cinofili stanchi nov-dic 2014

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Il magazine on line di informazione cinofila. SOMMARIO: Editoriale - Cani al cinema: Pete il cane - I levrieri e le loro origini - Punire i cuccioli? - Cani piccoli, piccoli problemi? - La paura - La selezione - La Zoofilia - Dare il senso al non senso - I cani nella Poesia - Umorismo canino -

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Siamo ancora qui, nonostante gli impegni, a scrivere per

voi nuovi articoli sui nostri amici a quattro zampe. Questa

volta spazieremo da un excursus sui levrieri, ad esaminare

cosa sia la paura, alla selezione canina a capire che coi

cuccioli, ma anche coi cani adulti, si lavora seguendo li-

nee guida che comprendono il rispetto dei nostri amici pe-

losi. Inoltre traduciamo dal blog di Roger Abrantes un in-

teressante articolo su cosa sia la dominanza per questo e-

minente scienziato.

Un editoriale breve per dare immediatamente fuoco alle

polveri. Buona lettura a tutti.

Giovanni Padrone

Messico - Cani danzanti

200 a.C. - 200 d.C.

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Editoriale pag. 2

Cani al cinema: Pete il cane pag. 4

I levrieri e le loro origini pag. 6

Punire i cuccioli? pag. 16

Cani piccoli, piccoli problemi? pag. 21

La paura pag. 25

La selezione pag. 28

La Zoofilia pag. 33

Dare il senso al non senso pag. 38

I cani nella Poesia pag. 50

Umorismo canino pag. 51

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di Giovanni Padrone - Questa

volta vogliamo occuparci di una

leggenda del Cinema nata

all’epoca del passaggio dal Muto

al sonoro. Infatti, quando Pete the

Pup apparve per la prima volta

era il 1929, due anni dopo il pri-

mo film con colonna sonora (‘Il

cantante di Jazz’), mentre il film

a colori era ancora in fase speri-

mentale.

Pete era un American Staffordshire Terrier protagonista della commedia ‘Our Gang’,

da noi nota come ‘Simpatiche

canaglie’, prodotta da Hal Roach

(n.d.A.: Ai tempi era il maggior

produttore cinematografico: pro-

dusse la maggior parte dei film di

Laurel & Hardy, Charlie Chaplin,

Harold Lloyd e molti altri anco-

ra). Noto anche come ‘Pete, il ca-

ne con l’anello intorno all’occhio’

o ‘Petey’, era molto noto proprio

per il suo cerchio intorno ad un

occhio che fu aggiunto dal make-

up artist Max Factor. Il Pete originale era un American Pit Bull Terrier di nome ‘Pal

the Wonder Dog’ e aveva veramente un anello quasi completo intorno ad un occhio.

Questo cane apparve nel film ‘The Freshman’ del 1925. In realtà, però, la sua prima

apparizione risale al 1920 nella serie ‘Buster Brown’ col nome di ‘Tige’. Successiva-

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mente fu reclutato fra

gli attori del cast di

‘Our Gang’, commedia

iniziata proprio nel

1920. Allora non c’era

ancora la TV (la prima

sperimentale fu inven-

tata nel 1925), la serie

veniva proiettata al ci-

nema e Pal divenne uno

degli attori più famosi

del momento, soprattut-

to fra i bambini. Il pro-

prietario e tranier di Pal

era Harry Lucenay e si occupò di lui fino alla sua morte, avvenuta nel 1930 per avve-

lenamento.

Dopo la morte di Pal, Hal Roach si avvalse di altri cani, fra cui appunto lo stesso Pet

the Pup. Alla sua morte fu sepolto al Los Angeles Pet Memorial Park, dove tuttora ri-

posano le sue spoglie.

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di Giovanni Padrone - I levrieri, insieme ai dingo ed ai basenji, sono i cani con le più

antiche rappresentazioni. Abbiamo infatti dei petroglifi che li ritraggono intorno a

10.000/12.000 anni fa ed un sigillo di 9.500 anni fa circa, ritrovato presso il sito archeo-

logico di Jarmo (Iraq), che ritrae un Saluki ed altri due non ben identificati levrieri. Nel

corso di questo articolo vedremo le varie razze riconosciute F.C.I. (ma ve ne sono diver-

se altre non riconosciute) e la loro storia…

BORZOI - Ci sono resoconti di spedizioni

di caccia di numerosi sovrani mongoli al

momento di Gengis Khan, nel 13° secolo,

in cui lunghi cani sono stati menzionati co-

me cani principali per il coursing. In Rus-

sia, i precursori del Borzoi sono stati pen-

sati per essere di diversi tipi, tra cui il cane

da orso con il manto lungo e la faccia liscia

della primordiale Russia, i cani da coursing

del sud dei Tartari, il grosso cane da pasto-

re russo, così come altri antichi levrie-

ri. Entro il 1260, il coursing con la lepre

diventa uno sport menzionato in connessione con la Corte del Granduca di Novgorod il

quale pare abbia incrociato un saluki con un levriero autoctono per dare origine agli an-

tenati del Borzoi. Nel 1650 viene codificato il primo standard che non differisce molto

dal moderno standard. In quel periodo un successore del Granduca importò dei levrieri

arabi (gazelle hounds) i quali, non avendo un pelo idoneo a proteggerli dalla rigidità

dell’inverno, morirono. Non pago di questo fallimento, il nobile ne importò degli altri e

li incrociò con una razza nativa simile al Collie. Il risultato finale fu il Borzoi che tutti

gli appassionati oggi conoscono.

LEVRIERO AFGANO – Questa

razza è stata scoperta dal mondo

occidentale in Afghanistan e nelle

regioni circostanti durante il 19°

secolo, con i primi esemplari por-

tati in Inghilterra nella seconda

metà di quel secolo. Dell'origine

della razza e la sua storia prima di

allora, poco si sa per certo. Una

volta si credeva che fosse presente in Egitto migliaia di anni fa, mentre una seconda teo-

ria diceva che la razza evolutasi nelle steppe dell'Asia rappresentava l’afgano origina-

le. Un grande sforzo di ricerca non ha fornito la prova di una di queste speculazioni. La

razza sviluppata in Afghanistan, comprende due tipi distinti. Gli afgani delle regioni de-

sertiche meridionali e occidentali avevano un corpo longilineo, erano di colore chiaro e

con un manto poco folto. I cani provenienti dalle regioni settentrionali erano più compat-

ti nella struttura, di colore più scuro e più pesantemente rivestiti. Queste ed altre varianti

rappresentano gli adattamenti logici alla grande diversità del clima e del terreno del pae-

se.

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SALUKI - Il Saluki, cane reale d'E-

gitto, è la più antica razza di cane

domestico conosciuta. Esso è identi-

ficato da alcuni storici come una raz-

za distinta e modellata già nel 329

a.C, quando Alessandro il Grande

invase l'India. Le prime rappresenta-

zioni artistiche conosciute assomi-

gliano più al Saluki rispetto a qualsi-

asi altra razza: hanno un corpo da

Greyhound con orecchie, coda e

gambe a pelo lungo. Questo stesso

segugio è ritratto esattamente sulle tombe egizie del 2100 a.C. e grazie a nuovi scavi

iracheni dell'impero sumero, abbiamo una sua rappresentazione su un sigillo datato

intorno al 7000-6000 a.C. Il Saluki appare così stimato nell’antichità che il suo corpo

era spesso mummificato come i corpi dei faraoni stessi. I resti di numerosi esemplari

sono stati così trovati nelle antiche tombe della regione dell'Alto Nilo.

In seguito fu compagno delle tribù del deserto che erano nomadi; per questo l'habitat

del Saluki comprendeva l'intera regione dal Mar Caspio al Sahara. Naturalmente i tipi

variavano un po' in questa zona ampia per lo più in termini di dimensioni e manto. I

Saluki furono portati in Inghilterra nel 1840 ed erano conosciuti come Levrieri per-

siani. Non c'era alcun reale interesse per loro fino a quando Florence Amherst impor-

tò il primo Arabian Saluki nel 1895 dai canili del principe Abdulla in Transgiordania.

Avendo velocità tremenda, il Saluki è stato usato dagli arabi principalmente nel cattu-

rare le gazzelle. In Inghilterra, il cane è stato utilizzato in gran parte nel coursing con

le lepri. Il Saluki caccia in gran parte a vista anche se ha un discreto olfatto.

IRISH WOLFHOUND - Il

nome di Irish Wolfhound è piut-

tosto recente, ma il cane risale

alla notte dei tempi. Nell’antica

Irlanda Cù (variamente tradotto

come segugio, cane irlandese,

cane da guerra, cane lupo, ecc)

era presente nelle leggi che pre-

cedono il cristianesimo e nella

letteratura irlandese, che risale

al 5° secolo (il periodo storico

precedente è frutto della tradi-

zione orale) o, nel caso delle

saghe, al vecchio periodo irlandese, fra il 600 e il 900 d.C.. Solo i re e la nobiltà erano

autorizzati a possedere il grande levriero irlandese con numeri consentiti a seconda

della posizione. Ad esempio, i filid (la classe professionale dei compositori di saghe e

altri racconti, che erano della piccola nobiltà) avevano diritto a due cani. Nell’antica

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Irlanda, divisa in quinti, c'erano tanti re e nobili; ogni quinto aveva un re, e in esso

erano inclusi numerosi regni minori (c'erano 150 regni in Irlanda) ciascuno dei quali

aveva un re minore soggetto al re della quinta di appartenenza. Gli Irish wolfhounds

furono utilizzati come cani da guerra e come guardie di proprietà e greggi e per cac-

ciare cervi, cinghiali e lupi. Il II secolo d.C. vide l'ascesa dei Fianna, la cui domina-

zione durò fino al 300 d.C., anno in cui furono sconfitti e distrutti in tre grandi batta-

glie. Il più grande dei loro capi fu Fionn mac Cumhall (Fionn, figlio di Cumhall). I

Fianna non utilizzavano carri o cavalli, ma erano fanti e le storie delle loro battaglie e

cacce narrano di cani colossali. Ogni Fian aveva "due cani e due beagles appassiona-

ti", mentre Fionn stesso aveva trecento cani giganti e "duecento segugi". Il suo cane

preferito era Bran, che "da sempre ha ucciso più uomini o bestie che Fionn."

I Romani in quel momento erano in Inghilterra e dal tempio romano di Nodens a

Lydney Park, Gloucestershire, abbiamo il Cane Lydney risalente a circa il 365 d.C.; si

tratta di una statuetta di bronzo che rappresenta apparentemente un wolfhound semi-

adulto. Il Tempio di Nodens era un santuario di guarigione in cui erano utilizzati i ca-

ni per curare le piaghe dei visitatori tramite il leccamento delle stesse. Circa nello

stesso periodo abbiamo la descrizione dei cani celtici nelle opere di Arriano: " Non

c'è niente di più bello da vedere, dei loro occhi, o tutto il corpo, o il loro mantello

e colore. "" Il collo deve essere lungo, tondo, e flessibile. I larghi toraci sono preferi-

ti a quelli stretti. Le gambe devono essere lunghe, diritte e ben salde, le costole forti,

la schiena ampia e solida, senza essere grassa, la pancia ben stesa, le cosce incavate,

le code strette, pelose, lunghe e flessibili con i peli più spessi che adornano la pun-

ta. I piedi devono essere tondi e sodi. Questi cani possono essere di qualsiasi colore."

I cani erano così grandemente apprezzati che venivano spesso dati come regalo a per-

sonaggi importanti e i loro collari e catene erano di metalli preziosi: "C'erano sette

cani detenuti con catene d'argento con una palla d'oro tra ciascuno di loro "e" con

una lunga catena di argento antico che teneva a freno due cani da caccia." Quinto

Aurelio Simmaco ha scritto una lettera al fratello Flaviano ringraziandolo per un re-

galo di sette cani irlandesi che avevano eccitato la meraviglia del popolo romano.

Sembra che ci fosse un discreto collegamento marittimo tra l'Irlanda e l'Islanda: sono

narrate le storie di cani nelle saghe islandesi come quella di Burnt Njal in cui Olaf,

figlio di una principessa irlandese, offre al suo amico Gunnar un cane che è stato dato

a lui in Irlanda: " Lui è grande e non è peggio di un uomo robusto. Inoltre, è parte

della sua natura avere spirito da uomo, e lo farà abbaiare ad ogni uomo che sa di es-

sere il tuo nemico, ma mai ai tuoi amici. Si può vedere anche in faccia di ogni uomo

ciò che è bene o male per te, e lui darà la vita per esserti fedele." Nel 795 l’Italia fu

invasa dai Vichinghi. Nell'anno 1014 Brian Boroimhe sconfisse i danesi a Clontarf e

una delle tribù irlandesi che lo servirono furono paragonate a "terribili, wolfhounds

agili vittoriosi Banba ". L'epoca vichinga si concluse nel 1103. Una vecchia legge ir-

landese riguardava interamente la proprietà dei cani e persino la quantità di tempo in

cui i cani potevano essere lasciati liberi. Era prevista anche una disposizione se il ca-

ne veniva trovato sulla proprietà di un vicino: “Gli escrementi dovevano essere ri-

mossi e il terreno sotto di esso. Le zolle devono essere rimesse giù e coperte con ster-

co di vacca per un mese. Il terreno deve poi essere pestato e si deve aggiungere argil-

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la fine della stessa qualità del suolo adiacente. Il proprietario del terreno deve essere

ricompensato con burro, pasta e latte cagliato, ciascuno della stessa massa degli e-

scrementi e, se il reato è avvenuto in presenza del proprietario del cane, egli è re-

sponsabile di violazione di domicilio.” Nel 1210 d.C. un levriero irlandese fu inviato

come regalo a Llewellyn, Principe di Galles, che in seguito divenne Re Giovanni

d'Inghilterra. Nel 1224 MacBranan era amministratore dei cani irlandesi di proprietà

di Hugh O'Connor, re di Connaught. Come in tempi precedenti, la gestione dei cani

era responsabilità del capo dell'esercito. Nel 16° secolo un levriero irlandese raffigu-

rato in una battaglia venne descritto come "Un altezzoso, potente mostro, potentemen-

te velenoso, furioso, arrogante, con artigli affilati ". Durante i secoli XVI, XVII e

XVIII i cani irlandesi erano molto richiesti come regali per reali e personaggi nobili

in vari paesi. Alcuni dei destinatari erano il Gran Mogol, l'imperatore Jehangier, lo

Scià di Persia, e il cardinale Richelieu.Furono inviati in gran quantità alla corte di

Spagna e al re di Polonia Giovanni; si dice che egli abbia contribuito alla loro quasi

estinzione in Irlanda. Nel 1652 una dichiarazione fu emessa per vietarne l'esportazio-

ne a causa della loro scarsità. Nel 1697 Ray descrisse il levriero irlandese così: "Il più

grande cane mai visto, supera in termini di dimensioni anche il Molosso; per quanto

riguarda la forma del corpo e il carattere generale, è simile in tutto e per tutto al co-

mune Greyhound, il suo utilizzo è quello di catturare i lupi ." Nel 1750-60 Buffon li

descrisse così: "Sono molto più grandi rispetto ai nostri più grandi Mastini e sono

molto rari in Francia. Non ne ho mai visto uno che da seduto non fosse alto almeno

cinque piedi (1,5 metri), e assomiglia come forma ai cane che chiamiamo Alano, ma

differisce da esso molto nella grandezza delle sue dimensioni. E' abbastanza candido

e di un atteggiamento gentile e pacifico."

DEERHOUND - L'origi-

ne della razza Deerhound

è di tale antichità e i primi

nomi elargiti così inestri-

cabilmente mescolati che

nessuna conclusione può

essere tratta per decidere

se il Deerhound era un

tempo identico all'antico

Wolfhound irlandese e,

nel corso dei secoli, alle-

vato a un tipo più adatto a

cacciare cervi, o se, come

alcuni scrittori affermano,

egli è il discendente dei

cani dei Pitti (II/III secolo

a.C.). I primi nomi sono

stati usati per identificare lo scopo del cane piuttosto che per identificare la raz-

za. Troviamo nomi come "Irish Wolf Dog", "Scotch Greyhound", "Rough Gre-

yhound", "Highland Deerhound". Il fisico John. Caius nel suo libro De Canibus Bri-

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tannicii (1576) parla di levrieri, riferendo: "Alcuni sono di maggiore Sorte, alcuni di

minore, alcuni sono senza pelo e alcuni col pelo arricciato, I più grandi quindi sono

nominati per cacciare le bestie più grandi , il daino e il cervo." Tutto questo è relativa-

mente poco importante e possiamo senz'altro identificare la razza come Deerhound

già nel XVI e XVII secolo. Da lì il termine è stato applicato alla razza, trovando il no-

me più adatto ad un cane nato per l’inseguimento e l'uccisione del cervo.

GREYHOUND - Il Greyhound è una

delle razze più antiche che l'uomo co-

nosca e può essere ricondotto a quasi

tutti i paesi in tutti i continenti del glo-

bo. La prima prova della razza è stata

scoperta fra Libia ed Algeria, coi petro-

glifi di Akakus e Tassili n’Ajier dove

sono ritratte due scene di caccia simili

con dei cacciatori preceduti da alcuni

grandi levrieri che stanno per catturare

degli gnu (o qualche grande gazzella

preistorica). Successivamente,

nell’antico Egitto, nei bassorilievi di

antiche tombe risalenti al 2900 e 2751 aC troviamo ancora raffigurati cani di tipo

Greyhound che attaccano cervi e capre di montagna. Mentre queste scene egiziane

stabiliscono la presenza dei Levrieri nel periodo fra Paleolitico e Neolitico, la prima

descrizione completa della razza proviene da una fonte romana, scritta da Ovidio, che

visse dal 43 a.C. al 17 d.C. Non c'è dubbio che il cane dei tempi antichi è lo stesso di

quello che conosciamo oggi.

L’aristocrazia e la cultura si sono sempre circondati di Greyhound, e nei primi tempi

reali era la sola razza. L’Inghilterra ha giocato un ruolo importante nello sviluppo del-

la razza: già nel 9° secolo abbiamo le prime illustrazioni. E' stato utilizzato su quasi

tutti i tipi di caccia dai caprioli, ai cervi, alle volpi e simili, ma la lepre è la preda na-

turale del Greyhound.

WHIPPET - Come avviene con quasi tutte le altre razze

di cani , c'è molta speculazione sulle origini e la scienza

dell'allevamento del Whippet . Una teoria sostiene che sia

una razza risalente all'antica Roma e all'Egitto . Ci sono

prove trovate nei dipinti, statue, ceramiche, arazzi e manu-

fatti che sostengono l'esistenza di un piccolo tipo di levrie-

ro, con le orecchie a forma di rosa. Il British Museum pos-

siede dipinti che risalgono al 1350 che mostrano un cane

che assomiglia notevolmente al Whippet. Quindi, per co-

loro che credono che il Whippet sia un'antica razza, eisto-

no un bel po' di prove a sostegno di questa teoria. La se-

conda teoria ha il presupposto che il Whippet si sia evolu-

to nel corso dei secoli 18.mo e 19.mo nel Nord dell'Inghil-

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terra . Durante questo periodo di tempo nella storia inglese, e in quella regione del

paese, per guadagnarsi da vivere, il cittadino medio o era un minatore, un mezzadro,

o lavorava nei mulini. E’ noto che i ricchi proprietari di vaste tenute possedevano

molti cani e tra questi c’erano i Levrieri. Essere grandi cani, costosi da mantenere e

conservare come i greyhounds, non era semplicemente un'opzione per la persona me-

dia. Si pensa che il Whippet sia il risultato di incroci fatti fra piccoli levrieri e terrier

da alcuni minatori inglesi, ma alcuni obiettano che incrociare un levriero con un ter-

rier ha sempre portato ad un nuovo terrier (si vedano, ad esempio, il Bedlington e

l’English toy terrier). Altri ipotizzano che l’incrocio sia stato fatto fra PLI e Gre-

yhounds. Il risultato di questi incroci fu un duro, robusto, agile levriero di taglia me-

dia: il Whippet.

SLOUGHI - Lo Sloughi è il Levriero del po-

polo berbero. Le sue origini esatte sono troppo

lontane nel tempo per essere completamente

conosciute e rimangono speculative. Le rappre-

sentazioni di levrieri africani simili allo Slou-

ghi risalgono all’VIII e al VII millennio a.C., e

reperti dell'Antico Egitto ci dicono che erano

presenti levrieri dalle orecchie dritte e piega-

te. Il buon Levriero egiziano dalle orecchie pie-

gate aveva origini probabilmente dall'Asia, ma

era anche parte di omaggi ai Faraoni dalla Nu-

bia (sud dell'Egitto).Questo antico cane assomi-

glia allo Sloughi di oggi, ma anche

all’Azawakh, al Saluki, e all’afgano a pelo cor-

to, ed è impossibile senza uno studio genetico

sapere se era identico a una qualsiasi di queste

razze o una razza a sé stante, o se era l'antenato

di tutti i levrieri cone le orecchie piegate. Recenti studi sul DNA mitocondriale con-

fermano che lo Sloughi è una razza antica incorporato in Africa, e dimostra che non

ha più relazioni genetiche con il Saluki, con cui spesso è confuso.

PICCOLO LEVRIERO ITALIANO - Non si cono-

sce l’origine temporale esatta del Piccolo Levriero Ita-

liano. Ma possiamo vedere nei manoscritti miniati e da

maestri pittori come Blake, Carpaccio, Van Dyck, Te-

niers e Ward che erano presenti da diverse centinaia di

anni. Secondo la teoria corrente questa razza ha almeno

2000 anni. La maggior parte delle autorità ritiene che la

razza è stata sminuita per renderlo un cane da compa-

gnia, mentre originariamente era un cane da caccia a

vista. Alcuni ritengono che la razza è di origine greca o

turca, ma c'è una forte evidenza che il levriero italiano

era un favorito delle case nei giorni di Pompei (1. seco-

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lo d.C.) in quanto vi sono numerosi reperti in tutta Italia che puntano alla razza come

cane da compagnia conosciuto per molti secoli. Questa razza ha abbellito i palazzi

reali a partire dal Medio Evo di personaggi storici che spesso si facevano ritrarre in

dipinti in compagnia di questi cani. Sappiamo che erano fra i favoriti di Maria Stuar-

da, Carlo I, la regina Anna, la regina Vittoria, così come Federico il Grande. Il piccolo

levriero italiano probabilmente raggiunse la sua massima popolarità durante il perio-

do tardo vittoriano.

MAGYAR AGAR – Il levriero ungherese o

Magyar Agar è un levriero con origini anti-

chissime. Si ritiene che i Magiari invasori

(nativi d'Ungheria) portarono cani da pasto-

re ed altri cani dall'Asia nel IX secolo

d.C. Questi cani sono stati incrociati con i

Levrieri nativi per creare la razza Magyar

Agar. Essi sono stati utilizzati dai nobili per

la caccia e dai contadini per il bracconag-

gio. La parola 'agar' significa cane in unghe-

rese, per cui Magyar Agar può essere tradot-

to in Cane dei Magiari.

Galgo Español – Come i cac-

ciatori di valore, questo cane

ha accompagnato i Celti nelle

loro migrazioni, cosicché fu

distribuito su gran parte della

Europa. I Galgo arrivarono

nella penisola iberica quando

i Celti attraversarono i Pirenei

nel sesto secolo a.C. Secoli

più tardi, i Romani controlla-

vano gran parte dell'Europa e

continuarono la tradizione

della caccia con i levrieri. La

fama di questi cani si riflette

in numerosi dipinti e testi di

quel tempo, ad esempio nel Cinegetico di Arriano e Oppiano (1. e 2. secolo d.C.).

Nella provincia romana di Hispania, questa razza di levriero fu chiamata Canis Galli-

cus (cane celtico) e si assume che da questa parola si sia sviluppato il termine Galgo

che in spagnolo oggi generalmente significa levriero. Pertanto, il Galgo Español o

Levriero spagnolo è - come altre razze di levrieri europei - un discendente di questi

cani celtici. Ma, la razza è stata probabilmente influenzata da altre razze nel corso dei

secoli, ad esempio dal Podenco Ibicenco e dallo Sloughi che è stato portato nelle re-

gioni meridionali dagli occupanti moreschi fra l'8 e il 15. secolo d.C. Nel 1930 la pu-

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rezza del Galgo è degradata ulteriormente quando fu incrociato con l’english Gre-

yhound.

Azawakh – Purtroppo delle origini di questa razza

si sa ben poco. Recenti studi genetici lo assimila-

no al Basenji ed al Saluki, dal quale molto proba-

bilmente ha avuto origine. Come per lo Sloughi

ricordiamo che esistono dipinti dell’antico Egitto

che ritraggono levrieri con le orecchie pendenti

molto simili. Questo levriero non era conosciuto

prima dell’inizio del ventesimo secolo, se non dal-

le popolazioni Tuareg che lo allevavano e lo utiliz-

zavano nella caccia e nella guardia dei propri ac-

campamenti.

Chart Polski - La maggior

parte delle origini del Chart

Polski sono un completo mi-

stero. Questo levriero è stato

sviluppato prima del tempo

in cui si usarono le registra-

zioni scritte per gli alleva-

menti di cani, e ciò significa

che gran parte della storia

della razza è andata perduta.

Ciò che è chiaro è che que-

sta è una vecchia razza, e

che è stata sviluppata principalmente in Polonia. La prima registrazione della razza

risale al 1690, quando lo scrittore polacco Gostomski pubblicò il libro "Equitazione e

Caccia"; in esso lo scrittore fornisce una descrizione molto dettagliata del Chart Pol-

ski, compreso l'aspetto, il mantenimento e i metodi di caccia della razza. Ciò significa

che la razza era sicuramente presente in Polonia dalla fine del 17° secolo. Ci sono al-

cune prove circostanziali e artistiche che suggeriscono che il Chart Polski o cani simi-

li erano presenti in Polonia fin dal 1100. Ci sono diverse teorie che considerano le o-

rigini del Chart Polski. Un tempo, si è teorizzato che la razza discendeva dai Gre-

yhound inglesi che erano stati importati in Polonia. Tuttavia, il Chart Polski è molto

più simile ai levrieri asiatici e in ogni caso le prove scritte dimostrano chiaramente

che gli allevatori polacchi consideravano il Chart Polski completamente separato dai

levrieri britannici, ungheresi e russi. Ad esempio, alcune opere sui levrieri del 1830

dividono in due gruppi i levrieri presenti in Polonia: levrieri stranieri e levrieri polac-

chi, solitamente indicati come levrieri nativi, indigeni, o antichi. È stato anche sugge-

rito che il Chart Polski è disceso dal Canis Vertragus romano, un antico levriero che

solitamente rappresenta la costellazione dei Canis Venatici (Cani da Caccia). Tuttavi-

a, non vi è praticamente alcuna prova a sostegno di questa teoria, che è poco più che

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pura speculazione. Ora è quasi universalmente accettato che il Chart Polski discende

dai levrieri asiatici.

16

di Angelo Romanò - Quando si parla di cuccioli, si

parla di energia e di curiosità. Ogni cucciolo è ansio-

so di conoscere ed esplorare il mondo. Negli articoli

precedenti abbiamo visto come comunicare al me-

glio e stabilire una relazione, e utilizzare un metodo

valido per far imparare al cucciolo nuovi comporta-

menti.

Esiste però, nel quotidiano, la possibilità che il cuc-

ciolo non ascolti o voglia fare di testa sua esprimen-

do quei comportamenti che a noi non sono graditi…

cosa fare in questo caso? Qual è la strategia giusta

per fargli capire che l’atteggiamento che sta assu-

mendo non ci piace? Che riflessi avrà la punizione

nei suoi confronti?

Parliamo un po’ di più di cosa succede in natura per

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poi calarlo nella nostra realtà e comunicare al

meglio il nostro dissenso.

Esistono vari gradi di comportamento e delle

sue espressioni. I cuccioli sono la massima e-

spressione in quanto devono scoprire e provare

tutto, una palestra che li aiuterà nella vita reale

ma che darà anche forma ad un carattere vero e

proprio basato sulle esperienze passate. Ogni

cucciolo quindi sviluppa un suo comportamento con lati positivi e negativi.

I lati negativi possono essere lo sviluppo della paura ad agire e a scoprire nuove cose,

un cucciolo la cui esperienza ed a cui i fattori ambientali sono avversi svilupperà un

comportamento rivolto alla chiusura su se stesso ed alla conservazione, determinando

così un fattore di rischio per il corretto sviluppo futuro. L’opposto avviene per quei cuc-

cioli che non si fermano davanti a niente, pieni di energia e ignari del pericolo che osa-

no più di quello che dovrebbero, cuccioli con questo carattere non riusciranno in natura

a determinare il vero pericolo e potranno soccombere. Il giusto come sempre sta nel

mezzo, riuscire a capire ed affrontare ostacoli che si pongono davanti a noi, ma con la

giusta dose di coraggio ma con spirito conservativo.

Un tipico esempio di come avviene questo tipo di meccanismo è quando i cuccioli,

all’età di circa un mese, vanno in esplorazione.

L’età consente loro di esplorare con tutti i sensi il nuovo ambiente allontanandosi dalla

madre, ma poi si rendono conto che sono troppo lontani e tornano al punto di partenza,

consapevoli di trovare sicurezza. Si chiama esplorazione a stella, ovvero un tipo di e-

splorazione che permette al cucciolo di fare le prime piccole ma sostanziali esperienze

autonome che determineranno il suo sviluppo futuro.

In questo caso è l’ambiente l’elemento determinante che inibisce determinati tipi di

comportamento.

Durante lo sviluppo però dovranno fare i conti anche con i fratelli e gli altri elementi del

gruppo. La mamma di norma ignora quasi totalmente i comportamenti del cucciolo aiu-

tandolo ad esprimersi in ogni forma fino a che viene superato un limite, determinato

dalla mamma stessa. Per esempio, se un cucciolo si fa male, la mamma interviene per

vedere che cosa è successo, ma basta la sua presenza per sedare gli animi più ribelli. Lo

sguardo, la postura e l’immobilità di una mamma attenta fa tutto il resto. Un intervento

di questa entità porta il cucciolo a limitare nel tempo determinati comportamenti.

Un altro esempio si può avere quando la mamma blocca il muso del cucciolo, questa è

una delle espressioni più forti che determina il blocco totale del cucciolo, una comuni-

cazione forte che serve a far rientrare qualsiasi comportamento in atto. Si tratta il più

delle volte di cuccioli esuberanti la cui espressione vitale supera la media.

Un altro blocco, simile al precedente, è il blocco sul collo a volte seguito dall’invito alla

sottomissione, secondo me una delle massime espressioni di punizione da parte di una

mamma. In questo caso il cucciolo a volte ha delle minzioni (se la fa sotto), pulite di

grado dalla premurosa ma attenta mamma.

Facili sono da descrivere le posture ed i comportamenti, più difficile è descrivere i voca-

lizzi in quanto variabili di tono, intensità, timbro, quindi mi limiterò solo ad un accenno

propedeutico all’articolo. Anche i vocalizzi giocano un ruolo importante, determinando

più o meno il grado di serietà del comportamento adottato. Il ringhio ne è l’espressione

18

tipica. Una mamma che si frappone tra due cuccioli, o che ne riprende uno esprimendo

il suo dissenso con un ringhio, lo avverte con gran forza, che quello che sta facendo non

va bene.

Come descritto la natura pone dei limiti a determinati comportamenti ma non pone delle

punizioni vere e proprie come le intendiamo noi. Il contatto vero e proprio, per loro, ha

un altro significato, partendo dalla sfera intima fino ad arrivare a combattimenti.

Partendo da questi presupposti esistono vari metodi per punire, o meglio limitare, i com-

portamenti del cucciolo.: ignorare un comportamento., introdursi per segnalare un com-

portamento sbagliato, intervenire per risolvere un comportamento.

Il primo, ignorare un comportamento, non lo rinforza ma sicuramente non lo fa cessare,

a meno che ve ne andiate dalla scena per determinare un isolamento del cucciolo. In

questo caso il fatto ambientale di essere solo può giocare a nostro favore. Il rinforzo

successivo di comportamenti favorevoli all’apprendimento o alla calma fa sì che il com-

portamento sbagliato, adottato in precedenza, venga pian piano rimosso dai comporta-

menti che per lui funzionano.

Il secondo, introdursi per segnalare un comportamento sbagliato, determina

l’interruzione immediata del comportamento e fa sì che quel comportamento venga fis-

sato come controproducente. La parte visiva, la vicinanza di una presenza di controllo,

fotografata dal comportamento adottato imprime l’azione.

Il terzo, intervenire per risolvere un comportamento, lo vedo più come un intervento

marcato da un “No”. Anche in questo caso devo aprire una parentesi sul modo in cui

viene spesso utilizzato il “No” e spesso confuso da parte del cane come un “Si”.

Il “No” è un’espressione molto importante ma di uso comune e sentirsi dire per tante

volte “no” risulterà inefficace e controproducente, in quanto marcatore di un comporta-

mento, qualsiasi esso sia. Il “No” quindi diventa per lui un marcatore positivo e non ne-

gativo, ovvero significa per lui “quello che sto facendo va bene”. Il cane non capisce se

è un “No” o un “Si”, per lui è un suono come un altro, quindi non ne va abusato.

Anche l’intensità con cui diciamo “No” copre un ruolo fondamentale.

Più è intenso (“NO!”) e più può determinare paura, soprattutto in cuccioli il cui sviluppo

è stato impostato su questo parametro.

Un “no..” fievole coprirà poco il ruolo, a meno che il cucciolo che si ha di fronte non sia

molto sensibile, allora in quel caso è adatto.

Un “No” della stessa intensità con cui premiamo il cane e gli diciamo “bravo” il più del-

le volte è l’espressione migliore.

Ma il semplice “No” non basta, in questo caso per completare e risolvere un comporta-

mento, l’azione deve essere seguita da una seconda azione.

Come seconda azione posso utilizzare una delle precedenti limitazioni, ignorare e an-

darmene oppure intervenire con la mia figura.

La determinazione dei limiti pone il cucciolo in condizioni sfavorevoli per lo sviluppo,

anche se in determinate condizioni servono per la sua sopravvivenza. Avere un cucciolo

propositivo è una delle massime espressioni dei cani, sapersi adattare a comportamenti,

situazioni ed essere socialmente attivi ripaga più che vedere un cane in difficoltà e timo-

roso di quello che fa. Il gioco deve sempre essere la parte principale dell’attività del

cucciolo e le limitazioni devono essere solo una piccolissima parte. Il mio monito è per quelle persone che utilizzano più limitazioni, più che per quelle che

non le utilizzano., riflettere prima di agire è la soluzione migliore.

19

20

21

di Debora Segna - Nel mio lavoro mi capi-

ta di rispondere alle domande più dispara-

te, di clienti o proprietari di cani che in-

contro casualmente per strada, e mi sono

resa conto che ci sono molte convinzioni

sbagliate e miti relativi al mondo di cani,

per questa ragione ho deciso di scrivere

una serie di articoli sui “Miti da sfatare”.

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Il primo articolo riguarda una delle domande “tipo” più frequenti che mi rivolgono le persone

che hanno il desiderio di prendere per la prima volta con sé un cane, che è più o meno la se-

guente:

“Vivo in un appartamento grande e spazioso, mi piacerebbe prendere un cane ma dovrebbe

essere piccolo, tipo un Chihuahua, un Jack Russel, un Bassotto.. perchè mi hanno detto che le

razze piccole sporcano poco, che sono molto adatte a stare in casa e che si possono addestra-

re facilmente perchè hanno un carattere estremamente docile. E’ vero ? Che razza mi consi-

glia?”

Nell’immaginario collettivo delle persone, la maggior parte delle volte il fatto di avere un cane

piccolo corrisponde automaticamente ad avere in futuro problemi piccoli ma, lascitemelo dire,

tutto questo non sempre corrisponde alla realtà. Quando si ha a che fare con la vita di esseri

viventi, allevatori, addestratori ed esperti cinofili dovrebbero avere l’onestà di dire quali sono

le caratteristiche e le peculiarità di una determinata razza. Spesso però si tende ad assecondare

le richieste e i desideri dei futuri proprietari pur di non perdere la potenziale “vendita” del ca-

ne o in altri casi per non pregiudicarne l’adozione. Per evitare problemi di gestione ed incom-

patibilità caratteriale con il proprio animale, consiglio a tutti di informarsi bene sul carattere

della razza che si sceglie, in modo da sapere cosa ci si può aspettare dalla convivenza con il

futuro membro della vostra famiglia.

Premesso che ogni cane, di qualsiasi razza e taglia, ha il proprio carattere, come del resto ogni

essere umano, alcune volte avere un cane piccolo può corrispondere a problemi molto più con-

sistenti di quanti ne possa dare un cane di taglia grande. I cani piccoli sono ovviamente (fisica-

mente) meno ingombranti di quelli grandi ma alcune razze di taglia piccola sono sicuramente

molto più invadenti ed “invasive” rispetto ai cani di taglia grande; quindi, se da una parte “i

piccoletti” non occupano con la loro stazza i vostri spazi vitali, dall’altra, saranno costante-

mente ed attivamente presenti nella vostra vita, ed il più delle volte potrebbero mettere a dura

prova la vostra pazienza. Ci sono razze belle esteticamente, che vanno molto di “moda” da un

pò di anni a questa parte, come il Chihuahua, il Piccolo Spitz Tedesco (Deutscher Spitz”), lo

Yorkshire, il Jack Russel, il Bassotto o il Beagle, che hanno un bel carattere ma anche

un’indole tendenzialmente iperattiva e che possono essere estremamente impegnativi.

I Beagle per esempio sono cani da caccia, che hanno bisogno di muoversi molto, di avere sem-

pre “il naso a terra” per fiutare prede, magari in un bosco, ed odori interessanti per sentirsi ve-

ramente appagati, se vengono tenuti sempre in casa, o se li si porta solo a fare le classiche pas-

seggiate nel quartiere, possono diventare molto distruttivi, e per manifestare il loro disagio

possono emettere latrati e suoni molto acuti. Stesso discorso vale per il Bassotto, cane selezio-

nato per la caccia e che il più delle volte viene “presentato” da molti allevatori come cane da

compagnia, il bassotto nonostante le sue zampine corte è un cane molto attivo nonché un ec-

cellente cacciatore e, per sentirsi appagato, avrebbe bisogno proprio di fare questo. Inoltre ab-

biamo l’amatissimo Jack Russel, anch’esso cane straordinario ma estremamente iperattivo.

Difficilmente vedrete un Jack Russel fermo, è una cosa molto rara e da buon cane da tana, a-

ma infilarsi nelle tane di animali e scavare buche.

Quindi, sia il Jack Russel che il Bassotto ed il Beagle, forse non sono proprio adatti per una

famiglia o per persone che non hanno voglia di fare molto movimento. Potete portare questi

cani a passeggiare anche dieci volte al giorno ma non sarebbe comunque sufficiente per far sì

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che siano appagati, le uscite non dovrebbero essere misurate in quantità ma in qualità. Cani

invece, come il Chihuahua, lo Yorkshire, o il Piccolo Spitz Tedesco, sono sicuramente meno

impegnativi dal punto di vista del movimento, ma sono cani molto frenetici che abbaiano ec-

cessivamente, e che difficilmente vedrete inattivi. Se siete persone che amano la tranquillità ed

odiano i rumori acuti, pensateci bene prima di prendere con voi uno di questi cagnetti.

Come ho già detto più volte, può capitarvi di prendere un Jack Russel e di scoprire che ha un

carattere tranquillissimo, come quello di una ragazza che ho conosciuto al nord, e che ho chia-

mato un “Jack Atipico”, ma le probabilità che possiate avere un cane con le caratteristiche so-

pra citate sono molto più elevate, rispetto al fatto che vi capiti un Bassotto o un Beagle apatici,

quindi se siete consapevoli al 100% delle caratteristiche della razza che state scegliendo, allora

va benissimo, perchè i cani piccoli sono meravigliosi sotto molti aspetti ma non fate l’errore di

pensare che le razze di taglia piccola, siano più facili e più gestibili rispetto ai cani di taglia

grande.

Ad esempio, contrariamente a quanto si possa pensare, una volta che si rende conto delle pro-

prie dimensioni, l’alano è un ottimo cane d’appartamento. L’alano è un cane da compagnia

eccezionale e lo consiglierei senza alcun dubbio anche a tutte quelle persone che vivono in ap-

partamento e che hanno una vita poco dinamica, è ovvio che, pur essendo un animale estrema-

mente tranquillo e pacato, come tutti i cani, ha bisogno di stimoli diversi e di socializzare con

altre persone e cani al di fuori del proprio nucleo familiare. Ma ci sono anche altre razze di

taglia grande che sono tendenzialmente docili, come il Terranova o il Bobtail.

La scelta di una cane è una cosa meravigliosa ed allo stesso tempo complicata, un momento

sicuramente ricco di emozioni ma che può cambiare totalmente la nostra vita. Per quante buo-

ne intenzioni si possano avere, l’adozione o l’acquisto di un cane dovrebbe essere una scelta

razionale, in cui si è totalmente consapevoli di tutte le responsabilità che si avranno nei con-

fronti dell’animale. Qualunque scelta facciate, spero che questo articolo vi abbia chiarito un

pò le idee e che vi aiuti ad indirizzarvi verso una decisione più consapevole per intraprendere

il vostro viaggio con serenità.

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di Marcello Messina - La pa-

ura è un'emozione involonta-

ria governata dall' istinto che

permette la sopravvivenza di

un individuo ad un presunto

stimolo di pericolo; scatenan-

do ogniqualvolta si presenti un possibile stimolo che metta a repentaglio la propria in-

columità, accompagna un'accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni

fisiologiche di difesa (es. aggressività, sudorazione, risata, chiudere gli occhi, scappare)

Le principali reazioni istintive alla paura possono essere:

innalzamento dell' attenzione

fuga

protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali)

ricerca di aiuto (con l' utilizzo della voce).

La paura è la causa spesse volte di modificazioni comportamentali permanenti, ricono-

sciute come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla per-

cezione di un reale pericolo, bensì dal disagio del soggetto. In questo senso, la paura

perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diven-

ta invece l'espressione di uno stato mentale. La paura di oggetti o contesti può essere

appresa; negli animali questo effetto è stato studiato e prende il nome di paura condi-

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zionata.

La paura ha differenti stadi dipendenti dalla loro intensità: persone che vivono intensi

stati di paura hanno sovente atteggiamenti irrazionali e/o pericolosi. Può essere descrit-

ta con termini differenti a seconda del suo grado di intensità:

Terrore

Spavento

Paranoia

Panico

Terrore

Il terrore si riferisce ad un evidente stato di paura. Paranoia è un termine per descrivere

una psicosi da paura (es. la paranoia d'essere pedinati) .

Gelosia

La gelosia è considerata la paura di perdere qualcuno, anche se in etologia viene consi-

derata Possessività .

Marcello Messina

Esperto in problemi comportamentali

Animal Wellness

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di Davide Bressi - Nell'ultimo articolo "è bello ciò che bello o è bello ciò che piace" si

è parlato del concetto di bellezza in cinofilia. Ho sottolineato quanto sia importante per

un cane possedere eccellenti caratteristiche psico - morfologiche per poter essere un

soggetto performante e per svolgere egregiamente l'attività alla quale esso è destinato.

Il cane è l'animale domestico più diffuso al mondo, nostro compagno da più di 20.000

anni. L'uomo seleziona le razze artificialmente per esaltarne le doti fisiche e caratteriali

al fine di compiere un determinato lavoro e rendersi utile alla società. Il cane è collabo-

ratore dell'uomo da sempre. Svolge compiti di rilievo da tempo il suo impiego nell'attu-

ale società è aumentato esponenzialmente. E' spesso utilizzato in protezione civile nelle

situazioni di crisi e di emergenza umanitaria per la ricerca e soccorso. Le forze di poli-

zia lo coinvolgono in diverse operazioni come la ricerca di stupefacenti per citarne una.

I militari di tutto il mondo lo hanno reclutato nel primo conflitto mondiale, se non pri-

ma, con lo scopo di ricercare i feriti, trascinare le slitte cariche di viveri e per svolgere

la difesa del territorio e delle installazioni, collaborando strettamente con i soldati du-

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rante le ronde. In ambito sanitario è stato addestrato per guida ai non vedenti e

negli ultimi decenni è molto utilizzato nei centri ospedalieri e di riabilitazione

per la pet-therapy. Non dimentico certamente di citarvi uno dei mestieri più an-

tichi del nostro amico a 4 zampe, ovvero il cane conduttore del bestiame e il

cane per la difesa del bestiame, passando per il cane da caccia al cane per la

ricerca dei funghi ecc.

Insomma, da sempre il cane è il nostro amico più prezioso. Il sodalizio uomo-

cane è un rapporto mutualistico senza ombra di dubbio rilevante.

La selezione, è il compito che svolge l'allevatore al fine di esaltare e mantenere

nel tempo alcune caratteristiche di un soggetto per far sì che quest'ultimo renda

il più possibile nel proprio lavoro. Il tutto deve avvenire in maniera sobria, non

eccedendo, preservando il benessere della razza senza mai dimenticare l'obbiet-

tivo primario, la funzionalità del cane. Un cane è fatto di carattere, di morfolo-

gia e di salute, questi elementi estremamente importanti devono essere conside-

rati attentamente quando si tratta di scegliere i soggetti da utilizzare in riprodu-

zione. Spesso siamo di fronte a capricci di alcuni, che selezionano di proposito

con non curanza, per puro interesse di guadagno immediato, ignorando comple-

tamente le conseguenze che poi ne derivano. Allevare è un compito complesso,

In foto un Border Collie durante una prova di conduzione del gregge.

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fatto di scelte come quelle di escludere dalla riproduzione soggetti scorretti morfologica-

mente o affetti da tare psichiche, facendo attenzione però a non blindarsi in schemi rigidi

che possono portare ad

una perdita di patrimo-

nio genetico. Insom-

ma, il tutto va pesato

con attenzione. Limi-

tarsi a selezionare in

base alle caratteristi-

che morfo-caratteriali

di un soggetto ignoran-

do i caratteri genetici

di cui è portatore è un

errore gravissimo.

Analizzando le razze

canine, contatele voi

perchè sono moltissi-

me (circa 400 credo),

la Federazione Cinolo-

gica Internazionale, le colloca all'interno di dieci raggruppamenti in base al lavoro alle

quali sono destinate. I gruppi ci confermano quanto detto sin ora. Ogni razza possiede

delle caratteristiche morfo-funzionali e caratteriali che lo rendono adatto ad uno o più la-

vori.

Immaginiamo i cani da slitta come l'Alaskan malamute che devono avere una struttura

forte, grande resistenza, forte tempra e grande senso di orientamento, nonchè istinto di

sopravvivenza elevato, per citarne alcune. Un allevatore di questa razza dovrà conservare

queste caratteristiche per renderlo idoneo a svolgere il suo mestiere di trainatore.

Alcune righe più sopra ho accennato ai danni che si possono causare alle razze canine fa-

cendo una selezione inadeguata, spesso spinti da ragioni di natura prettamente commer-

ciale, che non tiene conto della salute e del miglioramento di quest'ultime. In effetti alcu-

ne razze, nel corso degli ultimi anni, hanno subito variazioni morfologiche sostanziali do-

vute all'intervento dell'uomo che le hanno danneggiate e rese sofferenti.

E' inaccettabile che il cane ed altri animali vengano sacrificati per futili motivi. La natura

e la conservazione di tutte le specie sono un patrimonio irrinunciabile.

In foto un Pastore Tedesco ed un Rottweiler impiegati in una operazio-

ne di polizia per contrastere il traffico di stupefacenti.

31

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DISPONIBILE ON LINE

In quanti e quali modi i cani cercano di farsi capire dai proprietari? Come comunicano fra loro?

Questo libro è il frutto di 5 anni di studio, uno studio approfondito, della etologia e del compor-

tamento sociale dell’unica specie animale che nel corso della propria storia ha deciso di evol-

versi in compagnia dell’Homo sapiens. Scoprirete che il cane ha un linguaggio sociale, relazio-

nale, emozionale ed affettivo molto complesso che è frutto di una evoluzione durata milioni di

anni, pervenuta dagli antichi Canidi che l’hanno preceduto nel corso della storia evolutiva della

Terra.

Attraverso le esperienze dirette ed il confronto con gli studi di settore Giovanni Padrone, educa-

tore cinofilo studioso dell’etologia e della evoluzione del cane (per le quali ha già pubblicato

nel 2012 ‘E il cane decise di incontrare l’uomo’) affronta i vari aspetti che spesso sono ragio-

ne di conflitto da parte del genere umano, cercando di spiegare chiaramente tutte le sfaccettatu-

re del comportamento canino. Allo scopo di rendere questo testo più completo, egli ha osserva-

to per diverse settimane un gruppo di cani randagi viventi sulle colline vicino a Ravenna e ne ha

annotato le similitudini e le differenze rispetto ai cani che vivono in compagnia dell’uomo.

Nel libro è presente anche un ampio etogramma del cane, dove sono identificati e descritti oltre

150 comportamenti che il nostro amico a 4 zampe attua nelle proprie interazioni sociali ed am-

bientali. Un libro per tutti coloro che desiderano ampliare le proprie conoscenze sull’etologia

del Canis familiaris.

33

di Giovanni Padrone - Si tratta di una patologia psicosessuale nota anche come Zooera-

stia. Secondo la Psicologia, la Zoofilia è una parafilia(1) ben nota alla ricerca e non certo

frutto dei trasgressivi tempi moderni. Abbiamo racconti e rappresentazioni artistiche

fin dall’antichità di questa pratica sessuale. Dal Neolitico in poi, le immagini di zoofilia

diventano abbastanza comuni. Esempi si trovano a Coren del Valento (foto di sfondo),

una grotta in Val Camonica contenente arte rupestre risalente a 10.000 anni fa, o in e-

poca più tarda presso Sagaholm (Svezia), un tumulo dell’era del bronzo dove sono stati

trovati diversi petroglifi con scene simili. Fino ad arrivare agli ultimi secoli ed ai tempi

nostri (Fig. 2) in cui vediamo rappresentati questi atti devianti anche nella pornografia

cinematografica e fotografica.

Definita come affinità o attrazione sessuale di un essere umano nei confronti di un ani-

male, si distingue dalla mera attività zoosessuale che può essere praticata anche da in-

dividui non zoofili, per ragioni di assenza di partner umani o per lucro di fonte porno-

grafica. Quella di cui parliamo è la zoofilia vera e propria, ossia l’orientamento psico-

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sessuale autentico nei confronti di un animale. La discussione sull’eticità di tale compor-

tamento prende avvio dalla considerazione che la pratica zoosessuale può configurarsi

in ogni caso come un abuso sull’animale. Da un punto di vista penale le giurisdizioni a-

dottano strategie di criminalizzazione o depenalizzazione molto differenti da un paese

all’altro. Personalmente la ritengo una devianza sessuale paragonabile alla pedofilia e

pertanto punibile secondo quanto previsto dal Codice Penale (art. 544 ter - Maltratta-

mento di animali), anche se eticamente sono convintissimo che non vi sia pena commina-

bile sufficientemente idonea per chi sfrutta commercialmente, con l’apertura di bordelli,

le persone che sono vittime di questa devianza sessuale; persone che dovrebbero essere

aiutate e curate. Favorire l’aumento delle loro pulsioni, invece, è un crimine.

Perciò, dal punto di vista della Psicologia si tende a non giudicarla come una psicopatolo-

gia, a meno che non abbia il connotato della compulsività e danneggi seriamente altre a-

ree di funzionamento dell’individuo. L’attività e il desiderio in se stesso non sono più ca-

talogati da tempo come disturbo mentale nel DSM IV, che ne sancisce così la natura di

“variante”, benché estrema, dell’orientamento e comportamento sessuale. L’incidenza

Figura 2 - Miniatura indiana del 18.mo secolo

35

non è facile da stimare a causa delle difficoltà degli zoofili a rivelare un comportamento o

una attitudine che possa incontrare la riprovazione altrui.

Una ricerca sulla sessualità condotta on line in maniera anonima, a cui hanno partecipato

circa 76,500 persone fra l’ottobre del 2000 e il dicembre 2006, ha rilevato che l’11,3%

dei rispondenti si è dichiarato “Bestiality-curious” , il 6% Bestiality-mild e il 4,1% Bestia-

lity-heavy. I rispondenti sono per il 67% maschi, per il 31% femmine, il 12.1% è sotto i

18 anni, il 55.0% ha un età compresa fra i 18 e i 30anni, il 32.9% ha più di 31 anni. In una

seconda ricerca condotta sempre su internet, che ha coinvolto 6000 persone, alla doman-

da “hai mai avuto sesso con un animale?” il 13% ha risposto “qualche volta” e il 2%

“frequentemente”. E’ chiaro che le ricerche su internet hanno un grosso problema di rap-

presentatività del campione e i risultati vanno interpretati con cautela, anche se chiun-

que di noi, almeno aneddoticamente, conosce la diffusione della pratica, soprattutto in

alcune zone rurali.

A questo proposito si stima che la progressiva deruralizzazione, avvenuta a partire dalla

metà del secolo scorso, con la conseguente riduzione della convivenza fra uomini e ani-

mali, avrebbe ridotto l’occorrenza di questi comportamenti, anche se le fantasie sessuali

potrebbero essere rimaste ai medesimi livelli del passato. La zoofilia come orientamento

sessuale insorgerebbe in età pre-pubere e pubere, senza differenza fra maschi e femmi-

ne. Come per l’attrazione umana gli zoofili possono essere attratti solo da particolari spe-

cie, aspetti, personalità o individui e queste preferenze possono variare nel tempo. I sog-

getti tendono a percepire le differenze fra animali ed esseri umani meno significative e

spesso attribuiscono agli animali tratti positivi di cui gli uomini difettano come l’onestà.

Cosa accade nella mente di chi pratica la zooerastia? Alcune dinamiche possono essere la

volontà di superare ogni limite e di porsi in una dimensione dove tutto è possibile oppure

inserirsi in uno scenario sadomasochistico in cui l’atto di avere un rapporto sessuale con

un animale è percepito come degradante e umiliante, e pertanto eccitante. In questi casi è

di solito un dominatore che impone al suo schiavo tale pratica masochistica. E' possibile

riscontrare pratiche zoofile in quelle persone, spesso donne, che non sono in grado di o-

perare una corretta distinzione tra ambito affettivo e sessuale. Oppure possono essere il

riflesso di un eccessivo bisogno di sessualità che può rivolgersi in modo indifferenziato

verso esseri umani e altre specie animali. Insomma le strade che possono condurre alla

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messa in atto del comportamento deviante zoofilo sono diverse.

In alcuni casi la zooerastia si può associare a cause organiche, come disturbi cerebro va-

scolari. Ma più frequentemente è la cristallizzazione di un atteggiamento nomotetico, che

induce a creare regole proprie: un senso di onnipotenza che in rari casi può stimolare il

soggetto a desiderare di coinvolgere altre persone nella sua pratica perversa. Quando in-

vece la zooerastia viene vissuta come dipendenza, generando angoscia e senso di colpa

dopo l'atto, difficilmente chi ne soffre ha il desiderio di condividere l'esperienza con altre

persone e ancora meno di confessare il suo disagio. Ecco perché si arriva al trattamento,

farmacologico o psicoterapeutico, solo a seguito di denunce gravi da parte di terzi, mai

per scelta del paziente. Oltre allo squilibrio mentale, la zoofilia può recare problemi igie-

nico-sanitari. La letteratura scientifica veterinaria non attesta casi di trasmissione di ma-

lattie per via sessuale. I rischi sanitari sono riconducibili a quelli esistenti in caso di stret-

to contatto con l’animale. Quindi maggiore rischio di contrarre le zoonosi, malattie tra-

smissibili dagli animale all’uomo quali scabbia, salmonellosi, stafilococco aureo. Oltre al

pericolo, soprattutto per le donne, di riportare lacerazioni della vagina e degli organi in-

terni.

In conclusione, se da un lato ci troviamo di fronte ad una patologia psicologica vera e pro-

pria, dall’altro abbiamo anche uno sfondo culturale vecchio di millenni che tendeva a

sfruttare le specie animali abusandone. Però, è anche vero che una parte dell’umanità era

per un rapporto di rispetto nei confronti delle specie animali. Ne abbiamo vari esempi

nelle religioni buddista e taoista e in santi cattolici quali Francesco ed Antonio da Padova.

Viviamo in un Universo in cui il bene e il male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, lo Yin

e lo Yang spesso si mischiano e si sovrappongono. Il mio augurio è che essendo noi più

civili dei nostri avi, impariamo maggiormente a rispettare gli animali e la Natura in gene-

re. Sperando che un giorno i nostri discendenti saranno in grado di far sparire dalla faccia

della Terra tutte le devianze che ci allontanano dalla nostra evoluzione verso una co-

scienza universale.

NOTE

(1)Con parafilia (dal greco παρά (parà)= "presso", "accanto", "oltre" e φιλία (filia)= "amore", "affinità") s'intendono pulsioni erotiche connotate da fantasie o impulsi intensi e ricorrenti, che implicano attività o situazioni specifiche che riguardino oggetti, che comporti-no sofferenza e/o umiliazione, o che siano rivolte verso minori e/o persone non consenzien-ti.

37

E’ DISPONIBILE ON LINE

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fino al 31 dicembre 2014 su Ultimabooks

( http://www.ultimabooks.it/e-il-cane-decise-di-incontrare-l-uomo )

Da quando gli antenati del cane 130.000 anni fa lasciarono la vita sel-

vatica per convivere insieme all’uomo, qualcosa è cambiato. Infatti, no-

no-stante in natura fosse già presente la convivenza fra specie diverse,

cane e uomo hanno esaltato ai massimi livelli la cooperazione interspe-

cifica, arrivando a veri e propri scambi culturali: il cane impara

dall’uomo e l’uomo impara dal cane. E’ questo l’unico modo che

l’essere umano ha per poter carpire dal proprio compagno i segreti che

lo rendono un animale particolare, una sinfonia a 4 zampe.

Il libro racconta le origini, l’evoluzione, la psicologia e tutti i meccani-

smi che sono alla base di questo straordinario binomio unico nel suo

genere ed unico in Natura; è rivolto a tutti i cinofili, dall’uomo e dalla

donna comune al professionista che intendono aggiornare le proprie co

-noscenze e magari vedere sotto un altro punto di vista cosa sia vivere il

proprio cane. In formato PDF.

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di Roger Abrantes - Le relazioni stabili e redditizie non sono costruite nel lungo pe-

riodo attraverso una serie di esibizioni dominanti e sottomesse. Invece, questi com-

portamenti sono necessari per la risoluzione dei conflitti sociali inevitabili. Sia gli

esseri umani che i cani (ed i lupi, ovviamente) costruiscono relazioni sulla necessità

di un partenariato per superare i problemi comuni relativi a sopravvivere e, preferi-

bilmente, per il raggiungimento di un livello accettabile di comfort. Le relazioni non

sono costruiti su gerarchie, ma esistono e hanno un ruolo importante in determinate

circostanze, per gli esseri umani così come i cani (ed i lupi ovviamente) — a volte

più, a volte meno e a volte non del tutto. Nel linguaggio quotidiano, dominanza si-

gnifica 'potere ed influenza sugli altri’, ovvero supremazia, superiorità, ascendenza,

preminenza, predominanza, padronanza, potere, autorità, regola, comando e control-

lo. La parola ha tanti significati e connotazioni che non possiamo semplicemente

prendere una definizione dal dizionario ed impiegarla come termine scientifico nelle

scienze comportamentali. I termini devono essere definiti con precisione al fine di

evitare incomprensioni, discussioni senza senso e pretese insensate. Purtroppo, gli

scienziati che usano questo termine (come pure coloro che lo ripudiano) non sono

riusciti a definirlo in modo soddisfacente, contribuendo all'attuale confusione sulla

natura e la funzione del comportamento dominante.

39

Ho intenzione di rimediare a questo:

(1) dimostrando che la dominanza è una caratteristica osservabile del comportamen-

to;

(2) stabilendo che essa si riferisce a una stessa classe di comportamenti indipendenti

della specie;

(3) presentando una definizione precisa, pragmatica e verificabile del termine che è

compatibile con la teoria evoluzionistica e il nostro corpo di conoscenza biologica;

(4) sostenendo che, anche se è vero che un buon rapporto (in termini di stabilità e

redditività) non si basa su continue manifestazioni di dominanza/sottomissione da

parte degli stessi individui verso gli stessi altri individui; ciò non implica che i cani

non possono mostrare comportamento dominante.

Negare l’esistenza del comportamento dominante nei cani è diventato un argomento

popolare per difendere l'affermazione che non dobbiamo usare la 'dominanza' per

costruire un rapporto con il nostro cane. Infatti, la discussione sulla dominanza è

fuggita con noi e c'è solo una cosa più assurda e inutile del tentare di dimostrare che

il comportamento dominante esiste e che si sta tentando di dimostrare che non esiste.

In seguito, commetterò il primo di questi atti inutili.

È assurdo sostenere che la dominanza (come un attributo, una proprietà) non esiste

quando ci sono così tante parole per essa a seconda del contesto e sfumatura. Se non

esistesse, non ci sarebbero questi termini. I numerosi sinonimi e connotazioni sugge-

riscono non solo che il termine è difficile da definire, ma anche che è stata osservata

una proprietà del comportamento le cui caratteristiche sono sufficientemente dissi-

mili da altre proprietà da valere la pena di classificarla e nominarla. Se sono appro-

priati o meno il nome o i nomi dati o sia ben definita è un'altra storia e non ha alcuna

influenza sul comportamento in questione. Noi possiamo sostenere che questo attri-

buto (domi-nanza) è stato osservato e che (1) si riferisce solo a particolari rapporti

umani, o che (2) si riferisce a particolari relazioni tra gli esseri umani così come al-

cune altre specie animali. La seconda opzione sembra più attraente, considerando

che è altamente improbabile che una particolare condizione esista solo in una singo-

la specie. Questo andrebbe contro tutto ciò che sappiamo circa la relazione e l'evolu-

zione delle specie.

Tuttavia, non c'è nulla di plausibile affermando che il termine non si applica per de-

scrivere il comportamento di una particolare specie. Al contrario, due specie che di-

vergono da un antenato comune di miliardi di anni fa hanno evoluto e sviluppato

caratteristiche proprie e ora sono diverse, entrambi da un antenato comune e uno

dall’altro. Per lo stesso motivo, specie strettamente correlate che divergevano da un

singolo antenato comune poche migliaia di anni fa, mostreranno varie caratteristiche

simili o uguali all'antenato comune e l’uno dall’altro. Alcune specie condividono

molti attributi comuni in termini di fenotipo, genotipo e comportamento, altre meno,

alcune nessuno affatto. Tutto dipende dalla loro comune discendenza e dal loro adat-

tamento all'ambiente.

40

Gli esseri umani e gli scimpanzé (Homo Sapiens e Pan troglodytes) divergono da

un antenato comune circa 6 milioni di anni fa, così ci si può aspettare che abbiano

meno attributi comuni di lupi e cani (Canis lupus lupus e Canis lupus familiaris) che

divergono da un antenato comune da circa 20 a 15 mila anni fa in accordo con studi

recenti (e affatto, più di 100 mila anni fa). Il DNA degli esseri umani e gli scimpanzé

differisce in misura maggiore rispetto a quella di lupi e cani (che è quasi identico

tranne che per alcune mutazioni). Gli esseri umani non possono incrociarsi con gli

scimpanzé; lupi e cani possono incrociarsi a vicenda e produrre prole fertile. Gli es-

seri umani e gli scimpanzé sono due specie completamente distinte. Lupi e cani sono

due sottospecie della stessa specie.

Da questi fatti considerati, ci si può aspettare che lupi e cani mostrino un gran nume-

ro di somiglianze, che infatti esistono, non solo fisicamente ma anche a livello com-

portamentale, e tutti i non addetti affermano questo. Le loro somiglianze su certi li-

velli sono ciò che rende possibile loro di accoppiarsi, produrre prole fertile e comu-

nicare. Nessuno dubita che lupi e cani hanno un nutrito e comune repertorio di

comportamenti di comunicazione e giustamente, molteplici osservazioni hanno

confermato che comunicano perfettamente bene. Le loro espressioni facciali e postu-

re corporee sono notevolmente simili (ad eccezione di alcune razze canine) con solo

alcune piccole differenze; queste sono più piccole delle differenze culturali tra gli

esseri umani con insediamenti separati geograficamente.

Se i lupi e i cani possono comunicare, ne consegue che gli elementi fondamentali e

cruciali delle loro lingue devono essere gli stessi. Questo significa che anche se si

sono evoluti in ambienti apparentemente distinti, hanno mantenuto gli elementi più

ancorati nella loro caratteristica genotipica. Questo potrebbe essere per i seguenti

motivi: (1) i genotipi comuni sono vitali per l'organismo, (2) gli ambienti dopo tut-

to non erano così fondamentalmente distinti, (3) l’evoluzione ha bisogno di più tem-

po e di più condizioni selettive (in quanto opera sui fenotipi) per i genotipi che co-

minciano a differire radicalmente.

Il punto (1) sopra significa che ci sono più modi di non essere vivi che essere vivi, o,

in altre parole, tale evoluzione ha bisogno di tempo per produrre forme di vita di-

verse, vitali. Il punto (2) significa che anche se i lupi e i cani (pet) ora vivono in am-

bienti completamente diversi, il fenomeno è ancora troppo recente. È solo nel se-

colo scorso, che i cani sono diventati così eccessivamente addomesticati. Fino ad al-

lora, erano i nostri compagni. Erano animali domestici che ancora mantenevano un

alto grado di libertà e dipendevano (principalmente) dagli stessi fattori selettivi di

successo come sempre. Ancora non erano animali domestici e da allevamento total-

mente (o quasi totalmente) controllati dalla selezione umana. Il punto (3) significa

che noi potremmo avere un giorno (in 1 milione di anni o giù di lì) due specie com-

pletamente distinte: lupi e cani. Da quel momento, essi non si accoppieranno, non

produrranno prole fertile e forse mostreranno alcune caratteristiche completamente

diverse; e noi possiamo cambiare nome del cane in Canis civicus, o Canis Homun-

colus. Tuttavia, non ci siamo ancora!

41

Le tendenze recenti sostengono che il "comportamento dominante" non esiste nei

cani; ciò pone alcuni problemi gravi. Ci sono due modi di argomentare a favore di

tale pensiero. Uno è quello di allontanare il "comportamento dominante" vincente,

che è assurdo come, per le ragioni suddette, esiste il termine, più o meno sappiamo

cosa vuol dire e lo usiamo in conversazione. Deve, pertanto, fare riferimento a una

classe di comportamenti che abbiamo osservato. Un altro argomento è affermare che

i lupi e i cani sono completamente diversi e quindi, anche se possiamo applicare il

termine per spiegare il comportamento del lupo, noi non possiamo usarlo per descri-

vere il comportamento del cane. Se fossero completamente differenti, l'argomento

sarebbe valido, ma non lo sono, come abbiamo visto. Al contrario, essi sono molto

simili.

Una terza alternativa è di proporre una nuova teoria per spiegare come due specie

strettamente correlate, come il lupo e il cane (in realtà sottospecie), possono avere

sviluppato in un breve periodo (in migliaia di anni) tante caratteristiche radicalmente

diverse in un aspetto, ma non in altri. Questo equivarrebbe a una massiccia revisione

del nostro intero corpo di conoscenza biologica, con implicazioni molto al di là di

lupi e cani — un'alternativa che trovo poco realistico.

Un approccio molto più attraente, sembra a me, è quello di analizzare i concetti

che utilizziamo e definirli correttamente. Questo ci consentirebbe di utilizzarli in

modo significativo quando si tratta di specie differenti senza incorrere

nell’incompatibilità con l'intero corpo della scienza.

Un'accurata definizione di "comportamento dominante" è importante perché il

comportamento che comprende è cruciale per la sopravvivenza di un certo tipo di

individui, come vedremo.

Per allontanare l'esistenza dei fatti sottostanti un termine, solo perché quel termi-

ne è mal definito, per non parlare di politicamente scorretto (il che significa che esso

non soddisfa i nostri obiettivi immediati) mi sembra essere un approccio carente. Il

comportamento dominante esiste, ma è mal definito (quando non definito affatto).

La maggior parte delle discussioni che coinvolgono il comportamento dominante so-

no prive di significato, perché nessuna delle parti conosce che cosa l'altro sta dicen-

do. Tuttavia, non abbiamo bisogno di buttare via il bambino con l'acqua sporca! Per-

tanto, suggerisco definizioni precise del comportamento dominante e i termini che

dobbiamo capire: che cosa è, che cosa non è, come si è evoluto e come funziona.

Il comportamento dominante è un quantitativo e quantificabile comportamento

visualizzato da un individuo con la funzione di aumentare o mantenere l'acces-

so temporaneo a una determinata risorsa in un'occasione particolare, contro un

avversario particolare, senza incorrere in lesioni delle parti. Se nessuna delle

parti incorrere in lesioni, quindi il comportamento è aggressivo e non dominante. Le

sue caratteristiche quantitative da poco sicuro di sé ad apertamente assertivo.

42

Il comportamento dominante è situazionale, individuale e correlato alle risorse. La

visualizzazione di un comportamento dominante individuale in una specifica situa-

zione non necessariamente viene mostrato in un'altra occasione verso un altro indivi-

duo o verso lo stesso individuo in un'altra situazione.

Le risorse sono ciò che un organismo ritiene essere necessità di vita, ad esempio il

cibo, l’accoppiamento al partner, o una zona del territorio. La percezione di ciò che

un animale può considerare una risorsa è correlato alla specie come all’individuo.

L’aggressività (comportamento aggressivo) è un comportamento diretto verso l'eli-

minazione della concorrenza mentre la dominanza, o aggressività sociale, è un com-

portamento diretto verso l'eliminazione della concorrenza da parte di un compagno.

I compagni sono due o più animali che vivono strettamente insieme e dipendono

l’uno dall’altro per la sopravvivenza. Gli alieni sono due o più animali che non vi-

vono insieme e non dipendono l’uno altro per la sopravvivenza.

Il comportamento dominante è particolarmente importante per gli animali sociali

che devono convivere e cooperare per sopravvivere. Pertanto, una particolare strate-

gia sociale evolve con la funzione di trattare la concorrenza tra i compagni, pur con-

ferendo maggior beneficio al minimo costo.

Gli animali mostrano comportamento dominante con vari segnali: visivo, uditivo,

olfattivo o tattile.

Mentre il comportamento di paura è diretto verso l'eliminazione di una minaccia

in arrivo, la sottomissione o la paura sociale è un comportamento diretto verso l'eli-

minazione di una minaccia sociale da un compagno, vale a dire perdere accesso tem-

poraneo a una risorsa senza incorrere in lesioni.

Una minaccia è uno stimolo che per la maggior parte spesso precede un comporta-

mento che può danneggiare, infliggere dolore o lesioni o diminuire la probabilità di

sopravvivenza di un individuo. Una minaccia sociale è una minaccia (un comporta-

mento minaccioso) da un altro individuo o gruppo di individui che possono provoca-

re un comportamento di sottomissione o fuga con la conseguente perdita temporanea

di una risorsa, ma non lesioni.

Gli animali mostrano comportamento di sottomissione mediante vari segnali: visi-

vo, uditivo, olfattivo o tattile.

La persistenza del comportamento dominante o sottomesso dagli stessi individui

verso gli stessi altri individui può o non può comportare una temporanea gerarchia

con una certa configurazione, a seconda della specie, organizzazione sociale e circo-

stanze ambientali. In gruppi stabili confinati in un territorio definito, le gerarchie

43

temporanee si svilupperanno più facilmente. In gruppi instabili sotto condizioni

ambientali mutevoli o in territori non definiti o non stabiliti, le gerarchie non si svi-

lupperanno. Le gerarchie, o piuttosto le strategie coinvolte, sono Strategie Evoluti-

vamente stabili (SES), che sono sempre un po' instabili, oscillano avanti e indietro

intorno a un valore ottimale, a seconda del numero di individui nel gruppo e la stra-

tegia che adotta ogni individuo in un dato momento. Le gerarchie non sono necessa-

riamente lineari, anche se in piccoli gruppi e nel tempo, le gerarchie non lineari sem-

brano avere la tendenza a diventare più lineari.

Alcuni individui hanno una tendenza più forte a mostrare un comportamento domi-

nante ed altri a mostrare comportamento di sottomissione. Questo può dipende dal

loro patrimonio genetico, dall’apprendimento precoce, esperienza, ecc. Non c'è

nessun singolo fattore per determinare questo, piuttosto una miscela complessa. Fa-

teci chiamare questa una tendenza naturale; questo non è per dire che non è modi-

ficabile. È un fatto che alcuni individui possono essere più assertivi rispetto ad altri,

mentre altri possono esserlo meno. Non è 'buono' o male ' in un certo senso morale,

semplicemente più o meno vantaggioso, a seconda del contesto. Negli incontri indi-

viduali tutte le cose sono uguali, gli individui più probabilmente adottano la strate-

gia più conveniente, quindi mantenendo la loro storia di visualizzazioni principal-

mente di comportamento dominante o visualizzazioni principalmente di comporta-

mento sottomesso.

Quando sono in un gruppo più grande, hanno la stessa tendenza a giocare i ruoli che

più gli convengono. Tuttavia, questo può cambiare a causa della formazione acci-

dentale del gruppo. Immaginate un gruppo con una grande percentuale di individui

che sono inclini a mostrare sottomissione piuttosto che il comportamento dominante

e con solo pochi membri che mostrano la tendenza opposta. In questo scenario, un

individuo con una tendenza a mostrare soprattutto il comportamento sottomesso a-

vrebbe più possibilità di accesso alle risorse mostrando il comportamento più domi-

nante e di successo. Il successo genera successo e, progressivamente, questo indivi-

duo con una tendenza a visualizzare il comportamento sottomesso si ritrova più fre-

quentemente ad optare per una strategia dominante. Se lo scenario dà origine a un

cambiamento individuale alla sua strategia preferita, poi gli altri avranno anche le

stesse opportunità. Il numero di individui che mostrano un comportamento dominan-

te aumenterà, ma solo fino ad un certo punto, poiché il gruppo non può sostenere un

numero troppo grande di individui che adottano una strategia dominante. Al fine di

evitare il rischio di lesioni, alla fine sarà più vantaggioso adottare una strategia sot-

tomessa, a seconda dei costi e benefici.

Pertanto, il numero di individui dominanti e sottomessi in un gruppo (che significa

individui che adottano una o l'altra strategia come loro preferenza) dipende, non solo

dalla tendenza naturale degli individui, ma anche dalle proporzioni delle strategie

comportamentali all'interno del gruppo. Se paga agire con un ruolo dominante o sot-

tomesso in definitiva è una funzione dei benefici e dei costi e il numero di indivi-

dui che adottano una strategia particolare.

44

Comprendere la relazione tra comportamento dominante e sottomesso come una

SES (Strategia Evolutivamente Stabile) apre prospettive interessanti e potrebbe

aiutarci a spiegare il comportamento adottato da ogni individuo, in qualsiasi momen-

to. Un individuo impara a mostrare un comportamento sottomesso verso il più domi-

nante e quelli che agiscono e mostrano un comportamento dominante verso l’agire

più sommessamente. Questo significa che nessun individuo si comporta sempre da

dominante o da sottomesso come principio, invece tutto dipende dall'opponente e,

naturalmente, il valore dei potenziali benefici e costi stimati.

Come corollario, le gerarchie (quando esistono) saranno sempre un po' instabili a

seconda delle strategie adottate dagli individui del gruppo; e non saranno lineari

tranne che in piccoli gruppi o sottogruppi.

Nell'opinione di questo autore, l'errore che abbiamo commesso finora è stato quello

di considerare la dominanza e la sottomissione come più o meno statiche. Noi non

abbiamo tenuto conto del fatto che queste caratteristiche comportamentali, come fe-

notipi e tutte le altre caratteristiche sono costantemente sotto il controllo e la pressio-

ne della selezione naturale. Esse sono adattive, altamente variabili e altamente

quantitative e quantificabili.

Come tale, la dominanza e la sottomissione sono caratteristiche dinamiche a se-

conda di diverse variabili, una vista che è compatibile con lo sviluppo del comporta-

mento a livello individuale nelle funzioni genetiche, l'influenza dell'apprendimento

e, non ultima, la teoria evolutiva.

La dominanza e la sottomissione sono meccanismi belli dal punto di vista evoluti-

vo. Essi consentono agli animali (sociali) di vivere insieme e sopravvivere fino a

quando si riproducono e passano i loro geni (comportamento dominante e sottomes-

so) di generazione in generazione. Senza tali meccanismi, non avremmo animali so-

ciali quali gli esseri umani, gli scimpanzé, i lupi ed i cani per citarne solo alcuni.

Se un animale risolve tutti i conflitti inter-gruppo con un comportamento aggressivo

e timoroso, si esaurisce quando successivamente è costretto ad andare a trovare cibo,

un partner di accoppiamento o un posto sicuro per riposare o prendersi cura della sua

progenie (ognuno dei quali diminuisce le possibilità della propria sopravvivenza e

quella dei suoi geni). Così, la strategia per l'alieno ed il compagno è nata e si è e-

voluta. È impossibile lottare tutti tutto il tempo, quindi si trova di fronte un compa-

gno utilizzando procedure di risparmio energetico.

Il comportamento dominante e sottomesso controlla anche la densità della popola-

zione, poiché essi si basano sul riconoscimento individuale. Il numero di individui

che un animale è in grado di riconoscere deve avere un limite. Se questo numero su-

pera un certo livello, rende inefficiente il riconoscimento e ostacola la strategia

alieno/compagno; manifestare paura/aggressività quindi sostituisce il comportamen-

45

to dominante/sottomesso.

La strategia di sottomissione è il suono. Anziché vanamente impegnati in una lotta

disperata, attesa potrebbe rivelarsi più gratificante. Impiegando il comportamento

sottomesso e pacificando, subalterni sono spesso in grado di animali prevalente-

mente comportarsi ombra e trarre profitto dalle opportunità di accedere a risorse

vitali. Mostrando comportamento sottomesso, mantengono l'appartenenza del grup-

po, che conferisce anche diversi vantaggi — specialmente della difesa contro i rivali.

Gerarchie funzionano perché un subordinato spesso si muoverà via, mostrando il

comportamento tipico di pacificatore, senza segni evidenti di paura. Così, l'animale

più alto ranking può semplicemente spostare una classifica inferiore durante l'ali-

mentazione o presso un sito desiderabile. Le gerarchie in natura sono spesso molto

sottili, essendo difficile per un osservatore a decifrare. La ragione di questa sotti-

gliezza è la ragion d' ' être della strategia di dominazione-sottomissione stessa: la

bassa classifica animale (adottando la strategia sottomessa) generalmente evita gli

incontri e la classifica più alta (adottando la strategia di dominanza) non è troppo ap-

passionata di esecuzione sia in schermaglie.

Fighting comporta un certo rischio e può portare a gravi lesioni o addirittura la mor-

te. Evoluzione, quindi, mostra una tendenza a favorire e sviluppare meccanismi, che

trattengono l'intensità del comportamento aggressivo. La maggior parte delle specie

sono chiari segnali che mostrano accettazione della sconfitta e fine combattimento

prima di lesioni si verifica.

Segno-stimoli sono gli stimoli che producono una sequenza di comportamento istin-

tivo. Per riconoscere il segno-stimoli è salva-vita per il neonato subito dopo la nasci-

ta. Il compromesso è la lezione più rilevante, che un giovane sociale può imparare

dopo il segno-stimoli fondamentale salvavita. Mantiene l'idoneità di un gruppo. La

selezione naturale ha dimostrato questo, favorendo gli individui che sviluppano il

comportamento che consente loro di stare insieme, quando hanno bisogno di stare

insieme per la migliore sopravvivenza. Altri animali, ad esempio i predatori solitari,

non hanno bisogno di tali caratteristiche sociali. Questi organismi trovano altri modi

di trattare con il mantenimento del loro metabolismo e la riproduzione.

Imparare a essere sociale significa imparare a compromessi. Animali sociali spen-

dono grandi quantità di tempo insieme e i conflitti sono inevitabili. È fondamentale

per loro di sviluppare meccanismi per affrontare le ostilità.Limitando il comporta-

mento aggressivo e timoroso mediante inibizione e ritualization è solo parzialmente

sicuro. È l'animale più sociale, più efficienti i meccanismi per evitare lesioni devono

essere. Inibito l'aggressione è ancora aggressione; sta giocando con il fuoco in una

giornata ventosa. Funziona bene per meno sociale o meno animali potenzialmente

aggressivi, ma gli animali altamente sociali e potenzialmente aggressivi bisogno di

altri meccanismi.

46

A lungo termine, sarebbe troppo pericoloso e troppo faticoso ricorrere costantemente

alla aggressione e paura per risolvere problemi banali. Gli animali iniziano a mo-

strare segni di stress patologico quando sotto la costante minaccia o quando costan-

temente bisogno di attaccare gli altri. Questo suggerisce che predatori sociali hanno

bisogno di meccanismi diversi aggressività e paura per risolvere animosità sociale. È

il mio suggerimento che animali sociali, attraverso l'ontogenesi di aggressività e di

paura, ha sviluppato due altri comportamenti sociali altrettanto importanti. Se il si-

gnificato di aggressione è "andare via, drop dead, mai mi preoccupa ancora", il si-

gnificato di aggressione sociale è "vai via, ma non troppo lontano o per troppo tem-

po." Ugualmente, sociale-paura dice "Non mi preoccuperò si se si Don't hurt me,"

mentre la paura esistenziale non consente alcun compromesso — "È te o me."

La differenza significativa tra i due tipi di comportamento aggressivo sembra essere

la funzione. Aggressività si occupa con l'alieno e sociale-aggressività con il compa-

gno. Al contrario, paura e timore sociale trattare con alien e compagno. Queste sono

differenze qualitative che giustificano la creazione di nuovi termini dominanza e

presentazione.

Che cosa significa questo per la nostra comprensione dei nostri cani e il nostro

rapporto con loro?

Questo significa che siamo tutti mostrano comportamento dominante (self-

confident, assertivo, fermo, risoluto) così come sottomesso (insicuro, accettando,

consenzienti, arrendevole) comportamento a seconda di molti fattori, ad esempio

stato della mente, posizione sociale, le risorse, lo stato di salute, avversario — esseri

umani così come cani (e lupi ovviamente). Non c'è niente di sbagliato con esso,

tranne quando ci mostrano comportamento dominante dove sarebbe più vantaggioso

per mostrare sottomissione comportamento e viceversa. A volte noi possiamo agire

più dominante o sommessamente e altre volte meno. Questi sono comportamenti al-

tamente quantitativi e quantificabili, con molte variabili. Non c'è non una strategia

unica, corretta. Tutto dipende dalla flessibilità e dalla strategia adottata da altri.

Relazioni stabili e redditizie non sono costruiti nel lungo periodo attraverso una se-

rie di mostre dominante e sottomesse. Invece, questi comportamenti sono necessari

per la risoluzione dei conflitti sociali inevitabili. Sia gli esseri umani e cani (e lupi,

ovviamente) costruiscono relazioni sulla necessità di un partenariato a superare i

problemi comuni relativi a sopravvivere e, preferibilmente, raggiungimento di un

livello accettabile di comfort. Relazioni non sono costruiti su gerarchie, ma esistono

e hanno un ruolo importante in determinate circostanze, per gli esseri umani così co-

me cani (e lupi ovviamente) — a volte più, a volte meno e a volte non a tutti.

Costruiamo il nostro rapporto particolare (buona) con i nostri cani sul partena-riato. Abbiamo bisogno di loro perché ci danno un senso di realizzazione che non ci

sembrano ottenere altrove. Hanno bisogno di noi perché il mondo è sovrappopolato,

47

le risorse sono limitate e un proprietario fornisce cibo, protezione, assistenza sanita-

ria, un luogo sicuro e compagnia (sono animali sociali). È troppo difficile essere un

piccolo cane tutto solo là fuori nel grande mondo! A volte, in questo rapporto, una

delle parti ricorre al comportamento dominante o sottomesso e non c'è niente di sba-

gliato in questo, come fanno non sia Visualizza lo stesso comportamento allo stesso

tempo. Se entrambi si ripetono per lo stesso comportamento, che hanno un proble-

ma: che sia eseguito in un conflitto che solitamente si risolverà senza pregiudizio (la

bellezza dei meccanismi di dominanza e sottomissione), o uno di essi dovrà ottenere

il suo agire insieme e trovare i cuscinetti per entrambi.

Un buon rapporto con i nostri cani non comporta eventuali meccanismi misteriosi.

Fondamentalmente è lo stesso con tutte le buone relazioni, pur tenendo in considera-

zione le particolari caratteristiche della specie e gli individui coinvolti. Non abbiamo

bisogno di eventuali nuovi termini. Non abbiamo bisogno di eventuali nuove teorie

per spiegarlo. Non ci sono, dopo tutto, che speciale, né sono i nostri cani. Noi stiamo

tutti costruiti dal concetto stesso e con gli stessi ingredienti di base. Tutti che abbia-

mo bisogno sono buone definizioni e un approccio meno emotivo e più razionale.

Utilizzare il vostro cuore per godere il vostro cane (e vita) e la ragione per spiegare

(se è necessario), non l'altro senso intorno. Se non ti piace il mio definizioni, sentite-

vi liberi di venire con gli altri che sono meglio (con più vantaggi e meno svantaggi),

ma non sprecate il vostro tempo (o di chiunque altro) su discussioni senza senso e

reazioni istintive. La vita è preziosa e ogni momento sprecato è meno un morso di

una torta che tu hai divorato senza rendersene conto.

Ecco come la vedo io e sembra bello per me — godere la vostra torta! RIFERIMENTI

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49

50

TI PIANGERO’ - Luciano Somma

Amico a quattro zampe

Nei tuoi occhi

Vedo lampi di gioia spesso alternati

A qualche ombra di malinconia

Nel tuo abbaiare

Cerco di capire

Ciò che vorresti dire

E ti comprendo quasi sempre, sai,

Come tu mi capisci e mi vuoi bene.

Se Dio però ti ha tolto la parola

Ti ha dato per compenso il grande dono

L’unico e immenso della fedeltà.

Troppo brevi i tuoi anni

Rispetto ai miei, ma li viviamo intensi

con l’amore di chi sa di trovare

nello sguardo dell’altro comprensione

quella che forse può chiamarsi amore.

Se tu dovessi andartene

In quel cammino ignoto

Forse sospeso tra la terra e il cielo

Molto prima di me

Sappi che io

Anche se metterò su questo viso

La maschera di chi vuol fare il duro

Per nascondere agli altri il mio dolore

Ti piangerò puoi esserne sicuro.

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Cinofili Stanchi nasce dall’idea di tre cinofili

(Marcello Messina, Gianluca Gherghi e Giovan-

ni Padrone) che hanno unito le proprie menti

ed esperienze per creare un punto di riferi-

mento per chi vive col proprio cane e necessita

di corrette informazioni per migliorare il pro-

prio regime di vita.

‘Cinofili stanchi’, perché stanchi della totale di-

sinformazione che regna nella cinofilia nostrana,

stanchi di chi fa marketing sulla ignoranza delle

persone, stanchi delle leggende metropolitane

che sembrano governare le menti di chi do-

vrebbe diffondere una corretta cultura cinofila

e non lo fa.

Chiunque desideri contribuire col proprio sa-

pere sarà ben accetto dopo aver aderito al no-

stro codice etico che pone avanti a tutto il be-

nessere psicofisico del cane.

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Periodico gratuito di informazione cinofila

I nostri collaboratori (educatori, addestrato-

ri, allevatori e cinofili professionisti) sono presenti a Carpi (MO), Castellazzo Novare-

se (NO), Parma, Ravenna, Ancona, Velletri e San Marco in Lamis (FG).

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Cerca di essere una brava persona come il tuo cane pensa tu sia. Per questa e tante altre ragioni non

maltrattare, né abbandonare il tuo migliore amico. Chi maltratta o abbandona un cane

non è una brava persona.