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3 Stemma di Trieste Asburgica Miniatura del Handregi- stratur di Federico III (1446) Araldica di Federico III Araldica di Carlo V Dal 1382 alla morte di Carlo V Nel 1382, Ugo, Conte di Duino, staccatosi dal Patriarcato di Aquileia si allea con la Comunità delle Tredici Casade del Comune trecentesco di Trieste. Il 9 agosto 1382 il Consiglio Maggiore del Comune Tergestino, per non perdere le libertà municipali, delibera la dedizione della città ai Duchi d'Austria ponendo per con- dizione assoluta che mai sarebbe stata intaccata la libertà del libero Comune, né violati gli Statuti vigenti e tanto meno disconosciute le consuetudini cittadine. Il 30 settembre una delegazione si reca a Graz, dove il duca Leopoldo III d’Asburgo ratifica il documento, sop- prime la carica di podestà e un Capitano si stabilisce a Trieste in veste di rappresentante di Leopoldo. (vedi Ap- pendice A) Hanno così inizio le vicende dell’Impero Austriaco come potenza marittima, o per essere più esatti, ne so- no poste le premesse. Con l’acquisizione di Trieste gli Asburgo hanno raggiunto il mare. Non si può però par- lare di potenza marittima, in quanto, per alcuni secoli, non dispone né di una flotta né di veri e propri marinai. Al Duca del ramo stiriano, Federico V nato a Graz nel 1415, piace l’idea del “Domi- nium Austriae” coniato dal suo avo Rodolfo il Fondatore, e perciò dà alla Casa Madre d’Austria un motto molto altisonante: Austriae Est Imperare Orbi Universo Alles Erdreich Ist Österreich Untertain Austria Erit in Orbe Ultima Queste sono solo alcune delle molte versioni date alla misteriosa sigla che adorna oggi suppellettili e so- vrasta alcuni edifici di Graz. Quest’affermazione sembra dare ragione al Asbur- go, Federico è incoronato Re di Germania ad Aqui- sgrana e, dieci anni dopo, a Roma e per mano del Pa- pa, è incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero di Nazione Tedesca col nome di Federico III. Nel 1440, è fondato a Vienna un arsenale per la co- struzione di navi fluviali da guerra e nel periodo dal 1440 al 1485 è costruita la prima flottiglia imperiale di navi danubiane. La seconda flottiglia sarà poi costruita sempre a Vienna tra il 1532 e il 1540. Nel 1471 l’imperatore Federico III acquista dal Regno d’Ungheria St. Veit am Pflaumb che, in seguito prenderà il nome di Fiume e poi di Rijeka. L'imperatore Massimiliano I, nel 1500, fonda un arsenale sul "Tabor" a Vienna, il "Römisch-Kayserliches Streit Schiff Arssiniall". Nel 1511 Trieste arma due brigantini nella guerra contro Venezia. Carlo V, il maggiore dei nipoti dell’Imperatore Massimiliano, I nel 1519, governa un regno enorme nel quale effettivamente “il sole non tramontava mai”, secondo la consueta suddivisione della terra in ventiquattro fusi orari, I suoi territori si estendono per ben sette di questi.

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Stemma di Trieste Asburgica

Miniatura del Handregi-stratur di Federico III

(1446) 

 

Araldica di Federico III  Araldica di Carlo V

Dal 1382 alla morte di Carlo V Nel 1382, Ugo, Conte di Duino, staccatosi dal Patriarcato di Aquileia si allea con la

Comunità delle Tredici Casade del Comune trecentesco di Trieste. Il 9 agosto 1382 il Consiglio Maggiore del Comune Tergestino, per non perdere le

libertà municipali, delibera la dedizione della città ai Duchi d'Austria ponendo per con-dizione assoluta che mai sarebbe stata intaccata la libertà del libero Comune, né violati gli Statuti vigenti e tanto meno disconosciute le consuetudini cittadine.

Il 30 settembre una delegazione si reca a Graz, dove il duca Leopoldo III d’Asburgo ratifica il documento, sop-prime la carica di podestà e un Capitano si stabilisce a Trieste in veste di rappresentante di Leopoldo. (vedi Ap-pendice A)

Hanno così inizio le vicende dell’Impero Austriaco come potenza marittima, o per essere più esatti, ne so-

no poste le premesse. Con l’acquisizione di Trieste gli Asburgo hanno raggiunto il mare. Non si può però par-

lare di potenza marittima, in quanto, per alcuni secoli, non dispone né di una flotta né di veri e propri marinai.

Al Duca del ramo stiriano, Federico V nato a Graz nel 1415, piace l’idea del “Domi-nium Austriae” coniato dal suo avo Rodolfo il Fondatore, e perciò dà alla Casa Madre d’Austria un motto molto altisonante:

Austriae Est Imperare Orbi Universo Alles Erdreich Ist Österreich Untertain

Austria Erit in Orbe Ultima

Queste sono solo alcune delle molte versioni date alla misteriosa sigla che adorna oggi suppellettili e so-vrasta alcuni edifici di Graz.

Quest’affermazione sembra dare ragione al Asbur-go, Federico è incoronato Re di Germania ad Aqui-sgrana e, dieci anni dopo, a Roma e per mano del Pa-pa, è incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero di Nazione Tedesca col nome di Federico III.

Nel 1440, è fondato a Vienna un arsenale per la co-struzione di navi fluviali da guerra e nel periodo dal 1440 al 1485 è costruita la prima flottiglia imperiale di

navi danubiane. La seconda flottiglia sarà poi costruita sempre a Vienna tra il 1532 e il 1540. Nel 1471 l’imperatore Federico III acquista dal Regno d’Ungheria St. Veit am Pflaumb che, in seguito prenderà il

nome di Fiume e poi di Rijeka. L'imperatore Massimiliano I, nel 1500, fonda un arsenale sul "Tabor" a Vienna, il "Römisch-Kayserliches Streit Schiff

Arssiniall". Nel 1511 Trieste arma due brigantini nella guerra contro Venezia. Carlo V, il maggiore dei nipoti dell’Imperatore

Massimiliano, I nel 1519, governa un regno enorme nel quale effettivamente “il sole non tramontava mai”, secondo la consueta suddivisione della terra in ventiquattro fusi orari, I suoi territori si estendono per ben sette di questi.

 

Sebastiano Caboto 

 

Ferdinando Magellano 

 

Araldica degli Asbur-go di Spagna

I domini europei di Carlo V, acquisiti anche per matrimonio, in quell’anno, formano un complesso vasto anche se irregolare che comprende inoltre le colonie spagnole in Ame-rica Centrale e Sudamerica.

Molti sono i navigatori che, in quegli anni e, con le caravelle battenti la bandiera spa-gnola della Casa d’Asburgo, viaggiano nel mondo per conto di Carlo V.

Il genovese Sebastiano Caboto, valente cartografo, dopo essere stato per lunghi an-ni al servizio degli inglesi assieme al padre Giovanni, per incarico di Carlo V compie un viaggio in Sudamerica alla ricerca di nuove colonie senza raggiungere alcun obiettivo e al suo ritorno è rinchiuso per alcuni anni nelle carceri di Orano.

Il navigatore portoghese Fernão Magalhães (Magel-lano) presenta a Carlo V un piano che avrebbe dovuto dimostrare la sfericità della terra e che promette nuovi, ricchi territori alla casa d’Asburgo di Spagna. Carlo V finanzia il piano e Magellano parte nell’Agosto del 1519 a bordo della nave ammiraglia Trinidad e quattro piccoli velieri.

Egli circumnavigando il globo raggiunge le isole che sono chiamate “Filippine” e muore in battaglia contro gli aborigeni di quei territori. L’unica nave superstite, la Victo-ria rientra in Spagna dopo tre anni, nel 1522.

Carlo V scrive alla zia Margherita che una nave, battente la sua bandiera, aveva fatto il giro del mondo.

Il 1526 segna la nascita del grande stato Austriaco sul Danubio. Ferdinando I, fra-

tello di Carlo V, si assume l’impegno di garantire in futuro la difesa contro i Turchi e poiché le loro incursioni sono sempre appoggiate da natanti, si sviluppa l’idea di costituire una flottiglia imperiale, una “Armada” danubiana.

Prima che l’Ungheria cadesse nelle mani dei Turchi, i cantieri dell’area danubiana trovano i materiali per la costruzione delle imbarcazioni nelle foreste di rovere della Slavonia. In quel periodo sono costruite presso l’Arsenale di Vienna, le “Nassaden” (dall’’ungherese naszad o barca a remi), imbarcazioni a remi piatte e strette e le navi da guerra fluviali denominate “Tschaiken” (da saika o zattera).

Durante il primo assedio turco di Vienna sferrato nel 1529 da Solimano I, molta importan-za ha la flottiglia imperiale del Danubio che fornisce un valido appoggio alla strenua resisten-za delle truppe del conte di Salm poste a difesa della città.

 

 

Tschaiken 

 

Carlo V in un ritratto del Tiziano Museo del Prado di Madrid

Federico III Imperatore del Sacro Romano Impero di Nazione Tedesca

Nel 1532 s’istituisce a Vienna l’Ufficio Navale Austriaco, che all’inizio ha il compito di trovare altre aree boschive con alberi adatti alla costru-zione delle imbarcazioni. La scelta cade sui bo-schi di abete di Salzkammergut e la città di Gmunden sul lago di Traun diviene il nuovo cen-tro dell’attività cantieristica. Molti costruttori d’imbarcazioni, sfuggiti ai Turchi, vi trovano una nuova patria dove fabbricare navi da guerra e da trasporto in legno di abete secondo i modelli tra-dizionali. Queste imbarcazioni dette “Traunerin-ner” dal loro luogo di provenienza sono meno pesanti e meno costose delle imbarcazioni in rovere. Dato che non vale la pena di trascinare controcorrente le barche impiegate una volta sul Danubio, dopo l’uso esse sono smembrate e

trasformate in legna da ardere. La “Landsknechtsornung” è dotata per la prima volta, nel 1540, di un

regolamento navale. Al giuramento di fedeltà alla bandiera imperiale è ag-giunta l’espressione “per terra e per mare” che rimane in vigore sino alla fine della Prima Guerra Mondiale.

Le città costiere asburgiche di Trieste e Fiume sono fortificate contro eventuali attacchi di una flotta turca. Come duca di Borgogna abdica in favore del figlio Filippo II, nella città di Bruxelles il 25 ottobre 1555.

Il 16 gennaio 1556 Carlo V cede, sempre al figlio Filippo le corone di Spagna, Castiglia, Sicilia e delle Nuove Indie, nel giugno la Franca Contea e nel mese di luglio la corona ara-gonese. Il 12 settembre cede la corona imperiale al fratello Ferdinando.

Subito dopo, accompagna-to dalle sorelle Eleonora e Ma-ria, parte per la Spagna diretto al monastero di San Jeronimo di Yuste nell'Estremadura. Muore il 21 settembre 1558,

probabilmente di malaria, dopo tre settimane di agonia a Cuacos de Yuste ed è sepolto sotto l'altare della piccola Chiesa di Yuste. Sedici anni dopo, la sua salma è traslata dal figlio Filippo nel monastero di San Lorenzo, all'in-terno del grande palazzo dell'Escorial che lo stesso Filippo aveva fatto co-struire sulle colline a Nord di Madrid, e destinato a luogo di sepoltura di tutti i sovrani Asburgo di Spagna. Da questo momento seguiremo solo le vicen-de del futuro austriaco degli Asburgo.

La Dedizione all’Austria Molti storici hanno scritto sulla situazione di Trieste al momento in cui il Consiglio della città decide di consegnarla al

Duca Leopoldo di Graz. In quel momento della vita cittadina, la situazione era molto confusa se si considera che il capi-

 

tano Michele di Weixenstein in una lettera inviata a Treviso l’11 agosto pregasse il conte Ugo di Duino di venire urgen-temente a Trieste per mettere ordine fra la popolazione. Il Comune di Treviso, scrivendo a Leopoldo e riassumendo le frasi della lettera ricevuta da Ugo, scrive “…proponendo ordinem in dicta civitate pro vestri honoris et status argumen-to…”. Jenner, nelle sue cronache parla di circa 700 morti nel solo anno 1382, cosa insolita giacché non ci sono epide-mie nel corso di quell’anno.

Fatto molto strano è il mancato rinvenimento di un “Atto di dedizione” vero e proprio come pure della procura che i tre delegati che si recano a Graz avrebbero avuto. Poiché esistono le copie di altri atti di dedizione stilati in precedenza, è convinzione comune negli storici dell’epoca, che i due documenti siano irreperibili poiché mai esistiti. Quello che si vuole chiamare “Atto di dedizione”, secondo il Kandler, non è un atto di offerta, ma la risposta che il duca Leopoldo dà alla città, redatta dalla cancelleria austriaca di Graz e non quindi un documento triestino.

L’atto ducale narra che tre delegati del Comune, Adelmo de Petazzi, Antonio di Domenico e Nicolò Pica, esibendo regolare procura, si presentano a Graz il 30 settembre 1382, per firmare un atto di sudditanza di Trieste alla casa d’Asburgo. In tale atto si legge un’espressione che sembra significare attraverso quali fasi si era arrivati a soggiogare la città. In esso non ci sono le frasi “sponte et unanimiter” o quelle di uguale senso frequenti negli atti di dedizione, è inve-ce ricordata la virtù di una “placida obedientia” che il duca considerava un “beneficio grazioso” largitogli dai cittadini. L’”atto di dedizione” perciò, non è altro che un diploma con cui si accetta la resa di una città, un privilegio con cui si e-lencano le concessioni che si facevano.

Il documento che si propone nell’appendice A nella sua traduzione integrale, fu redatto il “di ultimo di settembre all’ora dei vesperi o quasi” dal chierico Paolo von Kastelruth, in sostituzione del notaio ducale Burkard von Stein, “impe-dito da altri gravi negozi”.

Monumento alla dedizione di Trieste all’Austria

Nel quinto centenario della dedizione di Trieste alla Casa d'Austria (1882) alcuni illustri cittadini e i primi stabilimenti cittadini costituiscono un fondo per erigere un monumento che ricordasse alle generazioni future il sodalizio dei Triestini con la casa d'Austria.

E’ costituito un comitato esecutivo formato dalle seguenti per-sone: Pietro Barone de Sartori junior, Giovanni de Albori, Marco Barone de Morpurgo, Paolo Barone de Ralli, commendatore Carlo Reinelt, Carlo Barone de Rittmayer, Dr. Antonio cavaliere de Tommasini.

Nel dicembre 1882 il fondo per l'esecuzione del monumento ammonta a 27000 fiorini.

Il 12 aprile 1887 è deciso, con delibera a grandissima maggio-ranza, il sito e l'artista che avrebbe dovuto eseguire l'opera. Il sito, nella piazza antistante alla stazione ferroviaria, l'artista nello scul-tore dalmata Ivan Rendić.

Il 29 maggio 1887, il comitato esecutivo per mancanza di fondi necessari all'ultimazione dell'opera, indice una pubblica raccolta di fondi alla quale partecipa tutta la cittadinanza, dalle classi meno abbienti fino all'alta società, tutti contribuiscono affinché l'opera sia ultimata.

Il 25 marzo 1889 il monumento è solennemente inaugurato. Ha un'altezza di 14 metri, e si affaccia verso la facciata principale della stazione ferroviaria.

E’ composto di un obelisco e da un corpo che fa da base. Tra la

 

 

La piazza della stazione ora piazza della libertà in una cartolina del 1899.

base e l'obelisco è posto un elemento di raccordo sul quale figura uno stemma imperiale asburgico in bronzo. La base in pietra ospita la statua bronzea e un conglomerato imitante dei ruderi architettonici dell'epoca romana con un fascio che lega le memorie di Trieste agli Asburgo. La statua, rappresentante la città di Trieste, è fregiata di uno scudetto con l'alabarda triestina.

Il monumento è descritto in un articolo tratto dal giornale cittadino "L'Adria" pubblicato il 26 marzo 1889, giorno se-guente l'inaugurazione:

"Il monumento si eleva sopra una base a due gradinate di pianta quadrata, e presenta nel suo insieme l'aspetto d'un obelisco il quale dalla gra-dinata alla sua cima si alza all'altezza di metri 14,20. Il basamento è formato da tre ordini di piedestalli che tra loro strettamente armonizzati per forme, proporzioni e profili si predispongono ad accogliere il sormontante obelisco.

Nel primo piedestallo concepito in forme ar-chitettoniche rigorosamente studiate, porta nella facciata principale l'iscrizione dedicatoria, esso viene sormontato da un gruppo composto di massi conglomerati imitanti dei ruderi architetto-nici dell'epoca romana, esistenti nel Museo civico d'antichità.

Addossata a questi dal lato prospiciente il portale dell'edificio della stazione ferroviaria, campeggia la figura di donna in bronzo, rappresentante la città di Trieste.

Dalle rovine dell'antica stirpe latina sorge maestosamente l'allegorica figura di Trieste con la mano stesa in atto di giubilo, con l'altra annoda tutto in un fascio le sue memorie allo scudo degli Asburgo, formando un trofeo, dal quale i lembi del vessillo Imperiale avvolgono gli omeri in segno di protezione.

Su quel gruppo di ruderi poggia un secondo basamento il quale di forme corrispondente assomigliante e con in fron-te lo stemma Imperiale slancia il suo insieme di ricco profilo nelle snelle forme dell'obelisco. Tutto all'intorno del monu-mento corre una ringhiera in ferro battuto, ai quattro lati si ergono fanali riccamente lavorati nello stile del rinascimento.

II monumento è d'invenzione del valente scultore Ivan Rendić che ne ha eseguito il modello, la statua venne fusa a Vienna dal Prof. Ponninger; il lavoro da scalpellino venne eseguito da Antonio Tamburini; la balaustra con i fanali è ope-ra di Giuseppe Tuzzi su disegno dell'architetto prof. Carlo Hesky, direttore dell'i.r. Scuola industriale".

L'opera fa bella mostra di sé per trent'anni nel giardino dell'allora Piazza della Stazione (oggi Piazza Libertà). L'iscrizione dedicatoria, dettata dal chiarissimo don Pietro dott. Tomasin, professore alla Scuola Reale superiore del-

lo Stato, è la seguente:

PRAEVIDENS-MAJORUM-CONSILIUM-TERGESTINAM PRAECLARAM-URBEM

PRID-KAL-OCTOBRIS-M.CCC.LXXXJI LEOPOLDO III-PIO-AUSTRIAE-DUCI

SPONTE-OBTULIT ET-NEPOTES-EMPORII-INCOLAE

SEDENTE-FRANCISCO-JOSEPHO-AUG-IMPERATORE ET-REGE-APOSTOLICO HOC-FIDELITATIS-AVITAE-MONUMENTUM

AERE-CONLATO EREXERE . A. D. M.DCCC.LXXX.IX QUOD-BONUM-FASTUMQUE-SIT

Nelle giornate del 2 e 3 novembre 1918, durante il vuoto lasciato dal crollo delle autorità asburgiche, il monumento è gravemente danneggiato dai nazionalisti italiani, che lo imbrattarono di vernice verde, bianca e rossa.

 

Il 3 novembre 1918 inizia il periodo di occupazione militare italiana, e, il 12 aprile 1919, una delibera della giunta municipale decreta l'allontanamento del monumento. La piazza antistante alla stazione è definitivamente sgombra dal monumento nel dicembre del 1919.

Le parti del monumento sono riutilizzate per i più svariati scopi: la balaustra che circonda il monumento è trasferita nei giardini di villa Basevi a S. Giacomo, i quattro fanali sono istallati ai quattro lati del ponte rosso (dove si trovano tut-tora), il rosone raffigurante i tredici stemmi delle casate patrizie Triestine è murato all'entrata del castello di San Giusto, la statua ha meno fortuna; nel 1928 s'ipotizza il suo riutilizzo come abbellimento per la nicchia posta al centro della Sca-la dei Giganti, ma nel settembre del 1931 il podestà blocca i lavori di ricollocazione a causa delle pressanti proteste ap-parse sul quotidiano "Il Piccolo" di una piccola ma significante parte della cittadinanza contraria al ritorno di quella sta-tua che ricordava troppo il passato regime.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la statua è trasferita al magazzino per la raccolta dei metalli e fusa, si salva solo la testa che entra a far parte delle collezioni di Diego de Henriquez.