-feta non è identificato mentre Gesù è chiamato per nome; il parlare del profeta è al futuro, mentre quello di Gesù è al passato; per di più il parlare di Gesù, annunciato dal profeta, è un rivelare cose nascoste dalla fondazione del mondo. Quello che dunque un profeta ha detto in parabole Gesù lo ha compiuto.

Contesto biblico

È Matteo stesso che offre il contesto biblico di questo passo, citando la profezia di Sal 78 (77),2, in modo combinato: il primo membro corrisponde esattamente al testo dei LXX, mentre il secondo è più vicino al testo ebraico. Il testo ebraico è: «Aprirò in una parabola la mia bocca, proclamerò cose nascoste da antico tempo»; i LXX: «Aprirò in parabole la bocca mia, griderò enigmi a partire dal principio».39

È probabile che la menzione dell’inizio del Salmo rimandi all’insieme del sal-mo stesso.40 Il Salmo, uno dei più lunghi del Salterio, propone infatti una lezione sulla storia di Israele, scrutandone gli eventi e presentando i memoriali della storia della salvezza, dove appare limpida la provvida fedeltà di JHWH e la costante in-fedeltà del popolo di Israele.41 La conclusione del Salmo, con la menzione di Da-vide, «pastore dal cuore integro» (v. 72), apre la storia di Israele al compimento definitivo della promessa di Dio, attuato nel Figlio di Davide.42

– L’espressione «dalla fondazione del mondo» (35c), che conclude la cita-zione profetica, compare anche in Mt 25,34, quando Gesù, prima di entrare nella fase decisiva della sua Pasqua, descrive il giudizio finale: «Allora dirà il re a quelli alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ereditate il regno preparato per voi dalla fondazione del mondo”». Ora questa espressione, più che una semplice determinazione di tempo sull’opera della creazione conclusa,43 potrebbe riferirsi invece alla storia della salvezza, esprimendo il piano salvifico di Dio concepito dall’eternità e attuato nella storia di Israele.44 L’espressione

38 In greco i termini sono sinonimi, non identici.39 J. MILER, Les citations d’accomplissement dans l’évangile de Matthieu, AnBib 140, Roma

1999, 192-194, presenta la citazione con tutte le questioni connesse.40 L’idea, balenata nella mente dello scrivente, ha trovato sostegno in MILER, Les citations, 196-

198. 41 G. RAVASI, Il libro dei Salmi. Commento e attualizzazione, Lettura pastorale della Bibbia 14,

II, Bologna 19936, 627-628.42 RAVASI, Il libro dei Salmi, 652.43 O. HOFIUS, «katabolh,», DENT II, 1925.44 F. HAUCK, «katabolh,», GLNT V, 231-232.

88 Roberto Di Paolo

verrebbe così a indicare l’inizio della storia della salvezza con Abramo, Sara e Isacco.45 Si tratta quindi della fondazione del mondo, ma del mondo chiamato alla salvezza. A sostegno di questa ipotesi c’è anche il fatto che il salmo citato nella profezia si riferisce alla storia di Israele, a partire dall’esodo, momento in cui Dio «fonda» il suo popolo, fino a Davide, a cui Dio affida le promesse com-piute in Gesù Cristo.

– Per completare il quadro del contesto biblico, si ritiene opportuno menziona-re anche l’incipit della lettera agli Ebrei (1,1-2): «1 Molte volte e in molti modi anticamente avendo Dio parlato ai padri nei profeti, 2 da ultimo in questi giorni parlò a noi nel Figlio, che pose erede di tutto, per mezzo del quale anche fece il mondo». Questa solenne dichiarazione esplicita il collegamento tra la parola dei profeti e quella di Gesù: in entrambi i casi è Dio che parla. La parola di Gesù, in quanto Figlio di Dio, ha tuttavia valore di compimento supremo: abbracciando la creazione e la consumazione del mondo presente.

Interpretazione

Gesù si inserisce nella storia di Israele in cui emergono la misericordia di Dio e l’infedeltà del popolo. Egli entra in questa storia come Figlio di Davide e la com-pie, riprendendola dall’inizio.

A questo livello non è dato spingersi oltre nell’interpretazione.46

3.4 I figli del Regno e i figli del maligno cesseranno di convivere (13,36-43)

Il passo è costituito da due parti (36-37a; 37b-43): la prima (36-37a) indica le co-ordinate spazio temporali del passo e la domanda dei discepoli a Gesù; la seconda, articolata in tre sottoparti (37b-39; 40; 41-43) disposte in modo concentrico, con-tiene la risposta di Gesù.

Riguardo all’organizzazione della seconda parte, la prima sottoparte (37b-39) illustra l’equivalenza dei singoli elementi della parabola della zizzania nel tempo presente; l’ultima (41-43) applica gli stessi elementi alla fine del tempo presente; la seconda (40), al centro della risposta di Gesù, funge da cerniera: costituita da un trimembro, introdotto agli estremi da «come» (40a) e «così» (40c), essa stabilisce una comparazione tra quanto accade in questo tempo presente, spiegato nella sot-

45 MELLO, Matteo, 252.46 L’interpretazione dell’intera sequenza tenterà di mettere a frutto i dati del contesto biblico di

questo passo.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 89

toparte precedente (37b-39), e quanto avverrà alla fine di esso, annunciato nella sottoparte successiva (41-43).

Riguardo alle corrispondenze dei termini, «e Lui rispondendo disse» (37a) all’inizio della prima parte e «chi ha orecchie ascolti» (43b) alla fine della seconda sono comple mentari e fungono da termini finali; mentre le due occorrenze di «an-geli» (39c; 41a) fungono da termini medi. A «i figli del regno» (38b) corrispondo-no «i giusti… nel regno del Padre loro» (43a), cui si può collegare «Figlio dell’uo-mo» (37b; 41a) e «dal regno suo» (41b): i figli del regno si trovano a essere alla fine figli del Padre, come già il Figlio dell’uomo. Le «zizzanie» (36c; 38c; 40a), opposte ai figli del regno e al Figlio dell’uomo, sono identificate prima con i «figli del malvagio» (38c), poi con «tutti gli scandali e gli operanti l’illegalità» (41c). Si

36

Allora congedate le folle

venne nella casa.

E vennero-vicino a Lui i discepoli suoi dicendo:

:: «Spiega a noi la parabola delle ZIZZANIE del campo».

:: 37

E Lui rispondendo disse:

+ «Colui-che-semina il buon seme è il FIGLIO DELL’UOMO,

: 38

il campo poi è il mondo,

+ il buon seme poi questi sono

– le ZIZZANIE poi sono I FIGLI DEL MALVAGIO; 39

il nemico poi che ha seminato quelle è il diavolo,

: la mietitura poi fine del tempo-presente è,

: i mietitori poi sono.

= 40

dunque si colgono le ZIZZANIE

. e ,

= sarà alla fine del tempo-presente:

+ 41

manderà il FIGLIO DELL’UOMO gli suoi,

– e coglieranno

. TUTTI GLI SCANDALI E GLI OPERANTI L’ILLEGALITÀ

– 42

e getteranno quelli ;

là sarà il pianto e lo stridore dei denti.

+ 43

Allora risplenderanno come il . --------------------------------------------------------------------------------------

:: Chi ha orecchie ascolti».

90 Roberto Di Paolo

rileva inoltre la corrispondenza tra «nel fuoco bruciano» (40b) e «nella fornace del fuoco» (42a), cui si oppone «sole» (43): è sempre il fuoco che brucia, se pur in situazioni opposte. Non si rinuncia infine a evidenziare la corrispondenza tra «si colgono» (40a), ripreso da «coglieranno» (41b), come pure la ripresa di «fine del tempo presente» (39b; 40c).

Il passo, nel suo insieme, stabilisce quindi un rapporto tra il tempo presente e la sua fine. Il punto di svolta è la fine degli scandali e degli operanti l’illegalità nel fuoco che brucia, e il permanere dei giusti nel sole, fuoco che risplende.

Contesto biblico

Le espressioni forti e incisive utilizzate in questo passo hanno radici ampie e profonde nel mondo biblico. Sono qui presentati alcuni richiami significativi.

Nella fornace del fuocoIl passo di Dn 3,6, nella versione dei LXX, presenta gli stessi termini utilizzati da Matteo (42): «E chiunque prostrato non adori [la statua] getteranno lui nella forna-ce del fuoco ardente». Il contesto è l’inaugurazione della statua d’oro di Nabuco-donosor, con la proclamazione dell’assoluta sua adorazione, pena la morte nella fornace di fuoco.47 È noto il seguito della vicenda: i tre giovani giudei, rifiutata l’adorazione, vengono gettati nella fornace e lì, invece di morire bruciati, lodano Dio con tutto il creato. Il ruolo della fornace nei due passi è tuttavia opposto: in Matteo essa è destinata agli operanti l’illegalità; in Daniele è destinata invece a chi non pratica l’idolatria, illegalità per antono masia. L’esito delle due vicende è tutta-via identico, giacché Dio non cambia: in Matteo la fornace è riservata agli empi; in Daniele i giusti, in essa gettati, saranno liberati.

Pianto e stridore di dentiL’espressione: «là sarà il pianto e lo stridore dei denti» (42) torna identica in Mt 8,12; 22,13; 24,51; 25,30. Il contesto è sempre quello della condanna nel giu-dizio definitivo alla fine del tempo presente, in più con la menzione della tenebra (Mt 8,12; 22,13; 25,30).

I giusti risplenderannoLa dichiarazione (43), con cui Gesù conclude la sua risposta, richiama almeno due passi del Primo Testamento, che utilizzano la stessa immagine nello stesso contesto del giudizio finale. Il primo da richiamare, quasi che Matteo lo citasse, è quello di Dn 12,3: «E quelli che sono saggi splenderanno come lo splendore del firmamen-

47 L’espressione, con qualche variazione, compare altre cinque volte nel racconto: Dn 3,11; 15; 17; 20; 21.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 91

to, e quelli che inducono molti alla giustizia come stelle, in perpetuo». Ma c’è anche il passo di Sap 3,7-8: «7 E [i giusti] nel giorno del loro giudizio risplenderan-no e come scintille correranno qua e là nella paglia, 8 giudicheranno nazioni e go-verneranno popoli e regnerà su di loro il Signore per i secoli». Sia la profezia sia la meditazione sapienziale guardano alla fine del tempo presente, quando i giusti, la cui essenza sarà manifesta, regneranno per sempre in una comunione piena e pe-renne con il loro Signore.

– Anche nel racconto della Trasfigurazione (Mt 17,2) compare un’espres-sione analoga: «E fu cambiato d’aspetto davanti a loro e splendette il volto suo come il sole». È interessante rilevare che Mc 9,3 e Lc 9,29, pur descriven do lo stesso evento, utilizzano espressioni diverse.48 Il richiamo a Gesù trasfi gurato, nel racconto di Matteo, può diventare così assai significativo, giacché colloca «il Figlio dell’uomo risuscitato dai morti» (Mt 17,9) come primizia dei giusti che splenderanno nel regno del Padre, regno indicato da Mosè e da Elia (Mt 17,3).

Interpretazione

Una parabola spiegata …Sono i discepoli stessi a chiedere la spiegazione della «parabola delle zizzanie nel campo» (36), che evidentemente non hanno compreso. La stessa dichiarazio-ne finale di Gesù (43) precisa che la comprensione della parabola non è imme-diata ma richiede un particolare ascolto.

Riguardo alla spiegazione, è da rilevare che, nell’esperienza comune, «buon seme» e «zizzania» nel «campo» (38), sono simili a vedersi; con la differenza sostanziale che il buon seme nutre, mentre la zizzania intossica. Allo stesso modo, nel «mondo», «i figli del Regno» (38) e «i figli del malvagio» (38) sono simili a vedersi, in quanto entrambi «figli», con la stessa condizione di vita umana; con la differenza sostanziale, chiarita da Gesù, che l’agire degli uni è fatto di «scandali e illegalità» (41), mentre gli altri sono «giusti» (43). Ora gli uomini nel mondo sembrano incapaci di avvertire questa differenza sostanziale tra i due generi di «figli» o comunque di renderla operativa: si tratterebbe infat-ti di «cogliere la zizzania e gettarla nel fuoco» (41-42) e riconoscere al «buon seme» tutta la «luce solare» (43) e la vita a lui propria. Al contrario, gli uomini tendono a «gettare nella fornace del fuoco ardente» i giusti e «chiunque prostra-to non adori la statua» del potente di turno (Dn 3,6).

48 È stato scoperto, in un secondo tempo, che anche DAVIES – ALLISON, Gospel, 431, collega significativamente i due passi.

92 Roberto Di Paolo

Gli uomini si dimostrano dunque incapaci di comprendere o comunque di ope-rare il passaggio dal campo, che contiene seme buono e zizzania, al mondo, che contiene figli del regno e figli del malvagio, giusti e scandali e illegalità.

… sul senso della vita dell’uomo …La spiegazione della parabola afferma chiaramente che l’incapacità umana a di-scernere con chiarezza i «figli del Regno» dai «figli del malvagio» non è una cruda e inesorabile legge della storia, che porta inevitabilmente a gettare i giusti nella fornace di fuoco. Se gli uomini infatti non sono capaci di vedere né di operare in altra direzione, gli «angeli» (39; 41) sono in grado di attuare questa separazione, già assegnata loro «alla fine del tempo presente» (39; 40).

Il compito degli angeli, la «mietitura» (39), consisterà nella trasposizione delle parole di Gesù dal «campo» al «mondo» (38): sigillare in modo definitivo la con-dizione di quanti «hanno bruciato» la propria vita in «scandali e illegalità» (41) in lacrimevole tristezza e struggente dolore (42); accordare piena luce ai saggi (Dn 12,3; Sap 3,7), a quanti cioè hanno cercato la «giustizia», rendendo piena e totale la comunione con il loro Padre (43): figli nel «Figlio».

… secondo i tempi di Dio e dell’uomoCi si potrebbe domandare come mai si debba aspettare la fine del tempo presente e non si possa agire immediatamente per discernere i figli del Regno dai figli del malvagio. Il testo non risponde direttamente a tale obiezione. È da supporre tuttavia che, trattandosi in entrambi i casi di «figli», del Regno e del malvagio, il Figlio dell’uomo, «risuscitato dai morti» (Mt 17,9) e «splendente come il sole» (Mt 17,2), attenda che i figli del Regno rafforzino e confermino sempre più la loro condizione di figli, nella giustizia e nella luce; e i figli del malvagio, abbandonati scandali e illegalità, accolgano la parola che da zizzania li trasforma in buon seme, diventan-do anch’essi figli nel Figlio.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 93

3.5 Il piccolo seme del Regno ha un grande valore (13,44-50)

Il passo è costituito da tre parti (44; 45-46; 47-50).

Le prime due parti (44; 45-46), tra loro parallele e complementari, presentano ciascuna una parabola; e, nell’insieme, creano un gioco di corrispondenze molto interessante. Se infatti nell’esperienza comune è immediato far corrispondere il «tesoro» (44b) alla «perla di grande valore» (45b.46a) e «uomo» (44c) a «uomo

= 44 «UGUALE È IL REGNO DEI CIELI + a un nascosto nel campo, . che trovatolo un nascose, : e nella gioia sua . . il campo quello.

= 45 DI NUOVO UGUALE È IL REGNO DEI CIELI + a un che-cerca belle ; . 46 e trovata una sola : . quella.

= 47 DI NUOVO UGUALE È IL REGNO DEI CIELI + a una gettata nel mare . e da ogni razza radunando; 48 la quale quando si-sia-riempita tiratala-su sulla riva ed essendosi-seduti :: colsero le COSE-BUONE in recipienti, – ma le COSE-MARCE fuori . --------------------------------------------------------------------------- 49 Così sarà alla fine del tempo-presente: . verranno-fuori gli angeli :: e metteranno-da-parte i MALVAGI di mezzo ai GIUSTI – 50 e quelli nella fornace del fuoco: . là sarà il pianto e lo stridore dei denti».

94 Roberto Di Paolo

commerciante all’ingrosso» (45b); in queste due parti, secondo le parole di Gesù, a «tesoro» (44b) corrisponde «commerciante all’ingrosso» (45b), entrambi imma-gine del regno dei cieli;49 e a «uomo» che trova il tesoro (44c) corrisponde di fatto la «perla» cercata e trovata dal commerciante (45b.46a). Le formule iniziali (44a; 45a) e finali (44def; 46bc) di ciascuna parte sono quasi identiche.50

L’ultima parte (47-50) presenta una sola parabola, raddoppiata: prima enuncia-ta per il tempo presente, poi proiettata alla fine di questo, con la ripetizione del verbo «gettare» (48d; 50a) e la duplice corrispondenza fra «cose buone» (48c) e «giusti» (49c), fra «cose marce» (48d) e «malvagi» (49c), corrispondenze che sono tra loro opposte.

Nell’insieme del passo, la formula iniziale della terza parte (47a) riprende le formule iniziali delle parti precedenti (44a; 45a); «rete a strascico» (47b) corri-sponde a «tesoro» (44b) e a «uomo commerciante all’ingrosso» (45b). Si osserva inoltre la corrispondenza complementare tra «nel campo» (44bf), e «nel mare» (47b): terra e mare sono i due ambiti di vita terrestre. Non si omette di rilevare infine una corrispondenza di significato tra la perla e il tesoro, in quanto alla pre-ziosità; ma anche tra la perla e la rete gettata in mare, in relazione all’origine della perla.

La logica del passo si ravvisa dunque nelle modalità complementari in cui il regno dei cieli si manifesta: nel tesoro, prezioso, inanimato; nel commer ciante di perle, animato, che sa riconoscere le cose preziose. Ma il regno dei cieli si manife-sta anche nella rete, che raccoglie tutto, cose buone e cose marce, con il discerni-mento finale. Il regno dei cieli si attua quindi in terra e in mare, attraverso un cer-care e un essere cercato; raccoglie tutto e perdura fino alla fine.

Contesto biblico

La perla (45-46) indica quanto di più prezioso possa esistere nell’ambito uma-no.51 In Mt 7,6b: «Né gettate le vostre perle davanti ai porci», è chiaramente affer-mata la preziosità costitutiva della perla.52

49 L’identificazione del Regno con il commerciante in cerca di perle può sembrare bizzarra, dal momento che l’interpretazione tradizionale di questo passo si concentra sulla perla, identificata ora con il Regno, come Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo XIII,8; ora con l’annuncio evangelico, come Giovanni Crisostomo, Omelia sul Vangelo di Matteo 47,2; ora con Gesù stesso, perla di gran valore e mediatore tra Dio e gli uomini, come Origene, Commento a Matteo X,8 e Agostino, Que-stione sul Vangelo secondo Matteo 17,12.

50 È da notare che, in greco, le immagini del tesoro e della perla sono entrambe al maschile.51 F. HAUCK, «margari,thj», GLNT VI, 1266-1267.52 E. PLÜMACHER, «margari,thj», DENT II, 276.

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 95

Interpretazione

Un Regno prezioso e nascosto che cerca ciò che è prezioso e nascosto …Le similitudini proposte da Gesù in questo passo illustrano il regno dei cieli in al-cune sue dimensioni costitutive, in esso compresenti e tra loro complemen tari. Come un «tesoro nascosto» (44), il Regno è infatti prezioso, gravido di potenzia-lità e raggiungibile, anche se queste tre caratteristiche richiedono all’uomo un cam-mino di ricerca e un’attenta gestione delle proprie risorse per scoprire il «tesoro» del Regno. Come un «commerciante all’ingrosso» (45), il Regno ha in sé un’ener-gia e una dinamica capaci di scoprire e apprezzare quanto è prezioso, bello e na-scosto, come «una perla di grande valore» (46). Come una «rete a strascico» (47), il Regno accoglie infine tutto e tutti, senza alcuna distinzione, «cose buone» e «cose marce» (48) «malvagi» e «giusti» (49).

… nello spazio e nel tempo della vita umanaLa menzione del «campo» (44bf), cioè della terra, e del «mare» (47b) estende il discorso di Gesù al mondo intero: il Regno è presente ovunque viva l’uomo, sia nel mare sia sull’asciutto. Non ci sono cioè degli spazi dove il Regno non arrivi o dove non sia raggiungibile; né tantomeno dei tempi in cui il Regno non giunga o non sia abbordabile all’uomo, dato che esso perdurerà fino alla fine del tempo presente.

L’uomo è posto quindi in questo spazio, fatto di terra e di mare, e in questo tempo presente, portando con sé una grande e grave responsabilità che determina tutta la sua vita (49-50): trovare il Regno, scoprire cioè il «tesoro» e impegnarvi tutta la vita (44); lasciarsi trovare dal Regno, scoprirsi cioè «perla», preziosa e non vile (Mt 7,6b); conservare le «cose buone» e gettare via le «marce» (48).

3.6 L’insieme degli ultimi due passi della sequenza: Il regno dei cieli alla fine del tempo presente (13,36-50)

La corrispondenza palese delle due affermazioni, presenti in entrambi i passi: «così sarà alla fine del tempo presente» (40b; 49a),53 «e getteranno loro nella fornace del fuoco: là sarà il pianto e lo stridore dei denti» (42; 50), è inquietante, giacché rivela un rapporto tra questi ultimi due passi della sequenza.54 Le espres-sioni appaiono infatti come termini finali di una costruzione parallela, non meglio specificata.

53 Questa affermazione è in parte anticipata al v. 39.54 Un altro elemento, secondario ma non trascurabile, che indica in questi versetti la presen za

di una qualche struttura anche a questo livello di sottosequenza, è l’evidente sproporzione tra la prima sottosequenza (13,24-33) con 220 parole e 1.391 caratteri, e l’ultima (13,36-50) con 294 parole e 1.776 caratteri, in greco.

96 Roberto Di Paolo

Alcune corrispondenze corroborano questa ipotesi: «campo» (36; 38; 44bis), «cogliere» (40; 41; 48), «angeli», (39; 41; 49); «malvagio/i» (38; 49), «diavolo» (39), «operanti l’illegalità» (41); «Figlio dell’uomo» (37; 41) e «uomo» (44; 45), «fi gli del regno» (38) e «dal regno suo» (41) e «regno dei cieli» (44; 45; 47). Tutte queste corrispondenze rafforzano il parallelismo tra i due passi, i quali presentano in modo analogo la vicenda del regno dei cieli alla fi ne del tempo presente, quando, nel giudizio fi nale, i malvagi saranno in esorabilmente esclusi dal Regno e gettati nelle tenebre e i giusti risplenderan no come il sole.

36 Allora congedate le folle venne nella casa. E vennero-vicino a Lui i discepoli suoi dicendo: «Spiega a noi la parabola delle zizzanie del campo». 37 E Lui rispondendo disse: «Colui che semina il buon seme è il FIGLIO DELL’UOMO, 38 il campo poi è il mondo, il buon seme poi questi sono i FIGLI DEL REGNO, le zizzanie poi sono i figli del

; 39 il nemico poi che ha seminato quelle è il , la mietitura poi è , i mietitori poi sono angeli. 40 Come dunque si le

zizzanie e nel fuoco bruciano, :

41 manderà il FIGLIO DELL’UOMO gli angeli suoi, e dal REGNO SUO tutti gli scandali e gli 42

.

43 Allora i risplenderanno come il nel REGNO DEL PADRE LORO.

Chi ha orecchie ascolti.

44 Uguale è il REGNO DEI CIELI a un tesoro nascosto nel campo, che avendolo trovato un UOMO nascose, e nella sua gioia va e vende tutto quanto possiede e compra quel campo. 45 Di nuovo uguale è il REGNO DEI CIELI a un UOMO commerciante all’ingrosso che cerca belle perle; 46 e avendo trovato una sola perla di grande valore partito ha venduto tutto quanto possedeva e comprò quella. 47 Di nuovo uguale è il REGNO DEI CIELI a una rete a strascico gettata nel mare e da ogni razza radunando; 48 la quale quando si sia riempita tiratala su sulla riva ed essendosi seduti le cose buone in recipienti, ma le marce fuori gettarono. 49 : verranno-fuori gli angeli e metteranno-da-parte i di mezzo ai 50

».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 97

Una conferma che ci sia un parallelismo tra i due passi si ravvisa finanche nell’affermazione «allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro», (43a), che di fatto conclude il primo passo e viene così a trovarsi al centro dei due passi. Si tratta di una dichiarazione solenne, che, come già osservato, ha tutto il sapore di una citazione implicita del Primo Testamento. All’interno di questa citazione, «regno del Padre loro» completa le ricorrenze già viste relati-ve a «Regno» (41; 44; 45; 47), a «Figlio dell’uomo» (37; 41) e a «figli del re-gno» (38); la menzione dei «giusti» riprende i «giusti» (49) alla fine dell’ultimo passo e si oppone alle ricorrenze già rilevate di «malvagio/i» (38; 49), «diavolo» (39), «operanti l’illegalità» (41). Il «sole», fuoco di vita, si oppone infine alla «fornace di fuoco» (42; 50) che investe gli operatori di iniquità come fuoco di morte.

Si ha così una sottosequenza formata da due passi paralleli (24-33; 36-50) che ruotano attorno all’affermazione sapienziale posta di fatto al centro (43a). L’insie-me così costruito presenta la sorte del regno dei cieli alla fine del tempo presente: i due passi tra loro paralleli illustrano la condanna dei malvagi nel fuoco distrutto-re; mentre la sentenza al centro illustra la sorte riservata ai giusti, risplendenti come il fuoco benefico del sole.55

3.6 L’insieme della seconda sequenza (13,24-50)

Composizione

La sequenza è formata da cinque passi (24-30; 31-33; 34-35; 36-43; 44-50), costruiti in modo concentrico: il primo passo (24-30) e il quarto (36-43) sono tra loro paralleli; similmente il secondo (31-33) e il quinto (44-50); il terzo (34-35), al centro, funge da chiave dell’insieme.

Nel primo (24-30) e nel quarto passo (36-43) compaiono rispettivamente la narrazione e la spiegazione della stessa parabola. Oltre alla ripresa di «zizzanie» (25; 26; 27; 29; 30; 36; 38; 40), è interessante la corrispondenza tra la domanda dei servi «da dove dunque ha zizzanie?» (27) al centro del primo passo, e quella dei discepoli «spiega a noi la parabola delle zizzanie nel campo» (36) all’inizio del quarto passo. La prima domanda è introdotta da «venuti vicino» (27) detto dei servi; la seconda da «vennero vicino» (36) detto dei discepoli. Sembra infine inte-ressante la corrispondenza tra «bruciarle» (30) e «bruciano» (40) ampliata dal du-plice «fornace di fuoco» (42; 50).

55 A questo livello interessa soprattutto chiarire la composizione della sottosequenza. Contesto biblico e interpretazione saranno affrontati nell’analisi dell’intera sequenza.

98 Roberto Di Paolo

24 Un’altra parabola propose loro dicendo: « a un UOMO seminante buon seme nel campo suo. 25 Nel dormire però gli UOMINI venne il suo nemico e seminò in mezzo al grano e venne via. 26 Quando poi germogliò lo stelo e fece frutto, allora apparvero anche le . 27 poi i servi del padrone-di-casa dissero a lui: “Signore forse non seminasti buon seme nel tuo campo?

?”. 28 E lui dice a loro: “Un UOMO NEMICO questo fece”. E i servi dicono a lui: “Vuoi dunque che andati raccogliamo quelle?”. 29 E lui dice: “No, affinché cogliendo le non sradichiate insieme con quelle il grano. 30 Lasciate crescere insieme fino alla mietitura, e nel momento della mietitura dirò ai mietitori, Cogliete prima le e legate queste in fasci per BRUCIARLE, il grano però raccoglietelo nel magazzino mio”».

31 Un’altra parabola propose a loro dicendo: « a un granello di senapa, che presolo un UOMO seminò nel campo suo; 32 questo mentre più piccolo è di tutti i semi quando poi sia cresciuto è più grande degli ortaggi e diventa albero, cosicché vengono gli uccelli del cielo e fanno-il-nido nei rami suoi. 33 Un’altra

parabola parlò a loro: a una fermenta che presala una donna nascose in tre staia di farina affinché si fermenti tutta».

34 Queste cose tutte parlò Gesù in parabole alle folle e senza parabola nulla parlava a loro, 35

: «Aprirò in parabole la bocca mia, proclamerò cose-nascoste dalla F ».

36 Allora congedate le folle venne nella casa. E a Lui i discepoli suoi dicendo: « la parabola delle del campo». 37 E Lui rispondendo disse: «Colui che semina il buon seme è il FIGLIO DELL’UOMO, 38 il campo poi è il mondo, il buon seme poi questi sono i FIGLI le poi sono I FIGLI DEL MALVAGIO;

39 il nemico poi che ha seminato quelle è il diavolo, la mietitura poi è, i mietitori poi angeli sono. 40 Come dunque si colgono le e nel

fuoco BRUCIANO, così sarà alla : 41 manderà il FIGLIO DELL’UOMO gli angeli suoi, e coglieranno tutti gli scandali e gli operanti l’illegalità 42 e getteranno quelli nella FORNACE DEL FUOCO; là sarà il pianto e lo stridore dei denti.

43 Allora i GIUSTI risplenderanno come il sole . Chi ha orecchie ascolti».

44 « a un tesoro nascosto nel campo, che avendolo trovato un UOMO nascose, e nella gioia su va e vende tutto quanto possiede e compra quel campo. 45 a un UOMO COMMERCIANTE-AL-L’INGROSSO che cerca belle perle; 46 e avendo trovato una sola perla di grande valore partito ha venduto tutto quanto possedeva e comprò quella. 47

a una rete a strascico gettata nel mare e da ogni razza radunando; 48 la quale quando si sia riempita tiratala su sulla riva ed essendosi seduti colsero le cose buone in recipienti, ma le marce fuori gettarono. 49 Così sarà alla

: verranno fuori gli angeli e metteranno da parte i MALVAGI di mezzo ai GIUSTI 50 e getteranno quelli nella FORNACE DEL FUOCO: là sarà il pianto e lo stridore dei denti».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 99

Il secondo (31-33) e il quinto passo (44-50) contengono rispettivamente due e tre brevi parabole, tutte introdotte dalla formula «uguale è il regno dei cieli» (31a; 33b; 44a; 45a; 47), che, con qualche variante, funge da termine iniziale di ciascuna parabola ma anche dell’intera sequenza (24a), con la ri presa poi di «regno», riferi-to a: «figli» (38b), «suo» (41b), «Padre loro» (43).

Per quanto riguarda il breve passo centrale (34-35), costituito dalla profezia compiuta da Gesù, «cose nascoste» (35), riferito al parlare del profeta, è anticipato da «nascose» (33), riferito al lievito nella farina alla fine del secondo passo, ed è ripreso da «nascosto … nascose» (44), riferito al tesoro all’inizio dell’ultimo passo. A «fondazione del mondo» (35) corrisponde «fine del tempo presente» (39; 40b; 49), negli ultimi due passi, per un rapporto complementare.

Nell’insieme della sequenza, oltre alla ricorrenza di «parabola/e» (24a; 31a; 34bis; 35b), è da rilevare la ricorrenza del generico «uomo» (24a; 25a; 28a; 31b; 44b; 45), qualificato lungo la sequenza come «nemico» (28), «commerciante all’ingrosso» (45); ma anche come «Figlio dell’uomo» (37b; 41b), quindi «figli del Regno» (38b) e «figli del malvagio» (38bc), ripresi da «malvagi» (49b) e «giusti» (49c).

La logica della sequenza si può dunque ravvisare nell’annuncio del Regno, che Gesù offre agli uomini in parabole. Questo annuncio rivela un compimen to di tutta la storia, dalla fondazione del mondo alla fine del tempo presente, e coinvolge, nella sua attuazione, tutti gli esseri umani, i quali possono diven tarne figli o nemi-ci, grano buono o zizzanie, in un cammino che dura fino alla fine del tempo pre-sente, quando sarà manifesto e definitivo il ruolo di ciascuno.

Contesto biblico

In riferimento alla domanda dei servi sulla provenienza della zizzania (27) e a quella dei discepoli per capire la parabola della zizzania nel campo (36), Sap 9,13-16, quasi a conclusione della preghiera di Salomone per ottenere la sapienza, met-te ben in evidenza tutta la fatica dell’uomo a comprendere la volontà di Dio e fi-nanche le realtà terrene:

«13 Quale uomo infatti conoscerà la volontà di Dio o chi avrà in animo quello che Dio vuole? 14 I ragionamenti dei mortali infatti sono meschini e vacillanti le nostre idee. 15 Un corpo corruttibile infatti appesantisce l’anima e la tenda di terra aggrava la mente piena di sollecitudini. 16 E a stento congetturiamo le realtà sulla terra e con fatica troviamo le realtà a portata di mano; ma le realtà che stanno nei cieli chi le rintraccia?».

100 Roberto Di Paolo

Interpretazione

Il regno dei Cieli è una realtà poliedrica …Le immagini utilizzate da Gesù descrivono il regno dei cieli come una realtà estre-mamente dinamica, difficilmente inquadrabile nelle descrizioni umane, fatte di cifre e di precise coordinate di riferimento. Il Regno è tutt’altro. È piccolo e insi-gnificante agli occhi degli uomini, come un «granello di senapa» (31) o come del «lievito» (33). Come il granello di senapa esso è tuttavia gravido di vita; come il lievito, il Regno sviluppa non se stesso ma la massa di farina con cui è impastato. Il Regno è poi evidentemente prezioso, come un «tesoro» (44), ricchezza facilmen-te riconoscibile dall’uomo e sa riconoscere, a sua volta, le cose preziose, anche quelle piccole e individuabili solo da intenditori, come il mercante in cerca di «bel-le perle» (45). Di più, il Regno accoglie tutto e tutti, «cose buone» e «cose marce» (48), «malvagi» e «giusti» (49), in modo finanche scandaloso (29); come un cam-po in cui siano stati piantati «seme buono» e «zizzania» (24), come una «rete a strascico» (47); accoglie però gli uomini non come spettatori o comparse, ma come attori coinvolti in prima persona, fossero «operanti l’illegalità» (41) o «giusti» (43), liberi e responsabili di conservare o mutare il proprio ruolo, fino alla «fine del tempo presente» (30).

Il Regno è dunque una realtà poliedrica, che non si lascia confinare negli oriz-zonti dell’umana comprensione.

… nascosta agli uomini …Tutte queste immagini del Regno sembrano avere una caratteristica comune che è la dimensione di mistero che lo avvolge e che si concreta nell’incognita della percezione; come a dire che il Regno vale tanto ma è difficile da riconoscere e da scoprire, dal momento che non appare in tutta la sua vigorosa grandezza. Se l’esperienza insegna che il piccolo granello o il lievito hanno in sé grandi po-tenzialità, questo potrebbe non essere così automatico nei riguardi del Regno: come scoprire la forza pregnante del Regno nelle realtà apparentemente insigni-ficanti? Lo stesso può dirsi del tesoro, il cui valore è immediatamente percepi-bile, ma – come spiega la parabola – esso sta sotto terra e questo può diventare problematico, giacché implica una ricerca da parte dell’uomo e una successiva vendita di tutto per acquisirlo. L’immagine del commerciante all’ingrosso rove-scia un po’ la situazione, in quanto presenta il Regno come energia dinamica che va in cerca e riconosce quanto ha valore; ma il problema visto sopra rimane: se infatti – seguendo la parabola – Dio stesso si fa mercante per cercare l’uomo, pronto a scommettere tutto pur di farlo suo, l’uomo si lascerà scoprire, prende-re, come la perla?

La domanda dei servi: «Da dove dunque ha la zizzanie?» (27), e quella dei di-scepoli: «Spiega a noi la parabola delle zizzanie nel campo» (36), tradisce tutto il

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 101

disagio e la difficoltà che gli uomini provano di fronte al Regno, non potendolo riconoscere nella sua interezza e nella sua pregnanza.

… annunciata in parabole, linguaggio «nascosto», che rivela …Il linguaggio di Gesù in «parabole» (34-35) è la via migliore per avvicinarsi al Regno, che altrimenti non solo sfuggirebbe alla comprensione degli uomini, ma incontrerebbe in essi un deciso rifiuto. È un linguaggio non diretto ma filtrato, che permette in tal modo di assimilare meglio il contenuto. Come infatti la visione diretta e immediata di Dio porterebbe l’uomo alla morte immediata, così una comunicazione diretta del Regno dei cieli schiaccerebbe la mente umana, che a stento congettura le realtà sulla terra e con fatica trova quelle a portata di mano; mai quindi potrà rintracciare le realtà celesti (Sap 9,13-16). Il linguaggio delle parabole si offre quindi come canale adatto perché l’uomo riconosca il Regno e vi entri a poco a poco.

… il senso della storia del mondo dall’inizio alla fine …Gesù, annunciando il Regno in parabole e solo in parabole, riprende la parola pro-fetica al centro della sequenza (34-35), svelando il senso della storia di Israele meditata nel salmo citato, dall’Esodo fino a Davide. In più Gesù compie quella parola, ovvero quella storia, svelandone il senso più profondo, che parte non da Israele, ma «dalla fondazione del mondo» (35), in cui la storia di Israele si innesta. Si tratta quindi di compiere la storia non di un solo popolo, ma del mondo intero, dalla sua fondazione.

La menzione, negli ultimi due passi, della «fine del tempo presente» (39; 40; 49), proietta la parola di Gesù, che compie la storia, fino alla consumazio ne di questa, quando «i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (43). Nella Trasfigurazione, quando il volto di Gesù risplenderà come il sole (Mt 17,2), visione di cui gli apostoli di qui a poco saranno testimoni, anticiperà questa fine del tempo presente, rivelando lo splendore della dignità di Gesù, primizia dei «giusti» definitivamente accolti come figli «nel regno del Padre loro» (43).

Le parabole di Gesù rivelano dunque il Regno e illuminano per ciò stesso tutta la storia del mondo, dalla sua fondazione fino alla fine del tempo presente, storia che Gesù viene a compiere, coinvolgendo in prima persona ogni uomo.

… annunciando il fuoco che brucia e il fuoco che risplendeL’uomo, ogni essere umano, direttamente coinvolto nell’attuarsi del Regno, è, nell’immagine delle parabole, come «grano» buono e «zizzania» cresciuti nello stesso campo (26), come «farina» da impastare (33), come «perla» da scoprire (46), come pesce pescato con la «rete» da ogni parte dello spazio e del tempo (47). Ora

102 Roberto Di Paolo

se il Regno, e in esso Dio, è come il paziente «padrone di casa» (29), come l’albe-ro ampio e frondo so nato dal «granello di senapa» (32), come il «tesoro nascosto nel campo» (44), come il «commerciante all’ingrosso in cerca di belle perle» (45), come la «rete a strascico» che pesca da ogni dove (47), l’uomo, per parte sua, è chiamato a vivere nella contrad dizione del grano e della zizzania compresenti in lui e fuori di lui (29), a «fare il nido» all’ombra dei rami del grande albero (32), a lasciarsi fecondare (33), a scoprire il tesoro che vale più di tutto il resto (44), e a scoprire il proprio valore per apprezzarsi così come il mercante individua e apprez-za la perla preziosa (46).

Questi compiti sono così importanti nell’uomo, che tutta la sua vita entra in gioco, con una responsabilità che arriva fino alla fine del tempo presente (40; 49), quando scomparirà ogni mistero dal Regno e tutto sarà passato per il fuoco; per il fuoco del sole, che rende chiaro e splendente tutto: sia Gesù, che ora appare solo come «Figlio dell’uomo» (37; 41), sia «i figli del Regno» (38), quindi i «giusti» (43). Ma tutto sarà passato anche per il fuoco della «fornace di fuoco» (50): il «nemico» (28), i suoi «figli» (38), «gli operanti l’illegalità» (41).

La responsabilità dell’uomo è quindi costitutiva del Regno; egli può infatti ri-manere solo zizzania senza mai diventare grano buono (30), creando scandali e operando illegalità (38), marcire in una parola (48), fino a rendersi completa mente inutile e diventare preda del fuoco che devasta e distrugge, in una sofferenza cieca e disperata (42; 50). Ma può anche agire in favore del Regno e così promuovere se stesso e il Regno, fino a diventare come il fuoco del sole, che scalda, illumina e risplende (43).

4. L’insieme della sezione: Capire i misteri del regno dei cieli (13,1-52)

Composizione

Le due sequenze fin qui esposte formano una sezione del vangelo di Matteo.

Lo schema, proposto all̓inizio di questa analisi, può essere così articolato:

LE PARABOLE per il cuore indurito 13,1-23

LE PARABOLE per rivelare i misteri del Regno 13,24-52

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 103

Le due sequenze, diverse per lunghezza e concentriche ciascuna al proprio in-terno, nell’insieme sono parallele. È interessante che la prima sequenza (3b-23) sia più breve della seconda (24-50);56 mentre il centro della prima sequenza (10-17) è più lungo di quello della seconda (34-35).57 Gli estremi della sezione (1-3a; 51-52) fungono da brani cornice.

I due centriI centri delle due sequenze (10-17; 34-35) si corrispondono per le citazioni espli-cite58 del Primo Testamento, introdotte dalle formule di compimento «e si compie per loro la profezia di Isaia che dice» (14a), «si compisse la parola per mezzo del profeta che dice» (35). Il verbo compiersi, tradotto con «riempirsi», compare anche verso la fine della seconda sequenza, nella parabola della rete, tirata su qualora «sia riempita» (48).

All’interno delle due citazioni è da rilevare l’opposizione tra «con le orecchie malvolentieri ascoltarono e gli occhi loro chiusero» (15) e «aprirò… la mia bocca» (35); se infatti le orecchie e gli occhi del popolo rimangono indolenti o chiusi, la bocca del profeta è comunque aperta per parlare. Si evidenzia anche una corrispon-denza tra «è dato conoscere i misteri» (11), riferito al regno dei cieli, e «proclame-rò cose nascoste» (35), riferito al profeta, ampliato da «nascose» detto del lievito

56 In greco si contano 401 parole con 2.573 caratteri per la prima sequenza; 550 parole con 3.406 caratteri per la seconda.

57 In greco si contano 162 parole con 1.012 caratteri per il primo centro; 36 parole con 237 caratteri per il secondo.

58 Cfr. MEYNET, Trattato, 376.

Gesù e le folle 1-3a

Il sparso della Parola 3b-9

Il cuore indurito non comprende le PARABOLE del REGNO 10-17

Chi accoglie il della Parola? 18-23

Il buono e il cattivo convivono 24-30

Il piccolo del REGNO 31-33

Gesù annuncia il REGNO in PARABOLE 34-35

Solo il buono fino alla fine 36-43

Il piccolo del REGNO ha un grande valore 44-50

Gesù e il discepolo 51-52

104 Roberto Di Paolo

(33), da «nascosto… trovato… nascose» (44) detto del tesoro, e da «trovato» rife-rito alla perla (46).

13 1 In quel giorno venuto fuori Gesù di casa sedette presso il mare: 2 e si radunarono vicino a lui , cosicché Egli su una barca salito sedette, e sulla riva stava in piedi. 3 E parlò a loro di molte cose in dicendo:

«Ecco venne fuori il a . 4 E nel lui alcuni caddero lungo la strada e venuti gli uccelli divorarono quelli. 5 Altri poi caddero su terreni sassosi dove non aveva terra molta e subito germogliò a causa del non avere profondità di terra; 6 il SOLE però uscendo fu bruciata e a causa del non avere radice fu seccata. 7 Altri poi caddero sulle spine e salirono le spine e soffocarono quelli. 8 Altri poi caddero sulla terra buona e diedero frutto, l’uno cento, l’altro sessanta, l’altro poi trenta 9 CHI HA

ORECCHIE ASCOLTI».

10 E venuti vicino i dissero a Lui: «Perché parli loro?». 11 Egli rispondendo disse loro: «Perché a voi del

, a loro però non è dato. 12 Chi infatti ha, sarà dato a lui e sarà reso straricco; chi però non ha, anche quello che ha sarà tolto da lui. 13 Per questo parlo loro, perché vedendo non vedono e ascoltando non ascoltano né comprendono, 14 E SI COMPIE PER LORO LA PROFEZIA DI ISAIA CHE DICE: “Con ascolto ascolterete e non comprenderete e vedendo vedrete e non guardiate. 15 Divenne impermeabile infatti il cuore di questo popolo e

, affinché non guardino con gli occhi e con le orecchie [non] ascoltino e con il cuore [non] comprendano e si convertano e io li ristabilirò”. 16 Felici però i vostri occhi perché vedono e le orecchie vostre perché ascoltano. 17 Amen infatti dico a voi che molti profeti e GIUSTI DESIDERARONO GUARDARE ciò che voi vedete e non lo guardarono, e ascoltare ciò che voi ascoltate e non lo ascoltarono».

18 «VOI DUNQUE ASCOLTATE la del . 19 Ciascuno ascoltando la parola del e non comprendendo, viene il malvagio e depreda

nel cuore di lui, questo è quello sulla strada . 20 Quello su terreni rocciosi , questo è colui che la parola ascolta e subito con gioia accogliendola, 21 non ha però radice in se stesso ma instabile è, divenendo poi tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si scandalizza. 22 Quello nelle spine , questo è colui che la parola ascolta, e la preoccupazione del tempo presente e la seduzione della ricchezza soffoca la parola e infruttuosa diventa. 23 Quello che sulla terra buona , questo è colui che la parola ascolta e comprende, il quale appunto porta frutto e fa quello cento, quell’altro sessanta, quell’altro trenta».

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 105

24 Un’altra propose loro dicendo: «Fu uguagliato il a un uomo

buon nel campo suo. 25 Nel dormire però gli uomini venne il suo nemico e zizzanie in mezzo al grano e venne via. 26 Quando poi germogliò lo stelo e frutto fece, allora apparvero anche le zizzanie. 27 Venuti vicino poi i servi del padrone di casa dissero a lui: “Signore non forse buon nel tuo campo? Da dove dunque ha zizzanie?”. 28 E lui dice a loro: “Un uomo nemico questo fece”. E i servi dicono a lui: “Vuoi dunque che andati raccogliamo quelle?”. 29 E lui dice: “No, affinché cogliendo le zizzanie non sradichiate insieme con quelle il grano. 30 Lasciate crescere insieme fino alla mietitura, e nel momento della mietitura dirò ai mietitori, Cogliete prima le zizzanie e legate queste in fasci per bruciarle, il grano però raccoglietelo nel magazzino mio”».

31 Un’altra propose a loro dicendo: «Uguale è il a un granello di senapa, che presolo un uomo nel campo suo; 32 questo mentre più piccolo è di tutti i quando poi sia cresciuto più grande degli ortaggi è e diventa albero, cosicché vengono gli uccelli del cielo e fanno-il-nido nei rami suoi. 33 Un’altra parlò a loro: Uguale è il a una fermenta che presala una donna in tre staia di farina affinché si fermenti tutta».

34 Queste cose tutte parlò Gesù alle e senza nulla parlava a loro, 35 AFFINCHÉ SI COMPISSE LA PAROLA PER MEZZO DEL PROFETA CHE DICE,

, .

36 Allora congedate le venne nella casa. E vennero vicino a Lui i suoi dicendo: «Spiega a noi la delle zizzanie del campo». 37 E Lui rispondendo disse: «Colui il buon è il Figlio dell’uomo, 38 il campo poi è il mondo, il buon poi questi sono i le zizzanie poi sono i figli del malvagio;

39 il nemico poi quelle è il diavolo, la mietitura poi è, i mietitori poi angeli sono. 40 Come dunque si colgono le zizzanie e nel

fuoco bruciano, così sarà alla : 41 manderà il Figlio dell’uomo gli angeli suoi, e coglieranno dal tutti gli scandali e gli operanti l’illegalità 42 e getteranno quelli nella fornace del fuoco; là sarà il pianto e lo stridore dei denti.

43 Allora I GIUSTI RISPLENDERANNO COME IL SOLE nel . CHI HA ORECCHIE ASCOLTI».

44 «Uguale è il a un tesoro nel campo, che avendolo trovato un uomo , e nella gioia su va e vende tutto quanto possiede e compra quel campi. 45 Di nuovo uguale è il a un uomo commerciante all’ingrosso che cerca belle perle; 46 e una sola perla di grande valore partito ha venduto tutto quanto possedeva e comprò quella. 47 Di nuovo uguale è il a una rete a strascico gettata nel mare e da ogni razza radunando; 48 la quale quando si SIA

RIEMPITA tiratala su sulla riva ed essendosi seduti colsero le cose buone in recipienti, ma le marce fuori gettarono. 49 Così sarà alla : verranno-fuori gli angeli e metteranno da parte i malvagi di mezzo ai GIUSTI 50 e getteranno quelli nella fornace del fuoco: là sarà il pianto e lo stridore dei denti».

51 «Avete-compreso tutte queste cose?». Dicono a Lui: «Sì». 52 E Lui disse a loro: «Per questo ogni del uguale è a un uomo padrone di casa, il quale getta fuori dal tesoro suo ».

106 Roberto Di Paolo

Le due sequenzePer quanto riguarda l’insieme della sezione, alcune corrispondenze sono partico-larmente evidenti. La prima riguarda il termine «parabola» (18; 24; 31; 33; 34; 36) e l’espressione «in parabole» (3; 10; 13; 34; 35). La seconda ri guarda l’espres-sione «regno dei cieli» (11; 24; 31; 33; 44; 45; 47; 52), ripreso da «regno» (19) e «regno suo» (41), e ampliato da «figli del regno» (38) e «regno del padre loro» (43). Si nota infine la massiccia presenza, pari a quasi venti ricorrenze, di termini legati al «seminare» (3bis; 4; 18; 19bis; 20; 22; 23; 24bis; 25; 27bis; 31; 32; 37bis; 38; 39).

Le formule «chi ha orecchi ascolti» (9) e «voi dunque ascoltate» (18) fun gono da termini estremi del centro della prima sequenza. La prima di queste due formu-le compare anche al centro dei due passi dell’ultima sequenza (43).

A «giusti desiderarono vedere» (17) corrisponde «i giusti risplenderanno come il sole» (43), ripreso quasi alla fine della sezione (49), per un rapporto complemen-tare: al desiderio inappagato dei giusti nel passato corrisponde un esaudimento sovrabbondante nel futuro, giacché il desiderio di vedere e di udire sarà colmato dal diventare essi stessi come «la luce maggiore», che non può essere fissata a occhio nudo e permette di vedere ogni cosa. Il termine «sole» poi in quest’ultima ricorrenza è luce che risplende, mentre nella prima parabola dell’intera sezione (6) è fuoco che brucia e distrugge.

Il verbo «comprendere» compare al centro della prima sequenza (15) e subito dopo (19) in senso negativo; alla fine della prima sequenza (23) e alla fine dell’in-tera sezione (51) in senso positivo.

Si può rilevare anche una corrispondenza tra i destinatari delle parole di Gesù: «folle» (2bis; 34; 36), all’inizio della sezione e al centro della seconda sequenza; «discepoli» (10; 36), al centro della prima sequenza e poco dopo il centro della seconda; «scriba reso discepolo» (52), alla fine dell’intera sezione.

Non si rinuncia ad accennare infine a una corrispondenza di significato che si potrebbe ravvisare tra le espressioni «dalla fondazione del mondo» (35), «alla fine del tempo presente» (40; 49), culminante nello splendore dei giusti nel regno del Padre loro (43), e «cose antiche e cose nuove» (52) con cui si chiude la sezione: la cose antiche riguarderebbero la creazione del mondo, le cose nuove la fine del tempo presente.

La logica dell’insiemeLa logica di questa sezione percorre dunque due traiettorie, indicate, al centro di ciascuna delle due sequenze, dalle profezie che Gesù compie: la seconda profezia riguarda il rivelarsi di Dio, che, attraverso i profeti, si fa conoscere e rivela i misteri del suo regno; la prima riguarda invece la comprensione degli uomini: accoglienza o rifiuto del seme gettato in parabole. Il linguaggio delle parabole, proposto a molte folle, è di fatto accessibile solo a chi viene vicino a Gesù, di-

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 107

venta suo discepolo, e si lascia coinvolgere nel mistero del Regno, fino a com-prenderne la presenza determinante dalla fondazione del mondo fino alla fine del tempo presente.

Interpretazione

Il mistero del Regno, della vita e del cuore umano …Il regno dei cieli è incomprensibile alle folle (2; 34), ma anche ai discepoli, che devono chiedere spiegazioni (10; 36). Ora se il Regno è un «mistero» (11), è pur vero che l’uomo vive in mezzo ad altre situazioni di «mistero» che non riesce a comprendere e alle quali tuttavia finanche si abitua. Il «seme buono» (24) che produce frutto è un mistero; eppure l’uomo, pur non sapendo come, entra nel mistero: semina e poi raccoglie. Anche la «zizzania» è un mistero nella parabo-la (27), come il male, l’inconsistenza, il vuoto che essa rappresenta: ci sono, ma non se ne conosce l’origine né se ne comprende l’utilità. Il Regno che Gesù annuncia è dunque un mistero per l’uomo.

Nella dinamica delle parabole che Gesù proclama, c’è un poi mistero di fondo che cerca di rendere ragione del mistero dell’ambivalenza della vita umana: l’uomo è «terra» ovvero «seme» (19); scopre il Regno come un «te-soro» (44) ovvero è scovato dal Regno come una «perla» dall’esperto mercan-te (46); è impastato con il «lievito» del Regno (33) ovvero è come un volatile che «fa il nido all’ombra dei suoi rami» (32). Nelle parabole quindi non c’è un ruolo ben delimitato e chiaro, in cui l’uomo possa riconoscersi una volta per tutte, convinto di essere entrato nel Regno, ma piuttosto ruoli e sfaccetta-ture diverse secondo le molteplici e ambivalenti circostanze della vita dell’uo-mo.

C’è un altro mistero infine nella vita umana di fronte al Regno annunciato, costituito dal «cuore» (15; 19), che, di fronte alla «bocca» del profeta aperta per proclamare (35), si indurisce, diventa «impermeabile», portando l’uomo ad «ascoltare malvolentieri» e a «chiudere gli occhi» e a non «essere risanato» (15). Sembra essere una tragica costante della storia: Dio parla attraverso i pro-feti mentre il popolo, destinatario dell’annuncio, rifiuta di accogliere questa parola.

Sono dunque almeno tre i misteri che questo capitolo di Matteo mette in luce: il regno dei cieli, la vita dell’uomo, il cuore umano.

… comprensibile solo in GesùLe «orecchie indolenti» e gli «occhi chiusi» (15) sembrano essere un destino tra-gico e ineludibile, quasi che la parola di Dio fosse condannata al rifiuto e l’uomo alla perdizione. Gesù rivela che non è così. A differenza della «terra» infatti, che non può trasformare la strada (4), né le pietre (5), né le spine (7), né può rifiutare

108 Roberto Di Paolo

il sostentamento alla zizzania (26), l’uomo è sì condizionato dal suo essere fatto di «terra» (19) ma non ne è determinato. Egli può infatti accogliere il «seme» della parola e diventare un tutt’uno con questa, proprio come ha fatto il Verbo di Dio, che ha preso su di sé la natura umana, diventando «Figlio dell’uomo», «colui che semina il buon seme» (37), che «apre la sua bocca» e «proclama», che «compie» (35) ogni parola annunciata, rivelando il senso della storia, «dalla fondazione del mondo» (35) fino alla «fine del tempo presente» (40; 49).

Nel «Figlio dell’uomo» (37; 41), ogni «uomo», di qualunque condizione o professione (24; 31; 44; 45; 52), trova vigore per combattere contro ogni forza avversa: «strada» (19), «pietre» (20), «spine» (22), «zizzania» (26), «cose marce» (31). Ogni uomo impara a scoprire e ad apprezzare il Regno nelle cose più piccole e insignificanti, che racchiudono grandi potenzialità (31), e a lasciarsi scoprire dal Regno stesso, dove ciascuno può «fare il nido» (32) e riconoscere il valore e la «bellezza» (46) della propria vita.

Nel Figlio dell’uomo, ciascuno può quindi «portare frutto» (23), scoprendo che il proprio destino non è la «fornace del fuoco ardente» con «il pianto e lo stridore dei denti» (42; 50), ma la splendida e piena comunione con il Padre nel Regno (43).

Dalla folla allo scriba discepoloScoprirsi figli nel Figlio è il vero obiettivo delle parabole di Gesù e, in fin dei con-ti, di tutta la sua vicenda terrena. Il «cuore» (15; 19) che accoglie la Parola e per-mette a questa di «risanarlo» (15) intraprende un lungo percorso, che ha come meta la scoperta della dignità di figlio, in tutte le situazioni della vita, terrena ed eterna. Tale cammino, presente in tutto il capitolo di Matteo, tras forma l’indistinta «folla» (2; 34; 36), che segue Gesù e ascolta i suoi discorsi «in parabole» (10; 34), nei «discepoli», che accolgono la Parola e pongono domande là dove non riescono a capire (10; 36); e trasforma a sua volta i discepoli nello «scriba reso discepolo» (52), che riesce a comprendere il senso globale della storia, le «cose antiche e le cose nuove» (52), vale a dire «dalla fondazione del mondo» (35) fino allo «splen-dore dei giusti», divenuti final mente, in tutto e per tutto, figli nel Figlio, «nel regno del Padre loro» (43).

Conclusione

Al termine di questo lungo e forse faticoso cammino, si può affermare che il testo di Mt 13,1-52, analizzato con gli occhi della ARB, costituisce una sezione del vangelo di Matteo, composta da due sequenze, tra loro parallele, che ruotano cia-scuna attorno a una citazione del Primo Testamento.

Lo studio della composizione dei singoli passi ha permesso di giungere alla

Capire i misteri del regno dei cieli. Analisi retorica di Matteo 13 109

composizione dell’intero testo, scoprendo, alla luce dei richiami del contesto bi-blico, alcuni spunti per l’interpretazione. Di queste interpretazioni, alcune sono note da tempo, altre compaiono invece quasi inattese, forse un po’ inquietanti.

Qual è dunque il valore di questo studio? Quale il suo contributo? Certamente tentare di mostrare che la composizione dell’insieme e delle singole unità ha una sua logica coerente, secondo le indicazioni della ARB; e il lavoro esegetico, per procedere sicuro, ha bisogno di una composizione che abbia una sua logica coe-rente; che sia, in altre parole, credibile e certa. Anche se la certezza della composi-zione qui presentata è alquanto precaria. Se infatti la composizione dei due prece-denti capitoli (Mt 11–12) risulta già analizza ta,59 restano da analizzare i capitoli immediatamente successivi. Ma neanche questo sarebbe sufficiente; giacché si dovrà attendere lo studio delle composi zione dell’intero racconto evangelico di Matteo per avere una visuale che sia la meno incerta possibile. Fino a quel punto, il presente lavoro conserverà tutta la sua precarietà incipiente.

Roberto Di Paolo, ofmconvProfessore invitato

Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

59 R. DI PAOLO, Il Servo di Dio porta il diritto alle nazioni. Analisi retorica di Mt 11–12, TG.T 128, Roma 2005.