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218 dialoghi Locarno –Anno 43 – Ottobre 2011 di riflessione cristiana BIMESTRALE Il 29 ottobre, Monsignor Pier Giaco- mo Grampa, vescovo di Lugano, compie 75 anni. Per rispetto del ca- none 401 del «Codice di diritto ca- nonico», lo stesso giorno presenterà le dimissioni al Papa. Fino al Conci- lio Vaticano II, i vescovi stavano in carica a vita. Pochi erano quelli che davano le dimissioni (in generale per ragioni di salute). Gli storici – perché quasi nessuno in Ticino può ricorda- re d’averlo conosciuto di persona – ci dicono che Monsignor Aurelio Bac- ciarini (1873-1935) rimase in carica malgrado indicibili sofferenze fisiche e psichiche fin quasi alla morte. Un altro vescovo – Monsignor Alfredo Peri Morosini (1862-1931) – fu ri- mosso dalla funzione per tutelare la pace religiosa in Diocesi (manca an- cora uno studio completo sul «caso Peri Morosini»…). Non vi sono ra- gioni oggettive, che noi si sappia, per ritenere Monsignor Grampa inadatto a continuare nella funzione episcopa- le. Per questo, alcuni ritengono/au- spicano che la Santa Sede possa invi- tarlo a rimanere in carica per uno o due anni ancora. Le ragioni potreb- bero essere (oltre alla buona salute del titolare) l’attuale necessità di provve- dere l’episcopato svizzero di pastori nuovi, e/o lasciare che il Nunzio apo- stolico da poco insediato si guadagni un poco di esperienza, visto che sarà chiamato a «filtrare» le candidature. *** Nella prospettiva non solo teorica del- le dimissioni «obbligate» di Monsi- gnor Grampa, si può comprendere che, come per le precedenti vacanze epi- scopali, in Diocesi sia iniziato il «toto Vescovo», ossia le scommesse sulla persona del successore. A questa spe- cie di lotteria, in passato, «Dialoghi» ha sempre opposto la necessità di una vera consultazione del Popolo di Dio. È nota l’insofferenza che Roma prova per i diritti di cui godono, per concor- dato, in tre Diocesi svizzere (Basilea, PER UN BILANCIO DI UN EPISCOPATO «[I laici], secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa». (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica ‘Lumen gentium’, 37). «Dans les batailles décisives, c’est parfois du front que partent les plus heureuses initiatives». ‘L’importance de la presse catholique’, 17 febbraio 1950, Pio XII, AAS 42 (195) p. 256. (Continua a pag. 2)

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Dialoghi n.ro 218

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218 dialoghiLocarno – Anno 43 – Ottobre 2011 di riflessione cristiana BIMESTRALE

Il 29 ottobre, Monsignor Pier Giaco-mo Grampa, vescovo di Lugano,compie 75 anni. Per rispetto del ca-none 401 del «Codice di diritto ca-nonico», lo stesso giorno presenteràle dimissioni al Papa. Fino al Conci-lio Vaticano II, i vescovi stavano incarica a vita. Pochi erano quelli chedavano le dimissioni (in generale perragioni di salute). Gli storici – perchéquasi nessuno in Ticino può ricorda-re d’averlo conosciuto di persona – cidicono che Monsignor Aurelio Bac-ciarini (1873-1935) rimase in caricamalgrado indicibili sofferenze fisichee psichiche fin quasi alla morte. Unaltro vescovo – Monsignor AlfredoPeri Morosini (1862-1931) – fu ri-mosso dalla funzione per tutelare lapace religiosa in Diocesi (manca an-cora uno studio completo sul «casoPeri Morosini»…). Non vi sono ra-gioni oggettive, che noi si sappia, perritenere Monsignor Grampa inadattoa continuare nella funzione episcopa-le. Per questo, alcuni ritengono/au-spicano che la Santa Sede possa invi-tarlo a rimanere in carica per uno odue anni ancora. Le ragioni potreb-bero essere (oltre alla buona salute deltitolare) l’attuale necessità di provve-dere l’episcopato svizzero di pastorinuovi, e/o lasciare che il Nunzio apo-stolico da poco insediato si guadagniun poco di esperienza, visto che saràchiamato a «filtrare» le candidature.

* * *

Nella prospettiva non solo teorica del-le dimissioni «obbligate» di Monsi-gnorGrampa, si può comprendere che,come per le precedenti vacanze epi-scopali, in Diocesi sia iniziato il «totoVescovo», ossia le scommesse sullapersona del successore. A questa spe-cie di lotteria, in passato, «Dialoghi»ha sempre opposto la necessità di unavera consultazione del Popolo di Dio.È nota l’insofferenza che Roma provaper i diritti di cui godono, per concor-dato, in tre Diocesi svizzere (Basilea,

PER UN BILANCIO DI UN EPISCOPATO«[I laici], secondo la scienza, competenzae prestigio di cui godono, hanno la facoltà,anzi talora anche il dovere, di far conoscere illoro parere su cose concernenti il bene dellaChiesa».(Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica‘Lumen gentium’, 37).

«Dans les batailles décisives, c’est parfoisdu front que partent les plus heureuses initiatives».‘L’importance de la presse catholique’, 17 febbraio 1950,Pio XII, AAS 42 (195) p. 256.

(Continua a pag. 2)

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San Gallo, Coira), i capitoli della cat-tedrale e assemblee di laici (per Basi-lea persino i Governi cantonali inte-ressati) nella nomina dei vescovi. Mail richiamo che Roma fa alVaticano IIe all’invito che il Concilio ha rivoltoalle autorità civili perché rinuncino ataluni diritti nella nomina dei vescovi(Christus Dominus, 20) è del tutto pre-testuoso: il coinvolgimento di una piùampia cerchia di persone nella nomi-na di un nuovo vescovo corrispondeinfatti – mutatis mutandis per quantoriguarda la specificazione degli aven-ti diritto – allo spirito del Concilio, chenei suoi documenti più importanti in-siste sul diverso peso che il Popolo diDio ha da avere in tutto ciò che ri-guarda la Chiesa (per es. tutto il Capi-tolo II della costituzione dogmaticaLumen gentium). Auspichiamo chenon si ripeta, anche per la successio-ne di Monsignor Grampa, l’intraspa-rente procedura di consultazione daparte del Nunzio avvenuta in occasio-ne delle ultime successioni, nonché lelungaggini che hanno prolungato la va-canza episcopale a Friburgo.

Altra è la questione se del Vescovoche termina il suo mandato sia da di-scutere pubblicamente l’operato. Neabbiamo discusso tra noi*, con qual-che dubbio iniziale se fosse utile: e al-la fine abbiamo deciso di dire quelloche comunque ciascuno in privatopensa dell’episcopato di MonsignorGrampa, senza attribuirci un partico-lare diritto di parola, semmai cercan-do di dar valore al fatto che siamo ungruppo di amici che edita una rivistae non ha mancato di esprimere opi-nioni e proposte in questi ultimi an-ni. Siamo stati pure del parere che nonsolo le realizzazioni (o lemancate rea-lizzazioni) del «programma di gover-no» del Vescovo uscente siano da di-scutere, ma anche il modo, lo stile, ilcarisma o l’assenza di carisma – os-sia le qualità e i difetti dell’uomo, cuil’ordinazione all’episcopato si ag-giunge senza niente togliere di quan-to in lui vi è di umano. Il Vescovouscente non ha fuggito la pubblicità(qui intesa nel senso di Publizität enon diWerbung). Ai propri diocesanisi è aperto con una sincerità talvoltabrutale, da loro si è lasciato interro-gare, esponendo la propria persona aiconsensi e alle critiche, anche deimass media.

Tale opzione è resa anche più eviden-te, nel caso diMonsignor Grampa, dal

fatto che fin dall’inizio ha coinvolto idiocesani sui «problemi prioritari» (in«Eccomi. Prime parole del vescovo al-la sua Chiesa», Pasqua 2004, pp. 62ss.). «Dialoghi» n. 182 (giugno 2004)aveva risposto con un dossier di pro-poste, scegliendo tra una ventina di«problemi prioritari» indicati dal Ve-scovo. Sarebbe ingeneroso (e persinoingiusto) ripubblicare quell’elenco echiedere perché molti problemi sonostati «dimenticati». Ma sarebbe sba-gliato anche trascurare, nella valuta-zione, il modo, lo stile, il carisma concui egli vi si è applicato.

Il giudizio vale nella misura in cui lesue decisioni (o non-decisioni) sonodipese esclusivamente da lui, o vi ab-biano inciso circostanze esterne noteo non note. La difficoltà di sceverarele une dalle altre pone un limite allenostre valutazioni, ma questo è per tut-te le opere dell’uomo.

Ecco in quale spirito «Dialoghi» offrepubblicamente la sua valutazione sul-l’episcopato di Monsignor Grampa.Lo ha fatto con un esercizio collegia-le, che ha coinvolto in una discussio-ne aperta (solo guidata da una grigliadi questioni) i membri del Comitato.La cordialità e l’amicizia personaleche contrassegna per alcuni di noi ilrapporto con Monsignor Grampa nonhanno fatto velo a tale valutazione.L’ha mossa solo il desiderio di servi-re la Chiesa in azymis sinceritatis, cheè da sempre il programma di questanostra testata. Dialoghi* La discussione in «Dialoghi» è avvenutail 1. giugno 2011, è stata registrata e inseguito sottoposta ai partecipanti per veri-fica e conferma. La precisazione vale comerisposta a chi la mettesse in relazione congli scritti seguiti all’intervento di don Clau-dio Laim su «laRegioneTicino» del 2 luglio2011, tutti successivi alla nostra discussio-ne.

2 opinioni No. 218

(Continuazione da pag. 1)

BILANCIO 2010ATTIVIConto corrente postale Fr. 4.139.56Contributo cantonale da incassare Fr. 1.500.00Transitori attivi Fr. 180.00Totale ATTIVI Fr. 5.823.81PASSIVICreditori Fr. -4.869.60Transitori passivi Fr. -120.00Riserva per stampa testi Fr. -1.093.50Capitale proprio Fr. -305.04Totale PASSIVI Fr. -6.388.14

Utile (+) Perdita (-) da Bilancio Fr. -564.33

CONTO ECONOMICO 2010COSTIStampa periodico Fr. 20.382.90Spedizione Fr. 3.284.30Spese postali e porti Fr. 594.33Spese varie Fr. 450.00Totale COSTI Fr. 24.707.28RICAVIAbbonamenti ordinari Fr. -14.640.00Abbonamenti sostenitori Fr. -3.900.00Vendita copie singole Fr. -63.00Sussidio cantonale Fr. -5000.00Donazioni Fr. -539.95Totale RICAVI Fr. -24.142.95Disavanzo d’esercizio Fr. 564.33

«Dialoghi» ringrazia in particolare gli abbonati sostenitori,che hanno permesso di limitare il disavanzo d’esercizio.

Pietro Lepori, amministratoreFaido Tengia, giugno 2011

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No. 218 dossier 3

Un Vescovo di carattereSerse Forni – «DonMino» veniva daun’esperienza asconese molto inten-sa, sia alla testa del Collegio Papio, siacome parroco-arciprete. Una situazio-ne florida aveva trovato, una situazio-ne florida ha lasciato. Con la Parroc-chia, o tramite le diverse fondazioni,aveva fatto molto per gli anziani (laristrutturazione della Casa Belsog-giorno), per i bimbi piccoli (l’asilo disuor Ginetta), gli adolescenti (il cen-tro parrocchiale), la cultura (la riatta-zione del Teatro del Gatto e il nuovomuseo d’arte sacra nell’oratorio deiSanti Fabiano e Sebastiano). La suaera stata una presenza forte e apprez-zata.

Carlo Silini – La sua è stata una pre-senza forte anche nell’episcopato. Alsuo attivo va messo che non si è ri-sparmiato: aveva tante energie daspendere e tante ne ha spese. L’ha fat-to con il suo carattere franco, dicendoanche ai suoi parroci quello che glipassava per la testa in quel momento(salvo poi a scusarsene con loro, in ca-mera caritatis). Ho l’impressione cheogni tanto abbia dovuto controllare lapropria tendenza a considerare gli in-terlocutori della Diocesi come se fos-sero i suoi allievi del Papio. Non sem-pre ci è riuscito.

Alberto Lepori – Sulla sua forte pre-senza sono d’accordo. Ma il Vescovoè rimasto un isolato. Con chi si con-sultasse veramente, non si sa. L’usoche faceva delle riunioni che convo-cava, comprese quelle durante le visi-

te pastorali, eramolto particolare: par-lava lui a lungo e i suoi interlocutorinon si sono sentiti mai veramentecoinvolti nella conversazione. Anchei suoi collaboratori più diretti hannoavuto l’impressione di non avere mai,veramente, voce in capitolo. In defi-nitiva, di contatti ne ha avuti molti, magli scambi non andavano molto a fon-do.

Ernesto Borghi – Io vorrei testimo-niare un tipo di presenzialismo anchepositivo. Se penso a tutti i preti che so-no morti in questi anni nella Diocesi,devo dire che la stragrande maggio-ranza di loro, per non dire tutti, han-no avuto il Vescovo vicino e non soloal momento delle esequie. Lo stesso èavvenuto per varie situazioni di pre-sbiteri in fase di difficoltà rispetto alloroministero o in fase di uscita da es-so. D’altra parte, ho avvertito nel Ve-scovo Grampa anche una certa insta-bilità di posizione, nel senso che, nondi rado, una cosa detta o fatta in unmomento poteva trovarsi, se nonsmentita, magari cambiata radical-mente a distanza di pochissimo tem-po (un esempio: di una pubblicazioneimportante, di respiro pastorale, editadalla Diocesi con la sua prefazione, losi è sentito dire, in concomitanza conla sua diffusione, che tale testo nonavrebbe dovuto essere pubblicato). Etali «cambiamenti» sono avvenuti,penso, non perché non si ricordassedi quel che aveva detto o fatto in pre-cedenza, ma per una certa sua mute-volezza di opinioni. D’altra parte, nelcontesto dei vescovi italofoni, dal Ti-cino a Lampedusa, in cui le figure si-

gnificative per cultura, affidabilitàumana e coerenza pastorale non pul-lulano, la sua è una personalità co-munque di rilievo.

Margherita Noseda Snider –Mi pa-re anche che, in certi suoi interventipubblici, non sia sempre stato capa-ce di calibrare le parole, attirandosicosì critiche, anche costruttive, che hafatto fatica ad accettare. È mancatasoprattutto l’apertura verso il mondoesterno, insomma il dialogo con i noncredenti, come hanno fatto invece al-tri vescovi, che hanno istituzionaliz-zato tentativi di incontro (penso inparticolare al Cardinal Martini a Mi-lano, che Monsignor Grampa citasempre come suo modello). Il mon-do che sta fuori lo ha percepito comeun avversario con cui fare i conti; esu questo certamente hanno influitodei preconcetti: anche dall’altra par-te, nei suoi confronti, ma non solo.Occorre riconoscergli un aspetto este-riore di grande simpatia, e anche dislancio, ma non una grande predi-sposizione all’ascolto di chi su posi-zioni diverse dalle sue. È anche man-cato un rapporto continuato e di aper-tura ecumenica con i nostri fratellidella Chiesa evangelica, nello spiritoche anima la realtà ecclesiale svizze-ra d’oltralpe.

Serse Forni – Vorrei ricordare l’inci-dente della sua dichiarazione nella vi-cenda di un sacerdote diocesano con-dannato nell’ottobre 2005 per atti ses-suali con una ragazza.Anche prescin-dendo dall’interpretazione di quel suointervento («Mi domando se non si sa-

Quale messaggio lascia monsignorPier Giacomo Grampa alla «sua»diocesi? In settembre, è uscita una let-tera pastorale – «che potrebbe ancheessere l’ultima del mio servizio epi-scopale» – intitolata Non voi avetescelto me, ma io ho scelto voi1, da cuiestraiamo alcuni passi significativi,ben consapevoli che solo la lettura in-tegrale può rendere piena giustizia alsuo pensiero. La lettera segue unoschema, ispirato alle immagini cheGrampa aveva scelto per il suo stem-ma episcopale.

Quello che scrive non è, per mons.Grampa, «nessun bilancio, semmaiuna rilettura per cercare di compren-dere meglio quello che ho inteso faree come ho cercato di farlo» (p. 11).

Ripartire da GerusalemmeEgli ricorda di aver voluto «ripartireda Gerusalemme (…), nel desideriodi risalire alle sorgenti della nostra fe-de, di risalire alle origini della nostraChiesa, di ricercare lo spirito autenti-co e genuino dell’Evangelo di Gesù e

delle prime comunità cristiane», se-condo cioè «un desiderio di autentici-tà, di genuinità, anche di semplicità edimmediatezza» (p. 15), perché «oc-corre che la nostra vita cristiana per-sonale e di comunità riacquisti il pro-fumo schietto e luminoso dei suoi ini-

Il Comitato di «Dialoghi» sull’episcopato di Monsignor

L’ultima sua lettera pastorale – Roma e Gerusalemme –

1. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi.Lettera pastorale del vescovo Pier GiacomoGrampa, Lugano, settembre 2011, pp. 95. InAp-pendice sono elencati 29 discorsi (Le parole delvescovo), gli scritti, tra cui le nove Lettere pa-storali, i fascicoli preparati per la lectio divina diogni anno pastorale e i Documenti della Dioce-si di Lugano relativi a questo episcopato.

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rebbe dovuto informare e chiederel’intervento del Vescovo prima di ri-volgersi ad altri»), che ha fatto pensa-re a un tentativo di insabbiamento, ri-lievo questa dichiarazione della vitti-ma sedicenne: «Mi domando se nonera il caso di venirmi a trovare e nonsolo di andare a trovare don Italo inprigione. In qualità di cristiana miaspettavo sostegno da lei, ma niente!».Ed erano passati un anno e dieci me-si dai fatti.

Aldo Lafranchi – Che avrebbe datotutte le sue forze alla Chiesa ticinesemons. Grampa l’ha promesso il gior-no della consacrazione episcopale.Non si può dire che non l’abbia man-tenuta. Mi è capitato di sfogliare la ri-vista mensile della diocesi alla pagi-na che manda a futura memoria l’at-tività del vescovo. Non c’era un sologiorno del mese nel quale il vescovonon si era imposto un’attività pasto-rale. Trovava il tempo anche di parte-cipare, con tanto di matita e calepino,a serate tenute da personalità interes-santi. Ricordo, tra le altre, quella conPadre Zanotelli a Bellinzona. Per lalettera pastorale sulla famiglia ha in-terpellato laici «specialisti» in mate-ria. Un episcopato d’azione il suo,condizionato da una personalità con-traddistinta da un forte carattere, po-co propenso alla delega, che lo ha de-stinato a una forma di solitudine per-ché non facilita il sintonizzarsi emo-tivamente sulla lunghezza d’ondadell’altro.

Alberto Lepori –Questa difficoltà dirapporto è risultata specialmente evi-

dente verso le altre religioni cristiane,e poi anche verso i musulmani. Pa-recchie volte gli sono sfuggite espres-sioni di poco rispetto, che evidente-mente non rispondevano a una vedu-ta ragionata. Il punto essenziale è que-sto: Monsignor Grampa si richiamacontinuamente al Concilio e al Cardi-nale Martini, ma il modo con lui eglisi pone verso gli altri riflette un tipodi Chiesa forte, visibile, «ambrosia-na». Lo spirito del Concilio è quellodi una Chiesa povera, che non va in-contro alla gente con lo stile e le in-segne dell’autorità.Monsignor Gram-pa usa spesso citare don Milani, per ilquale: «non si fanno parti uguali tradiseguali». Ora, donMilani voleva di-re che, ai diseguali, cioè ai piccoli, aipoveri, bisogna dare di più. Grampainvece ha usato questo detto per ap-poggiare l’idea che i cattolici ticinesi,essendomaggioranza, devono avere dipiù.

Aldo Lafranchi – Con le altre reli-gioni (ebrei e musulmani in particola-re) ilVescovo sostanzialmente ha ma-nifestato apertura e solidarietà, racco-gliendo gradimento e simpatia. Ha vi-sitato, dopo avere tolto le scarpe, lamoschea. È entrato nella sinagoga. Fupresente alla fiaccolata a seguito del-l’incendio della sinagoga di Lugano.Non esistendo motivi di dispute teo-logiche, con le altre religioni tutto sirisolve con il facile reciproco rispet-to. Ben altra cosa è l’ecumenismo dicasa propria, con una Chiesa laceratain quattro brandelli, incapace di ricu-cire gli strappi, malgrado dalla volon-tà del fondatore sia sollecitata ogni

mattina a fare qualcosa per ritrovareentro sera l’unità, e ciò per un’ele-mentare questione di serietà, per es-sere credibile («che siano una cosa so-la, affinché il mondo creda»).

L’ecumenismo oggi è fermo, blocca-to. Nell’arco degli ultimi cinquan-t’anni la prospettiva del come tendereall’unità ha subito variazioni. Si è pas-sati dal riconoscimento dell’imprati-cabilità della pretesa cattolica del ri-torno delle altre tre Chiese all’unicoovile alla constatazione dell’incapaci-tà di trovarsi tutti a metà strada (conconcessioni da parte di tutti), all’ipo-tesi attuale del riconoscimento, da par-te di ciascuna Chiesa, delle altre treChiese con il loro percorso storico,promovendo l’intercomunione a sigil-lo di una visibile unità nella diversità.Già prima di diventare vescovo, donMino l’ecumenismo lo affrontava po-nendo quale premessa una chiara af-fermazione da parte di ciascuna Chie-sa della propria identità, senzaun’esplicita predisposizione a unaeventuale disponibilità di metodo a ri-metterla in discussione. Presa così,l’identità si fa ostacolo, separa in par-tenza, alza un muro, blocca il discor-so perché mantiene l’accento su ciòche divide e non su ciò che unisce,quando, in realtà, sono molto più lecose che uniscono di quelle che sepa-rano. Non l’ha detto Giovanni XXIII?Ci si concentrasse su ciò che unisce (ilSignore Gesù, le Scritture!), si capi-rebbe che ci sarebbe solo da guada-gnare rinunciando a molto del pocoche ci divide. A cominciare dall’esa-sperato centralismo romano, sempre

zi, la fragranza, l’impulso, la testimo-nianza delle origini» (p. 17). «Ripar-tire daGerusalemme ha voluto dire perme ripartire dall’amore del Salvatore(…) annunciandolo instancabilmentein ogni luogo e ad ogni persona, nonper smania di presenzalismo, ma perbisogno del cuore, per dovere di mis-sione, per fedeltà all’impegno preso»(p. 24). In prima linea, dunque, «nonil precetto, le regole, le prescrizioni,ma la condivisione dell’amicizia, la di-sponibilità amettersi a tavola insieme,ascoltare, parlare, condividere, com-

prendere e spezzare il pane della Pa-rola e della Vita» (p. 20). «Il mio an-dare per strade e villaggi del Cantonenon aveva altra finalità che questa: peressere compagno di viaggio, per spez-zare insieme il pane che cambia il cuo-re, che apre gli occhi e dona coraggioe slancio per ritornare sui propri pas-si e portare agli altri la testimonianzadel Risorto» (p. 21).

«Sub Petro», «cum Petro»?A un tale che gli diceva: «Si deve ri-

partire da Roma, non da Gerusalem-me», mons. Grampa ricorda di avererisposto: «Sì, quando mi dimostreraiche il Signore Gesù è stato crocifisso,è morto, fu sepolto ed è risorto a Ro-ma, invece che a Gerusalemme» (p.15). Ricordato che i vescovi cattolicisi definiscono sub Petro et cum Petro[cioè soggetti al Papa ma insieme conlui], «credo di poter dire di essere sem-pre stato fedele ‘sub Petro’» (p. 27).«Ma oggi il primo [termine] è ampli-ficato in maniera esagerata dall’azio-ne della Curia romana, che dovrebbe

Grampa – La sua è stata una presenza forte – Ha fatto

Sub Petro, ma anche cum Petro – Una Chiesa divenuta

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più insopportabile anche per molti dinoi cattolici.

Ernesto Borghi – Circa la passioneecumenica, le idee del Grampa retto-re del Collegio Papio erano forse piùaperte di quelle del Grampa Vescovo.Che poi certi protestanti ticinesi dia-no alVescovoGrampa elementi obiet-tivi per non essere ecumenico, è un fat-to. Alcune posizioni assunte, peresempio, sull’istruzione religiosa nel-le scuole, danno da pensare: è esisti-to, talvolta, da parte di taluni ambien-ti riformati un vero desiderio di lavo-rare insieme, oppure si è voluto talo-ra semplicemente affermare unapresenza diversa da quella cattolica?A influire sulle posizioni del VescovoGrampa potrebbe essere anche la pro-pensione generale dei vertici vaticani,oggi, assai propensi più a rivolgersi al-l’Oriente ortodosso (con il quale con-dividono anzitutto il rifiuto, nonpro-prio evangelico, di molti aspetti delmondo moderno) che all’Occidenteprotestante, con il quale i motivi di di-versificazione e di scontro, non sol-tanto dottrinali, sono gravi.

Aldo Lafranchi – Un aspetto parti-colare che vorrei sottolineare è il gra-do di umanità che il Vescovo ha rive-lato nel trattare e risolvere casi di per-sone in difficoltà, preti compresi. Con-trariando in qualche caso qualchecollaboratore, don Mino ha mostratosensibilità, cioè giustizia e carità, nelnon aggravare le difficoltà (finanzia-ria compresa) di chi si trovava a do-verne già affrontare altre.

Il «Giornale del Popolo»e i mediaAlberto Lepori – In uno scritto diMonsignor Gramp del 2004, sul tema«Il ‘Giornale del Popolo’ e la comu-nità ecclesiale», si legge: «È il tra-guardo che vorrei raggiungere attra-verso il ‘Giornale del Popolo: l’impe-gno è di aprire un tavolo di dialogo edi confronto, non solo con la culturadel mondo ma pure con le diverse mi-litanze ecclesiali. Che ci si possa co-noscere meglio, accettare diversi, in-tegrarsi complementari, senza pregiu-dizi, senza scomuniche, senza esclu-sioni». Ma il GdP rispetta questepregiudiziali? Continuo a leggere: «LaChiesa circumamicta varietate, laChiesa che si presenta nella pluralitàdelle sue componenti e risorse, unitanelle cose necessarie e rispettosa diciascuno in quelle libere, dimostran-do sempre carità…». Questo il pro-gramma proposto. Ma non mi sembrache sia stato realizzato.

EnricoMorresi – Il «salvataggio» del«Giornale del Popolo» fu uno dei pri-mi interventi di Monsignor Grampa,il quale non voleva passare alla storiacome l’affossatore dell’opera del suopredecessoreAurelio Bacciarini Con-sistette essenzialmente nel cambiarealleato editoriale, che la gestione pre-cedente prevedeva fosseGiacomo Sal-vioni, e invece la scelta si portò sul«Corriere del Ticino». IlVescovo pro-mise che sarebbe cessato il finanzia-mento diretto da parte della Diocesi equesta promessa è stata mantenuta,perché si sono trovati finanziatori

«esterni» che hanno turato i buchi,specialmente in questi ultimi anni dimagra nelle inserzioni. La scelta diClaudio Mésoniat come direttore èstata molto problematica. Si sapevabenissimo che il coordinatore di CLin Ticino ne avrebbe fatto un giorna-le a immagine e somiglianza del mo-vimento. Inoltre, il GdP dimostra unareverenza quasi indecente rispetto acerti ambienti finanziari e ha sposatole posizioni di destra di CL e dellaChiesa italiana, pur assicurando l’ac-cesso a voci anche diverse (come lamia). So di certo che MonsignorGrampa non ha sempre condiviso lescelte del giornale. Ma, per il princi-pio sacrosanto dell’autonomia reda-zionale, si doveva prevedere che il di-rettore (e non il Vescovo) avrebbe da-to il tono al foglio. La situazione ri-mane a mio avviso insoddisfacente.Mi piange il cuore pensando che po-trebbero essere a rischio due decinedi posti di lavoro, ma le mie perples-sità crescono ogni giorno.

Carlo Silini – Sottoscrivo quello cheè stato detto sul «Giornale del Popo-lo». C’è qualcosa di miracoloso nelfatto che continui a uscire tutti i gior-ni. È evidente che Monsignor Gram-pa non vuole passare alla storia comeil Vescovo che lo chiude. Il fatto cheabbia trovato i finanziamenti «ester-ni» per tenerlo in vita è da mettere alsuo attivo: come procacciatore di fon-di, per dei fini positivi, è bravissimo.A me disturba il taglio eccessivamen-te apologetico del giornale (aggiungo:apologetico per una certa parte, peruna certa corrente…).

No. 218 dossier 5

svolgere un ruolo puramente esecuti-vo, di coordinamento, mentre ne eser-cita di fatto uno normativo, sovrap-ponendosi alle Chiese locali, e il se-condo rimane inoperante, non andan-do oltre la funzione consultiva delSinodo dei vescovi (…) Così si re-staura una visione ecclesiologica pre-conciliare, di impronta ‘monarchica’,con il rischio di allontanare la Chie-sa dal mondo di oggi e dalle sue esi-genze, mentre la fede deve cammina-re nella storia e con la storia» (pp.27/28). Grampa ricorda l’enciclica di

Paolo VI Ecclesiam Suam, che parla-va di «dialogo intraecclesiale»: «maquando i documenti arrivano già pre-confezionati, senza coinvolgimento deivescovi, senza partecipazione alla ela-borazione, prevale l’idea che la co-munità cristiana non abbia bisogno didialogo, tutto viene dall’alto, e così sifavoriscono la passività e il conformi-smo o la ribellione (…) appiattendotutto su un pensiero unico che non la-scia spazio a pluralità di opinioni le-gittime. Chi non la pensa come i ver-tici viene ignorato o condannato» (pp.

28/29). Anche perché «non so quantofavoriscano il dialogo i moderni mez-zi della comunicazione» (ivi).

«Probati viri uxorati»e divorziati risposatiSu quali punti potrebbe essere rifor-mata la Chiesa, in uno spirito di dia-logo? Grampa cita le «pagine chiaree forti» scritte da Giuseppe Casale,arcivescovo emerito di Foggia-Bovi-no, che toccano «temi attuali comequelli dei probati viri uxorati [uomini

fatica ad accettare le critiche – Dialogo a una direzione? –

minoranza, in cui c’è tanto da fare – Formazione della

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Alberto Lepori – Però manca l’in-formazione sulla Chiesa svizzera, sul-l’attualità religiosa internazionale aldi fuori di Roma: come se in questomomento il Sudamerica, l’Asia el’Africa non fossero dei luoghi «cen-trali» per l’avvenire del cattolicesimo!È sicuramente anche per mancanza dimezzi, ma è in gioco l’apertura men-tale, per cui la Chiesa è solo Roma.Sono d’avviso invece che il GdP fac-cia bene a pubblicare i discorsi del Pa-pa, perché i riassunti che ne danno leagenzie di stampa sono sempre di-storti, in quanto selezionano una fra-se e ne fanno il centro del discorso.Dare a chi li voglia leggere questi te-sti integrali è una buona cosa. Sonopur sempre un punto di riferimento.

Aldo Lafranchi – Non siamo co-munque in pochi a ritenere che il GdPnon sia il giornale di tutti i cattolici. Èin primis il quotidiano di CL: artico-li, collaborazioni, informazioni, pro-paganda. Anche dal profilo politico-partitico il GdP è sulle posizioni di CL,con la simpatia che va a Giuliano Bi-gnasca («ilMattino della domenica»!)e alla Lega dei ticinesi di cui CL è unacostola, alla destra liberale (primaMa-rina Masoni, poi Sergio Morsoli alleelezioni di aprile 2011), all’UDC perle prossime elezioni di ottobre (Mori-soli). Quanto all’Italia, le simpatie delGdP sono naturalmente le stesse di CLitaliana: Berlusconi (!), il berlusconi-smo e l’alleata Lega lombarda.

Carlo Silini – C’è stata però ancheuna nota positiva per quanto riguardal’informazione religiosa: durante que-

sto episcopato sono partite trasmis-sioni televisive – come «Strada regi-na» – e radiofoniche – come «Chiesein diretta», in collaborazione con il pa-store Tognina. Sono un merito di que-sto Vescovo: un impulso a un’infor-mazione più aperta e più obiettiva.

Aldo Lafranchi – Vorrei rilevare lacapacità di monsignor Grampa di por-si rispetto ai media. Nato e cresciutoin Lombardia, alla lingua dà del tu. ÈunVescovo che sa parlare, mai in dif-ficoltà a rispondere. Nel passato nonè sempre stato così. La sua abilità nelreagire a domande anche imbarazzanti(come nel caso del preservativo «au-torizzato ma non autorizzato») è ri-sultata apprezzata. Ha reso un buonservizio all’immagine della Chiesa.

Le organizzazionie le parrocchieDaria Lepori – Definisco positivo ilrapporto con «don Mino» nella miafunzione di responsabile del Segreta-riato di Sacrificio Quaresimale nellaSvizzera italiana.All’inizio è stato unpo’ difficile ma poi mi è stata data fi-ducia e col tempo mi ha appoggiata;non mi sono sentita mai messa sottotutela. Per ciò che concerene il Sacri-ficio Quaresimale, ilVescovo ha sem-pre invitato i parroci e le parrocchie asostenere la nostra organizzazione eha raccoandato loro più volte che du-rante la Quaresima le raccolte di fon-di siano destinate a un’opera pur sem-pre promossa dai vescovi svizzeri. Equesto lo ha ripetuto per esempio ogniMercoledì delle Ceneri, addirittura

con veemenza, eppure c’era gente (ioero in navata a sentire) che scuoteva ilcapo! Ma qui tra lui e alcuni preti c’èscollamento: il Vescovo su questo di-ce una cosa e loro ne fanno un’altra.È dunque, per noi, un ottimo partner.Sul piano strettamente personale l’hoanche apprezzato per il calore con cuiha parlato alla gente quanto è venutonella nostra piccola chiesa di Oggio,e anche per la franchezza del discor-so sui minareti durante un Primod’Agosto.

Marina Sartorio – Sul penultimopunto toccato ho qualche riserva, dacittadina di un piccolo comune dellaValle Onsernone. La gente della miaparrocchia (in cui era venuto poco pri-ma della votazione sui minareti) dice-va: il vescovo può dire quello che vuo-le, noi votiamo per il divieto. Forseperché il messaggio cadeva dall’alto,non era un modo «pastorale» di pro-porlo. Più importante è però il suo at-teggiamento generale sul futuro dellaChiesa nelle valli. Nella stessa occa-sione, parlando al nuovo parroco, unpolacco, si è espresso come a scusar-si di averlo mandato lì. Per noi non èstato incoraggiante. Mi è stato detto:ilVescovo le dà permorte, le valli, sen-za speranza. Ma non è vero che le val-li siano morte. Da noi, proprio in que-sti anni, sono arrivate famiglie nuove,con figli. Non siamo vecchietti che vi-vono come cent’anni fa. Bisogna sa-per guardare a questa realtà con occhinuovi.

Enrico Morresi – Su questo punto,io ho sentito il suo parere quando è

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sposati di una certa età], o dei divor-ziati risposati. Sono suggestioni peruna stagione conciliare che rischia diperdere l’appuntamento con la storia,se non ha il coraggio di prestare at-tenzione al nuovo chematura» (p. 31).A livello diocesano, mons. Grampa ri-corda le strutture di dialogo in cui haoperato («Ho pensato anche all’op-portunità di convocare un Sinodo dio-cesano, ma il tempo fattosi breve melo ha sconsigliato», p. 32), le zone pa-storali, la parrocchia (che «non ba-sta, non risponde più a tutti i bisogni

e alle necessità dell’evangelizzazio-ne»). Sarà introdotta la figura del vi-cario interparrocchiale,«in attesa cheil laicato sia opportunamente prepa-rato e pronto per passare da un lavo-ro di collaborazione ad uno di corre-sponsabilità» (p. 33). «C’è tanto dafare in una Chiesa che sta passandoda un regime di maggioranza a unodi minoranza, all’interno di una so-cietà orientata in ben altre direzioni.Al collasso della forma sociale dellaChiesa non si risponde guardando no-stalgicamente al passato, ma affron-

tando i problemi nuovi del contestopresente, prendendo atto che una co-munità cristiana non è più lo spaziodi tutte le possibili attività».

Circa le modalità per la scelta dei ve-scovi, mons. Grama si pronuncia per«una consultazione aperta, libera, in-telligente, responsabile», che equiva-le a interpellare il popolo di Dio nel-le sue svariate espressioni «senza con-dizionamenti, senza preclusioni, so-stenuti dalla preghiera». (p. 8). Previaè «un’adesione convinta e leale alla

Umanità nel trattare le persone in difficoltà – Il

coscienza, più che le tradizioni – La scelta dei vescovi

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venuto in visita pastorale a Massagno.Ha detto: se esiste una possibilità diripresa pastorale, in Ticino, essa nonpuò venire che dai centri. È vero, pa-reva quasi disperato circa le parroc-chie periferiche.A lui aveva fatto unacattiva impressione che i consigli par-rocchiali di molte piccole parrocchiedi valle facessero ostacolo a un mi-nimo di riorganizzazione. Forse haincontrato soprattutto gli anziani, ci-tava un comunello in cui ci sono ad-dirittura tre parrocchie, i cui respon-sabili (non i parroci, naturalmente,perché lì non ce n’erano) che nonhanno nessuna intenzione di fonder-si…

Carlo Silini – Noi di «Dialoghi» sia-mo tra i pochi che portano avantil’ideale del «laico impegnato».Ma do-v’è che si porta avanti questa bandie-ra? Ci lamentiamo del fatto che nelleparrocchie c’è poca gente che si im-pegna, ma abbiamo ancora una mediadi un prete ogni mille abitanti, che èaltissima in Europa.Abbiamo preti ve-nuti da fuori che sanno fare solo mes-se perché non hanno un vero contattocon la gente, sono qui di passaggio(con qualche eccezione, naturalmen-te!). Questo essere ben serviti di pre-ti, anche se sono anziani e stranieri,blocca l’alternativa. È vero che la gen-te dice: non mandatemi un laico a far-mi la predica la domenica!

Ernesto Borghi – Negli anni Novan-ta, il Cardinale Martini mi incaricò difar avere della documentazione sul-l’esperienza oltre le Alpi al suo vica-rio generale: questo in vista (tenetevi

forte!) di otto assistenti pastorali perunaDiocesi di 1170 parrocchie!Amiaconoscenza, non se ne è fatto nulla. Equesto perché il numero dei preti è an-cora troppo rilevante. Quando saran-no ulteriormene diminuiti, allora ci sipenserà. È tragico ma è così!

Alberto Lepori –Nessuno chiede chesi facciano rivoluzioni da un momen-to all’altro. Però i cambiamenti vannopreparati, se ci si crede, e se si cono-sce il contesto. Grampa il Ticino lo co-nosceva, non arrivava da chissà dove.Nella pastorale della Pasqua 2004, in-dicava una ventina di «problemi prio-ritari», tra cui la formazione di laiciper i ministeri e gli assistenti pastora-li. Oggi, in diocesi, i diaconi perma-nenti sono cinque. Nel 2000, in Sviz-zera, i laici impegnati a tempo pienoerano 1200, contro 1313 preti. A Ba-silea, gli agenti pastorali erano, già nel2000, più dei preti (423 contro 355.In Ticino, al posto di preti stranieri(che almeno erano residenti) vengonoinseriti giovani preti che si preparanoa concludere gli studi alla Facoltà diteologia. In gran parte non conoscononé la lingua né le abitudini, diconomessa… e poi «scappano» a studiare!Ma questo non è un servizio pastora-le, perché, mancando la stabilità, nonsi costruisce la comunità come po-trebbero fare dei laici con incarichinelle parrocchie. So che c’è la diffi-coltà finanziaria, ma se se si vuole in-novare e rispondere ai nuovi bisognibisogna affrontare tale aspetto. Ricor-do che «Dialoghi» aveva affrontatoquesto problema già nel n. 182 (giu-gno 2004).

Enrico Morresi – I confronti con lealtre diocesi possono essere fuorvian-ti. In Ticino, le parrocchie non avreb-bero i mezzi per mantenere un perso-nale con famiglia e figli. Al di là deipregiudizi correnti di cui anche il Ve-scovo deve tener conto («Al funeraledi mio padre voglio dei preti veri, nondegli assistenti pastorali!»), il proble-ma finanziario è decisivo. Però non hocapito perché il Vescovo ha pratica-mente tolto dal suo programma unatrattativa con lo Stato per un diversofinanziamento delle parrocchie e del-le diocesi. È vero: più volte, anche su«Dialoghi», abbiamo sottolineatol’enorme contributo che le parrocchiedanno, per esempio, al turismo, man-tenendo in ordine chiese e cappelleche rappresentano uno splendido pa-trimonio d’arte e di bellezza aperto atutti: perché non potrebbe esistere uncontratto di prestazione che garanti-sca alle parrocchie i mezzi per farvifronte? Quel che si spende per tenerein ordine le chiese potrebbero, le par-rocchie, destinarlo al proprio perso-nale religioso…

È stato un vescovo«conciliare»Carlo Silini – È vero che certi pro-getti, espressione di orientamenti piùaperti nella Chiesa, non sono andatiin porto. In questo ilVescovo ha le sueresponsabilità. Tuttavia, egli è diven-tato vescovo nel 2004, nel 2005 è di-ventato papa il Cardinale Ratzinger.Ed è evidente che ci sono molte levenella Chiesa che nessuno può muove-re se non le muove il Papa. Sappiamo

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«salvataggio» del «Giornale del Popolo» – Preti presi da

dottrina e al Magistero ecclesiale, inparticolare su alcuni punti come il sa-cerdozio ministeriale, l’ordinazionedelle donne, il matrimonio, la giusti-zia sociale e le indicazioni dottrinalicontenute nel Concilio e nel Catechi-smo universale della Chiesa cattoli-ca» (p. 38). Per l’elezione del vesco-vo di Lugano, «la norma del ressor-tissant tessionois, legata al momentoin cui la diocesi di Lugano è nata, èstata sentita subito come troppo re-strittiva, ma intanto è ancora valida eda rispettare». Mons. Grampa non

condivide l’idea che il sacerdote can-didato debba essere anche «incardi-nato» [cioè compreso tra gli attivi indiocesi]: «anche un prete ressortissanttessinois [cioè cittadino ticinese], nonincardinato, perché religioso o resi-dente altrove, può entrare in conside-razione» (p. 39).

Primato della coscienzaMons. Grampa afferma con forza lasua adesione alla dottrina conciliaresul primato della coscienza. «Il pri-

mato della coscienza è valore decisi-vo non solo nel dialogo interreligioso,lo è anche e soprattutto sul piano diuna educazione alla fede che non puòpiù affidarsi, come in passato, alla for-za dell’ambiente, delle tradizioni. Vi-sitando la nostra diocesi quante volteho toccato con mano la forza delle no-stre radici religiose ma insieme la ne-cessità di affidare la trasmissione del-la fede alle giovani generazioni: piùalla scelta consapevole, cioè alla for-mazione della coscienza, che alle con-suetudini ereditate dal passato» (p. 50).

«aperta, libera, intelligente, responsabile»

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che tipo di papato sia stato fin quaquello di Ratzinger, cioè fondamen-talmente un papato che ha fatto qual-che passo indietro rispetto al Conci-lio Vaticano II. Questo mette in diffi-coltà, automaticamente, anche tutti ivescovi «conciliari». Io ritengo cheGrampa sia un «conciliare», lo ha di-mostrato molte volte. Non riesco per-ciò a sintetizzare il suo episcopatooscillando tra «è stato un bravo ve-scovo» e «è stato un cattivo vescovo».Potrebbe anche essere un «vorrei, manon posso». C’è stata tutta una seriedi cose sulle quali da Roma non gliavrebbero mai dato il «via libera» difare. Faccio un esempio: le confessio-ni comunitarie. Se Roma dice «no»,che cosa può fare un vescovo?

Ernesto Borghi – Alcune sue letterepastorali sono state di ottimo livello…Quella intitolata «Non hanno più vi-no» gli ha attirato contro reazioni vi-rulente, laddove il Vescovo integravanella lettera pastorale la proposta del-la Pastorale familiare della Diocesi aripensare la questione dei divorziati ri-sposati. Questo fatto gli ha scatenatocontro critiche di vario genere: anzi-tutto, in Diocesi, da parte di coloro chesi dice avessero contribuito da vicinoalla sua nomina (in particolare taluniesponenti «ciellini»). Dal Vaticano sidice abbia ricevuto una dura repri-menda, a testimoniare l’idea non cri-stiana che certi ambienti hanno dellalibertà dei figli di Dio e del rispettoevangelico. Su questo, come su altritemi, Monsignor Grampa si è dimo-strato innegabilmente coraggioso. Cheegli abbia sposato e sposi integral-mente lo spirito del Vaticano II, è as-sai difficile dire…

Carlo Silini – Quando si fece il toto-vescovo, nel 2003 e 2004, si dissechiaramente che Grampa non era un«parrocchialista» né un «movimenti-sta». Lui questo profilo lo ha confer-mato, e questo lo ha condannato acamminare da solo, tra le due sponde.Il suo profilo di «indipendente» (loaveva fin dall’inizio rispetto ai duegruppi) ha un che di messianico, per-ché cerca di risolvere da solo i pro-blemi, ma attenua anche la sua re-sponsabilità. Io ho anche l’impressio-ne che abbia pagato pegno ai «movi-mentisti», perché se è diventatovescovo lo deve senz’altro all’appog-gio di costoro alla sua candidatura

quando è arrivata a Roma. C’è addi-rittura chi sostiene di avere le prove,ma questo a me non interessa: è la po-litica, le cose vanno così… Bisognachiedersi allora se Grampa ha dato al-meno gli stimoli necessari per un cam-biamento.

Alberto Lepori – Alcune deficienzeche oggi notiamo dipendono anche dalmodo con cui Monsignor Grampa haretto la Diocesi. I consigli pastorale epresbiterale, istituiti dopo il Concilio,hanno contato sempre meno. E nep-pure è stato fatto lo sforzo di farli co-noscere. L’esempio di Martini era unaltro: a intervalli ben precisi si face-vano, tra il cardinale e i suoi preti, de-gli incontri che duravano due giorni.Qui non è mai successo niente di si-mile. Consultazioni anche iniziate–come il Comitato dei garanti per il«Giornale del Popolo» – sono morteperché nessuno si curava di dare unseguito a quel che si discuteva, non sifacevano neppure i verbali delle se-dute! Perché noi pensiamo al Vesco-vo come a colui che non ha risoltocerti problemi della Diocesi? Perchénon si è preoccupato abbastanza didelegare, affidando precise responsa-bilità a collaboratori, stabili o tempo-ranei, era sempre lui a occuparsi ditutto. Capisco che dietro questo pro-blema c’è quello delle persone dispo-nibili, che non può ridursi alla dispo-nibilità dei preti. Bisogna avere a di-sposizione del personale laico, ancheda retribuire… Il problema finanzia-rio (e Monsignor Grampa lo ricono-sceva al secondo posto tra le sue pre-occupazioni già nel 2005) è stato deltutto trascurato, almeno per quanto ri-guarda le necessità pastorali.

Ernesto Borghi – Con l’episcopatoattuale è stata costituita, in continuitàanche con l’ultimo scorcio dell’epi-scopato Torti, una serie di uffici e diservizi pastorali (penso all’incaricoche ho io, di coordinatore della for-mazione biblica nella Diocesi) che pri-ma non esistevano. Certo, se il dena-ro che sostiene alcuni di questi servi-zi fosse venuto solo dalla Diocesi, pro-babilmente sarebbero già venuti menoo non sarebbero neppure nati. D’altraparte, con l’avallo esplicito del Ve-scovo attuale, la Fondazione Torti-Bernasconi ha potuto operare a sup-porto economico di tali incarichi e ciòè un fatto certamente positivo. Il Ve-

scovo Grampa ha fatto in modo che sipotesse lavorare nell’ambito della ca-techesi e della formazione a livellomolto largo, e grazie a lui è stata datala possibilità dimuoversi in diverse di-rezioni, raggiungendo anche personelontane dagli ambienti ecclesiali inquanto tali… La scelta di don SandroVitalini come pro-vicario generale (unuomo dallo spessore culturale note-volissimo e con un cuore davveroevangelico, che, se fosse diventato ve-scovo nel 1985, forse lo sarebbe statosino a pochi mesi fa o lo sarebbe an-cora…) ha reso possibili molte inizia-tive non solo culturali, al di là dellepersonali possibilità del Vescovo.

EnricoMorresi –Visto che parliamodi preti e di pastorale, vorrei sottoli-neare l’impegno delVescovo Grampasul fronte della liturgia. L’ha sempreconsiderato un suo dovere centrale, fi-no ad adottare qualche fastosità che sipuò ritenere superata nelle forme e neigesti. La riforma liturgica del Conci-lio l’ha difesa unguibus et rostris. Lesue uscite estemporanee – à côté deltesto scritto – hanno dato vivacità al-le sue prediche. Qualche volta mi so-no parse inopportune,ma sono damet-tere sul conto della sua generosità, chelo porta spesso ad andare sopra le ri-ghe.

Ernesto Borghi – Sulla religione nel-le scuole, la sperimentazione attuale èfrutto di un’apertura d’orizzonte cheil Vescovo Grampa ha operato, d’in-tesa certo con altre istituzioni, anzi-tuttoil DECS e la Chiesa evangelicariformata cantonale, ma che gli deveessere riconosciuta come scelta anchecontro ambienti cattolici particolar-mente apologetici, che certamente glistanno «alle costole» con determna-zione.

Enrico Morresi – Non dimenticoneppure il placet dato alla fusione del-le due associazioni di scout. Si sa be-nissimo che una parte delle sezioni«cattoliche» non era d’accordo. Mail Vescovo ha detto «sì» e queste se-zioni hanno dovuto accettare di orga-nizzare la (più che legittima, del re-sto) formazione cristiana dei giovanicon strutture a parte, senza insisterein una separazione – cattolici da unaparte, «laici» dall’altra – che risale aMonsignor Bacciarini: quasi cent’an-ni fa.

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fuori, laici non incoraggiati – Le difficoltà finanziarie – In

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«Caritas», la Facoltàdi teologia e i seminariAldo Lafranchi – Istituzione dioce-sana, occupata da CL, Caritas Ticinovive e opera in stato di divorzio dallaCaritas centrale dei vescovi svizzeri.Per la diocesi un tema spinoso. Non sisa se il vescovo la questione l’abbiaaffrontata. Probabilmente si sarebbescontrato con un ostacolo insormon-tabile. La cosa gli avrebbe richiestotroppe energie, a scapito di altri inve-stimenti considerati meno dispersivi.

Alberto Bondolfi – Ho vissuto tuttigli anni di questo episcopato fuori Ti-cino, e quindi il mio punto di vista èdel tutto particolare. Ho notato conpiacere che Monsignor Grampa haoperato attivamente nell’ambito dellaConferenza deiVescovi svizzeri, rom-pendo così una certa quale tradizioneche vedeva i vescovi del Ticino nonparticolarmente attivi. Su questo horaccolto voci elogiose parlandone conaltri membri della stessa Conferenzaepiscopale. La presenza di ticinesi nel-le commissioni di questa Conferenzanon è del tutto adeguata. Il clero piùgiovane non ha contatti continuati conle altre regioni svizzere e sembra cul-turalmente più legato al contesto ita-liano che a quello svizzero. I vescoviticinesi devono saper guardare sia anord sia a sud, e ciò richiede una sen-sibilità non comune.

ErnestoBorghi –Sulla Facoltà di teo-logia, Monsignor Grampa ha presoun’intensa e giusta posizione due an-ni fa contro certe derive apologetiche,autoreferenziali e anticonciliari chevari professori della Facoltà avevanoassunto e, temo, continuano ad assu-mere. Ha difeso l’attuale rettore,Mon-signor Chiappini, contro alcune criti-che ingiuste che gli sono state varia-mente rivolte. Fu, d’altra parte, inutil-mente frettoloso, quando, appenaconsacrato, riconfermò don LiberoGerosa per un secondo quadriennio direttorato. D’altra parte, un’incidenzadiretta del Gran Cancelliere non pareesserci stata all’interno della Facoltàdi teologia, forse anche per rispettodell’autonomia di questa istituzioneaccademica, che rimane molto menoutile alla Svizzera italiana di quantopotrebbe essere, sia dal punto di vistascientifico sia dal punto di vista delladivulgazione teologica e storico-reli-

giosa, per l’idea autoritaria e apolo-getica ella teologia e dell’evangeliz-zazione che guida certi docenti per lalimitata interazione anzitutto conl’azione formativa della Diocesi.Un’altra questione importante è quel-la della formazione dei presbiteri neidue seminari diocesani, che resta as-sai problematica per molte ragioni eche dovrà essere affrontata dalVesco-vo attuale se il suo ministero sarà pro-lungato, come pure da chiunque ver-rà dopo di lui.

Lo rimpiangeremo?Alberto Lepori – Sul «Giornale delPopolo» del 7 luglio è stato pubblica-to un «programma» esposto da donItaloMolinaro ai preti. Presentato nel-l’ultimo anno di episcopato, è senzadubbio un bel programma (forse trop-po esteso, e ancora senza indicazionidi priorità). Se uno lo confronta conquanto esiste inDiocesi, potrebbe trar-ne una constatazione piuttosto impie-tosa. Come richiamo dei temi da af-frontare è senz’altro utile: sia nei«tempi supplementari» che fosseroconcessi aMonsignor Grampa, sia co-me proposte per il successore. Poi an-che Don Zanini (GdP del 14 luglio)critica la ridotta attuazione della ri-forma liturgica, ma non fa proposte, ePadre Callisto (21 luglio) indica l’im-portanza della diaconia, con molte«cose» ancora da fare…

EnricoMorresi – Io credo che lo rim-piangeremo. La vedo male la succes-sione rebus sic stantibus, cioè conl’aria che tira a Roma e anche in dio-cesi. Monsignor Grampa potrebbe ri-manere ad nutum Sanctae Saedis, cheè un termine burocratico per dire: «alcenno» di chi può decidere se puoi sta-re o devi andartene. (Il latinorum se-guita a essere un modo per farla in-ghiottire ai poveri, come ai tempi del-l’Azzeccagarbugli, ed è comeminimoun linguaggio poco evangelico).

Ernesto Borghi – Se il Vescovo do-po di lui sarà una persona più equili-brata, meno accentratrice, più rispet-tosa delle idee altrui, più colta e piùrasserenante, non lo rimpiangeremo.Se invece il Vescovo prossimo saràespressione di qualche posizione ec-clesiale rigida ed eticamente morali-stica – e le possibilità in tal senso, pur-troppo, sussistono – allora penso pro-

prio che lo rimpiangeremo. Infatti, nelquadro in cui ci troviamo, sia pure traluci e ombre, sia pure con prese di po-sizione incomprensibili, con veemen-ze fuori luogo, che lo hanno portatoanche a far sembrare o diventare sba-gliate talune cose giuste dette o fatte,ilVescovoGrampa ha permesso e per-mette all’eterogeneità del cristianesi-mo-cattolico ticinese di esprimersi conlibertà. E questo è comunque, conl’aria che tira in varie parti della Chie-sa e della società, davveromoltissimo.

Aldo Lafranchi – La nomina del suc-cessore dirà se Roma, cui purtroppospetta ancora la scelta dei vescovi (nel1986 la Chiesa locale a larga maggio-ranza aveva designato vescovo SandroVitalini!), ami o non ami la Chiesa ti-cinese. La amasse, le risparmierebbela dolorosa esperienza di lacerazionedel tessuto ecclesiale avvenuta per unperiodo nella seconda metà del secoloscorso. L’esponente di un movimento«ecclesiale» come CL (o l’Opus Dei)introduce di fatto una separazione, ladistinzione tra cattolici di serieA e cat-tolici di serie B, dovuta a una soprav-valutazione del movimento, un plus va-lore per la consapevolezza che ilciellino fa di se stesso e del gruppo. Ilmovimento diventa la prima cosa, lapiù importante. Si spiega così perchéuna persona intelligente come ClaudioMésoniat non ce l’abbia fatta a non tra-sformare il GdP in giornale di CL eperché Caritas Ticino non si adatti allaCaritas dei vescovi svizzeri. Loro sonoi più bravi. Queste cose Roma non puònon saperle.Anche se, guardandoci at-torno c’è poco spazio per le illusioni.

Chiese vuote. Secondo una stima delConsiglio esecutivo della Chiesa ri-formata del canton Zurigo, due terzidelle chiese della città di Zurigo sonosuperflue e causano spese insopporta-bili alle comunità: invece di 47 chiesene basterebbero 20. Di qui la propo-sta, avanzata da alcuni, di usare gli edi-fici a turno: il venerdì per i musulma-ni, il sabato per ebrei e avventisti, ladomenica per i cristiani, proposta cheha sollevato proteste e scandalo, e dif-ficoltà di attuazione.Mons. Sterkman,vicario episcopale della diocesi di Ba-silea, ha ricordato che per molti seco-li si sono avute nella Svizzera setten-trionale «chiese paritarie», utilizzateda cattolici e protestanti.

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equilibrio tra movimenti e parrocchie – Lo rimpiangeremo?

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Notizie belle e buoneI Vescovi svizzeri (e anche qualche amico prete) ci hannoinvitato a pubblicare «belle e buone notizie»: cerchiamoancora di accontentarli.

Volontariato. In Svizzera, una persona su quattro (il 29%delle donne, il 25% degli uomini) è attiva volontariamen-te in associazioni e istituzioni, accanto agli impegni fami-gliari. Secondo l’Ufficio federale di statistica, il volonta-riato rappresenta un valore monetario di 370 miliardi al-l’anno, oltre ai vantaggi in relazioni umane, sostegno spi-rituale e nuove esperienze.

Per i diritti umani. È stato inaugurato a Berna, il 6 mag-gio, un Centro svizzero di competenza per i diritti umani,avente per scopo, attraverso conferenze e scambio di in-formazioni, di sostenere le autorità e la società civile edeconomica nel rispetto dei diritti umani. Pur non rispon-dendo ai criteri internazionali prescritti in materia, per leONG attive nel settore costituisce un primo passo nellabuona direzione, con un periodo sperimentale di quattroanni e un contributo federale annuo di un milione.

Solidarietà cantonale. Il governo di Friburgo ha sottopo-sto al parlamento un progetto di legge sulla cooperazioneallo sviluppo e all’aiuto umanitario, in applicazione al-l’art.70 della Costituzione che impone al Cantone di atti-varsi in tal senso. Friburgo ha destinato nel 2011 a questoaiuto l’importo di fr.170.000 (lo 0,5 per mille del preven-tivo statale). La città di Ginevra, nel quadro di un suo pro-gramma strategico di sviluppo durevole, prevede di desti-nare entro il 2018 lo 0,7% del suo budget (attualmente videdica lo 0,47%) a progetti di aiuto in città come Dakar,La Paz, Sofia, Asuncion, in collaborazione con la Federa-zione ginevrina di cooperazione, alla quale ha versato nel2009 di 1,8 milioni di franchi. E il Ticino?

Laureato. Lo scorso giugno, all’Università di Bergamo, èstata conferita la laurea honoris causa a mons. Loris Ca-povilla, già fedele segretario, prima a Venezia dal 1953 al1958 e poi dal 1958 al 1965 del patriarca Giuseppe Ron-calli, infine di papaGiovanniXXIII. Ritirato a Sotto ilMon-te, mons.Capovilla ha 96 anni (è prete da settantuno) e cu-ra con scritti e interventi la memoria del Papa del Conci-lio e della Pacem in terris.A conferirgli l’onorificenza ac-cademica è stato l’Istituto europeo dell’Accademia russa(ma sì!) delle scienze; tra i messaggi augurali quello del(già comunista) presidente Giorgio Napolitano, e del (giàprimo ministro) Mikail Gorbaciov. «Koinonia», che dif-fonde la buona notizia, non cita rallegramenti giunti dalVaticano ….

Dodici ragazze generose. Dodici volontarie del Mendri-siotto, accompagnate dai parroci don Crivelli e don Mini-strini, hanno passato due settimane delle loro vacanze aCalcutta, lavorando nelle opere delleMissionarie della Ca-rità, fondate da Madre Teresa, recando la somma di fr.50.000 raccolta in occasione del Natale, e medicinali mes-si a disposizione dal farmacista cantonale. Bella notizia diuna buona azione.

Basilea rispettosa… Il Cantone di Basilea Città ha pro-gettato di offrire agli anziani di religione musulmana unservizio sociale che tenga conto delle loro particolari esi-

genze per quanto riguarda il cibo, la lingua, il personalecurante. Si calcola che questa esemplare preoccupazione«costerà», nei prossimi 15 anni, quattroceno posti in isti-tuti medico-sociali. Case di accoglienza rispettose delleesigenze religiose delle minoranze già esistono in Sviz-zera per iniziativa della comunità ebraica e degli avventi-sti.

Prego, sorrida! Un libro recentemente pubblicato in Bel-gio (alle edizioni «Fidélité» di Namur) raccoglie sotto iltitolo «Il riso e le religioni» gli atti di un convegno svol-tosi nel 2009 all’università cattolica di Lovanio, dedicatoall’umorismo nelle diverse religioni, con la collaborazio-ne di celebri umoristi e caricaturisti. Da regalare ai reli-giosi dal pianto facile sulle nequizie del tempo. Più effi-cace la decisione della Chiesa cattolica del canton Argo-via, che per festeggiare i collaboratori volontari (diecimi-la, nelle diverse parrocchie e comunità) ha organizzato unincontro festoso, conclusosi con uno spettacolo al CircoMonti.

Osare la fraternità.Un gruppo di vallesani di diversi par-titi, appartenenti al Movimento politico per l’unità, ha ela-borato una «Carta della fraternità» in otto punti, destinatasia ai politici sia al semplice cittadino, per favorire l’im-pegno di tutti ad un dialogo rispettoso e al conseguimen-to del bene comune. Si attendono adesioni.

Succede in Papuasia. Il vicario generale di un arcivesco-vo della Papuasia ha approvato un programma di infor-mazione sull’educazione sessuale e la salute riproduttivadestinato agli adolescenti nel distretto di Merauke (Indo-nesia). Tra gli scopi del programma, la lotta all’AIDS el’adeguata conoscenza della trasmissibilità della malattia.Il tasso di infezione in Papuasia è del 2,5%, specialmentenella fascia d’età dei 15- 34 anni: è una delle regioni piùinfette del mondo, dopo l’Africa.

Onore alle donne. Il Premio Marga Bührig è stato attri-buito a Beatrice Bowald, teologa ed eticista di Kriens, e aKlara Butting, pastora riformata tedesca e specialista delPrimoTestamento. Beatrice Bowald ha pubblicato nel 2010una ricerca sulla prostituzione; Klara Butting uno studio,in via di pubblicazione, sulla spiritualità biblica e la re-sponsabilità sociale. Il premio è stato istituito per ricorda-re la teologa femminista morta nel 2002 e sostenere studinel settore della teologia femminista. Altre buone notizie.Eva Maria Faber, nominata nel 2007, è stata confermatarettrice dell’Alta scuola teologica di Coira per un nuovoperiodo di quattro anni. Confermata per un nuovo manda-to anche Birgit Jeggle Merz, professoressa di liturgia. Duealtre donne sono state onorate con la nomina alla direzio-ne di importanti organismi ecclesiastici in Norvegia: ElseBritt Nilsen, teologa domenicana di 64 anni, è la primadonna (e prima cattolica) che presiederà l’ecumenico Con-siglio delle Chiese cristiane; il vescovo (vescova?) lutera-no di Borg, Helga Haugland Byfuglien è stata eletta pre-sidente dei vescovi del Paese.

Pregano in strada. Un venerdì dello scorso luglio, causala presenza di molti turisti musulmani, i fedeli convenutialla moschea di Eaux-Vives di Ginevra hanno dovuto ac-contentarsi del marciapiede antistante, turbando la circo-lazione e violando la legge cantonale che vieta manifesta-zioni religiose negli spazi pubblici. La notizia sarebbe piùbella se fosse accaduta per una messa cattolica.

No. 218 notizie belle e buone 10

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Un gruppo di presbiteri e laici delladiocesi di Milano, il 12 giugno 2011,solennità di Pentecoste, ha scritto unalettera di ringraziamento al cardina-le Dionigi Tettamanzi che terminavail suo servizio quale arcivescovo. Lalettera è stata pubblicata dalla rivi-sta «Il Regno» di Bologna, sotto-scritta in un primo tempo da ottantamilanesi (v. il n. 1103 del 15 giugno):tra esse parecchie personalità delmondo ecclesiastico ed accademicoche la redazione di «Dialoghi» stima,per cui la facciamo conoscere ai no-stri lettori.

Eminenza,in questo periodo in cui è previsto l’av-vicendamento sulla cattedra di san-t’Ambrogio intendiamo farle perveni-re i nostri più sinceri ringraziamentiper la qualità e la misura, la sostanzae le forme del suo ministero episco-pale nella Milano di questo inizio dimillennio.In questi anni abbiamo apprezzato laqualità pastorale della sua proposta,che ci ha invitato a vivere e a sognareuna Chiesa sul modello del Concilio:appassionata alla causa del SignoreGesù, autenticamente missionaria,quasi «testarda» nell’interpretare lavocazione al confronto franco, alle ra-gioni del dialogo con tutti nella co-munità cristiana e con tutti gli uominie le donne di buona volontà, con tuttii credenti delle diverse confessioni cri-stiane e tradizioni religiose.Abbiamo parimenti apprezzato la mi-sura del suo governo, pacata e bene-volente, preoccupata non già di co-mandare autoritariamente, quanto diconvincere e persuadere l’interlocuto-re, accompagnandolo con la saggezzadi un padre e di un pastore.Le siamo riconoscenti poi per la so-stanza delle cose che ha insistente-mente riproposto a noi cattolici am-brosiani, in continuità con la tradizio-ne che nel secolo scorso ha visto la le-zione dei suoi predecessori, gliarcivescovi Ferrari, Tosi, Schuster,Montini, Colombo e Martini.La porteremo sempre nel cuore, me-mori anche delle forme concrete delsuo magistero, rilegate nel suo mottoepiscopale «Gaudium et pax» (gioia epace). Una gioia che nasce dall’in-contro col Risorto e che non può es-sere scalfita dalle accuse e dalle catti-verie che accompagnano la vita di chitestimonia l’Evangelo; la pace poi che

si diffonde su tutti, sui piccoli e suigrandi, sui buoni e sui cattivi, su quan-ti sono sinceramente credenti e suquanti sono sinceramente in ricerca. Eanche su quanti si trincerano dietrol’ipocrisia, il rancore e l’ostinazione,Ci sorregge, infine, il costante invitoa ricalcare le orme del suo amato Pao-lo VI, maestro e testimone di una de-dizione tenace al Signore Gesù, diun’inquieta ricerca per parlare al cuo-re degli uomini e delle donne nostricontemporanei, privilegiando soprat-tutto i poveri e gli emarginati, propo-nendo a se stesso (e a tutti noi) l’ico-na dell’«uomo spirituale». Come ri-corda san Paolo: «L’uomo mosso dal-lo Spirito giudica ogni cosa, senzapoter essere giudicato da nessuno» (lCor 2,15).(seguono le firme)Il nuovo arcivescovo di Milano, car-dinale Angelo Scola è nato a Malgra-te (Lombardia) il 7 novembre 1941,dottore in filosofia dell’Università cat-tolica di Milano, prete dal 1970, haquindi studiato teologia a Friburgo,dove ha anche insegnato. In quegli an-ni ha partecipato al movimento «Co-munione e Liberazione» ed è diventa-to amico del futuro vescovo di Luga-no Eugenio Corecco. Assieme al fu-turo papa Joseph Ratzinger partecipaalla creazione della rivista internazio-nale «Communio» (antagonista di«Concilium», espressione dei teologipromotori di una interpretazione «pro-gressista» del Vaticano II); quindi oc-cupa diversi importanti uffici eccle-siastici.Vescovo di Grosseto nel 1991,rettore dell’Università del Laterano(1995), infine patriarca di Venezia(2002).

La nomina è stata salutata da monsi-gnor Grampa, vescovo di Lugano, co-me «un grande dono per tutti», per lasua competenza teologica e la cono-scenza del Ticino («Giornale del Po-polo» del 30 giugno).

Per l’agenzia romana «Adista» (9 lu-glio 2011) il cardinaleAngelo Scola èstato dal Papa nominato arcivescovodi Milano nonostante i suoi quasi 70anni di età, che gli consentiranno po-chi anni di «governo» della diocesi ;nonostante rivestisse il ruolo di pa-triarca di Venezia, città da cui i suoipredecessori si mossero solo per es-sere eletti papi; nonostante la sua sto-

ria ecclesiale, distante dalla linea teo-logico-pastorale seguita negli ultimidecenni dalla diocesi ambrosiana; no-nostante da Milano, nel 1970, Scolafosse stato addirittura allontanato, al-lora seminarista del Venegono, e co-stretto a farsi prete a Teramo; nono-stante la sua smaccata appartenenzaciellina, che crea un oggettivo «con-flitto di interessi» in una Regione do-minata dal movimento fondato da donGiussani.

La rivista «Confronti» (Roma, luglio-agosto) sostiene che con Scola vieneinterrotta la linea conciliare Martini-Tettamanzi. Si osserva: «Sulla lagunail patriarca ha promosso l’iniziativa diOasis, per favorire un rapporto ami-chevole, schietto e senza pregiudizia-li con l’islam, e certamente si espri-merà a favore della costruzione di unagrande moschea a Milano, malgradol’opposizione della Lega. Si può in-somma essere certi che il neo arcive-scovo si farà notare per interventi pro-gressisti sui temi sociali e del rispettodel pluralismo religioso, nel contem-po, però, riaffermando la centralitàdella Chiesa romana, il cui magistero– a suo parere – è l’istanza supremaper decidere sulle conseguenze dellalegge naturale a proposito dei ‘princi-pi non negoziabili’».

Secondo Giancarlo Zizola – l’ottimoinformatore religioso, collaboratore di«Dialoghi», purtroppo deceduto il 14settembre – la nomina di Scola rap-presenta bene «un pontificato che sinarra come proiezione dell’autobio-grafia di Joseph Ratzinger nelle scel-te istituzionali». («la Repubblica» del30 giugno)

Per Vittorio Bellavite, coordinatorenazionale dell’associazione «Noi sia-mo Chiesa», «questa nomina è il pro-dotto di una imposizione dall’alto, chelascia sconcertata gran parte della dio-cesi, che vede ritornare da vescovochi, a suo tempo, non fu accettato co-me prete. Le consultazioni sono statecondotte, in segreto, in ristretti circuitiecclesiastici. Inoltre, la storia perso-nale del card. Scola e le sue posizio-ni preconizzano per il suo episcopatouna diretta contraddizione con gli epi-scopati dei cardinali Martini e Tetta-manzi. Ciò è percepito immediata-mente dall’opinione pubblica cattoli-ca e non, che pure avverte che questa

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A MILANO, DA TETTAMANZI A SCOLA

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nomina potrebbe essere poco capacedi capire il nuovo corso della città diMilano dopo le recenti elezioni. Tra icollaboratori del card. Tettamanzi sicerca di sostenere che sono la dioce-si e le situazioni concrete che “fanno”il vescovo, che può essere “converti-to” (come avvenne per mons. Rome-ro…!).

Federico Zanda, giàmembro del Con-siglio pastorale diocesano, ha osser-vato: «L’episcopato del card. Martiniha messo al centro la Parola, Gesù de-ve “crescere”, la Chiesa “diminuire”.Forte impulso all’ecumenismo, al dia-logo ìnterreligioso, almondo che cam-bia. Ascolto dei “segni dei tempi” edialogo con laici, modernità, diversa-mente credenti. La profezia biblica erala sua posizione verso la politica. Tet-tamanzi ha accentuato l’attenzione aipoveri, agli ultimi, alle vittime. Ha cri-ticato il potere, ha ascoltato la gente,intervenendo in modo concreto. Sco-la ha una formazione filosofica menoattenta al primato della Parola. La suastoria, in particolare la vicinanza a CL,sembra presagire una maggiore con-trapposizione al mondo laico, il pri-mato dei ‘principi non negoziabili’ e,in politica, la difesa dei privilegi del-la Chiesa. L’albero si vedrà dai frutti.Speriamo che lo Spirito soffi con po-tenza».

Anche «Dialoghi», naturalmente, siaugura che Scola sia un ottimo arci-vescovo. La realtà della metropoli mi-lanese, per tanti aspetti, è «pesante»e a poco le serviranno le rigidità in-tellettuali. Il primato della carità, epure quel sano pragmatismo che è nelcodice genetico della Chiesa ambro-siana, possono aiutare un uomo intel-ligente come l’arcivescovo Scola a di-mostrarsi non troppo diverso dai pa-stori che l’hanno preceduto sulla cat-tedra di San Carlo.

Una Chiesa accogliente. La Celi(Chiesa Evangelica Luterana in Italia),riunita nel Sinodo annuale, celebratoa Roma tra il 12 e il 15 maggio, ha ap-provato la relazione della Commissio-ne sinodale in merito alle benedizioniper le persone, etero o omosessuali,che vivono forme di «comunione di vi-ta particolari». Secondo il Sinodo lu-terano, «Compito di unaChiesa è quel-lo di accompagnare le persone in tuttii modi di vivere. Con la benedizionedi Dio, le persone possono sentirsicreature amate e accettate indipen-dentemente dal giudizio altrui».

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«Noi siamo Chiesa»agli inizi in Italia

Il 19 giugno scorso si è tenuta a Ro-sate, vicino a Milano, l’Assembleadella sezione italiana del movimentointernazionale «Noi siamo Chiesa»,presente una quarantina di persone divarie regioni italiane, soprattutto Pie-monte, Lombardia, Liguria, EmiliaRomagna. La lunga presentazione deipartecipanti (ognuno diceva qualcosadi sé) è stata di per sé molto interes-sante: persone impegnate nel sociale,nel volontariato, la promozione delladonna, l’integrazione degli immigra-ti stranieri; alcuni rappresentanti delmovimento dei preti operai, dei pretisposati, dei cattolici omosessuali.

Originale l’idea di inserire l’incontronella Messa, che è quindi cominciatala mattina, con la Liturgia della Paro-la, per poi proseguire con la Celebra-zione Eucaristica prima del pranzo efinire con il Padre Nostro e un ab-braccio di pace.

Alle letture bibliche hanno fatto se-guito le relazioni centrali della gior-nata.Vittorio Bellavite, presidente del-la sezione italiana di «Noi siamoChie-sa», ha informato sulle attività delmo-vimento nell’ultimo anno: prese diposizione su temi scottanti come i pre-ti pedofili, il silenzio dei vescovi sulcomportamento privato di Berlusco-ni, l’esposizione del crocifisso nellescuole, la beatificazione di papaWoj-tyla, la nomina del nuovo arcivesco-vo di Milano, le celebrazioni del-l’unità d’Italia.

Per quanto riguarda l’anno prossimo,vi sarà a Milano un incontro mondia-le sulla famiglia e si vorrebbe orga-nizzare un incontro alternativo sul te-ma; continua inoltre la preparazione,a livello internazionale, del progetto«50 anni dal Concilio Vaticano II».

Luigi Sandri, giornalista e saggista, haproposto una riflessione sul magiste-ro che, se si guarda la storia dellaChiesa cattolica lungo i secoli, nonpuò che essere relativizzato; l’attualePapa invece, e coi lui i vescovi italia-ni (CEI), pretendono di esercitare ilmagistero su tutti i temi sensibili chela società di oggi deve affrontare – equesto con il consenso di molti espo-nenti della politica, non soltanto cat-tolici. Ha parlato quindi Franco Fer-

rari, dell’organizzazione «I viandan-ti» (rete di gruppi di base di Parma):c’è un grande disagio di fronte alle po-sizioni della CEI e difficoltà a far sen-tire voci diverse. I gruppi non allinea-ti con la CEI sono frammentati, agi-scono in una ristretta dimensione lo-cale, comunicano poco tra di loro. Sispera di migliorare la situazione ser-vendosi del nuovo sito internet. An-che Roberto Fiorini, prete operaio diMantova, ha invitato a visitare il sitodel suo movimento per conoscerne larealtà e il messaggio; ha ricordato cheil regno diDio è più grande della Chie-sa, e che «la» Chiesa è più grande del-la sola Chiesa cattolica. Infine, ancheMauro Castagnaro ha osservato che èforte l’esigenza di coordinare le atti-vità di «Noi siamo Chiesa» con quel-le promosse da altri gruppi e movi-menti.

All’organizzazione del movimento èstata dedicata la discussione del po-meriggio. Si vorrebbe ampliare la pre-senza di gruppi locali, soprattutto nelCentro e del Sud Italia. Sarebbe au-spicabile organizzare nelle varie cittàeventi sui temi «scomodi» di cui nes-suno parla nei media più diffusi; unadifficoltà è però il finanziamento, da-to che il movimento non può contaresu molti iscritti e grandi risorse eco-nomiche. Per il 2012 ci si concentre-rà comunque, a livello nazionale, sul-le celebrazioni, che avverranno anchein altri Paesi, non solo europei, del cin-quantesimo anniversario del ConcilioVaticano II.

Marina Sartorio

Un incontro a Luganoil 26 novembre

Sia il movimento «Noi siamoChiesa» sia, più in particolare, ilprogetto «50 anni dal ConcilioVaticano II» destano interesseanche da noi in Ticino. Segna-liamo che il 26 novembre si ter-rà (luogo e orario saranno comu-nicati dalla stampa) un incontroaperto a tutti per valutare la pos-sibilità di iniziare nella nostraDiocesi un gruppo locale delmo-vimento e di ricordare i cinquan-ta anni del Concilio.

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Ai piedi della scala. Il Centro diorientamento pastorale di Roma harealizzato negli scorsi mesi un’inda-gine sul laicato nelle parrocchie ita-liane, interrogando 516 persone, inprevalenza uomini, tra cui 89 preti ediaconi e 38 consacrati, per eviden-ziare chi sono e che cosa fanno i laicinelle parrocchie. Il risultato rivela co-me il Concilio sia ben lungi dall’es-sere stato recepito per quanto riguar-da «la dignità battesimale» del laica-to (vedi «Il Regno» 15 luglio 2011);una analoga (e auspicabile) indagineticinese non dovrebbe dare risultatimolto diversi. Intanto, la Curia roma-na, nonostante la vantata fedeltà alConcilio, per rimpiazzare il laico Car-riquiry Guzman, già sottosegretariodel Consiglio pontificale dei laici epromosso alla Commissione pontifi-cale per l’America latina, ha scelto unprete spagnolo, membro dell’OpusDei. Il Consiglio dei laici ha per pre-sidente un cardinale polacco, per se-gretario un vescovo tedesco. A cin-quant’anni dal Vaticano II, che avevamesso al primo posto «il popolo diDio», anche a Roma i laici sono sem-pre in fondo alla scala.

Preti disobbedienti. Il 19 giugno, do-menica della Trinità, un gruppo di cir-ca trecento parroci e cinquanta diaco-ni austriaci ha lanciato «Un appello al-la disobbedienza». Radunati dal 2006sotto la sigla «Iniziativa dei parroci»e schierati su posizioni vicine a quel-le della piattaforma «Noi siamo Chie-sa», nata nei paesi di lingua tedescanel 1995 e poi diffusasi in tutta Euro-pa, i parroci disobbedienti richiama-no in effetti richieste già espresse inaltre occasioni: ma l’elemento nuovoe dirompente è l’invito esplicito alladisobbedienza, a causa della chiusurae dell’indisponibilità dei vescovi e diRoma a promuovere la necessaria ri-forma della Chiesa. Affermano dun-que di sentirsi tenuti a seguire la lorocoscienza, e d’ora in avanti porrannoin essere i seguenti segni, per la granparte non ammessi dalla vigente di-sciplina ecclesiastica della Chiesa cat-tolica: a ogni messa faranno una pre-ghiera per la riforma della Chiesa; am-metteranno alla comunione chiunquene faccia richiesta, anche divorziati ri-sposati, membri di altre Chiese cri-stiane e persone uscite dalla Chiesa;non celebreranno nelle parrocchie sen-

za prete («meglio una liturgia della Pa-rola autogestita delle tournée liturgi-che»); faranno tenere l’omelia a laicie laiche competenti; nomineranno perciascuna parrocchia un direttore, uo-mo o donna; coglieranno ogni occa-sione per esprimersi pubblicamente afavore dell’ordinazione delle donne edegli uomini sposati. Infine si diconosolidali con i colleghi che a causa delmatrimonio non possono più svolge-re il loro ministero, ma anche conquelli che nonostante una relazioneportano avanti il loro servizio comepreti. L’invito alla disobbedienza è sta-to, ovviamente, condannato dai ve-scovi, ma anche dalla Comunità di la-voro delle organizzazione del laicatocattolico, che teme una divisione tra ifedeli. Il cardinale Schönborn ha av-viato un dialogo coi promotori delladichiarazione, pur richiamando loro leconseguenze della violazione delle re-gole canoniche.

Finanze vaticane. Per la prima voltadopoquattro anni, le finanzedellaSan-ta Sede e dello Stato della Città delVa-ticano si chiudono in attivo, rispettiva-mente di 9,8 e di 21 milioni di euro. Èdiminuito di 15milioni di dollari l’im-porto raccolto a livello mondiale dalcosiddetto «Obolo di San Pietro», cheha fruttato nel 2010 67,7 milioni.

Ora alternativa. La Consulta torine-se per la laicità delle istituzioni ha ela-borato un corso sperimentale di «Sto-ria delle religioni e del libero pensie-ro», proposto alle scuole secondariesuperiori in alternativa all’ora di reli-gione cattolica. Il progetto ha già tro-vato l’adesione di sei licei torinesi.Secondo i promotori si tratta di com-battere l’analfabetismo religioso, pro-vocato dall’attuale insegnamento im-partito, secondo il Concordato, solo acura della Chiesa cattolica, con unanuova disciplina culturale e scientifi-ca, autonoma dalla teologia e assolu-tamente aconfessionale.

Fanno causa al Papa. Per la primavolta in Europa, un gruppo di vittimedi abusi sessuali chiede un risarci-mento alla Santa Sede. Una causa ana-loga era stata presentata qualche annofa negli Stati Uniti. La richiesta, inol-trata a un tribunale belga da 80 pre-sunte vittime, è diretta contro vescovie superiori e chiede una decisione

provvisoria per i danni subiti. I casidenunciati da testimonianze sono inBelgio 475 e tra le vittime ci sarebbe-ro trecento fanciulli di meno di quin-dici anni, (tredici sarebbero decedutiper suicidio e sei altri l’avrebbero ten-tato). Il Papa viene chiamato con-giuntamente in causa, perché autoritàdi nomina dei vescovi e in quanto re-sponsabile di omessa vigilanza. An-che due associazioni statunitensi cherappresentano vittime di preti pedofi-li vogliono far condannare BenedettoXVI e alcuni vescovi, addirittura per«crimine contro l’umanità» di frontealla Corte penale internazionale del-l’Aia, per non essere tempestivamen-te e decisamente intervenuti a rimuo-vere e punire i trasgressori.

Successo del toto-prete. Un fanta-sioso tedesco ha lanciato, lo scorsoaprile, un originale «totoprete» (Hir-tenbarometer), offrendo agli internautila possibilità di dare consigli e giudi-zi sugli ottomila preti delle venticin-quemila parrocchie. Per la Chiesa pro-testante, dare la parola al pubblico puòessere utile; riservato sin qui il giudi-zio delle autorità cattoliche. La valu-tazione positiva (massimo 6 punti)viene espressa con il colore, più ome-no bianco, di una pecora: i ruoli sonoquindi invertiti, non più il buon pa-store, ma la pecora migliore. Per oraprevale il colore grigio (punti dal 3 al5).Anche i papi vengono valutati: Be-nedetto XVI, dopo 309 giudizi espres-si, aveva una media del 3,88, mentreil beato Giovanni Paolo II ha ottenu-to il punteggio di 4,55 da parte di 130votanti. Se la pensata favorisce l’opi-nione pubblica nelle Chiese, è unabuona idea. La Curia luganese non po-trebbe aprire un sito per la scelta delfuturo vescovo?

Affari religiosi. La Provincia britan-nica della Compagnia di Gesù (inquella storica c’era uno che si inten-deva di vendite...) hamesso all’asta unVangelo di Giovanni, formato tasca-bile, manoscritto risalente alla fine delVII secolo e già dell’eremita san Gut-berto. L’ha acquistato per oltre undi-ci milioni di franchi la British Libra-ry. I gesuiti destineranno la somma adalcune scuole ed edifici sacri in In-ghilterra e a creare un nuovo istitutoin Africa. La tessera d’identità di Al-bino Luciani (poi Giovanni Paolo I),messa all’asta da parte di un prete suoamico, ha reso solo 5.200 euro, che sa-ranno destinati a opere umanitarie.Molto più fruttuosa la vendita del-l’automobile, una Golf grigia metal-

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CRONACA INTERNAZIONALEa cura di Alberto Lepori

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lizzata, appartenuta al cardinale Rat-zinger (poi Benedetto XV). L’ha ac-quistata un giovane tedesco per 9500euro, che poi l’ha rivenduta inAmeri-ca per 190.000 euro.

Contro l’eutanasia. La Comunionedelle Chiese protestanti d’Europa(Ccpe) è contraria a una giustificazio-ne teologica ed etica dell’eutanasia edel suicidio assistito e si impegna indifesa dei diritti umani dei morenti eper una vita e una morte dignitosa. Èla posizione espressa nello studioATi-me to Live and a Time to Die (Un tem-po per vivere e un tempo per morire),primo documento comune della Ccpesu questo argomento. Lo studio è il ri-sultato di una consultazione che hacoinvolto 105 Chiese membri dellaCcpe in 30 Paesi. Il testo si occupa dialcune questioni fondamentali sullamorte da una prospettiva sociale, me-dica e giuridica. Dal punto di vista teo-logico ed etico, le domande di fondoposte sono quelle relative alla defini-zione di vita umana, della responsa-bilità morale e della volontà del pa-ziente.Vengono quindi esaminate que-stioni medico-etiche come la rinunciaa interventi per il prolungamento arti-ficiale della vita, l’implementazionedelle cure palliative, l’eutanasia e ilsuicidio assistito. Constatando chel’atteggiamento delle nostre società sualcune forme di eutanasia e suicidioassistito è cambiato, il documento in-siste sulla necessità di migliorare lecondizioni sociali, l’assistenza medi-ca e le cure per una vita e una mortedignitose. (da «Voce Evangelica»,giugno 2011)

Contro l’omofobia. Il Consiglio deidiritti dell’uomo di Ginevra ha appro-vato con 23 voti (tra cui quello delladelegazine svizzera) contro 19 e 3astensioni, una risoluzione contro lediscriminazioni basate sull’orienta-mento sessuale. Il testo chiede all’Al-to commissario per i diritti umani dielaborare uno studio sulle discrimina-zioni basate sul sesso. Secondo Am-nesty International, l’omosessualità èproibita in 76 dei quasi duecento Sta-ti appartenenti all’Organizzazione del-le Nazioni Unite.

Musulmani in Francia.L’organismopromosso dal Governo francese perrealizzare una rappresentanza unitariadeimusulmani è entrato in crisi, a cau-sa della decisione di due delle tre gran-di federazioni (l’Unione delle orga-nizzazioni islamiche di Francia, UOIF,e la Federazione nazionale della Gran-

de Moschea di Parigi, GMP) di nonpartecipare alle elezioni dei propridelegati al Consiglio francese del cul-to mussulmano (CFCM), presiedutoda un rappresentante dell’Assembra-mento dei musulmani di Francia(RMF), unico rimasto in gara. Moti-vo del boicottagio: la mancata riformadel modo di elezione, fissato in basealla superficie delle moschee, che as-segna un delegato regionale per unasala di preghiera fino a 100 metri qua-drati, fino a 15 per più di 800 metriquadri e 18 delegati alla Grande Mo-schea di Parigi. Secondo il presidentedel Consiglio francese del culto mu-sulmano, Mohammed Moussaoui, inFrancia sono in costruzione da 100 a150 moschee, principalmente finan-ziate dai fedeli, ma i musulmani sonocirca 3,5 milioni, il 62% di età infe-riore ai 35 anni, e frequentano nellapercentuale dal 17 al 23%, per cui gliedifici disponibili sono insufficienti.Secondo il ministro dell’interno dellaFrancia laicista, Claude Guéant, i luo-ghi di preghiera deimusulmani, in die-ci anni, sono aumentati damille a due-mila, circostanza apprezzata perchéevita ai musulmani di pregare in stra-da e ostacolare la circolazione.

Libertà minacciata. Secondo unostudio statunitense, un terzo della po-polazione mondiale, 2,2 miliardi dipersone, vive in Paesi dove la libertàreligiosa è minacciata o limitata. Sui198 Stati considerati, in 23 le limita-zioni sono aumentate in questi ultimianni, in 12 sono diminuite. Tra i pae-si più repressivi figurano la Cina e di-versi stati musulmani, come l’Egitto,l’Iran, l’Arabia Saudita. In altri paesi,come l’Irak, il Pakistan, l’India e l’Af-ganistan, l’intolleranza verso i gruppireligiosi minoritari è particolarmentepresente nella popolazione. Anche ilConsiglio pontificio per il dialogo in-terreligioso ha denunciato, nel mes-saggio rivolto ai musulmani per la fi-ne del Ramadan, i pregiudizi, le pole-miche e le discriminazioni di cui so-no spesso vittime i credenti nella vitasociale e politica e da parte dei media.Particolarmente deplorevoli sono leconversioni forzate in Pakistan di don-ne cristiane costrette a sposarsi conmusulmani, pratica che alcuni reli-giosi musulmani favoriscono e giudi-cano conforme alla charia. In Cina,invece, le autorità cercano, con mez-zi violenti, di costringere preti catto-lici, appartenenti alla «Chiesa clande-stina», ad aderire all’Associazione pa-triottica dei cattolici cinesi, una Chie-sa nazionale indipendente da Roma.

Si stima infine che circa il 50%dei cri-stiani abbiamo abbandonato l’Irak do-po il 2003, a causa degli attentati checolpiscono chiese e singoli cristiani.

Islam italiano. Un Comitato perl’Islam italiano, di 19 membri, è sta-to costituito presso il Ministero degliinterni il 10 febbraio 2010 dal mini-stro Roberto Maroni. Grande assentel’Unione delle comunità e organizza-zioni islamiche in Italia (UCOII),esclusa, secondo le parole del mini-stro, perché non avrebbe un «atteg-giamento positivo». Il Comitato ha finqui espresso due pareri: uno sui re-quisiti per i luoghi di culto, l’altro sul-la formazione degli imam. In prece-denza si era espresso sul porto del ve-lo islamico. Per quanto riguarda i mi-nistri del culto, si sottolinea la loroazione come fattore d’integrazione; ilriconoscimento è quindi visto come lostrumento per garantire il collega-mento con le autorità pubbliche daparte delle comunità musulmane cheintendano inserirsi nel tessuto socialee civico italiano, rispettando le leggie rispondendo alle esigenze di traspa-renza e sicurezza. Tra i requisiti ri-chiesti per l’approvazione: la firmadella Carta dei valori e un percorsoformativo centrato sulla conoscenzadei principi fondamentali dell’ordina-mento giuridico. Si auspica inoltre lacostituzione di un albo pubblico deiministri di culto approvati.

Contro la discriminazione. Il Consi-glio per i diritti umani delle NazioniUnite di Ginevra ha abbandonato la ri-soluzione che condannava la diffama-zione religiosa, optando per un testoche sostiene il diritto individuale allalibertà religiosa. La decisione, presa al-l’unanimità il 24 marzo e denominata«Combattere la discriminazione e laviolenza», porta a conclusione un di-battito che aveva visto la netta opposi-zione dei difensori della libertà di pen-siero. Per essi, la precedente risolu-zione, condannando ogni espressionedi pensiero considerata blasfema daifedeli di una data religione, poteva fa-cilmente venir usata per limitare la li-bertà di parola e per reprimere mino-ranze religiose e politiche, come giàavviene in quelle nazioni che hannopromulgato una legge in tal senso. Lanuova formulazione difende il dirittoalla libertà religiosa senza violare i di-ritti umani dei singoli individui. Laprecedente risoluzione era stata soste-nuta dall’organizzazione della Confe-renza islamica e combattuta dai rap-presentanti degli Stati occidentali.

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Difendere Abele da Caino: ma come,affermando che «solo la pace è giu-sta», e dunque non usando le armi?Questo interrogativo, aspro e doloro-so, ha attraversato, senza ottenere ri-sposte definitive, la Convocazione in-ternazionale ecumenica per la pace(Iepc, in sigla inglese) che, alla lucedel motto «Gloria a Dio e pace sullaterra», ha visto riunirsi a Kingston, inGiamaica, dal 18 al 25maggio, unmi-gliaio di rappresentanti delle Chieseaderenti al Consiglio ecumenico(CEC) e anche ad organizzazioni cat-toliche, come Pax Christi.La VI Assemblea generale del CEC(Vancouver, Canada), nell’83 avevaavviato il processo conciliare pace-giustizia-salvaguardia del creato. Erapoi stato lanciato il «Decennio [2001-2010] per superare la violenza», e in-fine stabilito che esso fosse conclusoda una grande Convocation. Si era in-fine scelto, come luogo, Kingston, perdare unmessaggio di pace a questa cit-tà, una delle più violente del mondo,a causa degli scontri tra le bande checontrollano il narcotraffico verso ilNordamerica.L’appuntamento caraibico avrebbe do-vuto verificare le esperienze compiu-te nel Decennio, caratterizzate dal-l’invio di «Lettere viventi», piccoledelegazioni ecumeniche recatesi neipunti del pianeta dove per la gente, edunque anche per la Chiese, più fortierano le sfide poste da drammatichesituazioni geopolitiche e sociali: dal-la Regione dei Grandi Laghi in Afri-ca a Israele-Palestina. Queste, con al-tri apporti teoretici, hanno aiutato al-la redazione del documento-base diKingston che, dopo varie revisioni, erastato infine approntato nel febbraioscorso.

Tre voci differenziate,dall’Oriente e dall’OccidenteLaConvocation, dopo il saluto del pa-store norvegese Olav Fykse Tveit, se-gretario generale del CEC, è stata in-trodotta da tre relazioni. Ha iniziatoHilarion, metropolita diVolokolamsk,presidente del Dipartimento per gli af-fari ecclesiastici esterni del patriarca-to di Mosca, denunciando una intol-lerabile cristianofobia crescente nelmondo: «Che stiamo facendo noi, co-me cristiani, per proteggere i nostri

fratelli e le nostre sorelle nella fedeche (in Egitto, Iraq, India, Pakistan eIndonesia e in una serie di altri Paesiprevalentemente musulmani) sonosottoposti ogni giorno a umiliazioni,minacce, discriminazioni a motivodell’intolleranza religiosa?».«Non vi è guerra giusta, solo la paceè giusta»: questo il Leitmotiv di Mar-got Kässmann, già presidente delConsiglio della Chiesa evangelica te-desca. A proposito di pace-giustizia-salvaguardia del creato, la relatrice haspiegato: «Una Chiesa che ignora laguerra, l’ingiustizia e il processo didistruzione della creazione non è unaChiesa... È giunto il momento di ne-gare qualsiasi legittimazione teologi-ca alla violenza. Non vi è guerra giu-sta: è quanto abbiamo appreso dallastoria. Vi è solo pace giusta».Il terzo relatore è stato il teologo PaulOestreicher, quacchero. «Riuniti aKingston da tutti gli angoli della terra,Gesù ci parla ancora, parla a noi, pic-cola rappresentanza del suo popolo.Vogliamo ascoltarlo? L’esperienza delpassato ci dice che non lo vogliamo.La maggioranza dei nostri teologi, pa-stori e assemblee, ortodossi, cattolicie protestanti, dall’epoca dell’impera-tore Costantino nel secolo IV, si sonochinati dinanzi all’impero e alla na-zione.Abbiamo fatto un patto con Ce-sare, con il potere, lo stesso patto chei primi cristiani avevano chiamato ido-latria». Insomma, i cristiani, tradendoGesù, hanno legittimato la guerra con-tro i nemici; ma «fino a che non avre-mo gettato nell’immondezzaio dellastoria la giustificazione della guerra, lateologia della ‘guerra giusta’, avremodisperso il contributo etico unico chel’insegnamento di Gesù può portare al-la sopravvivenza dell’umanità».

ABusan, in Corea del Sudnel 2013 la X Assemblea del CECI partecipanti all’Iepc si sono poidisseminati in circa centocinquantaworkshops, che hanno riflettuto su

temi di carattere biblico, teologico,storico, e su situazioni odierne che gri-dano al cielo per l’ingiustizia che ledomina: le donne violate in Congo ein Colombia, i popoli indigeni delleAmeriche spesso privati delle loro ter-re dalla bramosia delle multinaziona-li, l’antifemminismo che caratterizzaancora la strutturazione dimolte Chie-se, il dramma dei cristiani che debbo-no fuggire dall’Iraq… Ogni giornataera aperta e chiusa da preghiere ela-borate in molte lingue e con differen-ti modulazioni liturgiche. La domeni-ca 22 maggio le varie «famiglie» diChiese si sono riunite per celebrare,separate dalle altre, la loro Eucaristia:testimonianza amara dell’impossibili-tà di una riconciliazione teologica trale Chiese, che pur pretendono di an-nunciare la pace al mondo.Infine, l’Iepc si è conclusa con l’ap-provazione, per consenso, di un Mes-saggio finale(*) che, partendo dal-l’esperienza giamaicana, punta i farisulla XAssemblea generale del CEC,che nel 2013 si svolgerà a Busan, inCorea del Sud. Il documento fa auto-critica per i cristiani «spesso compli-ci di sistemi di violenza, ingiustizia,militarismo, razzismo, separazioni dicasta, intolleranza e discriminazione»;invita i credenti di tutte le religioni adoperare per la pace; ribadisce che «so-lo la pace è giusta» ma ammette:«Molti aspetti pratici del concetto dipace giusta richiedono discussione,discernimento ed elaborazione. Con-tinuiamo a dibattere su come le per-sone innocenti possano essere protet-te dall’ingiustizia, dalla guerra e dal-la violenza; sul concetto della ‘re-sponsabilità di proteggere’ e sul suopossibile abuso… Chiediamo all’in-tero movimento ecumenico e in parti-colare a coloro che stanno preparan-do l’Assemblea di Busan, sul tema“Dio della vita, guidaci verso la giu-stizia e la pace”, di fare della pace giu-sta in tutte le sue dimensioni la prio-rità fondamentale».

Luigi Sandri(*) Il Messaggio, con tutti i testi principalidi Kingston, si può trovare in: Luigi Sandrie Gianni Novelli, Ecumenismo e pace, Ico-ne edizioni, Roma, luglio 2011, pp. 110; col-lana «Strumenti di pace» a cura del Cipax:[email protected].

L’unica guerra giusta è la paceA Kingston mea culpa delle Chiese

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16 osservatorio ecumenico No. 218

AMBASCIATRICE DEI CRISTIANIUna pastora newyorkese riprende nel governo Obama l’in-carico di vigilare sulla libertà religiosa nel mondo. Il Se-nato degli Stati Uniti ha confermato la nomina della pa-stora Suzann Johnson Cook. Al termine di un lungo pro-cesso di designazione, il 14 aprile scorso un voto ha per-messo alla pastora Cook di diventare la prima donna e laprima afroamericana a ricoprire la carica. «Sono persua-sa, in coscienza, che la libertà religiosa è un diritto cheogni abitante del mondo acquisisce alla nascita, un fonda-mento della società civile, una chiave della sicurezza in-ternazionale e che essa deve sempre essere un pilastro del-la politica estera degli Stati Uniti», ha dichiarato. SuzannJohnson Cook è stata la prima donna con la funzione dicappellano della polizia di NewYork, ruolo che ha svoltofino al 1990. Dopo l’11 settembre 2001 si è occupata de-gli agenti di polizia traumatizzati e ha collaborato con iresponsabili delle comunità musulmane di New York perristabilire la pace sociale e religiosa nella metropoli (da«Voce Evangelica», giugno 2011).

LA STRAGE DEI VALDESIIN CALABRIA

Sono stati ricordati quest’anno i 450 anni dal massacro deivaldesi di Calabria, avvenuto nel giugno 1561 per operadelle truppe papali di Pio IV e del cardinale Michele Ghi-slieri, futuro Pio V. I valdesi erano giunti in Calabria nelcorso di ondate migratorie fra il XIV e il XV secolo, co-me pure in Puglia e Campania. Per molto tempo gli inse-diamenti valdesi nel Sud d’Italia convissero senza grandicontrasti con la realtà locale. La loro adesione alla Rifor-ma e l’attiva diffusione della Bibbia attirarono l’attenzio-ne della Chiesa cattolica, decisa a mantenere il controllosulla regione e a sopprimere ogni eresia. Il risultato fu unaviolenta e sanguinosa repressione: si calcola che furonotrucidate più di duemila persone nella sola città di Guar-dia Piemonte. Il tragico anniversario è stato ricordato conconferenze, spettacoli teatrali, l’inaugurazione di un cen-tro culturale e un convegno con la partecipazione di stori-ci ed esponenti religiosi.

ECUMENISMO E MISSIONEÈ stato diffuso a Ginevra un documento di cinque cartel-le intitolato «La testimonianza cristiana in un mondo mul-ti-religioso. Raccomandazioni di condotta», risultato diuna riflessione sullo stile che deve assumere la missionead gentes in un mondo multi-religioso, elaborato insiemedal Consiglio ecumenico delle Chiese e dal PontificioConsiglio per il dialogo interreligioso, con la partecipa-zione per la prima volta anche della «World EvangelicalAlliance», organismo che rappresenta quei movimenti«evangelicali» del mondo protestante che non aderisconoal Consiglio ecumenico delle Chiese, quindi rappresenta-tivo di oltre il 90 per cento delle denominazioni cristianepresenti oggi nel mondo. Il documento elenca dodici prin-cipi che definiscono lo stile della missione cristiana in uncontesto interreligioso. Alla base di tutto c’è il riconosci-mento del primato dell’amore di Dio: «I cristiani credo-no che Dio sia la sorgente di ogni amore e, di conseguenza,nella loro testimonianza sono chiamati a vivere l’amore

ed amare il prossimo come se stessi». Da qui deriva unaserie di conseguenze molto pratiche: «I gesti di serviziocome promuovere l’istruzione, la sanità, l’assistenza e leazioni in favore della giustizia e di difesa dei diritti sonoparte integrale della testimonianza evangelica (…). Nonc’è posto per lo sfruttamento di situazioni di povertà e dibisogno nello stile del cristiano. I cristiani devono de-nunciare e astenersi dal praticare ogni forma di seduzio-ne, inclusi incentivi e premi in denaro, in questo tipo diservizio». Inoltre «i cristiani sono chiamati a rifiutare ogniforma di violenza, anche psicologica e sociale, inclusol’abuso di potere nella propria testimonianza». Per quan-to concerne le conversioni, «i cristiani sono chiamati a ri-conoscere che cambiare la propria religione è un passodecisivo che deve essere accompagnato da un tempo suf-ficiente per un’adeguata riflessione e preparazione, attra-verso un processo in cui sia garantita la piena libertà per-sonale».

RELIGIONI ED EUROPALe istituzioni europee sono più aperte che mai alla coope-razione con le Chiese. Questo il commento del pastore Ru-diqer Noli, direttore della Commissione Chiesa e societàdella Conferenza delle Chiese europee (KEK), al terminedell’annuale meeting tra le massime cariche istituzionalidell’Unione europea (UE) e una ventina di leader religio-si delle diverse comunità di fede del Vecchio Continente.Si è trattato del settimo incontro del genere dal 2005, nel-lo spirito del «dialogo strutturato» previsto dall’art. 17 delTrattato di Lisbona. Gli esponenti cristiani, ebraici, isla-mici e buddisti di 13 Stati membri della UE sono stati ac-colti dal presidente della Commissione europea José Ma-nuel Barroso, dal presidente del Parlamento europeo Jer-zy Buzek e dal presidente del Consiglio europeo Hermanvan Rompuy. All’ordine del giorno vi era l’importanza dipromuovere i diritti e le libertà democratiche con l’obiet-tivo di costruire un partenariato per la democrazia e peruna prosperità condivisa in Europa e nei Paesi vicini. Si èdiscusso anche delle rivolte arabe e della risposta europea,così come della crisi finanziaria ed economica, esprimen-do la necessità di un nuovo approccio dell’UE basato suivalori e sulle comunità che la compongono, invece che sulsolo sistema economico.

RECORDAL «KIRCHENTAG»Si è concluso lo scorso 5 giugno, con un grande culto sul-le rive dell’Elba, il 33. «Kirchentag» dalla Chiesa evange-lica tedesca (EKD), svoltosi col motto, ispirato a Matteo6:21, «Là c’è anche il tuo cuore». Tra i relatori, la cancel-liera tedesca Angela Merkel, il segretario del Consiglioecumenico delle chiese (CEC), pastore Olav Fykse Tveit,il presidente della Conferenza episcopale tedesca (DBK),arcivescovo Robert Zollitsch e il metropolita Augoustinosdella Metropolia greco ortodossa della Germania. Il «Kir-chentag» diDresda ha radunato il numero record di 120.000partecipanti, anche da altre parti del mondo ed è stato unmomento di riflessione su temi importanti, quali il dialo-go ecumenico, i rapporti interreligiosi (con particolare at-tenzione ai rapporti fra cristiani e musulmani e fra cristia-ni ed ebrei), i rapporti tra l’Europa e il mondo arabo, i cri-stiani nelMedioOriente, i Paesi dell’Africa, Chiesa e omo-sessualità, Estremismo di destra, la giustizia sociale el’economia. Il prossimo «Kirchentag» si svolgerà fra il 5e il 10 maggio 2013 ad Amburgo.

OSSERVATORIO ECUMENICO

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Una vita in abbondanza per tutti. Que-sto è il principio-guida (Giovanni10,10) dell’impegno che «SacrificioQuaresimale» da cinquant’anni portaavanti a favore dei poveri, perché ladignità e i diritti di ogni essere uma-no – uomo, donna o bambino che sia– siano rispettati, ovunque. Tutto que-sto non sarebbe stato possibile senzal’entusiasmo e lo slancio di 16 orga-nizzazioni giovanili cattoliche che, inseguito spronate anche dal ConcilioVaticano II, nel 1959 fondarono l’Ar-beitskreis der Jugendverbände (Co-munità di lavoro dei movimenti gio-vanili): una base organizzativa perl’Anno Missionario, che si celebravanel 1960. I giovani offrivano il lorocontributo per eliminare le ingiustiziee rendere il mondo migliore. In quel-l’Anno Missionario furono raccoltiben 17,5 milioni di franchi, la collet-ta di maggior successo in Svizzera. Il17 e il 18 giugno dell’anno successi-vo, i rappresentanti dell’Arbeitskreissi riunirono a Einsiedeln, e MeinradHengartner propose di lanciare unacampagna annuale di sensibilizzazio-ne e di raccolta di fondi. La propostafu accolta positivamente da religiosi elaici e furono così create le basi per lanascita, nel 1962, di «Sacrificio Qua-resimale», l’organizzazione di coope-razione internazionale dei cattolicisvizzeri. Il risultato della prima azio-ne di solidarietà, intitolata «Wir tei-len» (Noi condividiamo), fu un suc-cesso: fruttò 4,2 milioni. Il risultatocrebbe di anno in anno fino a rag-giungere, nel 1972, i 12 milioni.

A sostegno dei più poveriIl Vangelo, la dottrina sociale dellaChiesa e l’opzione preferenziale per ipoveri sono stati e ancora oggi resta-no alla base del lavoro di «SacrificioQuaresimale». Una solidarietà reale,vissuta nella quotidianità e ben illu-strata nel logo: la croce e il pane con-diviso. Un principio, quello del con-dividere, valido cinquant’anni fa e og-gi più che mai, in un mondo in cui ibisogni e le disparità sono in aumen-to!Oltre a portare avanti programmi eprogetti di cooperazione internazio-nale al Sud, per favorire gli indispen-sabili cambiamenti strutturali a bene-ficio dei poveri, è molto importanteper «Sacrificio Quaresimale» agire

anche qui, al Nord, al livello delle po-litiche di sviluppo, per evitare che glisforzi intrapresi a favore delle perso-ne più svantaggiate siano resi vani dal-le politiche che i Paesi industrializza-ti portano avanti, dove a prevalere so-no soprattutto gli interessi economicie geopolitici. Questo è stato fatto a piùriprese, l’ultima volta con una peti-zione al Consiglio federale e al Parla-mento (durante la Campagna ecume-nica 2011) in cui si chiede una mag-giore coerenza nella politica econo-mica ed estera della Confederazione,che in particolare obblighi le impresetransnazionali a rispettare i dirittiumani ovunque, anche al Sud. Ognianno infatti le multinazionali privanoin modo fraudolento i Paesi in svi-luppo di 160 miliardi di dollari di en-trate fiscali. Le imprese del Nord gon-fiano le fatture dei beni e dei serviziche forniscono al Sud. Nel 2007 (se-condo i dati pubblicati da ChristianAid), l’aiuto allo sviluppo ha rag-giunto i 103,7 miliardi di dollari. Laperdita subìta da quei Paesi superadunque di gran lunga gli aiuti che ri-cevono. E i casi in cui la mano sini-stra, per così dire, si riprende più diquello che la destra ha donato, sonoinnumerevoli.

Cambiare le regole del giocoPer ottenere unmaggiore impatto e unpiù forte influsso sulla politica esteraed economica della Svizzera, così daperseguire una giustizia globale e unosviluppo sostenibile, «Sacrificio Qua-resimale» ha fondato insieme ad altreONG svizzere la comunità di lavoroAlliance Sud. Inoltre, ha aderito allaCIDSE, un’alleanza internazionaleche raggruppa 16 organizzazioni dicooperazione internazionale cattoli-che. Perché l’economia e la politicatornino al servizio delle persone e delbene comune serve l’impegno e la col-laborazione di tutti. Solo così si pos-sono cambiare le regole del gioco. Ladimostrazione è stata offerta con ilprogramma di azzeramento del debi-to promossa in occasione del 700.modella Confederazione; con lo svilup-po del commercio equo in Svizzera econ la fondazione di «MaxHavelaar»;e ancora con il sostegno all’aumentoallo 0,5% del preventivo per l’aiuto al-lo sviluppo della Confederazione (rag-giunto grazie anche a una petizione:

«0,7% insieme contro la povertà»,portata avanti principalmente da «Sa-crificio Quaresimale» e da «Pane pertutti»).

Investire sulle personeLa lotta contro la fame, il rispetto deidiritti umani e la sensibilizzazione inSvizzera sono dunque gli assi portan-ti dell’impegno di «Sacrificio Quare-simale», fin dalle origini. Giusto chie-dersi che cosa fa in concreto l’orga-nizzazione di cooperazione allo svi-luppo dei cattolici svizzeri a favore deipoveri, e come sono utilizzate le of-ferte raccolte durante la Quaresimanelle parrocchie. «Investire sulle per-sone»: si potrebbe riassumere così lafilosofia con cui «Sacrificio Quaresi-male» opera in 16 Paesi con un pro-gramma nazionale e con 400 progettiin Africa, America latina ed Asia.L’esperienza ha insegnato che un pro-getto ha successo e ripercussioni po-sitive a lungo termine solo quando èportato avanti da tutta la comunità. Perquesto motivo si dà grande importan-za alla creazione e al rafforzamentodelle comunità di villaggio e di grup-pi in cui i singoli si impegnano per lacausa comune. Si punta sulla collabo-razione di organizzazioni locali benradicate nella realtà e sulla valorizza-zione di saperi e di competenze in lo-co: una metodologia che evita di for-nire un aiuto esterno standardizzato esi fonda invece su soluzioni messe apunto, sul posto, da tutte le parti coin-volte. Grazie all’approccio detto «aiu-to all’auto-aiuto», si promuovono au-tonomia e responsabilità e si evita chesi possano instaurare rapporti di di-pendenza. «Sacrificio Quaresimale»non ha personale proprio nel Sud delmondo, il compito di scegliere le or-ganizzazioni locali con cui cooperareè affidato a coordinatori locali.Assieme alle organizzazioni-partnersi sostengono fra l’altro la riscopertadegli antichi saperi locali, l’introdu-zione di nuove tecniche di coltivazio-ne adatte al clima, si spiega come crea-re e gestire un gruppo di risparmio co-mune, ci si impegna per condizioni dilavoro rispettose dei diritti dei lavora-tori e per regole dimercato eque, si as-sicura appoggio alle rivendicazionedei diritti umani.

Federica Mauri«Sacrificio Quaresimale»

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«Sacrificio Quaresimale» è attivo da cinquant’anniPer aiutare i poveri e parlare alla coscienza dei ricchi

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Le Chiese svizzere e l’apartheidIl 3 maggio 2000, dopo le polemiche seguite alle rivelazioni sui rapporti segre-ti tra la Svizzera e il Sudafrica dell’apartheid, il Consiglio federale decise di ag-giungere al progetto nazionale di ricerca PNR42 sulla politica estera elvetica,concluso nel 1999, un’appendice dedicata alle relazioni tra Berna e Pretoria(PNR42+). Quaranta studiosi furono incaricati di chiarire le relazioni economi-che, i contatti fra le Chiese, il contesto internazionale, l’immagine pubblica del-la politica sudafricana e il ruolo della Svizzera rispetto alle sanzioni dell’ONU.Uno degli studi, condotto dal giurista Jörg Künzli, già nel 2005 rivelava che lapolitica elvetica era stata chiaramente influenzata da interessi economici. Le im-prese svizzere, nonostante la crescente indignazione internazionale e l’embar-go sulle armi imposto dall’ONU nel 1977, continuarono infatti a fare affari conil regime. Berna rifiutò in particolare di adottare sanzioni diplomatiche ed eco-nomiche, giustificandosi tra l’altro con la neutralità e il diritto internazionale enazionale.La ricerca avrebbe dovuto concludersi nel 2003, ma i lavori sono stati ritardatidalla decisione del governo elvetico di limitare l’accesso ai documenti. Acces-so che le Chiese evangelica prima, cattolica poi, hanno invece concesso senzalimiti, per contribuire a far luce su un periodo piuttosto buio del nostro recentepassato. Dopo il mea culpa della Federazione delle Chiese evangeliche dellaSvizzera (FCES) che, nel presentare tre studi sulle relazioni intrattenute conPretoria, ha espresso rammarico per la posizione a suo tempo assunta di frontealla segregazione razziale in Sudafrica, ora è il turno della Chiesa cattolica. Quat-tro anni fa, la Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) ha commissionato un rap-porto sull’atteggiamento della Chiesa cattolica in Svizzera nei confronti del-l’apartheid in Sudafrica (1970-1990). Secondo l’autore dello studio, lo storicoBruno Soliva, solo dopo un lungo periodo di esitazione e di indecisione, la Chie-sa si è impegnata con decisione per un cambiamento in Sudafrica. È stata unamancanza di coraggio, oggi deplorata dall’abate Martin Werlen (responsabiledel settore Chiesa e Mondo della CVS) in occasione della presentazione del rap-porto, a metà settembre di quest’anno.«Sacrificio Quaresimale» non si è limitato a co-finanziare lo studio ma ha con-tribuito, assieme ad altre ONG e a movimenti giovanili, a scrivere un capitolodi questa storia. Fin dagli anni Settanta, a più riprese, ci si è impegnati per me-glio far conoscere alla popolazione svizzera, Chiesa compresa, la drammaticasituazione della popolazione di colore nel Sudafrica. Un impegno sfociato nel1986 nella campagna ecumenica «Spezzare le catene», condotta assieme a «Pa-ne per tutti», in cui erano denunciate senza mezzi termini le ripetute violazionidei diritti umani causate dall’apartheid. Una delegazione di vescovi sudafrica-ni fu invitata in Svizzera: fu l’occasione per dare finalmente voce agli oppressi,fino a indurre la CVS a condannare pubblicamente la violazione dei diritti uma-ni. L’impegno del «Sacrificio Quaresimale» in questo ambito non è tuttavia con-cluso: come ha ricordato il direttore Antonio Hautle in occasione della presen-tazione del rapporto, è giunto il momento che anche gli archivi delle autorità edelle banche aprano le loro porte ai ricercatori. Si farà il possibile perché ciò av-venga. f.m.

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Ricordo di Giancarlo ZizolaVedo un segno del deterioramentequalitativo della stampa italiana nelfatto che Giancarlo Zizola, l’ottimocollega improvvisamente deceduto il14 settembre a Monaco di Baviera, èdefinito ancora «vaticanista», un ter-mine che credevo si attagliasse piut-tosto ai cronisti della generazione diSilvio Negro (1897-1959), ai quali ilVaticano interessava per il fastosoaspetto esteriore (e magari pure per lepiccole miserie), non come un ele-mento di una nuova disciplina giorna-listica: l’informazione religiosa. Co-nobbi Giancarlo Zizola, nato comemenel 1936, nella Sala stampa del Con-cilio, nel 1962. Tutti noi venivamo, chipiù chi meno, dalle organizzazionigiovanili cattoliche. Lui dal Veneto,«bianco» (non ancora atrocemente le-ghista), io dal già più secolarizzato Ti-cino, nascosto dietro lo pseudonimo«Timoteo» per timore che qualcunochiedesse al «Corriere» spiegazioniperché mandava un non-ecclesiasticoa seguire l’avvenimento. Con lui e conun altro innovatore dell’informazionereligiosa in Italia, Raniero LaValle, cimettemmo a scuola dei francesi e deitedeschi (Henri Fesquet, di «Le Mon-de», morto pure lui quest’anno, RenéLaurentin del «Figaro», LudwigKauf-mann di «Orientierung»). Nasceva ungenere nuovo: l’informazione religio-sa appunto, cui Zizola dedicò tutta lasua vita: dapprima al «Messaggero»,poi al «Giorno», al «Sole/24 Ore» einfine a «laRepubblica». La sua vastabibliografia (L’utopia di Papa Gio-vanni, 1973, La restaurazione di Pa-pa Wojtyla, 1985, Il microfono di Dio,1990, Il Conclave, 1993, L’altro Woj-tyla, 2003, Benedetto XVI, 2005, San-tità e potere, 2009) sta a testimoniareampiezza e profondità di interessi inogni direzione dell’attualità religiosa.Fu sempre geloso della sua autonomiaprofessionale e come tale era giudica-to severamente da altri giornalisti – co-me lui, amici nostri – più disposti a im-pegnarsi direttamente nelle lotte per lagiustizia e la riforma della Chiesa. Eraun limite che egli assumeva pacata-mente, e che tuttavia lo accreditava inambienti lontani – ostacoli ben cono-sciuti, del resto, da chi come lui si pro-fessi apertamente cristianoma non perquesto accetti di venire ingabbiato inun fronte apologetico.I funerali si sono svolti sabato 17 set-tembre, in Santa Maria in Trastevere.«Dialoghi», che ha avuto l’onore dipubblicaremolti suoi articoli (per l’ul-timo decennio, cf. Indici: n. 175, p. 30;n. 200, p. 21), presenta ai familiari lepiù sentite condoglianze. E.M.

Cristiani democratici nella storia europeadi Lorenzo PlanziStatisti e pensatori, avvocati e giornalisti, preti escrittori. Questo libro raccoglie venti biografie diuomini che, dalla seconda metà del XIX secolo ainostri giorni, sono all’origine dell’esperienza poli-tica del cristianesimo democratico.Alla ricerca, at-traverso i loro scritti e attività, di una «terza via»percorribile tra liberalismo e socialismo, ovvero diun nuovo ideale in grado di promuovere la parte-cipazione dei cattolici alla vita pubblica.Formato 17x24, 112 pagine con illustrazioni, Fr. 20.–In co-edizione con il Partito popolare democratico ticinese«Popolo e Lbertà»

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Nella Chiesa svizzera. I Vescovisvizzeri, nella loro riunione d’iniziosettembre, hanno nominato quale lo-ro nuovo segretario Edwin Tanner, ungiurista e teologo di 44 anni, nato aSan Gallo e che ha studiato dai cap-puccini di Appenzello e nelle univer-sità di Friburgo e Monaco. È la primavolta che un laico viene nominato aquesta importante funzione.Alla pre-sidenza della Commissione «Giusti-zia e Pace», organo consultivo dei ve-scovi per i problemi sociali e politici,è stato designato il ticinese fra Mar-tinoDotta, anni 45, noto per il suo im-pegno sociale, che ha studiato teolo-gia a Friburgo, laureandosi con unatesi sul «martire» protestante DietrichBonhoeffer. DonMaurizio Silini, par-roco di Pregassona, è stato nominatodelegato presso la Comunità di lavo-ro delle Chiese cristiane. Agli elettil’augurio di un fruttuoso servizio al-la Chiesa svizzera.

Lutti nell’episcopato. All’età di 89anni èmorto a Bellach (Soletta)mons.Giuseppe Candolfi, già vescovo ausi-liare di Basilea, a due riprese ammi-nistratore apostolico e presidente nel1989 della Conferenza episcopale, inun momento particolarmente impe-gnativo per il caso del contestato ve-scovo di Coira Wolfgang Haas. Natonel Giura (era originario di Comolo-gno), aveva conseguito il dottorato inteologia trattando il tema dei «matri-moni misti» in Svizzera. È pure de-ceduto, all’età di 90 anni, mons. Ga-briel Bullet, vescovo ausiliare emeri-to di LosannaGinevra e Friburgo. Ori-ginario di Estavayer-le-Lac, ordinatoprete nel 1945, era stato vicario a Gi-nevra e poi insegnante in seminario,dopo aver completato gli studi a Ro-ma e a Friburgo. Come vescovo ausi-liare residente a Losanna, dal 1987 al1994, fu anche vicepresidente dellaConferenza episcopale dal 1988 al1991 e responsabile dei settori del lai-cato, della famiglia e della pastoralespecializzata. Partecipò ai Sinodi ro-mani dei vescovi del 1980 sulla fa-miglia e del 1987 sul laicato.

Non c’è posto per loro. Il Vangeloracconta che, giunta a Betlemme, laSanta Famiglia dovette rifugiarsi inuna stalla (Luca, 2,7). Dopo oltreduemila anni, nel Ticino che mantie-ne crocefissi (morti...) alle pareti pub-

bliche, non ci sono comuni dispostiad ospitare in un prato per qualchegiorno le carovane di un popolo chefu spesso «crocefisso» dalla storia. Sequesta è la volontà degli eletti dal po-polo, il «popolo di Dio» deve dire«No!». I Vescovi svizzeri, nella pa-storale dello scorso Primo Agosto,dal titolo «La Chiesa fa politica», ri-cordano che «chiunque annuncia ilVangelo è chiamato a prendere posi-zione a favore dell’uomo» e che «cia-scuno deve poter vivere in modo di-gnitoso, anzi trovare la vita in ab-bondanza».

Finanze ecclesiastiche. Nel numerodi giugno della «Rivista diocesana lu-ganese» vengono pubblicati i conti2010 della Diocesi, chiusi con un pas-sivo di fr. 191.377,17, coperto dallapartecipazione delle parrocchie perfr. 185.000. Tra le spese più rilevan-ti, 847.000 franchi per il personale,267.000 per la pastorale diocesana,166.000 per sovvenzioni ai sacerdo-ti (per le parrocchie di periferia), ol-tre 1,2 milioni per «strutture dioce-sane». Non si può dire che i conti dio-cesani, nella loro «perfezione» con-tabile, siano il massimo dellatrasparenza: così sono stati approva-ti dall’Assemblea diocesana. Finan-ze floride per la Chiesa cattolica delcantone Zurigo, che ha chiuso i con-ti 2010 con un utile di oltre 3 milio-ni di franchi (entrate per fr. 51,86 mi-lioni, uscite per 49,8 milioni). Saran-no aumentati del 5% i salari del per-sonale e sarà studiato un contributoalle parrocchie per la pastorale negliistituti di cura. In attivo anche laChiesa cattolica di Nidvaldo, con en-trate per 2,2 milioni di franchi e usci-te per 1,6. A San Gallo, il «parla-mento cattolico» ha dibattuto sul con-tributo di fr. 1,5 milioni di franchi de-stinato alle cosiddette «missionilinguistiche»: è stato infine mante-nuto, sia perché rappresentano un fat-tore non indifferente per l’integra-zione degli stranieri (oggi special-mente provenienti dall’America lati-na), sia perché il 30% dei cattolicisangallesi derivano dall’immigrazio-ne! A livello nazionale, la Conferen-za centrale cattolico romana (RKZ),che assicura il finanziamento di nu-merose attività pastorali a livello sviz-zero (in collaborazione con il Sacri-ficio quaresimale), sta elaborando

una nuova ripartizione dei contributiimposti alle Chiese o organizzazionicantonali, per tenere meglio contodelle 26 diverse situazioni locali.

Aggiornare il vocabolario. Mons.Sandro Vitalini ricorda (in «Rivistadiocesana», 2011, pag. 140) che p.Yves Congar aveva proposto di sosti-tuire il termine «gerarchia» con «ge-rodulia», per ricordare che nella Chie-sa, secondo l’insegnamento del Fon-datore, l’autorità è servizio.Ma si trat-terebbe del solito imbroglio daintellettuali: per indicare collettiva-mente i servitori, la gente normale usail termine «servitù»; così papa, ve-scovi, preti e frati tutti insieme com-pongono la «servitù della Chiesa».C’è qualcuno che non è d’accordo?

Suicidio assistito. Il Consiglio fede-rale ha annunciato il 29 giugno cherinuncia a una legge sul suicidio as-sistito, considerate le critiche e le op-posizioni rilevate nella procedura diconsultazione su due progetti: uno cheproibiva le associazioni di aiuto (co-me «Exit» e «Dignitas»), l’altro chevoleva fissare regole restrittive, ma in-tanto «legittimava» la pratica. I citta-dini del Cantone Zurigo, il più popo-loso della Svizzera, hanno nettamen-te respinto due iniziative tendenti a re-golamentare la pratica dell’assistenzaal suicidio, prevista dal Codice pena-le con una formula molto vaga, chenon impedisce il cosiddetto «turismodellamorte» (stranieri che vengono inSvizzera per… farsi suicidare da Di-gnitas), o l’aiuto al suicidio a perso-ne in buona salute. Il Consiglio fede-rale intende unicamente potenziare lecure palliative di sostegno ai malatiterminali, ma sarà comunque diffici-le evitare abusi o casi deplorevoli.

Premio ecumenico. Il Premio dellagiuria ecumenica del Festival di Lo-carno (dotato di ventimila franchimessi a disposizione dalle Chiese sviz-zere) è stato quest’anno assegnato alfilm «Vol special» che descrive la si-tuazione deplorevole dei soggiornan-ti al Centro di detenzione di Frambois(Ginevra), in attesa di forzata espul-sione dalla Svizzera. La commissionedel Premio, attributo dal 1973, per se-gnalare opere che sottolineano valorireligiosi, umani e sociali, era presie-duta dal tedesco JoachimValentin, di-rettore del Centro cattolico di culturae formazione di Francoforte, e com-prendeva altri quattro membri di di-verse nazioni, tra cui Daria Lepori, delComitato di «Dialoghi».

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CRONACA SVIZZERAa cura di Alberto Lepori

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I comodi del Vaticano. A un annodellamorte dimons. BernardGenoud,la Diocesi di Losanna Ginevra e Fri-burgo (che comprende anche Neu-châtel) è sempre senza titolare, mons.Pierre Farine fungendo da ammini-stratore, con poteri limitati. Così, inattesa delle scelte (o dei comodi?) ro-mani, i vicari episcopali –NiklausKe-ssler eKurt Stulz, che si erano dimessiin attesa del nuovo vescovo – hannodeciso di riprendere con molta re-sponsabilità le loro funzioni. Il pre-vosto della cattedrale, mons. Ducar-roz, tra i preti più autorevoli della Dio-cesi, ha fatto conoscere, in un’inter-vista apparsa su «La Liberté» del 27agosto, il disappunto e la delusione dipreti e laici, sia per il «segreto» in cuisi è svolta la cosiddetta consultazio-ne, sia per il menefreghismo romanoche prolunga in modo inaccettabile lavacanza. Desta meraviglia anche chetra il clero romando, e tra gli undicinomi (sic!) segnalati a tre riprese dalNunzio, non ci fosse nessuno che Ro-ma ritenga adatto (o abbastanza mal-leabile…) per esser fatto vescovo inquesta per Roma evidentemente insi-gnificante parte della Chiesa elveti-ca, tutta del resto più o meno in odo-re di eresia.

Ecumenismo solidale. In giugno, aLucerna, è stato celebrato il cinquan-tesimo del «Sacrificio quaresimale»,attivo dal 1961 con lo scopo di sensi-bilizzare i cattolici dell’intera Sviz-zera alla solidarietà, specialmenteverso il Terzo Mondo. Con il motto«Dividere» e il logo di un pane spez-zato da una croce, la grande organiz-zazione nazionale, partita special-mente con intenti pastorali, ha via viaallargato la sua azione ecumenica epolitica, in collaborazione con l’ope-ra umanitaria protestante «Pane per ifratelli» (con la quale da anni vienepreparato il tema della raccolta qua-resimale) e con la creazione nel 1969di «Alleanza Sud» che collega le prin-cipali organizzazioni svizzere impe-gnate per lo sviluppo. Tra le iniziati-ve di esplicito carattere politico, da ri-cordare la petizione per la riduzionedel debito del Terzo mondo, promos-sa in occasione del 700.mo della Con-federazione, con la richiesta di costi-tuire un fondo di 700 milioni di fran-chi e che raccolse ben 250.000 firme.Anche le due altre organizzazioni cri-stiane «Pane per i fratelli» (prote-stante) e «Essere partecipi» (cattoli-co-cristiana) hanno partecipato, a Lo-sanna all’inizio di ottobre, ad unacelebrazione ecumenica nella catte-

drale di Losanna, per sottolineare ilcomune mezzo secolo di collabora-zione.

Caritas svizzera. Nel 2010, CaritasSvizzera ha contribuito a migliorarela situazione alimentare di circa750.000 persone, delle quali seicen-tomila in Africa, centomila in Asia,ventimila in Europa (ex Unione so-vietica), 25.000 inAmerica latina. Piùdi centomila persone hanno seguitouna formazione per lo sviluppo nellezone rurali, la commercializzazionedi prodotti agricoli e l’utilizzo razio-nale delle risorse. Più di trecentomi-la persone hanno ora accesso all’ac-qua potabile o a istallazioni sanitariea meno di un chilometro o di 30 mi-nuti da casa. Duecentomila personehanno avuto una formazione sull’usoparsimonioso dell’acqua potabile, ilmiglioramento dell’igiene e la manu-tenzione di istallazioni idrauliche. Gliaiuti di emergenza nel 2010 sono sta-ti destinati specialmente per soccor-rere le vittime del terremoto di Haitie delle inondazioni in Pakistan, oltreche per le conseguenze della siccità ecatastrofi precedenti in diversi paesi.In totale, l’aiuto urgente di Caritas hainteressato settecentomila persone esessantamila hanno ricevuto un aiutoper la ricostruzione. Purtroppo, mol-te promesse di aiuti fatte ad Haiti nonsono state mantenute: a fine luglio2011 solo il 38% (sul totale 4,58 mi-liardi di dollari annunciati da parte di55 donatori) era disponibile pressola Banca Mondiale, incaricata di ge-stire i fondi a favore per la ricostru-zione.

Questione di donne. Un’iniziativaper l’uguaglianza dei sessi nella Chie-sa cattolica è stata lanciata nei duecantoni di Basilea da un comitatocomprendente esponenti cattolici egiuristi e da Pentecoste nelle parroc-chie è in corso una raccolta di firmea sostegno. Il Sinodo della Chiesacantonale di Basilea campagna ha de-ciso di discutere in autunno una pro-posta analoga, formulata dalla par-rocchia di Binningen-Bottmingen.Mons. Brunner, presidente dei Ve-scovi svizzeri, ha ricordato cheun’eventuale decisione a favore delpresbiterato alle donne è rivendicatadal Papa come di sua competenza. Ilcardinale Policarpo, patriarca di Li-sbona, ha dichiarato che dal punto divista teologico non esiste alcuna dif-ficoltà all’ordinazione delle donne: livede piuttosto all’interno della Chie-sa e sul piano ecumenico. Una Com-

missione giuridica della Conferenzacentrale vede difficoltà nell’iniziativabasilese, in quanto potrebbe creareproblemi nei rapporti tra diritto cano-nico e diritto statale, già in discussio-ne da parte di esponenti ecclesiastici,come a Coira. Intanto, diversi gruppicattolici chiedono di riaprire il dibat-tito che Roma ha dichiarato ripetuta-mente chiuso: oltre ai preti austriaci«obiettori», 157 preti statunitensi han-no dichiarato il loro sostegno a padreBourgeois, condannato per aver so-stenuto l’ordinazione di donne, e piùdi trecento preti e diaconi in Austra-lia hanno manifestato solidarietà alvescovo William Morris, «deposto»per essersi dichiarato favorevole al-l’ordinazione delle donne per ovvia-re alla scarsità nel suo clero («Dialo-ghi» n. 217). Meno radicali le richie-ste della Comunità delle donne catto-liche tedesche, riunite in quattromilaa Münster, che domandano una mag-giore responsabilità nella Chiesa, ilconferimento almeno del diaconato el’accesso ai sacramenti per i divorziatirisposati.

Pluralismo religioso. La Costituzio-ne del CantonVaud, del 2003, preve-de la possibilità di un riconoscimen-to giuridico di altre comunità religio-se, oltre alle Chiese storiche prote-stante e cattolica e alla comunitàebraica. Così la Federazione evange-lica vodese (cinquemila aderenti) hainoltrato richiesta di essere ricono-sciuta di interesse pubblico, e sembrasiano in preparazioni analoghe do-mande della comunità anglicana, diquella cristiano-cattolica e dellaUnione vodese delle associazionimu-sulmane. La procedura prevede unesame che accerti il rispetto da partedelle nuove Chiese delle regole dellostato di diritto (anche da parte di tut-ti gli aderenti?) e la pubblicazionedella contabilità; tra i motivi di di-scussione, l’uguaglianza tra donne euomini e i diritti degli omosessuali. Ilriconoscimento non comporta un fi-nanziamento pubblico ma solo alcu-ni esoneri fiscali, e dovrà avveniremediante apposita legge per ogni co-munità, da approvare da parte del par-lamento cantonale. Una proceduralunga e complicata, non certo ade-guata al pluralismo religioso in cre-scita in Svizzera! Una strada in teo-ria più agevole sarebbe quella di unalegge federale sulla libertà delle co-munità religiose, mentre per ricono-scere esenzioni fiscali basterebbe (co-me in Ticino) adeguare le leggi tribu-tarie.

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Il tema della presenza di segni religiosi(crocefisso, velo islamico, minareti,ecc.) ritorna sempre più frequente-mente nella discussione pubblica, sen-za però che una vera analisi appro-fondita serva a indicare soluzioni va-lide per una società sempre più plura-le come quella in cui viviamo. Il tema,ampiamente dibattuto già nell’Otto-cento e poi nel primo Novecento, ave-va trovato una sistemazione giuridicalargamente accettata nelle democrazieoccidentali, in un clima di tolleranzaper le religioni tradizionali (cattolica,protestante, ebraica), anche se non so-no mancati nel Novecento episodi divera e propria repressione (come ne-gli Stati comunisti) o comportamentiintolleranti (come in Italia con la le-gislazione fascista dei «culti ammes-si», mentre la Chiesa cattolica fruivadel trattamento favorevole previsto nelConcordato del 1929).

Di fronte al diffondersi di «religioninuove» o di provenienza estera (in par-ticolare l’Islam) si ripresentano pro-blemi già noti e ne sorgono di nuovi.Riguardano spesso direttamente la li-bertà religiosa (come libertà di co-scienza individuale e come libertà diassociazione e propaganda comunita-rie), e la laicità dello Stato democra-tico (che non deve preferire né repri-mere alcuna religione o scelta religio-sa personale). Si fa strada un nuovomotivo di conflitto, originato dallami-naccia che molti avvertono alla loro«identità» (non è qui il caso di megliodefinirla), spesso relazionata al senti-re religioso (le vantate «radici cristia-ne», anche di molti atei): clamorosasmentita della pretesa laicista che lareligione sia un affare privato.

Un tentativo serio di approfondimen-to non può che fondarsi, in uno statodi diritto, sulle disposizioni costitu-zionali, che, fino alla loro eventualemodificazione, vanno accettate comevolontà popolare. Per la Svizzera (re-stiamo al nostro orticello), valgono gliarticoli relativi alla libertà religiosa(art. 15), al rapporto tra Stato e Chie-sa (art.72), all’uguaglianza di tuttidi fronte alle autorità statali (art. 8),che è la formulazione negativa dellalaicità dello Stato (la scelta religiosanon può essere motivo di discrimina-zione).

La libertà religiosa, come libertà del-la coscienza personale, fu oggetto sto-ricamente di una particolare tutela,specialmente nell’ambito della edu-cazione, da quando i Cantoni orga-nizzarono un sistema scolastico ob-bligatorio. La Costituzione federaledel 1874 conteneva uno specifico ca-poverso (art. 27,4), per cui: «le scuo-le pubbliche devono poter essere fre-quentate dagli attinenti di tutte le con-fessioni senza pregiudizio della lorolibertà di credenza e di coscienza»,mentre «nessuno può essere costrettoa prender parte (…) a una istruzionereligiosa» (art. 49). Sono disposizio-ni non più riprese letteralmente nelnuovo testo costituzionale del 1998,perché da tempo principi riconosciu-ti e chiaramente confermati dai tribu-nali. Ma un simbolo religioso (un’im-magine del crocefisso o una statua del-la Madonna) in una scuola pubblicapuò costituire violazione della regolacostituzionale? Per il Tribunale fede-rale («sentenza di Cadro», del 1990)è data violazione, di fronte ad allievinon cattolici, se il crocefisso è espo-sto nell’aula scolastica (ma non in al-tri locali dell’edificio scolastico). Perla Grande Camera di Strasburgo (sen-tenza del 18 marzo 2011), non è datainvece violazione della libertà di edu-cazione dei genitori, perché la pre-senza del crocefisso non ha influen-zato l’insegnamento ed è un simbolonon solo religioso ma anche culturalenell’Italia cattolica. Le due decisionisi presterebbero a diverse considera-zioni, ma già le specifiche circostan-ze sopra esposte dovrebbero metterein guardia da applicazioni generaliz-zate oltre i casi particolari sui quali idue tribunali hanno sentenziato.

A mio modo di vedere il tema gene-rale della presenza di segni religiosi inpubblico esige oggi di essere affron-tato a partire dal rispetto del principiogenerale della laicità dello Stato, at-tuata come assenza di una preferenza(o privilegio) nei confronti di una spe-cifica religione o idea, a scapito di al-tre. Vale per le leggi, le decisioni del-le autorità governative, giudiziarie eamministrative.Vale anche per gli edi-fici in cui l’autorità statale esercita lefunzioni sue proprie: come un’aulaparlamentare (anche se i deputati tici-nesi e friburghesi hanno ritenuto che

un simbolo religioso particolare noninfluenzi le loro scelte… ma è deter-minante il giudizio che ne deducono icittadini), o quella di un tribunale (per-ché l’imputato non deve neppure du-bitare di essere discriminato per la suareligione) e persino per un locale divoto (ha fatto discutere un caso italia-no: cfr., di Sergio Luzzato, Il croce-fisso di Stato, Einaudi, 2011), e quin-di anche una scuola statale per il pos-sibile giudizio che ne possono dedur-re scolari o genitori. Il prof. SilvioFerrari, riconosciuto specialista inma-teria («Il Regno», 15 marzo 2011),commentando la decisione della Cor-te europea, ha proposto, per il caso delsimbolo del crocefisso nella scuola, dilasciare la decisione ai diretti parteci-panti (allievi e genitori, personale sco-lastico). Questa mi sembra una solu-zione poco pratica, in quanto può con-tinuamente essere messa in discussio-ne variando le persone interessate. Perovviare alla radicalità del divieto as-soluto (espressione di un laicismo ne-gativo, e oltretutto diseducativo per lapretesa di lasciar fuori la religione dal-la scuola), si potrebbe proporre la pre-senza di più simboli religiosi, rispon-denti alle religioni professate dagli al-lievi presenti. Per ricordare l’identitànazionale, dovrebbe bastare la ban-diera, magari accompagnata da quel-la europea (come si fa in Italia nei luo-ghi ufficiali), per i valori comuni il te-sto della Costituzione svizzera e/o del-la Dichiarazione universale dei dirittiumani. La bandiera svizzera, espostain un edificio pubblico, è avvertita uni-camente come un segno di identità pa-triottica, anche se reca una croce chenon viene più percepita come un se-gno cristiano. Basta osservare le folledei tifosi negli stadi quando gioca lanazionale di calcio, che ostentano la«croce federale», non certo quella delCrocefisso. Il velo islamico (non ilburka, che impedisce il riconosci-mento) può essere portato da una sco-lara in una scuola svizzera, quale scel-ta personale (ma è proibito nella Fran-cia superlaica), non invece dalla pro-fessoressa che svolge una funzionepubblica, e che perciò deve anche ap-parire neutrale (come è stato deciso aGinevra).

Mentre la «laicità negativa» (proibi-zione a tutela delle minoranze reli-giose) ha già un’ampia esperienza, ri-tengo ancora in gran parte inesplora-ta l’applicazione della «laicità positi-va» (o della libertà religiosa protetta,o promossa, dall’ente pubblico). Lasoluzione svizzera affidata ai Cantoni

Segni religiosi in pubblicoNecessità di un approfondimento

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(art. 72 CF), che attribuiscono ad al-cune confessioni un riconoscimentopubblico con effetti più o meno este-si, a mio giudizio è senza sbocchi. Finqui, tale riconoscimento è stato attri-buito a poche religioni tradizionali (leconfessioni cristiane, talvolta alle co-munità ebraiche), ma è una soluzionealla lunga non facilmente praticabile.Il Canton Vaud che prevede una pro-cedura per nuovi riconoscimenti, è in-terpellato attualmente da una serie dinuovi «pretendenti», anche social-mente rilevanti, che impongono alleautorità politiche e poi magari giudi-ziarie complicati esami e sempre opi-nabili decisioni.Anche la soluzione ditipo legislativo (come avviene in sedefiscale, concedendo agevolazioni atutte le «religioni»), non dispensa daldover decidere «cosa è una religione».I Testimoni di Geova hanno solo re-centemente ottenuto il riconoscimen-to in Francia, gli «scientologi» non losono dappertutto. Lo stesso vale del-la possibilità, data alle religioni, diusufruire di spazi nella scuola pubbli-ca, limitata sin qui in Ticino alle soleChiese cattolica e protestante, pena-lizza la «libertà positiva» sia religio-sa sia educativa degli allievi apparte-nenti ad altre religioni; per cui la so-luzione sperimentale in corso nel Ti-cino (con un insegnamento sulle/dellereligioni, svolto dalla stessa istituzio-ne scolastica) appare la più ragione-vole, già attuata in altri Cantoni sviz-zeri. Difficilmente estensibile pare in-vece la soluzione di introdurre, ac-canto all’insegnamento impartito dalleChiese cattolica o protestante, corsi af-fidati alla comunità musulmana (co-me avviene in Germania, e in qualchescuola cantonale), e domani alle variecomunità ortodosse, e poi (perché no?)ai «liberi pensatori», con evidenti dif-ficoltà di organizzazione e introdu-cendo un «apartheid» certamente nonfavorevole alla convivenza tra diversi.

Alberto Lepori

Religiosità giovanile. Da un’ indagi-ne commissionata dal Credito Sviz-zero, una maggioranza dei giovanisvizzeri tra i 16 e i 25 anni «crede inuna potenza superiore» o sono mem-bri di una Chiesa nazionale. Il 39% sidichiara cattolico, il 27% riformato,ma solo il 22% si sente di appartene-re a una comunità religiosa, e solo il27% si reca più volte in un anno in unedificio di culto.

Dopo 150 annidi Azione Cattolica

L’Azione Cattolica non va in vacan-za, si diceva all’inizio degli anni Cin-quanta del Novecento per scongiura-re il letargo estivo dei circoli dellaGioventù Cattolica Ticinese (GCT, giàespurgata dalla «F» di «Fascio»). Mal’Azione cattolica o, più giustamente,i laici cattolici ticinesi, erano già at-tivi (non in vacanza) da quasi un se-colo, da quando cioè i liberali-radi-cali avevano imposto, manu militari,la Riforma costituzionale del 1855 incui era stabilito che «gli esercenti pro-fessione ecclesiastica, secolari o re-golari, non potranno essere né eletto-ri né eleggibili alle cariche costitu-zionali». Con la museruola imposta alclero, toccava ai laici prendere la pa-rola: e così nel 1861 fondarono la se-zione ticinese del «Piusverein», inti-tolato a Pio IX – il Papa promulgato-re nel 1864 del Sillabo che terminavacon la condanna della proposizioneper la quale «Il Romano Pontefice puòe deve riconciliarsi e venire a compo-sizione col progresso, col liberalismoe colla moderna civiltà».A Lugano il 1. e 2 ottobre si è tenutoun «convegno internazionale», con ilmotto Il Popolo e la Fede da 150 an-ni testimoni in Ticino, «promosso dal-l’Azione Cattolica Ticinese per il150.mo della sua fondazione». Ne ri-costruisce il cammino un denso volu-me, frutto della collaborazione di al-cuni ricercatori ticinesi e introdottoda un saggio di Giorgio Vecchio, del-l’università di Parma, che meriterà in«Dialoghi» più di questa segnalazio-ne. Il cardinale svizzero Kurt Koch hasvolto il tema «L’impegno dei laicicristiani in Europa e il compito di im-pregnare la società dello spirito evan-gelico», presentando un quadro ec-cessivamente negativo della «secola-rizzazione» (che tra le conquistepositive ha portato la libertà di reli-gione, che oggi i cattolici rivendica-no in tutto il mondo!); mentre PaolaBignardi, già presidente dell’AC ita-liana, ha parlato di «Laici cristianiper rendere migliore la società di tut-ti». Sono seguiti esempi di «testimoninel mondo», con l’arbitro MassimoBusacca per lo sport, lo scrittore Do-minique Lapierre per l’impegno uma-nitario, la Scuola malcantonese diballetto per il divertimento (?) e rap-presentanti di Svizzera, Italia, Polo-nia, Africa e Argentina, a comprova

di una diffusione e solidarietà mon-diale. Il vescovo mons. Grampa, riaf-fermando il suo privilegiato sostegnoall’Azione Cattolica, ne ha ricordatola definizione classica di «coopera-zione/partecipazione all’apostolatogerarchico della Chiesa» e la carat-teristica della relazione speciale conla gerarchia (per lui «una brutta pa-rola!»).Ripetutamente, durante il Congresso,è stato ricordato l’insegnamento delConcilio Vaticano II, per il quale laChiesa non è la gerarchia ma «il po-polo di Dio», cioè l’insieme dei cri-stiani (mons. Koch), chiamato allamissione di far conoscere e realizzarel’insegnamento evangelico, mentrespecifico del laico cattolico sono l’in-dole secolare e l’impegno nelle realtàtemporali (Bignardi ha esemplificatosulla cultura). Aspetti che andrannoapprofonditi e chiariti (non era il ca-so in un convegno commemorativo),ma lo dovranno essere se, per i pros-simi decenni, l’Azione Cattolica Tici-nese non vorrà «andare in vacanza»o starsene in sagrestia ma aiutare acrescere laici adulti per essere sale elievito nel mondo. Il papà aveva im-pedito al figlioletto Turoldo di accet-tare la tessera dell’Azione cattolica,«perché basta il battesimo». JacquesMaritain (in Struttura dell’Azione, ap-pendice di «Umanesimo integrale»,1936) mette l’Azione Cattolica in un«terzo piano», «a collaborare al-l’apostolato della Chiesa docente»,dove «il cristiano agisce e appare da-vanti agli uomini proprio in quantocristiano, e in tale misura impegna laChiesa»; mentre nell’agire da cristia-no egli impegna solo se stesso.Da segnalare la relazione su «Laicidopo il Vaticano II», tenuta dal teolo-go Giacomo Canobbio, pubblicata da«Il Regno» del 1. luglio scorso, se-condo cui il futuro modello è (sarà?)quello di «laici cristiani come voltosimbolico della Chiesa estroversa»:«La ragione non è semplicemente so-ciologica (mia nota: ieri l’esclusionedel clero dalla vita pubblica, oggi lascarsità di preti), bensì teologica: ognivocazione cristiana si configura nellasua concretezza mediante le congiun-ture storiche nelle quali entra in gio-co la libertà della persona» (cit, p.426). Vedi anche, di Luigi Maffezzolisulla «Rivista della Diocesi» l’artico-lo «L’attività apostolica del popolo diDio» (n. 9, settembre 2011).

A.L.

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Taxi driver. A Ginevra dal mese digiugno esiste un’alternativa ai tradi-zionali tassì per spostarsi da un capoall’altro della città: il TaxiBike. L’ini-ziativa ha visto la luce grazie all’en-tusiasmo di due studenti, che hannoportato l’idea sulle rive del Lemanodopo un viaggio a Cuba, e a un me-cenate che li ha sostenuti nell’acqui-sto del… parco biciclette. Per il mo-mento sono in funzione tre tricicli mu-niti di motore elettrico che fornisce unaiuto alla pedalata. L’équipemobile ècomposta di sette persone, compresi idue proprietari che si avvicendano al-la guida dei veicoli sui quali possonoaccomodarsi due adulti e un bambi-no. Il TaxiBike piace soprattutto ai tu-risti, ma potrebbe ben presto conqui-stare i favori della clientela tradizio-nale dei tassì, specialmente nelle oredi punta. Infatti pur essendo più lentodi un’automobile, farne ricorso neltraffico cittadino risulta economica-mente più vantaggioso in quanto, se èfermo ai semafori, il tachimetro si fer-ma. Per la stagione fredda è previstol’arrivo di dieci nuovi veicoli equi-paggiati con una cabina riparata e cal-de coperte saranno a disposizione deiclienti più freddolosi. A Berna, con unconcetto simile, l’impresa Rikscha-Taxi, è attiva da tre anni e da alcunimesi ha allargato la sua attività a Zu-rigo e Basilea.

Monastero a bassa impronta ecolo-gica. Le suore carmelitane di Liver-pool hanno deciso di traslocare in unaltro quartiere della città perché il ter-reno sui cui sorge il monastero che leospita da 104 anni interessa due scuo-le che hanno bisogno di ingrandirsi.Nella sede di Allerton le 30 suore ini-zieranno una nuova vita: il monasterosarà meglio adattato al loro stile di vi-ta e permetterà di ridurre drastica-mente la loro impronta ecologica. Ilprogetto prevede l’utilizzo della geo-termia per il riscaldamento degli edi-fici, il fotovoltaico per l’elettricità, losfruttamento dell’acqua piovana non-ché una foresta di 1500 alberi e unaprateria di fiori selvatici.

Popolazioni autoctone in pericolo.Dal monitoraggio annuale presentatolo scorso 30 giugno dal CIMI, un or-gano della Conferenza nazionale deivescovi del Brasile, emerge che la vio-lenza sulle popolazioni autoctone per-

siste malgrado i passi da gigante cheil Paese latinoamericano sta compien-do sul piano economico a livello mon-diale. Minacce di morte, uccisioni, as-senza di servizi sanitari e scolastici,lentezza nel processo di regolarizza-zione della proprietà della terra, inva-sioni e sfruttamento illegale delle ri-sorse naturali esistenti sulle terre cheappartengono loro… sono all’ordinedel giorno per le persone che appar-tengono a popolazioni tradizionali,oggi impoverite, fragilizzate ed emar-ginate. Le violenze esistono, ma rara-mente arrivano al grande pubblico, op-pure passano inosservate. Nel 2010 visono stati 60 omicidi e 27 tentativid’omicidio, 15 persone sono state og-getto di aggressioni a sfondo razziale,152 hanno ricevuto minacce di mortee 92 bambini sono deceduti per lamancanza di cure adeguate. I casi piùgravi si sono registrati nel Mato Gros-so, dove la violenza va di pari passocon lo sfruttamento illegale delle fo-reste, con l’invasione e l’occupazionedi terreni di proprietà delle popola-zioni indigene da parte di grandi im-prese e di latifondisti.

Svendita invece di salvaguardia. LaSierra Leone fu uno dei 178 stati chenel 1992, a Rio, si impegnarono peruno sviluppo sostenibile. Per garanti-re il diritto delle generazioni future difar fronte ai loro futuri bisogni, si sa-rebbe dovuto rispettare un equilibriotra la sostenibilità ambientale, l’effi-cienza economica e la giustizia socia-le. Nel 2010, però, il Governo del Pae-se africano ha accettato un accordo chemette in pericolo il futuro di milioni dipersone. Ha infatti concesso ad AddaxBioenergy lo sfruttamento di 57’000ettari di terre per una durata minima di50 anni allo scopo di coltivare agro-carburanti per il mercato europeo.L’impresa, con sede a Ginevra, ha orail diritto di sfruttare a titolo esclusivotutte le risorse naturali, ossia, oltre al-la terra, l’acqua e i corsi d’acqua, le fo-reste e anche i villaggi. La popolazio-ne locale ha così perso il controllo sul-le sue basi vitali per almeno duegenerazioni. L’accesso a risorse indi-spensabili alla sua sopravvivenza di-pende ormai completamente dal vole-re e dai piani dell’impresa svizzera.

Finlandia all’avanguardia. Il pro-getto Hinku interessa cinque comuni

finlandesi, che si sono impegnati a ri-durre dell’80% le emissioni di gas aeffetto serra, aderendo al progetto disette uomini d’affari che vogliono svi-luppare un modello d’ecologia in col-laborazione con l’Istituto dell’am-biente finlandese. I comuni investono200.000 euro ogni anno e fanno pro-va di un ottimismo senza limiti ma an-che di molto pragmatismo. La chiavedel successo consiste nel coinvolgi-mento di tutti gli attori: autorità loca-li, singoli cittadini, imprese. Si va dalmigliorare l’isolamento delle abita-zioni all’aumento del rendimento ca-lorico dei camini per riscaldare gli am-bienti, alla rinuncia dell’utilizzo dicombustibili fossili da parte degli ar-tigiani, alla sensibilizzazione nellescuole. La piccola città di Uusikau-punki, situata nel Sud-Ovest del Pae-se scandinavo (17.000 abitanti), è riu-scita in soli due anni e mezzo a ridur-re le emissioni di gas a effetto serradel 50%.

Uniti per salvare quattro fiumi. LaChiesa cattolica in Corea del Sud simobilita per fermare il progetto go-vernativo dei Quattro Fiumi. Si trattadi una serie di interventi sui quattrodei maggiori fiumi del paese asiatico:scavo dei letti dei corsi d’acqua peraumentarne la portata, correzioni dipercorso, bacini e chiuse con relativecentrali idroelettriche. La società ci-vile sudcoreana denuncia l’impatto di-struttore e irreversibile dell’opera, chemetterebbe in pericolo interi ecosiste-mi con gravi ripercussioni sul mondovegetale e animale. Il presidente èaccusato di mettere gli interessi delleimprese implicate nel progetto davan-ti ai diritti della popolazione e alla sal-vaguardia dell’ambiente. Dall’iniziodei lavori di bonifica nel 2009 si sonogià verificate inondazioni all’arrivodei monsoni, a dimostrazione chel’impresa è ad alto rischio e non è ingrado di risolvere né di prevenire i pro-blemi legati a situazioni meteorologi-che estreme. La protesta, oltre a coa-lizzare più di un centinaio di organiz-zazioni della società civile, ha per laprima volta nella storia del Paese uni-to cattolici, protestanti, e diverse cor-renti buddiste.

No. 218 notiziario (in)sostenibile 23

NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILEa cura di Daria Lepori

NNuummeerriiaarrrreettrraattii??I numeri arretrati di «Dialoghi»

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24 opinioni No. 218

In questo numeroDossier: Per un bilancio di un episcopato� EDITORIALEUNA VIGNETTA DI A. BONEFF 1

� IL COMITATO DI «DIALOGHI»SULL’EPISCOPATO DIMONSIGNOR GRAMPA 3-9

� L’ULTIMA SUA LETTERAPASTORALE 3-7

I corsivi di «Dialoghi»� DOPO 150 ANNI DI AZIONECATTOLICA (A.L.) 22

Articoli� A MILANO, DA TETTAMANZIA SCOLA (red.) 11

� «NOI SIAMO CHIESA»AGLI INIZI IN ITALIA (M. Sartorio) 12

� A. KINGSTON, MEA CULPADELLE CHIESE (L. Sandri) 15

� «SACRIFICIO QUARESIMALE»DA CINQUANT’ANNI (F. Mauri) 17

� LE CHIESE SVIZZEREE L’APARTHEID (f.m.) 18

� RICORDO DIGIANCARLO ZIZOLA (E.M.) 18

� SEGNI RELIGIOSIIN PUBBLICO (A.L.) 21

� ONORE A GIANCARLACODRIGNANI (Adista) 24

� I CONTI DI«DIALOGHI» 2� NOTIZIE BELLE E BUONE 10� OSSERVATORIO ECUMENICO 16� CRONACA INTERNAZIONALE 13-14� CRONACA SVIZZERA 19-20� NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILE 23

dialoghi di riflessione cristiana

Comitato: Alberto Bondolfi, ErnestoBorghi, don Emilio Conrad, Serse Forni,Aldo Lafranchi, Alberto Lepori, DariaLepori, Enrico Morresi, MargheritaNoseda Snider, Marina Sartorio, CarloSilini.

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Il «Nettuno d’Oro» è un premio isti-tuito per quelle cittadine o quei citta-dini che abbiano onorato con la pro-pria attività professionale e pubblicala Città di Bologna. Quest’anno il Co-mune ha deciso di assegnarlo a Gian-carla Codrignani, 80 anni, cinquantadi impegno politico ed ecclesiale (ri-costruiti puntualmente nel suo ultimolibro Ottanta, gli anni di una politica,Servitium, 2010, pp. 222, € 16).Giornalista, teologa, militante femmi-nista, saggista, ex parlamentare dellaSinistra Indipendente, esponente diprimo piano del mondo cattolico,Giancarla Codrignani ha assunto po-sizioni coraggiose e decisamente «dirottura» sul versante politico-eccle-siale. Dal «sì» al divorzio alla deci-sione di candidarsi, nel 1976, insiemead altri esponenti del mondo cattolico(ma c’era anche il pastore valdese Tul-lio Vinay) come indipendente nelle li-ste del Partito Comunista; dalla deci-sione di sostenere il diritto delle don-ne all’autodeterminazione, anche inmateria di aborto, al «no» alla revi-sione del Concordato siglata nel 1984;dalla militanza nelle comunità di ba-se, all’impegno nel movimento delledonne, per la pace e il disarmo, perl’obiezione di coscienza al militare (ètuttora presidente della LOC, Lega de-gli obiettori di coscienza). Ha parte-cipato a diverse missioni come osser-vatrice internazionale, in diversi co-mitati di solidarietà con i popoli op-pressi (al tempo delle campagne perVietnam, Mozambico, Corea, Iraq, Ci-

le, Argentina, Nicaragua, Sudafrica),ricevendo per questa attività, a Gine-vra, il riconoscimento dall’Alto Com-missariato per i Rifugiati dell’Onu.La Città di Bologna, con l’assegna-zione del premio, intende esprimere ri-conoscenza alla Codrignani «per la suagenerosa partecipazione all’evoluzio-ne civile della nostra città e del Paese,per la dedizione profondamente laicae il costante impegno politico». Di di-verso avviso «Bologna Sette», il setti-manale diocesano, inserto domenica-le dell’edizione locale di «Avvenire»,che contesta il passaggio in cui le au-torità comunali definiscono la Codri-gnani una «cattolica» impegnata «inimportanti battaglie legate ai temi piùdelicati dell’agendapolitica quali l’interruzione di gravi-danza», perché non potrebbe esserequalificato come «cattolico» chi so-stiene la liceità dell’aborto. Ha repli-cato la Codrignani: «Spiace constata-re che i responsabili curiali e laici di“Avvenire” continuino a non voler ca-pire. Vorrei che fosse chiaro che l’abor-to (…) non sta bene a nessuno. Le don-ne cattoliche sono ‘adulte’ e ricordanoche in Italia prima della legge si veri-ficavano centinaia di migliaia di abor-ti nella clandestinità e nell’ipocrisia(…); a causa della paternità irrespon-sabile, noi donne consentiamo, comein altri Paesi ancora incapaci di elimi-narne le cause, l’aborto, incomincian-do dall’eliminazione della clandesti-nità e dell’ipocrisia».(da «Adista», Valerio Gigante)

Onore a Giancarla Codrignanicoraggiosa militante cattolica

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