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215 dialoghi Locarno –Anno 43 – Febbraio 2011 di riflessione cristiana BIMESTRALE CATTOLICI NELL’ITALIADI BERLUSCONI L’Italia festeggia quest’anno i centocinquant’anni della propria unità. «Dialo- ghi» dedica il dossier di questo numero alla ricorrenza, proponendosi di fare il punto sul rapporto tra il Paese e i cattolici che lo abitano. Oggi il rapporto tra la Chiesa e le istituzioni politiche attraversa uno stadio di profonda incertezza. Molto abbiamo ricevuto, noi svizzeri italiani, della cultura prodotta dai catto- lici italiani, soprattutto nel secondo dopoguerra, per dimenticarcene in questo momento difficile, in cui ai vertici dello Stato si danno prove così lontane dal- la sobrietà e dalla legalità democratiche. Agli amici d’Italia, con la nostra so- lidarietà, i nostri auguri più sinceri. Dossier, da pag. 3 a pag. 11 Malgrado tutto segni di speranza Nel 1961, la celebrazione del primo centenario dell’unità d’Italia avveni- va in un contesto economico, politico e culturale che avrebbe partorito di lì a poco due eventi di grande portata: il Concilio Vaticano II e il «Sessan- totto». Il popolo italiano, a stragran- de maggioranza cattolica, visse espe- rienze inedite come la candidatura di cattolici dichiarati nelle liste del Par- tito comunista, le comunità ecclesiali di base, il referendum sul divorzio, l’affermazione dei diritti dei lavora- tori, un generale cambiamento di co- stumi e di mentalità. Fu una stagione breve. Il pontificato altamente cari- smatico e mediatico di papa Wojtyla, la crisi del socialismo/comunismo sfo- ciata nella caduta del muro di Berli- no, «Tangentopoli», con il tracollo del partito dei cattolici e l’entrata in po- litica di Berlusconi, sono tutti avveni- menti che vanno nella stessa direzio- ne: la rinuncia da parte del popolo al proprio potere decisionale, cedendo il posto alla figura del «capo». Diffici- le, impossibile, non leggere questi fat- ti come regressione, restaurazione di un ordine appartenente al passato. Si direbbe che tale restaurazione cor- risponda a un desiderio della mag- gioranza degli italiani: e questo può far cadere nella disperazione e/o ras- segnazione chi di quella breve sta- gione finita sente nostalgia e sogna, ma solo sogna ormai, la rinascita. Personalmente provo rabbia per lo spreco di un’altissima esperienza sto- rica, culturale e spirituale: ma mi dan- no fiducia nel futuro il fare memoria di periodi bui e di lotte e vittorie del passato (in primo luogo la Resisten- za al nazifascismo, che vide agire in- sieme donne e uomini di diverso cre- do religioso e politico), insieme a una buone dose di umanesimo, che per me vuole anche dire la convinzione che ogni creatura umana è e rimane, an- Marina Sartorio (Continua a pag. 2)

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Dialoghi n.ro 215

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215 dialoghiLocarno – Anno 43 – Febbraio 2011 di riflessione cristiana BIMESTRALE

CATTOLICI NELL’ITALIA DI BERLUSCONIL’Italia festeggia quest’anno i centocinquant’anni della propria unità. «Dialo-ghi» dedica il dossier di questo numero alla ricorrenza, proponendosi di fare ilpunto sul rapporto tra il Paese e i cattolici che lo abitano. Oggi il rapporto trala Chiesa e le istituzioni politiche attraversa uno stadio di profonda incertezza.Molto abbiamo ricevuto, noi svizzeri italiani, della cultura prodotta dai catto-lici italiani, soprattutto nel secondo dopoguerra, per dimenticarcene in questomomento difficile, in cui ai vertici dello Stato si danno prove così lontane dal-la sobrietà e dalla legalità democratiche. Agli amici d’Italia, con la nostra so-lidarietà, i nostri auguri più sinceri. Dossier, da pag. 3 a pag. 11

Malgrado tuttosegni di speranzaNel 1961, la celebrazione del primocentenario dell’unità d’Italia avveni-va in un contesto economico, politicoe culturale che avrebbe partorito di lìa poco due eventi di grande portata:il Concilio Vaticano II e il «Sessan-totto». Il popolo italiano, a stragran-de maggioranza cattolica, visse espe-rienze inedite come la candidatura dicattolici dichiarati nelle liste del Par-tito comunista, le comunità ecclesialidi base, il referendum sul divorzio,l’affermazione dei diritti dei lavora-tori, un generale cambiamento di co-stumi e di mentalità. Fu una stagionebreve. Il pontificato altamente cari-smatico e mediatico di papa Wojtyla,la crisi del socialismo/comunismo sfo-ciata nella caduta del muro di Berli-no, «Tangentopoli», con il tracollo delpartito dei cattolici e l’entrata in po-litica di Berlusconi, sono tutti avveni-menti che vanno nella stessa direzio-ne: la rinuncia da parte del popolo alproprio potere decisionale, cedendo ilposto alla figura del «capo». Diffici-le, impossibile, non leggere questi fat-ti come regressione, restaurazione diun ordine appartenente al passato.

Si direbbe che tale restaurazione cor-risponda a un desiderio della mag-gioranza degli italiani: e questo puòfar cadere nella disperazione e/o ras-segnazione chi di quella breve sta-gione finita sente nostalgia e sogna,ma solo sogna ormai, la rinascita.Personalmente provo rabbia per lospreco di un’altissima esperienza sto-rica, culturale e spirituale: mami dan-no fiducia nel futuro il fare memoriadi periodi bui e di lotte e vittorie delpassato (in primo luogo la Resisten-za al nazifascismo, che vide agire in-sieme donne e uomini di diverso cre-do religioso e politico), insieme a unabuone dose di umanesimo, che per mevuole anche dire la convinzione cheogni creatura umana è e rimane, an-

Marina Sartorio(Continua a pag. 2)

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che nelle più miserevoli condizioni,immagine di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha dato anchea noi cattolici la possibilità di attin-gere direttamente alla Parola di Dioe in questa Parola, soprattutto neiVangeli, troviamo insegnamenti sem-pre di nuovo attualizzabili e pratica-bili nel nostro tempo. Sempre il Con-cilio ci ha aperti all’incontro dei «fra-telli maggiori» ebrei che, in questi de-cenni di dialogo, non si stancano diripeterci che la prassi conforme allaParola è prioritaria rispetto alla dot-trina. Convinzione che è stata affer-mata e approfondita anche dai teolo-gi della liberazione latinoamericani(ortoprassi, non solo ortodossia). Ilsanto patrono dell’Italia è Francescod’Assisi, un laico che ha cercato divivere il Vangelo senza «se» e senza«ma». Oggi, come al tempo di sanFrancesco, la decadenza del clero edei vescovi potrebbe, dovrebbe, su-scitare non la rassegnazione dei laicima una loro più radicale prassi evan-gelica. Il concetto di «popolo di Dio»,ripreso e proclamato dal Concilio,non può che favorire questo nuovoprotagonismo dei laici.

Tutto facile allora? No. Agire nellastoria da protagonisti richiede unosforzo. Non viene da sé, e inoltre so-no sempre in agguato personaggi de-terminati a usurpare per sé soli spa-zi, ricchezze, potere, facilitati da or-mai quasi un secolo (radio, poi tv, ve-dremo che ne sarà di Internet) dallapericolosissima arma a doppio taglioche sono i mass media. Usati non perinformare correttamente ma per ma-nipolare, possono danneggiare la vi-ta democratica più della più sangui-naria delle dittature, rendere passivie ciechi. Nell’Italia di oggi, non soloBerlusconi e i suoi seguaci ma anchela gerarchia cattolica, dove può, osta-colano entrambi la libertà di espres-sione, il pluralismo, la pacifica con-vivenza di pratiche ispirate a princi-pi non riconducibili a un «pensierounico», non ne sopportano l’esisten-za e tentano di censurarli e negarli.Non bisogna però adeguare lo sguar-do al loro sguardo. Alternative al lo-ro modello esistono, sono praticate –vorrei fare, per brevità, un solo esem-pio: i ragazzi e le ragazze del movi-mento «Libera», animati (non capeg-giati!), guarda un po’, da un prete cat-tolico, don Luigi Ciotti. Se si parlas-se di loro tanto quanto si parla diBerlusconi e di Bagnasco (il cardina-le che presiede la Conferenza episco-

pale), forse l’Italia di oggi sarebbe di-versa. I mass media non lo faranno ese lo facessero forse sarebbe peggio,per la loro funesta capacità di tra-sformare tutto o in scoop o in fiction.Penso che occorra ridiscendere per lastrada, in piazza, incontrare gli altrireali in uno spazio reale e storico. Nonvirtuale. Agire. Non seguire il capo,agire responsabilmente. Come citta-dini. Come credenti, se si crede inDio.Spegnere la televisione e (ri)comin-ciare a vivere. Nessuno può impedir-lo: per adesso; forse, semmai, la ras-segnazione, la passività, la pigriziamentale contro cui nessuno è vacci-nato. La memoria di chi ha agito in

condizioni ben più difficili delle attualipuò incoraggiarci. La costruzione delRegno di Dio, per i cristiani, la co-struzione della comunità-Stato di tut-ti i cittadini, a partire dalla base, ne-gli incontri, le assemblee, la sceltaconsapevole delle rappresentanze, illoro costante controllo, il ritrovato gu-sto della partecipazione e del prota-gonismo e anche del dibattito tra di-versi ma tutti titolari di uguali diritti:questo mi auguro, anche come citta-dina binazionale italo-svizzera (natal’anno in cui Angelo Roncalli diven-ne papa), per la centocinquantenariaItalia e per la sua Chiesa cattolica.

M. S.

2 opinioni No. 215

Anglicani umiliatiÈ con un sentimento di pena che si leg-ge la notizia dell’ordinazione sacer-dotale, avvenuta nella cattedrale cat-tolica di Londra, di tre vescovi angli-cani «divenuti nuovi membri di unOr-dinariato personale per gruppi difedeli provenienti dall’anglicanesimo,una figura prevista dalla costituzioneapostolica Anglicanorum coetibuspromulgata dal Papa il 4 novembre2009» (dal «Giornale del Popolo» del15 gennaio). Umiliazione per i tre pa-stori, forse mitigata dalla circostan-za, detto molto banalmente, che se lasono andata a cercare. Ma umiliazio-ne soprattutto per una Chiesa sorel-la, con la quale ci si dice in dialogoecumenico, e alla quale sarebbe do-vuto anzitutto rispetto per i secoli ditestimonianza che ha dato alla comu-ne fede cristiana.Le ragioni di questa nostra pena for-se sfuggiranno a un canonista comedon Arturo Cattaneo, autore dell’ar-ticolo citato del GdP, che impassibilesnocciola seguenti «ragioni»: (1) «lanullità delle ordinazioni anglicane fudichiarata nel 1897 da Papa LeoneXIII (…) principalmente per il fattoche i riformatori inglesi hanno volu-to riformare il rituale romano con laprecisa intenzione di negare la di-mensione sacrificale dellaMessa e delsacerdozio»; (2) per i tre non era pre-vista l’ordinazione episcopale perché

«la Chiesa cattolica (e anche quellaortodossa) richiede il celibato per ivescovi, ed essi sono sposati»; (3) acausa dei recenti sviluppi in seno al-l’anglicanesimo, fra cui soprattutto ladecisione di procedere all’ordinazio-ne anche di donne, «possibilità maiaccettata da cattolici e ortodossi e sul-la quale Giovanni Paolo II si è pro-nunciato in modo definitivo».Sul primo punto osserviamo che laquestione del rituale può e dovrebbeessere riesaminata alla luce dell’ap-profondimento, promosso dal Conci-lio Vaticano II, del rapporto tra aga-pe e sacrificio nel rito della Messa –ma questa è teologia, non diritto ca-nonico. Sul secondo, si può obiettareche la norma del celibato ha un’ori-gine storica e – ancora una volta! –non teologica: è solo per ragioni diconvenienza ecclesiastica che i ve-scovi da un certo tempo in poi (SanPietro era pur sposato!) sono stati cer-cati tra i monaci. Circa il terzo punto– la giustificazione di Papa Wojtylacirca l’impossibilità dell’ordinazionesacerdotale delle donne – ancora unavolta la teologia non è unanime. Dav-vero, la Chiesa non può fare altrimentisenza mancare di fedeltà a Cristo e alVangelo?Rimane il gesto, allora: che più scor-tese non si poteva immaginare alla vi-gilia dell’inizio della Settimana di pre-ghiera per l’unità dei cristiani.

E. M.

OFFRITE «DIALOGHI» A UN GIOVANE LETTORE!Ai suoi lettori più giovani, «Dialoghi» propone un abbonamento a prezzo scontato. Pertrenta franchi, invece di sessanta! I trenta franchi che mancano li versa il comitato di«Dialoghi» al momento di saldare la fattura della stampa. Perché non ci date una mano,lettori più anziani, a trovare lettori giovani alla rivista? Raccoglie le vostre segnalazionil’amministratore di «Dialoghi»: Pietro Lepori, 6760 FaidoTengia, tel. 091 866 03 16, email:[email protected]

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No. 215 dossier 3

Caro vescovo,da semplici credenti, tenacemente ap-partenenti alla comunità ecclesiale eancorati ai documenti magisteriali delConcilio Vaticano II, scriviamo a Lei,pastore a cui facciamo riferimento nel-la nostra Chiesa locale, per denuncia-re con dolore l’attuale clima politicoe sociale, che la comunità cristiana ap-pare incapace di affrontare. Certa-mente alcuni laici credenti non la pen-sano come noi e valutano coerente al-la nostra fede questa stantìa atmosferache circonda l’attuale momento stori-co. Ma siamo sicuri che tutti condivi-dano l’odierna fatica della testimo-nianza cristiana in Italia.

Perdono e condanna.A senso unicoSono anni che chiediamo alla nostraChiesa di dire parole decisive sulla cri-si della fede in atto da tempo, sul de-grado morale e umano a cui l’Italiasembra condannata, sullo sfascio del-l’etica pubblica, sulle questioni cru-ciali che riguardano l’uomo del mon-do globalizzato e multietnico. Sentia-mo voci discordanti. Chi ha il corag-gio di smascherare apertamente ildisegno truffaldino che la classe poli-tica attualmente al potere (e purtrop-po non solo quella che governa) staportando avanti, con spregiudicatascientificità, ai danni della Chiesa cat-tolica e della coscienza dei credenti,viene subito messo a tacere o etichet-tato come partigiano, disfattista, lai-cista,Ogni finestra socchiusa per far entra-re un po’ d’aria ristoratrice viene im-mediatamente rinserrata e sigillata inmodo ermetico da chi sembra averscordato le parole delVangelo che do-vrebbe annunciare, conoscendo inve-ce a memoria quelle della diplomaziapiù ritrita oppure del politichese piùraffinato.In questi anni ci siamo abituati a tut-

to. Omeglio: i vertici della Chiesa ita-liana ci hanno abituato a tutto. Quasicome se la morale cattolica si appli-casse per i nemici e si interpretasse pergli amici. Abbiamo imparato che per-fino il sacramento dell’eucaristia, per-fino la bestemmia, possono esseresoggetti alle logiche politiche. Ci han-no insegnato che la Segreteria di sta-to vaticana perdona settanta volte set-te a Pilato, Erode e Caifa, ma lapidala peccatrice, dimentica al suo desti-no il buon ladrone e lascia Lazzaronella tomba. Siamo stati abituati a ve-dere prelati e cardinali partecipare al-legramente e senza ritegno ai banchettiorganizzati dai potenti di questo mon-do per celebrare una triste union sa-crée, dimentica di quanto avviene fuo-ri del palazzo.

L’educatore d’ItaliaSono anni che il cardinal Ruini parlagiustamente di «emergenza educati-va». Ricordiamo tutti come l’allorapresidente della CEI aveva salutato lamassiccia astensione al referendumsulla fecondazione assistita del 2005:il mancato raggiungimento del quo-rum sarebbe stato «frutto della matu-rità del popolo italiano, che si è rifiu-tato di pronunciarsi su quesiti tecnicie complessi, che ama la vita e diffidadi una scienza che pretenda di mani-polare la vita» (Radio Vaticana, 14giugno 2005).Ma dov’è oggi questa maturità, dov’èquest’Italia migliore?A Rosarno, sul-la gru di Brescia, nei rifiuti di Napo-li, nel canale di Sicilia? Ha forse il vol-to di un onorevole Scilipoti qualsiasi,grazie al «senso di responsabilità» delquale il cardinale Bagnasco ha potutodire: «Ripetutamente gli italiani si so-

no espressi col desiderio di governa-bilità e quindi questa volontà, questodesiderio espresso in modo chiaro edemocratico deve essere da tutti ri-spettato e perseguito con buona vo-lontà e onestà» (Dichiarazione alleagenzie di stampa, 15 dicembre 2010).Oppure la ritroviamo soltanto ad Ar-core?È proprio il padrone diVilla SanMar-tino il vero educatore dell’Italia, or-mai da trent’anni. L’educatore che hacreato l’emergenza. L’educatore a cuisi domanda un appoggio per educareancora emeglio gli italiani, questa vol-ta nientemeno che ai valori cristiani,quelli «non negoziabili». È questa lavera tragedia della Chiesa italiana.L’educatore farà forse le leggi chepiacciono ai vertici ecclesiali, ma con-tinuerà a immettere nel Paese quei«valori» testimoniati dalla sua vita pri-vata e determinanti per il suo succes-so prima imprenditoriale e poi politi-co. I valori delle sue televisioni. Ap-parenza, denaro, successo, barzellet-te, bellezza artificiale, salutismo,volgarità, disprezzo della donna. Èquesto insieme a essere la cifra dellarealtà italiana. E chi propugna questavisione antropologica dovrebbe so-stenere i diritti di malati e disabili aessere valorizzati e curati? Credono ivertici della CEI che l’ideale dei sol-di a buon mercato sia un esempio peri giovani? Credono certi prelati che gliatteggiamenti maschilisti, maleducatie volgari nei confronti della donna fa-voriscano il rispetto nei suoi confron-ti? Sono realmente persuasi che uncerto tipo di messaggio valorizzi unasessualità responsabile e matura, epromuova la tutela della vita?Chi garantisce la Chiesa sull’8 permille, sull’esenzione dall’ICI, sul te-stamento biologico, sulla scuola cat-tolica, sull’aborto è colui che propu-gna una visione della vita in cui la sof-ferenza è esclusa, la povertà è unacolpa, l’edonismo è una virtù. Un uo-mo che tratta la CEI come il sindaca-to delle tonache, l’associazione deivescovi italiani come una Confindu-stria qualsiasi alla cui platea dire: «ilmio programma è il vostro», L’uomodella provvidenza che afferma: «Daparte mia non verrà mai nulla controil Vaticano» («la Repubblica», l0 di-cembre 2010). O vi sta forse minac-ciando? Vi minaccia di aprire il fuo-

Vescovi, siete con il potere o con il Vangelo?Il grido di dolore di una comunità cristiana

Sul numero di dicembre della rivista «Il Margine» di Trento, mensile dell’As-sociazione Oscar Romero – periodico con il quale «Dialoghi» si è trovato piùdi una volta in sintonia – è stata pubblicata una «Lettera per i nostri vescovi»che denuncia le gravi compromissioni dei vertici della Conferenza episcopaleitaliana con la maggioranza attualmente al governo*. La confusione sui va-lori, in cambio di favori spiccioli ma ben concreti, è ormai caratteristica diuna politica ecclesiastica che anche noi riteniamo deviata rispetto al Vange-lo. Quella del «Margine» è dunque una denuncia forte che condividiamo, ma-nifestando ai fratelli e colleghi di Trento la nostra solidarietà.

* Il Testo integrale della Lettera, qui breve-mente accorciata, sul numero di dicembredella rivista «IlMargine», casella postale 59,I-38100 Trento.

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4 dossier No. 215

co con le sue corazzate mediatiche,per distruggere l’immagine dellaChiesa in Italia? Abbiate il coraggiodi dircelo, di denunciarlo, Altrimentisaranno nuovamente altri a restare sot-to le macerie, e il silenzio dell’epi-scopato vi porrà non tra le vittime, matra i colpevoli,Qualche vescovo ha protestato perquesto andazzo, ma la sua voce scom-pare dall’organo di informazione del-la Conferenza episcopale: il cardina-le di Milano Tettamanzi, pesantemen-te insultato da esponenti di governo,non è stato adeguatamente difeso. Masi dice che il governo presieduto daBerlusconi garantisce meglio di altrile istanze più importanti per i cattoli-ci. Lui farà le leggi che stanno a cuo-re alla Chiesa, lui fermerà la deriva se-colarista. Si pensa che siano le normea costruire e a indirizzare la moralepubblica, ma il più delle volte è verol’inverso, in quanto sono i costumi, imodi di pensare diffusi, la sensibilitàcomune a venire sintetizzati in unalegge valida per tutti. Se non c’è piùfiducia nella coscienza individuale e,in fondo, nell’uomo, allora, per im-porre la propria visione, si deve ri-correre alla forza coercitiva della leg-ge. Una strada sbagliata e sicuramen-te perdente. Un giorno apriremo tuttigli occhi e vedremo un Paese imbar-barito, impoverito, più corrotto e cor-ruttore, soprattutto meno aperto allasperanza. Perché l’Italia vive un mo-mento di gravissima crisi etica che sista già riversando in una serie di nor-me lesive non solo della democraziama anche dei diritti umani. La politi-ca dei respingimenti in mare, peresempio, di quanti fuggono dallaguerra e dalla miseria, il chiudere gliocchi di fronte a sofferenze e morti dicui anche noi siamo responsabili, so-no offese alla dignità dell’uomo e aqualsiasi valore cristiano.Chi ha voluto questi provvedimenti,secondo le dichiarazioni ancora dimonsignor Rino Fisichella, «manife-sta una piena condivisione con il pen-siero della Chiesa» («Corriere dellaSera», 30marzo 2010). Perfetto: quin-di la Chiesa, secondo uno dei vescovipiù presente sui media, è d’accordocon i respingimenti in mare, con la po-litica della paura e dell’esclusione, conun’ideologia volgare e anticristiana,benché dopo l’ampolla del dio Po og-gi si tenga in mano il Crocifisso. Tut-ti si rendono conto che i «difensori del-la fede» non hanno mai letto il Vange-lo e in verità sono contro il Vangelo.Tutti lo sanno, anche chi inneggia aivalori. Ma quel che conta è che sono

contro la pillola Ru486, quella del-l’aborto definito «fai da te»! Peccatoche la metà degli aborti sia praticatoda dorme straniere, non di certo aiuta-te da certi provvedimenti,ma forse, co-sì come loro sono di serie B, anche iloro bambini mai nati sono di serie B.

In nome di Chi?E tutto questo in nome dei valori? Diquale fede? Di quale carità? Oggisono tanti i Simon Mago che bussanoalla porta dei ministri della Chiesa perottenere i poteri magici utili a vince-re le elezioni: una dichiarazione ai mi-crofoni, un appoggio dal pulpito, unchiudere gli occhi sulle più evidentinefandezze. E in cambio si ottienenotorietà, un lasciapassare per i salot-ti dei potenti, qualche gazebo perla «Padania cristiana, mai musulma-na», qualche finanziamento in più perla scuola cattolica.A questo punto non è soltanto unaquestione politica ma è un problemache investe la natura della Chiesa. Enon ci riferiamo allo scandalo, seppurgrave, della pedofilia, coraggiosa-mente affrontato da Papa BenedettoXVI, ma proprio alla simonia, ossiaalla vendita di sacramenti in cambiodi denaro e di visibilità, semplice-mente per conservare un potere stori-camente acquisito. I vertici della Chie-sa cattolica italiana sembrano rappre-sentare ormai una «Chiesa di Esaù»che si vende per una minestra. Men-tre si ottengono a prezzi di saldo «po-litiche cristiane», il cristianesimo stes-so è oggettivamente in declino. Fac-ciamo con grande dolore queste af-fermazioni. Non le facciamo in nomedi una visione astratta e insostenibileche vorrebbe un cristianesimo «checrede in Cristo e non nella Chiesa».Le facciamo perché sappiamo che laChiesa è l’unico spazio in cui possia-mo incontrare la Parola di Dio, in cuipossiamo ricevere i sacramenti, in cuisiamo confermati nella fede. Per que-sto deploriamo la svendita dell’im-magine della Chiesa, svilita dai trop-pi mercanti nel tempio.Questi atteggiamenti offendono mol-ti altri vostri confratelli nell’episco-pato che in tutti i Paesi poveri delmon-do devono affrontare problemi veriche riguardano la vita e la morte di in-tere popolazioni; vescovi che vivonoin povertà o che magari sono minac-ciati da chi lavora per il disordine e perla guerra. Offendono i cristiani perse-guitati a motivo della propria fede chevivono situazioni di estremo disagioin molte parti della terra. Offendono

molti preti che nel nostro Paese vedo-no vuotarsi le parrocchie, languire glioratòri, sfuggire sempre di più i fede-li, mentre buona parte delle alte ge-rarchie è indaffaratissima a puntella-re il governo in carica. E infine offen-dono i semplici credenti, disgustatioramai da queste commistioni con ilpotere, dagli intrighi con personaggimolto discutibili, dall’incapacità di ve-dere e di denunciare il clima di cor-ruttela presente nel Paese. Qual è lafede che testimoniamo? Quale spe-ranza per i più poveri, in corpo e inspirito? Quale carità esigiamo se nonquella di un’elemosina compassione-vole, elargita daimiliardari senza scru-poli?

In attesa della vostra parolaNon è questa la Chiesa in cui credia-mo. Noi vogliamo unaChiesa che sap-pia rinunciare «all’esercizio di certi di-ritti legittimamente acquisiti, ove con-statasse che il loro uso potesse far du-bitare della sincerità della suatestimonianza o nuove circostanze esi-gessero altre disposizioni» (Gaudiumet spes, 76). Noi rimaniamo fermi aldettato conciliare. Dovrebbero esserei vertici della Conferenza episcopaleitaliana e soprattutto della Curia ro-mana a prendere atto della situazione.Se fossero stati eletti democratica-mente potremmo facilmente chiederele loro dimissioni, ma sappiamo chela Chiesa non è una democrazia e chela CEI, unico consesso dei vescovi nelmondo, non elegge il suo presidente.Ormai la sfiducia è presente nel cuo-re di moltissimi fedeli. Il silenzio ac-compagna un progressivo allontana-mento dall’appartenenza ecclesiale.Un silenzio che segna la cifra delloscisma sommerso ormai dilagante inseno a quella che un tempo era la tra-dizione cattolica del popolo italiano.Molti non si preoccupano più dellaChiesa. Tacciono, non si indignano,non criticano, vivono tranquilli: nonperché approvino questa situazionema perché semplicemente a loro nonimporta più nulla delle sorti della fe-de.Ma noi che ci sentiamo ancora par-te della Chiesa, e che mai rinuncere-mo a questa intima comunione, nonpossiamo tacere. Se non parliamo noi,grideranno le pietre!

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No. 215 dossier 5

Da almeno un quarto di secolo i datidelle analisi sociologiche sul cattoli-cesimo italiano segnalano una lunga ecrescente fase di depressione nel re-clutamento delle élites della Chiesa,sebbene in due riprese, la seconda an-cora in corso dopo il 2000. Il simbo-lo di questo declino è stato visibile nel-l’ordinazione sacerdotale celebratapersonalmente da Benedetto XVI aSan Giovanni in Laterano nell’aprile2006: su 14 nuovi preti per la diocesidi Roma – la diocesi del Papa – 11 nonerano italiani. Anche nelle ordinazio-ni romane fatte da Benedetto XVI nel2005, poco dopo la sua elezione, di21 nuovi preti solo 7 erano italiani. Lo studio di Luca Diotallevi pubbli-cato nel volume La parabola del cle-ro – patrocinato dalla Conferenza epi-scopale e dalla Fondazione Agnelli1 –documenta che i processi di ricambiodel clero diocesano italiano, allora for-mato da 33.000 sacerdoti diocesani re-gistrati (oggi intorno ai 30/31 mila),sono in perdita di velocità. Nel perio-do considerato, più del 40% del cleroin uscita dal servizio attivo (per pen-sionamento, invalidità o decesso) nonviene sostituito. In alcune regioni (Pie-monte,Marche, Emilia Romagna, Tri-veneto, Umbria, Sardegna, Liguria)più della metà dei sacerdoti in uscitanon trova qualcuno a cui passare lasuccessione. Le ordinazioni hanno subito un di-mezzamento nel giro di pochi anni,passando da 740 del 1969 a 558 nel1972, a 388 del 1977. Il minimo sto-rico venne toccato nel 1983 con 344ordinazioni (come detto, successiva-mente le ordinazioni tornarono a sali-re). Per avere un dato comparativo, ba-sterà ricordare che nel solo 1951 le or-dinazioni furono oltre 800. I vescoviitaliani una volta mandavano i loropreti a formarsi a Roma nelle univer-sità pontificie. Oggi si può parlare diun vero crollo delle università ponti-ficie, sia in numero che in qualità. Al-la Gregoriana insegnavano fino aglianni Sessanta 136 docenti gesuiti. Og-gi i docenti gesuiti sono appena 12,per lo più anziani.Il bacino interno si sta disseccando. Epoiché la Chiesa italiana copriva untempo la maggior parte del fabbiso-gno dell’apparato centrale della Chie-sa universale, arriva ormai poca ac-qua italiana nella diga vaticana. Si sti-

ma che attualmente solo un terzo del-la Curia romana sia italiano. L’Acca-demia ecclesiastica chiedeva ai ve-scovi italiani di indicare i possibili al-lievi da avviare nella carriera diplo-matica della Santa Sede. Oggi riceveil 95% di risposte negative. I vescovinon si privano delle persone qualifi-cate e nutrono sfiducia nella realtà po-litica del Vaticano. Così, nel 2006 idiplomati dell’Accademia sono stati16, di cui appena 3 italiani, e tutti del-le diocesi del Sud. Oggi il 75% degliallievi dell’Accademia sono africani,asiatici, americani. In molte sedi im-portanti ci sono nunzi non italiani.

Il clero italiano invecchia, la mediadell’età è di 60 anni. La Liguria ha ilrecord del clero anziano: un prete sucinque ha più di 80 anni. La quota disacerdoti con più di 80 anni è il 12,8%del totale ed è in crescita. La metà deisacerdoti diocesani italiani oggi in at-tività è stato ordinato e formato primadel 1967, quindi prima dell’entrata invigore delle riforme del Concilio Va-ticano II. A causa di questo fenome-no, attualmente la densità del clerodiocesano è stimata in 0,58 sacerdotiper 1.000 abitanti (33.000 per 57 mi-lioni di abitanti). All’inizio del XX se-colo era superiore al 2 per mille (qua-si 69.000 sacerdoti per 33 milioni diitaliani)2.Le elaborazioni sociologiche (Diotal-levi, 2005) stimano che, anche nel-l’ipotesi di un afflusso costante di cir-ca 500 nuovi ordinati all’anno (livel-lo da cui i dati reali di questi ultimi an-ni si sono tenuti molto lontani), lapopolazione del clero diocesano si ri-durrà dagli attuali 33.000 a circa28.300 nel 2013 e a 25.400 nel 2023.

Il clero diocesano subisce una contra-zione del 23%, imputabile prevalen-temente alla mortalità che interesseràle leve anziane. Complessivamente,compresi i nati all’estero, il clero dio-cesano scenderà sotto la soglia dei24.000.

L’indebolimento della parrocchiaNon sorprende che in una situazionedi crisi come quella analizzata il si-stema religioso egemone in Italia su-bisca uno stress istituzionale difficileda governare. In effetti, la crisi del cle-ro non è solo quantitativa ma anchefunzionale, in quanto intacca la suafunzione principale: quella di assicu-rare il funzionamento della realtà par-rocchiale come istituzione religiosainclusiva, nella quale convergono etrovano mediazioni le risorse pastora-li, gli attori apostolici e le diverse re-altà associative del laicato cattolico. Precisamente per la sua struttura cen-tripeta, la parrocchia costituiva – econtinua a essere, malgrado tutto – lariserva principale del reclutamento delclero diocesano in Italia. Essa tendetuttavia a perdere questo primato: daun lato si osserva come si siano inde-boliti all’interno della struttura i pro-cessi di partecipazione, dall’altro ilsuo ruolo simbolico appare ristretto al-la funzione di erogatrice di servizi re-ligiosi. In terzo luogo, la rete parroc-chiale italiana, a partire dagli anni Ot-tanta, è stata ridimensionata e, secon-do alcuni, perfino delegittimatadall’interno mediante lo spazio con-cesso a istituzioni non territoriali e me-no inclusive come le comunità eccle-siali autonome, per la strategia di mo-dernizzazione religiosa adottata dalmanagement gerarchico.Le consulte dei laici, i consigli pasto-rali a livello parrocchiale e diocesano– una delle riforme preconizzate dalConcilio Vaticano II per concretare ilprincipio della Chiesa «Popolo diDio» – si sono ridotti quasi ovunquea larva burocratica. Vengono riunitipiù spesso per organizzare le feste pa-tronali che per cercare insieme le viemigliori per annunciare il messaggioevangelico a un mondo in cui il 50%dei matrimoni si sfasciano, si regi-strano centomila aborti l’anno e la vio-lenza devasta i focolari. Le comunitàcristiane sembrano restare inerti difronte a questa crisi, che denota la de-

Tanti preti in Italia? Un mito da sfatareIl reclutamento e la formazione delle élites

* Questo articolo è una versione abbreviatadella relazione presentata al Convegno «Leélites: un confronto tra Italia e Germa-nia»,organizzato dalla Hanns-Seidel Stiftungdi Monaco di Baviera e dal Centro italo-te-desco Villa Vigoni (Loveno di Menaggio) nel2006, aggiornato con i dati disponibili relati-vi al quinquennio successivo. «Dialoghi» rin-grazia il prof. Giancarlo Zizola per il per-messo che ci ha dato di sintetizzare il suo ar-ticolato contributo.A chi interessi la versione completa diamol’indirizzo dell’Autore: Via Roccaraso 43, I-00135 Roma, E-mail: [email protected]

diGiancarlo Zizola*

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bolezza della formazione cristiana del-le coppie che accedono al matrimo-nio religioso. Questo difetto di presain carico dei problemi reali della so-cietà si vendica naturalmente con losvuotamento delle parrocchie e la per-dita di interesse dei giovani verso lascelta del sacerdozio. A ciò va ag-giunta la perplessità diffusasi tra i cat-tolici sulla specificità e le prerogativedel sacerdote all’interno del Popolodi Dio.

Il clero d’importazioneOggi un sacerdote su venti è nato fuo-ri d’Italia, e si stima che nel 2023 sa-rà nato all’estero un sacerdote ognidieci. I sacerdoti nati all’estero e in-cardinati nel sistema diocesano in Ita-lia sono 1.498, pari al 4,5% dell’in-sieme (sui 31.474 preti diocesani ita-liani). In alcune regioni la proporzio-ne sale al 10% (Lazio, Toscana,Umbria e Abruzzo). La punta è nel La-zio con il 21%. Nelle diocesi lazialipresta servizio quasi un terzo dell’in-sieme dei sacerdoti nati all’estero. Sul-le 494 ordinazioni nette annue nellamedia dell’ultimo decennio, 421 so-no di sacerdoti nati in Italia e 73 a na-ti all’estero. L’incidenza dei sacerdo-ti di importazione è ora stabile tra il10% e il 15% delle nuove ordinazio-ni. L’età media sensibilmente più gio-vane dei sacerdoti nati all’estero e pre-senti negli organici diocesani implicasperanze di vita molto più elevate, conripercussioni importanti sull’evolu-zione demografica prevista per il cle-ro diocesano.Di fatto è diffusa la sensazione che,per il clero di importazione, special-mente africano, l’atterraggio nella re-altà della Chiesa italiana sia piuttostotraumatico. Partiti da un’esperienza difede vissuta in piccole comunità, con-divisa con i poveri e i sofferenti, in unagrande ricchezza di carismi e di mini-steri (catechisti, animatori di comuni-tà, guide della preghiera ecc.) e senzalegami con i poteri politici e senza lasicurezze dei privilegi, incontrano inun’antica Chiesa come quella italianaalcune caratteristiche che ne fanno unaterra desolata, più che una terra «dimissione».

I movimentiLa novità nella Chiesa cattolica in Ita-lia dell’ultimo mezzo secolo è la na-scita e lo sviluppo dei movimenti, do-tati di senso di appartenenza moltoforte. Molti dei movimenti ecclesialihanno avuto origine nel cattolicesimoitaliano, sono nati sotto la guida e l’im-pulso di un leader e quantunque sia-

no connotati da coinvolgimenti di ba-se hanno una impronta molto elitaria:ogni movimento tende a considerarsiuna élite. Anche gli Ordini tradizio-nali si costituivano in élites, ma con-servavano l’impulso statutario a lavo-rare tra la gente. I nuovi Ordini – co-me l’Opus Dei, i Focolarini, Comu-nione e Liberazione, i Legionari diCristo – presentano piuttosto tipolo-gie aristocratiche: rigidità disciplina-re, formazione spirituale, separatezzavisibile tra i sessi, forti spinte identi-tarie accompagnate da processi autar-chici chiusi. Gli stessi collegi di for-mazione e gli istituti scolastici fonda-ti da tali movimenti sono spesso divi-si in maschili e femminili.Molti dei movimenti ecclesiali costi-tuiscono realtà che si pretendono com-plete e che tendono pertanto a reclu-tare e formare un loro clero, manife-stando con ciò non il solo ma certo unodei punti di maggiore evidenza dellatensione creatasi con il modello ec-clesiologico convenzionale. Sono sor-te nuove università pontificie dei mo-vimenti, tra cui eccellono quelle del-l’Opus Dei e dei Legionari, che si pre-occupano anzitutto di potenziare lefacoltà giuridiche, competitive con ilLaterano e la Gregoriana. In questomodo moltiplicano il loro potere, dalmomento che chi non ha la laurea indiritto ecclesiastico e canonico nonpuò diventare vescovo.I movimenti hanno offerto alla Chie-sa uno strumento per rimediare alla di-minuzione delle vocazioni clericali«classiche». Essi mostrano di saper ri-produrre in modo endogeno, non soloun proprio clero, ma anche propri re-ligiosi e religiose. I «Memores Domi-ni», filiazione religiosa di CL, hanno58 case nella sola Milano. I Neocate-cumenali di Kiko Arguello ordinano2000 preti l’anno nel mondo e hannoaperto 52 seminari, quattro dei qualiin Italia. «Producono» più preti per ladiocesi di Roma i Neo-catecumenalicon il loro seminario «RedemptorisMater» che il Seminario Romano: set-te rispetto a cinque nel 2006.La gerarchia ecclesiastica ha perse-guito una politica di integrazione deiMovimenti e delle nuove Comunità,ma il processo di integrazione nellestrutture della Chiesa è apparso piùdifficile di quanto si fosse temuto, acausa sostanzialmente della divergen-za fra i modelli ecclesiologici e dellascarsa porosità delle strutture autore-refenziali delle nuove aggregazioni.Essi continuano a svilupparsi comeChiesa a parte, col rischio di diventa-re settari. E benché alcuni esponenti

importanti dei movimenti siano statinominati vescovi, e anche cardinali, sideve ammettere che il loro influssosulla leadership della Chiesa cattoli-ca rimane tangenziale e che le chiu-sure reciproche fra i due mondi non sisono seriamente sbloccate.

L’associazionismo laicaleÈ appena il caso di ricordare che, inItalia, la Chiesa e le sue istituzioni for-mavano in passato le élites non soloper il sistema ecclesiastico italiano (dacui traeva gran parte del collegio car-dinalizio, del personale della Curia ro-mana e delle università pontificie) maanche per il partito «cristiano» e gliapparati della società civile. L’Uni-versità cattolica era stata fondata co-me un’emanazione dell’Azione cat-tolica per la formazione di una classedirigente cattolica idonea a contrasta-re l’egemonia delle forze anticlerica-li nello Stato post-risorgimentale.Dopo il crollo del Muro e la fine del-la Democrazia Cristiana è venuta lar-gamente meno la mediazione dellaChiesa nella produzione delle élitesculturali e politiche della nazione. Lascelta «religiosa» della stessa Azionecattolica ha attirato il laicato cattolicomilitante verso il primato dello spiri-tuale ed è esplosa, in coincidenza conla rivoluzione del Sessantotto, una fu-ga devastante di adesioni in tutte le as-sociazioni cattoliche, meno forse chein quella degli scout. Inoltre, la seco-larizzazione crescente del «partito cri-stiano», sempre più estraneo alla vi-sione propria della dottrina socialedella Chiesa, la sconfitta nel referen-dum del 1974 per l’abrogazione deldivorzio e la diaspora di importanti in-tellettuali cattolici verso formazionipolitiche di sinistra negli anni Settan-ta convincevano Paolo VI che unanuova forza doveva essere creata perriprodurre nella società italiana quelfattore di assicurazione politica che il«mondo cattolico» convenzionale or-mai in disfacimento non era più in gra-do di garantire adeguatamente. Na-sceva da tale preoccupazione, oltre cheda una evidente premura apostolica,l’interesse della Chiesa per lo svilup-po di «Comunione e Liberazione».

Il volontariatoQualche speranza per la nascita di unanuova generazione di élites sembravaemergere attraverso la proliferazionedelle associazioni del volontariato. Se-condo la rilevazione dell’ISTAT del2003, le organizzazioni di volontaria-to in Italia erano 21021, con 826.000volontari. Nella massima parte essi so-

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no un’emanazione, diretta o indiretta,della Chiesa cattolica, specialmentedelle parrocchie e degli ordini e con-gregazioni religiose. Nella media deicasi, si tratta di associazioni con unaventina di operatori, attivi nel territo-rio alle frontiere delle sofferenze, del-le emarginazioni e delle mobilitazio-ni a favore della non violenza e dellasoluzione pacifica dei conflitti inter-nazionali.È raro tuttavia che da questa realtà dis-seminata nel territorio il sistema reli-gioso abbia ricavato nuove élites perla Chiesa, o almeno delle impronte perla sua missione. La politica della ge-rarchia ecclesiastica nell’ultimo ven-tennio del Novecento si è affrettata anormalizzare la Caritas, che aveva as-sunto un ruolo trainante di grande im-portanza per la riforma ecclesiale e so-ciale dell’Italia. Le stesse ACLI, untempo avanguardia del cattolicesimosociale italiano, sono state inquadratenel disegno moderato del vertice. Lalinea della Conferenza episcopale è vi-sibilmente discorde rispetto a quellasostenuta da un vescovo «profetico»come monsignor Tonino Bello, ve-scovo di Molfetta, secondo il quale ilvolontariato non doveva essere intesocome produttore ed erogatore di ser-vizi, una semplice opera di conteni-mento e di controllo sociale, di utileammortizzatore tutto sommato fun-zionale al sistema che tali sperequa-zioni produce e coltiva. Al contrario,doveva diventare «generatore di co-scienza critica, fattore di cambiamen-to della realtà, più che titolare di assi-stenzialismo inerte», fino a schierarsi«per giungere alla stroncatura serratadei processi di emarginazione».

I vescoviDa me interpellato in vista di questarelazione, il prefetto della Congrega-zione dei vescovi, card. Giovanni Bat-tista Re, assicura che «la qualità del-l’episcopato italiano è migliorata daalmeno 30 anni rispetto a quella delpassato. Più alto il livello culturale(tutti hanno seguito corsi universita-ri), il livello pastorale, la rettitudineumana e la saggezza. I vescovi sonopiù vicini alla gente e più pastori. Nonvivono più chiusi nei palazzi ma inmezzo alla gente»3.I vescovi in carica in Italia sono 250per 227 diocesi, nominati mediamen-te a 56 anni per svolgere un ministe-ro di circa vent’anni prima delle di-missioni canoniche. La selezione è ba-sata su una consultazione segreta con-dotta dal nunzio e recentementeallargata ai vescovi limitrofi, a sacer-

doti, a laici e laiche impegnati, a suo-re e a religiosi. Per essere candidati al-l’episcopato si richiedono anzitutto sa-na dottrina, capacità pastorali, doti diguida. Per questo i candidati più adat-ti si reclutano nel clero diocesano.L’opzione prevalente è di attingere afigure già esperte nel governo eccle-siastico diocesano: vicari generali orettori dei seminari, dato che solita-mente un vescovo sceglie come retto-re del seminario il miglior prete cheha, forgia i docenti e ha influsso suglialunni. Quanto ai livelli culturali, le universi-tà pontificie costituiscono un passag-gio ineludibile per l’episcopato, tutta-via a Roma si prova una certa diffi-denza per i vescovi «intellettuali», chepotrebbero rischiare di staccarsi dalpopolo. È concreto invece il pericoloopposto, cioè che la diminuzione del-le vocazioni determini una facilita-zione eccessiva nell’accesso al sacer-dozio. E infatti è accaduto il fenome-no di chierici respinti da alcuni ve-scovi che trovavano accoglienzapresso altre diocesi o movimenti perarrivare al sacerdozio comunque.Bisogna riconoscere che Roma com-batte queste derive subculturali e conPapa Ratzinger è decisa a far leva sul-la severità della formazione per di-sporre di un clero di qualità. Si esclu-de però che un prete politicamenteschierato possa accedere all’episco-pato. Si fa rilevare che la Chiesa deveindicare le vie del cielo: se uno ha unapassione politica non è adatto. Un DonSturzo non sarebbe fatto vescovo. Ilvescovo deve essere di tutti, sopra efuori della politica. Qualunque politi-co deve poter rivolgersi al vescovo co-me un’istanza spirituale superiore aiconflitti e alle partigianerie.Alcuni criteri selettivi delle élites ge-rarchiche sono permanenti: accanto al-la formazione spirituale e alla culturaecclesiastica, la romanità intesa comefedeltà assoluta resta in primo piano.Su questo sfondo si innestano le va-riabili «politiche». Paolo VI sceglievagente socialmente aperta e cultural-mente preparata. Wojtyla ha privile-giato la scelta di gente anzitutto fede-le, dotata di zelo apostolico, non im-porta se preparata teologicamente. Lasua idea era che il vescovo dovesse es-sere unicamente un pastore del clero,un buon parroco locale, come egli erail «parroco del mondo». La formazio-ne permanente era trascurata da quelgrande pontefice. L’opinione genera-le è che con Benedetto XVI sarannoripristinati i meccanismi elitari classi-ci, oggettivi, basati sulla formazione e

non più su criteri soggettivi di amici-zie personali e spesso clientelari. Con-tro il carrierismo, Ratzinger ha presoposizione in numerosi discorsi al cle-ro romano. E tuttavia non si può nonpercepire nella gerarchia ecclesiasticail pericolo di acquiescenza e di con-formismo, scambiati per fedeltà.

Quale opzione per il futuro?Tenuto conto di alcune tendenze in at-to, non si può escludere che in futurola figura del prete cambierà. NellaChiesa post-tridentina i preti veniva-no allevati da piccoli per essere partedell’elite sacra. Questi saranno sem-pre meno. Già oggi cresce il numerodelle ordinazioni di uomini di età ma-tura, e ciò imporrà un cambiamento:il processo di selezione sarà invertito,si cercherà di verificare chi sia il lea-der reale di una comunità e se lo si ri-conosce come saggio, maturo, eccete-ra, quello sarà ordinato. Si arriverà per-tanto a ordinare i leader effettivi del-le comunità locali, persone mature. Si ritiene a Roma che probabilmenteil dossier dei preti sposati sarà analiz-zato prima di quello del sacerdoziodelle donne. Tuttavia anche le donnedovranno ricevere maggiori spazi epoteri nella Chiesa, fino ad assumereresponsabilità di capi-dicastero, oggivescovili o cardinalizie. Le donne so-no la maggioranza nella Chiesa, han-no la responsabilità maggiore nel cam-po della catechesi e della scuola. Dif-ficoltà bibliche non ce ne sono, teolo-giche sì: il pronunciamento del card.Ratzinger a suo tempo dichiarava checerte esclusioni del sacerdozio alledonne devono essere tenute per defi-nitive, ma che ciò non appartiene almagistero infallibile, dunque potreb-be non costituire un ostacolo insupe-rabile.

NOTE

1. Luca Diotallevi (a cura di), La parabola delclero. Uno studio socio-demografico sui sa-cerdoti diocesani in Italia, Fondazione Gio-vanni Agnelli, 2005.

2. Le oscillazioni regionali sono piuttosto ri-levanti:, massima nell’Umbria, Marche, Tri-veneto, minima nelle regioni meridionali (0,5sacerdoti per mille abitanti in Calabria, 0,44in Puglia, 0,39 in Lazio, 0,37 in Campania,che è in coda). L’indice di copertura delle par-rocchie è molto basso in Emilia Romagna, To-scana, Abruzzo, Molise, Liguria, dove la per-centuale di parrocchie non affidate alle curedei sacerdoti diocesani, suppliti da religiosi oda altri ministeri, è relativamente elevata. Giàoggi in tali regioni non viene raggiunta la so-glia di un sacerdote diocesano per parrocchia.All’altro estremo i casi di Lombardia e Pu-glia (quasi due preti per parrocchia).

3. da un colloquio con l’Autore.

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Le risoluzioni del Concilio VaticanoII sui rapporti Chiesa-Stato – unaChiesa che rivendica la libertà di an-nunziare l’Evangelo ma rispetta pie-namente le realtà temporali ed è di-sposta a rinunziare ai privilegi eredi-tati dalla storia – fecero fatica ad es-sere inverate in Italia dove, dalsecondo dopoguerra, era sempre sta-ta al potere la Democrazia cristianache il Vaticano considerava una longamanus per salvaguardare i suoi inte-ressi, anche se, nel partito, un cattoli-co come Alcide De Gasperi aveva con-trastato le interferenze di Pio XII nel-la vita politica del Paese.

Quando, nel 1970, il Parlamento ap-provò la legge del divorzio, per PaoloVI fu uno choc, tanto più che primoministro era un democristiano, EmilioColombo. La DC non fece però ostru-zionismo, come alcuni ambienti vati-cani avrebbero voluto, per impedirel’approvazione della legge alla Ca-mera; una sua parte tuttavia favorì queisettori oltranzisti del mondo cattolicoche, per lavare l’onta della «insop-portabile» legge, raccolsero le firmeper far indire un referendum abroga-tivo. In previsione della consultazio-ne, che si sarebbe svolta il 12 e 13maggio 1974, la Conferenza episco-pale (CEI), su sollecitazione del Pon-tefice, invitò i cattolici a votare «sì»alla cancellazione della legge: unapressione morale contestata da queicattolici che invece, e con buone ra-gioni, sostenevano si dovesse lasciarepiena libertà di coscienza nel voto. Male gerarchie ecclesiastiche (salvo al-cune importanti eccezioni) insistette-ro nella loro richiesta, e punirono invari modi decine di preti che si eranoschierati per il «no» alla cancellazio-ne della legge.

Infine, il «no» vinse con circa il 60%dei voti. Un pontefice smarrito, e unepiscopato confuso, si domandaronodove fosse la «presenza» della Chie-sa in un paese cattolicissimo secondole statistiche, ma dove si varavano leg-gi contrarie alla dottrina cattolica. Erainfatti culturalmente «impossibile»,per l’establishment ecclesiastico, ac-cettare che in uno Stato laico e demo-cratico una chiesa potesse pretendereche le leggi civili collimassero conquelle ecclesiastiche. Una minoranza

dell’episcopato e una parte importan-te del laicato ritennero che la via daseguire – in un Paese ormai larga-mente segnato dalla secolarizzazione– fosse quella della «scelta religiosa»:non più la ricerca di orpelli e di ap-poggi politici, non più la pretesa di im-porre all’intero Paese i propri punti divista, ma un impegno per annunziarel’Evangelo dandone prima di tutto te-stimonianza nella propria vita e coo-perando con tutti per il bene comune.La conseguenza di una tale imposta-zione sanciva la fine della unità poli-tica dei cattolici, cioè l’obbligo mora-le di votare compatti per la DC.

Con l’uscita di scena di Paolo VI (checonosceva personalmente tutto lo sta-to maggiore della DC, e che aveva sof-ferto moltissimo per la tragedia di Al-do Moro) e con l’ascesa al trono pon-tificio di Karol Wojtyla, si pose inevi-tabile la domanda: come si sarebbecomportato, il Papa polacco, ignarodel mondo democristiano, nella suavalutazione dei rapporti Stato-Chiesain Italia? Intanto, Giovanni Paolo IIaccolse ben volentieri i privilegi cheil nuovo Concordato, del 1984 – so-stitutivo di quello del 1929, di epocafascista – confermava alla Chiesa (e aconfermarlo era il socialista BettinoCraxi, il quale riteneva di trarre van-taggi politici per il suo partito facen-do dei favori al Vaticano). L’ipotesidella «scelta religiosa», comunque,era ancora quella che anche molti ve-scovi (tra essi l’arcivescovo di Mila-no, Carlo Maria Martini) ritenevano lastrada maestra. Ma, in particolare conil suo discorso al Convegno ecclesia-le italiano di Loreto, del 1985, papaWojtyla indicò di fatto un’altra via daseguire, quella della «presenza». Erala via che battevano movimenti comeComunione e Liberazione, l’Opus Deie altri ancora; ma, soprattutto, era lascelta strategica di vescovi come Ca-millo Ruini che, allora ausiliare diReggio Emilia, molto aveva lavoratoper il convegno di Loreto dove, ap-punto, se vogliamo fissare una data,avvenne la svolta. Nell’86 il pontefi-ce nominò Ruini segretario della CEIe, nel ’91, vicario di Roma e presi-dente della Conferenza episcopale:

mandato quinquennale rinnovatogliper ben tre volte e che, scaduto nel2006, gli fu rinnovato donec aliterprovideatur anche da Benedetto XVI.Solo nel marzo del 2007 Ruini fu so-stituito da monsignor Angelo Bagna-sco, arcivescovo di Genova.

La CEI è l’unica conferenza episco-pale al mondo che non possa sceglie-re il proprio presidente e il proprio se-gretario. Per motivare il fatto che il Pa-pa si riserva tale diritto, le fonti uffi-ciali ribadiscono che egli, come suoiprimi titoli, possiede quelli di «ve-scovo di Roma» e di «primate d’Ita-lia». I critici obiettano che, in pratica,a fare il vescovo di Roma è il vicario,e non il Papa: obiezioni che, da Pao-lo VI a oggi, non hanno scalfito la nor-mativa in atto: il pontefice sceglie au-tonomamente i vertici della CEI. Dun-que, scegliendo per ben tre volte con-secutive Ruini come presidente,Giovanni Paolo II si può dire abbia«commissariato» l’episcopato italia-no.

La battaglia per i «princìpinon negoziabili»Agli inizi della sua carriera, Ruini so-stenne, fin che poté, l’unità politica deicattolici nella DC. Esploso, nel 1994,il partito cattolico (alcuni suoi espo-nenti di spicco furono coinvolti negliscandali di «Tangentopoli»), la paro-la d’ordine della CEI ai cattolici in po-litica – dunque, agli elettori e agli elet-ti – fu: votate per chi volete, sceglie-te il partito che volete ma, in ogni ca-so, sui «princìpi non negoziabili» icattolici devono seguire le indicazio-ni della gerarchia ecclesiastica. E co-sì la Chiesa della «presenza» si impe-gnò in modo campale perché, sui pun-ti sensibili – le questioni riguardanti,sia pure in senso lato, la sessualità, lafamiglia, il matrimonio, il testamentobiologico – le leggi dello Stato tradu-cessero il punto di vista della gerar-chia cattolica sull’argomento.

Nel febbraio del 2004 il Parlamentoapprovò una legge sulla fecondazioneassistita che, in materia di cellule sta-minali, o di fecondazione eterologa,imponeva limiti severissimi, non pre-senti in analoghe leggi in vigore in Eu-ropa. Gruppi e partiti laici e di sinistra

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Stato e Chiesa: un rapporto così straripanteda occupare tutta la storia recente del Paese

diLuigi Sandri

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raccolsero le firme necessarie per or-ganizzare un referendum abrogativodi alcuni punti della legge; la consul-tazione era prevista per il 12 e 13 giu-gno 2005. Secondo la legge italiana,perché il risultato di un referendum siavalido, occorre che vada a votare al-meno la metà più uno degli aventi di-ritto. Che fece, dunque, la CEI di Rui-ni? Con l’esplicita approvazione delnuovo papa (in aprile Benedetto XVIera succeduto a Giovanni Paolo II),l’Assemblea generale dei vescovi a fi-ne maggio espresse «pieno e totale so-stegno per la scelta del ComitatoScienza & Vita circa la non parteci-pazione al voto, che ha il significatodi un doppio no, ai contenuti dei que-siti sottoposti a referendum… La di-fesa e la promozione dell’uomo, findal suo concepimento, come parte in-tegrante dell’annuncio del Vangelo, eil sostegno alla scienza al servizio delbene integrale dell’uomo sono i valo-ri a cui i Pastori, tanti cattolici italia-ni e molti esponenti delle più diversecompetenze e matrici culturali stannoispirando il loro agire e la loro paro-la. Si tratta di una posizione chiara einequivocabile».

Scienza & Vita era (è) una lobby sol-lecitata da Ruini, composta da laicischierati sempre e comunque con leposizioni delle gerarchie ecclesiasti-che. Ora, la scelta, del tutto opinabi-le, di quel gruppo, veniva dai vescovimoralmente imposta non solo ai cat-tolici italiani, ma indicata a tutti i cit-tadini come un bene prezioso. E lascelta, si badi, non era di dire «no» aiquattro quesiti sottoposti a referen-dum, ma di non andare a votare, con-tribuendo così a far mancare il quo-rum e, perciò, a far fallire il referen-dum. Dunque, una scelta politicaesplicita, chiara, inequivocabile, mo-tivata con il fatto che sono i vescovi,e solo essi, a sapere quale sia il verobene dell’uomo.

Ora, quando cominci la vita, quale sial’uso moralmente corretto delle cellu-le staminali, se e a che stadio il con-cepito sia da considerare persona, sel’accanimento terapeutico debba arri-vare a tenere in vita artificialmente perdecenni una persona in coma irrever-sibile, sono domande complesse, al-cune antiche e altre nuovissime (in-nescate dai progressi scientifici), sul-le quali sia nel mondo «laico» sia inquello delle religioni e delle Chiese cisi fanno molte domande, e si dannorisposte variegate. La sicurezza concui la CEI (e Wojtyla, e Ratzinger) ri-

tengono di avere, in merito, risposteassolute e certe, è assai discutibile; e,a latere, pone un problema: le Chieselegate alla Riforma – evangeliche e ri-formate, soprattutto – che su quei pro-blemi lasciano libertà di coscienza, sa-ranno tutte fuori di senno? D’altron-de, l’aver per secoli la Chiesa romanaapprovato in linea di principio, la li-ceità (e perfino il dovere!) della penacapitale contro gli «eretici» e le «stre-ghe» – tali secondo il potere domi-nante – non dovrebbe indurre la ge-rarchia cattolica a un pizzico di umil-tà? Sono le obiezioni che anche mol-ti gruppi e personalità cattoliche,schierate a favore del «sì» al referen-dum, e del «sì» ai quesiti sottoposti,fecero alla posizione della Cei e del-la Santa Sede.

Ad ogni modo, con grande soddisfa-zione dei vescovi, il referendum delgiugno 2005 fallì perché andò a vota-re solo il 25,9% degli aventi diritto.Nei quattro quesiti – per cancellare al-cuni commi della legge che (1) limi-tavano la ricerca scientifica, (2) e (3)erano dannosi per la salute della don-na e del concepito, (4) impedivano lafecondazione eterologa – stravinse il«sì»; ma inutilmente. Risultato con-creto: essendo la procreazione assisti-ta praticamente impossibile in patria,le coppie che la desiderano non han-no che l’imbarazzo della scelta ad an-dare in paesi, vicinissimi all’Italia, neiquali ciò è possibile.

La difesa dei «princìpi non negozia-bili» ha portato la dirigenza della CEIa opporsi frontalmente al governo dicentro-sinistra, guidato da RomanoProdi, un cattolico coraggioso. Egliebbe il coraggio di opporsi a Ruini,proponendo il varo di una legge suiPacs (patto civile di solidarietà): unanormativa che garantiva i conviventie le unioni di fatto, anche se omoses-suali. L’opposizione della dirigenzadella CEI, e di Ruini in particolare, alprogetto di Prodi – una proposta mo-derata, frutto di una faticosa media-zione – ebbe come conseguenza la sal-datura tra i vertici ecclesiastici e il cen-tro-destra guidato da Silvio Berlusco-ni. La pressione vaticano-ruinianacontro Prodi non fu l’ultima causa del-la caduta del suo governo e, poi, del-la vittoria di Berlusconi alle elezionipolitiche anticipate del 2008. Lezionedella vicenda: le gerarchie ecclesia-stiche preferirono avere un difensoredei «princìpi cristiani» alla Berlusco-ni, piuttosto che un «cattolico adulto»alla Prodi.

Il caso Welby, il caso Eluana,il caso BerlusconiIl caso Welby.Colpito da distrofia mu-scolare progressiva, questo pazientefu, nel 1997, tracheotomizzato e glifu attaccato un respiratore automati-co. Chiedendo che gli fosse «staccatala spina» e fosse lasciato morire in pa-ce, egli sollevò in Italia un appassio-nato dibattito: quello che chiedevaPiergiorgio, dal suo letto nella casa diRoma, era eutanasia passiva? Rifiutodell’accanimento terapeutico? Dirittoall’autodeterminazione? Che c’era di«naturale» nella sua condizione, vistoche era tenuto in vita da una macchi-na? Si trovò infine un medico che siassunse la responsabilità di rispettarela volontà del malato, e che staccò laspina. Era il 20 dicembre 2006. Mina,la moglie di Piergiorgio, chiese i fu-nerali in una parrocchia romana. MaRuini li rifiutò: «In merito alla richie-sta di esequie ecclesiastiche per il de-funto dott. Piergiorgio Welby, il Vica-riato di Roma precisa di non aver po-tuto concedere tali esequie perché, adifferenza dai casi di suicidio nei qua-li si presume la mancanza delle con-dizioni di piena avvertenza e delibe-rato consenso, era nota, in quanto ri-petutamente e pubblicamente affer-mata, la volontà del dott. Welby diporre fine alla propria vita, ciò checontrasta con la dottrina cattolica (ve-di il Catechismo della Chiesa Catto-lica, nn. 2276-2283; 2324-2325)». E,con una dichiarazione successiva, ilcardinale precisava: «Io spero che Dioabbia accolto Welby per sempre, maconcedere il funerale sarebbe stato co-me dire: ‘il suicidio è ammesso’».

Una gerarchia che sa tutto, sa che Wel-by si è suicidato. Ma lo si può affer-mare, in scienza e coscienza? Dunque,mentre la «natura» prevede che percerte malattie si muoia in pochi gior-ni, adesso che con le macchine unapersona può essere tenuta artificial-mente in vita per cinquant’anni, que-sto è «naturale» o è totalmente artifi-ciale e «innaturale»? A parte questaobiezione, ampio fu il coro, in Italia,proprio nel mondo cattolico, contro ladecisione del Vicariato di Roma; so-stenuta, invece, dai «difensori della vi-ta». (A rendere particolarmente stri-dente la scelta di Ruini fu una coinci-denza, del tutto casuale, che però fe-ce riflettere. Una settimana primadella fine di Welby era morto il gene-rale Augusto Pinochet, l’ex presiden-te cileno che nel ’73 con un golpe ave-va rovesciato il legittimo governo co-

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stituzionale di Salvador Allende, e cheper mantenere il potere aveva fatto as-sassinare migliaia di persone. Egli nonsi era mai pentito, pubblicamente, diqueste sue azioni. Eppure i suoi fune-rali a Santiago furono celebrati da de-cine di vescovi e preti; e il Vaticanonon disse una parola su tale scelta).

Il caso Englaro. In seguito a un inci-dente stradale, Eluana Englaro, una ra-gazza di Lecco figlia di genitori friu-lani, visse per diciassette anni in sta-to vegetativo, nutrita artificialmente,senza mai riprendere conoscenza. Ilpapà, Beppino, anche per esaudire ildesiderio che la figlia aveva espresso,semmai le fosse capitato quel che ef-fettivamente le accadde, decise di in-terrompere la nutrizione artificiale:non, però, in segreto, ma ponendopubblicamente la domanda, e otte-nendo i necessari permessi. Così, delfatto si dovettero occupare tribunali,magistrati, politici: Englaro voleva chele istituzioni dessero una risposta. In-fine, dopo un iter assai tribolato, laCorte di Appello di Milano consentìl’interruzione della nutrizione artifi-ciale. Il padre fece allora trasportarela figlia da Lecco ad Udine, per farlamorire là. Il presidente del ConsiglioBerlusconi fece allora proporre in granfretta un disegno di legge per impedi-re quello che Englaro voleva far fare.Ma prima che a Udine si procedesse,il 9 febbraio 2009, Eluana improvvi-samente morì. Quando in Senato, do-ve si stava appunto discutendo il di-segno di legge, arrivò la notizia, qual-cuno dai banchi del centro-destra tuo-nò: «Eluana non è morta, è stataassassinata». Il cardinale messicanoJavier Lozano Barragán, presidentedel Pontificio Consiglio per la pasto-rale della salute, chiese perdono al Si-gnore per coloro che «hanno ucciso»la ragazza. E Ruini commentò: quelche sarebbe accaduto a Eluana, conl’interruzione dell’alimentazione edell’idratazione, va descritto, se si vo-gliono «chiamare le cose col loro no-me», in questi termini: «Farla moriredi fame e di sete». Gruppi cattolici sisentirono adeguatamente rappresenta-ti da espressioni come queste; del tut-to differenti furono, invece, le reazio-ni di altri gruppi e di personalità cat-toliche, che deplorarono l’indegnastrumentalizzazione politica compiu-ta sul corpo martoriato di Eluana, e in-vocarono rispetto e silenzio.

Il caso Berlusconi.Di fronte agli scan-dali scoppiati questo gennaio su sca-brose vicende che toccano da vicino

il presidente del Consiglio, i verticidella CEI, sempre puntualissimi neldenunciare per nome i casi in cui i«princìpi non negoziabili» vengonoviolati, sono rimasti invece sul vago.Non volevano essere «strumentaliz-zati», hanno spiegato. Aprendo, il 24gennaio scorso, il Consiglio perma-nente della CEI, il presidente (e oracardinale) Bagnasco ha detto, in so-stanza, che tutta la classe politica è re-sponsabile: «Bisogna che il nostropaese superi, in modo rapido e defini-tivo, la convulsa fase che vede misce-larsi in modo sempre più minacciosola debolezza etica con la fibrillazionepolitica e istituzionale (…). Si molti-plicano notizie che riferiscono di com-portamenti contrari al pubblico deco-ro e si esibiscono squarci – veri o pre-sunti – di stili non compatibili con lasobrietà e la correttezza, mentre qual-cuno si chiede a che cosa sia dovutal’ingente mole di strumenti di indagi-ne. In tale modo, passando da una si-tuazione abnorme all’altra, è l’equili-brio generale che ne risente in manie-ra progressiva, nonché l’immagine ge-nerale del Paese (…). È necessariofermarsi – tutti! – in tempo, fare chia-rezza in modo sollecito e pacato, e nel-le sedi appropriate, dando ascolto al-la voce del Paese che chiede di esse-re accompagnato con lungimiranza edefficacia senza avventurismi, a co-minciare dal fronte dell’etica della vi-ta, della famiglia, della solidarietà edel lavoro». I maggiori media italiani (anche di si-nistra) hanno commentato tali parolecon grande rilievo, sottovalutando, tragli altri, due passaggi cruciali: il car-dinale critica le indagini eccessive(sottinteso: sul giro di donne di Ber-lusconi), e così dà man forte al cen-tro-destra che continua a ripetere lestesse accuse alla magistratura mila-nese; inoltre, parlando genericamente

di «sedi appropriate», non invita Ber-lusconi ad adire i tribunali di Milanoper rispondere delle accuse, e là, sepuò, discolparsi (ma il premier ha ri-badito che lui adirà solo il tribunaledei ministri!). Perciò molti cattolici,anche tra quelli che non fanno partedi gruppi «dissenzienti» dalle gerar-chie, sono rimasti amareggiati per lagenericità diplomatica delle parole diBagnasco.

Un’ultima annotazione, su un altro te-ma: quello della libertà religiosa. I rap-porti tra Stato e Chiesa cattolica sonoregolati, in Italia, dall’articolo 7 dellaCostituzione, che a sua volta rinvia aiPatti Lateranensi del 1929; l’articolo8, invece, prevede apposite Intese conle altre Chiese e religioni. Mentre al-cune Intese (a partire dal 1984) sonostate stipulate, attualmente giaccionoin Parlamento sei disegni di legge perl’approvazione di altrettante Intesecon buddhisti, induisti, Testimoni diGeova, ortodossi, Chiesa apostolica,mormoni: progetti che giacciono in-tonsi, perché il governo Berlusconinon ha avuto fretta di farli approvare.

Nel 2007-08, sotto il governo Prodi,era in gestazione una legge generalesulla libertà religiosa alla quale, di fat-to, la CEI e il Vaticano erano contra-ri, convinti che la sua approvazione fi-nisse per ledere i privilegi che il Con-cordato offre alla Chiesa cattolica. Perfar piacere al Vaticano, Berlusconi nonha più ripreso quel progetto; e, sem-pre per ingraziarsi le gerarchie eccle-siastiche, ha varato una serie di misu-re che favoriscono – sul piano norma-tivo ed economico – le opere dellaChiesa cattolica. Ecco perché, di fron-te a tanto benefattore, la reazione del-l’episcopato italiano e della Santa Se-de agli scandali che hanno coinvoltoBerlusconi è stata così reticente.

«Dialoghi» è offerto in vendita nelle seguenti librerie del Cantone:– Libreria San Paolo, Corso Pestalozzi 12, 6900 Lugano.– Libreria San Vitale, Corso San Gottardo 48, 6830 Chiasso.– Libreria «Dal Libraio», Via Pontico Virunio 7, 6850 Mendrisio.– Libreria Eco Libro, Via A. Giovannini 6a, 6710 Biasca.– Librerie Alternative 1, Via Ospedale 4, 6600 Locarno.– Libreria Elia Colombi SA, via Dogana 3, 6500 Bellinzona.– Melisa Messaggerie SA, via Vegezzi 4, 6900 Lugano.– Libreria del Mosaico, via Bossi 32, 6830 Chiasso.

Il prezzo di vendita della copia in libreria è di fr. 12 (Euro 8).

Rimane sempre ancora la possibilità di rivolgersi all’amministratore di «Dialoghi»:Pietro Lepori, 6760 Faido Tengia,tel. 091 866 03 16, e-mail: [email protected] abbonamenti (annuale fr. 60, Euro 40) o per ricevere copie singole, anchearretrate (prezzo per copia: fr. 12, Euro 8).

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I Comandamenti sono dieci. Il pre-sidente dei vescovi italiani, cardinaleBagnasco (e con lui l’«OsservatoreRomano», «Avvenire» e… il «Gior-nale del Popolo») si è accorto che ilpresidente Berlusconi è un poco dibuono perché non rispetta il sesto co-mandamento («Non commettere attiimpuri», nella versione del vecchioCatechismo). Invece, quando Berlu-sconi violava crassamente gli altri co-mandamenti (settimo: «non rubare»,quinto: «non ammazzare», ottavo:«non mentire», ecc.) e specialmenteil primo (in quanto idolatra del DioDenaro), il buon Bagnasco e il neo-evangelizzatore mons. Fisichella pro-clamavano urbi ed orbi (orbi qui nelsenso di non vedenti…) i buoni rap-porti tra Governo italiano e Santa Se-de. Noi, con molti amici e cattoliciitaliani (vedi la denuncia de «Il Mar-gine» a pag. 3), non aspettiamo che ivescovi ci dicano quali sono i bri-ganti: li sappiamo riconoscere pertempo da soli, come fecero don Stur-zo don Mazzolari e don Alberti neiconfronti del «provvidenziale» Mus-solini. Siccome i comandamenti so-no dieci e tutti vanno onorati, chie-diamo che la Chiesa di Cristo (chepure li trova nel Vangelo, Matteo 19)non si limiti a esigere solamente il ri-spetto del sesto.

Nuova materia scolastica. Un grup-po di parlamentari italiani, condotti daGiovanna Melandri (Partito democra-tico) ha presentato una proposta di leg-ge per introdurre nella scuola secon-daria di primo grado e nella scuola se-condaria superiore l’insegnamento ob-bligatorio, per un’ora settimanale, diuna materia indicata come «Introdu-zione alle religioni». Secondo la pro-motrice, servirà a colmare la lacunaattualmente esistente nella scuola, cir-ca la conoscenza delle grandi espe-rienze religiose di tutto il mondo. Ilprogramma dovrà comprendere l’ana-lisi dei relativi sacri testi, delle tradi-zioni, delle culture e delle identità deivari popoli.

Innario luterano italo-tedesco. LaChiesa luterana in Italia (CELI) hapubblicato un nuovo innario bilingueitaliano-tedesco. Presenta 270 testi diinni, salmi, preghiere fondamentaliper la liturgia, tradotti in gran parte daitesti luterani tedeschi, ma anche coninni della tradizione valdese, metodi-sta, cattolica, e gospel in inglese. LeChiese della CELI intendono valoriz-zare l’uso dell’italiano, sempre piùdiffuso nelle loro celebrazioni.

No. 215 dossier 11

L’Italia è ancora un Paese cattolico?Il numero 1079 della rivista bolognese «Il Regno» (15 maggio 2010) reca unampio riassunto e un interessante commento di una indagine sociologicacondotta nella seconda metà del 2009 da Paolo Segatti, docente di sociolo-gia politica presso l’Università di Milano, sulla religione praticata e vissutadagli italiani, risultante dalle risposte ad un campione rappresentativo dellapopolazione adulta. Quattro le piste dell’indagine: il comportamento religio-so, la dimensione spirituale, la dimensione identitaria e culturale, la dimen-sione istituzionale (si vedrà in seguito che cosa si intende in queste defini-zioni). Gli intervistati si sono dichiarati per 81,30% cattolici, l’11, 7% cristiani noncattolici, il 6,5 non credenti, lo 0,5% di altra religione. Alla domanda circala frequenza alla messa o alle funzioni religiose, il 27,7% ha risposto di fre-quentare tutte le settimane, frequenze minori per circa il 30%, solo due o trevolte all’anno il 23,4%, nessuna frequenza per il 18, 3%. Se le percentualiindicate confermano dati di altre e precedenti inchieste (in Italia la frequen-za domenicale è superiore a quella rilevata negli Stati occidentali a maggio-ranza cattolica), la scomposizione del dato per genere (donne e uomini), peristruzione (titolo di studio) e per età (nati prima del 1945, prima del 1960,prima del 1970, prima del 1980, prima del 1991) evidenzia una grande di-versità di comportamenti, che vanno da una percentuale di oltre il 15% su-periore alla media nazionale (cioè 28 + 16) ad un minimo di circa il 12% (28-16%): la massima percentuale di frequenza alla messa è delle generazioninate prima del 1945, la minima delle generazioni nate dopo il 1981; già no-te la maggior frequenza femminile e la diminuzione di frequenza con l’au-mento del livello degli studi; ma un così netto influsso del fattore generazio-nale (cioè della diminuzione di partecipazione giovanile) non era mai stataverificata statisticamente (anche se la cosa non sorprende chi frequenta re-golarmente le funzioni religiose e può fare confronti con i decenni passati). I dati raccolti da Segati circa altri comportamenti religiosi (credenza nel-l’esistenza di Dio, timore di Dio, protezione divina), mentre rilevano per-centuali superiori a quelle dei messalizzanti, manifestano (e confermano) lagrande varietà della religione vissuta o espressa dal campione: mentre la me-dia del campione alla domanda sulla «fede in Dio» risulta del 72%, netta-mente sopra la percentuale dell’80 si situano le persone che non hanno nep-pure la licenza elementare, e in generale le donne; ai piedi della scala per-centuale sono i laureati (- 5 sulla media), gli uomini (- 7 sulla media) e i na-ti dopo il 1981 (con un meno 13 sulla media del campione). La stessadistribuzione decrescente (da donne, anziani, meno istruiti) si evidenzia neiconfronti di un’altra domanda dell’inchiesta (anche se ovviamente con per-centuali differenti), quella relativa alla frequenza della preghiera individua-le: qui la media del campione è del 74% (superiore alla credenza in Dio!),con in testa le donne con 85% e i nati prima del 1945 con poco più dell’80.In fondo alla scala della frequenza della preghiera gli uomini, con oltre un-10 dalla media campione, e i giovani, nati tra il 1981 e il 1991, uno scartonegativo di più del 15%. Il testo pubblicato da «Il Regno» offre altri dati e approfondimenti interes-santi relativi alla identità dei cattolici italiani, alle loro reazioni di fronte al-le offese a Dio, alla Chiesa, al Papa, e alla considerazione in cui tengono gliinsegnamenti della Chiesa in diversi specifici argomenti (bisogni spirituali,problemi familiari, problemi sociali, testamento biologico, aborto, disoccu-pazione, omosessualità, immigrazione, morale dei politici). Ritengono che laChiesa ha da pronunciarsi in questi settori in media il 40-50% degli intervi-stati (punteggio minimo per la omosessualità e la moralità dei politici), mal’inchiesta ha rilevato che le risposte date in questi settori non hanno che unadebole relazione con i comportamenti religiosi, dando una conferma «scien-tifica» della scarsa o nessuna rilevanza delle pratiche religiose sui compor-tamenti culturali e sociali.Nella ricerca milanese le conclusioni sono raggruppate sotto il titolo «La fi-ne di un modello»; per i commentatori «i cattolici cessano di essere una mag-gioranza, sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi; il futuro del-l’Italia religiosa si profila come quello di un Paese che da cattolico divienegenericamente cristiano». A. L.

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Per i cinquant’anni del Concilio.L’11 e il 12 novembre 2010, cinque-cento persone si sono riunite a Lioneper un incontro organizzato dal Ré-seaux du Parvis, la rete nata nel 1999che riunisce le realtà del cattolicesimoconciliare francese.Nel «messaggio di speranza» appro-vato a conclusione, sono state indica-re le priorità per il futuro: «Non è piùsufficiente preoccuparsi per l’avveni-re della Chiesa», occorre «dare la pa-rola agli esclusi», «lottare contro le in-giustizie e la violenza che derivanodall’evoluzione tecnologica e mer-cantilistica del mondo, che rovina i va-lori costitutivi dell’umanità e mette inpericolo il pia neta»; il messaggio li-beratore del Vangelo «non può più es-sere portato dall’autorità: è tem po pertutti, uomini e donne, di esserne pie-namente responsabili». L’associazio-ne del Parvis dispone di una rivista edi un sito internet e ha la capacità diaggregare nuovi gruppi.Una realtà simile è quella spagno-la Redes Cristianas. In Italia, le real-tà di base del cattolicesimo conciliaresono ancora trop po frammentate e di-sperse, pur essendoci «Noi siamoChiesa», che aderisce al Movimentointernazionale We Are Church (Im-wac).A Lione si è discusso degli aspetti ope-rativi del 50 years Council project, cheha l’obiettivo di coordi nare in Europae in Nord e Sud America tutte le retie i movimenti che vogliono rifletteresul Vaticano II in occasione del cin-quantesimo anniversario dell’inizio edella conclusione (2012-2015), perpensare al futuro della Chiesa e allatestimonianza del Vangelo nel terzomil lennio. L’obiettivo, dopo iniziativegestite localmente, è di concludere conun incontro a Roma nel dicembre2115. A questo scopo si aprirà un si-to Internet e si cercheranno contatticon tutte le reti e i movimenti con ana-loghi programmi.

La rete dei viandanti.Nel giugno del2010 si è costituita a Parma un’asso-ciazione chiamata «dei Viandanti»(Via Sidoli 94) che riunisce laici cat-tolici che intendono vivere nella Chie-sa le responsabilità loro indicate dalVaticano II. I «Viandanti» hanno or-ganizzato a Bologna un primo incon-tro al quale hanno partecipato undicigruppi con scopi analoghi, impegnati

stabilmente nella riflessione biblica eteologica, tra cui gli amici dei «Finesettimana» di Verbania e le due rivi-ste «Koinonia» di Pistoia e «L’altra-pagina» di Città di Castello. La retecosì costituita è aperta ad altre ade-sioni: buon viaggio, quindi, ai «Vian-danti»!

Santificare un papa. Secondo il va-ticanista Accattoli è inutile, essendotutti i papi, almeno dei tempi moder-ni «santi», o senz’altro «beati», già perl’impegno che assumono di volere es-sere servi servorum Dei, anche se poinon tutte le loro opere meritano la stes-sa qualifica. Per il Papa polacco, for-se a causa della vicinanza temporale,i motivi di riserbo sono parecchi. Nelnumero 210 di «Dialoghi» (febbraio2010), Giovanni Franzoni ha elenca-to i suoi, tempestivamente comunica-ti nel novembre 2007 al competenteufficio vaticano, così come l’avevanofatto nel dicembre 2006 un gruppo diteologi, ricordati da un comunicato del14 gennaio 2011 della sezione italia-na di «Noi siamo Chiesa» (www.noisiamochiesa.org). Le due elencazioninon hanno ricevuto smentite, se noncon… lo «scavalcamento» di altri can-didati e l’accelerazione eccezionaledella procedura. Il Vangelo ricorda aifabbricatori di santi – pretesi o effet-tivi – un giudizio valido per tutti i se-guaci di Cristo: «Quando avete fattotutto quello che vi è stato comandato,dite: siamo soltanto servitori. Abbia-mo fatto quello che dovevamo fare»(Luca, 17,10).

Preti discriminati. La Chiesa greco-cattolica rumena è una Chiesa cattoli-ca di rito bizantino e di lingua liturgi-ca rumena, presente, oltre che in Ro-mania (specialmente nella regione sto-rica della Transilvania), in diversiPaesi dell’Unione Europea e del mon-do. I fedeli fuori della Romania, a cau-sa dell’emigrazione, sono anzi la par-te maggioritaria: solo in Italia, su unmilione circa di rumeni, circa 800 mi-la sono greco-cattolici. Le celebrazio-ni e le attività di queste numerose co-munità vengono ospitate, un po’ in tut-ta la penisola, dalle parrocchie catto-liche di rito latino-romano, all’internodelle quali i preti rumeni possono ce-lebrare e amministrare i sacramenti.Tutto bene, se non fosse che questipreti, prima di essere ordinati, posso-

no sposarsi e il clero uxorato rappre-senta attualmente la maggioranza delclero cattolico rumeno. Ma la SantaSede e i vescovi italiani accettano inItalia solo… preti celibi. Si teme chegli sposati possano suscitare scanda-lo se esercitassero accanto ai preti cat-tolici (tutti celibi) e addirittura nellechiese cattoliche.Le Chiese orientali chiedono inutil-mente al Vaticano la possibilità di in-viare anche del clero uxorato nei Pae-si di rito latino dove siano presenti ipropri fedeli, richiesta ribadita dal re-cente Sinodo dei vescovi sul MedioOriente (10-24 ottobre 2010) con una«Proposizione 23» così formulata: «llcelibato ecclesiastico è stimato e ap-prezzato sempre e dovunque nellaChiesa cattolica, in Oriente come inOccidente. Tuttavia, per assicurare unservizio pastorale in favore dei nostrifedeli, dovunque essi vadano, e per ri-spettare le tradizioni orientali, sareb-be auspicabile studiare la possibilitàdi avere preti sposati fuori dai territo-ri patriarcali». Finora, Vaticano e ve-scovi italiani si sono sempre opposti,dimostrando di avere poca considera-zione per l’intelligenza dei propri fe-deli, che conoscono bene preti e mi-nistri sposati di altre confessioni cri-stiane (anche in Ticino).Nel Nordamerica, il clero cattolicouxorato è da tempo accettato. E poi…Il Vaticano sta accogliendo preti e ve-scovi anglicani con mogli e figli, chelasciano la loro Chiesa perché… con-trari alle donne-vescovo. Il teologo Fi-sichella, lui, sarebbe pronto a trovareuna soluzione per i preti rumeni spo-sati: basta che divorzino, come Berlu-sconi, che così ha potuto rientrare nel-la Chiesa!

Nuova veste per «Riforma». Il set-timanale «Riforma», dal 1993 organoufficiale delle Chiese battiste, meto-diste e valdesi in Italia, raccogliel’eredità di testate storiche del prote-stantesimo: i mensili «II Testimonio»(battista) e «Voce Metodista», e i set-timanali valdesi «La Luce» e «L’Ecodelle Valli Valdesi» (fondato nel1848).Luca Maria Negro, direttore del gior-nale dal febbraio 2010, vuole che «Ri-forma» sia non solo voce comune dibattisti, metodisti e valdesi, ma ancheun «terminale» italiano del protestan-tesimo e più in generale della «ecu-mene» internazionale, che aiuti a im-mergersi nella realtà di un cristianesi-mo globale articolato, multicolore,ricco di stimoli per una nuova testi-monianza.

12 cronaca No. 215

CRONACA INTERNAZIONALEa cura di Alberto Lepori

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No. 215 opinioni 13

Il processo «ufficiale» di beatifica-zione si trascina a Roma da 15 anni,dalla chiusura della fase diocesana nel1996. Da fonti vaticane si apprende,secondo quanto riportato da un’agen-zia francese specializzata in informa-zione vaticana, che la causa «è fer-ma», malgrado l’esame dettagliatodelle omelie e degli scritti dell’arci-vescovo non abbia evidenziato alcu -na ombra, né a livello di ortodossia néa quello dell’ortoprassi. Secondo Je-sus Delgado – che è stato segretariodi Rome ro, ma col tempo si è andatosempre più distinguendo nel proces-so di «accaparramento istituzionale»della figura dell’arcivescovo martire–, il processo «è praticamente chiu-so» e ora è solo una questione di «con-venienza»: «Un san to – ha dichiarato– non deve fomentare divisioni, maessere segno di unità». Come poi Ro-mero possa essere «segno di uni tà»,tanto per le vittime del Salvador quan-to per i loro carnefici (gli stessi chehanno brindato alla notizia dell’as-sassinio), Delgado non lo spiega.Spiega, invece, come, secondo lui, lacolpa del ritardo sia, in ogni caso, so-prattutto di chi mani pola la sua figu-ra, cioè dei sostenitori della Teologiadella liberazione e della sinistra loca-le e mondiale. Di chi, cioè, impedi -sce ancora alla Chiesa istituzionale dipoter dire «Romero è nostro», comedisse Giovanni Paolo II, stendendo lemani sulla tomba di mons. Romero,durante la sua visita in Salvador nel1983 (la storia purtroppo ricorda co-me lo stesso Papa non fosse dalla par-te di mons. Romero quando l’arcive-scovo era in vita.«Con tutto il rispetto – ha dichiaratol’arcivescovo José Luis Escobar Alas– abbiamo chiesto e continuiamo achiedere che la figura di mons. Ro-mero non sia manipolata, politicizza-ta, strumentalizzata, proprio per il pro-cesso che si sta portando avanti». E alquotidiano di estrema destra «El Dia-rio de Hoy» (20/3), Delgado ha spie-gato che «la figura di mons. Romeroè stata manipolata, soprattutto dopola sua morte». Addirittura, vi sareb-bero «organizzazioni non governativeche hanno lucrato sulla sua figura» e«politici che se ne fanno scudo, mache non credono in lui». Neppure laChiesa è del tutto esente da colpe, inquanto non sarebbe stata abbastanzadecisa a contrastare la sinistra lati-

noamericana perché «non ci sottrag-ga questo santo, questo martire, que-sto sacerdote che è stato mons. Ro-mero».

Chi manipola Romero? Ed eccolo qui il Romero che si vor-rebbe «non manipolato». Delgado lodipinge come un uomo dalla salute ca-gionevole e psicologicamente un po’instabile, ma reso forte da un intensoamore per la Vergine Maria e una to-tale obbedienza al magi stero dei papi.E ne evidenzia la spiritualità pre-con-ciliare, una pratica religiosa centratasull’amore per Gesù, per la VergineMaria e per la Chiesa. Delgado è inbuona compagnia: secondo Rafael Ur-rutia, attuale vicario generale di SanSalva dor, ciò che caratterizzava Ro-mero era «la sua grande preoccupa-zione di evangelizzare il popolo di Dioper muoverlo alla conversione», es-sendo dotato di una carità «nutrita sen-za dubbio della vita di preghiera, del-la vita sacramentale, delle devozioniprivate al Sacro Cuore di Gesù e allaVergine Maria, dell’amore per la Chie-sa». Andrea Riccardi, sul «Corrieredella Sera» (24/3), descrive mons. Ro-mero come equidistante dal potere mi-litare e dalla guerriglia, impegnato arespingere «le semplificazioni lace-ranti per cui o si stava dalla parte del-l’ordine o del popolo», e ciò in lineacon quanto mons. Vincenzo Paglia,postulatore della cau sa di beatifica-zione dell’arcivescovo, scriveva dueanni fa sull’«Osservatore Romano»(che in occasione del XXX anniver-sario ha invece preferito tacere): che,cioè, l’arcivescovo era «avverso sia al-la violenza espressa dal governo mi-litare sia a quella espressa dall’oppo-sizione guerrigliera», tentava «di por-re rimedio alla violenza condannan-dola da qualunque parte venisse» e«non mutò mai parere» sul fatto «cheil comunismo fosse da condannare».

Parola di Romero Ma sono le stesse parole pronunciateda Romero a contraddire tali descri-zioni. L’arcivescovo, per esempio, an-ziché limitarsi alla generica condannadi ogni violenza, ne distingueva la pro-venienza in maniera netta (per esem-pio nella Lettera pastorale sulle orga-nizzazioni popolari del 1978), indi-cando come radice fondamentale diogni altra violenza quella che chia-

mava violenza istitu zionalizzata: unastruttura sociale talmente iniqua da ne-gare alle grandi maggioranze i dirittipiù elementari, ritenendo che solo inrisposta ad essa si sviluppasse la vio-lenza reattiva delle organizzazioni, perquanto «pensata erroneamente comeultimo e unico modo efficace di cam-biare la situazione sociale». Ma Ro-mero, richiamandosi al concetto diviolenza legittima presente nella Po-pulorum progressio di Paolo VI, sot-tolineava anche che, finché si fosseromantenute «le cause dell’attuale mi-seria e l’intransigenza delle minoran-ze più potenti», la situazione nonavrebbe fatto che peggiorare, renden-do «meno ipoteti co e più reale il casoin cui il ricorso alla forza, come legit-tima difesa», avrebbe potuto «esseregiustificato». Allo stesso modo, lungidall’assumere una comoda posizioneintermedia tra il progetto governativosostenuto dalle for ze armate e dagliStati Uniti e quello delle organizza-zioni popolari e politico-militari,mons. Romero, in maniera prima con-fusa, poi sempre più lucida e netta,denunciava le responsabilità dellaDemocrazia cristiana, che con la suapresenza nel governo muoveva «Pae-si come Venezuela e Stati Uniti ad ap-poggiare un’alternativa che si dice an-tioligarchica, ma che in verità è anti-popolare» (Omelia del 17/2/80), re-spingendo il tentativo governativo dimettere sullo stesso piano estrema de-stra ed estrema sinistra, «perchél’estrema sinistra non è tanto estrema,quando si legge il suo Pro grammadi Governo Rivoluzionario» (omeliadel 9 /3/80) e perché «la sinistra nonè in opposizione ai progetti che rea-lizza no il bene del popolo. Infatti le si-nistre, come vengono chiamate le or-ganizzazioni popolari, propugnanouna linea che converge nettamenteverso il bene del popolo» (Diario del9/3/80). Quanto al suo rapporto con il comu-nismo, nella sua lettera pastorale«Missione della Chiesa in mezzo allacrisi del Paese», Romero sostenevache non si potesse riservare al marxi-smo «un trattamento di semplice con-danna», potendo esso intendersi comeun sistema di analisi scientifica del-l’economia e della società, senza al-cun danno per i principi religiosi o co-me «una prassi politica di lotta per ilpotere», che invece avrebbe potuto«portare a conflitti di coscienza nel-l’utilizzazione di mezzi e modi nonsempre conformi a quello che pre-scrive ai cristiani la morale evangeli-ca». Senza neppure mancare di evi-

Va per le lunghe a Romala causa di mons. Romero

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14 opinioni No. 215

ADRIANA AMAVA LA CHIESANon so se la Chiesa, nelle sue istituzioni, renderà onore a Adriana Zarri. Non fos-s’altro che per il suo lunghissimo amore, che è durato quanto la sua vita. Un amo-re esigente e critico, per il quale ella si ostinava a pensare che non necessaria-mente la Chiesa dovesse essere così come era, che essa potesse avere miglioripapi e migliori vescovi, che potesse cambiare, rinnovarsi, per dispensare più lar-gamente parole di vita. E di una Chiesa capace di rimettersi in questione, di ria-prire tutti i canali di comunicazione col mondo, di tornare a narrare in modo nuo-vo il suo racconto di salvezza, Adriana Zarri era stata testimone durante il Con-cilio, e al Concilio è poi rimasta sempre fedele. Anche la scelta eremitica, maipensata come fuga dal mondo o isolamento aristocratico, la rendeva più forte nel-la sua libertà di fronte all’istituzione, come è proprio di tutta la tradizione mo-nastica. E anche nei momenti più critici la sua fedeltà non è venuta mai meno. Certo, parlava della Chiesa con piglio da teologa, e con quella autorità che po-che donne hanno saputo esercitare nella Chiesa, e che in ogni caso ben raramenteviene loro riconosciuto. Ma la sua teologia era meno interessata al «logos» cheall’amore, meno alla «verità» che alla misericordia; ed è per questo che, pur dalsuo eremo, la sua presenza straripava su giornali e televisioni per dire la parolanecessaria; e per questo è stata compagna di speranze e di lotte, non violente epacifiche, di molti di noi. Perciò oggi di sicuro c’è una Chiesa che le rende ono-re, che ne raccoglie la lezione, che ne custodisce la memoria, anche al di là del-la Chiesa visibile; è quella Chiesa che Adriana Zarri rintracciava nell’umanitàtutta intera, fatta di santi e di peccatori, di fedeli e di infedeli, di laici e di preti,di poveri e di viandanti, tutti insieme, senza separazione né discriminazione al-cuna. Certo, è un dolore che sia morta nella solitudine, e non solo in forza dellasua scelta monastica, ma per amicizie fattesi avare, e per quella disattenzione emiopia che non fa riconoscere i valori, là dove fermentano per tutti. Ma lei eracontenta di vivere, ed anche pronta a morire.Non so se è stato l’ultimo o uno degli ultimi suoi scritti, quello su «Rocca» del1. agosto scorso. Era un «controcorrente» che significativamente era intitolato«Stagioni». Raccontava le stagioni come le vedeva dalla sua cascina del Cana-vese, ma anche le stagioni della vita. E diceva che «l’alternarsi delle stagioni ècome i tempi della vita: l’acerbo verde dell’infanzia, la rossa accensione dell’etàmatura, lo stanco biondo dell’invecchiamento, il bianco fermo della morte. Mala morte dà origine alla vita. È la resurrezione». E dell’autunno diceva che in es-so «si raccolgono i frutti che il caldo agosto ha maturato» e che terminato l’in-verno «torna la primavera. Il sole sarà ancora caldo, il prato sarà ancora verde enoi ancora con tanta voglia di vivere». Adriana Zarri se ne è andata tra l’autunno della raccolta dei frutti e l’inverno chepreannuncia «ancora tanta voglia di vivere». È questa sua voglia e capacità divivere che ora vogliamo celebrare, non la definitività della morte a cui lei nega-va la vittoria. E non solo celebrare, ma raccogliere come lascito e come monito.

Raniero La Valle

denziare come «di fatto, alcune delledichiarazioni e azioni antimarxiste»dei cristiani si traducessero in «un ap-poggio al capitalismo, il quale con-cretamente è quello che configura lanostra società in un senso ingiusto eanticristiano».

La santità del popolodi Romero Ma al di là della necessità di contra-stare la manipolazione istituzionaledella figura di mons. Rornero, è il di-scorso stesso della sua canonizzazio-ne a porre qualche interrogativo. Aproposito della «conversione al po-polo» vissuta dall’arcivescovo, EnzoMazzi scrive: «Fu la sua salvezza,perché divenne un altro uomo: restòun contemplativo ma con gli occhi ela sensibilità della gente umile checontempla dal basso, laicalmente,cioè con le mani, con i piedi, col san-gue, con la colle ra, con la lotta, conla fede. Si può parlare di Romero sen-za partire da tutta questa gente, sen-za vederlo interno al grembo vitaledella massa povera della gente delSalvador, generato da lei? Certo chesi può, ma facendo torto alla sua se-conda na scita. Non ha vissuto peremergere ma per convergere, per da-re forza e voce e potere ai senza po-tere. Pur senza saldare definitiva-mente, neppure lui, il debito incol-mabile che ognuno di noi mantieneverso la coerenza. Non fare santo lui,fare santa tutta questa gente. Questopotrebbe essere l’obiettivo delle co-munità di base, delle organizzazionipopolari e della Teo logia della libe-razione. Liberarsi e liberare da tuttele mitizzazioni e santificazioni».

«Romero è già canonizzatodal popolo»«Che non canonizzino mai san Rome -ro d’America – ha scritto dom PedroCasaldaliga nel suo libro Il volo delquetzal – perché gli farebbero un’of-fesa. Egli è santo in un modo del tut-to particolare. È già stato canonizza-to dal popolo. Non occorre altro (…)nessuno deve canonizzare Romero,perché sarebbe come pensare che laprima canonizzazione non è servita»

Il numero 33-2010 di ADISTA (dal quale to-gliamo questo testo di Claudia Fanti), pub-blica anche un articolo critico di Celso Al-caina, già funzionario della Congregazioneper la dottrina della fede, circa la procedu-ra vaticana delle beatificazioni (in partico-lare sulla richiesta di un «miracolo»). La ri-vista «Il Margine», n. 2-2010 è invece delparere che «le beatificazioni di BenedettoXVI» rispondono alla politica di ‘emenda-re’ il Vaticano II.

In occasione dell’anno sacerdotale il Giornale delPopolo, con una felice intuizione, ha chiesto ailettori di inviare liberamente uno scritto-testimo-nianza al riguardo di un prete, defunto o ancoravivente, di cui conservano, per i motivi più sva-riati, un ricordo speciale.I testi pervenuti – e regolarmente pubblicati – so-no stati molti: ricchi di affetto e di riconoscenza.Un omaggio in fondo ai nostri preti, che nellamaggior parte dei casi vivono o hanno vissuto laloro missione con sacrificio e dedizione, il piùdelle volte nel silenzio e con grande discrezione.

il mio parroco...STORIE DI PRETI

RACCONTATE DAI LORO FEDELIa cura di Angelo Pagliarini

In occasione dell’anno sacerdotale il Giornale del Popolo,con una felice intuizione, ha chiesto ai lettori di inviareliberamente uno scritto-testimonianza al riguardo diun prete, defunto o ancora vivente, di cui conservano,per i motivi più svariati, un ricordo speciale.I testi pervenuti – e regolarmente pubblicati – sono statimolti: ricchi di affetto e di riconoscenza. Un omaggio infondo ai nostri preti, che nella maggior parte dei casivivono o hanno vissuto la loro missione con sacrificio ededizione, il più delle volte nel silenzio e con grandediscrezione. Del resto le missioni più vere e preziose sonoproprie quelle che non vogliono, né tanto meno chiedonoo pretendono casse di risonanza.Ho sempre letto queste testimonianze con gioia e concommozione, trovando luminosi esempi; pagine di unagrande storia scritta con il cuore nel grande libro della vita.E sono riconoscente alle tante persone che hanno volutodare queste testimonianze, ora raccolte, con altrettantafelice intuizione e con generoso impegno in questo libro,che diviene un lungo e interessante racconto, scritto datante mani e tanti cuori.

+ Pier Giacomo GrampaVescovo di Lugano il

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Il mio parroco... Storie di preti raccontate dai loro fedelia cura di Angelo Pagliarini - Edizioni GdP

Diffusione: Armando Dadò editore, Via Orelli 29, 6601 Locarno, Tel. 091 756 01 20,Fax 091 752 10 26, E-mail: [email protected], www.editore.ch

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Ne sanno di più.Atei e agnostici mo-strano conoscenze più approfondite,in materia di religione, dei credentidelle varie confessioni. Il dato risultada un sondaggio condotto negli StatiUniti dall’istituto di ricerche Pew Fo-rum on Religion and Public Life, chesi riferisce a un campione di 3.400persone. L’indagine si è basata su unquestionario di 32 domande riguar-danti il cristianesimo e le altre reli-gioni, i testi sacri e i loro contenuti eil ruolo pubblico della fede, rivolte acittadini di tutte le estrazioni sociali.La ricerca ha posto in rilievo che gliatei e gli agnostici dimostrano atten-zione per le questioni di fede. Hannoinfatti ottenuto in media risultati mi-gliori (20,9 risposte esatte sul totale),seguiti da ebrei e mormoni (rispetti-vamente con 20,5 e 20,3 risposte sultotale). Punteggi inferiori sono statiottenuti dagli evangelici bianchi(17,6), dai cattolici bianchi (16), daiprotestanti bianchi (15,8), dai prote-stanti neri (13,4), infine dai cattoliciispanici (11,6). La metà circa delle ri-sposte date dal campione degli inter-vistati è risultata errata, denotandouna conoscenza più o meno lacunosadegli elementi fondamentali della pro-pria e altrui fede. Per esempio: il 43per cento dei protestanti dichiara dinon sapere che Martin Lutero è statoil promotore della Riforma. Inoltre,più di 4 cattolici su 10 (il 45%) haavuto difficoltà nel rispondere in ma-niera corretta sul significato di «tran-sustanziazione». Dal quadro d’inda-gine e merge poi una scarsa, o addi-rittura totale ignoranza delle religio-ni altrui. Per esempio, meno dellametà del campione di intervistati(47%) ha saputo indicare il Dalai La-ma come un leader religioso buddi-sta, e soltanto il 27% è a conoscenzache gli indonesiani sono in maggio-ranza musulmani. (da EREnews, Ro-ma, ottobre-dicembre 2010)

Protestanti in Francia. Una grandeinchiesta è stata realizzata sul prote-stantesimo in Francia, promossa dalsettimanale «Réforme» e dal quoti-diano cattolico «La Croix» ed esegui-ta tramite contatti telefonici. I prote-stanti sono circa 1,7 milioni, dispersitra Francia e Territori d’Oltremare,cioè tra il 2,5 e il 2,8% della popola-zione, divisi all’incirca in luterani-ri-formati (56%), evangelici (23%), pen-tecostali (5%), carismatici (2%). La

minoranza protestante appare in buo-na salute: il 26% assiste settimanal-mente al culto, il 45% prega ogni gior-no, il 39% sono praticanti regolari. Mavi sono diversità notevoli: tra i lutera-ni-riformati la pratica settimanalescende all’8-9%, mentre evangelici epentecostali segnalano un 65%. I pro-testanti francesi sono in crescita (invent’anni sono passati dal 2,5 al 2,8%)per l’esplosione delle Chiese evange-liche, anche se i luterano-riformati re-stano ancora nettamente la maggio-ranza. I dati sono stati presentati alconvegno «I protestanti in Francia,una famiglia ricomposta. Analisi epunti di riferimento», svoltosi a Pari-gi dal 18 al 20 novembre 2010. Se-condo un sondaggio, mentre il 39%dei protestanti è «praticante regolare»(cioè frequenta il culto almeno unavolta al mese), i cattolici praticanti re-golari (cioè che vanno a messa alme-no una volta al mese) sono il 7%.

Cristiani in Israele. Secondo l’Uffi-cio centrale di statistica, i cristiani re-sidenti nello Stato d’Israele erano143.000 a fine 2010, cioè il 2% dellapopolazione. Nel 1970 erano il 2,9%.L’80% sono arabi, 28.000 sono con-giunti di ebrei immigrati dall’ex Unio-ne sovietica grazie alla «legge del ri-torno», valida anche per loro. La po-polazione complessiva di Israele(esclusi i lavoratori temporanei) è di7,6 milioni: il 75,5% sono ebrei, il20,3% arabi, il 4,2% «altri» (immi-grati non ebrei). Una famiglia ebreaha in media 2,2 figli, una musulmana3, una famiglia cristiana 2.

Diaconi in Austria. Il cardinale Chri-stoph Schönborn di Vienna ha cele-brato i quaranta anni dell’istituzionedei diaconi permanenti in Austria, de-finendoli «testimoni della fede per lanostra età». I primi diaconi furono isti-tuiti nel 1970 dal cardinale Franz Kö-nig, uno dei protagonisti del ConcilioVaticano II. Attualmente, i diaconipermanenti sono circa 700, dei qualil’85% volontari; il 15% svolge una at-tività pastorale retribuita. Le profes-sioni rappresentate sono 34: si va dal-l’impiegato di posta al giornalista, alpilota di linea.

Chiese e integrazione. In un conve-gno svoltosi lo scorso dicembre allaFacoltà teologica pentecostale adAversa è stata illustrata la funzione

delle Chiese, sorte specialmente dal-l’immigrazione, nel favorire la cre-scita di una società multiculturale eintegrativa. In una ricerca sulle realtàdelle Chiese evangeliche a Castel Vol-turno è stato dimostrato come le Chie-se possano essere luoghi di integra-zione e spazi di incontro, svolgendoanche un importante funzione di pro-mozione sociale. Nel territorio del co-mune casertano è attiva una quaranti-na di comunità evangeliche: una pre-senza spirituale e sociale di grande vi-talità. Secondo alcune stime, riferitedal prof. Paolo Naso dell’Università«la Sapienza» di Roma, quattrocen-tomila persone immigrate in Italia ap-partengono alle diverse Chiese prote-stanti del Sud del mondo (Africa set-tentrionale, America meridionale), ela sfida è valorizzare questi apporti peril cristianesimo e la società italiana.

Difendere i diritti umani. Il rappor-to 2010 dell’Osservatorio per la pro-tezione dei difensori dei Diritti uma-ni, presentato lo scorso 13 settembre,dedica un centinaio di pagine all’A -frica subsariana, dove sono numerosele uccisioni di difensori dei diritti uma-ni in Paesi come il Burundi, il Kenia,la Nigeria, i due Congo e la Somalia,e dove si registrano sempre nuovi in-terventi repressivi contro coloro chedenunciano irregolarità o violenze nel-le elezioni: così in Mauritania, Nige-ria, Repubblica democratica del Con-go, Kenya, Zimbabwe. Mentre sonoin aumento gli Stati che sottoscrivonole carte internazionali dei diritti uma-ni, i governi continuano a ostacolarel’attività di associazioni o di singoliche ne denunciano le violazioni, siacon interventi diretti di polizia, sia cre-ando difficoltà legali e amministrati-ve, sia con misure censorie. L’ultimocaso è stato perpetrato dalla Turchia,che è riuscita (grazie alla complicità ealla negligenza di altri Paesi, «cam-pioni» dei diritti umani) a privare l’as-sociazione CETIM di Ginevra (Cen-tre Europe-Tiers Monde, rue J.C.Amat 6) della possibilità per due an-ni di partecipare, come ONG accredi-tata, alle attività dell’ONU a Ginevra.Motivo: denunciando le violazionicommesse in Turchia, il CETIM neavrebbe pregiudicato… l’integrità ter-ritoriale! Sulla procedura, gravemen-te inficiata di illegalità, si è diffuso ilfascicolo CETIM n.38 dell’agosto2010.

Cina esemplare. La Repubblica ci-nese è sotto il tiro dei difensori dei di-ritti umani dopo l’attribuzione del Pre-

No. 215 cronaca 15

CRONACA INTERNAZIONALE

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mio Nobel per la pace all’oppositoreLiu Xiaobo, tuttora in prigione. Ma laCina può anche vantare una beneme-renza nella promozione dei diritti:assicura infatti cibo sufficiente adalmeno 1,3 miliardi di persone, cioèal 20% della popolazione mondiale.Quale altro Paese può vantare tale pri-mato?

Contro la pena di morte. L’Assem-blea generale delle Nazioni Unite harinnovato, nella seduta del 21 dicem-bre 2010, la risoluzione che istituisceuna moratoria dell’esecuzione dellecondanne a morte. I voti favorevoli so-no stati 109, contrari 41, 35 gli aste-nuti (7 delegazioni erano assenti). I vo-ti favorevoli sono dunque aumentati,specialmente tra gli Stati asiatici e afri-cani; sette Paesi arabi si sono astenu-ti.

Pluralismo inglese. Il presidente del-la Camera dei comuni ha proposto lacreazione di un gruppo di «cappella-ni» per il Parlamento inglese. Da tresecoli lo Speaker’s Chaplain è sem-

pre stato anglicano e apre ogni sedu-ta con una preghiera. Alla Camera bas-sa di Westminster, oltre ad anglicanie cristiani di varie confessioni, catto-lici compresi, siedono anche otto mu-sulmani. Per mettersi al riparo da fu-turi possibili… sviluppi, l’attuale cap-pellano propone una «cappellaniamulti-confessionale» che potrebbecomprendere anche musulmani, indù,buddisti, bahai, zoroastriani, ecc. Avràchiesto un parere ai «liberi pensato-ri»?

Non c’è fretta. Papa Benedetto XVIha nominato i primi 19 membri delnuovo Consiglio pontificio per la pro-mozione della nuova evangelizzazio-ne. Si tratta di nove cardinali, e poi ar-civescovi, vescovi e monsignori, ingrande maggioranza europei. Per ilpresidente, il vescovo Fisichella, ilConsiglio non dovrà occuparsi solodei Paesi di vecchia cristianità (e per-tanto ne sono membri un africano eun asiatico). In un’intervista al gior-nale «La Croix» ha detto di contaresui laici per «trovare nuove forme per

annunciare il Vangelo nel mondo dioggi» (anche se fin qui nessun laicone fa parte). Il Consiglio è stato an-nunciato a fine giugno 2010, in otto-bre è stato pubblicato il motu propriodi istituzione; nell’ottobre 2012 saràtenuto un Sinodo di vescovi sull’ar-gomento. Evidentemente, non c’èfretta.

Chiese vuote. Nella provincia cana-dese del Québec, il calo dei fedeli met-te in difficoltà le parrocchie nel man-tenere gli edifici religiosi, molti anchedi notevole pregio artistico. Il feno-meno riguarda anche le comunità re-ligiose che vedono svuotarsi i conventie gli edifici destinati a scuole od ope-re assistenziali. Il fatto preoccupa inparticolare i cultori di architettura e distoria e così vengono proposte riuti-lizzazioni più o meno felici. Anche lacattolica Francia è confrontata con lostesso problema di fronte alle sue45.000 chiese, in gran parte tuttaviadi proprietà dei comuni in base allalegge del 1905: in un secolo, 150 chie-se sono state sconsacrate.

16 cronaca No. 215

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����"������"� Negli anni del fascismo italiano più placido e trionfante,attorno al 1930, il prete e uomo politico siciliano donLuigi Sturzo, esiliato in Inghilterra a causa del suo tenaceantifascismo, entra in contatto con il Cantone Ticino.Un suo lungo soggiorno in terra elvetica risale all’estatedel 1933. Debutta, al tempo stesso, uno scambio episto-lare con un parroco della Val Verzasca, don GiuseppeDaldini, che diviene suo portavoce clandestino nellavicina Penisola. Nella seconda metà degli anni ’30,nella vita di Sturzo si apre l’opportunità nuova di colla-borare con l’allora quotidiano “Popolo e Libertà” e conil settimanale “Il Lavoro”, diretti da don Francesco Albertie don Luigi Del-Pietro, con i quali nasce una fraternaamicizia. Grazie a fonti storiche inedite, questo libro rac-conta, con sensibilità e passione, la storia del CantoneTicino che, attraverso i suoi giornali nonché i suoi preti,diede voce a don Sturzo, dichiarando battaglia al fasci-smo italiano.

Lorenzo Planzi, Luigi Sturzo e il Cantone TicinoPresentazione di Francis Python e prefazione di Fabrizio PanzeraFormato 18x25, 440 pagine con illustrazioni, rilegato in tela con sovraccoperrta, prezzo di vendita Fr. 30.–

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No. 215 osservatorio ecumenico 17

DAL SINODO DEI VESCOVIORIENTALI

«Le nostre Chiese rifiutano l’antisemitismo e l’antie -braismo. Le difficoltà dei rapporti dei popoli arabi conil popolo ebraico sono dovute piuttosto alla situazionepolitica conflittuale. Noi distinguiamo tra realtà religio-sa e realtà politica. I cristiani hanno la missione di esse-re artefici di riconciliazione e di pace, basate sulla giu-stizia per entrambe le parti. Vi sono delle iniziative pa-storali locali di dialogo con l’ebraismo, come ad esem-pio la preghiera in comune, principalmente a partire daisalmi, e la lettura e meditazione dei testi biblici. Questocrea buone disposizioni per invocare insieme la pace, lariconciliazione, il perdono reciproco e i buoni rapporti.Il problema sorge quando di alcuni versetti della Bibbiasi danno interpretazioni tendenziose, per giustificare ofavorire la violenza. La lettura dell’Antico Testamento el’approfondimento della tradizione dell’ebraismo aiuta-no a conoscere meglio la religione ebraica. Offrono unterreno comune a studi seri e contribuiscono a conosce-re meglio il Nuovo Testamento e le tradizioni orientali.Nella realtà attuale sono presenti altre forme di collabo-razione». (…)«Le ragioni per intrecciare rapporti tra cristiani e mu-sulmani sono molteplici. Tutti sono connazionali, con-dividono la stessa lingua e la stessa cultura, come purele gioie e le sofferenze. Inoltre i cristiani hanno la mis-sione di vivere come testimoni di Cristo nelle loro so-cietà. Fin dalla sua nascita, l’Islam ha trovato radici co-muni con il cristianesimo e l’ebraismo, come ha detto ilSanto Padre. Deve essere maggiormente valorizzata laletteratura arabo-cristiana. (…) L’Islam non è uniforme,esso presenta una diversità confessionale, culturale eideologica. Alcune difficoltà nei rapporti tra cristiani emusulmani derivano dal fatto che in generale i musul-mani non fanno distinzione fra religione e politica. De-riva da qui il disagio dei cristiani, per cui si sentono inuna situazione di non-cittadini, benché siano a casa lo-ro nel proprio Paese molto tempo prima dell’Islam. Ab-biamo bisogno di un riconoscimento che passi dalla tol-leranza alla giustizia e all’uguaglianza, basate sulla cit-tadinanza, la libertà religiosa e i diritti dell’uomo. Que-sta è la base e la garanzia per una buona coesistenza. Daquesto deriva che tutti, musulmani e cristiani, in quantocittadini, dobbiamo agire insieme per il bene comune.Inoltre, i cristiani sono anche motivati dalla loro mis-sione, che è contribuire a edificare una società più con-forme ai valori del Vangelo, soprattutto la giustizia, lapace e l’amore. In questo seguiremo l’esempio e le trac-ce delle generazioni di cristiani che hanno avuto un ruo-lo essenziale nella costruzione delle loro società. Moltisono stati dei pionieri della rinascita della cultura e del-la nazione araba. Anche oggi, nonostante l’esiguità delloro numero, il loro ruolo è riconosciuto e apprezzato,soprattutto nel campo dell’educazione, della cultura edella promozione sociale». Dalla «relatio ante disceptationem» del patriarca di Ales-sandria dei copti, all’Assemblea speciale per il MedioOriente del Sinodo dei vescovi, Roma, 10-24 ottobre 2010(da «Il Regno», n. 1088 del 1. novembre 2010).

CHIESE EUROPEECONTRO LA POVERTÀ

Un documento dal titolo «Non negare giustizia ai tuoi po-veri», è stato presentato lo scorso 30 settembre al Parla-mento europeo durante la conferenza «Nuove strade per lasolidarietà: un impegno comune per combattere la pover-tà e l’esclusione sociale», organizzata da Caritas Europa,dalla Commissione Chiesa e società della Conferenza del-le Chiese europee (KEK), dalla Commissione delle Con-ferenze episcopali della Comunità europea (COMECE) eda Eurodiaconia. Il testo contiene, tra l’altro, 14 racco-mandazioni indirizzate alle istituzioni dell’Unione Euro-pea (UE) e agli stati membri su aspetti considerati essen-ziali dalle quattro organizzazioni religiose per combatterela povertà nel continente. Con questo rapporto le Chiesehanno partecipato all’Anno europeo «contro la povertà el’esclusione sociale» e in particolare al dibattito per la de-finizione delle strategie sociali, economiche e ambientalidella Unione Europea per i prossimi dieci anni. Ciò che iquattro organismi chiedono alle istituzioni europee è «unforte impegno politico verso una società che si propongail benessere di ogni persona e permetta a ciascuno di vi-vere con dignità». I quattordici punti evidenziati dal do-cumento rappresentano il contributo delle Chiese al pro-getto dell’UE di sollevare dalla povertà e dall’esclusionesociale, entro il 2020, almeno 20 degli 87 milioni di per-sone a rischio povertà presenti nel nostro continente. Leraccomandazioni riguardano l’attuazione della «clausolasociale» del trattato di Lisbona; chiedono, tra l’altro, chei servizi sociali e sanitari siano accessibili a tutti, l’istitu-zione di un salario minimo, efficaci politiche abitative, l’usodi indicatori economici che sappiano misurare l’effettivoimpatto della povertà nelle società europee, l’attuazione dipolitiche a favore delle famiglie. Le quattro organizzazio-ni ecclesiastiche chiedono infine la destinazione del 10%del budget dell’UE (pari all’1% del PIL) alla lotta alla po-vertà. Il rapporto – in inglese sul sito www.ceceurope.org– è accompagnato da analisi specifiche che motivano le di-verse raccomandazioni.

COSTRUIRE UN FUTUROCOMUNE

Si è svolto a Ginevra, lo scorso novembre, un convegno diquattro giorni di dialogo interreligioso dal titolo: «Tra-sformare le comunità: cristiani e musulmani costruisconoun futuro comune». L’iniziativa è stata organizzata con-giuntamente dal Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC),dal consorzio «A Common World» e da istituzioni carita-tive e culturali del mondo islamico, come il «World Isla-mic Call» e il «Royal Aal al Bayt Institute». Sessanta-quattro capi spirituali, dignitari, studiosi e attivisti hannodiscusso su come promuovere concretamente la convivenzacivile fra le diverse comunità religiose e costruire così unpercorso comune nella giustizia, nel rispetto reciproco edando corpo a un’idea condivisa di cittadinanza. Tre le areetematiche principali: «Oltre la maggioranza e la minoran-za», «Dal conflitto a una giustizia compassionevole» e«L’educazione per la comprensione e la condivisione del-la cittadinanza». Per il primo argomento, l’impegno as-sunto consiste nel «contrastare le discriminazioni, gli abu-si di legge e le indebite restrizioni legali in materie con-nesse all’identità religiosa», «annullare gli effetti delle in-giustizie storiche e degli stereotipi che continuano a gravarenei confronti delle diverse comunità religiose» e «non con-

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sentire alle autorità religiose e spirituali di giustificare di-scriminazioni ed esclusioni di sorta». Ai giornalisti è sta-ta consegnata una «Dichiarazione di condanna dell’attac-co criminale nei confronti della chiesa ‘Nostra Signora’ diNajat, a Baghdad» del 31 ottobre. «Condanniamo que-st’atto inumano, che va contro tutti gl’insegnamenti reli-giosi e la cultura mediorientale, che ha permesso alle gen-ti di coesistere pacificamente per diversi secoli». Rispettoal secondo punto, i delegati riconoscono il «dovere di svin-colare la religione [dai conflitti] e di mobilitarla in favoredella [loro] risoluzione e di una giustizia compassionevo-le». Quanto al terzo punto, è stata individuata la necessi-tà di elaborare progetti educativi per le giovani genera-zioni, volti a promuovere la conoscenza e la comprensio-ne reciproche e per diffondere le esperienze di vita comu-ne e pacifiche in società pluraliste. A tale scopo, si auspicauna maggiore attenzione alla «religione dell’altro» nei pro-grammi scolastici di diverso ordine e grado. La consultadi Ginevra è destinata a non restare un episodio isolato:secondo i partecipanti, la volontà di rinnovare tale espe-rienza è a sua volta condivisa. (da «Voce evangelica», di-cembre 2010)

CENTENARIO DI FEDEE COSTITUZIONE

Il 1910 non è solo l’anno di nascita del movimento ecu-menico, con la Conferenza missionaria mondiale di Edim-burgo, ma anche l’anno di nascita di «Fede e Costituzio-ne», una delle due «anime» del movimento ecumenico. Lacommissione fu costituita nella convinzione che, siccomele ragioni fondamentali della divisone tra le Chiese sonodi natura teologica, non è possibile giungere all’unità cri-stiana, se non si superano le divergenze profonde che esi-stono nelle questioni di «fede» e di «costituzione» (in in-glese: Order, cioè: «ordinamento»), relative alla struttura,all’organizzazione e alla disciplina della Chiesa. È veroche un’azione comune, ad esempio per la pace, la giusti-zia e la salvaguardia del creato, può unire dei cristiani cheappartengono a Chiese tra loro divise, e questo sta già ac-cadendo, ma questa azione comune, estremamente impor-tante e quindi senz’altro da promuovere e incoraggiare inogni modo, non può (né vuole) cancellare le divergenze diordine dottrinale che tuttora dividono le Chiese e che im-pediscono però la piena comunione, cioè l’unità cristiana.Il lavoro di «Fede e Costituzione» è dunque indispensabi-le e insostituibile. L’idea di dar vita a questo organismovenne nel 1910 a un vescovo episcopaliano di nome Char-les Brent, che, di ritorno dalla Conferenza missionaria diEdimburgo, parlò della necessità dell’unità alla assembleagenerale della sua Chiesa, e manifestò la sua convinzioneche fosse necessario convocare una conferenza mondialesu ‘Fede e Costituzione’. Fu subito creata una commis-sione ad hoc che cominciò a lavorare e in seguito, nel 1920,fu allargata ad altre Chiese, e preparò la prima assembleamondiale del movimento, che ebbe luogo a Losanna nel1927. Vi presero parte oltre 400 rappresentanti di ben 127Chiese: ortodosse, anglicane, protestanti e libere. Dopocent’anni, «Fede e Costituzione» è una Commissione delConsiglio ecumenico delle Chiese (CEC), composta di 120membri che appartengono, si può dire, a tutte le Chiesecristiane, anche a quelle che non sono membri del CEC:Dal 1968 vi partecipano 12 rappresentanti della Chiesa cat-tolica romana. Questo organismo, che può quindi esserelegittimamente considerato «la tribuna teologica cristianapiù rappresentativa del mondo», secondo gli statuti ha per

scopo di «proclamare l’unicità della Chiesa di Gesù Cri-sto e di spingere le Chiese verso l’unità visibile di un’uni-ca fede e un’unica comunione eucaristica, espressa nel cul-to e nella vita comune in Cristo, in modo che il mondo cre-da». Due i modi per raggiungere l’obiettivo: affrontare in-sieme le divergenze dottrinali che dividono le Chiese (adesempio la successione apostolica, il ministero, il papato,il culto mariano, e tante altre) e cercare, attraverso il dia-logo, punti di incontro o di convergenza che consentano ditrasformare in differenze compatibili con l’unità le diver-genze che attualmente impediscono la comunione. Unitàinfatti non vuol dire uniformità. Non c’è bisogno di esse-re uguali per essere uniti. L’unità cristiana non può essereche un’unità plurale. La diversità è costitutiva dell’unità ebisogna amare l’unità amando la diversità, e amare la di-versità amando l’unità. Chi non ama la diversità non amaneppure l’unità. Purtroppo in passato la diversità non èstata amata, anzi spesso venne scomunicata. «Fede e Co-stituzione» vuole aiutare le Chiese a transitare dalla di-versità scomunicata alla diversità riconciliata. Il secondomodo con cui «Fede e Costituzione» persegue il suo ob-biettivo è elaborare una visione comune dell’unità dellaChiesa, da costruire e manifestare insieme nel quadro delmovimento ecumenico. La visione dell’unità cristiana og-gi più largamente condivisa è quella della «comunione con-ciliare», cioè di Chiese diverse ma tra loro riconciliate, cheaffermano ed esprimono la loro unità in una struttura con-ciliare o sinodale, come avveniva nella Chiesa antica. «Fe-de e Costituzione» lavora infine per creare le condizioniche rendano possibile la convocazione di un «concilio cri-stiano veramente universale». Ho avuto il privilegio di es-sere membro di «Fede e Costituzione» per una quindicinad’anni. È stata un’esperienza indimenticabile, di inesti-mabile valore, un’impagabile palestra di ecumenismo vis-suto, e non solo teorizzato. Lì ho potuto ammirare la stra-ordinaria varietà dei doni e delle operazioni dello SpiritoSanto. Lì ho per così dire toccato con mano la grande di-versità e al tempo stesso la profonda unità, pur attraversoforti tensioni, della comunità cristiana mondiale. Lì ho im-parato a conoscere e ad amare tanto l’unità quanto la di-versità cristiana. Lì ho capito, o almeno intuito, che cosasignifica «cattolicità», cioè universalità. Lì ho avvertitol’importanza decisiva (ma anche relativa) dei diversi con-testi in cui il messaggio evangelico si è, come si dice, «in-culturato». Lì ho potuto più volte constatare la sorpren-dente giovinezza della religione cristiana. (Paolo Ricca,teologo valdese, da NEV, Notizie evangeliche, via Firenze38, 00184 Roma, ottobre 2010)

ACCORDO STORICOSUL BATTESIMO

I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno approvato il 16novembre, con 201 voti contro 11, un accordo per il rico-noscimento reciproco del battesimo con la Conferenza epi-scopaliana (anglicani) degli Stati Uniti, la Chiesa cristia-na riformata in America del Nord, la Chiesa presbiteriana(Usa), la Chiesa riformata in America e la Chiesa unita diCristo. L’accordo è il risultato di un lavoro di sei anni svol-to da un gruppo di specialisti del dialogo cattolici-rifor-mati. Il documento è senza precedenti per la Chiesa catto-lica degli Stati Uniti: d’ora in poi, secondo l’arcivescovoGregory, presidente per l’ecumenismo, l’accordo «permetteai ministri cattolici di considerare i battesimi celebrati nel-le comunità cristiane riformate come dei veri battesimi,secondo la dottrina e la legge cattolica».

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Fede e secolarismonel pensiero del Papa

Sarebbe ingiusto e sbrigativo liquida-re l’ultimo libro di Benedetto XVI die-tro la shakespiriana formula: «moltorumore per nulla». Ma è anche veroche dopo i sussulti giornalistici all’in-domani delle prime indiscrezioni (inparticolare sulle presunte aperture pa-pali all’uso del preservativo), ciò cheresta a lettura ultimata del saggio è unsenso di incompletezza, l’impressio-ne che molti scenari, che avrebberopotuto aprirsi, alla fine sono rimasti lìin sospeso, lasciandoci nel dubbio chedi nuovo, sul fronte delle posizioni edelle idee papali, sia uscito ben poco.

Il testo scorre via facilmente. Meritodi Peter Seewald, già redattore di «DerSpiegel», di «Stern» e della «Süd-deutsche Zeitung». Consistito nel-l’impresa di strappare la prima inter-vista personale e diretta mai concessada un pontefice. Ma anche del Papache, come si legge nell’introduzionedel volume, «non ha modificato la pa-rola pronunciata», ma avrebbe solo«apportato alcune piccole correzioni».A tutto vantaggio della spontaneità deldiscorso. Va detto però che l’intervi-statore non si pone in posizione «neu-trale» rispetto all’intervistato, sta sem-pre «dalla sua parte», con esiti a vol-te grotteschi. Come quando, parlandodel caso Williamson (il vescovo le-febvriano con simpatie negazioniste),Seewald evoca nella domanda una sor-ta di vergognoso complotto dei mediacontro il Papa e Ratzinger, risponden-dogli, riconosce invece gli errori di co-municazione del Vaticano in quel ca-so specifico.

È chiaro, del resto, che il testo è natodall’intenzione di riaffermare l’im-portanza e la bontà della Chiesa cat-tolica dopo lo scandalo della pedofi-lia del clero. Suddiviso in tre parti –una dedicata al presente (pedofilia erelativismo), una al recente passato(ecumenismo, viaggi papali, questio-ne lefebvriana) e una al futuro (doveva il cattolicesimo) – il volume offreuna rilettura del significato della Chie-sa cattolica in un momento storico cheper essa è a dir poco delicato.

Fatta la tara sull’intervistatore, spes-so più papista del Papa, l’interessedel volume risiede soprattutto nella

possibilità di capire in che modo Be-nedetto XVI percepisca il proprioruolo. Il Papa si vede, anzitutto, co-me custode del tesoro della Chiesa.Un tesoro antico che il vecchio pro-fessore tedesco tutela con orgoglio.E con un pizzico di compiacimentonel «resistere» alle tendenze domi-nanti, al mondo. A volte anche conuna certa rigidità: ravvisabile, adesempio, nel suo esplicito rifiuto del-la creatività liturgica. Da una parte,in Ratzinger emerge la nostalgia peril defunto regime di cristianità. Dal-l’altra, l’orgoglio cattolico generatoproprio dal fatto di essere «rimasti inpochi», di essere divenuti minoran-za.

Non sfugge al lettore, tuttavia, il de-siderio papale di «plasmare» in unqualche modo la società. A volte Rat-zinger depone gli strumenti della ri-flessione pensosa e diventa quasi poe-tico. Come quando tesse l’elogio del«Piccolo principe» e dice che il «ve-ro è semplice, e il semplice è vero».Appare poi strenuo difensore della ra-zionalità e nello stesso tempo suo ir-riducibile critico, quando parla di «ar-roganza» dell’intelletto. Sono i suoitemi classici, del resto. Ratzinger eser-cita una critica serrata dei due valori-mito della modernità: progresso e li-bertà, che riconosce come positivi, mache nella sua visione non vanno asso-lutizzati. Manca, a suo modo di vede-re, un criterio regolatore di questi va-lori e il risultato, necessariamente, èla «dittatura del relativismo» e l’espul-sione dell’«ipotesi Dio». «Il poteredell’uomo – dice – è cresciuto in mo-do abnorme. Quello che non è cre-sciuto di pari passo è il suo potenzia-le etico».

Se è vero che il Papa non risparmiabordate alla modernità secolarizzata,è altrettanto vero che la sua vis pole-mica si abbatte pure, sia pure con ledovute maniere, anche sulla Chiesacattolica, la quale, nella sua visione,ha urgente bisogno di purificazione.Anzi, di «mortificazione» a tutti i li-velli: nel clero, nella teologia, nellaliturgia... Si coglie, qui, qualche trat-to di una psicologia tendente al pessi-mismo, forse un lascito degli inse-gnamenti di Agostino. I problemi del-la Chiesa, tuttavia, vengono spessofatti risalire all’influenza negativa del-la secolarizzazione. Il Papa, ad esem-

pio, non nasconde di essere stato mar-cato negativamente dalla stagione delSessantotto, alla quale attribuisce nu-merosi mali, anche interni alla Chie-sa. Come la predilezione per la «mi-sericordia» sulla «punizione», che tan-ti danni avrebbe fatto, sostiene, anchenello scandalo della pedofilia, indu-cendo i vescovi ad insabbiare i casi deipreti colpevoli. Per il Papa, la crisi in-terna degli abusi del clero è quindi laspia di un’altra crisi, ad essa esterna.Come se gli atti vergognosi degli ec-clesiastici sui minori siano una provache il male è riuscito ad infrangere ilsanto involucro della Chiesa.

Lo scenario dei nostri tempi, così co-me è tratteggiato da Ratzinger, è per-ciò quello – quasi apocalittico – delloscontro tra due mondi spirituali con-trapposti e in battaglia tra di loro: quel-lo della fede e quello del secolarismo.In questo contesto si situa l’autocom-prensione di Ratzinger del suo ruolonella Chiesa: «penso che Dio, sce-gliendo come Papa un professore, ab-bia voluto mettere in risalto proprioquesto elemento della riflessività edella lotta per l’unità tra fede e ragio-ne».

E le «novità» del libro? È indiscutibi-le che qualcosa di inaudito, nel sensoetimologico del termine, sia filtratodalle parole del Papa. Ci sono state no-vità, diciamo così, giornalistiche: ab-biamo appreso che il Papa si dimette-rebbe se fosse colpito da una malattiadegenerativa; che la vera ragione del-la levata della scomunica dei lefeb-vriani consisteva in un atto automati-co del diritto canonico e in nient’al-tro, e che esistono retroscena fin quiignorati della beatificazione di PioXII. C’è poi stata la «rivelazione» sul-la possibilità di usare il profilattico percontenere la diffusione dell’AIDS, manon per la regolazione delle nascite. Èuna novità, non una svolta. Sul frontedella morale famigliare e sessuale ilPapa ha tuttavia dischiuso scenari po-tenzialmente inediti. È chiarissimo,per dire, il desiderio di andare più afondo nella riflessione sulla questio-ne dei divorziati risposati e sul mododi formulare la morale sessuale. Ci sa-ranno novità di forma o di contenuto?Chissà? Sarebbe toccato all’intervi-statore sviscerare la questione. Pur-troppo non l’ha fatto.

Carlo SiliniBenedetto XVI, Luce del mondo. Il Papa, laChiesa e i segni dei tempi. Una conversa-zione con Peter Seewald, Libreria editrice va-ticana, 2010, pp. 284).

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BIBLIOTECA

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4 girls 4 sun. Le tre cresimande Seli-na, Nina e Natasha, aiutate dalla lorocompagna di classe musulmana Mi-rela, hanno scelto un progetto ambi-zioso per solennizzare il sacramentodella Confermazione. Hanno realiz-zato un impianto solare per il tetto del-la casa parrocchiale del loro comune,Koppingen. Oltre a trovare chi loavrebbe finanziato, lo hanno costrui-to loro stesse. L’aiuto finale è arriva-to dai pompieri che hanno messo a lo-ro disposizione una scala meccanicaper istallarlo sul tetto, molto ripido.In segno di riconoscenza, il parroco erappresentanti dell’Associazione perl’energia solare hanno piantato un al-bero di prugne nel giardino della ca-sa parrocchiale.

Nettezza urbana. Fanno un lavoro daformiche in sella a biciclette elettrichee raccolgono ogni giorno numerosetonnellate di rifiuti. «Cyclotri» èun’iniziativa pensata nel 2001 dal co-mune di Carouge, che l’ha affidata al-l’associazione «Partage», curatasi asua volta di coordinare dieci personeil cui diritto all’assicurazione disoc-cupazione stava per scadere. Le bici-clette, silenziose e agili, si sono di-mostrate più adatte degli autocarri nel-lo sgomberare le anguste vie del vec-chio comune ginevrino dai rifiutiurbani. Malgrado ora il servizio siagiornaliero, i disturbi alla popolazio-ne (rumore, gas di scarico, traffico) so-no molto diminuiti.

Città di fontane. La città di Ginevrasta riconvertendo tutte le sue fontanemonumentali per farle funzionare acircuito chiuso; quaranta lo sono già.Una fontana di questo tipo può versa-re nelle vasche fino a 40 litri al minu-to, ossia 21 milioni di litri all’anno.Tutta acqua potabile sprecata… e checosta. Nella fattispecie sono 40.000franchi all’anno. La riconversione acircuito chiuso permette di rispar-miarne 35’000. In grandi linee si trat-ta della costruzione di una vasca diraccolta di un migliaio di litri in cuidefluisce il troppo pieno della fonta-na e dell’istallazione di una pompa chealimenta le varie bocche e rubinetti.Pur richiedendo un investimento di80.000 franchi e costi annuali sul mi-gliaio di franchi, l’investimento è «pa-gato» dopo due anni appena. L’unicoinconveniente è che l’acqua, pur es-

sendo filtrata e purificata con il cloro,non è più potabile; il che comportal’attivazione di fontanelle atte a dis-setare umani e quadrupedi.

I care.Una maggioranza di giovani sidice preoccupata per i problemi pla-netari come la fame nel mondo, i mu-tamenti climatici o la povertà. Settegiovani su dieci vorrebbero che lascuola trasmettesse loro insegnamen-ti su queste sfide e l’84% di loro sa-rebbero disposti a impegnarsi duran-te il tempo libero se solo sapessero inche modo attivarsi. Inoltre, si augura-no una maggiore collaborazione tra gliambiti scolastici ed extra-scolastici. Èquanto rivela uno studio effettuato trail 25 e il 28 ottobre scorsi su un cam-pione di 508 giovani tra i 14 e i 18 an-ni che vivono in Svizzera. L’istituto«Isopublic» lo ha realizzato su man-dato della Coalizione delle ONG perl’educazione per le questioni di edu-cazione e formazione, creata nel 2002nel quadro del lancio della carta «Unaformazione per lo sviluppo sostenibi-le». La coalizione è formata da Al-liancesud, Consiglio svizzero delle at-tività per la gioventù, Pro Juventute,Pro Natura, WWF, Greenpeace e San-té publique Suisse e auspica che i te-mi dello sviluppo sostenibile siano in-tegrati in modo ben visibile nelle di-scipline scolastiche. Nella Svizzera ro-manda la strategia d’insegnamento ègia iscritta nei piani di studio, ma oc-corre vegliare a che sia messa in pra-tica. Nella Svizzera tedesca il dibatti-to è acceso in quanto si sta elaboran-do il «Lehrplan 21». In Ticino il«Grussti» (gruppo interdipartimenta-le per lo sviluppo sostenibile) sta cer-cando con pragmatismo di introdurrel’argomento a livello di scuola media.

Mangiare sano. La piramide alimen-tare è quello schema che illustra sem-plicemente come ci si dovrebbe nutri-re per vivere in piena salute. La baseè formata dall’assunzione abbondan-te di verdura e frutta, l’apice da quel-la controllata di grassi (soprattutto sed’origine animale) e zuccheri. Ognu-no è poi liberto di scegliere come ali-mentarsi. Con due premesse: che que-ste nozioni devono essere acquisite eche i mezzi per metterle in pratica cisiano. Caritas Svizzera, lanciando ilprogetto «Sano e non caro», fa notareche per alcune fasce della popolazio-

ne non funziona. Le più a rischio so-no persone povere anziane. Da unaparte, non hanno i soldi per comprarefrutta e verdura che sono, notoria-mente, care: dall’altra, raramente so-no state oggetto di campagne di sen-sibilizzazione, che toccano soprattut-to la popolazione scolastica. E così illoro cestino della spesa si riempie for-zatamente con alimenti a basso prez-zo, ricchi di grassi e zuccheri. Nei suoi19 negozi di alimentari in Svizzera,Caritas promuove, con l’informazio-ne e offrendo prezzi accessibili, il con-sumo di alimenti più sani. Le personeche vi fanno capo, e previa presenta-zione di una carta acquisti, possonofare il pieno di salute a prezzi vantag-giosi. Una parte di questi negozi si ri-fornisce con stock di merce che lagrande distribuzione non ritiene più diriuscire a smerciare, comunque anco-ra ineccepibile dal punto di vista ali-mentare. Per la frutta e la verdura sicalcola che ogni anno se ne potrebbe-ro recuperare in Svizzera mille ton-nellate.

Compensazioni per una coscienzapulita.A qualcuno sarà capitato di no-tare una nuova dicitura su alcuni pro-dotti, o nella descrizione dell’attivitàdi certe imprese: «neutrale in carbo-nio». È una «neutralità» dipendentedal fatto d’aver compensato le emis-sioni di gas a effetto serra risultate dal-la produzione di un prodotto o dal-l’attività complessiva di un’impresa.Una «neutralità» di solito puramenteteorica, in quanto realizzata acqui-stando certificati di compensazione aditte terze. Queste si impegnano a met-tere in pratica progetti che evitanol’emissione di gas a effetto serra inpaesi del Sud: impianti per lo sfrutta-mento di risorse energetiche rinnova-bili, riforestazioni, misure per au-mentare l’efficienza energetica. Inter-nazionalmente è stato stabilito un co-sto per ogni tonnellata di CO2 (o gasequivalente) emesso. Secondo questoprincipio, chi decide di compensare unvolo in aereo (la compensazione è an-che un affare personale) pagherà a unaditta specializzata (per es. «Myclima-te» svizzera) un importo pari al 2% delprezzo del biglietto. Ma la vera neu-tralità sarebbe non volare, usare un al-tro mezzo di trasporto o non effettua-re la trasferta. Una neutralità più «ve-ra» per le imprese consisterebbe nelcompensare in Svizzera le emissioni:convertendosi subito all’utilizzo dienergie rinnovabili e realizzando su-bito l’efficienza energetica.

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NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILEa cura di Daria Lepori

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Largo ai giovani. Il lucernese FelixGmür, nuovo vescovo di Basilea, ha44 anni; il bernese Gottfried Locher,nuovo presidente della Federazionedelle Chiese evangeliche svizzere, hapure 44 anni, e ne ha 43 il basileseChristian Meyer recentemente eletto59.mo abate del monastero benedetti-no di Engelberg. Una ventata di ariafresca nella Chiesa svizzera? Qualemotto, il nuovo vescovo Gmür ha scel-to: «Intelligentes quae sit voluntasDomini» (Comprendete qual è la vo-lontà di Dio), e nel suo primo mes-saggio ha commentato: «Il fatto chePaolo parla al plurale è importante.Non siamo Chiesa da soli, cristiani ovescovo, ma sempre assieme».

Presidenza anglicana.A sostituire ilvescovo di Coira, mons. Vitus Huon-der, alla presidenza della Comunità dilavoro delle Chiese cristiane in Sviz-zera, da quest’anno e per due anni sa-rà Adele Kelham, pastora anglicana aLosanna, nata in Inghilterra, che pri-ma della teologia aveva studiato fisi-ca. Per la nuova presidente dellaCTECH, fisica e teologia sono unacoppia armoniosa: «L’una si interes-sa del creato, l’altra del creatore».

Propaganda cappuccina. I cappuc-cini svizzeri hanno scelto di fare pub-blicità, con annunci sui giornali dellaSvizzera tedesca, alla ricerca di nuo-vi frati, e con buon successo, essen-dosi annunciati 35 postulanti. Si trat-ta in gran parte di cattolici quaranten-ni, dalle più diverse professioni: teo-logi, un giurista, commercianti eartigiani. Sono previsti colloqui e pe-riodi di prova: alcuni si sono dimo-strati molto interessati e motivati, macon scarse conoscenze religiose. Lacampagna continua.

Ortodossi troppo discreti. Gli ap-partenenti alla confessione ortodossain Svizzera sono raddoppiati, negli ul-timi vent’anni: ora sono150 mila, rag-gruppati in una quarantina di parroc-chie. Tuttavia non rappresentano unaChiesa unitaria, essendo collegati al-le Chiese d’origine di tipo nazionale.La presenza ortodossa in Svizzera èpiù che centenaria, cresciuta ad onda-te successive, dapprima in seguito al-la rivoluzione russa, poi negli anni1970-80 per ragioni economiche e in-fine per la guerra civile in Jugoslavia

(da cui proviene il 60% degli ortodossirecensiti nel 2000). Secondo una re-cente indagine, gli ortodossi (che rap-presentano il quarto gruppo religiosoper numero) sono in genere bene in-tegrati, tuttavia devono superare il lo-ro pluralismo etnico: dal 2006 esistel’AGOK (Arbeitsgemeinschaft Orto-doxer Kirchen) che rappresenta un pri-mo tentativo di coordinamento.

Pregare con il Cile.La Giornata mon-diale di preghiera avrà luogo venerdì4 marzo, coi testi preparati dalle don-ne cilene sul tema «Quanti pani ave-te?», che richiama il dovere della«condivisione» non solo per il pane.La colletta di solidarietà sarà destina-ta alla formazione, sia all’istruzioneelementare, sia a quella professionalee universitaria, delle donne in Africa,Asia, Sud America. Il Segretariatosvizzero è a Winterthur, Zürcherstras-se 200, dove si può ordinare il mate-riale per la liturgia.

Chiese in difficoltà. In occasione delsinodo autunnale, svoltosi a Muraltoil 13 novembre, i delegati delle tre Co-munità regionali (Locarnese, Bellin-zonese, Sottoceneri) sono stati infor-mati dal Consiglio sinodale delle dif-ficoltà finanziarie della Chiesa evan-gelica cantonale. Oltre ai previstirisparmi, si fa appello alle comunitàregionali, che tuttavia sono impeditedi fatto a riscuotere l’imposta di cul-to, pur prevista dalla legge del 1992,per la difficoltà di reperire i dati deglievangelici residenti in Ticino. (Sul te-ma del finanziamento cantonale dellecomunità religiose: «Dialoghi» n. 212e 215).A Neuchâtel, la Philip Morrisha deciso già per il 2010 di non piùversare contributi alle tre Chiese cri-stiane (in totale 1,5 milioni di franchi),mettendo in difficoltà finanziaria spe-cialmente la Chiesa riformata, che per-de fr. 900.000, il 10% del suo budget.A Neuchâtel non esiste una impostaecclesiastica obbligatoria: i contri-buenti ricevono un bollettino per ver-sare un contributo volontario, ma so-lo il 30% dei riformati e il 22% dei cat-tolici si ricordano del «precetto» dicontribuire ai bisogni della propria co-munità religiosa.

Protestanti in politica. Il numerodi gennaio di «Voce evangelica» pre-senta una cinquina di figli di pastori

che si sono dati alla politica: ChristophBlocher, Condoleza Rice, MoritzLeuenberger, Angela Merkel, GordonBrown. L’autore osserva come «il pro-testantesimo politico si situi su uncampo definito a destra dalla libertà ea sinistra dalla solidarietà»: tra i cin-que, alcuni sono molto a destra e altriun po’ a sinistra. E premette: «unanuova generazione di tali leader pro-testanti non sembra profilarsi nel fu-turo prossimo». Evviva!

Osare il nuovo. Il gesuita padre Pier-re Emonet, lasciando la direzione di«Choisir» per quella della provinciasvizzera della Compagnia di Gesù, hascritto un articolo di commiato (di-cembre 2010), in cui constata: «Difronte al mondo in cui gli immensiprogressi non riescono a colmare ildesiderio di senso e di spiritualità, idepositari della Buona Novella sitrovano spiazzati. Il loro linguaggioe le strutture istituite per trasmettereil messaggio di Cristo non sembranoaccettabili dalla cultura contempora-nea». Il giudizio è rafforzato da un ar-ticolo del nuovo direttore,Albert Lon-gchamp, che osserva: «Assistiamo al-la scomparsa del cristianesimo auto-ritario, volontarista e unico degnoriferimento di fede (…). Ci si puòchiedere se il cristianesimo ha ancoraun futuro in Occidente». Per Emonet,«Ciascuno osi la novità, perché è diquesto che si tratta»; per Longchamp,citando Gandhi, «Il cristianesimo èqualcosa di meraviglioso, ma non èmai stato sperimentato. E allora, spe-rimentiamolo!».

Matrimoni proibiti. Dal 1. gennaio,gli svizzeri celibi possono sposare unostraniero solo se questi ha un permes-so di soggiorno. La nuova disposizio-ne, inserita nel Codice civile lo scor-so maggio, vuole impedire i cosidetti«matrimoni bianchi», cioè combinatiper permettere allo straniero di resta-re in Svizzera. In Svizzera vengonocelebrati annualmente 42.000 matri-moni (2009) e 15.000 con uno dei con-traenti straniero. In Parlamento è sta-to affermato che un migliaio di essi sa-rebbero «di comodo». E così, per im-pedire una piccola minoranza (il 6%dei totale), si limita la libertà di scel-ta a tutti gli svizzeri. Per fortuna (!?),un matrimonio su due finisce in di-vorzio (19.000 nel 2009), e ci si puòsempre sposare all’estero.

Pluralismo religioso. Il Consiglio diStato del Cantone di Basilea-Città haproposto al Gran Consiglio di ricono-

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CRONACA SVIZZERAa cura di Alberto Lepori

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scere la Chiesa neoapostolica, in quan-to rispetta i requisiti fissati dalla co-stituzione cantonale. Fondata nel XIXsecolo, la Chiesa neoapostolica è pre-sente in Svizzera dal 1895 (a Zurigo,San Gallo, Basilea, Zofingen, Winter-thur, Sciaffusa e Berna) e registra unacrescita costante. Anche il gruppo de-gli aleviti (cinquemila nel Canton Ba-silea) desidera un riconoscimento, pernon essere assimilato semplicementecon i musulmani. Si tratta infatti di unacomunità, derivante dagli sciiti e spe-cialmente originari della Turchia, do-ve sono perseguitati. In Svizzera sa-rebbe circa 40.000; in alcuni Statinord-europei sono ufficialmente rico-nosciuti come gruppo religioso auto-nomo.

Contro gli operatori di pace. Il Con-siglio federale ha approvato una revi-sione dell’Ordinanza sul servizio ci-vile, con lo scopo di ottenere una ri-duzione dei richiedenti. Siccome du-rante il 2010 sono state presentatecirca settemila domande di ammis-sione al Servizio civile, l’autorità fe-derale ha deciso di ridurne l’attratti-va, limitando la libera scelta delle pos-sibilità d’impiego, imponendo cioèche deve essere compiuto entro tre an-ni dall’ammissione, riducendo i rim-borsi delle spese per le persone chenon ricevono prestazioni in natura da-gli istituti. Pure introdotto un collo-quio per accertare la volontà dei ri-chiedenti, che tuttavia non dovrebbecostituire il ritorno dell’esame di co-scienza, sostituito dalla «prova del-l’atto» (cioè la disponibilità a un ser-vizio più lungo). E se tutti i giovaniscegliessero il Servizio civile? Non cisarebbero più soldati, con meno spe-se e meno guerre.

Islam a scuola. Col nuovo anno sco-lastico 2010-2011, a Kreuzlingen(Turgovia) è iniziato l’insegnamentodi religione islamica nella scuola pub-blica. Il corso è destinato agli allievi diquarta di due classi elementari dellacittà e – come già avviene per quellocattolico e quello evangelico – è facol-tativo. L’ora di religione islamica èpromossa dalle due principali comuni-tà musulmane della città: quella alba-nese e quella turca, insieme alle auto-rità politiche, quelle scolastiche e alledue Chiese riconosciute dallo Stato:quella cattolica e quella riformata. Icittadini di Kreuzlingen, nel novembre2009, avevano votato contro la costru-zione di nuovi minareti, ma sanno chenon i divieti ma l’integrazione è unanecessità, in una città in cui il 23% dei

1900 studenti delle scuole dell’obbli-go sono musulmani, accanto al 24% dievangelici e il 32% di cattolici.

Religioni senza casa. Non è ancoraassicurato il finanziamento, previstoin venti milioni di franchi, per la «Ca-sa delle religioni» che dovrebbe sor-gere a Berna, su Piazza Europa. Finqui diversi donatori hanno contribui-to versando 6,5 milioni di franchi; al-tri 2,75 milioni sono stati promessi, ilGoverno bernese sollecita dal GranConsiglio un contributo di 2,5 milio-ni. Anche il Sinodo riformato ha de-ciso di contribuire con 60.000 franchie di finanziare lo «spazio cristiano»con un contributo di fr. 52.260. L’ini-zio dei lavori era previsto per la pri-mavera 2011, ma forse, in attesa di unacopertura completa della spesa, sarànecessario rinviarlo di qualche anno.

Consultazione della FCES. La Fede-razione delle Chiese evangeliche sviz-zere ha promosso tra le comunità loca-li una raccolta delle «confessioni di fe-de». L’ex presidente, pastore ThomasWipf, ha spiegato che «l’intento è in-coraggiare una riflessione sulla fedepersonale e comunitaria e sul modo incui esprimere entrambe». L’idea è na-ta anche dalla considerazione che, apartire dal XIX secolo, le Chiese rifor-mate svizzere si sono sentite libere ri-spetto alle «confessioni di fede» tradi-zionali, decidendo a livello locale qua-li scegliere e se pronunciarle durante leliturgie. Dalla consultazione, che siconcluderà nell’estate del 2011, e dal-la conseguente elaborazione teologicae statistica del dati ricevuti, si dovreb-be arrivare alla definizione di una rac-colta di «confessioni di fede» comunea tutte le Chiese riformate svizzere.

Aiuto al suicidio. Sotto il titolo «Po-ter vivere – poter morire» (Leben dür-fen - Sterben können), sul sito dellaFederazione delle Chiese evangelichesvizzere (Fces) vengono proposte die-ci brevi risposte a dieci domande re-lative al suicidio e spiegata la diffe-renza tra aiuto alla morte e aiuto al sui-cidio, così come il concetto di curapalliativa. I testi sono accompagnatida links che permettono un approfon-dimento, e spiegano perché non esistaun diritto legale all’aiuto al suicidio equale sia il problema morale in gioco.Il sito propone anche considerazionisul significato di autodeterminazionedella vita e della morte e indica comesia possibile gestire il desiderio di sui-cidarsi di una persona. La Fces ha pub-blicato inoltre un libro, a cura di Frank

Mathwig, dal titolo «Tra la vita e lamorte» (Zwischen Leben und Tod). Sitratta di una riflessione teologico-eti-ca sul dibattito relativo all’aiuto al sui-cidio in Svizzera (può essere ordina-to su www.sek.ch/onlineshop)

Economia e finanza. In uno studio in-titolato «Regole oneste per un’econo-mia equa», la Federazione delle Chie-se evangeliche svizzere (Fces) pre-senta il punto di vista protestante sul-la recente crisi finanziaria e sulle sueconseguenze negative. L’analisi dellecause e del contesto è accompagnatada proposte in vista di una stabilizza-zione del sistema economico interna-zionale mediante il rispetto di deter-minate regole etiche. Secondo il pun-to di vista protestante, un’etica del si-stema finanziario deve contribuire allacreazione di un’economia che tengaconto dell’essere umano e che sia alservizio della vita. La Fces suggeri-sce e auspica che la pratica economi-ca si conformi ad alcuni valori fonda-mentali: libertà e responsabilità, equi-tà, solidarietà e «opzione per i pove-ri», partecipazione, ordine giuridicointernazionale e rispetto per le esi-genze di sostenibilità. Per la Fecs, lastabilità del sistema finanziario è unbene a livello mondiale, e spetta alleautorità pubbliche garantirlo: è dun-que necessario sottoporre gli organi fi-nanziari e le banche a un controllo piùrigido e dare ai poteri politici la com-petenza di imporre misure e regola-menti.

Diritti umani. Il 23 dicembre 2010 èentrata in vigore la Convenzione in-ternazionale per la protezione dellepersone scomparse, che realizza un si-gnificativo progresso nella protezio-ne contro le sparizioni forzate, nel so-stegno delle vittime e dei loro con-giunti e nella lotta contro l’impunitàper gli autori. Un comitato sarè inca-ricato di vigilare sul rispetto della con-venzione. ACAT-CH (Associazionedei cristiani contro la tortura, sezionesvizzera) ha rivolto il 1. marzo 2010una petizione al Consiglio federale,sostenuta da venti altre organizzazio-ni e firmata da novemila persone, peruna ratifica della convenzione da par-te anche della Svizzera, che si ag-giungerebbe ai venti Stati già aderen-ti. Nel 2011,ACAT-CH (Speichergas-se 29, casella postale 5011, 3001 Ber-na) festeggia il trentesimo di attività ein particolare, come ogni anno, invitai cristiani a pregare per i torturati, inoccasione del Venerdì Santo (que-st’anno il 24 aprile).

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Cristiani perseguitatiTempi duri per i cristiani in varie par-ti del mondo: clamorosi attentati aisiro-cattolici in Iraq, strage di coptiin Egitto, assassinii di vescovi, sa-cerdoti, fedeli in Sudamerica, Asia,Africa, condanne ingiuste in Pakistan,eccetera. I cristiani sono il gruppo re-ligioso più perseguitato nel mondo.L’opinione pubblica, finalmente in-formata, si commuove, qualcunoscende in piazza, si muovono governie diplomazia. Papa Ratzinger non èpiù solo nella denuncia e nell’invo-care il rispetto della libertà religiosa.Al tema aveva dedicato un ampiodocumento in occasione della Gior-na ta mondiale della pace (1. gennaio2011), vi è ritornato con il discorso alCorpo diplomatico presso la SantaSede, il 1. gennaio, sollecitando mi-sure efficaci per proteggere le mino-ranze religiose.

La varietà delle violazioni, perlopiùprovocate da organizzazioni clande-stine o da fanatici isolati, anche se tal-volta con l’assenza compiacente de-gli organi statali, non permette di pre-vedere un rapido ritorno a situazionipacifiche; persino la repressione po-liziesca (che è sempre misura non ri-solutiva e spesso addirittura contro-producente) non è realizzabile in Sta-ti con strutture carenti; incidere sullecause del fanatismo richiede tempilunghi... Purtroppo la violenza con-tro i cristiani è anche manifestazionedi reazione e vendetta per «torti» che,pur non risalendo direttamente alleChiese, sono loro attribuiti semplici-sticamente perché assimilati all’Oc-cidente, considerati veicoli di una cul-tura avvertita come nemica, o giudi-cati sostenitori di governi locali chesfruttano la miseria o vi dimenticanole popolazioni. E di questi giudizi, dalpiù al meno, in effetti i cristiani occi-dentali e le loro autorità sono stati etalora sono ancora almeno corre-sponsabili, tollerando politiche disfruttamento e di violenza e non ma-nifestando chiaramente il loro dis-senso. La politica guerrafondaia de-gli Stati Uniti dell’amministrazioneBush, condannata da papa Wojtylaper l’Iraq ma approvata dai governiinglesi, italiani, polacchi (e quindidalle maggioranze «cristiane» che lisostengono), è certamente una dellecause ancora oggi all’origine delle«vendette» che vengono attuate con-

tro i cristiani nel Medio Oriente. L’in-terminabile conflitto ebraico-palesti-nese è un’altra delle «ferite», e anchequi le responsabilità occidentali, spe-cialmente statunitensi, non sono tra-scurabili.

Per rimediare a queste cause, remoteo attuali, le Chiese cristiane non pos-sono fare molto se non pronunciareparole di pentimento e di denuncia edimostrare solidarietà coi persegui-tati e comprensione e rispetto per le«ragioni» dei persecutori. Pure conquesti limiti, gli interventi recenti delPapa sono tuttavia significativi e me-ritano di essere presi in considerazio-ne dagli appartenenti alle Chiese cri-stiane e, più ampiamente, da tutti gliuomini «di buona volontà». Con i suoirichiami alla «libertà religiosa pertutte le minoranze», Papa Ratzingernon ha parlato solo a difesa dei cat-tolici, ma dei cristiani in generale edei fedeli di ogni religione, superan-do di fatto la prassi tradizionale del-la diplomazia vaticana, che garanti-va con i concordati la libertà e altridiritti unicamente ai cattolici. Il forterichiamo alla «libertà religiosa» pertutti, solennemente e finalmente rico-nosciuta con la dichiarazione conci-liare Dignitatis humanae del 7 dicem-bre 1965, mette fuori gioco i seguacidi Lefebvre e i loro sostenitori roma-ni, che considerano quella dichiara-zione una delle «eresie» maggiori delConcilio Vaticano II.

Nelle recenti denunce papali contro lalibertà religiosa sono state richiama-te anche situazioni relative agli Statidemocratici occidentali, nei quali sisono verificati episodi di intolleranzaverso manifestazioni o segni cristia-ni, a cominciare dalla ormai sorpas-sata denuncia per il mancato riferi-mento alle «radici cristiane» fino aipiù recenti pronunciamenti contro il«crocefisso» nei luoghi pubblici. An-che qui si tratta di rispettare la liber-tà religiosa, quando rivendica il di-ritto di educare liberamente i proprifigli e di non imporre agli apparte-nenti ad una minoranza, in modo di-retto o indiretto, la religione dellamaggioranza; mentre nell’uso dei se-gni religiosi va applicata l’altra fac-cia della medaglia della libertà reli-giosa, che è rappresentata dalla lai-cità dello Stato, tenuto a rispettarenella parità tutte le religioni social-mente presenti. Così la Svizzera è

grassamente mancante quando deci-de (con una maggioranza espressa ad-dirittura con una votazione popolare)di vietare a una religione di costruireliberamente i propri luoghi di culto, ealtrettanto manchevole è l’Italia checon decisione unanime del Parla-mento esige la libertà religiosa per icristiani d’Egitto ma da anni nega(per l’ostruzionismo della Lega) la ra-tifica di alcune cosiddette «Intese»,già sottoscritte dal Governo italianocon diverse comunità religiose pre-senti nella Penisola.

La soluzione dei nuovi casi di contra-sto, e persino di conflitto, per realiz-zare la libertà religiosa quando piùcomunità religiose sono presenti in unterritorio (la Svizzera dovrebbe avereuna collaudata esperienza in propo-sito) richiede certamente molta di-sponibilità al dialogo e alla tolleran-za, nonché soluzioni pragmatiche det-tate dal buon senso: esemplare una re-cente pubblicazione del Dipartimentodell’educazione del Canton Friburgo,un tempo cittadella del conservatori-smo cattolico. Torna anche opportu-no citare quanto nel capitolo della co-stituzione conciliareGaudium et spessulla Chiesa nel mondo contempora-neo, viene affermato sui rapporti trala comunità politica e la Chiesa: «Es-sa non pone la sua speranza nei pri-vilegi offertile dall’autorità civile. An-zi essa rinuncerà all’esercizio di cer-ti diritti legittimamente acquisiti, oveconstasse che il loro uso potesse fardubitare della sincerità della sua te-stimonianza o nuove circostanze esi-gessero altre disposizioni» (Enchiri-dion Vaticanum, 1976, EDB n.1583).

a.l.

Pastori cattolici uccisi.Nel 2010 han-no subito una morte violenta 23 preti,religiosi o collaboratori pastorali, tracui due vescovi, la maggior parte insette Stati dell’America Latina. L’uc-cisione di agenti pastorali è purtroppoda anni una costante. Secondo l’agen-zia Fides, in dieci anni a partire dal2000, in totale sono stati uccisi 284operatori pastorali cattolici, tra cui cin-que vescovi e 205 preti. A loro vannoaggiunti le centinaia di cattolici vitti-me di attentati da parte di fanatici mu-sulmani, in Asia e in Africa: perse-guitati, con altri cristiani, più per mo-tivi politici che religiosi.

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24 opinioni No. 215

In questo numeroI corsivi di «Dialoghi»� MALGRADO TUTTO, SEGNI DISPERANZA (Marina Sartorio) 1

� ANGLICANI UMILIATI (E.M.) ) 2

� CRISTIANI PERSEGUITATI (a. l.) 23

Dossier Italia� VESCOVI, SIETE CON IL POTEREO CON IL VANGELO(«Il Margine», Trento) 3

� TANTI PRETI IN ITALIA? UN MITODA SFATARE (Giancarlo Zizola)) 5

� STATO E CHIESA: UN RAPPORTOSTRARIPANTE (Luigi Sandri) 8

� L’ITALIA È ANCORA UN PAESECATTOLICO? 11

Articoli� VA PER LE LUNGHE A ROMA LACAUSA DI MONS. ROMERO (Adista) 13

� ADRIANA AMAVA LA CHIESA(Raniero La Valle) 14

� CONDANNA PROTESTANTECONDANNA ISLAMICA 24

� CRONACAINTERNAZIONALE 12, 15

� OSSERVATORIO ECUMENICO 17

� BIBLIOTECABenedetto XVI, Luce del mondo,(Libreria editrice vaticana) 19

NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILE 20

� CRONACA SVIZZERA 21

dialoghi di riflessione cristiana

Comitato: Alberto Bondolfi, ErnestoBorghi, don Emilio Conrad, Serse Forni,Aldo Lafranchi, Alberto Lepori, DariaLepori, Enrico Morresi, MargheritaNoseda Snider, Marina Sartorio, CarloSilini.

Redattore responsabile: Enrico Morresi,via Madonna della Salute 6, CH-6900Massagno, telefono +41 91 - 966 00 73,e-mail: [email protected]

Amministratore: Pietro Lepori,6760 Faido Tengia, tel. 091 866 03 16,email: [email protected].

Stampa: Tipografia-Offset Stazione SA,Locarno.

I collaboratori occasionali o regolarinon si ritengono necessariamenteconsenzienti con la linea della rivista.

L’abbonamento ordinario annuale(cinque numeri) costa fr. 60.–,sostenitori da fr. 100.–Un numero separato costa fr. 12.–Conto corr. post. 65-7206-4, Bellinzona.

La corrispondenza riguardante gliabbonamenti, i versamenti, le richiestedi numeri singoli o di saggio e icambiamenti di indirizzo va mandataall’amministratore.

In risposta alla campagna pubblicita-ria “Bala i ratt”, il Coniglio sinodaledella Chiesa evangelica riformata inTicino ha emesso il seguente comuni-cato stampa («Voce evangelica», no-vembre 2010): «La Chiesa evangeli-ca riformata nel Ticino prende attodella campagna pubblicitaria “Bala iratt”, provando nient’altro che vergo-gna, ed esprime: sgomento per lo sti-le discriminatorio di questa campagnanei confronti dei frontalieri italiani chevengono diffamati e criminalizzati;perplessità su come questa campagnatematizza il problema degli stranieriche si sono resi colpevoli di reato;massima apprensione per l’odio cheviene seminato tra ticinesi, italiani edaltri paesi europei; ripugnanza per unaviltà fino ad oggi sconosciuta in Sviz-zera, dimostrata dall’artefice di que-sta campagna che si nasconde nel-l’anonimato; grande tristezza che unasocietà pubblicitaria agisca priva di

ogni senso etico; delusione che unacittà come Lugano ‘accolga’ i suoifrontalieri con manifesti di questacampagna (sottopassaggio FFS, in ViaBesso). La Chiesa evangelica rifor-mata in Ticino (CERT) si appella: atutte le imprese, agenzie ed enti ospe-dalieri e sociali dove lavorano per ilbene della società i frontalieri, perchéesprimano esplicitamente la loro in-dignazione per la campagna, dichia-rando la loro piena solidarietà con i lo-ro impiegati; alle autorità pubblicheperché esaminino la campagna “Balai ratt” con la misura dell’art. 261 bisdel Codice penale svizzero e prenda-no le rispettive misure giuridiche; al-le Chiese e Comunità cristiane perchéconsiderino questa campagna – intermini religiosi – un grave atto di pec-cato; alle scuole del Cantone perchéeduchino le giovani generazioni aun atteggiamento civile, onesto edumano».

CONDANNA PROTESTANTE

Lega dei musulmani in Ticino ha di-ramato il seguente comunicato («Gior-nale del Popolo» del 7 gennaio):«Condanniamo severamente l’atten-tato del 1. gennaio 2011 contro unachiesa copta di Alessandria d’Egitto,nel quale hanno perso la vita 23 per-sone e molte sono rimaste ferite. In ag-giunta, condanniamo ogni attaccocontro i cristiani in ogni parte del mon-do e contro qualunque minoranza re-ligiosa. L’Islam vieta categoricamen-te ogni atto ostile contro la “gente dellibro” e definisce il rapporto con lorobasato sui valori del dialogo, del ri-spetto e della convivenza pacifica. Èesplicitamente vietato colpire qual-siasi luogo di culto: dunque attaccareuna chiesa, una sinagoga, una mo-schea o altro ancora va contro la stes-sa dottrina religiosa, perché si trattadi luoghi sacri. La violazione della di-gnità dei luoghi di culto nell’Islam èconsiderato come un crimine barbaroe disumano. L’Islam considera ancheche uccidere un innocente è come uc-cidere tutta l’umanità, come sottolineail Corano, il testo sacro dell’Islam:«Per questo abbiamo prescritto ai Fi-gli di Israele che chiunque uccida unuomo, che non abbia ucciso a sua vol-ta o che non abbia sparso la corruzio-ne sulla terra, sarà come se avesse uc-ciso l’umanità intera. E chi ne abbiasalvato uno, sarà come se avesse sal-vato tutta l’umanità» (Corano, 5:32).

La Lega dei Musulmani in Ticino sot-tolinea in questa occasione l’impor-tanza della garanzia dei diritti delleminoranze religiose nel mondo, chesiano cristiani nei paesi a maggioran-za musulmana, oppure musulmani neipaesi a maggioranza cristiana: la for-za di una maggioranza si vede da co-me rispetta la sua minoranza, garan-tendo i diritti fondamentali per tutti.Speriamo e preghiamo che, in quelleterre care ai cuori di tutti, si ritorni adassistere alla ricca convivenza pacifi-ca vissuta per molti secoli. Il nostroappello: “no” al terrorismo, “no” al-l’uso della religione per scopi politicie demagogici, “no” alla discrimina-zione, “no” al razzismo, “no” allaemarginazione delle minoranze, “no”alle guerre di religione, “no” alle stru-mentalizzazioni di questi avvenimen-ti drammatici, “sì” al rispetto, al dia-logo e alla convivenza pacifica tra lediverse religioni e civiltà, “sì” alla sag-gezza e alla moderazione. Preghiamoche la pace, il rispetto e l’amore re-gnino sull’umanità, che i focolai diguerra si spengano, e che tutti coloroche soffiano e alimentano questi fuo-chi se ne astengano per il bene e la pa-ce dalla famiglia umana. La Lega deiMusulmani in Ticino esprime ai fa-miliari delle vittime le più sentite con-doglianze e augura ai numerosi feritiuna pronta guarigione. Che la Pace re-gni su questa Terra».

CONDANNA ISLAMICA