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ALFONSObonavita

Gias!Mostra a cura diNicola Davide Angerame

Laigueglia24 giugno - 20 luglio 2008

[email protected]

in collaborazione conPercfest 2008

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Musicorum et cantorum magna est distantia Isti dicunt, illi sciunt quae componit musica

Nam qui facit quod non sapit diffinitur bestia

Grande è la distanza che separa i musici e i cantantiQuesti dicono di sapere, quelli sanno che cosa sia la musica

Ma chi fa ciò che non sa suolsi definire bestia

GUIDO D’AREZZO

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6Quale sarà il fine della pittura del futuro? Lo stesso di quello della poesia, della musica e della filosofia. Produrresensazioni che non si conoscevano prima.

Giorgio De Chirico

Noi ascoltiamo solo noi stessi Ernst Bloch

C’è stato un tempo, molto lontano, in cui il canto sofferente espirituale che accompagnava il lavoro degli schiavi afroame-ricani nelle piantagioni di cotone del sud degli Satti Uniti si tra-sformò nell’espressione culturale di un popolo sradicato dallapropria terra, umiliato, ma pieno di speranza e con il ritmonel sangue. Dapprima furono il gospel e il blues, che inter-pretarono aspirazioni e delusioni, poi venne il jazz. Sorsecome uno svago, una gioia, un ballo. L’era d’oro delle grandiorchestre che fecero danzare l’America al ritmo del “swing”del New Deal, lasciò il posto al più colto “bebop”, mentre icompositori contemporanei, da Debussy a Gershwin, onora-vano le “blue note”, quelle della nostalgia, con tributi e prestiti.Era un modo così diverso di suonare, in cui l’interprete e l’im-provvisazione divennero sempre più importanti, soprattuttoquando dopo la guerra le “big band” si frantumarono nei“combo”, formazioni dai trii ai sestetti, sempre più serrati ecreativi: come quello di Miles Davis, fondatore del cool jazz eimpollinatore della West Coast o come il Modern Jazz Quartet,che fuse il jazz con elementi e sonorità derivanti dalla musicaclassica, soprattutto barocca. Lo sdoganamento bianco deljazz andò di pari passo alla “gentrification” commerciale chele grandi major utilizzarono per guadagnare milioni con le notedi un popolo ancora vittima della segregazione razziale. Il jazzsuscitava un certo amore nei bianchi per quella frivolezza in-genua, un po’ da “buon selvaggio” alla Rousseau, appartenutaai sorrisi di Louis Armstrong o alle partiture fatte in casa delmusicalmente analfabeta Errol Garner.Tutto ciò suscitò negli anni Sessanta il dispetto sociale e pol-

titico provato dalla generazione dei free jazzmen, che tra-sportò questa musica sul piano dell’ermetismo, dell’improvvi-sazione totale, sempre più distante dal gusto corrente esempre più linguaggio per i fratelli neri inneggianti al “blackpower”. Fu il doppio quartetto registrato da Ornette Coleman,intitolato appunto “Free Jazz”, a lanciare il nuovo genere nel1960. Trentasei minuti e ventitre secondi di musica d’im-provvisazione collettiva, suonata deliberatamente al di fuoridi maggior parte delle regole del jazz classico e moderno.Una musica difficile, sgradevole ed ermetica che “annullavanegli ascoltatori la pretesa superiorità di razza e cultura” (Gior-gio Meriggi, 1973). I jazzisti free vivevano le questioni razzialie le loro personali crisi economiche come un tema politico,che si riversava nella loro musica scandalosa. Fu un periodocaldo, di grandi dichirazioni come questa, rilasciata nel 1966da Archie Shepp alla storica rivista Down Beat: “Il Jazz è unodei più significativi contributi sociali ed estetici all’America (…)in quanto è contro la guerra, contro quella del Vietnam, è perCuba e per la liberazione di tutti i popoli. È questa la naturadel jazz, perché è una musica nata dall’oppressione e dal-l’asservomento del mio popolo”. Nelle università nascono i“black studies” e Malcom X accusa la storia, “così schiaritadall’uomo bianco che perfino i professori neri non ne sannomolto delle splendide civiltà e culture create dal popolo neromigliaia di anni fa”. Sorge anche il problema dei neri che vo-gliono fare i bianchi, accettando di snaturarsi per inseguireuna legittimazione effimera. Si parla di nazionalismo nero, di“bellezza nera” ed il jazz entra nelle battaglie ideologiche ra-dicali, in cui anche le idee bianche di libertà e liberismo, de-mocrazia e capitalismo vengono messe in discussione.È anche una lotta per una idea diversa del jazz, contro quellooccidentalizzato, di successo e ideologicamente insipido chesi rispecchia nel volto sorridente di Armstrong sulla copertinadi Life, di Monk in quella di Times e di Ellington e Gillespie chefanno gli ambasciatori nel mondo del prestigio americano. Ilriconoscimento dell’élite bianca che vuole il nero frivolo, di-vertente e che ride della “fanciullaggine nera”, diventa il primonemico di quel jazz che sa di essere il vero canto dell’animanera, più della letteratura o della poesia.Il jazz origina una galassia di generi che oggi conosciamocome Dixieland, Swing, Ragtime, Western Swing, Be Bop,

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Hard Bop, Main Stream, New Orleans, Cool jazz, Free Jazz,Fusion, Grunge Jazz, Jazz da camera, Jazz manouche o GipsyJazz, Jazz samba, Latin Jazz, Modal jazz, Nu jazz, SmoothJazz, Acid Jazz. Una ricchezza di ibridazioni che eleggono iljazz odierno a liguaggio universale, a nuova musica colta e po-polare insieme.

L’ultima personale di Alfonso Bonavita presenta disegni e di-pinti appositamente realizzati per la nuova edizione del Per-cfest di Laigueglia, uno dei tanti festival jazz che attraggonospettatori e molti musicisti. Le opere ritraggono jazzisti con iloro strumenti. Da tempo l’artista genovese dedica al generemusicale parte della sua produzione. “Ho amato istintivamenteil jazz fin da bimbo – racconta - sognavo di poter diventareun grande chitarrista come Charlie Byrd, Barney Kessel, Gil-berto Gil o John McLaughlin”. Questa mostra rappresenta iltentativo da parte di Bonavita d’indagare, da italiano, una cul-tura della musica che poggia su di un senso meravigliosa-mente “tribale”, capace di esaltare il talento individuale di ognimusicista senza dilapidare le ricchezze del gruppo. Ma i jazzisti di Bonavita sono colti in un momento particolare.nell’intimità di un rapporto con lo strumento che diviene pro-blematico, evita i didascalismi e si carica di una serie di sug-gestioni da indagare. Innanzitutto la staticità e il silenzio.Costituiscono queste atmosfere come il risultato di un’attesache si protrae in maniera indefinita. Frutto di una contempla-zione della pausa, del silenzio che offre lo sfondo alla musicae ne rappresenta la condizione di possibilità più propria. Gliaspetti visivi e fisici del suonare sono come anestetizzati den-tro l’atmosfera creata da Bonavita per introdurci nel senso re-condito di un mondo che, in fondo, non appartiene ai bianchi,ma rappresenta l’eredità culturale degli afroamericani. Da que-sto incontro personale con una musica vicina e lontana nascel’idea di Gias!, in cui la scrittura (il visivo) traduce la pronuncia(il sonoro) di una parola le cui origini, come fa notare PaoloConte nel suo film “Razmataz”, si perdono nel mito. Bonavitalo rischiara a modo suo, trasformando i suoi musicisti in per-sonaggi senza dimora, senza parola, senza suono, ammuto-liti e avulsi ma nutriti da un rapporto fisico con i propristrumenti, che non sono più oggetti finalizzati alla produzionedi suoni ma parti organiche di corpi statuari, silenziose pre-

senze che assumono su se stesse la forza del simbolo, l’am-bivalenza di un organo atto ad esprimere l’anima infuocata delmusicista, qui raffreddata fino al congelamento. Provoca-zione, quella di Bonavita, e di una musica che non suona, diun silenzio che fa rumore. Si tratta di un rumore visivo. Nes-suna armonia o melodia, nessuna improvvisazione ma soloun rumore, quasi inudibile. Un “rumore bianco”. Chiamato cosìper analogia con il fatto che una radiazione elettromagneticadi simile spettro all'interno delle banda della luce visibile ap-parirebbe all'occhio umano come luce bianca, il rumorebianco è una dimensione teorica “impossibile” dal punto divista pratico. Nondimeno esiste su certi gruppi di frequenzee risulta all’orecchio come un sibilo basso un poco roco, uni-forme e continuo. Come quello prodotto dal moto Browniano,un fenomeno naturale di tipo caotico offerto per esempio dal-l'agitazione termica casuale di particelle cariche all'interno deiconduttori presenti nei comuni dispositivi elettronici. Questorumore bianco, elettrico, è solo un esempio finito di un feno-meno teorico illimitato. Allo stesso modo il bianco delle ultimetele di Bonavita, produce quell’effetto visivo “spettrale” ep-pure neutrale, come se dentro vi fosse tutto e niente. Unaquinta da palcoscenico virtuale su cui si giocano le sorti di unjazz “sbiancato”, come direbbe Malcom X, fino a divenire“Gias!”, fino a diventare l’ennesima appropriazione ibrida di unartista che coglie il linguaggio universale attraverso un per-sonale slang, in questo caso visivo, ma capace di tradurre ilsuono in colore.Secondo Johann Wilhelm Ritter, un giovane fisico dei primidell’Ottocento che ha influenzato Schumann ed è stato am-mirato da Goethe, Novalis e Schlegel, "la musica decaddenelle lingue e per questa ragione ogni lingua può servirsi dellamusica quale sua accompagnatrice e come rappresentazionedel particolare nei confronti dell'universale (…) Così ogni pa-rola da noi pronunciata è un canto segreto, poiché è sempreaccompagnata interiormente dalla musica”. Potrebbe esserecosì anche la pittura? Questo ci stimola a ipotizzare il lavoroche Bonavita fa sul jazz e soprattutto quest’ultima serie dedi-cata al “suo” Gias! Quando la musica e le parole tacciono,come sulle tele di Bonavita, il colore può assumere su di séla vibrazione a noi necessaria per comprendere e per espri-merci.

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Alfonso Bonavita, nato in Amantea 1962, laureato presso l’’Accademia Ligustica di Belle Arti diGenova, vive e lavora a Genova, Milano, Modena.

2008 ATP Reggio Emilia 2008 Museo Comunale di Calice Ligure (Sv)2008 Galleria “il Castello” Milano2008 Galleria Guido Guidi, Genova 2007 Contro-evento Castello di Terra Rossa - Licciana Nardi - Aulla (Ms)2007 Immagina fiera Reggio Emilia (galleria Annovi)2007 Galleria “Il Castello” Milano2007 Juventus 110 lode Palazzo Bricherasio, Torino 2007 Arte fiera, Verona, (galleria Annovi)2007 “Le biciclette” Milano 2007 Due dipinti Campionato mondiale Coppa Davis under 16 Circolo del tennis, Reggio Emilia 2007 Contro-e-vento, Reggio Emilia 2007 “C” Dream Genova2007 Complesso medievale dell'Oratorio dei disciplinanti, Finalborgo (Savona)2006 Contro-e-vento, Museo del mare, Genova.2006 Arte fiera, Verona2006 Artefiera Catania 2006 Contro-e-vento, centrale idroelettrica, Ligonchio2006 Contro-e-vento, castello di Garzano, Casina2006 Contro-e-vento, Castelnovo Né Monti 2005 Arte fiera, Reggio Emilia2005 Libreria Feltrinelli, Parma2005 Il volto della donna, Galleria Rotta, Genova2005 Arte fiera, Verona2005 Galleria Annovi, Sassuolo (Modena)2005 Sala d'arte Palazzo Chiabrera, Acqui Terme (Alessandria)2005 Hotel Hilton, Fondazione D'ARS Oscar Signorini Onlus, Milano2005 Antiche Scuderie della Caserma M. Musso, Fondazione A. Bertone, Saluzzo (Cn) 2005 Realizza la scultura per il “Premio letterario-scientifico Castello di Lerici” ( Spezia) 2005 Artefiera Bologna2004 Galleria Biasutti & Biasutti, Torino

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2003 Galleria Il Castello, Milano2003 Realizza la scultura monumentale “Utopia del volo” Origgio, (Varese)2002 Galleria Il Castello, Milano2002 Artissima, Torino2002 “Le maschere di Ubaga” Comunità Montana della Valle d'Arroscia (Imperia)2002 Artefiera, Parma2002 Associazione Culturale Satura, Genova2001 “Zona di visibilità”, Scandiano (Reggio Emilia)2000 Galleria Annovi, Sassuolo (Modena)2000 Galleria Il Castello, Milano2000 MI-Art2000 “Sculturama”: i migliori scultori italiani, Galleria Annovi, Sassuolo (Modena)2000 “Ricomincio da otto”, Galleria Guidi & Shoen, Genova1999 Galleria Tito arte, Torino1999 Galleria Cardelli & Fontana, Sarzana (Spezia)1999 Galleria Guidi & Shoen, Genova1999 Artissima, Torino1998 Artefiera, Bologna1998 ExpoArte, Bari1998 Galleria Stoà, Foggia1998 Tito Arte, Torino1998 Cardelli & Fontana, Spezia1998 Associazione Culturale Satura, Genova1997 “Bestiario” Galleria Cristina Busi, Chiavari, Genova1997 “Vedere il Jazz”; Comune di Sori, Genova1996 Palazzo Ducale, Genova1996 Associazione Italo-americana, Genova.1995 Realizza il murale, dim. 28 mq, “La vittoria dei Fiesco”, comune di Cogorno, Genova1994 Complesso medievale dell'Oratorio dei disciplinanti, Finalborgo (Savona)1993 Murale 600 mq Civico Asilo Notturno “Massoero”, Genova.

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